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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno. ***
Capitolo 3: *** Capitolo due. ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre. ***
Capitolo 5: *** Capitolo quattro. ***
Capitolo 6: *** Capitolo cinque. ***
Capitolo 7: *** Capitolo sei. ***
Capitolo 8: *** Capitolo sette. ***
Capitolo 9: *** Capitolo otto. ***
Capitolo 10: *** Capitolo nove. ***
Capitolo 11: *** Capitolo dieci. ***
Capitolo 12: *** Capitolo undici. ***
Capitolo 13: *** Capitolo dodici. ***
Capitolo 14: *** Capitolo tredici. ***
Capitolo 15: *** Capitolo quattordici. ***
Capitolo 16: *** Capitolo quindici. ***
Capitolo 17: *** Capitolo sedici. ***
Capitolo 18: *** Capitolo diciassette. ***
Capitolo 19: *** Capitoli rimanenti + epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
“Allora,
ci siamo?” domando ai miei amici.
Il
piano non può fallire, ne siamo sicuri.
L’Homecoming è a pochi metri di distanza da noi e
siamo più che pronti ad agire
secondo il piano. Entrambi annuiscono con un ghigno stampato sulle loro
labbra.
E’ sera inoltrata, la palestra della scuola è
addobbata a dovere, a partire
dall’esterno, con tutte le decorazioni in tema anni venti; il
percorso che
stiamo attraversando per accedere all’istituto è
delimitato da candele e
piantine che definirei a dir poco inquietanti. Emetto un verso di puro
disgusto, che scatena una risata da parte di Kol. Mi domando
mentalmente a cosa
serva lavorare nel comitato studentesco per l’organizzazione
dei balli se i
risultati sono così scadenti. Scuoto la testa per
concentrarmi e pensare solo
al ballo o meglio, a come rovineremo il ballo. Sistemo il nodo alla mia
cravatta e con fare disinvolto faccio il mio ingresso in palestra;
faccio il
conteggio delle presenze e penso che siano solo due o tre le ragazze
che non mi
sono fatto, ovviamente, verranno rapidamente spuntate dalla lista. Kol
alla mia
destra e suo fratello Klaus alla mia sinistra.
“Allora,
hai detto a Jake di iniziare?”
“Non
ancora – proseguo – aspetta solo un mio
messaggio, comunque”
“Che
stiamo aspettando?” Faccio segno a Kol di
abbassare il tono di voce con una mano. Non rientra nei nostri piani
essere
scoperti prima di dare inizio a tutto ciò che abbiamo
progettato.
“Solo
che la fontana di cioccolato si riempia un
altro po’, dopo di che daremo inizio alle danze, si fa per
dire, ovviamente”
specifico.
“Pensi
sia davvero il caso di farlo?” domanda
mio fratello. Spunta improvvisamente dietro noi tre, allora ci voltiamo
e lo
scruto attentamente. È sempre stato quello più
educato e decisamente noioso,
fra di noi. Ovviamente non è particolarmente propenso a
portare avanti questo
piano che trovo a dir poco epico.
Evito
di rispondergli a tono perché, sul fondo
della palestra, sale una ragazza sul piccolo palco: capelli scuri
acconciati in
una strana coda piena di boccoli e un vestitino di cui farei volentieri
a meno.
In
effetti, è una di quelle da spuntare sulla
mia lista.
“Grazie
di essere venuti – inizia – Caroline,
Bonnie ed io siamo felici di dare il via al ballo”
“Kol,
dì a Jake di cominciare”
La
ragazza non ha nemmeno il tempo di
pronunciare un discorso che sicuramente sarebbe stato toccante e pieno
di buoni
propositi per il nostro ultimo anno; nel mio caso, il mio secondo
ultimo anno.
La
fontana di cioccolato esplode in un solo
colpo, lasciando che alcune ragazze lancino urli da ochette stridule e
che con
loro si sporchino anche i loro costosissimi vestiti. Mentre da un lato
l’organizzatrice bionda del ballo, strilla come una gallina
alla quale hanno
appena torto il collo, l’altra tenta invano di mantenere la
calma, ma sono più
che sicuro che possa scoppiare in una specie di pianto da un momento
all’altro.
Una
piramide di bicchieri da champagne crolla,
mentre il liquido chiaro scorre per terra e fa scivolare qualche povero
malcapitato che si agita più del dovuto.
Mi
poggio contro lo stipite della porta ed
insieme ai miei amici mi godo lo spettacolo; per un attimo la brunetta
incrocia
il mio sguardo in lontananza e sembra capire che possa fare parte di
questo
‘imprevisto’.
“Vi
prego, mantenete la calma!” esclama allora,
nella vana speranza di ristabilire un po’ di silenzio. Non
appena pronuncia
queste parole, tutte le luci si spengono, provocando vere e propria
urla di
terrore.
Nessuno
fa in tempo a rendersi conto della mia
esistenza perché sono già uscito, pronto a
cominciare questo nuovo semestre
all’insegna dell’alcol, e soprattutto, con
obiettivo quello di spuntare gli
ultimi nomi dalla mia lista.
Ma
ho parlato troppo presto.
Il
mattino seguente, dopo il ballo, il mio nome,
insieme a quello di Kol e Klaus viene richiamato
all’altoparlante al centro del
corridoio, dicendoci di presentarci immediatamente
nell’ufficio del preside.
“Cosa
succede?” domanda Klaus, osservandomi con
un guizzo di paura negli occhi.
“E’
tutto okay, Klaus. Non è per il ballo, è
impossibile. C’erano almeno un altro centinaio di persone in
quella palestra.”
Tento di tranquillizzarlo.
“E
se invece ci avessero scoperti?”
“Be’,
Kol, potremo vantarci in giro di uno
scherzo del genere. – stringo le labbra- Calma e sangue
freddo.”
“Sì,
signor preside, qual è il problema?”
domando con il solito tono strafottente che Michael, pardon, il signor
preside
odia, sedendomi al solito posto, sulla poltrona imbottita esattamente
al
centro, di fronte alla figura non così tanto imponente, del
dirigente scolastico.
Sembra
quasi scocciato dal dovermi vedere di
nuovo. Probabilmente è solo una mia impressione.
“Il
problema, signor Salvatore … è che lei
dovrebbe tentare di essere più come Stefan e smetterla di
fare un certo genere
di bambinate, lei – sposta lo sguardo su Klaus e Kol
– così come questi due
seduti accanto a lei.” Alza le sopracciglia ripetutamente
osservando tutti e
tre, prima di aggiungere “Vi prego, alla vostra
età” con un tono quasi
lamentoso, poggiando entrambe le mani sul bordo della scrivania.
Faccio
roteare gli occhi. “Il punto, qual è?”
“Il
punto è … signor Salvatore, che sappiamo
esattamente chi ha fatto cosa ieri sera, e le ragazze organizzatrici
del ballo
sono state più che chiare a riguardo. –
L’espressione dura si ammorbidisce-
Proprio per questo, i suoi due collaboratori, qui, dovranno ripulire
l’intera
palestra e occuparsi di smacchiare tutti i vestiti sporchi di
cioccolato e lei
– un ghigno compiaciuto di dipinge sul suo viso –
lei, invece, … si occuperà di
aiutare Caroline Forbes, Elena Gilbert e Bonnie Bennett con la gestione
del
nuovo progetto teatrale … che gliene pare?”
Klaus
si copre gli occhi con una mano, Kol
intona un motivetto di sconfitta.
Non
rispondo, mi limito a chiedermi chi sia la
brunetta delle tre, preparandomi a spuntare la mia lista.
“Ce
la vedo a lavorare sodo per lo spettacolo
invernale, sa? Due lunghi mesi di lavoro e preparazione gli faranno
sicuramente
cambiare atteggiamento… E’ proprio quello che fa
per lei!” sorride ironico,
mettendo in mostra due fossette odiose, odiose e insopportabili.
Mi
inumidisco le labbra, sorridendo di rimando
al preside. Un sorriso finto quasi quanto il suo colore di capelli
sempre
impeccabile nonostante l'età. Ma forse è meglio
se questo non lo dico.
______________________________________________________________________________________________________________________________
N/A
Salve
a tutti!
Siamo
_valins e missimissisipi, e questa è una storia a
quattro mani che abbiamo scritto un po' di tempo fa:)
Qualcosa
la si comprende dall'introduzione: Damon ed Elena sono accomunati da
una scommessa, ovvero qualcosa che li avvicinerà,
nonché il fulcro
attorno a cui ruota gran parte della vicenda! Il prologo è
breve ed è l'ambientazione è l'Homecoming, una
festa americana che i liceali festeggiano appunto all'inizio dell'anno.
Grazie
tante se siete arrivati fin qui! Per noi questa storia, questo
esperimento significa molto, e, se vi è in qualche modo
piaciuto il prologo seppure breve, sarebbe bello poter leggere qualche
parere, anche se di poche righe, anche due parole!
Grazie
a tutti, si spera a presto!
Un
bacio
I
nostri profili: _valins
e missimissisipi
|
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Capitolo 2 *** Capitolo uno. ***
Hai trovato un baco su EFP, per questa non vedi il testo della storia.
Segnala il problema cliccando qui. Si tratta di un form per violazioni del regolamento, ma copiate pure quanto scritto in grassetto nella casella. La storia con indirizzo 'stories/or/ordinary_people/2592008.txt' non e' visibile.
L'amministrazione provvedera' a fare il possibile per sistemare. Grazie in anticipo per la preziosa collaborazione.
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Capitolo 3 *** Capitolo due. ***
Capitolo
due
Caroline e Bonnie
dibattono animatamente riguardo la scelta dello spettacolo da mettere
in
pratica. Abbiamo iniziato con Hello Dolly! Abbiamo proseguito con Jesus
Christ
Superstar – idea di Rick che non abbiamo nemmeno preso in
considerazione – ed
ora la lotta è fra Mamma mia, Romeo e Giulietta e chi
più ne ha più ne metta;
fa anche rima, fantastico. Io avevo una mia idea, in effetti; il punto
è che
nessuno qua mi fa parlare.
In ogni caso, animatamente è un eufemismo, considerato che
stanno entrambe
urlando e soprattutto strepitano per dire la propria e farsi ascoltare
dall’altra, ignorando bellamente me, seduta fra le due con le
mani a coprire le
orecchie, ed Alaric, sul palco con un tecnico per un controllo alle
luci.
“Dobbiamo fare Romeo e Giulietta, Bonnie! È la
reincarnazione dell’amore, della
tragedia, è un classico!”
“Stai scherzando, spero! Romeo e Giulietta è la
scelta peggiore! Mamma mia è lo
spettacolo per eccellenza! Un musical stupendo, divertente ed
emozionante!”
afferma Bonnie, come se ciò che fosse appena stato detto da
Caroline sia una
specie di eresia.
Chiudo gli occhi e getto il mio fidato block notes a buchi e matita per
terra.
“Basta!” urlo, facendole smettere immediatamente di
schiamazzare. Mi godo per
un attimo la tranquillità ristabilitasi e che sicuramente
verrà interrotta fra
pochi secondi, quando entrambe riprenderanno a discutere, ignorandomi,
di
nuovo.
Quando metto a fuoco la vista, osservo una Bonnie ed una Caroline con
le mani
bloccate a mezz’aria e le bocche ancora aperte piene di
insulti non detti, che
mi scrutano imbarazzate e vagamente indispettite.
“Siamo abbastanza adulte da discutere senza urlare.
– affermo, raccogliendo il
mio quadernetto – Posso dire la mia opinione, oppure
continuiamo con questo
dibattito per niente interessante?”
Bonnie si inumidisce le labbra e si siede, osservandomi ed incitandomi
con lo
sguardo. Caroline fa lo stesso, solo con più eleganza della
prima.
Diamine, queste due ragazze sono completamente diverse!
Sono… due opposti, come
il bianco ed il nero, il giorno e la notte, il sole e la luna, la
cioccolata
fonden- il flusso dei miei pensieri viene interrotto dalla voce
squillante
della bionda che è impaziente di sentire la mia opinione, in
modo da
contrastarla nuovamente con la sua.
“Allora?” mi invoglia Caroline.
Scuoto velocemente la testa e prendo un respiro profondo:
“Allora, io stavo
pensando ad uno spettacolo. Uno noto, che unisce ciò che
entrambe volete: una
storia d’amore ed il divertimento.”
“Vai subito al sodo!”
“Un secondo, Care! – esclamo facendola zittire
– Pensavo a Grease. Che ne
dite?”
“Grease?” È il commento di Bonnie. Mi
guarda interrogativa, probabilmente
nessuna delle due ci aveva ancora pensato.
“Già, Grease?” Ripete Caroline, come se
fosse la più grande stupidaggine mai
detta sulla faccia della terra.
“É un’idea
assolutamente…”
“… penosa!” Conclude Caroline al posto
dell’altra.
“…grandiosa!” Riprende, zittendo
Caroline.
Sorrido raggiante alla mia amica, mentre Caroline inizia a discutere
sul fatto
che Romeo e Giulietta possa piacere di più agli studenti.
Certo, come se una
tragedia riscuotesse più attenzione che un musical. Fra
adolescenti
menefreghisti e sempre più superficiali. In pieno inverno,
poi. Il professor
Saltzman si avvicina a noi, dopo aver congedato il tecnico con una
pacca sulla
spalla.
“Allora? Abbiamo il nostro tema?” Domanda,
speranzoso.
“Quasi –afferma Bonnie osservando la bionda.
– Elena ha proposto Grease, il che
è perfetto, ma a quanto pare Caroline non è del
nostro stesso parere… Lei cosa
preferisce, signor Saltzman? Grease o Romeo e Giulietta?” La
carta del
professore, ottima mossa.
Alaric muove le sopracciglia pensieroso, ed evidentemente a disagio;
poggia una
mano sullo schienale della sedia di Care. “Uhm …
beh … è una … scelta
difficile.” Ammette accarezzandosi il mento.
“Dovremmo trovare degli attori in
grado di cantare, per quanto riguarda Grease … Per questo
Romeo e Giulietta
sarebbe molto più semplice da riprodurre – si
guadagna uno sguardo di
approvazione da parte di Caroline – ma sono convinto che
qualcosa di allegro
come Grease invoglierà molti più alunni a
partecipare alle audizioni!” Caroline
scuote la testa con veemenza. “Ma professore! Romeo e
Giulietta è tutto ciò che
una ragazza sogna! L’amore proibito, la passione, il
trasgredire!” La bionda
cerca di convincere Ric con il suo sguardo persuasivo, quello che
utilizza
sempre con noi e al quale non sappiamo dire di no.
Infatti l’uomo balbetta, osservandoci per un secondo,
indeciso sul da farsi.
“Ehi, Ric!” ringrazio chiunque abbia distolto
l’attenzione del nostro
professore da Care.
Ci voltiamo tutti e quattro ad osservare chi sia il proprietario della
voce, ma
non riesco a tirare un sospiro di sollievo, si interrompe a
metà fra i miei
polmoni e le mie labbra.
“Oh no.” Mormoro sconsolata. Damon Salvatore. Ossia
colui che ha mandato
all’aria l’Homecoming, la festa per cui ci
preparavamo da così tanto tempo.
Abbiamo impiegato l’intero mese di Agosto per far funzionare
le cose a
Settembre e dopo tutto il nostro impegno, quell’essere
inutile ci ha sabotato.
Non riesco a credere che il preside non l’abbia mandato in
punizione per qualche
mese, magari avrebbe potuto pulire i bagni maschili e femminili
dell’istituto
fino alla fine dell’anno e io sarei stata più che
felice di rovesciare caffè e
succo di frutta tutte le mattine sul pavimento non appena lucidato;
giusto per
fargli capire come ci si sente.
“Damon? Cosa ci fai qui?” domanda sorpreso Ric.
“Oh, sa, il solito. Faccio esplodere una fontana di
cioccolato, le luci
dell’Homecoming, aiuto voi con lo spettacolo… La
solita routine.” Scrolla le
spalle con nonchalance, mentre tutte noi sgraniamo gli occhi.
Non avrei mai pensato che le parole: ‘Damon’,
‘spettacolo’ e soprattutto
‘aiuto’ potessero apparire nella stessa frase. Un
lampo di nervosismo mi
attraversa l’intero stomaco e sono più che sicura
che valga anche per Caroline,
che mi ha appena lanciato uno sguardo complice ed omicida allo stesso
tempo, in
favore – o sfavore, dipende dai punti di vista – di
Damon.
“Damon, forse non lo sai, ma i bagni si trovano di fronte a
quest’ aula… Se
devi scontare la tua punizione, rimboccati le maniche e fai amicizia
con i
secchi ed i detersivi! Qui stiamo lavorando!” sbotta
Caroline, che sembra aver
avuto la mia stessa intuizione riguardo la possibile punizione del trio
delle
meraviglie.
“Ah-ah, divertente Barbie. –sorrido di fronte al
soprannome che ha dato a Care
- Come sta il tuo vestito, a proposito? Profuma di
cioccolato?”
Caroline è rossa in viso, non so se per
l’imbarazzo o per la rabbia, forse per
entrambi, o forse per il fatto che si sta trattenendo
dall’urlare.
“Aspetta… sei serio? Devi davvero
aiutarci?” Bonnie interrompe tutti, la sua è
un’espressione completamente seria ed…
esterrefatta, una volta che il ragazzo
annuisce distrattamente con il capo.
“Bene, benvenuto a bordo!” Fulmino con lo sguardo
Ric, che accoglie Damon con
delle gentili pacche sulla spalla. “Oh, già che ci
sei… Grease o Romeo e
Giulietta?”
Seriamente? Seriamente dobbiamo lavorare con questo egocentrico,
sbruffone,
maleducato … e addirittura ha la facoltà di
decidere che spettacolo fare?
“Vi prego, non Romeo e Giulietta. Grease, se proprio
dobbiamo. In più lì le
ragazze ballano, giusto?” ammicca un sorrisino malizioso.
Beh la sua opinione è stata positiva, alla fine.
Pervertito, ho dimenticato pervertito. Più di una volta ho
assistito alla scena
di ragazze mollate nel bel mezzo del corridoio con noncuranza e
menefreghismo,
di fronte allo sguardo attonito e curioso dei presenti.
Biascico qualcosa di insensato che non saprei esattamente dire cosa
sia,
catturando l’attenzione di tutti, che mi guardano
sconcertati.
“Ehm, allora – Ric batte le mani, come ad incitarci
ad avviare questo assurdo
progetto – Vada per Grease! Caroline, mi dispiace, sono certo
che te la caverai
benissimo con questo musical!” incoraggia la mia
amica.
***
“Stati Uniti, Bonnie, Stati Uniti! È ambientato
lì, non a Parigi!” commenta
esasperata Caroline di fronte a delle immagini da utilizzare come
sfondo per la
scenografia: “Chi ti dice che questa sia Parigi?”
scrolla le spalle.
“Oh, andiamo! La riconoscerei ovunque! Quei palazzi sono
tipici della Francia,
in più si vede in quest’angolino l’Arc
du Triomphe!” preme l’indice contro lo
schermo del computer che proietta una città sul tendone
rosso del teatro.
Sorrido sconsolata di fronte all’amore che Caroline prova per
la Francia,
Parigi in particolare.
Scommetto che un giorno si trasferirà lì, nella
città dell’amore, del
romanticismo… Se Caroline fosse una città, senza
dubbio sarebbe Paris, o
almeno, questo è ciò che dice lei.
Alaric è andato a prendere caffè e ciambelle
glassate per tutti, credo sia
sull’orlo di una crisi di nervi, o isterica.
Nelle mani ho un testo di Grease, ho stilato una lista con tutti i
personaggi e
le loro caratteristiche – fisiche e psicologiche –
per le audizioni; in più,
sto cercando di capire se vale la pena adattare quest’opera
oppure no. C’è così
tanto lavoro da fare! I costumi, la scenografia, le audizioni! Avremmo
il tempo
necessario per mettere in scena tutto lo spettacolo? O magari dovremmo
tagliare
alcune scene? Ancora una volta, come sempre, mi domando se abbia fatto
o meno
la scelta giusta.
Tengo le gambe poggiate contro la spalliera del sedile di fronte a me e
tamburello la mia matita leggermente mangiucchiata contro il blocco a
righe,
sul quale ho scarabocchiato una serie di curve stilizzate.
“Quindi tu sei Elena, giusto?” domanda una voce
alle mie spalle.
Mi volto verso Damon annuendo distrattamente.
È innegabile il fatto che sia un bel ragazzo. Occhi azzurri,
capelli corvini,
labbra carnose, fisico statuario…
“Uh, come siamo socievoli!”
Peccato non si possa affermare lo stesso per quanto riguarda il suo
carattere e
la sua simpatia.
“Sto solo cercando di lavorare, al contrario di qualcun altro
qui presente…”
ammicco nella sua direzione, lui alza gli occhi al cielo. “E
sentiamo, cosa
dovrei fare secondo te?” Sospiro, la sua voce,
purché armoniosa, adesso sta
diventando fastidiosa.
“Non so … chiedi al professor Saltzman cosa fare,
chiedi a Caroline se ha
bisogno d’aiuto.” Propongo, rimettendomi a leggere
portandomi nuovamente la
matita alle labbra.
“E se volessi aiutare te?”
“Ti prego, smettila di parlare.” Mormoro, lasciando
che la matita cada a terra.
“Vuoi subito passare ai fatti? Wow… Sai che non mi
aspettavo che fossi una tipa
intraprendente?”
“…E ti prego, non provarci con me!”
esclamo lanciandogli un portapenne vuoto.
Lui ride, alzando le mani come per difendersi. “Provarci con
te? Sei tu quella
che, fra noi due, mi ha chiesto di passare ad
altro…”
È. Così. Dannatamente. Fastidioso.
“Io cosa?” domando sconsolata e distratta.
“Beh di sicuro saprai che io – calca di proposito
la parola – piaccio a tutte,
è evidente. –gesticola con una mano, come fosse
ovvio.- Spesso sono proprio le
ragazze a provarci con me, e non il contrario. Non che mi dispiaccia,
non
fraintendere!”
Mi ha appena dato della poco di buono?
“No, non fraintendere tu! La tua voce mi da fastidio, la tua
sola presenza mi
da fastidio! Smettila di essere così… odioso!
Aiuta qualcuno, invece! Fa’
qualcosa di utile nella tua vita!” sbotto esausta.
Ride ancora.
Non dovrebbe … non so, offendersi e magari andarsene? Gli ho
appena urlato in
faccia che è inutile, in questo spettacolo e nella sua vita.
“Ti faccio ridere?” chiedo dalla poltroncina e
sistemandomi i pantaloncini che
ho addosso.
Il suo sguardo che percorre attento le mie gambe mi fa pentire
amaramente di
aver indossato qualcosa di così corto. Lui annuisce,
portandosi una mano sulla
pancia, causa le troppe risate. Ora basta.
“Hai rovinato l’Homecoming, magari speri di
rovinare anche questo spettacolo e
le nostre vite, chissà! Ma non ci riuscirai,
perché, se non la smetti, il tuo
unico impiego sarà lavare i tanto sporchi bagni della
scuola. E non sai quanto
mi piacerebbe vederti al lavoro!”
Smette per un secondo di ridere. “Dovresti – prende
fiato – farmi paura?”
domanda sedendosi sulla minuscola scrivania dell’aula,
piegando a metà tanti
dei fogli su cui stavo lavorando e facendomi perdere le staffe.
“Vi prego – cerco di mantenere la calma, chiamando
Care e Bonnie – portatemelo
via.” Borbotto portandomi entrambe le mani agli occhi e
sedendomi.
Lui esclama qualcosa a riguardo, ma si mette a chiacchierare con Ric
una volta
tornato.
È insopportabile. Perché deve rovinare anche
questo? E soprattutto, esistere?
__________________________________________________________________________________________
N/A
Bonsoir!
Ecco
il secondo capitolo: si entra pian piano nella vera storia,
è più lungo dei precedenti, e speriamo piaccia!
Si
comprende il tema dello spettacolo (Grease!): i prossimi capitoli
(credo i prossimi due) saranno incentrati sulle audizioni per i vari
personaggi ed entreranno in gioco altri visi noti di the vampire
diaries.
Vi ringraziamo per il supporto
datoci, ed in più sproniamo i lettori silenziosi a farsi
avanti per un parere, anche di due righe, per riferire il vostro parere
sulla storia o per altre varie ragioni!
Un bacione e alla prossima!:)
I nostri profili:
_valins, missimissisipi
|
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Capitolo 4 *** Capitolo tre. ***
Capitolo
tre
Il suono insistente della sveglia fa in modo che mi volti nella sua
direzione e prema con forza il suo interruttore per invitarla a
smetterla di assordarmi le orecchie. Dopo una serie di tentativi volti
a trovare l'interruttore,
riesco a sollevarmi sui gomiti e tirare un profondo, profondissimo
respiro colmo di noia e mancata voglia di fare qualsiasi cosa.
Un’altra giornata scolastica.
Stilo mentalmente una lista di tutte le cose che dovrò fare
oggi e sbuffo quando arrivo al pomeriggio delle audizioni.
Un’altra dura e pesante giornata scolastica.
Da quello che ho sentito, ci sono state una marea di persone ad aver
confermato il proprio nome sulla lista dei partecipanti,
perciò, oltre a dover affrontare un’interrogazione
di letteratura inglese, dovrei passare un intero pomeriggio
all’insegna delle doti canore della “Mystic
High”. E quando intendo doti canore... non parlo di effettivi
talenti, bensì di gente che è convinta di essere
la nuova Beyonce o Katy Perry della situazione.
Il lavoro a teatro si sta duplicando, intensificando, ci sta
sommergendo come non è mai accaduto negli anni passati e se,
da un lato è un bene, dall’altro sento che ho un
urgente bisogno di una distrazione. Soprattutto perché non
è facile trascorrere del tempo con Caroline e Damon.
Ovviamente, i due stressano in modo leggermente diverso e, se da un
lato, Caroline è comunque la mia migliore amica dai tempi
dell'asilo e non potrebbe assolutamente farmi arrabbiare o farsi
odiare, dall'altro, Damon ed io non abbiamo alcun legame - se non
quello che abbia sabotato il mio Homecoming - di conseguenza, non mi
creo alcun tipo di problema ad odiarlo ed insultarlo, se necessario.
Insomma, il suo atteggiamento strafottente e da 'io posso fare
qualsiasi cosa perché sono Damon Salvatore', non mi
trasmette nulla se non irritazione e senso di omicidio; più
o meno.
Scuoto rapidamente la testa e decido di dedicarmi ad altre
attività, come per esempio, realizzare di essere in ritardo
ed uscire, con una sottospecie di salto finito male, dal letto. Sempre
così tutte le mattine. Mi perdo così tanto nei
miei pensieri che non mi rendo conto di come il tempo scorra.
Dopo aver afferrato a sbafo un waffle dal piatto di mio fratello, che
ha mugugnato qualcosa che somiglia al mio nome inclinato in un tono di
fastidio, saluto rapidamente mia madre e mi avvio per andare a scuola.
Ultimamente, Caroline passa a prenderci tutte con la sua
nuova macchina, giusto per far vedere che 'ha una macchina nuova'.
Almeno ce l'ha... mi ritrovo a pensare. Quando ho chiesto a mia madre
di comprarmi una macchina, la sua risposta è stata 'lavora e
guadagnatela'. Simpatica.
Mi stringo nel mio giubbotto di pelle constatando che questa mattina fa
esageratamente freddo. Ottobre è iniziato da poche settimane
e i raggi del sole - che hanno perso decisamente colore, assumendo
quello tipico in vernale che va più sul giallognolo, che su
quel bel colore caldo dell'estate - non riscaldano come ad agosto. Una
leggera foschia si innalza nella campagna di fronte a casa mia e le
strade sono velatamente umide. Sposto lo sguardo sul fondo della strada
e scorgo l'auto scura della mia amica; apro lo sportello e mi siedo sul
posto davanti. Adoro sedermi davanti.
“Buongiorno, sabotatrice” saluta piccata.
Alzo gli occhi al cielo. “Caroline, ancora con questa storia?
È entrata in gioco la democrazia, non prendertela con
me” sbuffo. Sono le sette e quaranta del mattino, non ho
intenzione di affrontare l’ennesima discussione sul come
‘abbia scavalcato Caroline non permettendole di coronare il
suo sogno di mettere in scena Romeo e Giulietta’ che va
avanti da giorni.
“Ne riparleremo l’anno prossimo”
prosegue, come se non avessi detto nulla.
“L’anno prossimo io sarò al college,
Caroline” le ricordo.
“E io nel tuo stesso college, Elena”
“Touché” porto le mani sulle cosce e
decido di lasciar cadere la conversazione, tanto non arriviamo da
nessuna parte.
“In ogni caso – spegne la radio, la quale ci stava
deliziando con le 'news di Mystic Falls', che comprendono solo una
serie di cose insignificanti, del resto, cosa potrebbe mai succedere in
una cittadina come questa? – ho sentito che Rebekah
Mikaelson, la sorella di Klaus e Kol, vuole fare l’audizione
per Grease. Per Sandy, in realtà”
Alzo un sopracciglio: “Sul serio?”
“Ovviamente non ci piacerà il modo in cui canta,
è la sorella di chi ha mandato a farsi benedire il ballo che
progettavamo da una vita”
Svolta alla piccola rotonda ed arriva di fronte alla villetta a schiera
di Bonnie. Spegne qualche secondo il motore e aspetta una mia risposta,
guardandomi in attesa che dica qualcosa che le dia ragione.
“E se sarà brava?” domando.
“Non lo sarà, Elena”
“Non puoi dirlo …”
“Oh si – tamburella le mani sul volante –
io decido, lei è nessuno. È il mio spettacolo e
lei non ne farà parte”
Alzo gli occhi al cielo. Come al solito Caroline non ha messo in conto
il fattore ‘doti canore’ e se Rebekah dovesse
malauguratamente possederle, saremo costrette a scritturarla.
“Buongiorno bellezze!” Bonnie si fa spazio in
macchina con un sorriso smagliante. Mi giunge alle narici una breve
nota del suo profumo - che le ho regalato per il compleanno - misto ad
un odore di caffè.
“Giorno” dice freddamente Caroline. Inutile dire
che è ancora arrabbiata con lei.
“Non posso crederci – Bonnie si lascia andare
contro il sedile posteriore, spegnendo quel sorriso che fino a pochi
secondi fa le illuminava il viso – sei ancora arrabbiata? Mio
Dio Caroline … non ti facevo così
permalosa” incrocia le braccia al petto.
Lei sospira: “Dirigiamo questi dannatissimi spettacoli dal
primo anno e li ho sempre decisi io!” sbotta, in concomitanza
con una brusca sterzata per entrare nel parcheggio della scuola.
Mi volto verso Bonnie e le faccio cenno di non proseguire il discorso,
o non ci avrebbe mai più parlato, sul serio.
Percorro rapidamente i corridoi ormai del tutto svuotati dagli studenti
e mi affretto a prendere il libro di letteratura inglese. Odio arrivare
in ritardo alle lezioni. Ma, in un modo o nell'altro, da quando veniamo
in macchina, una di noi è sempre in ritardo, e coinvolge
inevitabilmente le altre.
“Buongiorno raggio di sole”
Chiudo l’armadietto e mi affretto ad ignorare Damon e la sua
vocetta irritante. Non so perchè, ma da quando ha fatto
irruzione nella mia esistenza, non fa altro che starmi addosso.
“Sempre un piacere parlare con te” prosegue ironico.
“Vorrei poter dire lo stesso, ma…” gli
rivolgo un’occhiata che sembra farlo divertire.
“A che ora sono le audizioni oggi?”
“Per te? Diciamo alle mai meno un quarto. Non sei obbligato a
venire per le audizioni, ma per la sceneggiatura, per pitturare, per la
musica, tutto ciò che ti tiene lontano da me”
dico, sorridendo soddisfatta, accelerando il passo.
“Alle quattro quindi?” domanda, ignorandomi.
Alzo gli occhi al cielo e riesco ad arrivare in classe prima che il
professore entri.
“Alle quattro” afferma soddisfatto.
Sbuffo e mi avvio a lezione, smettendo di pensare alla sua figura
arrogante e presuntuosa.
***
Torturo il 'pasticcio di carne' che ho sotto mano e ascolto
distrattamente i discorsi di Caroline e Bonnie riguardo agli
arrangiamenti musicali.
Accanto a me, Matt e mio fratello, sono intenti a commentare qualche
risultato di football.
“Elena, mi ascolti?”
“Cosa?” domano, sovrapensiero, mentre Caroline
ricomincia a parlare e Damon ed i suoi amici fanno il loro ingresso in
mensa.
Lui sta sghignazzando insieme a Klaus riguardo a qualcosa che avrebbe
dovuto fare Kol per punizione e io, come una stupida, mi perdo a
guardarlo.
Alla fine, è decisamente inutile chiedersi perché
l’intera popolazione femminile della nostra scuola perda
tempo a correre dietro a Damon Salvatore; tralasciando
l’aspetto fisico e quegli occhi che farebbero invidia a
chiunque, di certo il suo modo di fare saccente e menefreghista ha il
suo fascino ed io mi detesto solo per aver pensato a questo genere di
cose.
“Elena, mi ascolti?!” Caroline si sporge per
passarmi una mano davanti alla faccia.
“Scusa, Care … ripeti” e credo sia
seriamente la milionesima volta in cui riprende il suo discorso.
“Ah, non importa; è solo che ci saranno delle
ragazze totalmente incapaci alle audizioni, Mara Thompson, voglio dire
… comprendi?”
Scuoto lievemente la testa: “Chi è Mara
Thompson?”
“Quella ragazza che continua a fare le audizioni per i nostri
spettacoli da anni, non capendo che è una completa
incapace” dice, ovvia.
Ah si. Ricordo Mara Thompson, soprattutto il modo in cui Caroline la
umiliò pubblicamente dandole della stupida, incapace e senza
talento. Caroline è una grande amica, è vero, ma
non è in grado di vivere in una zona grigia; o sei sua
amica, oppure finisci sulla lista nera ed inequivocabilmente sulla
lista nera della parte dell’istituto che corre dietro a
Caroline Forbes e le
sue amiche, ovvero noi, che gestiamo gran parte degli
eventi di scuola.
Il resto delle lezioni passano, si può dire, con una serie
di pensieri inutili ad attraversarmi la testa, alternati a minuti di
pausa impiegati per rispondere ad alcuni quesiti postimi dai miei
professori; fino a quando, per fortuna, la campanella segnala il
termine dell’ultima ora.
Di solito, quando l’aula si svuota, rimango seduta qualche
secondo al mio banco, ad osservare la classe vuota: i banchi sgomberati
di qualsiasi penna o matita che sia, lavagne pulite e gesso
rigorosamente sulla cattedra insieme al cancellino, cartine geografiche
appese maniacalmente al muro, e in questo caso, provette di chimica
pulite e sistemate sull’armadio in metallo grigio contenente
libri e altri materiali vari.
Non so perché mi piaccia farlo, sinceramente. Forse per
prendermi una breve pausa dal resto del mondo per rimanere in silenzio,
lontana dalle urla di Caroline o dalle fobie per le interrogazioni di
Bonnie, solo Elena e il silenzio, una volta ognii tanto.
Un colpo di tosse alle mie spalle mi fa sobbalzare tanto da portarmi
una mano al petto per lo spavento.
“Che diavolo fai?!” impreco contro Damon poggiato
contro lo stipite della porta che ghigna soddisfatto.
“Cos’è, ho interrotto la tua
meditazione?” mi sfida.
Lo guardo qualche secondo e in definitiva mi alzo, afferro la borsa e
lo supero, dirigendomi verso il teatro.
“Oh andiamo, mi odi così tanto da non voler
nemmeno venire con me in teatro?” mi raggiunge con un paio di
lunghe falcate e mi si para davanti.
“Non voglio venire con te” sbotto.
“Uh … peccato – sorride – alle
donne piace venire
con me quando siamo insieme” ribatte, con un sorriso
malizioso ad incurvargli le labbra.
“Pensi che possa in qualche modo interessarmi?”
dico, tentando di superarlo.
Lui inclina la testa di lato, ed il ghigno sul suo viso, si trasforma
in un misto fra stupore e incapacità di dire qualcosa, il
che è già tanto per lui, realizzo, felice di
averlo messo a tacere. Con un gesto secco, lo supero e mi avvio verso
il teatro.
***
Mi sento come se facessi parte dei giudici per le audizioni ad
X-Factor; seduta su una poltroncina in velluto scura, in mezzo tra
Bonnie e Caroline, mentre Rick è in piedi con le gambe
incrociate e la mano debolmente poggiata sulla minuscola scrivania di
fronte al palco.
Damon, invece, è incaricato di dare una pulita al teatro,
che sporco non è, ma di sicuro lo terrà impegnato
per un po’, giusto il tempo per non esprimere la sua opinione
riguardo alle audizioni.
“Ci siamo?” domando alle mie amiche, ritte sulle
loro sedie e pronte a fare il loro ‘lavoro’ di
giudici decisamente poco simpatici.
Annuiscono entrambe e un tonfo ci indica che Rick si è
seduto sulla poltroncina dietro Bonnie, ed un altro che Damon si
è seduto, dietro di me.
“Ti metto forse a disagio?” domanda, vicino al mio
orecchio.
“Affatto” borbotto distogliendo subito lo sguardo
da lui... e i suoi maledetti occhi.
E lui, con un sorriso soddisfatto come se avessi detto sì,
si lascia andare contro lo schienale della sedia.
“Avanti il primo” comincia Caroline, allegra.
Una ragazzina probabilmente del primo anno, poco più bassa
di Bonnie, capelli biondo cenere e occhi castani, balbetta qualcosa che
credo sia il suo nome.
“Bene, Ashley – prosegue Caroline – che
cosa ci canti?” sorride.
Sposto lo sguardo sulla ragazza che sta tremando come una foglia:
“One thing, degli One Direction”
“Solo perché ascolti questo tipo di musica per me
è no” sussurra Damon, alle mie spalle, con un tono
abbastanza alto da farsi sentire, comunque.
La ragazza guarda prima lui e poi noi, terrorizzata.
“Peccato – mi volto – che a noi non
interessi ciò che pensi tu … e sbaglio
o hai qualcosa da pulire?”
“Io? Sono certo che ci sia qualcosa da pulire nella mia
camera da letto, Gilbert … ti va di darmi una
mano?”
Scuoto la testa, dapprima innervosita; poi incontro i suoi occhi che
ridono divertiti e una piccola risata mi incurva le labbra, i suoi
occhi si spostano su di esse e io continuo a guardarlo, mentre il suo
sguardo si sposta dalla mia bocca fino alle gambe denudate dalla
minigonna che indosso.
“Possiamo continuare?” mi richiama la mia amica
bruna e potrei giurare di aver sentito la mancanza dei suoi occhi che
percorrono rapidamente i miei.
“Scusate – mi sistemo meglio sulla sedia
– procedi” sorrido debolmente.
Il semplice fatto che abbia intonato lei stessa la musica introduttiva
della canzone mi fa pensare che non sia particolarmente normale, e
questo non è tutto … alla fine ha addirittura
interpretato ogni singolo cantante per farci vedere che sapeva cantare.
“Il prossimo” si limita a dire Caroline.
Un ragazzo, forse dell’ultimo anno, capelli scuri, occhi
verdi e … lucidalabbra?
“Tu sei … Shaun – dico io, osservando
l’elenco sul foglio – che cosa ci canti?”
“Secondo me qualcosa dei Queen, giusto per rimanere in
tema” sussurra Damon a Rick, che si trattiene dal ridere.
“Vorrei cantare ‘I want to break free’,
dei Queen” il ragazzo si sistema i capelli.
“Ding, ding, ding, risposta esatta”
Un plico di fogli finisce accidentalmente sulla pancia di Damon da
parte di Caroline: “Ma guarda che sporcizia …
Cenerentola, potresti pulire questo schifo?”
Lui alza gli occhi al cielo cercando invano l’aiuto di Rick
che però non arriva.
“Beh … – sussurro a Bonnie –
non ha affatto una brutta voce”
“No, hai ragione … penso che possa tranquillamente
fare Danny Zucko, ha addirittura i capelli corti … spero non
abbia problemi ad interpretare maschi …”
“Bonnie – trattengo a stento una risata –
è un maschio”
“Oh … beh allora – alza le spalle
– no problem”
“Bene Shaun – lo interrompo – sei stato
grande! Ti faremo sapere!”
“E tu sei?” Caroline ha una mano poggiata contro la
tempia e nell’altra stringe saldamente una matita, sintomo
che si è innervosita.
Sono passare quasi due ore e Sandy non è ancora stata
trovata, al suo posto, una serie di gente che non ha capito che il
canto non è la sua vocazione.
“Sono Andy Brenton”
“Bene ehm … Andy – dico – che
ci canti?”
“Tu osi chiedere a me, che cosa canto?! Razza di
stronza!”
Indietreggio lentamente contro la sedia, di fronte allo sguardo basito
e leggermente spaventato delle mie amiche che ora lo sono per me.
La ragazza scende rapidamente dal palco e si trova a pochi centimetri
da me: “Tu lo sia chi sono io?!”
“Andy Brandy?” domando, arricciando le labbra.
...ma cos'è
questa pazza?
“Brenton!”
“Oh ehm si … Brenton …
scusami?” la mia suona appunto come una domanda,
perché non ho capito che cosa ho fatto. Inarco leggermente
le sopracciglia e la osservo: non è affatto male,
tralasciando gli occhi castani con le pupille dilatate e lo sguardo da
pazza omicida rivolto a me, che adesso mi mette seriamente paura. Non
posso nemmeno indietreggiare contro la sedia perché
è finita.
“Non sei scusata! Che razza di stupida .. tu osi dire a
me-”
“Senti tu” la interrompo ma vengo a mia volta
interrotta: “Penso che dovresti lasciare
l’aula” le impartisce Damon. Ci mancava solo il
cavaliere bianco a salvare la situazione. Sbuffo.
La ragazza sembra ritornata, adesso, nel mondo di noi comuni mortali ed
alza un sopracciglio, dubbiosa: “Bene – conclude
– sicuramente non troverete nessuno migliore di me”
“Fallo giudicare a loro” ribatte Damon, e la
ragazza sparisce nervosa dietro le quinte, seguita dal ticchettio dei
suoi tacchi e poco dopo, dello sbattere della porta antincendio appena
dietro al palco.
“Ok, io ne ho abbastanza – Caroline si alza,
emettendo uno stride rumore con la sedie – il resto delle
audizioni saranno domani; ho ascoltato gente convinta di poter imitare
Celine Dion e Cindy Lauper, gente folle che si canta la colonna sonora
da sola e gente alla soglia di un esaurimento nervoso. Ora –
prende un respiro profondo – prima che questo possa accadere
a me, me ne vado. Continuiamo domani” dice, raccogliendo
blocchi, penne e quant’altro prima di andarsene:
“Elena, Bonnie, ricordatevi che alle prime due ore domani ci
sono le prove per le cheerleader”
“Io vado, Elena, spegni tu le luci?” chiede Rick,
sbadigliando.
Probabilmente si è svegliato adesso, constato, e vorrei
tanto essere nei suoi panni.
“Certo – sorrido – a domani”
“Vado anche io, devo andare a trovare la nonna”
“Va bene Bonnie, passi a prendermi tu domani mattina? La
macchina di Caroline è all’autolavaggio”
“D’accordo, quand’è che ti
comprerai un’automobile?” scherza.
“Quando avrò abbastanza risparmi per permettermene
una! A domani!” le dico, salutandola con la mano ed
aspettando che se ne vada per alzarmi, e andare verso la mia borsa e
tutto il materiale, pronta a sistemarlo.
Apro la borsa e vi infilo distrattamente il libro di matematica che ho
usato per ripassare durante la pausa, il mio blocco con tutti i nomi
dei partecipanti e la fodera dei miei occhiali da sole.
Damon si schiarisce la voce: “Grazie Damon, davvero, sono
così felice che tu mi abbia difeso – squittisce
una risata – sono così in debito con te che vorrei
che uscissimo insieme”
Alzo gli occhi al cielo.
“Sul serio Elena, vuoi davvero uscire con me?”
Sbuffo: “Penso che tu abbia un disturbo della
personalità” agguanto l’ennesimo plico
di fogli e me lo porto al petto. Percorro la minuscola scalinata che
porta all’ingresso e dopo essermi accertata che Damon sia
uscito, chiudo la porta a chiave.
“Torni a casa a piedi? Che coincidenza! Anche io!”
mi segue nei corridoi, vuoti, ad eccezione dei componenti del club di
scacchi.
Per fortuna abita da tutt’altra parte e mi
separerò da lui molto presto.
“Ciao Elena!” mi saluta Carl, il capo del club con
il quale sono uscita un paio di volte. Carino, se non fosse che parla
solo ed esclusivamente di … beh, scacchi.
“Ciao Carl, come stai!?”
“Alla grande – sorride – allora
quand’è che sei libera? Ho sentito che
c’è la presentazione di un libro che aspettavi in
biblioteca, potremmo andare insieme”
“Si ehm … - sposto una ciocca di capelli dietro
l’orecchio - ti chiamo io!”
“Va bene allora, ciao Elena, ci sentiamo!”
sparisce, per fortuna, in fondo al corridoio.
“Fammi capire – Damon adesso è accanto a
me, stiamo attraversando il cortile – esci con lo sfigato del
club di scacchi e non con me?”
“È esattamente così” sorrido
soddisfatta.
“La reputo come un’offesa alla mia
persona”
“Quindi dovrei sentirmi in colpa?” non so
perché sto sorridendo, giuro.
“Abbastanza per essere riaccompagnata a casa da un bel
giovane?”
“Non vedo nessun bel giovane, qui. Mi sa che
tornerò da sola … oggi” dico,
fermandomi e voltandomi nella sua direzione.
Lui mi guarda e penso proprio che non si aspettasse una risposta del
genere, ma sorride comunque; questa volta, però, uno di quei
sorrisi veri; avete presente quelli che vi lasciano interdetti ma
curiosi e vagamente felici? Ecco, quel sorriso gli sta illuminando il
volto e la cosa non può che spaventarmi.
“Allora ci vediamo domani mattina?”
E la sua non è un’affermazione colma di sarcasmo o
al fine di dare fastidio, è una domanda perché
forse vedermi domani mattina gli interessa sul serio.
“Forse” ribatto.
E una certa ansia inizia a martellarmi nel petto, quasi come se non
attendessi altro che domattina.
___________________________________
N\A
Ciao a tutti! Eccoci con un aLtro capitolo, finalmente più
corposo degli altri. Inziamo a conoscere seriamente i personaggi e
delineare il rapporto tra Damon ed Elena, finalmente. Da questo
capitolo in poi diciamo che inizieremo ad introdurre gli altri
personaggi e entrare nel 'vivo', della storia.
Non c'è molto da dire perciò vi lasciamo con un
invito a dare un'occhiata ai nostri profilimissimississipi e _valins.
Ringraziamo coloro che hanno recensito il capitolo scorso e
risponderemo molto presto, e grazie! :)
PS: Spoiler
5x22
Non so chi di voi abbia visto la puntata,
perciò preferisco avvisare. Allora, che ne pensate di questo
season finale? Onestamente,
penso che questo episodio sia stato uno dei pochi della quinta stagione
ad essere in stile The Vampire Diaries; finalmente si è
visto l'affetto che lega i personaggi e il vero ruolo di tutti. In
particolare, Jeremy, Matt e soprattutto Bonnie, credo che siano stati
sinceramente grandiosi in questo episodio; Bonnie ha finalmente preso
in mano la situazione e fatto qualcosa, era disposta a morire per
aiutare tutti i suoi amici - un po' come il finale dell'anno scorso.
Arrivando alle cose meno piacevoli... credo di non aver pianto tanto in
tutta la storia di tvd... Dio, Damon. Non ci posso credere!
Sinceramente scriverei un'intera fic su questa ventiduesima puntata,
percilò, vedro di essere il più sintetica
possibile. Si è visto il vero valore del Delena, sul serio.
Ormai, reintrodurre lo Stelena, non sarebbe nulla, in confronto a
quello che ho visto in quest'ultima puntata. In ogni caso, tralasciando
le questioni burocratiche - secondo cui Smoldy ha firmato per una sesta
stagione - i due torneranno; la nonna di Bonnie ha sicuramente fatto
qualcosa.
Ok, la smetto. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e a
presto!
|
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Capitolo 5 *** Capitolo quattro. ***
Capitolo
quattro
Mangiucchio
distrattamente la punta di
una matita, troppo concentrata a tentare invano di capire questa
stupida
lezione di Chimica avanzata. Ma niente, chiudo il libro aperto in una
pagina a
caso posizionato sul banco, arrendendomi all’evidenza che
questo sia un
argomento troppo difficile per i miei gusti, abituati fin troppo alla
letteratura e alle lingue. In più, la mia mente è
troppo occupata a pensare ad
altro, per dirne una, un lungo ed ennesimo pomeriggio di
audizioni.
Al diavolo la Chimica, ho un’ora buca e non ho più
intenzione di sprecarla
studiando per recuperare una D beccata nel test della settimana scorsa,
che,
tra le altre cose, ha rovinato la mia media già abbastanza
alta. Non
impeccabile, ma pur sempre alta.
Metto via il volume nella mia borsa a tracolla, pronta a lasciarlo una
volta
raggiunto il mio armadietto. Nel frattempo prendo un caffè
alla macchinetta.
Clicco su ‘Caffè macchiato’, prima di
inserire qualche moneta. Nell’attesa
canticchio una canzone che ho ascoltato questa mattina, prima di uscire
da
casa.
“Or sells love
to another man… It’s too cold outside for angels
to fly.”
Tamburello le dita a ritmo contro la macchinetta, in attesa e
costringendo
chiunque passi per il corridoio a lanciarmi un’occhiata di
rimprovero. Prendo
il mio bicchiere, bevendone un sorso.
Deglutisco, sentendomi improvvisamente più calda e
più sveglia. Ah, il caffè,
non so cosa farei senza.
Do un’ occhiata all’orologio, rendendomi conto di
avere ancora venti minuti di
pausa.
La scuola non è iniziata neanche da un mese e mi sento
già stanca e stressata
come non mai.
Che quest’altra giornata passi velocemente, mi ritrovo a
pregare.
Penso di non aver mai trascorso delle ore così…
pesanti e distruttive. E non
sto parlando solo del fatto che faccia un freddo cane
all’interno dell’istituto
ed i riscaldamenti abbiano già smesso di funzionare per
chissà quale motivo, ma
anche del fatto che sembrava tutto terribilmente monotono e silenzioso.
“Ti prendo qualcosa, Elena? Panino, una mela, delle
ciambelle…?” Ed ecco
Caroline adesso-faccio-la-spesa Forbes, pronta ad un pomeriggio pieno
zeppo di
pseudo cantanti.
“Una qualsiasi cosa dolce, ho bisogno di un po’ di
zuccheri.”
“Okay e tu, Bonnie?”
“Niente, ho la mia scorta di Milka al cioccolato
bianco.” Sorride ed io con
lei, sa quanto amo quella cioccolata. Scoppia a ridere guardandomi,
forse ho
un’espressione da ebete stampata sul volto.
“Va bene.” Fa Caroline, non prima di accennare una
smorfia. Per lei quel tipo
di cioccolata è off-limits, quella bianca è
più grassa e nessuno vuole che Care
non sia in forma smagliante.
“Stai bene, Elena? Ti vedo strana oggi.” Lo sguardo
preoccupato di Bonnie mi
intenerisce.
“Sto benissimo, sono solo un po’ stressata.
Mangiare mi farà bene.”
“Sarà.” Afferma prima di sedersi sulla
scalinata principale, in attesa della
bionda con la nostra pausa pranzo, o meglio, pausa merenda. Mi stringo
nervosamente
contro la mia misera giacchetta di pelle quando una folata di vento
più fredda
delle altre, urta violentemente la misera canottiera rossa che ho
indosso.
Alzo lo sguardo verso l’alto, osservando il cielo nuvoloso e
grigio,
rivolgendomi poi verso la mia amica. “Perché non
l’aspettiamo dentro? Sembra
che stia per piovere.” La mia affermazione viene confermata
dal rombo di un
tuono.
“Uhm… d’accordo.” Entriamo e
raggiungiamo subito il teatro, accendendo tutte le
luci ed iniziando ad organizzare questa giornata.
“Alaric oggi non verrà, l’ha detto
stamattina a Storia.” esclama Bonnie.
“Storia?” aggrotto le sopracciglia.
“Sì, non c’eri, a proposito.”
inclina la testa osservandomi. Diamine, ho
davvero saltato una lezione? Balbetto qualcosa di incomprensibile.
“Oggi non
avevamo Storia, ne sono certa… o almeno penso.”
Lei sospira. “Sul serio Elena, cos’hai
oggi?” Questa volta non so cosa
risponderle. Cosa mi prende? Mi sento totalmente confusa, interdetta ed
impedita di fronte alla più elementare delle frasi o al
più banale dei
movimenti, il che è una novità, data la mia
predisposizione verso lo sport in
generale.
“Te l’ho detto, sono stressata… la
scuola, la D in Chimica, gli allenamenti
delle Cheerleader, il Teatro. Mi sarò sicuramente confusa
questa mattina. Non
ti preoccupare, non succederà più.”
Sposto una ciocca di capelli dietro
l’orecchio, mettendo i fogli con i protagonisti sulla
scrivania. Bonnie, però,
ha ancora puntato il suo sguardo su di me. Le sorrido, cercando di
farle capire
che sto bene. Ho detto che sono stanca e stressata, deve fidarsi delle
mie
parole.
Ricambia un attimo dopo, aggiustando delle sedie, quando una
biondissima e
fradicia Caroline fa la sua entrata a dir poco mozzafiato. In senso
negativo,
però.
“Cosa diamine ti è successo?” esclamo.
“É successo che si è scatenato un
temporale pazzesco, e quando sono uscita dal
negozio – senza ombrello, per giunta – Niklaus
Mikaelson ha avuto la fantastica
idea di sfrecciare con la sua macchina di fronte a me, inzuppandomi
dalla testa
ai piedi!” urla mentre si toglie qualche strato di vestiario,
cercando un luogo
per farli asciugare. Sospira quando finalmente trova un termosifone sul
fondo
della stanza sulla quale lancia malamente giacca e sciarpa.
Peccato, però, che il riscaldamento non funzioni, ma di
certo non sarò io a
dirglielo.
“Che giornataccia!” borbotta mettendosi le mani fra
i capelli. “Che ne dite se
vado a cercare una stufa o qualcosa del genere? Non penso che sia
l’atmosfera
adatta per le audizioni, questa.” Domando.
Il sorriso di Caroline va da un orecchio all’altro e, se
fosse asciutta, sono
certa che mi abbraccerebbe.
“Lo prendo per un sì.” Ridacchio,
avviandomi nei corridoi alla ricerca di uno
sgabuzzino.
Sembra l’ambientazione per qualche film horror, le luci
accese ma che non illuminano
a sufficienza a causa dell’ombra e del cielo scuro che non
fanno penetrare
neanche un filo di luce esterna – non che ce ne sia
– , un freddo in grado di
quasi farti tremare… Mancano solo le foglie secche che
svolazzano ed un lampo
fra le nuvole, e magari un assassino in agguato dietro la porta,
constato
ironica.
Faccio leva su una maniglia, aprendola e cercando a tastoni
l’interruttore
della luce. “Allora… qualcosa che faccia
calore…” mi metto alla ricerca di una
stufa, e, chissà perché, la trovo di fronte a me.
Deglutisco a vuoto,
guardandomi attorno. È stato troppo semplice, rifletto prima
di concludere
pensando di essere troppo paranoica. Non siamo in un horror, Elena,
è la vita
normale e tu sei a scuola.
Scuoto la testa scacciando questi pensieri, abbassandomi per spingere
lo
scatolone contenente la nostra nuove fonte di calore oltre la porta. La
chiudo
e mi volto, sobbalzando per lo spavento ed urlando qualcosa.
“O mio Dio!” urlo ancora, respirando velocemente e
portando una mano al petto.
“Ma sei impazzito o cosa?” urlo colpendo il suo
petto con un mio pugno. Ma
inutile, non scalfisce minimamente Damon, il suo ego smisurato e il suo
sorriso
irritante.
Prendo lo scatolone forse un po’ troppo pesante fra le
braccia, non
rivolgendogli neanche la parola e superandolo.
“Aspetta, Elena!” mi chiama, ed io lo ignoro.
È la seconda volta nel giro di
due giorni che mi fa spaventare.
Con una breve corsetta si mette al mio passo, standomi accanto e
facendomi
aumentare la voglia di colpirlo con più forza.
“Dai, non volevo spaventarti.
Sono entrato e ti ho vista, in fondo al corridoio.” Alzo gli
occhi al cielo,
stringendo le labbra. Blocca il mio braccio. “Scusa,
okay?” esclama.
“Mi fai male.” Mugugno ignorandolo nuovamente.
Molla la presa ed alza le mani
come per chiedere scusa. Indietreggia di un passo, facendomi riflettere.
Stamattina, a scuola, non c’era. Ecco perché
sembrava tutto così stranamente
calmo e pacifico.
“Non c’eri oggi.” Constato spostando una
ciocca di capelli come posso, avendo
un pesante scatolone fra le braccia. Seppure con un ghigno,
“Dai a me.” dice,
prendendo il peso al mio posto.
Biascico un ‘grazie’, che dubito fermamente abbia
sentito.
“Stavo male.” Afferma.
“Ah sì?” alzo un sopracciglio, dubbiosa.
“Okay, non ho sentito la sveglia ed ho dormito tutto il
giorno. Stefan non si è
preoccupato di svegliarmi e nessuno, tranne te, se
n’è accorto. Contenta?”
Sorrido. “Sei un bugiardo.”
“Mi perdoni, signorina io-non-mento-mai.”
Scimmiotta una voce che dovrebbe
essere la mia, facendomi ridere. “Ma smettila” gli
dico, colpendo il suo
braccio.
Un colpo di tosse attira la nostra attenzione. Una ragazza bionda, dai
capelli
lisci e perfetti è poggiata allo stipite della porta di
Teatro. Assottiglio lo
sguardo, è un volto conosciuto ma non so chi sia…
“Ehi, Bex.” Mi volto verso Damon, che sembra
conoscerla. Bex? Non c’è nessuna
Bex nella nostra scuola…
“Sai che non mi piace quel soprannome,
Damon…” incrocia le braccia,
trasmettendomi un’inspiegabile sensazione di odio.
“Va bene… Cosa ci fai qui,
Rebekah?” domanda allora lui.
Oh, quindi lei è… “Rebekah
Mikaelson?” esclamo a voce alta, lasciando che
entrambi mi fissino. Boccheggio un attimo imbarazzata, notando di non
aver solo
pensato.
Lei sembra per un secondo infastidita dalla mia presenza. O forse
è solo la mia
opinione.
“Ho sentito che farai le audizioni per Sandy.”
esclamo sembrando
improvvisamente gioiosa, facendola ridere. “Come viaggiano in
fretta le notizie
– il suo sguardo di sufficienza mi da ai nervi – Tu
invece sei…?”
Mi scruta dalla testa ai piedi. “Elena, Elena Gilbert. Dirigo
Grease.” Sorrido
vittoriosa, vedendo sparire il suo sorriso.
“Be’, è stato un piacere, Bex. Elena,
andiamo?” mi chiama Damon, mettendo un
braccio alla base della schiena, facendomi lievemente arrossire,
trasalire e
chissà cos’altro. Ma cosa fa?
“Sì, certo.” Rispondo, confusa di fronte
all’espressione della Mikaelson.
“Be’, April ti faremo sapere.” Annuncia
Caroline con un sorriso, spostando poi
lo sguardo su me e Bonnie. “Riusciremo a trovare una Sandy,
prima o poi?” mormora
in un sussurro, facendoci sospirare. Le candidate per Sandy stanno
terminando,
non ce n’è stata neanche una in grado di
impressionarci.
Una delle cose di cui mi preoccupo? Che Rebekah abbia talento
sufficiente da
essere scritturata per questo ruolo.
In fondo non è ancora toccato a lei, dubito fermamente che
ci siano altre
cinquecento persone oltre lei, dietro il sipario. E, al contrario di
quando
Caroline me ne abbia parlato la prima volta, adesso sono sempre
più contraria
all’inserirla nel nostro gruppo.
“La prossima!” esclama Bonnie.
Un’alta, bionda, affascinante ragazza fa il suo ingresso.
“Canterò Don’t stop
believing dal musical Rock of Ages” Caroline, per un secondo,
rimane
interdetta.
Penso per due fattori, sia perché è un pezzo non
semplice, sia perché…
“Nome, prego?” dice tagliente. Ecco, sia
perché non si è presentata. Lei
sbuffa, come fosse ovvio.
“Rebekah Mikaleson ti dice qualcosa?” risponde
ironica, facendo ridere Damon
alle mie spalle.
Mi volto verso di lui.
“Che c’è?” domanda.
Scuoto la testa, osservando Rebekah.
“Bene, Rebekah, puoi iniziare.” Sorrido falsamente,
enfatizzando il suo nome.
Non appena intona le prime parole rimango sbalordita da quella voce
melodica.
“…she took the midnight train goin'
anyway…”
Bonnie muove la testa a ritmo, osservandola estasiata.
Io e Caroline la guardiamo e ci scambiamo un’occhiata come
per dire: “Che
diamine sta facendo Bon?”
“Bene… Basta così. Ti faremo
sapere.” La blocca prontamente Care, facendomi
sorridere.
“Immagino.” Commenta la sorella di colui che ha
sabotato il nostro Homecoming.
Bonnie la osserva sconcertata. “Perché non
l’hai fatta finire? È la nostra
migliore candidata!” esclama.
“Perché a me ed a Elena non piace, vero Elena?
– annuisco distrattamente –
Siamo due a uno, perdonaci, la democrazia dice questo, no?”
La mora scuote la testa.
Damon’s POV
Le audizioni sono finite presto, meglio, avrò più
tempo per dedicarmi al far
nulla. Al dolce far nulla. All’uscita però,
rimango sorpreso dal trovare, oltre
Klaus e Kol, anche Rebekah.
Non se n’era andata un po’ di tempo fa?
“Ti aspettavo.” Mi sorride, come per rispondere ai
miei dubbi non espressi.
Ricambio il sorriso non propriamente convinto. “Sai, Damon
– inizia Klaus
poggiato alla sua auto – la mia dolce sorella mi ha riferito
qualcosa che ha
visto oggi pomeriggio a scuola… Tu e la Gilbert,
eh?”
“Sembravate affiatati.” Aggiunge Kol, nemmeno fosse
stato lì presente.
La mia espressione è a dir poco confusa. “Cosa
volete dirmi? Non capisco”
“Be’- questa volta è Bex a parlare
– sembravate in ottima sintonia, vi
guardavate in un modo quasi romantico… – fa una
smorfia disgustata – Insomma,
devi dirci qualcosa? Devi dirmi qualcosa?” Odio la gelosia di
Rebekah. Solo
perché siamo andati a letto insieme più di una
volta, non significa che io sia
suo. Non sono di nessuno, meno che mai di sua proprietà.
“Manca alla mia lista.” Alzo gli occhi al cielo,
gesticolando.
“Ah, sì? A me non sembrava che la trattassi come
le altre.” Afferma dura la
bionda.
“É così. Fatevene una
ragione.” In qualche strano angolo della mia testa,
sentire parlare di lei in questo modo mi infastidisce, in
più, sono sicuramente
fatti miei, non loro.
“No, no, io ho qualcosa di meglio.”
L’espressione di Klaus mi intimorisce per
mezzo secondo.
Cos’ha in mente?
“Dimmi, allora.” Borbotto scocciato.
“Dimostraci che non ti importa minimamente di lei.”
“Come?” è la mia domanda.
“Semplice: scommettiamo.”
___________________________________________________________________________________________________________
N/A
Salve!
Ecco il secondo giorno di audizioni per Grease! Abbiamo finalmente
Rebekah, dopo che si era parlato di lei per un po'. Che ne pensate
della sua audizione? Purtroppo non è un capitolo
molto lungo, ma è di fondamentale importanza
perchè si parla, per la prima
volta, di scommessa. Speriamo che piaccia comunque, e sproniamo tutti i
lettori
silenziosi a pensare e dirci in cosa realmente questa consisti. Sono
aperte le
scommesse!
Siete davvero
gentilissime con le recensioni e questo ci rende
stra-felici, per cui vi chiediamo ancora una volta di lasciare un
commento se potete,
anche piccolo; credeteci se diciamo che significherebbe il mondo per
noi!
Vi
lasciamo con un
invito a dare un'occhiata ai nostri profili _valins e
missimississipi.
Ringraziamo ancora coloro che hanno recensito il capitolo precedente :)
|
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Capitolo 6 *** Capitolo cinque. ***
Capitolo cinque
Damon
Mi
sveglio. Apro improvvisamente gli occhi e tutto ciò a cui
riesco a pensare è il dover affrontare la stessa identica
giornata, con la stessa identica routine, ed onestamente, seppure odio
ammetterlo, fare parte di questo ‘progetto
teatrale’ mi sta in qualche modo rendendo la vita meno
schifosa di quanto lo sia già. In un batter di ciglia, il
teatro mi porta inevitabilmente a pensare alla scommessa della quale ha
parlato Klaus.
È ovvio che per la sua casa al lago farei qualsiasi cosa e
portarmi a letto una delle altre tante ragazze del mio liceo non
sarà di certo complicato.
Con questa consapevolezza, e un accenno di soddisfazione personale, mi
alzo, ed incontro mio fratello con un asciugamano sulla spalla diretto
in bagno.
“Buongiorno al mio fratellino preferito!” esclamo,
dandogli una pacca sull’asciugamano che cade inevitabilmente
per terra.
“Ehi ehm … Damon?” mi richiama, quando
sto per scendere le scale.
“Mh?”
“Elena … Gilbert … la ragazza del
teatro è … insomma, impegnata?”
domanda, timido ed imbarazzato.
Una sensazione che decisamente non dovrei provare mi fa aggrottare la
fronte: “Perché?”
“Beh ecco – si stringe nelle spalle –
è carina”
“Una delle tante” mi limito a rispondere, alzando
le spalle. "Piuttosto anonima, se devo dirti la verità."
Lui annuisce lentamente: “Quindi è
libera?”
“Per quanto ne so io, sì” ribatto e mi
accingo a scendere al piano di sotto per prepararmi il
caffè.
***
Richiudo svogliato l’armadietto e mi preparo per andare a
spagnolo, una delle tante materie che odio di più al mondo.
“Allora, hai pensato alla mia offerta?” Mi volto,
in direzione dei mio amico
poggiato con la spalla contro l'armadietto e la sua
immancabile faccia da schiaffi.
“Che palle Klaus … è ovvio che accetto,
pensi che abbia problemi a … che ne so … farmi una ragazza?”
domando, sorridendo. Le ragazze hanno sempre fatto la fila per stare
con me; sarà il mio stile, il mio charm, e la mia
capacità di sembrare interessato quando ascolto i loro
problemi dei quali non mi interessa assolutamente nulla, ovviamente.
“Ma – lo blocco prima che possa allontanarsi per
andare a rompere, come al solito, a Forbes che fa il filo a
Lockwood da tempo immemorabile – una settimana. Casa sul
lago. E ho detto tutto”
“Tu pensa a portarti a letto la ragazza, poi mi penseremo
– un ghigno soddisfatto gli incurva le labbra –
voglio le prove, Salvatore.”
La scuola è noiosa, Dio quanto è noiosa.
Perché i genitori si preoccupano tanto di mandare i figli a
scuola quando è una tale tortura? E ci sono anche quei folli
che vogliono addirittura andare al college, prendiamo mio fratello
Stefan che ha già non so quante lettere di referenze per
Harvard. L’unico lato positivo è che posso avere
la sua stanza che per motivi ovvi – le preferenze di mio
padre – è più grande della mia.
Sento distrattamente la professoressa Vargas improvvisa dialoghi
inventati con Lockwood e Donovan che sono decisamente degli sprovveduti
a riguardo - incapaci di formulare un qualsiasi tipo di frase. Sospiro
pesantemente, pensando di essere nelle loro identiche condizioni.
“Signor Salvatore” speravo davvero che non si
accorgesse di me.
“Si signorina Vargas?”
“Dov’è il suo libro di
spagnolo?” domanda, sfidandomi.
“Non è qui, al momento … ma
sarò felice di farmelo spedire da Madrid il più
presto possibile.”
Suscito la risatina dei ragazzi presenti in classe, compresa quella
della Bennett che, sorpresa a ridere dalla prof, asserisce
completamente.
La Vargas sbuffa e si porta le mani ai fianchi; donna sulla quarantina,
probabilmente sola e decisamente grassa … non ho nemmeno la
forza di fare il lumacone di turno.
“Allora, al termine della lezione voglio che vada in
biblioteca a prendersi il libro.”
“Agli ordini signorina” Mi porto
teatralmente la mano alla fronte, in segno che ho appreso e registrato
gli ordini.
Alzo gli occhi al cielo e non appena la campana suona, afferro giacca e
tracolla per andare in biblioteca, questa giornata peggiora di ora in
ora.
“Salve signora Henrie – sospiro annoiato
– ho bisogno di questo libro” allungo alla
bibliotecaria il post-it sul quale è scritto il nome del
volume e lei mi guarda, dal retro delle sue lenti rettangolari e
sbuffa: “Com’è che sei sempre qui a
chiedermi libri?”
“Che vuoi che ti dica, mi piace venire qui a
salutarti”
“Non attacca con me – fa una pausa – vada
nel reparto delle lingue, Salvatore”
Senza nemmeno farmi spiegare dove sia, mi dirigo verso lo scaffale in
questione, quando la mia attenzione viene attirata da qualcosa di
decisamente più interessante.
C’è Elena, seduta in un angolino deserto e
solitario.
Sta probabilmente facendo gli esercizi di qualche materia,
dà un’occhiata al libro e successivamente al
quaderno, per controllare che ciò che ha scritto sia giusto
o meno, o almeno credo. Ogni tanto fa una pausa e le sue labbra mimano
lente le note della canzone che il suo iPod appoggiato sul tavolo sta
riproducendo.
Un moto di tristezza mi attanaglia lo stomaco, ho appena scommesso
sulla vita sentimentale di una ragazza che non ha fatto niente, se non
essere incredibilmente dolce e bella nella sua estrema naturalezza -
altro che 'ragazza anonima'. Per un attimo sono quasi tentato dal
lasciar perdere quest’idea e sedermi lì con lei, a
parlare; poi torno con i piedi per terra e realizzo che io non sono un
debole che si arrende per un bel faccino.
Stringo la giacca intorno alle dita e dimentico qualsiasi motivo per
cui ero venuto qui e mi dirigo verso Elena che nemmeno si è
accorta che sono in piedi di fronte a lei, a guardarla, mentre si
sposta irritata una ciocca di capelli dietro l’orecchio che
puntualmente le ricade davanti al viso prima di scrivere.
Mi metto nel suo campo visivo e la vedo trasalire e quasi si trattiene
dal lanciare un urlo: “Smettila di piombarmi davanti a
terrorizzarmi!” esclama, con il tono di voce più
basso del solito.
“Perché sussurri?” mi faccio
più vicini, sedendomi ed emettendo un suono stride con la
sedia che fa voltare i presenti con aria sdegnata.
“Siamo in biblioteca” risponde, per poi tornare con
gli occhi sul suo libro di … spagnolo.
“Hai anche tu la Vargas?” domando, ma lei sembra
non sentire.
Le tolgo le cuffie dall’orecchio e le intreccio
all’ iPod. Lei mi guarda, irritata.
“Che cosa?” sbuffa, sistemandosi meglio sulla sedia
per guardarmi.
“La Vargas – indico il libro con lo sguardo
– ce l’hai anche tu?”
“No. Io seguo il corso di spagnolo avanzato, sono
più avanti di un anno”
È anche intelligente, constato.
Mi soffermo a guardarla più del dovuto e poi sorrido, quando
un’idea geniale mi lampeggia in testa: “Ma guarda
un po’ caschi a pennello! E io che avevo proprio bisogno di
ripetizioni”
“Ma guarda, non mi interessa” ribatte, tornando a
posare gli occhi sul suo libro.
“Potrei … che ne so, pagarti in natura”
propongo.
“Potresti … che ne so, cercarti qualcun
altro”
“O andiamo Elena – sbuffo – un aiutino,
dico sul serio”
Lei alza lo sguardo su di me e adesso sono io a trasalire, per
chissà quale assurdo motivo; è che i suoi occhi
sono così profondi ed inquisitori che quasi mi spaventano.
“E va bene – sospira – ma voglio essere
pagata e voglio che smetti di dare fastidio a Caroline durante le
audizioni” mi dice, puntandomi l'indice contro, quasi a
sfiorarmi il petto.
Come fa a sapere che la sfotto? E io che pensavo di parlare a bassa
voce.
“Io non-” di fronte al suo sguardo serio, scrollo
le spalle: “La smetto”
“Bene”
“Allora domani dopo la scuola?”
Lei sembra pensarci su, probabilmente con tutte le cose che ha da fare
… sicuramente sta sprecando del tempo prezioso facendomi
ripetizioni; scuoto la testa … non mi interessa.
“Alle quattro … ho gli allenamenti con le
cheerleader – si giustifica – a casa tua
perché non voglio che tu stia a casa mia” ribatte.
Sorrido di fronte alla sua schiettezza: “Andata”
“Ora lasciami studiare” ribatte, indicando con lo
sguardo il libro.
Mi allontano dalla biblioteca, con uno strano sorriso ad incurvarmi le
labbra e sinceramente ho paura a definire da dove provenga.
Elena
“Gli hai detto di si? Seriamente?”
“Si Caroline, è la quarta volta che te lo
dico”
Siamo sedute sul mio divano: Bonnie è troppo impegnata a
guardare la sua serie televisiva preferita per accorgersi di
ciò di cui stiamo parlando e Caroline sgranocchia
nervosamente qualche popcorn dalla scodella che ci siamo preparate.
“Perché non avrei dovuto?” proseguo.
“Perché no? Allora, ci ha sabotato
l’Homecoming, è amico di Klaus e Rebekah ed
è stronzo, e soprattutto famoso per la sua
capacità di farsi qualsiasi cosa respiri e sia di sesso
femminile!”
“Ha detto che mi paga … i soldi possono servirci
per i costumi, la scuola ce ne da pochi … quindi”
... e per la mia
macchina, mi
ritrovo a pensare.
“Mh …ti dico solo … non cascarci lui
… non prova niente per nessuno, Elena …
è solo uno stupido come il suo amico” risponde,
incrociando le braccia al petto.
“Con Tyler?” domando.
“Ah – sbuffa intristita – non penso di
interessargli … è tipo cotto per Hayley, quella
del terzo anno, nemmeno mi guarda”
“E Klaus?”
“Klaus è … insomma,
un’idiota, insensibile, bastardo”
“Tu piace” asserisco.
“Affatto”
“Si invece”
“No”
“Io dico di si”
“Ma guarda che ora si è fatta – fissa
l’orologio immaginario che ha al polso e trascina Bonnie per
un braccio – domani, cheerleader, non dimenticarlo”
Sposto il peso da una gamba all’altra e sposto rapidamente lo
sguardo su tutti i vestiti all’interno del mio armadio. Non
so nemmeno io perché sto perdendo tutto questo tempo davanti
ad un semplice guardaroba, io che sono il tipo da jeans e maglietta
scura, e che non ho intenzione di andare in giro mezza nuda.
Ma domani devo andare a casa di gente che non conosco … dei
Salvatore, quelli che sono i più ‘fighi’
della scuola, stando a quello che si dice in giro e Damon …
insomma …
“Che fai lì impalata?” mi richiama
Jeremy dal corridoio.
“Oh io – mi volto – niente”
accenno un sorriso.
“È pronta la cena” risponde.
Fisso un’ultima volta l’armadio e ne tiro fuori un
paio di pantaloni neri decisamente aderenti, una canottiera bianca e il
mio paio di converse nere preferito.
Mi avvio al piano di sotto con uno strano sorriso in volto ed ho
onestamente paura ad ammettere da dove provenga.
***
“Ella està pidiendo algo que no conoces, asi que
no podes contestarle.” Leggo, spostando una ciocca di capelli
dietro l’orecchio. “Traduci.” Affermo
rivolgendo lo sguardo a Damon, che non mi ha tolto gli occhi di dosso
nemmeno per mezzo secondo.
“Eh?”
Appunto.
“Traduci.” Ripeto, indicandogli con una matita la
frase sul libro.
“Ah, sì. Ecco - prende una boccata
d’aria, mentre si concentra. O almeno… fa finta di
farlo - lei sta… con un piede saldo che non conosco,
così che non posso urlarle contro... Ma non ha
senso!” esclama facendomi ridere.
“No, non è così – mi avvicino
a lui indicandogli ogni parola della frase con le dita della mia mano
– ‘Lei sta chiedendo qualcosa che non conosci, per
questo non puoi risponderle’... Non è difficile!
Prova con questa…”
Mi rivolge una rapida occhiata prima di osservare le parole sul libro.
“Ella no sabe lo que siento cuando la veo.” Dico a
voce alta, sorridendogli per infondergli un po’ di fiducia.
“Lei non sa… uhm… che ho bisogno di una
pausa.” Prima che possa rendermi conto che ha terminato la
sua traduzione dicendo ciò che vuole fare, lo correggo.
“No, Damon! È: Lei non sa quello che sento quando
la vedo!”
Gesticolo, prima di sfogliare il libro, per ripassare – per
la quinta volta in questa giornata – le basi della
grammatica. “Anche.” Mormora, facendomi deglutire e
trasalire.
“Eh?” domando.
“Niente, niente… senti, perché non
facciamo una pausa? Tanto Spagnolo da alla testa.”
“Ma Damon –ribatto, come farebbe Caroline
– non hai praticamente fatto nulla! Non sai niente in
più di ieri!”
“Dai, Lena. E poi non è vero, so come si dicono
due frasi importanti.” Esclama con un’espressione
seria. Scoppio a ridere. “Damon, questo
è… è niente, insomma, una primina
saprebbe anche più di te!” rido ancora,
riflettendo poi sul soprannome che mi ha dato. “E va bene,
una breve pausa. Ma non chiamarmi Lena, lo odio.”
“Perché? Il tuo inquietante ragazzo del club di
scacchi ti chiama così?” domanda con un ghigno.
Gli rivolgo un’occhiata truce. “Non è il
mio ragazzo, e sono affari che non ti riguardano.” Chiudo il
libro e mi metto a correggere un esercizio completamente sbagliato che
ha svolto prima il Salvatore.
“Sei permalosa.”
“E tu una frana! Non ne combini una giusta, nemmeno con il
libro aperto accanto a te!” ribatto piccata.
Mi scruta, mentre una sensazione di disagio mi invade.
“Perché mi distraggo
facilmente…” mormora alludendo esplicitamente a
me. Boccheggio, distogliendo lo sguardo da lui.
“Si è fatto tardi… io devo
andare.”
“Aspetta, Elena!”
“Ci mettiamo d’accordo domani mattina per la
prossima lezione, okay?” affermo mettendo a posto la borsa
per poi spostarla sulla mia spalla.
“Elena… qualunque cosa abbia detto non
vol-“
Lo interrompo. “É tutto okay, devo solo
andare.” Affermo non convinta delle parole che fuoriescono
dalla mia bocca. Qualcosa in lui… nel suo modo di fare mi
colpisce, mi… impaurisce. È come se stessi
cercando di proteggermi da lui. E va bene, diamine, deve essere
così! Mi detesto per questa mia capacità di
infilarmi in queste situazioni del tutto spiacevoli. Che poi, nessuno
mi ha costretto a fare questa cosa delle ripetizioni, per di
più, Damon ha sabotato il ballo al quale lavoravo da
… che ne so, sempre.
“Ci vediamo, allora.” Mormora apatico.
Annuisco con il capo, prima di aprire la porta d’ingresso e
fiondarmi fuori a concedere un po’ di aria al mio respiro
già inspiegabilmente corto.
Senza accorgermene vado a sbattere contro qualcosa … ehm
… qualcuno.
Un ragazzo alto, capelli castani chiari, occhi verdi e un sorriso a dir
poco mozzafiato.
Rimango imbambolata da tanta bellezza.
“Ehm –tossisce catturando la mia attenzione
– Non volevo venirti addosso, scusami.”
Ed è anche dolce e si preoccupa per qualcosa che non ha
fatto. Care mi avrebbe urlato di sposarlo all’istante.
E anche Bonnie.
“Scusa tu, andavo di fretta e non ti ho visto.”
Mormoro stringendomi nella mia sciarpa.
“Ah.” Sembra quasi … deluso?
“Sono Stefan, comunque. Stefan Salvatore.” Mi porge
la mano e gliela stringo, mentre tutto è finalmente
spiegato. È il fratello di Damon, è ovvio che
siano entrambi due ragazzi bellissimi.
“Elena Gilbert.”
“Lo so, abbiamo chimica insieme,
quest’anno.” Aggrotto le sopracciglia. Davvero? Non
me ne ero mai accorta.
“Davvero? Ecco perché avevi un viso
familiare.” Sembra illuminarsi a queste parole …
Cosa ho detto di tanto speciale? Mormora qualcosa di impreciso,
facendomi sorridere.
“Conosco tuo fratello.” Esclamo
all’improvviso, volendo prolungare questi istanti con lui.
“Gli faccio ripetizioni di Spagnolo, è una
frana.” La butto sul ridere, vedendo una strana espressione
sul suo volto. “Oh… lo è un
po’ dappertutto.” Risponde con una mano fra i
capelli.
“Già.”
“Già.” Mi fa eco lui.
La porta si apre improvvisamente. Damon è sulla soglia della
porta.
“Vedo che vi siete conosciuti.” Il suo tono cela
una velata ironia. Ma cosa c’è che non va?
“In realtà ci vediamo già a
chimica.” Ribatto prontamente, facendolo zittire.
“Già.” Ripete nuovamente Stefan, alla
mia destra, con un sorriso sulle labbra.
“Già.” È la voce di Damon,
che mi osserva e sembra volermi scrutare fin dentro, con i suoi occhi
cristallini che mi fanno deglutire a vuoto, ed ecco che
l’aria mi manca … di nuovo.
“È stato un piacere, Stefan.”
“Anche per me.” Mette le mani nelle tasche,
sorridendo ancora di più, se possibile, e facendomi venir
voglia di abbracciarlo. È … perfetto.
“Damon.” Lo saluto, allontanandomi.
Non mi arriva, anche se da lontano, nessun suo saluto.
Rabbrividisco un attimo, chiedendomi cosa abbiano entrambi i fratelli
Salvatore.
“Sei una poco di buono!” esclama Bonnie tirandomi
un cuscino ma mancandomi, ovviamente.
“Ma non è vero!” ribatto.
“Sì che è vero!” questa volta
è Caroline a parlare, con la sua coda di cavallo ed il naso
rosso, causa influenza presa per colpa di Klaus, della macchina di
quest’ultimo e della pioggia di ieri. Oggi è
venuta a scuola ma se ne è andata prima per ovvi motivi. Era
in condizioni pietose, se fosse stato per lei avrebbe continuato a
vagare per corridoi e classi, ma per fortuna Bonnie ed io
l’abbiamo convinta ad andare a casa, ed è stato
decisamente molto meglio così.
“Due ragazzi ci provano con te, e tu ci stai con entrambi:
questo fa di te una poco di buono!” esclama sorseggiando il
suo tè caldo. Scuoto la testa, prendendo il cuscino da terra
e gettandomi sul letto della bionda, al suo fianco.
“Per giunta due fratelli!” Bonnie le da man forte,
pur sapendo che tra me e Damon non succederà mai niente. Ma
farei un pensierino su Stefan …
“Senti, Damon ha fatto una stupida allusione su di me, a
seguito della quale me ne sono scappata. Ma Stefan, il fratello
– sospiro – vi sarebbe piaciuto,
eccome!”
Caroline alza gli occhi al cielo, terminando di bere. Bonnie mi chiede
quale film vedere, ed io ne indico uno a caso. Finalmente posso godermi
un po’ di pace, niente allenamenti delle cheerleader fino a
quando Forbes non si rimette. Per il teatro e le ripetizioni
… sopravvivrò.
Damon
“Cosa vuoi sapere, Stefan?” domando svogliato a mio
fratello, che mi osserva insistentemente con uno strano broncio sul
viso.
“Cosa voglio sapere? – mi scimmiotta
– É un’altra delle tue
prede?” É infuriato. Sbuffo. Annoiato dai suoi
ennesimi atteggiamenti da maschio alfa e superiore che mi fanno a dir
poco arrabbiare.
“Non sono affari tuoi. Vuoi uscirci? Fallo, non è
problema mio. Non sarò io a fermarti.” Affermo
tagliente, e mi guarda come se lo avessi insultato per ore. Mi da
fastidio. Lui, la sua richiesta, il voler sempre aver tutto sotto
controllo. Elena è grande per decidere se …
frequentare lui. Sarò così veloce nel vincere la
scommessa che nessuno, dopo poco tempo, neanche se ne
ricorderà. Neanche lei, perché mio fratello
sarà lì per lei, a consolarla, a farla calmare, a
farla innamorare.
Che lo faccia, non mi interessa.
Sembra trattenersi dal mandarmi al diavolo. Non è in grado
di insultarmi, né minimamente né pesantemente. Il
solito Stefan, il solito eroe.
Un sorriso inclina le mie labbra, non l’ha mai fatto e non
penso troverà mai la forza –o grinta?
– di dirmene quattro.
“Sai che c’è?” domanda
retoricamente. “C’è che lei mi piace, e
potrei sul serio innamorarmene. Vorrei una relazione stabile, lei ed
io, e sono sicuro che la renderei più felice di quanto lo
è con te. Ma tu… dannazione, tu mandi sempre
tutto all’aria! Non ti importa mai delle conseguenze e dei
sentimenti altrui. Quando le spezzerai il cuore –e sono
sicuro che lo farai – io ci sarò per
lei, sarò tutto quello che tu non riuscirai mai ad imitare,
nemmeno lontanamente e con tutta la buna volontà.”
Mi guarda, ed i suoi occhi esprimo solo tanto disprezzo. Tanto gelido
disprezzo.
“È questa la differenza fra me e te,
fratello.” Deglutisce, dopo aver puntato l’indice
contro di me.
Rimango immobile per chissà quanto tempo, non sono neanche
sicuro che tutto questo sia accaduto realmente o sia solo frutto della
mia mente quasi malata. Stefan non saprà insultare, ma ci sa
andare davvero pesante con le parole, alle volte.
“Rebekah –le lascio un messaggio vocale –
sei a casa? Fammi sapere… ho bisogno di passare un
po’ di tempo con te.” Chiudo il telefono e sospiro,
recandomi in bagno per una doccia.
Lascio che l’acqua mi avvolga, mi riscaldi ed eviti di
pensare.
Se rifletto sul profumo del bagno doccia, eviterò che Stefan
ed Elena entrino nella mia testa.
È bollente, e mi piace. … L’acqua,
s’intende.
Prendo un asciugamano bianco e lo lego alla vita, sentendo il telefono
improvvisamente squillare.
“So che vuoi vedermi nudo, Rebekah, se solo aspettassi
qualche minuto…” esclamo sarcastico, frizionando i
capelli con un ulteriore asciugamano.
“Damon…”
deglutisco pesantemente, chiudendo gli occhi ed insultandomi in cento
lingue contemporaneamente, includerei lo spagnolo, se lo sapessi.
“Ho
dimenticato il cellulare a casa tua, volevo passare a riprenderlo, ma
se hai da fare …” Elena lascia la
frase in sospeso, facendomi intendere perfettamente cosa voglia dire.
“No, no, sono a casa… cioè,
ehm… te lo riporto io, okay? Non ti preoccupare.”
Ribatto, prendendo dei boxer e dei vestiti da indossare.
“Non vorrei
scomodarti…” è seria, ma
il suo tono non può che suonarmi assolutamente ironico.
“Anzi, sai che
c’è? Passo a prenderlo io,
c’è Stefan a casa, no?”
domanda retorica, mentre maledico mio fratello mentalmente.
“Sì, be’, lui ci sarebbe m-“
“Perfetto, non
ti preoccupare.” Afferma,
svelta, chiudendo la conversazione e lasciandomi con una frase
a mezz'aria e il telefono ancora poggiato contro l'orecchio.
Diamine, sono uno stupido,
Il telefono squilla nuovamente.
“Hai cambiato idea, Elena?” domando con un sorriso,
seppure sappia che llei non può sicuramente vedermi. Il
sorriso serve solo a me. A spaventarmi e a darmi del cretino.
“Vedo che ti
stai dando da fare, Damon. – batto una mano
sulla fronte, è Rebekah – Senti… ci sono Nik e
Kol a casa con delle ragazze. Possiamo fare a casa tua?”
chiede, ed io vorrei dirle di no, ma se lo facessi, me la metterei
contro. E con lei Niklaus, Kol e tutti quelli dalla loro parte. Se
dicessi no, lei si arrabbierebbe e mi insulterebbe, si vendicherebbe e
non oso neanche immaginare come.
“Certo…” rispondo poggiando la fronte
sul muro.
Non c’è nessuno più idiota di me.
____
N\A
Ciao a tutti! Eccoci qua con un nuovo capitolo -
decisamente in ritardo. Scusate ma per chi va ancora a scuola, sono gli
ultimi giorni più infernali di sempre, questi.
Allora, non c'è molto da dire sul capitolo. Vediamo che
Damon si da "da fare", con questa scommessa, anche se ogni tanto ha dei
ripensamenti, ma non ha di certo intenzione di lasciar cadere la cosa.
D'altro canto, Elena sembra che voglia instaurare un rapporto con
Stefan - idem dall'altro lato. Come procederranno le cose? Speriamo che
il capitolo vi sia piaciute e ringraziamo coloro che recensiscono e
hanno messo la storia fra le seguite\preferite\ricordate. Significa
molto per noi :)
Come al solito, vi lasciamo un collegamento ai nostri profili: valins e missimississipi. Un
bacione e alla prossima!
|
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Capitolo 7 *** Capitolo sei. ***
Capitolo sei
Penso che morirò,
prima o poi.
No, non sono una che medita il suicidio, non ci sono mai arrivata, per
fortuna.
Il fatto è che non ho una macchina e devo muovermi a piedi
penso che, oltre ad
essere palesemente umiliante per una diciottenne è anche
maledettamente faticoso,
se non ingiusto, stancante e tutto ciò che di negativo ci si
può aggiungere.
La sfortuna – perché sì, è
sfortuna – vuole che Stefan e Damon Salvatore
abitino decisamente lontano da casa mia e queste ripetizioni, oltre a
sconvolgermi emotivamente, mi stanno facendo perdere chili e chili
della poca
massa muscolare presente sul mio corpo.
Il fatto che mi sia dimenticata il cellulare, evidenzia la mia totale e
completa stupidità, e poca furbizia, aggiungerei.
In ogni caso, dopo aver rischiato di essere caricata su un furgone da
un
meccanico mezzo pazzo, sono riuscita ad arrivare a destinazione.
Questa faccenda delle ripetizioni, come ho detto, mi sta distruggendo
… Damon
mi sta distruggendo perché il suo sguardo da ‘sono
un fico pazzesco’ non mi
lascia in pace nemmeno un secondo ed onestamente mi chiedo, con tutta
la gente
del mio liceo, perché abbia chiesto a me, Elena Gilbert,
dirigente del progetto
teatrale, ragazza alla quale ha sabotato una serie infinita di progetti
e
cheerleader, che con Damon Salvatore non ho mai scambiato mezza parola.
Il mio indice rimane immobile a pochi centimetri dal campanello quando
la porta
di casa si apre, scoprendovi una Rebekah Mikaelson con i capelli
scompigliati
post-coito, una maglietta al contrario ed una sigaretta fra le labbra,
con
accanto un Damon Salvatore privo di scarpe e maglietta –
grazie a Dio ha ancora
i pantaloni, anche se potrei giurare che non li avesse fino a qualche
minuto fa
– che saluta la bionda con una semplice scrollata di
spalle.
Il suo sguardo disinteressato si spegne quando si accorge che ci sono
anche io,
davanti alla porta: attonita e vagamente, ma solo poco …
dispiaciuta. Sì,
dispiaciuta, l’ho detto.
“Ciao cara Elena, penso tu sia arrivata in ritardo
… non ti preoccupare,
arriverà il tuo momento – sorride compiaciuta
– ci vediamo domani pomeriggio
alla proiezione di Grease, dato che … ho la parte
– fa una pausa ed arriccia le
labbra piene di lipgloss glitterato – me lo ha detto il tuo
professore di
storia”
“Si è … è così
… m-ma io non sono qui per questo. Sono venuta per parlare
con
Stefan”
“Oh sì è proprio così
– il minore interviene, alle spalle della bionda –
vieni
andiamo”
Sorpasso Damon con una leggera spinta e mi accingo a seguire Stefan.
“Grazie” mimo con le labbra, una volta arrivata in
soggiorno.
“Di nulla – Stefan alza le spalle e sorride
– come mai qui?”
Giusto; perché ero lì?: “Cellulare. Ho
dimenticato il cellulare. Oh, eccolo –
quasi corro verso il tavolo in cucina – trovato! C-ci vediamo
eh …
Stefan”
Mi volto per andarmene.
“Ehi Elena … ti va di … che ne so, fare
i compiti insieme?”
Noto che si gratta la testa mentre la scuote leggermente, probabilmente
non
aveva in mente esattamente questo, ma si dia il caso che in chimica sia
un
fallimento, perciò …: “Certo!
Chimica?” sorrido.
Un sorriso radioso gli illumina il volto: “Chimica
– fa una pausa – dopodomani
dopo la scuola?”
“Perfetto – mi stringo nella giaccia –
sarà meglio che vada … mi aspettano per
la cena, ci vediamo domani, Stefan”
“A domani” mi sorride ancora.
Mi volto e prima di andarmene, incontro sulla soglia Damon che mi
fissa,
inquietante ed intenso, come sempre: “Hai … preso
il telefono?”
Lo sollevo affinché lo veda..
Lui annuisce: “Ci vediamo domani?”
“Non è indispensabile la tua presenza, sono sicura
che di Grease non te ne
frega niente”
“Mi interessa invece, è uno dei miei film
preferiti”
“Ah si? Beh – indico il suo soggiorno –
hai un gigantesco televisore in alta
definizione, guardalo pure lì. Ciao Damon” lo
supero ed esco.
“El-” non lo faccio proseguire, sono già
troppo lontana.
Non so cosa esattamente mi abbia spinto a comportarmi in questo modo,
forse
infantile o forse non più di tanto, se consideriamo che
Damon è uno stronzo e
non si smentisce mai.
Mi rigiro nel letto, nervosa, estremamente nervosa e mi sento come se
ci fosse
un caldo quasi insostenibile, snervante e soffocante.
Chiudo con forza l’armadietto e quasi il rumore riecheggia in
tutto il
corridoio, attirando l’attenzione di qualche ragazzetta del
primo anno che mi
guardano, spaventate e indecise sul da farsi; se parlare o scappare e
spero che
optino per la seconda.
Non ho dormito, sono stanca morta e nervosa, molto, troppo nervosa.
“Buongiorno!”
Specialmente quando la tua migliore amica sprizza gioia da tutti i pori
della
sua pelle ramata.
“Giorno Bonnie”
“Va tutto bene?”
Mi dipingo a forza un sorriso sulle labbra: “Solo un
po’ stanca”
Lei annuisce, silenziosa: “Ci vediamo oggi pomeriggio? Siamo
in teatro”
“Si io … ci vediamo
lì!”
Sono una di quelle ragazze che odia la scuola, anzi, penso che non
esista
niente di più bello.
Mia madre dice sempre che i tempi del liceo sono i migliori, quelli
memorabili
e che probabilmente rimpiangerò per il resto della mia vita,
perciò … meglio
godermelo, anche se è l’ultimo.
Alcune volte mi chiedo come abbiano fatto a passare così in
fretta, senza che
abbia avuto il tempo di accorgermene. Ci sono certe mattine in cui
varco la
soglia dell’entrata principale e mi guardo intorno, come se
fosse la prima
volta, in cui, presi per mano le mie amiche e ci dicemmo che non ci
saremo mai
lasciate andare.
Annoto distrattamente ciò che il professore di economia
spiega, scrivendo
distrattamente alcuni calcoli alla lavagna. Il professor Wanders
balbetta e
oltre a questo, come se non fosse già abbastanza, sputacchia
saliva
dappertutto, a tal punto che c’è una specie di
gara ogni martedì, a chi arriva
primo nei posti in fondo, per evitare la seconda doccia mattutina ed
io, sono
in fondo, ad osservare il cortile fuori dalla finestra.
Sono le otto e qualcosa, credo; alcune gocce di rugiada inumidiscono le
punte
del prato all’inglese fuori dalla scuola, il sole
è piuttosto coperto, ad
eccezione di alcuni raggi che, liberi, riescono a forare le nuvole per
riversarsi sull’autobus scolastico di fronte
all’entrata e sull’albero di
fronte alla mia aula, ormai completamente spoglio. Ai suoi piedi, una
serie
infinita di foglie secche e scure.
Penso che l’autunno sia una delle stagioni più
tristi di tutto l’anno.
Dopotutto, in inverno c’è natale, in estate le
vacanze, in primavera i fiori di
pesco e i autunno le foglie secche e il tempo uggioso, uno schifo,
insomma.
Il suono stridulo e prolungato della campanella segnala il termine
della prima
ora.
Il resto della mattinata, in un modo o nell’altro,
passa.
Una giornata piuttosto noiosa: compiti di recupero per coloro che non
hanno
fatto nulla durante l’estate, strani esperimenti con provette
di chimica ed una
serie infinta di lettere durante inglese.
Ripongo l’ultimo libro nell’armadietto e per
qualche secondo lo osservo scivolare
al suo interno, lasciandovi scorrere le dita sulla copertina rigida,
giusto per
perdere qualche minuto prima di scendere al piano di sotto ed
incontrare la
biondona tutta tette che lascia trapelare un ‘mi sono fatta
tre quarti di
Mystic Falls’ da ogni angolo del suo corpo da
ginnasta.
“Elena, sei pronta? C’è la
proiezione” Bonnie mi raggiunge al mio armadietto
con un quadernone fra le mani e una matita a tenerle a bada i capelli
scuri.
“Sono pronta” dico, risvegliata dal flusso dei miei
pensieri su Rebekah … e
Damon.
“Allora, funziona tutto?” chiedo, guardandomi
intorno.
“Tutto” risponde Bonnie, sedendosi in prima fila.
Il proiettore riversa sullo schermo bianco del teatro, il
menù con le opzioni
del linguaggio; mi lego i capelli e osservo attenta le luci, abbassate
per
garantire una migliore veduta del film.
“Faccio l’appello” dico , rivolta alla
manciata di ragazze e ragazzi presente
nella fila centrale.
Lascio scorrere l’indice accompagnato dalla mia voce sui nomi
presenti sulla
lista e ci sono tutti, anche Rebekah e per fortuna, di Damon neanche
l’ombra,
forse ha capito che non voglio vederlo.
Mi siedo davanti ad una fila di sedili vuoti, leggermente in disparte
rispetto
agli altri; durante i film non voglio essere disturbata, pretendo il
silenzio e
qualsiasi tipo di voce esterna mi innervosisce.
“Pensavi che non sarei venuto eh?”
“Lo speravo” ribatto, senza distogliere lo sguardo
dal trailer proiettato sullo
schermo.
“Mi odi così tanto?” chiede, con un
pizzico di amarezza.
“Se ti dico di si vai via?”
“In realtà, no”
Segue qualche secondo di silenzio.
“Senti Elena … guarda che … insomma,
Rebekah … lei è … non è
come … beh ecco
come …” lo sento balbettare, tentare di
aggrapparsi alle parole giuste.
“Shh – mi porto l’indice alle labbra
– sta iniziando il film”
“Ma Elena …”
“Zitto”
Amo i musical, penso che sia decisamente il mio genere di film
preferito. Le
canzoni, i balli, sarebbe a dir poco esilarante se ci mettessimo tutti
a
cantare nel bel mezzo di una conversazione, mi sono sempre chiesta,
poi, come
faccia la gente a sapere alla perfezione ciò che deve
cantare, nonostante debba
sembrare ‘improvvisato’ ma ovviamente, ci vuole un
briciolo di fantasia; è
finzione, solo finzione.
Damon è rimasto alle mie spalle durante tutta la durata dei
film, alcune volte,
afferrava mi ha afferrato una ciocca di capelli e se
l’è rigirata fra l’indice,
per poi tirarla, forse al solo scopo di infastidirmi, ma io
l’ho ignorato, ed
ho tentato di ignorare anche il sorrisetto idiota che mi ha dipinto le
labbra e
le farfalle che mi hanno infestato lo stomaco ogni volta che le sue
mani si
posavano sui miei capelli.
“Elena bisogna portare il proiettore nello sgabuzzino
– dice Bonnie,
stiracchiandosi – io ho da fare, altrimenti sarei
andata”
“Non preoccuparti – mi alzo – vado io, ho
anche le chiavi”
“A domani” la sento dire, prima di uscire dal
teatro.
Come al solito, porto degli oggetti che pesano il doppio di me, ma
finalmente,
riesco a raggiungere lo sgabuzzino. Pulisco le mani suoi jeans e mi
volto.
Pov Damon:
Non appena si volta, la afferro per i polsi, schiacciandola forse un
po’ troppo
violentemente, contro il muro.
“C-che fai?” domanda, spaventata e sorpresa.
La osservo: il fiato corto e le labbra schiuse in una serie di sospiri,
il
petto che si alza e si abbassa ritmicamente in concomitanza al suo
affanno che,
spaventato e fresco, sfiora le mie labbra.
Lo cerco, il permesso, per poter incontrare le sue labbra, e potrei
giurare che
non è per quella fottutissima scommessa, ma per il semplice
fatto che credo di
volerla baciare da sempre.
Inclino la testa di lato ed incontro fugace i suoi occhi scuri e forse
eccitati, almeno la metà di quanto lo sia io e mi avvicino,
lentamente …
“Elena!”
Mio fratello. Maledetto mio fratello. Sono sicuro che lo abbia fatto
apposta,
sicuro.
“Stefan” Elena è come risvegliata da una
specie di trance ed allontana le mie
mani sfiorandole con le sue e io quasi cerco di tenerle strette fra le
mie, per
invitarla a non andarsene.
“Non dovevamo fare chimica?”
Lei sposta rapidamente lo sguardo su di me, che tengo ancora le sue
dita
strette fra le mie.
“Giusto – annuisce – chimica …
andiamo”
Mio fratello mi lancia un’occhiata di sfida ed io capisco.
Maledizione.
A questo punto, è diventata personale. Non si tratta di una
scommessa, non si
tratta della rivalità con mio fratello, si tratta di Elena,
me ed Elena, e
giuro che non lascerò che me la portino via, tantomeno mio
fratello.
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N/A
Salve!
Non c'è molto da
dire su questo capitolo: abbiamo Damon che si avvicina ad Elena per la
scommessa; Stefan e la bella Gilbert che
iniziano ad instaurare un certo rapporto... cosa ne pensate? Nel
prossimo capitolo ne vedremo delle belle!
Perdonate la lunghezza del
capitolo, purtroppo non può essere accorpato al successivo
perchè diverrebbe innanzittutto troppo lungo; poi
perchè accadrebbero troppe cose, fra cui alcune importanti!
Ci faremo perdonare con il prossimo:)
Ringraziamo davvero tutti
coloro che hanno recensito il capitolo precedente, in più
anche tutti coloro che l'hanno inserita fra le
seguite/preferite/ricordate! Ci fa un immenso piacere! Sarebbe
bellissimo sapere cosa ne pensiate anche di questo capitolo
fondamentale!
I nostri profili:
_valins
e
missimississipi.
Un
bacio e a presto!
|
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Capitolo 8 *** Capitolo sette. ***
N\A:
Scusate per prima,
credo di aver fatto confusione! Il capitolo che per me era il sette, in
realtà era il sei, ero di fretta e non mi sono accorta
dell'errore! Pardon >.< vi lascio al capitolo, giusto ahah
Capitolo sei
“Non ci capisco niente!” esclamo, gettando la mia
povera matita, già abbastanza mangiucchiata,
chissà dove. Stefan mi sorride, forse vuole infondermi un
po’ di pazienza, calma, forse sta per mandarmi a quel paese,
forse sta per aiutarmi. “Diamine, sono un
disastro.” Dico, lasciandomi andare contro la spalliera della
sedia.
“No, non lo sei.” Abbozza un sorrisetto, guardando
il libro. “La chimica meccanica è sempre un
po’ difficile da capire la prima volta che si apre
libro.” Lo guardo con il viso fra le mani. Non so se essergli
grata per essersi offerto di aiutarmi con questa materia o per il
distrarmi da un po’ tutto. Ovvio, so che questo non
è un appuntamento.
Studiare non è un appuntamento.
Ma da qualcosa si deve pur iniziare, no?
Mi osserva per un secondo, io ed i miei capelli spettinati per le
troppe volte che ho lasciato scorrere le mie dita fra alcune ciocche,
le mani sulle guance, gli occhi pieni di speranza, le labbra incurvate
in un sorriso.
“Senti … che ne dici se ci distraiamo per un
po’? Magari ci vediamo un film, o non so, mangiamo una
pizza.” Rifletto per un secondo. “O
entrambe?” domanda con tono serio, abbastanza divertente da
strapparmi una mezza risata.
“Vada per la serata pizza-film. Ho un disperato bisogno di
qualche distrazione.”
Apre le braccia, mentre per un attimo mi sembra di avere Damon accanto,
quando incurva le labbra in quel sorriso a tre quarti che fa sciogliere
l’intero liceo e con disappunto, anche me. Il ricordo di
averlo avuto così vicino fino a qualche giorno fa, mi lancia
una serie di scariche elettriche dappertutto.
“A sua completa disposizione, mademoiselle!” Scuoto
la testa divertita: no, lui è Stefan e non ha nessun legame
con Damon, se non quello sanguigno. Devo stare alla larga dai problemi,
ed il grande Salvatore regna in quel mondo, fatto di bugie, donne,
incomprensioni e mistero e anche un po’ di idiozia e
stupidità.
“Posso – inizio, ma poi scuoto la testa –
fa nulla.”
“No – mi punta un dito contro – adesso
finisci la frase.”
Alzo gli occhi al cielo. “Davvero, non importa.”
“Elena.”
“Uffa, e va bene. Posso abbracciarti?” domando e
sgrana gli occhi. È davvero una proposta così
indecente? Fra ragazze lo facciamo sempre.
Si rilassa dopo avermi messo abbastanza in soggezione, lui ed i suoi
stupidi occhi chiari.
Verdi, per la precisione. Sono rilassanti quando… quando, ad
esempio, non si mettono lì a scombussolarti tutta.
“Certo.” Apre le braccia e mi ci fiondo dentro, un
po’ frastornata da questo nuovo contatto, dal suo profumo che
mi sembra essere semplice e classica colonia, ma mi lascio andare.
Chiudo gli occhi sul suo petto, mentre mi stringe a sé.
Stefan Salvatore … Davvero un salvatore, salvatore di vite o
di sanità mentali, come nel mio caso.
“Grazie.” Mugugno mentre il suo sorriso si allarga,
solleticandomi la fronte.
Un finto colpo di tosse, ci fa voltare entrambi. Alzo gli occhi al
cielo, infastidita.
Cosa dicevo a riguardo di Stefan? Lui è un Salvatore, di
nome e di fatto. Damon … no. Niente affatto. A questo punto
mi chiedo se sia stato adottato.
“Ho interrotto qualcosa?” domanda con il suo solito
e scocciante ghigno sulle labbra carnose, rosa e … soffici?
Penso davvero che vorrei saggiarne la consistenza, prima o poi.
“Si.” Mi affretto a parlare. I suoi occhi, il suo
sorriso … Tutto si spegne improvvisamente. Come un blackout.
“Un abbraccio fra amici” mi sento in dovere di
specificare, ma poi, in dovere di cosa?
“Bene.”
“Bene.”
“Già… Bene” Stefan interrompe
questa strana catena di risposte senza senso fra me e Damon.
“Non dovresti uscire o … non so, importunare
Rebekah?” aggrotto le sopracciglia.
Sogghigna. “Lei mi chiama… io arrivo. Sono un
gentiluomo, non importuno mai.”
“Ma davvero? – domando retorica, sbottando
– perché mi importuni sempre, ogni
giorno, ogni qualvolta apri bocca o respiri.” Sento Stefan,
dietro di me, che trattiene a stento una risata.
Damon si avvicina a me di un passo, ed io sobbalzo. Per un secondo mi
manca il respiro.
“Quindi – la sua voce è terribilmente
bassa e leggermente roca – adesso, ti sto
importunando?” mi sovrasta di una decina di centimetri, ma
non mi è mai sembrato così alto. I suoi occhi
indugiano nei miei per una quantità di tempo che giudico
assolutamente inappropriata, soprattutto perché lui non
guarda solamente; no, non si limita a quello. È come se,
osservandoti, volesse scrutarti nel profondo, arrivare a vedere cosa
c’è nelle tue viscere, cosa pompa il cuore oltre
il sangue, e poi risalire, uscire, invadendo degli spazi che non
potrebbe e dovrebbe, invadere.
Distanza, Elena. Distanza.
“Esatto.” Mi limito a rispondere sostenendo il suo
sguardo. Alza un sopracciglio a mo’ di sorpresa, mentre fa
quella cosa degli occhi. “Non farlo.” Mormoro.
“Cosa?” per un attimo dimentico che Stefan
è dietro di me e ci osserva.
“Quella cosa con gli occhi… ecco, questa qui. E
smettila.” Lo rimprovero, per poi distogliere lo sguardo.
Mi giro in direzione della scrivania e recupero il libro, piegandomi
quel che basta per acciuffare la matita al di sotto della sedia.
È inquietante, decisamente, quando mi accorgo che entrambi i
fratelli mi stanno guardando, entrambi con la testa inclinata da un
lato, la differenza è che Damon mi sta osservando il sedere,
Stefan mi guarda confuso.
Ma perché non sono rimasta la ragazza che frequentava una
quantità indefinita di attività extrascolastiche
alla quale dei ragazzi non importava niente? Tantomeno dei Salvatore.
“Allora, Stefan. – sospiro – questa
serata?”
“Suono lo scacciapensieri... Sa un affare di metallo... Una
volta si chi-” Woody Allen* è interrotto da uno
stupido campanello, quello della porta d’ingresso.
Se prima questa specie di appuntamento potesse essermi risultato
divertente ed eccitante, ora era diventato un fiasco, a cominciare
dalla presenza pressoché inutile di Rebekah e finendo con
Damon che ha un braccio poggiato sulla spalliera del divano, quasi ad
avvolgere la mia spalla, e se la simpaticissima Rebekah è su
una poltrona, molto vicina a noi.
Non tiro neanche un sospiro di sollievo quando Stefan si accinge ad
aprire al fattorino delle pizze.
Rebekah sbuffa e si alza, sistemandosi la gonna dalla lunghezza
invisibile: “Vado in bagno.”
Damon le ammicca uno strano sorrisetto prima che la bionda se ne vada
effettivamente in bagno.
Sbuffo anche io, piuttosto sonoramente.
Il ragazzo al mio fianco se ne accorge e mi tira un pizzico alla pancia.
“Ahia!”
Sorride alzando le sopracciglia come a chiedere scusa. “Ti
odio.” Affermo.
“Per cosa? Per aver portato Rebekah a questo pseudo
appuntamento? Sei gelosa, ammettilo.” Mi volto verso di lui.
Ah, se gli sguardi potessero uccidere… sarebbe morto non
appena scoprì chi aveva fatto cosa all’Homecoming.
Ammetto che un po’ ha ragione. Non sul fatto della gelosia,
quanto su quello della presenza della Mikaelson, ovviamente.
È odiosa, egocentrica e tutto all’infuori di
‘simpatica’.
“No. Per aver rovinato la mia serata, partecipando anche tu e
portandoti la tua gallina personale.” Sorrido, avendo notato
che gli da leggermente fastidio avermi come amica di suo fratello.
“Allora sei gelosa…” Lo fulmino con lo
sguardo, prima di osservare Stefan guardarsi il portafoglio e
successivamente tastarsi le tasche per poi allontanarsi a prendere il
resto delle banconote.
“Affatto.” Affermo decisa, allontanandomi da lui,
pur sapendo che il divano non è infinito.
Infatti, lo vedo avvicinarsi, forse un po’ troppo.
Il suo respiro si infrange fresco sui miei capelli, attorcigliati
dietro l’orecchio ed il suo naso mi sfiora il collo. Sono
ferma, immobile. Non so più muovermi. Onestamente, non mi
sono nemmeno preoccupata di controllare se ne fossi capace o meno,
forse perché, di muovermi, non me ne importa niente.
Trattengo il respiro fino a quando non mormora qualche parola al mio
orecchio.
“Se solo potessi spiegarti…” il tono da
lui usato è bassissimo e, difficile ammetterlo,
anche… sensuale.
“Cosa?” deglutisco.
“Che Rebekah non è la mia gallina
personale.” Mi scimmiotta, e si allarga in un sorriso che
percepisco incurvarsi sul mio collo.
“Un appuntamento, uno solo. E non ti darò
più fastidio.” Impazzisco e vengo colta da una
serie di sensazioni decisamente fin troppo piacevoli quando le sue
labbra sfiorano decise il mio mento.
Lo allontano bruscamente, facendolo quasi atterrare sul pavimento.
“Mai più fastidio?” domando, tenendo un
cuscino saldamente stretto fra le dita, mentre con la coda
dell’occhio osservo Stefan chiudere la porta.
“A meno che tu non ne voglia un altro.” Sono quasi
tentata dall’insultarlo, ma suo fratello torna al mio fianco
e non ho neanche il tempo di rispondergli in modo non troppo gentile.
Damon
I titoli di coda scorrono sul nostro schermo televisivo, mentre Rebekah
si alza e inizia a cercare il suo cellulare. Stefan al mio fianco
sbadiglia. È tardi, soprattutto sapendo che domani
c’è scuola, e teatro, aggiungerei. Mi volto verso
Elena, che vorrei deliziare con una delle mie divertentissime battute
sull’incapacità di mio fratello nello scegliere i
film. Ma forse a lei piace questo genere, ed io non lo so.
Sorrido quando mi accorgo che sta dormendo sulla mia spalla.
Stefan non può vincere questa battaglia.
“Non svegliarla.” Mormora mio fratello.
“Chiamo io i suoi per avvisarli che dormirà
qui.” Annuisco mentre, con estrema cautela, la prendo fra le
mie braccia, facendo attenzione a non svegliarla.
La sua testa si posa sul mio petto, facendomi sobbalzare. Dannazione,
Elena.
Si accoccola su di me quasi fossi un cuscino, assomiglia tanto ai
bambini, quando, da piccoli, si addormentano ed i genitori li portano a
letto. Ripenso alla mia vita, mio padre non ha mai fatto nulla del
genere per me. Non posso fare a meno di chiedermi come sia stata la sua
infanzia, come sono i suoi genitori o suo fratello, qual è
il suo film preferito e che musica le piace. Il punto è, che
ho scommesso su una ragazza che non conosco e, ora come ora, vorrei
solo poterla conoscere, prendermi un po’ di tempo
per capire … se ci sia effettivamente qualcosa da capire su
Elena Gilbert e sul suo profumo particolarmente dolce e così
terribilmente suo da farmi venire voglia di stenderla sul letto, per
fare dell’altro.
“Io vado … allora.” Rebekah saluta me e
Stefan con un cenno della mano, non prima di aver scrutato a
sufficienza me ed Elena.
E meno uno.
“La porto di sopra.” Dico a Stefan, già
al telefono per avvisare un suo familiare. Annuisce con il capo.
Meno due.
“Siamo solo io e te.” Le sussurro
all’orecchio, pur sapendo che non dorme o forse è
ciò che spero.
Entro nella mia stanza, aprendo la porta con il gomito e la schiena. La
poggio con una delicatezza che non credevo mi appartenesse, sul letto,
ma lei mi tira la maglietta quando mi allontano un poco, diretto in
un’altra stanza.
“Mhm.” Mugola, e a stento non scoppio a ridere.
“Mhm cosa, Elena?” domando.
“Mhm resta.” Rimango allibito dalle sue parole.
“Hai finto di dormire?” chiedo quasi sorpreso.
Naah, impossibile. Non è da Elena.
“No.” Mugugna tirando il colletto della mia camicia.
“Mi hai svegliata.” Ed apre un occhio, osservandomi
e facendomi spalancare le labbra.
“Scusami allora.” Ribatto stizzito. Mi sta
rimproverando anche in uno stato pietoso? Assurdo, riesco ad
infastidirla persino quando dorme.
Faccio per allontanarmi, ma mi distrae nuovamente.
“Dicevo sul serio, prima.” Corrugo la fronte.
“Resta, è la tua stanza.” Prende un
cuscino e lo stringe fra le sue braccia. Ah, se solo sapesse cosa ha
visto questo letto, questa stanza … di certo sarebbe corsa
in camera di mio fratello.
“E va bene.” Mormoro sottovoce. “Ma sappi
che non dimenticherò questo facilmente.”
Sorride. “Buonanotte, Damon.”
Mi tolgo le scarpe e la copro con una coperta. Sospiro.
“Buonanotte, Elena.”
È mattina quando sento qualcosa solleticarmi il petto.
Allungo un braccio ma subito sgrano gli occhi, al ricordo di ieri
notte. In realtà, nessuna ragazza che abbia mai toccato
questo letto, è mai rimasta a dormire, e sinceramente, della
cosa non me n’è mai importato niente, anzi, sono
sempre stato io a mandarle via, ma questa mattina, sono sicuro che se
non l’avessi trovata accanto a me, un moto di dispiacere mi
avrebbe attraversato il corpo.
Quando noto Elena dormire tranquillamente accanto a me, riprendo a
respirare.
Intanto, senza quasi farci caso, la mia mano si è poggiata
sul suo fianco. Lei mi da le spalle, per questo i suoi capelli
pizzicano il collo, il mento, ed il mio torace scoperto dalla camicia
aperta.
È quando si volta, che non capisco più nulla. Lei
è troppo vicina, troppo.
Troppo anche per una scommessa, forse. O forse no.
Senza nemmeno accorgermene, la mia mano ha già percorso il
suo fianco e si è posata sulle sue labbra, asciutte e
schiuse. Le accarezzo con il pollice, desideroso di poterla baciare,
baciare e basta.
“Ehi.”
Deglutisco, quando realizza la troppa vicinanza che
c’è fra i nostri corpi.
“O mio Dio!” esclama tutt’a
d’un fiato, mettendosi a sedere sul mio letto e stordendomi.
Niente urla di mattina, è la regola.
“Cosa c’è?”
Mi osserva come se avessi appena detto un’eresia.
“Cosa c’è?” esclama con la
voce ancora leggermente impastata dal sonno.
“C’è che abbiamo dormito… E
che tu hai – e si tocca le labbra – Ma poi
– indica la mia mano, quella che prima era sul suo fianco.
– e… e smettila.”
“Cosa? Sei tu quella che ieri sera mi ha pregato di dormire
con te!” affermo facendola arrossire.
Si guarda attorno, “Non è vero.”
sussurra, ma forse sta solo cercando di auto convincersi del
contrario.
“Ah no?” domando retorico, facendola sbuffare.
“E vestiti.” Mormora alludendo alla mia camicia
aperta. Si alza dal letto, con i capelli tutti scompigliati.
“Si da il caso che tu abbia dormito comodamente schiacciata
su questo – indico il mio petto – tutta la
notte.” Mi da un pugno sul braccio. Non la capisco.
Perchè è così lunatica?
Perché non può farsi baciare come tutte le
ragazze del mondo? Ah si. Perché lei non è come
le altre.
“Posso usare il tuo bagno?” e, senza aspettare una
mia risposta, ci si fionda dentro.
Scendo di sotto per prepararmi un caffè, sicuramente volto a
schiarirmi le idee riguardo alla notte passata e magari parlarne con
lei. Quando torno al piano di sopra lei è sparita e mi
chiedo come ci sia riuscita, sotto il mio naso.
Ed ecco quel moto di dispiacere.
Pensavo seriamente di poterle parlare a scuola, se solo si facesse
beccare nei corridoi e non facesse finta di non vedermi, cambiando
strada non appena nota che mi sto dirigendo verso di lei.
E deve finirla. Tipo adesso.
Sì, per tanti motivi. Per la scommessa, innanzitutto.
Perché abbiamo solo dormito insieme, questa notte,
perché mi deve spiegazioni. Perché deve dirmi se
accetta la mia proposta.
Tanti, tantissimi motivi.
Riesco a trovarla e rapidamente la raggiungo:
“Ehi.” Le rivolgo la parola quando è di
spalle, poggiata al suo armadietto ed intenta a parlare con Bonnie e
Caroline, che sembra essere appena resuscitata dal mondo dei morti, ma
non mi interessa, non di lei. Si voltano tutte e tre verso di me, ed il
suo sorriso si spegne non appena mi nota.
“Possiamo parlare?” domando con una mano
sull’armadietto.
“Ehm – guarda le sue amiche, poi me.
– senti, Damon adesso io – si passa una mano fra i
capelli, alla ricerca di una risposta, addirittura nello sguardo delle
sue amiche, che non arriva – magari …
oggi pomeriggio a teatro, adesso devo andare.”
E non mi da la possibilità di rispondere, poiché
la campanella suona e lei si allontana, dirigendosi a chissà
quale corso di roba per gente di certo più intelligente di
me ed io la guardo camminare, allontanarsi da me.
La vedo dura, molto dura.
_________
N\A
Eccomi di nuovo qui sotto. Mi scuso ancora per l'imprevisto, sono
seriamente problematica -.-' Comunque spero di aver fatto tutto giusto
e scusatemi ancora, davvero .-.
Veniamo al capitolo, che è meglio, fra l'altro. Elena che si
ritrova a dormire a casa Salvatore, e per di più nel letto
di Damon è qualcosa che, ovviamente, cambierà le
cose. Per prima cosa, per cosa pensa Damon, di Elena e ovviamente, dal
canto della ragazza, penso che la reazione sia stata lecita. Che dite?
Non mi dilungo più di tanto perché a questo punto
mi odierete!
Vi lascio il collegamento ai nostri profili, missimississipi e valins, e
grazie a coloro che stanno seguendo la storia e che la recensiscono!
|
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Capitolo 9 *** Capitolo otto. ***
Capitolo otto
“Adesso
penso sia il caso di dirci che
diavolo sta succedendo fra te e mr. Mi faccio tutta la scuola e la cosa
mi rende
ancora più figo di quanto io creda di esserlo!”
Caroline mi guarda di traverso
mentre agita un pennello stracolmo di vernice grigia che dovrebbe
servire a
pitturare gli armadietti in cartone che stiamo creando come oggetti di
scena.
Bonnie e Rick sono in teatro per sistemare la questione
“audizioni” mentre
Caroline ed io siamo sedute per terra, in palestra, che abbiamo
prenotato solo
per noi e per la quantità industriale di cartone raccattato
al supermercato
oppure dagli sgabuzzini della scuola.
“Non succede niente” rispondo io, concentrandomi
forse un po’ troppo sulla
bordatura nera di un armadietto.
“E pensi davvero che ti creda? Solo, solo questo
‘dobbiamo parlare’ di cosa
dovete parlare eh?” agita il pennello a tal punto da
schizzarmi di grigio il
naso e la guancia.
“Caroline! Mi hai sporcato tutta!”
“Non ci provare a cambiare discorso!”
“E va bene – lascio andare il pennello contro il
pavimento – si dia il caso che
ieri notte abbia dormito a casa sua, nel suo letto … insieme
a lui”
Lei rimane in silenzio, per una quantità indefinita di
secondi e non ho mai
desiderato che Caroline parli.
“Avete fatto sesso?” urla.
“No! Abbassa la voce! – sussurro – solo
dormito”
“Ah ecco, sarebbe un peccato sprecare la tua prima volta con
uno così … anche
se-” eccola che ricomincia con i suoi discorsi sulla prima
volta.
“Caroline, non voglio parlare di questo” ribatto,
innervosita.
“In ogni caso, aspetta qui … vado a controllare
come vanno le cose in teatro e
poi prendo la vernice che è finita, ci vediamo fra
poco”
Rimango in silenzio in palestra, da sola. Circondata solo dal rumore
del
pennello che, annoiato quasi quanto me, ritocca, adesso, una striscia
di
pavimento color crema.
In realtà, mi sono imposta di non pensare; non pensare cosa
abbia provato a
dormire con Damon, né tantomeno cosa abbia provato nel
risvegliarmi con le sue
dita ad accarezzarmi le labbra. La verità è che
quel tizio mi è entrato dentro,
è come se fosse sotto pelle, e non riesco a mandarlo via,
anche se volessi, non
riesco a smettere di pensare a lui, alle sue labbra, a suo modo di fare
…
Il flusso dei miei pensieri viene interrotto dalla porta di sicurezza
che si
apre.
“Eccoti – comincio – penso che
andrò a prendere anche la vernice verde, se
dobbiamo finire questi alberi – sorrido – come se
la cava Bonnie?” il mio
sorriso si spegne quando mi accorgo che non è una ragazza,
non è Caroline … ma
il ragazzo al quale stavo pensando fino a due secondi fa.
“Che ci fai qua?” domando, tornando a concentrarmi
sul disegno.
“Caroline mi ha detto che eri qui” risponde Damon,
sedendosi accanto a me ed
afferrando un pennello.
“Hai bisogno di una mano? Ho ancora – fa per
pensarci su – una marea di ore da
usare per questo progetto” accenna un sorriso.
“N-no io … non ho bisogno,
grazie”
“Elena – prende un respiro profondo – non
devi … che ne so … vergognarti per
quello che è successo … insomma, avevi sonno e
abbiamo dormito insieme … non”
la sua frase rimane sospesa a mezz’aria, come se nemmeno lui
sapesse cosa dire.
Intinge un pennello sporco di rosso nella vernice verde ed io quasi
scoppio:
“No!” senza che potessi fermarmi, ho già
afferrato il suo polso per impedirgli
di mischiare i due colori, evitando così una strigliata da
parte di Caroline.
I miei occhi incrociano i suoi, confusi: “Che problema
c’è?”
“Caroline non vuole che si mischino i colori”
rispondo, quando mi accorgo che
la mia mano è ancora avvolta intorno al suo polso.
Lui sorride; perché diavolo sorride?
“Che hai da ridere?” chiedo, diffidente.
“Sei tutta sporca di vernice, che cavolo hai
combinato?”
Ritraggo improvvisamente la mano e me la porto al viso, come a coprire
quelle
macchie scure sul mio naso.
Senza che possa impedirlo, ha già scostato la mia mano dal
viso e l’ha
sostituita con la sua, che sfrega delicatamente fino a rimuovere la
macchia.
Inutile dire come sia in una specie di stato catatonico, sono
paralizzata,
confusa e … quasi spero che queste sue carezze che sta
continuando a lasciare
sulla mia guancia nonostante la macchia grigia sia sparita, non
finiscano.
Sospira, continuando a tenere i suoi occhi limpidi dentro i miei. Non
sono una
di quelle persone che riesce a comprendere gli altri con uno sguardo, a
capire
cosa pensano o cosa stiano per dire, eppure, riesco a vedere qualcosa,
negli
occhi di Damon, che non ho mai visto prima. Qualcosa che, onestamente,
ho paura
ad interpretare come qualcosa di positivo, poiché non ho
intenzione di passare
per l’illusa di turno. Del resto, Damon è famoso
per farsi le ragazze e poi
mollarle come se niente fosse, e io non potrei che essere una delle
tante.
“Allora – soffia contro le mie labbra –
sei libera stasera?”
Mi tornano alla mente gli insegnamenti di Caroline, la quale spiega che
non
bisogna mai mostrarsi disponibili, anzi, il più riservate ed
impegnate
possibile.
“No io … ho da studiare e
…”
Lui annuisce, e come se avesse capito, sorride:
“Venerdì?”
Ed io, incapace di formulare una qualsiasi frase di senso compiuto,
annuisco.
“Passo a prenderti a casa?” domanda, ed il suo
sguardo si posa sulle mie
labbra, leggermente schiuse.
“Elena! Hai visto Damon!?”
“Sono qua, Barbie pazza”
Trattengo a stento una risata e sussurro un sì, rivolto alla
domanda di Damon.
“Ecco – Caroline si dirige con larghe falcate verso
di noi – vai a dare una
mano con lo stereo, Alaric ha detto che sei bravo in queste
cose”
“Me la cavo – scrolla le spalle e poi si rivolge a
me – potrei … ecco,
chiamarti stasera”
Incurvo le labbra in un sorriso: “D’accordo
…”
“Non è stato affatto un piacere, Barbie”
dice, alzandosi. Mi rivolge uno
sguardo fugace prima di uscire e andare a fare chissà cosa
con lo stereo.
“Che cavolo ti ha detto?”
“Mi ha chiesto di uscire …” sospiro.
“Allora come va il progetto teatrale?” mia madre
poggia l’insalatiera sul
tavolo e io la seguo, mettendo accanto una scodella di purè
di patate.
“Alla grande – sorrido – Caroline sta
andando fuori di testa per fare tutto
perfetto”
Mia madre si appunta una ciocca di capelli dietro l’orecchio,
esattamente come
faccio io, e sorride: “Liz me lo ha detto l’altra
sera, sembra che l’abbia
presa davvero sul serio!”
“Oh si … è come se stesse dirigendo un
progetto che finirà dritto a Broadway”
“Di che parliamo?” Jeremy entra in cucina,
sedendosi al suo posto, esattamente
di fronte a me, seguito da mio padre che si posiziona a capo tavola.
“Del progetto teatrale … verrai a
vederci?” domando, speranzosa.
“Mh … se proprio devo – sorride
– d’accordo … ma sappi che se canta
Caroline
preferisco rimanere chiuso in casa”
“Non canta Caroline, ma Rebekah …
Mikaelson”
“Oh – mia mamma arriccia il viso in una smorfia
– sua madre è una specie di
vipera”
“Come la figlia” constato.
“In più – prosegue mio padre –
credo che Michael Mikaelson abbia un qualche
problema con le tasse … che razza di gente” dice,
scrollando le spalle.
La cena passa così, come sempre.
Mia madre che racconta cosa ha fatto a lavoro, mio padre che
chiacchiera con
Jeremy riguardo agli ultimi risultati della partita di football e io
ascolto i
vari stralci di conversazione, magari inserendo ogni tanto un mio
commento, ho
un opinione. Ma non posso fare a meno di chiedermi se
troverò una chiamata
persa sul cellulare.
Aiuto mia madre a sparecchiare e vado poi al piano di sopra.
Butto la testa contro il getto dell’acqua bollente e i miei
muscoli decisamente
tesi trovano un nonsoché di ristoro, specialmente dopo aver
passato la spugna
ricoperta di bagnoschiuma alla pesca, il mio preferito.
Alcune volte sono quasi tentata dal tagliarmi i capelli, forse
perché sono
talmente tanti e folti che passo più o meno un’ora
ogni volta per asciugarli
tutti.
Poi però, quando mi guardo allo specchio, mi accorgo che
sono l’unica cosa che
mi piace di me stessa.
Il mio telefono squilla e prendo un respiro profondo prima di
rispondere alla
chiamata che lampeggia il suo nome.
“Ehi” dico, rispondendo.
“Mi stavo chiedendo – la sua voce
dall’altro capo del telefono è a dir poco
indescrivibile – che cosa potrei fare per non farti annoiare
venerdì?”
Mi mordo il labbro e cerco di non risultare sorridente: “Per
esempio, potresti
… pagarmi la cena e andare a mangiare da qualche altra
parte”
Lo sento sorridere dall’altro lato: “Mi spiace, ma
dovrai sopportarmi se vuoi
che ti paghi la cena”
“Vorrà dire che ti
ignorerò”
“È difficile ignorarmi”
“Vedrò cosa posso fare”
Una voce che proviene dall’altro capo del telefono, che
riconosco essere quella
di Stefan, avvisa il fratello che sta per iniziare qualcosa in
televisione.
“Arrivo – lo sento dire – mi spiace,
Elena … devo andare …”
E sono quasi dispiaciuta: “Oh … ehm …
certo … ci vediamo domani”
“Buona notte” risponde.
Spengo il cellulare e mi accingo ad andare a dormire, con questo
dannato
sorriso che non accenna a sparire, misto all’emozione di
poter – o dover –
passare un po’ di tempo con lui, venerdì.
Damon
“Che cosa c’è in televisione?”
domando, curioso, scendendo le scale.
“Oh niente … mi sono sbagliato” risponde
Stefan, diffidente.
“Sapevi che stavo parlando con lei!”
“Con lei chi?” mi sfida.
“Sai di che parlo, cos’è hai paura che
preferisca stare con me e non con te?”
Lui sorride: “Scoprirò cosa
c’è sotto questa storia, Damon”
Lo sento dire, prima che possa risalire le scale per telefonarle; Dio
solo sa
perché abbia così tanta voglia di sentire la sua
voce, velata un po’ dalla
stanchezza ma pur sempre bella.
Afferro il telefono e compongo rapidamente il suo numero, ma la sua
segreteria
mi dice che il telefono è ‘spento o non
raggiungibile’.
Sbuffo e penso seriamente, che venerdì dovrò
stupirla.
E no, non c’entra la scommessa, non c’entra
l’orgoglio, la casa al lago e
tantomeno mio fratello.
***
Mi
alzo dal letto. E’ incredibile come
riesca a farlo in così poco tempo, mi sento già
sveglia e, seppure questo sia
un bene, ne sono terribilmente preoccupata. Diamine, sono
un’adolescente, tutti
adorano dormire. A nessuno piace svegliarsi presto la
mattina… e nemmeno a me,
lo ammetto liberamente. Però…
c’è qualcosa che non mi torna. Qualcosa mi
sfugge.
Scrollo le spalle, scendendo in cucina e trovando tutta la mia famiglia
riunita
a tavola per la colazione. “Buongiorno.” Saluto
tutti, con una mano fra i
capelli e la bocca aperta – spalancata è forse il
termine corretto? – per uno
sbadiglio.
“Ehi.” Mi arriva all’orecchio, ancora un
po’ roca, la voce di mia madre, mio
padre si limita a sorridere mentre Jeremy immerge un croissant nel
latte.
Semplice. Ti sei svegliata, Elena, non sei appena tornata da un lungo
viaggio,
rifletto, sapendo che lui ragiona così.
Rivolgo una rapida occhiata all’orologio, constatando che
è troppo tardi,
Caroline sarà qui a momenti ed io non mi sono neanche
preparata. Sgrano gli
occhi, afferrando al volo un pancake e salendo le scale in un batter
d’occhio.
Non faccio caso alla voce di mia madre che, come sempre, mi rimprovera
a causa
del mio perenne ritardo. Mi butto nella doccia, dalla quale esco
qualche minuto
dopo, con già lo spazzolino in bocca.
“Diamine, diamine!”
Mi infilo un paio di jeans aderenti ed un maglioncino blu, pettinando i
capelli
con una mano, mentre con l’altra lavo i denti. Suonano alla
porta. Sbianco.
Ce la faccio, ce la faccio… è solo Care, giusto?
Prendo al volo una borsa e mi fiondo giù, sorridendole e
distraendola, dato che
parlotta con mia madre.
“A presto, signora Gilbert!”
“Caroline… ci conosciamo da più di
cinque anni, puoi chiamarmi Miranda.”
“Sì, sì, andiamo adesso.”
Spingo la mia amica fuori dalla porta. Mia madre mi
fulmina con lo sguardo.
Alzo gli occhi al cielo. “Ciao mamma, ciao
papà.”
“Sei una perenne ritardataria! Non capisco come tu faccia a
ricordarti di
respirare…” mi schernisce la bionda, chiudendo il
suo armadietto. Scrollo le
spalle, ignorandola.
“Andiamo! –esclama – Permalosa.”
“Non sono permalosa!” ribatto, stranita.
“Ragazze! – Bonnie arriva con il fiatone accanto a
noi. – Siete preparate?”
Io e Care aggrottiamo le sopracciglia. Per cosa?
“Non ve ne siete dimenticate… vero? –
spalanca gli occhi – Oggi è venerdì!
Venerdì! Abbiamo il test di chimica, l’ennesimo e
complicato test di chimica!”
Caroline adesso-mi-faccio-prendere-dal-panico Forbes inizia ad
esclamare
qualcosa come ‘Dannazione!’, ‘Me ne sono
completamente dimenticata, io!
Caroline Forbes, io!’ e ‘Non ci credo!’.
Io mi limito a rimanere immobile, incapace di articolare un movimento o
qualsiasi altra cosa che implichi un ragionamento o un impulso
celebrale;
rimango lì, poggiata contro l’alluminio grigio e
fresco del mio armadietto, con
la bocca spalancata e il cuore che batte furiosamente.
Non riesco a parlare, a pensare… Ecco cosa mi sfuggiva!
“Elena… Elena! – mi richiama la mora
– te ne sei dimenticata anche tu?”
“Figurati… lei vive in un mondo a
parte…” borbotta Care.
“Eh?”
“Appunto.” Bofonchia, diffidente, la bionda.
“Oggi è venerdì.” Mormoro
fissando il vuoto.
“Acuta osservazione, Watson!” Trucido con lo
sguardo Caroline, che alza le mani
come per chiedere scusa. Bonnie scuote la testa.
“Sì, è venerdì
Elena… te ne
eri forse dimenticata?”
“No, cioè sì, insomma…
venerdì…”
Entrambe mi guardano confuse, fino a che Care non scorge i Mikaelson in
fondo a
corridoio, e di conseguenza… Damon. Sgrano gli occhi,
chiudendo con forza il
mio armadietto e scappando a lezione. O meglio, preparandomi
psicologicamente
ad un test a cui, in teoria, dovrei essere preparata anche se Stefan ed
io
abbiamo ‘studiato’ giorni fa e la mia memoria,
quando si tratta di materie
scientifiche, fa schifo, per intenderci … non ce la
farò mai.
Mi ha vista? Mi avrà vista? O cielo, le mie mani sudano
freddo.
Mi siedo su un banco a caso, aprendo il libro ma non concentrandomi
affatto su
di esso.
“Nervosa?” una voce mi distoglie dal mio pensare
ininterrotto a Damon, al fatto
che sia venerdì e che oggi, dunque, abbiamo un appuntamento.
“Eh?”
“Elena, tutto okay?” Stefan. È solo
Stefan; cosa faccio? O meglio, cosa dovrei
fare?
“Perdonami, è solo che oggi è
venerdì e – cosa? Devo uscire con tuo fratello?
Mi blocco improvvisamente, inumidendomi le labbra –
e… C’è il test! Sì, il
test! Lo sapevi? Me ne sono completamente dimenticata e sono agitata,
nervosa,
perché lui mi confonde completamente, sono in questo
patetico stato per colpa
sua e … e non è giusto, non dovrebbe
scombussolarti così tanto! È solo uno
stupidissimo…” arrivata ad un certo punto della
frase mi chiedo se stia
parlando del test di chimica o di altro … di qualcun
altro.
“Test di chimica a cui abbiamo studiato insieme.”
Termina la frase,
osservandomi confuso.
Giusto. Esattamente. Eppure, con nervosismo, constato che la parola
‘appuntamento’ è ancora sulla punta
della mia lingua, pronta ad uscire dalla
mia bocca.
“Stiamo parlando del test e del
professore…?”
Scuoto la testa sorridendo, per poi annuirgli, cercando di mantenere la
calma.
“Sì, è proprio lui che mi
scombussola… con lo sguardo, sai, ed ehm… tutto
il
resto.” Mi accorgo di star divagando nuovamente, o meglio, la
mia mente ha solo
tre parole in testa, parole che non comprendono
‘test’, ‘chimica’ e
‘Stefan’,
ma bensì, ‘appuntamento’,
‘Damon’ e ‘Salvatore’.
“Andrà tutto bene.” Afferma lui, poco
prima che il professore seguito da alcune
persone, fra cui Care e Bonnie, entrino in classe.
Le mie amiche mi guardano a metà fra il preoccupato e lo
stranito, e Stefan
cerca di incoraggiarmi.
Sì, andrà tutto bene…
Ma cosa? Il test o l’appuntamento?
“Andrà tutto bene.” Esclamano in coro
Caroline e Bonnie, stravaccate sul mio
letto ed osservandomi tutta agitata di fronte all’armadio.
“Io… lo so, sono calmissima.” Ribatto
cercando di convincerle, ma fallendo
miseramente. È ovvio che sudare freddo, pettinarsi
simultaneamente i capelli da
un’ora, passarsi ripetutamente il rossetto sulle labbra e
lisciare le pieghe
immaginarie sulla mia maglietta, non siano affatto sintomi di
tranquillità.
Come volevasi dimostrare, le mie amiche mi guardano, aggrottando la
fronte e
inclinando la testa di lato, per terminare in uno schiocco di lingua da
parte
di Caroline e del piccolo scoppio provocato dalla gomma da masticare
che ha in
bocca Bonnie.
“È una stupida uscita, no? Non mi
disturberà mai più.” Sorrido allo
specchio,
cercando di assumere un’espressione calma, ma un secondo dopo
mi osservo
attentamente e tutto ciò che vedo è una persona
visibilmente terrorizzata ed in
preda al panico.
Non ce la farò mai.
“Damon Salvatore non mi convince, non l’ha mai
fatto e lo sai bene… Ma è solo
un’uscita, sei sempre perfetta, lo saresti anche con un sacco
della spazzatura
addosso. Non… non preoccuparti.” Caroline mi
rincuora, e improvvisamente mi
calmo. Respiro e la osservo.
Le sorrido, intenerita. Caroline non esterna spesso i suoi sentimenti
… quando
lo fa bisogna ricordarselo per davvero.
“Prima che tu possa dire o fare qualcosa di imbarazzante
– inizia facendoci
alzare gli occhi al cielo – diamo un’occhiata a
questo guardaroba!”
Da questo momento iniziamo a scartare ogni gonna, jeans, vestito,
maglietta e
pantalone che non soddisfano pienamente Caroline. Già, solo
Caroline, non me e
Bonnie. Entrambe, poi, mi buttano nella doccia, vietandomi di vedere i
vestiti
scelti.
Esco, mentre un profumo di cocco mi avvolge completamente; il suo odore
dolciastro quasi mi investe le narici e una ventata di nausea mi
attraversa lo
stomaco, costringendomi ad aprire la finestra.
Ci mancava solo la nausea.
“Elena, che ne dici?” domanda Bonnie con un sorriso
indicando, con una mano,
una maglietta bianca piuttosto semplice, una gonna a vita alta a fiori
ed un
cardigan lungo di lana.
“Sono stupendi! Dove li avete trovati?”
Caroline alza gli occhi al cielo. “Nel tuo guardaroba,
ovviamente. In un
angolino nascosto, coperti da cianfrusaglie. – la guardo
confusa – Okay, non è
vero. Cioè, non proprio in un angolino … diciamo
che erano ben nascosti, ecco.”
Si tortura le unghie schioccandole fra di loro e mordicchiandole
leggermente,
fino a sbeccare lo smalto chiaro sulle sue dita perfettamente
curate.
“Caroline” comincio.
“Sì?”
“Tutto… okay?”
Sbuffa. “Sì, tutto okay. Ma… Ho solo
paura che tu faccia parte di uno di quei
suoi ennesimi giochetti.”
Bonnie annuisce con un mezzo sorriso. Cosa ho fatto per meritarmi due
amiche
così?
“Sentite – inizio, prendendo un lungo respiro
– se fosse così, mi tirerò
indietro. Prima che tutto possa… succedere, prima che mi
usi.” Seppure so che
c’è un cinquanta per cento di
probabilità che questo accada, non voglio
pensarci. Non voglio pensare al fatto che Damon mi abbia probabilmente
ingannata per tutto questo tempo e stia continuando a farlo. Non
riuscirei a
perdonarmelo.
“Adesso vestiti, Gilbert.”
Damon è puntualissimo. È venuto a prendermi con
la sua Camaro e abbiamo fatto
un giro per il centro di Mystic Falls.
Sembravamo due sconosciuti, sul serio. Avete presente quel silenzio di
tomba,
in cui nessuno osa dire una sola parola né tantomeno
emettere anche il più
superficiale dei suoni? Ecco, peggio.
È stato imbarazzante, in un primo momento, fino a quando
… per fortuna, direi,
una vecchietta ha imprecato contro Damon per non averle lasciato
attraversare
la strada ad un semaforo palesemente vede, per noi. In ogni caso,
l’averci
puntato contro il suo bastone in legno scuro ci ha fatto scoppiare a
ridere e
quindi … cominciare a parlare, grazie a Dio.
Abbiamo mangiato in una specie di fast food, una specie di fast food
alla
Carrie Diaries; anni ottanta, pavimento a scacchi, e poltroncine di
pelle,
onestamente nemmeno ero a conoscenza dell’esistenza di questo
posto. Conosco
solo il Grill, l’unico ‘locale’ in cui le
mie amiche ed io passiamo alcuni
sabati, quando in tv non danno niente o quando abbiamo voglia di bere
senza che
i nostri genitori lo sappiano.
Comunque, in questo preciso momento siamo in macchina, ha detto che
vuole
portarmi in un posto particolare, è un po’
distante da Mystic Falls e questo mi
inquieta. Chi mi dice che non voglia portarmi in un bosco e
sacrificarmi al
posto di un agnello a favore di un qualche rito magico? Il pensiero mi
fa rabbrividire
e, nervosa, stendo le gambe sul cruscotto, e lui mi osserva di sbieco.
“Togli le gambe da lì.” Mi ordina con
tono serio.
Ma io non lo ascolto, chiudo gli occhi e lascio che il vento mi
spettini i
capelli lievemente arricciati.
“Elena.” Mi richiama. “Togli le tue
bellissime gambe dal cruscotto della mia
bambina.”
Mi volto verso di lui e scoppio a ridere, per come ha chiamato la sua
macchina.
Esiste davvero gente che reputa la propria vettura una figlia?
È serio. O santo cielo, è serio ed io gli sto
probabilmente rovinando la
macchina.
Ecco, ho rovinato la serata.
“Davvero, Elena, le tue gambe sono spettacolari,
purché rimangano giù.” Afferma
osservando la strada buia di fronte a sé.
Mormoro un flebile ‘scusa’, togliendole
immediatamente da lì.
Cala un silenzio quasi imbarazzante.
Ha fatto apprezzamenti sulle mie gambe ed io ho rovinato tutto?
Sì, è successo
proprio questo.
“Senti-”
“Mi dispiace-” Iniziamo entrambi, per poi guardarci
per un attimo.
Lui prende la parola. “Non volevo sembrare duro o…
scortese.” Agita una mano,
sembra che sia davvero difficile per lui parlare.
“Damon Salvatore si sta scusando con qualcuno? –
chiedo ironica, con un
espressione fintamente sorpresa – che cavolo, non pensavo
fossi umano anche tu”
“Ah-ah, sei quasi più simpatica di
Barbie.” Ridacchio scuotendo la testa.
“Comunque scusa – affermo poco dopo – non
pensavo che tua figlia potesse
offendersi o farsi male.” Enfatizzo l’appellativo
dato alla sua macchina con le
mani, mimando delle virgolette.
“Elena Gilbert sta chiedendo scusa alla mia
macchina?” domanda utilizzando il
mio stesso tono sorpreso di qualche attimo fa.
“Sei umana anche tu!” esclama osservandomi e
scoppiando a ridere.
“Si può sapere dove mi stai portando?”
“Okay te lo dico. – inizia facendomi aggrottare le
sopracciglia. Cede così
presto? – No, non te lo dirò, volevo solo vedere
la tua faccia.”
In risposta, gli do un buffetto sul braccio. “Ahia!”
“Idiota.”
“Mi stai seriamente dando dell’idiota?”
domanda, quasi offeso.
La macchina inchioda bruscamente, e se non avessi avuto la cintura
probabilmente il mio naso adesso starebbe sanguinando e sarei
probabilmente
morta dissanguata.
Si sfila la cintura e scende dall’auto.
Io rimango qualche secondo seduta sul sedile del passeggero, in attesa
di un
qualsiasi segno di vita da parte sua, che però non arriva,
costringendomi,
controvoglia, a seguirlo.
Incontro l’aria particolarmente fresca della notte e mi
stringo nel cardigan,
insultandomi mentalmente per aver deciso di lasciare le gambe nude e
palesemente esposte al freddo glaciale notturno.
Lui sta trafficando con chissà cosa nel cofano e io mi
avvicino.
“Ehi … insomma, non era un insulto, il
mio” abbozzo.
“Mi stai chiedendo scusa?” domanda, alzando i suoi
occhi nei miei e mi insulto
ancora di più quando i miei numerosi pensieri sui suoi occhi
siano diventati
troppo persino per me.
“In un certo senso” mi stringo ancora di
più nel cardigan.
“Beh – si fa più vicino, fino a
respirare sulle mie labbra, sorridendo – non
accetto le tue scuse”
“È un problema tuo” balbetto, facendo
attenzione a non lasciare che lo sguardo
cada sulle sue labbra, schiuse ed ora, fin troppo serie.
Lo guardo, forse con troppa attenzione e dubbio, curiosità,
di fronte alla
consapevolezza che sia per fare cosa io penso che stia per fare.
I suoi occhi scendono lenti ed inesorabili, sulle mie, di labbra, ed io
deglutisco a vuoto.
Che devo fare?
_____________________________________________________________________________________________
N/A
Buonasera!
Ecco
a voi il tanto atteso capitolo, ovvero il post-notte fra Damon ed
Elena. Innanzitutto si vede la reazione di Elena, ben diversa da quella
di
Damon, avuta alla fine del capitolo precedente. Lei cerca di evitarlo,
lui la
rincorre. Punto di incontro/scontro aka compromesso:
l’appuntamento di cui
parlava lui nel “momento di intimità”
con Elena dello scorso capitolo.
Poi
questo avviene! Anche se abbiamo solo una parte,
c’è Elena
combattuta, insicura e felice, il solito Damon (forse si lascia un
po’ andare,
che ne dite?) e uno stralcio della loro quasi tanto attesa pace!
Cosa
pensate succederà nella seconda parte
dell’appuntamento? Siamo
curiose di sapere i vostri pensieri!
Scusate
la lunghezza forse eccessiva, ma ho pensato di accorparli. Spero
non risulti una scelta errata!
Grazie
per le bellissime parole ed il supporto datoci! Invitiamo a farsi
avanti un po’ tutti, lettori silenziosi e quelli che hanno
già dato i loro
pareri in precedenza, per lasciare due paroline che fanno sempre molto
piacere
e che, in fin dei conti, non costano nulla:)
Ecco
del shameless self-promo (se così possiamo definirlo) dato
che vi
lasciamo i link dei nostri profili! _valins
e
missimississipi
:)
Un
bacio e alla prossima
settimana!
|
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Capitolo 10 *** Capitolo nove. ***
Capitolo nove
“Dici sul
serio?” domando, guardandomi intorno.
“Che cosa
c’è che non va?” risponde lui, con
un’altra domanda, stranito.
Siamo nel mezzo del
nulla, ma proprio, del nulla; il nulla a Mystic Falls è
qualcosa di particolarmente frequente, ma questo … questo
nulla è davvero vuoto, e insensato.
Una collina, questa
è una specie di collina … dalla quale si riesce a
vedere l’intera città, a malapena illuminata per
via dell’ora tarda; le uniche luci fioche e giallognole
provengono da quella che deduco essere la piazza della città
nella quale, in questo periodo, allestiscono una serie di bancarelle
dell’artigianato. Sicuramente Caroline e Bonnie saranno
lì, quest’ultima entusiasta di osservare tutto nei
minimi particolari e Caroline che, annoiata, va alla ricerca di un
ragazzo da rimorchiare, che puntualmente non trova, ovviamente,
considerato che si tratta di una banale "festa di paese".
In ogni caso,
l’ambiente è particolarmente buio, ad eccezione
della luna che, piena e bianca, illumina malamente il cofano della
macchina sul quale siamo seduti ad osservare il cielo settembrino,
arricchito da una serie di nuvole grigie che, di tanto in tanto,
offuscano la poca luce che ci è concessa.
“Vuoi
violentarmi sul cofano della tua macchina?” chiedo.
Lui mi osserva; le
pupille leggermente dilatate e maledettamente chiare … come
fanno ad essere chiare persino di notte?
“Scherzi
vero?”
“Non so
– scrollo le spalle – non posso sapere cosa ti
passa per la testa.”
Segue un istante di
pausa, in cui arriccia le labbra e sbuffa, anzi, sospira, indeciso:
“Vengo qui quando …”
“Quando devi
uccidere una ragazza innocente.”
“No
– mi guarda truce – quando … mi accorgo
che la mia vita è uno schifo e ho bisogno di mandare al
diavolo il resto del mondo.” Ed è sincero,
stranamente. Sincero mentre osserva il vuoto di fronte a sé,
avendo seriamente paura di guardarmi negli occhi.
Sorrido amaramente:
“La vita di Damon Salvatore fa schifo? Che dici
…”
“Pensi che
sia tutta rose e fiori solo perché ho l’intero
liceo ai miei piedi? … non è … come
dire, importante … non quando … insomma, quando
la gente tiene a te solo perché ha bisogno di
qualcosa.”
“E tu ci stai
male?” inclino la testa.
“Io
… odio le persone, tutto qua – scuote la testa
– e tu – mi punta il dito contro – Elena
Gilbert, sei così perfetta come tutti dicono?”
accenna un sorriso, spostando gli occhi sulle mie labbra.
“Sono
… quella affidabile … a cui si chiedono i
compiti, quella che è già stata ammessa al
college e quella che è considerata ‘troppo
intelligente’ per poterci provare seriamente … che
non viene nemmeno presa in considerazione da quelli come te.”
“Perché
dici così?”
“Perché
io sono quella che si occupa del teatro e che fa la cheerleader, che
è negata in chimica e che ha il massimo in spagnolo
… non sono quella a cui la gente si interessa …
tantomeno tu.”
Lui si avvicina, lo
vedo con la coda dell'occhio, che si avvicina.
La mia mano, dapprima
posata sul cofano per sostenermi, è ora avvolta nella sua e
io le guardo, con il cuore che batte all’impazzata e una
serie di crampi allo stomaco estremamente piacevoli e quasi
terrificanti.
“Interessi a
me …” soffia, a pochi centimetri dalle mie labbra.
Saldo la stretta
intorno alle sue dita e mi faccio più vicina, al diavolo i
miei principi.
Lui inclina la testa di
lato, senza staccare lo sguardo da me, inumidendosi le labbra
con un pizzico di lingua prima di avvicinarsi.
Una suoneria che
riconosco essere quella del mio telefono ci fa sobbalzare, sbuffare ed
irritare.
La sua mano si
allontana rapidamente dalla mia, come se fossimo stati colti in
flagranza di chissà quale reato, mentre io afferro il
cellulare portandomelo all’orecchio.
“Il coprifuoco è
passato da mezz’ora, Elena … dove sei?”
“Ciao mamma
… io ehm … sto tornando” dico, fissando
le mie converse che ciondolano giù dal cofano.
“Sarà meglio, domani
c’è scuola.” Senza nemmeno
darmi il tempo di replicare, attacca. AH, Miranda e la
sua irascibilità quando non va a letto alle nove in punto.
Mi volto verso Damon,
il quale non smette di fissarmi.
“Ti spiace
riaccompagnarmi a casa?”
“In
realtà, pensavo di lasciarti qui … se non ti
dispiace.” Dice, ghignando.
***
“Beh … ci vediamo domani a scuola,
allora.” Inizio, voltandomi verso di lui.
Siamo davanti alla
porta d’ingresso di casa mia, dopo un viaggio in macchina
piuttosto rumoroso e divertente, ora è arrivato,
malauguratamente, il momento di salutarci.
“Ci vediamo
domani a scuola … e a teatro, e a ripetizioni di spagnolo
…” sorride lui.
Mi scappa un sorriso
complice, ed annuisco: “A domani.”
“Ehi ehm
– ecco che mi afferra di nuovo la mano – mi sono
divertito, stasera.”
“Scommetto
che lo dici a tutte quelle con cui esci …” dico,
sospirando.
“Che tu ci
creda o no … io non esco, preferisco rimanere in casa
… insomma.” Socchiude le palpebre mentre arriccia
le labbra in un espressione soddisfatta.
“Giusto.”
Annuisco.
Prima che possa
accorgermene, le sue labbra sono già posate sulla mia
guancia in un contatto rapido ma decisamente intenso, tanto da portarmi
a desiderare che fosse più di un semplice bacio sulla
guancia.
“Buona
notte.” Soffia, e poi si volta per andarsene. Ed io rimango
lì, sulla soglia della porta, fino a quando, risvegliata da
uno sbadiglio, mi decido a rientrare in casa.
È tutto
confuso, estremamente confuso e bello, particolarmente bello e potrei
giurare di non aver mai vissuto un appuntamento più bello;
nella sua semplicità.
E lui è
così … le sue labbra, il suo sorriso …
è così Damon da farmi addormentare sperando che
arrivi presto il giorno solo per poterlo rivedere.
Damon
Un bacio sulla guancia.
Mai fatta una cosa del
genere.
Eppure, in
quell’istante, mi sembrava la cosa più logica,
normale.
Un bacio sulla guancia.
Mai fatta una cosa del
genere.
Ma lì, in
quel momento, davanti a casa sua, non era il momento adatto, non
l’avrei baciata per la prima volta sul portico, ma in un
posto speciale, degno di lei, e di ciò che è
… la semplice e bellissima Elena.
Non è solo
intelligente … è anche un insieme di altri
miliardi di cose mixate al punto da renderla perfetta,
perché maledizione, lo è davvero.
Il problema
è che io non dovrei pensare a questo, io sono
quello che non prova niente, quello che va a letto con le donne per
scommessa e quello che non si innamora, ma per lei, per lei
… non so se la casa al lago valga quanto vale lei.
Forse non se lo merita,
forse dovrebbe scoprire la verità, ma se la scoprisse non
vorrebbe più parlarmi e se non mi parlasse probabilmente lo
sprazzo di luce che ha temporaneamente invaso la mia vita torni ad
essere nero.
Nero come
l’umore di mio fratello non appena mi vede rientrare in casa
con uno strano sorriso e una voglia matta di fare cose decisamente non
pure con Elena Gilbert che mi tortura la testa da quasi un mese, ormai.
“Dove sei
stato?”
“Oh mamma non
arrabbiarti – faccio una pausa e torno serio –
fuori, Stefan, vuoi un itinerario con riferimenti fotografici a dove
sono stato?” lo sfido.
“Sì,
se eri con Elena.”
“Non mi
sembra che stiate insieme, o sbaglio?”
“No ..
ma-”
“Ho la
risposta che volevo, Stefan … lasciala a chi sa come farla
stare bene.” Ringhio infastidito, buttando la giacca sul
divano.
“Lo sai
tu?” mi chiede, mentre mi accingo a salire le scale.
“Voglio
imparare a saperlo.”
Ed è
così, voglio scoprire che cosa la fa stare bene, voglio
sapere qual è il suo colore preferito e a cosa pensa durante
le lezioni di chimica per avere dei brutti voti; voglio sapere che cosa
le piace fare e che libri legge, voglio conoscerla. Sul serio, questa
volta.
***
Entro a scuola e prima che possa rendermene conto i miei occhi stanno
già cercando Elena, e tirano un respiro di sollievo quando
la trovano, intenta a posare un enorme volume di storia
dell’arte nell’armadietto. Sospiro pesantemente prima di
avviarmi verso di lei.
“Allora
– qualcuno posa una mano sulla mia spalla – come
procede?”
“Klaus
– mi volto rapidamente verso di lui, cercando di tenere
d’occhio Elena che adesso sembra essersi volatilizzata
– che cosa?”
“Come cosa, Salvatore
… la scommessa – sorride –
l’oggetto in questione come se la cava? Ci sta
cascando?”
“Lei non
è un oggetto, è Elena.” Ribatto,
rigido.
“Uh
… mi sa che qualcuno qui si è preso una bella
cotta, che cosa avrà di speciale quella ragazzina
…ah, chi lo sa.” Ghigna divertito, mostrando
l'ennesima espressione di sfida, facendomi innervosire.
“Non
… non è una ragazzina e io non ho una cotta per
lei, sta tranquillo – la scorgo uscire dal bagno mentre si
asciuga le mani umide sui jeans e io sorrido, come un dannato idiota
– prepara la casa al lago.”
Lui sorride, ancora
… pensieroso.
“Ma guarda
– dice, guardando oltre la mia figura –
Forbes!” esclama, ad alta voce, riferito a Caroline ed io ne
approfitto, per raggiungere Elena che adesso sta chiacchierando,
decisamente annoiata, con una ragazzina baffuta e con gli occhiali.
“Giorno!”
esclamo, avvicinandomi rapidamente, per evitare di vederla scappare
ancora.
“Ehi
– mi saluta, poi torna a rivolgersi alla ragazza –
te l’ho detto Debby, non posso … ho già
un bel po’ di casini a studiare da sola e do anche
ripetizioni … non riesco proprio ad aiutarti con storia
… mi dispiace.” Si stringe nelle spalle,
sospirando, più infastidita, che dispiaciuta.
“E chi
dovresti aiutare, sentiamo?” la sfida.
“In
realtà, me.” Rispondo io.
“Oh
– la ragazza, che sembra essersi accorta ora di me,
indietreggia di qualche passo e poi allarga le labbra in un orribile
sorriso – ciao Damon!”
Sollevo rapidamente gli
angoli delle labbra per poi tornare serio, a guardare Elena.
E non so
perché, giuro, non ne ho idea, la mia mano cerca la sua,
debolmente poggiata lungo il suo fianco e lei, dapprima stupita,
ricambia il contatto.
“Sarà
meglio che vada." Sento dire a Debby e la cosa non mi importa poi
così tanto, anzi, per niente. Sono solo impegnato a scorgere
i dettagli più insignificanti sul viso della ragazza che
adesso sta accarezzando il dorso della mia mano, senza la minima
intenzione di lasciarla andare.
“Mi spiace
Debby … sul serio!” dice un’ultima
volta, prima di osservare la ragazza andarsene.
“Insomma
– comincio – che cos’hai
adesso?” lei si volta verso di me e lancia una rapida
occhiata alle nostre mani intrecciate - la cosa assurda è
che a me sembra una cosa perfettamente normale e a quanto pare, anche a
lei.
“Beh ecco
spagnolo.” Accenna un sorriso.
“Pranziamo
insieme?”
Si sporge, ed il suo
sguardo punta dritto verso le sue amiche che la guardano ed annuiscono,
come se avessero capito di cosa stia parlando.
“Certo
… solo che … c’è teatro
dopo”
“Vorrà
dire che dovrai sopportarmi per un bel po’; oggi è
sabato … devi anche farmi ripetizioni di
spagnolo.” Accenno, soddisfatto e contento di passare del
tempo con lei. Elena accenna un sorriso e
scuote la testa: “Ovviamente – lascia andare la mia
mano al suono della campanella – ci vediamo dopo.”
Io la guardo
allontanarsi; i capelli che ondeggiano rapidi da una parte
all’altra e le gambe che, fasciate da un paio di jeans
maledettamente aderenti, si muovono alla perfezione.
Elena
“No, Jamie,
quella scena va lì, sul fondo, non davanti! Non vedi che non
può stare in piedi?” urla Caroline contro un
ragazzo raccattato al primo anno per aiutarci con la sceneggiatura.
Io sono davanti ad una
manciata di ragazzi ai quali sto assegnando i testi da imparare a
memoria per il musical, inutile dire che Rebekah non ha perso occasione
per esprimere le sue opinioni riguardo i riadattamenti
‘scadenti e poco professionali’ dei testi. Come se
mi interessasse sul serio cosa pensa.
“Questi sono
quelli che devi imparare, per ora.” Le porgo il testo di
‘Summer nights’ e ‘Hopelessly
devoted to you’.
“Devo per
forza?” domanda la bionda, schioccando la lingua.
Chiudo gli occhi ed
emetto un lungo sospiro.
“Se non hai
voglia, puoi sempre cambiare spettacolo, o istituto, o
universo.” Damon non mi permette di rispondere a dovere alla
ragazza che sicuramente penserà che non sono in grado di
ribattere per le rime.
“E come farai
a fare sesso con me Damon?” lo sfida lei, arricciando le
labbra.
A
quell’affermazione, il mio stomaco si contrae, in una serie
di crampi che mi fanno irritare per il semplice fatto che, sicuramente,
la biondona tutta tette ha affermato solo per aspettarsi una reazione
che mi sto sforzando di contenere.
“In ogni caso
– comincio – hai ragione, non dovresti per forza
impararli, è ovvio che non puoi comparare la voce di Olivia
Newton John – faccio una pausa – Harry –
gli porgo una copia dei testi – hai qualcosa da
dire?”
“Niente,
Elena.”
“Ecco e ora
mettetevi a lavoro, ho di meglio da fare, io.” Mormoro e mi allontano,
intenzionata a cercarmi qualcosa da fare.
“C’è
bisogno di me?” domando a Caroline, che nemmeno mi ascolta,
troppo impegnata ad imprecare, ancora, contro il povero Jamie che
sicuramente non verrà più domani.
Mi volto verso Bonnie,
sospirando: “Bonnie, posso fare qualcosa?”
“No grazie
tesoro, sto solo sistemando questi arrangiamenti con il pianoforte,
prendi pure una pausa.”
Niente pause,
assolutamente.
L’ultima
spiaggia è Rick, forse troppo impegnato con un giravite a
stella, del quale sembra non capire la funzione: “Ehi Rick
– lo richiamo – posso fare qualcosa?”
“In effetti
sì, dovresti andare dietro le quinte e controllare che tutte
le corde alle quali è allacciato il tendone siano avvitate
correttamente, ho appena finito ma – osserva ancora una volta
il giravite – non credo di averlo fatto
correttamente.”
Butto la testa
all’indietro e mi trascino verso le quinte, probabilmente
dovevo prendere in considerazione l’idea di fare una pausa.
Le quinte, in ogni
caso, sono decisamente più silenziose rispetto al caos che
c’è al di fuori di esse, i rumori provengono
ovattati ed in un certo senso ne sono felice perché fra gli
accordi del pianoforte, le urla di Caroline e la voce di Rebekah e
… Damon, non so cosa sia peggio.
“Non mi
saluti nemmeno? Sono la stessa persona con cui hai pranzato
oggi.” Ecco, appunto. Addio momento di pace,
benvenuto Damon.
“Me ne sono
accorta.” Ribatto, senza guardarlo e prestando particolare
attenzione alle corde scure che avvolgono una serie di aggeggi dei
quali non so nemmeno il nome.
“Senti
– eccolo che comincia con i suoi discorsoni
– lei ecco … Rebekah è stata prima di
… di te.” La parola ‘te’ viene
sussurrata e a dirla tutta non sono nemmeno sicura che
l’abbia detta, magari sto impazzendo.
“Non devi
darmi spiegazioni, Damon … non stiamo insieme.”
Rispondo io, incapace di voltarmi nella sua direzione.
“Invece devo,
perché, adesso … io …” si
blocca.
A quel punto mi volto,
curiosa di vederlo in faccia, per capire, magari, che cosa stia
pensando anche se, credo che Damon non lasci trapelare assolutamente
nulla di quello che pensa.
“Tu
cosa?”
“Voglio
baciarti.” Mormora, ed in un attimo è
lì, vicino a me, di fronte, per la precisione.
“Chi ti dice
che io voglia farlo?” sospiro, già a corto di
fiato.
“Nessuno, lo
so e basta ed in un certo senso – sorride – ci
spero.”
Si avvicina, ancora di
più, se è possibile. Siamo a quota due o tre
volte in cui ci ritroviamo in questa situazione decisamente
compromettente e sulla quale non c’è molto da dire
se non che entrambi desideriamo questo momento da chissà
quanto, forse da sempre, credo … non ne ho idea.
Con lui non ho idee,
non capisco, agisco e basta.
“Damon! Puoi
venire qui un secondo?” la voce di Caroline e potrei giurare
di non averla mai odiata, in tutta la mia vita, oggi sì.
Butta la testa
all’indietro e porta i suoi meravigliosi e surreali occhi
azzurri verso l’altro, emettendo un sospiro, misto ad una
grugnito di nervosismo.
“Credo che
non sia ecco – cerco le parole giuste – destino
… il nostro bacio.” Riprendo, con un pizzico di
rammarico e consapevolezza.
“Decido io
che cosa deve accadere o no, Elena.” Soffia.
E poi accade
… maledizione se accade.
È un fuoco
d’artificio, un esplosione, una bomba. È la prima
bambola regalata per il terzo compleanno, il primo giro in bicicletta
… è un mix di cose che non si possono descrivere
a parole, o forse si … bacio.
Un bacio …
non uno di quelli semplici, che si danno la sera prima di andare a
dormire né tantomeno uno di quelli che si danno prima di
andare a lezione; uno di quelli che ti fanno domandare come abbia fatto
a vivere senza fino a quel momento, uno di quelli che, in un modo o
nell’altro, volessi non finissero mai.
In più, non
è nemmeno possessivo, o di poco interesse …
è tutto ciò che un bacio dovrebbe essere.
La sua mano
è posata sul mio viso, che accarezza lentamente con il
pollice, mentre le sue ciglia solleticano le mie ad ogni cambio di
posizione.
Le sue labbra sono
addirittura più morbide di come le avevo immaginate,
più dolci di quando avessi potuto sperare e …
indescrivibili, sinceramente.
Io sono come
pietrificata, incapace, e quasi mi vergono di essere così
dannatamente ammutolita di fronte ad una persona che di baci ne ha
dati, e anche tanti, troppi e sicuramente, dopo questo, non
avrà nemmeno più voglia di vedermi.
Lascio che la mia mano
si intrecci alla sua già posata sulla mia guancia nello
stesso momento in cui la sua lingua rifresca la mia, così
piena di lui e così perfetta da chiedermi se sia veramente
una persona normale.
Un contatto timido,
forse troppo per lui.
L’altra mano
si alza, improvvisamente, per andare ad intrecciarsi ai suoi capelli,
folti e morbidi contro le mie dita.
“Damon,
maledizione, sei finito all’oltretomba?! Sei qui per
punizione, non dimenticarlo! Sono io a decidere quando e come, ok?
Muoviti dannazione, quell’incapace di Jamie non riesce a
sollevare una scrivania.”
Soffoco una risata,
speculare alla sua, contro le sue labbra, allontanandomi, contro
voglia, dalla sua bocca.
“Noleggio un
film stasera … se compro la pizza posso considerarlo un
appuntamento?” sussurra.
In questo momento
potrei dire di ‘si’ persino se ciò
comportasse la caduta di una bomba atomica sugli Stati Uniti, sono
troppo stordita e inebriata per questo.
“Devo
aiutarti in spagnolo.” Riesco a sillabare.
“Vorrà
dire che ti toccheranno due fette di pizza – sorride, tenendo
ancora la mano posata sulla mia guancia – passo a prenderti
stasera.” Ed ecco che le sue labbra si posano di nuovo sulle
mie.
E io lo guardo andare
via.
Sinceramente non ci
credo, non ancora, non ho ancora realizzato che Damon Salvatore abbia
baciato me, e mi abbia appena chiesto di ‘cenare’,
di nuovo, con lui; nonostante il mio bacio sia stato a dir poco
disgustoso.
Rimango immobile, fino
a quando Rick non mi risveglia dai miei pensieri, e io continuo a fare
ciò che avrei dovuto fare anche prima, con un maledetto
sorriso ad incurvarmi le labbra ed il suo sapore addosso.
______________________________________________________________
N\A
Ciao a tutti! Eccoci qua con questo nuovo capitolo e scusate
il ritardo. Ma, penso che dopo questo... sarete disposte a perdonarmi,
no? :)
Direi che l'unica "nota negativa" del capitolo, sia stata la presenza
di Stefan che, ancora una volta, non si da' per vinto;
riuscirà a combinare qualcosa o nulla? Lo scopriremo solo
vivendo ahah ok, scusate la parentesi triste.
Come avete notato il capitolo non è ripreso dalla parte in
cui è stato interrotto la volta scorsa, ma non è
un errore, diciamo che è stato fatto "apposta". Insomma,
abbiamo pensato di riprenderlo esattamente da un'altra angolazione.
Vi invito a lasciarci un parere e soprattutto vi ringraziamo per le
recensioni e anche coloro che hanno messo la storia tra le
seguite\preferite\ricordate!
Se volete passare, i nostri profili missimissipi, e valins. Un bacione e
alla prossima settimana!
ps: Risponderemo alle recensioni tra stasera e domani, ma sappiate che
le abbiamo lette e amate tutte!
|
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Capitolo 11 *** Capitolo dieci. ***
Capitolo
dieci
Il
cielo è sgombro di nuvole, è chiaro e limpido. La
giornata scolastica
è terminata da circa due ore. Un vento rinfresca
l’aria e l’atmosfera sarebbe
davvero molto piacevole se non fossi stata costretta da Caroline a
partecipare
a questa stupida cosa delle cheerleader. All’inizio era una
mia aspirazione.
Avete presente quando si è piccoli, ed i propri nonni e
genitori incitano il
proprio figlio barra nipote ad eccellere in tutto? Ebbene
sì, mia nonna e mia
madre hanno riservato lo stesso trattamento a me. Dicevano che avrei
dovuto
essere una cheerleader in ricordo di tutti quegli anni che entrambe
avevano
trascorso in quello stesso gruppo di quello stesso edificio scolastico.
Morale
della favola? Noi siamo state cheerleader, non vedo perché
tu debba
interrompere questa tradizione. Ecco, appunto. Ho iniziato per
soddisfarle, per
renderle fiere di me… ma la verità è
che al secondo anno di liceo avrei tanto
voluto smettere ma, non sia mai!, mai deludere Caroline Forbes.
Diciamo
che anche Bonnie ha dovuto scegliere … O
con me, disse Care quell’anno, o senza di me.
All’epoca la scelta che appariva
migliore era la prima… per carità, lo
è tuttora. Ma Caroline spesso è…
insopportabile? Odiosa? A volte mi chiedo cosa sarebbe successo
ritenere la
seconda opzione la migliore.
“Ragazze!”
urla lei, richiamando l’attenzione di
tutte le persone con l’uniforme. “Voglio grinta,
dannazione! Abbiamo un sacco
di gare tra solo due settimane! Non vinceremo un bel niente se
continuate a
lavorare così male!” rimprovera tutte noi, ed io
sospiro, aggiustando la coda
di cavallo. “Adesso potete andare… - il suo tono
di voce è incredibilmente
diverso da quello di due secondi fa – Domani alle cinque, per
gli allenamenti!”
sorride in modo smagliante, facendomi seriamente preoccupare. Che
soffra di qualche
disturbo di doppia personalità?
Sposta
i capelli biondi sulla schiena, salutando
qualche nostra compagna e poggiando, poi, entrambe le mani sui fianchi.
Scuoto
la testa. È Caroline. Lei è così ed ha
sempre tutto sotto controllo.
“Bonnie,
sei stata eccezionale!” esclama tutta
sorridente. “Sei migliorata tantissimo rispetto agli ultimi
allenamenti! Sappi
che sono più che orgogliosa di te!”
“Ehm…
grazie?” rido di fronte alla risposta di
Bonnie. E’ un’affermazione o una domanda? Ma
Caroline, d’altronde, non sembra
neanche farci caso. Adesso sta battendo le mani ad una
velocità che mi confonde
e per questo prendo il mio borsone e faccio per recarmi negli
spogliatoi.
“Elena?”
sembra quasi sorpresa dal fatto che
stia andando a cambiarmi.
“Sì?”
“Dove
credi di andare?”
Aggrotto
le sopracciglia. “A cambiarmi.”
Alza
gli occhi al cielo. “Non intendo quello.
Intendo che devi aspettarmi. Ci aspetta una lunga giornata di shopping,
o
sbaglio?”
Mi
mordo l’interno guancia chiudendo gli occhi.
Oh, sì… il pomeriggio di shopping con Caroline.
“E
se ti dicessi che ho altri impegni per la
giornata?”
“E
se ti dicessi che no, non è così?”
serra le
labbra, sembra che si stia trattenendo dall’urlarmi contro.
Mai, e dico mai,
avere Caroline Forbes contro. Per la propria sanità mentale.
Forse anche quella
fisica.
“Devo
vedermi con Damon.” Mi mordo il labbro
inferiore. “Per le ripetizioni.” Aggiungo
velocemente. Spero che non faccia una
scenata delle sue. E’ molto probabile, in realtà.
“Salvatore?
Damon Salvatore?” incrocia le braccia.
Annuisco
con il capo, incapace di dirlo a voce.
“Bene.”
Spalanco gli occhi. Tutto qui?
“Ma
non presentarti da me, quando lui ti lascerà
perché è questo quello che sei per lui.
Un’ulteriore vittima. Un’altra delle
sue.” Afferma tagliente, sparendo dalla mia visuale.
Sospiro.
E’ davvero così? Mi massaggio la testa,
ripetendomi che non è affatto così.
Sarebbe
stata molto meglio la sua ennesima
scenata.
Una
doccia rigenerante dopo, sono di fronte a
casa Salvatore.
Suono
incerta il campanello di casa. Andrà tutto
bene, Elena, andrà tutto bene. Non pensare a Caroline.
Ma
è quasi impossibile per me, non farci caso.
Alla bionda ed alle sue parole, s’intende. Chiudo gli occhi.
Andrà tutto bene,
ripeto a me stessa un’ultima volta.
“Ehi.”
Al contrario di quanto mi aspettavo, non
è Damon ad aprire la porta. Ma Stefan. Può andare
peggio? “Ehi.” Rispondo nella
stessa maniera.
“Ripetizioni
di Spagnolo a Damon.” Affermo
indicando la porta.
“Oh
sì… Capisco.” Il suo tono di voce mi
suona
terribilmente ironico. Perché?
“Be’…
io stavo uscendo. Ciao, Elena.” Apre la
porta, andandosene.
Andrà
tutto bene.
“Como
estas?” domanda Damon una volta dentro
casa. Alzo gli occhi al cielo, divertita. “Bien, gracias.
Sabes explicarme
porquè tu hermano me parece raro?”
Sembra
confuso. “Non sono ancora così bravo.”
Replica con un ghigno.
“Bene,
grazie.” Poggio la mia giacca sullo
schienale della sedie. “Sai spiegarmi perché tuo
fratello mi sembra strano?”
aggrotto le sopracciglia. Sembrava… particolarmente pungente
ed ironico. E non
è da Stefan.
“E’
Stefan. Sarebbe preoccupante il contrario.”
Annuncia convinto, gesticolando con le mani e facendomi annuire
pensierosa. “Ce
l’ha con me?” chiedo allora.
“Eh?
No, niente affatto.”
“Okay.”
Mormoro scrollando le spalle. Come
dovrei comportarmi? Dovrei far finta che non sia successo nulla?
“Iniziamo?”
domando sorridente. Lui annuisce.
E
vada per l’ignorare la cosa.
“Damon,
quello non è l’imperfetto! Ripetilo
un’altra volta.” Dico con un tono che non ammette
repliche. Sbuffa contrariato.
“Yo
estaba, tu estabas, el, ella, usted estaba…”
inizia con un filo di voce, per poi completare la coniugazione
lievemente
incerto. Sorrido. “Visto? Non era difficile!”
esclamo.
“Se
lo dici tu.” alza un sopracciglio. Gli
rivolgo un’occhiata confusa, stranita dal suo comportamento.
“Tutto okay?”
chiedo allora.
Annuisce
distrattamente con il capo.
“Damon.”
Lo richiamo.
“Non
ho voglia di studiare.” Ammette roteando
gli occhi.
“Abbiamo
ancora tanto da fare.”
“Non
possiamo passare direttamente alla serata
pizza-film?” cerca di impressionarmi sporgendo il labbro
inferiore ed io rido a
quella visuale. “Dovresti studiare.”
“Dovrei.”
Il suo solito ghigno compare sulle
labbra, mentre mi sposta una ciocca di capelli dietro
l’orecchio.
“D’accordo.”
Poggio
il capo sulla sua spalla, stringendomi
nel maglioncino di lana e lascio che una sua mano mi accarezzi i
capelli. Il
tavolino di fronte a noi è coperto dal cofanetto di un dvd e
dal cartone di
pizza, che abbiamo mangiato in due. Stiamo guardando Midnight in Paris,
il
protagonista sta vivendo la prima notte negli anni venti. Non
c’è che dire,
questo decennio mi ha sempre molto impressionata e mi domando spesso e
volentieri come sarebbe stato vivere in quel periodo. Sorrido, mentre
Damon mi
osserva. Sentendomi osservata lo guardo di sottecchi. E…
nulla, mi osserva
attentamente.
Ho
per caso qualcosa fuori posto? I capelli
spettinati? La faccia di uno zombie?
“Cosa
c’è?”
“Nulla.”
Annuisco, spostando lo sguardo verso il
televisore.
Mi
torna in mente Caroline, probabilmente a
quest’ora sarà a casa da sola, o Bonnie la
starà consolando. O forse nulla, ha
ignorato la questione; oppure, semplicemente, fa la persona matura e
fingerà
che non sia successo nulla. Prima le ho inviato un messaggio, al quale
non mi
ha ancora risposto. Probabilmente… non vuole parlarmi. Devo
solo accettarlo.
Sospiro,
concentrandomi su Damon.
E
se lei avesse ragione? Se fossi una delle
tante?
“Damon.”
Sposto il mio capo dall’incavo del suo
collo, coperto a malapena da una maglietta a maniche lunghe blu.
“Uhm?”
Sospiro.
“Perché me?”
Alza
gli occhi al cielo. “Di nuovo questa
domanda?” chiede sorridendo. Io annuisco e basta.
“Non lo so, okay? Per un
motivo o per l’altro ti ho notata.”
“Notata?
Significa che prima non sapevi della
mia esistenza?”
Stringe
le labbra. “So che può sembrare
sgradevole da dire… ma sì. Prima non ti avevo
notata. Non ti consideravo.”
Mi
irrigidisco. So di non essere il tipo di
ragazza che tutti notano la prima volta che passa nei corridoi della
scuola… ma
le sue parole, in qualche modo, mi feriscono.
“E
perché tanto interesse per me, allora?
L’Homecoming, le ripetizioni di Spagnolo, Grease…
Perché?” chiedo dura.
“Non
lo so, Elena. Succede e basta: conosci una
persona e ti piace.” Il suo tono di voce è quello
di qualcuno che sta per
perdere la pazienza. Ma devo capire. Voglio risposte.
“Quindi
cosa siamo, noi?”
Mi
osserva aggrottando le sopracciglia. “Perché
vuoi etichettare tutto? Non ti basta questo?”
Evito
il suo sguardo, mordendomi il labbro. “Tu
sei tu, Damon… I tipi come te non cambiano da un giorno
all’altro… Ed io voglio
capire se mi sono lasciata abbindolare dalla persona sbagliata, che
vuole solo
giocare con i miei sentimenti.”
Annuisce,
mentre i suoi occhi diventano
improvvisamente gelidi. Niente più calore in grado di farti
sciogliere, solo un
inverno difficile da trasformarsi in primavera, estate.
“E’ così difficile da
capire? Non voglio dover cambiare per qualcuno. Non voglio trasformarmi
nel
genere di ragazzo che regala cioccolatini ad ogni occasione, che da un
nome a
tutto questo.”
“Ma
a volte succede. A volte si cambia, che si
voglia o no.”
“Vuoi
cambiarmi?”
“Vuoi
abbindolarmi?” chiedo nello stesso tono da
lui usato.
“No,
Elena.”
Scoppio
a ridere. “Come faccio a crederti se non
mi guardi nemmeno?”
Posa
i suoi occhi su di me. “No, Elena. Così va
meglio?”
“Sai
cosa? Non ti credo.” Mi stacco da lui e
faccio per alzarmi.
“Io
penso che tu sia troppo codarda, Elena.” Mi
blocco. “Non vuoi nemmeno provare a credermi. Parti
già in quarta con le tue
idee ed opinioni, senza riflettere e senza guardarti indietro. Vuoi
dare un
nome a quello che abbiamo perché non vuoi
soffrire.”
Scuoto
la testa. “E’ vero, Damon, non voglio
soffrire. Forse perché non riesco a fidarmi di te. Non ci
riesco. Cos’è che
abbiamo?” apro le braccia. “Non lo so. Non
chiamiamolo per nome, in fondo
potrebbe significare che dobbiamo entrambi impegnarci in qualcosa di
serio,
qualcosa più grande di noi, eh?”
Si
alza in piedi anche lui. “Cosa provi? Quello
è ciò che conta.” Si avvicina a me,
prendendo il mio viso fra le sue mani.
Sorrido flebilmente, osservando tutto tranne lui.
“Non
so cosa provo.” Scrollo le braccia. “Forse
niente, forse qualcosa. Non posso saperlo. Tu non mi aiuti.”
Per un attimo mi
guarda negli occhi. Sembra… in conflitto con sé
stesso.
“Devo
andare.” Mormoro, sciogliendomi dalla sua
presa.
“Elena…”
“Lasciami
andare.” La vista si appanna, prendo
distrattamente le mie cose e lui rimane fermo lì, di fronte
alla porta.
“Lascia
che ti aiuti…”
Lo
blocco. “Va bene così. Ho capito.” Mi
inumidisco le labbra, lo osservo per un po’. Forse
è l’ultima volta che posso
guardare questo viso e questi occhi a questa patetica vicinanza.
“Buonanotte.”
Sussurro, uscendo e non voltandomi
indietro.
___________________________________________________________________________________________
N\A
Ciao
a tutti! Eccoci qua con questo nuovo capitolo!
Prima che pensiate che la
reazione di Elena sia esagerata e insensata, bisogna ricordare che a)
Damon è pur sempre Damon! b) Elena è una ragazza
sveglia, infatti già dai capitoli precedenti è
piuttosto restia a credere che l'avvicinamento dell'eternal stud non
abbia nulla di strano, ed infine c) Caroline ha la sua parte,
ammettiamolo! Elena è insicura ma lei, nonostante tutto, le
mette - come si suol dire - la pulce nell'orecchio! Ma se lo fa
è perchè lei è così,
esuberante, schietta, incredbilmente legata ad Elena.
Ma spetta a voi l'ultima
parola! Cosa ne pensate?:) ed in più ho un'altra domanda,
ossia, i personaggi a quale stagione assomigliano maggiormente?
perchè, rileggendo il capitolo, nella mia mente sono apparsi
vari momenti della prima stagione, per cui volevo un confronto... :)
Prima del consueto saluto e
dei più che meritati ringraziamenti per voi, tutti coloro
che leggono e recensiscono (y), c'è un avviso urgente per
tutti i lettori! ovvero, la storia ritornerà fra venti
giorni - qualcosa in più, qualcosa in meno -
perchè sia io che l'altra autrice, valins, partiamo, ma non
appena tornate aggiorneremo la storia, sperando di ritrovarvi vivi
nonostante il caldo bestiale... magari anche sotto tanta sabbia, con
un cellulare, ipad, computer o quel che sia ad attenere un nuovo
capitolo *fede viene presa a pomodori in faccia*.
uhm... dicevo? pace e amore, vogliateci bene
comunque?
Quindi godetevi questo
capitolo, seppure non sia di lunghezza comparabile ai
precedenti!
Ed infine un grazie enorme per
tutti voi, per chi spende qualche minuto del proprio tempo per leggere
la storia, per chi la inserisce nelle seguite-preferite-ricordate e per
chi addirittura recensisce! ci rendete incredibilmente felici, dico
davvero! speriamo con gioia di ritrovarvi in egual modo per questo
capitolo e per i successivi! :))
grazie a tutti voi per il
supporto nonostante l'estate e le vacanze!
Se
volete passare, i nostri profili missimissipi,
e valins.
Un bacione e fra venti giorni!
|
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Capitolo 12 *** Capitolo undici. ***
Capitolo
undici
“Smettila, sul
serio. Ne ho abbastanza” sbotto, innervosita. Ho ceduto
all’orgoglio e mi sono precipitata a casa di Caroline, subito
dopo quel mezzo
appuntamento con Damon.
Non so perché ho reagito così, non so se sia
stata la pulce nell’orecchio da
parte della mia amica, oppure la mia paura di rimanere sola e triste,
magari
col cuore spezzato da uno dei tanti stronzi della mia scuola.
Forse avrei dovuto reagire diversamente, forse avrei dovuto
semplicemente
lasciar correre le cose, finché non sarebbero finite al loro
posto; ma cosa mi
aspettavo? Che Damon ed io saremo entrati a scuola mano nella mano, a
dispetto
di tutto ciò che il resto del mondo dice? Che avremo
trionfato? Per favore.
Devo smetterla di rimanere bloccata in una favola, il lieto fine non
esiste,
specialmente quando lo si cerca fra le braccia di Damon Salvatore.
“E va bene – Caroline mi porge un bicchiere di
ciò che apparentemente sembra
acqua, ma ne deduco che non lo sia, affatto – tieni bevi
questa, ti aiuta a
distendere i nervi”
Sono astemia.
Non lo sapevo, fino ad ora; Caroline mi ha fatto ubriacare.
Anzi, di solito, gli ubriachi hanno un qualche tipo di reazione,
amplificano le
emozioni, evidentemente la mia è la stanchezza
poiché sono crollata sul letto
della mia amica come se avessi preso un intero flaconcino di sonniferi.
Inutile dire che il mattino seguente, a scuola, oltre a sentirmi in una
specie
di luogo surreale in cui tutti parlano sotto forma di eco, ho anche un
gran mal
di testa.
Le parole rimbombano violente nella mia testa ed è come se
tutti stessero
urlando in preda ad una crisi di nervi, in realtà sono solo
io che devo
poggiarmi al mio armadietto per avere un minimo di sollievo.
“Elena! stai bene?!”
“Caroline – biascico – ti prego, non
urlare”
Porto una mano a massaggiarmi la fronte, come se ciò potesse
in qualche modo
darmi sollievo.
“In ogni caso – prosegue, fregandosene altamente di
ciò che ho detto – oggi
siamo giustificate, possiamo lavorare l’intera mattinata,
pomeriggio compreso,
allo spettacolo, non sei contenta?”
Una pasqua, sul serio.
“Che notizia” borbotto, richiudendo
l’armadietto.
“Stai male?” domanda, finalmente, dopo essersi
accorta che sembro una specie di
zombie.
“Ci siamo scolate una bottiglia intera di vodka, come pensi
che stia?”
“Spero bene. Dobbiamo andare in teatro” dice,
spingendomi leggermente
attraverso il corridoio ed in un certo senso la devo ringraziare
perché
probabilmente non ce l’avrei fatta senza di lei ad arrivare
viva fino a qua.
I fari bianchi che illuminano il palco e le luci forti che penetrano
violentemente attraverso i miei occhi mi fanno venire voglia di
… non so,
uccidermi.
Poso la testa contro il tavolo ai piedi del palco e lascio che le mani
penzolino giù da esso, con la speranza che questo trapano
possa allontanarsi
dalla mia testa.
“Elena, tesoro, stai bene?”
Per fortuna c’è Bonnie, che è
interessata a me.
“Portami solo una quantità industriale di
caffè, o morirò su questo
fottutissimo tavolino scolastico”
“Rebekah, maledizione, un po’ più di
brio! Ricorda, Sandy ce l’ha a morte con
Danny per come si è comportato, capito?” eccola
che agita rumorosamente le
mani, invitando gli ‘attori’ a rimettersi in
posizione ed in contemporanea
incitando il pianista a continuare.
“Caroline, abbassa la voce” dico io.
“Elena, questi sono incapaci – sussurra,
avvicinandosi – se non urlo non
capiscono”
“Io sto avendo una crisi di nervi, mista ad una raffica di
vomito, pensi di
potermi venire in contro, almeno una volta?”
“E va bene … ti concedo una pausa da questo
– indica il copione al quale sto
lavorando – va a prenderti un caffè e sciacquati
la faccia”
“Grazie”
Mi alzo, lasciando che la sedia emetta un rumore talmente stridente da
costringere Rebekah ad interrompere il suo assolo, e onestamente la
cosa
nemmeno mi dispiace.
Afferro la borsa e mi trascino su per la scalinata – mai
sembrata così lunga –
che porta all’uscita di sicurezza sfociante nei
corridoi.
Sono le otto, ciò implica che sono tutti a lezione, dunque i
corridoi sono
vuoti e silenziosi, grazie a Dio.
Quando ero piccola, se mi fossi trovata in una situazione simile avrei
probabilmente chiamato la mamma, per farmi venire a prendere e portare
a casa;
lei mi avrebbe preparato una tazza di tè caldo con biscotti
rigorosamente
secchi e mi avrebbe rimboccato le coperte fino al mento.
Ora, data la mia età prettamente maggiorenne, il massimo che
posso ottenere è
il tè caldo, nel quale non mette nemmeno più
qualche goccia di latte, ma solo
una triste e solitaria fetta di limone che mi perdo sempre ad osservare
più del
dovuto. In più, di certo non posso dirle di aver passato una
nottata a bere
vodka liscia con Caroline, perciò mi limiterò a
pregare che questa giornata
passi in fretta, fino al momento in cui riuscirò ad andare a
letto.
Mi siedo su una sottospecie di poltroncina accanto alla macchinetta del
caffè,
in attesa di recuperare un po’ dell’equilibrio
necessario per alzarmi e andare
a morire da qualche parte.
Il punto è che l’intera scuola sembra girare
intorno a me.
Stringo saldamente le dita contro le tempie e quasi soffoco un rantolo
di
nervosismo quando mi rendo conto che il mal di testa non mi passa.
“Ehi – una voce che al momento non riesco a
riconoscere si fa più vicina – stai
bene?”
“Ti sembra che stia bene?” domando, innervosita.
“Che hai combinato?”
“Credo di aver bevuto più del
necessario” sospiro, con gli occhi coperti dalle
mani.
“Sono le otto, Elena” mi accorgo che la persona in
questione è Damon nel
momento in cui la sua voce pronuncia il mio nome.
“Non ho bevuto adesso – mi inacidisco –
ho i postumi di una fottutissima
sbornia”
“Perché mai avresti bevuto?”
“Perché tu sei un fottutissimo
stronzo”
E diamo il via alle conversazioni senza filtri.
Lui non rispondere, eppure potrei giurare che stia annuendo:
“Vieni ti
accompagno a casa”
“Chi ti dice che voglio essere accompagnata?”
domando, alzando, finalmente, lo
sguardo su di lui.
“Il mio sesto senso? Per favore, Elena, non voglio essere
responsabile della
morte di un adolescente”
Damon
Un fottutissimo stronzo … ci sono due parole che mi si
addicano meglio di
queste, no? E dire che Elena non è assolutamente la prima a
dirmelo, anzi, mi è
stato detto anche di peggio, ma qualsiasi cosa, detta da lei,
è amplificata, le
cose belle sono più belle, le cose dolorose fanno
più male; i suoi baci sono i
migliori e le sue affermazioni taglienti mi tagliano più del
dovuto.
Per qualche strano motivo, ho deciso di accompagnarla a casa, forse
perché
vorrei rimediare al mio essermi comportato da stronzo, oppure sono
così egoista
da voler passare del tempo con lei sfruttando il fatto che sia non del
tutto
cosciente di ciò che le sta accadendo.
Casa sua è in fondo ad una strada, al confine con la
boscaglia che caratterizza
questo paesino dimenticato da Dio. Arredata in modo classico,
essenziale e
maledettamente familiare, una di quelle case in cui, non solo dal punto
di
vista fisico, ti senti, appunto, a casa tua.
Il silenzio ci investe come una scarica elettrica, sintomo che in casa
ci siamo
solo io e lei; in una qualsiasi altra situazione, avrei approfittato
del
momento, ma non appena mi volto per osservare Elena che, malamente, si
tiene
ancorata al mio braccio, mi viene solo voglia di tenerla con me,
qualsiasi cosa
questo significhi.
“Dov’è la tua camera?” chiedo.
“Di sopra” borbotta e, lasciando il mio braccio, fa
per salire le scale.
Inciampa sui suoi passi al secondo scalino e se non l’avessi
presa a quest’ora
sarebbe malamente caduta.
Incrocio per un secondo il suo sguardo vagamente perplesso ma fin
troppo stanco
e spossato da poter impegnarsi a fondo da comprendere che addirittura
in questa
situazione, io abbia voglia di baciarla.
Riesco a sollevarla di peso fino alla soglia della sua camera da letto.
Rimango a guardare la sua camera per qualche secondo.
Letto spazioso – ed è già un fattore
positivo – scrivania accanto al piccolo
armadio e una gigantesca finestra, ora coperta da una tenda scura.
La poggio sul letto e, con delicatezza – non pensavo di
conoscere il
significato di questa parola – le sfilo le scarpe e la giacca
di pelle.
Sospiro quando, dopo essermi allontanato controvoglia dal suo corpo,
lei mi
guarda, curiosa.
“Grazie” riesce a sillabare, sistemandosi meglio
sul cuscino.
“Posso considerarmi perdonato?” domando, con un
briciolo di speranza … sì,
speranza.
Lei fa una pausa: “Puoi … ecco, non
c’è bisogno che resti”
E queste parole, fanno male, sul serio.
Ma, del resto, dopo averle detto che sono confuso, e che non mi
interessa
sapere cosa ci lega, questo è il minimo.
“Si – mi gratto la testa – io
… ti lascio riposare, allora …” dico,
titubante.
Elena annuisce, e si volta, dandomi le spalle ed una fantastica visione
sulla
sua schiena parzialmente scoperta.
Mi allontano da casa sua, indeciso.
Terribilmente indeciso; avrei dovuto chiederle di rimanere? Avrei
dovuto …
dovuto, che ne so … dirle che mi piace … dirle
‘ehi Elena, tu mi piaci, mi
piaci sul serio, i tuoi dannatissimi occhi e il tuo profumo mi
è entrato
dentro, ma ho un segreto, sei l’oggetto di una scommessa. Ma
ci rinuncerei per
te …’.
Ma chi voglio prendere in giro? Nessuno mi ama, tantomeno Elena, che
è fin
troppo perfetta, e io non la merito. C’è quella
parte di me, che mi dice di
portarmela a letto e lasciar perdere questa storia dei sentimenti,
l’altra, mi
dice semplicemente di lasciarmi andare e lasciare che Elena abbia la
meglio su
di me.
E so perfettamente che voce seguire.
Elena
La mia testa è andata, completamente.
Sono più che sicura di averla sentita mandarmi a quel paese
nel pomeriggio,
urlandomi di essere un totale e completo disastro, concludendo
dicendomi che
sono l’unica ragazza di diciotto anni ad essere astemia.
Mia madre entra in camera e per un momento mi sembra di rivivere i
momenti in
cui da piccola mi portava da mangiare a letto.
Tiene fra le mani una tazza di tè caldo e qualche biscotto.
“Come ti senti tesoro?” domanda, sedendosi ai piedi
del letto.
“Una meraviglia” borbotto.
Lei mi porge la tazza, con un velato sorriso: “Senti, sai che
papà deve
intraprendere l’ennesimo viaggio di lavoro, a Boston
… pensavo di andare con
lui. Ormai siete abbastanza grandi e non è giusto che vostro
padre viaggi
continuamente da solo – arriccia le labbra – va
bene per te?”
Non sono mai stata a casa da sola per più di
un’ora, non so prepararmi nemmeno
un piatto di lasagne precotte da micro onde, ma sì
… me la caverò alla grande.
Tanto, le cose non possono andare peggio; o si?
Del resto, mi sono presa una cotta per una persona che di me non ne
vuole
sapere o chissà che cosa gli passa per la testa, sono alle
prese con un
progetto teatrale che mi tiene impegnata ventitré ore su
ventiquattro, do
ripetizioni, studio … quindi.
“Certo che si mamma, non preoccuparti”
Lei sorride, felice. Sappiamo quanto ami papà e quanto
detesti lasciarlo andare
ogni volta che parte per i suoi viaggi. Mio padre è un
grande avvocato, uno di
quelli rinomati e abbastanza conosciuti, ed è ovvio che ci
sia bisogno di lui,
di tanto in tanto.
“Ora ti lascio dormire – prosegue – se
non ti senti non è necessario che domani
vai a scuola – mi poggia una mano sul ginocchio e si alza
– papà ed io partiamo
dopodomani” conclude, prima di uscire.
Rimango a fissare vacua la mia tazza di tè aromatizzato con
erbe strane delle
quali solo mia madre conosce l’esistenza, a riflettere.
Dopotutto, potrei stare a casa domani.
Mi eviterei le urla di Caroline, la faccia da ‘brava
donna’ di Rebekah e
soprattutto, l’unica vera ragione per cui non voglio andare a
scuola; questa
ragione ha gli occhi chiari, mi ha baciato ed è come se
tutto il resto del
mondo sparisse non appena mi parla ed io ho così tanta paura
che preferirei
mille volte rotolarmi nel letto pur di vedere Damon Salvatore ancora
una volta.
_____________________________________________________________________________
N/A
Buon
pomeriggio!
Sono
tornata due giorni fa – sono Fede aka missimissisipi
– e dire che
sono stanca è un eufemismo. Per me niente mare, solo Londra ma mi sono abbronzata
comunque. Sì, avete capito bene.
E da qui comprenderete due cose, ossia a) le temperature elevate per
una città
così abituata al freddo e b) la tonalità fin
troppo chiara della mia
carnagione.
Ma,
dato che la situazione della mia pelle non è ciò
che vi interessa, e
anzi, chiedo scusa perché divago con esaltante
facilità, passiamo al capitolo!
E’
un po’ un capitolo di passaggio, uno intermedio dove accadono
un paio
di cose ma… è anche piuttosto statico.
E’ fondamentale perché i personaggi
prendono decisioni importanti, Elena, Damon ed i genitori della prima,
ma ne
sapremo di più fra una settimana! (troppo cattive?)
Torno
a ricordare che Caroline è la solita Caroline, buona, fin troppo, schietta, fin
troppo, e decisamente obiettiva
quando si tratta del suo spettacolo.
Il
prossimo capitolo sarà quasi una ventata d’aria
fresca… a me è
piaciuto moltissimo, anche se credo di essere di parte ahahah
Grazie
per le bellissime parole ed il supporto datoci! Invitiamo a farsi
avanti un po’ tutti, cosa ne pensate? E’ quello che
vi aspettavate dopo l’incontro-scontro
del capitolo precedente? Lettori silenziosi e non, ossia coloro che
hanno già
dato i loro pareri in precedenza, lasciateci due paroline
perché siamo molto
curiose e, personalmente, sebbene creda certamente di parlare anche per
l’altra
autrice, sono molto felice di sapere che la storia piaccia
così tanto!
I
link dei nostri profili! _valins
e
missimississipi
:)
Un bacio e alla prossima
settimana!
|
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Capitolo 13 *** Capitolo dodici. ***
Capitolo dodici
Asciugo una lacrima, distrattamente, lasciando sgorgare altri
sentimenti dall’altro occhio e singhiozzando come non ricordo
di aver mai fatto. O forse lo ricordo. Forse è stato ieri,
quando ho terminato di guardare, per l'ennesima volta, Letters to
Juliet. In realtà, credo di essere diventata masochista. Non
cerco cose felici quando sono triste, anzi, cerco cose tristi, in modo
da incrementare il mio disperato bisogno di piangere almeno un paio di
volte a settimana, insieme alla consapevolezza di non poter mai avere
un finale stile Nicholas Sparks, il quale, tortura noi povere
adolescenti con storie da favola.
Mettendo a fuoco la vista, cerco un fazzoletto e mi soffio il naso fino
a non respirare quasi più.
Non posso crederci. Le mie mani tremano ininterrottamente.
“Non puoi…” mormoro con un filo di voce.
“Non puoi morire così, Matt!” urlo
contro il televisore del soggiorno. Ah, non ci posso far nulla.
Sono un’ipersensibile cronica e mi affeziono in modo quasi
indescrivibile ai personaggi di ogni film, serie televisiva, libro.
E’ una desolazione, ogni qualvolta ci sia qualcosa che tocchi
il mio animo. Ma che dico, ogni qualvolta un personaggio, un evento,
soffia verso il mio cuore, BOOM!
Ecco che le lacrime scorrono copiose sul mio viso, bagnandolo
completamente e rendendo fradicio ogni tipo di fazzoletto,
evidentemente incapace di sopravvivere al trauma di essere totalmente
zuppo.
Caroline e Bonnie lo sanno benissimo, proprio per questo, quando
andiamo al cinema o sono in loro compagnia, cerchiamo di scegliere una
pellicola che non sia commovente, drammatica o anche solo, per mezzo
secondo, triste.
In questo caso, sto guardando una serie tv che parla di vampiri,
c’è uno stupido triangolo amoroso nel quale la
protagonista, Nina, non sa affatto decidere il ragazzo perfetto per
lei. E nel frattempo tutti e due, Paul e Ian, si struggono, solo per il
suo amore. Poi c’è la famiglia, gli amici, il
fratello…E in questo caso il professore, Matt, morto per un
evento sovrannaturale.
E lo so, diamine, lo so che è sciocco seguire queste
numerose stagioni, d’altronde i vampiri ed i casi spaventosi
come questo non esistono affatto; però questa Nina un
po’ mi fa compassione: i suoi genitori sono morti, suo
fratello Steven è un cacciatore di vampiri, poi un fantasma
tornato dalla morte grazie alla strega Kat, deceduta al suo posto. Ci
sono un sacco di creature schifosamente inventate che entrano ed escono
dalla sua vita, è tutto così complicato ma mi
piace: spesso è profondo, i personaggi cambiano, mutano col
tempo e migliorano ed, in un certo senso, mi piace pensare che anche
nella realtà questo possa accadere.
Scuoto la testa, prendendo altri fazzoletti per asciugarmi il volto e
le mani sulla maglietta larga che indosso.
Caroline ha terribilmente ragione: devo smetterla. Smetterla.
Definitivamente.
Sono così emotivamente emotiva, vorrei tanto poter guardare
un film drammatico senza piangere fiumi interi; oppure leggere un libro
avvincente senza bagnare tutte le pagine.
Ma certo che no! Non posso farlo.
Prendo una profonda boccata d’aria.
Ce la posso fare, ce la posso fare.
Ce la posso fare, ce la posso fare!
Mi guardo attorno. Sono sola, a casa.
Mamma è via con papà, Jeremy è a
scuola ed io sto crollando colpita da tutti i miei sentimenti.
Non ce la posso fare.
Decido di prendere il cellulare ed inviare un messaggio a Care e
Bonnie, per distrarmi e non avere tempo libero per piangere. Ne sarei
davvero in grado.
“Come sta
andando?”
E mi riferisco a questa giornata.
Non tanto al fatto che stiano vivendo una normale giornata scolastica
senza di me, certo che no. Più che altro… al
resto, se ci sono novità, se è successo qualcosa
in particolare ...magari su un certo ragazzo dagli occhi azzurri.
E no, non pensate all’Ian della serie Tv.
Certo, sarebbe bello avere un ragazzo del genere… ma no,
Elena ...smetti di
fantasticare! Mi dico.
Mi mordo il labbro inferiore, aspettando una risposta. Nel frattempo,
penso che sia meglio dare una pulita al soggiorno, e magari anche a
me stessa.
Non sono nella mia forma migliore, con gli occhi rossi e grandi, il
naso troppo colorato, le guance bagnate –così come
la maglietta. Lacrime, puah- ed i capelli spettinati.
Damon… Se in una qualunque occasione qualcuno mi chiedesse
cosa sia un casino, un disastro, io risponderei senza indugi lui, Damon
Salvatore. Un po’ mi ha stregata, è entrato in un
periodo della mia vita in cui io non avevo affatto bisogno di lui, mi
ha corteggiata come le altre ed io ho fatto un passo prima di cadere
nella sua solita e conosciuta trappola per ragazze.
Damon è quella cosa che non ti aspetti, è la
pioggia improvvisa, un acquazzone in piena estate. E’
l’ironia fatta a persona, un po’ come diceva quella
canzone di cui adesso non ricordo il nome… E’ il
traffico quando sei già in ritardo, è pagare una
corsa quando in realtà era gratuita, è il buon
consiglio a cui non hai dato retta. Lui è un disastro, a
scuola, in famiglia, forse nella vita e nelle relazioni, sentimentali e
non che siano. E’ un uragano che cammina.
Ed io non so se abbia fatto bene a far entrare questa tempesta nella
mia vita.
Mi ha fatto star bene e poi male. Ed in così poco tempo,
poi! Si è insinuato in me, in un punto così
profondo che non riesco ad estirpare. E’ il baobab che ho
lasciato crescere nel mio mondo, che adesso mi sta travolgendo. Ma
sarebbe potuta nascere anche una bellissima rosa.
Ed è qui che sbagliamo, un po’ tutti. Come il
piccolo principe: lui estirpa tutto, tutto prima che qualsiasi cosa
possa accadere. E quello è sbagliato.
Ma il mio comportamento è giusto, allora? Non capisco.
Decido che non è il momento di aspettare. Aspettare Damon,
la volta buona, il messaggio di Caroline o quello di Bonnie.
Al diavolo lui, per una volta voglio essere fottutamente egoista e
pensare a me.
Mi alzo dal divano, scostando la coperta dal mio corpo ed eliminando la
marea di fazzoletti che sembra, a primo impatto, una distesa di
margherite. Ma da vicino è quel che è. Proprio
per questo le elimino prima che il postino, o anche solo Jeremy a
ritorno da scuola, possa vedere tutto questo.
Tiro su con il naso, facendo questo lavoro, poco prima di gettarmi
nella doccia.
***
Mio fratello sta per uscire da scuola, sto cercando di preparare un
pasto decente che possa sembrare almeno lontanamente mangiabile, per me
e Jeremy. Sorrido quando un odore gradevole si diffonde nella cucina.
Sciolgo i laccetti del grembiule che getto distrattamente su una sedia,
allisciando inutilmente il mio maglioncino di lana blu, che ho abbinato
ad un paio di pantaloni chiari aderenti.
Il mio cellulare vibra.
E’ Care. Incurvo le labbra, abbozzando un sorrisetto.
Una giornata senza Caroline e Bonnie è una giornata vuota,
insipida.
“AH! Stai
parlando con la ragazza che ha preso una bellissima A meno rossa al
test di chimica! Sii fiera di me, Gilbert!”
Scuoto la testa, sono felice per lei ma non ho intenzione di riflettere
riguardo al mio, di test. Sarà stato un fallimento, ma per
fortuna ho chimica fra due giorni, ho il tempo per prepararmi
all’impatto dell’orribile voto.
Le rispondo qualcosa di futile, poggiando il telefono sul tavolo non
appena sento il campanello suonare.
Chissà cosa penserà Jeremy di questo pranzo
improvvisato! Mi fiondo ad aprire, quando tutti i miei buoni propositi
si distruggono come un palazzo senza fondamenta.
Damon
La vedo… e mi sento un totale idiota. Un idiota patentato.
Perché lei è bellissima e perfetta anche dopo un
post-sbronza, con dei vestiti semplicissimi ed i capelli lasciati al
naturale. Con i suoi occhi leggermente rossi ed il naso dello stesso
colore.
Che abbia pianto?
Scuoto la testa, non prima di aver notato che mi sta guardando.
Suo fratello è alla porta, ma il suo sguardo è
posato su di me, sul marciapiede, intento ad osservare casa Gilbert
come se fosse un’opera d’arte di chissà
quale inestimabile valore.
Che sto facendo? Devo andar via, e subito, anche.
Sprofondo le mani nelle tasche dei jeans sbiaditi, lasciando
un’ultima e languida occhiata ad Elena.
Mi inumidisco le labbra, osservandola.
Perdonami, ti prego.
Ma se lo facesse le farei ancora più male, e non so quanto
varrebbe. Lei soffrirebbe.
Ed io…? Io non voglio che-
Chiudo gli occhi.
Respiro.
Io sono Damon Salvatore.
A nessuno importa di me, ed io non tengo proprio a nessuno, meno che
all’oggetto di una scommessa.
Cerco di ripeterlo più volte nella testa, magari alla fine
risulta convincente anche alla mia coscienza.
A nessuno importa di me, ed io non tengo proprio a nessuno, meno che
all’oggetto di una scommessa.
Perdonami, Elena.
A nessuno importa di me, ed io non tengo proprio a nessuno, meno che
all’oggetto di una scommessa.
La vedo mentre lascia entrare il fratello all’interno,
sorridendogli.
Notami. So che ti importa.
Stringo le mani in due pugni, quando vedo la sua figura esile
scomparire, ed al suo posto solo la porta principale chiusa. Serro la
mascella. Com’è che era?
Io sono Damon Salvatore. A nessuno importa di me, ed io non tengo
proprio a nessuno, meno che all’oggetto di una scommessa.
Al diavolo tutto, soprattutto questo stupido mantra che non sta
servendo assolutamente a nulla.
Elena
“Elena… cosa significa tutto questo?”
Domanda mio fratello, che guarda con occhi sgranati lo pseudo pranzo
che ho preparato. Gli do una gomitata. “Ehi! Ho lavorato sodo
per tutto questo!” Sbotto, a metà fra il divertito
e l’arrabbiato.
Mi scocca un’occhiata ambigua, prima di avvicinarsi ad una
pentola, sollevare il coperchio ed annusare l’interno.
“Hai intenzione di avvelenarmi? Privarmi del mio
futuro?” Azzarda a chiedere, teatralmente, ed io mi avvicino
a lui, colpendolo con un buffetto. “Idiota. E’
commestibile.”
“Sicuro. -ribatte ironico- Assaggia prima tu.”
Prima che possa rispondergli, qualcuno suona alla porta. Con gli occhi
ancora puntati su mio fratello, mi avvicino all’entrata ed
apro.
Damon. Di nuovo.
“Cosa ci fai qui?” Sibilo dura, cercando il
più possibile di essere fredda e distaccata.
Sospira, prima di osservarmi da capo a piedi e congelarmi con i suoi
occhi.
“Non lo so. Senti… - deglutisce- lascia perdere,
vado via.”
Non rispondo, scrollando le spalle e facendo per chiudere la porta.
“No! -esclama poggiando una mano su di essa per spalancarla-
Non so perché sia qui, d’accordo? E’ che
non lo so… Le tue parole mi vorticano in testa
dall’altro giorno… ed io … non faccio
che pensarci, ci sei tu dalla mattina alla sera, in ogni cosa che
guardo, in ogni persona che passa nei corridoi. Che… che
significa tutto questo? Perché io non ne posso
più.”
Le sue parole sono assolutamente spiazzanti. Decido di non perdermi
nell’osservarlo e di scrollare nuovamente le spalle questa
volta, scuotendo un po' la testa.
“Non lo so, Damon. –esalo con un filo di voce.
– Va’ via, ti prego.”
Dei passi alle mie spalle si concretizzano in un bacio di mio fratello,
fra i capelli, prima che egli mi mormori un: “Vado a
cambiarmi.” nell’orecchio.
Damon sembra arrendersi alle mie parole. Ha le pupille leggermente
dilatate, i capelli spettinati e le labbra dischiuse. E non posso fare
a meno di pensare che sia stupendo anche in questa patetica
semplicità.
“Ti prego. Parliamone, Elena. Io ci…” le
parole gli muoiono in gola.
Lui cosa?
Lo incalzo con lo sguardo, e con le parole che seguono o che meglio:
con le parole che la mia voce pronuncia, senza neanche rendermene conto.
“Tu cosa?”
Deglutisce, prima di immobilizzarmi con i pozzi cerulei che adesso mi
fanno bruciare. Brucia tutto, dai capelli alle dita del piede, tutto,
tutti i nervi, i pensieri, la ragione. Va tutto a fuoco.
“Io ci tengo a te.”
________________________________________________________________
N\A
Ciao a
tutti! Sono tornata anche io dal mare e quindi eccomi ad aggiornare il
nuovo capitolo! Duuunque, possiamo dire che è un mezzo
capitolo di passaggio. L'idea che io trovo decisamente fantastica di
inserire Nina, Ian e Paul nella storia stessa, è stata di
missimississipi. Che ne pensate?
Comunque, Elena è decisamente emotiva e anche se non lo da a
vedere, un po' abbattuta causa-Damon, ed è anche uno dei
motivi per i quali non è andata a scuola, tralasciando il
post-sbronza che è rilevante fino a un certo punto. Alla
fine vediamo che Damon cede - come è giusto che sia - e si
fa vivo davanti alla porta della ragazza per cui si è preso,
diciamocelo, una bella cotta. Speriamo che il capitolo vi sia piaciuto
e come al solito vi invitiamo a dirci che ne pensate in una recensione
e a passare dai nostri profili, missimississipi, e valins.
Un bacione e alla prossima! Grazie a coloro che hanno recensito il
capitolo precedente, risponderemo al più presto!
(ps:
Aggiornerò I'm looking for happiness nei prossimi giorni,
per le lettrici che la seguono!)
|
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Capitolo 14 *** Capitolo tredici. ***
Capitolo
tredici
“Quindi state
insieme?” domanda Bonnie, poggiandosi contro il suo
armadietto appena chiuso.
“E quando farete sesso?” prorompe Caroline,
chiudendo violentemente il suo
armadietto.
“Uno – inizio – non stiamo insieme e due
– punto un dito contro Caroline – non
… non faremo sesso!” esclamo, portandomi le mani
al petto.
“Come no – mi spinge –
andiamo”
Dopo che Damon mi ha palesemente detto di provare qualcosa per me, il
mondo ha
assunto un colore diverso, quasi surreale; un po’ come quegli
scenari
coloratissimi e apparentemente di carta pesta utilizzati nei musical,
allo
stesso modo in cui le scene sono al rallentatore, secondo per secondo,
attimo per
attimo, infinito per infinito, e infinito sembra il tempo che manca per
vederlo.
Durante la mia solita ora libera del martedì, decido di
chiudermi in biblioteca
per studiare, per il semplice fatto che dopo scuola, oltre che andare a
teatro,
dovrò anche fermarmi al supermercato a fare la spesa per
Jeremy, il che, detto
così, mi fa sentire come una specie di ragazza
madre.
Mi siedo al mio solito posto sotto la finestra, che al momento riflette
un
semplice paesaggio secco e marrone, caratteristico
dell’autunno e abbastanza
triste per i miei gusti, inquietante il corvo nero posato su un ramo
spoglio
dell’albero in cortile, il cui piumaggio mi ricorda, quasi
follemente, il
colore dei capelli di Damon.
Scuoto la testa, sorridendo e pensando a come stia diventando
pazza.
“Insomma – mi richiama una voce, facendomi
sollevare la testa dal libro – che
fai qui?”
Stefan.
“Ora libera uguale compiti, no?” sorrido, indicando
il mio libro di francese.
Lui si stringe nelle spalle e accenna un sorriso: “Ehi scusa
per la sfuriata
dell’altro giorno, non volevo farti rimanere
male”
“Non preoccuparti, acqua passata”
Silenzio imbarazzante.
Odio i silenzi imbarazzanti, sul serio.
“Allora, hai da fare questa sera?”
“In realtà – sospiro – i miei
sono fuori città e devo occuparmi di mio
fratello, quindi, teatro, supermercato, cena e letto, se tutto va bene
e riesco
a convincere Jeremy a lavare i piatti”
“Che serataccia” ribatte lui, sospirando.
“Beh – prosegue – se hai voglia di
passare un po’ di tempo insieme o studiare
chimica … sai dove trovarmi” E, in effetti, la
cosa un po’ mi dispiace. Era
piacevole la sua compagnia, il suo modo di parlare e di ridere, ma
… Damon è
sotto la mia pelle, non … mi riesce difficile mandarlo via,
è come se più lo
spingo, più torna da me, come quei dannati elastici di
plastica gialli che, fra
l’altro, fanno anche male quando entrano a contatto con la
superficie della
mano.
L’ora passa, in un modo o nell’altro.
Un’ora in cui, mi stupisco di me stessa,
per il semplice fatto di aver pensato solo, ed esclusivamente, a Damon
Salvatore.
“No, Elena, questo è magenta, non è
rosso”
“È sempre rosso, Caroline” ennesimo
battibecco. Sull’ennesimo diverbio
riguardante la colorazione degli abiti che io devo decorare, sotto le
imposizioni di Caroline.
“C’è una differenza abissale –
si porta le mani ai fianchi – dai, manca solo
questo fiocco e poi hai finito”
“Falla facile, mi ci vuole un sacco per fare questi affari di
stoffa” borbotto,
sventolando una striscia di stoffa rossa davanti al viso della mia
amica, che
mi guarda, sorridendo.
“Vado a dire a Rebekah che non sa ballare! A
dopo!”
Sorrido e scuoto leggermente la testa, mentre mi accingo ad
attorcigliare il
materiale in questione al fine di creare qualcosa che possa vagamente
somigliare ad un fiocco.
“Ti sei data al decoupage?” la sua voce, che mi fa
sorridere.
“No, Caroline vuole che appiccichi dei fiocchi color
‘rosso magenta’ sui
vestiti”
“Posso provare?” domanda, curioso.
Mi volto verso di lui e mi concedo qualche secondo per guardarlo, poi
sorrido:
“D’accordo”
Lui mi osserva attento quando afferro i lembi del nastro per fargli
vedere come
creare il fiocco: “Così,
visto?”
Damon scuote la testa: “Cosa?”
Sospiro e mi lascio sfuggire un altro sorriso: “Niente,
faccio io”
“Ehi senti – mi afferra la mano, costringendomi a
guardarlo – che fai stasera?”
“Devo … beh … fare la spesa, andare a
casa, preparare la cena … e … dormire,
credo” alzo le spalle.
“E se porto una bella porzione di lasagne e la mangiamo
davanti a un film?”
Mi ci vuole qualche secondo per registrare la proposta e trovare la
forza,
fisica e psicologica, di rispondere.
“Non posso crederci! – esclamo, prendendolo in giro
– Damon Salvatore che
propone cena e film? Forse sto iniziando davvero a
cambiarti”
Damon mi guarda, con un assurdo sorriso ad incurvargli le labbra
schiuse e le
pupille leggermente dilatate, rimane così, a guardarmi fino
a quando, come
risvegliato da qualcuno, scuote la testa: “L’ho
proposto solo perché so che
devi fare la bella lavanderina e non puoi lasciare tuo fratello a casa
da solo”
“Certo – annuisco – come
no”
“Cos’è – mi sfida –
non ci credi?”
Trattengo a stento una risata e torno a concentrarmi sul fiocco.
La sua mano si posa sulla mia gamba e il suo indice la accarezza
leggermente, e
io mi fingo attenta, impegnata, quando in realtà il mio
cuore implora pietà.
“Non hai risposto, comunque”
“Alle otto” ribatto.
Lui annuisce, soddisfatto.
Mi sono guardata un po’ di volte allo specchio.
Più di un po’, in realtà.
Ho seguito i consigli telefonici di Caroline Forbes; ‘quando
viene a trovarti a
casa, non farti trovare in ghingheri, ma nemmeno troppo casalinga.
Capelli
sciolti e poco trucco. Poco profumo e calze rigorosamente a tinta
unita’.
Non ho capito il senso di quest’ultima frase, so solo che non
ho calze a tinta
unita ma solo a righe e possiedo delle ciabatte a forma di foca,
dunque, farò
la figura della bambina.
Ed è esattamente così che mi sento quando lui,
perfetto e bellissimo, entra in
casa, porgendomi una vaschetta di gelato e una teglia da micro onde di
lasagne
precotte.
Damon
Casa sua è decisamente perfetta.
In ogni minimo particolare, ogni angolo sa di Elena; il suo profumo
riempie
l’intero ambiente.
È una famiglia felice, la loro.
Esprimono la loro felicità con una serie infinita di foto di
famiglia, Elena da
piccola; Elena con il suo primo completino da cheerleader e suo
fratello, con
uno strano orso di pezza in uno che credo essere il suo primo giorno di
scuola.
In casa mia non c’è mai stato niente di tutto
questo ed onestamente un po’ mi
manca.
La consapevolezza di possedere un posto mio, magari da dividere con
qualcuno.
Il mio sguardo si sposta inevitabilmente su Elena, che indossa un paio
di
leggins e una felpa piuttosto larga, sintomo che no, non le interessa
di
sembrare provocante solo per farmi piacere e la cosa mi fa
impazzire.
Lei che non fa nulla per essere bella, ma che lo è in ogni
caso, qualsiasi cosa
faccia o abbia addosso.
“È noioso” mi lamento.
Grease.
Sì, stiamo guardando Grease.
Perché? Perché Elena ha pensato che potesse
… che ne so, fregarmene qualcosa
del film da cui ha origine il nostro ‘spettacolo’,
peccato che entrambi
sappiamo che non è così.
Odio i musical, li detesto.
Gente che si alza a caso ed inizia a cantare e ballare, ma per favore.
Così, devo impiegare il mio tempo in attività
diverse, senza però fare la
figura del menefreghista, che in questo momento non vorrebbe essere da
nessun
altra parte.
È questo ciò che, mi rendo conto, di aver sempre
desiderato.
La semplicità.
Passare una serata chiuso in casa a guardare un film che odio, ma la
cosa non
mi interessa … guarderei i film di Barbie se comportasse
passare un po’ di
tempo con lei.
E mi fa paura, più di ogni altra cosa, la maledetta
sensazione di familiarità
che mi illumina il petto quando sto con lei,
l’inutilità del trucco o dei
vestiti firmati, dei falsi sorrisi e dei finti interessi solo per un
po’ di
sesso, ed ora che c’è lei, tutto il resto
è quasi stupido, superficiale.
È in questo momento che maturo l’idea di mandare
al diavolo questa storia della
scommessa, è nel momento in cui la guardo affondare il
cucchiaino nel gelato
alla vaniglia che sta mangiando, mentre ha le gambe poggiate sulle mie
e
osserva il film, come se fosse un quadro, qualcosa di inestimabile e
bellissimo.
Ignara di ciò che mi frulla nella testa e del mio sguardo su
di lei, che è
quasi tentato dallo strapparle quel bicchiere di vetro dalle mani e
sdraiarsi
sopra di lei.
E così fa, il mio istinto.
Le sfilo il bicchiere dalle mani sotto lo sguardo confuso di lei, che
tiene
ancora il cucchiaio a mezz’aria. Faccio sparire anche quello
e mi fiondo sulle
sue labbra.
Sanno di zucchero, sono terribilmente fresche e con un retrogusto di
vaniglia
che mi fa andare fuori di testa.
Faccio pressione affinché si sdrai sotto di me e
così fa, lasciandosi andare
alla mia mano che ora percorre interamente il suo corpo fino a fermarsi
all’orlo della maglietta, sotto la quale infilo la mano fino
a sfiorarle il
reggiseno.
Lei è sotto di me, bellissima e maledettamente Elena da
farmi male.
Lascio che la mia mano si chiuda intorno al suo seno mentre scendo a
baciarle
il collo, strappandole qualche sospiro silenzioso.
Elena intreccia le dita fra i miei capelli, carezzandoli lievemente e
tirandoli
in direzione delle sue labbra, per fami tornare alla sua altezza e
baciarla, di
nuovo.
La mia lingua insegue la sua, ne imprimo il sapore dovunque sia
possibile e
quando sto per porle la fatidica domanda, una voce alle nostre spalle
attira la
mia attenzione, facendomi alzare e sistemare la felpa scomposta di
Elena.
“Sono tornato” dice.
E chi se ne frega.
“Divertito?” domanda lei, disinvolta, mentre si
sistema i capelli.
“Al solito, in realtà, Lockwood inizia a darmi
seriamente sui nervi. Sempre
fissato con Vicki Donovan – sbotta – quando la tua
amica gli sbava dietro da
tempo immemorabile”
“Tu come …”
Inclino la testa di lato; quale amica?
“Le voci girano – si volta verso di me –
è stato un piacere, Damon Salvatore –
fa una pausa – la fama ti precede”
In gamba, dannatamente in gamba.
“Che vuoi che ti dica – alzo le spalle –
la gente mi ama”
Lui annuisce e accenna un sorriso.
“Beh … buon … qualsiasi cosa voi steste
facendo” sparisce al piano di sopra.
Lei è sulla porta, la testa poggiata contro la parte esterna
e i capelli che
dondolano morbidi giù per la schiena, sorride.
“È stata una bella serata”
Altroché: “Passabile” rispondo,
inclinando le labbra.
“Beh grazie”
Le afferro le guance e le schiocco un bacio:
“Perfetta”
La saluto, con l’ennesimo bacio e l’ennesimo
sorriso, ancora speranzoso di
poterla vedere domani e tornare a baciarla, a portarla fuori, farla
ridere.
La cosa terribile – fidatevi se dico che è
terribile – è che non ho mentito.
Nemmeno per un fottutissimo secondo le mie labbra hanno generato bugie,
solo la
cruda e dolorosa verità.
Perfetta, è la parola esatta.
E io sono fottuto.
_____________________________________________________________________________________________________________________
N/A
Buongiorno!
Chiedo
scusa per l’aggiornamento (quasi) mattutino, spero che il
capitolo vi piaccia!:)
E’
un po’ statico e un po’… semplice, ecco,
diciamo che questa è la sua parola
chiave!
Accadono
un paio di cose ma è fondamentale perché prepara
i personaggi a
delle decisioni importanti, che si riveleranno nel capitolo successivo!
Come
vi è sembrato Damon? E il comportamento di Elena? Fatecelo
sapere!
Grazie
per le bellissime parole che ci scrivete! Invitiamo a farsi
avanti un po’ tutti, cosa ne pensate,
nonostante la lunghezza del capitolo?
Lettori silenziosi e non, lasciateci due
paroline perché siamo molto curiose ** I link dei nostri
profili! _valins
e
missimississipi
:)
Un bacio e alla prossima
settimana!
|
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Capitolo 15 *** Capitolo quattordici. ***
Capitolo quattordici
Elena
Come ben sappiamo, tutte le giornate dipendono dall’umore
– ma a mio parere, dal piede con il quale ci si
alza la mattina. Ultimamente, ho dovuto ricredermi in quanto, potrei
svegliarmi persino rotolando giù dal letto e sarebbe del
tutto irrilevante perché sto bene, dannatamente bene.
Da cosa l’ho intuito? Beh … dal caffè
della scuola.
Sì, esattamente.
Il caffè della scuola, anche noto come la miscela che il
novanta per cento delle volte è disgustosa, quella stessa
bevanda servita alle macchinette che ha l’effetto quasi
opposto a quello che, in realtà, dovrebbe ottenere.
Quella bevanda che, presa alle otto di mattina, non da la giusta
carica, non sveglia i poveri studenti addormentati né
delizia il palato, ma anzi, lo schifa, rendendo una giornata schifosa..
beh, peggio.
Eppure oggi passa.
Può passare il caffè schifoso, sono calma,
sveglia e in più, niente affatto preoccupata dal risultato
del compito di chimica che oscilla fra l’insufficienza e poco
meno della sufficienza.
O almeno spero, rifletto, prima di rendermi effettivamente conto che il
risultato potrebbe anche essere peggiore di quello desiderato.
Sospiro, prima di prendere i libri di cui ho bisogno
dall’armadietto, sorridendo e svolgendo tutte le azioni con
pacatezza – pacatezza che, per
l’esattezza, sta per far infuriare la mia amica bionda.
“Dio, potresti smetterla?”
Mi acciglio, pur sapendo cosa voglia dirmi. “Smettere
cosa?”
“Di essere così tranquilla e pacifica.”
Stringe le labbra. “Mi urti il sistema nervoso.”
“Giornata storta, Caroline?” Sorrido ironica,
affiancandola per corridoio pieno di persone che, al contrario di me
stamani, sono decisamente giù di tono. Io vorrei ridere,
vorrei gridar loro di svegliarsi, perché oggi è
una bella giornata! O forse lo è solo per me. Sicuramente lo
è solo per me.
Mi lancia un’occhiata truce, a cui rispondo alzando le mani,
come per chiedere perdono.
“Due sole parole. Mikaelson. Teatro.”
“Perché?”
Sorride sarcastica. “Sembra che voglia in qualche modo
aiutarci, come se Damon e Rebekah non bastassero. E per
farlo,” prende una pausa nella quale si sposta una ciocca di
capelli dietro l’orecchio.
Non posso fare a meno di notare che non ha una bella cera.
Capelli disordinati, occhiaie più o meno evidenti, nervosa e
stanca. Visibilmente stanca.
“Ne parla con me. O meglio,” si corregge
sorridendo, evidentemente soddisfatta dalle sue azioni.
“Tenta di parlarne con me, ma io lo evito e liquido con una
facilità che lo fa infuriare. Ah, non preoccuparti. Non
entrerà a far parte di Grease, ne ho già discusso
col preside.”
Strabuzzo lo sguardo. “Cosa?”
“Sì, Elena, il preside non vuole che ci aiuti per
tanti semplici motivi. C’è già Damon a
scontare la sua punizione con noi, e se si mettesse anche lui non
concluderebbero un bel niente, ma anzi potrebbero rovinarci anche
questo! In più anche Kol vorrebbe partecipare, non credi?
Sarebbe l’unico Mikaelson escluso e no, non è
affatto un’ ottima idea. Quindi è già
tutto risolto.” Liquida la cosa con un gesto delle mani,
autocompiacendosi per essere andata a segno, ancora una volta.
Sorride facendomi riflettere. Caroline ha ragione, e così
anche il preside.
Per un attimo mi sono dimenticata che Damon ci aiuta per il semplice
motivo di aver rovinato l’Homecoming. È possibile
che lui sia cambiato così tanto nel giro di così
poco tempo? Sbatto le ciglia, riprendendomi dai miei pensieri e
rivolgendo l’attenzione a lei.
“Come, scusa?”
Sbuffa. “Terzetto ad ore dodici!” dice sottovoce.
Aggrotto le sopracciglia, prima di associare le sue parole
all’immagine che si para di fronte a noi. Klaus,
Kol… e Damon. Sorrido istintivamente, stringendo i libri fra
le mie mani e lo osservo sino a quando il suo sguardo non si posa su di
noi.
Lo vedo ricambiare il sorriso, allora tutti e tre si avvicinano a noi
– per essere precisi lui si avvicina a me, e
così anche i due fratelli, facendo borbottare a Caroline
qualcosa di incomprensibile, molto simile ad un insulto, comunque.
“Ehi.” Mormora, sollevando una mano in direzione
della mia guancia, sfiorandola appena con l’indice,
strappandomi l’ennesimo sorriso.
“Ciao.” Sussurro nello stesso modo, prima che le
sue labbra si poggino sulle mie con una delicatezza che non pensavo
possedesse, attirando su di noi lo sguardo di molte persone, forse
tutte.
Chiudo semplicemente gli occhi, sorridendo e ricambiando il bacio,
portando poi una mano a cingergli il collo. E semplicemente non esiste
più nessuno attorno a noi, nessuno meno che …
Caroline.
Caroline che tossisce fintamente, facendo ridere Klaus e imbarazzare me
fino alle punte dei capelli.
Ci stacchiamo l’uno dall’altro, seppure i nostri
visi siano ancora terribilmente vicini.
Il mio sorriso imbarazzato compensa il suo sbuffare e scoccare la
lingua sul palato; muove il pollice sul mio volto, facendomi intenerire
ed inclinare la testa contro la sua carezza.
“Gelosa, Forbes?” domanda alla mia biondissima
amica, facendola infuriare più di quanto non lo sia
già oggi.
Klaus Mikaelson ghigna con lo sguardo puntato a terra: non appena lo
alza e incontra l’occhiata di fuoco di Caroline, si
schiarisce la voce, asserendosi.
La mia amica sbatte le ciglia, civettuola, con un sorriso di
circostanza stampato sul volto.
“Io?” domanda retorica, facendo annuire Damon e
avvicinandosi a lui.
“Magari il geloso sei tu, che sai di non essere abbastanza
per la bella Elena.” Kol intona una serie di
‘OH!’ sorpreso, mentre il ragazzo al mio fianco si
blocca.
Osservo la mia amica, nella vana speranza che si renda conto di
ciò che ha detto.
Lo ferisce, in questo modo. Damon è … fragile,
dopotutto. Damon sa … forse troppo, di essere sbagliato, ma
sono anche io, del resto, e va bene così.
“Sappi che prima o poi lei si renderà conto dello
stronzo che realmente sei e …”
“Ora basta, Caroline, andiamo.” La spingo via prima
che possa scatenare una rissa.
Donna o no che sia, Caroline Forbes potrebbe benissimo litigare con
Damon, Klaus e Kol.
Lei sa come tener loro testa. E non solo con le parole.
Quando siamo di fronte all’aula di Chimica la fermo.
“Si può sapere che ti è
preso?” esclamo.
Si inumidisce le labbra. “Oggi sono particolarmente
irascibile.” Ammette. “Ma è vero,
ciò che ho detto, ogni singola parola fuoriuscita dalle mie
labbra. Elena, stammi a sentire, lui …”
Scuoto il capo. “Lui mi rende felice.” Scrollo le
spalle, cercando le parole da dire. “Lui è la cura
al caffè schifoso della scuola, mi fa star bene pur sapendo
che il test di chimica sarà andato malissimo, pur sapendo
che a casa dovrò riordinare tutto perché mio
fratello non mi aiuterà mai. Quindi, Caroline, prima di
parlare…” la guardo negli occhi. “Vedi
il lato positivo delle cose.”
La liquido così, entrando in classe e prendendo posto.
“Ehi.” É Stefan, che appena entrato con
il fiatone in aula, si siede accanto a me.
Deglutisco, abbozzando un sorriso.
“Ehi.” Rispondo allo stesso modo, riponendo tutta
la mia attenzione sul libro di fronte a me.
“Sei libera venerdì sera?” mi chiede,
come se io non stessi cercando di ignorarlo.
Sospiro, osservando Caroline che adesso entra in classe.
“Stefan… non voglio sembrare scortese…
ma sono già impegnata.” Pronuncio le ultime parole
con velocità.
Ed è la verità? Questa volta è una
cosa seria, con Damon?
Possiamo definire ciò che abbiamo?
“Oh…” dal tono non sembra
particolarmente sorpreso, “Allora è
vero.”
Aggrotto le sopracciglia. “Vero cosa?”
“Vero che stai con mio fratello.” E lui come lo
sa? “Pensavo che avresti smentito tutti i
pettegolezzi, ma …”
“Un secondo: quali pettegolezzi?”
Mi scocca un sorrisetto che non riesco a definire. Si fa più
vicino. “Beh, si dice che vi siate baciati…
Intendo a scuola. Le notizie viaggiano in fretta.” Rimango
sbalordita dalle sue parole e dal suo modo di relazionarsi. Sembra
ferito.
Ferito da qualcosa che non riesco a capire. Perché?
Dischiudo le labbra, ma l’insegnante entra in classe e non ho
il tempo di rispondergli né domandargli il perché
di questo atteggiamento freddo e distante.
Forse in fondo nemmeno voglio chiederglielo, perché credo di
sapere quale sia il problema, e forse nemmeno ho intenzione di
affrontarlo. Di andare contro all’ennesima persona che, per
chissà quale assurdo motivo, ce l’ha con il mio
essere felice.
***
Con l’umore decisamente rovinato, arrivo a casa. Inserisco le
chiavi nella toppa, aprendo poi la porta ed entrando in un disordine
causato da me e Jeremy di cui mi devo occupare. Calcio un paio di
magliette, il cartone della pizza e gli anfibi di mio fratello, spalmai
sul pavimento con tanto di calzini.
Sbuffo, lasciando giubbotto e chiavi rispettivamente sul divano e su un
tavolino, producendo un rumore fastidioso.
Jeremy sarà ad un qualche allenamento di football barra
basket ed io sono sola.
Grandioso, davvero.
Mi passo più volte le mani fra i capelli e mi guardo
intorno, incapace di stabilire cosa sia il caso di fare per prima: una
doccia; i compiti; radere al suolo il soggiorno e ricostruirlo
…
Dannazione, perché non posso neanche baciare il ragazzo per
cui provo qualcosa senza dare il via ad un circolo vizioso fatto di
gelosie e pettegolezzi?
Stefan è venuto a saperlo nel giro di dieci minuti, e questo
mi fa impazzire. Più di tutto, mi fa impazzire il suo
atteggiamento, decisamente poco appropriato con quello che non-abbiamo
avuto; a questo punto, credo sia lui ad avere dei problemi.
Damon … è Damon, ed io sono solo io.
Due persone totalmente opposte e che dovrebbero odiarsi.
Eppure non è così, rifletto mentre apro la porta
principale chiedendomi mentalmente chi sia.
Spero solo non la vicina gattara vicina di casa che desidera compagnia,
o che ne approfitti della mia solitudine per scroccare due uova solo
per non muovere le sue reali chiappe ed andare al supermercato.
“Signora Flemming …” Sospiro, ma mi
blocco.
Invece è Damon, con le mani nelle tasche della giacca di
pelle nera, poggiato allo stipite della porta.
“Ciao.” Lo saluto, sentendomi improvvisamente
meglio.
“Sei sola?” esordisce, mentre gli faccio spazio per
accomodarsi.
Annuisco passandomi nuovamente una mano fra i capelli.
“Ti da fastidio la mia presenza? Stefan è
insopportabile.”
Scuoto la testa sorridendo, per poi avvicinarmi a lui e cingendogli il
busto con le mie esili braccia solo per respirare il suo profumo.
“No.” Biascico del tutto buttata sul suo petto,
mentre lui deposita un bacio fra i capelli.
Ci guardiamo negli occhi per un po’, creando un silenzio
decisamente non imbarazzante.
C’è Caroline, c’è Klaus, Kol,
Stefan, i pettegolezzi, le invidie, le gelosie… un sacco di
problemi ma noi siamo ancora qui, insieme ed è questo
ciò che conta in fondo, o no?
“Mi dispiace per Caroline. Oggi è stata una
giornata no e le hai dato una possibili-“
“Non mi importa di Caroline, mi importa solo di
Elena.” Mormora poggiando la sua fronte sulla mia.
Annuisco, chiudendo per un attimo gli occhi, felice di questa
vicinanza. Felice.
“Grazie.” Mormoro allora, perdendomi nei suoi occhi
quando li riapro.
Aggrotta le sopracciglia. “Per cosa?”
“Per tutto.” E sprofondo il viso
nell’incavo del suo collo, mettendomi in punta di piedi.
Il mio naso sfiora la sua pelle candida, scoperta dalla maglia bianca.
Forse occorre solo questo, per essere davvero felice.
Damon
La bacio, perdendomi nel sapore al cioccolato delle sue labbra,
morbidi, soffici e delle quali vado pazzo. Sono uno schifo.
Perché lei è sincera con me, lei litigherebbe con
le sue amiche per me ed io… Ed io la distruggerò.
Completamente.
Klaus è stato fiero del mio bacio, a scuola, e non ho potuto
spiegargli quanto naturale fosse stato per me compiere quei gesti, dopo
averla vista illuminarsi ad un mio sorriso … Per non parlare
di Kol, o di Rebekah, tutta felice del mio comportamento.
A casa c’è Stefan arrabbiato e geloso,
l’unica cosa a cui ho pensato è stata lei, e
seppure sia forse l’ultima persona dalla quale dovrei andare,
perché non la merito, sono qui, ho mandato al diavolo il
resto e sono piombato a casa sua, anche solo per guardarla mentre
mangia il gelato, o mentre, con la fronte aggrottata, studia.
Le accarezzo una guancia mentre getta le braccia attorno al mio collo,
per poi giocare con le ciocche dei miei capelli. La verità
è che non posso fare a meno di lei.
Di Elena. Dei suoi sorrisi. Dei suoi baci.
Elena è una droga vivente ed io divento pazzo se non prendo
la mia dose quotidiana.
Devo parlare con Klaus.
Assolutamente.
___________________________________________________
N\A
Ciao a tutti e scusate
per l'aggiornamento ritardatario! Sono stata un po' incasinata oggi, ma
alla fine ce l'ho fatta!
Duuuuuunque, altro
capitolo di passaggio (ma non poi così tanto, secondo me),
ma vi anticipo che nel prossimo capitolo succederà qualcosa di bello. E
non dico altro. Quindi vi basterà pazientare solo un'altra
settimana. Diciamo che questa Elena e questo Damon sono più
o meno simili a quelli della serie tv, quindi un po' ostacolati da
tutto e tutti - tutti sono un po' contro di loro e diciamo che pure
inconsapevoli, un po' hanno ragione, considerato che il "problema
scommessa", resta ancora qualcosa di sicuramente rilevante, anche se
vediamo che Damon ha intenzione di chiarire la cosa con Klaus: ci
riuscirà?
Vi lascio con questo adorabile
interrogativo, aggiungendo il collegamento ai nostri
profili, missimississipi e
valins.
Ringraziamo sempre e comunque tutti
quelli che recensiscono e hanno inserito la
storia tra le seguite\preferite\ricordate; significa tanto per noi,
perché ci spinge, in un certo senso, a voler portare avanti
questa questione delle storie a quattro mani, quindi grazie!
Un bacione e alla prossima settimana con il prossimo capitolo :)
|
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Capitolo 16 *** Capitolo quindici. ***
Capitolo
quindici
Damon
Quando
mi sono svegliato, questa mattina,
sapevo esattamente cosa dovevo fare: parlare.
Devo dire a Klaus tutto. Tutto su Elena, su quello che provo per lei e
che può
tenersi la casa al mare, a me non importa, non adesso che ho
decisamente di
meglio.
“Buongiorno fratello!” esclamo, sperando che,
almeno oggi, mio fratello non mi
odi per avergli ‘portato via la ragazza’ o, almeno,
è ciò che ha detto lui. In
realtà, non mi sembra che fossero stati insieme.
In ogni caso, sarà sicuramente dovuto a lei, ma oggi mi
sento particolarmente
contento, in vena di essere gentile, nei limiti delle mie
capacità, ovviamente.
“Ehi” ribatte lui.
“Stefan, se continui a stare così corrucciato,
prima o poi ti verranno le
rughe” gli rubo la tazza di caffè dalle mani e
poggio la schiena contro il
lavello.
“Ti sarei davvero grato se non mi parlassi” sbotta.
“Senti – sospiro – mi dispiace
… ma … Elena mi piace, dico
davvero”
“Ah si? – mi sfida – pensi che non sappia
della scommessa? Ah, mi credi così
stupido? La stai usando, Damon”
Rimango immobile, giusto il tempo di registrare ciò che mio
fratello mi ha
appena detto: lui sa.
“Era così, prima … ma ora, oggi
… parlerò con Klaus”
“Sarà meglio che tu lo faccia Damon …
sai anche tu che non se lo merita, non
lei”
Rimango immobile, di nuovo, quando mio fratello si chiude la porta di
casa alle
spalle e io sono forse fin troppo consapevole che mio fratello abbia
ragione,
ed è per questo che questa storia deve finire, io voglio
stare con lei, e
basta.
Entro a scuola, intenzionato a prendere sul serio i miei buoni,
buonissimi
propositi, quando mi si para davanti la barbie, e Bonnie.
“Si?” domando, arricciando leggermente il naso.
“Ti teniamo d’occhio, lo sai vero?”
inizia la bionda, quando, nel parlarmi,
riduce gli occhi a due fessure.
Scuoto la testa: “Cosa?”
“Elena è la nostra migliore amica –
riprende l’altra – non ti azzardare a farla
soffrire o giuro che ti faccio saltare gli attributi, sempre che tu li
abbia”
incrocia le braccia.
Sospiro: “Non ho intenzione di farla soffrire … ma
poi – inclino la testa –
siete per caso i suoi cani da guardia ... o cosa?”
“Siamo le sue amiche – esclama Caroline –
sappi che non rispondo di me quando
sono arrabbiata”
Deglutisco a vuoto di fronte all’affermazione della bionda,
forse leggermente
spaventato alle conseguenze che tutto ciò potrebbe portare.
“Ci vediamo oggi a teatro – concludo –
è stato un piacere … essere
minacciato da voi” le supero,
subito dopo aver intercettato Klaus in mezzo al corridoio.
“Quella Forbes – comincia, osservando le gambe
della ragazza che ondeggiano
fino alla fine del corridoio, dirette nell’aula di teatro in
cui raggiungerò
presto Elena – devo proprio farmela”
“È in gamba – alzo le spalle –
ti terrebbe testa” poggio la testa contro
l’armadietto.
“Senti – inizio – la scommessa
… io mollo … insomma, tieniti pure la casa al
lago … non ne ho bisogno”
La sua espressione è accigliata, stupita, vagamente
sospettosa: “Perché?”
“Non … insomma … Elena …
potrebbe interessarmi” mi gratto il collo.
“Bene … vorrà dire che le cose si
evolveranno in modo diverso”
“Quindi siamo a posto? Mi sono tirato fuori?”
“Certo – sorride – te ne sei tirato fuori
…”
Mi sento inspiegabilmente sollevato, il mio stomaco è libero
dall’incudine che
lo appesantiva, posso stare con Elena, senza rimpianti, senza
ripensamenti:
solo lei ed io.
Entro nell’auditorium, forse fin troppo disponibile a dare
una mano.
Mancano davvero poche settimane allo spettacolo e probabilmente
è stato l’unico
progetto nel quale mi sono sentito coinvolto più che in
qualsiasi altra cosa;
sicuramente grazie a lei.
La vedo lì, è voltata di spalle ma la
riconoscerei anche in mezzo ad una folla,
complici i capelli lunghi e lisci e le all star poggiate sulla
spalliera del
sedile di fronte al suo.
Intravedo un libro fra le sue mani, probabilmente il solito libro di
chimica in
cui non riesce a prendere poco più di C e io sorrido, Dio
solo sa perché.
Mi avvicino lento e, poggiando le mani ai lati della sua testa, la
bacio, al
contrario e sorprendendola con un sospiro.
“Buongiorno!” esclamo.
“A cosa è dovuta tutta questa allegria?”
scherza lei, facendomi posto accanto a
lei.
“Mh – alzo le spalle – sono solo
… tranquillo”
Lei annuisce, e torna a poggiare gli occhi sul libro: “Come
va? Con chimica,
intendo”
“Uno schifo, come al solito – sbuffa –
non capisco perché queste cose non mi
entrino in testa – si lamenta, lasciando che un dolcissimo
broncio le si pari
sul viso – sono senza speranza”
“Per me – poso una mano sulla sua guancia,
guardandola – sei un genio, il mio
genio”
“Voi due, piccioncini – ci richiama la bionda
– serve l’aiuto di Damon per
sistemare quegli affari – indica una montagna di scatoloni
– sul retro”
“A dopo” sussurro, contro le sue labbra,
lasciandole un sorriso.
Elena
“Perciò è ufficiale? Insomma, con il
bacio in mezzo al corridoio è decisamente
ufficiale, Elena … che cavolo, stai con il più
figo della scuola!” esclama
Bonnie, chiudendo con forza l’armadietto e stringendosi la
borsa.
È terminata un’altra giornata di scuola, luogo che
non sono mai stata così
felice di visitare. Giornata in cui ho preso, fra l’altro, A+
in un compito di
storia, decisamente positivo per compensare il mio voto in chimica.
Domani è finalmente Domenica, giorno in cui potrò
finalmente dormire, e
riposarmi, magari vedendo Damon.
Damon.
Sorrido sempre quando in testa mi compare il suo nome, o lo vedo
correre rapido
per i corridoi quando sta facendo tardi a lezione, e, specialmente,
quando le
ragazze si lasciano sfuggire commenti poco casti che lui fa palesemente
finta
di non sentire.
E la cosa mi va bene, forse perchè con me sta bene, forse
perché l’ho cambiato
sul serio, forse perché anche io sono cambiata a causa sua.
“Dicevi?”
“Tu e Damon! Mi piacete … più o meno
… l’importante è che non faccia lo
stronzo”
“Non … non credo che voglia fare lo stronzo
– mi porto le mani nelle tasche
posteriori dei jeans – Caroline?”
“Senti Mikaelson, solo questa sera, dopodiché
voglio essere lasciata in pace,
chiaro? E non voglio fiori, o stupidaggini del genere,
chiaro?”
Lui la guarda, forse un po’ estasiato, sorridente,
all’idea che, da quello che
ho capito, Caroline esca con lui.
“Passo a prenderti alle otto” ribatte lui,
allontanandosi.
“Uscite?” domando, con un sorriso.
“Si – lei si morde il labbro, trattenendo a stento
un sorriso – ma non mi
interessa”
“Ah no?” la incalza Bonnie, con un sorriso.
Loro continuano a parlare ma io non le ascolto, Damon è in
fondo al corridoio,
sta parlando con una ragazza e sorride, sorride apertamente.
Il mio cuore ha un tuffo, il mio stomaco si contrae e il sorriso che
fino a
pochi secondi fa riempiva il volto, si spegne. Lei sorride a sua volta,
e
potrei giurare che lascia cadere lo sguardo sulle sue labbra, le sue.
Mi inumidisco le labbra e sospiro: “Ragazze io devo andare
… Caroline – le poso
una mano sul braccio – raccontami tutto
domani”
Sparisco svelta i corridoi e mi dirigo a casa.
Odio il fatto che il mio umore dipenda dalle altre persone; vorrei
essere
felice senza che questa possa essere influenzata da Damon Salvatore, e
se sarò
triste, lo sarò solo per qualcosa che riguarda me, non da
qualcun altro, non da
Damon.
Mi ripeto queste parole quando attraverso il cortile e mi dirigo a
casa, per
rimanerci, possibilmente chiusa dentro.
È inverno, odio l’inverno.
Ecco appunto; come dicevo? Ah si, se Damon fosse stato accanto a me,
l’inverno
sarebbe stato meraviglioso.
Ora, il cielo tinto di bianco – prossimo alla neve
– e il ghiaccio che mi
congela i piedi racchiusi in delle banalissime scarpe di tela, mi porta
solo a
detestare tutto.
Attraverso il marciapiede e finalmente, non potrei essere
più felice di
arrivare a casa.
Lancio le scarpe in un angolo, seguite dalla borsa, le chiavi e tutto
quello
che mi lega a Damon, in qualche modo.
Metto sul fuoco il bollitore e mi preparo a vedere un film
strappalacrime,
noioso, magari anche piangere.
Cosa credevo? Che Damon sarebbe cambiato per me? Ma per favore.
Alla prima occasione, e lontano dai miei occhi, si è messo a
flirtare con
un’altra ragazza, persino brutta, perché
… era brutta, sul serio.
Insomma, quegli occhiali … ma dove li ha presi?
Brutta.
Rimango tutta la serata seduta sul divano.
Jeremy mi ha decisamente piantato, dicendomi che doveva uscire con non
so chi,
forse una ragazza.
Dal canto mio, ho spento il cellulare e la televisione quando mi sono
accorta
che fuori sta nevicando.
Osservo la neve che, bianca e morbida, ricopre lentamente e silenziosa
tutte le
strade del mio quartiere.
Sono poggiata contro la mia finestra e tengo la testa poggiata contro
il muro,
osservo vacua l’ambiente, ormai buio, di fronte a me.
Il rumore della porta che si apre mi fa letteralmente sobbalzare e con
una mano
a stringermi il petto, scendo le scale.
“Jeremy?” chiamo.
Non è Jeremy, ovviamente.
“Come hai fatto ad entrare?” domando, stringendomi
nel pullover di lana lungo
fino alle ginocchia.
“La porta era aperta – sospira – ho
bussato ma non … forse non hai sentito”
“Forse”
“Sei letteralmente scappata, oggi …”
afferma, inclinando di poco la testa, come
ad osservarmi meglio.
“Non volevo disturbarti … di certo la ragazza con
gli occhiali sarebbe stata
decisamente dispiaciuta dalla mia interruzione”
Lui, in risposta, scoppia a ridere: “Parli di
Meredith?”
“Come vuoi”
“Le ho chiesto di aiutarti in chimica, Elena … il
fatto che abbia una cotta per
me è del tutto irrilevante …”
Vorrei sprofondare, giuro.
Scavarmi una buca e rimanere lì, per sempre.
Terribilmente e dico, terribilmente, imbarazzante.
“Oh” lascio schioccare la lingua.
Damon
Mi fa ridere, Elena mi fa terribilmente ridere.
La cosa che mi fa impazzire di lei è la sua
capacità di essere bellissima in
qualsiasi situazione, con qualsiasi cosa addosso.
Mi avvicino, colmando i due scalini che ci separano e la bacio,
sospirando
contro le sue labbra, come se questa cosa mi fosse terribilmente
mancata, ed è
così.
La lascio poggiare contro la parete e accarezzo lentamente la sua
lingua, e la
porzione di pelle scoperta sul fianco.
“Mi piaci tu, ok? Solo tu … sei solo tu”
sussurro, contro le sue labbra.
Maledicendomi solo per essere così maledettamente
sentimentale.
In risposta, lei, sorride e riprende a baciarmi.
A questo punto, ogni mia inibizione sparisce, lasciando posto a quel
Damon che
desidera fare l’amore con Elena. La mia mano scorre lenta
sotto la sua
maglietta, scoprendo che la sua pelle è incredibilmente
morbida e calda contro
le mie dita.
Sale sempre di più, fino al seno, quando la mano di Elena si
posa sulla mia.
“C’è una cosa che devi sapere prima
… prima di … insomma
…”
Capisco, forse, troppo presto quello che sta per dire e schiudo le
labbra, stupito:
“Oh …”
“Già” il suo sguardo si posa verso il
basso e io, prontamente, lascio che i
suoi occhi incontrino i miei: “Non devi sentirti in imbarazzo
… Elena –
sorrido, di fronte alla sua dolcezza – sarà
comunque perfetto, ok? Perfetto” le
ripeto.
Lei è sdraiata sotto di me; con movimenti tremanti ma
comunque eccitanti, mi ha
sfilato la maglietta ed io ho fatto la stessa cosa con la sua,
baciandole ogni
più piccola parte di pelle che riuscivo a sfiorare,
cogliendo le più piccole
sfaccettature del suo profumo e le morbide curve del suo petto morbido
e nudo
contro le mie labbra.
Lei sospira, stringendo i miei capelli intorno alle sue dita sottili.
Ripercorro l’intera lunghezza del suo collo e torno ad
assaporare le sue
labbra, mentre lascio correre le dita a slacciarle i pantaloni.
E lei, strappandomi un sorriso intenerito per il suo essere impacciata
ed
eccitante allo stesso tempo, fa pressione sulle mie spalle
affinché possa
mettersi sopra di me e io glielo lascio fare.
Lascio che le sue labbra succhino lente il mio collo, scendendo poi sul
torace
dove lascia una serie di carezze che mi fanno, addirittura, chiudere
gli occhi,
ipnotizzato dal suo respiro fresco contro la mia pelle e torna alle mie
labbra,
e io torno a saggiare la morbidezza della sua bocca, il sapore della
sua lingua
contro la mia.
La guardo un istante, ipnotizzato, ancora, dal suo respiro irregolare,
dalla
pelle d’oca che riempie il corpo e dal suo sguardo, i suoi
occhi che, timidi e
vagamente eccitati, mi osservano, impazienti.
Elena avvolge le gambe intorno al mio bacino e io mi faccio spazio
nella sua
carne, osservandola, quando, timida, chiude con forza gli occhi e io la
bacio,
in una muta richiesta a guardarmi mentre, per la prima volta, anche io
faccio
l’amore.
Perché, che cavolo … non ho mai fatto seriamente
l’amore con una ragazza, solo
sesso, semplice sesso che mi faceva sgattaiolare come un ladro dopo
aver
aspettato che la donna in questione si addormentasse, ma ora
è diverso, ora,
voglio rimanere con lei, voglio osservarla dormire e voglio svegliarmi
domani
mattina prima di lei.
“Va tutto bene?” sussurro.
Lei annuisce, incapace di formulare una qualsiasi frase e io la bacio,
di
nuovo.
E con una lentezza ed una delicatezza di cui non mi ritenevo per niente
capace,
raggiungo l’apice, portandola con me.
Sono sdraiato su un fianco, avvolto in una coperta sulla quale sono
cuciti una
serie di orsacchiotti che mi fanno sorridere ed Elena è
accanto a me, tiene una
mano posata sulla mia guancia e l’altra nascosta sotto il
cuscino e mi guarda,
Dio solo sa quanto vorrei leggerle la mente.
“Lo sai – comincio – dovresti ritenerti
fortunata”
“Perché?” si fa più vicina,
fino a posare la testa sotto il mio collo.
“A quest’ora avresti fatto l’amore con
mio fratello, o peggio … con il tizio
degli scacchi … uh … ti è decisamente
andata bene”
Elena scoppia a ridere; una risata cristallina e coinvolgente, che fa
ridere
anche me: “Quindi dovrei ritenermi fortunata,
eh?”
“Sì – le bacio la testa –
esattamente come mi ritengo fortunato io. Lo sai –
prendo un respiro profondo – è stata la prima
volta anche per me”
“Come no … Damon, sul serio … non sono
cieca … credo che ti sia fatto tre
quarti della scuola”
“Non ho mai fatto l’amore,
però”
Lei solleva lo sguardo su di me, sorpresa; le labbra schiuse e lo
sguardo
serio.
La stringo ancora di più a me, e in risposta Elena mi da un
bacio sul collo:
“Notte” sussurra, prima di addormentarsi.
N/A
Bonsoir!
Che
capitolo, eh? Succedono miliardi di cose! Partiamo
dall’inizio: la
faccenda della scommessa. Damon è stato chiaro, no? Ed anche
Klaus. Lui ne è fuori.
Cosa ne pensate? E’
stato troppo semplice? Troppo facile? Ve l’aspettavate o
pensavate ci fossero
ulteriori complicazioni?
Bonnie
e Caroline fanno passi avanti, si fidano di Elena e tengono
semplicemente d’occhio Damon: Care non è la sua
fan numero uno, e tantomeno lo
è Bonnie… solo che, mentre quest’ultima
sembra più felice per la loro amica,
Care è sempre in una fase di costante allerta.
Ed
infine c’è spazio per Damon ed Elena, in cui sono
entrambi
adolescenti, senza maschere, liberi, che si lasciano andare. La scena
(come il
capitolo btw) è stata interamente scritta da _valins,
perchè io non ne sono in
grado ahah e credo si
siano comportati entrambi dolcemente, Damon in primis, Elena senza
accorgersene: è il primo amore
di
Damon, nonostante tutto.
Grazie
per le bellissime parole che ci scrivete, ci rendono estremamente
felici e ci commuovono ** vi sproniamo a lasciare un parere anche
adesso, perché
cosa pensate succederà nei capitoli successivi? Ecco la
domanda da un milione
di dollari!
I
link dei nostri profili! _valins
e
missimississipi
:)
Un bacio e alla prossima
settimana!
|
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Capitolo 17 *** Capitolo sedici. ***
Capitolo
sedici
Sono trascorsi ben sette
giorni. Sette giorni. Sette lunghi giorni da
quando Damon ed io abbiamo ufficializzato le cose. Sorrido
involontariamente.
Sette giorni, centosessantotto ore, diecimilaottanta minuti, da quando
io e
Damon siamo una coppia. Ed è tantissimo, suppongo.
Tantissimo per lui,
soprattutto, e tantissimo per me, coinvolta per la prima volta in una
relazione
seria. Perché Matt, al secondo anno di liceo, e Nick,
l’anno scorso, non
contano affatto. Matt non conta perché non ci amavamo:
rettifico, io non amavo
lui, e dopo la rottura siamo rimasti in ottimi rapporti
tant’è che adesso è il
mio migliore amico; Nick non conta perché …
perché era una cosa da nulla, è
durata appena cinque giorni (ossia centoventi ore) ed in quel minuscolo
arco di
tempo ho capito che non era quello giusto per me. Ed io per lui. Una
gran simmetria, eh?
Quando si dice che le persone sono fatte l’una per
l’altra, insomma.
Lascio passare le dita fra i capelli, districando qualche nodo in
questo modo
così infantile, ma non mi importa. Sorrido al mio riflesso;
sarà una bella
giornata, ma d’altronde tutte lo saranno con questo spirito
che mi colpisce,
ogni giorno, ogni mattina in cui mi sveglio pensando a rivedere lui, ai
suoi
baci, che mi fanno sentire così bene da sperare che non
finiscano più.
Alzo le sopracciglia. Dovrei smetterla, smetterla di comportarmi
così … Sembro
così eccitata, sono costantemente su di giri riguardo Damon,
come se lui fosse
la mia prima cotta.
Tzè! Elena,
mi dico, riprenditi.
Sorrido pacatamente a me stessa un’ultima volta.
“Elena!” esclama la voce di mio fratello,
accompagnata da qualche pugno dato
alla porta. “Sei in bagno da più di venti minuti!
Esci subito, dannazione!”
Sbuffo per la sua reazione totalmente esagerata: sono in bagno da poco
tempo e
lui tende ad ingigantire tutto.
Quando, però, do una rapida occhiata all’orologio
a forma di casa poggiato su
una mensola, mi rendo conto che sono effettivamente in bagno da troppo
tempo,
ed allora deglutisco precipitandomi fuori dalla stanza.
“Finalmente!” sento sussurrare a mio fratello, poi
alzo gli occhi al cielo.
Non sono in ritardo, diciamo solo… che dovrei darmi una
mossa, ecco.
Getto subito il mio pigiama celeste a scacchi sul letto, sostituendolo
con un
semplice paio di leggins e un maglioncino blu di lana.
Indosso dei normali stivaletti che mi arrivano poco sopra le caviglie e
mi
guardo allo specchio – come se non l’avessi fatto
abbastanza: niente trucco
oggi. Va bene così, e anche se non andasse bene, devo
farmelo andare bene
perché credo di non avere abbastanza tempo.
Prendo la borsa e scendo le scale, salutando una Miranda che fa ancora
colazione ed un Grayson che legge attento il suo giornale, salutandomi
con una
mano alzata senza staccare gli occhi da esso.
Chiudendo la porta alle mie spalle, noto con dispiacere che Caroline
non è,
come al solito, fuori ad aspettarmi.
Le invio velocemente un sms, al quale risponde con altrettanta
velocità:
entrerà più tardi, problemi in famiglia. Sospiro,
sperando che non sia nulla di
grave.
Sposto una ciocca ribelle dietro l’orecchio e decido di
chiamare Bonnie.
Bonnie che, prontamente, non risponde. Sbuffo. Cos’hanno
tutti oggi?
Il cielo è piuttosto nuvoloso, la temperatura esterna non
è altissima ma non fa
neanche un freddo polare.
È pieno autunno, si sta bene e non c’è,
al momento, ombra di un temporale
prossimo.
Un leggero vento inizia a soffiare quando realizzo che le chiome degli
alberi
nel giardino della scuola e gli arbusti piantati intorno
all’edificio oscillano
lievemente.
Non c’è niente da fare. L’ora di chimica
non è per nulla interessante, e non lo
sto dicendo perché il test, al contrario delle mie
previsioni alquanto drastiche,
ha inaspettatamente avuto un esito positivo.
B- è molto più che positivo, se teniamo conto dei
voti che pensavo avrei
ottenuto, ma a quanto pare la positività e la fortuna sono
dalla mia parte.
Lo dico perché è semplicemente così,
soprattutto se trascorro l’intera ora ad
osservare ciò che si trova oltre le finestre
dell’aula, poi mi chiedo perché
non riesco a prendere dei bei voti, certamente le spiegazioni non sono
fuori
dalla finestra.
Mi appunto mentalmente di ringraziare Stefan, qualora ne abbia
l’occasione e
soprattutto, se deciderà di non avercela con me per motivi a
me ignoti.
La campanella suona. Ah, liberazione.
“…ragazzi, studiate, l’ultimo anno
è fondamentale!” ignoro la voce
dell’insegnante ed esco dall’aula non appena riesco
a calibrare il mio schifoso
equilibrio.
Semplicemente perché, con tutti i libri pesanti che stringo
fra le braccia, non
sono esattamente stabile.
Mi inumidisco le labbra, scorrendo fra la folla di studenti annoiati
nei
corridoi. E rifletto. Molti di loro hanno le guance rosse, tipico di
chi si
copre con dieci strati pesanti pur di non soffrire questo apparente
freddo che
ci fa, sempre apparentemente, congelare.
Tutti parlano e discutono con qualcuno: chi a bassa voce, chi ad alta,
chi con
il proprio ragazzo e ragazza, chi con i propri amici e chi solo
… questi ultimi
in particolare, mi costringono ad aumentare il passo, pensando che non
sia
esattamente normale come cosa.
Questo vocio ininterrotto mi accompagna sino all’ armadietto.
Ma, dato che stiamo parlando di me, Elena, e del mio fastidiosissimo
equilibrio
… beh, mi schianto contro qualcuno, facendo scivolare tutti
i libri dalla mia
presa; libri che atterrano con un tonfo a terra.
“Fantastico” mormoro sarcastica, abbassandomi a
raccoglierli.
La persona in questione si volta nella mia direzione, lo noto dalle
gambe di
fronte a me, dato che sono china ed intenta ad appesantirmi nuovamente.
“Oh, Elena, sei tu.” Una voce proveniente
dall’alto, voce che riconosco fra
l’altro, mi fa intuire che è Stefan. Grandioso,
davvero grandioso.
Mi mordo l’interno guancia, ignorando di proposito lui, il
suo caratteraccio ed
il suo viso vicino al mio mentre cerca di aiutarmi, invano.
“Dai a me.” Mi invita a porgergli tutti i libri, ma
non lo faccio; anzi, li
stringo a me.
Schiocca la lingua sul palato, prima di rivolgermi nuovamente la
parola. “Senti
... scusami. Per il mio comportamento inappropriato. Non avrei dovuto
attaccarti senza un’apparente ragione.”
Per un attimo mi sembra lo Stefan di sempre che ho imparato ad
apprezzare ed a
cui volevo anche un po’ di bene.
“Già.” Esclamo. “Non avresti
dovuto”
Incassa il colpo annuendo con il capo e piegandolo appena, abbassando
poi lo
sguardo.
“Comunque grazie.” Le mie parole sembrano colpirlo:
si acciglia. “Per chimica.
Il test è andato benone.” Sembra quasi deluso,
eppure non capisco il perché, né
voglio andar a fondo in qualcosa che non mi riguarda personalmente,
almeno
credo.
“Elena …” mi chiama mentre faccio per
allontanarmi da lui. “Mi dispiace
davvero. Vorrei che fossimo amici. Non interferirò fra te e
mio fratello.”
Lo osservo. Posso fidarmi? “Ci penserò.”
Rispondo prima di andar via e
raggiungere, in definitiva, il mio armadietto, a qualche passo da
lui.
Non appena lo chiudo, sobbalzo. Damon.
“Mio fratello ti stava importunando?” scherza,
seppure il suo viso sia quasi
scocciato ed, in un certo senso, preoccupato.
“Affatto.” Rispondo, mentre lui
passa il pollice sulla mia guancia. “Anzi, si è
scusato e voleva persino
recuperare il nostro rapporto di amicizia.”
Si blocca. “Ma davvero?”
Annuisco, prima di avvicinarmi a lui e posare il mio viso
nell’incavo del suo
collo. È rilassante ed il suo profumo mi inebria. Lo sento
sorridere sulla mia
fronte.
È così bello che a volte mi ritrovo a domandarmi
se sia effettivamente mio.
E sì, rispondo. Lui vuole me, solo me, ed è
stupendo.
Mio.
Posa l’indice sotto il mio mento e subito cattura le mie
labbra in un bacio
dolce che ricambio.
Le assaporo: emanano un sapore misto fra menta e tabacco –
sintomo che ha
fumato, seppure gli abbia apertamente detto di non farlo – e
non posso fare a
meno di adorarlo. Poggio una mano sul suo collo, mentre mi attira a
sé,
facendomi scontrare con il suo corpo, il mio aderisce al suo e, se solo
non
fossi completamente in balia di lui, gli direi che dovremmo fermarci
perché
siamo a scuola, in un luogo pubblico e non possiamo esattamente amarci
in
queste mura.
Poggia le sue mani grandi e sicure alla base della mia schiena, il viso
coperto
da un sottile strato di barba mi solletica e … vorrei
rimanere così per sempre.
Solo lui ed io, ed un letto … magari; mi dico, sorridendo
contro le sue labbra.
Cingo con entrambe le braccia il suo collo, mentre mi stringe in una
stretta
più intima e ci facciamo trasportare dal bacio decisamente
più passionale,
mentre le nostre lingue si accarezzano, impazienti e bramose di
proseguire, se
solo ne avessero l’occasione.
So che dovremmo staccarci … ma non ci riesco.
“Ehm…” una finte tosse ci distrae, per
un secondo mi manca il respiro.
Ma è Bonnie, imbarazzata, ed allora le sorrido flebilmente.
Damon mi lascia un
bacio innocuo sulle labbra, prima di sussurrarmi
all’orecchio: “Ci vediamo
dopo”, facendomi rabbrividire.
Saluta la mia amica con un cenno della mano, e lo guardo andar via non
prestando ascolto alla bruna e mordendomi il labbro inferiore,
inclinando la
testa di lato ed osservandolo mentre si allontana.
Quando il corpo di Damon sparisce dalla mia visuale, mi giro nella sua
direzione e la scorgo divertita ad osservarmi.
“Che c’è?” domando allora,
sorridendo.
Scoppia a ridere. “Non so, forse il fatto che tu sia tutta
rossa, spettinata,
abbia le labbra gonfie e sei completamente cotta di lui e
viceversa?”
Alzo gli occhi al cielo, imbarazzata.
“Non è vero.” Sorrido, ma lei mi lascia
un’occhiata languida ed allora
annuisco, dandole ragione. “Ok, è vero.”
Cerco di aggiustarmi i capelli alla
meno peggio, mentre la incito a parlare.
“Pare che il padre di Caroline si risposi
quest’estate.” Esclama facendomi
sgranare gli occhi.
“Cosa?”
“Già...” risponde. “Ma con un
uomo. Cioè…” mi si blocca il respiro.
“Non che sia
contro i matrimoni gay o altro… ma siamo tutti increduli,
shoccati. Care non è
neanche venuta a scuola.”
Aggrotto le sopracciglia. “Mi ha detto che sarebbe entrata
più tardi…”
“Be’, non l’ha fatto.” Sospiro.
Ha bisogno di noi.
“Dopo la scuola a casa sua, allora.” Esclamo prima
di iniziare a raggiungere
l’aula di storia, dato il suono della campanella.
Bonnie annuisce pensierosa, accompagnandomi.
Entrando in classe, poggio il libro sul banco, ma cade un foglietto che
subito
prendo.
Vediamoci domani in
mensa, all’ora di pranzo.
Sorrido, girando il foglietto ma senza scorgere nessun nome,
nessun’iniziale
appuntata.
Scuoto la testa, Damon è proprio imprevedibile.
Il professor Saltzman entra tutto trafelato dopo qualche minuto,
iniziando a
discutere su qualcosa riguardo una certa guerra civile. Sospiro,
prendendo
appunti su un quaderno.
Damon
All’uscita, la raggiungo quando è di spalle
cogliendola totalmente di sorpresa,
cingendole il busto con le mie braccia e percependo il suo battito
accelerare
fino a quando non realizza che sono io.
Sorrido.
È bellissima; come fa ad essere così
bella?
“Mi hai spaventata.” Sibila sbattendo le lunghe
ciglia, ed io mi perdo
osservandola, assorto, quasi incredulo di come una come lei possa stare
con uno
come me.
Dopo un po’ mi riprendo e: “Scusa.”
affermo prima di baciarla. Non posso farne
a meno, davvero.
È … quasi sovrumano lo sforzo che faccio ogni
volta che la guardo: se fosse per
me, faremmo l’amore continuamente, la bacerei sempre e
starebbe sempre con il
sottoscritto, sempre.
E non è normale, realizzo. Perché io non sono il
tipo da queste cose.
“Scusato.” Mormora sorridendo sulle mie labbra,
mordendomi il labbro inferiore
e facendomi impazzire.
Afferro le sue gambe e lascio che le stringa attorno al mio bacino,
soffoco con
altri piccoli baci un urletto di sorpresa mentre si stringe
ulteriormente a me,
inondandomi con il profumo dei suo capelli che mi accarezzano il viso,
mentre
le sue mani si intrecciano ai miei capelli, tirandoli leggermente per
riuscire
a rimanere in equilibrio.
“Sei tutto pazzo.” Sussurra ridendo, ed io,
beandomi della sua risata penso che
vorrei dirle un sacco di cose, del tipo ‘pazzo di
te’, ma evito perché sono
troppo sdolcinate e perché vorrei solo osservarla, sempre,
continuamente.
Di slancio, la bacio, chiudendo gli occhi e godendomi questi istanti,
in cui i
nostri respiri si fondono insieme ai nostri profumi.
“Mhm…” mormora sulle mie labbra.
“Devo andare da Caroline.”
Sospiro. “Resta con me, vieni a casa.” Sporgo il
labbro inferiore e ride,
inclinando il capo.
“Non posso.” Afferma, poggiando con cautela i piedi
per terra. “Vorrei ma lei
ha bisogno di me e Bonnie.”
Sbuffo. “Vi accompagno?” Sorride alzando
particolarmente un angolo della bocca.
“Non è necessario.”
“A dopo.” E la bacio ancora. E ancora, e ancora.
Scoppia a ridere.
Lascia un ultimo e casto bacio sulle mie labbra.
“A dopo.”
E va via.
Buon
pomeriggio!
Finalmente
i due
vivono un po’ di pace! Che ne dite, è quello che
ci voleva?
Damon
ed Elena
vivono la loro storia (sette giorni, un record o no?) eppure sono
circondati da
piccoli problemi, quali il comportamento di Stefan – che non
ha detto nulla
circa la scommessa – e Caroline, a causa di Bill, il padre
che sembra essere in
procinto di sposarsi.
Cosa
succederà
nel prossimo capitolo? Ecco la domanda da un milione di dollari ed una
scorta
annuale di cookies. (probabilmente nulla, ma un po’ di sana
suspense non fa
male a nessuno, no? Ma poi chi dice che io stia mentendo? Eheh)
Grazie
per le
bellissime parole!
Profili
efp: _valins
e
missimississipi
((p.s.
alzi la mano chi ha visto il promo del 6x01 ed è rimasto
emotivamente tranquillo))
Alla prossima settimana,
missi che
ritorna alle sue versioni di greco (sooob)
|
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Capitolo 18 *** Capitolo diciassette. ***
Capitolo
diciassette
Damon
“Che fai lì impalato?” domando a mio
fratello, attualmente con le braccia
conserte esattamente di fronte alla televisione sulla quale stavo
guardando un
film.
“So della scommessa”
Il mio corpo si irrigidisce per qualche secondo, flettendosi il momento
dopo in
cui realizza che Stefan era già a conoscenza della
scommessa: “E allora? Me lo
hai già detto” mi sporgo oltre la sua figura per
osservare la televisione.
“E allora sei uno stronzo”
Alzo gli occhi al cielo: “Prima che il tuo istinto da mamma
lupo possa avere il
sopravvento su tutto il resto, ne ho già parlato con Klaus,
ho risolto tutto,
quindi ti prego, smettila di rompere”
“Che cosa hai sistemato?”
Sbuffo sonoramente: “Ma hai qualche problema di comprensione?
Ho detto che ho
sistemato la questione della scommessa con Klaus!”
sbotto.
“Quella che riguardava uscire con Elena per la casa al
mare?”
Uno strato di nervosismo appostato sul mio stomaco, esplode:
“Qual è il tuo
problema!? Si, maledizione, quella! Ora mi lasci in pace? Devo
telefonare alla
mia ragazza, quella che tu non hai, perché sei troppo
impegnato a fare il
noioso per averne una!”
Lui borbotta qualcosa, che non riesco a sentire, ma decido di ignorarlo.
“Che fai?” domando, non appena la sua voce risuona
allegra dall’altro capo del
telefono.
“In realtà, sono appena stata da Caroline
… adesso Bonnie ed io ordiniamo la
pizza e guardiamo un film a letto …”
“Uh – sorrido involontariamente
all’ultimo ricordo che ho di quel letto – mi
piace il tuo letto … è decisamente comodo
per-” mi interrompe.
“Non dire niente!” esclama, scoppiando a ridere.
“Vorrà dire che te lo ricorderò nei
prossimi giorni, quanto sia comodo …
piuttosto – mi faccio serio – come mai non ci si
vede più per teatro?”
“Caroline è in una fase di rehab, al momento
– la sua bocca è piena di patatine
e mi fa sorridere, ancora, per la sua semplicità,
perché non vuole apparire
bella ai miei occhi, perché in sostanza non ne ha bisogno
– ma tanto eravamo a
buon punto, quindi …” una voce che credo si tratti
di quella di Bonnie,
richiama l’attenzione di Elena che improvvisa un
‘arrivo’.
“Devo andare” ammette, con un pizzico di dispiacere.
“Ci vediamo domani”
“Mh … a domani” sorride.
“Ehi Elena” la richiamo.
“Si?”
Tutto ciò che per una frazione di secondo avrei voluto dire,
mi muore in gola,
facendomi scuotere violentemente la testa e maledicendomi per aver
pensato ad
una cosa del genere: “No, niente … notte”
“Notte”
Le serate sono diventate praticamente noiose, estremamente noiose; da
quando
sono ‘ufficialmente’ insieme ad Elena, passo le
serate davanti alla tv o a
baciarla in camera sua, sparendo dalla finestra quando i suoi genitori
la
chiamano per la cena.
Non diciamo niente, non parliamo, ma a me va bene così, mi
basta guardarla e mi
sento così idiota, un totale incapace di fronte a lei, ogni
volta che mi bacia
rimango immobile, stupido.
E quando vado a letto, non vedo l’ora di alzarmi, solo per
poter passare
qualche ora insieme a me, rubarle qualche bacio mentre è di
fretta o portarle i
libri pesanti in corridoio.
Come volevasi dimostrare, seppure Mystic Falls abbia una media di due
abitanti,
il nostro liceo sembra ghermito dell’intera popolazione del
Montana; sono
passate quattro ore e io non ho ancora trovato Elena, contando di
pranzare con
lei, se solo sapessi dove si è cacciata.
Chiudo l’armadietto, un po’ svogliato, e sobbalzo
quando Rebekah compare alle
mie spalle: “Si?”
“Damon … allora, come va con
Elena?”
Alzo gli occhi al cielo, perché cavolo sono tutti
così dannatamente gelosi di
me ed Elena.
“Alla grande” mi limito a rispondere.
“Ne sei sicuro?”
Sospiro: “Si”
“Secondo me – prosegue, non appena mi allontano
– dovresti fare un salto in
mensa”
Un velo di ansia mi ricopre lo stomaco quando queste parole vengono
registrate
dalla mia testa.
L’unica cosa che vedo e che, onestamente, mi spezza il cuore,
è Elena che esce
piangendo dall’aula.
“Elena – le afferro il braccio – che
diavolo è successo?” domando, preoccupato,
se non terrorizzato dall’idea che sia accaduto ciò
che pensavo.
Rimango basito quando, la sua mano libera, molla un sonoro schiaffo
sulla mia
guancia: “Non toccarmi – afferma, con voce tremante
– sei un bastardo! Come hai
… come hai potuto …” un altro
singhiozzo, un altro pezzo di me che va alla
deriva.
“No Elena, non capisci …”
“No – alza lo sguardo su di me: gli occhi
terribilmente rossi e le lacrime che
non accennano a smettere di scendere lungo le guance, le labbra
– tu non
capisci, ascoltami bene, Salvatore … non devi più
parlarmi, scrivermi, esci
dalla mia vita, chiaro?” lascia con forza la mia stretta e si
allontana,
stringendosi la borsa sulla spalla e sono più che sicura che
stia ancora piangendo,
e io ho, per la prima volta, il cuore spezzato.
La campanella segnala la fine della pausa pranzo, e io lascio che la
gente mi
passi accanto, fino a quando, l’immagine di mio fratello,
seguito da Klaus,
esce dalla stanza, quest’ultimo, con un ghigno ad incurvargli
labbra ed io, non
ci vedo più.
Mi avvicino rapido a lui e lo sollevo per il colletto della camicia,
sbattendolo contro l’armadietto: “Che diavolo hai
fatto!? Che problemi hai?!”
Lui si fa serio: “Ho detto che la scommessa era chiusa per
te, non per Elena”
ed il mio destro non tarda ad arrivare. Incurante di Klaus, mi avvio
all’uscita, imbattendomi in mio fratello: “Spero
sarai contento adesso …”
riesco solo a dire, ora che la rabbia mi ha abbandonato lasciando posto
ad un
buco nello stomaco, che penso non sparirà presto.
Lui non risponde, non accenna nemmeno un movimento ed io lo supero,
scontrandomi con la sua spalla e avviandomi
all’uscita.
Elena
Non voglio andare a casa.
Penso rapidamente all’unica persona che, adesso, saprebbe
esattamente cosa
dire, quell’unica e sola persona che è sempre
stata più forte di me.
“Avevi ragione tu” sussurro, quando Caroline mi
apre la porta. Un paio di
ciabatte a forma di coniglio e i capelli legati in una coda disordinata.
“Elena che … che è
successo?”
Mi distraggo dal
vassoio di plastica rosso pieno di tacos—si da il caso che
oggi sia
la giornata dedicata ai cibi alternativi, ossia quelli di
nazionalità non
americana che possiamo gustarci poche volte durante
l’anno… e sì, cosa stupida,
davvero, oggi mi sono sentita felice anche per
questo ma l’increspatura delle mie labbra si disfa quando una
voce
irritante cattura l’attenzione di tutta la scuola riunita in
sala pranzo. Quella
di Klaus, adesso in piedi rispetto alla sua cerchia di amici e
familiari che è
del tutto seduta ed ha anche accolto un nuovo membro… cosa
ci fa Stefan lì
seduto?
“Vorrei farvi sentire una cosa
ragazzi,
qualcosa che, sicuramente, non farà piacere ad una persona
in particolare”
afferma Klaus; alla sua destra, Stefan e Kol che si guardano fra di
loro,
complici.
Credo di aver perso un
battito. Ho le
labbra socchiuse, la mano ferma a mezz’aria e decine di
sguardi poggiati sulla
mia figura esile e quasi del tutto ricoperta dalla cascata di capelli
lunghi,
ottimi, come in questo caso, per fungere da muro innalzato contro il
mondo
intero.
Una registrazione che non ho idea da dove provenga è
caratterizzata dalla voce
di Damon che, parlando con suo fratello, dice di aver fatto una
scommessa … non
una scommessa qualunque, una scommessa su di me, sul portarmi a letto.
Una voragine si apre nel mio stomaco, seguita dal senso di imbarazzo e
di
smarrimento nel trovare gli sguardi di tutta la mensa, adesso, piantati
su di
me, specialmente quello di Rebekah che, con un ghigno, mi fissa
soddisfatta.
Maledico mentalmente le mie amiche per non essere qui, ma subito dopo
maledico
me stessa, per aver pensato, anche solo per un istante, che a Damon
Salvatore
potesse seriamente interessare qualcosa di me, Elena Gilbert, la
ragazza
slavata e secchiona, che lavora nel progetto teatrale e che si
è presa una
bella cotta per la persona sbagliata.
“Oh mio Dio – Caroline si porta una mano davanti
alla bocca – sono un’idiota!
Non dovevo stare a casa! Fanculo, non sarebbe successo … non
… non lo avrei
permesso e quella Mikaelson, ah, lo vedrà! Grease
sarà solo un lontano ricordo,
giuro … razza di stronza arrampicatrice sociale, ce ne
occuperemo Elena, te lo
prometto, nessuno ti farà niente, non permetterò
a nessuno di avvicinarsi alla
mia migliore amica!” esclama, risoluta.
“Grazie” sussurro.
“Vuoi piangere?” domanda, comprensiva.
Non faccio nemmeno in tempo ad annuire, che le lacrime hanno
già ricominciato,
inesorabili, a scendere.
Caroline mi stringe forte, e io mi stringo spasmodicamente alla mia
amica,
respirando il profumo dei suoi vestiti che sa di casa, sa della mia
migliore
amica Caroline, che mi ha preso per mano il primo giorno di asilo e che
mi ha
promesso che niente mi farà più del male, che
andrà tutto bene.
I singhiozzi si fanno più rumorosi, e io annaspo alla
ricerca di aria, che non
sono del tutto sicura abbia voglia di respirare.
Ma io sono forte, devo esserlo.
Mi sono sempre detta che non avrei mai permesso a nessuno di togliermi
il
sorriso, e seppure questo sia, ultimamente, legato
all’immagine di Damon, mi
sforzerò di essere forte.
Farò vedere a tutti che sto bene, non importa se
piangerò ogni notte, se vorrò
tornare indietro nel tempo ogni santo giorno, se ogni singolo angolo
del liceo
mi ricorderà lui. Voglio solo fingere che vada tutto bene,
perché forse è
l’unica cosa che sono in grado di fare.
Bonsoir!
Immagino di
non avere scuse: innanzitutto, voglio dire che chi parla è
missi ossia fede, e mi spiace aggiornare senza valins, ma purtroppo lei
è impegnata con gli esami e comunque non ci sentiamo da un
po'... in più, quando ci siamo sentite tempo addietro
avevamo condiviso un certo disinteressamento verso la serie tv, che io
ho soffocato continuando a scrivere un paio di cose (e altre sono in
cantiere tipo una Klayley!AU) ma che comunque è stata una
delle motivazioni maggiori per cui non abbiamo aggiornato!
spero
che vi ricordiate di noi e della storia, che ha visto davvero una fine
alla fine... spero vi piaccia questo breve capitolo bomba e se
sì sono curiosa di sapere i vostri pareri!
cercherò con un po' di lentezza di rispondere alle vostre
recensioni che ci hanno scaldato il corazon ma nel frattempo ripeto di
perdonare il grande periodo in cui abbiamo abbandonato efp e TBITG!
rivedere questa vecchia storia mi fa tenerezza, e sono felicissima che
stia per arrivare la fine, perchè gli ultimi capitoli sono
quelli che mi hanno emozionata maggiormente **
ne mancano molti, comunque, quindi non disperate!!
non vi prometto un aggiornamento veloce, perchè devo
recuperare gli altri capitoli come ho già detto (ops) ma mi
auguro di ricevere un feedback!
vostre fede e valins (anche se momentaneamente assente)
un bacio
|
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Capitolo 19 *** Capitoli rimanenti + epilogo ***
(missimissisipi/fede)
tutti i capitoli rimasti più l'epilogo qui per
voi: scusate il ritardo ma è da un bel po' che io e valins
non ci sentiamo, ci siamo interessate ad altri fandom, abbiamo
abbandonato la scrittura ed efp, la scuola ha occupato il nostro tempo
assieme ad altri impegni e TVD, in poche parole, non ci interessa
più. per quel che mi riguarda, è stata una bella
serie tv, fino alla terza stagione. dopo il 3x22 è andata
peggiorando e il cast si è mostrato per quel che
è, ossia un gruppo di spocchiosi incompetenti maschilisti
superficiali e bastards :) ho letto abbastanza su di loro per capire
che c'è merda dappertutto - pardon il francesismo - e anche
il cast di the originals è composto da """"attori""""
incapaci con il solo desiderio di arricchirsi. so... elena
rimarrà un grande personaggio, per me, ma ian/damon
così come i delena così come tutto il resto
è da buttare. sono affezionata a questa storia anche se,
rileggendola per poterla postare ancora una volta, sono più
che altro affezionata al lungo lavoro dietro di essa, alla voglia di
scrivere di valins che mi ha contagiata e mi ha fatto scrivere
l'epilogo e gli ultimi capitoli con voglia e felicità, di
getto. la storia è un po' cliché, un po' banale,
forse ma sono affezionata al ricordo dell''amicizia che ha legato me e
valins, sono fiera di aver scritto, di essere stata felice e di aver
portato a termine un altro lavoro, nonché la mia prima
storia a quattro mani. non so se sia un addio o un arrivederci, in ogni
caso mi trovate su ask, twitter e tumblr!
“Non
può andare avanti così! – la
voce di Caroline prorompe su quella della mora – Sai meglio
di me che è in
queste patetiche condizioni da giorni!” esclama senza un
po’ di ritegno, senza
riflettere riguardo la mia presenza fisica ad un solo muro di distanza
da lei e
Bonnie.
Quest’ultima
sbuffa, mentre io
tiro su con il naso, senza pensare. Ecco, questo è
ciò che cerco di fare da
giorni. Non pensare, non riflettere. Ho preso una pausa da tutto, dalle
Cheerleader, da Teatro, dagli impegni, dalle uscite: in più,
ho messo in pausa
anche il cervello, o meglio, la parte razionale di me, quella che mi
ripropone
continuamente le parole di Damon, la scena nella sala pranzo, Klaus,
Rebekah,
Stefan… tutto ruota attorno a me, quasi avessi un terribile
mal di testa e non
fossi cosciente abbastanza da capire cosa stia effettivamente
accadendo. E
probabilmente sono cosciente abbastanza da capire che non voglio
pensare,
perché se solo abbassassi le difese, anche solo per un
inutile e patetico
secondo, ecco che la mente si riempirebbe di parole terribili, e lo
stesso vale
per le orecchie, ed il cuore, il cuore soprattutto.
Stringo
le gambe al petto,
circondandole con le braccia. Sono nel mio letto, coperta ed in
pigiama, gli
occhi sicuramente rossi, così come il naso e le guance,
bagnate dalle lacrime
che scorrono ad intermittenza: quando son troppo stanca per impormi di
non
pensare, ecco che quelle scendono senza ritegno; quando poi, trovo
questa forza
celata in chissà quale angolo remoto e ben nascosto di me,
non piango. O
almeno, cerco di non farlo.
Sospiro,
osservando il fantastico
punto indefinito di fronte a me, il silenzio adesso accompagna il mio
respiro
pesante e mi viene quasi difficile respirare.
“Se
solo… - inizia Bonnie,
fermandosi per una breve pausa quasi stesse cercando le parole adatte
– Se solo
riuscissimo a parlarle, a farla ragionare.”
L’immagine di una Caroline
biondissima e che scuote la testa, per niente convinta, si fa spazio
nella mia
mente.
“Bonnie,
in quel modo si
affrontano le rotture. – afferma con un tono quasi lamentoso-
La sua situazione
è ben peggiore: rottura con precedenti! E’ stata
coinvolta in una scommessa e
sono stati coinvolti, soprattutto, i suoi sentimenti. Non mi stupirei
se Elena
si stesse persino innamorando di quel grandissimo bastar-“
“Okay,
okay.” La blocca Bon.
“Cosa
proponi allora?”
Caroline
sospira. “Non lo so, non
lo so! E questo mi preoccupa! Per la prima volta non ho un piano in
mente”
“Io
sottolineerei più il fatto
che siamo senza nessun piano per aiutare la nostra amica barra automa
rinchiusa
nella sua stanza zitta senza esternare un solo sentimento.”
La rimbecca la mora
sarcastica.
Ed ecco
che sono giunte ad una
terribile conclusione. Non c’è via
d’uscita.
Sono
bloccata in questo strano
limbo, non ho commesso nessun peccato ma è come se fossi
tormentata dalle pene
dell’inferno in persona, se così si può
dire.
Poggio il
mio corpo alla testiera
del letto, rimboccandomi la coperta e sospirando. Di nuovo.
Penso che
fra un po’ inizierò a
contare quante volte abbia sospirato, sarebbe comunque un ottimo modo
per tener
occupata la mente e non pensare.
Non
pensare, non pensare.
E’
come un mantra che si ripete
senza sosta nella mia mente. E non è buffo? Cerco di tener
la mente libera,
vuota, ma se da una parte ci sono tutti i ricordi e le brutte emozioni
che
spingono per dominare questo spazio, dall’altra ci sono tutti
i miei metodi per
non pensare. C’è…
c’è il mantra, il sospirare, il pensare al non
pensare… c’è
di tutto.
E sto
mentendo schifosamente a me
stessa: non riesco a non riflettere riguardo quel che è
successo.
E
dovrò affrontarlo prima o poi:
eppure sono così masochista che ritardo continuamente il
poi, seppure sono
convinta che, se lo facessi, se affrontassi tutto quanto, starei meglio.
Ma non lo
so, mi sento smarrita
ed insicura, un sentimento che non riesco a definire –sarebbe
più un miscuglio
di sentimenti- mi logora sin nel profondo ed ho la gola secca, un
groppo che
non riesco a mandar giù, tanti altri sospiri con cui
riempire le prossime ore e
mi sento, paradossalmente, vuota.
So di
aver detto che sarei andata
avanti con la testa alta… ma sono crollata. In un certo
senso, quando sono
fuori casa, ovvero a scuola, fingo di stare alla grande nei limiti del
possibile. Ma una volta al riparo dalle occhiate indiscrete e dai
bisbigli di
chi mi sta attorno a lezione e nei corridoi, mi svuoto di tutto, di
tutti i
finti sorrisi, di tutta la finta forza. Di tutto. Rimanendo apatica.
“Starò
bene.” Soffio cercando,
seppure in malo modo, di convincere il mio animo che non vuole sentir
ragioni.
Catturo, però, l’attenzione delle mie due amiche,
i quali volti fanno capolino
nella stanza, con le sopracciglia aggrottate, quasi come se si fossero
rese
conto adesso della mia presenza.
“Hai
detto qualcosa?”
Inclino
appena un angolo delle
labbra. “Forse.”
Bonnie
sospira, lasciando
penzolare le braccia e subito dopo incrociandole, inumidendosi il
labbro
inferiore ed osservandomi comprensiva. Si avvicina al letto di qualche
passo,
incerta: non notando nessun segno da parte mia, si fa vicina,
più vicina, fino
a sedersi e facendo sprofondare una parte del materasso.
“Stai?”
domanda facendomi
accennare una risata. Ci è riuscita anche stavolta: ci
ponevamo questa domanda
quando eravamo piccole, quando stavamo “male” e
chiedere ‘Come stai?’ era
inutile e fastidioso, e la solita risposta era
‘sto’.
“Sto.”
Ecco che lo dico facendola
sorridere, facendo scuotere la testa di Caroline che imita la bruna e
si siede
accanto a me. Sorridiamo per quella che mi sembra
un’infinità di tempo: Bonnie
pensa al passato? Caroline al presente? Pensano a me?
Scoppio a
piangere, trasformando
la risata in lacrime, trasformando i loro sorrisi in abbracci.
E’ questo ciò
che mi rimane? Una splendida amicizia?
Le
lacrime si raddoppiano, i
singhiozzi mi bloccano il respiro già turbato di suo e mi
rannicchio,
nascondendo la testa fra le gambe, le loro braccia mi cingono in una
strana
stretta che mi basta, che mi infonde calore ma che non è
sufficiente a farmi
stare bene.
Non
starò bene.
Gli occhi
mi bruciano, mi
pizzicano, non riesco a smettere di singhiozzare e lacrimare, vorrei
solo
sapere una cosa.
“Perché?”
esalo prima di
incrociare i loro sguardi tristi e compassionevoli, paurosi e
affettuosi.
Bonnie
passa la sua mano sulla
mia schiena, spostandola dal basso verso l’alto,
accarezzandomi e facendomi
venire la pelle d’oca.
“E’
la vita, Elena.” Afferma
Caroline con un tono di voce basso. “Nasci, cresci, ti
affezioni a qualcuno,
gli altri ti deludono, piangi, sbagli, forse impari, forse starai
bene.”
Sospira.
“E’
la vita e lui è
inequivocabilmente uno schifoso bastardo, provasse anche solo a
guardarti ed io
lo farò a pezzi, lo giuro tant’è vero
che mi chiamo Caroline Forbes.”
Sorrido
teneramente a Caroline, è
una delle migliori al mondo, una migliore amica, una migliore persona,
un
migliore umano.
E’
la vita e devo andare avanti.
Siamo a
pranzo, a scuola. Prendo
a morsi la mia mela rossa, il mio vassoio è vuoto se non
fosse per la
bottiglietta d’acqua perlopiù inutile dato che non
ho sete. Caroline sbuffa.
“Il
cibo di questa scuola è così
grasso che dovrei consultare un dietologo per le cheerleader. Insomma
– si fa
più seria- sembrano tutti più grassi. Hai visto
Jane Illinois, del secondo
anno? Le sue cosce sono sicuramente più grandi di tre
centimetri!”
Bonnie
alza gli occhi al cielo.
“E vogliamo parlare di Becca Thomas, terzo anno? O delle
matricole, Jamie
Scott, Alison Smith e Kathleen Forbes? Forbes, capito? Non
può avere il mio
stesso cognome e non rispettarlo! Stiamo pur sempre parlando di una
quarantaquattro, ad occhio e croce!”
Io
ridacchio, scuotendo la testa.
“Non cambierai mai! Non puoi semplicemente –Bonnie
sembra rifletterci su- …non
giudicare una persona dal suo peso?”
“Senti,
BonBon, io faccio parte
del comitato studentesco da più di tre anni, sono a favore
delle campagne
contro l’omofobia e bulimia, so benissimo che sono argomenti
delicati. Ma sono
anche capo cheerleader, voglio il meglio dalle mie ragazze, anche se il
meglio,
in questo caso, si tratta di una quaranta!”
L’argomento
in questione cade
quando in mensa entrano Niklaus e Stefan Salvatore, apparentemente
amici per la
pelle da quando… be’ da allora. Lui non
c’è. E non so se provare sollievo o
semplicemente disprezzo. Continuo disprezzo.
Mentre
riporto il mio sguardo
sulla mela, mi rendo conto che entrambe le mie amiche mi stanno
osservando con…
attenzione. Come se fossi fatta di cristallo e stessi per frantumarmi
in mille
pezzi.
“Che
c’è?” domando allora.
“Non
avete mai visto qualcuno
mangiare una mela?” faccio la finta tonta, eppure loro lo
sanno. Ed anche io, è
come se fossi nella fase di diniego… sospiro.
Sto
benissimo.
La
biblioteca non mi è mai
apparsa così vuota e solitaria, perfino quando sospiro mi
sembra di provocare
un fastidiosissimo rumore, anche se non c’è nessun
signor James –di turno a
quest’ora- a rimproverarmi con un’eloquente
occhiataccia.
Il tavolo
sotto la finestra è
mio, o meglio, non c’è scritto in caratteri
cubitali Elena Gilbert, è solo… che
lo occupo sempre io. Piuttosto patetica, vero?
Apro il
libro di storia
mettendomi l’anima in pace. Devo studiare e prendere almeno
una B nel prossimo
test del professor Saltzman. Lego i capelli in una coda bassa e impugno
l’evidenziatore celeste regalatomi da Caroline per imparare
ad essere più
ordinata.
Sottolineo
poi le date con la
matita, mentre cerco di memorizzare ed appuntare un piccolo schema di
sintesi
sul margine sinistro del libro.
Un finto
tossire mi risveglia.
Da-Damon.
Deglutisco. Cosa ci fa
qui?
Fingo di
non averlo visto con lo
zaino in spalle ed un’espressione ambigua. Rivolgo tutta la
mia attenzione al
libro.
“Elena.”
Mi richiama la sua voce
così sonora e suadente, mentre pronuncia il mio nome.
Le sue
mane bianche e nodose si
poggiano sul tavolo. Quasi sobbalzo.
Lo ignoro.
“Elena…
ti prego, lascia che ti
spieghi tutto.”
Inclino
le labbra in un sorriso
amaro e deluso. “Cosa non capisci di ‘Esci dalla
mia vita’?” quasi ringhio.
Sospira ma non si da pace, apre la bocca quando alzo gli occhi ed
incrocio i
suoi meravigliati. Posso dire quanto mi siano mancati? No, non posso.
Non mi
sono mancati.
“Elena,
hai frainteso, io ho
chiuso con la scommessa molto prima di i…”
“Di
cosa?” lo blocco. “Sai che
non ci credo affatto? Perché non sei credibile.”
Mi alzo dalla sedia e punto
contro l’indice. “Perché tu rovini
tutto, Damon. Rovini chiunque, butti tutto
all’aria e stermini ogni forma di felicità. Io
stavo bene, diamine, stavo bene
senza di te.”
“Elena,
ti scongiuro, ascoltami.”
Quasi mi prega. La vista si appanna. Mi mordo le labbra, cercando di
trattenere
le lacrime.
“Ho
detto di uscire dalla mia
vita.” Esalo, prima di chiudere il libro ed andar via. Con la
coda dell’occhio,
noto che lancia lo zaino all’aria, infuriato.
E forse
va bene così.
Damon.
Ho
diciannove anni. Sì, c’è
bisogno di specificarlo, a quanto pare. Generalmente, si scherza sul
fatto che,
a questa età, non si sappia cosa sia l’amore, non
si sappia cosa significa
vivere, amare o essere amati.
Io stesso
pensavo che, a
diciannove anni, di amare, o essere amato, o sapere, almeno, cosa
questo
significasse o implicasse, fosse principalmente inutile.
Ovviamente
– e sottolineo,
ovviamente – ho dovuto ricredermi.
Non solo
perché tutto ciò che
pensavo fosse importante adesso sembra totalmente futile e viceversa,
non solo
perché stare con lei mi faceva sentire, in uno strano e
bizzarro modo, come se
non avessi bisogno di nient’altro, ma anche
perché, in uno strano e bizzarro
modo io ero, inaspettatamente, consapevole.
Sì,
si dice che la consapevolezza
si acquisti alla maggiore età e io l’ho passata da
un pezzo – un anno e nove
mesi per essere precisi – ma io ne sono entrato in possesso
adesso, quando ho
capito cosa significa, essere consapevoli di amare, e soprattutto, che
quello
che amavi ti è stato portato via da … niente poco
di meno che... tuo fratello.
Mio
fratello. Stefan.
Il mio
sangue, mi ha portato via
l’unica cosa per la quale valeva la pena vivere questa
dannata ed insensata
vita.
Perché
sto pensando questo?
Semplice: a quanto pare, l’impresa ‘Stefan sono un
tenero cucciolo smarrito che
ha tanto amore da dare a tutto e a tutti per sempre’ mi ha
appena soffiato il
posto, non solo come ‘aiutante’ al corso di teatro
ma anche con quella che,
fino ad una settimana fa, era la mia ragazza.
Adesso,
lui la sta aiutando a
sollevare una serie di banchi per allestire la scenografia delle ultime
prove
per questo spettacolo. Lei ride, forse timida, forse leggermente
abbagliata
dagli occhioni da cane bastonato di mio fratello che ‘ne ha
passate tante’
sempre all’ombra del bastardo ed insensibile fratello
maggiore.
Ah, se
Elena conoscesse Stefan
come lo conosco io: scapperebbe.
È
ovvio che non sa che è stato
proprio mr. ‘sono sempre dolce’ a spifferare tutto
a Klaus ed ad umiliarla
pubblicamente davanti a tutta – e dico tutta – la
scuola.
Persino
barbie folle sembra fare
parte del ‘team Stefan’, gli sorride come se fosse
l’ultimo uomo sulla terra.
Dal canto
mio, sto semplicemente
facendo l’ochetta che odia tutto ciò che gli sta
intorno perché ne è,
irrimediabilmente, geloso.
Sì,
sono geloso di come Stefan
stia sorridendo ad Elena mentre lei gli racconta di qualche A+ in
letteratura
inglese e di come Caroline e Bonnie preferiscano palesemente la sua
compagnia
alla mia. Ma è ovvio: io sono il fratello cattivo. Sono
quello che ha fatto una
scommessa e che è andato a letto con una ragazza –
doppia cazzata perché era
anche la sua prima volta – solo per una casa al lago, che,
ovviamente, non
visiterò quest’estate. No, quest’estate
passerò a deprimermi davanti alla tv,
senza nessuna idea sul futuro e guarderò mio fratello
spupazzarsi la mia Elena,
per tre lunghi mesi, a meno che non decida di andare a fare una
vacanza, magari
in Inghilterra o Irlanda. Giusto per stare lontano, molto lontano,
anche se, un
oceano di distanza non sarà mai abbastanza.
“Geloso
eh?”
Mi volto
ed alzo gli occhi al
cielo. Rebekah è accanto a me; vestita di scena, con addosso
un completo in
pelle decisamente orribile e ticchetta con una calma estenuante, la
punta dello
stivale nero, sul legno del pavimento.
“Intendi
di mio fratello che ci
prova con la mia ragazza? Affatto”
“Errore
– mi punta il dito
generosamente rosso di smalto – non è la tua
ragazza, non lo sarà mai più,
probabilmente”
“Hai
sottovalutato le mie doti,
Mikaelson … o devo ricordarti che cosa non-ho fatto, per
portarti a letto” le
sussurro, avvicinandomi al suo orecchio.
Lei cerca
di trattenersi, cerca
di non sospirare e mi guarda truce, lasciando trasparire fin troppa
lussuria,
da quegli occhi azzurri ricoperti di eyeliner che fino
all’anno scorso trovavo
decisamente attraenti.
Mi guarda
e sospira: “Potremmo …
vederci, stasera”
Soffio un
respiro vicino al suo
lobo, facendola rabbrividire.
Lascio
passare qualche secondo,
un lungo ed interminabile secondo in cui lascio correre la mano sul suo
fianco,
carezzandolo leggermente, per poi accingermi a soffiare un
‘ti piacerebbe’ al
suo orecchio, che viene interrotto … da Elena.
Ecco. Se
le cose con lei facevano
schifo, ora fanno anche peggio che schifo.
Sotto
zero. Zero assoluto. Centro
della terra e oltre.
“Scusate
– mormora, con un velo
di tristezza ad incurvarle la voce. Non mi guarda, mentre io mi
preoccupo di
fare il contrario, godendomi appieno uno dei pochi momenti in cui posso
averla
vicina di pochi passi senza che mi insulti. Indossa sempre il solito
paio di
jeans e la sua solita semplicità che adoro, quella stessa
semplicità che ho
osservato la mattina dopo averci fatto l’amore, quando non si
è preoccupata di
essere bella, ma anzi, di fare i compiti – Rebekah
… sul palco, devi … provare
la scena”
La
ragazza inarca leggermente le
sopracciglia, schiudendo le labbra ricoperte di lucidalabbra
– o qualsiasi cosa
esso sia – e schiocca la lingua: “Bene”
Mi
liquida con un cenno di
assenso e poi si avvia verso il palco, dove una Caroline adirata, le
urla
qualcosa che non comprendo.
Elena ha
continuato ad evitare il
mio sguardo, eppure, per il momento, non è ancora andata via.
Assaporiamo
il silenzio, l’unico
pezzo di noi che ci resta, invogliati a non lasciarci andare, ma
costretti a
farlo, almeno per ora.
“Allora
… come va?” mi chiede,
stupendomi, come sempre. Si guarda le punte delle scarpe da ginnastica,
appuntandosi la solita ciocca scura che le ricade disordinata sul
volto, ciocca
che, negli ultimi tempi, sistemavo io, dietro il suo orecchio, per poi
lasciarle un bacio.
Lei che
chiede a me come sto. Lei
che come al solito è sempre un passo a me, come se fosse
perfettamente a
conoscenza del fatto che sono distrutto, e irrimediabilmente solo.
“Oh
… alla grande, solita vita …
quella che ti fotte, presente?”
Si lascia
sfuggire un sorriso, ed
io lo faccio di rimando, tentando di avvicinarmi, nemmeno fosse un
cerbiatto.
“Tu
come stai? – sospiro –
domanda idiota. Colpa mia”
“Oh
no non … non è idiota è …
alla grande, sto … alla grande”
“Mio
fratello ti ha già letto uno
dei suoi racconti pieni di principesse e pony arcobaleno?”
Elena
allarga la sua risata,
morendosi il labbro inferiore e io la guardo, sempre e comunque.
“E
anche se lo avessi fatto? Qual
è il problema, Damon?”
Ecco.
“Nessuno,
fratello. Stavo solo
facendo conversazione” dico, incrociando le braccia in
direzione di mio
fratello, che mi fissa, da dietro le spalle di Elena. Lei si sposta,
quel poco
che basta per osservare Stefan e poi me, con uno sguardo dubbioso ad
incorniciarle il volto.
“Le
stavi chiedendo scusa per
aver scommesso su di lei? O per averle mentito?”
Elena
schiude leggermente le
labbra ed aggrotta la fronte in un’espressione a dir poco
sbalordita.
Prendo un
respiro profondo,
trattenendomi a stento dallo sputare addosso a mio fratello la
verità, quella
che sa benissimo, quella che finge di non conoscere.
“Sarà
meglio che tu vada, Stefan”
“Certo
– si volta verso Elena –
prendi la borsa, ti porto a prendere quel famoso gelato”
È
un pugno dritto allo stomaco.
L’ho sentito, proprio lì, al centro.
Elena
annuisce leggermente, e mi
guarda, per un millesimo di secondo in cui vorrei implorarla di non
andare, di
stare con me. Le spiegherei tutto, dall’inizio alla fine.
Eppure
non lo faccio, per un
qualche strano ed assurdo motivo a me del tutto sconosciuto. Rimango in
silenzio, osservandola andare via con mio fratello.
Sorride,
in un modo quasi
impercettibile e del tutto diverso dalle risate che riuscivo a
strapparle io,
quando la afferravo per le gambe stringendola contro il mio petto o
quando la
baciavo mentre parlava, beandomi di quel rumore, quel solo ed unico
rumore che
era la sua risata, contro le mie orecchie.
Sospiro
pesantemente, di fronte a
quella maledetta consapevolezza, quella che mi spinge a tornare coi
piedi per
terra, alla realtà in cui non riavrò Elena, alla
realtà in cui lei si allontana
fra le braccia di mio fratello.
“Non
l’hai persa … non ancora,
comunque”
Bonnie
è alle mie spalle, la
solita aria titubante e vagamente nervosa, come sempre quando mi
rivolge la
parola.
“Che
dici?”
“Caroline
mi ucciderebbe se
sapesse che ti ho parlato ma … Stefan, mh …
Stefan non è per Elena … Stefan è
…
solo quello di cui ha bisogno adesso … in un periodo in cui
le è crollato
addosso il mondo, Damon … il suo mondo
…”
“Mi
stai dicendo che devo
continuare a …”
“Ti
sto dicendo, che non l’hai
persa, non ancora”
“Bonnie!
Smettila di parlare con
l’Innominato e vieni a darmi una mano” la bionda.
“Ehi
Bennett – la blocco – grazie”
“Non
l’ho fatto per te … ma per
Elena”
Rimango
ancora in silenzio, come
del resto sono stato per la maggior parte della giornata, forse certo
che, una
volta tanto, la mia vita non fa quasi del tutto schifo, solo
perché potrei
riavere Elena.
***
Ci sono
momenti, nella vita, in
cui hai bisogno di qualcuno che ci sia e che faccia sentire la sua
presenza,
qualcuno su cui puoi, indiscutibilmente, contare. Qualcuno a cui puoi
parlare
per ore dei tuoi problemi senza che ti dica niente; allora sei
inevitabilmente
grato a quella persona, perché è un supporto, una
roccia e ti capisce – o
perlomeno tenta di farlo.
Gli
mostri le tue cicatrici e con
un tocco cerca di guarirle, con un sorriso ti tira su il morale ed
è un amico
su cui fare affidamento, in qualche modo.
Nel mio
caso, il qualcuno in
questione è Stefan. Sì, potrebbe sembrare che sia
solo un capro espiatorio,
quel qualcuno che possa sostituire Damon, ma non è
così: ci tengo a lui, stiamo
recuperando quel rapporto di amicizia che avevamo tentato di
intraprendere
prima che succedesse ‘il tutto’ ed in questo
particolare periodo della mia
vita, sono più che felice di essermi riavvicinata a lui. So
che lui è dalla mia
parte nonostante Damon sia suo fratello, questo mi rallegra ma al
contempo mi
rende lievemente triste per il maggiore dei Salvatore. Poi ci rifletto
su, e
realizzo che Damon sta pagando le conseguenze per essersi comportato
come al
solito, spero che un giorno possa comprendere l’importanza
dei sentimenti.
Nonostante tutto, vado avanti.
E vado
avanti per davvero, a
testa alta, mentre chiudo il capitolo della mia vita che porta il nome
di un
ragazzo dai capelli corvini e dagli occhi fastidiosamente blu, che
cerco ogni
giorno di dimenticare.
‘È
stata una settimana’, mi dico.
Poi però, aggiungo ‘E ci sei anche andata a letto,
fra le altre cose’ e quindi
piango, nella maggior parte dei casi in cui mi rendere conto di non
essere per
nulla, una persona che potrebbe essere definita
‘forte’, affatto. Tipo per
niente.
“Non
ci credo!” Stefan scoppia a
ridere mentre poggio le mani sul vetro, lasciandoci sopra il contorno
appannato
delle mie dita. Mi sento una bambina: sto scegliendo i gusti del gelato
e ho
appena confessato al mio amico che, la prima volta che l’ho
incontrato, durante
il primo anno di liceo, pensavo fosse un hippie.
“Davvero!
Penso che i tuoi
capelli abbiano contribuito…” biascico con
l’acquolina in bocca, osservando
quel ben di Dio di fronte ai miei occhi. Lo ammetto, siamo in quella
parte
dell’anno in cui non si sa se sia effettivamente autunno o
inverno, e in teoria
non dovrei volere un gelato, non è il massimo in questo
preciso istante – in
cui penso stia per piovere, per dirne una. Ah la Virginia, che stato
deprimente
e dimenticato da Dio – ma Stefan mantiene le promesse ed oggi
mi sento
piuttosto accaldata. E no, prima che la mia mente – anzi, il
mio lato subdolo,
meschino e più di tutto, pugnalatore alle spalle –
possa dirlo, non riguarda
Damon e l’averci parlato in modo civile dopo tempo. Affatto.
Sospiro,
prima di staccare le
mani e ridacchiare per la loro forma impressa su di esso.
“Cioccolato
e menta?” propone il
ragazzo dagli occhi verdi, incurvando gli angoli della bocca in
giù e creando
un’espressione ilare sul suo viso. Tra le risate riesco a
sussurrare un “va
bene”. E va davvero bene, Stefan mi rende felice e mi
distrae.
Dopo aver
lottato per pagare la
mia coppetta, ed esser uscita perdente – insomma, un gelato
spalmato in faccia
come ripicca non è l’ideale, diciamocelo
– , decidiamo di fare una passeggiata
per Mystic Falls.
…
come se ci fosse realmente
‘qualcosa’ da vedere, a Mystic Falls. O per lo
meno, ‘qualcosa’.
Adesso ci
troviamo nella piazza
principale, alla nostra destra il municipio circondato per lo
più da empori o
outlet che vendono abiti … e cito:
‘all’ultima moda’ … per donne
che superano
la sessantina, aggiungo io.
Immergo
il cucchiaino
plastificato ed arancione nel cioccolato, facendolo poi sparire nella
mia
bocca.
“Davvero
sembro hippie?” chiede
preoccupato ad un tratto, ed io annuisco con il capo in risposta e
sorrido,
pensando che abbia ancora la testa sopra la mia affermazione di qualche
minuto
fa.
“Insomma,
non che ci sia qualcosa
di male – riflette inarcando un sopracciglio ed osservando
vacuo il suo gelato
al caffè – Pensavo più qualcosa alla
Bon Jovi dei poveri versione moderna.”
Scoppio a
ridere, e “Hai
ragione!” esclamo divertita.
“Oggi
sei di buonumore.” Constata
sporcandosi di menta il labbro inferiore e facendomi sorridere, ancora.
“Sì,
non c’è niente di male
nell’essere felici. Hai … uhm … del
gelato qui…” gli indico il punto con
l’indice della mano sinistra, mentre con un fazzolettino fa
sparire la macchia.
“oh” mormora sempre sorridendo.
È
forse questo il segreto di
tanta felicità: il sorriso. Lui è un
po’ come Caroline, una bomba di energia e
positività, sono due persone molto diverse fra loro ma il
punto è sempre
quello.
Un’espressione
indecisa gli si
dipinge sul volto, e sembra quasi che stia combattendo contro se stesso
per
decidere se parlare o meno, poi si decide. Io sospiro, sapendo
esattamente dove
voglia andare a parare: “Sai … non voglio tornare
sull’argomento o farti stare…
male, ecco. Vorrei solo dirti la mia opinione una volta per
tutte.” Aggrotto le
sopracciglia, guardandolo incerta mentre sospira e sembra scegliere le
parole
adatte.
“Damon,
sai… non sto dicendo che
dovresti perdonarlo o che puoi biasimarlo per ciò che ha
fatto, dico solo che
lui è così. E non penso cambierà mai.
Sono suo fratello e l’ho visto crescere,
cambiare, far soffrire le persone e non ho potuto far nulla.”
Mi osserva mentre
deglutisco rumorosamente. Per un secondo mi passa per la mente
l’idea di
chiedergli com’erano da piccoli, se ricorda qualche evento o
aneddoto
divertente della loro infanzia. Poi mi chiedo se sono stati sempre
così. Se il
loro rapporto è sempre stato burrascoso.
Ed infine
decido di lasciar
perdere tutto quanto.
“Lo
capirà prima o poi … e sono
sicuro che allora io sarò con lui, perché
nonostante tutto è mio fratello e ci
sarò sempre per lui” sorrido teneramente a queste
parole, Stefan è davvero
legato a suo fratello e sono felice che Damon abbia uno come lui al suo
fianco,
anche se non merita tutto … questo.
“Grazie.”
Mormoro in risposta,
non sapendo bene cosa dire e ritenendo che questa parola racchiuda un
po’
tutto.
Lui
sorride di rimando,
spegnendosi nel momento in cui due gocce piombano contemporaneamente
sul mio
naso e sulla sua testa, facendo in modo di guardarci, indecisi sul da
farsi.
Spingo la
porta del Mystic Grill,
entrando accompagnata da Stefan e beandomi dell’atmosfera
calda che ci avvolge,
in netto contrasto con la pioggerellina fastidiosa che ha appena
colpito la
città.
Ci
guardiamo per qualche secondo,
soffermandoci soprattutto sui vestiti bagnati – inzuppati
sarebbe il termine
corretto? – e scoppiamo a ridere.
Oggi
è una continua risata, non è
un quasi acquazzone a rovinarmi la giornata.
“Ti
darei la mia giacca …” fa
Stefan non terminando la frase ed alludendo ai suoi abiti. Io scuoto la
testa
sorridente. “Non ti preoccupare, sono certa che adesso ci
riscalderemo …”
incrocio le braccia avvicinandomi al bancone, mentre lui ordina
qualcosa che
non riesco ad udire. Metto una mano nei capelli, districando qualche
nodo
venutosi a creare e tastando le mie ciocche scure: sono completamente
bagnati,
per cui sbuffo. Come faremo al ritorno? Rimarremo qui, al Mystic Grill
fino
all’orario di chiusura?
No, mi
rispondo, avendo
adocchiato un ragazzo dai capelli neri come la pece e gli occhi, al
contrario,
incredibilmente chiari, seduto su di uno sgabello mentre
l’unica sua compagnia
consiste in un bicchiere ed una bottiglia di alcool …
Bourbon per la precisione.
Scuoto la
testa: Damon e l’alcool
non sono un grande affare. Mi volto verso il mio amico, che adesso mi
sorride e
poi si guarda attorno.
Deglutisco.
Non
devono vedersi, non voglio
che i loro sguardi si incontrino.
“Din
din, coppietta felice a ore
nove.” Esclama a gran voce Damon alla nostra destra,
sollevando teatralmente
l’indice. Troppo tardi. Assottiglio gli occhi e spero che
lasci stare.
“Damon,
non è come pensi. Lui è
Stefan ed è solo mio amico.” Calco bene le ultime
parole, voltandomi verso di lui
e promettendomi di soffocare qualsiasi cosa si agiti in me. Che sia
rabbia … o
qualcos’altro.
Alza le
mani, e “Non mi devi
nessuna spiegazione” aggiunge. “Sei stata tu a
lasciarmi, ricordi? Sai per la
scommessa e tutto quanto?” Serro le labbra e lo vedo
irrigidire la mascella.
Come
dimenticarsene?
“Andiamo
via.” Mi rivolgo a
Stefan che mi osserva con tenerezza.
“Non
volevo crearvi problemi.”
Esclama Damon, mentre io serro gli occhi, espirando a fondo.
“Ti
prego.” Continuo imperterrita
al piccolo Salvatore.
“D’accordo.”
Guarda il fratello.
“Hai bevuto. –dice – spero di non
trovarti in queste condizioni anche a casa.”
Damon
scoppia con una risata dura
e tagliente. “Non ho toccato un goccio di questa bottiglia.
Si da il caso che
l’abbia appena presa … e per giunta, non
è per me, ma per quel grand’uomo di
nostro padre ma … ehi – sorride amaramente
– io sono il fratello cattivo,
giusto? E tu sei l’eroe. Quindi mi porti via la ragazza
nonostante … beh – mi
sfiora con lo sguardo, e potrei giurare che nei suoi occhi ci sia
davvero
sofferenza – tutto … nonostante tutto”
– si alza dallo sgabello e si avvicina a
Stefan – “Mi giudichi un alcolista ubriaco
vedendomi solo con una bottiglia in
mano … Congratulazioni, fratello. Sei riuscito
nell’intento di rovinarmi la
vita. Ma – gli posa una mano sulla spalla – non
contare mai più su di me.”
“Andiamo.”
E seguo Stefan,
sgusciando via dal locale per correre sotto la pioggia.
“Stai
facendo la cosa giusta.”
Prorompe Caroline chiudendo il suo guardaroba.
“Dici?” domando mettendomi ritta
sul suo letto, osservandola in tutta la sua bellezza.
“Sì, Stefan è un bravo
ragazzo e te lo sta dimostrando. Chissà, magari scoprirai
che non è solo un
buon amico …”
“No.”
Esclamo. “Stefan è solo un
grande amico. Un grande amico che mi sta aiutando tantissimo. Non
riesco a
pensare a lui in quel modo.” Ribatto quasi imbarazzata,
spostando una ciocca
ancora umida dietro l’orecchio.
“E
invece con Damon succede?”
domanda con un filo di sarcasmo nella sua voce. “Riesci a
pensare a lui in quel
modo?” Le lancio un cuscino che prontamente schiva.
“Idiota.”
Stefan mi
ha accompagnata a casa
della bionda – la più vicina – e ci
siamo salutati con un caloroso abbraccio.
Ma niente di più. Come ho già detto è
un buon amico sincero, ciò che mi serve
in questo periodo.
E sembra
che la mia amica faccia
– in qualche suo assurdo modo di vedere le cose –
‘tifo’ per il ‘team Stefan’.
“Idiota.”
Ripete Bonnie uscendo
dal bagno.
Caroline
alza gli occhi al cielo.
“Io penso che Damon sia più di quello che
sembra.” Afferma con nonchalance Bon,
facendomi inarcare un sopracciglio.
“Cosa
intendi?”
Sospira,
gettandosi al mio fianco
sul letto di Care.
“Non
so… L’ho visto in questi
giorni… sembra davvero distrutto, non come le altre volte,
con le altre
ragazze. Forse dovresti parlarci.” Mi consiglia mettendosi su
un lato e
osservandomi con i suoi occhi scuri ed in grado di essere
così trasparenti. È
sincera. Per un attimo ci penso sul serio, a parlarci, ma poi scuoto
violentemente la testa, dicendomi che non lo merita.
“Forse
no. Anche se al Mystic
Grill ha detto una cosa che mi ha colpita…”
arriccio il naso. “Sapete cosa vi
dico? Lasciate stare. Lascio stare Damon.” Affermo dopo un
minuto.
“Cosa?”
è la voce di Bonnie. “Io
voglio sapere cosa ha detto!” esclama fintamente arrabbiata.
Roteo gli occhi e
appoggio la schiena alla coperta della bionda. “Ha detto:
‘mi porti via la
ragazza nonostante tutto’ … tutto cosa? Che
intende? Che voleva seriamente
provarci con me?” … ma non so cosa
significhi… forse nulla. Lasciamo stare”
accompagno
le parole ad un gesto della mano, come per scacciare questi pensieri.
“Piuttosto…”
indico Caroline.
“Dove stai andando?”
“Eh?
Parli con me?” fa la finta
tonta. Perché fa la finta tonta?
“Secondo
me ad un appuntamento.”
Bonnie alza le sopracciglia mentre mi sussurra queste parole, facendomi
ridere.
“Non
ci credo!” borbotto
arrabbiata. “Esci e non dici nulla!”
“Non
è vero!” ribatte piccata.
“Ah
no? E questo vestito come lo
spieghi?” chiede Bon indicando un abito nero con la schiena
decorata in pizzo.
“E
va bene. Potrei uscire con
qualcuno…”
“Chi?”
“Lo sapevo!” esclamiamo
contemporaneamente.
“Non
è importante… “ balbetta.
Tossisco divertita.
“Dillo!”
urliamo io e Bon.
“Klaus
Mikaelson. Devo uscire con
lui.”
Schiudo
le labbra e lancio uno
sguardo sbalordito a Bonnie: “Cosa?” esclamiamo
all’unisono.
“Potresti almeno
dirci che diavolo sta
succedendo?” sbotto io. Perché? Semplice. La mia
migliore amica sta per uscire
con il tizio che ha sabotato una relazione e che mi ha addirittura
messo in
imbarazzo di fronte a tutta Mystic Falls, praticamente.
“Successione di eventi”
prosegue. Alza le spalle e si guarda ancora una volta allo specchio, ma
il
riflesso della sua immagine non la soddisfa ed ecco che tira fuori
l’ennesimo
abito dall’armadio. A questo punto mi chiedo dove e come li
abbia presi tutti
questi cavolo di vestiti.
“Successione
di eventi – ripeto a
bassa voce – quegli stessi eventi che hanno spinto Klaus a
stroncare la mia
‘relazione’ – mimo delle virgolette
– con … Salvatore?”
“Elena.
Cara, dolce ed innocente,
Elena – ecco che il suo lato saccente esce allo scoperto,
spiattellandomi in
faccia come lei si ritenga più intelligente di me
– sai che non faccio nulla
senza un secondo fine – afferra la porchette e ci spinge
verso l’uscita della
sua camera – perciò, sta tranquilla …
ci pensa la zia Caroline” dice alla fine.
Così, Bonnie ed io ci ritroviamo sul portico di casa Forbes,
di fronte ad un
altro potenziale temporale ad osservare Caroline che, con una camminata
stile
modelle di Victoria’s Secrets, si avvia alla macchina.
Osserviamo
Caroline andare via e
io inarco leggermente le sopracciglia, stringendomi nelle spalle a
causa di una
gelida folata di vento. “Che intendevi con ‘Damon
è più di quello che sembra’,
Bonnie?” lei mi guarda ed accenna un sorriso, forse un
po’ spento o forse
prevedeva la mia reazione. “Intendo che … tutti
hanno bisogno di una seconda
occasione. Ora – si porta una mano davanti alle labbra e
sbadiglia – devo
andare a casa, domani c’è scuola. Fa quello che
ritieni ti faccia stare bene”
conclude. Osservo la mia migliore amica allontanarsi e sospiro, ancora.
Ormai
non faccio altro.
Ho una
migliore amica che ha
l’aria di essere il Grillo Parlante della situazione e
un’altra che sembra
appena uscita da una sfilata di moda. Solo io, non ho idea di chi
potrei
essere.
Ho
beccato un altro temporale,
tornando a casa.
“Elena,
tesoro, sei tutta
bagnata!” esclama mia madre, alzatasi di scatto dalla
poltrona sulla quale mi
stava aspettando, sveglia, sorseggiando una tazza di thè
caldo. Alcune volte
vorrei che non fosse così apprensiva, che mi lasciasse un
po’ stare. Ma, poi la
capisco: sua figlia appena diciottenne che torna a casa fradicia alle
undici
passate è, decisamente, preoccupante. Sorrido.
“Sto
bene, mamma. Ho solo … molto
sonno”
Inizio a
salire le scale,
tendando di tamponare i capelli umidi: “È per quel
ragazzo … Damon? Sai che con
me puoi parlarne …”
Sgrano
leggermente gli occhi:
“Come …”
“Una
mamma queste cose le sa …”
sorride.
“Lui
è … non è niente mamma …
è
solo … una di quelle cottarelle … insomma, capito
no?”
Lei
annuisce leggermente ed io
sospiro, sollevata. Ha capito.
“Notte”
dico alla fine. Si, lo
so. Sono stata un po’ troppo dura, lo riconosco, ma
… gli adolescenti sono
giustificati, no?
Mi butto
fra le coperte e per fortuna,
riesco a prendere sonno.
Pov Damon:
Cerco di
stare fuori casa il più
possibile. Tipo sempre. Perché mio fratello gioca a fare
l’idiota innamorato, e
io sono stanco di sentirlo fischiettare e di mandarsi messaggini
insieme ad
Elena. Le ragazze bisogna chiamarle, di certo non mandare loro
cuoricini su
what’s app. Che tristezza.
L’unica
cosa relativamente
positiva è che stare lontano da casa, mi ha fatto
concentrare sulla scuola,
dunque, potrei essere seriamente ammesso in qualche college, magari
lontano da
qui. Magari riuscirò a trovare una ragazza in grado di
sostituire Elena.
Sorrido
amaramente. Come no.
La
professoressa di spagnolo posa
il compito sul mio banco: “Non so chi le abbia messo la testa
a posto,
Salvatore, ma sembra che lo abbia fatto nel modo giusto.
Chissà, magari
riuscirà ad entrare
all’università”
Guardo il
compito e credo di non
avere mai preso un voto più alto ‘B-’
decisamente positivo.
E ancora
una volta mi ritrovo a
pensare ad Elena e a come mi abbia fatto tornare la voglia di fare
qualsiasi
cosa.
La
campanella suona ed afferro la
tracolla, indeciso sul saltare o meno la prossima ora di corso, in cui
dovrò
sorbirmi gli sguardi da lumacone di mio fratello che guarda Elena
mentre
scrive, o mentre risponde ai quesiti posti dal professore,
mangiandosela con
gli occhi e pensando a chissà cosa, sotto il mio sguardo
decisamente
disgustato. Comunque, il mio orgoglio e forse la mia consapevolezza, mi
porta a
pensare che non avrà tutte queste gran
possibilità con lei. Lui non sa
assolutamente niente di lei.
Decido di
andare a controllare se
a teatro ci sia bisogno o meno di una mano, magari Ric mi
troverà qualcosa da
fare.
Non avevo
di certo previsto che
fossero tutti qui, lumacone compreso. Adesso sta anche dietro ad Elena
per
‘aiutarla con le cose dello spettacolo’.
“Ehi
Rick” richiamo il mio amico,
sedendomi accanto a lui che legge rapidamente alcune scartoffie.
Il mio
amico comincia a parlare
di chissà cosa, mentre io mi sento colpito da un moto di
rabbia, di quelli
nitidi, che tagliano a metà lo stomaco, di fronte a mio
fratello che continua a
sfiorarla, anche solo per qualche secondo, mentre lei, gli sorride.
“Allora,
cos’è, ti ha portato via
la ragazza?” indica Stefan con l’angolo del foglio,
attento a non farsi vedere.
“Eh?
– mi volto in direzione del
foglio – no … ho fatto tutto da solo, lui
è arrivato a lavoro compiuto. Sai,
ragazza sconsolata, cazzate del genere”
“Ma
lei era la tua ragazza”
afferma.
“Per
una settimana, Rick, capirai
… sono cose che passano” mi gratto la testa.
“Andiamo
amico, qui c’è bisogno
che intervieni … quella ragazza ha bisogno di uno come si
deve”
“Ce
l’ha accanto” ribatto. Ed è
vero, mio fratello è di certo meglio di me.
“Ma
smettila! Non vedi … lei è …
presa, ma non interessata, capisci che intendo?”
“Non
ho idea di cosa tu stia
dicendo”
“Ad
esempio. Se lei fosse stata
interessata, non ti avrebbe rivolto un’occhiata prima di
sparire dietro le
quinte, giusto?”
Sbuffo:
“Vado?”
“Vai!
Che aspetti?”
Mi alzo
rapido dalla poltroncina,
e la seguo, superando mio fratello e guadagnandomi uno sguardo di
totale
disapprovazione, di cui non me ne può fregare di meno.
È
in ginocchio e sta rovistando
in un baule che Caroline mi ha costretto a portare fino a qui, solo
perché
contenente una serie di cose che potrebbero servire per lo spettacolo.
In
sottofondo, Rebekah che si accinge a cantare Hopelessly Devoted To You.
La faccio
saltare in aria – come
sempre – quando la richiamo, e per poco non sbatte la testa
contro il coperchio
della gigantesca cesta. Sorrido.
“Ti
serve una mano?”
“N-no
io … ho fatto” risponde,
voltandosi. Tiene fra le mani quello che apparentemente sembra uno
straccio
rosa, per pulire i pavimenti, ma sono quasi del tutto sicuro che
qualcuno debba
indossarlo.
“Cos’è?”
lo indico.
“Un
vestito che deve indossare
Rebekah – sorride guardandolo – Caroline doveva
trovare il modo per fargliela
pagare … dato che non ha potuto cacciarla”
Annuisco:
“Ehi ho … ho preso B-
al compito di spagnolo. Alla fine non sono un caso così
perso … no?”
Lei
sorride mordendosi in labbro,
al ricordo della sua ultima affermazione riguardo la mia preparazione
in
spagnolo: “A quanto pare no …” stringe
la stoffa del vestito e io inclino la
testa di lato, guardandola meglio.
“Sarà
meglio che torni di là …”
conclude, alzando, finalmente, lo sguardo su di me, che annuisco.
“Elena
– la richiamo un’ultima
volta e lei mi guarda, e spero seriamente che ciò che leggo
nei suoi occhi sia
speranza – mi manchi …”
Lei
sospira pesantemente e poi mi
guarda: “Anche tu” sussurra, prima di andarsene.
Ed io
rimango qui, fermo ed
immobile, a chiedermi se ciò che abbia detto sia reale o
meno, o se me lo sono
immaginato. Ma con un dannatissimo sorriso ad incurvarmi le labbra.
Pov Elena:
Esco a
prendere un po’ d’aria, e
sedendomi sugli scalini principali della scuola, osservo il cielo
ancora
plumbeo e deprimente.
È
assurdo, sapete? Come si fa a
rovinare tutto in un solo attimo? Il momento prima sei felice, ed il
momento
dopo non lo sei più. Si dice che i bisogni
dell’uomo cambino con il passare del
tempo, il che ti spinge a non provare più determinate cose
piuttosto che altre.
Le esigenze sono diversi, così come i sentimenti, le
sensazioni. Le persone
stanno insieme. Le persone cambiano e si mollano.
Si
ritrovano faccia a faccia nel
bel mezzo del corridoio scolastico, lanciandosi occhiate che vogliono
dire più
di quanto si voglia lasciar credere, indecisi, o forse incapaci, di
fare o dire
qualcosa. Incapaci, addirittura, di salutarsi, per paura di essere
fraintesi.
Così Damon ed io ci guardiamo e ci manchiamo, incapaci di
mandare tutto
all’aria e tornare a salutarsi con un bacio in mezzo al
corridoio.
***
Ottobre
è ormai alle porte e lo
dimostra l’abbassamento notevole della temperatura e dunque
il vento piuttosto
freddo che ci avvolge quando varchiamo la soglia della porta, che sia
quella di
casa o di scuola, portandoci perciò a rabbrividire e tremare
come foglie.
La prima
settimana di questo mese
è già trascorsa, i primi test mensili sono
già stati tutti eseguiti dalla
sottoscritta e posso, tutto sommato, ritenermi in grado di rallentare
il passo
con lo studio e prendermi brevi pause. Inspiro profondamente, mentre
Rick
spiega qualcosa di molto importante sulla storia locale che potrebbe
influenzare il nostro voto alla maturità.
Le sue
ultime parole, però,
vengono interrotte dal suono della campana, che fa esclamare un
“Alleluia!” ad
un mio compagno, nello specifico… Damon Salvatore.
E’
una delle poche lezioni che
abbiamo in comune, ovviamente le uniche parole che ci rivolgiamo sono
un “ciao”
strascicato o qualche futile domanda, dettata più che altro
dalla voglia e
necessità di parlare con qualcuno piuttosto che interagire
realmente l’uno con
l’altro.
Accenno
un sorriso quando il mio
professore e futuro zio scuote il capo facendo una battuta sul suo
alunno e
amico, in un certo senso, rimanendo nei parametri in quanto
è pur sempre… un
diciottenne suo studente.
Diciotto
anni, già, a volte non
so se preferirei esser più grande e matura o più
piccola, per poter rivivere
tutti i miei momenti da adolescente. Sbuffo, la risposta è
sicuramente più
difficile del previsto, sono stanca e dunque non ho voglia di pensare e
riflettere più del dovuto.
Lascio il
mio banco prendendo il
libro in mano, stringendolo fra le braccia e uscendo pian piano dalla
classe.
“Elena!”
qualcuno mi chiama, mi
volto e noto che la voce appartiene ad Alaric. Inclino le labbra e
muovo appena
il capo, con una domanda implicita: “Cosa succede?”
La
camicia nera che indossa mi
ricorda quelle di Damon, i primi bottoni sono sbottonati ed un paio di
jeans
scuri gli fasciano le gambe. In mano ha qualche scartoffia ed un
sorriso
perenne stampato sul volto.
“Non
si tratta di scuola” – mi
avvisa, ed io corrugo la fronte. Di cosa, allora? –
“Né di Grease. E’ solo che…
uhm, anzi… lascia stare, sono un idiota.” Scuote
leggermente la testa, ed
allora “Andiamo!” esclamo, proprio come farebbe
Caroline se si trovasse nella
mia attuale situazione.
E’
quasi… imbarazzato?
“Si
tratta di Jenna… Sai che ho
intenzione di chiederle di sposarmi, no?”
“Uh,
sì, ovvio.”
“E
vorrei fosse domani, durante
il nostro anniversario. Qualche idea su cosa potrebbe piacerle?
Insomma, non ho
chiesto a Miranda perché le avrebbe spifferato tutto,
Grayson non se ne parla e
Jeremy… è Jeremy”
“Io…”
rimango per un attimo
allibita, senza parole. E’ così tangibile
l’amore di Rick nei confronti di
Jenna, e viceversa: a volte si comportano come due
adolescenti… ma il solo
pensare queste parole mi fa scoppiare a ridere di una risata amara,
malinconica, strana. Io sono un’adolescente, Damon lo
è… e ha mandato tutto
all’aria. Quindi Jenna e Rick non si amano come due
adolescenti, si amano come
la migliore fra le coppie, come il sole ama le stelle, i fiori il caldo
e la
lana il freddo.
“Lei
è romantica. Molto.
Qualsiasi cosa fatta con il cuore la emozionerà.”
Osservo il suo sorriso quasi
consapevole e dolce.
“Forse…”
sussurra qualche attimo
dopo, prendendo un respiro profondo. “…forse anche
i piccoli gesti possono
emozionarla, smuoverla…” Inclino il capo verso
sinistra.
“Non
se ti comporti in modo
spregevole” sputo queste parole come se lui mi avesse colpita
nel mio punto
debole, poi sbatto le ciglia un paio di volte e mi rispondo che no, non
si
tratta affatto di questo.
“Magari
non è tutto come lei
crede, magari… lei può dare un’altra
possibilità.”
“Magari
lei sta solo cercando di
andare avanti.”
“E
lui può avere buone
intenzioni”
Rido.
“Stiamo ancora parlando di
te e zia Jenna?”
“Forse
sì, forse no.” Si passa
una mano fra i capelli mentre mi allontano.
“Elena?”
Gli sorrido. Lo so già.
“Lo
so” ripeto, questa volta ad
alta voce. “Non ringraziarmi.”
“Neanche
tu!” esclama facendomi
ridacchiare.
Chiudo la
porta alle mie spalle.
Mi manca per un attimo il respiro. Che Damon gli abbia raccontato
qualcosa…?
No, ne dubito. Lui non esprime i suoi sentimenti, i suoi
pensieri… è così
chiuso, ostinato, non ne parlerebbe mai neanche se si trattasse, per
l’appunto,
di un suo amico.
Mordo il
labbro inferiore
costringendo tutti questi pensieri ad allontanarsi da me: il mio
presente è il
mio armadietto, ecco, solo questo.
Inserisco
la combinazione e lo
apro.
“Elena!”
esclama la voce di
Bonnie. Sorrido mettendo a posto il libro e quaderno, senza voltarmi a
guardarla. “Ehi” mormoro appunto, cercando il
volume di chimica.
“Rick
ha intenzione di fare la
proposta a Jenna domani sera. Non è così
romantico? Sai, abbiamo parlato di
lei, che è romantica e basterebbe poco a colpirla,
purchè tutto parta dal
cuore… Jenna è così, vorrei tanto
avere il mio Rick, sai, ma non Alaric
Alaric…” affermo chiudendo con un lieve tonfo
l’armadietto mentre un “Oh.”
Sorpreso fuoriesce dalle mie labbra.
Bonnie,
di fronte a me. E… Damon.
“Ciao.”
“Ciao…”
ricambia insicuro. Guardo
la mia amica che sorride incoraggiante.
Cosa
dovrei fare?
“Ehm…
adesso ho chimica… e, uhm dovrei
andare. Sì, ho un test importantissimo!” Bugia,
mento spudoratamente e Bonnie
lo sa.
“Davvero?
Non hai ripassato con
Stefan ieri pomeriggio.”
E bum,
colpita e affondata! Le
parole di Damon sono sarcastiche e taglienti, apro la bocca ma non esce
fuori
una sola parola: non so come rispondergli.
“Ehm,
cioè… Non intendevo ciò che
ho detto…. Credo.”
Scuoto la
testa con veemenza.
“Non fa niente… immagino. Devo andare.”
Indico
con il pollice il
corridoio dietro di me, pur sapendo che la classe di chimica
è dal lato
opposto. Non riesco a parlargli, non dopo avergli spudoratamente
rivelato che
mi manca. E’ colpa della mia bocca, giuro. Non dice mai la
cosa giusto al
momento giusto.
I suoi
occhi cristallini sembrano
implorarmi, posso quasi sentire che urlano: “Resta, resta!
Non andar via…” Ma
non posso farci nulla, è più forte di me ed il
mio battito aumenta in una
maniera che mi spaventa. Ed io… non voglio che accada,
qualsiasi cosa mi stia
succedendo.
Non con
Damon.
“Elena…”
“Ci
vediamo a pranzo, Bonnie!”
Ignoro
lui ed il suo successivo
pugno sugli armadietti, lui e la sua voce più alta di
un’ottava mentre si
rivolge alla mia amica, lui ed il suo profumo che ha invaso le mie
narici…
Com’è
che ho detto a Rick?
‘Magari
lei sta solo cercando di
andar avanti’… Ed è così,
diamine! Che qualcuno l’accetti! Perché ho bisogno
di
convincere me stessa, me lo devo! E da qualcosa devo pur iniziare...
gli altri
devono crederci, devono saperlo: a furia di dirlo e sentirlo
così tante volte
ci crederò anche io, e andrò davvero avanti.
Per ora,
devo solo mentire e
ripeterlo all’infinito come un dannato mantra.
La
campanella dell’ultima ora
suona come una liberazione alle mie orecchie: in fondo lo è
per davvero, questa
giornata mi ha stressata ed ho solo voglia di tornare a casa ed
assistere ad
una maratona di American Horror Story con Jeremy al mio fianco che
ridacchia
ininterrottamente per la mia paura costante.
Ecco,
solo questo.
Con
questo pensiero esco da
scuola, sorseggiando un po’ d’acqua e spostando una
ciocca dietro l’orecchio.
“Ehilà!”
la voce squillante di
Stefan mi si affianca, proprio come la sua figura alta e slanciata. Il
suo
sorriso enorme per un attimo contagia anche me.
“Ciao”
lo saluto frettolosamente:
vorrei, anche se si tratta del mio amico Stefan e anche solo per un
giorno, non
avere a che fare con i fratelli Salvatore.
“Tutto
okay? Sembri… strana.”
Accenno un sorriso e mi stringo nella giacca.
“Sì,
egregiamente!” trillo su di
giri, non esattamente proprio come il mio stato d’animo.
“Grandioso!
Allora, ti andrebbe
di rilassarti questo pomeriggio? Insomma, ti andrebbe un pomeriggio al
cinema?
E’ sottintesa la mia compagnia!” biascica quasi
imbarazzato, come Rick questa
mattina.
Sorrido.
“E’ un appuntamento?”
Aggrotta
le sopracciglia. “Un
uscita. Fra… amici”
Annuisco,
e “In realtà non
saprei, ho dei piani con Jeremy” rispondo sbrigativa,
battendo un piede per
terra.
Insomma,
perché sono...agitata?
Non si
tratta di Damon che ci sta
fissando, no, ovvio.
“D’accordo,
allora… lascia
perdere tutto quanto.” Mi gratto il capo imbarazzata, prima
di scoppiare a
ridere quasi istericamente, per alleviare questo che mi sta provocando
Damon
fissandomi. Fastidio, irritazione, agitazione. Tutto questo e tanto
altro.
“Anzi,
sai che ti dico?” esclamo
ad un tratto, non sapendo neanche cosa stia facendo. Scrollo le spalle
prendendo una profonda boccata d’aria, mentre
l’aria frizzantina mi pizzica.
“Annullo tutto!” sembro quasi gioiosa ma la
verità è che sto impazzendo.
Cosa sto
facendo? Ho perso il
controllo su me stessa.
“Grande!
Allora ti faccio
sapere.”
Si
avvicina per darmi un bacio
sulla guancia come saluto, improvvisamente volto il capo facendo finire
le sue
labbra sulle mie. E… non so perché! Lui indugia
qualche secondo su di esse,
prima di poggiare una mano sul mio volto ed attirarmi, seppure con
dolcezza, a
sé.
Ricambio
man mano che il bacio
diventa leggermente più passionale, chiudo gli occhi e
schiudo le labbra ma… è
tutto così strano, il suo sapore alla menta mi ricorda
quello di menta e
tabacco di Damon, le sue labbra mi ricordano quelle carnose del
fratello e… per
un attimo –ma solo per un attimo – posso giurare di
aver immaginato di baciare
lui. Ma solo per un attimo.
Questo
vortice di pensieri mi fa
staccare da lui e sgranare gli occhi.
Il mio
respiro è quasi affannoso e…
cosa ho fatto? Cosa ha fatto?
Mi
inumidisco le labbra ed il suo
sapore è ancora lì, quasi ancorato e sembra non
voglia andarsene, sembra che mi
tormenti ricordandomi che non è quel sapore, ma un altro, un
altro che le mie
labbra non sembrano quasi accettare.
“Io…
devo andare.” E scappo,
scappo come se fosse l’unica cosa che so fare e quella
più giusta ora come ora.
“Elena!”
E vorrei urlare che
basta, basta chiamarmi, basta urlare di farmi restare! Devo solo
andare…
Mi volto
un attimo prima di
incrociare la strada di casa, incontrando lo sguardo duro e stordito di
Damon.
No, no,
no! Non fraintendere,
Damon… Vorrei che capisse, perché non
è come sembra… ma io ho baciato suo
fratello, dopo avergli detto che mi manca… E non ne posso
più. Scuoto la testa,
gettando le mani nelle tasche ed alzando il passo andando via.
***
È
passata una settimana. Oh si.
Una stramaledetta settimana. Una settimana da quando ho baciato Stefan
e da
quando ho deciso, da bambina immatura quale sono, di ignorarli
entrambi. Lo so.
Mi sto comportando da idiota, e soprattutto, da stronza. Non pensavo di
poter
autodefinirmi tale, ma invece è così. Sono
stronza.
Mi sono
ritrovata a sperare che
qualcuno facesse qualcosa di negativo in modo da prendere la decisione
al posto
mio, ma la verità è che non è successo
assolutamente nulla. Io faccio finta di
non vedere Stefan che mi saluta e spengo il cellulare per non ricevere
chiamate
che non voglio affrontare. Sono fatta così, una stronza.
In ogni
caso, oggi è un giorno
diverso. Non perché ho adottato la filosofia del
‘il mondo cambierà ancora
domani’, dato che è una palla gigantesca. Il mondo
è sempre uguale, siamo noi
che decidiamo di cambiarlo o meno, e io sembro non averne voglia.
Comunque,
oggi è un giorno diverso perché è il
giorno prima dello spettacolo. Non pensavo
che sarebbe arrivato, sinceramente, eppure eccoci qui.
Siamo
sedute sugli spalti, in
attesa che tutti i ‘membri del cast’ arrivino, in
modo da fare il classico
discorso di incoraggiamento. Caroline è su di giri. E per su
di giri, intendo,
più del solito. Del tipo che lei non è seduta
sugli spalti, no. Lei corre. Dio
solo sa dove sta andando e Dio solo sa perché lo stia
facendo. Caroline corre a
tutta velocità; guizza dal retro delle quinte e poi spunta
alle nostre spalle.
Il momento prima ha fra le mani un piumino per pulire –
macchie invisibili – il
momento dopo controlla maniacalmente i vestiti di scena, sotto lo
sguardo
attonito di me e Bonnie.
Quest’ultima,
per lo meno, ha
avuto la gentilezza di ascoltarmi: “Sei consapevole di aver
fatto una grande
stupidaggine, vero Elena? Pensi che evitandoli risolverai la
situazione?”
chiede, stringendosi le ginocchia al petto.
“No.
O meglio, magari prima o poi
si stancheranno di me e non ci parleremo più fino alla fine
dell’anno”
“Mancano
circa – li conta sulla
punta delle dita – otto mesi alla fine della scuola, Elena.
Per di più, ti
ricordo che abbiamo in ballo un secondo progetto teatrale e di sicuro
Damon
dovrà aiutarci anche in questo. Perciò, vedi di
scegliere con attenzione”
“E
se non volessi scegliere?”
“Non
puoi avere due fidanzati
Elena” ammette, con fare ovvio.
“No!
Sei fuori strada – sbuffo –
se non scegliessi nessuno dei due?”
Porta le
mani avanti e inclina la
testa di lato: “Non posso dirti chi scegliere, ma-”
“Io
si! – Caroline attira la
nostra attenzione. Adesso è in piedi su una panca a fare
chissà cosa con un
altro piumino per pulire – io dico Stefan!”
Bonnie
mugugna qualcosa: “A
questo punto, nulla mi vieta di dire Damon, giusto?!” ringhia.
Mi lascio
andare contro la
spalliera del sedile: “Grazie, siete davvero di ottimo
aiuto!”
“Oh
andiamo – Caroline scende
dallo sgabello, pulendosi le mani sui pantaloni – sappiamo
che Stefan potrebbe
renderti felice”
“Ma
che cosa dici? Insomma, hai visto
il sorriso che aveva quando stava con Damon? Io non credo!”
“Damon
è un fallito!”
“E
Stefan un cocco di mamma dai
capelli strani!”
“Ok.
Smettetela. State seriamente
peggiorando la situazione. Primo, Damon non è assolutamente
un fallito e Stefan
…” ripenso rapidamente al suo taglio di capelli.
“Non è un cocco di mamma …”
“Però
ha i capelli strani!” mi
incalza Bonnie.
“Basta
così – dico, alzandomi –
vado in bagno. Tanto qui non arriva nessuno”
La scuola
è un luogo decisamente
triste alle otto di mattina, quando sono le quattro del pomeriggio del
mese di
ottobre e si sta inaugurando lo spettacolo di inizio anno, è
ancora più triste.
Specialmente se alle quattro è già buio e non
c’è nessuno per i corridoi.
Mi muovo
rapidamente in direzione
del bagno più vicino, dove farò cosa, non lo so.
Quando
poi, mi accorgo della
presenza di entrambi i fratelli Salvatore davanti alla porta del bagno
– delle
femmine, gente – faccio dietro front, sperando che non mi
abbiano visto.
“Elena!”
esclamano, all’unisono.
Perfetto.
Butto la testa
all’indietro: “Stefan. Damon
…” esito qualche istante e poi abbasso lo sguardo.
“Come
va con lo spettacolo?”
domanda Stefan, mentre Damon rimane in silenzio.
“Oggi
è il gran giorno” rispondo,
mettendomi le mani in tasca.
“Già”
“Già”
È
imbarazzante.
“Beh
sarà meglio che vada”
“Elena,
aspetta” mi richiama
Stefan, facendomi voltare.
“Mh?”
“Mi
dispiace per … per quello che
è successo la settimana scorsa”
“Non
… non preoccuparti”
“Ma
smettila – interviene Damon,
facendomi sussultare – era il tuo obiettivo fin
dall’inizio”
“Che
vuoi dire?” domando io. A
questo punto, mi sono persa qualcosa.
“Voglio
dire … che è stato Stefan
ad avere l’idea di spifferarti tutto riguardo alla scommessa,
solo per provarci
con te”
“Meritava
di saperlo!” esclama
lui, difendendosi.
“Certo,
davanti a tutta la
scuola, eh Stef? Ma smettila, hai solo deciso di sabotarmi
perché per una volta
ero felice!” esclama.
E mi
viene da sorridere, so che
non dovrei farlo, ma quell’esclamazione, detta con
così tanta sincerità, mi fa
ridere, perché anche io ero felice.
“Volevi
solo riempire la tua
dannatissima lista!”
“Ho
smesso di pensarci e sai
benissimo perché! Smettila di mettermi in cattiva luce,
maledizione, Stefan! Se
c’è qualcuno che ha il diritto di parlare con
Elena, sono io, non tu!”
“Certo.
Elena vuole parlare con
l’idiota che se l’è portata a letto per
una casa al lago!”
Prendo un
respiro profondo: “Ok,
smettetela!” decido di mandare via il pensiero di
‘come Stefan e Damon mi
ricordino Caroline e Bonnie’ e concentrarmi sui due ragazzi
di fronte a me.
Hanno smesso di parlare, ed entrambi mi fissano, in attesa che io dica
qualcosa.
“Smettetela
di parlare di me come
se non ci fossi – mi passo una mano fra i capelli –
la verità, è che a nessuno
di voi due importa di me. Siete … pensate solo a voi stessi
e io, sapete … sono
stanca, ok? Di scervellarmi su chi dei due sia meglio per me
perché … al
momento vorrei solo non avervi incontrato! Mi avete fatto stare male e
… io non
ce la faccio, ok? Non ce la faccio …” dico,
allontanandomi.
Fingo di
non essere interessata a
quegli occhi chiari che non hanno smesso di fissarmi nemmeno per un
secondo,
implorandomi di restare, di concedere loro anche solo un momento, solo
uno, per
parlare, ma non lo faccio. Non lo faccio perché sono stanca
e perché mi sento
presa in giro, usata e buttata via e non credo di meritarmelo.
Quando
rientro in teatro, un
brivido mi coglie nel momento in cui osservo Caroline che sembra una
specie di
profeta degli spettacoli teatrali e, decisamente poco propensa a
sorbirmi un
discorso di incoraggiamento del quale non ho assolutamente bisogno,
esco,
indecisa sul dove andare, esattamente.
Decido di
passeggiare per i
corridoi, senza meta, peccato che qualcuno mi afferra il polso:
maledizione.
Mi volto
e come al solito, mi
manca il respiro.
“Damon
…” esalo, esasperata.
“Non
ho intenzione di ascoltarti.
Non mi hai dato la possibilità di parlarti, di darti una
spiegazione. Mi hai
persino messo in imbarazzo, facendomi sentire un’idiota
quando provavo a dirti
semplicemente ‘ciao’ perciò, adesso sta
zitta e ascolta che cosa ho da dirti.
Poi deciderai se continuare a comportarti come se non esistessi, va
bene?” il
tutto suona più come un affermazione che una domanda.
Non ho
smesso di guardarlo
nemmeno un secondo, ipnotizzata dalle sue labbra in movimento e i suoi
occhi
che chiari, trasmettono molto più di quello che potrebbe
sembrare.
Io non
rispondo, mi limito ad
annuire.
“Avevo
mandato tutto all’aria ,
con Klaus. Ho fatto l’amore con te – sospira ed io
rabbrividisco al ricordo –
dopo aver detto a Klaus che mi tiravo fuori dalla scommessa
… sono corso da te,
perché volevo stare con te … non volevo
nient’altro e non voglio nient’altro,
Elena … vorrei solo … che le cose tornassero
com’erano …”
“S-sai
che non … che non potranno
mai tornare come prima”
“So
che non lo sapremo, se non ci
proviamo …” sospira.
“Damon
io …”
“Non
dire niente”
Ed ecco.
Sinceramente,
credo di non aver
desiderato nient’altro da un mese a questa parte, credo di
non aver sperato
altro se non che questo accadesse e non mi importa, se ha semplicemente
appoggiato le labbra sulle mie, non mi importa se si limita solo a
sfiorarmi la
guancia senza nemmeno approfondire il tutto e non mi importa, se non lo
faccio
nemmeno io.
Non
è un bacio di addio, è solo
un bacio. Un bacio che merita di essere chiamato così. Un
bacio timido, un
bacio che racchiude tutto ciò che non ci siamo detti, e a
questo punto, credo
che non ci sia nient’altro da dire.
“Eccoti.
Oh caz- scusate!”
mormora Bonnie.
Le labbra
di Damon lasciano le
mie e ci guardiamo, stupiti e a corto di fiato, forse io sono
addirittura più
confusa di come lo fossi prima, ma una cosa è certa: ne
vorrei ancora, e
ancora, e ancora … fino a quando, forse, non
deciderò che debba smetterla di
baciarmi, ma a questo punto, spero non lo faccia.
Mi
ricompongo rapidamente ed
osservo Bonnie, che, mortificata, è girata di spalle.
“Devi
dirmi qualcosa?” dico,
accennando un sorriso.
“Caroline
‘una dittatrice’
Forbes, ti vuole a rapporto … sembra che serva anche tu per
il discorso di
incoraggiamento pre-teatro … vieni?” chiede,
tendendo la mano nella mia
direzione.
Mi volto
rapida verso Damon che
sbuffa: “Sai dove trovarmi …” si limita
a dire. Nessuna carezza, nessun bacio,
niente di niente.
Lui
voleva parlare, voleva solo
essere ascoltato e ora tocca a me. Ho sentito entrambe le campane, e ho
baciato
entrambi i fratelli, fra l’altro. Ora tocca a me.
“Arrivo”
dico semplicemente,
muovendomi in direzione della mia amica. Mi volto un’ultima
volta verso Damon
che sembra sparito e io sospiro … mi è mancato.
***
Matt nei
panni di Danny Zuko è
fenomenale. E, come se non bastasse, ha una chimica eccezionale con
Rebekah, ed
entrambi sono due attori fantastici, per non parlare di come si
destreggiano
ballando e cantando. Qualcuno potrebbe scambiarli per
un’affiatata coppia, io
anche se non fossi a conoscenza della quasi palese cotta che il mio
amico nutre
nei confronti di quella April. Ammettiamolo –e sì,
lo ammetto anche io: Rebekah
è mille volte più affascinante e talentuosa di
quella ragazza del terzo anno,
Matt merita di più ma io non sono nessuno per indicare al
suo cuore la strada
da seguire.
Perché
poi, obiettivamente, il
cuore non segue neanche una strada, fosse così semplice!
Cammina per sentieri
sconosciuti, affronta ostacoli e a volte si perde, tornando indietro
per
compiere una scelta differente e capire dove altro poter andare.
Sorrido
da dietro le quinte,
incrociando le braccia e muovendomi, agitata.
Dio solo
sa quanto Caroline mi
stia facendo impazzire! E’ arrivata come un turbine,
un’ora fa, per controllare
che tutto fosse al proprio posto per la serata di Grease. Lo spettacolo
è
iniziato da poco meno di mezz’ora e potrebbe andare alla
grande, se solo fossi
attenta ad osservare il frutto di un intenso lavoro, e forse capirei
anche se
il pubblico stia gradendo il tutto, ma no, ovviamente:
l’ansia mi ha colpita,
in realtà preciserei che la bionda tuttofare mi ha
condizionata, influenzata e
inevitabilmente trasmesso questo rivoltamento dei miei organi interni.
Ma a
giudicare dall’espressione
di Bonnie alla mia destra –calma, pacifica e rilassata: il
mio completo
opposto- tutto dovrebbe andare alla grande.
Ed
insomma… meglio così.
No, anzi,
cosa dico! Dev’essere
così, tutto o niente: un successo o un fiasco, ecco i
possibili risultati. Per
il momento l’opzione verso cui ci stiamo rivolgendo sembra la
prima… E questo
mi rende felice.
Caroline
si tocca nervosamente i
capelli, rilegge il copione e parla sottovoce con gli altri personaggi
che
andranno in scena. Prendo un profondo respiro, osservandola ed
avvicinandomi a
lei.
“Ehi”
mormoro, poggiando una mano
sulla sua spalla, facendola voltare nella mia direzione.
Inclina
le labbra per quello che
mi sembra un mezzo secondo, prima che deglutisca e mi faccia scrollare
le
spalle per la sua inutile preoccupazione che mi ha trasmesso.
“Cosa?”
“Come
cosa?” ripeto, cercando di
non alzare il tono di voce. “Sta’ calma, tutto sta
andando come abbiamo
organizzato! Respira e ripeti con me… Tutto è
perfetto.”
Rotea gli
occhi, prima di
pronunciare quelle tre parole. “Tutto è
perfetto…”
“Perché
abbiamo lavorato sodo…”
“Perché
abbiamo lavorato sodo”
apre le braccia, come se fosse ovvio.
“Ed
Elena ucciderà una bionda qui
presente…”
“Ed
Elena… cosa?!”
“…
se non la smetterà di pensare
negativo ed influenzarmi!” concludo facendola ridere, ed io
la seguo a ruota,
rilassandomi e diminuendo la tensione che la mia amica sta provando.
“D’accordo,
d’accordo. Ci provo,
tu però ripeti dopo di me: Elena Gilbert è
un’ottima amica”
Incrocio
le braccia, scuotendo il
capo . “Elena Gilbert è un’ottima
amica”
“Che
fa scelte pessime”
“Che
fa… uhm, scelte pessime”
“Perché
Damon Salvatore ti sta
mangiando con gli occhi e di Stefan neanche
l’ombra!” esclama agitando le mani.
“E quindi, mi sembra che tu abbia fatto una scelta! E non hai
detto nulla!”
Corrugo
la fronte, poco prima di
inclinare il capo verso sinistra ed osservare Damon colto in fragrante,
che
smette subito di osservarmi e non può che sembrarmi
più dolce ed indifeso.
“Abbiamo
solo… parlato.” –
affermo spostando una ciocca dietro l’orecchio –
“E non provo nulla per Stefan…
è stato solo un malinteso, quel bacio… ed
è mio amico, io… ho bisogno di lui.
Ma non come lui crede, non come tu credi. E non ho bisogno di
Damon”
Lei
aggrotta le sopracciglia e mi
guarda confusa.
“Io
semplicemente non so più
stare senza di lui… e mi accontenterei di averlo come amico
pur di averlo…
Capisci? Capisci le loro figure? Le amicizie? Non è
così semplice”
Sorride
prima di dileguarsi con
un “Incrocio le dita per la canzone… e per
te.”, che mi fa accennare un sorriso
e stringere ancor di più le carte fra le mie mani. Alzo lo
sguardo incrociando
nuovamente quello di Damon, limpido, cristallino, scottante tanto
quanto la
rivelazione che ho appena fatto. Io non ho bisogno di lui,
l’ho ammesso a me
stessa.
Io non ho
bisogno di lui, perché
in qualche modo contorto lui è già in me. Ed
io… io voglio la sua figura
accanto alla mia, costantemente, voglio… la sua mano sulla
mia guancia e fra i
miei capelli, voglio le sue labbra sulle mie… ed io voglio
lui! E quanto è
sbagliato tutto questo? Se ci fosse una scala da uno a dieci,
sicuramente cento.
Lui
è la scelta sbagliata perché
è il ragazzo sbagliato, perché gli altri lo
definiscono tale ma io non voglio
un ragazzo giusto. Lui è giusto per me, per quella che sono.
Io sono sbagliata
e anche lui, e voglio sbagliare con lui, fare tutto ciò che
non è idoneo, le
scelte non migliori pur di stare con lui.
Andrei
ovunque se lui stringesse
la mia mano con la sua, se mi promettesse di non lasciarmi mai pur
considerandomi una sua amica.
E dio,
quanto voglio lui! Lui,
lui e solo lui! So che un giorno, quando litigheremo, me ne
pentirò, giurerò
ancora di essere dannata per averlo conosciuto! Ma …
è tutto quello che voglio
adesso.
Gli
sorrido e decido di farmi
avanti, di comunicargli ciò che sento… ma Bonnie
mi chiama ed io son costretta
ad andare. E posso quasi scorgere un qualcosa nei suoi occhi che
assomiglia
alla frustrazione… e alla paura.
‘Summer
nights’ risuona in tutto
il teatro, mi sembra tutto grandioso quando vedo il pubblico muovere le
teste a
ritmo di musica e sorridere. Scorgo fra la folla zia Jenna che osserva
lo
spettacolo due secondi sì e uno no, quest’ultimo
impiegato per contemplare
l’anello al dito. Mamma, al suo fianco, scoppia a ridere ma
non perde
l’occasione di cantare. Stefan, di fronte a lei osserva
tranquillo ciò che
avviene sul palco… non sembra agitato, ma calmo…
ed attento. Come se, senza
guardarmi, avesse capito ogni cosa. Faccio tremare il labbro inferiore
al
pensiero che dovrò spiegare ogni cosa a lui, pur ferendolo.
Ma ce la
farò, non sono sola
perché Caroline incrocia le dita per me e sono sicura che
anche Bonnie lo
faccia, seppur tacitamente. “Dimmi” le dico, una
volta al suo fianco.
“Niente!
Ah, l’amore!” trilla
improvvisamente su di giri. Se non la conoscessi potrei dire che sembra
agitata, quasi voglia dirmi qualcosa ma abbia perso il coraggio.
“Che
c’è, vuoi dirmi che tifi per
Matt e Rebekah? O sei team Stefan?” rido coinvolgendola ed
appare più
tranquilla, mordendosi il labbro ed osservando, con me, nascoste dietro
il
tendone rosso del palco, lo spettacolo.
“Mai,
team Damon fino alla
morte!” esclama facendomi scuotere la testa. I capelli mossi
sono legati in uno
chignon che la fanno apparire più adulta e le conferiscono
un non so che di
elegante e femminile.
Il corpo
è avvolto in un vestito
a fiori molto vintage, coperto da un cardigan di lana, mentre ai piedi
un
normalissimo paio di scarpe con un lieve tacco.
“Cosa
c’è? Sai che puoi dirmi
ogni cosa”
Sbuffa.
“D’accordo! Cosa
penseresti se… ioeJeremycistessimofrequentando?”
domanda con una rapidità che
non mi fa comprendere nulla ma mi fa sgranare gli occhi.
“Che?”
Prende
una boccata d’aria
profonda, la vedo inspirare ed espirare mentre la seguo dietro le
quinte. Mi
inumidisco il labbro inferiore con la punta della lingua, incitandola a
parlare.
“Ho
detto… cosa penseresti se…
se…” - la incalzo con lo sguardo. –
“ Se io e Jeremy ci stessimo frequentando?”
ripete con una lentezza esasperante che non le appartiene, io corrugo
lo
sguardo e sono abbastanza certa di aver appena aperto la bocca e di
esser
rimasta senza parole.
“Ecco,
lo sapevo! Non avremo
dovuto dirti nulla, non avrei dovuto dirti nulla! Perché mi
sono innamorata di
lui, eh? Perché?”
Sorrido
intenerita di fronte alla
sua reazione, scuoto appena il capo e la stringo a me. Si ricompone e
scoglie
la mia presa. “Non.. non provare a preoccuparti, intese? Tu
sei la cosa
migliore che potrebbe capitare a mio fratello. Siete…
perfetti. Tu per lui e
lui per te. Anzi, provasse a farti soffrire e se ne
pentirà!”
Sembra
respirare per davvero dopo
un’infinità di tempo, come se improvvisamente si
fosse alleggerita di un peso
insopportabile. Ed io sono felice per lei, per loro due. “A
proposito! Da
quanto tempo…”
“…te
l’abbiamo tenuto segreto?”
termina lei con un sorrisone sul volto.
Annuisco.
“Stavo per dire ‘va
avanti la vostra storia’ ma il punto è
quello”
“Uhm…
saranno diciassette giorni,
otto ore e un non so che di minuti”
Sgrano
gli occhi: “E non avete
detto nulla per tutto questo tempo?”
Boccheggia,
ma non le do neanche
il tempo di rispondere. “Care lo sa?”
“No,no”
– scuote la testa – “Non
l’abbiamo detto a nessuno.. sai, volevamo prima la tua
benedizione”
Scuoto il
capo. “Capisco,
davvero. E’ tutto okay. Sono felice per voi”
Sorride e
torna dietro il tendone
rosso, controllando la scena mentre rimango qui impalata, a riflettere
su mio
fratello e la mia migliore amica. L’amore…
è nell’aria o qualcosa del genere.
Voglio andare da Damon.
“Elena,
ti stavo giusto
cercando!” Rick compare alla mia destra, gli occhi spalancati
e una dose
eccessiva di caffeina mista ad agitazione nelle vene. Quasi come
Caroline: lei
solo con meno caffeina.
“Hanno
bisogno di un aiuto per le
luci. Conto su di te” e scompare con la stessa
rapidità con cui è apparso,
facendomi un segno con la mano quasi per pregarmi.
Okay,
d’accordo. La mia priorità
è lo spettacolo. Damon deve aspettare ancora un
po’.
E’
la scena della festa di fine
anno, Sandy (cioè Rebekah) ha abbandonato le vesti di
‘brava ragazza’, mentre
Danny (ossia Matt) ha messo la testa a posto, sta cercando di fare il
bravo
ragazzo e questo non fa altro che farmi pensare a lui. A Damon, a
Damon, a
Damon.
E non
posso far nulla! Son qui a
vedere una versione piuttosto strana di me e lui che capiscono di esser
fatti
l’uno per l’altra, sulle note di You’re
the one that I want vorrei solo correre
per dirgli che… che in fondo, io lo amo.
Chiudo
gli occhi, oscillo le
gambe e la testa mi scoppia. “Jane?” –
chiedo – “Potresti sostituirmi un
attimo? Devo fare una cosa urgente, questione di vita o di
morte”
La
ragazza annuisce e mi dice che
è tutto sotto controllo e che la mia presenza qui
è stata completamente
superflua, io alzo gli occhi al cielo e mi fiondo alla ricerca di un
Salvatore.
Il mio
battito è accelerato, lo
percepisco ed il mio cuore potrebbe benissimo scoppiare da un momento
all’altro.
“Damon!”
lo chiamo facendo sempre
attenzione a non alzar troppo il tono di voce
“Damon!”
Lo vedo
mentre Caroline lo
congeda e si avvicina a me. Prego in almeno tre lingue diverse che il
coraggio
non mi manchi.
“Non
ho mai provato nulla per
Stefan” prorompo, facendolo sorridere appena.
“Non
ho mai provato nulla per
nessuno” ed ecco che il suo volto si rabbuia.
“Tranne
per te” mormoro con il
volto in fiamme.
“Io
non ho bisogno di te… Ho solo
questa patetica necessità di averti, con me ed al mio
fianco… E so che tutto
questo è completamente folle, ma mi hai fatta impazzire e
quindi so che è la
migliore scelta sbagliata che io possa mai fare, ma diamine, credo di
aver
raggiunto l’apice della pazzia quando mi sono innamorata di
te”
“Perché
è così…” mi avvicino di
una manciata di passi, riducendo la distanza fra i nostri corpi. Con il
respiro
affannoso continuo: “Sei l’unico che
voglio”.
E non mi
da neanche il tempo di
capire se sta sorridendo o no, avvolge il mio corpo con le sue braccia,
mi
cinge i fianchi e sembra non voglia lasciarmi più andare.
Siamo così vicini che
sento il cuore di lui battere all’unisono con il mio, e so
che può sembrare
patetico, ma in questo momento mi sento così completa,
così… felice.
Si fionda
sulle mie labbra come
se ne avesse la pura necessità, mi morde le labbra quasi
avesse fame di me. Io
mi lascio amare, mi lascio travolgere dal vortice di passione che mi
invade e
dalle sue labbra fameliche, che danno vita ad un bacio mozzafiato e
così
desiderato che non posso neanche crederci.
Cingo il
suo collo con le
braccia, gioco con le ciocche corvine di capelli e lui approfondisce il
bacio,
mi stringe e so per certo che questo è l’amore.
E’ una cosa strana, ti
sconvolge e non saprei come altro definirlo, so solo che
c’è, adesso, che prima
c’era, e ci sarà ovunque io e Damon saremo.
Ho
diciott’anni, non so cosa sia
la vita, non so che college scegliere e cosa mangerò a
colazione domattina,
sono patetica e studiosa, ma so cos’è
l’amore e mi sembra che la vita abbia un
senso adesso, come se avesse acquisito ed appreso già tutto.
“Ti
amo” mormora con la voce roca
al mio orecchio, facendomi rabbrividire di piacere mentre col respiro
ed i
sentimenti in subbuglio dico: “Ti amo… ma ti
prego, ripetimelo”
Mi lascia
un piccolo ed umido
bacio sotto l’orecchio, seguito da un “Ti
amo”, e continua, un altro bacio più
giù ed un altro “Ti amo” , continua e
continua e so che sotto sotto è impazzito
anche lui, lui che non si innamora mai e non dice queste cose.
“Sei
pazzo” rido e poggia le
labbra sull’incavo del mio collo.
“Di
te e per te”
***
Pov Damon:
Non so
nemmeno perché lo sto
facendo. Di solito, non faccio queste cose, ma da quando c'é
lei, non ho più
nessuna certezza, non mi stupisco più di niente, dopo Elena.
Ufficialmente,
é da Bonnie, o
meglio, questa é la scusa che ha rifilato a sua madre per
passare la notte a
casa mia, con me, finalmente. Non posso crederci ... Non riesco a
capacitarmi
di come, alla fine, abbia scelto me, che sicuramente non la merito, ma
farò di
tutto, pur di renderla felice.
Non so
perché, ma credo sia
passata una mezz'ora buona, da quando mi sono svegliato, eppure,
é come se la
stessi guardando per la prima volta. Ha insistito per indossare
qualcosa dopo
aver fatto l'amore, seppure io abbia palesemente espresso il mio
disappunto. Ma
comunque, vederla con addosso una mia maglietta mentre i seni morbidi
sono
perfettamente disegnati sotto il suo tessuto, non é affatto
male, proprio per
niente.
Tuttavia,
é pur sempre lunedì e
non possiamo passare la giornata a letto.
"Da
quanto mi stai
fissando?" la sento borbottare, con la voce assolutamente assonnata.
"Mh ... -
mi stiracchio,
tendendo le labbra verso di lei - un po'" mi limito a dire, imbarazzato
dall'idea di dirle da quanto la stia guardando dormire, nonostante
credo che
lei lo sappia.
Apre un
occhio ed io, con una
voglia irrefrenabile di baciarla, mi avvento sulle sue labbra,
agguantando il
cuscino che stava abbracciando e lanciandolo lontano da noi, facendola
sdraiare
sotto di me, non dopo averle strappato una risata. "Che ore sono?"
Chiede, quando scendo a baciarle il collo: "Shh ... Mi distrai"
ribatto, mentre mordicchio una porzione di pelle dietro l'orecchio.
"Hai
il test di spagnolo" mi ricorda, ridendo e facendomi emettere un lungo,
lunghissimo sospiro.
"E va
bene ... Mi arrendo.
Ma andrai a dormire da Bonnie anche domani sera" lei scoppia a ridere
ed
annuisce. "Ma prima - poggio la fronte contro la sua - dimmelo ancora
un'altra volta ..." Mi sento debole, terribilmente debole, ma la cosa
più
folle é che non mi importa ... Ho solo bisogno di sentirmelo
dire. Lei si fa
seria e, accarezzandomi il viso sussurra un 'ti amo' così
sottile da farmi
rabbrividire e sorridere, come uno stupido quattordicenne.
Chiudo
gli occhi e ispiro pesantemente:
"Alzati, o giuro che non lascerai mai questo letto"
"Uh - si
morde il labbro -
che tono minaccioso ..." Sorrido: "L'hai voluto tu"
Ed eccoci
di nuovo a rotolarci
sotto le coperte.
Sono
arrivato in ritardo a
lezione, ma la cosa non mi interessa minimamente, se é a
causa di Elena.
Finita la
lezione e sicuro di
aver preso almeno B, in spagnolo - di nuovo - il mio pensiero va a lei,
e
deciso a baciarla nel bel mezzo del corridoio, di fronte all'intero
liceo, mi
avvio verso il suo armadietto, dove sono certo stia sistemando alcuni
libri.
Invece, la trovo intenta a parlare ... Con mio fratello. Elena lo
guarda, forse
un po' annoiata ... O forse sono io che lo spero. Ma lui, lui la sta
sicuramente immaginando nuda o chissà che altro, con quella
faccia da
provolone.
Prendo un
respiro profondo e mi
avvicino, catturando un pezzo della loro conversazione, ma lui si
interrompe
all'istante. "Di che parlate?" Domando poi, desideroso di fare capire
a Stefan che é la mia ragazza, cingendola a me con un
braccio. Lei inclina la
testa di lato e prende parola: "Stefan ... Mi dispiace ..." A me no
mi ritrovo a pensare. Mio fratello assume la tipica espressione
accigliata da
cane bastonato e depresso, mormorando un non preoccuparti' di sfuggito:
"Potremmo restare amici!" Esclama Elena. No. Io direi di no.
"Non
eravamo questo fin
dall'inizio?" Domanda, amareggiato. Elena rimane in silenzio, e sbuffa:
"Mi dispiace ...".
"Credimi.
Dispiace più a
me" mormora alla fine, andandosene. Non prima di avermi lanciato
un'occhiata colma di ... Beh ... Un sacco di cose, pressoché
negative.
"É
distrutto" si limita
a dire, poggiandosi contro il suo armadietto, imbronciandosi.
Alzo le
spalle: "Gli passerà
- poso la testa sulla sua spalla mentre lei, girata, afferra il libro
di letteratura
- potremmo presentargli Barbie" Elena si volta di scatto: "Sei ...
Sei un genio!" Esclama, agguantandomi il collo con entrambe le braccia.
Staccandosi, mi schiocca un bacio sulle labbra, stroncato dal suono
della
campanella: "Devo andare ..." Dice, lasciandomi andare per poi
voltarsi.
Ma non ho
intenzione di arrivare
fino a pranzo con un semplice bacio sulle labbra.
L'afferro
per il polso e la
faccio voltare, stringendola a me e baciandola, una, due .. Tre volte.
Per poi
lasciarla andare ed osservarla andare via, trafelata e maledettamente
bellissima.
Pov Elena:
"É
... Fantastico ...
Meraviglioso, capisci?" Sussurro a Bonnie, mentre la professoressa
Newman
spiega non so cosa. "Ho capito, Elena" ribatte lei, sorridendo. Un
po' perché vede felice me, ed un po' perché anche
lei è felice, a maggior
ragione, dovremmo trovare un compagno per Caroline.
Dopo aver
salutato Bonnie con un
cenno e un sorriso, mi avvio verso l'aula di teatro, in cui la mia
amica sta
organizzando, ancora, il nuovo spettacolo teatrale a cui Bonnie ed io
saremo
costrette a contribuire, il nuovo tema 'amore nelle favole'
sarà addirittura
più difficile del precedente ma ... Ehi ... Si parla di
Caroline Forbes; niente
è impossibile.
Il tacco
in legno dei miei
stivali incontra rumoroso le scale che conducono al palco, sul cui
bordo, vi é
seduta Caroline, con una serie di fogli in mano e una matita poggiata
sull'orecchio destro. Ticchetta nervosamente le unghie su un foglio in
particolare, e sbuffa.
"Che
succede oh grande
regista?" La incalzo, facendole sollevare gli occhi limpidi e vagamente
confusi, nella mia direzione. "Non avevi storia?" Domanda. "Na,
mi sono presa una pausa. Rick capirà" metto le mani nelle
tasche
posteriori dei jeans. "Sei qui per dare una mano alla tua povera amica
confusa e incasinata?" Chiede, speranzosa.
Con un
balzo mi siedo sul palco e
mi schiarisco la voce: "Lo spettacolo è andato alla grande,
prenditi una
pausa! Potresti ... Che ne so ... Uscire con qualcuno!" Porto le mani
avanti e sorrido.
"Senti,
solo perché tu ora
sei felice con Mr. 'mi faccio tutta la scuola e ora mi sono messo la
testa a
posto' non significa che debba stare con qualcuno anche io"
Alzo un
sopracciglio e la guardo.
Lei, in risposta, alza gli occhi al cielo: "Che hai in mente?"
"Stefan"
dico
semplicemente con un sorriso.
Schiocca
la lingua: "Va
avanti" incrocia le braccia.
"Uscita a
quattro!"
Esclamo, scendendo con un tonfo dal palco e controllo l'orologio:
é quasi ora
di pranzo. Devo vedere Damon.
"Elena
Gilbert: sei un
genio"
"Lo so"
rispondo, con
un sorriso.
"Chiamami
stasera per i
dettagli!" Urla, prima che possa chiudermi la porta antincendio alle
spalle.
"Dai
sarà divertente!"
Spintono leggermente Damon, ridendo. "Un'uscita a quattro con una pazza
psicopatica e mio fratello? No grazie. Piuttosto - mi afferra per i
fianchi -
stasera potresti stare a casa mia" rido divertita: "Tu esci con noi e
potrei dire alla mamma che dormo da Caroline stasera ..." Borbotto, con
la
bocca piena.
Siamo in
un'aula vuota in cui Damon
é riuscito ad entrare perché, non si sa come,
possedeva le chiavi. Io ho le
gambe posate sulle sue e mastico il mio panino al burro d'arachidi,
mentre lui
sgranocchia svogliato qualche patatina. Mi guarda e con un sorriso
intenerito,
avvicina il pollice alle mie labbra per togliere, evidentemente,
qualche
briciola. La sua mano si intreccia alla mia guancia e mi lascia un
bacio:
leggero, dolce ... Perfetto. Posa la fronte sulla mia e sospira: "E va
bene ..." Apro la bocca per ringraziarlo ma lui mi zittisce: "Ad una
condizione"
"Quello
che vuoi"
sorrido. "Mh. Sono allettato da questo 'tutto' - sorride - prima
condizione: a casa mia, e non in qualche localino da quattro soldi e...
Scelgo
io il film, nessun altro. Altrimenti, niente uscita stile 'quattro
amiche e un
paio di jeans' intesi?"
Sorrido:
"E va bene
..."
Poso le
labbra sulle sue e Damon
quasi non mi sdraia per terra: "Siamo a scuola"
"Stasera
non lo saremo"
sussurra, facendomi rabbrividire.
***
Elena
“E’
una terribile idea” – Damon
si rigira nel letto, voltandosi nella mia direzione accompagnato da uno
sbuffo
più sonoro degli altri – “Noi, mio
fratello e Barbie? Preferirei scappare in
Alaska”
Sorrido
appena, ponendo una mano
sotto la guancia, mettendomi di fronte a lui.
“Hai
già acconsentito e… andrà
tutto bene, fidati”
Si
inumidisce le labbra con la
punta della lingua, roteando gli occhi al cielo ed io rido per quella
sua
reazione così scontata. Sbadiglio, sbattendo le palpebre un
paio di volte.
“Sei
stanca?”
Scuoto la
testa, mentendo
spudoratamente. Questa è stata una settimana terribile,
movimentata e al
contempo una delle più fantastiche di sempre. Lo spettacolo,
Damon, Caroline
troppo su di giri, Bonnie e Jeremy… sì,
decisamente una settimana difficile da
dimenticare.
Il punto
della situazione? Usciti
da scuola siamo giunti al pensionato dei Salvatore, parlando mi sono
addormentata ed allora eccoci qui, di nuovo a discutere, e di nuovo al
notare
quanto sia stanca.
“Ho
dormito” faccio notare,
abbracciando il suo cuscino.
“Ti
ho mai detto quanto amo
questo letto? E la tua stanza? Ed il parquet?”
Mi fissa
per qualche secondo,
perdendosi nella mia euforia da ‘sono nella stanza
più bella e comoda che
conosca’ , prima di ridacchiare.
“Lo
so” conferma “E sono quasi
geloso” ammette.
“Non
devi!” esclamo sorridendo
“Sai che sarai sempre al secondo posto, subito dopo la vasca
da bagno”
“Cosa?”
allibito, assottiglia lo
sguardo e mi prende per i polsi, mettendosi a cavalcioni su di me.
“Un
giorno mi trasferirò lì”
asserisco convinta, trattenendomi dal ridere sguaiatamente per la sua
espressione.
“Sai
che ti dico?” domanda
retorico, iniziando a depositare una scia di piccoli, umidi e infuocati
baci
sul collo.
Un mio
mugolio di protesta dovuto
al suo improvviso fermarsi, lo incita a parlare.
“Dovremmo
provarla… sai, vedere
se è comoda, se c’è abbastanza spazio
per quando verrò a farti visita…” Un
sorriso malizioso si fa spazio sulle sue labbra carnose.
“Sono
d’accordo” rispondo
velocemente, un attimo prima di abbandonare il suo spazioso e caldo
letto
assieme a lui.
“Due
bagni differenti: dovremmo
usarne due diversi” affermo indossando un paio di leggins ed
un maglioncino di
lana che ho dimenticato ieri a casa Salvatore: sono perfetti per una
serata
tranquilla come questa, ed, in più, non ho voglia di tornare
a casa per
prenderne altri.
“Perché
mai?” domanda Damon con
gli occhi leggermente spalancati, il torso nudo ed un asciugamano
bianco a
cingergli la vita.
“Perché”
– inizio, districando i
nodi dei capelli con una mano – “quando ci
entriamo, non usciamo prima di
un’ora” Inclina le labbra sorridendo in quello
strano modo che solo lui sa
fare, portandomi a sospirare quando ammiro la sua bellezza.
“Dovresti
essere orgogliosa per
questo!” ribatte ironico, mentre mi accingo ad uscire dalla
sua camera.
“Alt!
Dove vai?”
“Inizio
a preparare tutto: sai,
Caroline sarà qui fra un quarto d’ora e abbiamo
perso tutto il tempo necessario
per rendere tutto perfetto…”
“A
me sembra che tu ci abbia
pensato, non ricordi? Ne stavi parlando, fra un urlo ed un-“
“Damon!”
lo richiamo, prendendo
un cuscino e gettandoglielo addosso.
Ghigna,
frizionandosi i capelli
umidicci e rendendomi bordeaux.
“Elena?”
Sbuffo.
“Cosa?”
“Il
film lo scelgo io,
ricordatelo”
Fast and
Furious, ecco la scelta
del mio ragazzo. “In omaggio a Paul Walker” ha
detto, inchinandosi leggermente
e ghiacciandomi con i suoi occhi così celesti e come un
libro aperto. Sì, è da
un po’ di tempo che ci faccio caso. I suoi occhi sono in
grado di parlare come
nessun altro, meglio delle parole e dei gesti. Lui, che spesso non apre
bocca,
neanche per qualche battuta pungente, ha gli occhi limpidi, specchio
delle sue
emozioni. Ogni tanto lo scopro intento ad osservarmi, con le labbra
dischiuse.
A cosa
pensa? So solo che per le
sue iridi scorre un sentimento così evidente, quello che
più assomiglia
all’amore. Sorrido.
Siamo
tutti e quattro sul divano,
e tutto ciò mi ricorda in un modo a dir poco pazzesco una
serata, che vide
presenti me, Damon, Stefan e Rebekah. Mi sembra trascorsa
un’eternità… ma
quello che conta è che le cose siano cambiate, totalmente, e
abbiano intrapreso
una direzione decisamente positiva.
Mordo il
labbro inferiore,
chiudendo gli occhi e trattenendomi dal saltargli addosso, baciarlo e
dirgli
quanto lo ami.
Caroline,
alla mia destra,
picchietta le dita sulla sua coscia, respirando in modo quasi severo.
Damon,
invece, alla mia sinistra,
solletica il mio braccio, mettendo a dura prova la mia resistenza.
“Okay,
ora basta” Caroline prende
fiato. “Questo film è troppo!”
Stefan
maschera una risata con un
finto colpo di tosse, Damon alza gli occhi al cielo e la mia amica apre
le
braccia, come a dire ‘ehi, non è vero,
Elena?’.
“Dì
a Barbie di non contestare le
mie scelte” finge di sussurrarmi, lasciando che la bionda
ascolti perfettamente
tutto. “Damon, si da il caso che ci sia anche io
qui”
“Già,
l’ho notato” conferma
piccato.
Stefan
osserva la scena
divertito, braccia incrociate e corpo steso sulla poltrona a fianco al
divano
tre posti.
“Stefan!”
- lo richiama Care –
“Dì qualcosa!”
Lui
mormora qualcosa di
impreciso, poi “Sai com’è fatto
Damon… Si crede un tipo forte, deve vedere film
di questo genere!”
Batto una
man sulla fronte,
perché è così difficile?
“Parla
il bravo ragazzo, così
buono che allontana la mia ragazza da me”
“Ehi,
smettetela!” urlo. “Tu” mi
rivolgo a Care. “Ordina una pizza e cambia film”
lei sorride, grata.
“Tu,
Damon…” sospiro “Sono qui,
con te”. Volto il capo in direzione di Stefan.
“Ti
va di fare un giro?”
“So
che avremo dovuto parlare
molto prima” Stefan si passa una mano fra i capelli.
“Avrei dovuto spiegarti
tutto, essere più sincero”
Si da il
caso che il giardino di
casa Salvatore sia molto esteso, crei un’atmosfera piuttosto
rilassante e sia
comunque a debita distanza da Damon e Caroline. Fuori è
già buio, l’aria è
fresca e pungente.
“Lo
so”
“Io…
sono rimasto fulminato,
quando ti ho vista per la prima volta, quest’anno. Ma Damon
ha avuto l’onore di
conoscerti per prima”
“Non
è questione di prima o dopo,
Stefan.” Mormoro inumidendomi le labbra.
“Può
darsi – azzarda, toccandosi
i capelli – Ma lui ha avuto la meglio, dopotutto”
Sospiro:
“Ha avuto la meglio,
cioè me? Sicuro che non c’entri nulla la vostra
disputa interna e continua?”
“Non
lo so, Elena. Volevo solo
farti sapere che non ero in me… mi dispiace, ho infangato
ulteriormente
l’immagine di mio fratello quando era veramente cambiato. E
grazie a te, fra
l’altro. Mi dispiace per davvero.”
Incurvo
le labbra, un po’ stanca
e un po’ più tranquilla. “Non
è a me che devi chieder scusa… ma a qualcun altro
lì dentro - indico la loro abitazione – e questo
qualcuno non ha capelli
biondi”
Ride,
forse spaventato ma con
l’intenzione di alleggerire la tensione, rompere questo muro
fra noi e far pace
con suo fratello. Non lo terrorizza? Non lo esalta? Non dovrebbe farlo
sentir
meglio sapere che ha una possibilità per rimettere tutto a
posto?
“Dipende
tutto da te, lui non
muoverà un passo verso la tua direzione. Non
cambierà e non farà finta di
nulla, continuerà a riempire le vostre conversazioni di
insulti celati e odio
traboccante, ti punzecchierà e ti rovinerà,
Stefan. Perché Damon fa così quando
è ferito, quando ci tiene e suo fratello manda tutto
all’aria”
“Lo
hai detto anche tu… odio”
Esasperata,
spalanco le braccia.
“Lui non ti odia! E’ arrabbiato con te, diamine,
anche io lo sarei! Ma è tuo
fratello – scrollo le spalle – è tuo
fratello! Quindi adesso promettimi che
tenterai di aggiustare il vostro rapporto, promettilo e torniamo dentro
per
goderci questa splendida serata”
Inspira
profondamente, osservando
le finestre della casa in cui è nato e vissuto poi posa lo
sguardo limpido su
di me, scuotendo appena la testa.
“Puoi
scommetterci… – sorride –
non sai quanto mi manchi mio fratello”
“Elvis
Presley dei poveri ed
Elena di ritorno a ore dodici!” esclama fintamente su di giri
Damon. Sono in
cucina, Caroline è appollaiata sulla penisola, dondola le
gambe e da le spalle
a Damon, mentre lui ha i gomiti poggiati sul banco di lavoro ed il
cellulare
fra le mani.
“Nessun
soprannome per me?”
chiedo sporgendo il labbro inferiore, i suoi occhi liquidi e troppo
azzurri si
posano su di me e sorride apertamente.
“C’è
una vasta scelta, ma non
penso di volerli elencare di fronte a loro due” indica suo
fratello e la bionda
con una mano, costringendomi ad alzare gli occhi al cielo.
Suonano
alla porta.
Io guardo
Caroline.
“Vado
io!” esclamiamo in
contemporanea.
Ci
rivolgiamo un’occhiata
complice, lei sorride e la seguo mentre ritiriamo la nostra cena,
ovvero la
pizza.
Damon
sbuffa sonoramente: mi
volto verso i due fratelli, notando che Stefan si è fatto
forza e muove
–seppure lentamente- le labbra pronunciando qualche parola
per noi non udibile.
Solo il vedere che ci sta mettendo tutto se stesso mi rende felice, so
che
Damon è buono, ci tiene a lui e probabilmente è
troppo ferito ed orgoglioso per
fare il primo passo.
Ma come
primo approccio pacifico
non è così male, giusto?
“Sei
troppo buona” esordisce la
mia amica, chiudendo la porta alle sue spalle e tenendo il resto fra le
mani.
“Insomma,
anche se questa serata
sta praticamente degenerando…”
“Non
sta degenerando!”
“…
vuoi riunire due fratelli e
provare a capire se Stefan è giusto per
me…”
“Okay,
forse poco”
“…
e te ne sono davvero grata,
anche se probabilmente non funzionerà mai fra noi
due!”
“Andrà
tutto bene” la rincuoro
alla fine, tentando di farla sorridere e sorridendo a mia volta.
“Adesso
vediamo un bel film, mangiamo
questa pizza che sembra squisita e tutto andrà per il
meglio, vedrai. Stefan e
Damon ricominceranno ad avere un bel rapporto e lui sarà
così felice da notarti
e capire che persona fantastica tu sia”
“Lo
spero” sposta una ciocca di
capelli dietro l’orecchio e prende un bel respiro, osserva
per un attimo i due
fratelli e decide di stamparsi un bel sorriso sulle labbra.
“La
pizza è qui! Che ne dite di
accomodarci?” esclama a gran voce, con un entusiasmo tale da
non poter
rispondere negativamente.
Penso sia
giunta quasi l’una di
notte, Caroline è andata via da un pezzo e Stefan ha appena
chiuso la porta
della sua stanza. Io sono sdraiata sul letto del mio ragazzo, mentre
è in bagno
a sciacquarsi i denti. Osservo il soffitto e realizzo che non
è stata una
giornata splendida. O, perlomeno, non è iniziata come tale.
Tutti i buoni
propositi si sono infatti frantumati per colpa di problemi da
sistemare. E con
questo intendo che Damon e Stefan hanno lasciato che il loro rapporto,
di per
sé confuso e in grado di ferire gli altri e loro stessi con
una terribile
facilità, avesse la meglio su una serata di riconciliamento
e avvicinamento.
Ma siamo
umani.
Niente
più tensione, niente più
battutine sprezzanti dopo aver aperto il cartone con la cena e aver
premuto
play sul telecomando, dando inizio a “Love
Actually”, commedia romantica scelta
per l’appunto dalla mia amica.
E allora
vorrei pensare che sia
colpa dell’amore –grazie all’amore, a
dire il vero- se tutto è finito bene.
Vorrei poter credere che domani sarà un’ottima
giornata perché è finita in tal
modo. Ma soprattutto vorrei credere che da domani sarò in
grado di rendere
tutto migliore perché se si è innamorati, in fin
dei conti, si vede il mondo da
un altro punto di vista, per di più positivo.
Ed io non
sono sola, sono con
Damon e, se i miei vorrei si realizzassero, sono più che
certa che tutto
filerebbe incredibilmente liscio, perché l’amore
al quadrato è una cosa
inimmaginabile, con lui accanto sono una persona migliore.
Addormentarmi
con lui al mio
fianco mi promette di trovarlo nello stesso medesimo punto anche il
mattino
successivo. Addormentarsi col sorriso permette di svegliarsi allo
stesso modo.
Epilogo
Non ho
mai pensato alla mia vita
come un libro. Dove c’è una trama, ci sono dei
personaggi, dei luoghi, dei
tempi e delle vicende.
La scuola
mi ha insegnato tante
cose, come contare, concetti assurdi e filosofici, correre, scrivere un
tema e
imparare a condividere i propri spazi con persone totalmente diverse.
La scuola
mi ha insegnato
parecchie cose, se si tiene anche conto delle feste organizzate e degli
spettacoli teatrali.
A dire il
vero mi ha insegnato un
po’ cosa sia l’amore, guardando Alaric e mia zia
Jenna.
Ma la
scuola, una volta valicato
il sottile confine racchiuso nel portone d’ingresso, non
insegna a vivere.
Spiega la
teoria, implica la
pratica, mostra i problemi e le vicissitudini degli antichi, ci insegna
le
tecniche di sopravvivenza di coloro che sono nati e vissuti prima di
noi… ma
no, non insegna a vivere.
Non ci
dice cosa fare quando
cadiamo, non c’è una legge chimica o fisica che
esprima al meglio il modo per
star bene, andar avanti a testa alta e con un sorriso stampato sul
volto.
Non dice
cosa fare quando si
litiga, quando un qualcuno caro muore.
Ci mostra
semplicemente come
hanno reagito i nostri predecessori, ma la situazione è
diversa, costantemente
diversa: le persone cambiano e così anche le vicende, la
vita non si ferma per
nessuno ed è solamente una, motivo per cui va vissuta al
meglio.
Proprio
per questo quando Damon
mi ha fatto quell’assurda proposta ho annuito con il capo ed
urlato almeno una
decina di volte “sì, sì, sì!
Non ci credo, sì!”, cogliendo al volo
quell’
occasione che la vita mi ha offerto. Il cielo è grigio ma
non importa, il sole
potrebbe far capolino da un momento all’altro e comunque il
ragazzo dagli occhi
blu rimane il mio fulcro, il mio di sole.
Con i
gomiti poggiati sulla
ringhiera azzurra, lascio che il vento ci scompigli i capelli, mentre
la figura
al mio fianco mi cinge i fianchi con un braccio.
Alla fine
noi due resistiamo
ancora.
“Sai
che non ci credo ancora?”
domando felice, spensierata come sono da tempo, da più
d’un mese, oramai.
Lui
inclina le labbra abbozzando
un lieve sorriso, sono quasi sicura che a volte si domandi se
è tutto vero.
E
sì, è tutto vero!, vorrei
urlargli, ma so che capisce, ed allora capita che io lo guardi,
sorrida, lo
baci e basta.
Ieri
notte, mentre dormiva, ha
urlato il mio nome. Mi ha svegliato, e preoccupata, mi sono avvicinata
al suo
busto, ho poggiato il viso nell’incavo del suo collo e gli ho
sussurrato “sono
qui”.
Ha aperto
gli occhi, erano più
scuri del solito e non appena ha realizzato che la mia presenza fosse
reale, si
è tranquillizzato. Ha avuto paura che fosse stato solo un
fantastico sogno, ha
avuto paura di svegliarsi e constatare la mia assenza, ha avuto paura
che fosse
tutto frutto della sua fervida immaginazione.
“Siamo
qui, invece. E assieme”
scandisce ogni parola facendomi innamorare della sua voce ancor di
più,
sussurra questi vocaboli al mio orecchio, lasciando che il suo respiro
si
infranga sulla mia pelle solleticandola e facendomi desiderare quelle
labbra
rosee e carnose.
“Brighton”
mormoro, osservando il
mare ed il distante luna park di fronte a noi.
Ebbene
sì, Brighton.
Il mio
pazzo ragazzo ha deciso di
regalarmi questo per Natale. Brighton, qualche giorno qui, con lui e le
persone
per me più care.
Caroline
e gli altri sono sulla
spiaggia, si stanno scattando foto e sorridono tutti.
E so che
quello è l’importante.
“Brighton,
finalmente” enfatizza
l’ultima parola, allargando il mio sorriso e facendomi
chiudere le palpebre.
“Ricordo
che chiedevo in continuazione
a mamma e papà di portarmi sulla ruota panoramica”
– la indico, quella alla
nostra sinistra – “Ma ero piccola, ed era piuttosto
pericoloso. Papà mi
convinse promettendomi che qualcun altro mi ci avrebbe portata,
più in là. E
quel qualcuno l’avrei amato per sempre”
“Perché?”
Sorrido:
“Perché Brighton era il
nostro piccolo segreto. L’avrei confessato solo a qualcuno di
fondamentale
importanza, qualcuno di cui fossi follemente innamorata. Era questo il
patto”
Apro gli
occhi, osservando il
mare, l’infinito, la speranza, l’illusione, la
forza con cui giunge alla sua
fine, toccando la riva, e la paura, con la quale scappa per poi
ritornare e
inondare la sabbia.
Damon
è stato così, come un’onda
di mare terrorizzata, ha raggiunto l’apice della sua
felicità vicino a me e poi
è andato via, più impaurito di prima se
possibile. Ed infine c’è stato il
momento, quello in cui tutta la propria vita cambia, ha sfiorato la
sabbia è se
ne è innamorato, ed ha continuato ad amarla con la stessa
intensità e costanza,
ha continuato ad esserci per lei, sempre e comunque.
E forse
può suonare strano
paragonarmi alla sabbia, così sottile e bella, ma lui mi fa
sentire tale, bella
e unica, che si completa con l’acqua di mare.
Noi ci
completiamo?
“Non
potrò mai ringraziarti completamente”
mi volto nella sua direzione, accigliata, e si lecca le labbra.
“Non
pensavo di poter amare
qualcuno… amare non come si ama la propria madre o il
proprio fratello” lascio
che i suoi occhi si soffermino sul mio volto, si incastrino con i miei
e urlino
silenziosamente tutti i loro sentimenti, così evidenti e
così vivi.
“Rammollito
non è la parola
esatta, è solo innamorato. Di te e delle tue mani, del tuo
collo, della tua
pelle, del tuo profumo e dei tuoi baci. Dei tuoi capelli, del tuo corpo
e del tuo
carattere. E poi dei tuoi occhi.”
Mi lascia
un bacio fra i capelli,
ed io chiudo istintivamente gli occhi.
“Dio,
quanto amo i tuoi occhi. Ti
ho guardata ed ho capito tutto. L’ho capito a quello stupido
homecoming e l’ho
pensato anche dopo, e anche prima nella camera d’albergo,
mentre dormivi al mio
fianco e pensavo al momento in cui ti saresti svegliata, ti avrei
baciato e
avrei visto i tuoi occhi. E mi sarei innamorato ancora di te”
Deglutisco
rumorosamente, mi
osserva nel modo che mi fa paura, le iridi liquide e l’amore
fra le labbra. Mi
osserva come ogni donna vorrebbe essere guardata, in più
vedo solo amore,
amore, amore, come nella mia mano sul suo petto, sul suo cuore che
batte.
“Io
ti amo”
Mi fiondo
sulle sue labbra, le
assaporo e le marchio allo stesso modo in cui lui marchia le mie; non
so come
faccia a farmi sentire così bene, so solo che sembrano
incastrarsi
perfettamente, come le nostre mani, i nostri occhi, le sue braccia
attorno a
me, il mio viso sprofondato in lui. Tutto sembra combinarsi alla
perfezione.
“Io
amo te” sussurro.
Cingo il
suo collo con le mie
esili braccia, lo stringo e lo attiro a me.
“Ehi!”
ci richiama una voce.
Siamo costretti a spostare i nostri volti e direzionarli verso mio
fratello.
“Invece
di festeggiare il vostro
primo mesiversario da soli, perché non ci
raggiungete?”
E non
è per il Natale, che ci
sentiamo tutti più buoni. E’ perché
l’amore permette di farci stringere le mani
e andare in spiaggia.
Caroline
e Stefan si stanno
abbracciando, Bonnie e Jeremy ci osservano divertiti. E’
tutto come sognavamo.
La bionda ed il ragazzo dagli occhi verdi hanno iniziato a frequentarsi
quando
le acque fra i Salvatore si sono calmate, quando i due si sono
perdonati a
vicenda e sono tornati al loro felice punto di partenza.
E non
posso non essere felice per
loro!
Poi mio
fratello e l’altra mia
migliore amica stanno insieme da quella che mi sembra
un’eternità, per non
parlare di mamma e di quanto lei sia felice per lui.
E forse
non siamo in un libro, la
mia vita non finirà stampata su delle pagine e non
verrà tramandata di
generazione in generazione. No. La mia vita è questa, la
scuola non mi ha
insegnato a cavarmela ma mi ha dato dei consigli, mi ha buttato in
strada e ha
detto “suvvia, tocca a te adesso”. E non possiamo
scegliere da dove veniamo,
possiamo sbagliare e continuare a farlo, scegliere fra mille opzioni e
percorrere strade più o meno differenti e con tante persone.
Possiamo scegliere
dove arrivare, come e dove giungere a destinazione. Con chi,
addirittura.
Poi la
vita può scombussolarti,
aggiungere ostacoli e complicazioni, mettere un po’ di pepe
nella quotidiana
monotonia, perché, a dire il vero, non avrei mai pensato a
Damon come l’amore
della mia vita qualche mese fa, non avrei pensato a Brighton con le
persone che
amo, se non come il ricordo di un’infanzia.
Ma il
risultato finale è questo,
io l’accetto a braccia aperte e godo delle mie decisioni
giuste, affrettate o
sbagliate che m’han portata qui con lui.
“E’
bello vedere che non è
affollato come in estate.” Afferma Stefan, dando qualche
pacca sulla spalla di
suo fratello.
“Siamo
solo noi, qui” Bonnie
sorride.
“Ehi,
mi scusi?” Caroline chiama
l’attenzione di una signora “Potrebbe scattarci una
foto?”
Quella
annuisce e ci mettiamo in
posa, perché tutto questo domani potrebbe finire ed io
voglio ricordare per
sempre il periodo più bello della mia vita.
“Tutto
è iniziato da una
scommessa” sussurra Damon al mio orecchio. “Nulla
vale come quello che ho
ottenuto adesso”
“Scommettere
serve ad ottenere,
no?”
Mi bacia,
e il classico rumore di
uno scatto ci raggiunge. Caroline prende la sua Canon e ci mostra la
foto: è
stupenda, sono tutti felici ed io e Damon siamo innamorati.
E’ tutto perfetto
così.
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