To bet is to get

di ordinary_people
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno. ***
Capitolo 3: *** Capitolo due. ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre. ***
Capitolo 5: *** Capitolo quattro. ***
Capitolo 6: *** Capitolo cinque. ***
Capitolo 7: *** Capitolo sei. ***
Capitolo 8: *** Capitolo sette. ***
Capitolo 9: *** Capitolo otto. ***
Capitolo 10: *** Capitolo nove. ***
Capitolo 11: *** Capitolo dieci. ***
Capitolo 12: *** Capitolo undici. ***
Capitolo 13: *** Capitolo dodici. ***
Capitolo 14: *** Capitolo tredici. ***
Capitolo 15: *** Capitolo quattordici. ***
Capitolo 16: *** Capitolo quindici. ***
Capitolo 17: *** Capitolo sedici. ***
Capitolo 18: *** Capitolo diciassette. ***
Capitolo 19: *** Capitoli rimanenti + epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
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“Allora, ci siamo?” domando ai miei amici.
Il piano non può fallire, ne siamo sicuri. L’Homecoming è a pochi metri di distanza da noi e siamo più che pronti ad agire secondo il piano. Entrambi annuiscono con un ghigno stampato sulle loro labbra. E’ sera inoltrata, la palestra della scuola è addobbata a dovere, a partire dall’esterno, con tutte le decorazioni in tema anni venti; il percorso che stiamo attraversando per accedere all’istituto è delimitato da candele e piantine che definirei a dir poco inquietanti. Emetto un verso di puro disgusto, che scatena una risata da parte di Kol. Mi domando mentalmente a cosa serva lavorare nel comitato studentesco per l’organizzazione dei balli se i risultati sono così scadenti. Scuoto la testa per concentrarmi e pensare solo al ballo o meglio, a come rovineremo il ballo. Sistemo il nodo alla mia cravatta e con fare disinvolto faccio il mio ingresso in palestra; faccio il conteggio delle presenze e penso che siano solo due o tre le ragazze che non mi sono fatto, ovviamente, verranno rapidamente spuntate dalla lista. Kol alla mia destra e suo fratello Klaus alla mia sinistra. 
“Allora, hai detto a Jake di iniziare?” 
“Non ancora – proseguo – aspetta solo un mio messaggio, comunque” 
“Che stiamo aspettando?” Faccio segno a Kol di abbassare il tono di voce con una mano. Non rientra nei nostri piani essere scoperti prima di dare inizio a tutto ciò che abbiamo progettato.
“Solo che la fontana di cioccolato si riempia un altro po’, dopo di che daremo inizio alle danze, si fa per dire, ovviamente” specifico. 
“Pensi sia davvero il caso di farlo?” domanda mio fratello. Spunta improvvisamente dietro noi tre, allora ci voltiamo e lo scruto attentamente. È sempre stato quello più educato e decisamente noioso, fra di noi. Ovviamente non è particolarmente propenso a portare avanti questo piano che trovo a dir poco epico.
Evito di rispondergli a tono perché, sul fondo della palestra, sale una ragazza sul piccolo palco: capelli scuri acconciati in una strana coda piena di boccoli e un vestitino di cui farei volentieri a meno.
In effetti, è una di quelle da spuntare sulla mia lista.
“Grazie di essere venuti – inizia – Caroline, Bonnie ed io siamo felici di dare il via al ballo” 
“Kol, dì a Jake di cominciare” 
La ragazza non ha nemmeno il tempo di pronunciare un discorso che sicuramente sarebbe stato toccante e pieno di buoni propositi per il nostro ultimo anno; nel mio caso, il mio secondo ultimo anno. 
La fontana di cioccolato esplode in un solo colpo, lasciando che alcune ragazze lancino urli da ochette stridule e che con loro si sporchino anche i loro costosissimi vestiti. Mentre da un lato l’organizzatrice bionda del ballo, strilla come una gallina alla quale hanno appena torto il collo, l’altra tenta invano di mantenere la calma, ma sono più che sicuro che possa scoppiare in una specie di pianto da un momento all’altro.
Una piramide di bicchieri da champagne crolla, mentre il liquido chiaro scorre per terra e fa scivolare qualche povero malcapitato che si agita più del dovuto. 
Mi poggio contro lo stipite della porta ed insieme ai miei amici mi godo lo spettacolo; per un attimo la brunetta incrocia il mio sguardo in lontananza e sembra capire che possa fare parte di questo ‘imprevisto’. 
“Vi prego, mantenete la calma!” esclama allora, nella vana speranza di ristabilire un po’ di silenzio. Non appena pronuncia queste parole, tutte le luci si spengono, provocando vere e propria urla di terrore.
Nessuno fa in tempo a rendersi conto della mia esistenza perché sono già uscito, pronto a cominciare questo nuovo semestre all’insegna dell’alcol, e soprattutto, con obiettivo quello di spuntare gli ultimi nomi dalla mia lista.

Ma ho parlato troppo presto. 

Il mattino seguente, dopo il ballo, il mio nome, insieme a quello di Kol e Klaus viene richiamato all’altoparlante al centro del corridoio, dicendoci di presentarci immediatamente nell’ufficio del preside. 
“Cosa succede?” domanda Klaus, osservandomi con un guizzo di paura negli occhi. 
“E’ tutto okay, Klaus. Non è per il ballo, è impossibile. C’erano almeno un altro centinaio di persone in quella palestra.” Tento di tranquillizzarlo.
“E se invece ci avessero scoperti?” 
“Be’, Kol, potremo vantarci in giro di uno scherzo del genere. – stringo le labbra- Calma e sangue freddo.”

“Sì, signor preside, qual è il problema?” domando con il solito tono strafottente che Michael, pardon, il signor preside odia, sedendomi al solito posto, sulla poltrona imbottita esattamente al centro, di fronte alla figura non così tanto imponente, del dirigente scolastico.
Sembra quasi scocciato dal dovermi vedere di nuovo. Probabilmente è solo una mia impressione.
“Il problema, signor Salvatore … è che lei dovrebbe tentare di essere più come Stefan e smetterla di fare un certo genere di bambinate, lei – sposta lo sguardo su Klaus e Kol – così come questi due seduti accanto a lei.” Alza le sopracciglia ripetutamente osservando tutti e tre, prima di aggiungere “Vi prego, alla vostra età” con un tono quasi lamentoso, poggiando entrambe le mani sul bordo della scrivania. 
Faccio roteare gli occhi. “Il punto, qual è?” 
“Il punto è … signor Salvatore, che sappiamo esattamente chi ha fatto cosa ieri sera, e le ragazze organizzatrici del ballo sono state più che chiare a riguardo. – L’espressione dura si ammorbidisce- Proprio per questo, i suoi due collaboratori, qui, dovranno ripulire l’intera palestra e occuparsi di smacchiare tutti i vestiti sporchi di cioccolato e lei – un ghigno compiaciuto di dipinge sul suo viso – lei, invece, … si occuperà di aiutare Caroline Forbes, Elena Gilbert e Bonnie Bennett con la gestione del nuovo progetto teatrale … che gliene pare?” 
Klaus si copre gli occhi con una mano, Kol intona un motivetto di sconfitta.
Non rispondo, mi limito a chiedermi chi sia la brunetta delle tre, preparandomi a spuntare la mia lista.
“Ce la vedo a lavorare sodo per lo spettacolo invernale, sa? Due lunghi mesi di lavoro e preparazione gli faranno sicuramente cambiare atteggiamento… E’ proprio quello che fa per lei!” sorride ironico, mettendo in mostra due fossette odiose, odiose e insopportabili. 
Mi inumidisco le labbra, sorridendo di rimando al preside. Un sorriso finto quasi quanto il suo colore di capelli sempre impeccabile nonostante l'età. Ma forse è meglio se questo non lo dico.

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N/A

Salve a tutti! 

Siamo  _valins e missimissisipi, e questa è una storia a quattro mani che abbiamo scritto un po' di tempo fa:)

Qualcosa la si comprende dall'introduzione: Damon ed Elena sono accomunati da una scommessa, ovvero qualcosa che li avvicinerà, nonché il fulcro attorno a cui ruota gran parte della vicenda! Il prologo è breve ed è l'ambientazione è l'Homecoming, una festa americana che i liceali festeggiano appunto all'inizio dell'anno.

Grazie tante se siete arrivati fin qui! Per noi questa storia, questo esperimento significa molto, e, se vi è in qualche modo piaciuto il prologo seppure breve, sarebbe bello poter leggere qualche parere,  anche se di poche righe, anche due parole!

Grazie a tutti, si spera a presto!

Un bacio

I nostri profili: _valins e missimissisipi

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Capitolo 2
*** Capitolo uno. ***


Hai trovato un baco su EFP, per questa non vedi il testo della storia.

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L'amministrazione provvedera' a fare il possibile per sistemare.
Grazie in anticipo per la preziosa collaborazione.

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Capitolo 3
*** Capitolo due. ***


Capitolo due

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Caroline e Bonnie dibattono animatamente riguardo la scelta dello spettacolo da mettere in pratica. Abbiamo iniziato con Hello Dolly! Abbiamo proseguito con Jesus Christ Superstar – idea di Rick che non abbiamo nemmeno preso in considerazione – ed ora la lotta è fra Mamma mia, Romeo e Giulietta e chi più ne ha più ne metta; fa anche rima, fantastico. Io avevo una mia idea, in effetti; il punto è che nessuno qua mi fa parlare. 
In ogni caso, animatamente è un eufemismo, considerato che stanno entrambe urlando e soprattutto strepitano per dire la propria e farsi ascoltare dall’altra, ignorando bellamente me, seduta fra le due con le mani a coprire le orecchie, ed Alaric, sul palco con un tecnico per un controllo alle luci.
“Dobbiamo fare Romeo e Giulietta, Bonnie! È la reincarnazione dell’amore, della tragedia, è un classico!” 
“Stai scherzando, spero! Romeo e Giulietta è la scelta peggiore! Mamma mia è lo spettacolo per eccellenza! Un musical stupendo, divertente ed emozionante!” afferma Bonnie, come se ciò che fosse appena stato detto da Caroline sia una specie di eresia. 
Chiudo gli occhi e getto il mio fidato block notes a buchi e matita per terra. 
“Basta!” urlo, facendole smettere immediatamente di schiamazzare. Mi godo per un attimo la tranquillità ristabilitasi e che sicuramente verrà interrotta fra pochi secondi, quando entrambe riprenderanno a discutere, ignorandomi, di nuovo. 
Quando metto a fuoco la vista, osservo una Bonnie ed una Caroline con le mani bloccate a mezz’aria e le bocche ancora aperte piene di insulti non detti, che mi scrutano imbarazzate e vagamente indispettite. 
“Siamo abbastanza adulte da discutere senza urlare. – affermo, raccogliendo il mio quadernetto – Posso dire la mia opinione, oppure continuiamo con questo dibattito per niente interessante?”
Bonnie si inumidisce le labbra e si siede, osservandomi ed incitandomi con lo sguardo. Caroline fa lo stesso, solo con più eleganza della prima. 
Diamine, queste due ragazze sono completamente diverse! Sono… due opposti, come il bianco ed il nero, il giorno e la notte, il sole e la luna, la cioccolata fonden- il flusso dei miei pensieri viene interrotto dalla voce squillante della bionda che è impaziente di sentire la mia opinione, in modo da contrastarla nuovamente con la sua. 
“Allora?” mi invoglia Caroline. 
Scuoto velocemente la testa e prendo un respiro profondo: “Allora, io stavo pensando ad uno spettacolo. Uno noto, che unisce ciò che entrambe volete: una storia d’amore ed il divertimento.”
“Vai subito al sodo!”
“Un secondo, Care! – esclamo facendola zittire – Pensavo a Grease. Che ne dite?”
“Grease?” È il commento di Bonnie. Mi guarda interrogativa, probabilmente nessuna delle due ci aveva ancora pensato. 
“Già, Grease?” Ripete Caroline, come se fosse la più grande stupidaggine mai detta sulla faccia della terra. 
“É un’idea assolutamente…”
“… penosa!” Conclude Caroline al posto dell’altra. 
“…grandiosa!” Riprende, zittendo Caroline. 
Sorrido raggiante alla mia amica, mentre Caroline inizia a discutere sul fatto che Romeo e Giulietta possa piacere di più agli studenti. Certo, come se una tragedia riscuotesse più attenzione che un musical. Fra adolescenti menefreghisti e sempre più superficiali. In pieno inverno, poi. Il professor Saltzman si avvicina a noi, dopo aver congedato il tecnico con una pacca sulla spalla.
“Allora? Abbiamo il nostro tema?” Domanda, speranzoso. 
“Quasi –afferma Bonnie osservando la bionda. – Elena ha proposto Grease, il che è perfetto, ma a quanto pare Caroline non è del nostro stesso parere… Lei cosa preferisce, signor Saltzman? Grease o Romeo e Giulietta?” La carta del professore, ottima mossa. 
Alaric muove le sopracciglia pensieroso, ed evidentemente a disagio; poggia una mano sullo schienale della sedia di Care. “Uhm … beh … è una … scelta difficile.” Ammette accarezzandosi il mento. “Dovremmo trovare degli attori in grado di cantare, per quanto riguarda Grease … Per questo Romeo e Giulietta sarebbe molto più semplice da riprodurre – si guadagna uno sguardo di approvazione da parte di Caroline – ma sono convinto che qualcosa di allegro come Grease invoglierà molti più alunni a partecipare alle audizioni!” Caroline scuote la testa con veemenza. “Ma professore! Romeo e Giulietta è tutto ciò che una ragazza sogna! L’amore proibito, la passione, il trasgredire!” La bionda cerca di convincere Ric con il suo sguardo persuasivo, quello che utilizza sempre con noi e al quale non sappiamo dire di no. 
Infatti l’uomo balbetta, osservandoci per un secondo, indeciso sul da farsi.

“Ehi, Ric!” ringrazio chiunque abbia distolto l’attenzione del nostro professore da Care. 
Ci voltiamo tutti e quattro ad osservare chi sia il proprietario della voce, ma non riesco a tirare un sospiro di sollievo, si interrompe a metà fra i miei polmoni e le mie labbra. 
“Oh no.” Mormoro sconsolata. Damon Salvatore. Ossia colui che ha mandato all’aria l’Homecoming, la festa per cui ci preparavamo da così tanto tempo. Abbiamo impiegato l’intero mese di Agosto per far funzionare le cose a Settembre e dopo tutto il nostro impegno, quell’essere inutile ci ha sabotato.
Non riesco a credere che il preside non l’abbia mandato in punizione per qualche mese, magari avrebbe potuto pulire i bagni maschili e femminili dell’istituto fino alla fine dell’anno e io sarei stata più che felice di rovesciare caffè e succo di frutta tutte le mattine sul pavimento non appena lucidato; giusto per fargli capire come ci si sente. 
“Damon? Cosa ci fai qui?” domanda sorpreso Ric.
“Oh, sa, il solito. Faccio esplodere una fontana di cioccolato, le luci dell’Homecoming, aiuto voi con lo spettacolo… La solita routine.” Scrolla le spalle con nonchalance, mentre tutte noi sgraniamo gli occhi. 
Non avrei mai pensato che le parole: ‘Damon’, ‘spettacolo’ e soprattutto ‘aiuto’ potessero apparire nella stessa frase. Un lampo di nervosismo mi attraversa l’intero stomaco e sono più che sicura che valga anche per Caroline, che mi ha appena lanciato uno sguardo complice ed omicida allo stesso tempo, in favore – o sfavore, dipende dai punti di vista – di Damon. 
“Damon, forse non lo sai, ma i bagni si trovano di fronte a quest’ aula… Se devi scontare la tua punizione, rimboccati le maniche e fai amicizia con i secchi ed i detersivi! Qui stiamo lavorando!” sbotta Caroline, che sembra aver avuto la mia stessa intuizione riguardo la possibile punizione del trio delle meraviglie.
“Ah-ah, divertente Barbie. –sorrido di fronte al soprannome che ha dato a Care - Come sta il tuo vestito, a proposito? Profuma di cioccolato?”
Caroline è rossa in viso, non so se per l’imbarazzo o per la rabbia, forse per entrambi, o forse per il fatto che si sta trattenendo dall’urlare.
“Aspetta… sei serio? Devi davvero aiutarci?” Bonnie interrompe tutti, la sua è un’espressione completamente seria ed… esterrefatta, una volta che il ragazzo annuisce distrattamente con il capo.
“Bene, benvenuto a bordo!” Fulmino con lo sguardo Ric, che accoglie Damon con delle gentili pacche sulla spalla. “Oh, già che ci sei… Grease o Romeo e Giulietta?”
Seriamente? Seriamente dobbiamo lavorare con questo egocentrico, sbruffone, maleducato … e addirittura ha la facoltà di decidere che spettacolo fare? 
“Vi prego, non Romeo e Giulietta. Grease, se proprio dobbiamo. In più lì le ragazze ballano, giusto?” ammicca un sorrisino malizioso.
Beh la sua opinione è stata positiva, alla fine. 
Pervertito, ho dimenticato pervertito. Più di una volta ho assistito alla scena di ragazze mollate nel bel mezzo del corridoio con noncuranza e menefreghismo, di fronte allo sguardo attonito e curioso dei presenti. 
Biascico qualcosa di insensato che non saprei esattamente dire cosa sia, catturando l’attenzione di tutti, che mi guardano sconcertati. 

“Ehm, allora – Ric batte le mani, come ad incitarci ad avviare questo assurdo progetto – Vada per Grease! Caroline, mi dispiace, sono certo che te la caverai benissimo con questo musical!” incoraggia la mia amica. 

***

“Stati Uniti, Bonnie, Stati Uniti! È ambientato lì, non a Parigi!” commenta esasperata Caroline di fronte a delle immagini da utilizzare come sfondo per la scenografia: “Chi ti dice che questa sia Parigi?” scrolla le spalle. 
“Oh, andiamo! La riconoscerei ovunque! Quei palazzi sono tipici della Francia, in più si vede in quest’angolino l’Arc du Triomphe!” preme l’indice contro lo schermo del computer che proietta una città sul tendone rosso del teatro. 
Sorrido sconsolata di fronte all’amore che Caroline prova per la Francia, Parigi in particolare. 
Scommetto che un giorno si trasferirà lì, nella città dell’amore, del romanticismo… Se Caroline fosse una città, senza dubbio sarebbe Paris, o almeno, questo è ciò che dice lei.
Alaric è andato a prendere caffè e ciambelle glassate per tutti, credo sia sull’orlo di una crisi di nervi, o isterica. 
Nelle mani ho un testo di Grease, ho stilato una lista con tutti i personaggi e le loro caratteristiche – fisiche e psicologiche – per le audizioni; in più, sto cercando di capire se vale la pena adattare quest’opera oppure no. C’è così tanto lavoro da fare! I costumi, la scenografia, le audizioni! Avremmo il tempo necessario per mettere in scena tutto lo spettacolo? O magari dovremmo tagliare alcune scene? Ancora una volta, come sempre, mi domando se abbia fatto o meno la scelta giusta. 
Tengo le gambe poggiate contro la spalliera del sedile di fronte a me e tamburello la mia matita leggermente mangiucchiata contro il blocco a righe, sul quale ho scarabocchiato una serie di curve stilizzate. 
“Quindi tu sei Elena, giusto?” domanda una voce alle mie spalle.
Mi volto verso Damon annuendo distrattamente.
È innegabile il fatto che sia un bel ragazzo. Occhi azzurri, capelli corvini, labbra carnose, fisico statuario…
“Uh, come siamo socievoli!”
Peccato non si possa affermare lo stesso per quanto riguarda il suo carattere e la sua simpatia. 
“Sto solo cercando di lavorare, al contrario di qualcun altro qui presente…” ammicco nella sua direzione, lui alza gli occhi al cielo. “E sentiamo, cosa dovrei fare secondo te?” Sospiro, la sua voce, purché armoniosa, adesso sta diventando fastidiosa.
“Non so … chiedi al professor Saltzman cosa fare, chiedi a Caroline se ha bisogno d’aiuto.” Propongo, rimettendomi a leggere portandomi nuovamente la matita alle labbra. 
“E se volessi aiutare te?”
“Ti prego, smettila di parlare.” Mormoro, lasciando che la matita cada a terra.
“Vuoi subito passare ai fatti? Wow… Sai che non mi aspettavo che fossi una tipa intraprendente?”
“…E ti prego, non provarci con me!” esclamo lanciandogli un portapenne vuoto. Lui ride, alzando le mani come per difendersi. “Provarci con te? Sei tu quella che, fra noi due, mi ha chiesto di passare ad altro…”
È. Così. Dannatamente. Fastidioso.
“Io cosa?” domando sconsolata e distratta. 
“Beh di sicuro saprai che io – calca di proposito la parola – piaccio a tutte, è evidente. –gesticola con una mano, come fosse ovvio.- Spesso sono proprio le ragazze a provarci con me, e non il contrario. Non che mi dispiaccia, non fraintendere!”
Mi ha appena dato della poco di buono?
“No, non fraintendere tu! La tua voce mi da fastidio, la tua sola presenza mi da fastidio! Smettila di essere così… odioso! Aiuta qualcuno, invece! Fa’ qualcosa di utile nella tua vita!” sbotto esausta.
Ride ancora. 
Non dovrebbe … non so, offendersi e magari andarsene? Gli ho appena urlato in faccia che è inutile, in questo spettacolo e nella sua vita.
“Ti faccio ridere?” chiedo dalla poltroncina e sistemandomi i pantaloncini che ho addosso.
Il suo sguardo che percorre attento le mie gambe mi fa pentire amaramente di aver indossato qualcosa di così corto. Lui annuisce, portandosi una mano sulla pancia, causa le troppe risate. Ora basta.
“Hai rovinato l’Homecoming, magari speri di rovinare anche questo spettacolo e le nostre vite, chissà! Ma non ci riuscirai, perché, se non la smetti, il tuo unico impiego sarà lavare i tanto sporchi bagni della scuola. E non sai quanto mi piacerebbe vederti al lavoro!”
Smette per un secondo di ridere. “Dovresti – prende fiato – farmi paura?” domanda sedendosi sulla minuscola scrivania dell’aula, piegando a metà tanti dei fogli su cui stavo lavorando e facendomi perdere le staffe.
“Vi prego – cerco di mantenere la calma, chiamando Care e Bonnie – portatemelo via.” Borbotto portandomi entrambe le mani agli occhi e sedendomi. 
Lui esclama qualcosa a riguardo, ma si mette a chiacchierare con Ric una volta tornato.
È insopportabile. Perché deve rovinare anche questo? E soprattutto, esistere?

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N/A

Bonsoir! 

Ecco il secondo capitolo: si entra pian piano nella vera storia, è più lungo dei precedenti, e speriamo piaccia!

Si comprende il tema dello spettacolo (Grease!): i prossimi capitoli (credo i prossimi due) saranno incentrati sulle audizioni per i vari personaggi ed entreranno in gioco altri visi noti di the vampire diaries. 

Vi ringraziamo per il supporto datoci, ed in più sproniamo i lettori silenziosi a farsi avanti per un parere, anche di due righe, per riferire il vostro parere sulla storia o per altre varie ragioni! 

Un bacione e alla prossima!:)

I nostri profili: _valins, missimissisipi

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Capitolo 4
*** Capitolo tre. ***


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Capitolo tre


Il suono insistente della sveglia fa in modo che mi volti nella sua direzione e prema con forza il suo interruttore per invitarla a smetterla di assordarmi le orecchie. Dopo una serie di tentativi volti a trovare l'interruttore, riesco a sollevarmi sui gomiti e tirare un profondo, profondissimo respiro colmo di noia e mancata voglia di fare qualsiasi cosa.

Un’altra giornata scolastica.

Stilo mentalmente una lista di tutte le cose che dovrò fare oggi e sbuffo quando arrivo al pomeriggio delle audizioni.

Un’altra dura e pesante giornata scolastica.

Da quello che ho sentito, ci sono state una marea di persone ad aver confermato il proprio nome sulla lista dei partecipanti, perciò, oltre a dover affrontare un’interrogazione di letteratura inglese, dovrei passare un intero pomeriggio all’insegna delle doti canore della “Mystic High”. E quando intendo doti canore... non parlo di effettivi talenti, bensì di gente che è convinta di essere la nuova Beyonce o Katy Perry della situazione. 
Il lavoro a teatro si sta duplicando, intensificando, ci sta sommergendo come non è mai accaduto negli anni passati e se, da un lato è un bene, dall’altro sento che ho un urgente bisogno di una distrazione. Soprattutto perché non è facile trascorrere del tempo con Caroline e Damon. Ovviamente, i due stressano in modo leggermente diverso e, se da un lato, Caroline è comunque la mia migliore amica dai tempi dell'asilo e non potrebbe assolutamente farmi arrabbiare o farsi odiare, dall'altro, Damon ed io non abbiamo alcun legame - se non quello che abbia sabotato il mio Homecoming - di conseguenza, non mi creo alcun tipo di problema ad odiarlo ed insultarlo, se necessario. Insomma, il suo atteggiamento strafottente e da 'io posso fare qualsiasi cosa perché sono Damon Salvatore', non mi trasmette nulla se non irritazione e senso di omicidio; più o meno.

Scuoto rapidamente la testa e decido di dedicarmi ad altre attività, come per esempio, realizzare di essere in ritardo ed uscire, con una sottospecie di salto finito male, dal letto. Sempre così tutte le mattine. Mi perdo così tanto nei miei pensieri che non mi rendo conto di come il tempo scorra.

Dopo aver afferrato a sbafo un waffle dal piatto di mio fratello, che ha mugugnato qualcosa che somiglia al mio nome inclinato in un tono di fastidio, saluto rapidamente mia madre e mi avvio per andare a scuola.
Ultimamente, Caroline passa a prenderci tutte  con la sua nuova macchina, giusto per far vedere che 'ha una macchina nuova'. Almeno ce l'ha... mi ritrovo a pensare. Quando ho chiesto a mia madre di comprarmi una macchina, la sua risposta è stata 'lavora e guadagnatela'. Simpatica.
Mi stringo nel mio giubbotto di pelle constatando che questa mattina fa esageratamente freddo. Ottobre è iniziato da poche settimane e i raggi del sole - che hanno perso decisamente colore, assumendo quello tipico in vernale che va più sul giallognolo, che su quel bel colore caldo dell'estate - non riscaldano come ad agosto. Una leggera foschia si innalza nella campagna di fronte a casa mia e le strade sono velatamente umide. Sposto lo sguardo sul fondo della strada e scorgo l'auto scura della mia amica; apro lo sportello e mi siedo sul posto davanti. Adoro sedermi davanti.
“Buongiorno, sabotatrice” saluta piccata.
Alzo gli occhi al cielo. “Caroline, ancora con questa storia? È entrata in gioco la democrazia, non prendertela con me” sbuffo. Sono le sette e quaranta del mattino, non ho intenzione di affrontare l’ennesima discussione sul come ‘abbia scavalcato Caroline non permettendole di coronare il suo sogno di mettere in scena Romeo e Giulietta’ che va avanti da giorni.
“Ne riparleremo l’anno prossimo” prosegue, come se non avessi detto nulla.
“L’anno prossimo io sarò al college, Caroline” le ricordo.
“E io nel tuo stesso college, Elena”
“Touché” porto le mani sulle cosce e decido di lasciar cadere la conversazione, tanto non arriviamo da nessuna parte.
“In ogni caso – spegne la radio, la quale ci stava deliziando con le 'news di Mystic Falls', che comprendono solo una serie di cose insignificanti, del resto, cosa potrebbe mai succedere in una cittadina come questa? – ho sentito che Rebekah Mikaelson, la sorella di Klaus e Kol, vuole fare l’audizione per Grease. Per Sandy, in realtà”
Alzo un sopracciglio: “Sul serio?”
“Ovviamente non ci piacerà il modo in cui canta, è la sorella di chi ha mandato a farsi benedire il ballo che progettavamo da una vita” 
Svolta alla piccola rotonda ed arriva di fronte alla villetta a schiera di Bonnie. Spegne qualche secondo il motore e aspetta una mia risposta, guardandomi in attesa che dica qualcosa che le dia ragione.
“E se sarà brava?” domando.
“Non lo sarà, Elena”
“Non puoi dirlo …”
“Oh si – tamburella le mani sul volante – io decido, lei è nessuno. È il mio spettacolo e lei non ne farà parte”
Alzo gli occhi al cielo. Come al solito Caroline non ha messo in conto il fattore ‘doti canore’ e se Rebekah dovesse malauguratamente possederle, saremo costrette a scritturarla.
“Buongiorno bellezze!” Bonnie si fa spazio in macchina con un sorriso smagliante. Mi giunge alle narici una breve nota del suo profumo - che le ho regalato per il compleanno - misto ad un odore di caffè.
“Giorno” dice freddamente Caroline. Inutile dire che è ancora arrabbiata con lei.
“Non posso crederci – Bonnie si lascia andare contro il sedile posteriore, spegnendo quel sorriso che fino a pochi secondi fa le illuminava il viso – sei ancora arrabbiata? Mio Dio Caroline … non ti facevo così permalosa” incrocia le braccia al petto.
Lei sospira: “Dirigiamo questi dannatissimi spettacoli dal primo anno e li ho sempre decisi io!” sbotta, in concomitanza con una brusca sterzata per entrare nel parcheggio della scuola.

Mi volto verso Bonnie e le faccio cenno di non proseguire il discorso, o non ci avrebbe mai più parlato, sul serio.

Percorro rapidamente i corridoi ormai del tutto svuotati dagli studenti e mi affretto a prendere il libro di letteratura inglese. Odio arrivare in ritardo alle lezioni. Ma, in un modo o nell'altro, da quando veniamo in macchina, una di noi è sempre in ritardo, e coinvolge inevitabilmente le altre.
“Buongiorno raggio di sole”
Chiudo l’armadietto e mi affretto ad ignorare Damon e la sua vocetta irritante. Non so perchè, ma da quando ha fatto irruzione nella mia esistenza, non fa altro che starmi addosso.
“Sempre un piacere parlare con te” prosegue ironico.
“Vorrei poter dire lo stesso, ma…” gli rivolgo un’occhiata che sembra farlo divertire.
“A che ora sono le audizioni oggi?”
“Per te? Diciamo alle mai meno un quarto. Non sei obbligato a venire per le audizioni, ma per la sceneggiatura, per pitturare, per la musica, tutto ciò che ti tiene lontano da me” dico, sorridendo soddisfatta, accelerando il passo.
“Alle quattro quindi?” domanda, ignorandomi.
Alzo gli occhi al cielo e riesco ad arrivare in classe prima che il professore entri.
“Alle quattro” afferma soddisfatto.

Sbuffo e mi avvio a lezione, smettendo di pensare alla sua figura arrogante e presuntuosa.

***

Torturo il 'pasticcio di carne' che ho sotto mano e ascolto distrattamente i discorsi di Caroline e Bonnie riguardo agli arrangiamenti musicali.
Accanto a me, Matt e mio fratello, sono intenti a commentare qualche risultato di football.
“Elena, mi ascolti?”
“Cosa?” domano, sovrapensiero, mentre Caroline ricomincia a parlare e Damon ed i suoi amici fanno il loro ingresso in mensa.
Lui sta sghignazzando insieme a Klaus riguardo a qualcosa che avrebbe dovuto fare Kol per punizione e io, come una stupida, mi perdo a guardarlo.
Alla fine, è decisamente inutile chiedersi perché l’intera popolazione femminile della nostra scuola perda tempo a correre dietro a Damon Salvatore; tralasciando l’aspetto fisico e quegli occhi che farebbero invidia a chiunque, di certo il suo modo di fare saccente e menefreghista ha il suo fascino ed io mi detesto solo per aver pensato a questo genere di cose.
“Elena, mi ascolti?!” Caroline si sporge per passarmi una mano davanti alla faccia.
“Scusa, Care … ripeti” e credo sia seriamente la milionesima volta in cui riprende il suo discorso.
“Ah, non importa; è solo che ci saranno delle ragazze totalmente incapaci alle audizioni, Mara Thompson, voglio dire … comprendi?”
Scuoto lievemente la testa: “Chi è Mara Thompson?”
“Quella ragazza che continua a fare le audizioni per i nostri spettacoli da anni, non capendo che è una completa incapace” dice, ovvia.
Ah si. Ricordo Mara Thompson, soprattutto il modo in cui Caroline la umiliò pubblicamente dandole della stupida, incapace e senza talento. Caroline è una grande amica, è vero, ma non è in grado di vivere in una zona grigia; o sei sua amica, oppure finisci sulla lista nera ed inequivocabilmente sulla lista nera della parte dell’istituto che corre dietro a Caroline Forbes e le sue amiche, ovvero noi, che gestiamo gran parte degli eventi di scuola.

Il resto delle lezioni passano, si può dire, con una serie di pensieri inutili ad attraversarmi la testa, alternati a minuti di pausa impiegati per rispondere ad alcuni quesiti postimi dai miei professori; fino a quando, per fortuna, la campanella segnala il termine dell’ultima ora.

Di solito, quando l’aula si svuota, rimango seduta qualche secondo al mio banco, ad osservare la classe vuota: i banchi sgomberati di qualsiasi penna o matita che sia, lavagne pulite e gesso rigorosamente sulla cattedra insieme al cancellino, cartine geografiche appese maniacalmente al muro, e in questo caso, provette di chimica pulite e sistemate sull’armadio in metallo grigio contenente libri e altri materiali vari.
Non so perché mi piaccia farlo, sinceramente. Forse per prendermi una breve pausa dal resto del mondo per rimanere in silenzio, lontana dalle urla di Caroline o dalle fobie per le interrogazioni di Bonnie, solo Elena e il silenzio, una volta ognii tanto.

Un colpo di tosse alle mie spalle mi fa sobbalzare tanto da portarmi una mano al petto per lo spavento.
“Che diavolo fai?!” impreco contro Damon poggiato contro lo stipite della porta che ghigna soddisfatto.
“Cos’è, ho interrotto la tua meditazione?” mi sfida.
Lo guardo qualche secondo e in definitiva mi alzo, afferro la borsa e lo supero, dirigendomi verso il teatro.
“Oh andiamo, mi odi così tanto da non voler nemmeno venire con me in teatro?” mi raggiunge con un paio di lunghe falcate e mi si para davanti.
“Non voglio venire con te” sbotto.
“Uh … peccato – sorride – alle donne piace venire con me quando siamo insieme” ribatte, con un sorriso malizioso ad incurvargli le labbra.
“Pensi che possa in qualche modo interessarmi?” dico, tentando di superarlo.
Lui inclina la testa di lato, ed il ghigno sul suo viso, si trasforma in un misto fra stupore e incapacità di dire qualcosa, il che è già tanto per lui, realizzo, felice di averlo messo a tacere. Con un gesto secco, lo supero e mi avvio verso il teatro.

***

Mi sento come se facessi parte dei giudici per le audizioni ad X-Factor; seduta su una poltroncina in velluto scura, in mezzo tra Bonnie e Caroline, mentre Rick è in piedi con le gambe incrociate e la mano debolmente poggiata sulla minuscola scrivania di fronte al palco.
Damon, invece, è incaricato di dare una pulita al teatro, che sporco non è, ma di sicuro lo terrà impegnato per un po’, giusto il tempo per non esprimere la sua opinione riguardo alle audizioni.
“Ci siamo?” domando alle mie amiche, ritte sulle loro sedie e pronte a fare il loro ‘lavoro’ di giudici decisamente poco simpatici.
Annuiscono entrambe e un tonfo ci indica che Rick si è seduto sulla poltroncina dietro Bonnie, ed un altro che Damon si è seduto, dietro di me.
“Ti metto forse a disagio?” domanda, vicino al mio orecchio.
“Affatto” borbotto distogliendo subito lo sguardo da lui... e i suoi maledetti occhi.
E lui, con un sorriso soddisfatto come se avessi detto sì, si lascia andare contro lo schienale della sedia.
“Avanti il primo” comincia Caroline, allegra.
Una ragazzina probabilmente del primo anno, poco più bassa di Bonnie, capelli biondo cenere e occhi castani, balbetta qualcosa che credo sia il suo nome.
“Bene, Ashley – prosegue Caroline – che cosa ci canti?” sorride.
Sposto lo sguardo sulla ragazza che sta tremando come una foglia: “One thing, degli One Direction”
“Solo perché ascolti questo tipo di musica per me è no” sussurra Damon, alle mie spalle, con un tono abbastanza alto da farsi sentire, comunque.
La ragazza guarda prima lui e poi noi, terrorizzata.
“Peccato – mi volto – che a noi non interessi ciò che pensi tu … e sbaglio o hai qualcosa da pulire?”
“Io? Sono certo che ci sia qualcosa da pulire nella mia camera da letto, Gilbert … ti va di darmi una mano?”
Scuoto la testa, dapprima innervosita; poi incontro i suoi occhi che ridono divertiti e una piccola risata mi incurva le labbra, i suoi occhi si spostano su di esse e io continuo a guardarlo, mentre il suo sguardo si sposta dalla mia bocca fino alle gambe denudate dalla minigonna che indosso.
“Possiamo continuare?” mi richiama la mia amica bruna e potrei giurare di aver sentito la mancanza dei suoi occhi che percorrono rapidamente i miei.
“Scusate – mi sistemo meglio sulla sedia – procedi” sorrido debolmente.

Il semplice fatto che abbia intonato lei stessa la musica introduttiva della canzone mi fa pensare che non sia particolarmente normale, e questo non è tutto … alla fine ha addirittura interpretato ogni singolo cantante per farci vedere che sapeva cantare.
“Il prossimo” si limita a dire Caroline.

Un ragazzo, forse dell’ultimo anno, capelli scuri, occhi verdi e … lucidalabbra?
“Tu sei … Shaun – dico io, osservando l’elenco sul foglio – che cosa ci canti?”
“Secondo me qualcosa dei Queen, giusto per rimanere in tema” sussurra Damon a Rick, che si trattiene dal ridere.
“Vorrei cantare ‘I want to break free’, dei Queen” il ragazzo si sistema i capelli.
“Ding, ding, ding, risposta esatta”
Un plico di fogli finisce accidentalmente sulla pancia di Damon da parte di Caroline: “Ma guarda che sporcizia … Cenerentola, potresti pulire questo schifo?”
Lui alza gli occhi al cielo cercando invano l’aiuto di Rick che però non arriva.
“Beh … – sussurro a Bonnie – non ha affatto una brutta voce”
“No, hai ragione … penso che possa tranquillamente fare Danny Zucko, ha addirittura i capelli corti … spero non abbia problemi ad interpretare maschi …”
“Bonnie – trattengo a stento una risata – è un maschio”
“Oh … beh allora – alza le spalle – no problem”
“Bene Shaun – lo interrompo – sei stato grande! Ti faremo sapere!”

“E tu sei?” Caroline ha una mano poggiata contro la tempia e nell’altra stringe saldamente una matita, sintomo che si è innervosita.
Sono passare quasi due ore e Sandy non è ancora stata trovata, al suo posto, una serie di gente che non ha capito che il canto non è la sua vocazione.
“Sono Andy Brenton”
“Bene ehm … Andy – dico – che ci canti?”
“Tu osi chiedere a me, che cosa canto?! Razza di stronza!”
Indietreggio lentamente contro la sedia, di fronte allo sguardo basito e leggermente spaventato delle mie amiche che ora lo sono per me.
La ragazza scende rapidamente dal palco e si trova a pochi centimetri da me: “Tu lo sia chi sono io?!”
“Andy Brandy?” domando, arricciando le labbra.
...ma cos'è questa pazza?
“Brenton!”
“Oh ehm si … Brenton … scusami?” la mia suona appunto come una domanda, perché non ho capito che cosa ho fatto. Inarco leggermente le sopracciglia e la osservo: non è affatto male, tralasciando gli occhi castani con le pupille dilatate e lo sguardo da pazza omicida rivolto a me, che adesso mi mette seriamente paura. Non posso nemmeno indietreggiare contro la sedia perché è finita.
“Non sei scusata! Che razza di stupida .. tu osi dire a me-”
“Senti tu” la interrompo ma vengo a mia volta interrotta: “Penso che dovresti lasciare l’aula” le impartisce Damon. Ci mancava solo il cavaliere bianco a salvare la situazione. Sbuffo.
La ragazza sembra ritornata, adesso, nel mondo di noi comuni mortali ed alza un sopracciglio, dubbiosa: “Bene – conclude – sicuramente non troverete nessuno migliore di me”
“Fallo giudicare a loro” ribatte Damon, e la ragazza sparisce nervosa dietro le quinte, seguita dal ticchettio dei suoi tacchi e poco dopo, dello sbattere della porta antincendio appena dietro al palco.

“Ok, io ne ho abbastanza – Caroline si alza, emettendo uno stride rumore con la sedie – il resto delle audizioni saranno domani; ho ascoltato gente convinta di poter imitare Celine Dion e Cindy Lauper, gente folle che si canta la colonna sonora da sola e gente alla soglia di un esaurimento nervoso. Ora – prende un respiro profondo – prima che questo possa accadere a me, me ne vado. Continuiamo domani” dice, raccogliendo blocchi, penne e quant’altro prima di andarsene: “Elena, Bonnie, ricordatevi che alle prime due ore domani ci sono le prove per le cheerleader”
“Io vado, Elena, spegni tu le luci?” chiede Rick, sbadigliando.
Probabilmente si è svegliato adesso, constato, e vorrei tanto essere nei suoi panni.
“Certo – sorrido – a domani”
“Vado anche io, devo andare a trovare la nonna”
“Va bene Bonnie, passi a prendermi tu domani mattina? La macchina di Caroline è all’autolavaggio”
“D’accordo, quand’è che ti comprerai un’automobile?” scherza.
“Quando avrò abbastanza risparmi per permettermene una! A domani!” le dico, salutandola con la mano ed aspettando che se ne vada per alzarmi, e andare verso la mia borsa e tutto il materiale, pronta a sistemarlo.

Apro la borsa e vi infilo distrattamente il libro di matematica che ho usato per ripassare durante la pausa, il mio blocco con tutti i nomi dei partecipanti e la fodera dei miei occhiali da sole.
Damon si schiarisce la voce: “Grazie Damon, davvero, sono così felice che tu mi abbia difeso – squittisce una risata – sono così in debito con te che vorrei che uscissimo insieme”
Alzo gli occhi al cielo.
“Sul serio Elena, vuoi davvero uscire con me?”
Sbuffo: “Penso che tu abbia un disturbo della personalità” agguanto l’ennesimo plico di fogli e me lo porto al petto. Percorro la minuscola scalinata che porta all’ingresso e dopo essermi accertata che Damon sia uscito, chiudo la porta a chiave.
“Torni a casa a piedi? Che coincidenza! Anche io!” mi segue nei corridoi, vuoti, ad eccezione dei componenti del club di scacchi.
Per fortuna abita da tutt’altra parte e mi separerò da lui molto presto.
“Ciao Elena!” mi saluta Carl, il capo del club con il quale sono uscita un paio di volte. Carino, se non fosse che parla solo ed esclusivamente di … beh, scacchi.
“Ciao Carl, come stai!?”
“Alla grande – sorride – allora quand’è che sei libera? Ho sentito che c’è la presentazione di un libro che aspettavi in biblioteca, potremmo andare insieme”
“Si ehm … - sposto una ciocca di capelli dietro l’orecchio - ti chiamo io!”
“Va bene allora, ciao Elena, ci sentiamo!” sparisce, per fortuna, in fondo al corridoio.

“Fammi capire – Damon adesso è accanto a me, stiamo attraversando il cortile – esci con lo sfigato del club di scacchi e non con me?”
“È esattamente così” sorrido soddisfatta.
“La reputo come un’offesa alla mia persona”
“Quindi dovrei sentirmi in colpa?” non so perché sto sorridendo, giuro.
“Abbastanza per essere riaccompagnata a casa da un bel giovane?”
“Non vedo nessun bel giovane, qui. Mi sa che tornerò da sola … oggi” dico, fermandomi e voltandomi nella sua direzione.
Lui mi guarda e penso proprio che non si aspettasse una risposta del genere, ma sorride comunque; questa volta, però, uno di quei sorrisi veri; avete presente quelli che vi lasciano interdetti ma curiosi e vagamente felici? Ecco, quel sorriso gli sta illuminando il volto e la cosa non può che spaventarmi.
“Allora ci vediamo domani mattina?”
E la sua non è un’affermazione colma di sarcasmo o al fine di dare fastidio, è una domanda perché forse vedermi domani mattina gli interessa sul serio.
“Forse” ribatto.

E una certa ansia inizia a martellarmi nel petto, quasi come se non attendessi altro che domattina.

___________________________________

N\A
Ciao a tutti! Eccoci con un aLtro capitolo, finalmente più corposo degli altri. Inziamo a conoscere seriamente i personaggi e delineare il rapporto tra Damon ed Elena, finalmente. Da questo capitolo in poi diciamo che inizieremo ad introdurre gli altri personaggi e entrare nel 'vivo', della storia.
Non c'è molto da dire perciò vi lasciamo con un invito a dare un'occhiata ai nostri profilimissimississipi e _valins. Ringraziamo coloro che hanno recensito il capitolo scorso e risponderemo molto presto, e grazie! :)

PS: Spoiler 5x22
Non so chi di voi abbia visto la puntata, perciò preferisco avvisare. Allora, che ne pensate di questo season finale? Onestamente, penso che questo episodio sia stato uno dei pochi della quinta stagione ad essere in stile The Vampire Diaries; finalmente si è visto l'affetto che lega i personaggi e il vero ruolo di tutti. In particolare, Jeremy, Matt e soprattutto Bonnie, credo che siano stati sinceramente grandiosi in questo episodio; Bonnie ha finalmente preso in mano la situazione e fatto qualcosa, era disposta a morire per aiutare tutti i suoi amici - un po' come il finale dell'anno scorso. Arrivando alle cose meno piacevoli... credo di non aver pianto tanto in tutta la storia di tvd... Dio, Damon. Non ci posso credere! Sinceramente scriverei un'intera fic su questa ventiduesima puntata, percilò, vedro di essere il più sintetica possibile. Si è visto il vero valore del Delena, sul serio. Ormai, reintrodurre lo Stelena, non sarebbe nulla, in confronto a quello che ho visto in quest'ultima puntata. In ogni caso, tralasciando le questioni burocratiche - secondo cui Smoldy ha firmato per una sesta stagione - i due torneranno; la nonna di Bonnie ha sicuramente fatto qualcosa.
Ok, la smetto. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e a presto! 

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Capitolo 5
*** Capitolo quattro. ***


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Capitolo quattro

Mangiucchio distrattamente la punta di una matita, troppo concentrata a tentare invano di capire questa stupida lezione di Chimica avanzata. Ma niente, chiudo il libro aperto in una pagina a caso posizionato sul banco, arrendendomi all’evidenza che questo sia un argomento troppo difficile per i miei gusti, abituati fin troppo alla letteratura e alle lingue. In più, la mia mente è troppo occupata a pensare ad altro, per dirne una, un lungo ed ennesimo pomeriggio di audizioni. 
Al diavolo la Chimica, ho un’ora buca e non ho più intenzione di sprecarla studiando per recuperare una D beccata nel test della settimana scorsa, che, tra le altre cose, ha rovinato la mia media già abbastanza alta. Non impeccabile, ma pur sempre alta.
Metto via il volume nella mia borsa a tracolla, pronta a lasciarlo una volta raggiunto il mio armadietto. Nel frattempo prendo un caffè alla macchinetta. Clicco su ‘Caffè macchiato’, prima di inserire qualche moneta. Nell’attesa canticchio una canzone che ho ascoltato questa mattina, prima di uscire da casa.
Or sells love to another man… It’s too cold outside for angels to fly.
Tamburello le dita a ritmo contro la macchinetta, in attesa e costringendo chiunque passi per il corridoio a lanciarmi un’occhiata di rimprovero. Prendo il mio bicchiere, bevendone un sorso.
Deglutisco, sentendomi improvvisamente più calda e più sveglia. Ah, il caffè, non so cosa farei senza. 
Do un’ occhiata all’orologio, rendendomi conto di avere ancora venti minuti di pausa. 
La scuola non è iniziata neanche da un mese e mi sento già stanca e stressata come non mai.

Che quest’altra giornata passi velocemente, mi ritrovo a pregare. 

Penso di non aver mai trascorso delle ore così… pesanti e distruttive. E non sto parlando solo del fatto che faccia un freddo cane all’interno dell’istituto ed i riscaldamenti abbiano già smesso di funzionare per chissà quale motivo, ma anche del fatto che sembrava tutto terribilmente monotono e silenzioso.
“Ti prendo qualcosa, Elena? Panino, una mela, delle ciambelle…?” Ed ecco Caroline adesso-faccio-la-spesa Forbes, pronta ad un pomeriggio pieno zeppo di pseudo cantanti.
“Una qualsiasi cosa dolce, ho bisogno di un po’ di zuccheri.”
“Okay e tu, Bonnie?”
“Niente, ho la mia scorta di Milka al cioccolato bianco.” Sorride ed io con lei, sa quanto amo quella cioccolata. Scoppia a ridere guardandomi, forse ho un’espressione da ebete stampata sul volto.
“Va bene.” Fa Caroline, non prima di accennare una smorfia. Per lei quel tipo di cioccolata è off-limits, quella bianca è più grassa e nessuno vuole che Care non sia in forma smagliante.
“Stai bene, Elena? Ti vedo strana oggi.” Lo sguardo preoccupato di Bonnie mi intenerisce.
“Sto benissimo, sono solo un po’ stressata. Mangiare mi farà bene.”
“Sarà.” Afferma prima di sedersi sulla scalinata principale, in attesa della bionda con la nostra pausa pranzo, o meglio, pausa merenda. Mi stringo nervosamente contro la mia misera giacchetta di pelle quando una folata di vento più fredda delle altre, urta violentemente la misera canottiera rossa che ho indosso. 
Alzo lo sguardo verso l’alto, osservando il cielo nuvoloso e grigio, rivolgendomi poi verso la mia amica. “Perché non l’aspettiamo dentro? Sembra che stia per piovere.” La mia affermazione viene confermata dal rombo di un tuono. 
“Uhm… d’accordo.” Entriamo e raggiungiamo subito il teatro, accendendo tutte le luci ed iniziando ad organizzare questa giornata.
“Alaric oggi non verrà, l’ha detto stamattina a Storia.” esclama Bonnie.
“Storia?” aggrotto le sopracciglia.
“Sì, non c’eri, a proposito.” inclina la testa osservandomi. Diamine, ho davvero saltato una lezione? Balbetto qualcosa di incomprensibile. “Oggi non avevamo Storia, ne sono certa… o almeno penso.”
Lei sospira. “Sul serio Elena, cos’hai oggi?” Questa volta non so cosa risponderle. Cosa mi prende? Mi sento totalmente confusa, interdetta ed impedita di fronte alla più elementare delle frasi o al più banale dei movimenti, il che è una novità, data la mia predisposizione verso lo sport in generale. 
“Te l’ho detto, sono stressata… la scuola, la D in Chimica, gli allenamenti delle Cheerleader, il Teatro. Mi sarò sicuramente confusa questa mattina. Non ti preoccupare, non succederà più.” Sposto una ciocca di capelli dietro l’orecchio, mettendo i fogli con i protagonisti sulla scrivania. Bonnie, però, ha ancora puntato il suo sguardo su di me. Le sorrido, cercando di farle capire che sto bene. Ho detto che sono stanca e stressata, deve fidarsi delle mie parole.
Ricambia un attimo dopo, aggiustando delle sedie, quando una biondissima e fradicia Caroline fa la sua entrata a dir poco mozzafiato. In senso negativo, però.
“Cosa diamine ti è successo?” esclamo.
“É successo che si è scatenato un temporale pazzesco, e quando sono uscita dal negozio – senza ombrello, per giunta – Niklaus Mikaelson ha avuto la fantastica idea di sfrecciare con la sua macchina di fronte a me, inzuppandomi dalla testa ai piedi!” urla mentre si toglie qualche strato di vestiario, cercando un luogo per farli asciugare. Sospira quando finalmente trova un termosifone sul fondo della stanza sulla quale lancia malamente giacca e sciarpa.
Peccato, però, che il riscaldamento non funzioni, ma di certo non sarò io a dirglielo. 
“Che giornataccia!” borbotta mettendosi le mani fra i capelli. “Che ne dite se vado a cercare una stufa o qualcosa del genere? Non penso che sia l’atmosfera adatta per le audizioni, questa.” Domando. 
Il sorriso di Caroline va da un orecchio all’altro e, se fosse asciutta, sono certa che mi abbraccerebbe.
“Lo prendo per un sì.” Ridacchio, avviandomi nei corridoi alla ricerca di uno sgabuzzino.
Sembra l’ambientazione per qualche film horror, le luci accese ma che non illuminano a sufficienza a causa dell’ombra e del cielo scuro che non fanno penetrare neanche un filo di luce esterna – non che ce ne sia – , un freddo in grado di quasi farti tremare… Mancano solo le foglie secche che svolazzano ed un lampo fra le nuvole, e magari un assassino in agguato dietro la porta, constato ironica.
Faccio leva su una maniglia, aprendola e cercando a tastoni l’interruttore della luce. “Allora… qualcosa che faccia calore…” mi metto alla ricerca di una stufa, e, chissà perché, la trovo di fronte a me. Deglutisco a vuoto, guardandomi attorno. È stato troppo semplice, rifletto prima di concludere pensando di essere troppo paranoica. Non siamo in un horror, Elena, è la vita normale e tu sei a scuola.
Scuoto la testa scacciando questi pensieri, abbassandomi per spingere lo scatolone contenente la nostra nuove fonte di calore oltre la porta. La chiudo e mi volto, sobbalzando per lo spavento ed urlando qualcosa.
“O mio Dio!” urlo ancora, respirando velocemente e portando una mano al petto.
“Ma sei impazzito o cosa?” urlo colpendo il suo petto con un mio pugno. Ma inutile, non scalfisce minimamente Damon, il suo ego smisurato e il suo sorriso irritante.
Prendo lo scatolone forse un po’ troppo pesante fra le braccia, non rivolgendogli neanche la parola e superandolo.
“Aspetta, Elena!” mi chiama, ed io lo ignoro. È la seconda volta nel giro di due giorni che mi fa spaventare.
Con una breve corsetta si mette al mio passo, standomi accanto e facendomi aumentare la voglia di colpirlo con più forza. “Dai, non volevo spaventarti. Sono entrato e ti ho vista, in fondo al corridoio.” Alzo gli occhi al cielo, stringendo le labbra. Blocca il mio braccio. “Scusa, okay?” esclama.
“Mi fai male.” Mugugno ignorandolo nuovamente. Molla la presa ed alza le mani come per chiedere scusa. Indietreggia di un passo, facendomi riflettere.
Stamattina, a scuola, non c’era. Ecco perché sembrava tutto così stranamente calmo e pacifico.
“Non c’eri oggi.” Constato spostando una ciocca di capelli come posso, avendo un pesante scatolone fra le braccia. Seppure con un ghigno, “Dai a me.” dice, prendendo il peso al mio posto.
Biascico un ‘grazie’, che dubito fermamente abbia sentito.
“Stavo male.” Afferma.
“Ah sì?” alzo un sopracciglio, dubbiosa.
“Okay, non ho sentito la sveglia ed ho dormito tutto il giorno. Stefan non si è preoccupato di svegliarmi e nessuno, tranne te, se n’è accorto. Contenta?”
Sorrido. “Sei un bugiardo.”
“Mi perdoni, signorina io-non-mento-mai.” Scimmiotta una voce che dovrebbe essere la mia, facendomi ridere. “Ma smettila” gli dico, colpendo il suo braccio.
Un colpo di tosse attira la nostra attenzione. Una ragazza bionda, dai capelli lisci e perfetti è poggiata allo stipite della porta di Teatro. Assottiglio lo sguardo, è un volto conosciuto ma non so chi sia…
“Ehi, Bex.” Mi volto verso Damon, che sembra conoscerla. Bex? Non c’è nessuna Bex nella nostra scuola…
“Sai che non mi piace quel soprannome, Damon…” incrocia le braccia, trasmettendomi un’inspiegabile sensazione di odio. “Va bene… Cosa ci fai qui, Rebekah?” domanda allora lui.
Oh, quindi lei è… “Rebekah Mikaelson?” esclamo a voce alta, lasciando che entrambi mi fissino. Boccheggio un attimo imbarazzata, notando di non aver solo pensato.
Lei sembra per un secondo infastidita dalla mia presenza. O forse è solo la mia opinione.
“Ho sentito che farai le audizioni per Sandy.” esclamo sembrando improvvisamente gioiosa, facendola ridere. “Come viaggiano in fretta le notizie – il suo sguardo di sufficienza mi da ai nervi – Tu invece sei…?”
Mi scruta dalla testa ai piedi. “Elena, Elena Gilbert. Dirigo Grease.” Sorrido vittoriosa, vedendo sparire il suo sorriso.
“Be’, è stato un piacere, Bex. Elena, andiamo?” mi chiama Damon, mettendo un braccio alla base della schiena, facendomi lievemente arrossire, trasalire e chissà cos’altro. Ma cosa fa?
“Sì, certo.” Rispondo, confusa di fronte all’espressione della Mikaelson. 

“Be’, April ti faremo sapere.” Annuncia Caroline con un sorriso, spostando poi lo sguardo su me e Bonnie. “Riusciremo a trovare una Sandy, prima o poi?” mormora in un sussurro, facendoci sospirare. Le candidate per Sandy stanno terminando, non ce n’è stata neanche una in grado di impressionarci. 
Una delle cose di cui mi preoccupo? Che Rebekah abbia talento sufficiente da essere scritturata per questo ruolo.
In fondo non è ancora toccato a lei, dubito fermamente che ci siano altre cinquecento persone oltre lei, dietro il sipario. E, al contrario di quando Caroline me ne abbia parlato la prima volta, adesso sono sempre più contraria all’inserirla nel nostro gruppo.
“La prossima!” esclama Bonnie.
Un’alta, bionda, affascinante ragazza fa il suo ingresso. “Canterò Don’t stop believing dal musical Rock of Ages” Caroline, per un secondo, rimane interdetta. 
Penso per due fattori, sia perché è un pezzo non semplice, sia perché…
“Nome, prego?” dice tagliente. Ecco, sia perché non si è presentata. Lei sbuffa, come fosse ovvio.
“Rebekah Mikaleson ti dice qualcosa?” risponde ironica, facendo ridere Damon alle mie spalle.
Mi volto verso di lui. 
“Che c’è?” domanda. 
Scuoto la testa, osservando Rebekah. 
“Bene, Rebekah, puoi iniziare.” Sorrido falsamente, enfatizzando il suo nome.
Non appena intona le prime parole rimango sbalordita da quella voce melodica.
“…she took the midnight train goin' anyway…”
Bonnie muove la testa a ritmo, osservandola estasiata. 
Io e Caroline la guardiamo e ci scambiamo un’occhiata come per dire: “Che diamine sta facendo Bon?” 
“Bene… Basta così. Ti faremo sapere.” La blocca prontamente Care, facendomi sorridere.
“Immagino.” Commenta la sorella di colui che ha sabotato il nostro Homecoming.
Bonnie la osserva sconcertata. “Perché non l’hai fatta finire? È la nostra migliore candidata!” esclama.
“Perché a me ed a Elena non piace, vero Elena? – annuisco distrattamente – Siamo due a uno, perdonaci, la democrazia dice questo, no?”
La mora scuote la testa.

Damon’s POV

Le audizioni sono finite presto, meglio, avrò più tempo per dedicarmi al far nulla. Al dolce far nulla. All’uscita però, rimango sorpreso dal trovare, oltre Klaus e Kol, anche Rebekah.
Non se n’era andata un po’ di tempo fa?
“Ti aspettavo.” Mi sorride, come per rispondere ai miei dubbi non espressi. Ricambio il sorriso non propriamente convinto. “Sai, Damon – inizia Klaus poggiato alla sua auto – la mia dolce sorella mi ha riferito qualcosa che ha visto oggi pomeriggio a scuola… Tu e la Gilbert, eh?”
“Sembravate affiatati.” Aggiunge Kol, nemmeno fosse stato lì presente.
La mia espressione è a dir poco confusa. “Cosa volete dirmi? Non capisco”
“Be’- questa volta è Bex a parlare – sembravate in ottima sintonia, vi guardavate in un modo quasi romantico… – fa una smorfia disgustata – Insomma, devi dirci qualcosa? Devi dirmi qualcosa?” Odio la gelosia di Rebekah. Solo perché siamo andati a letto insieme più di una volta, non significa che io sia suo. Non sono di nessuno, meno che mai di sua proprietà.
“Manca alla mia lista.” Alzo gli occhi al cielo, gesticolando.
“Ah, sì? A me non sembrava che la trattassi come le altre.” Afferma dura la bionda.
“É così. Fatevene una ragione.” In qualche strano angolo della mia testa, sentire parlare di lei in questo modo mi infastidisce, in più, sono sicuramente fatti miei, non loro. 
“No, no, io ho qualcosa di meglio.” L’espressione di Klaus mi intimorisce per mezzo secondo.
Cos’ha in mente?
“Dimmi, allora.” Borbotto scocciato.
“Dimostraci che non ti importa minimamente di lei.”
“Come?” è la mia domanda.
“Semplice: scommettiamo.”

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N/A

Salve!
Ecco il secondo giorno di audizioni per Grease! Abbiamo finalmente Rebekah, dopo che si era parlato di lei per un po'. Che ne pensate della sua audizione? Purtroppo non è un capitolo molto lungo, ma è di fondamentale importanza perchè si parla, per la prima volta, di scommessa. Speriamo che piaccia comunque, e sproniamo tutti i lettori silenziosi a pensare e dirci in cosa realmente questa consisti. Sono aperte le scommesse!
Siete davvero gentilissime con le recensioni e questo ci rende stra-felici, per cui vi chiediamo ancora una volta di lasciare un commento se potete, anche piccolo; credeteci se diciamo che significherebbe il mondo per noi!

Vi lasciamo con un invito a dare un'occhiata ai nostri profili _valins e missimississipi. Ringraziamo ancora coloro che hanno recensito il capitolo precedente :)

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Capitolo 6
*** Capitolo cinque. ***


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Capitolo cinque


Damon

Mi sveglio. Apro improvvisamente gli occhi e tutto ciò a cui riesco a pensare è il dover affrontare la stessa identica giornata, con la stessa identica routine, ed onestamente, seppure odio ammetterlo, fare parte di questo ‘progetto teatrale’ mi sta in qualche modo rendendo la vita meno schifosa di quanto lo sia già. In un batter di ciglia, il teatro mi porta inevitabilmente a pensare alla scommessa della quale ha parlato Klaus.
È ovvio che per la sua casa al lago farei qualsiasi cosa e portarmi a letto una delle altre tante ragazze del mio liceo non sarà di certo complicato.
Con questa consapevolezza, e un accenno di soddisfazione personale, mi alzo, ed incontro mio fratello con un asciugamano sulla spalla diretto in bagno.
“Buongiorno al mio fratellino preferito!” esclamo, dandogli una pacca sull’asciugamano che cade inevitabilmente per terra.
“Ehi ehm … Damon?” mi richiama, quando sto per scendere le scale.
“Mh?”
“Elena … Gilbert … la ragazza del teatro è … insomma, impegnata?” domanda, timido ed imbarazzato.
Una sensazione che decisamente non dovrei provare mi fa aggrottare la fronte: “Perché?”
“Beh ecco – si stringe nelle spalle – è carina”
“Una delle tante” mi limito a rispondere, alzando le spalle. "Piuttosto anonima, se devo dirti la verità."
Lui annuisce lentamente: “Quindi è libera?”
“Per quanto ne so io, sì” ribatto e mi accingo a scendere al piano di sotto per prepararmi il caffè.

***

Richiudo svogliato l’armadietto e mi preparo per andare a spagnolo, una delle tante materie che odio di più al mondo.
“Allora, hai pensato alla mia offerta?” Mi volto, in direzione dei mio amico poggiato con la spalla contro l'armadietto e la sua immancabile faccia da schiaffi.
“Che palle Klaus … è ovvio che accetto, pensi che abbia problemi a … che ne so … farmi una ragazza?” domando, sorridendo. Le ragazze hanno sempre fatto la fila per stare con me; sarà  il mio stile, il mio charm, e la mia capacità di sembrare interessato quando ascolto i loro problemi dei quali non mi interessa assolutamente nulla, ovviamente.
“Ma – lo blocco prima che possa allontanarsi per andare a rompere, come al solito, a Forbes  che fa il filo a Lockwood da tempo immemorabile – una settimana. Casa sul lago. E ho detto tutto”
“Tu pensa a portarti a letto la ragazza, poi mi penseremo – un ghigno soddisfatto gli incurva le labbra – voglio le prove, Salvatore.”

La scuola è noiosa, Dio quanto è noiosa. Perché i genitori si preoccupano tanto di mandare i figli a scuola quando è una tale tortura? E ci sono anche quei folli che vogliono addirittura andare al college, prendiamo mio fratello Stefan che ha già non so quante lettere di referenze per Harvard. L’unico lato positivo è che posso avere la sua stanza che per motivi ovvi – le preferenze di mio padre – è più grande della mia.
Sento distrattamente la professoressa Vargas improvvisa dialoghi inventati con Lockwood e Donovan che sono decisamente degli sprovveduti a riguardo - incapaci di formulare un qualsiasi tipo di frase. Sospiro pesantemente, pensando di essere nelle loro identiche condizioni.
“Signor Salvatore” speravo davvero che non si accorgesse di me.
“Si signorina Vargas?”
“Dov’è il suo libro di spagnolo?” domanda, sfidandomi.
“Non è qui, al momento … ma sarò felice di farmelo spedire da Madrid il più presto possibile.”
Suscito la risatina dei ragazzi presenti in classe, compresa quella della Bennett che, sorpresa a ridere dalla prof, asserisce completamente.
La Vargas sbuffa e si porta le mani ai fianchi; donna sulla quarantina, probabilmente sola e decisamente grassa … non ho nemmeno la forza di fare il lumacone di turno.
“Allora, al termine della lezione voglio che vada in biblioteca a prendersi il libro.”
“Agli ordini signorina”  Mi porto teatralmente la mano alla fronte, in segno che ho appreso e registrato gli ordini.
Alzo gli occhi al cielo e non appena la campana suona, afferro giacca e tracolla per andare in biblioteca, questa giornata peggiora di ora in ora.

“Salve signora Henrie – sospiro annoiato – ho bisogno di questo libro” allungo alla bibliotecaria il post-it sul quale è scritto il nome del volume e lei mi guarda, dal retro delle sue lenti rettangolari e sbuffa: “Com’è che sei sempre qui a chiedermi libri?”
“Che vuoi che ti dica, mi piace venire qui a salutarti”
“Non attacca con me – fa una pausa – vada nel reparto delle lingue, Salvatore”   
Senza nemmeno farmi spiegare dove sia, mi dirigo verso lo scaffale in questione, quando la mia attenzione viene attirata da qualcosa di decisamente più interessante.
C’è Elena, seduta in un angolino deserto e solitario.
Sta probabilmente facendo gli esercizi di qualche materia, dà un’occhiata al libro e successivamente al quaderno, per controllare che ciò che ha scritto sia giusto o meno, o almeno credo. Ogni tanto fa una pausa e le sue labbra mimano lente le note della canzone che il suo iPod appoggiato sul tavolo sta riproducendo.
Un moto di tristezza mi attanaglia lo stomaco, ho appena scommesso sulla vita sentimentale di una ragazza che non ha fatto niente, se non essere incredibilmente dolce e bella nella sua estrema naturalezza - altro che 'ragazza anonima'. Per un attimo sono quasi tentato dal lasciar perdere quest’idea e sedermi lì con lei, a parlare; poi torno con i piedi per terra e realizzo che io non sono un debole che si arrende per un bel faccino.
Stringo la giacca intorno alle dita e dimentico qualsiasi motivo per cui ero venuto qui e mi dirigo verso Elena che nemmeno si è accorta che sono in piedi di fronte a lei, a guardarla, mentre si sposta irritata una ciocca di capelli dietro l’orecchio che puntualmente le ricade davanti al viso prima di scrivere.
Mi metto nel suo campo visivo e la vedo trasalire e quasi si trattiene dal lanciare un urlo: “Smettila di piombarmi davanti a terrorizzarmi!” esclama, con il tono di voce più basso del solito.
“Perché sussurri?” mi faccio più vicini, sedendomi ed emettendo un suono stride con la sedia che fa voltare i presenti con aria sdegnata.
“Siamo in biblioteca” risponde, per poi tornare con gli occhi sul suo libro di … spagnolo.
“Hai anche tu la Vargas?” domando, ma lei sembra non sentire.
Le tolgo le cuffie dall’orecchio e le intreccio all’ iPod. Lei mi guarda, irritata.
“Che cosa?” sbuffa, sistemandosi meglio sulla sedia per guardarmi.
“La Vargas – indico il libro con lo sguardo – ce l’hai anche tu?”
“No. Io seguo il corso di spagnolo avanzato, sono più avanti di un anno”
È anche intelligente, constato.
Mi soffermo a guardarla più del dovuto e poi sorrido, quando un’idea geniale mi lampeggia in testa: “Ma guarda un po’ caschi a pennello! E io che avevo proprio bisogno di ripetizioni”
“Ma guarda, non mi interessa” ribatte, tornando a posare gli occhi sul suo libro.
“Potrei … che ne so, pagarti in natura” propongo.
“Potresti … che ne so, cercarti qualcun altro”
“O andiamo Elena – sbuffo – un aiutino, dico sul serio”
Lei alza lo sguardo su di me e adesso sono io a trasalire, per chissà quale assurdo motivo; è che i suoi occhi sono così profondi ed inquisitori che quasi mi spaventano.
“E va bene – sospira – ma voglio essere pagata e voglio che smetti di dare fastidio a Caroline durante le audizioni” mi dice, puntandomi l'indice contro, quasi a sfiorarmi il petto.
Come fa a sapere che la sfotto? E io che pensavo di parlare a bassa voce.
“Io non-” di fronte al suo sguardo serio, scrollo le spalle: “La smetto”
“Bene”
“Allora domani dopo la scuola?”
Lei sembra pensarci su, probabilmente con tutte le cose che ha da fare … sicuramente sta sprecando del tempo prezioso facendomi ripetizioni; scuoto la testa … non mi interessa.
“Alle quattro … ho gli allenamenti con le cheerleader – si giustifica – a casa tua perché non voglio che tu stia a casa mia” ribatte.
Sorrido di fronte alla sua schiettezza: “Andata”
“Ora lasciami studiare” ribatte, indicando con lo sguardo il libro.

Mi allontano dalla biblioteca, con uno strano sorriso ad incurvarmi le labbra e sinceramente ho paura a definire da dove provenga.

Elena

“Gli hai detto di si? Seriamente?”
“Si Caroline, è la quarta volta che te lo dico”
Siamo sedute sul mio divano: Bonnie è troppo impegnata a guardare la sua serie televisiva preferita per accorgersi di ciò di cui stiamo parlando e Caroline sgranocchia nervosamente qualche popcorn dalla scodella che ci siamo preparate.
“Perché non avrei dovuto?” proseguo.
“Perché no? Allora, ci ha sabotato l’Homecoming, è amico di Klaus e Rebekah ed è stronzo, e soprattutto famoso per la sua capacità di farsi qualsiasi cosa respiri e sia di sesso femminile!”
“Ha detto che mi paga … i soldi possono servirci per i costumi, la scuola ce ne da pochi … quindi” ... e per la mia macchina, mi ritrovo a pensare.
“Mh …ti dico solo … non cascarci lui … non prova niente per nessuno, Elena … è solo uno stupido come il suo amico” risponde, incrociando le braccia al petto.
“Con Tyler?” domando.
“Ah – sbuffa intristita – non penso di interessargli … è tipo cotto per Hayley, quella del terzo anno, nemmeno mi guarda”
“E Klaus?”
“Klaus è … insomma, un’idiota, insensibile, bastardo”
“Tu piace” asserisco.
“Affatto”
“Si invece”
“No”
“Io dico di si”
“Ma guarda che ora si è fatta – fissa l’orologio immaginario che ha al polso e trascina Bonnie per un braccio – domani, cheerleader, non dimenticarlo”

Sposto il peso da una gamba all’altra e sposto rapidamente lo sguardo su tutti i vestiti all’interno del mio armadio. Non so nemmeno io perché sto perdendo tutto questo tempo davanti ad un semplice guardaroba, io che sono il tipo da jeans e maglietta scura, e che non ho intenzione di andare in giro mezza nuda.
Ma domani devo andare a casa di gente che non conosco … dei Salvatore, quelli che sono i più ‘fighi’ della scuola, stando a quello che si dice in giro e Damon … insomma …
“Che fai lì impalata?” mi richiama Jeremy dal corridoio.
“Oh io – mi volto – niente” accenno un sorriso.
“È pronta la cena” risponde.
Fisso un’ultima volta l’armadio e ne tiro fuori un paio di pantaloni neri decisamente aderenti, una canottiera bianca e il mio paio di converse nere preferito.
Mi avvio al piano di sotto con uno strano sorriso in volto ed ho onestamente paura ad ammettere da dove provenga.

***

“Ella està pidiendo algo que no conoces, asi que no podes contestarle.” Leggo, spostando una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “Traduci.” Affermo rivolgendo lo sguardo a Damon, che non mi ha tolto gli occhi di dosso nemmeno per mezzo secondo.
“Eh?”
Appunto.
“Traduci.” Ripeto, indicandogli con una matita la frase sul libro.
“Ah, sì. Ecco - prende una boccata d’aria, mentre si concentra. O almeno… fa finta di farlo - lei sta… con un piede saldo che non conosco, così che non posso urlarle contro... Ma non ha senso!” esclama facendomi ridere.
“No, non è così – mi avvicino a lui indicandogli ogni parola della frase con le dita della mia mano – ‘Lei sta chiedendo qualcosa che non conosci, per questo non puoi risponderle’... Non è difficile! Prova con questa…”
Mi rivolge una rapida occhiata prima di osservare le parole sul libro.
“Ella no sabe lo que siento cuando la veo.” Dico a voce alta, sorridendogli per infondergli un po’ di fiducia.
“Lei non sa… uhm… che ho bisogno di una pausa.” Prima che possa rendermi conto che ha terminato la sua traduzione dicendo ciò che vuole fare, lo correggo. “No, Damon! È: Lei non sa quello che sento quando la vedo!”
Gesticolo, prima di sfogliare il libro, per ripassare – per la quinta volta in questa giornata –  le basi della grammatica. “Anche.” Mormora, facendomi deglutire e trasalire.
“Eh?” domando.
“Niente, niente… senti, perché non facciamo una pausa? Tanto Spagnolo da alla testa.”
“Ma Damon –ribatto, come farebbe Caroline – non hai praticamente fatto nulla! Non sai niente in più di ieri!”
“Dai, Lena. E poi non è vero, so come si dicono due frasi importanti.” Esclama con un’espressione seria. Scoppio a ridere. “Damon, questo è… è niente, insomma, una primina saprebbe anche più di te!” rido ancora, riflettendo poi sul soprannome che mi ha dato. “E va bene, una breve pausa. Ma non chiamarmi Lena, lo odio.”
“Perché? Il tuo inquietante ragazzo del club di scacchi ti chiama così?” domanda con un ghigno.
Gli rivolgo un’occhiata truce. “Non è il mio ragazzo, e sono affari che non ti riguardano.” Chiudo il libro e mi metto a correggere un esercizio completamente sbagliato che ha svolto prima il Salvatore.
“Sei permalosa.”
“E tu una frana! Non ne combini una giusta, nemmeno con il libro aperto accanto a te!” ribatto piccata.
Mi scruta, mentre una sensazione di disagio mi invade. “Perché mi distraggo facilmente…” mormora alludendo esplicitamente a me. Boccheggio, distogliendo lo sguardo da lui.
“Si è fatto tardi… io devo andare.”
“Aspetta, Elena!”
“Ci mettiamo d’accordo domani mattina per la prossima lezione, okay?” affermo mettendo a posto la borsa per poi spostarla sulla mia spalla.
“Elena… qualunque cosa abbia detto non vol-“
Lo interrompo. “É tutto okay, devo solo andare.” Affermo non convinta delle parole che fuoriescono dalla mia bocca. Qualcosa in lui… nel suo modo di fare mi colpisce, mi… impaurisce. È come se stessi cercando di proteggermi da lui. E va bene, diamine, deve essere così! Mi detesto per questa mia capacità di infilarmi in queste situazioni del tutto spiacevoli. Che poi, nessuno mi ha costretto a fare questa cosa delle ripetizioni, per di più, Damon ha sabotato il ballo al quale lavoravo da … che ne so, sempre.
“Ci vediamo, allora.” Mormora apatico.
Annuisco con il capo, prima di aprire la porta d’ingresso e fiondarmi fuori a concedere un po’ di aria al mio respiro già inspiegabilmente corto.

Senza accorgermene vado a sbattere contro qualcosa … ehm … qualcuno.
Un ragazzo alto, capelli castani chiari, occhi verdi e un sorriso a dir poco mozzafiato.
Rimango imbambolata da tanta bellezza.
“Ehm –tossisce catturando la mia attenzione –  Non volevo venirti addosso, scusami.” Ed è anche dolce e si preoccupa per qualcosa che non ha fatto. Care mi avrebbe urlato di sposarlo all’istante.
E anche Bonnie.
“Scusa tu, andavo di fretta e non ti ho visto.” Mormoro stringendomi nella mia sciarpa.
“Ah.” Sembra quasi … deluso?
“Sono Stefan, comunque. Stefan Salvatore.” Mi porge la mano e gliela stringo, mentre tutto è finalmente spiegato. È il fratello di Damon, è ovvio che siano entrambi due ragazzi bellissimi.
“Elena Gilbert.”
“Lo so, abbiamo chimica insieme, quest’anno.” Aggrotto le sopracciglia. Davvero? Non me ne ero mai accorta.
“Davvero? Ecco perché avevi un viso familiare.” Sembra illuminarsi a queste parole … Cosa ho detto di tanto speciale? Mormora qualcosa di impreciso, facendomi sorridere.
“Conosco tuo fratello.” Esclamo all’improvviso, volendo prolungare questi istanti con lui.
“Gli faccio ripetizioni di Spagnolo, è una frana.” La butto sul ridere, vedendo una strana espressione sul suo volto. “Oh… lo è un po’ dappertutto.” Risponde con una mano fra i capelli.
“Già.”
“Già.” Mi fa eco lui.
La porta si apre improvvisamente. Damon è sulla soglia della porta.
“Vedo che vi siete conosciuti.” Il suo tono cela una velata ironia. Ma cosa c’è che non va?
“In realtà ci vediamo già a chimica.” Ribatto prontamente, facendolo zittire.
“Già.” Ripete nuovamente Stefan, alla mia destra, con un sorriso sulle labbra.
“Già.” È la voce di Damon, che mi osserva e sembra volermi scrutare fin dentro, con i suoi occhi cristallini che mi fanno deglutire a vuoto, ed ecco che l’aria mi manca … di nuovo.
“È stato un piacere, Stefan.”
“Anche per me.” Mette le mani nelle tasche, sorridendo ancora di più, se possibile, e facendomi venir voglia di abbracciarlo. È … perfetto.
“Damon.” Lo saluto, allontanandomi.
Non mi arriva, anche se da lontano, nessun suo saluto.
Rabbrividisco un attimo, chiedendomi cosa abbiano entrambi i fratelli Salvatore.

“Sei una poco di buono!” esclama Bonnie tirandomi un cuscino ma mancandomi, ovviamente.
“Ma non è vero!” ribatto.
“Sì che è vero!” questa volta è Caroline a parlare, con la sua coda di cavallo ed il naso rosso, causa influenza presa per colpa di Klaus, della macchina di quest’ultimo e della pioggia di ieri. Oggi è venuta a scuola ma se ne è andata prima per ovvi motivi. Era in condizioni pietose, se fosse stato per lei avrebbe continuato a vagare per corridoi e classi, ma per fortuna Bonnie ed io l’abbiamo convinta ad andare a casa, ed è stato decisamente molto meglio così.
“Due ragazzi ci provano con te, e tu ci stai con entrambi: questo fa di te una poco di buono!” esclama sorseggiando il suo tè caldo. Scuoto la testa, prendendo il cuscino da terra e gettandomi sul letto della bionda, al suo fianco.
“Per giunta due fratelli!” Bonnie le da man forte, pur sapendo che tra me e Damon non succederà mai niente. Ma farei un pensierino su Stefan …
“Senti, Damon ha fatto una stupida allusione su di me, a seguito della quale me ne sono scappata. Ma Stefan, il fratello – sospiro –  vi sarebbe piaciuto, eccome!”
Caroline alza gli occhi al cielo, terminando di bere. Bonnie mi chiede quale film vedere, ed io ne indico uno a caso. Finalmente posso godermi un po’ di pace, niente allenamenti delle cheerleader fino a quando Forbes non si rimette. Per il teatro e le ripetizioni … sopravvivrò.

Damon

“Cosa vuoi sapere, Stefan?” domando svogliato a mio fratello, che mi osserva insistentemente con uno strano broncio sul viso.
“Cosa voglio sapere? – mi scimmiotta –  É un’altra delle tue prede?” É infuriato. Sbuffo. Annoiato dai suoi ennesimi atteggiamenti da maschio alfa e superiore che mi fanno a dir poco arrabbiare.
“Non sono affari tuoi. Vuoi uscirci? Fallo, non è problema mio. Non sarò io a fermarti.” Affermo tagliente, e mi guarda come se lo avessi insultato per ore. Mi da fastidio. Lui, la sua richiesta, il voler sempre aver tutto sotto controllo. Elena è grande per decidere se … frequentare lui. Sarò così veloce nel vincere la scommessa che nessuno, dopo poco tempo, neanche se ne ricorderà. Neanche lei, perché mio fratello sarà lì per lei, a consolarla, a farla calmare, a farla innamorare.
Che lo faccia, non mi interessa.
Sembra trattenersi dal mandarmi al diavolo. Non è in grado di insultarmi, né minimamente né pesantemente. Il solito Stefan, il solito eroe.
Un sorriso inclina le mie labbra, non l’ha mai fatto e non penso troverà mai la forza –o grinta? –  di dirmene quattro.
“Sai che c’è?” domanda retoricamente. “C’è che lei mi piace, e potrei sul serio innamorarmene. Vorrei una relazione stabile, lei ed io, e sono sicuro che la renderei più felice di quanto lo è con te. Ma tu… dannazione, tu mandi sempre tutto all’aria! Non ti importa mai delle conseguenze e dei sentimenti altrui. Quando le spezzerai il cuore –e sono sicuro che lo farai –  io ci sarò per lei, sarò tutto quello che tu non riuscirai mai ad imitare, nemmeno lontanamente e con tutta la buna volontà.”
Mi guarda, ed i suoi occhi esprimo solo tanto disprezzo. Tanto gelido disprezzo.
“È questa la differenza fra me e te, fratello.” Deglutisce, dopo aver puntato l’indice contro di me.
Rimango immobile per chissà quanto tempo, non sono neanche sicuro che tutto questo sia accaduto realmente o sia solo frutto della mia mente quasi malata. Stefan non saprà insultare, ma ci sa andare davvero pesante con le parole, alle volte.

“Rebekah –le lascio un messaggio vocale – sei a casa? Fammi sapere… ho bisogno di passare un po’ di tempo con te.” Chiudo il telefono e sospiro, recandomi in bagno per una doccia.
Lascio che l’acqua mi avvolga, mi riscaldi ed eviti di pensare.
Se rifletto sul profumo del bagno doccia, eviterò che Stefan ed Elena entrino nella mia testa.
È bollente, e mi piace. … L’acqua, s’intende.
Prendo un asciugamano bianco e lo lego alla vita, sentendo il telefono improvvisamente squillare.
“So che vuoi vedermi nudo, Rebekah, se solo aspettassi qualche minuto…” esclamo sarcastico, frizionando i capelli con un ulteriore asciugamano.
Damon…” deglutisco pesantemente, chiudendo gli occhi ed insultandomi in cento lingue contemporaneamente, includerei lo spagnolo, se lo sapessi. “Ho dimenticato il cellulare a casa tua, volevo passare a riprenderlo, ma se hai da fare …” Elena lascia la frase in sospeso, facendomi intendere perfettamente cosa voglia dire.
“No, no, sono a casa… cioè, ehm… te lo riporto io, okay? Non ti preoccupare.” Ribatto, prendendo dei boxer e dei vestiti da indossare.
Non vorrei scomodarti…” è seria, ma il suo tono non può che suonarmi assolutamente ironico. “Anzi, sai che c’è? Passo a prenderlo io, c’è Stefan a casa, no?” domanda retorica, mentre maledico mio fratello mentalmente.
“Sì, be’, lui ci sarebbe m-“
Perfetto, non ti preoccupare.” Afferma, svelta, chiudendo la conversazione e lasciandomi con una frase a mezz'aria e il telefono ancora poggiato contro l'orecchio.
Diamine, sono uno stupido,
Il telefono squilla nuovamente.
“Hai cambiato idea, Elena?” domando con un sorriso, seppure sappia che llei non può sicuramente vedermi. Il sorriso serve solo a me. A spaventarmi e a darmi del cretino.
“Vedo che ti stai dando da fare, Damon. – batto una mano sulla fronte, è Rebekah – Senti… ci sono Nik e Kol a casa con delle ragazze. Possiamo fare a casa tua?” chiede, ed io vorrei dirle di no, ma se lo facessi, me la metterei contro. E con lei Niklaus, Kol e tutti quelli dalla loro parte. Se dicessi no, lei si arrabbierebbe e mi insulterebbe, si vendicherebbe e non oso neanche immaginare come.
“Certo…” rispondo poggiando la fronte sul muro.

Non c’è nessuno più idiota di me.

____

N\A
Ciao a tutti! Eccoci qua con un nuovo capitolo - decisamente in ritardo. Scusate ma per chi va ancora a scuola, sono gli ultimi giorni più infernali di sempre, questi.
Allora, non c'è molto da dire sul capitolo. Vediamo che Damon si da "da fare", con questa scommessa, anche se ogni tanto ha dei ripensamenti, ma non ha di certo intenzione di lasciar cadere la cosa. D'altro canto, Elena sembra che voglia instaurare un rapporto con Stefan - idem dall'altro lato. Come procederranno le cose? Speriamo che il capitolo vi sia piaciute e ringraziamo coloro che recensiscono e hanno messo la storia fra le seguite\preferite\ricordate. Significa molto per noi :)

Come al solito, vi lasciamo un collegamento ai nostri profili: valins e missimississipi. Un bacione e alla prossima!

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Capitolo 7
*** Capitolo sei. ***


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Capitolo sei

Penso che morirò, prima o poi. 
No, non sono una che medita il suicidio, non ci sono mai arrivata, per fortuna. Il fatto è che non ho una macchina e devo muovermi a piedi penso che, oltre ad essere palesemente umiliante per una diciottenne è anche maledettamente faticoso, se non ingiusto, stancante e tutto ciò che di negativo ci si può aggiungere.
La sfortuna – perché sì, è sfortuna – vuole che Stefan e Damon Salvatore abitino decisamente lontano da casa mia e queste ripetizioni, oltre a sconvolgermi emotivamente, mi stanno facendo perdere chili e chili della poca massa muscolare presente sul mio corpo.
Il fatto che mi sia dimenticata il cellulare, evidenzia la mia totale e completa stupidità, e poca furbizia, aggiungerei. 
In ogni caso, dopo aver rischiato di essere caricata su un furgone da un meccanico mezzo pazzo, sono riuscita ad arrivare a destinazione.
Questa faccenda delle ripetizioni, come ho detto, mi sta distruggendo … Damon mi sta distruggendo perché il suo sguardo da ‘sono un fico pazzesco’ non mi lascia in pace nemmeno un secondo ed onestamente mi chiedo, con tutta la gente del mio liceo, perché abbia chiesto a me, Elena Gilbert, dirigente del progetto teatrale, ragazza alla quale ha sabotato una serie infinita di progetti e cheerleader, che con Damon Salvatore non ho mai scambiato mezza parola.

Il mio indice rimane immobile a pochi centimetri dal campanello quando la porta di casa si apre, scoprendovi una Rebekah Mikaelson con i capelli scompigliati post-coito, una maglietta al contrario ed una sigaretta fra le labbra, con accanto un Damon Salvatore privo di scarpe e maglietta – grazie a Dio ha ancora i pantaloni, anche se potrei giurare che non li avesse fino a qualche minuto fa – che saluta la bionda con una semplice scrollata di spalle. 
Il suo sguardo disinteressato si spegne quando si accorge che ci sono anche io, davanti alla porta: attonita e vagamente, ma solo poco … dispiaciuta. Sì, dispiaciuta, l’ho detto. 
“Ciao cara Elena, penso tu sia arrivata in ritardo … non ti preoccupare, arriverà il tuo momento – sorride compiaciuta – ci vediamo domani pomeriggio alla proiezione di Grease, dato che … ho la parte – fa una pausa ed arriccia le labbra piene di lipgloss glitterato – me lo ha detto il tuo professore di storia” 
“Si è … è così … m-ma io non sono qui per questo. Sono venuta per parlare con Stefan” 
“Oh sì è proprio così – il minore interviene, alle spalle della bionda – vieni andiamo” 
Sorpasso Damon con una leggera spinta e mi accingo a seguire Stefan.
“Grazie” mimo con le labbra, una volta arrivata in soggiorno.
“Di nulla – Stefan alza le spalle e sorride – come mai qui?” 
Giusto; perché ero lì?: “Cellulare. Ho dimenticato il cellulare. Oh, eccolo – quasi corro verso il tavolo in cucina – trovato! C-ci vediamo eh … Stefan” 
Mi volto per andarmene.
“Ehi Elena … ti va di … che ne so, fare i compiti insieme?” 
Noto che si gratta la testa mentre la scuote leggermente, probabilmente non aveva in mente esattamente questo, ma si dia il caso che in chimica sia un fallimento, perciò …: “Certo! Chimica?” sorrido. 
Un sorriso radioso gli illumina il volto: “Chimica – fa una pausa – dopodomani dopo la scuola?” 
“Perfetto – mi stringo nella giaccia – sarà meglio che vada … mi aspettano per la cena, ci vediamo domani, Stefan” 
“A domani” mi sorride ancora.

Mi volto e prima di andarmene, incontro sulla soglia Damon che mi fissa, inquietante ed intenso, come sempre: “Hai … preso il telefono?” 
Lo sollevo affinché lo veda..
Lui annuisce: “Ci vediamo domani?” 
“Non è indispensabile la tua presenza, sono sicura che di Grease non te ne frega niente” 
“Mi interessa invece, è uno dei miei film preferiti” 
“Ah si? Beh – indico il suo soggiorno – hai un gigantesco televisore in alta definizione, guardalo pure lì. Ciao Damon” lo supero ed esco.
“El-” non lo faccio proseguire, sono già troppo lontana.

Non so cosa esattamente mi abbia spinto a comportarmi in questo modo, forse infantile o forse non più di tanto, se consideriamo che Damon è uno stronzo e non si smentisce mai. 

Mi rigiro nel letto, nervosa, estremamente nervosa e mi sento come se ci fosse un caldo quasi insostenibile, snervante e soffocante. 

Chiudo con forza l’armadietto e quasi il rumore riecheggia in tutto il corridoio, attirando l’attenzione di qualche ragazzetta del primo anno che mi guardano, spaventate e indecise sul da farsi; se parlare o scappare e spero che optino per la seconda.
Non ho dormito, sono stanca morta e nervosa, molto, troppo nervosa.
“Buongiorno!” 
Specialmente quando la tua migliore amica sprizza gioia da tutti i pori della sua pelle ramata. 
“Giorno Bonnie” 
“Va tutto bene?” 
Mi dipingo a forza un sorriso sulle labbra: “Solo un po’ stanca” 
Lei annuisce, silenziosa: “Ci vediamo oggi pomeriggio? Siamo in teatro” 
“Si io … ci vediamo lì!” 

Sono una di quelle ragazze che odia la scuola, anzi, penso che non esista niente di più bello.
Mia madre dice sempre che i tempi del liceo sono i migliori, quelli memorabili e che probabilmente rimpiangerò per il resto della mia vita, perciò … meglio godermelo, anche se è l’ultimo.
Alcune volte mi chiedo come abbiano fatto a passare così in fretta, senza che abbia avuto il tempo di accorgermene. Ci sono certe mattine in cui varco la soglia dell’entrata principale e mi guardo intorno, come se fosse la prima volta, in cui, presi per mano le mie amiche e ci dicemmo che non ci saremo mai lasciate andare. 

Annoto distrattamente ciò che il professore di economia spiega, scrivendo distrattamente alcuni calcoli alla lavagna. Il professor Wanders balbetta e oltre a questo, come se non fosse già abbastanza, sputacchia saliva dappertutto, a tal punto che c’è una specie di gara ogni martedì, a chi arriva primo nei posti in fondo, per evitare la seconda doccia mattutina ed io, sono in fondo, ad osservare il cortile fuori dalla finestra.
Sono le otto e qualcosa, credo; alcune gocce di rugiada inumidiscono le punte del prato all’inglese fuori dalla scuola, il sole è piuttosto coperto, ad eccezione di alcuni raggi che, liberi, riescono a forare le nuvole per riversarsi sull’autobus scolastico di fronte all’entrata e sull’albero di fronte alla mia aula, ormai completamente spoglio. Ai suoi piedi, una serie infinita di foglie secche e scure. 
Penso che l’autunno sia una delle stagioni più tristi di tutto l’anno. Dopotutto, in inverno c’è natale, in estate le vacanze, in primavera i fiori di pesco e i autunno le foglie secche e il tempo uggioso, uno schifo, insomma. 

Il suono stridulo e prolungato della campanella segnala il termine della prima ora. 
Il resto della mattinata, in un modo o nell’altro, passa. 
Una giornata piuttosto noiosa: compiti di recupero per coloro che non hanno fatto nulla durante l’estate, strani esperimenti con provette di chimica ed una serie infinta di lettere durante inglese.

Ripongo l’ultimo libro nell’armadietto e per qualche secondo lo osservo scivolare al suo interno, lasciandovi scorrere le dita sulla copertina rigida, giusto per perdere qualche minuto prima di scendere al piano di sotto ed incontrare la biondona tutta tette che lascia trapelare un ‘mi sono fatta tre quarti di Mystic Falls’ da ogni angolo del suo corpo da ginnasta. 
“Elena, sei pronta? C’è la proiezione” Bonnie mi raggiunge al mio armadietto con un quadernone fra le mani e una matita a tenerle a bada i capelli scuri. 
“Sono pronta” dico, risvegliata dal flusso dei miei pensieri su Rebekah … e Damon.

“Allora, funziona tutto?” chiedo, guardandomi intorno.
“Tutto” risponde Bonnie, sedendosi in prima fila.
Il proiettore riversa sullo schermo bianco del teatro, il menù con le opzioni del linguaggio; mi lego i capelli e osservo attenta le luci, abbassate per garantire una migliore veduta del film.
“Faccio l’appello” dico , rivolta alla manciata di ragazze e ragazzi presente nella fila centrale.
Lascio scorrere l’indice accompagnato dalla mia voce sui nomi presenti sulla lista e ci sono tutti, anche Rebekah e per fortuna, di Damon neanche l’ombra, forse ha capito che non voglio vederlo. 
Mi siedo davanti ad una fila di sedili vuoti, leggermente in disparte rispetto agli altri; durante i film non voglio essere disturbata, pretendo il silenzio e qualsiasi tipo di voce esterna mi innervosisce. 

“Pensavi che non sarei venuto eh?” 
“Lo speravo” ribatto, senza distogliere lo sguardo dal trailer proiettato sullo schermo.
“Mi odi così tanto?” chiede, con un pizzico di amarezza.
“Se ti dico di si vai via?” 
“In realtà, no” 
Segue qualche secondo di silenzio.
“Senti Elena … guarda che … insomma, Rebekah … lei è … non è come … beh ecco come …” lo sento balbettare, tentare di aggrapparsi alle parole giuste. 
“Shh – mi porto l’indice alle labbra – sta iniziando il film”
“Ma Elena …” 
“Zitto” 

Amo i musical, penso che sia decisamente il mio genere di film preferito. Le canzoni, i balli, sarebbe a dir poco esilarante se ci mettessimo tutti a cantare nel bel mezzo di una conversazione, mi sono sempre chiesta, poi, come faccia la gente a sapere alla perfezione ciò che deve cantare, nonostante debba sembrare ‘improvvisato’ ma ovviamente, ci vuole un briciolo di fantasia; è finzione, solo finzione.
Damon è rimasto alle mie spalle durante tutta la durata dei film, alcune volte, afferrava mi ha afferrato una ciocca di capelli e se l’è rigirata fra l’indice, per poi tirarla, forse al solo scopo di infastidirmi, ma io l’ho ignorato, ed ho tentato di ignorare anche il sorrisetto idiota che mi ha dipinto le labbra e le farfalle che mi hanno infestato lo stomaco ogni volta che le sue mani si posavano sui miei capelli.

“Elena bisogna portare il proiettore nello sgabuzzino – dice Bonnie, stiracchiandosi – io ho da fare, altrimenti sarei andata” 
“Non preoccuparti – mi alzo – vado io, ho anche le chiavi” 
“A domani” la sento dire, prima di uscire dal teatro.

Come al solito, porto degli oggetti che pesano il doppio di me, ma finalmente, riesco a raggiungere lo sgabuzzino. Pulisco le mani suoi jeans e mi volto.

Pov Damon: 

Non appena si volta, la afferro per i polsi, schiacciandola forse un po’ troppo violentemente, contro il muro.
“C-che fai?” domanda, spaventata e sorpresa.
La osservo: il fiato corto e le labbra schiuse in una serie di sospiri, il petto che si alza e si abbassa ritmicamente in concomitanza al suo affanno che, spaventato e fresco, sfiora le mie labbra.
Lo cerco, il permesso, per poter incontrare le sue labbra, e potrei giurare che non è per quella fottutissima scommessa, ma per il semplice fatto che credo di volerla baciare da sempre.
Inclino la testa di lato ed incontro fugace i suoi occhi scuri e forse eccitati, almeno la metà di quanto lo sia io e mi avvicino, lentamente …
“Elena!” 
Mio fratello. Maledetto mio fratello. Sono sicuro che lo abbia fatto apposta, sicuro.
“Stefan” Elena è come risvegliata da una specie di trance ed allontana le mie mani sfiorandole con le sue e io quasi cerco di tenerle strette fra le mie, per invitarla a non andarsene.
“Non dovevamo fare chimica?” 
Lei sposta rapidamente lo sguardo su di me, che tengo ancora le sue dita strette fra le mie.
“Giusto – annuisce – chimica … andiamo” 

Mio fratello mi lancia un’occhiata di sfida ed io capisco.
Maledizione. 
A questo punto, è diventata personale. Non si tratta di una scommessa, non si tratta della rivalità con mio fratello, si tratta di Elena, me ed Elena, e giuro che non lascerò che me la portino via, tantomeno mio fratello.

______________________________________________________________________________________________

N/A

Salve!

Non c'è molto da dire su questo capitolo: abbiamo Damon che si avvicina ad Elena per la scommessa; Stefan e la bella Gilbert che iniziano ad instaurare un certo rapporto... cosa ne pensate? Nel prossimo capitolo ne vedremo delle belle!

Perdonate la lunghezza del capitolo, purtroppo non può essere accorpato al successivo perchè diverrebbe innanzittutto troppo lungo; poi perchè accadrebbero troppe cose, fra cui alcune importanti! Ci faremo perdonare con il prossimo:)

Ringraziamo davvero tutti coloro che hanno recensito il capitolo precedente, in più anche tutti coloro che l'hanno inserita fra le seguite/preferite/ricordate! Ci fa un immenso piacere! Sarebbe bellissimo sapere cosa ne pensiate anche di questo capitolo fondamentale!

I nostri profili:  _valins e missimississipi.

Un bacio e a presto!

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Capitolo 8
*** Capitolo sette. ***


N\A:
Scusate per prima, credo di aver fatto confusione! Il capitolo che per me era il sette, in realtà era il sei, ero di fretta e non mi sono accorta dell'errore! Pardon >.< vi lascio al capitolo, giusto ahah



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C
apitolo sei




“Non ci capisco niente!” esclamo, gettando la mia povera matita, già abbastanza mangiucchiata, chissà dove. Stefan mi sorride, forse vuole infondermi un po’ di pazienza, calma, forse sta per mandarmi a quel paese, forse sta per aiutarmi. “Diamine, sono un disastro.” Dico, lasciandomi andare contro la spalliera della sedia.
“No, non lo sei.” Abbozza un sorrisetto, guardando il libro. “La chimica meccanica è sempre un po’ difficile da capire la prima volta che si apre libro.” Lo guardo con il viso fra le mani. Non so se essergli grata per essersi offerto di aiutarmi con questa materia o per il distrarmi da un po’ tutto. Ovvio, so che questo non è un appuntamento.
Studiare non è un appuntamento.     
Ma da qualcosa si deve pur iniziare, no?
Mi osserva per un secondo, io ed i miei capelli spettinati per le troppe volte che ho lasciato scorrere le mie dita fra alcune ciocche, le mani sulle guance, gli occhi pieni di speranza, le labbra incurvate in un sorriso.
“Senti … che ne dici se ci distraiamo per un po’? Magari ci vediamo un film, o non so, mangiamo una pizza.” Rifletto per un secondo. “O entrambe?” domanda con tono serio, abbastanza divertente da strapparmi una mezza risata.
“Vada per la serata pizza-film. Ho un disperato bisogno di qualche distrazione.”
Apre le braccia, mentre per un attimo mi sembra di avere Damon accanto, quando incurva le labbra in quel sorriso a tre quarti che fa sciogliere l’intero liceo e con disappunto, anche me. Il ricordo di averlo avuto così vicino fino a qualche giorno fa, mi lancia una serie di scariche elettriche dappertutto.
“A sua completa disposizione, mademoiselle!” Scuoto la testa divertita: no, lui è Stefan e non ha nessun legame con Damon, se non quello sanguigno. Devo stare alla larga dai problemi, ed il grande Salvatore regna in quel mondo, fatto di bugie, donne, incomprensioni e mistero e anche un po’ di idiozia e stupidità.
“Posso – inizio, ma poi scuoto la testa – fa nulla.”
“No – mi punta un dito contro – adesso finisci la frase.”
Alzo gli occhi al cielo. “Davvero, non importa.”
“Elena.”
“Uffa, e va bene. Posso abbracciarti?” domando e sgrana gli occhi. È davvero una proposta così indecente? Fra ragazze lo facciamo sempre.
Si rilassa dopo avermi messo abbastanza in soggezione, lui ed i suoi stupidi occhi chiari.
Verdi, per la precisione. Sono rilassanti quando… quando, ad esempio, non si mettono lì a scombussolarti tutta.
“Certo.” Apre le braccia e mi ci fiondo dentro, un po’ frastornata da questo nuovo contatto, dal suo profumo che mi sembra essere semplice e classica colonia, ma mi lascio andare. Chiudo gli occhi sul suo petto, mentre mi stringe a sé. Stefan Salvatore … Davvero un salvatore, salvatore di vite o di sanità mentali, come nel mio caso.
“Grazie.” Mugugno mentre il suo sorriso si allarga, solleticandomi la fronte.
Un finto colpo di tosse, ci fa voltare entrambi. Alzo gli occhi al cielo, infastidita.
Cosa dicevo a riguardo di Stefan? Lui è un Salvatore, di nome e di fatto. Damon … no. Niente affatto. A questo punto mi chiedo se sia stato adottato.
“Ho interrotto qualcosa?” domanda con il suo solito e scocciante ghigno sulle labbra carnose, rosa e … soffici? Penso davvero che vorrei saggiarne la consistenza, prima o poi.
“Si.” Mi affretto a parlare. I suoi occhi, il suo sorriso … Tutto si spegne improvvisamente. Come un blackout.
“Un abbraccio fra amici” mi sento in dovere di specificare, ma poi, in dovere di cosa?
“Bene.”
“Bene.”
“Già… Bene” Stefan interrompe questa strana catena di risposte senza senso fra me e Damon.
“Non dovresti uscire o … non so, importunare Rebekah?” aggrotto le sopracciglia.
Sogghigna. “Lei mi chiama… io arrivo. Sono un gentiluomo, non importuno mai.”
“Ma davvero? – domando retorica, sbottando –  perché mi importuni sempre, ogni giorno, ogni qualvolta apri bocca o respiri.” Sento Stefan, dietro di me, che trattiene a stento una risata.
Damon si avvicina a me di un passo, ed io sobbalzo. Per un secondo mi manca il respiro.
“Quindi – la sua voce è terribilmente bassa e leggermente roca – adesso, ti sto importunando?” mi sovrasta di una decina di centimetri, ma non mi è mai sembrato così alto. I suoi occhi indugiano nei miei per una quantità di tempo che giudico assolutamente inappropriata, soprattutto perché lui non guarda solamente; no, non si limita a quello. È come se, osservandoti, volesse scrutarti nel profondo, arrivare a vedere cosa c’è nelle tue viscere, cosa pompa il cuore oltre il sangue, e poi risalire, uscire, invadendo degli spazi che non potrebbe e dovrebbe, invadere.
Distanza, Elena. Distanza.
“Esatto.” Mi limito a rispondere sostenendo il suo sguardo. Alza un sopracciglio a mo’ di sorpresa, mentre fa quella cosa degli occhi. “Non farlo.” Mormoro.
“Cosa?” per un attimo dimentico che Stefan è dietro di me e ci osserva.
“Quella cosa con gli occhi… ecco, questa qui. E smettila.” Lo rimprovero, per poi distogliere lo sguardo.
Mi giro in direzione della scrivania e recupero il libro, piegandomi quel che basta per acciuffare la matita al di sotto della sedia. È inquietante, decisamente, quando mi accorgo che entrambi i fratelli mi stanno guardando, entrambi con la testa inclinata da un lato, la differenza è che Damon mi sta osservando il sedere, Stefan mi guarda confuso.
Ma perché non sono rimasta la ragazza che frequentava una quantità indefinita di attività extrascolastiche alla quale dei ragazzi non importava niente? Tantomeno dei Salvatore.
“Allora, Stefan. – sospiro – questa serata?”


“Suono lo scacciapensieri... Sa un affare di metallo... Una volta si chi-” Woody Allen* è interrotto da uno stupido campanello, quello della porta d’ingresso.
Se prima questa specie di appuntamento potesse essermi risultato divertente ed eccitante, ora era diventato un fiasco, a cominciare dalla presenza pressoché inutile di Rebekah e finendo con Damon che ha un braccio poggiato sulla spalliera del divano, quasi ad avvolgere la mia spalla, e se la simpaticissima Rebekah è su una poltrona, molto vicina a noi.
Non tiro neanche un sospiro di sollievo quando Stefan si accinge ad aprire al fattorino delle pizze.
Rebekah sbuffa e si alza, sistemandosi la gonna dalla lunghezza invisibile: “Vado in bagno.”
Damon le ammicca uno strano sorrisetto prima che la bionda se ne vada effettivamente in bagno.
Sbuffo anche io, piuttosto sonoramente.
Il ragazzo al mio fianco se ne accorge e mi tira un pizzico alla pancia.
“Ahia!”
Sorride alzando le sopracciglia come a chiedere scusa. “Ti odio.” Affermo.
“Per cosa? Per aver portato Rebekah a questo pseudo appuntamento? Sei gelosa, ammettilo.” Mi volto verso di lui. Ah, se gli sguardi potessero uccidere… sarebbe morto non appena scoprì chi aveva fatto cosa all’Homecoming.
Ammetto che un po’ ha ragione. Non sul fatto della gelosia, quanto su quello della presenza della Mikaelson, ovviamente.
È odiosa, egocentrica e tutto all’infuori di ‘simpatica’.
“No. Per aver rovinato la mia serata, partecipando anche tu e portandoti la tua gallina personale.” Sorrido, avendo notato che gli da leggermente fastidio avermi come amica di suo fratello.
“Allora sei gelosa…” Lo fulmino con lo sguardo, prima di osservare Stefan guardarsi il portafoglio e successivamente tastarsi le tasche per poi allontanarsi a prendere il resto delle banconote.
“Affatto.” Affermo decisa, allontanandomi da lui, pur sapendo che il divano non è infinito.
Infatti, lo vedo avvicinarsi, forse un po’ troppo.
Il suo respiro si infrange fresco sui miei capelli, attorcigliati dietro l’orecchio ed il suo naso mi sfiora il collo. Sono ferma, immobile. Non so più muovermi. Onestamente, non mi sono nemmeno preoccupata di controllare se ne fossi capace o meno, forse perché, di muovermi, non me ne importa niente.
Trattengo il respiro fino a quando non mormora qualche parola al mio orecchio.
“Se solo potessi spiegarti…” il tono da lui usato è bassissimo e, difficile ammetterlo, anche… sensuale.
“Cosa?” deglutisco.
“Che Rebekah non è la mia gallina personale.” Mi scimmiotta, e si allarga in un sorriso che percepisco incurvarsi sul mio collo.
“Un appuntamento, uno solo. E non ti darò più fastidio.” Impazzisco e vengo colta da una serie di sensazioni decisamente fin troppo piacevoli quando le sue labbra sfiorano decise il mio mento.
Lo allontano bruscamente, facendolo quasi atterrare sul pavimento.
“Mai più fastidio?” domando, tenendo un cuscino saldamente stretto fra le dita, mentre con la coda dell’occhio osservo Stefan chiudere la porta.
“A meno che tu non ne voglia un altro.” Sono quasi tentata dall’insultarlo, ma suo fratello torna al mio fianco e non ho neanche il tempo di rispondergli in modo non troppo gentile.

Damon


I titoli di coda scorrono sul nostro schermo televisivo, mentre Rebekah si alza e inizia a cercare il suo cellulare. Stefan al mio fianco sbadiglia. È  tardi, soprattutto sapendo che domani c’è scuola, e teatro, aggiungerei. Mi volto verso Elena, che vorrei deliziare con una delle mie divertentissime battute sull’incapacità di mio fratello nello scegliere i film. Ma forse a lei piace questo genere, ed io non lo so.
Sorrido quando mi accorgo che sta dormendo sulla mia spalla.
Stefan non può vincere questa battaglia.
“Non svegliarla.” Mormora mio fratello. “Chiamo io i suoi per avvisarli che dormirà qui.” Annuisco mentre, con estrema cautela, la prendo fra le mie braccia, facendo attenzione a non svegliarla.
La sua testa si posa sul mio petto, facendomi sobbalzare. Dannazione, Elena.
Si accoccola su di me quasi fossi un cuscino, assomiglia tanto ai bambini, quando, da piccoli, si addormentano ed i genitori li portano a letto. Ripenso alla mia vita, mio padre non ha mai fatto nulla del genere per me. Non posso fare a meno di chiedermi come sia stata la sua infanzia, come sono i suoi genitori o suo fratello, qual è il suo film preferito e che musica le piace. Il punto è, che ho scommesso su una ragazza che non conosco e, ora come ora, vorrei solo poterla conoscere, prendermi un  po’ di tempo per capire … se ci sia effettivamente qualcosa da capire su Elena Gilbert e sul suo profumo particolarmente dolce e così terribilmente suo da farmi venire voglia di stenderla sul letto, per fare dell’altro.
“Io vado … allora.” Rebekah saluta me e Stefan con un cenno della mano, non prima di aver scrutato a sufficienza me ed Elena.
E meno uno.
“La porto di sopra.” Dico a Stefan, già al telefono per avvisare un suo familiare. Annuisce con il capo.
Meno due.
“Siamo solo io e te.” Le sussurro all’orecchio, pur sapendo che non dorme o forse è ciò che spero.
Entro nella mia stanza, aprendo la porta con il gomito e la schiena. La poggio con una delicatezza che non credevo mi appartenesse, sul letto, ma lei mi tira la maglietta quando mi allontano un poco, diretto in un’altra stanza.
“Mhm.” Mugola, e a stento non scoppio a ridere.
“Mhm cosa, Elena?” domando.
“Mhm resta.” Rimango allibito dalle sue parole. “Hai finto di dormire?” chiedo quasi sorpreso. Naah, impossibile. Non è da Elena.
“No.” Mugugna tirando il colletto della mia camicia.
“Mi hai svegliata.” Ed apre un occhio, osservandomi e facendomi spalancare le labbra.
“Scusami allora.” Ribatto stizzito. Mi sta rimproverando anche in uno stato pietoso? Assurdo, riesco ad infastidirla persino quando dorme.
Faccio per allontanarmi, ma mi distrae nuovamente.
“Dicevo sul serio, prima.” Corrugo la fronte. “Resta, è la tua stanza.” Prende un cuscino e lo stringe fra le sue braccia. Ah, se solo sapesse cosa ha visto questo letto, questa stanza … di certo sarebbe corsa in camera di mio fratello.
“E va bene.” Mormoro sottovoce. “Ma sappi che non dimenticherò questo facilmente.”
Sorride. “Buonanotte, Damon.”
Mi tolgo le scarpe e la copro con una coperta. Sospiro. “Buonanotte, Elena.”

È mattina quando sento qualcosa solleticarmi il petto. Allungo un braccio ma subito sgrano gli occhi, al ricordo di ieri notte. In realtà, nessuna ragazza che abbia mai toccato questo letto, è mai rimasta a dormire, e sinceramente, della cosa non me n’è mai importato niente, anzi, sono sempre stato io a mandarle via, ma questa mattina, sono sicuro che se non l’avessi trovata accanto a me, un moto di dispiacere mi avrebbe attraversato il corpo.
Quando noto Elena dormire tranquillamente accanto a me, riprendo a respirare.
Intanto, senza quasi farci caso, la mia mano si è poggiata sul suo fianco. Lei mi da le spalle, per questo i suoi capelli pizzicano il collo, il mento, ed il mio torace scoperto dalla camicia aperta.
È quando si volta, che non capisco più nulla. Lei è troppo vicina, troppo.
Troppo anche per una scommessa, forse. O forse no.
Senza nemmeno accorgermene, la mia mano ha già percorso il suo fianco e si è posata sulle sue labbra, asciutte e schiuse. Le accarezzo con il pollice, desideroso di poterla baciare, baciare e basta.
“Ehi.”
Deglutisco, quando realizza la troppa vicinanza che c’è fra i nostri corpi.
“O mio Dio!” esclama tutt’a d’un fiato, mettendosi a sedere sul mio letto e stordendomi. Niente urla di mattina, è la regola.
“Cosa c’è?”
Mi osserva come se avessi appena detto un’eresia. “Cosa c’è?” esclama con la voce ancora leggermente impastata dal sonno. “C’è che abbiamo dormito… E che tu hai – e si tocca le labbra – Ma poi – indica la mia mano, quella che prima era sul suo fianco. – e… e smettila.”
“Cosa? Sei tu quella che ieri sera mi ha pregato di dormire con te!” affermo facendola arrossire.
Si guarda attorno, “Non è vero.” sussurra, ma forse sta  solo cercando di auto convincersi del contrario.
“Ah no?” domando retorico, facendola sbuffare. “E vestiti.” Mormora alludendo alla mia camicia aperta. Si alza dal letto, con i capelli tutti scompigliati.
“Si da il caso che tu abbia dormito comodamente schiacciata su questo – indico il mio petto – tutta la notte.” Mi da un pugno sul braccio. Non la capisco. Perchè è così lunatica? Perché non può farsi baciare come tutte le ragazze del mondo? Ah si. Perché lei non è come le altre.
“Posso usare il tuo bagno?” e, senza aspettare una mia risposta, ci si fionda dentro.

Scendo di sotto per prepararmi un caffè, sicuramente volto a schiarirmi le idee riguardo alla notte passata e magari parlarne con lei. Quando torno al piano di sopra lei è sparita e mi chiedo come ci sia riuscita, sotto il mio naso.

Ed ecco quel moto di dispiacere.

Pensavo seriamente di poterle parlare a scuola, se solo si facesse beccare nei corridoi e non facesse finta di non vedermi, cambiando strada non appena nota che mi sto dirigendo verso di lei.
E deve finirla. Tipo adesso.
Sì, per tanti motivi. Per la scommessa, innanzitutto.
Perché abbiamo solo dormito insieme, questa notte, perché mi deve spiegazioni. Perché deve dirmi se accetta la mia proposta.
Tanti, tantissimi motivi.
Riesco a trovarla e rapidamente la raggiungo: “Ehi.” Le rivolgo la parola quando è di spalle, poggiata al suo armadietto ed intenta a parlare con Bonnie e Caroline, che sembra essere appena resuscitata dal mondo dei morti, ma non mi interessa, non di lei. Si voltano tutte e tre verso di me, ed il suo sorriso si spegne non appena mi nota.
“Possiamo parlare?” domando con una mano sull’armadietto.
“Ehm –  guarda le sue amiche, poi me. – senti, Damon adesso io – si passa una mano fra i capelli, alla ricerca di una risposta, addirittura nello sguardo delle sue amiche, che non arriva –  magari … oggi pomeriggio a teatro, adesso devo andare.”
E non mi da la possibilità di rispondere, poiché la campanella suona e lei si allontana, dirigendosi a chissà quale corso di roba per gente di certo più intelligente di me ed io la guardo camminare, allontanarsi da me.
La vedo dura, molto dura.
_________
N\A
Eccomi di nuovo qui sotto. Mi scuso ancora per l'imprevisto, sono seriamente problematica -.-' Comunque spero di aver fatto tutto giusto e scusatemi ancora, davvero .-.
Veniamo al capitolo, che è meglio, fra l'altro. Elena che si ritrova a dormire a casa Salvatore, e per di più nel letto di Damon è qualcosa che, ovviamente, cambierà le cose. Per prima cosa, per cosa pensa Damon, di Elena e ovviamente, dal canto della ragazza, penso che la reazione sia stata lecita. Che dite?
Non mi dilungo più di tanto perché a questo punto mi odierete!
Vi lascio il collegamento ai nostri profili, missimississipi e valins, e grazie a coloro che stanno seguendo la storia e che la recensiscono!
 



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Capitolo 9
*** Capitolo otto. ***


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Capitolo otto

“Adesso penso sia il caso di dirci che diavolo sta succedendo fra te e mr. Mi faccio tutta la scuola e la cosa mi rende ancora più figo di quanto io creda di esserlo!” Caroline mi guarda di traverso mentre agita un pennello stracolmo di vernice grigia che dovrebbe servire a pitturare gli armadietti in cartone che stiamo creando come oggetti di scena.
Bonnie e Rick sono in teatro per sistemare la questione “audizioni” mentre Caroline ed io siamo sedute per terra, in palestra, che abbiamo prenotato solo per noi e per la quantità industriale di cartone raccattato al supermercato oppure dagli sgabuzzini della scuola. 
“Non succede niente” rispondo io, concentrandomi forse un po’ troppo sulla bordatura nera di un armadietto.
“E pensi davvero che ti creda? Solo, solo questo ‘dobbiamo parlare’ di cosa dovete parlare eh?” agita il pennello a tal punto da schizzarmi di grigio il naso e la guancia. 
“Caroline! Mi hai sporcato tutta!” 
“Non ci provare a cambiare discorso!” 
“E va bene – lascio andare il pennello contro il pavimento – si dia il caso che ieri notte abbia dormito a casa sua, nel suo letto … insieme a lui” 
Lei rimane in silenzio, per una quantità indefinita di secondi e non ho mai desiderato che Caroline parli.
“Avete fatto sesso?” urla.
“No! Abbassa la voce! – sussurro – solo dormito” 
“Ah ecco, sarebbe un peccato sprecare la tua prima volta con uno così … anche se-” eccola che ricomincia con i suoi discorsi sulla prima volta.
“Caroline, non voglio parlare di questo” ribatto, innervosita.
“In ogni caso, aspetta qui … vado a controllare come vanno le cose in teatro e poi prendo la vernice che è finita, ci vediamo fra poco” 

Rimango in silenzio in palestra, da sola. Circondata solo dal rumore del pennello che, annoiato quasi quanto me, ritocca, adesso, una striscia di pavimento color crema. 
In realtà, mi sono imposta di non pensare; non pensare cosa abbia provato a dormire con Damon, né tantomeno cosa abbia provato nel risvegliarmi con le sue dita ad accarezzarmi le labbra. La verità è che quel tizio mi è entrato dentro, è come se fosse sotto pelle, e non riesco a mandarlo via, anche se volessi, non riesco a smettere di pensare a lui, alle sue labbra, a suo modo di fare … 
Il flusso dei miei pensieri viene interrotto dalla porta di sicurezza che si apre.
“Eccoti – comincio – penso che andrò a prendere anche la vernice verde, se dobbiamo finire questi alberi – sorrido – come se la cava Bonnie?” il mio sorriso si spegne quando mi accorgo che non è una ragazza, non è Caroline … ma il ragazzo al quale stavo pensando fino a due secondi fa.
“Che ci fai qua?” domando, tornando a concentrarmi sul disegno. 
“Caroline mi ha detto che eri qui” risponde Damon, sedendosi accanto a me ed afferrando un pennello.
“Hai bisogno di una mano? Ho ancora – fa per pensarci su – una marea di ore da usare per questo progetto” accenna un sorriso.
“N-no io … non ho bisogno, grazie” 
“Elena – prende un respiro profondo – non devi … che ne so … vergognarti per quello che è successo … insomma, avevi sonno e abbiamo dormito insieme … non” la sua frase rimane sospesa a mezz’aria, come se nemmeno lui sapesse cosa dire.
Intinge un pennello sporco di rosso nella vernice verde ed io quasi scoppio: “No!” senza che potessi fermarmi, ho già afferrato il suo polso per impedirgli di mischiare i due colori, evitando così una strigliata da parte di Caroline. 
I miei occhi incrociano i suoi, confusi: “Che problema c’è?” 
“Caroline non vuole che si mischino i colori” rispondo, quando mi accorgo che la mia mano è ancora avvolta intorno al suo polso.
Lui sorride; perché diavolo sorride? 
“Che hai da ridere?” chiedo, diffidente.
“Sei tutta sporca di vernice, che cavolo hai combinato?” 
Ritraggo improvvisamente la mano e me la porto al viso, come a coprire quelle macchie scure sul mio naso.
Senza che possa impedirlo, ha già scostato la mia mano dal viso e l’ha sostituita con la sua, che sfrega delicatamente fino a rimuovere la macchia. Inutile dire come sia in una specie di stato catatonico, sono paralizzata, confusa e … quasi spero che queste sue carezze che sta continuando a lasciare sulla mia guancia nonostante la macchia grigia sia sparita, non finiscano.
Sospira, continuando a tenere i suoi occhi limpidi dentro i miei. Non sono una di quelle persone che riesce a comprendere gli altri con uno sguardo, a capire cosa pensano o cosa stiano per dire, eppure, riesco a vedere qualcosa, negli occhi di Damon, che non ho mai visto prima. Qualcosa che, onestamente, ho paura ad interpretare come qualcosa di positivo, poiché non ho intenzione di passare per l’illusa di turno. Del resto, Damon è famoso per farsi le ragazze e poi mollarle come se niente fosse, e io non potrei che essere una delle tante.
“Allora – soffia contro le mie labbra – sei libera stasera?” 
Mi tornano alla mente gli insegnamenti di Caroline, la quale spiega che non bisogna mai mostrarsi disponibili, anzi, il più riservate ed impegnate possibile. 
“No io … ho da studiare e …” 
Lui annuisce, e come se avesse capito, sorride: “Venerdì?” 
Ed io, incapace di formulare una qualsiasi frase di senso compiuto, annuisco.
“Passo a prenderti a casa?” domanda, ed il suo sguardo si posa sulle mie labbra, leggermente schiuse.
“Elena! Hai visto Damon!?” 
“Sono qua, Barbie pazza” 
Trattengo a stento una risata e sussurro un sì, rivolto alla domanda di Damon.
“Ecco – Caroline si dirige con larghe falcate verso di noi – vai a dare una mano con lo stereo, Alaric ha detto che sei bravo in queste cose” 
“Me la cavo – scrolla le spalle e poi si rivolge a me – potrei … ecco, chiamarti stasera” 
Incurvo le labbra in un sorriso: “D’accordo …” 
“Non è stato affatto un piacere, Barbie” dice, alzandosi. Mi rivolge uno sguardo fugace prima di uscire e andare a fare chissà cosa con lo stereo.

“Che cavolo ti ha detto?” 
“Mi ha chiesto di uscire …” sospiro.

“Allora come va il progetto teatrale?” mia madre poggia l’insalatiera sul tavolo e io la seguo, mettendo accanto una scodella di purè di patate. 
“Alla grande – sorrido – Caroline sta andando fuori di testa per fare tutto perfetto” 
Mia madre si appunta una ciocca di capelli dietro l’orecchio, esattamente come faccio io, e sorride: “Liz me lo ha detto l’altra sera, sembra che l’abbia presa davvero sul serio!” 
“Oh si … è come se stesse dirigendo un progetto che finirà dritto a Broadway” 
“Di che parliamo?” Jeremy entra in cucina, sedendosi al suo posto, esattamente di fronte a me, seguito da mio padre che si posiziona a capo tavola.
“Del progetto teatrale … verrai a vederci?” domando, speranzosa. 
“Mh … se proprio devo – sorride – d’accordo … ma sappi che se canta Caroline preferisco rimanere chiuso in casa”
“Non canta Caroline, ma Rebekah … Mikaelson” 
“Oh – mia mamma arriccia il viso in una smorfia – sua madre è una specie di vipera”
“Come la figlia” constato.
“In più – prosegue mio padre – credo che Michael Mikaelson abbia un qualche problema con le tasse … che razza di gente” dice, scrollando le spalle.

La cena passa così, come sempre. 
Mia madre che racconta cosa ha fatto a lavoro, mio padre che chiacchiera con Jeremy riguardo agli ultimi risultati della partita di football e io ascolto i vari stralci di conversazione, magari inserendo ogni tanto un mio commento, ho un opinione. Ma non posso fare a meno di chiedermi se troverò una chiamata persa sul cellulare.

Aiuto mia madre a sparecchiare e vado poi al piano di sopra.

Butto la testa contro il getto dell’acqua bollente e i miei muscoli decisamente tesi trovano un nonsoché di ristoro, specialmente dopo aver passato la spugna ricoperta di bagnoschiuma alla pesca, il mio preferito. 
Alcune volte sono quasi tentata dal tagliarmi i capelli, forse perché sono talmente tanti e folti che passo più o meno un’ora ogni volta per asciugarli tutti.
Poi però, quando mi guardo allo specchio, mi accorgo che sono l’unica cosa che mi piace di me stessa. 

Il mio telefono squilla e prendo un respiro profondo prima di rispondere alla chiamata che lampeggia il suo nome.
“Ehi” dico, rispondendo.
“Mi stavo chiedendo – la sua voce dall’altro capo del telefono è a dir poco indescrivibile – che cosa potrei fare per non farti annoiare venerdì?” 
Mi mordo il labbro e cerco di non risultare sorridente: “Per esempio, potresti … pagarmi la cena e andare a mangiare da qualche altra parte”
Lo sento sorridere dall’altro lato: “Mi spiace, ma dovrai sopportarmi se vuoi che ti paghi la cena” 
“Vorrà dire che ti ignorerò” 
“È difficile ignorarmi” 
“Vedrò cosa posso fare”
Una voce che proviene dall’altro capo del telefono, che riconosco essere quella di Stefan, avvisa il fratello che sta per iniziare qualcosa in televisione.
“Arrivo – lo sento dire – mi spiace, Elena … devo andare …” 
E sono quasi dispiaciuta: “Oh … ehm … certo … ci vediamo domani” 
“Buona notte” risponde.
Spengo il cellulare e mi accingo ad andare a dormire, con questo dannato sorriso che non accenna a sparire, misto all’emozione di poter – o dover – passare un po’ di tempo con lui, venerdì. 

Damon

“Che cosa c’è in televisione?” domando, curioso, scendendo le scale.
“Oh niente … mi sono sbagliato” risponde Stefan, diffidente.
“Sapevi che stavo parlando con lei!” 
“Con lei chi?” mi sfida.
“Sai di che parlo, cos’è hai paura che preferisca stare con me e non con te?” 
Lui sorride: “Scoprirò cosa c’è sotto questa storia, Damon” 
Lo sento dire, prima che possa risalire le scale per telefonarle; Dio solo sa perché abbia così tanta voglia di sentire la sua voce, velata un po’ dalla stanchezza ma pur sempre bella.
Afferro il telefono e compongo rapidamente il suo numero, ma la sua segreteria mi dice che il telefono è ‘spento o non raggiungibile’. 
Sbuffo e penso seriamente, che venerdì dovrò stupirla. 
E no, non c’entra la scommessa, non c’entra l’orgoglio, la casa al lago e tantomeno mio fratello. 

***

Mi alzo dal letto. E’ incredibile come riesca a farlo in così poco tempo, mi sento già sveglia e, seppure questo sia un bene, ne sono terribilmente preoccupata. Diamine, sono un’adolescente, tutti adorano dormire. A nessuno piace svegliarsi presto la mattina… e nemmeno a me, lo ammetto liberamente. Però… c’è qualcosa che non mi torna. Qualcosa mi sfugge.
Scrollo le spalle, scendendo in cucina e trovando tutta la mia famiglia riunita a tavola per la colazione. “Buongiorno.” Saluto tutti, con una mano fra i capelli e la bocca aperta – spalancata è forse il termine corretto? – per uno sbadiglio.
“Ehi.” Mi arriva all’orecchio, ancora un po’ roca, la voce di mia madre, mio padre si limita a sorridere mentre Jeremy immerge un croissant nel latte. Semplice. Ti sei svegliata, Elena, non sei appena tornata da un lungo viaggio, rifletto, sapendo che lui ragiona così.
Rivolgo una rapida occhiata all’orologio, constatando che è troppo tardi, Caroline sarà qui a momenti ed io non mi sono neanche preparata. Sgrano gli occhi, afferrando al volo un pancake e salendo le scale in un batter d’occhio.
Non faccio caso alla voce di mia madre che, come sempre, mi rimprovera a causa del mio perenne ritardo. Mi butto nella doccia, dalla quale esco qualche minuto dopo, con già lo spazzolino in bocca.
“Diamine, diamine!”
Mi infilo un paio di jeans aderenti ed un maglioncino blu, pettinando i capelli con una mano, mentre con l’altra lavo i denti. Suonano alla porta. Sbianco.
Ce la faccio, ce la faccio… è solo Care, giusto?
Prendo al volo una borsa e mi fiondo giù, sorridendole e distraendola, dato che parlotta con mia madre.
“A presto, signora Gilbert!”
“Caroline… ci conosciamo da più di cinque anni, puoi chiamarmi Miranda.”
“Sì, sì, andiamo adesso.” Spingo la mia amica fuori dalla porta. Mia madre mi fulmina con lo sguardo.
Alzo gli occhi al cielo. “Ciao mamma, ciao papà.”

“Sei una perenne ritardataria! Non capisco come tu faccia a ricordarti di respirare…” mi schernisce la bionda, chiudendo il suo armadietto. Scrollo le spalle, ignorandola.
“Andiamo! –esclama – Permalosa.”
“Non sono permalosa!” ribatto, stranita. 
“Ragazze! – Bonnie arriva con il fiatone accanto a noi. – Siete preparate?”
Io e Care aggrottiamo le sopracciglia. Per cosa?
“Non ve ne siete dimenticate… vero? – spalanca gli occhi – Oggi è venerdì! Venerdì! Abbiamo il test di chimica, l’ennesimo e complicato test di chimica!”
Caroline adesso-mi-faccio-prendere-dal-panico Forbes inizia ad esclamare qualcosa come ‘Dannazione!’, ‘Me ne sono completamente dimenticata, io! Caroline Forbes, io!’ e ‘Non ci credo!’.
Io mi limito a rimanere immobile, incapace di articolare un movimento o qualsiasi altra cosa che implichi un ragionamento o un impulso celebrale; rimango lì, poggiata contro l’alluminio grigio e fresco del mio armadietto, con la bocca spalancata e il cuore che batte furiosamente. 
Non riesco a parlare, a pensare… Ecco cosa mi sfuggiva!
“Elena… Elena! – mi richiama la mora – te ne sei dimenticata anche tu?”
“Figurati… lei vive in un mondo a parte…” borbotta Care.
“Eh?”
“Appunto.” Bofonchia, diffidente, la bionda.
“Oggi è venerdì.” Mormoro fissando il vuoto.
“Acuta osservazione, Watson!” Trucido con lo sguardo Caroline, che alza le mani come per chiedere scusa. Bonnie scuote la testa. “Sì, è venerdì Elena… te ne eri forse dimenticata?”
“No, cioè sì, insomma… venerdì…”
Entrambe mi guardano confuse, fino a che Care non scorge i Mikaelson in fondo a corridoio, e di conseguenza… Damon. Sgrano gli occhi, chiudendo con forza il mio armadietto e scappando a lezione. O meglio, preparandomi psicologicamente ad un test a cui, in teoria, dovrei essere preparata anche se Stefan ed io abbiamo ‘studiato’ giorni fa e la mia memoria, quando si tratta di materie scientifiche, fa schifo, per intenderci … non ce la farò mai.
Mi ha vista? Mi avrà vista? O cielo, le mie mani sudano freddo.
Mi siedo su un banco a caso, aprendo il libro ma non concentrandomi affatto su di esso.
“Nervosa?” una voce mi distoglie dal mio pensare ininterrotto a Damon, al fatto che sia venerdì e che oggi, dunque, abbiamo un appuntamento.
“Eh?”
“Elena, tutto okay?” Stefan. È solo Stefan; cosa faccio? O meglio, cosa dovrei fare? 
“Perdonami, è solo che oggi è venerdì e – cosa? Devo uscire con tuo fratello? Mi blocco improvvisamente, inumidendomi le labbra – e… C’è il test! Sì, il test! Lo sapevi? Me ne sono completamente dimenticata e sono agitata, nervosa, perché lui mi confonde completamente, sono in questo patetico stato per colpa sua e … e non è giusto, non dovrebbe scombussolarti così tanto! È solo uno stupidissimo…” arrivata ad un certo punto della frase mi chiedo se stia parlando del test di chimica o di altro … di qualcun altro. 
“Test di chimica a cui abbiamo studiato insieme.” Termina la frase, osservandomi confuso. 
Giusto. Esattamente. Eppure, con nervosismo, constato che la parola ‘appuntamento’ è ancora sulla punta della mia lingua, pronta ad uscire dalla mia bocca.
“Stiamo parlando del test e del professore…?”
Scuoto la testa sorridendo, per poi annuirgli, cercando di mantenere la calma.
“Sì, è proprio lui che mi scombussola… con lo sguardo, sai, ed ehm… tutto il resto.” Mi accorgo di star divagando nuovamente, o meglio, la mia mente ha solo tre parole in testa, parole che non comprendono ‘test’, ‘chimica’ e ‘Stefan’, ma bensì, ‘appuntamento’, ‘Damon’ e ‘Salvatore’.
“Andrà tutto bene.” Afferma lui, poco prima che il professore seguito da alcune persone, fra cui Care e Bonnie, entrino in classe. 
Le mie amiche mi guardano a metà fra il preoccupato e lo stranito, e Stefan cerca di incoraggiarmi.
Sì, andrà tutto bene…
Ma cosa? Il test o l’appuntamento?

“Andrà tutto bene.” Esclamano in coro Caroline e Bonnie, stravaccate sul mio letto ed osservandomi tutta agitata di fronte all’armadio.
“Io… lo so, sono calmissima.” Ribatto cercando di convincerle, ma fallendo miseramente. È ovvio che sudare freddo, pettinarsi simultaneamente i capelli da un’ora, passarsi ripetutamente il rossetto sulle labbra e lisciare le pieghe immaginarie sulla mia maglietta, non siano affatto sintomi di tranquillità. 
Come volevasi dimostrare, le mie amiche mi guardano, aggrottando la fronte e inclinando la testa di lato, per terminare in uno schiocco di lingua da parte di Caroline e del piccolo scoppio provocato dalla gomma da masticare che ha in bocca Bonnie. 
“È una stupida uscita, no? Non mi disturberà mai più.” Sorrido allo specchio, cercando di assumere un’espressione calma, ma un secondo dopo mi osservo attentamente e tutto ciò che vedo è una persona visibilmente terrorizzata ed in preda al panico.
Non ce la farò mai.
“Damon Salvatore non mi convince, non l’ha mai fatto e lo sai bene… Ma è solo un’uscita, sei sempre perfetta, lo saresti anche con un sacco della spazzatura addosso. Non… non preoccuparti.” Caroline mi rincuora, e improvvisamente mi calmo. Respiro e la osservo.
Le sorrido, intenerita. Caroline non esterna spesso i suoi sentimenti … quando lo fa bisogna ricordarselo per davvero.
“Prima che tu possa dire o fare qualcosa di imbarazzante – inizia facendoci alzare gli occhi al cielo – diamo un’occhiata a questo guardaroba!”
Da questo momento iniziamo a scartare ogni gonna, jeans, vestito, maglietta e pantalone che non soddisfano pienamente Caroline. Già, solo Caroline, non me e Bonnie. Entrambe, poi, mi buttano nella doccia, vietandomi di vedere i vestiti scelti.
Esco, mentre un profumo di cocco mi avvolge completamente; il suo odore dolciastro quasi mi investe le narici e una ventata di nausea mi attraversa lo stomaco, costringendomi ad aprire la finestra. 
Ci mancava solo la nausea. 
“Elena, che ne dici?” domanda Bonnie con un sorriso indicando, con una mano, una maglietta bianca piuttosto semplice, una gonna a vita alta a fiori ed un cardigan lungo di lana.
“Sono stupendi! Dove li avete trovati?”
Caroline alza gli occhi al cielo. “Nel tuo guardaroba, ovviamente. In un angolino nascosto, coperti da cianfrusaglie. – la guardo confusa – Okay, non è vero. Cioè, non proprio in un angolino … diciamo che erano ben nascosti, ecco.” 
Si tortura le unghie schioccandole fra di loro e mordicchiandole leggermente, fino a sbeccare lo smalto chiaro sulle sue dita perfettamente curate. 
“Caroline” comincio. 
“Sì?”
“Tutto… okay?”
Sbuffa. “Sì, tutto okay. Ma… Ho solo paura che tu faccia parte di uno di quei suoi ennesimi giochetti.”
Bonnie annuisce con un mezzo sorriso. Cosa ho fatto per meritarmi due amiche così?
“Sentite – inizio, prendendo un lungo respiro – se fosse così, mi tirerò indietro. Prima che tutto possa… succedere, prima che mi usi.” Seppure so che c’è un cinquanta per cento di probabilità che questo accada, non voglio pensarci. Non voglio pensare al fatto che Damon mi abbia probabilmente ingannata per tutto questo tempo e stia continuando a farlo. Non riuscirei a perdonarmelo.
“Adesso vestiti, Gilbert.”

Damon è puntualissimo. È venuto a prendermi con la sua Camaro e abbiamo fatto un giro per il centro di Mystic Falls. 
Sembravamo due sconosciuti, sul serio. Avete presente quel silenzio di tomba, in cui nessuno osa dire una sola parola né tantomeno emettere anche il più superficiale dei suoni? Ecco, peggio. 
È stato imbarazzante, in un primo momento, fino a quando … per fortuna, direi, una vecchietta ha imprecato contro Damon per non averle lasciato attraversare la strada ad un semaforo palesemente vede, per noi. In ogni caso, l’averci puntato contro il suo bastone in legno scuro ci ha fatto scoppiare a ridere e quindi … cominciare a parlare, grazie a Dio. 
Abbiamo mangiato in una specie di fast food, una specie di fast food alla Carrie Diaries; anni ottanta, pavimento a scacchi, e poltroncine di pelle, onestamente nemmeno ero a conoscenza dell’esistenza di questo posto. Conosco solo il Grill, l’unico ‘locale’ in cui le mie amiche ed io passiamo alcuni sabati, quando in tv non danno niente o quando abbiamo voglia di bere senza che i nostri genitori lo sappiano. 
Comunque, in questo preciso momento siamo in macchina, ha detto che vuole portarmi in un posto particolare, è un po’ distante da Mystic Falls e questo mi inquieta. Chi mi dice che non voglia portarmi in un bosco e sacrificarmi al posto di un agnello a favore di un qualche rito magico? Il pensiero mi fa rabbrividire e, nervosa, stendo le gambe sul cruscotto, e lui mi osserva di sbieco.
“Togli le gambe da lì.” Mi ordina con tono serio.
Ma io non lo ascolto, chiudo gli occhi e lascio che il vento mi spettini i capelli lievemente arricciati.
“Elena.” Mi richiama. “Togli le tue bellissime gambe dal cruscotto della mia bambina.”
Mi volto verso di lui e scoppio a ridere, per come ha chiamato la sua macchina. Esiste davvero gente che reputa la propria vettura una figlia?
È serio. O santo cielo, è serio ed io gli sto probabilmente rovinando la macchina.
Ecco, ho rovinato la serata.
“Davvero, Elena, le tue gambe sono spettacolari, purché rimangano giù.” Afferma osservando la strada buia di fronte a sé.
Mormoro un flebile ‘scusa’, togliendole immediatamente da lì.
Cala un silenzio quasi imbarazzante.
Ha fatto apprezzamenti sulle mie gambe ed io ho rovinato tutto? Sì, è successo proprio questo.
“Senti-”
“Mi dispiace-” Iniziamo entrambi, per poi guardarci per un attimo.
Lui prende la parola. “Non volevo sembrare duro o… scortese.” Agita una mano, sembra che sia davvero difficile per lui parlare.
“Damon Salvatore si sta scusando con qualcuno? – chiedo ironica, con un espressione fintamente sorpresa – che cavolo, non pensavo fossi umano anche tu”
“Ah-ah, sei quasi più simpatica di Barbie.” Ridacchio scuotendo la testa.
“Comunque scusa – affermo poco dopo – non pensavo che tua figlia potesse offendersi o farsi male.” Enfatizzo l’appellativo dato alla sua macchina con le mani, mimando delle virgolette.
“Elena Gilbert sta chiedendo scusa alla mia macchina?” domanda utilizzando il mio stesso tono sorpreso di qualche attimo fa.
“Sei umana anche tu!” esclama osservandomi e scoppiando a ridere.
“Si può sapere dove mi stai portando?”
“Okay te lo dico. – inizia facendomi aggrottare le sopracciglia. Cede così presto? – No, non te lo dirò, volevo solo vedere la tua faccia.”
In risposta, gli do un buffetto sul braccio. “Ahia!”
“Idiota.”
“Mi stai seriamente dando dell’idiota?” domanda, quasi offeso.

La macchina inchioda bruscamente, e se non avessi avuto la cintura probabilmente il mio naso adesso starebbe sanguinando e sarei probabilmente morta dissanguata. 
Si sfila la cintura e scende dall’auto.
Io rimango qualche secondo seduta sul sedile del passeggero, in attesa di un qualsiasi segno di vita da parte sua, che però non arriva, costringendomi, controvoglia, a seguirlo.
Incontro l’aria particolarmente fresca della notte e mi stringo nel cardigan, insultandomi mentalmente per aver deciso di lasciare le gambe nude e palesemente esposte al freddo glaciale notturno. 
Lui sta trafficando con chissà cosa nel cofano e io mi avvicino.
“Ehi … insomma, non era un insulto, il mio” abbozzo.
“Mi stai chiedendo scusa?” domanda, alzando i suoi occhi nei miei e mi insulto ancora di più quando i miei numerosi pensieri sui suoi occhi siano diventati troppo persino per me. 
“In un certo senso” mi stringo ancora di più nel cardigan.
“Beh – si fa più vicino, fino a respirare sulle mie labbra, sorridendo – non accetto le tue scuse” 
“È un problema tuo” balbetto, facendo attenzione a non lasciare che lo sguardo cada sulle sue labbra, schiuse ed ora, fin troppo serie. 
Lo guardo, forse con troppa attenzione e dubbio, curiosità, di fronte alla consapevolezza che sia per fare cosa io penso che stia per fare.
I suoi occhi scendono lenti ed inesorabili, sulle mie, di labbra, ed io deglutisco a vuoto.
Che devo fare?

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N/A

Buonasera!

Ecco a voi il tanto atteso capitolo, ovvero il post-notte fra Damon ed Elena. Innanzitutto si vede la reazione di Elena, ben diversa da quella di Damon, avuta alla fine del capitolo precedente. Lei cerca di evitarlo, lui la rincorre. Punto di incontro/scontro aka compromesso: l’appuntamento di cui parlava lui nel “momento di intimità” con Elena dello scorso capitolo.

Poi questo avviene! Anche se abbiamo solo una parte, c’è Elena combattuta, insicura e felice, il solito Damon (forse si lascia un po’ andare, che ne dite?) e uno stralcio della loro quasi tanto attesa pace!

Cosa pensate succederà nella seconda parte dell’appuntamento? Siamo curiose di sapere i vostri pensieri!

Scusate la lunghezza forse eccessiva, ma ho pensato di accorparli. Spero non risulti una scelta errata!

Grazie per le bellissime parole ed il supporto datoci! Invitiamo a farsi avanti un po’ tutti, lettori silenziosi e quelli che hanno già dato i loro pareri in precedenza, per lasciare due paroline che fanno sempre molto piacere e che, in fin dei conti, non costano nulla:)

Ecco del shameless self-promo (se così possiamo definirlo) dato che vi lasciamo i link dei nostri profili! _valins e missimississipi :) 

Un bacio e alla prossima settimana!

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Capitolo 10
*** Capitolo nove. ***


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Capitolo nove


“Dici sul serio?” domando, guardandomi intorno.
“Che cosa c’è che non va?” risponde lui, con un’altra domanda, stranito.
Siamo nel mezzo del nulla, ma proprio, del nulla; il nulla a Mystic Falls è qualcosa di particolarmente frequente, ma questo … questo nulla è davvero vuoto, e insensato.
Una collina, questa è una specie di collina … dalla quale si riesce a vedere l’intera città, a malapena illuminata per via dell’ora tarda; le uniche luci fioche e giallognole provengono da quella che deduco essere la piazza della città nella quale, in questo periodo, allestiscono una serie di bancarelle dell’artigianato. Sicuramente Caroline e Bonnie saranno lì, quest’ultima entusiasta di osservare tutto nei minimi particolari e Caroline che, annoiata, va alla ricerca di un ragazzo da rimorchiare, che puntualmente non trova, ovviamente, considerato che si tratta di una banale "festa di paese".
In ogni caso, l’ambiente è particolarmente buio, ad eccezione della luna che, piena e bianca, illumina malamente il cofano della macchina sul quale siamo seduti ad osservare il cielo settembrino, arricchito da una serie di nuvole grigie che, di tanto in tanto, offuscano la poca luce che ci è concessa.
“Vuoi violentarmi sul cofano della tua macchina?” chiedo.
Lui mi osserva; le pupille leggermente dilatate e maledettamente chiare … come fanno ad essere chiare persino di notte?
“Scherzi vero?”
“Non so – scrollo le spalle – non posso sapere cosa ti passa per la testa.”
Segue un istante di pausa, in cui arriccia le labbra e sbuffa, anzi, sospira, indeciso: “Vengo qui quando …”
“Quando devi uccidere una ragazza innocente.”
“No – mi guarda truce – quando … mi accorgo che la mia vita è uno schifo e ho bisogno di mandare al diavolo il resto del mondo.” Ed è sincero, stranamente. Sincero mentre osserva il vuoto di fronte a sé, avendo seriamente paura di guardarmi negli occhi.
Sorrido amaramente: “La vita di Damon Salvatore fa schifo? Che dici …”
“Pensi che sia tutta rose e fiori solo perché ho l’intero liceo ai miei piedi? … non è … come dire, importante … non quando … insomma, quando la gente tiene a te solo perché ha bisogno di qualcosa.”
“E tu ci stai male?” inclino la testa.
“Io … odio le persone, tutto qua – scuote la testa – e tu – mi punta il dito contro – Elena Gilbert, sei così perfetta come tutti dicono?” accenna un sorriso, spostando gli occhi sulle mie labbra.
“Sono … quella affidabile … a cui si chiedono i compiti, quella che è già stata ammessa al college e quella che è considerata ‘troppo intelligente’ per poterci provare seriamente … che non viene nemmeno presa in considerazione da quelli come te.”
“Perché dici così?”
“Perché io sono quella che si occupa del teatro e che fa la cheerleader, che è negata in chimica e che ha il massimo in spagnolo … non sono quella a cui la gente si interessa … tantomeno tu.”
Lui si avvicina, lo vedo con la coda dell'occhio, che si avvicina.
La mia mano, dapprima posata sul cofano per sostenermi, è ora avvolta nella sua e io le guardo, con il cuore che batte all’impazzata e una serie di crampi allo stomaco estremamente piacevoli e quasi terrificanti.
“Interessi a me …” soffia, a pochi centimetri dalle mie labbra.
Saldo la stretta intorno alle sue dita e mi faccio più vicina, al diavolo i miei principi.
Lui inclina la testa di lato, senza staccare lo sguardo da me,  inumidendosi le labbra con un pizzico di lingua prima di avvicinarsi.
Una suoneria che riconosco essere quella del mio telefono ci fa sobbalzare, sbuffare ed irritare.
La sua mano si allontana rapidamente dalla mia, come se fossimo stati colti in flagranza di chissà quale reato, mentre io afferro il cellulare portandomelo all’orecchio.
Il coprifuoco è passato da mezz’ora, Elena … dove sei?
“Ciao mamma … io ehm … sto tornando” dico, fissando le mie converse che ciondolano giù dal cofano.
Sarà meglio, domani c’è scuola.” Senza nemmeno darmi il tempo di replicare, attacca. AH, Miranda e la sua irascibilità quando non va a letto alle nove in punto.
Mi volto verso Damon, il quale non smette di fissarmi.
“Ti spiace riaccompagnarmi a casa?”
“In realtà, pensavo di lasciarti qui … se non ti dispiace.” Dice, ghignando.

***

“Beh … ci vediamo domani a scuola, allora.” Inizio, voltandomi verso di lui.

Siamo davanti alla porta d’ingresso di casa mia, dopo un viaggio in macchina piuttosto rumoroso e divertente, ora è arrivato, malauguratamente, il momento di salutarci.
“Ci vediamo domani a scuola … e a teatro, e a ripetizioni di spagnolo …” sorride lui.
Mi scappa un sorriso complice, ed annuisco: “A domani.”
“Ehi ehm – ecco che mi afferra di nuovo la mano – mi sono divertito, stasera.”
“Scommetto che lo dici a tutte quelle con cui esci …” dico, sospirando.
“Che tu ci creda o no … io non esco, preferisco rimanere in casa … insomma.” Socchiude le palpebre mentre arriccia le labbra in un espressione soddisfatta.
“Giusto.” Annuisco.
Prima che possa accorgermene, le sue labbra sono già posate sulla mia guancia in un contatto rapido ma decisamente intenso, tanto da portarmi a desiderare che fosse più di un semplice bacio sulla guancia.
“Buona notte.” Soffia, e poi si volta per andarsene. Ed io rimango lì, sulla soglia della porta, fino a quando, risvegliata da uno sbadiglio, mi decido a rientrare in casa.
È tutto confuso, estremamente confuso e bello, particolarmente bello e potrei giurare di non aver mai vissuto un appuntamento più bello; nella sua semplicità.
E lui è così … le sue labbra, il suo sorriso … è così Damon da farmi addormentare sperando che arrivi presto il giorno solo per poterlo rivedere.

Damon

Un bacio sulla guancia.
Mai fatta una cosa del genere.
Eppure, in quell’istante, mi sembrava la cosa più logica, normale.
Un bacio sulla guancia.
Mai fatta una cosa del genere.
Ma lì, in quel momento, davanti a casa sua, non era il momento adatto, non l’avrei baciata per la prima volta sul portico, ma in un posto speciale, degno di lei, e di ciò che è … la semplice e bellissima Elena.
Non è solo intelligente … è anche un insieme di altri miliardi di cose mixate al punto da renderla perfetta, perché maledizione, lo è davvero.
Il problema è che io non dovrei pensare a questo, io sono quello che non prova niente, quello che va a letto con le donne per scommessa e quello che non si innamora, ma per lei, per lei … non so se la casa al lago valga quanto vale lei.
Forse non se lo merita, forse dovrebbe scoprire la verità, ma se la scoprisse non vorrebbe più parlarmi e se non mi parlasse probabilmente lo sprazzo di luce che ha temporaneamente invaso la mia vita torni ad essere nero.

Nero come l’umore di mio fratello non appena mi vede rientrare in casa con uno strano sorriso e una voglia matta di fare cose decisamente non pure con Elena Gilbert che mi tortura la testa da quasi un mese, ormai.
“Dove sei stato?”
“Oh mamma non arrabbiarti – faccio una pausa e torno serio – fuori, Stefan, vuoi un itinerario con riferimenti fotografici a dove sono stato?” lo sfido.
“Sì, se eri con Elena.”
“Non mi sembra che stiate insieme, o sbaglio?”
“No .. ma-”
“Ho la risposta che volevo, Stefan … lasciala a chi sa come farla stare bene.” Ringhio infastidito, buttando la giacca sul divano.
“Lo sai tu?” mi chiede, mentre mi accingo a salire le scale.
“Voglio imparare a saperlo.”

Ed è così, voglio scoprire che cosa la fa stare bene, voglio sapere qual è il suo colore preferito e a cosa pensa durante le lezioni di chimica per avere dei brutti voti; voglio sapere che cosa le piace fare e che libri legge, voglio conoscerla. Sul serio, questa volta.

***

Entro a scuola e prima che possa rendermene conto i miei occhi stanno già cercando Elena, e tirano un respiro di sollievo quando la trovano, intenta a posare un enorme volume di storia dell’arte nell’armadietto.
Sospiro pesantemente prima di avviarmi verso di lei.
“Allora – qualcuno posa una mano sulla mia spalla – come procede?”
“Klaus – mi volto rapidamente verso di lui, cercando di tenere d’occhio Elena che adesso sembra essersi volatilizzata – che cosa?”
“Come cosa, Salvatore … la scommessa – sorride – l’oggetto in questione come se la cava? Ci sta cascando?”
“Lei non è un oggetto, è Elena.” Ribatto, rigido.
“Uh … mi sa che qualcuno qui si è preso una bella cotta, che cosa avrà di speciale quella ragazzina …ah, chi lo sa.” Ghigna divertito, mostrando l'ennesima espressione di sfida, facendomi innervosire.
“Non … non è una ragazzina e io non ho una cotta per lei, sta tranquillo – la scorgo uscire dal bagno mentre si asciuga le mani umide sui jeans e io sorrido, come un dannato idiota – prepara la casa al lago.”
Lui sorride, ancora … pensieroso.
“Ma guarda – dice, guardando oltre la mia figura – Forbes!” esclama, ad alta voce, riferito a Caroline ed io ne approfitto, per raggiungere Elena che adesso sta chiacchierando, decisamente annoiata, con una ragazzina baffuta e con gli occhiali.
“Giorno!” esclamo, avvicinandomi rapidamente, per evitare di vederla scappare ancora.
“Ehi – mi saluta, poi torna a rivolgersi alla ragazza – te l’ho detto Debby, non posso … ho già un bel po’ di casini a studiare da sola e do anche ripetizioni … non riesco proprio ad aiutarti con storia … mi dispiace.” Si stringe nelle spalle, sospirando, più infastidita, che dispiaciuta.
“E chi dovresti aiutare, sentiamo?” la sfida.
“In realtà, me.” Rispondo io.
“Oh – la ragazza, che sembra essersi accorta ora di me, indietreggia di qualche passo e poi allarga le labbra in un orribile sorriso – ciao Damon!”
Sollevo rapidamente gli angoli delle labbra per poi tornare serio, a guardare Elena.
E non so perché, giuro, non ne ho idea, la mia mano cerca la sua, debolmente poggiata lungo il suo fianco e lei, dapprima stupita, ricambia il contatto.
“Sarà meglio che vada." Sento dire a Debby e la cosa non mi importa poi così tanto, anzi, per niente. Sono solo impegnato a scorgere i dettagli più insignificanti sul viso della ragazza che adesso sta accarezzando il dorso della mia mano, senza la minima intenzione di lasciarla andare.
“Mi spiace Debby … sul serio!” dice un’ultima volta, prima di osservare la ragazza andarsene.
“Insomma – comincio – che cos’hai adesso?” lei si volta verso di me e lancia una rapida occhiata alle nostre mani intrecciate - la cosa assurda è che a me sembra una cosa perfettamente normale e a quanto pare, anche a lei.
“Beh ecco spagnolo.” Accenna un sorriso.
“Pranziamo insieme?”
Si sporge, ed il suo sguardo punta dritto verso le sue amiche che la guardano ed annuiscono, come se avessero capito di cosa stia parlando.
“Certo … solo che … c’è teatro dopo”
“Vorrà dire che dovrai sopportarmi per un bel po’; oggi è sabato … devi anche farmi ripetizioni di spagnolo.” Accenno, soddisfatto e contento di passare del tempo con lei. Elena accenna un sorriso e scuote la testa: “Ovviamente – lascia andare la mia mano al suono della campanella – ci vediamo dopo.”

Io la guardo allontanarsi; i capelli che ondeggiano rapidi da una parte all’altra e le gambe che, fasciate da un paio di jeans maledettamente aderenti, si muovono alla perfezione.

Elena

“No, Jamie, quella scena va lì, sul fondo, non davanti! Non vedi che non può stare in piedi?” urla Caroline contro un ragazzo raccattato al primo anno per aiutarci con la sceneggiatura.
Io sono davanti ad una manciata di ragazzi ai quali sto assegnando i testi da imparare a memoria per il musical, inutile dire che Rebekah non ha perso occasione per esprimere le sue opinioni riguardo i riadattamenti ‘scadenti e poco professionali’ dei testi. Come se mi interessasse sul serio cosa pensa.
“Questi sono quelli che devi imparare, per ora.” Le porgo il testo di ‘Summer nights’ e  ‘Hopelessly devoted to you’.
“Devo per forza?” domanda la bionda, schioccando la lingua.
Chiudo gli occhi ed emetto un lungo sospiro.
“Se non hai voglia, puoi sempre cambiare spettacolo, o istituto, o universo.” Damon non mi permette di rispondere a dovere alla ragazza che sicuramente penserà che non sono in grado di ribattere per le rime.
“E come farai a fare sesso con me Damon?” lo sfida lei, arricciando le labbra.
A quell’affermazione, il mio stomaco si contrae, in una serie di crampi che mi fanno irritare per il semplice fatto che, sicuramente, la biondona tutta tette ha affermato solo per aspettarsi una reazione che mi sto sforzando di contenere.
“In ogni caso – comincio – hai ragione, non dovresti per forza impararli, è ovvio che non puoi comparare la voce di Olivia Newton John – faccio una pausa – Harry – gli porgo una copia dei testi – hai qualcosa da dire?”
“Niente, Elena.”
“Ecco e ora mettetevi a lavoro, ho di meglio da fare, io.” Mormoro e mi allontano, intenzionata a cercarmi qualcosa da fare.
“C’è bisogno di me?” domando a Caroline, che nemmeno mi ascolta, troppo impegnata ad imprecare, ancora, contro il povero Jamie che sicuramente non verrà più domani.
Mi volto verso Bonnie, sospirando: “Bonnie, posso fare qualcosa?”
“No grazie tesoro, sto solo sistemando questi arrangiamenti con il pianoforte, prendi pure una pausa.”
Niente pause, assolutamente.
L’ultima spiaggia è Rick, forse troppo impegnato con un giravite a stella, del quale sembra non capire la funzione: “Ehi Rick – lo richiamo – posso fare qualcosa?”
“In effetti sì, dovresti andare dietro le quinte e controllare che tutte le corde alle quali è allacciato il tendone siano avvitate correttamente, ho appena finito ma – osserva ancora una volta il giravite – non credo di averlo fatto correttamente.”
Butto la testa all’indietro e mi trascino verso le quinte, probabilmente dovevo prendere in considerazione l’idea di fare una pausa.
Le quinte, in ogni caso, sono decisamente più silenziose rispetto al caos che c’è al di fuori di esse, i rumori provengono ovattati ed in un certo senso ne sono felice perché fra gli accordi del pianoforte, le urla di Caroline e la voce di Rebekah e … Damon, non so cosa sia peggio.
“Non mi saluti nemmeno? Sono la stessa persona con cui hai pranzato oggi.” Ecco, appunto. Addio momento di pace, benvenuto Damon.
“Me ne sono accorta.” Ribatto, senza guardarlo e prestando particolare attenzione alle corde scure che avvolgono una serie di aggeggi dei quali non so nemmeno il nome.
“Senti – eccolo che comincia con i suoi discorsoni – lei ecco … Rebekah è stata prima di … di te.” La parola ‘te’ viene sussurrata e a dirla tutta non sono nemmeno sicura che l’abbia detta, magari sto impazzendo.
“Non devi darmi spiegazioni, Damon … non stiamo insieme.” Rispondo io, incapace di voltarmi nella sua direzione.
“Invece devo, perché, adesso … io …” si blocca.
A quel punto mi volto, curiosa di vederlo in faccia, per capire, magari, che cosa stia pensando anche se, credo che Damon non lasci trapelare assolutamente nulla di quello che pensa.
“Tu cosa?”
“Voglio baciarti.” Mormora, ed in un attimo è lì, vicino a me, di fronte, per la precisione.
“Chi ti dice che io voglia farlo?” sospiro, già a corto di fiato.
“Nessuno, lo so e basta ed in un certo senso – sorride – ci spero.”
Si avvicina, ancora di più, se è possibile. Siamo a quota due o tre volte in cui ci ritroviamo in questa situazione decisamente compromettente e sulla quale non c’è molto da dire se non che entrambi desideriamo questo momento da chissà quanto, forse da sempre, credo … non ne ho idea.
Con lui non ho idee, non capisco, agisco e basta.
“Damon! Puoi venire qui un secondo?” la voce di Caroline e potrei giurare di non averla mai odiata, in tutta la mia vita, oggi sì.
Butta la testa all’indietro e porta i suoi meravigliosi e surreali occhi azzurri verso l’altro, emettendo un sospiro, misto ad una grugnito di nervosismo.
“Credo che non sia ecco – cerco le parole giuste – destino … il nostro bacio.” Riprendo, con un pizzico di rammarico e consapevolezza.
“Decido io che cosa deve accadere o no, Elena.” Soffia.
E poi accade … maledizione se accade.
È un fuoco d’artificio, un esplosione, una bomba. È la prima bambola regalata per il terzo compleanno, il primo giro in bicicletta … è un mix di cose che non si possono descrivere a parole, o forse si … bacio.
Un bacio … non uno di quelli semplici, che si danno la sera prima di andare a dormire né tantomeno uno di quelli che si danno prima di andare a lezione; uno di quelli che ti fanno domandare come abbia fatto a vivere senza fino a quel momento, uno di quelli che, in un modo o nell’altro, volessi non finissero mai.
In più, non è nemmeno possessivo, o di poco interesse … è tutto ciò che un bacio dovrebbe essere.
La sua mano è posata sul mio viso, che accarezza lentamente con il pollice, mentre le sue ciglia solleticano le mie ad ogni cambio di posizione.
Le sue labbra sono addirittura più morbide di come le avevo immaginate, più dolci di quando avessi potuto sperare e … indescrivibili, sinceramente.
Io sono come pietrificata, incapace, e quasi mi vergono di essere così dannatamente ammutolita di fronte ad una persona che di baci ne ha dati, e anche tanti, troppi e sicuramente, dopo questo, non avrà nemmeno più voglia di vedermi.
Lascio che la mia mano si intrecci alla sua già posata sulla mia guancia nello stesso momento in cui la sua lingua rifresca la mia, così piena di lui e così perfetta da chiedermi se sia veramente una persona normale.
Un contatto timido, forse troppo per lui.
L’altra mano si alza, improvvisamente, per andare ad intrecciarsi ai suoi capelli, folti e morbidi contro le mie dita.
“Damon, maledizione, sei finito all’oltretomba?! Sei qui per punizione, non dimenticarlo! Sono io a decidere quando e come, ok? Muoviti dannazione, quell’incapace di Jamie non riesce a sollevare una scrivania.”
Soffoco una risata, speculare alla sua, contro le sue labbra, allontanandomi, contro voglia, dalla sua bocca.
“Noleggio un film stasera … se compro la pizza posso considerarlo un appuntamento?” sussurra.
In questo momento potrei dire di ‘si’ persino se ciò comportasse la caduta di una bomba atomica sugli Stati Uniti, sono troppo stordita e inebriata per questo.
“Devo aiutarti in spagnolo.” Riesco a sillabare.
“Vorrà dire che ti toccheranno due fette di pizza – sorride, tenendo ancora la mano posata sulla mia guancia – passo a prenderti stasera.” Ed ecco che le sue labbra si posano di nuovo sulle mie.

E io lo guardo andare via.
Sinceramente non ci credo, non ancora, non ho ancora realizzato che Damon Salvatore abbia baciato me, e mi abbia appena chiesto di ‘cenare’, di nuovo, con lui; nonostante il mio bacio sia stato a dir poco disgustoso.
Rimango immobile, fino a quando Rick non mi risveglia dai miei pensieri, e io continuo a fare ciò che avrei dovuto fare anche prima, con un maledetto sorriso ad incurvarmi le labbra ed il suo sapore addosso.

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N\A
Ciao  a tutti! Eccoci qua con questo nuovo capitolo e scusate il ritardo. Ma, penso che dopo questo... sarete disposte a perdonarmi, no? :)
Direi che l'unica "nota negativa" del capitolo, sia stata la presenza di Stefan che, ancora una volta, non si da' per vinto; riuscirà a combinare qualcosa o nulla? Lo scopriremo solo vivendo ahah ok, scusate la parentesi triste.
Come avete notato il capitolo non è ripreso dalla parte in cui è stato interrotto la volta scorsa, ma non è un errore, diciamo che è stato fatto "apposta". Insomma, abbiamo pensato di riprenderlo esattamente da un'altra angolazione.
Vi invito a lasciarci un parere e soprattutto vi ringraziamo per le recensioni e anche coloro che hanno messo la storia tra le seguite\preferite\ricordate!
Se volete passare, i nostri profili missimissipi, e valins. Un bacione e alla prossima settimana!
ps: Risponderemo alle recensioni tra stasera e domani, ma sappiate che le abbiamo lette e amate tutte!

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Capitolo 11
*** Capitolo dieci. ***


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Capitolo dieci

Il cielo è sgombro di nuvole, è chiaro e limpido. La giornata scolastica è terminata da circa due ore. Un vento rinfresca l’aria e l’atmosfera sarebbe davvero molto piacevole se non fossi stata costretta da Caroline a partecipare a questa stupida cosa delle cheerleader. All’inizio era una mia aspirazione. Avete presente quando si è piccoli, ed i propri nonni e genitori incitano il proprio figlio barra nipote ad eccellere in tutto? Ebbene sì, mia nonna e mia madre hanno riservato lo stesso trattamento a me. Dicevano che avrei dovuto essere una cheerleader in ricordo di tutti quegli anni che entrambe avevano trascorso in quello stesso gruppo di quello stesso edificio scolastico. Morale della favola? Noi siamo state cheerleader, non vedo perché tu debba interrompere questa tradizione. Ecco, appunto. Ho iniziato per soddisfarle, per renderle fiere di me… ma la verità è che al secondo anno di liceo avrei tanto voluto smettere ma, non sia mai!, mai deludere Caroline Forbes. 
Diciamo che anche Bonnie ha dovuto scegliere … O con me, disse Care quell’anno, o senza di me. All’epoca la scelta che appariva migliore era la prima… per carità, lo è tuttora. Ma Caroline spesso è… insopportabile? Odiosa? A volte mi chiedo cosa sarebbe successo ritenere la seconda opzione la migliore. 
“Ragazze!” urla lei, richiamando l’attenzione di tutte le persone con l’uniforme. “Voglio grinta, dannazione! Abbiamo un sacco di gare tra solo due settimane! Non vinceremo un bel niente se continuate a lavorare così male!” rimprovera tutte noi, ed io sospiro, aggiustando la coda di cavallo. “Adesso potete andare… - il suo tono di voce è incredibilmente diverso da quello di due secondi fa – Domani alle cinque, per gli allenamenti!” sorride in modo smagliante, facendomi seriamente preoccupare. Che soffra di qualche disturbo di doppia personalità?
Sposta i capelli biondi sulla schiena, salutando qualche nostra compagna e poggiando, poi, entrambe le mani sui fianchi. Scuoto la testa. È Caroline. Lei è così ed ha sempre tutto sotto controllo. 
“Bonnie, sei stata eccezionale!” esclama tutta sorridente. “Sei migliorata tantissimo rispetto agli ultimi allenamenti! Sappi che sono più che orgogliosa di te!”
“Ehm… grazie?” rido di fronte alla risposta di Bonnie. E’ un’affermazione o una domanda? Ma Caroline, d’altronde, non sembra neanche farci caso. Adesso sta battendo le mani ad una velocità che mi confonde e per questo prendo il mio borsone e faccio per recarmi negli spogliatoi.
“Elena?” sembra quasi sorpresa dal fatto che stia andando a cambiarmi.
“Sì?”
“Dove credi di andare?”
Aggrotto le sopracciglia. “A cambiarmi.”
Alza gli occhi al cielo. “Non intendo quello. Intendo che devi aspettarmi. Ci aspetta una lunga giornata di shopping, o sbaglio?” 
Mi mordo l’interno guancia chiudendo gli occhi. Oh, sì… il pomeriggio di shopping con Caroline. 
“E se ti dicessi che ho altri impegni per la giornata?”
“E se ti dicessi che no, non è così?” serra le labbra, sembra che si stia trattenendo dall’urlarmi contro. Mai, e dico mai, avere Caroline Forbes contro. Per la propria sanità mentale. Forse anche quella fisica.
“Devo vedermi con Damon.” Mi mordo il labbro inferiore. “Per le ripetizioni.” Aggiungo velocemente. Spero che non faccia una scenata delle sue. E’ molto probabile, in realtà.
“Salvatore? Damon Salvatore?” incrocia le braccia.
Annuisco con il capo, incapace di dirlo a voce.
“Bene.” Spalanco gli occhi. Tutto qui?
“Ma non presentarti da me, quando lui ti lascerà perché è questo quello che sei per lui. Un’ulteriore vittima. Un’altra delle sue.” Afferma tagliente, sparendo dalla mia visuale.
Sospiro. E’ davvero così? Mi massaggio la testa, ripetendomi che non è affatto così. 
Sarebbe stata molto meglio la sua ennesima scenata.


Una doccia rigenerante dopo, sono di fronte a casa Salvatore.
Suono incerta il campanello di casa. Andrà tutto bene, Elena, andrà tutto bene. Non pensare a Caroline. 
Ma è quasi impossibile per me, non farci caso. Alla bionda ed alle sue parole, s’intende. Chiudo gli occhi. Andrà tutto bene, ripeto a me stessa un’ultima volta. 
“Ehi.” Al contrario di quanto mi aspettavo, non è Damon ad aprire la porta. Ma Stefan. Può andare peggio? “Ehi.” Rispondo nella stessa maniera. 
“Ripetizioni di Spagnolo a Damon.” Affermo indicando la porta.
“Oh sì… Capisco.” Il suo tono di voce mi suona terribilmente ironico. Perché?
“Be’… io stavo uscendo. Ciao, Elena.” Apre la porta, andandosene.
Andrà tutto bene.

“Como estas?” domanda Damon una volta dentro casa. Alzo gli occhi al cielo, divertita. “Bien, gracias. Sabes explicarme porquè tu hermano me parece raro?”
Sembra confuso. “Non sono ancora così bravo.” Replica con un ghigno.
“Bene, grazie.” Poggio la mia giacca sullo schienale della sedie. “Sai spiegarmi perché tuo fratello mi sembra strano?” aggrotto le sopracciglia. Sembrava… particolarmente pungente ed ironico. E non è da Stefan.
“E’ Stefan. Sarebbe preoccupante il contrario.” Annuncia convinto, gesticolando con le mani e facendomi annuire pensierosa. “Ce l’ha con me?” chiedo allora.
“Eh? No, niente affatto.”
“Okay.” Mormoro scrollando le spalle. Come dovrei comportarmi? Dovrei far finta che non sia successo nulla?
“Iniziamo?” domando sorridente. Lui annuisce.
E vada per l’ignorare la cosa.

“Damon, quello non è l’imperfetto! Ripetilo un’altra volta.” Dico con un tono che non ammette repliche. Sbuffa contrariato.
“Yo estaba, tu estabas, el, ella, usted estaba…” inizia con un filo di voce, per poi completare la coniugazione lievemente incerto. Sorrido. “Visto? Non era difficile!” esclamo.
“Se lo dici tu.” alza un sopracciglio. Gli rivolgo un’occhiata confusa, stranita dal suo comportamento. “Tutto okay?” chiedo allora.
Annuisce distrattamente con il capo.
“Damon.” Lo richiamo.
“Non ho voglia di studiare.” Ammette roteando gli occhi.
“Abbiamo ancora tanto da fare.”
“Non possiamo passare direttamente alla serata pizza-film?” cerca di impressionarmi sporgendo il labbro inferiore ed io rido a quella visuale. “Dovresti studiare.”
“Dovrei.” Il suo solito ghigno compare sulle labbra, mentre mi sposta una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“D’accordo.”

Poggio il capo sulla sua spalla, stringendomi nel maglioncino di lana e lascio che una sua mano mi accarezzi i capelli. Il tavolino di fronte a noi è coperto dal cofanetto di un dvd e dal cartone di pizza, che abbiamo mangiato in due. Stiamo guardando Midnight in Paris, il protagonista sta vivendo la prima notte negli anni venti. Non c’è che dire, questo decennio mi ha sempre molto impressionata e mi domando spesso e volentieri come sarebbe stato vivere in quel periodo. Sorrido, mentre Damon mi osserva. Sentendomi osservata lo guardo di sottecchi. E… nulla, mi osserva attentamente.
Ho per caso qualcosa fuori posto? I capelli spettinati? La faccia di uno zombie?
“Cosa c’è?”
“Nulla.” Annuisco, spostando lo sguardo verso il televisore.
Mi torna in mente Caroline, probabilmente a quest’ora sarà a casa da sola, o Bonnie la starà consolando. O forse nulla, ha ignorato la questione; oppure, semplicemente, fa la persona matura e fingerà che non sia successo nulla. Prima le ho inviato un messaggio, al quale non mi ha ancora risposto. Probabilmente… non vuole parlarmi. Devo solo accettarlo.
Sospiro, concentrandomi su Damon.
E se lei avesse ragione? Se fossi una delle tante?
“Damon.” Sposto il mio capo dall’incavo del suo collo, coperto a malapena da una maglietta a maniche lunghe blu. “Uhm?”
Sospiro. “Perché me?”
Alza gli occhi al cielo. “Di nuovo questa domanda?” chiede sorridendo. Io annuisco e basta. “Non lo so, okay? Per un motivo o per l’altro ti ho notata.”
“Notata? Significa che prima non sapevi della mia esistenza?”
Stringe le labbra. “So che può sembrare sgradevole da dire… ma sì. Prima non ti avevo notata. Non ti consideravo.”
Mi irrigidisco. So di non essere il tipo di ragazza che tutti notano la prima volta che passa nei corridoi della scuola… ma le sue parole, in qualche modo, mi feriscono.
“E perché tanto interesse per me, allora? L’Homecoming, le ripetizioni di Spagnolo, Grease… Perché?” chiedo dura.
“Non lo so, Elena. Succede e basta: conosci una persona e ti piace.” Il suo tono di voce è quello di qualcuno che sta per perdere la pazienza. Ma devo capire. Voglio risposte. 
“Quindi cosa siamo, noi?”
Mi osserva aggrottando le sopracciglia. “Perché vuoi etichettare tutto? Non ti basta questo?”
Evito il suo sguardo, mordendomi il labbro. “Tu sei tu, Damon… I tipi come te non cambiano da un giorno all’altro… Ed io voglio capire se mi sono lasciata abbindolare dalla persona sbagliata, che vuole solo giocare con i miei sentimenti.”
Annuisce, mentre i suoi occhi diventano improvvisamente gelidi. Niente più calore in grado di farti sciogliere, solo un inverno difficile da trasformarsi in primavera, estate. “E’ così difficile da capire? Non voglio dover cambiare per qualcuno. Non voglio trasformarmi nel genere di ragazzo che regala cioccolatini ad ogni occasione, che da un nome a tutto questo.”
“Ma a volte succede. A volte si cambia, che si voglia o no.”
“Vuoi cambiarmi?” 
“Vuoi abbindolarmi?” chiedo nello stesso tono da lui usato. 
“No, Elena.” 
Scoppio a ridere. “Come faccio a crederti se non mi guardi nemmeno?”
Posa i suoi occhi su di me. “No, Elena. Così va meglio?”
“Sai cosa? Non ti credo.” Mi stacco da lui e faccio per alzarmi.
“Io penso che tu sia troppo codarda, Elena.” Mi blocco. “Non vuoi nemmeno provare a credermi. Parti già in quarta con le tue idee ed opinioni, senza riflettere e senza guardarti indietro. Vuoi dare un nome a quello che abbiamo perché non vuoi soffrire.”
Scuoto la testa. “E’ vero, Damon, non voglio soffrire. Forse perché non riesco a fidarmi di te. Non ci riesco. Cos’è che abbiamo?” apro le braccia. “Non lo so. Non chiamiamolo per nome, in fondo potrebbe significare che dobbiamo entrambi impegnarci in qualcosa di serio, qualcosa più grande di noi, eh?”
Si alza in piedi anche lui. “Cosa provi? Quello è ciò che conta.” Si avvicina a me, prendendo il mio viso fra le sue mani. Sorrido flebilmente, osservando tutto tranne lui.
“Non so cosa provo.” Scrollo le braccia. “Forse niente, forse qualcosa. Non posso saperlo. Tu non mi aiuti.” Per un attimo mi guarda negli occhi. Sembra… in conflitto con sé stesso.
“Devo andare.” Mormoro, sciogliendomi dalla sua presa.
“Elena…”
“Lasciami andare.” La vista si appanna, prendo distrattamente le mie cose e lui rimane fermo lì, di fronte alla porta. 
“Lascia che ti aiuti…”
Lo blocco. “Va bene così. Ho capito.” Mi inumidisco le labbra, lo osservo per un po’. Forse è l’ultima volta che posso guardare questo viso e questi occhi a questa patetica vicinanza. 
“Buonanotte.” Sussurro, uscendo e non voltandomi indietro.

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N\A


Ciao a tutti! Eccoci qua con questo nuovo capitolo!

Prima che pensiate che la reazione di Elena sia esagerata e insensata, bisogna ricordare che a) Damon è pur sempre Damon! b) Elena è una ragazza sveglia, infatti già dai capitoli precedenti è piuttosto restia a credere che l'avvicinamento dell'eternal stud non abbia nulla di strano, ed infine c) Caroline ha la sua parte, ammettiamolo! Elena è insicura ma lei, nonostante tutto, le mette - come si suol dire - la pulce nell'orecchio! Ma se lo fa è perchè lei è così, esuberante, schietta, incredbilmente legata ad Elena.

Ma spetta a voi l'ultima parola! Cosa ne pensate?:) ed in più ho un'altra domanda, ossia, i personaggi a quale stagione assomigliano maggiormente? perchè, rileggendo il capitolo, nella mia mente sono apparsi vari momenti della prima stagione, per cui volevo un confronto... :)

Prima del consueto saluto e dei più che meritati ringraziamenti per voi, tutti coloro che leggono e recensiscono (y), c'è un avviso urgente per tutti i lettori! ovvero, la storia ritornerà fra venti giorni - qualcosa in più, qualcosa in meno - perchè sia io che l'altra autrice, valins, partiamo, ma non appena tornate aggiorneremo la storia, sperando di ritrovarvi vivi nonostante il caldo bestiale... magari anche sotto tanta sabbia, con un cellulare, ipad, computer o quel che sia ad attenere un nuovo capitolo *fede viene presa a pomodori in faccia*.

uhm... dicevo?  pace e amore, vogliateci bene comunque?  

Quindi godetevi questo capitolo, seppure non sia di lunghezza comparabile ai precedenti! 

Ed infine un grazie enorme per tutti voi, per chi spende qualche minuto del proprio tempo per leggere la storia, per chi la inserisce nelle seguite-preferite-ricordate e per chi addirittura recensisce! ci rendete incredibilmente felici, dico davvero! speriamo con gioia di ritrovarvi in egual modo per questo capitolo e per i successivi! :))

grazie a tutti voi per il supporto nonostante l'estate e le vacanze!

Se volete passare, i nostri profili missimissipi, e valins.

Un bacione e fra venti giorni!

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Capitolo 12
*** Capitolo undici. ***


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Capitolo undici

“Smettila, sul serio. Ne ho abbastanza” sbotto, innervosita. Ho ceduto all’orgoglio e mi sono precipitata a casa di Caroline, subito dopo quel mezzo appuntamento con Damon.
Non so perché ho reagito così, non so se sia stata la pulce nell’orecchio da parte della mia amica, oppure la mia paura di rimanere sola e triste, magari col cuore spezzato da uno dei tanti stronzi della mia scuola.
Forse avrei dovuto reagire diversamente, forse avrei dovuto semplicemente lasciar correre le cose, finché non sarebbero finite al loro posto; ma cosa mi aspettavo? Che Damon ed io saremo entrati a scuola mano nella mano, a dispetto di tutto ciò che il resto del mondo dice? Che avremo trionfato? Per favore.
Devo smetterla di rimanere bloccata in una favola, il lieto fine non esiste, specialmente quando lo si cerca fra le braccia di Damon Salvatore.
“E va bene – Caroline mi porge un bicchiere di ciò che apparentemente sembra acqua, ma ne deduco che non lo sia, affatto – tieni bevi questa, ti aiuta a distendere i nervi” 

Sono astemia.
Non lo sapevo, fino ad ora; Caroline mi ha fatto ubriacare. 
Anzi, di solito, gli ubriachi hanno un qualche tipo di reazione, amplificano le emozioni, evidentemente la mia è la stanchezza poiché sono crollata sul letto della mia amica come se avessi preso un intero flaconcino di sonniferi.

Inutile dire che il mattino seguente, a scuola, oltre a sentirmi in una specie di luogo surreale in cui tutti parlano sotto forma di eco, ho anche un gran mal di testa. 
Le parole rimbombano violente nella mia testa ed è come se tutti stessero urlando in preda ad una crisi di nervi, in realtà sono solo io che devo poggiarmi al mio armadietto per avere un minimo di sollievo.
“Elena! stai bene?!” 
“Caroline – biascico – ti prego, non urlare” 
Porto una mano a massaggiarmi la fronte, come se ciò potesse in qualche modo darmi sollievo.
“In ogni caso – prosegue, fregandosene altamente di ciò che ho detto – oggi siamo giustificate, possiamo lavorare l’intera mattinata, pomeriggio compreso, allo spettacolo, non sei contenta?” 
Una pasqua, sul serio.
“Che notizia” borbotto, richiudendo l’armadietto. 
“Stai male?” domanda, finalmente, dopo essersi accorta che sembro una specie di zombie.
“Ci siamo scolate una bottiglia intera di vodka, come pensi che stia?” 
“Spero bene. Dobbiamo andare in teatro” dice, spingendomi leggermente attraverso il corridoio ed in un certo senso la devo ringraziare perché probabilmente non ce l’avrei fatta senza di lei ad arrivare viva fino a qua.

I fari bianchi che illuminano il palco e le luci forti che penetrano violentemente attraverso i miei occhi mi fanno venire voglia di … non so, uccidermi.
Poso la testa contro il tavolo ai piedi del palco e lascio che le mani penzolino giù da esso, con la speranza che questo trapano possa allontanarsi dalla mia testa.
“Elena, tesoro, stai bene?” 
Per fortuna c’è Bonnie, che è interessata a me. 
“Portami solo una quantità industriale di caffè, o morirò su questo fottutissimo tavolino scolastico” 

“Rebekah, maledizione, un po’ più di brio! Ricorda, Sandy ce l’ha a morte con Danny per come si è comportato, capito?” eccola che agita rumorosamente le mani, invitando gli ‘attori’ a rimettersi in posizione ed in contemporanea incitando il pianista a continuare.
“Caroline, abbassa la voce” dico io.
“Elena, questi sono incapaci – sussurra, avvicinandosi – se non urlo non capiscono” 
“Io sto avendo una crisi di nervi, mista ad una raffica di vomito, pensi di potermi venire in contro, almeno una volta?” 
“E va bene … ti concedo una pausa da questo – indica il copione al quale sto lavorando – va a prenderti un caffè e sciacquati la faccia” 
“Grazie” 
Mi alzo, lasciando che la sedia emetta un rumore talmente stridente da costringere Rebekah ad interrompere il suo assolo, e onestamente la cosa nemmeno mi dispiace. 
Afferro la borsa e mi trascino su per la scalinata – mai sembrata così lunga – che porta all’uscita di sicurezza sfociante nei corridoi. 
Sono le otto, ciò implica che sono tutti a lezione, dunque i corridoi sono vuoti e silenziosi, grazie a Dio.
Quando ero piccola, se mi fossi trovata in una situazione simile avrei probabilmente chiamato la mamma, per farmi venire a prendere e portare a casa; lei mi avrebbe preparato una tazza di tè caldo con biscotti rigorosamente secchi e mi avrebbe rimboccato le coperte fino al mento.
Ora, data la mia età prettamente maggiorenne, il massimo che posso ottenere è il tè caldo, nel quale non mette nemmeno più qualche goccia di latte, ma solo una triste e solitaria fetta di limone che mi perdo sempre ad osservare più del dovuto. In più, di certo non posso dirle di aver passato una nottata a bere vodka liscia con Caroline, perciò mi limiterò a pregare che questa giornata passi in fretta, fino al momento in cui riuscirò ad andare a letto. 
Mi siedo su una sottospecie di poltroncina accanto alla macchinetta del caffè, in attesa di recuperare un po’ dell’equilibrio necessario per alzarmi e andare a morire da qualche parte.
Il punto è che l’intera scuola sembra girare intorno a me.
Stringo saldamente le dita contro le tempie e quasi soffoco un rantolo di nervosismo quando mi rendo conto che il mal di testa non mi passa.
“Ehi – una voce che al momento non riesco a riconoscere si fa più vicina – stai bene?” 
“Ti sembra che stia bene?” domando, innervosita.
“Che hai combinato?” 
“Credo di aver bevuto più del necessario” sospiro, con gli occhi coperti dalle mani.
“Sono le otto, Elena” mi accorgo che la persona in questione è Damon nel momento in cui la sua voce pronuncia il mio nome.
“Non ho bevuto adesso – mi inacidisco – ho i postumi di una fottutissima sbornia” 
“Perché mai avresti bevuto?” 
“Perché tu sei un fottutissimo stronzo” 
E diamo il via alle conversazioni senza filtri.
Lui non rispondere, eppure potrei giurare che stia annuendo: “Vieni ti accompagno a casa” 
“Chi ti dice che voglio essere accompagnata?” domando, alzando, finalmente, lo sguardo su di lui.
“Il mio sesto senso? Per favore, Elena, non voglio essere responsabile della morte di un adolescente”

Damon

Un fottutissimo stronzo … ci sono due parole che mi si addicano meglio di queste, no? E dire che Elena non è assolutamente la prima a dirmelo, anzi, mi è stato detto anche di peggio, ma qualsiasi cosa, detta da lei, è amplificata, le cose belle sono più belle, le cose dolorose fanno più male; i suoi baci sono i migliori e le sue affermazioni taglienti mi tagliano più del dovuto. 
Per qualche strano motivo, ho deciso di accompagnarla a casa, forse perché vorrei rimediare al mio essermi comportato da stronzo, oppure sono così egoista da voler passare del tempo con lei sfruttando il fatto che sia non del tutto cosciente di ciò che le sta accadendo.

Casa sua è in fondo ad una strada, al confine con la boscaglia che caratterizza questo paesino dimenticato da Dio. Arredata in modo classico, essenziale e maledettamente familiare, una di quelle case in cui, non solo dal punto di vista fisico, ti senti, appunto, a casa tua.
Il silenzio ci investe come una scarica elettrica, sintomo che in casa ci siamo solo io e lei; in una qualsiasi altra situazione, avrei approfittato del momento, ma non appena mi volto per osservare Elena che, malamente, si tiene ancorata al mio braccio, mi viene solo voglia di tenerla con me, qualsiasi cosa questo significhi.
“Dov’è la tua camera?” chiedo.
“Di sopra” borbotta e, lasciando il mio braccio, fa per salire le scale.
Inciampa sui suoi passi al secondo scalino e se non l’avessi presa a quest’ora sarebbe malamente caduta.
Incrocio per un secondo il suo sguardo vagamente perplesso ma fin troppo stanco e spossato da poter impegnarsi a fondo da comprendere che addirittura in questa situazione, io abbia voglia di baciarla.
Riesco a sollevarla di peso fino alla soglia della sua camera da letto.
Rimango a guardare la sua camera per qualche secondo.
Letto spazioso – ed è già un fattore positivo – scrivania accanto al piccolo armadio e una gigantesca finestra, ora coperta da una tenda scura.
La poggio sul letto e, con delicatezza – non pensavo di conoscere il significato di questa parola – le sfilo le scarpe e la giacca di pelle.
Sospiro quando, dopo essermi allontanato controvoglia dal suo corpo, lei mi guarda, curiosa.
“Grazie” riesce a sillabare, sistemandosi meglio sul cuscino.
“Posso considerarmi perdonato?” domando, con un briciolo di speranza … sì, speranza. 
Lei fa una pausa: “Puoi … ecco, non c’è bisogno che resti” 
E queste parole, fanno male, sul serio.
Ma, del resto, dopo averle detto che sono confuso, e che non mi interessa sapere cosa ci lega, questo è il minimo.
“Si – mi gratto la testa – io … ti lascio riposare, allora …” dico, titubante.
Elena annuisce, e si volta, dandomi le spalle ed una fantastica visione sulla sua schiena parzialmente scoperta.
Mi allontano da casa sua, indeciso.
Terribilmente indeciso; avrei dovuto chiederle di rimanere? Avrei dovuto … dovuto, che ne so … dirle che mi piace … dirle ‘ehi Elena, tu mi piaci, mi piaci sul serio, i tuoi dannatissimi occhi e il tuo profumo mi è entrato dentro, ma ho un segreto, sei l’oggetto di una scommessa. Ma ci rinuncerei per te …’. 
Ma chi voglio prendere in giro? Nessuno mi ama, tantomeno Elena, che è fin troppo perfetta, e io non la merito. C’è quella parte di me, che mi dice di portarmela a letto e lasciar perdere questa storia dei sentimenti, l’altra, mi dice semplicemente di lasciarmi andare e lasciare che Elena abbia la meglio su di me. 
E so perfettamente che voce seguire.

Elena

La mia testa è andata, completamente. 
Sono più che sicura di averla sentita mandarmi a quel paese nel pomeriggio, urlandomi di essere un totale e completo disastro, concludendo dicendomi che sono l’unica ragazza di diciotto anni ad essere astemia.
Mia madre entra in camera e per un momento mi sembra di rivivere i momenti in cui da piccola mi portava da mangiare a letto. 
Tiene fra le mani una tazza di tè caldo e qualche biscotto.
“Come ti senti tesoro?” domanda, sedendosi ai piedi del letto.
“Una meraviglia” borbotto.
Lei mi porge la tazza, con un velato sorriso: “Senti, sai che papà deve intraprendere l’ennesimo viaggio di lavoro, a Boston … pensavo di andare con lui. Ormai siete abbastanza grandi e non è giusto che vostro padre viaggi continuamente da solo – arriccia le labbra – va bene per te?”
Non sono mai stata a casa da sola per più di un’ora, non so prepararmi nemmeno un piatto di lasagne precotte da micro onde, ma sì … me la caverò alla grande.
Tanto, le cose non possono andare peggio; o si? 
Del resto, mi sono presa una cotta per una persona che di me non ne vuole sapere o chissà che cosa gli passa per la testa, sono alle prese con un progetto teatrale che mi tiene impegnata ventitré ore su ventiquattro, do ripetizioni, studio … quindi.
“Certo che si mamma, non preoccuparti” 
Lei sorride, felice. Sappiamo quanto ami papà e quanto detesti lasciarlo andare ogni volta che parte per i suoi viaggi. Mio padre è un grande avvocato, uno di quelli rinomati e abbastanza conosciuti, ed è ovvio che ci sia bisogno di lui, di tanto in tanto.
“Ora ti lascio dormire – prosegue – se non ti senti non è necessario che domani vai a scuola – mi poggia una mano sul ginocchio e si alza – papà ed io partiamo dopodomani” conclude, prima di uscire.
Rimango a fissare vacua la mia tazza di tè aromatizzato con erbe strane delle quali solo mia madre conosce l’esistenza, a riflettere.
Dopotutto, potrei stare a casa domani. 
Mi eviterei le urla di Caroline, la faccia da ‘brava donna’ di Rebekah e soprattutto, l’unica vera ragione per cui non voglio andare a scuola; questa ragione ha gli occhi chiari, mi ha baciato ed è come se tutto il resto del mondo sparisse non appena mi parla ed io ho così tanta paura che preferirei mille volte rotolarmi nel letto pur di vedere Damon Salvatore ancora una volta.

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N/A

Buon pomeriggio!

Sono tornata due giorni fa – sono Fede aka missimissisipi – e dire che sono stanca è un eufemismo. Per me niente mare, solo Londra ma mi sono abbronzata comunque. Sì, avete capito bene. E da qui comprenderete due cose, ossia a) le temperature elevate per una città così abituata al freddo e b) la tonalità fin troppo chiara della mia carnagione.

Ma, dato che la situazione della mia pelle non è ciò che vi interessa, e anzi, chiedo scusa perché divago con esaltante facilità, passiamo al capitolo!

E’ un po’ un capitolo di passaggio, uno intermedio dove accadono un paio di cose ma… è anche piuttosto statico. E’ fondamentale perché i personaggi prendono decisioni importanti, Elena, Damon ed i genitori della prima, ma ne sapremo di più fra una settimana! (troppo cattive?)

Torno a ricordare che Caroline è la solita Caroline, buona, fin troppo, schietta, fin troppo, e decisamente obiettiva quando si tratta del suo spettacolo.

Il prossimo capitolo sarà quasi una ventata d’aria fresca… a me è piaciuto moltissimo, anche se credo di essere di parte ahahah

 

Grazie per le bellissime parole ed il supporto datoci! Invitiamo a farsi avanti un po’ tutti, cosa ne pensate? E’ quello che vi aspettavate dopo l’incontro-scontro del capitolo precedente? Lettori silenziosi e non, ossia coloro che hanno già dato i loro pareri in precedenza, lasciateci due paroline perché siamo molto curiose e, personalmente, sebbene creda certamente di parlare anche per l’altra autrice, sono molto felice di sapere che la storia piaccia così tanto!

I link dei nostri profili! _valins e missimississipi :)

 

Un bacio e alla prossima settimana!

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Capitolo 13
*** Capitolo dodici. ***


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Capitolo dodici


Asciugo una lacrima, distrattamente, lasciando sgorgare altri sentimenti dall’altro occhio e singhiozzando come non ricordo di aver mai fatto. O forse lo ricordo. Forse è stato ieri, quando ho terminato di guardare, per l'ennesima volta, Letters to Juliet. In realtà, credo di essere diventata masochista. Non cerco cose felici quando sono triste, anzi, cerco cose tristi, in modo da incrementare il mio disperato bisogno di piangere almeno un paio di volte a settimana, insieme alla consapevolezza di non poter mai avere un finale stile Nicholas Sparks, il quale, tortura noi povere adolescenti con storie da favola.
Mettendo a fuoco la vista, cerco un fazzoletto e mi soffio il naso fino a non respirare quasi più.
Non posso crederci. Le mie mani tremano ininterrottamente.
“Non puoi…” mormoro con un filo di voce. “Non puoi morire così, Matt!” urlo contro il televisore del soggiorno. Ah, non ci posso far nulla.
Sono un’ipersensibile cronica e mi affeziono in modo quasi indescrivibile ai personaggi di ogni film, serie televisiva, libro. E’ una desolazione, ogni qualvolta ci sia qualcosa che tocchi il mio animo. Ma che dico, ogni qualvolta un personaggio, un evento, soffia verso il mio cuore, BOOM! Ecco che le lacrime  scorrono copiose sul mio viso, bagnandolo completamente e rendendo fradicio ogni tipo di fazzoletto, evidentemente incapace di sopravvivere al trauma di essere totalmente zuppo.
Caroline e Bonnie lo sanno benissimo, proprio per questo, quando andiamo al cinema o sono in loro compagnia, cerchiamo di scegliere una pellicola che non sia commovente, drammatica o anche solo, per mezzo secondo, triste.
In questo caso, sto guardando una serie tv che parla di vampiri, c’è uno stupido triangolo amoroso nel quale la protagonista, Nina, non sa affatto decidere il ragazzo perfetto per lei. E nel frattempo tutti e due, Paul e Ian, si struggono, solo per il suo amore. Poi c’è la famiglia, gli amici, il fratello…E in questo caso il professore, Matt, morto per un evento sovrannaturale.
E lo so, diamine, lo so che è sciocco seguire queste numerose stagioni, d’altronde i vampiri ed i casi spaventosi come questo non esistono affatto; però questa Nina un po’ mi fa compassione: i suoi genitori sono morti, suo fratello Steven è un cacciatore di vampiri, poi un fantasma tornato dalla morte grazie alla strega Kat, deceduta al suo posto. Ci sono un sacco di creature schifosamente inventate che entrano ed escono dalla sua vita, è tutto così complicato ma mi piace: spesso è profondo, i personaggi cambiano, mutano col tempo e migliorano ed, in un certo senso, mi piace pensare che anche nella realtà questo possa accadere.
Scuoto la testa, prendendo altri fazzoletti per asciugarmi il volto e le mani sulla maglietta larga che indosso. 
Caroline ha terribilmente ragione: devo smetterla. Smetterla. Definitivamente.
Sono così emotivamente emotiva, vorrei tanto poter guardare un film drammatico senza piangere fiumi interi; oppure leggere un libro avvincente senza bagnare tutte le pagine.
Ma certo che no! Non posso farlo.
Prendo una profonda boccata d’aria.
Ce la posso fare, ce la posso fare.
Ce la posso fare, ce la posso fare!
Mi guardo attorno. Sono sola, a casa.
Mamma è via con papà, Jeremy è a scuola ed io sto crollando colpita da tutti i miei sentimenti.
Non ce la posso fare.
Decido di prendere il cellulare ed inviare un messaggio a Care e Bonnie, per distrarmi e non avere tempo libero per piangere. Ne sarei davvero in grado.
Come sta andando?”
E mi riferisco a questa giornata.
Non tanto al fatto che stiano vivendo una normale giornata scolastica senza di me, certo che no. Più che altro… al resto, se ci sono novità, se è successo qualcosa in particolare ...magari su un certo ragazzo dagli occhi azzurri.
E no, non pensate all’Ian della serie Tv.
Certo, sarebbe bello avere un ragazzo del genere… ma no, Elena ...smetti di fantasticare! Mi dico.
Mi mordo il labbro inferiore, aspettando una risposta. Nel frattempo, penso che sia meglio dare una pulita al soggiorno, e magari anche a  me stessa.
Non sono nella mia forma migliore, con gli occhi rossi e grandi, il naso troppo colorato, le guance bagnate –così come la maglietta. Lacrime, puah- ed i capelli spettinati.
Damon… Se in una qualunque occasione qualcuno mi chiedesse cosa sia un casino, un disastro, io risponderei senza indugi lui, Damon Salvatore. Un po’ mi ha stregata, è entrato in un periodo della mia vita in cui io non avevo affatto bisogno di lui, mi ha corteggiata come le altre ed io ho fatto un passo prima di cadere nella sua solita e conosciuta trappola per ragazze.
Damon è quella cosa che non ti aspetti, è la pioggia improvvisa, un acquazzone in piena estate. E’ l’ironia fatta a persona, un po’ come diceva quella canzone di cui adesso non ricordo il nome… E’ il traffico quando sei già in ritardo, è pagare una corsa quando in realtà era gratuita, è il buon consiglio a cui non hai dato retta. Lui è un disastro, a scuola, in famiglia, forse nella vita e nelle relazioni, sentimentali e non che siano. E’ un uragano che cammina.
Ed io non so se abbia fatto bene a far entrare questa tempesta nella mia vita.
Mi ha fatto star bene e poi male. Ed in così poco tempo, poi! Si è insinuato in me, in un punto così profondo che non riesco ad estirpare. E’ il baobab che ho lasciato crescere nel mio mondo, che adesso mi sta travolgendo. Ma sarebbe potuta nascere anche una bellissima rosa.
Ed è qui che sbagliamo, un po’ tutti. Come il piccolo principe: lui estirpa tutto, tutto prima che qualsiasi cosa possa accadere. E quello è sbagliato.
Ma il mio comportamento è giusto, allora? Non capisco.
Decido che non è il momento di aspettare. Aspettare Damon, la volta buona, il messaggio di Caroline o quello di Bonnie.
Al diavolo lui, per una volta voglio essere fottutamente egoista e pensare a me.
Mi alzo dal divano, scostando la coperta dal mio corpo ed eliminando la marea di fazzoletti che sembra, a primo impatto, una distesa di margherite. Ma da vicino è quel che è. Proprio per questo le elimino prima che il postino, o anche solo Jeremy a ritorno da scuola, possa vedere tutto questo.
Tiro su con il naso, facendo questo lavoro, poco prima di gettarmi nella doccia.

***

Mio fratello sta per uscire da scuola, sto cercando di preparare un pasto decente che possa sembrare almeno lontanamente mangiabile, per me e Jeremy. Sorrido quando un odore gradevole si diffonde nella cucina. Sciolgo i laccetti del grembiule che getto distrattamente su una sedia, allisciando inutilmente il mio maglioncino di lana blu, che ho abbinato ad un paio di pantaloni chiari aderenti.
Il mio cellulare vibra.
E’ Care. Incurvo le labbra, abbozzando un sorrisetto.
Una giornata senza Caroline e Bonnie è una giornata vuota, insipida.
AH! Stai parlando con la ragazza che ha preso una bellissima A meno rossa al test di chimica! Sii fiera di me, Gilbert!
Scuoto la testa, sono felice per lei ma non ho intenzione di riflettere riguardo al mio, di test. Sarà stato un fallimento, ma per fortuna ho chimica fra due giorni, ho il tempo per prepararmi all’impatto dell’orribile voto.
Le rispondo qualcosa di futile, poggiando il telefono sul tavolo non appena sento il campanello suonare.
Chissà cosa penserà Jeremy di questo pranzo improvvisato! Mi fiondo ad aprire, quando tutti i miei buoni propositi si distruggono come un palazzo senza fondamenta.

Damon

La vedo… e mi sento un totale idiota. Un idiota patentato.
Perché lei è bellissima e perfetta anche dopo un post-sbronza, con dei vestiti semplicissimi ed i capelli lasciati al naturale. Con i suoi occhi leggermente rossi ed il naso dello stesso colore.
Che abbia pianto?
Scuoto la testa, non prima di aver notato che mi sta guardando.
Suo fratello è alla porta, ma il suo sguardo è posato su di me, sul marciapiede, intento ad osservare casa Gilbert come se fosse un’opera d’arte di chissà quale inestimabile valore.
Che sto facendo? Devo andar via, e subito, anche.
Sprofondo le mani nelle tasche dei jeans sbiaditi, lasciando un’ultima e languida occhiata ad Elena.
Mi inumidisco le labbra, osservandola.
Perdonami, ti prego.
Ma se lo facesse le farei ancora più male, e non so quanto varrebbe. Lei soffrirebbe.
Ed io…? Io non voglio che-
Chiudo gli occhi.
Respiro.
Io sono Damon Salvatore.
A nessuno importa di me, ed io non tengo proprio a nessuno, meno che all’oggetto di una scommessa.
Cerco di ripeterlo più volte nella testa, magari alla fine risulta convincente anche alla mia coscienza.
A nessuno importa di me, ed io non tengo proprio a nessuno, meno che all’oggetto di una scommessa.
Perdonami, Elena.
A nessuno importa di me, ed io non tengo proprio a nessuno, meno che all’oggetto di una scommessa.
La vedo mentre lascia entrare il fratello all’interno, sorridendogli.
Notami. So che ti importa.
Stringo le mani in due pugni, quando vedo la sua figura esile scomparire, ed al suo posto solo la porta principale chiusa. Serro la mascella. Com’è che era?
Io sono Damon Salvatore. A nessuno importa di me, ed io non tengo proprio a nessuno, meno che all’oggetto di una scommessa.

Al diavolo tutto, soprattutto questo stupido mantra che non sta servendo assolutamente a nulla.

Elena

“Elena… cosa significa tutto questo?” Domanda mio fratello, che guarda con occhi sgranati lo pseudo pranzo che ho preparato. Gli do una gomitata. “Ehi! Ho lavorato sodo per tutto questo!” Sbotto, a metà fra il divertito e l’arrabbiato.
Mi scocca un’occhiata ambigua, prima di avvicinarsi ad una pentola, sollevare il coperchio ed annusare l’interno.
“Hai intenzione di avvelenarmi? Privarmi del mio futuro?” Azzarda a chiedere, teatralmente, ed io mi avvicino a lui, colpendolo con un buffetto. “Idiota. E’ commestibile.”
“Sicuro. -ribatte ironico- Assaggia prima tu.”
Prima che possa rispondergli, qualcuno suona alla porta. Con gli occhi ancora puntati su mio fratello, mi avvicino all’entrata ed apro.
Damon. Di nuovo.
“Cosa ci fai qui?” Sibilo dura, cercando il più possibile di essere fredda e distaccata.
Sospira, prima di osservarmi da capo a piedi e congelarmi con i suoi occhi.
“Non lo so. Senti… - deglutisce- lascia perdere, vado via.”
Non rispondo, scrollando le spalle e facendo per chiudere la porta.
“No! -esclama poggiando una mano su di essa per spalancarla- Non so perché sia qui, d’accordo? E’ che non lo so… Le tue parole mi vorticano in testa dall’altro giorno… ed io … non faccio che pensarci, ci sei tu dalla mattina alla sera, in ogni cosa che guardo, in ogni persona che passa nei corridoi. Che… che significa tutto questo? Perché io non ne posso più.”
Le sue parole sono assolutamente spiazzanti. Decido di non perdermi nell’osservarlo e di scrollare nuovamente le spalle questa volta, scuotendo un po' la testa.
“Non lo so, Damon. –esalo con un filo di voce. – Va’ via, ti prego.”
Dei passi alle mie spalle si concretizzano in un bacio di mio fratello, fra i capelli, prima che egli mi mormori un: “Vado a cambiarmi.” nell’orecchio.
Damon sembra arrendersi alle mie parole. Ha le pupille leggermente dilatate, i capelli spettinati e le labbra dischiuse. E non posso fare a meno di pensare che sia stupendo anche in questa patetica semplicità.
“Ti prego. Parliamone, Elena. Io ci…” le parole gli muoiono in gola.
Lui cosa?
Lo incalzo con lo sguardo, e con le parole che seguono o che meglio: con le parole che la mia voce pronuncia, senza neanche rendermene conto.
“Tu cosa?”
Deglutisce, prima di immobilizzarmi con i pozzi cerulei che adesso mi fanno bruciare. Brucia tutto, dai capelli alle dita del piede, tutto, tutti i nervi, i pensieri, la ragione. Va tutto a fuoco.
“Io ci tengo a te.”

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N\A
Ciao a tutti! Sono tornata anche io dal mare e quindi eccomi ad aggiornare il nuovo capitolo! Duuunque, possiamo dire che è un mezzo capitolo di passaggio. L'idea che io trovo decisamente fantastica di inserire Nina, Ian e Paul nella storia stessa, è stata di missimississipi. Che ne pensate?
Comunque, Elena è decisamente emotiva e anche se non lo da a vedere, un po' abbattuta causa-Damon, ed è anche uno dei motivi per i quali non è andata a scuola, tralasciando il post-sbronza che è rilevante fino a un certo punto. Alla fine vediamo che Damon cede - come è giusto che sia - e si fa vivo davanti alla porta della ragazza per cui si è preso, diciamocelo, una bella cotta. Speriamo che il capitolo vi sia piaciuto e come al solito vi invitiamo a dirci che ne pensate in una recensione e a passare dai nostri profili, missimississipi, e valins.
Un bacione e alla prossima! Grazie a coloro che hanno recensito il capitolo precedente, risponderemo al più presto!

(ps: Aggiornerò I'm looking for happiness nei prossimi giorni, per le lettrici che la seguono!)


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Capitolo 14
*** Capitolo tredici. ***


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Capitolo tredici

“Quindi state insieme?” domanda Bonnie, poggiandosi contro il suo armadietto appena chiuso. 
“E quando farete sesso?” prorompe Caroline, chiudendo violentemente il suo armadietto.
“Uno – inizio – non stiamo insieme e due – punto un dito contro Caroline – non … non faremo sesso!” esclamo, portandomi le mani al petto. 
“Come no – mi spinge – andiamo” 

Dopo che Damon mi ha palesemente detto di provare qualcosa per me, il mondo ha assunto un colore diverso, quasi surreale; un po’ come quegli scenari coloratissimi e apparentemente di carta pesta utilizzati nei musical, allo stesso modo in cui le scene sono al rallentatore, secondo per secondo, attimo per attimo, infinito per infinito, e infinito sembra il tempo che manca per vederlo. 
Durante la mia solita ora libera del martedì, decido di chiudermi in biblioteca per studiare, per il semplice fatto che dopo scuola, oltre che andare a teatro, dovrò anche fermarmi al supermercato a fare la spesa per Jeremy, il che, detto così, mi fa sentire come una specie di ragazza madre. 

Mi siedo al mio solito posto sotto la finestra, che al momento riflette un semplice paesaggio secco e marrone, caratteristico dell’autunno e abbastanza triste per i miei gusti, inquietante il corvo nero posato su un ramo spoglio dell’albero in cortile, il cui piumaggio mi ricorda, quasi follemente, il colore dei capelli di Damon.
Scuoto la testa, sorridendo e pensando a come stia diventando pazza. 
“Insomma – mi richiama una voce, facendomi sollevare la testa dal libro – che fai qui?” 
Stefan.
“Ora libera uguale compiti, no?” sorrido, indicando il mio libro di francese. 
Lui si stringe nelle spalle e accenna un sorriso: “Ehi scusa per la sfuriata dell’altro giorno, non volevo farti rimanere male” 
“Non preoccuparti, acqua passata” 
Silenzio imbarazzante.
Odio i silenzi imbarazzanti, sul serio. 
“Allora, hai da fare questa sera?” 
“In realtà – sospiro – i miei sono fuori città e devo occuparmi di mio fratello, quindi, teatro, supermercato, cena e letto, se tutto va bene e riesco a convincere Jeremy a lavare i piatti” 
“Che serataccia” ribatte lui, sospirando.
“Beh – prosegue – se hai voglia di passare un po’ di tempo insieme o studiare chimica … sai dove trovarmi” E, in effetti, la cosa un po’ mi dispiace. Era piacevole la sua compagnia, il suo modo di parlare e di ridere, ma … Damon è sotto la mia pelle, non … mi riesce difficile mandarlo via, è come se più lo spingo, più torna da me, come quei dannati elastici di plastica gialli che, fra l’altro, fanno anche male quando entrano a contatto con la superficie della mano.

L’ora passa, in un modo o nell’altro. Un’ora in cui, mi stupisco di me stessa, per il semplice fatto di aver pensato solo, ed esclusivamente, a Damon Salvatore.

“No, Elena, questo è magenta, non è rosso”
“È sempre rosso, Caroline” ennesimo battibecco. Sull’ennesimo diverbio riguardante la colorazione degli abiti che io devo decorare, sotto le imposizioni di Caroline.
“C’è una differenza abissale – si porta le mani ai fianchi – dai, manca solo questo fiocco e poi hai finito” 
“Falla facile, mi ci vuole un sacco per fare questi affari di stoffa” borbotto, sventolando una striscia di stoffa rossa davanti al viso della mia amica, che mi guarda, sorridendo.
“Vado a dire a Rebekah che non sa ballare! A dopo!” 

Sorrido e scuoto leggermente la testa, mentre mi accingo ad attorcigliare il materiale in questione al fine di creare qualcosa che possa vagamente somigliare ad un fiocco. 
“Ti sei data al decoupage?” la sua voce, che mi fa sorridere.
“No, Caroline vuole che appiccichi dei fiocchi color ‘rosso magenta’ sui vestiti” 
“Posso provare?” domanda, curioso.
Mi volto verso di lui e mi concedo qualche secondo per guardarlo, poi sorrido: “D’accordo” 
Lui mi osserva attento quando afferro i lembi del nastro per fargli vedere come creare il fiocco: “Così, visto?” 
Damon scuote la testa: “Cosa?” 
Sospiro e mi lascio sfuggire un altro sorriso: “Niente, faccio io” 
“Ehi senti – mi afferra la mano, costringendomi a guardarlo – che fai stasera?” 
“Devo … beh … fare la spesa, andare a casa, preparare la cena … e … dormire, credo” alzo le spalle.
“E se porto una bella porzione di lasagne e la mangiamo davanti a un film?” 
Mi ci vuole qualche secondo per registrare la proposta e trovare la forza, fisica e psicologica, di rispondere.
“Non posso crederci! – esclamo, prendendolo in giro – Damon Salvatore che propone cena e film? Forse sto iniziando davvero a cambiarti” 
Damon mi guarda, con un assurdo sorriso ad incurvargli le labbra schiuse e le pupille leggermente dilatate, rimane così, a guardarmi fino a quando, come risvegliato da qualcuno, scuote la testa: “L’ho proposto solo perché so che devi fare la bella lavanderina e non puoi lasciare tuo fratello a casa da solo” 
“Certo – annuisco – come no” 
“Cos’è – mi sfida – non ci credi?” 
Trattengo a stento una risata e torno a concentrarmi sul fiocco.
La sua mano si posa sulla mia gamba e il suo indice la accarezza leggermente, e io mi fingo attenta, impegnata, quando in realtà il mio cuore implora pietà.
“Non hai risposto, comunque”
“Alle otto” ribatto.
Lui annuisce, soddisfatto.

Mi sono guardata un po’ di volte allo specchio. 
Più di un po’, in realtà.
Ho seguito i consigli telefonici di Caroline Forbes; ‘quando viene a trovarti a casa, non farti trovare in ghingheri, ma nemmeno troppo casalinga. Capelli sciolti e poco trucco. Poco profumo e calze rigorosamente a tinta unita’. 
Non ho capito il senso di quest’ultima frase, so solo che non ho calze a tinta unita ma solo a righe e possiedo delle ciabatte a forma di foca, dunque, farò la figura della bambina.
Ed è esattamente così che mi sento quando lui, perfetto e bellissimo, entra in casa, porgendomi una vaschetta di gelato e una teglia da micro onde di lasagne precotte.


Damon


Casa sua è decisamente perfetta.
In ogni minimo particolare, ogni angolo sa di Elena; il suo profumo riempie l’intero ambiente.
È una famiglia felice, la loro. 
Esprimono la loro felicità con una serie infinita di foto di famiglia, Elena da piccola; Elena con il suo primo completino da cheerleader e suo fratello, con uno strano orso di pezza in uno che credo essere il suo primo giorno di scuola.
In casa mia non c’è mai stato niente di tutto questo ed onestamente un po’ mi manca. 
La consapevolezza di possedere un posto mio, magari da dividere con qualcuno.
Il mio sguardo si sposta inevitabilmente su Elena, che indossa un paio di leggins e una felpa piuttosto larga, sintomo che no, non le interessa di sembrare provocante solo per farmi piacere e la cosa mi fa impazzire. 
Lei che non fa nulla per essere bella, ma che lo è in ogni caso, qualsiasi cosa faccia o abbia addosso.

“È noioso” mi lamento.
Grease. 
Sì, stiamo guardando Grease.
Perché? Perché Elena ha pensato che potesse … che ne so, fregarmene qualcosa del film da cui ha origine il nostro ‘spettacolo’, peccato che entrambi sappiamo che non è così.
Odio i musical, li detesto.
Gente che si alza a caso ed inizia a cantare e ballare, ma per favore.
Così, devo impiegare il mio tempo in attività diverse, senza però fare la figura del menefreghista, che in questo momento non vorrebbe essere da nessun altra parte.
È questo ciò che, mi rendo conto, di aver sempre desiderato.
La semplicità.
Passare una serata chiuso in casa a guardare un film che odio, ma la cosa non mi interessa … guarderei i film di Barbie se comportasse passare un po’ di tempo con lei.
E mi fa paura, più di ogni altra cosa, la maledetta sensazione di familiarità che mi illumina il petto quando sto con lei, l’inutilità del trucco o dei vestiti firmati, dei falsi sorrisi e dei finti interessi solo per un po’ di sesso, ed ora che c’è lei, tutto il resto è quasi stupido, superficiale.
È in questo momento che maturo l’idea di mandare al diavolo questa storia della scommessa, è nel momento in cui la guardo affondare il cucchiaino nel gelato alla vaniglia che sta mangiando, mentre ha le gambe poggiate sulle mie e osserva il film, come se fosse un quadro, qualcosa di inestimabile e bellissimo. 
Ignara di ciò che mi frulla nella testa e del mio sguardo su di lei, che è quasi tentato dallo strapparle quel bicchiere di vetro dalle mani e sdraiarsi sopra di lei.
E così fa, il mio istinto.
Le sfilo il bicchiere dalle mani sotto lo sguardo confuso di lei, che tiene ancora il cucchiaio a mezz’aria. Faccio sparire anche quello e mi fiondo sulle sue labbra.
Sanno di zucchero, sono terribilmente fresche e con un retrogusto di vaniglia che mi fa andare fuori di testa.
Faccio pressione affinché si sdrai sotto di me e così fa, lasciandosi andare alla mia mano che ora percorre interamente il suo corpo fino a fermarsi all’orlo della maglietta, sotto la quale infilo la mano fino a sfiorarle il reggiseno.
Lei è sotto di me, bellissima e maledettamente Elena da farmi male.
Lascio che la mia mano si chiuda intorno al suo seno mentre scendo a baciarle il collo, strappandole qualche sospiro silenzioso.
Elena intreccia le dita fra i miei capelli, carezzandoli lievemente e tirandoli in direzione delle sue labbra, per fami tornare alla sua altezza e baciarla, di nuovo.
La mia lingua insegue la sua, ne imprimo il sapore dovunque sia possibile e quando sto per porle la fatidica domanda, una voce alle nostre spalle attira la mia attenzione, facendomi alzare e sistemare la felpa scomposta di Elena.
“Sono tornato” dice.
E chi se ne frega.
“Divertito?” domanda lei, disinvolta, mentre si sistema i capelli.
“Al solito, in realtà, Lockwood inizia a darmi seriamente sui nervi. Sempre fissato con Vicki Donovan – sbotta – quando la tua amica gli sbava dietro da tempo immemorabile” 
“Tu come …” 
Inclino la testa di lato; quale amica? 
“Le voci girano – si volta verso di me – è stato un piacere, Damon Salvatore – fa una pausa – la fama ti precede” 
In gamba, dannatamente in gamba.
“Che vuoi che ti dica – alzo le spalle – la gente mi ama” 
Lui annuisce e accenna un sorriso.
“Beh … buon … qualsiasi cosa voi steste facendo” sparisce al piano di sopra.

Lei è sulla porta, la testa poggiata contro la parte esterna e i capelli che dondolano morbidi giù per la schiena, sorride.
“È stata una bella serata” 
Altroché: “Passabile” rispondo, inclinando le labbra.
“Beh grazie” 
Le afferro le guance e le schiocco un bacio: “Perfetta” 
La saluto, con l’ennesimo bacio e l’ennesimo sorriso, ancora speranzoso di poterla vedere domani e tornare a baciarla, a portarla fuori, farla ridere.

La cosa terribile – fidatevi se dico che è terribile – è che non ho mentito.
Nemmeno per un fottutissimo secondo le mie labbra hanno generato bugie, solo la cruda e dolorosa verità. 
Perfetta, è la parola esatta.
E io sono fottuto. 

_____________________________________________________________________________________________________________________

N/A

Buongiorno!

Chiedo scusa per l’aggiornamento (quasi) mattutino, spero che il capitolo vi piaccia!:)

E’ un po’ statico e un po’… semplice, ecco, diciamo che questa è la sua parola chiave!

Accadono un paio di cose ma è fondamentale perché prepara i personaggi a delle decisioni importanti, che si riveleranno nel capitolo successivo!

Come vi è sembrato Damon? E il comportamento di Elena? Fatecelo sapere!

 

Grazie per le bellissime parole che ci scrivete! Invitiamo a farsi avanti un po’ tutti, cosa ne pensate, nonostante la lunghezza del capitolo?  Lettori silenziosi e non, lasciateci due paroline perché siamo molto curiose ** I link dei nostri profili! _valins e missimississipi :)

 

Un bacio e alla prossima settimana!

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Capitolo 15
*** Capitolo quattordici. ***


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Capitolo quattordici


Elena


Come ben sappiamo, tutte le giornate dipendono dall’umore – ma a  mio parere, dal piede con il quale ci si alza la mattina. Ultimamente, ho dovuto ricredermi in quanto, potrei svegliarmi persino rotolando giù dal letto e sarebbe del tutto irrilevante perché sto bene, dannatamente bene.
Da cosa l’ho intuito? Beh … dal caffè della scuola.
Sì, esattamente.
Il caffè della scuola, anche noto come la miscela che il novanta per cento delle volte è disgustosa, quella stessa bevanda servita alle macchinette che ha l’effetto quasi opposto a quello che, in realtà, dovrebbe ottenere.
Quella bevanda che, presa alle otto di mattina, non da la giusta carica, non sveglia i poveri studenti addormentati né delizia il palato, ma anzi, lo schifa, rendendo una giornata schifosa.. beh, peggio.
Eppure oggi passa.
Può passare il caffè schifoso, sono calma, sveglia e in più, niente affatto preoccupata dal risultato del compito di chimica che oscilla fra l’insufficienza e poco meno della sufficienza.
O almeno spero, rifletto, prima di rendermi effettivamente conto che il risultato potrebbe anche essere peggiore di quello desiderato.
Sospiro, prima di prendere i libri di cui ho bisogno dall’armadietto, sorridendo e svolgendo tutte le azioni con pacatezza –  pacatezza che, per l’esattezza, sta per far infuriare la mia amica bionda.
“Dio, potresti smetterla?”
Mi acciglio, pur sapendo cosa voglia dirmi. “Smettere cosa?”
“Di essere così tranquilla e pacifica.” Stringe le labbra. “Mi urti il sistema nervoso.”
“Giornata storta, Caroline?” Sorrido ironica, affiancandola per corridoio pieno di persone che, al contrario di me stamani, sono decisamente giù di tono. Io vorrei ridere, vorrei gridar loro di svegliarsi, perché oggi è una bella giornata! O forse lo è solo per me. Sicuramente lo è solo per me.
Mi lancia un’occhiata truce, a cui rispondo alzando le mani, come per chiedere perdono.
“Due sole parole. Mikaelson. Teatro.”
“Perché?”
Sorride sarcastica. “Sembra che voglia in qualche modo aiutarci, come se Damon e Rebekah non bastassero. E per farlo,” prende una pausa nella quale si sposta una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Non posso fare a meno di notare che non ha una bella cera.
Capelli disordinati, occhiaie più o meno evidenti, nervosa e stanca. Visibilmente stanca.
“Ne parla con me. O meglio,” si corregge sorridendo, evidentemente soddisfatta dalle sue azioni. “Tenta di parlarne con me, ma io lo evito e liquido con una facilità che lo fa infuriare. Ah, non preoccuparti. Non entrerà a far parte di Grease, ne ho già discusso col preside.”
Strabuzzo lo sguardo. “Cosa?”
“Sì, Elena, il preside non vuole che ci aiuti per tanti semplici motivi. C’è già Damon a scontare la sua punizione con noi, e se si mettesse anche lui non concluderebbero un bel niente, ma anzi potrebbero rovinarci anche questo! In più anche Kol vorrebbe partecipare, non credi? Sarebbe l’unico Mikaelson escluso e no, non è affatto un’ ottima idea. Quindi è già tutto risolto.” Liquida la cosa con un gesto delle mani, autocompiacendosi per essere andata a segno, ancora una volta.
Sorride facendomi riflettere. Caroline ha ragione, e così anche il preside.
Per un attimo mi sono dimenticata che Damon ci aiuta per il semplice motivo di aver rovinato l’Homecoming. È possibile che lui sia cambiato così tanto nel giro di così poco tempo? Sbatto le ciglia, riprendendomi dai miei pensieri e rivolgendo l’attenzione a lei.
“Come, scusa?”
Sbuffa. “Terzetto ad ore dodici!” dice sottovoce.
Aggrotto le sopracciglia, prima di associare le sue parole all’immagine che si para di fronte a noi. Klaus, Kol… e Damon. Sorrido istintivamente, stringendo i libri fra le mie mani e lo osservo sino a quando il suo sguardo non si posa su di noi.
Lo vedo ricambiare il sorriso, allora tutti e tre si avvicinano a noi –  per essere precisi lui si avvicina a me, e così anche i due fratelli, facendo borbottare a Caroline qualcosa di incomprensibile, molto simile ad un insulto, comunque.
“Ehi.” Mormora, sollevando una mano in direzione della mia guancia, sfiorandola appena con l’indice, strappandomi l’ennesimo sorriso.
“Ciao.” Sussurro nello stesso modo, prima che le sue labbra si poggino sulle mie con una delicatezza che non pensavo possedesse, attirando su di noi lo sguardo di molte persone, forse tutte.
Chiudo semplicemente gli occhi, sorridendo e ricambiando il bacio, portando poi una mano a cingergli il collo. E semplicemente non esiste più nessuno attorno a noi, nessuno meno che … Caroline.
Caroline che tossisce fintamente, facendo ridere Klaus e imbarazzare me fino alle punte dei capelli.
Ci stacchiamo l’uno dall’altro, seppure i nostri visi siano ancora terribilmente vicini.
Il mio sorriso imbarazzato compensa il suo sbuffare e scoccare la lingua sul palato; muove il pollice sul mio volto, facendomi intenerire ed inclinare la testa contro la sua carezza.
“Gelosa, Forbes?” domanda alla mia biondissima amica, facendola infuriare più di quanto non lo sia già oggi.
Klaus Mikaelson ghigna con lo sguardo puntato a terra: non appena lo alza e incontra l’occhiata di fuoco di Caroline, si schiarisce la voce, asserendosi.  
La mia amica sbatte le ciglia, civettuola, con un sorriso di circostanza stampato sul volto.
“Io?” domanda retorica, facendo annuire Damon e avvicinandosi a lui.
“Magari il geloso sei tu, che sai di non essere abbastanza per la bella Elena.” Kol intona una serie di ‘OH!’ sorpreso, mentre il ragazzo al mio fianco si blocca.
Osservo la mia amica, nella vana speranza che si renda conto di ciò che ha detto.
Lo ferisce, in questo modo. Damon è … fragile, dopotutto. Damon sa … forse troppo, di essere sbagliato, ma sono anche io, del resto, e va bene così.
“Sappi che prima o poi lei si renderà conto dello stronzo che realmente sei e …”
“Ora basta, Caroline, andiamo.” La spingo via prima che possa scatenare una rissa.
Donna o no che sia, Caroline Forbes potrebbe benissimo litigare con Damon, Klaus e Kol.
Lei sa come tener loro testa. E non solo con le parole.

Quando siamo di fronte all’aula di Chimica la fermo.
“Si può sapere che ti è preso?” esclamo.
Si inumidisce le labbra. “Oggi sono particolarmente irascibile.” Ammette. “Ma è vero, ciò che ho detto, ogni singola parola fuoriuscita dalle mie labbra. Elena, stammi a sentire, lui …”
Scuoto il capo. “Lui mi rende felice.” Scrollo le spalle, cercando le parole da dire. “Lui è la cura al caffè schifoso della scuola, mi fa star bene pur sapendo che il test di chimica sarà andato malissimo, pur sapendo che a casa dovrò riordinare tutto perché mio fratello non mi aiuterà mai. Quindi, Caroline, prima di parlare…” la guardo negli occhi. “Vedi il lato positivo delle cose.”
La liquido così, entrando in classe e prendendo posto.

“Ehi.” É Stefan, che appena entrato con il fiatone in aula, si siede accanto a me.
Deglutisco, abbozzando un sorriso.
“Ehi.” Rispondo allo stesso modo, riponendo tutta la mia attenzione sul libro di fronte a me.
“Sei libera venerdì sera?” mi chiede, come se io non stessi cercando di ignorarlo.
Sospiro, osservando Caroline che adesso entra in classe. “Stefan… non voglio sembrare scortese… ma sono già impegnata.” Pronuncio le ultime parole con velocità.
Ed è la verità? Questa volta è una cosa seria, con Damon?
Possiamo definire ciò che abbiamo?
“Oh…” dal tono non sembra particolarmente sorpreso, “Allora è vero.”
Aggrotto le sopracciglia. “Vero cosa?”
“Vero che stai con mio fratello.” E lui come lo sa?  “Pensavo che avresti smentito tutti i pettegolezzi, ma …”
“Un secondo: quali pettegolezzi?”
Mi scocca un sorrisetto che non riesco a definire. Si fa più vicino. “Beh, si dice che vi siate baciati… Intendo a scuola. Le notizie viaggiano in fretta.” Rimango sbalordita dalle sue parole e dal suo modo di relazionarsi. Sembra ferito.
Ferito da qualcosa che non riesco a capire. Perché? Dischiudo le labbra, ma l’insegnante entra in classe e non ho il tempo di rispondergli né domandargli il perché di questo atteggiamento freddo e distante.

Forse in fondo nemmeno voglio chiederglielo, perché credo di sapere quale sia il problema, e forse nemmeno ho intenzione di affrontarlo. Di andare contro all’ennesima persona che, per chissà quale assurdo motivo, ce l’ha con il mio essere felice.

***

Con l’umore decisamente rovinato, arrivo a casa. Inserisco le chiavi nella toppa, aprendo poi la porta ed entrando in un disordine causato da me e Jeremy di cui mi devo occupare. Calcio un paio di magliette, il cartone della pizza e gli anfibi di mio fratello, spalmai sul pavimento con tanto di calzini.
Sbuffo, lasciando giubbotto e chiavi rispettivamente sul divano e su un tavolino, producendo un rumore fastidioso.
Jeremy sarà ad un qualche allenamento di football barra basket ed io sono sola.
Grandioso, davvero.
Mi passo più volte le mani fra i capelli e mi guardo intorno, incapace di stabilire cosa sia il caso di fare per prima: una doccia; i compiti; radere al suolo il soggiorno e ricostruirlo …
Dannazione, perché non posso neanche baciare il ragazzo per cui provo qualcosa senza dare il via ad un circolo vizioso fatto di gelosie e pettegolezzi?
Stefan è venuto a saperlo nel giro di dieci minuti, e questo mi fa impazzire. Più di tutto, mi fa impazzire il suo atteggiamento, decisamente poco appropriato con quello che non-abbiamo avuto; a questo punto, credo sia lui ad avere dei problemi.
Damon … è Damon, ed io sono solo io.
Due persone totalmente opposte e che dovrebbero odiarsi.
Eppure non è così, rifletto mentre apro la porta principale chiedendomi mentalmente chi sia.
Spero solo non la vicina gattara vicina di casa che desidera compagnia, o che ne approfitti della mia solitudine per scroccare due uova solo per non muovere le sue reali chiappe ed andare al supermercato.
“Signora Flemming …” Sospiro, ma mi blocco.
Invece è Damon, con le mani nelle tasche della giacca di pelle nera, poggiato allo stipite della porta.
“Ciao.” Lo saluto, sentendomi improvvisamente meglio.
“Sei sola?” esordisce, mentre gli faccio spazio per accomodarsi.
 Annuisco passandomi nuovamente una mano fra i capelli.
“Ti da fastidio la mia presenza? Stefan è insopportabile.”
Scuoto la testa sorridendo, per poi avvicinarmi a lui e cingendogli il busto con le mie esili braccia solo per respirare il suo profumo.
“No.” Biascico del tutto buttata sul suo petto, mentre lui deposita un bacio fra i capelli.
Ci guardiamo negli occhi per un po’, creando un silenzio decisamente non imbarazzante.
C’è Caroline, c’è Klaus, Kol, Stefan, i pettegolezzi, le invidie, le gelosie… un sacco di problemi ma noi siamo ancora qui, insieme ed è questo ciò che conta in fondo, o no?
“Mi dispiace per Caroline. Oggi è stata una giornata no e le hai dato una possibili-“
“Non mi importa di Caroline, mi importa solo di Elena.” Mormora poggiando la sua fronte sulla mia.
Annuisco, chiudendo per un attimo gli occhi, felice di questa vicinanza. Felice.
“Grazie.” Mormoro allora, perdendomi nei suoi occhi quando li riapro.
Aggrotta le sopracciglia. “Per cosa?”
“Per tutto.” E sprofondo il viso nell’incavo del suo collo, mettendomi in punta di piedi.
Il mio naso sfiora la sua pelle candida, scoperta dalla maglia bianca.
Forse occorre solo questo, per essere davvero felice.

Damon

La bacio, perdendomi nel sapore al cioccolato delle sue labbra, morbidi, soffici e delle quali  vado pazzo. Sono uno schifo.
Perché lei è sincera con me, lei litigherebbe con le sue amiche per me ed io… Ed io la distruggerò. Completamente.
Klaus è stato fiero del mio bacio, a scuola, e non ho potuto spiegargli quanto naturale fosse stato per me compiere quei gesti, dopo averla vista illuminarsi ad un mio sorriso … Per non parlare di Kol, o di Rebekah, tutta felice del mio comportamento.
A casa c’è Stefan arrabbiato e geloso, l’unica cosa a cui ho pensato è stata lei, e seppure sia forse l’ultima persona dalla quale dovrei andare, perché non la merito, sono qui, ho mandato al diavolo il resto e sono piombato a casa sua, anche solo per guardarla mentre mangia il gelato, o mentre, con la fronte aggrottata, studia.
Le accarezzo una guancia mentre getta le braccia attorno al mio collo, per poi giocare con le ciocche dei miei capelli. La verità è che non posso fare a meno di lei.
Di Elena. Dei suoi sorrisi. Dei suoi baci.
Elena è una droga vivente ed io divento pazzo se non prendo la mia dose quotidiana.
Devo parlare con Klaus.
Assolutamente.

___________________________________________________

N\A
Ciao a tutti e scusate per l'aggiornamento ritardatario! Sono stata un po' incasinata oggi, ma alla fine ce l'ho fatta!
Duuuuuunque, altro capitolo di passaggio (ma non poi così tanto, secondo me), ma vi anticipo che nel prossimo capitolo succederà qualcosa di bello. E non dico altro. Quindi vi basterà pazientare solo un'altra settimana. Diciamo che questa Elena e questo Damon sono più o meno simili a quelli della serie tv, quindi un po' ostacolati da tutto e tutti - tutti sono un po' contro di loro e diciamo che pure inconsapevoli, un po' hanno ragione, considerato che il "problema scommessa", resta ancora qualcosa di sicuramente rilevante, anche se vediamo che Damon ha intenzione di chiarire la cosa con Klaus: ci riuscirà?
Vi lascio con questo adorabile interrogativo, aggiungendo il collegamento ai nostri profili, missimississipi e valins.
Ringraziamo sempre e comunque tutti  quelli che recensiscono e hanno inserito la storia tra le seguite\preferite\ricordate; significa tanto per noi, perché ci spinge, in un certo senso, a voler portare avanti questa questione delle storie a quattro mani, quindi grazie!
Un bacione e alla prossima settimana con il prossimo capitolo :)

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Capitolo 16
*** Capitolo quindici. ***


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Capitolo quindici

Damon

Quando mi sono svegliato, questa mattina, sapevo esattamente cosa dovevo fare: parlare.
Devo dire a Klaus tutto. Tutto su Elena, su quello che provo per lei e che può tenersi la casa al mare, a me non importa, non adesso che ho decisamente di meglio. 

“Buongiorno fratello!” esclamo, sperando che, almeno oggi, mio fratello non mi odi per avergli ‘portato via la ragazza’ o, almeno, è ciò che ha detto lui. In realtà, non mi sembra che fossero stati insieme. 
In ogni caso, sarà sicuramente dovuto a lei, ma oggi mi sento particolarmente contento, in vena di essere gentile, nei limiti delle mie capacità, ovviamente.
“Ehi” ribatte lui. 
“Stefan, se continui a stare così corrucciato, prima o poi ti verranno le rughe” gli rubo la tazza di caffè dalle mani e poggio la schiena contro il lavello.
“Ti sarei davvero grato se non mi parlassi” sbotta.
“Senti – sospiro – mi dispiace … ma … Elena mi piace, dico davvero” 
“Ah si? – mi sfida – pensi che non sappia della scommessa? Ah, mi credi così stupido? La stai usando, Damon” 
Rimango immobile, giusto il tempo di registrare ciò che mio fratello mi ha appena detto: lui sa. 
“Era così, prima … ma ora, oggi … parlerò con Klaus” 
“Sarà meglio che tu lo faccia Damon … sai anche tu che non se lo merita, non lei” 
Rimango immobile, di nuovo, quando mio fratello si chiude la porta di casa alle spalle e io sono forse fin troppo consapevole che mio fratello abbia ragione, ed è per questo che questa storia deve finire, io voglio stare con lei, e basta.

Entro a scuola, intenzionato a prendere sul serio i miei buoni, buonissimi propositi, quando mi si para davanti la barbie, e Bonnie.
“Si?” domando, arricciando leggermente il naso.
“Ti teniamo d’occhio, lo sai vero?” inizia la bionda, quando, nel parlarmi, riduce gli occhi a due fessure.
Scuoto la testa: “Cosa?” 
“Elena è la nostra migliore amica – riprende l’altra – non ti azzardare a farla soffrire o giuro che ti faccio saltare gli attributi, sempre che tu li abbia” incrocia le braccia.
Sospiro: “Non ho intenzione di farla soffrire … ma poi – inclino la testa – siete per caso i suoi cani da guardia ... o cosa?” 
“Siamo le sue amiche – esclama Caroline – sappi che non rispondo di me quando sono arrabbiata” 
Deglutisco a vuoto di fronte all’affermazione della bionda, forse leggermente spaventato alle conseguenze che tutto ciò potrebbe portare.
“Ci vediamo oggi a teatro – concludo – è stato un piacere … essere minacciato da voi” le supero, subito dopo aver intercettato Klaus in mezzo al corridoio.

“Quella Forbes – comincia, osservando le gambe della ragazza che ondeggiano fino alla fine del corridoio, dirette nell’aula di teatro in cui raggiungerò presto Elena – devo proprio farmela”
“È in gamba – alzo le spalle – ti terrebbe testa” poggio la testa contro l’armadietto.
“Senti – inizio – la scommessa … io mollo … insomma, tieniti pure la casa al lago … non ne ho bisogno” 
La sua espressione è accigliata, stupita, vagamente sospettosa: “Perché?” 
“Non … insomma … Elena … potrebbe interessarmi” mi gratto il collo.
“Bene … vorrà dire che le cose si evolveranno in modo diverso” 
“Quindi siamo a posto? Mi sono tirato fuori?”
“Certo – sorride – te ne sei tirato fuori …” 

Mi sento inspiegabilmente sollevato, il mio stomaco è libero dall’incudine che lo appesantiva, posso stare con Elena, senza rimpianti, senza ripensamenti: solo lei ed io. 
Entro nell’auditorium, forse fin troppo disponibile a dare una mano.
Mancano davvero poche settimane allo spettacolo e probabilmente è stato l’unico progetto nel quale mi sono sentito coinvolto più che in qualsiasi altra cosa; sicuramente grazie a lei.
La vedo lì, è voltata di spalle ma la riconoscerei anche in mezzo ad una folla, complici i capelli lunghi e lisci e le all star poggiate sulla spalliera del sedile di fronte al suo. 
Intravedo un libro fra le sue mani, probabilmente il solito libro di chimica in cui non riesce a prendere poco più di C e io sorrido, Dio solo sa perché.
Mi avvicino lento e, poggiando le mani ai lati della sua testa, la bacio, al contrario e sorprendendola con un sospiro.
“Buongiorno!” esclamo.
“A cosa è dovuta tutta questa allegria?” scherza lei, facendomi posto accanto a lei.
“Mh – alzo le spalle – sono solo … tranquillo” 
Lei annuisce, e torna a poggiare gli occhi sul libro: “Come va? Con chimica, intendo” 
“Uno schifo, come al solito – sbuffa – non capisco perché queste cose non mi entrino in testa – si lamenta, lasciando che un dolcissimo broncio le si pari sul viso – sono senza speranza” 
“Per me – poso una mano sulla sua guancia, guardandola – sei un genio, il mio genio” 
“Voi due, piccioncini – ci richiama la bionda – serve l’aiuto di Damon per sistemare quegli affari – indica una montagna di scatoloni – sul retro” 
“A dopo” sussurro, contro le sue labbra, lasciandole un sorriso.

Elena

“Perciò è ufficiale? Insomma, con il bacio in mezzo al corridoio è decisamente ufficiale, Elena … che cavolo, stai con il più figo della scuola!” esclama Bonnie, chiudendo con forza l’armadietto e stringendosi la borsa. 
È terminata un’altra giornata di scuola, luogo che non sono mai stata così felice di visitare. Giornata in cui ho preso, fra l’altro, A+ in un compito di storia, decisamente positivo per compensare il mio voto in chimica.
Domani è finalmente Domenica, giorno in cui potrò finalmente dormire, e riposarmi, magari vedendo Damon.
Damon.
Sorrido sempre quando in testa mi compare il suo nome, o lo vedo correre rapido per i corridoi quando sta facendo tardi a lezione, e, specialmente, quando le ragazze si lasciano sfuggire commenti poco casti che lui fa palesemente finta di non sentire.
E la cosa mi va bene, forse perchè con me sta bene, forse perché l’ho cambiato sul serio, forse perché anche io sono cambiata a causa sua.
“Dicevi?” 
“Tu e Damon! Mi piacete … più o meno … l’importante è che non faccia lo stronzo” 
“Non … non credo che voglia fare lo stronzo – mi porto le mani nelle tasche posteriori dei jeans – Caroline?” 
“Senti Mikaelson, solo questa sera, dopodiché voglio essere lasciata in pace, chiaro? E non voglio fiori, o stupidaggini del genere, chiaro?”
Lui la guarda, forse un po’ estasiato, sorridente, all’idea che, da quello che ho capito, Caroline esca con lui. 
“Passo a prenderti alle otto” ribatte lui, allontanandosi.
“Uscite?” domando, con un sorriso.
“Si – lei si morde il labbro, trattenendo a stento un sorriso – ma non mi interessa” 
“Ah no?” la incalza Bonnie, con un sorriso.
Loro continuano a parlare ma io non le ascolto, Damon è in fondo al corridoio, sta parlando con una ragazza e sorride, sorride apertamente.
Il mio cuore ha un tuffo, il mio stomaco si contrae e il sorriso che fino a pochi secondi fa riempiva il volto, si spegne. Lei sorride a sua volta, e potrei giurare che lascia cadere lo sguardo sulle sue labbra, le sue.
Mi inumidisco le labbra e sospiro: “Ragazze io devo andare … Caroline – le poso una mano sul braccio – raccontami tutto domani” 
Sparisco svelta i corridoi e mi dirigo a casa.

Odio il fatto che il mio umore dipenda dalle altre persone; vorrei essere felice senza che questa possa essere influenzata da Damon Salvatore, e se sarò triste, lo sarò solo per qualcosa che riguarda me, non da qualcun altro, non da Damon.
Mi ripeto queste parole quando attraverso il cortile e mi dirigo a casa, per rimanerci, possibilmente chiusa dentro.
È inverno, odio l’inverno.
Ecco appunto; come dicevo? Ah si, se Damon fosse stato accanto a me, l’inverno sarebbe stato meraviglioso.
Ora, il cielo tinto di bianco – prossimo alla neve – e il ghiaccio che mi congela i piedi racchiusi in delle banalissime scarpe di tela, mi porta solo a detestare tutto.
Attraverso il marciapiede e finalmente, non potrei essere più felice di arrivare a casa.

Lancio le scarpe in un angolo, seguite dalla borsa, le chiavi e tutto quello che mi lega a Damon, in qualche modo.
Metto sul fuoco il bollitore e mi preparo a vedere un film strappalacrime, noioso, magari anche piangere.
Cosa credevo? Che Damon sarebbe cambiato per me? Ma per favore.
Alla prima occasione, e lontano dai miei occhi, si è messo a flirtare con un’altra ragazza, persino brutta, perché … era brutta, sul serio.
Insomma, quegli occhiali … ma dove li ha presi? Brutta. 

Rimango tutta la serata seduta sul divano. 
Jeremy mi ha decisamente piantato, dicendomi che doveva uscire con non so chi, forse una ragazza.
Dal canto mio, ho spento il cellulare e la televisione quando mi sono accorta che fuori sta nevicando.
Osservo la neve che, bianca e morbida, ricopre lentamente e silenziosa tutte le strade del mio quartiere.
Sono poggiata contro la mia finestra e tengo la testa poggiata contro il muro, osservo vacua l’ambiente, ormai buio, di fronte a me.
Il rumore della porta che si apre mi fa letteralmente sobbalzare e con una mano a stringermi il petto, scendo le scale.
“Jeremy?” chiamo.
Non è Jeremy, ovviamente.
“Come hai fatto ad entrare?” domando, stringendomi nel pullover di lana lungo fino alle ginocchia.
“La porta era aperta – sospira – ho bussato ma non … forse non hai sentito”
“Forse”
“Sei letteralmente scappata, oggi …” afferma, inclinando di poco la testa, come ad osservarmi meglio.
“Non volevo disturbarti … di certo la ragazza con gli occhiali sarebbe stata decisamente dispiaciuta dalla mia interruzione” 
Lui, in risposta, scoppia a ridere: “Parli di Meredith?” 
“Come vuoi” 
“Le ho chiesto di aiutarti in chimica, Elena … il fatto che abbia una cotta per me è del tutto irrilevante …” 
Vorrei sprofondare, giuro.
Scavarmi una buca e rimanere lì, per sempre.
Terribilmente e dico, terribilmente, imbarazzante.
“Oh” lascio schioccare la lingua.

Damon

Mi fa ridere, Elena mi fa terribilmente ridere.
La cosa che mi fa impazzire di lei è la sua capacità di essere bellissima in qualsiasi situazione, con qualsiasi cosa addosso.
Mi avvicino, colmando i due scalini che ci separano e la bacio, sospirando contro le sue labbra, come se questa cosa mi fosse terribilmente mancata, ed è così.
La lascio poggiare contro la parete e accarezzo lentamente la sua lingua, e la porzione di pelle scoperta sul fianco.
“Mi piaci tu, ok? Solo tu … sei solo tu” sussurro, contro le sue labbra. 
Maledicendomi solo per essere così maledettamente sentimentale.
In risposta, lei, sorride e riprende a baciarmi.
A questo punto, ogni mia inibizione sparisce, lasciando posto a quel Damon che desidera fare l’amore con Elena. La mia mano scorre lenta sotto la sua maglietta, scoprendo che la sua pelle è incredibilmente morbida e calda contro le mie dita. 
Sale sempre di più, fino al seno, quando la mano di Elena si posa sulla mia.
“C’è una cosa che devi sapere prima … prima di … insomma …” 
Capisco, forse, troppo presto quello che sta per dire e schiudo le labbra, stupito: “Oh …” 
“Già” il suo sguardo si posa verso il basso e io, prontamente, lascio che i suoi occhi incontrino i miei: “Non devi sentirti in imbarazzo … Elena – sorrido, di fronte alla sua dolcezza – sarà comunque perfetto, ok? Perfetto” le ripeto.

Lei è sdraiata sotto di me; con movimenti tremanti ma comunque eccitanti, mi ha sfilato la maglietta ed io ho fatto la stessa cosa con la sua, baciandole ogni più piccola parte di pelle che riuscivo a sfiorare, cogliendo le più piccole sfaccettature del suo profumo e le morbide curve del suo petto morbido e nudo contro le mie labbra.
Lei sospira, stringendo i miei capelli intorno alle sue dita sottili.
Ripercorro l’intera lunghezza del suo collo e torno ad assaporare le sue labbra, mentre lascio correre le dita a slacciarle i pantaloni.
E lei, strappandomi un sorriso intenerito per il suo essere impacciata ed eccitante allo stesso tempo, fa pressione sulle mie spalle affinché possa mettersi sopra di me e io glielo lascio fare.
Lascio che le sue labbra succhino lente il mio collo, scendendo poi sul torace dove lascia una serie di carezze che mi fanno, addirittura, chiudere gli occhi, ipnotizzato dal suo respiro fresco contro la mia pelle e torna alle mie labbra, e io torno a saggiare la morbidezza della sua bocca, il sapore della sua lingua contro la mia.

La guardo un istante, ipnotizzato, ancora, dal suo respiro irregolare, dalla pelle d’oca che riempie il corpo e dal suo sguardo, i suoi occhi che, timidi e vagamente eccitati, mi osservano, impazienti.
Elena avvolge le gambe intorno al mio bacino e io mi faccio spazio nella sua carne, osservandola, quando, timida, chiude con forza gli occhi e io la bacio, in una muta richiesta a guardarmi mentre, per la prima volta, anche io faccio l’amore.
Perché, che cavolo … non ho mai fatto seriamente l’amore con una ragazza, solo sesso, semplice sesso che mi faceva sgattaiolare come un ladro dopo aver aspettato che la donna in questione si addormentasse, ma ora è diverso, ora, voglio rimanere con lei, voglio osservarla dormire e voglio svegliarmi domani mattina prima di lei.
“Va tutto bene?” sussurro.
Lei annuisce, incapace di formulare una qualsiasi frase e io la bacio, di nuovo.
E con una lentezza ed una delicatezza di cui non mi ritenevo per niente capace, raggiungo l’apice, portandola con me.

Sono sdraiato su un fianco, avvolto in una coperta sulla quale sono cuciti una serie di orsacchiotti che mi fanno sorridere ed Elena è accanto a me, tiene una mano posata sulla mia guancia e l’altra nascosta sotto il cuscino e mi guarda, Dio solo sa quanto vorrei leggerle la mente.
“Lo sai – comincio – dovresti ritenerti fortunata” 
“Perché?” si fa più vicina, fino a posare la testa sotto il mio collo.
“A quest’ora avresti fatto l’amore con mio fratello, o peggio … con il tizio degli scacchi … uh … ti è decisamente andata bene” 
Elena scoppia a ridere; una risata cristallina e coinvolgente, che fa ridere anche me: “Quindi dovrei ritenermi fortunata, eh?” 
“Sì – le bacio la testa – esattamente come mi ritengo fortunato io. Lo sai – prendo un respiro profondo – è stata la prima volta anche per me” 
“Come no … Damon, sul serio … non sono cieca … credo che ti sia fatto tre quarti della scuola”
“Non ho mai fatto l’amore, però” 
Lei solleva lo sguardo su di me, sorpresa; le labbra schiuse e lo sguardo serio.
La stringo ancora di più a me, e in risposta Elena mi da un bacio sul collo: “Notte” sussurra, prima di addormentarsi.



N/A

Bonsoir!

Che capitolo, eh? Succedono miliardi di cose! Partiamo dall’inizio: la faccenda della scommessa. Damon è stato chiaro, no? Ed anche Klaus. Lui ne è fuori. Cosa ne pensate? E’ stato troppo semplice? Troppo facile? Ve l’aspettavate o pensavate ci fossero ulteriori complicazioni?

Bonnie e Caroline fanno passi avanti, si fidano di Elena e tengono semplicemente d’occhio Damon: Care non è la sua fan numero uno, e tantomeno lo è Bonnie… solo che, mentre quest’ultima sembra più felice per la loro amica, Care è sempre in una fase di costante allerta.

Ed infine c’è spazio per Damon ed Elena, in cui sono entrambi adolescenti, senza maschere, liberi, che si lasciano andare. La scena (come il capitolo btw) è stata interamente scritta da _valins, perchè io non ne sono in grado ahah e credo si siano comportati entrambi dolcemente, Damon in primis, Elena senza accorgersene: è il primo amore di Damon, nonostante tutto.

Grazie per le bellissime parole che ci scrivete, ci rendono estremamente felici e ci commuovono ** vi sproniamo a lasciare un parere anche adesso, perché cosa pensate succederà nei capitoli successivi? Ecco la domanda da un milione di dollari!

I link dei nostri profili! _valins e missimississipi :)

 

Un bacio e alla prossima settimana!

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Capitolo 17
*** Capitolo sedici. ***


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Capitolo sedici

Sono trascorsi ben sette giorni. Sette giorni. Sette lunghi giorni da quando Damon ed io abbiamo ufficializzato le cose. Sorrido involontariamente. Sette giorni, centosessantotto ore, diecimilaottanta minuti, da quando io e Damon siamo una coppia. Ed è tantissimo, suppongo. Tantissimo per lui, soprattutto, e tantissimo per me, coinvolta per la prima volta in una relazione seria. Perché Matt, al secondo anno di liceo, e Nick, l’anno scorso, non contano affatto. Matt non conta perché non ci amavamo: rettifico, io non amavo lui, e dopo la rottura siamo rimasti in ottimi rapporti tant’è che adesso è il mio migliore amico; Nick non conta perché … perché era una cosa da nulla, è durata appena cinque giorni (ossia centoventi ore) ed in quel minuscolo arco di tempo ho capito che non era quello giusto per me. Ed io per lui. Una gran simmetria, eh? Quando si dice che le persone sono fatte l’una per l’altra, insomma. 
Lascio passare le dita fra i capelli, districando qualche nodo in questo modo così infantile, ma non mi importa. Sorrido al mio riflesso; sarà una bella giornata, ma d’altronde tutte lo saranno con questo spirito che mi colpisce, ogni giorno, ogni mattina in cui mi sveglio pensando a rivedere lui, ai suoi baci, che mi fanno sentire così bene da sperare che non finiscano più. 
Alzo le sopracciglia. Dovrei smetterla, smetterla di comportarmi così … Sembro così eccitata, sono costantemente su di giri riguardo Damon, come se lui fosse la mia prima cotta.
Tzè! Elena, mi dico, riprenditi.
Sorrido pacatamente a me stessa un’ultima volta.
“Elena!” esclama la voce di mio fratello, accompagnata da qualche pugno dato alla porta. “Sei in bagno da più di venti minuti! Esci subito, dannazione!” Sbuffo per la sua reazione totalmente esagerata: sono in bagno da poco tempo e lui tende ad ingigantire tutto.
Quando, però, do una rapida occhiata all’orologio a forma di casa poggiato su una mensola, mi rendo conto che sono effettivamente in bagno da troppo tempo, ed allora deglutisco precipitandomi fuori dalla stanza.
“Finalmente!” sento sussurrare a mio fratello, poi alzo gli occhi al cielo. 
Non sono in ritardo, diciamo solo… che dovrei darmi una mossa, ecco.
Getto subito il mio pigiama celeste a scacchi sul letto, sostituendolo con un semplice paio di leggins e un maglioncino blu di lana. 
Indosso dei normali stivaletti che mi arrivano poco sopra le caviglie e mi guardo allo specchio – come se non l’avessi fatto abbastanza: niente trucco oggi. Va bene così, e anche se non andasse bene, devo farmelo andare bene perché credo di non avere abbastanza tempo. 
Prendo la borsa e scendo le scale, salutando una Miranda che fa ancora colazione ed un Grayson che legge attento il suo giornale, salutandomi con una mano alzata senza staccare gli occhi da esso. 
Chiudendo la porta alle mie spalle, noto con dispiacere che Caroline non è, come al solito, fuori ad aspettarmi.
Le invio velocemente un sms, al quale risponde con altrettanta velocità: entrerà più tardi, problemi in famiglia. Sospiro, sperando che non sia nulla di grave.
Sposto una ciocca ribelle dietro l’orecchio e decido di chiamare Bonnie.
Bonnie che, prontamente, non risponde. Sbuffo. Cos’hanno tutti oggi?

Il cielo è piuttosto nuvoloso, la temperatura esterna non è altissima ma non fa neanche un freddo polare. 
È pieno autunno, si sta bene e non c’è, al momento, ombra di un temporale prossimo. 
Un leggero vento inizia a soffiare quando realizzo che le chiome degli alberi nel giardino della scuola e gli arbusti piantati intorno all’edificio oscillano lievemente. 

Non c’è niente da fare. L’ora di chimica non è per nulla interessante, e non lo sto dicendo perché il test, al contrario delle mie previsioni alquanto drastiche, ha inaspettatamente avuto un esito positivo. 
B- è molto più che positivo, se teniamo conto dei voti che pensavo avrei ottenuto, ma a quanto pare la positività e la fortuna sono dalla mia parte. 
Lo dico perché è semplicemente così, soprattutto se trascorro l’intera ora ad osservare ciò che si trova oltre le finestre dell’aula, poi mi chiedo perché non riesco a prendere dei bei voti, certamente le spiegazioni non sono fuori dalla finestra. 
Mi appunto mentalmente di ringraziare Stefan, qualora ne abbia l’occasione e soprattutto, se deciderà di non avercela con me per motivi a me ignoti.
La campanella suona. Ah, liberazione.
“…ragazzi, studiate, l’ultimo anno è fondamentale!” ignoro la voce dell’insegnante ed esco dall’aula non appena riesco a calibrare il mio schifoso equilibrio. 
Semplicemente perché, con tutti i libri pesanti che stringo fra le braccia, non sono esattamente stabile.
Mi inumidisco le labbra, scorrendo fra la folla di studenti annoiati nei corridoi. E rifletto. Molti di loro hanno le guance rosse, tipico di chi si copre con dieci strati pesanti pur di non soffrire questo apparente freddo che ci fa, sempre apparentemente, congelare. 
Tutti parlano e discutono con qualcuno: chi a bassa voce, chi ad alta, chi con il proprio ragazzo e ragazza, chi con i propri amici e chi solo … questi ultimi in particolare, mi costringono ad aumentare il passo, pensando che non sia esattamente normale come cosa. 
Questo vocio ininterrotto mi accompagna sino all’ armadietto.
Ma, dato che stiamo parlando di me, Elena, e del mio fastidiosissimo equilibrio … beh, mi schianto contro qualcuno, facendo scivolare tutti i libri dalla mia presa; libri che atterrano con un tonfo a terra.
“Fantastico” mormoro sarcastica, abbassandomi a raccoglierli.
La persona in questione si volta nella mia direzione, lo noto dalle gambe di fronte a me, dato che sono china ed intenta ad appesantirmi nuovamente.
“Oh, Elena, sei tu.” Una voce proveniente dall’alto, voce che riconosco fra l’altro, mi fa intuire che è Stefan. Grandioso, davvero grandioso.
Mi mordo l’interno guancia, ignorando di proposito lui, il suo caratteraccio ed il suo viso vicino al mio mentre cerca di aiutarmi, invano.
“Dai a me.” Mi invita a porgergli tutti i libri, ma non lo faccio; anzi, li stringo a me.
Schiocca la lingua sul palato, prima di rivolgermi nuovamente la parola. “Senti ... scusami. Per il mio comportamento inappropriato. Non avrei dovuto attaccarti senza un’apparente ragione.”
Per un attimo mi sembra lo Stefan di sempre che ho imparato ad apprezzare ed a cui volevo anche un po’ di bene.
“Già.” Esclamo. “Non avresti dovuto”
Incassa il colpo annuendo con il capo e piegandolo appena, abbassando poi lo sguardo.
“Comunque grazie.” Le mie parole sembrano colpirlo: si acciglia. “Per chimica. Il test è andato benone.” Sembra quasi deluso, eppure non capisco il perché, né voglio andar a fondo in qualcosa che non mi riguarda personalmente, almeno credo. 
“Elena …” mi chiama mentre faccio per allontanarmi da lui. “Mi dispiace davvero. Vorrei che fossimo amici. Non interferirò fra te e mio fratello.”
Lo osservo. Posso fidarmi? “Ci penserò.” Rispondo prima di andar via e raggiungere, in definitiva, il mio armadietto, a qualche passo da lui. 

Non appena lo chiudo, sobbalzo. Damon.
“Mio fratello ti stava importunando?” scherza, seppure il suo viso sia quasi scocciato ed, in un certo senso, preoccupato. “Affatto.” Rispondo, mentre lui passa il pollice sulla mia guancia. “Anzi, si è scusato e voleva persino recuperare il nostro rapporto di amicizia.” 
Si blocca. “Ma davvero?”
Annuisco, prima di avvicinarmi a lui e posare il mio viso nell’incavo del suo collo. È rilassante ed il suo profumo mi inebria. Lo sento sorridere sulla mia fronte. 
È così bello che a volte mi ritrovo a domandarmi se sia effettivamente mio. 
E sì, rispondo. Lui vuole me, solo me, ed è stupendo.
Mio.
Posa l’indice sotto il mio mento e subito cattura le mie labbra in un bacio dolce che ricambio. 
Le assaporo: emanano un sapore misto fra menta e tabacco – sintomo che ha fumato, seppure gli abbia apertamente detto di non farlo – e non posso fare a meno di adorarlo. Poggio una mano sul suo collo, mentre mi attira a sé, facendomi scontrare con il suo corpo, il mio aderisce al suo e, se solo non fossi completamente in balia di lui, gli direi che dovremmo fermarci perché siamo a scuola, in un luogo pubblico e non possiamo esattamente amarci in queste mura.
Poggia le sue mani grandi e sicure alla base della mia schiena, il viso coperto da un sottile strato di barba mi solletica e … vorrei rimanere così per sempre.
Solo lui ed io, ed un letto … magari; mi dico, sorridendo contro le sue labbra. 
Cingo con entrambe le braccia il suo collo, mentre mi stringe in una stretta più intima e ci facciamo trasportare dal bacio decisamente più passionale, mentre le nostre lingue si accarezzano, impazienti e bramose di proseguire, se solo ne avessero l’occasione. 
So che dovremmo staccarci … ma non ci riesco.
“Ehm…” una finte tosse ci distrae, per un secondo mi manca il respiro. 
Ma è Bonnie, imbarazzata, ed allora le sorrido flebilmente. Damon mi lascia un bacio innocuo sulle labbra, prima di sussurrarmi all’orecchio: “Ci vediamo dopo”, facendomi rabbrividire. 
Saluta la mia amica con un cenno della mano, e lo guardo andar via non prestando ascolto alla bruna e mordendomi il labbro inferiore, inclinando la testa di lato ed osservandolo mentre si allontana. 
Quando il corpo di Damon sparisce dalla mia visuale, mi giro nella sua direzione e la scorgo divertita ad osservarmi.
“Che c’è?” domando allora, sorridendo.
Scoppia a ridere. “Non so, forse il fatto che tu sia tutta rossa, spettinata, abbia le labbra gonfie e sei completamente cotta di lui e viceversa?”
Alzo gli occhi al cielo, imbarazzata.
“Non è vero.” Sorrido, ma lei mi lascia un’occhiata languida ed allora annuisco, dandole ragione. “Ok, è vero.” Cerco di aggiustarmi i capelli alla meno peggio, mentre la incito a parlare.
“Pare che il padre di Caroline si risposi quest’estate.” Esclama facendomi sgranare gli occhi.
“Cosa?”
“Già...” risponde. “Ma con un uomo. Cioè…” mi si blocca il respiro. “Non che sia contro i matrimoni gay o altro… ma siamo tutti increduli, shoccati. Care non è neanche venuta a scuola.”
Aggrotto le sopracciglia. “Mi ha detto che sarebbe entrata più tardi…”
“Be’, non l’ha fatto.” Sospiro. Ha bisogno di noi.
“Dopo la scuola a casa sua, allora.” Esclamo prima di iniziare a raggiungere l’aula di storia, dato il suono della campanella.
Bonnie annuisce pensierosa, accompagnandomi.
Entrando in classe, poggio il libro sul banco, ma cade un foglietto che subito prendo.

Vediamoci domani in mensa, all’ora di pranzo. 

Sorrido, girando il foglietto ma senza scorgere nessun nome, nessun’iniziale appuntata. 
Scuoto la testa, Damon è proprio imprevedibile.
Il professor Saltzman entra tutto trafelato dopo qualche minuto, iniziando a discutere su qualcosa riguardo una certa guerra civile. Sospiro, prendendo appunti su un quaderno.

Damon

All’uscita, la raggiungo quando è di spalle cogliendola totalmente di sorpresa, cingendole il busto con le mie braccia e percependo il suo battito accelerare fino a quando non realizza che sono io.
Sorrido.
È bellissima; come fa ad essere così bella? 
“Mi hai spaventata.” Sibila sbattendo le lunghe ciglia, ed io mi perdo osservandola, assorto, quasi incredulo di come una come lei possa stare con uno come me. 
Dopo un po’ mi riprendo e: “Scusa.” affermo prima di baciarla. Non posso farne a meno, davvero. 
È … quasi sovrumano lo sforzo che faccio ogni volta che la guardo: se fosse per me, faremmo l’amore continuamente, la bacerei sempre e starebbe sempre con il sottoscritto, sempre. 
E non è normale, realizzo. Perché io non sono il tipo da queste cose.
“Scusato.” Mormora sorridendo sulle mie labbra, mordendomi il labbro inferiore e facendomi impazzire.
Afferro le sue gambe e lascio che le stringa attorno al mio bacino, soffoco con altri piccoli baci un urletto di sorpresa mentre si stringe ulteriormente a me, inondandomi con il profumo dei suo capelli che mi accarezzano il viso, mentre le sue mani si intrecciano ai miei capelli, tirandoli leggermente per riuscire a rimanere in equilibrio. 
“Sei tutto pazzo.” Sussurra ridendo, ed io, beandomi della sua risata penso che vorrei dirle un sacco di cose, del tipo ‘pazzo di te’, ma evito perché sono troppo sdolcinate e perché vorrei solo osservarla, sempre, continuamente. 
Di slancio, la bacio, chiudendo gli occhi e godendomi questi istanti, in cui i nostri respiri si fondono insieme ai nostri profumi. 
“Mhm…” mormora sulle mie labbra. “Devo andare da Caroline.” 
Sospiro. “Resta con me, vieni a casa.” Sporgo il labbro inferiore e ride, inclinando il capo.
“Non posso.” Afferma, poggiando con cautela i piedi per terra. “Vorrei ma lei ha bisogno di me e Bonnie.”
Sbuffo. “Vi accompagno?” Sorride alzando particolarmente un angolo della bocca. 
“Non è necessario.” 
“A dopo.” E la bacio ancora. E ancora, e ancora.
Scoppia a ridere.
Lascia un ultimo e casto bacio sulle mie labbra. 
“A dopo.”
E va via.




Buon pomeriggio!

Finalmente i due vivono un po’ di pace! Che ne dite, è quello che ci voleva?

Damon ed Elena vivono la loro storia (sette giorni, un record o no?) eppure sono circondati da piccoli problemi, quali il comportamento di Stefan – che non ha detto nulla circa la scommessa – e Caroline, a causa di Bill, il padre che sembra essere in procinto di sposarsi.

Cosa succederà nel prossimo capitolo? Ecco la domanda da un milione di dollari ed una scorta annuale di cookies. (probabilmente nulla, ma un po’ di sana suspense non fa male a nessuno, no? Ma poi chi dice che io stia mentendo? Eheh)

Grazie per le bellissime parole!

Profili efp: _valins e missimississipi

 ((p.s. alzi la mano chi ha visto il promo del 6x01 ed è rimasto emotivamente tranquillo))

Alla prossima settimana,

missi che ritorna alle sue versioni di greco (sooob)

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Capitolo 18
*** Capitolo diciassette. ***


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Capitolo diciassette

Damon


“Che fai lì impalato?” domando a mio fratello, attualmente con le braccia conserte esattamente di fronte alla televisione sulla quale stavo guardando un film. 
“So della scommessa” 
Il mio corpo si irrigidisce per qualche secondo, flettendosi il momento dopo in cui realizza che Stefan era già a conoscenza della scommessa: “E allora? Me lo hai già detto” mi sporgo oltre la sua figura per osservare la televisione. 
“E allora sei uno stronzo” 
Alzo gli occhi al cielo: “Prima che il tuo istinto da mamma lupo possa avere il sopravvento su tutto il resto, ne ho già parlato con Klaus, ho risolto tutto, quindi ti prego, smettila di rompere” 
“Che cosa hai sistemato?” 
Sbuffo sonoramente: “Ma hai qualche problema di comprensione? Ho detto che ho sistemato la questione della scommessa con Klaus!” sbotto. 
“Quella che riguardava uscire con Elena per la casa al mare?” 
Uno strato di nervosismo appostato sul mio stomaco, esplode: “Qual è il tuo problema!? Si, maledizione, quella! Ora mi lasci in pace? Devo telefonare alla mia ragazza, quella che tu non hai, perché sei troppo impegnato a fare il noioso per averne una!” 
Lui borbotta qualcosa, che non riesco a sentire, ma decido di ignorarlo.

“Che fai?” domando, non appena la sua voce risuona allegra dall’altro capo del telefono.
“In realtà, sono appena stata da Caroline … adesso Bonnie ed io ordiniamo la pizza e guardiamo un film a letto …”
“Uh – sorrido involontariamente all’ultimo ricordo che ho di quel letto – mi piace il tuo letto … è decisamente comodo per-” mi interrompe.
“Non dire niente!” esclama, scoppiando a ridere.
“Vorrà dire che te lo ricorderò nei prossimi giorni, quanto sia comodo … piuttosto – mi faccio serio – come mai non ci si vede più per teatro?” 
“Caroline è in una fase di rehab, al momento – la sua bocca è piena di patatine e mi fa sorridere, ancora, per la sua semplicità, perché non vuole apparire bella ai miei occhi, perché in sostanza non ne ha bisogno – ma tanto eravamo a buon punto, quindi …” una voce che credo si tratti di quella di Bonnie, richiama l’attenzione di Elena che improvvisa un ‘arrivo’.
“Devo andare” ammette, con un pizzico di dispiacere.
“Ci vediamo domani”
“Mh … a domani” sorride.
“Ehi Elena” la richiamo.
“Si?” 
Tutto ciò che per una frazione di secondo avrei voluto dire, mi muore in gola, facendomi scuotere violentemente la testa e maledicendomi per aver pensato ad una cosa del genere: “No, niente … notte”
“Notte” 

Le serate sono diventate praticamente noiose, estremamente noiose; da quando sono ‘ufficialmente’ insieme ad Elena, passo le serate davanti alla tv o a baciarla in camera sua, sparendo dalla finestra quando i suoi genitori la chiamano per la cena.
Non diciamo niente, non parliamo, ma a me va bene così, mi basta guardarla e mi sento così idiota, un totale incapace di fronte a lei, ogni volta che mi bacia rimango immobile, stupido.
E quando vado a letto, non vedo l’ora di alzarmi, solo per poter passare qualche ora insieme a me, rubarle qualche bacio mentre è di fretta o portarle i libri pesanti in corridoio. 

Come volevasi dimostrare, seppure Mystic Falls abbia una media di due abitanti, il nostro liceo sembra ghermito dell’intera popolazione del Montana; sono passate quattro ore e io non ho ancora trovato Elena, contando di pranzare con lei, se solo sapessi dove si è cacciata.
Chiudo l’armadietto, un po’ svogliato, e sobbalzo quando Rebekah compare alle mie spalle: “Si?” 
“Damon … allora, come va con Elena?” 
Alzo gli occhi al cielo, perché cavolo sono tutti così dannatamente gelosi di me ed Elena.
“Alla grande” mi limito a rispondere.
“Ne sei sicuro?” 
Sospiro: “Si” 
“Secondo me – prosegue, non appena mi allontano – dovresti fare un salto in mensa” 
Un velo di ansia mi ricopre lo stomaco quando queste parole vengono registrate dalla mia testa. 
L’unica cosa che vedo e che, onestamente, mi spezza il cuore, è Elena che esce piangendo dall’aula.
“Elena – le afferro il braccio – che diavolo è successo?” domando, preoccupato, se non terrorizzato dall’idea che sia accaduto ciò che pensavo.
Rimango basito quando, la sua mano libera, molla un sonoro schiaffo sulla mia guancia: “Non toccarmi – afferma, con voce tremante – sei un bastardo! Come hai … come hai potuto …” un altro singhiozzo, un altro pezzo di me che va alla deriva.
“No Elena, non capisci …” 
“No – alza lo sguardo su di me: gli occhi terribilmente rossi e le lacrime che non accennano a smettere di scendere lungo le guance, le labbra – tu non capisci, ascoltami bene, Salvatore … non devi più parlarmi, scrivermi, esci dalla mia vita, chiaro?” lascia con forza la mia stretta e si allontana, stringendosi la borsa sulla spalla e sono più che sicura che stia ancora piangendo, e io ho, per la prima volta, il cuore spezzato. 
La campanella segnala la fine della pausa pranzo, e io lascio che la gente mi passi accanto, fino a quando, l’immagine di mio fratello, seguito da Klaus, esce dalla stanza, quest’ultimo, con un ghigno ad incurvargli labbra ed io, non ci vedo più.
Mi avvicino rapido a lui e lo sollevo per il colletto della camicia, sbattendolo contro l’armadietto: “Che diavolo hai fatto!? Che problemi hai?!” 
Lui si fa serio: “Ho detto che la scommessa era chiusa per te, non per Elena” ed il mio destro non tarda ad arrivare. Incurante di Klaus, mi avvio all’uscita, imbattendomi in mio fratello: “Spero sarai contento adesso …” riesco solo a dire, ora che la rabbia mi ha abbandonato lasciando posto ad un buco nello stomaco, che penso non sparirà presto. 
Lui non risponde, non accenna nemmeno un movimento ed io lo supero, scontrandomi con la sua spalla e avviandomi all’uscita. 

Elena


Non voglio andare a casa.
Penso rapidamente all’unica persona che, adesso, saprebbe esattamente cosa dire, quell’unica e sola persona che è sempre stata più forte di me.
“Avevi ragione tu” sussurro, quando Caroline mi apre la porta. Un paio di ciabatte a forma di coniglio e i capelli legati in una coda disordinata.
“Elena che … che è successo?” 

Mi distraggo dal vassoio di plastica rosso pieno di tacos—si da il caso che oggi sia la giornata dedicata ai cibi alternativi, ossia quelli di nazionalità non americana che possiamo gustarci poche volte durante l’anno… e sì, cosa stupida, davvero, oggi mi sono sentita felice anche per questo ma l’increspatura delle mie labbra si disfa quando una voce irritante cattura l’attenzione di tutta la scuola riunita in sala pranzo. Quella di Klaus, adesso in piedi rispetto alla sua cerchia di amici e familiari che è del tutto seduta ed ha anche accolto un nuovo membro… cosa ci fa Stefan lì seduto?
“Vorrei farvi sentire una cosa ragazzi, qualcosa che, sicuramente, non farà piacere ad una persona in particolare” afferma Klaus; alla sua destra, Stefan e Kol che si guardano fra di loro, complici.

Credo di aver perso un battito. Ho le labbra socchiuse, la mano ferma a mezz’aria e decine di sguardi poggiati sulla mia figura esile e quasi del tutto ricoperta dalla cascata di capelli lunghi, ottimi, come in questo caso, per fungere da muro innalzato contro il mondo intero.
Una registrazione che non ho idea da dove provenga è caratterizzata dalla voce di Damon che, parlando con suo fratello, dice di aver fatto una scommessa … non una scommessa qualunque, una scommessa su di me, sul portarmi a letto.
Una voragine si apre nel mio stomaco, seguita dal senso di imbarazzo e di smarrimento nel trovare gli sguardi di tutta la mensa, adesso, piantati su di me, specialmente quello di Rebekah che, con un ghigno, mi fissa soddisfatta.
Maledico mentalmente le mie amiche per non essere qui, ma subito dopo maledico me stessa, per aver pensato, anche solo per un istante, che a Damon Salvatore potesse seriamente interessare qualcosa di me, Elena Gilbert, la ragazza slavata e secchiona, che lavora nel progetto teatrale e che si è presa una bella cotta per la persona sbagliata.

“Oh mio Dio – Caroline si porta una mano davanti alla bocca – sono un’idiota! Non dovevo stare a casa! Fanculo, non sarebbe successo … non … non lo avrei permesso e quella Mikaelson, ah, lo vedrà! Grease sarà solo un lontano ricordo, giuro … razza di stronza arrampicatrice sociale, ce ne occuperemo Elena, te lo prometto, nessuno ti farà niente, non permetterò a nessuno di avvicinarsi alla mia migliore amica!” esclama, risoluta. 
“Grazie” sussurro.
“Vuoi piangere?” domanda, comprensiva. 
Non faccio nemmeno in tempo ad annuire, che le lacrime hanno già ricominciato, inesorabili, a scendere.
Caroline mi stringe forte, e io mi stringo spasmodicamente alla mia amica, respirando il profumo dei suoi vestiti che sa di casa, sa della mia migliore amica Caroline, che mi ha preso per mano il primo giorno di asilo e che mi ha promesso che niente mi farà più del male, che andrà tutto bene.
I singhiozzi si fanno più rumorosi, e io annaspo alla ricerca di aria, che non sono del tutto sicura abbia voglia di respirare. 
Ma io sono forte, devo esserlo.
Mi sono sempre detta che non avrei mai permesso a nessuno di togliermi il sorriso, e seppure questo sia, ultimamente, legato all’immagine di Damon, mi sforzerò di essere forte. 
Farò vedere a tutti che sto bene, non importa se piangerò ogni notte, se vorrò tornare indietro nel tempo ogni santo giorno, se ogni singolo angolo del liceo mi ricorderà lui. Voglio solo fingere che vada tutto bene, perché forse è l’unica cosa che sono in grado di fare. 


Bonsoir!

Immagino di non avere scuse: innanzitutto, voglio dire che chi parla è missi ossia fede, e mi spiace aggiornare senza valins, ma purtroppo lei è impegnata con gli esami e comunque non ci sentiamo da un po'... in più, quando ci siamo sentite tempo addietro avevamo condiviso un certo disinteressamento verso la serie tv, che io ho soffocato continuando a scrivere un paio di cose (e altre sono in cantiere tipo una Klayley!AU) ma che comunque è stata una delle motivazioni maggiori per cui non abbiamo aggiornato!
spero che vi ricordiate di noi e della storia, che ha visto davvero una fine alla fine... spero vi piaccia questo breve capitolo bomba e se sì sono curiosa di sapere i vostri pareri! cercherò con un po' di lentezza di rispondere alle vostre recensioni che ci hanno scaldato il corazon ma nel frattempo ripeto di perdonare il grande periodo in cui abbiamo abbandonato efp e TBITG!
rivedere questa vecchia storia mi fa tenerezza, e sono felicissima che stia per arrivare la fine, perchè gli ultimi capitoli sono quelli che mi hanno emozionata maggiormente **
ne mancano molti, comunque, quindi non disperate!!
non vi prometto un aggiornamento veloce, perchè devo recuperare gli altri capitoli come ho già detto (ops) ma mi auguro di ricevere un feedback!
vostre fede e valins (anche se momentaneamente assente)
un bacio

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Capitolo 19
*** Capitoli rimanenti + epilogo ***


(missimissisipi/fede)  tutti i capitoli rimasti più l'epilogo qui per voi: scusate il ritardo ma è da un bel po' che io e valins non ci sentiamo, ci siamo interessate ad altri fandom, abbiamo abbandonato la scrittura ed efp, la scuola ha occupato il nostro tempo assieme ad altri impegni e TVD, in poche parole, non ci interessa più. per quel che mi riguarda, è stata una bella serie tv, fino alla terza stagione. dopo il 3x22 è andata peggiorando e il cast si è mostrato per quel che è, ossia un gruppo di spocchiosi incompetenti maschilisti superficiali e bastards :) ho letto abbastanza su di loro per capire che c'è merda dappertutto - pardon il francesismo - e anche il cast di the originals è composto da """"attori"""" incapaci con il solo desiderio di arricchirsi. so... elena rimarrà un grande personaggio, per me, ma ian/damon così come i delena così come tutto il resto è da buttare. sono affezionata a questa storia anche se, rileggendola per poterla postare ancora una volta, sono più che altro affezionata al lungo lavoro dietro di essa, alla voglia di scrivere di valins che mi ha contagiata e mi ha fatto scrivere l'epilogo e gli ultimi capitoli con voglia e felicità, di getto. la storia è un po' cliché, un po' banale, forse ma sono affezionata al ricordo dell''amicizia che ha legato me e valins, sono fiera di aver scritto, di essere stata felice e di aver portato a termine un altro lavoro, nonché la mia prima storia a quattro mani. non so se sia un addio o un arrivederci, in ogni caso mi trovate su ask, twitter e tumblr! 
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“Non può andare avanti così! – la voce di Caroline prorompe su quella della mora – Sai meglio di me che è in queste patetiche condizioni da giorni!” esclama senza un po’ di ritegno, senza riflettere riguardo la mia presenza fisica ad un solo muro di distanza da lei e Bonnie.

Quest’ultima sbuffa, mentre io tiro su con il naso, senza pensare. Ecco, questo è ciò che cerco di fare da giorni. Non pensare, non riflettere. Ho preso una pausa da tutto, dalle Cheerleader, da Teatro, dagli impegni, dalle uscite: in più, ho messo in pausa anche il cervello, o meglio, la parte razionale di me, quella che mi ripropone continuamente le parole di Damon, la scena nella sala pranzo, Klaus, Rebekah, Stefan… tutto ruota attorno a me, quasi avessi un terribile mal di testa e non fossi cosciente abbastanza da capire cosa stia effettivamente accadendo. E probabilmente sono cosciente abbastanza da capire che non voglio pensare, perché se solo abbassassi le difese, anche solo per un inutile e patetico secondo, ecco che la mente si riempirebbe di parole terribili, e lo stesso vale per le orecchie, ed il cuore, il cuore soprattutto.

Stringo le gambe al petto, circondandole con le braccia. Sono nel mio letto, coperta ed in pigiama, gli occhi sicuramente rossi, così come il naso e le guance, bagnate dalle lacrime che scorrono ad intermittenza: quando son troppo stanca per impormi di non pensare, ecco che quelle scendono senza ritegno; quando poi, trovo questa forza celata in chissà quale angolo remoto e ben nascosto di me, non piango. O almeno, cerco di non farlo.

Sospiro, osservando il fantastico punto indefinito di fronte a me, il silenzio adesso accompagna il mio respiro pesante e mi viene quasi difficile respirare.

“Se solo… - inizia Bonnie, fermandosi per una breve pausa quasi stesse cercando le parole adatte – Se solo riuscissimo a parlarle, a farla ragionare.” L’immagine di una Caroline biondissima e che scuote la testa, per niente convinta, si fa spazio nella mia mente.

“Bonnie, in quel modo si affrontano le rotture. – afferma con un tono quasi lamentoso- La sua situazione è ben peggiore: rottura con precedenti! E’ stata coinvolta in una scommessa e sono stati coinvolti, soprattutto, i suoi sentimenti. Non mi stupirei se Elena si stesse persino innamorando di quel grandissimo bastar-“

“Okay, okay.” La blocca Bon.

“Cosa proponi allora?”

Caroline sospira. “Non lo so, non lo so! E questo mi preoccupa! Per la prima volta non ho un piano in mente”

“Io sottolineerei più il fatto che siamo senza nessun piano per aiutare la nostra amica barra automa rinchiusa nella sua stanza zitta senza esternare un solo sentimento.” La rimbecca la mora sarcastica.

Ed ecco che sono giunte ad una terribile conclusione. Non c’è via d’uscita.

Sono bloccata in questo strano limbo, non ho commesso nessun peccato ma è come se fossi tormentata dalle pene dell’inferno in persona, se così si può dire.

Poggio il mio corpo alla testiera del letto, rimboccandomi la coperta e sospirando. Di nuovo.

Penso che fra un po’ inizierò a contare quante volte abbia sospirato, sarebbe comunque un ottimo modo per tener occupata la mente e non pensare.

Non pensare, non pensare.

E’ come un mantra che si ripete senza sosta nella mia mente. E non è buffo? Cerco di tener la mente libera, vuota, ma se da una parte ci sono tutti i ricordi e le brutte emozioni che spingono per dominare questo spazio, dall’altra ci sono tutti i miei metodi per non pensare. C’è… c’è il mantra, il sospirare, il pensare al non pensare… c’è di tutto.

E sto mentendo schifosamente a me stessa: non riesco a non riflettere riguardo quel che è successo.

E dovrò affrontarlo prima o poi: eppure sono così masochista che ritardo continuamente il poi, seppure sono convinta che, se lo facessi, se affrontassi tutto quanto, starei meglio.

Ma non lo so, mi sento smarrita ed insicura, un sentimento che non riesco a definire –sarebbe più un miscuglio di sentimenti- mi logora sin nel profondo ed ho la gola secca, un groppo che non riesco a mandar giù, tanti altri sospiri con cui riempire le prossime ore e mi sento, paradossalmente, vuota.

So di aver detto che sarei andata avanti con la testa alta… ma sono crollata. In un certo senso, quando sono fuori casa, ovvero a scuola, fingo di stare alla grande nei limiti del possibile. Ma una volta al riparo dalle occhiate indiscrete e dai bisbigli di chi mi sta attorno a lezione e nei corridoi, mi svuoto di tutto, di tutti i finti sorrisi, di tutta la finta forza. Di tutto. Rimanendo apatica.

“Starò bene.” Soffio cercando, seppure in malo modo, di convincere il mio animo che non vuole sentir ragioni. Catturo, però, l’attenzione delle mie due amiche, i quali volti fanno capolino nella stanza, con le sopracciglia aggrottate, quasi come se si fossero rese conto adesso della mia presenza.

“Hai detto qualcosa?”

Inclino appena un angolo delle labbra. “Forse.”

Bonnie sospira, lasciando penzolare le braccia e subito dopo incrociandole, inumidendosi il labbro inferiore ed osservandomi comprensiva. Si avvicina al letto di qualche passo, incerta: non notando nessun segno da parte mia, si fa vicina, più vicina, fino a sedersi e facendo sprofondare una parte del materasso.

“Stai?” domanda facendomi accennare una risata. Ci è riuscita anche stavolta: ci ponevamo questa domanda quando eravamo piccole, quando stavamo “male” e chiedere ‘Come stai?’ era inutile e fastidioso, e la solita risposta era ‘sto’.

“Sto.” Ecco che lo dico facendola sorridere, facendo scuotere la testa di Caroline che imita la bruna e si siede accanto a me. Sorridiamo per quella che mi sembra un’infinità di tempo: Bonnie pensa al passato? Caroline al presente? Pensano a me?

Scoppio a piangere, trasformando la risata in lacrime, trasformando i loro sorrisi in abbracci. E’ questo ciò che mi rimane? Una splendida amicizia?

Le lacrime si raddoppiano, i singhiozzi mi bloccano il respiro già turbato di suo e mi rannicchio, nascondendo la testa fra le gambe, le loro braccia mi cingono in una strana stretta che mi basta, che mi infonde calore ma che non è sufficiente a farmi stare bene.

Non starò bene.

Gli occhi mi bruciano, mi pizzicano, non riesco a smettere di singhiozzare e lacrimare, vorrei solo sapere una cosa.

“Perché?” esalo prima di incrociare i loro sguardi tristi e compassionevoli, paurosi e affettuosi.

Bonnie passa la sua mano sulla mia schiena, spostandola dal basso verso l’alto, accarezzandomi e facendomi venire la pelle d’oca.

“E’ la vita, Elena.” Afferma Caroline con un tono di voce basso. “Nasci, cresci, ti affezioni a qualcuno, gli altri ti deludono, piangi, sbagli, forse impari, forse starai bene.” Sospira.

“E’ la vita e lui è inequivocabilmente uno schifoso bastardo, provasse anche solo a guardarti ed io lo farò a pezzi, lo giuro tant’è vero che mi chiamo Caroline Forbes.”

Sorrido teneramente a Caroline, è una delle migliori al mondo, una migliore amica, una migliore persona, un migliore umano.

E’ la vita e devo andare avanti.

 

Siamo a pranzo, a scuola. Prendo a morsi la mia mela rossa, il mio vassoio è vuoto se non fosse per la bottiglietta d’acqua perlopiù inutile dato che non ho sete. Caroline sbuffa.

“Il cibo di questa scuola è così grasso che dovrei consultare un dietologo per le cheerleader. Insomma – si fa più seria- sembrano tutti più grassi. Hai visto Jane Illinois, del secondo anno? Le sue cosce sono sicuramente più grandi di tre centimetri!”

Bonnie alza gli occhi al cielo. “E vogliamo parlare di Becca Thomas, terzo anno? O delle matricole, Jamie Scott, Alison Smith e Kathleen Forbes? Forbes, capito? Non può avere il mio stesso cognome e non rispettarlo! Stiamo pur sempre parlando di una quarantaquattro, ad occhio e croce!”

Io ridacchio, scuotendo la testa. “Non cambierai mai! Non puoi semplicemente –Bonnie sembra rifletterci su- …non giudicare una persona dal suo peso?”

“Senti, BonBon, io faccio parte del comitato studentesco da più di tre anni, sono a favore delle campagne contro l’omofobia e bulimia, so benissimo che sono argomenti delicati. Ma sono anche capo cheerleader, voglio il meglio dalle mie ragazze, anche se il meglio, in questo caso, si tratta di una quaranta!”

L’argomento in questione cade quando in mensa entrano Niklaus e Stefan Salvatore, apparentemente amici per la pelle da quando… be’ da allora. Lui non c’è. E non so se provare sollievo o semplicemente disprezzo. Continuo disprezzo.

Mentre riporto il mio sguardo sulla mela, mi rendo conto che entrambe le mie amiche mi stanno osservando con… attenzione. Come se fossi fatta di cristallo e stessi per frantumarmi in mille pezzi.

“Che c’è?” domando allora.

“Non avete mai visto qualcuno mangiare una mela?” faccio la finta tonta, eppure loro lo sanno. Ed anche io, è come se fossi nella fase di diniego… sospiro.

Sto benissimo.

 

La biblioteca non mi è mai apparsa così vuota e solitaria, perfino quando sospiro mi sembra di provocare un fastidiosissimo rumore, anche se non c’è nessun signor James –di turno a quest’ora- a rimproverarmi con un’eloquente occhiataccia.

Il tavolo sotto la finestra è mio, o meglio, non c’è scritto in caratteri cubitali Elena Gilbert, è solo… che lo occupo sempre io. Piuttosto patetica, vero?

Apro il libro di storia mettendomi l’anima in pace. Devo studiare e prendere almeno una B nel prossimo test del professor Saltzman. Lego i capelli in una coda bassa e impugno l’evidenziatore celeste regalatomi da Caroline per imparare ad essere più ordinata.

Sottolineo poi le date con la matita, mentre cerco di memorizzare ed appuntare un piccolo schema di sintesi sul margine sinistro del libro.

Un finto tossire mi risveglia.

Da-Damon. Deglutisco. Cosa ci fa qui?

Fingo di non averlo visto con lo zaino in spalle ed un’espressione ambigua. Rivolgo tutta la mia attenzione al libro.

“Elena.” Mi richiama la sua voce così sonora e suadente, mentre pronuncia il mio nome.

Le sue mane bianche e nodose si poggiano sul tavolo. Quasi sobbalzo.

Lo ignoro.

“Elena… ti prego, lascia che ti spieghi tutto.”

Inclino le labbra in un sorriso amaro e deluso. “Cosa non capisci di ‘Esci dalla mia vita’?” quasi ringhio. Sospira ma non si da pace, apre la bocca quando alzo gli occhi ed incrocio i suoi meravigliati. Posso dire quanto mi siano mancati? No, non posso. Non mi sono mancati.

“Elena, hai frainteso, io ho chiuso con la scommessa molto prima di i…”

“Di cosa?” lo blocco. “Sai che non ci credo affatto? Perché non sei credibile.” Mi alzo dalla sedia e punto contro l’indice. “Perché tu rovini tutto, Damon. Rovini chiunque, butti tutto all’aria e stermini ogni forma di felicità. Io stavo bene, diamine, stavo bene senza di te.”

“Elena, ti scongiuro, ascoltami.” Quasi mi prega. La vista si appanna. Mi mordo le labbra, cercando di trattenere le lacrime.

“Ho detto di uscire dalla mia vita.” Esalo, prima di chiudere il libro ed andar via. Con la coda dell’occhio, noto che lancia lo zaino all’aria, infuriato.

E forse va bene così.

Damon.

Ho diciannove anni. Sì, c’è bisogno di specificarlo, a quanto pare. Generalmente, si scherza sul fatto che, a questa età, non si sappia cosa sia l’amore, non si sappia cosa significa vivere, amare o essere amati.

Io stesso pensavo che, a diciannove anni, di amare, o essere amato, o sapere, almeno, cosa questo significasse o implicasse, fosse principalmente inutile.

Ovviamente – e sottolineo, ovviamente – ho dovuto ricredermi.

Non solo perché tutto ciò che pensavo fosse importante adesso sembra totalmente futile e viceversa, non solo perché stare con lei mi faceva sentire, in uno strano e bizzarro modo, come se non avessi bisogno di nient’altro, ma anche perché, in uno strano e bizzarro modo io ero, inaspettatamente, consapevole.

Sì, si dice che la consapevolezza si acquisti alla maggiore età e io l’ho passata da un pezzo – un anno e nove mesi per essere precisi – ma io ne sono entrato in possesso adesso, quando ho capito cosa significa, essere consapevoli di amare, e soprattutto, che quello che amavi ti è stato portato via da … niente poco di meno che... tuo fratello.

Mio fratello. Stefan.

Il mio sangue, mi ha portato via l’unica cosa per la quale valeva la pena vivere questa dannata ed insensata vita.

Perché sto pensando questo? Semplice: a quanto pare, l’impresa ‘Stefan sono un tenero cucciolo smarrito che ha tanto amore da dare a tutto e a tutti per sempre’ mi ha appena soffiato il posto, non solo come ‘aiutante’ al corso di teatro ma anche con quella che, fino ad una settimana fa, era la mia ragazza.

Adesso, lui la sta aiutando a sollevare una serie di banchi per allestire la scenografia delle ultime prove per questo spettacolo. Lei ride, forse timida, forse leggermente abbagliata dagli occhioni da cane bastonato di mio fratello che ‘ne ha passate tante’ sempre all’ombra del bastardo ed insensibile fratello maggiore.

Ah, se Elena conoscesse Stefan come lo conosco io: scapperebbe.

È ovvio che non sa che è stato proprio mr. ‘sono sempre dolce’ a spifferare tutto a Klaus ed ad umiliarla pubblicamente davanti a tutta – e dico tutta – la scuola.

Persino barbie folle sembra fare parte del ‘team Stefan’, gli sorride come se fosse l’ultimo uomo sulla terra.

 

Dal canto mio, sto semplicemente facendo l’ochetta che odia tutto ciò che gli sta intorno perché ne è, irrimediabilmente, geloso.

Sì, sono geloso di come Stefan stia sorridendo ad Elena mentre lei gli racconta di qualche A+ in letteratura inglese e di come Caroline e Bonnie preferiscano palesemente la sua compagnia alla mia. Ma è ovvio: io sono il fratello cattivo. Sono quello che ha fatto una scommessa e che è andato a letto con una ragazza – doppia cazzata perché era anche la sua prima volta – solo per una casa al lago, che, ovviamente, non visiterò quest’estate. No, quest’estate passerò a deprimermi davanti alla tv, senza nessuna idea sul futuro e guarderò mio fratello spupazzarsi la mia Elena, per tre lunghi mesi, a meno che non decida di andare a fare una vacanza, magari in Inghilterra o Irlanda. Giusto per stare lontano, molto lontano, anche se, un oceano di distanza non sarà mai abbastanza.

 

“Geloso eh?”

Mi volto ed alzo gli occhi al cielo. Rebekah è accanto a me; vestita di scena, con addosso un completo in pelle decisamente orribile e ticchetta con una calma estenuante, la punta dello stivale nero, sul legno del pavimento.

“Intendi di mio fratello che ci prova con la mia ragazza? Affatto”

“Errore – mi punta il dito generosamente rosso di smalto – non è la tua ragazza, non lo sarà mai più, probabilmente”

“Hai sottovalutato le mie doti, Mikaelson … o devo ricordarti che cosa non-ho fatto, per portarti a letto” le sussurro, avvicinandomi al suo orecchio.

Lei cerca di trattenersi, cerca di non sospirare e mi guarda truce, lasciando trasparire fin troppa lussuria, da quegli occhi azzurri ricoperti di eyeliner che fino all’anno scorso trovavo decisamente attraenti.

Mi guarda e sospira: “Potremmo … vederci, stasera”

Soffio un respiro vicino al suo lobo, facendola rabbrividire.

Lascio passare qualche secondo, un lungo ed interminabile secondo in cui lascio correre la mano sul suo fianco, carezzandolo leggermente, per poi accingermi a soffiare un ‘ti piacerebbe’ al suo orecchio, che viene interrotto … da Elena.

Ecco. Se le cose con lei facevano schifo, ora fanno anche peggio che schifo.

Sotto zero. Zero assoluto. Centro della terra e oltre.

“Scusate – mormora, con un velo di tristezza ad incurvarle la voce. Non mi guarda, mentre io mi preoccupo di fare il contrario, godendomi appieno uno dei pochi momenti in cui posso averla vicina di pochi passi senza che mi insulti. Indossa sempre il solito paio di jeans e la sua solita semplicità che adoro, quella stessa semplicità che ho osservato la mattina dopo averci fatto l’amore, quando non si è preoccupata di essere bella, ma anzi, di fare i compiti – Rebekah … sul palco, devi … provare la scena”

La ragazza inarca leggermente le sopracciglia, schiudendo le labbra ricoperte di lucidalabbra – o qualsiasi cosa esso sia – e schiocca la lingua: “Bene”

Mi liquida con un cenno di assenso e poi si avvia verso il palco, dove una Caroline adirata, le urla qualcosa che non comprendo.

Elena ha continuato ad evitare il mio sguardo, eppure, per il momento, non è ancora andata via.

Assaporiamo il silenzio, l’unico pezzo di noi che ci resta, invogliati a non lasciarci andare, ma costretti a farlo, almeno per ora.

“Allora … come va?” mi chiede, stupendomi, come sempre. Si guarda le punte delle scarpe da ginnastica, appuntandosi la solita ciocca scura che le ricade disordinata sul volto, ciocca che, negli ultimi tempi, sistemavo io, dietro il suo orecchio, per poi lasciarle un bacio.

Lei che chiede a me come sto. Lei che come al solito è sempre un passo a me, come se fosse perfettamente a conoscenza del fatto che sono distrutto, e irrimediabilmente solo.

“Oh … alla grande, solita vita … quella che ti fotte, presente?”

Si lascia sfuggire un sorriso, ed io lo faccio di rimando, tentando di avvicinarmi, nemmeno fosse un cerbiatto.

“Tu come stai? – sospiro – domanda idiota. Colpa mia”

“Oh no non … non è idiota è … alla grande, sto … alla grande”

“Mio fratello ti ha già letto uno dei suoi racconti pieni di principesse e pony arcobaleno?”

Elena allarga la sua risata, morendosi il labbro inferiore e io la guardo, sempre e comunque.

“E anche se lo avessi fatto? Qual è il problema, Damon?”

Ecco.

“Nessuno, fratello. Stavo solo facendo conversazione” dico, incrociando le braccia in direzione di mio fratello, che mi fissa, da dietro le spalle di Elena. Lei si sposta, quel poco che basta per osservare Stefan e poi me, con uno sguardo dubbioso ad incorniciarle il volto.

“Le stavi chiedendo scusa per aver scommesso su di lei? O per averle mentito?”

Elena schiude leggermente le labbra ed aggrotta la fronte in un’espressione a dir poco sbalordita.

Prendo un respiro profondo, trattenendomi a stento dallo sputare addosso a mio fratello la verità, quella che sa benissimo, quella che finge di non conoscere.

“Sarà meglio che tu vada, Stefan”

“Certo – si volta verso Elena – prendi la borsa, ti porto a prendere quel famoso gelato”

È un pugno dritto allo stomaco. L’ho sentito, proprio lì, al centro.

Elena annuisce leggermente, e mi guarda, per un millesimo di secondo in cui vorrei implorarla di non andare, di stare con me. Le spiegherei tutto, dall’inizio alla fine.

 

Eppure non lo faccio, per un qualche strano ed assurdo motivo a me del tutto sconosciuto. Rimango in silenzio, osservandola andare via con mio fratello.

Sorride, in un modo quasi impercettibile e del tutto diverso dalle risate che riuscivo a strapparle io, quando la afferravo per le gambe stringendola contro il mio petto o quando la baciavo mentre parlava, beandomi di quel rumore, quel solo ed unico rumore che era la sua risata, contro le mie orecchie.

 

Sospiro pesantemente, di fronte a quella maledetta consapevolezza, quella che mi spinge a tornare coi piedi per terra, alla realtà in cui non riavrò Elena, alla realtà in cui lei si allontana fra le braccia di mio fratello.

 

“Non l’hai persa … non ancora, comunque”

Bonnie è alle mie spalle, la solita aria titubante e vagamente nervosa, come sempre quando mi rivolge la parola.

“Che dici?”

“Caroline mi ucciderebbe se sapesse che ti ho parlato ma … Stefan, mh … Stefan non è per Elena … Stefan è … solo quello di cui ha bisogno adesso … in un periodo in cui le è crollato addosso il mondo, Damon … il suo mondo …”

“Mi stai dicendo che devo continuare a …”

“Ti sto dicendo, che non l’hai persa, non ancora”

“Bonnie! Smettila di parlare con l’Innominato e vieni a darmi una mano” la bionda.

“Ehi Bennett – la blocco – grazie”

“Non l’ho fatto per te … ma per Elena”

 

Rimango ancora in silenzio, come del resto sono stato per la maggior parte della giornata, forse certo che, una volta tanto, la mia vita non fa quasi del tutto schifo, solo perché potrei riavere Elena.

***

Ci sono momenti, nella vita, in cui hai bisogno di qualcuno che ci sia e che faccia sentire la sua presenza, qualcuno su cui puoi, indiscutibilmente, contare. Qualcuno a cui puoi parlare per ore dei tuoi problemi senza che ti dica niente; allora sei inevitabilmente grato a quella persona, perché è un supporto, una roccia e ti capisce – o perlomeno tenta di farlo.

Gli mostri le tue cicatrici e con un tocco cerca di guarirle, con un sorriso ti tira su il morale ed è un amico su cui fare affidamento, in qualche modo.

Nel mio caso, il qualcuno in questione è Stefan. Sì, potrebbe sembrare che sia solo un capro espiatorio, quel qualcuno che possa sostituire Damon, ma non è così: ci tengo a lui, stiamo recuperando quel rapporto di amicizia che avevamo tentato di intraprendere prima che succedesse ‘il tutto’ ed in questo particolare periodo della mia vita, sono più che felice di essermi riavvicinata a lui. So che lui è dalla mia parte nonostante Damon sia suo fratello, questo mi rallegra ma al contempo mi rende lievemente triste per il maggiore dei Salvatore. Poi ci rifletto su, e realizzo che Damon sta pagando le conseguenze per essersi comportato come al solito, spero che un giorno possa comprendere l’importanza dei sentimenti. Nonostante tutto, vado avanti.

E vado avanti per davvero, a testa alta, mentre chiudo il capitolo della mia vita che porta il nome di un ragazzo dai capelli corvini e dagli occhi fastidiosamente blu, che cerco ogni giorno di dimenticare.

‘È stata una settimana’, mi dico. Poi però, aggiungo ‘E ci sei anche andata a letto, fra le altre cose’ e quindi piango, nella maggior parte dei casi in cui mi rendere conto di non essere per nulla, una persona che potrebbe essere definita ‘forte’, affatto. Tipo per niente.

 

“Non ci credo!” Stefan scoppia a ridere mentre poggio le mani sul vetro, lasciandoci sopra il contorno appannato delle mie dita. Mi sento una bambina: sto scegliendo i gusti del gelato e ho appena confessato al mio amico che, la prima volta che l’ho incontrato, durante il primo anno di liceo, pensavo fosse un hippie.

“Davvero! Penso che i tuoi capelli abbiano contribuito…” biascico con l’acquolina in bocca, osservando quel ben di Dio di fronte ai miei occhi. Lo ammetto, siamo in quella parte dell’anno in cui non si sa se sia effettivamente autunno o inverno, e in teoria non dovrei volere un gelato, non è il massimo in questo preciso istante – in cui penso stia per piovere, per dirne una. Ah la Virginia, che stato deprimente e dimenticato da Dio – ma Stefan mantiene le promesse ed oggi mi sento piuttosto accaldata. E no, prima che la mia mente – anzi, il mio lato subdolo, meschino e più di tutto, pugnalatore alle spalle – possa dirlo, non riguarda Damon e l’averci parlato in modo civile dopo tempo. Affatto.

 

Sospiro, prima di staccare le mani e ridacchiare per la loro forma impressa su di esso.

 

“Cioccolato e menta?” propone il ragazzo dagli occhi verdi, incurvando gli angoli della bocca in giù e creando un’espressione ilare sul suo viso. Tra le risate riesco a sussurrare un “va bene”. E va davvero bene, Stefan mi rende felice e mi distrae.

 

Dopo aver lottato per pagare la mia coppetta, ed esser uscita perdente – insomma, un gelato spalmato in faccia come ripicca non è l’ideale, diciamocelo – , decidiamo di fare una passeggiata per Mystic Falls.

 

… come se ci fosse realmente ‘qualcosa’ da vedere, a Mystic Falls. O per lo meno, ‘qualcosa’.

 

Adesso ci troviamo nella piazza principale, alla nostra destra il municipio circondato per lo più da empori o outlet che vendono abiti … e cito: ‘all’ultima moda’ … per donne che superano la sessantina, aggiungo io.

 

Immergo il cucchiaino plastificato ed arancione nel cioccolato, facendolo poi sparire nella mia bocca.

 

“Davvero sembro hippie?” chiede preoccupato ad un tratto, ed io annuisco con il capo in risposta e sorrido, pensando che abbia ancora la testa sopra la mia affermazione di qualche minuto fa.

“Insomma, non che ci sia qualcosa di male – riflette inarcando un sopracciglio ed osservando vacuo il suo gelato al caffè – Pensavo più qualcosa alla Bon Jovi dei poveri versione moderna.”

Scoppio a ridere, e “Hai ragione!” esclamo divertita.

“Oggi sei di buonumore.” Constata sporcandosi di menta il labbro inferiore e facendomi sorridere, ancora.

“Sì, non c’è niente di male nell’essere felici. Hai … uhm … del gelato qui…” gli indico il punto con l’indice della mano sinistra, mentre con un fazzolettino fa sparire la macchia. “oh” mormora sempre sorridendo.

È forse questo il segreto di tanta felicità: il sorriso. Lui è un po’ come Caroline, una bomba di energia e positività, sono due persone molto diverse fra loro ma il punto è sempre quello.

Un’espressione indecisa gli si dipinge sul volto, e sembra quasi che stia combattendo contro se stesso per decidere se parlare o meno, poi si decide. Io sospiro, sapendo esattamente dove voglia andare a parare: “Sai … non voglio tornare sull’argomento o farti stare… male, ecco. Vorrei solo dirti la mia opinione una volta per tutte.” Aggrotto le sopracciglia, guardandolo incerta mentre sospira e sembra scegliere le parole adatte.

“Damon, sai… non sto dicendo che dovresti perdonarlo o che puoi biasimarlo per ciò che ha fatto, dico solo che lui è così. E non penso cambierà mai. Sono suo fratello e l’ho visto crescere, cambiare, far soffrire le persone e non ho potuto far nulla.” Mi osserva mentre deglutisco rumorosamente. Per un secondo mi passa per la mente l’idea di chiedergli com’erano da piccoli, se ricorda qualche evento o aneddoto divertente della loro infanzia. Poi mi chiedo se sono stati sempre così. Se il loro rapporto è sempre stato burrascoso.

Ed infine decido di lasciar perdere tutto quanto.

“Lo capirà prima o poi … e sono sicuro che allora io sarò con lui, perché nonostante tutto è mio fratello e ci sarò sempre per lui” sorrido teneramente a queste parole, Stefan è davvero legato a suo fratello e sono felice che Damon abbia uno come lui al suo fianco, anche se non merita tutto … questo.

“Grazie.” Mormoro in risposta, non sapendo bene cosa dire e ritenendo che questa parola racchiuda un po’ tutto.

 

Lui sorride di rimando, spegnendosi nel momento in cui due gocce piombano contemporaneamente sul mio naso e sulla sua testa, facendo in modo di guardarci, indecisi sul da farsi.

 

Spingo la porta del Mystic Grill, entrando accompagnata da Stefan e beandomi dell’atmosfera calda che ci avvolge, in netto contrasto con la pioggerellina fastidiosa che ha appena colpito la città.

Ci guardiamo per qualche secondo, soffermandoci soprattutto sui vestiti bagnati – inzuppati sarebbe il termine corretto? – e scoppiamo a ridere.

Oggi è una continua risata, non è un quasi acquazzone a rovinarmi la giornata.

“Ti darei la mia giacca …” fa Stefan non terminando la frase ed alludendo ai suoi abiti. Io scuoto la testa sorridente. “Non ti preoccupare, sono certa che adesso ci riscalderemo …” incrocio le braccia avvicinandomi al bancone, mentre lui ordina qualcosa che non riesco ad udire. Metto una mano nei capelli, districando qualche nodo venutosi a creare e tastando le mie ciocche scure: sono completamente bagnati, per cui sbuffo. Come faremo al ritorno? Rimarremo qui, al Mystic Grill fino all’orario di chiusura?

No, mi rispondo, avendo adocchiato un ragazzo dai capelli neri come la pece e gli occhi, al contrario, incredibilmente chiari, seduto su di uno sgabello mentre l’unica sua compagnia consiste in un bicchiere ed una bottiglia di alcool … Bourbon per la precisione.

Scuoto la testa: Damon e l’alcool non sono un grande affare. Mi volto verso il mio amico, che adesso mi sorride e poi si guarda attorno.

Deglutisco.

Non devono vedersi, non voglio che i loro sguardi si incontrino.

“Din din, coppietta felice a ore nove.” Esclama a gran voce Damon alla nostra destra, sollevando teatralmente l’indice. Troppo tardi. Assottiglio gli occhi e spero che lasci stare.

“Damon, non è come pensi. Lui è Stefan ed è solo mio amico.” Calco bene le ultime parole, voltandomi verso di lui e promettendomi di soffocare qualsiasi cosa si agiti in me. Che sia rabbia … o qualcos’altro.

Alza le mani, e “Non mi devi nessuna spiegazione” aggiunge. “Sei stata tu a lasciarmi, ricordi? Sai per la scommessa e tutto quanto?” Serro le labbra e lo vedo irrigidire la mascella.

Come dimenticarsene?

“Andiamo via.” Mi rivolgo a Stefan che mi osserva con tenerezza.

“Non volevo crearvi problemi.” Esclama Damon, mentre io serro gli occhi, espirando a fondo.

“Ti prego.” Continuo imperterrita al piccolo Salvatore.

“D’accordo.” Guarda il fratello. “Hai bevuto. –dice – spero di non trovarti in queste condizioni anche a casa.”

Damon scoppia con una risata dura e tagliente. “Non ho toccato un goccio di questa bottiglia. Si da il caso che l’abbia appena presa … e per giunta, non è per me, ma per quel grand’uomo di nostro padre ma … ehi – sorride amaramente – io sono il fratello cattivo, giusto? E tu sei l’eroe. Quindi mi porti via la ragazza nonostante … beh – mi sfiora con lo sguardo, e potrei giurare che nei suoi occhi ci sia davvero sofferenza – tutto … nonostante tutto” – si alza dallo sgabello e si avvicina a Stefan – “Mi giudichi un alcolista ubriaco vedendomi solo con una bottiglia in mano … Congratulazioni, fratello. Sei riuscito nell’intento di rovinarmi la vita. Ma – gli posa una mano sulla spalla – non contare mai più su di me.”

“Andiamo.” E seguo Stefan, sgusciando via dal locale per correre sotto la pioggia.

 

“Stai facendo la cosa giusta.” Prorompe Caroline chiudendo il suo guardaroba. “Dici?” domando mettendomi ritta sul suo letto, osservandola in tutta la sua bellezza. “Sì, Stefan è un bravo ragazzo e te lo sta dimostrando. Chissà, magari scoprirai che non è solo un buon amico …”

“No.” Esclamo. “Stefan è solo un grande amico. Un grande amico che mi sta aiutando tantissimo. Non riesco a pensare a lui in quel modo.” Ribatto quasi imbarazzata, spostando una ciocca ancora umida dietro l’orecchio.

“E invece con Damon succede?” domanda con un filo di sarcasmo nella sua voce. “Riesci a pensare a lui in quel modo?” Le lancio un cuscino che prontamente schiva. “Idiota.”

Stefan mi ha accompagnata a casa della bionda – la più vicina – e ci siamo salutati con un caloroso abbraccio. Ma niente di più. Come ho già detto è un buon amico sincero, ciò che mi serve in questo periodo.

E sembra che la mia amica faccia – in qualche suo assurdo modo di vedere le cose – ‘tifo’ per il ‘team Stefan’.

“Idiota.” Ripete Bonnie uscendo dal bagno.

Caroline alza gli occhi al cielo. “Io penso che Damon sia più di quello che sembra.” Afferma con nonchalance Bon, facendomi inarcare un sopracciglio.

“Cosa intendi?”

Sospira, gettandosi al mio fianco sul letto di Care.

“Non so… L’ho visto in questi giorni… sembra davvero distrutto, non come le altre volte, con le altre ragazze. Forse dovresti parlarci.” Mi consiglia mettendosi su un lato e osservandomi con i suoi occhi scuri ed in grado di essere così trasparenti. È sincera. Per un attimo ci penso sul serio, a parlarci, ma poi scuoto violentemente la testa, dicendomi che non lo merita.

“Forse no. Anche se al Mystic Grill ha detto una cosa che mi ha colpita…” arriccio il naso. “Sapete cosa vi dico? Lasciate stare. Lascio stare Damon.” Affermo dopo un minuto.

“Cosa?” è la voce di Bonnie. “Io voglio sapere cosa ha detto!” esclama fintamente arrabbiata. Roteo gli occhi e appoggio la schiena alla coperta della bionda. “Ha detto: ‘mi porti via la ragazza nonostante tutto’ … tutto cosa? Che intende? Che voleva seriamente provarci con me?” … ma non so cosa significhi… forse nulla. Lasciamo stare” accompagno le parole ad un gesto della mano, come per scacciare questi pensieri.

“Piuttosto…” indico Caroline. “Dove stai andando?”

“Eh? Parli con me?” fa la finta tonta. Perché fa la finta tonta?

“Secondo me ad un appuntamento.” Bonnie alza le sopracciglia mentre mi sussurra queste parole, facendomi ridere.

“Non ci credo!” borbotto arrabbiata. “Esci e non dici nulla!”

“Non è vero!” ribatte piccata.

“Ah no? E questo vestito come lo spieghi?” chiede Bon indicando un abito nero con la schiena decorata in pizzo.

“E va bene. Potrei uscire con qualcuno…”

“Chi?” “Lo sapevo!” esclamiamo contemporaneamente.

“Non è importante… “ balbetta. Tossisco divertita.

“Dillo!” urliamo io e Bon.

“Klaus Mikaelson. Devo uscire con lui.”

 

Schiudo le labbra e lancio uno sguardo sbalordito a Bonnie: “Cosa?” esclamiamo all’unisono.

 

 

 

 “Potresti almeno dirci che diavolo sta succedendo?” sbotto io. Perché? Semplice. La mia migliore amica sta per uscire con il tizio che ha sabotato una relazione e che mi ha addirittura messo in imbarazzo di fronte a tutta Mystic Falls, praticamente. “Successione di eventi” prosegue. Alza le spalle e si guarda ancora una volta allo specchio, ma il riflesso della sua immagine non la soddisfa ed ecco che tira fuori l’ennesimo abito dall’armadio. A questo punto mi chiedo dove e come li abbia presi tutti questi cavolo di vestiti.

“Successione di eventi – ripeto a bassa voce – quegli stessi eventi che hanno spinto Klaus a stroncare la mia ‘relazione’ – mimo delle virgolette – con … Salvatore?”

“Elena. Cara, dolce ed innocente, Elena – ecco che il suo lato saccente esce allo scoperto, spiattellandomi in faccia come lei si ritenga più intelligente di me – sai che non faccio nulla senza un secondo fine – afferra la porchette e ci spinge verso l’uscita della sua camera – perciò, sta tranquilla … ci pensa la zia Caroline” dice alla fine. Così, Bonnie ed io ci ritroviamo sul portico di casa Forbes, di fronte ad un altro potenziale temporale ad osservare Caroline che, con una camminata stile modelle di Victoria’s Secrets, si avvia alla macchina.

 

Osserviamo Caroline andare via e io inarco leggermente le sopracciglia, stringendomi nelle spalle a causa di una gelida folata di vento. “Che intendevi con ‘Damon è più di quello che sembra’, Bonnie?” lei mi guarda ed accenna un sorriso, forse un po’ spento o forse prevedeva la mia reazione. “Intendo che … tutti hanno bisogno di una seconda occasione. Ora – si porta una mano davanti alle labbra e sbadiglia – devo andare a casa, domani c’è scuola. Fa quello che ritieni ti faccia stare bene” conclude. Osservo la mia migliore amica allontanarsi e sospiro, ancora. Ormai non faccio altro.

 

Ho una migliore amica che ha l’aria di essere il Grillo Parlante della situazione e un’altra che sembra appena uscita da una sfilata di moda. Solo io, non ho idea di chi potrei essere.

 

Ho beccato un altro temporale, tornando a casa.

“Elena, tesoro, sei tutta bagnata!” esclama mia madre, alzatasi di scatto dalla poltrona sulla quale mi stava aspettando, sveglia, sorseggiando una tazza di thè caldo. Alcune volte vorrei che non fosse così apprensiva, che mi lasciasse un po’ stare. Ma, poi la capisco: sua figlia appena diciottenne che torna a casa fradicia alle undici passate è, decisamente, preoccupante. Sorrido.

“Sto bene, mamma. Ho solo … molto sonno”

Inizio a salire le scale, tendando di tamponare i capelli umidi: “È per quel ragazzo … Damon? Sai che con me puoi parlarne …”

Sgrano leggermente gli occhi: “Come …”

“Una mamma queste cose le sa …” sorride.

“Lui è … non è niente mamma … è solo … una di quelle cottarelle … insomma, capito no?”

Lei annuisce leggermente ed io sospiro, sollevata. Ha capito.

“Notte” dico alla fine. Si, lo so. Sono stata un po’ troppo dura, lo riconosco, ma … gli adolescenti sono giustificati, no?

Mi butto fra le coperte e per fortuna, riesco a prendere sonno.

Pov Damon:

Cerco di stare fuori casa il più possibile. Tipo sempre. Perché mio fratello gioca a fare l’idiota innamorato, e io sono stanco di sentirlo fischiettare e di mandarsi messaggini insieme ad Elena. Le ragazze bisogna chiamarle, di certo non mandare loro cuoricini su what’s app. Che tristezza.

L’unica cosa relativamente positiva è che stare lontano da casa, mi ha fatto concentrare sulla scuola, dunque, potrei essere seriamente ammesso in qualche college, magari lontano da qui. Magari riuscirò a trovare una ragazza in grado di sostituire Elena.

Sorrido amaramente. Come no.

La professoressa di spagnolo posa il compito sul mio banco: “Non so chi le abbia messo la testa a posto, Salvatore, ma sembra che lo abbia fatto nel modo giusto. Chissà, magari riuscirà ad entrare all’università”

Guardo il compito e credo di non avere mai preso un voto più alto ‘B-’ decisamente positivo.

E ancora una volta mi ritrovo a pensare ad Elena e a come mi abbia fatto tornare la voglia di fare qualsiasi cosa.

La campanella suona ed afferro la tracolla, indeciso sul saltare o meno la prossima ora di corso, in cui dovrò sorbirmi gli sguardi da lumacone di mio fratello che guarda Elena mentre scrive, o mentre risponde ai quesiti posti dal professore, mangiandosela con gli occhi e pensando a chissà cosa, sotto il mio sguardo decisamente disgustato. Comunque, il mio orgoglio e forse la mia consapevolezza, mi porta a pensare che non avrà tutte queste gran possibilità con lei. Lui non sa assolutamente niente di lei.

Decido di andare a controllare se a teatro ci sia bisogno o meno di una mano, magari Ric mi troverà qualcosa da fare.

Non avevo di certo previsto che fossero tutti qui, lumacone compreso. Adesso sta anche dietro ad Elena per ‘aiutarla con le cose dello spettacolo’.

“Ehi Rick” richiamo il mio amico, sedendomi accanto a lui che legge rapidamente alcune scartoffie.

Il mio amico comincia a parlare di chissà cosa, mentre io mi sento colpito da un moto di rabbia, di quelli nitidi, che tagliano a metà lo stomaco, di fronte a mio fratello che continua a sfiorarla, anche solo per qualche secondo, mentre lei, gli sorride.

“Allora, cos’è, ti ha portato via la ragazza?” indica Stefan con l’angolo del foglio, attento a non farsi vedere.

“Eh? – mi volto in direzione del foglio – no … ho fatto tutto da solo, lui è arrivato a lavoro compiuto. Sai, ragazza sconsolata, cazzate del genere”

“Ma lei era la tua ragazza” afferma.

“Per una settimana, Rick, capirai … sono cose che passano” mi gratto la testa.

“Andiamo amico, qui c’è bisogno che intervieni … quella ragazza ha bisogno di uno come si deve”

“Ce l’ha accanto” ribatto. Ed è vero, mio fratello è di certo meglio di me.

“Ma smettila! Non vedi … lei è … presa, ma non interessata, capisci che intendo?”

“Non ho idea di cosa tu stia dicendo”

“Ad esempio. Se lei fosse stata interessata, non ti avrebbe rivolto un’occhiata prima di sparire dietro le quinte, giusto?”

Sbuffo: “Vado?”

“Vai! Che aspetti?”

Mi alzo rapido dalla poltroncina, e la seguo, superando mio fratello e guadagnandomi uno sguardo di totale disapprovazione, di cui non me ne può fregare di meno.

È in ginocchio e sta rovistando in un baule che Caroline mi ha costretto a portare fino a qui, solo perché contenente una serie di cose che potrebbero servire per lo spettacolo. In sottofondo, Rebekah che si accinge a cantare Hopelessly Devoted To You.

La faccio saltare in aria – come sempre – quando la richiamo, e per poco non sbatte la testa contro il coperchio della gigantesca cesta. Sorrido.

“Ti serve una mano?”

“N-no io … ho fatto” risponde, voltandosi. Tiene fra le mani quello che apparentemente sembra uno straccio rosa, per pulire i pavimenti, ma sono quasi del tutto sicuro che qualcuno debba indossarlo.

“Cos’è?” lo indico.

“Un vestito che deve indossare Rebekah – sorride guardandolo – Caroline doveva trovare il modo per fargliela pagare … dato che non ha potuto cacciarla”

Annuisco: “Ehi ho … ho preso B- al compito di spagnolo. Alla fine non sono un caso così perso … no?”

Lei sorride mordendosi in labbro, al ricordo della sua ultima affermazione riguardo la mia preparazione in spagnolo: “A quanto pare no …” stringe la stoffa del vestito e io inclino la testa di lato, guardandola meglio.

“Sarà meglio che torni di là …” conclude, alzando, finalmente, lo sguardo su di me, che annuisco.

“Elena – la richiamo un’ultima volta e lei mi guarda, e spero seriamente che ciò che leggo nei suoi occhi sia speranza – mi manchi …”

Lei sospira pesantemente e poi mi guarda: “Anche tu” sussurra, prima di andarsene.

 

Ed io rimango qui, fermo ed immobile, a chiedermi se ciò che abbia detto sia reale o meno, o se me lo sono immaginato. Ma con un dannatissimo sorriso ad incurvarmi le labbra.

 

Pov Elena:

 

Esco a prendere un po’ d’aria, e sedendomi sugli scalini principali della scuola, osservo il cielo ancora plumbeo e deprimente.

È assurdo, sapete? Come si fa a rovinare tutto in un solo attimo? Il momento prima sei felice, ed il momento dopo non lo sei più. Si dice che i bisogni dell’uomo cambino con il passare del tempo, il che ti spinge a non provare più determinate cose piuttosto che altre. Le esigenze sono diversi, così come i sentimenti, le sensazioni. Le persone stanno insieme. Le persone cambiano e si mollano.

 

Si ritrovano faccia a faccia nel bel mezzo del corridoio scolastico, lanciandosi occhiate che vogliono dire più di quanto si voglia lasciar credere, indecisi, o forse incapaci, di fare o dire qualcosa. Incapaci, addirittura, di salutarsi, per paura di essere fraintesi. Così Damon ed io ci guardiamo e ci manchiamo, incapaci di mandare tutto all’aria e tornare a salutarsi con un bacio in mezzo al corridoio.

***

Ottobre è ormai alle porte e lo dimostra l’abbassamento notevole della temperatura e dunque il vento piuttosto freddo che ci avvolge quando varchiamo la soglia della porta, che sia quella di casa o di scuola, portandoci perciò a rabbrividire e tremare come foglie.

La prima settimana di questo mese è già trascorsa, i primi test mensili sono già stati tutti eseguiti dalla sottoscritta e posso, tutto sommato, ritenermi in grado di rallentare il passo con lo studio e prendermi brevi pause. Inspiro profondamente, mentre Rick spiega qualcosa di molto importante sulla storia locale che potrebbe influenzare il nostro voto alla maturità.

Le sue ultime parole, però, vengono interrotte dal suono della campana, che fa esclamare un “Alleluia!” ad un mio compagno, nello specifico… Damon Salvatore.

E’ una delle poche lezioni che abbiamo in comune, ovviamente le uniche parole che ci rivolgiamo sono un “ciao” strascicato o qualche futile domanda, dettata più che altro dalla voglia e necessità di parlare con qualcuno piuttosto che interagire realmente l’uno con l’altro.

Accenno un sorriso quando il mio professore e futuro zio scuote il capo facendo una battuta sul suo alunno e amico, in un certo senso, rimanendo nei parametri in quanto è pur sempre… un diciottenne suo studente.

Diciotto anni, già, a volte non so se preferirei esser più grande e matura o più piccola, per poter rivivere tutti i miei momenti da adolescente. Sbuffo, la risposta è sicuramente più difficile del previsto, sono stanca e dunque non ho voglia di pensare e riflettere più del dovuto.

Lascio il mio banco prendendo il libro in mano, stringendolo fra le braccia e uscendo pian piano dalla classe.

“Elena!” qualcuno mi chiama, mi volto e noto che la voce appartiene ad Alaric. Inclino le labbra e muovo appena il capo, con una domanda implicita: “Cosa succede?”

La camicia nera che indossa mi ricorda quelle di Damon, i primi bottoni sono sbottonati ed un paio di jeans scuri gli fasciano le gambe. In mano ha qualche scartoffia ed un sorriso perenne stampato sul volto.

“Non si tratta di scuola” – mi avvisa, ed io corrugo la fronte. Di cosa, allora? – “Né di Grease. E’ solo che… uhm, anzi… lascia stare, sono un idiota.” Scuote leggermente la testa, ed allora “Andiamo!” esclamo, proprio come farebbe Caroline se si trovasse nella mia attuale situazione.

E’ quasi… imbarazzato?

“Si tratta di Jenna… Sai che ho intenzione di chiederle di sposarmi, no?”

“Uh, sì, ovvio.”

“E vorrei fosse domani, durante il nostro anniversario. Qualche idea su cosa potrebbe piacerle? Insomma, non ho chiesto a Miranda perché le avrebbe spifferato tutto, Grayson non se ne parla e Jeremy… è Jeremy”

“Io…” rimango per un attimo allibita, senza parole. E’ così tangibile l’amore di Rick nei confronti di Jenna, e viceversa: a volte si comportano come due adolescenti… ma il solo pensare queste parole mi fa scoppiare a ridere di una risata amara, malinconica, strana. Io sono un’adolescente, Damon lo è… e ha mandato tutto all’aria. Quindi Jenna e Rick non si amano come due adolescenti, si amano come la migliore fra le coppie, come il sole ama le stelle, i fiori il caldo e la lana il freddo.

“Lei è romantica. Molto. Qualsiasi cosa fatta con il cuore la emozionerà.” Osservo il suo sorriso quasi consapevole e dolce.

“Forse…” sussurra qualche attimo dopo, prendendo un respiro profondo. “…forse anche i piccoli gesti possono emozionarla, smuoverla…” Inclino il capo verso sinistra.

“Non se ti comporti in modo spregevole” sputo queste parole come se lui mi avesse colpita nel mio punto debole, poi sbatto le ciglia un paio di volte e mi rispondo che no, non si tratta affatto di questo.

“Magari non è tutto come lei crede, magari… lei può dare un’altra possibilità.”

“Magari lei sta solo cercando di andare avanti.”

“E lui può avere buone intenzioni”

Rido. “Stiamo ancora parlando di te e zia Jenna?”

“Forse sì, forse no.” Si passa una mano fra i capelli mentre mi allontano.

“Elena?” Gli sorrido. Lo so già.

“Lo so” ripeto, questa volta ad alta voce. “Non ringraziarmi.”

“Neanche tu!” esclama facendomi ridacchiare.

Chiudo la porta alle mie spalle. Mi manca per un attimo il respiro. Che Damon gli abbia raccontato qualcosa…? No, ne dubito. Lui non esprime i suoi sentimenti, i suoi pensieri… è così chiuso, ostinato, non ne parlerebbe mai neanche se si trattasse, per l’appunto, di un suo amico.

Mordo il labbro inferiore costringendo tutti questi pensieri ad allontanarsi da me: il mio presente è il mio armadietto, ecco, solo questo.

Inserisco la combinazione e lo apro.

“Elena!” esclama la voce di Bonnie. Sorrido mettendo a posto il libro e quaderno, senza voltarmi a guardarla. “Ehi” mormoro appunto, cercando il volume di chimica.

“Rick ha intenzione di fare la proposta a Jenna domani sera. Non è così romantico? Sai, abbiamo parlato di lei, che è romantica e basterebbe poco a colpirla, purchè tutto parta dal cuore… Jenna è così, vorrei tanto avere il mio Rick, sai, ma non Alaric Alaric…” affermo chiudendo con un lieve tonfo l’armadietto mentre un “Oh.” Sorpreso fuoriesce dalle mie labbra.

Bonnie, di fronte a me. E… Damon.

“Ciao.”

“Ciao…” ricambia insicuro. Guardo la mia amica che sorride incoraggiante.

Cosa dovrei fare?

“Ehm… adesso ho chimica… e, uhm dovrei andare. Sì, ho un test importantissimo!” Bugia, mento spudoratamente e Bonnie lo sa.

“Davvero? Non hai ripassato con Stefan ieri pomeriggio.”

E bum, colpita e affondata! Le parole di Damon sono sarcastiche e taglienti, apro la bocca ma non esce fuori una sola parola: non so come rispondergli.

“Ehm, cioè… Non intendevo ciò che ho detto…. Credo.”

Scuoto la testa con veemenza. “Non fa niente… immagino. Devo andare.”

Indico con il pollice il corridoio dietro di me, pur sapendo che la classe di chimica è dal lato opposto. Non riesco a parlargli, non dopo avergli spudoratamente rivelato che mi manca. E’ colpa della mia bocca, giuro. Non dice mai la cosa giusto al momento giusto.

I suoi occhi cristallini sembrano implorarmi, posso quasi sentire che urlano: “Resta, resta! Non andar via…” Ma non posso farci nulla, è più forte di me ed il mio battito aumenta in una maniera che mi spaventa. Ed io… non voglio che accada, qualsiasi cosa mi stia succedendo.

Non con Damon.

“Elena…”

“Ci vediamo a pranzo, Bonnie!”

Ignoro lui ed il suo successivo pugno sugli armadietti, lui e la sua voce più alta di un’ottava mentre si rivolge alla mia amica, lui ed il suo profumo che ha invaso le mie narici…

Com’è che ho detto a Rick?

‘Magari lei sta solo cercando di andar avanti’… Ed è così, diamine! Che qualcuno l’accetti! Perché ho bisogno di convincere me stessa, me lo devo! E da qualcosa devo pur iniziare... gli altri devono crederci, devono saperlo: a furia di dirlo e sentirlo così tante volte ci crederò anche io, e andrò davvero avanti.

Per ora, devo solo mentire e ripeterlo all’infinito come un dannato mantra.

 

La campanella dell’ultima ora suona come una liberazione alle mie orecchie: in fondo lo è per davvero, questa giornata mi ha stressata ed ho solo voglia di tornare a casa ed assistere ad una maratona di American Horror Story con Jeremy al mio fianco che ridacchia ininterrottamente per la mia paura costante.

Ecco, solo questo.

Con questo pensiero esco da scuola, sorseggiando un po’ d’acqua e spostando una ciocca dietro l’orecchio.

“Ehilà!” la voce squillante di Stefan mi si affianca, proprio come la sua figura alta e slanciata. Il suo sorriso enorme per un attimo contagia anche me.

“Ciao” lo saluto frettolosamente: vorrei, anche se si tratta del mio amico Stefan e anche solo per un giorno, non avere a che fare con i fratelli Salvatore.

“Tutto okay? Sembri… strana.” Accenno un sorriso e mi stringo nella giacca.

“Sì, egregiamente!” trillo su di giri, non esattamente proprio come il mio stato d’animo.

“Grandioso! Allora, ti andrebbe di rilassarti questo pomeriggio? Insomma, ti andrebbe un pomeriggio al cinema? E’ sottintesa la mia compagnia!” biascica quasi imbarazzato, come Rick questa mattina.

Sorrido. “E’ un appuntamento?”

Aggrotta le sopracciglia. “Un uscita. Fra… amici”

Annuisco, e “In realtà non saprei, ho dei piani con Jeremy” rispondo sbrigativa, battendo un piede per terra.

Insomma, perché sono...agitata?

Non si tratta di Damon che ci sta fissando, no, ovvio.

“D’accordo, allora… lascia perdere tutto quanto.” Mi gratto il capo imbarazzata, prima di scoppiare a ridere quasi istericamente, per alleviare questo che mi sta provocando Damon fissandomi. Fastidio, irritazione, agitazione. Tutto questo e tanto altro.

“Anzi, sai che ti dico?” esclamo ad un tratto, non sapendo neanche cosa stia facendo. Scrollo le spalle prendendo una profonda boccata d’aria, mentre l’aria frizzantina mi pizzica. “Annullo tutto!” sembro quasi gioiosa ma la verità è che sto impazzendo.

Cosa sto facendo? Ho perso il controllo su me stessa.

“Grande! Allora ti faccio sapere.”

Si avvicina per darmi un bacio sulla guancia come saluto, improvvisamente volto il capo facendo finire le sue labbra sulle mie. E… non so perché! Lui indugia qualche secondo su di esse, prima di poggiare una mano sul mio volto ed attirarmi, seppure con dolcezza, a sé.

Ricambio man mano che il bacio diventa leggermente più passionale, chiudo gli occhi e schiudo le labbra ma… è tutto così strano, il suo sapore alla menta mi ricorda quello di menta e tabacco di Damon, le sue labbra mi ricordano quelle carnose del fratello e… per un attimo –ma solo per un attimo – posso giurare di aver immaginato di baciare lui. Ma solo per un attimo.

Questo vortice di pensieri mi fa staccare da lui e sgranare gli occhi.

Il mio respiro è quasi affannoso e… cosa ho fatto? Cosa ha fatto?

Mi inumidisco le labbra ed il suo sapore è ancora lì, quasi ancorato e sembra non voglia andarsene, sembra che mi tormenti ricordandomi che non è quel sapore, ma un altro, un altro che le mie labbra non sembrano quasi accettare.

“Io… devo andare.” E scappo, scappo come se fosse l’unica cosa che so fare e quella più giusta ora come ora.

“Elena!” E vorrei urlare che basta, basta chiamarmi, basta urlare di farmi restare! Devo solo andare…

Mi volto un attimo prima di incrociare la strada di casa, incontrando lo sguardo duro e stordito di Damon.

No, no, no! Non fraintendere, Damon… Vorrei che capisse, perché non è come sembra… ma io ho baciato suo fratello, dopo avergli detto che mi manca… E non ne posso più. Scuoto la testa, gettando le mani nelle tasche ed alzando il passo andando via.

***

È passata una settimana. Oh si. Una stramaledetta settimana. Una settimana da quando ho baciato Stefan e da quando ho deciso, da bambina immatura quale sono, di ignorarli entrambi. Lo so. Mi sto comportando da idiota, e soprattutto, da stronza. Non pensavo di poter autodefinirmi tale, ma invece è così. Sono stronza.

Mi sono ritrovata a sperare che qualcuno facesse qualcosa di negativo in modo da prendere la decisione al posto mio, ma la verità è che non è successo assolutamente nulla. Io faccio finta di non vedere Stefan che mi saluta e spengo il cellulare per non ricevere chiamate che non voglio affrontare. Sono fatta così, una stronza.

In ogni caso, oggi è un giorno diverso. Non perché ho adottato la filosofia del ‘il mondo cambierà ancora domani’, dato che è una palla gigantesca. Il mondo è sempre uguale, siamo noi che decidiamo di cambiarlo o meno, e io sembro non averne voglia. Comunque, oggi è un giorno diverso perché è il giorno prima dello spettacolo. Non pensavo che sarebbe arrivato, sinceramente, eppure eccoci qui.

Siamo sedute sugli spalti, in attesa che tutti i ‘membri del cast’ arrivino, in modo da fare il classico discorso di incoraggiamento. Caroline è su di giri. E per su di giri, intendo, più del solito. Del tipo che lei non è seduta sugli spalti, no. Lei corre. Dio solo sa dove sta andando e Dio solo sa perché lo stia facendo. Caroline corre a tutta velocità; guizza dal retro delle quinte e poi spunta alle nostre spalle. Il momento prima ha fra le mani un piumino per pulire – macchie invisibili – il momento dopo controlla maniacalmente i vestiti di scena, sotto lo sguardo attonito di me e Bonnie.

Quest’ultima, per lo meno, ha avuto la gentilezza di ascoltarmi: “Sei consapevole di aver fatto una grande stupidaggine, vero Elena? Pensi che evitandoli risolverai la situazione?” chiede, stringendosi le ginocchia al petto.

“No. O meglio, magari prima o poi si stancheranno di me e non ci parleremo più fino alla fine dell’anno”

“Mancano circa – li conta sulla punta delle dita – otto mesi alla fine della scuola, Elena. Per di più, ti ricordo che abbiamo in ballo un secondo progetto teatrale e di sicuro Damon dovrà aiutarci anche in questo. Perciò, vedi di scegliere con attenzione”

“E se non volessi scegliere?”

“Non puoi avere due fidanzati Elena” ammette, con fare ovvio.

“No! Sei fuori strada – sbuffo – se non scegliessi nessuno dei due?”

Porta le mani avanti e inclina la testa di lato: “Non posso dirti chi scegliere, ma-”

“Io si! – Caroline attira la nostra attenzione. Adesso è in piedi su una panca a fare chissà cosa con un altro piumino per pulire – io dico Stefan!”

Bonnie mugugna qualcosa: “A questo punto, nulla mi vieta di dire Damon, giusto?!” ringhia.

Mi lascio andare contro la spalliera del sedile: “Grazie, siete davvero di ottimo aiuto!”

“Oh andiamo – Caroline scende dallo sgabello, pulendosi le mani sui pantaloni – sappiamo che Stefan potrebbe renderti felice”

“Ma che cosa dici? Insomma, hai visto il sorriso che aveva quando stava con Damon? Io non credo!”

“Damon è un fallito!”

“E Stefan un cocco di mamma dai capelli strani!”

“Ok. Smettetela. State seriamente peggiorando la situazione. Primo, Damon non è assolutamente un fallito e Stefan …” ripenso rapidamente al suo taglio di capelli. “Non è un cocco di mamma …”

“Però ha i capelli strani!” mi incalza Bonnie.

“Basta così – dico, alzandomi – vado in bagno. Tanto qui non arriva nessuno”

 

La scuola è un luogo decisamente triste alle otto di mattina, quando sono le quattro del pomeriggio del mese di ottobre e si sta inaugurando lo spettacolo di inizio anno, è ancora più triste. Specialmente se alle quattro è già buio e non c’è nessuno per i corridoi.

 

Mi muovo rapidamente in direzione del bagno più vicino, dove farò cosa, non lo so.

 

Quando poi, mi accorgo della presenza di entrambi i fratelli Salvatore davanti alla porta del bagno – delle femmine, gente – faccio dietro front, sperando che non mi abbiano visto.

“Elena!” esclamano, all’unisono.

Perfetto. Butto la testa all’indietro: “Stefan. Damon …” esito qualche istante e poi abbasso lo sguardo.

“Come va con lo spettacolo?” domanda Stefan, mentre Damon rimane in silenzio.

“Oggi è il gran giorno” rispondo, mettendomi le mani in tasca.

“Già”

“Già”

 

È imbarazzante.

 

“Beh sarà meglio che vada”

“Elena, aspetta” mi richiama Stefan, facendomi voltare.

“Mh?”

“Mi dispiace per … per quello che è successo la settimana scorsa”

“Non … non preoccuparti”

“Ma smettila – interviene Damon, facendomi sussultare – era il tuo obiettivo fin dall’inizio”

“Che vuoi dire?” domando io. A questo punto, mi sono persa qualcosa.

“Voglio dire … che è stato Stefan ad avere l’idea di spifferarti tutto riguardo alla scommessa, solo per provarci con te”

“Meritava di saperlo!” esclama lui, difendendosi.

“Certo, davanti a tutta la scuola, eh Stef? Ma smettila, hai solo deciso di sabotarmi perché per una volta ero felice!” esclama.

 

E mi viene da sorridere, so che non dovrei farlo, ma quell’esclamazione, detta con così tanta sincerità, mi fa ridere, perché anche io ero felice.

“Volevi solo riempire la tua dannatissima lista!”

“Ho smesso di pensarci e sai benissimo perché! Smettila di mettermi in cattiva luce, maledizione, Stefan! Se c’è qualcuno che ha il diritto di parlare con Elena, sono io, non tu!”

“Certo. Elena vuole parlare con l’idiota che se l’è portata a letto per una casa al lago!”

Prendo un respiro profondo: “Ok, smettetela!” decido di mandare via il pensiero di ‘come Stefan e Damon mi ricordino Caroline e Bonnie’ e concentrarmi sui due ragazzi di fronte a me. Hanno smesso di parlare, ed entrambi mi fissano, in attesa che io dica qualcosa.

“Smettetela di parlare di me come se non ci fossi – mi passo una mano fra i capelli – la verità, è che a nessuno di voi due importa di me. Siete … pensate solo a voi stessi e io, sapete … sono stanca, ok? Di scervellarmi su chi dei due sia meglio per me perché … al momento vorrei solo non avervi incontrato! Mi avete fatto stare male e … io non ce la faccio, ok? Non ce la faccio …” dico, allontanandomi.

 

Fingo di non essere interessata a quegli occhi chiari che non hanno smesso di fissarmi nemmeno per un secondo, implorandomi di restare, di concedere loro anche solo un momento, solo uno, per parlare, ma non lo faccio. Non lo faccio perché sono stanca e perché mi sento presa in giro, usata e buttata via e non credo di meritarmelo.

 

Quando rientro in teatro, un brivido mi coglie nel momento in cui osservo Caroline che sembra una specie di profeta degli spettacoli teatrali e, decisamente poco propensa a sorbirmi un discorso di incoraggiamento del quale non ho assolutamente bisogno, esco, indecisa sul dove andare, esattamente.

 

Decido di passeggiare per i corridoi, senza meta, peccato che qualcuno mi afferra il polso: maledizione.

 

Mi volto e come al solito, mi manca il respiro.

“Damon …” esalo, esasperata.

“Non ho intenzione di ascoltarti. Non mi hai dato la possibilità di parlarti, di darti una spiegazione. Mi hai persino messo in imbarazzo, facendomi sentire un’idiota quando provavo a dirti semplicemente ‘ciao’ perciò, adesso sta zitta e ascolta che cosa ho da dirti. Poi deciderai se continuare a comportarti come se non esistessi, va bene?” il tutto suona più come un affermazione che una domanda.

Non ho smesso di guardarlo nemmeno un secondo, ipnotizzata dalle sue labbra in movimento e i suoi occhi che chiari, trasmettono molto più di quello che potrebbe sembrare.

Io non rispondo, mi limito ad annuire.

“Avevo mandato tutto all’aria , con Klaus. Ho fatto l’amore con te – sospira ed io rabbrividisco al ricordo – dopo aver detto a Klaus che mi tiravo fuori dalla scommessa … sono corso da te, perché volevo stare con te … non volevo nient’altro e non voglio nient’altro, Elena … vorrei solo … che le cose tornassero com’erano …”

“S-sai che non … che non potranno mai tornare come prima”

“So che non lo sapremo, se non ci proviamo …” sospira.

“Damon io …”

“Non dire niente”

 

Ed ecco.

 

Sinceramente, credo di non aver desiderato nient’altro da un mese a questa parte, credo di non aver sperato altro se non che questo accadesse e non mi importa, se ha semplicemente appoggiato le labbra sulle mie, non mi importa se si limita solo a sfiorarmi la guancia senza nemmeno approfondire il tutto e non mi importa, se non lo faccio nemmeno io.

 

Non è un bacio di addio, è solo un bacio. Un bacio che merita di essere chiamato così. Un bacio timido, un bacio che racchiude tutto ciò che non ci siamo detti, e a questo punto, credo che non ci sia nient’altro da dire.

 

“Eccoti. Oh caz- scusate!” mormora Bonnie.

Le labbra di Damon lasciano le mie e ci guardiamo, stupiti e a corto di fiato, forse io sono addirittura più confusa di come lo fossi prima, ma una cosa è certa: ne vorrei ancora, e ancora, e ancora … fino a quando, forse, non deciderò che debba smetterla di baciarmi, ma a questo punto, spero non lo faccia.

 

Mi ricompongo rapidamente ed osservo Bonnie, che, mortificata, è girata di spalle.

“Devi dirmi qualcosa?” dico, accennando un sorriso.

“Caroline ‘una dittatrice’ Forbes, ti vuole a rapporto … sembra che serva anche tu per il discorso di incoraggiamento pre-teatro … vieni?” chiede, tendendo la mano nella mia direzione.

 

Mi volto rapida verso Damon che sbuffa: “Sai dove trovarmi …” si limita a dire. Nessuna carezza, nessun bacio, niente di niente.

 

Lui voleva parlare, voleva solo essere ascoltato e ora tocca a me. Ho sentito entrambe le campane, e ho baciato entrambi i fratelli, fra l’altro. Ora tocca a me.

“Arrivo” dico semplicemente, muovendomi in direzione della mia amica. Mi volto un’ultima volta verso Damon che sembra sparito e io sospiro … mi è mancato.

***

Matt nei panni di Danny Zuko è fenomenale. E, come se non bastasse, ha una chimica eccezionale con Rebekah, ed entrambi sono due attori fantastici, per non parlare di come si destreggiano ballando e cantando. Qualcuno potrebbe scambiarli per un’affiatata coppia, io anche se non fossi a conoscenza della quasi palese cotta che il mio amico nutre nei confronti di quella April. Ammettiamolo –e sì, lo ammetto anche io: Rebekah è mille volte più affascinante e talentuosa di quella ragazza del terzo anno, Matt merita di più ma io non sono nessuno per indicare al suo cuore la strada da seguire.

Perché poi, obiettivamente, il cuore non segue neanche una strada, fosse così semplice! Cammina per sentieri sconosciuti, affronta ostacoli e a volte si perde, tornando indietro per compiere una scelta differente e capire dove altro poter andare.

Sorrido da dietro le quinte, incrociando le braccia e muovendomi, agitata.

Dio solo sa quanto Caroline mi stia facendo impazzire! E’ arrivata come un turbine, un’ora fa, per controllare che tutto fosse al proprio posto per la serata di Grease. Lo spettacolo è iniziato da poco meno di mezz’ora e potrebbe andare alla grande, se solo fossi attenta ad osservare il frutto di un intenso lavoro, e forse capirei anche se il pubblico stia gradendo il tutto, ma no, ovviamente: l’ansia mi ha colpita, in realtà preciserei che la bionda tuttofare mi ha condizionata, influenzata e inevitabilmente trasmesso questo rivoltamento dei miei organi interni.

Ma a giudicare dall’espressione di Bonnie alla mia destra –calma, pacifica e rilassata: il mio completo opposto- tutto dovrebbe andare alla grande.

Ed insomma… meglio così.

No, anzi, cosa dico! Dev’essere così, tutto o niente: un successo o un fiasco, ecco i possibili risultati. Per il momento l’opzione verso cui ci stiamo rivolgendo sembra la prima… E questo mi rende felice.

Caroline si tocca nervosamente i capelli, rilegge il copione e parla sottovoce con gli altri personaggi che andranno in scena. Prendo un profondo respiro, osservandola ed avvicinandomi a lei.

“Ehi” mormoro, poggiando una mano sulla sua spalla, facendola voltare nella mia direzione.

Inclina le labbra per quello che mi sembra un mezzo secondo, prima che deglutisca e mi faccia scrollare le spalle per la sua inutile preoccupazione che mi ha trasmesso.

“Cosa?”

“Come cosa?” ripeto, cercando di non alzare il tono di voce. “Sta’ calma, tutto sta andando come abbiamo organizzato! Respira e ripeti con me… Tutto è perfetto.”

Rotea gli occhi, prima di pronunciare quelle tre parole. “Tutto è perfetto…”

“Perché abbiamo lavorato sodo…”

“Perché abbiamo lavorato sodo” apre le braccia, come se fosse ovvio.

“Ed Elena ucciderà una bionda qui presente…”

“Ed Elena… cosa?!”

“… se non la smetterà di pensare negativo ed influenzarmi!” concludo facendola ridere, ed io la seguo a ruota, rilassandomi e diminuendo la tensione che la mia amica sta provando.

“D’accordo, d’accordo. Ci provo, tu però ripeti dopo di me: Elena Gilbert è un’ottima amica”

Incrocio le braccia, scuotendo il capo . “Elena Gilbert è un’ottima amica”

“Che fa scelte pessime”

“Che fa… uhm, scelte pessime”

“Perché Damon Salvatore ti sta mangiando con gli occhi e di Stefan neanche l’ombra!” esclama agitando le mani. “E quindi, mi sembra che tu abbia fatto una scelta! E non hai detto nulla!”

Corrugo la fronte, poco prima di inclinare il capo verso sinistra ed osservare Damon colto in fragrante, che smette subito di osservarmi e non può che sembrarmi più dolce ed indifeso.

“Abbiamo solo… parlato.” – affermo spostando una ciocca dietro l’orecchio – “E non provo nulla per Stefan… è stato solo un malinteso, quel bacio… ed è mio amico, io… ho bisogno di lui. Ma non come lui crede, non come tu credi. E non ho bisogno di Damon”

Lei aggrotta le sopracciglia e mi guarda confusa.

“Io semplicemente non so più stare senza di lui… e mi accontenterei di averlo come amico pur di averlo… Capisci? Capisci le loro figure? Le amicizie? Non è così semplice”

Sorride prima di dileguarsi con un “Incrocio le dita per la canzone… e per te.”, che mi fa accennare un sorriso e stringere ancor di più le carte fra le mie mani. Alzo lo sguardo incrociando nuovamente quello di Damon, limpido, cristallino, scottante tanto quanto la rivelazione che ho appena fatto. Io non ho bisogno di lui, l’ho ammesso a me stessa.

Io non ho bisogno di lui, perché in qualche modo contorto lui è già in me. Ed io… io voglio la sua figura accanto alla mia, costantemente, voglio… la sua mano sulla mia guancia e fra i miei capelli, voglio le sue labbra sulle mie… ed io voglio lui! E quanto è sbagliato tutto questo? Se ci fosse una scala da uno a dieci, sicuramente cento.

Lui è la scelta sbagliata perché è il ragazzo sbagliato, perché gli altri lo definiscono tale ma io non voglio un ragazzo giusto. Lui è giusto per me, per quella che sono. Io sono sbagliata e anche lui, e voglio sbagliare con lui, fare tutto ciò che non è idoneo, le scelte non migliori pur di stare con lui.

Andrei ovunque se lui stringesse la mia mano con la sua, se mi promettesse di non lasciarmi mai pur considerandomi una sua amica.

E dio, quanto voglio lui! Lui, lui e solo lui! So che un giorno, quando litigheremo, me ne pentirò, giurerò ancora di essere dannata per averlo conosciuto! Ma … è tutto quello che voglio adesso.

Gli sorrido e decido di farmi avanti, di comunicargli ciò che sento… ma Bonnie mi chiama ed io son costretta ad andare. E posso quasi scorgere un qualcosa nei suoi occhi che assomiglia alla frustrazione… e alla paura.

 

‘Summer nights’ risuona in tutto il teatro, mi sembra tutto grandioso quando vedo il pubblico muovere le teste a ritmo di musica e sorridere. Scorgo fra la folla zia Jenna che osserva lo spettacolo due secondi sì e uno no, quest’ultimo impiegato per contemplare l’anello al dito. Mamma, al suo fianco, scoppia a ridere ma non perde l’occasione di cantare. Stefan, di fronte a lei osserva tranquillo ciò che avviene sul palco… non sembra agitato, ma calmo… ed attento. Come se, senza guardarmi, avesse capito ogni cosa. Faccio tremare il labbro inferiore al pensiero che dovrò spiegare ogni cosa a lui, pur ferendolo.

Ma ce la farò, non sono sola perché Caroline incrocia le dita per me e sono sicura che anche Bonnie lo faccia, seppur tacitamente. “Dimmi” le dico, una volta al suo fianco.

“Niente! Ah, l’amore!” trilla improvvisamente su di giri. Se non la conoscessi potrei dire che sembra agitata, quasi voglia dirmi qualcosa ma abbia perso il coraggio.

“Che c’è, vuoi dirmi che tifi per Matt e Rebekah? O sei team Stefan?” rido coinvolgendola ed appare più tranquilla, mordendosi il labbro ed osservando, con me, nascoste dietro il tendone rosso del palco, lo spettacolo.

“Mai, team Damon fino alla morte!” esclama facendomi scuotere la testa. I capelli mossi sono legati in uno chignon che la fanno apparire più adulta e le conferiscono un non so che di elegante e femminile.

Il corpo è avvolto in un vestito a fiori molto vintage, coperto da un cardigan di lana, mentre ai piedi un normalissimo paio di scarpe con un lieve tacco.

“Cosa c’è? Sai che puoi dirmi ogni cosa”

Sbuffa. “D’accordo! Cosa penseresti se… ioeJeremycistessimofrequentando?” domanda con una rapidità che non mi fa comprendere nulla ma mi fa sgranare gli occhi. “Che?”

Prende una boccata d’aria profonda, la vedo inspirare ed espirare mentre la seguo dietro le quinte. Mi inumidisco il labbro inferiore con la punta della lingua, incitandola a parlare.

“Ho detto… cosa penseresti se… se…” - la incalzo con lo sguardo. – “ Se io e Jeremy ci stessimo frequentando?” ripete con una lentezza esasperante che non le appartiene, io corrugo lo sguardo e sono abbastanza certa di aver appena aperto la bocca e di esser rimasta senza parole.

“Ecco, lo sapevo! Non avremo dovuto dirti nulla, non avrei dovuto dirti nulla! Perché mi sono innamorata di lui, eh? Perché?”

Sorrido intenerita di fronte alla sua reazione, scuoto appena il capo e la stringo a me. Si ricompone e scoglie la mia presa. “Non.. non provare a preoccuparti, intese? Tu sei la cosa migliore che potrebbe capitare a mio fratello. Siete… perfetti. Tu per lui e lui per te. Anzi, provasse a farti soffrire e se ne pentirà!”

Sembra respirare per davvero dopo un’infinità di tempo, come se improvvisamente si fosse alleggerita di un peso insopportabile. Ed io sono felice per lei, per loro due. “A proposito! Da quanto tempo…”

“…te l’abbiamo tenuto segreto?” termina lei con un sorrisone sul volto.

Annuisco. “Stavo per dire ‘va avanti la vostra storia’ ma il punto è quello”

“Uhm… saranno diciassette giorni, otto ore e un non so che di minuti”

Sgrano gli occhi: “E non avete detto nulla per tutto questo tempo?”

Boccheggia, ma non le do neanche il tempo di rispondere. “Care lo sa?”

“No,no” – scuote la testa – “Non l’abbiamo detto a nessuno.. sai, volevamo prima la tua benedizione”

Scuoto il capo. “Capisco, davvero. E’ tutto okay. Sono felice per voi”

Sorride e torna dietro il tendone rosso, controllando la scena mentre rimango qui impalata, a riflettere su mio fratello e la mia migliore amica. L’amore… è nell’aria o qualcosa del genere. Voglio andare da Damon.

“Elena, ti stavo giusto cercando!” Rick compare alla mia destra, gli occhi spalancati e una dose eccessiva di caffeina mista ad agitazione nelle vene. Quasi come Caroline: lei solo con meno caffeina.

“Hanno bisogno di un aiuto per le luci. Conto su di te” e scompare con la stessa rapidità con cui è apparso, facendomi un segno con la mano quasi per pregarmi.

Okay, d’accordo. La mia priorità è lo spettacolo. Damon deve aspettare ancora un po’.

 

E’ la scena della festa di fine anno, Sandy (cioè Rebekah) ha abbandonato le vesti di ‘brava ragazza’, mentre Danny (ossia Matt) ha messo la testa a posto, sta cercando di fare il bravo ragazzo e questo non fa altro che farmi pensare a lui. A Damon, a Damon, a Damon.

E non posso far nulla! Son qui a vedere una versione piuttosto strana di me e lui che capiscono di esser fatti l’uno per l’altra, sulle note di You’re the one that I want vorrei solo correre per dirgli che… che in fondo, io lo amo.

Chiudo gli occhi, oscillo le gambe e la testa mi scoppia. “Jane?” – chiedo – “Potresti sostituirmi un attimo? Devo fare una cosa urgente, questione di vita o di morte”

La ragazza annuisce e mi dice che è tutto sotto controllo e che la mia presenza qui è stata completamente superflua, io alzo gli occhi al cielo e mi fiondo alla ricerca di un Salvatore.

Il mio battito è accelerato, lo percepisco ed il mio cuore potrebbe benissimo scoppiare da un momento all’altro.

“Damon!” lo chiamo facendo sempre attenzione a non alzar troppo il tono di voce “Damon!”

Lo vedo mentre Caroline lo congeda e si avvicina a me. Prego in almeno tre lingue diverse che il coraggio non mi manchi.

“Non ho mai provato nulla per Stefan” prorompo, facendolo sorridere appena.

“Non ho mai provato nulla per nessuno” ed ecco che il suo volto si rabbuia.

“Tranne per te” mormoro con il volto in fiamme.

“Io non ho bisogno di te… Ho solo questa patetica necessità di averti, con me ed al mio fianco… E so che tutto questo è completamente folle, ma mi hai fatta impazzire e quindi so che è la migliore scelta sbagliata che io possa mai fare, ma diamine, credo di aver raggiunto l’apice della pazzia quando mi sono innamorata di te”

“Perché è così…” mi avvicino di una manciata di passi, riducendo la distanza fra i nostri corpi. Con il respiro affannoso continuo: “Sei l’unico che voglio”.

E non mi da neanche il tempo di capire se sta sorridendo o no, avvolge il mio corpo con le sue braccia, mi cinge i fianchi e sembra non voglia lasciarmi più andare. Siamo così vicini che sento il cuore di lui battere all’unisono con il mio, e so che può sembrare patetico, ma in questo momento mi sento così completa, così… felice.

Si fionda sulle mie labbra come se ne avesse la pura necessità, mi morde le labbra quasi avesse fame di me. Io mi lascio amare, mi lascio travolgere dal vortice di passione che mi invade e dalle sue labbra fameliche, che danno vita ad un bacio mozzafiato e così desiderato che non posso neanche crederci.

Cingo il suo collo con le braccia, gioco con le ciocche corvine di capelli e lui approfondisce il bacio, mi stringe e so per certo che questo è l’amore. E’ una cosa strana, ti sconvolge e non saprei come altro definirlo, so solo che c’è, adesso, che prima c’era, e ci sarà ovunque io e Damon saremo.

Ho diciott’anni, non so cosa sia la vita, non so che college scegliere e cosa mangerò a colazione domattina, sono patetica e studiosa, ma so cos’è l’amore e mi sembra che la vita abbia un senso adesso, come se avesse acquisito ed appreso già tutto.

“Ti amo” mormora con la voce roca al mio orecchio, facendomi rabbrividire di piacere mentre col respiro ed i sentimenti in subbuglio dico: “Ti amo… ma ti prego, ripetimelo”

Mi lascia un piccolo ed umido bacio sotto l’orecchio, seguito da un “Ti amo”, e continua, un altro bacio più giù ed un altro “Ti amo” , continua e continua e so che sotto sotto è impazzito anche lui, lui che non si innamora mai e non dice queste cose.

“Sei pazzo” rido e poggia le labbra sull’incavo del mio collo.

“Di te e per te”

***

Pov Damon:

Non so nemmeno perché lo sto facendo. Di solito, non faccio queste cose, ma da quando c'é lei, non ho più nessuna certezza, non mi stupisco più di niente, dopo Elena.

Ufficialmente, é da Bonnie, o meglio, questa é la scusa che ha rifilato a sua madre per passare la notte a casa mia, con me, finalmente. Non posso crederci ... Non riesco a capacitarmi di come, alla fine, abbia scelto me, che sicuramente non la merito, ma farò di tutto, pur di renderla felice.

Non so perché, ma credo sia passata una mezz'ora buona, da quando mi sono svegliato, eppure, é come se la stessi guardando per la prima volta. Ha insistito per indossare qualcosa dopo aver fatto l'amore, seppure io abbia palesemente espresso il mio disappunto. Ma comunque, vederla con addosso una mia maglietta mentre i seni morbidi sono perfettamente disegnati sotto il suo tessuto, non é affatto male, proprio per niente.

Tuttavia, é pur sempre lunedì e non possiamo passare la giornata a letto.

"Da quanto mi stai fissando?" la sento borbottare, con la voce assolutamente assonnata.

"Mh ... - mi stiracchio, tendendo le labbra verso di lei - un po'" mi limito a dire, imbarazzato dall'idea di dirle da quanto la stia guardando dormire, nonostante credo che lei lo sappia.

Apre un occhio ed io, con una voglia irrefrenabile di baciarla, mi avvento sulle sue labbra, agguantando il cuscino che stava abbracciando e lanciandolo lontano da noi, facendola sdraiare sotto di me, non dopo averle strappato una risata. "Che ore sono?" Chiede, quando scendo a baciarle il collo: "Shh ... Mi distrai" ribatto, mentre mordicchio una porzione di pelle dietro l'orecchio. "Hai il test di spagnolo" mi ricorda, ridendo e facendomi emettere un lungo, lunghissimo sospiro.

"E va bene ... Mi arrendo. Ma andrai a dormire da Bonnie anche domani sera" lei scoppia a ridere ed annuisce. "Ma prima - poggio la fronte contro la sua - dimmelo ancora un'altra volta ..." Mi sento debole, terribilmente debole, ma la cosa più folle é che non mi importa ... Ho solo bisogno di sentirmelo dire. Lei si fa seria e, accarezzandomi il viso sussurra un 'ti amo' così sottile da farmi rabbrividire e sorridere, come uno stupido quattordicenne.

Chiudo gli occhi e ispiro pesantemente: "Alzati, o giuro che non lascerai mai questo letto"

"Uh - si morde il labbro - che tono minaccioso ..." Sorrido: "L'hai voluto tu"

Ed eccoci di nuovo a rotolarci sotto le coperte.

 

Sono arrivato in ritardo a lezione, ma la cosa non mi interessa minimamente, se é a causa di Elena.

Finita la lezione e sicuro di aver preso almeno B, in spagnolo - di nuovo - il mio pensiero va a lei, e deciso a baciarla nel bel mezzo del corridoio, di fronte all'intero liceo, mi avvio verso il suo armadietto, dove sono certo stia sistemando alcuni libri. Invece, la trovo intenta a parlare ... Con mio fratello. Elena lo guarda, forse un po' annoiata ... O forse sono io che lo spero. Ma lui, lui la sta sicuramente immaginando nuda o chissà che altro, con quella faccia da provolone.

Prendo un respiro profondo e mi avvicino, catturando un pezzo della loro conversazione, ma lui si interrompe all'istante. "Di che parlate?" Domando poi, desideroso di fare capire a Stefan che é la mia ragazza, cingendola a me con un braccio. Lei inclina la testa di lato e prende parola: "Stefan ... Mi dispiace ..." A me no mi ritrovo a pensare. Mio fratello assume la tipica espressione accigliata da cane bastonato e depresso, mormorando un non preoccuparti' di sfuggito: "Potremmo restare amici!" Esclama Elena. No. Io direi di no.

"Non eravamo questo fin dall'inizio?" Domanda, amareggiato. Elena rimane in silenzio, e sbuffa: "Mi dispiace ...".

"Credimi. Dispiace più a me" mormora alla fine, andandosene. Non prima di avermi lanciato un'occhiata colma di ... Beh ... Un sacco di cose, pressoché negative.

"É distrutto" si limita a dire, poggiandosi contro il suo armadietto, imbronciandosi.

Alzo le spalle: "Gli passerà - poso la testa sulla sua spalla mentre lei, girata, afferra il libro di letteratura - potremmo presentargli Barbie" Elena si volta di scatto: "Sei ... Sei un genio!" Esclama, agguantandomi il collo con entrambe le braccia. Staccandosi, mi schiocca un bacio sulle labbra, stroncato dal suono della campanella: "Devo andare ..." Dice, lasciandomi andare per poi voltarsi.

Ma non ho intenzione di arrivare fino a pranzo con un semplice bacio sulle labbra.

L'afferro per il polso e la faccio voltare, stringendola a me e baciandola, una, due .. Tre volte. Per poi lasciarla andare ed osservarla andare via, trafelata e maledettamente bellissima.

Pov Elena:

"É ... Fantastico ... Meraviglioso, capisci?" Sussurro a Bonnie, mentre la professoressa Newman spiega non so cosa. "Ho capito, Elena" ribatte lei, sorridendo. Un po' perché vede felice me, ed un po' perché anche lei è felice, a maggior ragione, dovremmo trovare un compagno per Caroline.

Dopo aver salutato Bonnie con un cenno e un sorriso, mi avvio verso l'aula di teatro, in cui la mia amica sta organizzando, ancora, il nuovo spettacolo teatrale a cui Bonnie ed io saremo costrette a contribuire, il nuovo tema 'amore nelle favole' sarà addirittura più difficile del precedente ma ... Ehi ... Si parla di Caroline Forbes; niente è impossibile.

Il tacco in legno dei miei stivali incontra rumoroso le scale che conducono al palco, sul cui bordo, vi é seduta Caroline, con una serie di fogli in mano e una matita poggiata sull'orecchio destro. Ticchetta nervosamente le unghie su un foglio in particolare, e sbuffa.

"Che succede oh grande regista?" La incalzo, facendole sollevare gli occhi limpidi e vagamente confusi, nella mia direzione. "Non avevi storia?" Domanda. "Na, mi sono presa una pausa. Rick capirà" metto le mani nelle tasche posteriori dei jeans. "Sei qui per dare una mano alla tua povera amica confusa e incasinata?" Chiede, speranzosa.

Con un balzo mi siedo sul palco e mi schiarisco la voce: "Lo spettacolo è andato alla grande, prenditi una pausa! Potresti ... Che ne so ... Uscire con qualcuno!" Porto le mani avanti e sorrido.

"Senti, solo perché tu ora sei felice con Mr. 'mi faccio tutta la scuola e ora mi sono messo la testa a posto' non significa che debba stare con qualcuno anche io"

Alzo un sopracciglio e la guardo. Lei, in risposta, alza gli occhi al cielo: "Che hai in mente?"

"Stefan" dico semplicemente con un sorriso.

Schiocca la lingua: "Va avanti" incrocia le braccia.

"Uscita a quattro!" Esclamo, scendendo con un tonfo dal palco e controllo l'orologio: é quasi ora di pranzo. Devo vedere Damon.

"Elena Gilbert: sei un genio"

"Lo so" rispondo, con un sorriso.

"Chiamami stasera per i dettagli!" Urla, prima che possa chiudermi la porta antincendio alle spalle.

 

"Dai sarà divertente!" Spintono leggermente Damon, ridendo. "Un'uscita a quattro con una pazza psicopatica e mio fratello? No grazie. Piuttosto - mi afferra per i fianchi - stasera potresti stare a casa mia" rido divertita: "Tu esci con noi e potrei dire alla mamma che dormo da Caroline stasera ..." Borbotto, con la bocca piena.

Siamo in un'aula vuota in cui Damon é riuscito ad entrare perché, non si sa come, possedeva le chiavi. Io ho le gambe posate sulle sue e mastico il mio panino al burro d'arachidi, mentre lui sgranocchia svogliato qualche patatina. Mi guarda e con un sorriso intenerito, avvicina il pollice alle mie labbra per togliere, evidentemente, qualche briciola. La sua mano si intreccia alla mia guancia e mi lascia un bacio: leggero, dolce ... Perfetto. Posa la fronte sulla mia e sospira: "E va bene ..." Apro la bocca per ringraziarlo ma lui mi zittisce: "Ad una condizione"

"Quello che vuoi" sorrido. "Mh. Sono allettato da questo 'tutto' - sorride - prima condizione: a casa mia, e non in qualche localino da quattro soldi e... Scelgo io il film, nessun altro. Altrimenti, niente uscita stile 'quattro amiche e un paio di jeans' intesi?"

Sorrido: "E va bene ..."

Poso le labbra sulle sue e Damon quasi non mi sdraia per terra: "Siamo a scuola"

"Stasera non lo saremo" sussurra, facendomi rabbrividire.

***

Elena

“E’ una terribile idea” – Damon si rigira nel letto, voltandosi nella mia direzione accompagnato da uno sbuffo più sonoro degli altri – “Noi, mio fratello e Barbie? Preferirei scappare in Alaska”

Sorrido appena, ponendo una mano sotto la guancia, mettendomi di fronte a lui.

“Hai già acconsentito e… andrà tutto bene, fidati”

Si inumidisce le labbra con la punta della lingua, roteando gli occhi al cielo ed io rido per quella sua reazione così scontata. Sbadiglio, sbattendo le palpebre un paio di volte.

“Sei stanca?”

Scuoto la testa, mentendo spudoratamente. Questa è stata una settimana terribile, movimentata e al contempo una delle più fantastiche di sempre. Lo spettacolo, Damon, Caroline troppo su di giri, Bonnie e Jeremy… sì, decisamente una settimana difficile da dimenticare.

Il punto della situazione? Usciti da scuola siamo giunti al pensionato dei Salvatore, parlando mi sono addormentata ed allora eccoci qui, di nuovo a discutere, e di nuovo al notare quanto sia stanca.

“Ho dormito” faccio notare, abbracciando il suo cuscino.

“Ti ho mai detto quanto amo questo letto? E la tua stanza? Ed il parquet?”

Mi fissa per qualche secondo, perdendosi nella mia euforia da ‘sono nella stanza più bella e comoda che conosca’ , prima di ridacchiare.

“Lo so” conferma “E sono quasi geloso” ammette.

“Non devi!” esclamo sorridendo “Sai che sarai sempre al secondo posto, subito dopo la vasca da bagno”

“Cosa?” allibito, assottiglia lo sguardo e mi prende per i polsi, mettendosi a cavalcioni su di me.

“Un giorno mi trasferirò lì” asserisco convinta, trattenendomi dal ridere sguaiatamente per la sua espressione.

“Sai che ti dico?” domanda retorico, iniziando a depositare una scia di piccoli, umidi e infuocati baci sul collo.

Un mio mugolio di protesta dovuto al suo improvviso fermarsi, lo incita a parlare.

“Dovremmo provarla… sai, vedere se è comoda, se c’è abbastanza spazio per quando verrò a farti visita…” Un sorriso malizioso si fa spazio sulle sue labbra carnose.

“Sono d’accordo” rispondo velocemente, un attimo prima di abbandonare il suo spazioso e caldo letto assieme a lui.

 

“Due bagni differenti: dovremmo usarne due diversi” affermo indossando un paio di leggins ed un maglioncino di lana che ho dimenticato ieri a casa Salvatore: sono perfetti per una serata tranquilla come questa, ed, in più, non ho voglia di tornare a casa per prenderne altri.

“Perché mai?” domanda Damon con gli occhi leggermente spalancati, il torso nudo ed un asciugamano bianco a cingergli la vita.

“Perché” – inizio, districando i nodi dei capelli con una mano – “quando ci entriamo, non usciamo prima di un’ora” Inclina le labbra sorridendo in quello strano modo che solo lui sa fare, portandomi a sospirare quando ammiro la sua bellezza.

“Dovresti essere orgogliosa per questo!” ribatte ironico, mentre mi accingo ad uscire dalla sua camera.

“Alt! Dove vai?”

“Inizio a preparare tutto: sai, Caroline sarà qui fra un quarto d’ora e abbiamo perso tutto il tempo necessario per rendere tutto perfetto…”

“A me sembra che tu ci abbia pensato, non ricordi? Ne stavi parlando, fra un urlo ed un-“

“Damon!” lo richiamo, prendendo un cuscino e gettandoglielo addosso.

Ghigna, frizionandosi i capelli umidicci e rendendomi bordeaux.

“Elena?”

Sbuffo. “Cosa?”

“Il film lo scelgo io, ricordatelo”

 

Fast and Furious, ecco la scelta del mio ragazzo. “In omaggio a Paul Walker” ha detto, inchinandosi leggermente e ghiacciandomi con i suoi occhi così celesti e come un libro aperto. Sì, è da un po’ di tempo che ci faccio caso. I suoi occhi sono in grado di parlare come nessun altro, meglio delle parole e dei gesti. Lui, che spesso non apre bocca, neanche per qualche battuta pungente, ha gli occhi limpidi, specchio delle sue emozioni. Ogni tanto lo scopro intento ad osservarmi, con le labbra dischiuse.

A cosa pensa? So solo che per le sue iridi scorre un sentimento così evidente, quello che più assomiglia all’amore. Sorrido.

Siamo tutti e quattro sul divano, e tutto ciò mi ricorda in un modo a dir poco pazzesco una serata, che vide presenti me, Damon, Stefan e Rebekah. Mi sembra trascorsa un’eternità… ma quello che conta è che le cose siano cambiate, totalmente, e abbiano intrapreso una direzione decisamente positiva.

Mordo il labbro inferiore, chiudendo gli occhi e trattenendomi dal saltargli addosso, baciarlo e dirgli quanto lo ami.

Caroline, alla mia destra, picchietta le dita sulla sua coscia, respirando in modo quasi severo.

Damon, invece, alla mia sinistra, solletica il mio braccio, mettendo a dura prova la mia resistenza.

“Okay, ora basta” Caroline prende fiato. “Questo film è troppo!”

Stefan maschera una risata con un finto colpo di tosse, Damon alza gli occhi al cielo e la mia amica apre le braccia, come a dire ‘ehi, non è vero, Elena?’.

“Dì a Barbie di non contestare le mie scelte” finge di sussurrarmi, lasciando che la bionda ascolti perfettamente tutto. “Damon, si da il caso che ci sia anche io qui”

“Già, l’ho notato” conferma piccato.

Stefan osserva la scena divertito, braccia incrociate e corpo steso sulla poltrona a fianco al divano tre posti.

“Stefan!” - lo richiama Care – “Dì qualcosa!”

Lui mormora qualcosa di impreciso, poi “Sai com’è fatto Damon… Si crede un tipo forte, deve vedere film di questo genere!”

Batto una man sulla fronte, perché è così difficile?

“Parla il bravo ragazzo, così buono che allontana la mia ragazza da me”

“Ehi, smettetela!” urlo. “Tu” mi rivolgo a Care. “Ordina una pizza e cambia film” lei sorride, grata.

“Tu, Damon…” sospiro “Sono qui, con te”. Volto il capo in direzione di Stefan.

“Ti va di fare un giro?”

 

“So che avremo dovuto parlare molto prima” Stefan si passa una mano fra i capelli. “Avrei dovuto spiegarti tutto, essere più sincero”

Si da il caso che il giardino di casa Salvatore sia molto esteso, crei un’atmosfera piuttosto rilassante e sia comunque a debita distanza da Damon e Caroline. Fuori è già buio, l’aria è fresca e pungente.

“Lo so”

“Io… sono rimasto fulminato, quando ti ho vista per la prima volta, quest’anno. Ma Damon ha avuto l’onore di conoscerti per prima”

“Non è questione di prima o dopo, Stefan.” Mormoro inumidendomi le labbra.

“Può darsi – azzarda, toccandosi i capelli – Ma lui ha avuto la meglio, dopotutto”

Sospiro: “Ha avuto la meglio, cioè me? Sicuro che non c’entri nulla la vostra disputa interna e continua?”

“Non lo so, Elena. Volevo solo farti sapere che non ero in me… mi dispiace, ho infangato ulteriormente l’immagine di mio fratello quando era veramente cambiato. E grazie a te, fra l’altro. Mi dispiace per davvero.”

Incurvo le labbra, un po’ stanca e un po’ più tranquilla. “Non è a me che devi chieder scusa… ma a qualcun altro lì dentro - indico la loro abitazione – e questo qualcuno non ha capelli biondi”

Ride, forse spaventato ma con l’intenzione di alleggerire la tensione, rompere questo muro fra noi e far pace con suo fratello. Non lo terrorizza? Non lo esalta? Non dovrebbe farlo sentir meglio sapere che ha una possibilità per rimettere tutto a posto?

“Dipende tutto da te, lui non muoverà un passo verso la tua direzione. Non cambierà e non farà finta di nulla, continuerà a riempire le vostre conversazioni di insulti celati e odio traboccante, ti punzecchierà e ti rovinerà, Stefan. Perché Damon fa così quando è ferito, quando ci tiene e suo fratello manda tutto all’aria”

“Lo hai detto anche tu… odio”

Esasperata, spalanco le braccia. “Lui non ti odia! E’ arrabbiato con te, diamine, anche io lo sarei! Ma è tuo fratello – scrollo le spalle – è tuo fratello! Quindi adesso promettimi che tenterai di aggiustare il vostro rapporto, promettilo e torniamo dentro per goderci questa splendida serata”

Inspira profondamente, osservando le finestre della casa in cui è nato e vissuto poi posa lo sguardo limpido su di me, scuotendo appena la testa.

“Puoi scommetterci… – sorride – non sai quanto mi manchi mio fratello”

 

“Elvis Presley dei poveri ed Elena di ritorno a ore dodici!” esclama fintamente su di giri Damon. Sono in cucina, Caroline è appollaiata sulla penisola, dondola le gambe e da le spalle a Damon, mentre lui ha i gomiti poggiati sul banco di lavoro ed il cellulare fra le mani.

“Nessun soprannome per me?” chiedo sporgendo il labbro inferiore, i suoi occhi liquidi e troppo azzurri si posano su di me e sorride apertamente.

“C’è una vasta scelta, ma non penso di volerli elencare di fronte a loro due” indica suo fratello e la bionda con una mano, costringendomi ad alzare gli occhi al cielo.

Suonano alla porta.

Io guardo Caroline.

“Vado io!” esclamiamo in contemporanea.

Ci rivolgiamo un’occhiata complice, lei sorride e la seguo mentre ritiriamo la nostra cena, ovvero la pizza.

Damon sbuffa sonoramente: mi volto verso i due fratelli, notando che Stefan si è fatto forza e muove –seppure lentamente- le labbra pronunciando qualche parola per noi non udibile. Solo il vedere che ci sta mettendo tutto se stesso mi rende felice, so che Damon è buono, ci tiene a lui e probabilmente è troppo ferito ed orgoglioso per fare il primo passo.

Ma come primo approccio pacifico non è così male, giusto?

“Sei troppo buona” esordisce la mia amica, chiudendo la porta alle sue spalle e tenendo il resto fra le mani.

“Insomma, anche se questa serata sta praticamente degenerando…”

“Non sta degenerando!”

“… vuoi riunire due fratelli e provare a capire se Stefan è giusto per me…”

“Okay, forse poco”

“… e te ne sono davvero grata, anche se probabilmente non funzionerà mai fra noi due!”

“Andrà tutto bene” la rincuoro alla fine, tentando di farla sorridere e sorridendo a mia volta.

“Adesso vediamo un bel film, mangiamo questa pizza che sembra squisita e tutto andrà per il meglio, vedrai. Stefan e Damon ricominceranno ad avere un bel rapporto e lui sarà così felice da notarti e capire che persona fantastica tu sia”

“Lo spero” sposta una ciocca di capelli dietro l’orecchio e prende un bel respiro, osserva per un attimo i due fratelli e decide di stamparsi un bel sorriso sulle labbra.

“La pizza è qui! Che ne dite di accomodarci?” esclama a gran voce, con un entusiasmo tale da non poter rispondere negativamente.

 

Penso sia giunta quasi l’una di notte, Caroline è andata via da un pezzo e Stefan ha appena chiuso la porta della sua stanza. Io sono sdraiata sul letto del mio ragazzo, mentre è in bagno a sciacquarsi i denti. Osservo il soffitto e realizzo che non è stata una giornata splendida. O, perlomeno, non è iniziata come tale. Tutti i buoni propositi si sono infatti frantumati per colpa di problemi da sistemare. E con questo intendo che Damon e Stefan hanno lasciato che il loro rapporto, di per sé confuso e in grado di ferire gli altri e loro stessi con una terribile facilità, avesse la meglio su una serata di riconciliamento e avvicinamento.

Ma siamo umani.

Niente più tensione, niente più battutine sprezzanti dopo aver aperto il cartone con la cena e aver premuto play sul telecomando, dando inizio a “Love Actually”, commedia romantica scelta per l’appunto dalla mia amica.

E allora vorrei pensare che sia colpa dell’amore –grazie all’amore, a dire il vero- se tutto è finito bene. Vorrei poter credere che domani sarà un’ottima giornata perché è finita in tal modo. Ma soprattutto vorrei credere che da domani sarò in grado di rendere tutto migliore perché se si è innamorati, in fin dei conti, si vede il mondo da un altro punto di vista, per di più positivo.

Ed io non sono sola, sono con Damon e, se i miei vorrei si realizzassero, sono più che certa che tutto filerebbe incredibilmente liscio, perché l’amore al quadrato è una cosa inimmaginabile, con lui accanto sono una persona migliore.

Addormentarmi con lui al mio fianco mi promette di trovarlo nello stesso medesimo punto anche il mattino successivo. Addormentarsi col sorriso permette di svegliarsi allo stesso modo.

Epilogo

 

Non ho mai pensato alla mia vita come un libro. Dove c’è una trama, ci sono dei personaggi, dei luoghi, dei tempi e delle vicende.

La scuola mi ha insegnato tante cose, come contare, concetti assurdi e filosofici, correre, scrivere un tema e imparare a condividere i propri spazi con persone totalmente diverse.

La scuola mi ha insegnato parecchie cose, se si tiene anche conto delle feste organizzate e degli spettacoli teatrali.

A dire il vero mi ha insegnato un po’ cosa sia l’amore, guardando Alaric e mia zia Jenna.

Ma la scuola, una volta valicato il sottile confine racchiuso nel portone d’ingresso, non insegna a vivere.

Spiega la teoria, implica la pratica, mostra i problemi e le vicissitudini degli antichi, ci insegna le tecniche di sopravvivenza di coloro che sono nati e vissuti prima di noi… ma no, non insegna a vivere.

Non ci dice cosa fare quando cadiamo, non c’è una legge chimica o fisica che esprima al meglio il modo per star bene, andar avanti a testa alta e con un sorriso stampato sul volto.

Non dice cosa fare quando si litiga, quando un qualcuno caro muore.

Ci mostra semplicemente come hanno reagito i nostri predecessori, ma la situazione è diversa, costantemente diversa: le persone cambiano e così anche le vicende, la vita non si ferma per nessuno ed è solamente una, motivo per cui va vissuta al meglio.

 

Proprio per questo quando Damon mi ha fatto quell’assurda proposta ho annuito con il capo ed urlato almeno una decina di volte “sì, sì, sì! Non ci credo, sì!”, cogliendo al volo quell’ occasione che la vita mi ha offerto. Il cielo è grigio ma non importa, il sole potrebbe far capolino da un momento all’altro e comunque il ragazzo dagli occhi blu rimane il mio fulcro, il mio di sole.

Con i gomiti poggiati sulla ringhiera azzurra, lascio che il vento ci scompigli i capelli, mentre la figura al mio fianco mi cinge i fianchi con un braccio.

Alla fine noi due resistiamo ancora.

“Sai che non ci credo ancora?” domando felice, spensierata come sono da tempo, da più d’un mese, oramai.

Lui inclina le labbra abbozzando un lieve sorriso, sono quasi sicura che a volte si domandi se è tutto vero.

E sì, è tutto vero!, vorrei urlargli, ma so che capisce, ed allora capita che io lo guardi, sorrida, lo baci e basta.

Ieri notte, mentre dormiva, ha urlato il mio nome. Mi ha svegliato, e preoccupata, mi sono avvicinata al suo busto, ho poggiato il viso nell’incavo del suo collo e gli ho sussurrato “sono qui”.

Ha aperto gli occhi, erano più scuri del solito e non appena ha realizzato che la mia presenza fosse reale, si è tranquillizzato. Ha avuto paura che fosse stato solo un fantastico sogno, ha avuto paura di svegliarsi e constatare la mia assenza, ha avuto paura che fosse tutto frutto della sua fervida immaginazione.

“Siamo qui, invece. E assieme” scandisce ogni parola facendomi innamorare della sua voce ancor di più, sussurra questi vocaboli al mio orecchio, lasciando che il suo respiro si infranga sulla mia pelle solleticandola e facendomi desiderare quelle labbra rosee e carnose.

“Brighton” mormoro, osservando il mare ed il distante luna park di fronte a noi.

Ebbene sì, Brighton.

Il mio pazzo ragazzo ha deciso di regalarmi questo per Natale. Brighton, qualche giorno qui, con lui e le persone per me più care.

Caroline e gli altri sono sulla spiaggia, si stanno scattando foto e sorridono tutti.

E so che quello è l’importante.

“Brighton, finalmente” enfatizza l’ultima parola, allargando il mio sorriso e facendomi chiudere le palpebre.

“Ricordo che chiedevo in continuazione a mamma e papà di portarmi sulla ruota panoramica” – la indico, quella alla nostra sinistra – “Ma ero piccola, ed era piuttosto pericoloso. Papà mi convinse promettendomi che qualcun altro mi ci avrebbe portata, più in là. E quel qualcuno l’avrei amato per sempre”

“Perché?”

Sorrido: “Perché Brighton era il nostro piccolo segreto. L’avrei confessato solo a qualcuno di fondamentale importanza, qualcuno di cui fossi follemente innamorata. Era questo il patto”

Apro gli occhi, osservando il mare, l’infinito, la speranza, l’illusione, la forza con cui giunge alla sua fine, toccando la riva, e la paura, con la quale scappa per poi ritornare e inondare la sabbia.

Damon è stato così, come un’onda di mare terrorizzata, ha raggiunto l’apice della sua felicità vicino a me e poi è andato via, più impaurito di prima se possibile. Ed infine c’è stato il momento, quello in cui tutta la propria vita cambia, ha sfiorato la sabbia è se ne è innamorato, ed ha continuato ad amarla con la stessa intensità e costanza, ha continuato ad esserci per lei, sempre e comunque.

E forse può suonare strano paragonarmi alla sabbia, così sottile e bella, ma lui mi fa sentire tale, bella e unica, che si completa con l’acqua di mare.

Noi ci completiamo?

“Non potrò mai ringraziarti completamente” mi volto nella sua direzione, accigliata, e si lecca le labbra.

“Non pensavo di poter amare qualcuno… amare non come si ama la propria madre o il proprio fratello” lascio che i suoi occhi si soffermino sul mio volto, si incastrino con i miei e urlino silenziosamente tutti i loro sentimenti, così evidenti e così vivi.

“Rammollito non è la parola esatta, è solo innamorato. Di te e delle tue mani, del tuo collo, della tua pelle, del tuo profumo e dei tuoi baci. Dei tuoi capelli, del tuo corpo e del tuo carattere. E poi dei tuoi occhi.”

Mi lascia un bacio fra i capelli, ed io chiudo istintivamente gli occhi.

“Dio, quanto amo i tuoi occhi. Ti ho guardata ed ho capito tutto. L’ho capito a quello stupido homecoming e l’ho pensato anche dopo, e anche prima nella camera d’albergo, mentre dormivi al mio fianco e pensavo al momento in cui ti saresti svegliata, ti avrei baciato e avrei visto i tuoi occhi. E mi sarei innamorato ancora di te”

Deglutisco rumorosamente, mi osserva nel modo che mi fa paura, le iridi liquide e l’amore fra le labbra. Mi osserva come ogni donna vorrebbe essere guardata, in più vedo solo amore, amore, amore, come nella mia mano sul suo petto, sul suo cuore che batte.

“Io ti amo”

Mi fiondo sulle sue labbra, le assaporo e le marchio allo stesso modo in cui lui marchia le mie; non so come faccia a farmi sentire così bene, so solo che sembrano incastrarsi perfettamente, come le nostre mani, i nostri occhi, le sue braccia attorno a me, il mio viso sprofondato in lui. Tutto sembra combinarsi alla perfezione.

“Io amo te” sussurro.

Cingo il suo collo con le mie esili braccia, lo stringo e lo attiro a me.

“Ehi!” ci richiama una voce. Siamo costretti a spostare i nostri volti e direzionarli verso mio fratello.

“Invece di festeggiare il vostro primo mesiversario da soli, perché non ci raggiungete?”

E non è per il Natale, che ci sentiamo tutti più buoni. E’ perché l’amore permette di farci stringere le mani e andare in spiaggia.

Caroline e Stefan si stanno abbracciando, Bonnie e Jeremy ci osservano divertiti. E’ tutto come sognavamo. La bionda ed il ragazzo dagli occhi verdi hanno iniziato a frequentarsi quando le acque fra i Salvatore si sono calmate, quando i due si sono perdonati a vicenda e sono tornati al loro felice punto di partenza.

E non posso non essere felice per loro!

Poi mio fratello e l’altra mia migliore amica stanno insieme da quella che mi sembra un’eternità, per non parlare di mamma e di quanto lei sia felice per lui.

E forse non siamo in un libro, la mia vita non finirà stampata su delle pagine e non verrà tramandata di generazione in generazione. No. La mia vita è questa, la scuola non mi ha insegnato a cavarmela ma mi ha dato dei consigli, mi ha buttato in strada e ha detto “suvvia, tocca a te adesso”. E non possiamo scegliere da dove veniamo, possiamo sbagliare e continuare a farlo, scegliere fra mille opzioni e percorrere strade più o meno differenti e con tante persone. Possiamo scegliere dove arrivare, come e dove giungere a destinazione. Con chi, addirittura.

Poi la vita può scombussolarti, aggiungere ostacoli e complicazioni, mettere un po’ di pepe nella quotidiana monotonia, perché, a dire il vero, non avrei mai pensato a Damon come l’amore della mia vita qualche mese fa, non avrei pensato a Brighton con le persone che amo, se non come il ricordo di un’infanzia.

Ma il risultato finale è questo, io l’accetto a braccia aperte e godo delle mie decisioni giuste, affrettate o sbagliate che m’han portata qui con lui.

“E’ bello vedere che non è affollato come in estate.” Afferma Stefan, dando qualche pacca sulla spalla di suo fratello.

“Siamo solo noi, qui” Bonnie sorride.

“Ehi, mi scusi?” Caroline chiama l’attenzione di una signora “Potrebbe scattarci una foto?”

Quella annuisce e ci mettiamo in posa, perché tutto questo domani potrebbe finire ed io voglio ricordare per sempre il periodo più bello della mia vita.

“Tutto è iniziato da una scommessa” sussurra Damon al mio orecchio. “Nulla vale come quello che ho ottenuto adesso”

“Scommettere serve ad ottenere, no?”

Mi bacia, e il classico rumore di uno scatto ci raggiunge. Caroline prende la sua Canon e ci mostra la foto: è stupenda, sono tutti felici ed io e Damon siamo innamorati.

E’ tutto perfetto così.

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