Happy Ending

di Camy_99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The End is a New Start ***
Capitolo 2: *** Dreams will come true ***
Capitolo 3: *** I'm Sleeping Around the World ***
Capitolo 4: *** Sweet Hearts ***
Capitolo 5: *** Rude Awakening ***
Capitolo 6: *** Rude Awakening - Part Two ***
Capitolo 7: *** Incubus ***
Capitolo 8: *** Wake Up! ***
Capitolo 9: *** Before the Down ***



Capitolo 1
*** The End is a New Start ***


The End is a new Start

Se ci fosse un modo, uno solo, per cambiare completamente la vostra vita, ma stravolgendola, sapendo che vi lascerete alle spalle tutto, anche la vostra famiglia che vi vuole bene, per scappare da tutto il resto, lo fareste? Ne avreste il coraggio? Ne avreste la forza, di dimenticare tutto? 
Perché una cosa è dirlo, pensarlo, sognarlo, ma farlo? Ne avreste il coraggio?

Questo è il mio invito, l'invito di una ragazza cresciuta che voleva che il mondo fosse migliore, un mondo dove le ragazze un po' sovrappeso, quelle che prendono tutti in giro, che vanno bene a scuola, ma che non sono mai contente dei risultati, che portano gli occhiali, e che non ammetteranno mai che gli piace portarli, che non escono volentieri a fare casino, ma che lo fanno per potersi integrare, che si prendono sempre le colpe, anche se non è colpa loro, che sono estremamente sensibili, e che non sopporterebbero di fare male a qualcuno, che si preoccupano sempre per gli altri, e fanno qualunque cosa per poterli aiutare, che se ne fregano se vengono sfruttate, anche se fa male, che si mostrano forti, anche se fa male, che si tagliano, anche se fa male.
A quelle ragazze io propongo una scelta, una pastiglia, piccola, piccola, trasparente, leggermente tendente all'indaco, di forma circolare, non ha sapore; una cosa che gli scienziati che lavorano nei laboratori segreti delle nazioni chiamano Morfeo.
In realtà è la più potente arma biochimica che sia mai stata inventata: essa ti permette di rinascere esattamente come vuoi tu: all'età che vuoi, con l'aspetto che vuoi, dove vuoi, con le abilità che vuoi. Questo sembrerebbe magnifico: chi non vorrebbe? 
Beh, ci sono delle piccole condizioni, "effetti collaterali necessari": dovete nascere nel vostro tempo, vale a dire non prima di vent'anni dalla vostra nascita "reale", dimenticherete tutto della tua vita precedente, la trasmutazione farà male e non potrete mai più vedere la vostra famiglia, la quale vi crederà morte, la quale soffrirà moltissimo per la vostra scomparsa.
Sapendo che questo farà stare male anche voi, riuscireste a farlo, riuscireste a essere un po' egoiste, per una volta, per ricominciare tutto daccapo?

Se si, continuate a leggere, continuate a leggere la storia delle prime due ragazze che mi hanno detto di si, due sorelle che hanno preferito "morire" così che suicidarsi in maniera più "naturale". 
Perché? Perché loro non ce la facevano più ed erano veramente a tanto, ma dico a tanto così dal farla finita per sempre, insieme.
Erano convinte, così innocentemente convinte e io le ho semplicemente perse in considerazione come "cavie perfette" per la mio "esperimento".


Si chiamavano Camille e Elisabetta, entrambe bellissime e virtuosissime, ma loro non lo vedevano, e purtroppo non lo vedevano neanche gli altri.

La prima, quindici anni, alta, con i capelli castani molto scuro, rilucenti, lunghi al seno che terminavano in morbidi boccoli, gli occhi verdi-blu, molto scuri, quasi neri, leggermente tirati, quasi da asiatica e la pelle bianca, bianca come il latte.
Come fa una ragazza così a essere infelice vi chiedete, beh, lei aveva dei chili in più e… beh glieli facevano pesare, parecchio. 
Mille cure aveva tentato, ma niente era troppo così: la prendevano in giro? di conseguenza lei mangiava, di conseguenza lei ingrassava.
Aveva tentato di tutto per farsi accettare dai suoi coetanei, ma le sue ottime medie e la sua intolleranza alle feste, alla confusione; l'avevano portata a staccarsi ancora di più da tutto quello di cui avrebbe semper volto far parte. Suonava il pianoforte ed era dotata, era dotata nell'arte, ma ai suoi genitori non a dava bene, no, doveva essere tutto, fare tutto, anche quello che non le era mai piaciuto, tipo lo sport.
Lei era una che leggeva, che imparava, non che correva e saltava. Suo padre l'aveva obbligata: tennis, golf, nuoto, danza, ippica,…di tutto, ma lei non riusciva, non dimagriva. Allora lui la insultava, anche se per gioco, anche se non sapeva che le faceva del male.

La seconda, sedici anni, un pelo più bassa della sorella moire, altrettanto bella, altrettanto virtuosa, con i capelli castani chiari, lunghi, lisci, sani, gli occhi da cerbiatta, marroni anch'essi, ma con delle sfumature verdi. Il suo problema non era il peso, no…lei era filiforme, i suoi problemi erano la sua timidezza e sua madre. 
La sua timidezza le rendeva impossibile socializzare, quindi non parlava quasi mai e gli altri la squadravano, era quella "strana". Sua madre, poi, la forzava, pensando che a lei piacesse, a fare sfilate di moda ad andare a feste a stare in mezzo alla gente. Lei soffriva, ma come la sorella non lo diceva, per paura di ferire, per paura di perdere… 

Piangevano in silenzio, insieme. Si tagliavano, insieme. Condividevano tutto: sogni, speranze, dolore, passioni e anche amore; amore per cinque ragazzi che avevano conquistato il mondo con la loro faccia angelica e le loro buone maniere, con le parole gentili per quelle ragazze che non le sentivano mai, che non le avrebbero mai sentite...
 

Heilaaaa!!!

Copme state? Eccomi qui con la nuova FF... 
Questa è la carta di presentazione... Come vi pare il prologo? Fatemelo sapere...come al solito non mi offendo mica se lo fate! ;)
In ogni caso aspetto con asia tutti i vostri commenti, anche se sono piccoli, piccoli, non fa nulla! Io sono qui che aspetto e vi ringrazio in anticipo per tutte quelle che leggono!
Un bacione e a presto (spero)
Camy
 

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Capitolo 2
*** Dreams will come true ***


 

Dreams will come true

 

Possiamo realmente giudicare una persona senza conoscerla, senza sapere la sua storia e senza sapere perché a preso certe decisioni che a volte, ci potrebbero sembrare sbagliate?

Io dico di no, e per questo non ho mai giudicato.

 

 

Quando venne il tempo di dire addio Camille e Elisabetta non ebbero alcuna esitazione, nessun rimpianto: volevano lasciare la vita che le aveva fatto soffrire, che non gli aveva riservato altro che sofferenze e delusioni, una dopo l'atra. 

Non fraintendete: piansero, piansero tanto. Piansero mentre ingoiavano le pastiglie che gli avevo dato, piansero mentre fecero, per un'ultima volta, il giro della loro casa, mentre rivissero ogni momento della loro vita. 

Piangevano ancora mentre Camille si sedeva sul letto della sua stanza, posto che avevamo scelto insieme per il loro ultimo saluto.

Mentre Elisabetta chiudeva la porta a chiave e apriva la portafinestra, quella che dava sul balcone che aveva vista sul parco della villa, dove lei aveva passato intere notti insonni di conversazioni con le stelle e con la luna, sperando che ascoltasse le sue preghiere e che facesse sorgere un principe dalle acque del laghetto dietro il boschetto di betulle nella parte ovest della tenuta, qualcuno che l'avrebbe portata via, che l'avrebbe amata, qualcuno che non sarebbe mai arrivato.

Mentre Camille lasciava una lettera d'addio, firmata da entrambe, sul comodino della stanza che aveva arredato lei stessa e che era venuta un capolavoro: bianca, luminosa, spaziosa; molto elegante con pizzi, merletti e ricami floreali in delicati toni di azzurro, blu e viola, molto leggeri, molto di classe. 

Quasi da principessa, con il grande baldacchino bianco con le tendine di veli azzurri trasparenti, fermati alle colonnine di legno lavorato da fiocchi di raso, gli specchi di argento modellato, i divani rococò e i cuscini di velluto, blu come la notte, le librerie fino al soffitto e il gigantesco pianoforte a coda, rigorosamente bianco, che adornava la stanza dandole un tocco di un'epoca passata, un luogo inviolato, incantato. 

Le sarebbe mancato tutto questo, per questo piangeva, ma non lo rimpiangeva, non l'avrebbe mai ripianto. 

Piangevano per i loro cari, per gli amici che non avevano mai avuto, per tutti coloro che verrebbero pianto la loro prematura scomparsa. 

Piangeva ancora Camille mentre si infilava la sua camicia da notte preferita, quella bianca, semplice, a maniche corte, lunga fino ai piedi , con un semplice nastro di raso blu che la stringeva sotto il seno e terminava in un bel fiocco dietro la schiena e mentre Elisabetta indossava il suo pigiama anni venti, di un bel rosa antico, prendeva la sua copia della Bella Addormentata, illustrata e rilegata a mano e entrambe si stendevano sul letto.

Smisero poi di piangere e cercarono di rilassarsi mentre ingoiavano il cocktail mortale di medicamenti assorti e alcool che avevano appositamente preparato. Appoggiarono i bicchieri su comodino e si stesero, si presero per mano e chiusero gli occhi, decise a passare a miglior vita.

 

Erano bellissime, pallide, ma ancora calde, mentre la vita gli scivolava via dal corpo, senza che niente e nessuno potesse fermarla. Così immobili, mentre il loro petto si alzava e abbassava impercettibilmente per l'ultima volta.  Così incredibilmente eleganti, anche durate il loro ultimo ed eterno saluto che volgevano alla loro vita ormai conclusa su quell'ultimo respiro, quell'ultima nota dissonante da un armonia che era fatta di note stonate a accordi scordati, quell'ultima ed eterna nota di un valzer che era ormai concluso, fra lo scroscio degli applausi di spettatori invisibili, che aveva o atteso pazientemente quel finale, una nota felice che ti fa alzare dalla tua poltrona con un sorriso sulle labbra, un sorriso che ormai avevano anche loro su qui loro splendidi visi, un sorriso che sarebbe durato per sempre.

 

 

                                                                                Camille

Mi vedevo vedevo il mio corpo, il corpo che avevo odiato così tanto che si allontanava sempre di più mentre io volgevo lo sguardo alla dimensione ultraterrena che mi avrebbe accolto finché non sarei risvegliata nella mia prossima vita.

Era una sensazione di estrema leggerezza, si, mi sentivo leggera e iniziai a ridere, ridere come non facevo da tanto tempo. Mi andai a posare su una bellissima nuvola bianca e guardai giù: la mia città, un posto che avevo detestato con ogni fibra del mio essere si allontanava lentamente, sospinta lontana dal vento. 

Rilassai per un momento la mia mente, ripensando per l'ultimissima volta alla mia vita recedente, che non avrei mai più ricordato, mai più. Cercai di concentrarmi sui pochi momenti felici di quella mia breve, precedente esistenza e con un sorriso triste sulle labbra mi concentrai ancor di più sul luogo dove sarei apparsa. Avevo scelto, non a caso, il salotto del mio amatissimo Niall, sapete, quello dei One Direction. Si, lo so cosa state pensando: oddio la solita ragazzina che corre dietro a un amore impossibile, che pena che mi fa… Ma riflettete un momento, vi prego: non so se sapete chi era Nelson Mandela, si è parlato molto di lui negli ultimi mesi, comunque è fondamentalmente sapere che è un uomo che ha lottato tutta la vita per il suo grande sogno: un Sudafrica libero dalla violenza dell'apartheid dove i bianchi e i neri possono vivere insieme in armonia. Beh, è andato anche in prigione, per 27 anni per questo, ma non si è mai scoraggiato, ha continuato a lottare e alla fine il suo sogno si è realizzato.

Io ammiro le persone come lui, quelli che lottano per i propri sogni anche se il mondo gli va contro, perché hanno tanto coraggio, davvero tanto.

Comunque, stavo dicendo che avevo scelto casa di Niall, anzi il suo (almeno apparentemente) comodissimo divano, per "nascere" e non avevo certo intenzione di cambiare idea. 

Mi concentrai sul mio carattere e mi resi un po' più timida, le mie abilità le lasciai immutate tranne per il fatto di diventare un po' più sportiva e con il metabolismo velocissimo. 

In seguito mi concentrai sul mio corpo, il mio corpo precedente e feci un'azione di "pulizia" di tutte le cose che non mi piacevano che in pratica erano solo tre: diminuii un pochino i miei giganteschi seni, dimagrii fino ad avere il peso forma e riparai il ligiamente del ginocchio che mi ero rotta da piccola. Queste erano le cose principali. Mantenni tutto il resto, facendo solo ancora dei piccoli accorgimenti come l'avere pochissimi peli (molto pratico), la pelle più luminosa, i polsi e le covili più fini, il piedino piccolo (non troppo); cose del genere…

Poi, cosa fondamentale, crebbi di età fino a diventare diciottenne.

Quando ebbi finito pesai intensamente alla parola chiave: vita, desiderai rinascere, lo desiderai con tutte le mie forze. 

Di principio un forza che mi attirava verso il basso e poi un fortissimo dolore al petto, sempre più forte, tanto da farmi perdere i sensi mentre precipitavo dal cielo come un angelo caduto.

 

Niall

La trovai quando ritornai a casa da una giornata impegnativa dove avevo dovuto girare tre spot pubblicitari e fare due interviste (una con una giornalista francese che aveva un accento stranissimo). Stavo per sedermi sul divano, sfinito, quando notai che c'era già qualcuno ad occupare il mio posto: una ragazza bellissima che indossava una camicia da notte bianca con un nastro blu sotto il seno: era molto elegante. 

Decisi di non svegliarla, era così bella mentre dormiva…così bella.

Rimasi molto ad osservarla: serbava un angelo caduto dal cielo, un angelo che stava piangendo nel sonno ed ebbi l'istinto di abbracciarla. 

Heyyyy!! Scusate se ci ho messo un po' ma volevo che il capitolo fosse perfetto! :D Cosa ne pensate? Vi piace la parte del "ritorno alla vita"? E la descrizione della morte? Giuro che mi sono impegnata molto. Mi raccomando, non mi offendo se mi fate sapere che ne pensate. ;) Grazie a tutti quelli che mi hanno inserita fra le preferite/seguite/ricordate, a tutte quelli che hanno recensito e a tutti quelli che hanno solo letto: siete molto importanti per me… <3 Un bacione Camy

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Capitolo 3
*** I'm Sleeping Around the World ***



 

I'm Sleeping Around the World


Quando le trovarono, la mattina dopo, avevano ancora entrambe il sorriso sulle labbra. Erano belle, lo erano sempre state, ma chissà perché i oro genitori lo vedevano adesso per la prima volta.

Così con la pelle bianchissima, gli occhi chiusi, leggermente bluastri, come a sottolineare la vita che se ne era andata.

Le mani erano ancora unite, sebbene non più salde (sapete non è che un corpo morto abbia chissà che forza), ma erano ancora vicine e lo sarebbero state ora e per sempre.

I genitori piangevano, perché solo adesso si accorgevano di quel tesoro immenso e impagabile, che avevano perso…

 

Elisabetta

Vidi il mio corpo, morto, che si allontanava. Mi allontanavo da quella vita piena di sofferenze che avevo odiato così tanto. Mi allontanavo da tutto, mi allontanavo da me stessa per trovare un'altra, per rinascere.

Andai a scuola, il posto che in assoluto odiavo di più, volevo togliermi una curiosità, uno sfizio.

Tanto non mi avevano mai visto, sicuramente non mi avrebbero visto adesso, poco ma sicuro. 

Sopratutto non mi avrebbe visto lui, lui che mi riteneva strana, lui che mi aveva sempre guardato dall'alto della sua popolarità, senza degnarsi di abbassarmi mai più, mai più da quella volta.

 

Sì, una volta eravamo amici, lo eravamo…il mio migliore amico, gli avevo detto e dato tutto. Per due anni siamo stato migliori amici, poi, alla prima confessione del mio amore, al primo imperdonabile scivolone, lui mi aveva girato le spalle scena voltarsi indietro mai più; mi aveva tradito, aveva sparlato alle mie spalle, rivelando pubblicamente tutti i miei segreti più intimi…e non mi aveva mai guardato in faccia, mai.

Io intanto gli avevo dato, anima e corpo, sì…anche quello, anche quello quando in realtà ero troppo ingenua per sapere quello che stavamo facendo, quello che stava facendo, quello che mi avrebbe fatto.

Bella l'amicizia...

 

Io adesso lo guardavo, seduta al solito tavolo, da sola, come sempre; il casino della mensa attorno a noi, lui invece era sempre al suo tavolo, pieno di gente, sempre pieno di gente, fra le belle ragazze (si fa per dire) e i suoi stupidi amici, li odiavo, li odiavo tutti, mia avevano rovinato la vita e io gli sorridevo ancora, lo facevo ancora, in silenzio.

Mi avvicinai in modo disinvolto, come non avrei mai osato fare, se mi avessero guardato tutti. Giusto in quel momento una delle troiette che gli stavano sempre attorno si era levata dalle sue ginocchia.

Mi sedetti con disinvoltura sulle sue gambe libere, lui rimase perplesso un attimo, ma continuò a fare quello che stava facendo…chissà se mi sentiva? Non credo, ma in ogni caso meglio fare in fretta.

Non stava mangiando, per fortuna, sennò sarebbe stato un po' difficile, per quello che volevo fare. 

Aspettai che stesse in silenzio, giusto che tenesse chiusa la bocca, nel senso letterale, e poi appoggiai delicatamente le mie labbra sulle sue.

Non so cosa sentì lui, ma io passai in rassegna gli ultimi anni di scuola in due secondi, il tempo del bacio.

Poi presi il volo verso la mia nuova vita, dato che quella vecchia era appena finita e ora ne ero consapevole. 

 

Mi librai nell'aria più veloce di un falco in picchiata e più leggera di una piuma. Tutto intorno a me era azzurro, bianco e blu; tutto risplendeva di luce. Andai ancora oltre, oltre il cielo, oltre l'atmosfera, lontano, così lontano da poter ammirare la Terra, le stelle, il sistema solare. Bellissimo. Mille colori, ora dipingevano lo sfondo nero attorno a me e non mi sentii mai viva come in quel momento.

Tutto era buio, ma tutto era luce, la vera luce, quella di cui senti il calore sulla pelle, quella che vedi anche a occhi chiusi. Quel flusso di sogni, pensieri, parole; solo percezioni, che nessuno dice, pensa, vede, ma che sente lo stesso, vive lo stesso; ci crede lo stesso. 

Questo era vita, questo era quello che tutti avrebbero dovuto vedere, e lei lo sapeva, ora lo sapeva.

 

Presi un profondo respiro e mi lasciai cadere, cadere verso la Terra, mentre la velocità aumentava (dato che nello spazio non si può "cadere" perché non c'è forza di gravità, l'azione da me compiuta era più una spinta verso la terra).

Intanto pensavo, pensavo a cosa volessi cambiare di me stessa. Anche io partii dal ricostruire me stessa nella testa, esattamente com'ero prima di morire e da lì iniziai il cambiamento: il collo più lungo, la pelle più chiara, i polsi e le caviglie più fini e perché no, la vita più stretta. Poi, punto fondamentale, si rese estroversa, chiacchierona e carismatica.

Lasciai giusto che le mie già notevoli abilità in cucina, danza e scrittura migliorassero un pochino.

Volevo indipendenza quindi crebbi fino all'età di 19 anni.

 

Ora sì che mi sentivo bene, desideravo vivere, rinascere. Poi una fitta mi colse, forte da togliere il respiro, dritta in mezzo al petto e sentii che cadevo, cadevo dal cielo.

 

 

                                                Louis

Se me l'avessero detto non ci avrei ai creduto, mai, neanche se me l'avesse detto uno dei boys o mia madre, non avrei creduto a nessuno, nessuno. 

Una ragazza galleggiava a mezz'aria in mezzo alla sala di registrazione. Era avvolta in una strana luce dorata che si dissolse appena la presi in braccio, per paura che cadesse. Era leggera ed era bella, molto bella. Restai a guardarla per un lungo istante, dimenticandomi del suo peso sulle mie braccia. Stava piangendo, piangendo silenziosamente, ma non si muoveva, sembrava svenuta. Quando mi riscossi dalla specie di imposi che mi aveva preso, entrai in uno sto di allarme: non si svegliava, era apparsa in mezzo allo studio e stava galleggiando a mezz'aria. Forse gli alieni esistevano? Se erano come lei, erano molto belli.

la posai sul divano della sala e mi voltai per andare a cercare aiuto, ma prima che potessi movere un passo sentii una mano calda che mi aveva afferrato il braccio. Mi voltai di scatto, sapendo già a chi apparteneva quella mano e sorridendo per la sorpresa e per il sollievo. 

Lei mi guardava mista di sorpresa e qualcos'altro, che non seppi definire. I suoi occhi erano grandi e marroni, da cerbiatto, con le ciglia l'unge e fitte.

- Stai bene?- le chiesi un po' in ansia.

Lei aggrottò la fronte e non rispose. Chissà a cosa stava pensando.

- Mi capisci?- riprovai un po' incerto.

Dopo un lungo momento di esitazione mi rispose:- Dove mi trovo?


Ciao tesori!
Scusatemi per queto enorme ritardo, ma è un periodo dannatamente impeganto e non trovo mai il tempo per dedicarmi a voi.
Che ne pensate del nuovo capitolo? Che ve ne pare? Ora anche Elisabetta è rinata...chissà cosa succederà adeeso (neanche io lo so), vedremo che si ferifichi qualcosa di gradioso!! :D
Grazie a tutti coloro che hanno recensito, che seguono o che hanno inserito la storia pre le preferite/ricordate/seguite, siete molto importanti per me.
Un bacione e a presto (spero)
Camy

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Sweet Hearts ***


Sweet Hearts

 

Louis

-Dove mi trovo?

Aveva guardato quella ragazza come se fosse un marziano, forse perché era semplicemente troppo bella per essere umana o perché era apparsa nella stanza in modo decisamente innaturale, naturalmente non importava. Non riusciva semplicemente a capacitarsi di come quella ragazza, che ora lo stava fissando con apprensione e qualcos'altro, forse timore, fosse ora sdraiata sul divano della sala di registrazione e lo stesse fissando, con quegli occhi da cucciolo spaventato che gli aveva fatto Niall, esattamente la prima volta che si erano conosciuti, esattamente la medesima espressione. Allora fece la cosa più naturale, quella che aveva fatto anche quella volta, l'aveva abbracciata e cullata sussurrandole parole rassicuranti all'orecchio e lei si era sfogata piangendo sulla spalla di quel perfetto sconosciuto.

A quel punto Louis l'aveva sentita, quella scarica di emotività, di qualcos'altro, magari semplicemente energia che lo prendeva tutte le volte che con una persona instaurava con lui un legame profondo, duraturo nel tempo e assolutamente indissolubile. 

-Ti proteggerò- le sussurrò all'orecchio dolcemente -da qualsiasi cosa che ti faccia paura-.

-Da qualsiasi cosa?- la voce della ragazza gli arrivò all'orecchio come una supplica.

-Da qualsiasi cosa- aveva allora promesso,  ripetendoselo nel suo profondo.

All'improvviso una voce paterna, che mi aveva sempre rassicurato e che ora aveva una piega leggermente scherzosa  si fece sentire dietro di me:

-Louis, la tua ragazza non sarà contenta se ci provi con delle altre!

 

Liam

Se me l'avesse raccontato qualcuno non ci avrei mai, ma dico mai creduto. Anzi, facevo ancora fatica a crederci: fra le braccia di Louis c'era un angelo (non che lui non facesse parte di quella categoria, secondo me e la maggior parte della popolazione femminile del pianeta, ma lei era diversa), nel senso di persona talmente bella e pura da emanare luce e calore. Louis non emanava luce (a meno che non si mettesse le spie dei micro-rec* in bocca, ma era un'altra storia), in ogni caso non per me. 

Quella ragazza era assolutamente perfetta, almeno esteriormente e a dirla tutta ero un pochino geloso di Louis che poteva tenerla fra le braccia. Sarei potuto rimanere a guardarla, contemplarla, per ore e ore, dimenticandomi del caffè che avevo in mano (e che mi stava leggermente ustionando) e la canzone che volevamo (io e quell'altro scansafatiche del mio migliore amico) finire entro serata, ma lei non me lo permise, perché alzò su di me il suo sguardo dolce e comprensivo, magnetico, da cucciolo indifeso, ma allo stesso tempo da persona che ha vissuto una vita intera. 

Qualcosa dentro di me si era sbloccato: avevo sentito un improvviso vuoto allo stomaco, il terreno mi mancava da sotto i piedi e mi girava la testa, però mi sentivo finalmente completo. 

Forse è questo che si prova ad essere innamorati davvero.

Purtroppo io non riesco a ricordare un'altra situazione simile... Forse non l'ho mai vissuta.

Ma ora, ora, so che il mio mondo è completo.

 

Harry

Ricevetti la chiamata di Niall ad un orario indecente, la una, forse le due del mattino. 

Me ne stavo tranquillo a letto con la mia ragazza, Matilde, addormentati entrambi come bambini, dopo un paio d'ore di scottante passione e sentimenti travolgenti.

Stavo appunto dormendo tranquillo, immerso nelle mie fantasie, quando il telefono iniziò a vibrare, fastidiosamente, sotto il mio cuscino. 

Lo presi e maledissi la persona dall'altro capo senza neanche aprire un occhio per controllare chi fosse, poi risposi alla chiamata bofonchiando e imprecando sottovoce.

Riconobbi subito la voce di Niall: l'apprensione, la tristezza e l'ansia che contenevano quelle tre parole che mi disse mi fecero lo stesso effetto di una doccia fredda:

- Chi è che scassa le palle a quest'ora di notte? 

- Chi mi ha lascito il suo numero pregando di chiamare se avessi avuto bisogno?- Niall parlò con voce stanca e triste (prima doccia fredda).

- Niall, bro, scusami! Pesavo fossi qualcuno dai piani alti... Dimmi pure, che ti serve?- lo dissi mentre uscivo già dal letto caldo e cercando di fare in modo che Matilde non si svegliasse. 

- Sono in ospedale, al St.John...-  stesso tono di prima (seconda doccia fredda).

- Che cosa!? Ma stai bene?! Arrivo subito! Non ti muovere!- e gli avevo chiuso in faccia, cercando di vestirmi, quindi di recuperare dal pavimento, il più velocemente possibile, i miei vestiti che vi ci erano finiti alcune ore prima.

Pensai distrattamente a quelle ore passate in compagnia della persona che amavo di più al mondo e sorrisi spontaneamente: ero una persona molto fortunata.

Poi la voce di Niall, stanca, supplichevole, triste, mi ritornò nell'orecchio facendomi sobbalzare: era successo qualcosa di grave o non mi avrebbe disturbato. Decisi di informare con un messaggio anche Liam, Louis e Zayn: 

Ragazzi, Niall è al St. John e non so perché… al telefono era strano, venite subito! :(

 

Liam fu il primo a vedere il messaggio. Se ne stava tranquillo nel suo letto, ma non riusciva a dormire: stava pensando alla ragazza che era fra le braccia di Louis nella sala di registrazione.

 

Liam

La mia testa era affollata da mille pensieri su quella ragazza che avevo visto in sala di registrazione. Avevo scoperto che si chiamava Elisabetta, ma ero riuscito a sapere solo questo. Per questa ragione avevo mille domande:

Da dove era spuntata? Che cosa ci faceva lì? Perché Louis non la lasciava andare? Che cosa c'era tra quei due? E poi perché mi aveva immobilizzato con lo sguardo? Perché mi ero sentito triste dopo che era andata a casa con Louis?

Che cosa mi aveva fatto? Che cos'era? 

Qualcosa che non avevo mai provato o che non provavo da molto tempo, che facevo ancora fatica a riconoscere. Una malattia che prende la gente di sorpresa, quando meno se lo aspetta, una malattia che può portare gioia come tanto dolore, una malattia che fa morire. Una malattia che ti porta alla sua dipendenza come una droga, che ti consuma lentamente inesorabilmente. Una malattia senza cura. 

L'Amore.

 

 

Hey Tesori!
Come state? Scusatemi se ci metto sempre così tanto ad aggiornare, ma non ha mai idee coerenti. Prometto che prossimamente ci metterò meno. :)
Comunque grazie a tutti voi per la pazienza con la quale aspettate pazientemente i miei aggiornamenti, quindi un gigantesco grazie a tutti coloro che mi hanno inserita fra le ricordate/preferite/seguite e per tutti coloro che leggeono, ma un grazie ancora più grande per chi si prende il tempo per recensire (anche io so com'è, non si ha sempre tempo e voglia). In ogni caso grazie, siete molto importanti per me.
Questo capitolo, in realtà, è il regalo di compleanno per la persona a cui è dedicata questa FF, kuccioladiscincro_2000, una delle persone migliori della terra e un'amica paziente e sempre pronta ad ascoltare, che sa come far sorridere le persone, lo sa davvero.
Quindi auguri principessa! Ti voglio tanto bene. :)
Camy

 

 

 

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Capitolo 5
*** Rude Awakening ***


Rude Awakening

 

Louis

 

Quando io e Elisabetta arrivammo a casa mia, dove l'avevo "costretta" a venire e restare (finché non avesse trovato un'altra sistemazione).

La mia ragazza Anaïs, il mio splendido angelo, unico e insostituibile, il mio grande amore, la mia metà, la mia ragione di vita (a parte la musica, s'intende), stava già dormendo. Era sul divano, con addosso i pantaloni della tuta e una mia maglia , ancora abbracciata alla ciotola di popcorn che era solita a preparare e mangiare quando guardava un film, con in filo di bava alla bocca, ma era comunque la giovane più bella che avessi mai visto.

Intanto Elisabetta stava osservando il mio loft con il naso per aria, imbambolata. Si guardava intorno come una bambina il giorno di Natale: piena di meraviglia e spontanea sorpresa per tutto ciò che vedeva. Ammirava ogni dettaglio e continuava a farmi complimenti e a correre a destra e a sinistra: era una gioia guardarla.

Dopo un po' che la fissavo venne verso di me:

-Louuu...- mi chiamò sottovoce, molto dolcemente.

-Dimmi, piccola- le dissi mentre lei si insinuava fra le mie braccia.

-Non mi lascerai mai, vero??

-No mai.

-Mai, mai, mai?

-Mai.

Le posai un bacio sulla testa. 

Poi lei sbadigliò, era tardi.

-Ti mostro la tua stanza- la invitai con gentilezza.

La presi per mano e la guidai su per le scale di vetro, poi prima porta a sinistra. La depositai nella stanza e andai a prenderle una delle mie magliette. Gliela diedi e le augurai la buona notte:

-Dormi bene, raggio di sole- le dissi baciandola sulla fonte. 

-Sogni d'oro Louuu- mi augurò lei baciandomi la guancia- ti voglio bene. 

-Ti voglio bene anche io.

Sentimmo in singhiozzo che proveniva da dietro la porta socchiusa. Nello stesso memento nella mia tasca vibrò il messaggio di Harry.

 

Liam

 

Ricevetti il messaggio di Harry mentre ero ancora assorto nei miei pensieri su Elisabetta. 

Lo lessi un po' soprappensiero e quindi lo dovetti rileggere immediatamente una seconda volta. Dopodiché non perso tempo e mi vestii alla velocità della luce per arrivare il prima possibile. Misi anche la maglietta al contrario, ma non lo sapevo ancora. Presi il natel, le chiavi dell'auto e quelle di casa e uscii, precipitandomi davanti all'ascensore.

Chiamai subito Harry per sapere se era già arrivato e aveva aggiornamenti:

-Hazz, bro, sei già lì?- chiesi con voce un po' troppo tesa.

-No, Lyuum...e sono preoccupato quanto te...- mi rispose una voce altrettanto tesa. 

-Ok... Arrivo!

-Va bene, speriamo che non sia niente di grave: Nialler mi è sembrato veramente preoccupato...- aggiunse con tono mesto.

-Già speriamo...

Mentre riattaccavo pensai a come mi sarei sentito se Niall fosse stato on pericolo di vita: il dolo pensiero mi fece passare una scarica gelata giù per la schiena, che mi fece scattare immediatamente sull'attenti tutta la postura. 

Scaccia quel pensiero sgradevolmente triste che mi ero creato e inaspettatamente sospirai di sollievo: Niall era veramente importante per me, erano importanti tutti loro: se avessi dovuto perderne uno non so se sarei riuscito a incassare il colpo...

 

Continuai a guidare concentrato fino all'ospedale, per arrivare il più presto possibile. Parcheggiai la macchina alla velocità della luce e schizzai fuori. 

Mi diressi immediatamente nella reception dell'ospedale e domandai di Niall. L' anziana infermiera dall'altra parte della vetrina, dopo aver controllato la lista dei pazienti ricoverati, mi chiese gentilmente e pazientemente se non avessi sbagliato ospedale:

-Ragazzo, sei sicuro di essere nell'ospedale giusto? 

-È il St.John questo?

-Sì ragazzo- mi rispose lei tranquilla.

-Allora sì, signora- risposi con aria risolutiva.

-Bene, ma io non ho nessun "Horan" tra i pazienti- mi spiegò gentile. 

-Senta...

Ma non feci a tempo a finire la frase che un preoccupatissimo Harry, stravolto e concentrato, mi travolse in pieno:

-Oh..! Scusami tanto... Liam?!

-Sì, trottola ambulante...- gli dissi un po' scocciato, ma con un sorriso, mentre lui mi tendeva la mano per rialzarmi. 

-Non ti avevo visto...- mi disse bofonchiando, a mo' di scuse. 

-Ah...ecco- sorrisi complice, per poi aggiungere -comunque ti interesserà sapere che la signora ha detto che Niall non è qui- comunicai rassegnato.

-COME NON È QUI!- strillò Harry in preda al panico.

-Calma, lo troveremo...- dissi, non troppo convinto. 

-Ma come!? Come!? Potrebbe stare male, po...potrebbe... Tu ti rendi conto?!- strillò al massimo isterismo mai registrato: panico. 

 

Louis

 

Il mio iPhone 5 vibrò nella tasca posteriore dei miei jeans: era arrivato un messaggio. Ancora abbracciato con Elisabetta lo presi dalla tasca dei miei jeans szlavagiati e con gli strappi sulle ginocchia e guardai chi era: Harry. Sbloccai il telefono per vedere che voleva quel rompiscatole: Niall in ospedale... 

-Cazzo!- esclamai poco finemente, facendo sobbalzare Elisabetta. 

-Cosa c'è?!- chiese lei preoccupata.

-Un mio amico è in ospedale: devo andare!- le dissi.

-Vengo con te!- esclamò sicura.

-Va bene, muoviamoci.

Spalancai la porta della camera e vidi Anaïs con la faccia stravolta dal pianto. Avevo ancora la mano in quella di Elisabetta. 

-Cosa è successo amore?- le chiesi preoccupato. 

Non mi rispose e voltò la testa dall'altra parte.

-Amore?- chiesi sempre più preoccupato.

-Come hai potuto?- sussurrò lei fra i singhiozzi. Poi scappò verso le scale. Io tentai di afferrarla, ma non ci riuscii. Le corsi dietro con Elisabetta ancora attaccata alla mia mano. Lei uscì di casa sbattendo la porta. Io caddi in ginocchio. Che cosa era successo?

Mi rialzai e presi le chiavi della macchina: Niall non poteva aspettare e la mia ansia  per lui nemmeno.

 

Liam

 

Stavo ancora tranquillizzando Harry, quando un Niall cadaverico (che non assomigliava a lui) spuntò da dietro l'angolo del corridoio bianco illuminato dal bagliore tremolante delle luci a neon.

Sembrava star bene, fisicamente, anche se non era in forma, aveva gli occhi rossi dal pianto, l'espressione vacua e si vedeva chiaramente che non dormiva un po'.

 

Harry

 

Quando vidi Niall credetti di sentire i miei piedi staccarsi dal suolo, talmente grande era il peso che mi ero tolto dal petto.

Ripresi a respirare normalmente. 

Poi la rabbia, lo sconcerto e una specie di sollievo doloroso, mi percossero il corpo in violente scariche di energia. Partivano direttamente dalla sommità del capo, per poi irradiarsi in tutto il corpo: avevo la forza per spaccargli la faccia. E avevo voglia di farlo.

Mi lancia addosso a lui, noncurante della sua espressione ansiosa, i bervi tirati allo spasimo e il respiro veloce, boccheggiante. Noncurante del male che gli avrei fatto, di quello che poteva succedere: il toro vede rosso e carica, mica pensa ai figli del torero, che saranno orfani una decina di secondi dopo.

A poco servirono le dita di Liam, ancorate alla mia spalla e lo sguardo allarmato dell'infermiera, che stava arrivando con un tranquillante per i miei nervi. Mi scaraventai su Niall, un dolore forte, fortissimo al braccio destro, ormai libero dalla presa di Liam, ma stretto in quella di qualcun'd'altro. Vidi per un secondo uno sprazzo di colore, una ragazza che cadeva dal cielo e poi buio.


Ciaoooooo gente!
Come va? Beh, ormai lo sapete che io aggiorno un po' quando capita...e mi dispiace per questo... :(
Però il positivo è che aggiorno ancora! ;) 
Certo se ogni tanto arrivasse un qualche commento positivo non sarebbe malaccio: muoio dalla vogli di sapere che ne pensate, ma non mi lamento: infodo già il fatto che leggete per me è importantissimo! Quindi un grazie infinito a tutti coloro che mi hanno inserito fra le preferite/seguite/ricordate o che leggono soltanto: grazie mille siete importantissimi! :D
Detto questo possimo parlare del capitolo. Beh, ora sapete che Louis ha una fidanzata, che ha molto frainteso il suo ragazzo d'oro. Niall sta è tutto intero, ma non si può dire che stia bene: chissà cosa lo turba..? Lo avete capito?
Vi lascio, grazie per la lettura e a preso (spero)...
Camy

 

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Capitolo 6
*** Rude Awakening - Part Two ***


 

Rude Awakening - Part Two

 

Quanto più bello il sogno, tanto più deludente il risveglio.

                                      Giovanni Soriano

 

Louis

Ero molto ansioso, non sapevo che cosa aspettarmi e non avevo assolutamente entrare in quel dannato ospedale e sapere come stava Niall, non non volevo, ma l'angoscia per lui era un sentimento più forte. Dopo che mi fui raccomandato a Elisabetta e dopo che mi fui fatto prometterete che non sarebbe uscita dalla macchina a meno che non fossimo arrivati io o Liam entrai dalle porte scorrevoli a vetri di quel dannato posto. 

la scena che mi trovai davanti mi colpì violentemente, come uno schiaffo in pieno viso: Harry, il mio migliore amico, la persona di cui mi fidavo di più al mondo, stava saltando addosso a Niall in un movimento che non pareva neanche umano. Niall dal canto suo non sembrava in grado di reagire, anzi sembrava più morto che vivo, impregnato di un'angoscia profonda quanto il mare nero e burrascoso.  

Il mio istinto partì nell'esatto momento che vidi le mani di Liam scivolare impotenti dalla spalla di Harry: ero a tre metri.
 

Liam

Feci appena in tempo a vedere una casa schizzare verso Harry che sentii un rumore sordo, come di qualcosa che si spezzava, ma degno della colonna sonora dei migliori film horror tanto era raccapricciante. Poi vidi Louis davanti a me: teneva Harry per un braccio. 

Fu questione di un secondo e Harry lanciò un grido che, se è possibile, era ancor più raccapricciante e sicuramente più acuto. Niall trasalì dallo spavento, io e Louis dalla sorpresa. 

Un secondo dopo Harry era a terra, svenuto credo, non si muoveva, ma io ero troppo frastornato per capire quello che stava succedendo. Il suo braccio aveva un'angolazione innaturale: Louis lo stava guardando a bocca spalancata, Niall altrettanto, ma più che altro per lo shock che per la sorpresa.

Per fortuna eravamo in un ospedale e immediatamente dopo il personale reagì spostando Louis e portando Niall e Harry in pronto soccorso. Mi ripresi immediatamente dal mio stato di rimbambimento appena vidi le lacrime colare copiose dai bellissimi occhi azzurri di Louis. Non riusciva più a reagire, in preda a singhiozzi e singulti a ritmo serrato.

Gli andai incontro e lo circondai con un braccio: l'unica cosa che aveva bisogno adesso era di essere confortato e l'uniche scene che non dovevano apparire su tabloid erano proprio quelle appena successe. 

Chiesi gentilmente a un'infermiera se poteva darci una camera da parte a  quella che il signor Horan e il signor Styles stavano convivendo e se poteva garantirci la massima discrezione. 

L'infermiera ci accompagnò, molto cortesemente, alla camera e chiese se avessimo bisogno di altro. Io le diedi la lista di numeri di emergenza dello staff e le chiesi di chiamare da parte mia, successivamente di farli accomodare nella camera in cui ci aveva portato quando fossero arrivati.

Quando se ne fu andata nota che Louis, che avevo fatto prontamente sedere sul letto, aveva smesso di piangere e guardava fisso davanti a sé con occhi vacui e persi nei pensieri: l'avevo visto solo una volta così, quando Eleanor l'aveva lasciato. Quel giorno qualcosa dentro di lui si era rotto.

 

Niall

Quando mi sveglia mi resi conto di essere in un letto di ospedale. Mi girava terribilmente la testa e facevo fatica a teneri gli occhi aperti. Nonostante ciò volevo sapere dov'ero e quindi i cercai di ampliare il mio capo visivo girando leggermente la testa: prima a sinistra poi a destra. 

A sinistra mi trovai davanti la porta orribilmente gialla, chiusa, della camera: potevo vedere il numero 533. Da parte alla porta un orologio che segnava le 3:47 am.

Flash: camera della ragazza, dell'angelo: 532. Stesso orribile colore della porta.

Improvvisamente il mal di testa divenne più intenso e fui costretto a chiudere gli occhi. Fortunatamente questo non mi impedì di  fare un qualche ragionamento coerente: se erano le 3:47 am. io dormivo (o qualcosa del genere) da circa mezz'ora. Questo lo sapevo perché erano le 3:10 quando ero uscito, in silenzio, disperato, dalla camera della ragazza che non dava segni di ripresa, per sgranchirmi le gambe e prendere qualcosa che mi tenesse sveglio. Allora avevo incontrato Harry e Liam nella hall e il primo stava già dando fuori di matto. L'avevo capito dal fatto che Harry stava urlando e lui non urlava mai, mai. 

Stavo per chiamarli e dirli che ero vivo quando Harry mi aveva visto e aveva puntato a corsa verso di me con una strana luce negli occhi: sembrava fatto…

Poi un rumore secco, violento di qualcosa che si rompeva e Harry che cadeva davanti a me, Louis in piedi di fronte a me, dietro Harry. 

Da quel momento vuoto assoluto.

Non sapevo perché Harry aveva fatto quello che aveva fatto, ma l'avevo già perdonato, qualsiasi cosa l'avesse spinto doveva essere grave, molto dolorosa. Io conoscevo bene Harry, sapevo che lui era una di quelle persone che non perdono mai la calma, che era praticamente impossibile che succedesse, che quando succedeva era come un onda che si infrange con violenza sulla spiaggia: non puoi trattenerla.

La testa, ora, mi girava fortissimo. Pensai alla ragazza, pregai che stesse bene e senza che me rendessi conto un lacrima mi solcò la guancia.

Girai allora la testa alla mia destra. Visione agghiacciante: nel letto da parte al mio Harry. Sapevo che non era cosciente. 

Poi un sonno senza sogni mi prese con sé facendomi precipitare ne buio.

 

Elisabetta

Orami non sapevo neanche più da quanto ero in macchina ad aspettare. Louis non era tornato e Liam non era venuto. Non sapevo che fare. L'ansia mi stava torturando: Louis mi era sembrato così teso e triste. La cosa mi rendeva stressata e irritevole: non sapevo che cosa stava succedendo, non sapevo dov'ero e non sapevo chi ero. mi ricordavo solo della mia età 19 anni, il mio nome Elisabetta. Il resto era vuoto. 

Qualcosa che vibrava e mandava bagliori insistenti mi fece distrarre dai miei pensieri. Quando lo persi in mano notai che era l' iPhone 5C di Louis. Quell'irresponsabile l'aveva dimenticato in macchina. 

Sullo schermo il solo nome che in quella terribile nottata non avrei mai voluto leggere: Anaïs, la ragazza di Louis.

Non sapevo che fare. Non sapevo se dolevo rispondere o se non dovevo. Se avevo o meno questo diritto. 

Il telefono continuava a vibrare insistentemente nelle mie mani, quasi a dirmi di rispondere.

Magari la poverina era tornata a casa e non trovando Louis e avendo bisogno di spiegazioni, si stava rodendo l'anima proprio come me.

Magari, invece, stava per dire a Louis che lo mollava per causa mia. Sperando che fosse la prima risposi:

- Pronto?

- Louis?- la voce non era quella della ragazza che avevo visto scappare in lacrime, ma mi congelò ugualmente. Per un qualche strano motivo, avevo riconosciuto subito la voce di Liam, così Louis, ora anche quella che stava aspettando adesso dall'altra parte del telefono. Sapevo che apparteneva a Zayn Malik, ma non sapevo assolutamente perché.

- Zayn?- chiesi incerta.

- Chi sei tu?- mi ripose con un tono più aspro la voce dall'altra parte.

- Elisabetta, un'amica di Louis.- risposi non sapendo bene cosa dire.

- Ah, sì, Liam mi ha parlato di te.

Improvvisamente il groppo che avevo alla gola si sciolse: sapeva chi ero.

- Dov'è Louis?- mi chiese gentile, ma era teso.

- Io non lo so.- risposi sincerante.

- Come sta Nialler?- mi chiese un po' più preoccupato.

Di nuovo il nome mi apparve familiare, a caratteri cubitali nella testa e con lui l'immagine di un ragazzo sorridente. Non so bene perché, ma di riflesso sorrisi.

- Non so neanche questo.- dissi preoccupata a mia volta: ora sapevo chi era stato ricoverato.

- Va bene.- disse lui traendo un grosso sospiro - Almeno sai dove sei?

- Sì, nel parcheggio sotterraneo dell'ospedale St.John, nella macchina di Louis.

- Bene.- disse lui con molta calma, come se stessa parlando con un bambino piccolo - Scendi dalla macchina.

- Ma, Louis mi ha detto di aspettare qui…- tentai di spiegare.

- Senti ho bisogno urgentemente di parlare con qualcuno della band, a quanto pare non mi risponde nessuno.- mi disse ancor più pacato, faceva pura.

- Ok.- sussurrai, ma stavo pensando "band?" e subito dopo un nome mi lampeggiò nel cervello come un cartellone di Las Vegas: One Direction.

- Ci sei?- mi chiese Zayn con un tono urgente.

- Sì. Dimmi dove devo andare.- gli dissi scendendo dalla macchina e guardandomi intorno: era buio, avevo paura.

- La vedi una porta a vetri illuminata, da qualche parte?- mi chiese Zayn, grato di essere riuscito a convincermi, lo sentivo più rilassato.

- Davanti a me.- risposi piatta.

- Entra e vai dritto. 

- Ok.

- Sulla destra ci devono essere due ascensori, entra e vai al sesto piano.

Non so perché, ma avevo la netta sensazione che stesse leggendo delle istruzioni.

- Va bene, sono dentro. Cosa c'è al sesto piano?- domandi innocentemente.

- Cure Intense. 

Rimasi di stucco e sgranai gli occhi: cosa?!

- Ci sei?

- S..si ci s…sono.- risposi balbettando. Cure intense? Cosa?! Mi vennero le lacrime agli occhi pensando al ragazzo che sorrideva nella mia testa: Niall.

- Hey, va tutto bene, ci sono io.- mi disse dolcemente Zayn dall'altra parte, ma era atteso siche lui.

Con un "cling" le porte dell'ascensore si aprirono sul corridoio deserto del sesto piano.

- Dove vado?- chiesi non riuscendo a trattenere le lacrime.

- A destra, attraversa la porta a vetri in fondo al corridoio e continua a seguirlo.

In preda all'ansia e la voglia di uscire da quel posto che sapeva di morte, mi misi a correre verso la porta. La superai e continuai a correre. 

La luce a neon tremolava sopra di me e l'odore di disinfettante mi intasava i polmoni, brucianti per la corsa e forzati dal pianto. Fuori era buio e il corridoio continuava imperterrito, tutto uguale, tutto così terrificante, tutto così anonimo. 

Zayn mi stava parlando, ma io non volevo ascoltarlo, non volevo sapere dove dovevo andare. 

Improvvisamente inciampai nei miei stessi piedi. Cacciai un urlo mentre cadevo in avanti. Il telefono mi scivolò dalle mani. Slittò in avanti sul pavimento di linoleum, io ci finii sopra.

Sarei rimasta in quella posizione per ore: ginocchia sbucciate sul pavimento freddo, mani in avanti, faccia a terra inondata dalle lacrime e impiastricciata da mascara che non sapevo di aver messo. Cercavo di recuperare il respiro perso, cercavo di convincermi che andava tutto bene, che volevo solo piangere. 

Quando improvvisamente il cellulare, a due metri da me, iniziò a emettere una melodia dolce che riconobbi all'istante. 


Diana, let me the one to
light a fire inside those eyes
you been lonely,
you don’t even know me
but I can feel you crying.
Diana, let me be the one to
lift your heart up and save your life.
I don’t think you even realize
baby you’ll be saving mine.


Non sapevo il titolo, ma sapevo chi la cantava: Liam, Louis, Zayn, il ragazzo nella mia testa, Niall e un altro ragazzo di cui non ricordavo la faccia, ma di cui sapevo il nome: Harry o Harold. 

Sapevo anche che quello non era l'inizio della canzone, ma il ritornello e che di solito ascoltavo quella canzone per consolarmi.

Era familiare, sentito, sapeva di rifugio sicuro. 

Gattonai fino al telefono e lo presi in mano: la chiamata con Zayn si era interrotta. 

Fermai la canzone e mi alzai in piedi, cercando di asciugare le lacrime, alzai lo sguardo.

In mezzo al corridoio, con la faccia altrettanto rigata da lacrime, ma di paura, una ragazza che conoscevo bene, talmete bene che mi sembrava di guardarmi allo specchio. Una ragazza che sussultava dai singhiozzi e che stava in piedi per miracolo. Una ragazza che aveva la faccia distrutta, pallida e che tremava talmente da battergli anche i denti. Una ragazza con indosso un camicie d'ospedale che le cadeva addosso, tanto era grande.

Una ragazza che mi aveva marcato a fuoco con il suo amore infinito per me. Una ragazza che si era sempre presa cura di me, anche se era la più piccola. Una ragazza che si portava sulle spalle il peso del mondo:

Camille,
la mia sorellina.
 

My Corner
Ciao! Ecco, ho aggiornato finalmete. Lo so che mi faccio sempre attendere e mi dispiace, ma fra diecimila impegni, la scuola e non so che altro, non risco mai a trovare tempo per scrivere. :(
Sono infinitemente dispiaciuta per questo, perdonatemi.
Beh, questo capitolo (come l'intera FF) è dedicata alla mia principessa, che è veramente speciale e che sta attraversando un meonto difficile. Quindi le faccio gli aguri di riprendersi persto e come nella storia le voglio dire che, anche se sono lontana, apparirò smpre davanti a lei, dal nulla, per confortarla, se non io qualcosa che ricordi me. In partica che io ci sarò sempre per lei.
Tornado alla stria come vi sembra? Troppo triste? sapete, io non so mai quanti sentimeo mettere, magari dovrei essere meno sentimentalista e descrivere un po' di più, voi che ne pensate?
Sarebbe carino ascolatre i vostri pensierei ogni tanto, così so se quello che scrivo vi piace e non mi sento inutile.
In ogni caso vi rigrazio, ringrazio chi legge, ma anche chi mi ha inserita nelle preferite/seguite/ricordate, grazie mille! ^.^
Spero di riuscire ad aggionare prima, la prossima volta.
Un bacio a tutti
Camy

 

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Capitolo 7
*** Incubus ***


Incubus



Elisabetta 

Era stato solo un momento, uno soltanto: lei era davanti a me, faceva paura tanto era malconcia: magra, anzi magrissima, pallida, occhi rossi e gonfi dal pianto, naso rosso, occhiaie profonde e faccia stravolta, pallida, molto pallida. 
Mi faceva male guardarla. 
Lei fece un sorriso appena accennato, come a dirmi che mi riconosceva, o almeno io lo speravo. 
Poi un tremito la scosse tutta, terribilmente. Dolore. Lo leggevo nei suoi occhi. Le lacrime ricominciarono a scendere sulle sue guance chiare, troppo chiare. 
E fu di nuovo un inferno. 
Era scossa dai conati, piegata in avanti, una mano sulla schiena e una arpionata all'asta della flebo, come a un ancora di salvezza. 
Continuava a vomitare e io non sapevo che fare, non lo sapevo davvero. Inoltre ero terrorizzata da quello che vedevo: una pozza scura di vomito si allargava su pavimento. 
Chiusi gli occhi per non vedere, per non stare male. Sentii un tonfo sordo: li riaprii immediatamente: Vivi. Per terra. Non si muoveva.
Era un incubo: le luci a neon continuavano a illuminare il corridoi anonimo, deserto, ogni tanto tremavano e la loro luce malsana lanciava maledizioni di paura su di noi.
L' odore del disinfettante, che mi aveva intasato il naso e i polmoni portandomi a trattenere il fiato, non era niente rispetto all'odore di morte che infestava quel dannato corridoio, adesso. Rivoltante.
Piegata su me stessa, pietrificata dalla paura. La testa piena di accuse, il cuore pesante, tutto annebbiato, tutto così dannatamente sfuocato, gli occhi stanchi di piangere fiumi di dolore. Feci l'unica cosa che avrebbe fatto chiunque in una situazione del genere: iniziai a stillare aiuto. Urali disperatamente, pregando che qualcuno mi sentisse, che qualcuno mi svegliasse.
Poi tutto divenne tutto nero e i rumori si attutirono, anche l'odore acre del marcio svanì piano piano. Non volevo chiudere gli occhi, non volevo, ma le tenebre, così tranquille e silenziose, erano assai più invitanti.

Liam

Louis dormiva: era esausto. Io stavo aspettando che qualcuno mi desse buone notizie, qualsiasi cosa, sulla situazione di Harry e Niall. 
Camminavo irrequieto per la stanza senza riuscire a prendere sonno: non volevo che al mio risveglio mi si presentasse qualcosa che non sarei riuscito a superare.
Poi lo sentii un urlo… un urlo agghiacciante, come un gesso sulla lavagna. Talmente acuto e potente che avrebbe tranquillamente frantumato un bicchiere oppure il mio timpano, lasciandomi intontito.
Uscii di corsa nel corridoio per vedere che stesse succedendo: chi urlava così in un ospedale? 
Quello che vidi mi fece letteralmente cadere in ginocchio: una ragazza accartocciata come una foglia in una pozza scura e un altra appena oltre, anche questa piegata in due "Respira lentamente, Liam, uno, due, uno, due, dentro, fuori,  con calma".
Continuavo a pensare, mentre mi avvicinavo velocemente "Fa che non sia sangue, fa che non sia morta, ti prego, ti prego".
Arrivai davanti al corpo della ragazza e mi accovacciai da parte a lei: mi accorsi con sollievo che respirava, anche se molto flebilmente "respira Liam, lentamente, dentro e fuori, con calma".
La girai sulla schiena e potei constatare che non aveva ferite "Visto testone, respira" allora guardai meglio la sostanza che ricopriva la maggioranza del pavimento attorno a me e mi accorsi che in realtà era vomito "Visto? Respira Liam, respira, devi rimanere calmo".
 
Allora, combattendo con tutta la mia repulsione per la sostanza che ci attorniava, la presi in braccio.
Al polso portava un cartellino identificativo "Come avevo fatto a non notarlo?" e c'era scritto il numero della stanza: 532. Sapevo che la stanza da cui ero uscito era la 534 e che Niall e Harry erano nella 533 quindi la porta doveva essere vicina, infatti era un poco più avanti, sulla destra.
Appena posai la ragazza sul letto una squadra di infermieri e dottori mi sommersero e si occuparono della ragazza , uscii in corridoio e vidi con sollievo che si stavano occupando anche dell'altra ragazza. 
Mi fermai un momento e constatai che dovevano essere passati solo un paio di minuti e che io avevo subito tutto a rallentatore. Tirai un sospiro di sollievo. 
Fine dell'incubo, principio del risveglio.

Harry

Mi svegliai in un letto che non riconobbi immediatamente, ma non mi spaventai: in un passato ero uno che si svegliava in un letto diverso ogni mattina.
Chiusi gli occhi e sospirai, ringraziando che quel periodo incerto della mia vita fosse finito. 
Poi il pensiero corse veloce a Matilde, la mia ragazza, che dormiva a casa tranquilla e mi si strinse il cuore: avevo fatto davvero quello che credevo?
Feci per prendere il mio iPhone 5S nella tasca posteriore dei jeans, dove avevo abitudine di metterlo e mi accorsi che non potevo, allora aprii gli occhi.
Il mio braccio destro era immobile nella gessatura che lo attorniava e lo sfigurava.
"Che cazzo è successo?!" mi domandai rispondendomi in secondo dopo: Louis, Liam, ospedale...Niall...
-Ma che cazzo!- esclamai questa volta ad alta voce. 
Allora feci per tirarmi a sedere, ma proprio in quel momento le forze mi abbandonarono, annebbiandomi il cervello e non facendomi muovere neanche più un muscolo. 
"Porca..." pensai sempre più frustrato.
Visto che non potevo muovermi, iniziai a guardarmi intorno: era una camera di ospedale bianca e anonima. Il letto guardava in direzione di una finestra panoramica, chiusa da delle tende da ufficio a lamelle. Fuori era buio.   
Allora girai la testa a destra: mi trovai davanti la parete bianca con appeso un crocifisso e delle vignette dei fumetti di Simon's Cat... "Che strano" pensai di rimando. Appoggiata al muro una poltrona di un orribile giallo senape un po' scolorito. Su di essa erano appoggiato quelli che riconobbi come i miei vestiti, ma ce ne erano anche degli altri, che ero sicuro di aver già visto, anche se non ricordavo dove...
Un pensiero non consono sulle infermiere che mi spogliavano mi attraversò la testa facendomi sghignazzare piano: non avevo perso io mio lato un po' pervertito.
Poi girai la testa a sinistra: nel buio della stanza riconobbi la sagoma di un letto...che era occupato! Che incoscienti, quelli dell'ospedale, mettermi in stanza con un'altra persona... 
Sullo sfondo riconobbi la porta, che anche da qui, si vedeva che era di un orribile color giallo, come la poltrona...
Con un po' di fatica riuscii ad accendere la lampada che stava sul mio comodino, da parte a essa vidi il mio orologio e il mio Blackberry: segava le 3:49 del mattino: allora non doveva essere trascorso molto tempo.
Rigirai la testa a sinistra solo per vedere una faccia a me famigliare, contorta in una smorfia: 
-Oddio Nialler...
Avrei voluto svegliarlo: si capiva chiaramente che stava facendo un incubo, ma qualcosa me lo impedì: non avevo dimenticato che l'ultima volta che l'avevo visto gli avevo quasi spaccato l'osso del collo... Ma ora tutta quella rabbia era sparita: non riuscivo a capire come avevo potuto arrabbiarmi con Niall...
Restai a fissarlo, finché il sonno mi accolse fra le sue braccia potenti, stappandomi dai miei pensieri e portandomi in un altro mondo.

Liam

Tornai con passo lento e strascicato nella camera dove avevo lasciato Louis, la 534. 
Quando entrai dalla porta mi aspettava un Louis inaspettatamente sveglio che parlava in modo conciato al telefono:
-Si Zayn, ho capito.
No, adesso è tornato Liam... No, non so come sta Harry. No, neanche Niall.
Elisabetta?! Porca miseria, hai ragione! Sì, okay, la cercheremo. Sì, grazie. Che cosa dovevi dirmi prima? 
...Okay, ci sentiamo dopo.
 
Quando vidi che aveva chiuso la chiamata gli chiesi:
-Allora che voleva Zayn? Perché non è qui?
-Non ha specificato- mi rispose stanco -ha detto solo che ne parliamo dopo...
-Ah okey- dissi piatto. Louis tirò un lungo sospiro.
-Allora campione, stai un po' meglio?- gli chiesi ammiccando. Sapevo che gli avrebbe fatto tornare il sorriso, funzionava sempre, e infatti:
-Non flirtare con me Liam James Payne, non sono una di quelle ragazzine che cade ai tuoi piedi se la guardi, sai?- disse con un mezzo sorriso. 
-Ah davvero, credevo di si...- lo presi in giro senza riserve e con un ghigno stampato in faccia. 
-No, non lo sono e poi, sai, non credo che Anaïs...- e lì il sorriso gli morì in viso come le parole in gola. Potei vedere la sua espressione cambiare molto velocemente e tornare triste e concentrata che aveva poco prima, mentre parlava al telefono, al mio telefono.  
-Cosa c'è Louis, cosa non mi hai detto?- chiesi preoccupato.
-Anaïs, lei è scappata in lacrime da casa e... Io non so perché...- mi disse affranto.
-Come, ma...che?- chiesi io perplesso: non era tipa da fare scena.   
-Non lo so! Io stavo abbracciando Elisabetta, per darle la buona notte e poi ricevo il messaggio di Harry, faccio per uscire dalla stanza degli ospiti e me la ritrovo davanti in lacrime...- disse tutto concentrato nel ricordare gli avvenimenti dolorosi -Poi lei si gira e scappa lontano da me... Io non so...
-Louis... Io credo di sapere che cosa è successo...- squadrandolo incredulo per la sua poca capacità di fare due più due "Eppure è cresciuto fra donne" dissi fra me e me -Eri abbracciato a Elisabetta, giusto?- riepilogai storcendo il naso: mi dava fastidio, era inutile negarlo.
-Sii...- disse lui cauto, continuando a non capire.
-Louis... Io credo che lei pensi che tu l'abbia tradita...
-Impossibile!- disse lui offeso -Come potrebbe pensare una cosa del genere?!
-Beh... Davanti a una ragazza del genere, mi sentirei in pericolo, come ragazza- comunicai con tono ovvio.
-Cazzo, mi sa che hai ragione...- disse lui storcendo la bocca.
-Già...- dissi io pensando a Elisabetta fra le braccia di Louis.
-Piuttosto dov'è il tuo telefono? Stavi parlando con il mio o sbaglio?- dissi cambiando quell'argomento scomodo.
-No, non sbagli. Quel coso mi ha svegliato: che cazzo tieni la suoneria così alta?- disse squadrandomi. 
Feci spallucce non sapendo bene cosa rispondere. Possibile che l'urlo non l'aveva svegliato?
-Comunque Zayn dice che aveva chiamato anche il mio, ma che aveva risposto Elisabetta...
Lo guardai senza capire. Come aveva fatto Elisabetta a rispondere.
-Ho lasciato il telefono in macchina e quindi ha riposto lei.
-Ah.
-Poi lui le ha detto di venire qui, ma a un certo punto la telefonata si è interrotta bruscamente... Quando, secondo Zayn, doveva già essere arrivata al nostro piano... L'ultima cosa che ha sentito è un urlo...- aggiunse poi serio -Dobbiamo trovarla- disse risoluto.
Io sbiancai pensando alle ragazze in corridoio:
-Lou... Io...io credo di sapere dove sia...


Hey ragazze!
È veramente tardi e io sono stanca, quindi farò in fretta: come al solito ringrazio tutti coloro che mi hanno supportato fino a qui: ragazzi senza di voi non ce la farei, letteralmente.
La storia va avanti e c'è sempre più casino nella testa dei nostri protagonisti, ma alcuni misteri sono già stati svelati...
Buona notte a tutte e a presto.
Camy

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Capitolo 8
*** Wake Up! ***


Wake Up!

"L'alba ha una sua misteriosa grandezza che si compone d'un residuo di sogno e d'un principio di pensiero."
Victor Hugo, I lavoratori del mare, 1866

 

Dopo la notte lunga e spaventosa gli incubi non sono ancora spariti, ma il dolore sembra meno profondo con i raggi dell'alba, perché riesci a vederci attraverso. Quell'alba che per me, non è mai arrivata. Zayn ha raggiunto i ragazzi in ospedale ed è subito andato da Liam per avere aggiornamneti sulla situazione. Purtroppo non è riuscito a trovarlo ma al suo posto c'era un biglietto ad aspettarlo: "Andiamo a cercare Elisabetta, vai da Niall e Harry, credo che ne abbiano bsogno. Louis e Liam :)"
Zayn sorrise mentre leggeva quel messaggio: la calligrafia di Louis è veramente orribile...

Niall

Pensai che se sarei rimasto un altro secondo in quella stanza senza poter parlare con qualcuno sarei impazzito: erano ore che aspettavo che un dottore, un'infermiera, o uno dei ragazzi venisse a darmi degli aggiornamenti sullo stato attuale delle cose. Inoltre Harry non si svegliava e non potevo sappiere se fosse svenuto o se stesse semplicemente dormendo: infatti, anche in situazioni normali, aveva un sonno di sasso ed era impossibile svegliarlo.

Ricordai con piacere quella volta che per svegliarlo avevamo dovuto metterlo sotto la doccia di peso: la sua faccia aveva pagato la faticaccia che avevamo fatto per trascinarlo fino in bagno. 

Stavo ancora ridendo fra me e me quando, finalmente, la porta della mia stanza si aprì facendo comparire la faccia stanca di Zayn. 

- Ciao bro, come va la testa?- chiese con un sorriso tirato.

- Adesso bene - vedendo la sua faccia scettica corressi l'affermazione - meglio. Quando sei arrivato?

- Cinque minuti fa… Mi dispiace di non essere riuscito a venire ieri sera, ma è successo un casino pazzesco, poi ti racconto - disse sospirando. "Povero Zayn".

Dopo un paio di minuti che ognuno era perso nei suoi pensieri decisi di porre la domanda che mi rosicava in testa da un po': 

- Ma Lou e Lyum dove sono finiti?- "Che cavolo, potevano anche venire a vedere come stavo" pensai con un po' di dispiacere.

- Sono andati a cercare Elisabetta… Si scusano con te e… con Harry - aggiunse in tono smmesso.

- Chi è Elisabetta?! - chiesi un po' indignato: mi mollavano per una che non avevo mai sentito nominare?

-  Ti spiegherò tutto Niall… - sospirò pesantemente - Ma tu piuttosto, campione, non azzardarti mai più a farmi prendere uno spavento del genere: ti credevamo spacciato, bro. Che cosa è successo?! - mi disse con falso tono di predica: dopo tutto questo tempo non riusciva ancora a farmene una decente.

- Oh..beh… La storia è lunga, molto lunga. 

- Abbiamo tempo Niall, per una volta abbiamo tempo - sorrise. 

Pensai che aveva dannatamente ragione.

Louis 

Sbattei le palpebre un paio di volte, cercando di mettere a fuoco la tenue luce dell'alba. Liam, accanto a me, si teneva una mano sulla fronte, la faccia storpiata in una smorfia.

Non riuscivo ancora a credere alle mie orecchie: la scena che Liam mi aveva appena mestamente descritto sembrava tirata fuori da uno dei più brillanti capolavori di Hitchcock. Non riuscivo a capacitarmi del come e del cosa o del dove, ma ero arrivato al punto di credere che Liam mi stesse prendendo in giro. Allora aspettai qual sorriso, quel ghigno che gli compariva sulla faccia tutte le volte che si ricordava che l'avevamo influenzato e corrotto alle nostre stupidaggini. Quel ghigno non venne.

- Non mi stai prendendo in giro, Liam? - sussurrai, incapace di assimilare.

- Non oserei mai scherzare su una cosa del genere! - ribatté serio - Come hai putto anche solo pensarlo? A volte Louis, ho l'impressione che tu non sia mai cresciuto.

In un'altra situazione, un'affermazione del genere mi avrebbe sicuramente fatto uscire dai gangheri, ma come al solito mi sarei vendicato con uno scherzo, anche di pessimo gusto. Solo che ero rimasto basito da quello che Liam mi aveva detto: Elisabetta, corridoio, vomito, ragazza…"zombie", dottori, buio, luce, buio: siamo sicuri che non fosse un incubo? Il mio peggiore incubo?

- Ho promesso che non l'avrei mai lasciata, che ci sarei sempre stato, che non…- sussurrai tra me e me, ma Liam sentì ugualmente.

- Hey bro - disse appoggiandomi una mano sulla spalla - non è colpa tua, capito? Non devi pensarlo neanche per un secondo - mi disse risoluto.

Alzai lo sguardo su di lui e mi persi nel suo, così rassicurante e presente e per una volta ringraziai il cielo che Liam non si fosse mai lascito corrompere del tutto.

Gli sorrisi e lo abbracciai: 

- Grazie di essere cresciuto tu per me.

- È un piacere - sciogliemmo l' abbraccio - Adesso andino a cercarle, sù.

Andammo nel posto più ovvio: dove le aveva viste Liam l'ultima volta. 

Io stavo dietro di lui, non sapendo bene cosa aspettarmi, fissavo in attesa la sua schiena muscolosa alzarsi e abbassarsi impercettibilmente sotto il tessuto morbido della maglietta. Sentii che bussava piano alla porta. Dall'interno nessuna risposta, poi un debolissimo "avanti" mi fece gelare il sangue nelle vene, ma nello stesso tempo sospirai di sollievo: probabilmente era cosciente, quella era la sua voce.

Liam

Sentivo il respiro affannoso e irregolare di Louis dietro di me. È un carissimo amico, come un fratello: sono un ragazzo molto fortunato.

Anche io avevo paura di aprire quella porta, ma a differenza di me, Louis, per lui era importante apparire sempre sereno e solare a tutti, era il suo modo per difendersi, quindi dovevo darli il tempo di indossare quella protezione e per farlo dovevo aprire io la porta.

Misi la mano sudata sulla maniglia e spinsi, molto piano. La camera era rischiarata dal sole nascente: i pallidi raggi del sole rosato si stendevano sulle pareti della stanza, lambendole e creando un calore soffuso, leggero, che ammorbidiva i tratti e scaldava il cuore. In un primo momento vidi solo il letto, che era occupato, ma non era la mia amata, no, era l'altra ragazza, che dormiva tranquilla, adesso. 

Elisabetta era seduta su una di quelle sedie da ospedale, quelle larghe e comode, perché sapranno che dovranno ospitare persone in pena per molte ore. Era avvolta in una coperta candida e morbida e sorrideva stanca:

- Siete venuti a prendermi, finalmente.

Ora Elisabetta si sentiva sollevata da un peso enorme, un dubbio, lo vedevo e sapevo che non avrei avuto il diritto di farlo, ma ora, ero felice per lei. Aveva avuto il dubbio che la nuova vita sarebbe stata come la vecchia, dove tutti l'avrebbero dimenticata. 

Restarono a lungo al capezzale della giovane donna nel letto, che sembrava una bambina, così fragile e indifesa. Sapevano ora chi fosse: era la sorella di Elisabetta, che si ricordava solo il suo soprannome però: Vivi. 

Dopo Liam e Louis vennero chiamati per risolvere faccende "burocratiche" con i loro superiori: venne Zayn a chiamarli e fecero "riunione" in camera di Niall e Harry, che si era finalmente svegliato.**
Nello stesso momento Camille aprì gli occhi.

Camille

- Hey…- le sorrisi, aveva qualcosa di famigliare, rassicurante

- Hey…- mi sorrise.

- Sai dove sei?

- Dovrei saperlo? 

- No. Non dovresti - disse sorridendo di più.

- Dove sono?- quella conversazione era molto stupida. 

- In ospedale - disse sospirando.

- Perché sono in ospedale?

- Non lo so. 

- Bene- chiusi gli occhi. Quella conversazione era molto stupida. Un immagine: una bambina con le trecce che piangeva, assalì il mio cervello intontito dai farmaci: Elisabetta, la ragazza che avevo di fronte.

- C'è una persona che vorrebbe vederti…

- Mmmh, davvero Bett? - dissi sorpresa - Sono famosa adesso?

- Tu no... Lui si…- fece una breve pausa, poi si voltò di scatto verso di me:- Vivi, ti ricordi il mio nome?! - disse cercando di contenere, malamente, una smorfia di sorpresa.

-Mmmh.

-Non ricordi altro?- chiese speranzosa Elisabetta.

-No. Chi è il famoso?

-Nialler.

- Ah...- "Chi cazzo...?" pensai, poi un'immagine mi balenò nel cervello: buio, poi un ragazzo biondo che piangeva, mi teneva la mano e mi diceva qualcosa che no riuscivo a sentie, poi di nuovo buio.

In quel momento qualcuno bussò leggero sulla porta:

- Si può? 

Un ragazzo con i capelli ricci che gli cadevano sugli occhi mise la testa dentro la stanza: era molto alto, lo potevo capire anche senza vedere il corpo, che restava coperto dalla porta di un nauseante giallo senape. Quel tipo aveva qualcosa di famigliare…

- Ciao Harry - Elisabetta lo salutò amichevolmente.

"Harry?? Chi è…?!" pensai con disappunto.

- Vivi?- mia sorella mi passò la mano davanti alla faccia.

Ero un'aragosta sotto il sole cocente: "Che figura di m****!"

- Ciao Harry...- sorrisi timida.

"Io timida?! Sto perdendo colpi" constatai mentalmente con disappunto.

Quello mi sorrise comprensivo.

"COMPRENSIVO?!" 

- Come mi hai…?!- ma non finii la frase: mi morì in gola perché avevo appena avuto una visione del soggetto Harry a torso nudo in una piscina gonfiabile, circondato da gente fradicia e festante.

La cosa mi aveva lasciato, letteralmente, a bocca aperta.

Mia sorella mi salvò da quel silenzio imbarazzante.

- Prima che gli altri…arrivino…- fece una pausa, come se volesse dire qualcos'altro - Magari facciamo entrare il biondo, dato che mi ha scassato le palle da quando mi sono svegliato?

- Magari... Grazie Harry - mia sorella sorrise stanca.

Sentii Harry-la-bacca* che parlottava con qualcuno dietro la porta semi-aperta: stava dicendo qualcosa a proposito del fatto che non c'era nulla da temere e che non ero morta. Quel qualcuno aveva chiesto qualcosa  che non avevo sentito e lui aveva riso piano e aveva detto a quel qualcuno che i morti non parlano. 

"Niall James Horan 1993" la frase mi esplose nel cervello come una bomba atomica. "Che cazzo è successo?!?! Perché?!" mi chiesi scandalizzata.

Me lo spiegai un secondo dopo, quando Niall James Horan, in persona, varcò la porta di quella cazzo di stanza di ospedale, che stava diventando un po' troppo calda per i miei gusti: praticamente lasciai la mascella sul pavimento.

"Tum, tu-tum, tu-tum, tu-tum" faceva il mio povero  cuore sotto sforzo, duro sforzo. 

Aveva le guancie arrossate e sorrideva, ma non solo con la bocca, ma anche con gli occhi.

Mmmh, gli occhi, blu come io mare, profondi pozzi di speranze e sogni tutti da realizzare, oscuri segreti, così involtati e misteriosi, eppure così limpidi e trasparenti, brillavano come pietre preziose. 

Non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso e avevo la lieve percezione di stare sbavando come un bulldog.

- Ciao…Vivi… - mi sorrise arrossendo. 

Guardai in tutte le direzioni tranne che nella sua: Elisabetta si era defilata, ma me l'avrebbero pagata!

- Vivi? - mi chiese incerto. 

"Che dolce: devo proprio sembrare una povera cretina menomata" pesai disprezzando me stessa.

Tirai fuori il mio migliore sorriso:

- Io mi ricordo di te...

-Devvero?- chiese con genuina sorpresa. Persi un battito.

- Mi tenevi la mano e mi dicevi che non potevo tornare in cielo.- dissi sottovoce.

- Mi sentivi  mentre eri in coma?

- Sì, a volte, a volte altre persone. Brevi sprazzi nel buio.- commentai sottovoce e con un po' di amarezza: il coma mi faceva paura, molta paura.


* dall'inglese: Harry-the-berry, mio personale soprannome di Hazza.
** ci sarà un capitolo apposito che parlerà di queste "riunione", dove ci saranno finalmente tutte le spiegazioni necessarie.


My Space
Salve! 
Finalmente sono qui e ho aggiornato, nonstante facciano 30°C all'ombra e nonstante abbia dovuto piantare in asso, come un pesce lesso, la mia migliore amica per finire (anche vero che è lei che mi ha spronato a correre alla tastira e a non staccarmi, nanche per fare pipì, finché non avrei finito), ma mi vergono per come mi sono comportata, anche perché lei è il mio angelocustode e non ce la farei proprio senza *sospirone*. 
In ogni caso che ve ne pare? Mi sono impeganta per voi, ma come sempre del resto, e ci sono nuovi sviluppi! Il buio non sembra più tanto inpenetrabile e finalmente tutti sono svegli! Adesso ci saranno tutte le spiegazioni, vedrete che sarà divertente!
Mi raccomando, fatemi sapere che ne pensate: sono io quella che brancola nel buio adesso!
Vi ringarzio: siente sempre fantastiche e vi voglio un mondo di bene.
Baci e a presto
Camy
 

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Capitolo 9
*** Before the Down ***


 

    Before the Dawn 

"È sempre buio appena prima dell'alba."
Thomas Fuller, Pisgah Sight, 1650

 

Zayn

Stavo guidando, erano le cinque del mattino ed avevo dormito forse un'ora. La pioggia cadeva letalmente sul parabrezza della macchina formando tante gocce che riflettevano la luce dei lampioni al bordo della strada. Londra si stava risvegliando piano, con i primi lavoratori mattinieri, e gli operai stradali che andavano a godersi un meritato riposo.
Anche io me ne sarei volentieri andato a dormire, davvero molto molto volentieri: non avevo dormito per niente e ora guidavo. Stanco, affranto per le notizie che portavo, ma guidavo e anche piuttosto rapidamente. 
Il destino a volte gioca screzi crudeli, prese in giro che ci fanno credere che tutto, ma proprio tutto, sia soltanto un gioco, un gioco che non potrei mai vincere: avevo lascito un'ospedale e mi stavo dirigendo ad un'altro.
"Le cose accadono per un motivo, un disegno più grande, sopra di noi, non dimenticarlo mai Zayn" ricordai le parole del nonno, il mio caro nonnino che era passato a miglior vita. Sospirai: dovevo rimanere concentrato.
La pioggia continuava a cadere e cadere, sempre più fitta e sempre più fredda. A volte mi chiedo se veramente gli angeli piangessero il loro dolore per il modo, se veramente tutto quello sfogo, si scaricava sulla terra e la bagnava, la lambiva, la distruggeva, per poi farla rinascere con nuova vita, nuova bellezza, nuovo amore.

Pensai a Anaïs che ora era in ospedale con Matilde e Perrie e io che dovevo dirlo a Louis.
Era stata proprio Perrie Edwards, la mia ragazza, a chiamarmi nel cuore della notte per dirmi di accorrere: era disperata, stava piangendo e panicando, e io non avevo capito niente di quello che aveva detto, ma ero comunque balzato immediatamente fuori dal letto e mi ero vestito, mentre la mia ragazza mi diceva di raggiungerla al Central London Hospital e mi attaccava il telefono in faccia prima che io potessi dire qualcosa.
Avevo comunque fatto più in fretta possibile ed era proprio mentre stavo varcando la soglia del parteggio dell'ospedale che avevo visto il messaggio di Harry: Niall in ospedale.
"Oh cazzo!" avevo pensato: adesso che facevo? non potevo mica sdoppiarmi…
Alla fine avevo deciso che la mia ragazza era più importante. In più, ero già lì e il St.John era dall'altra parte della città, vicino a casa di Niall, se non ricordavo male: ci avrei messo un sacco ad arrivarci.
"Mi dispiace Niall, ma Perrie è più importante ora".
Ero arrivato in sala d'attesa e avevo visto la mia ragazza che piangeva disperata appoggiata ad un'altra ragazza che conoscevo molto bene: Matilde Everheart, la fotomodella fidanzata con uno dei miei migliori amici: Harry Styles. Ero felice per loro: finalmente Harry aveva trovato una ragazza che gli aveva messo la testa a posto, prima, avevamo l'impressione che l'avremmo perso, ma da quando stavano insieme le cose andavano splendidamente.
Una bellissima cosa è che le ragazze degli 1D legano sempre: si supportano a vicenda quando siamo lontani e diventano sempre ottime amiche: mi era sempre piaciuto questo aspetto e speravo che non sarebbe mai cambiato.
Mi ero precipitato verso di loro e Perrie era subito balzata in piedi ad abbracciarmi. Stava pingendo, piangendo disperatamente:
- Amore…shhhh…non piangere….- le sussurravo all'orecchio mentre gli accarezzavo piano la schiena e i capelli, tenendola stretta, ma sembrava inconsolabile. Intanto Matilde piangeva anche lei, tenendosi le mani sulla faccia e singhiozzando piano. Io che no me la sentivo di lasciarla lì da sola, sembrava così abbandonata, e Harry era dall'altra parte della città, la tirai a me offrendole la spalla destra, dato che la sinistra era occupata da Perrie. Per un attimo, sia la mia ragazza che Matilde restarono interdette, poi chiusero l'abbraccio e si strinsero a me.
Io ero perso: ancora non sapevo la causa di tanto dolore, che faceva stare male anche me, e nessuna delle due proferiva parola al riguardo… Era snervante, ma avevo come l'impressione che non avrei mai voluto sapere di che cosa si trattasse. 
Dopo un tempo che mi parve interminabile arrivò un'infermiera, accompagnata da un medico con il camice operatorio ancora addosso:

- Ci sono per caso i parenti della signorina Anaïs La Bouffe qui? - chiese il dottore con calma marziale. 

Perrie e Matilde si staccarono dal mio abbraccio e si avvicinarono alla coppia ospedaliera, mi avvicinai anche io, incuriosito e spaventato allo stesso tempo: che cosa ci faceva Anaïs in ospedale?
- Salve, siete parenti? - chiese l'infermiera, sollevata di veder arrivare qualcuno.
- No, - rispose immediatamente Matilde - ma la signorina non ha parenti.
- Allora mi dispiace, ma se non siete partenti non posso dirvi niente, purtroppo - disse il dottore.
Perrie stava di nuovo per mettersi a piagare e Matilde tirava su con il naso e si strofinava gli occhi rossi.
- Senta, - dissi prendendo in mano la situazione disastrosa - la signorina La Bouffe, Anaïs, non ha parenti: è figlia unica e i suoi genitori sono morti in un deragliamento ferroviario l'anno scorso negli Stati Uniti d'America, nei pressi di Boston. Controlli se non mi crede - aggiunsi, vedendo la faccia scettica de dottore. 
- La prego, - disse Perrie, prendendo la mano del dottore e guardandolo negli occhi - sono io che ho investito Anaïs e io e lei siamo le sue migliori amiche… Mi dica come sta, per favore.
Rimasi fermo, immobile. Anaïs investita? Dalla mia ragazza? Com'era possibile? Come?
Mi girai e camminai, via, come ad allontanarmi…
Com'era possibile?
Sentii Perrie che scoppiava a piangere. Allora mi girai: nonostante tutto l'amavo profondamente.
La vidi abbracciata al dottore e Matilde che piangeva, ma sorrideva a 42 denti. Perrie mi corse in contro e mi abbracciò forte: 
- È stabile, hanno dovuto operarla alla gamba e ha delle costole rotte, ma se la caverà, se la caverà.
- Amore è una notizia bellissima! - dissi abbracciandola con un po' troppo entusiasmo: ero ancora sotto-sopra.
Vidi con la coda dell'occhio Matilde che abbracciava il dottore e l'infermiera e li ringraziava, poi ci raggiunse. 
- Fra sei ore potremo vederla - disse sorridendo. 
Intanto io mi ero fatto spiegare da Perrie le dinamiche dell'incidente: brutto affare. 
Pensai di dover chiamare Louis: infondo era la sua ragazza. Frugai nelle tasche della giacca e in quelle dei pantaloni, ma non riuscii a trovarlo, poi mi resi conto che nella fretta l'avevo lascito a casa e mi detti dello stupido.
Chiesi a Matilde e a Perrie se avessero un telefono: Perrie mi disse che Olly aveva rovesciato una birra sul suo e che non si era più acceso, poi aggiunse che Olly aveva promesso di compragliene uno nuovo "Arriverà domani mattina con la posta" aveva detto citando le parole del nostro caro amico e collega; Matilde, invece, mi disse che il suo era completamente scarico, ma che il dottore le aveva consegnato gli effetti personali rinvenuti addosso ad Anaïs e fra questi c'era anche il suo cellulare. Lo presi in mano e provai a sbloccarlo: non c'era blocco. "Si fida la ragazza" pensai sorridendo. Poi composi il numero di Louis e attesi. Ci mise una vita a rispondere, ma quando, finalmente, la linea diventò attiva, non fu la voce di Louis, bensì quella di una ragazza a rispondere.
Ricordai anche la conversazione con Elisabetta, che si era interrotta di colpo. Ero un po' preoccupato: che cosa stava succedendo al St. John?

Era lì che mi stavo dirigendo, dopo una mezzora da quell'ultima conversazione. Alla fine ero riuscito a trovare Louis, al cellulare di Liam (che ci fosse stato un interscambio di cellulari?), ma l'avo trovato troppo scosso per dirgli che cosa era successo, allora avevo minimizzato. Gli avevo parlato solo di Elisabetta e lui aveva detto che lui e Liam sarebbero andati a cercarla. 

Arrivai in ospedale 10 minuti dopo e mi diressi subito nella camera che mi avevano indicato Liam e Louis, ma non li trovai: al loro posto c'era un biglietto. Allora mi diressi in camera di Niall e Harry come mi avevano consigliato: per fortuna il primo era sveglio.
- Ciao bro, come va la testa? - gli chiesi sorridendo.
- Adesso bene - mi disse, ma cambiò subito l'affermazione in un "meglio" quando vide la mia faccia scettica: infatti stava trattenendo, non troppo bene, una smorfia di dolore e continuava a stizzire gli occhi: segno che doveva avere un bel mal di testa.
- Quando sei arrivato? - mi chiese sorridendo. "Povero Niall".
- Cinque minuti fa…Mi dispiace di non essere riuscito a venire ieri sera, ma è successo un casino pazzesco, poi ti racconto - dissi sospirando dalla stanchezza di quella situazione così dannatamente complicata.
Dopo un miao di minuti di silenzio nei quali io ripensai ancora ad Anaïs e a tutto quello che era successo, Niall mi chiese dove fossero Liam e Louis e come mai non erano venuti a trovarlo.
- Sono andati a cercare Elisabetta… Si scusano con te e…con Harry - dissi buttando un occhio al letto dove, speravo, che stesse dormendo il mio amico.
 Niall ci mise un attimo ad assimilare e poi esclamò indignato:
- Chi è Elisabetta?!
Anche quella era una domanda a cui non avevo una vera e propria risposta: io sapevo solo quello che mi aveva detto Liam… 
"Poi io e Louis dovremmo fare due chiacchiere…" pensai. mi resi conto che Niall era ancora in attesa di una risposta:
- Ti spiegherò tutto Niall…- sospirai di nuovo e aggiunsi, per rendere l'atmosfera meno pesante: - Ma tu piuttosto, campione, non azzardarti mai più a farmi prendere uno spavento del genere: ti credevamo spacciato, bro. Che cosa è successo?! - chiesi facendoli una specie di predica, ma con Niall non mi veniva mai bene: semplicemente non riuscivo a rimproverarlo.
Mi ripose che era una storia molto lunga, allora io gli dissi che per una volta avevamo tempo.

Per la prima volta, da quando avevamo iniziato a essere quello che siamo, avevamo tempo.

Niall

Zayn aveva ragione: per una volta avevamo tempo. Allora, decisi di raccontargli perché ero in quell'ospedale, dal principio:
- Ieri sera, quando sono tornato a casa, ho trovato una ragazza sul mio divano. Ho immediatamente pensato che fosse la più bella ragazza che avessi mai visto, un angelo caduto: mi ha mandato immediatamente il cervello e il cuore in pappa - dissi sorridendo - Poi però vidi che piangeva,  allora mi si mosse qualcosa in petto, capii che il mio cuore non era andato distrutto perché sentii un dolore, un dolore forte - Zayn ascoltava senza fiatare: questa cosa mi era sempre piaciuta di lui - mi sentii triste e perso e ebbi l'impulso di abbracciarla. Quando lo feci notai che era molto fredda e che respirava appena. Allora mi spaventai e, per fortuna, chiamai immediatamente l'ambulanza, che arrivò e che ci portò immediatamente qui.
Feci una pausa, non sapendo bene come continuare. Zayn mi appoggiò una mano sulla spalla con fare rassicurante.
- Da quel momento non l'h mai lasciata, ma ero talmente in panico: non sapevo proprio cosa fare e i paramedici mi facevano un sacco di domande a cui io non sapevo rispondere. Allora ho chiamato Harry, sperando che fosse ancora sveglio, l'ho trovato e gli ho chiesto di venire subìto qui. Sono rimasto sempre con la ragazza, ma la sua condizione non mutava, anzi, secondo i dottori rigettava qualsiasi cosa provassero a dargli come nutrimento, anche per via venosa: il suo corpo non assimilava niente e continuava a dimagrire molto velocemente, era impressionate.
Feci un altra pausa: ripensarci mi sconvolgeva ancora.
- Alla fine, molto stanco e intorpidito dalle molte ore trascorse in quella stanza nella stessa posizione, decisi di andare a prendere un caffè e allora vidi Lyuum, Lou e Hazz. Hazza era fuori di sé, lo vedevo da lì. Lyuum ha cercato di trattenerlo, ma gli è stato impossibile, allora Lou è scattato verso di me e ha preso Hazz per un braccio, si è sentito un rumore terribile, credo gliel'abbia rotto, dopodiché Hazza è crollato a terra, lasciandoci tutti in stato di shock. 
Dopo mi sono risvegliato qui, ricordando tutto e non potendo fare niente.
Conclusi il mio discorso con un enorme sospiro, poi rialzai gli occhi su Zayn e lo trovai pensoso. 
Non feci neanche a tempo a richiamarlo che la voce di Harry ci giunse alle orecchie come un borbottio tipico di chi si è appena svegliato:
- Dove mi trovo?
- Non fare il finto tonto, Hazz…! - disse Zayn.
- Grazie per l'accoglienza! Credo di essere appena tornato dal mondo dei morti…- continuò a borbottare il primo.
- Sei un coglione e basta. - lo rimproverò il secondo. 
Il mio sguardo schizzava da uno all'altro, manche stessi guardando una partita di tennis…
- Ma perché?! - chiese stizzito il primo.
- Perché hai traumatizzato Nialler. - gli rispose secco Zayn.
- Non mi ha… - provai a ribattere io.
- Zitto tu! - mi tappò la bocca Zayn.
- Si può sapere che ti è preso?! Ti sei di nuovo fatto di crack? 
- No! Non lo so neanche io che mi è preso… - disse grattandosi la testa. Mi sembrava molto contrito e dispiaciuto.
- Harry - iniziai io, richiamandolo - non so che ti sia preso, non mi interessa: io ti perdono. Ti voglio bene, bro, ma dobbiamo cercare di capire che cazzo è successo.
- Grazie Nialler… - disse Harry a mezza voce per l'emozione.
- Giusto, cerchiamo di capirlo. - disse Zayn.
Doveva essere molto stanco, povero Zayn: non credevo di averlo mai visto perdere le staffe così, neanche per me.
Riassumemmo velocemente a Harry come mai l'avevo chiamato e il suo commento fu:
- Ma come… Nialler… Mi avevi detto che mi reputavi la persona più affascinante della terra. - lo disse con un tono talmente cretino che scoppiai a ridere, ma si prese un cuscino in faccia da parte di Zayn (che non so da dove l'abbia tirato fuori).
Zayn ci spiegò velocemente quello che gli aveva detto Liam su Elisabetta e quello che sapeva lui.
Facemmo il punto della situazione:

1) Dovevamo trovare Liam, Louis e quindi Elisabetta.

2) Dovevo andare a trovare la ragazza, il mio angelo e vedere come stava e scoprire chi era.

3) Dovevamo fare chiarezza su come Harry avesse avuto un attacco d'ira simile.

4) Dovevamo chiamare qualcuno della direzione, magari Paul, che facesse chiarezza…"burocratica".

5) Zayn ci doveva ancora raccontare come mai non fosse riuscito a venire prima.

Soddisfatto della lista che avevo fatto la esposi agli altri, che convennero con me che andava bene.
- Allora Zi…? - chiese Harry impaziente.
Zayn ci spiegò velocemente cosa era successo e l'atmosfera nella stanza divenne improvvisamente molto pesante.
- Credo di non aver capito bene… - sussurrai, incapace di assimilare quello che avevo appena sentito - Perrie e Matilde hanno investito Anaïs che si è buttata di proposito sotto la loro macchina?
- Esatto. - rispose Zayn grave.
- Io devo chiamarla… - disse Harry quasi in trance.
- Non ti risponderà… - disse Zayn - ha la batteria completamente andata, Olly ha rotto il telefono di Perrie e quello di Anaïs ce l'ho io.
- Allora devo andare a vedere come sta. - disse lui testardo.
Stava per alzarsi quando gli prese un capogiro e per poco non cadde dal letto.
- Non fare l'idiota: sta giù tranquillo! Non riesci neanche a stare in piedi. - lo rimproverò Zayn, spingendolo gentilmente di nuovo contro i cuscini.
Harry non rispose nemmeno, guardò la porta con aria più che sconsolata: mi faceva davvero una gran tristezza.
La stanza mi sembrava improvvisamente più piccola… Dovevo uscire da lì: avevo bisogno di aria.
Stavo per "saltare" giù dal letto, quando la porta si aprì con uno scatto violento facendo entrare qualcosa, o meglio, qualcuno, che girava furiosamente su sé stesso: una trottola vivente. 
Io che non l'avevo riconosciuto rimasi molto sorpreso a sentire Harry che esclamava:
- Zio Simon! Che ci fai qui?! 
Simon Cowell non mi era mai apparso così "disordinato" in vita mia, anzi, a dir la verità non credo che qualcun altro l'abbia mai visto in uno sta o così confuso e… smarrito?
"Simon Cowell smarrito?! Il modo gira al contrario da un paio di secondi a questa parte!" esclamai nel mio cervello e non potei fare a meno di abbozzare un sorriso: era semplicemente ridicolo. 
Evidentemente l'ultima parte della frase dovevo averla detta ad alta voce perché sentii Zayn borbottare:
- Facciamo da un paio d'ore a questa parte.
- Ragazzi! - esclamò Simon cercando in vano di sistemarsi come poteva, ma quando vide che era inutile lasciò perdere, ma riprese la sua solita aria severa che incuteva terrore al primo sguardo.
Per chi non lo conosceva quella era la "facciata", ma dietro c'era un animo generoso e cordiale , quello che avevo imparato a conoscere subendo una bella dose di lavate di capo e situazioni scomode, un prezzo da pagare.
- Ragazzi… - si guardò in torno con fare sempre più autoritario - Dove sono Liam e Louis? - chiese repentino.
Ecco il Simon Cowell che conoscevo.
Ci guardammo non sapendo bene cosa dire, in fondo non lo sapevemo.
- Nell'ospedale…? - azzardò Harry incerto: a lui in particolare "Zio Simon" metteva sempre una certa soggezione, solo che non l'avrebbe mai confessato.
- Grazie Harry - rispose Cowell sprezzate - Questo lo sapevo già.
- Qualcun altro? - chiese poi rivolto a noi due.
Io guardai Zayn disperato: salvami-tu-ti-prego. Zayn non mi deludeva mai, per fortuna:
- Stavo giusto per andare a chiamarli - disse pacato. 
Harry lo guardò strano, lui, per tutta risposta, alzò le spalle indifferente.
Io mi misi a ridere, ma tacqui immediatamente sotto lo sguardo indagatore di Zio Simon.
- Lascia - disse, rivolto a Zayn con un tono che non interpretai - Vado io.
- Dove sono? - chiese poi. Aveva capito il bluff?
Adesso era Zayn che ci guardava disperato. 
La tensione aumentava:
- Allora? - ci riprese Simon.
- La stanza qui da parte… - disse Zayn a mezza voce.
- Quale "stanza qui da parte" - chiese on tono indagatore Zio Simon.
- Quella sulla sinistra, la 574 insomma! - sbottò Zayn irritato.
Ci furono un paio di minuti di silenzio nei quali riflettei: quello che aveva detto Zayn aveva qualcosa che non funzionava, ma non riuscivo a capire che cosa…
- Zi, la 574 è a destra - arrivò in mio soccorso Harry: avevo ancora il cervello annebbiato dai calmanti, dopotutto.
- Allora destra o sinistra? - anche Zio Simon iniziava a spazientirsi.
- Sinistra! - esclami io.
- Destra! - esclamò Zayn.
- Sinistra… - aggiunse Harry soprappensiero.
- E sinistra sia! - esclamò allora Zio Simon.
Zayn ci guardò malissimo mente la figura del nostro mentore usciva dalla porta.

To bed continued…


Hiiiii!!!!
Eccomi (finalmente) con un nuovo capitolo. 
lo so che ci ho messo una caterba di tempo ad aggiornare ma non potevo ortare il pc con me in vacanza e quindi... Sorry! :(
Poi come sapete è stato un weekend un po' movimenteto: quante di voi sono andate al San Siro a sostenere i nostri quantomai coraggiosi cinque supereroi? 
Io non ho avuto il piacere, purtroppo. :(
Sarà per un altra volta. :)
Torniamo al capitolo (sto un po'divagando): come avete visto si inizia ad avere il "quadro generale" un po' più chiaro. Questo capitolo, in realtà, è nato un po' di fretta mentre mi chiedevo se fosse necessario spiegare alcune cose poco chiare. Alla fine né uscito quel che né uscito e sono abbastaza fiera di questa "cosa"(?)
Vi anticipo già che il capitolo che seguirà sarà un altro su genere "espicativo" per così dire. Ci sono un po' di cose da chiarire ancora:
Come mai Harry ha regito così male, cosa non si ricorda?
Chi è la misteriosa ragazza che Niall vuole tanto vedere? (Noi lo sappiamo già, nevvero?)
E altre cosuccie che avrete di sicuro "percepito"...
A presto cari ammoratori accaniti 8sempre che lo siate), sennò a presto resto del mondo! ;)
Camy xxx

 

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