Dolce fiore delicato di Calliroe (/viewuser.php?uid=54870)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tra tabacco e incenso ***
Capitolo 2: *** Via dall'incubo ***
Capitolo 3: *** Il signor Molesky ***
Capitolo 4: *** Un dolce fiore delicato ***
Capitolo 5: *** Matrmonio senza amore ***
Capitolo 6: *** Il viandante ***
Capitolo 7: *** Lo scrittore squattrinato ***
Capitolo 8: *** Una moderna Sherazade ***
Capitolo 1 *** Tra tabacco e incenso ***
- Molto tempo fa, mio caro amico, se un
uomo benestante e sposato avesse osato rispondere con così
poco garbo ad una donna, di sicuro in paese le malelingue avrebbero
insinuato che stesse cercando una donna di compagnia.
L’uomo sorrise sotto i baffi, ma la donna finse di non averlo
visto. Sorrise anche lei, a sua volta e, con una punta di malizia,
portò la sciarpa di seta che le avvolgeva il collo vicino
alle labbra, le sfiorò, e poi sorrise ancora, certa che
l’uomo l’avesse notata ancora di più.
- E non è così,
forse?
- Mio signore – disse allora
lei – avete così tanto freddo che vi serve una
compagna per scaldarvi?
A differenza di molti altri uomini, lui non si scompose, e
continuò a sorseggiare il vino senza staccare gli occhi di
dosso alla donna.
- Certo che no, signora mia…
Ho già una compagna a casa che mi scalda il letto a
sufficienza… Mia affascinante signora, mi sono rivolto a Lei
perché so che ha storia da raccontare.
- Che genere di storia? –
rispose.
- Suvvia! – disse lui, con un
po’ di stizza – Un mio amico (che oserei definir
comune) una volta sentì raccontare una strana storia sul suo
passato… E la curiosità non è solo
donna.
La donna smise di toccarsi la sciarpa blu, e si versò
l’ultimo sorso di vino che era rimasto sul fondo della
bottiglia.
- Perché le interessa sapere
il mio passato? – rispose lei, accigliata.
- Sono uno scrittore, forse ha
già sentito parlare di me…
- No – disse lei, secca.
La donna aveva cambiato velocemente umore: non aveva più
voglia di scherzare.
Si accese una sigaretta e cominciò a fumare, senza chiedere
il permesso al potenziale cliente.
Nella sala si mescolò l’odore acre e lievemente
sgradevole di tabacco con quello dolce dell’incenso.
- Me la racconti, quella storia.
– disse l’uomo.
- La sa già.
- La voglio sentire raccontata da lei.
– insistette, lo scrittore.
La donna spense la sigaretta, portò le ginocchia al petto,
chiuse gli occhi; poi cominciò a raccontare la sua storia,
che da tanto tempo cercava di dimenticare.
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Capitolo 2 *** Via dall'incubo ***
Dalle nostre parti ci chiamano “Motyl”,
“farfalle”. Da voi siamo definite semplicemente
“puttane” o, al massimo, donne che si sposano per
denaro.
Io discendevo da una famiglia di rinomate farfalle, ero abituata a
vedere uomini che entravano e uscivano da casa mia, pensando fosse
normale.
Che io ricordi, solo una volta nella mia
vita varcai le porte di una Chiesa da sola: mia mamma era in casa con
un ospite ed io, spinta dalla curiosità, entrai in
quell’imponente edificio – avevo solo cinque anni.
Intinsi
le dita nell’acqua benedetta, mi girai e andai verso la
sacrestia… la voce del prete era piatta, senza sentimento.
Poi…
silenzio.
-
Ecco Satana! Ecco la figlia di una peccatrice nella casa di Dio!
Il prete puntò l’indice contro di me, e in
contemporanea si girarono le poche persone che presenziarono la messa.
- FUORI! – urlò lui
– Fuori dalla casa di Dio, figlia di una peccatrice!
Si alzarono in quel mentre alcune
persone, dalle panche, e avanzarono minacciosamente verso di me: alcuni
di quegli uomini li avevo visti entrare nella mia casa per poi
chiudersi nelle camere, con mia madre: non capivo allora
perché volessero farmi del male…
Scappai, uscii ansimante da quel luogo, verso casa mia. Mentre correvo
cercavo una risposta alle facce arrabbiate dei miei compaesani; non la
trovai e diedi la colpa a quel luogo austero e all’uomo calvo
e smorto, e al suo malefico indice.
Raccontai il fatto a mia madre. Lei non
parve, sulle prime, più di tanto preoccupata; ma una notte
– ricordo che non c’era la luna, quella notte
– mi svegliò di soprassalto:
- Cecylia! Svegliati piccina, svegliati!
Mezza intontita mi alzai dal letto, la presi per mano e la seguii.
Aveva in mano una valigia, nient’altro; scappammo dal retro
della casa, e corremmo verso i campi: era estate, e ricordo che non
c’era luce… il granoturco era persino
più alto di me, vedevo solo la mano della mia mamma, e
correvo, correvo, correvo.
Ad un certo punto mi fermai e cominciai a piangere.
- Zitta! Zitta, o è la fine!
La fine? …
per una bambina di cinque anni, la parola “fine”
non significa nulla. Ma quella parola fu sufficiente per farmi zittire.
Mi girai e osservai il paesaggio e tutto ciò che mi ero
lasciata alle spalle.
- Cosa vide? – volle sapere lo
scrittore, chiaramente interessato al racconto.
La donna fece una smorfia, odiava essere interrotta.
- Vidi, in lontananza, una luce
rossa… e solo dopo, a distanza di anni, capii che era la ma
vecchia casa in fiamme. I miei compaesani, spinti dall’odio
del sacerdote, avevano deciso di “purificare” la
zona…
- … e volevano distruggere
tutto ciò che avevate? – dedusse l’uomo.
La donna sorrise, ma questa volta non era un sorriso malizioso: Simeon,
lo scrittore, ebbe l’impressione che sorridesse per non
piangere.
- No, no… volevano
“purificare” quel luogo: avevano cercato di
bruciarci vive. Devo la vita ad un cliente di mia madre, che ci
avvertì appena in tempo.
Vissi in molti altri luoghi, fino a
quando mia madre non si sposò con un uomo di qualche anno
più vecchio di lei: ricordo che si ubriacava sempre, e anche
mia madre aveva cominciato ad imitare il marito. In quel periodo avevo
quasi quindici anni: ero nel fior fiore della giovinezza, mentre mia
madre cominciava, lentamente, ad appassire; i suoi capelli
stavano diventando argentati, e il suo viso non era più
quello di un angelo.
- Perché mi racconti questo?
– la interruppe Simeon, ancora una volta.
Lei sbuffò, infastidita dall’ennesima domanda.
- Perché mia madre era gelosa.
– sospirò la donna - Molto. Odiava
andare in paese e vedere che, quando i giovani si giravano, era per
guardare me, non lei. Nessuno più la voleva come compagna:
è difficile per una donna, abituata ad essere al centro
dell’attenzione, essere soppiantata da
un’altra… Più invecchiava,
più diminuivano i guadagni… E il mio patrigno,
più si accorgeva che i soldi scarseggiavano, più
alzava il gomito e diventava irascibile…
Un giorno a casa mia madre
tornò senza soldi, e il mio patrigno si arrabbiò,
moltissimo: la picchiò, e io mi gettai su mia madre per
difenderla.
Fu solo allora che lui
si accorse di me: cambiò subito comportamento, mi
accarezzò il viso…
-
Manda lei, domani, al tuo posto. – disse quello,
guardandomi dritta negli occhi.
Ci misi poco a capire cosa intendesse.
Lo guardai stordita, e poi mi girai per vedere se mia madre mi avrebbe
difeso; ma quella alzò le spalle, e tacitamente
acconsentì, andò verso la cucina; la seguii,
frastornata.
- Mamma, mamma… no!
– singhiozzai.
Lei si girò e mi disse:
- Cecylia, è ora che tu paghi
il prezzo della tua bellezza.
- Capisci? – disse la donna,
rivolta all’uomo – mia madre era gelosa…
lei, mia madre! Era gelosa del tempo che passava, che trascorreva anche
per lei…
- E poi? – la
incalzò lo scrittore.
- Poi scappai.
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Ciao a tutti! Come mi è stato suggerito, ho cercato
di migliorare la grafica... Perdonatemi, ma in quanto a tecnologia sono
proprio una frana.
Ne approfitto, per questo,
per ringraziare Fioraliso,
che ha [letteralmente parlando] buttato via una mattinata intera per
spiegarmi come scaricare il programma e come usarlo...
.... e in primis un ringraziamento
speciale va alla mia beta-reader,
Kikkina90.
Grazie
di cuore, ragazze.
... e grazie anticipatamente a tutti coloro che mi diranno con
sincerità
cosa ne pensano di questa storia!
A domani!
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Capitolo 3 *** Il signor Molesky ***
Senza pensarci due volte, uscii a grandi
passi da casa, e nessuno cercò di fermarmi: forse non
credevano che avrei avuto il coraggio di abbandonarli.
Si sbagliavano.
Vagai tutta la notte, terrorizzata su
cosa mi sarebbe successo se fossi tornata di nuovo a casa…
Mi accorsi troppo tardi di essere stata sciocca, di non aver portato
nulla con me… Ma era troppo tardi per piangere sul latte
versato, e tornare indietro: così, continuai a camminare
alla cieca, senza una meta, affidandomi solo al mio istinto.
Era spuntata da poco l’alba, quando incontrai un contadino
che passava con un carretto trainato da un mulo, con
l’intento di raggiungere il mercato della città
più vicina; lui, appena mi vide, si fermò, ed io
salii di fianco a lui e arrivammo alla meta scambiandoci solo poche
parole di circostanza.
Quella notte, sola e impaurita, feci uno
dei miei primi, solenni giuramenti: sinceramente scossa da quello che
il mio patrigno mi aveva fatto (e, prima di lui, spaventata da tutto
l’odio che avevo visto negli occhi dei clienti di mia madre,
quando avevano deciso di bruciarci vive) giurai che mai e poi mai mi
sarei sposata con un uomo, che non mi sarei mai legata sentimentalmente
con uno di loro.
- E fu così? – le
chiese lui, impressionato.
- No, ovviamente no! - La donna aveva
ripreso il suo buon umore.
Il rossetto già se ne stava
andando, e aveva perso quella studiata compostezza con cui aveva
accolto l’uomo; mentre parlava, ora, sembrava una donna come
tante, a tratti persino una bambina innocente… non una
squallida prostituta che lavorava fino a tarda notte, per guadagnarsi
da vivere.
Simeon si scoprì ammirare le
labbra di quella donna, quando si rese conto che lei intanto
– ignara degli sguardi dello scrittore – stava
proseguendo con la sua storia.
Conobbi un uomo, pochi mesi dopo. Era
ricco, sposato, discendeva da una ricca famiglia… ma, come
molti altri uomini, era infelice. E vedendomi sola, innocente,
bella… decise che sarei stata sua. Era un uomo influente,
riuscì ad accelerare le procedure per
l’affidamento e infine mi adottò, mi
portò a casa sua… ricordo ancora con che
freddezza mi accolse la moglie. Mi condusse in una stanza,
scaraventò i pochi bagagli che avevo per terra, e poi
sibilò:
- Vattene.
Ma pochi attimi dopo comparve il consorte, e lei diventò
un’altra, tutta sorrisi e moine.
Nessuno, a parte chi viveva in quella
casa, sapeva che ero diventata l’amante del signor Molesky.
Ma passarono i mesi, e a poco a poco cominciai a prendere il posto
della moglie del signor Molesky uscivo con lui, presenziavo alle
feste… la mia stanzetta angusta era diventato
l’alloggio della moglie, ora io condividevo senza problemi la
camera da letto che un tempo era stata sua.
Il signor
Molesky mi presentava come “la sua bambina” o
“il suo fiore delicato”, e in pochi ormai non
avevano capito che ero molto più di una semplice figlioccia.
- E così, ti sposasti con lui?
– chiese, divertito, lo scrittore.
Per qualche oscuro motivo a Cecylia, quell’uomo trovava
divertente che si fosse sposata con il signor Molesky.
- Sì, poco dopo la morte della
moglie. Alcuni dicono che sia morta di crepacuore, vedendo me con suo
marito… ma non mi sento in colpa: non avevo deciso io di
diventare l’amante di suo marito. E, in ogni caso, se non
fossi stata io, sarebbe stata un’altra.
- Lo amavi? – chiese allora
Simeon, scettico.
- Questa, signore, è una
domanda indiscreta.
- Allora non lo amava – disse
lui, sicuro di sé.
Lei non rispose, e guardò fuori dalla finestra.
- Signore, sta spuntando
l’alba. È meglio se se ne va’.
- Ma io… - protestò
lui – io… voglio sapere la fine.
Una sonora risata rimbombò nella stanza.
- Quando mai nelle storie
c’è una fine? Anche la principessa, un giorno,
dovrà dire addio al suo principe azzurro… e le
storie di Sherazade, la principessa delle “Mille e una
notte”, non avevano mai fine…
- Posso venire domani sera? –
disse lui – Devo sapere…
- No – disse lei, risoluta.
– Devo lavorare, non posso perdere tempo così.
L’uomo non disse nulla.
Tirò fuori alcune banconote, e le appoggiò sul
tavolo. Poi guardò di nuovo la donna, prese il cilindro e
uscì; prima di chiudere la porta, bisbigliò un
– A domani, fiore
delicato, e poi sparì.
Sparì, come avevano fatto molti altri uomini prima di lui.
Ma la donna era
sicura che la sera dopo lo avrebbe rivisto.
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Capitolo 4 *** Un dolce fiore delicato ***
- Buonasera, mio dolce fiore delicato.
– dicendo questo, Simeon porse un piccolo giglio alla donna.
Chi per la prima volta potesse sentire queste parole, penserebbe
inevitabilmente ad un innamorato intento a parlare con la sua bella.
E per quanto la donna in questione possa
essere ben lungi differente da un fiore delicato, credetemi, gli
innamorati hanno il terribile difetto di essere ciechi alla cruda
realtà, e fermamente convinti che la loro donna sia di gran
lunga la più bella del paese.
Ma qui stiamo parlando di amanti, non di innamorati… e la
differenza, credetemi, non è sottile.
A differenza degli innamorati, gli
uomini si creano un’amante consapevoli che quella non
è di certo la donna più bella, ma di sicuro
servizievole e discreta… ed è proprio questo che
gli uomini cercavano in Cecylia.
- Certo, certo –
assentì l’uomo, nel corso di una lunga discussione
– d’altra parte, è difficile che di
questi tempi si riesca a trovare una brava donna che sappia tenere la
lingua a freno.
- Fossi in lei, non mi farei troppo
sentire in giro con massime di questo genere, signore – lo
canzonò - … ad ogni modo, non ho voglia di
discutere: mi state facendo perdere tempo prezioso.
L’uomo mise un mazzetto di banconote sopra il tavolo.
- Tempo preziosissimo, certo, che
verrà debitamente apprezzato. – rispose, alludendo
al denaro che aveva appena versato.
La donna lo prese e, senza troppe cerimonie, controllò che
le banconote non fossero false.
- Non si fida di me? – chiese
lui, indignato.
- Non mi fido della gente. –
disse lei, prontamente.
Scese un attimo di imbarazzante silenzio, fino a quando Simeon non lo
infranse:
- Dov’eravamo rimasti?
– disse, abbozzando un sorriso.
- Me lo dica lei.
- Fa la preziosa, eh? Mi stava ancora
parlando del suo primo amante…
- … lei si sbaglia, gli stavo
parlando del mio primo marito.
L’uomo strabuzzò gli occhi, e ripeté ad
alta voce le parole della donna.
- IL suo primo marito? … Vuole
forse dire che non fu l’unico uomo con cui si
sposò?
- Sia paziente, mio buon
scrittore… avrà tutte le risposte che vuole
– e poi bisbigliò – ma a tempo debito.
La donna si accese una sigaretta, e continuò:
- Il signor Malesky, vedete, è
sempre stato una persona… sciocca, ecco. Non sopportava
essere superato da qualcun altro, meno che meno da una donna.
– poi inarcò le labbra, abbozzando un sadico
sorriso – Non mi voglio soffermare troppo sui suoi difetti
(mio buon signore, Non basterebbe una notte soltanto!)… Dico
solo che, per non essere da meno, seguì sua moglie nella
tomba pochi anni dopo...
- Non credo, signora, che
quell’uomo sia morto solo per ripicca. – rispose
Simeon, indignato da una tale affermazione.
- Voi, che siete uno scrittore, dovreste
conoscere meglio di me i comportamenti umani! – Cecylia rise
– gli uomini a volte sorprendono… Sono viziosi e
capricciosi… Si accontentano di poco… Prendiamo
lei, mio caro scrittore: è sicuro che tra qualche notte le
basteranno solo le mie parole?
L’uomo arrossì, bisbigliò qualche
parola che suonava come un – sono sposato -, e
incitò la prostituta a continuare la sua storia.
- Quello che però ieri notte
mi ero dimenticata di accennarvi – continuò lei -
è che i due coniugi avevano in realtà un figlio:
giovane, bruttino, aveva qualche anno più di me; ricordo che
non fu presente, il giorno del matrimonio mio con suo padre: vedeva in
me, come molti altri, un pericolo… e, infatti, dopo la morte
di suo padre, giustamente il giudice mi assegnò (nonostante
le proteste del figlio) una buona fetta
dell’eredità.
Fu forse allora che cominciai a guardare
quell’uomo sotto un'altra ottica: non era più il
bambino viziato e capriccioso, ma un potenziale nemico e, allo stesso
tempo, un’opportunità per arricchirmi.
- Insomma, mi state dicendo siete sempre
stata una donna avida e egoista, interessata solo al denaro…
- la canzonò lo scrittore.
- … credetemi, sono cresciuta
vedendo la propria casa sempre piena di uomini, ben conscia che loro
sono l’unico motivo per cui la sera puoi concederti un tozzo
di pane… Con quell’uomo, avrei potuto benissimo
non limitarmi alla sopravvivenza, ma vivere dignitosamente fino alla
fine dei miei giorni…
- Evidentemente lui aveva capito che voi
eravate più interessata al denaro che a lui. –
disse l’uomo, alludendo al fatto che adesso la donna faceva
il lavoro più antico del mondo, lo stesso lavoro che per
generazioni avevano svolto le sue ave…
L’uomo pensò alla sua figlioletta,
pregò che lei non finisse nella strada, come quella povera
donna che aveva di fronte.
- No, no – la donna sorrise
– ed è proprio qui che vi sbagliate: ci volle
poco, pochissimo tempo,
per persuaderlo a sposarmi.
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Capitolo 5 *** Matrmonio senza amore ***
Fu così che la vedova del signor Malesky sposò il
suo figlioccio, poco tempo dopo, evitando di sperperare il patrimonio
familiare.
Sono sincera: lui non fu mai veramente innamorato di me; suo padre
sì, suo padre, mi amava: eppure, più penso a come
mi trattava, più sono convinta che per lui non ero una
semplice sgualdrina, bensì una figlioletta. Ad ogni modo,
suo figlio, invece, non sopportava i romanticismi del padre,
né mi portò mai con lui alle feste, anche dopo il
nostro matrimonio… penso si vergognasse, di me.
- Si vergognava? Di una donna bella come
lei? – chiese Simeon, stupefatto.
Cecylia finse di non averlo sentito, anche se lo scrittore
capì che la donna si era piacevolmente rallegrata di quel
commento; e lei, guardandolo dritto negli occhi, continuò il
suo racconto.
Gli anni passati con mia madre erano stati squallidi, senza
dubbio… ma, almeno, da piccola ricevevo quotidianamente
qualche gesto d’affetto da parte di mia madre, che tra una
pausa e l’altra tra i suoi clienti mi faceva le carezze, mi
portava a passeggiare al fiume, mi rimboccava le coperte quando andavo
a letto.
Lei mi ha chiesto, ieri, se amavo il
signor Malesky: ebbene, no, non lo amavo. Ma nemmeno lo disprezzavo:
era il padre che non avevo mai avuto, era un amante dolce e
premuroso…
…suo figlio, lui sì, che l’ho
sempre odiato.
- L’unico motivo per cui gli
sono rimasta fedele per tre anni è che, in tutto quel
periodo, non vidi mai nessun altro uomo al di fuori di lui…
Incredibile!
– pensò lo scrittore
- … e non esagero: anche se
non mi amava, era pur sempre molto geloso di me. Furono forse gli anni
in cui fui più infelice, ma allo stesso tempo imparai un
insegnamento che mi fu utile tutta la vita.
- Quale? – chiese Simeon.
- Prima di allora, ero convinta che il
vivere bene fosse il mio unico scopo di vita… al tempo,
seppur ricca, con gioielli ai polsi, collane, servitù, mi
sentivo sola, spaesata. Mio marito cominciò persino a farmi
ribrezzo: dormivamo in camere separate, ognuno conduceva la sua vita
lontano dall’altro, mangiavamo in orari diversi per non
incontrarci…
Lo scrittore la interruppe, abbozzando un sorriso sornione mentre
pronunciava queste parole:
- Dovrebbe essere così, un
matrimonio, per non rovinarsi… dopo poco, è
questo non lo dico io, ma le persone dotte, l’amore
scompare…
- Già – lo
interruppe lei – però come la mettiamo se
l’amore non è mai esistito?
Cecylia, dopo aver lanciato quella domanda retorica,
continuò con voce piatta il suo discorso: era distaccata,
come se stesse raccontando una storia passata, non la sua storia.
- Terribile, davvero terribile. Un giorno
mi svegliai da sola, nel letto, e capii che mi serviva al
più presto un uomo… e feci la cosa più
sbagliata che potessi fare.
- Cosa? – chiese lo scrittore,
sempre più interessato dal passato della donna.
- Cercai un amante.
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Capitolo 6 *** Il viandante ***
Passai diversi mesi uscendo dalla finestra, evadendo come una piccola
ladra da quella prigione che era la mia casa, e andavo a frequentare un
bar malfamato, dove ogni tanto trovavo qualcuno desideroso
d’affetto, come me.
- Perciò ricominciaste a fare
il lavoro di tua madre e delle tue antenate… una specie di
tradizione, insomma. – dedusse Simeon.
- Non offendetemi – lo
intimorì lei – lo so, per molti noi siamo soltanto
delle donne disperate che vendono se stesse per tirare avanti. Per me
era diverso: nel mio lavoro, fateci o meno ironia, ho sempre messo
tutta me stessa… e se un uomo non mi piace, lo rifiuto
subito, gli dico – No, grazie, e continuo a passeggiare per i
viali, come niente fosse.
Lo scrittore si morse il labbro, poi la guardò attentamente:
se la prima volta era venuto da lei, convinto di poter trovare una
donna facile a pochi soldi, ora si convinse che non era così.
Quella donna, con la sua dignità, per quanto grottesca fosse
la situazione, amava il suo lavoro.
O forse, amava essere amata. Chi non
è mai stato amato, non può capire cosa significhi
amare: il cuore ti batte dentro il petto, quando la vedi con un altro,
abbracciata e felice… perché, senza nemmeno
accorgersi, ricordi i bei momenti passati insieme, i sussurri, convinto
che lei ti appartenga, e che non potrà mai essere felice
come lo era con te…
- Hai mai amato, veramente? –
le domandò lo scrittore.
- Poche volte… una, in
particolare.
Simeon guardò Cecilia stupito.
- Davvero? – disse,
appoggiandosi allo schienale.
- Che c’è, sei
stupito che una donna come me, una motyl, una puttana, possa veramente
amare? Non siamo bestie, abbiamo anche noi un cuore, una mente.
- E chi era il fortunato?
- Non l’ho mai saputo.
– rispose Cecylia.
- Come?!? Non fu uno dei tuoi tanti
mariti? – chiese lui, con ironia.
- “Si ama perché si
segue il cuore, ci si sposa perché si segue il conto in
banca”… è un po’ crudo, lo
ammetto, ma per me è così.
- E quell’uomo? –
domandò lo scrittore.
La prostituta alzò gli occhi al cielo, tuffandosi nei
ricordi, e a mezza voce sussurrò:
- Lo incontrai, in una delle mie tante
fughe da casa, una sera d’Aprile.
Era un viandante… non era né bello, né
brutto, eppure aveva uno sguardo capace di sciogliere il cuore anche
alle donne con il cuore di ghiaccio.
Mi si avvicinò e mi bisbigliò
all’orecchio:
- Anch’io, ho bisogno di amare.
Ho anch’io una moglie… e come te non la amo. I
giorni sono tediosi e, con una scusa, mi sono allontanato da lei, in
cerca…
- In cerca di cosa? – gli
domandai
- In cerca di una donna che mi possa
amare veramente, una notte soltanto.
Lo scrittore la guardò.
- Come fate a sapere, che vi amava
veramente? Che era lui, uno dei pochi prediletti, che avreste potuto
amare…
- Certe cose si sanno, non hanno bisogno
di spiegazioni. – rispose lei, stupita che lo scrittore non
lo avesse capito da solo.
- No, non sono
d’accordo… - ribatté Simeon.
- Lo credo.
- E con questo, cosa intende dire?
– chiese lui, lanciandole uno sguardo perplesso.
Cecylia lo guardò; poi, senza nemmeno che lui se ne rendesse
conto, lei lo baciò.
L’uomo rimase lì, in bilico, non sapendo cosa
fare. Lei si staccò da lui, e disse:
- Vedete, mio buon signore? Adesso ne ho
la prova: voi non avete mai amato… come potete scrivere
dell’amore, se non ne avete mai assaporato
l’essenza? Il vostro bacio v’incrimina, parla da
sé…
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Capitolo 7 *** Lo scrittore squattrinato ***
L’uomo si alzò di scatto, furibondo; le mani gli
tremavano, la voce era un convulso.
- Come… Come… Come
vi permettete! Sono un uomo sposato! – disse, e facendo
questo cominciò a girare senza meta nella stanza –
Sono un uomo perbene! E felicemente sposato!
- Non lo metto in dubbio –
disse lei, tranquilla.
Lo scrittore prese il cappello, lo rigirò tra le mani e, con
frenesia, raggiunse a passi svelti la porta.
- Non... Io non… Non
rimetterò mai più piede, mai più, in
questa squallida casa d’appuntamento!
- Non ne sono sicura! – disse
lei, sorridendo.
Con grazia e calma, sorprendendo chiunque, si alzò e
accompagnò il cliente alla porta.
- Ci rivedremo, presto o tardi, e lei lo
sa.
- Oh no, NO!
- Vedrai – disse lei,
appoggiandosi all’uscio della porta, sussurrando dolcemente
– Arriveranno giorni, mio caro scrittore, che sarai
ossessionato dal mio ricorso… Sarò sempre con te,
nei tuoi pensieri, sempre… e nemmeno la morte ci
separerà…
L’uomo uscì, raggiunse l’altra sponda
della strada in un baleno; il buio inghiottì la sua figura,
mentre Cecylia rimaneva con gli occhi incollati alla boscaglia,
pregando di vederlo ricomparire da un momento all’altro.
Lo scrittore rimase parecchi mesi, a ripensare a quel giorno. O meglio,
a quella notte… sembrava un sogno, irreale…
Ricordava la figura snella di Cecylia, le sue rughe attorno alle
labbra, il suo fare provocante la prima sera che l’aveva
incontrata…
Ricordava persino il suo modo di fumare,
con che naturalezza fumava le sigarette e andava ad accendere le
candele e gli incensi…
Pensava a lei. Ogni
giorno.
Cecylia l’aveva maledetto, di questo ne era sicuro.
- Simeon! Simeon!
Lo scrittore si risvegliò tutt’un tratto:
s’era assopito ancora una volta, leggendo il giornale.
- Scusami, mia cara – fece lui
di rimando alla moglie - Mi ero così concentrato
che…
- SMETTILA!
- … Cosa? –
alzò gli occhi dal giornale, e incontrò il corpo
tozzo e massiccio della moglie. Stringeva le mani sui fianchi, e quella
posa la faceva sembrare ad una grassa gallina – Smettere di
fare cosa, moglie mia?
- Sei… Sei impossibile! Rimani
tutti i giorni a leggere ed oziare… Papà
è stanco di farci prestiti, lo sai… e tutti noi
vogliamo vedere il tuo libro, quello che tanto avevi annunciato pochi
mesi or sono!
- Cara, mia cara… - disse lui,
in tono grave, scotendo la testa – Tu non capisci…
Non ho l’ispirazione…
- L’ispirazione?
L’ISPIRAZIONE? Sai meglio di me, che non potremo continuare a
nutrirci di speranze! Tua figlia, tra poco andrà a scuola! E
i libri costano! E…
- Ve bene, va bene! – disse
lui, sbottando.
Scappò dalla stanza, lasciandosi dietro le urla della
moglie.
Simeon vagabondò per la
campagna, finché senza accorgersi raggiunse una ben nota
fattoria. Scosse le testa, chiedendosi se fosse o meno un caso che
fosse capitato davanti alla casa di quel caro amico comune a lei e
Cecylia, che molto tempo prima gli aveva parlato di una prostituta con
una bella storia da raccontare.
Il proprietario del casolare – nonché amico comune
di Simeon e Cecylia - era un uomo alto, robusto, con la barba
vecchia di qualche giorno e mal rasata; si avvicinò allo
scrittore e gli diede un pacca amichevole sulla spalla.
- Simeon! Vecchio scrittore squattrinato!
- Sempre gentile come sempre, eh, Joakim?
- Andiamo, andiamo… lo sai che
non sono un tipo da cerimonie! – facendo questo,
passò una mano sulla pancia, così grossa che, se
Joakim fosse stato una donna, sarebbe sembrata incinta di otto mesi.
– Entra dentro, compare! Di questi tempi, se non ci fosse un
bicchiere di vino per tirarsi su di morale, la vita non avrebbe
attrattive!
Simeon entrò nella cucina,
facendo attenzione a non pestare le vecchie bottiglie di liquori sparse
in giro per la casa. I due vecchi amici chiacchierarono per
un’ora, fino a quando il vino non sciolse del tutto le loro
lingue: solo allora, Simeon si fece forse, e gli chiese:
- Joakim, hai più notizie di
Cecylia?
Joakim riservò all’amico un occhiata strana.
Poi, inspirando profondamente, appoggiò il suo bicchiere nel
lurido tavolo, e raccontò all’amico tutto
ciò che sapeva.
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Capitolo 8 *** Una moderna Sherazade ***
- E’ morta, Simeon.
Nella stanza scese un silenzio di tomba.
I due uomini rimasero immobili, per qualche minuto, studiandosi a
vicenda; poi, Simeon vuotò con un solo sorso tutto il vino
che gli era rimasto.
Joakim, vedendo che l’amico aveva ormai il bicchiere vuoto,
non si azzardò nemmeno a riempirglielo.
Lo capiva, capiva cosa stesse pensando
l’amico.
- Si era innamorata, lo sai?
- Chi?
- Cecylia. Si era innamorata di te.
- Non dire sciocchezze.
- Me l’aveva detto lei stessa.
Lo scrittore lo guardò, a bocca aperta.
- Era ammalata, Simeon: quella donna era
molto ammalata. Gli ultimi tempi non riusciva nemmeno a guadagnare
abbastanza per comprarsi le medicine… D’altronde,
mi aveva detto risoluta di non volerne. Aveva vissuto abbastanza, aveva
provato tutto ciò che c’era da provare.
- Perché non…
non…
- Perché non è mai
venuta a cercarti? – Joakim tolse le parole di bocca
all’amico – Perché non ne aveva bisogno,
Simeon, eri tu che avevi bisogno di lei. Perché, piuttosto,
tu non sei andato a cercarla?
- Io… io … -
balbettò – Sono sposato, lo sai…
- E cosa centra, questo? –
Joakim alzò le spalle, e borbottò –
Andiamo, di tua moglie eri stanco ancor prima di
conoscerla!… Ti conosco troppo bene, vecchio mio!
Altrimenti, perché mai ti avrei fatto conoscere Cecylia? Vi
conoscevo… sareste stati bene, insieme. Anche se solo per
poco.
- Vuoi dire… vuoi dire che
Cecylia mi ha mentito? Mi ha mentito per… perché
fossi attratto dai suoi racconti? Per tutto il tempo?
- Oh no, no, stupido… la sua
storia, quella è tutta vera…
Simeon si alzò, troppo confuso per riuscire ad articolare
qualsiasi discorso sensato.
Salutò l’amico, s’incamminò
per la strada.
Come era già
successo prima, camminò senza sapere dove andasse, seguendo
l’istinto, come un cucciolo smarrito.
Il caso – ma fu veramente solo
quello? – lo ricondusse per la boscaglia, ed egli raggiunse
poco dopo la casa di Cecylia… Quella dove un tempo aveva
incontrato una donna, che oltre al suo corpo riusciva con la sua storia
a vendere persino la sua anima.
Una moderna Sherazade.
Simeon aprì la porta, ed entrò nella stanza: era
più spoglia, e in disordine: i vicini avevano probabilmente
rubato di tutto ciò che ancora poteva essere utile.
Sebbene non fossero stati accesi incensi da molto tempo,
l’odore era rimasto quello di sempre.
Scavalcando tende buttate per terra,
lenzuola rotte e cocci, raggiunse quello che un tempo era stato il
trono della sua Cecylia: un divano dalle forme strane, ricoperto da un
telo ricamato, con dei disegni così particolari che i
contadini del luogo dovevano aver giudicato troppo audaci per i loro
gusti.
Simeon si sedette, con il cuore in gola.
Toccò i cuscini, inspirò a fondo il loro profumo.
Ma urtò su qualcosa di spigoloso.
Un diario.
Lo aprì, pensando che un tempo l’enigmatica
Cecylia lo aveva aperto più volte, lo aveva sfiorato con le
sue dita sottili. Trovò un fiore schiacciato tra le pagine
– il suo fiore, il giglio che lui le aveva regalato tempo
prima!
Simeon raggiunse la prima pagina e lesse avidamente questa scritta:
Memorie
di Cecylia – un dolce fiore delicato
e più in basso, una calligrafia elegante riportava queste
parole:
Mio caro Simeon, ti
conosco troppo bene: non sarai riuscito a scrivere nemmeno una parola,
per paura di tradire i miei segreti. Ti faccio un dono, che credo non
riuscirò mai a consegnarti di persona.
Ti dono con questo libro non solo la mia storia, ma anche la
mia anima.
So che mi rimarrai fedele, per sempre: e che ogni volta
rileggerai questo libro, ripenserai ai nostri incontri, al nostro
bacio…
E così, presto o tardi, ci rivedremo:
“presto o
tardi, ci rivedremo”… le parole di Cecylia, che
aveva pronunciato l’ultima notte
che si erano incontrati, suonavano ancora insistenti nella sua mente
e questo non
sarà solo per una notte...
... Ma per
l’eternità.
Cecylia.
Lo scrittore chiuse il libro.
Andò a casa, e nel giro di poco tempo lo pubblicò.
Diventò ricco.
Diventò famoso.
Ma ciò che è più importante,
è che non si dimenticò mai di Cecylia.
Si risposò – certo! – ed ebbe altri
figli… Figli che crebbe dalla rendita di quel manoscritto, e
di molti altri libri che scrisse di suo pugno…
Ma Cecylia, la sua Cecylia, rimase sempre con lui. Fino alla fine.
Se ancora oggi andate per quei luoghi e raggiungete una piccola
piazzola, non lontana dai posti di cui vi ho raccontato, troverete la
tomba di Simeon: lo squattrinato scrittore che si fece seppellire,
stringendo tra le braccia il manoscritto della sua amata.
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Ho pubblicato la storia prima del previsto perché
– e questo mi ha fatto molto piacere – una mia cara
amica non stava più nella pelle e voleva a tutti i costi
sapere la fine… :] spero che anche a chi è
arrivato fino alla fine la storia sia piaciuta…
… E se non è
così, per piacere, scrivetemi il perché!
Un ringraziamento con il cuore (ancora una volta) a Kikkina_90 e
Fioraliso… Quest’ultima mi ha messo la pulce
nell’orecchio e mi ha suggerito – involontariamente
– un finale alternativo… Se uno di questi giorni
verrà l’ispirazione, tornerò alla
carica e l’accontenterò :].
E grazie ancora a chi mi ha seguito,
fino alla fine.
Alla prossima storia…
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