Pivelli

di Capitan Vink Harlock
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Arrivo e primi terrori ***
Capitolo 2: *** Il paziente tutto matto ***
Capitolo 3: *** La situazione si complica ***



Capitolo 1
*** Arrivo e primi terrori ***


Aveva finito il quinto anno e doveva fare gavetta. Posso farcela, posso farcela, si ripeteva, ma sarà così? La porta era grande e bella.
“Che stai facendo?” chiese ad un inserviente alto ed allampanato che stava armeggiando con un cacciavite sulla porta d’ingresso, “Niente, rispose lui, è che si è incastrata e non si smuove”. Allora compì il più grave errore della sua vita fino a questo momento e gli disse: “Forse si è incastrata una limetta nel cardine”, allora lui gli fece: “Perché proprio una limetta? Se ci trovo una limetta ti verrò a cercare”
Inquietato ed un po’ disgustato proseguì, dacché era in ritardo mostruoso per la presentazione di benvenuto.
Arrivò in quella che sembrava una vecchia sala operatoria riadattata ad Aula Magna, ma non ci fece caso e si sedette.
“Salve a tutti. Sono il dottor Robert Kelso e sono il primario dell’Ospedale. Ricordate di pensare a me come ad un padre piuttosto che un capo” disse un uomo sulla sessantina, coi capelli ancora parzialmente castani, ma col volto invecchiato da anni di pratica, “voglio solo ricordarvi che qui siamo tutti una grande famiglia! Ora andate e salvate qualche vita! Specializzandi di Medicina ala 1, di Chirurgia, ala 4”
Rumore di sedie e poi il deserto. Mentre usciva, fermò un ragazzo che gli somigliava e gli chiese: “Ciao, come ti chiami?” “Johnny, ma puoi chiamarmi J. D.! E questo è il mio amico Turk, aspirante chirurgo” disse indicando il suo amico, un afroamericano tracagnotto dal volto simpatico. “Ehi, ciao amico, tu sei …” “Benjamin Hent, ma per gli amici Benny!”.


Gli specializzandi si diressero verso il loro primo giro visite, con guida nientemeno che il dottor Kelso. “Allora … Quali sono i sintomi della Sindrome di Turner, dottor …, tentennò scorrendo la cartella che aveva in mano, Hent?”. Sudato e stressato, disse, tutto d’un fiato, quasi come le parole fossero tutt’attaccate: “ Igroma cistico, bassa statura, capezzoli iperdistanziati, sterilità e udito poco sviluppato!”.
Kelso lo guardò e disse: “Esatto, ottimo lavoro, giovane!” poi, dopo un altro po’ di domande, disse “Ora andate dal dottor Cox e fatevi assegnare un caso”
 
Il mio primo caso! Pensava Benny mentre andava dal dottor Cox, che non aveva mai visto, allegro e pimpante. Quando vide Percival Cox il suo entusiasmo disparve. Un volto da schizofrenico contornato da dei riccioli rossi, il tutto impalato su di un corpo alto e muscoloso, che incuteva timore solo al primo sguardo. “Allora, cacasotto, parliamoci chiaro, voi lavorate bene e io non vi succhierò il sangue dal collo per farci un buon punch, d’accordo?” tutti annuirono nervosamente, “Allora, tu strega dell’Est, prendi il signor Drew, stanza 89. Tu, Barbie, prendi … Come? Ah, adesso danno i nomi al circolo degli Insicuri Cronici, Elliott? Comunque, il signor Bronston, in Terapia Intensiva. Tu, Nancy, disse indicando J. D., prendi il colonnello Hartz, stanza 137. Tu, Tippete, disse a Benny, ti pigli Sellert, stanza 41. E adesso, via, via, via!!!!” disse gridando sempre più forte, e tutti scapparono, impacciati.
 

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Capitolo 2
*** Il paziente tutto matto ***


Benny andò dal signor Sellert, pensando a come l’avrebbe salutato … ‘Salve, sono il suo stupendo medico!’ no, troppo pomposo … ‘Sono venuto qui per salvarla!’ no, troppo presuntuoso. Ecco, magari … “Buongiorno, signor Sellert” disse sorridendo, “Sono il dottor Hent e sarò il suo medico” “Buongiorno, recluta!” “Come recluta?” chiese Benny. “Sei nuovo, vero ragazzo? Eh eh, lo sono stato anch’io, ai tuoi tempi!” “Che intende, signore?” “Io sono stato nelle giungle del Vietnam mentre tu ti smanacciavi ancora il cosetto, perciò so che significa essere un pivello!” “Ok …” disse Benny, stranito ed inquietato. Scorrendo la cartella, annunciò trionfante: “E’ solo un’infiammazione della cistifellea, facilmente operabile!”. “D’accordo, ragazzo! Voglio solo una cosa, però” “Dica, disse Benny, e vedrò che posso fare!” “Non voglio assolutamente anestesia” “Ma come?” fece Benny, stupefatto. “Voglio che mi infiliate un portafogli in bocca e mi operiate così, in modo che io possa rivivere l’Ospedale di Guerra!”, rispose quello. “D’accordo, signore” rispose Benny; e se ne andò, sconsolato e pensieroso. “Turk!” sentì Benny gridare da J. D., “non mi hai ancora dato l’abbraccio del giorno!”. “Hai ragione, coso, ma c’è Benny che mi sta parlando di un problema serio …” “Quale?, lo interruppe, Dimmi se posso aiutarti!”. “Non penso, fece Benny, vedi, il signor Sellert vuole che io lo faccia operare senziente, con solo un portafogli in bocca. Cioè, completamente sveglio!”. “Il mio vuole affiggere una svastica sul suo letto, ma gli ho detto che il signor Vasenskij, suo compagno di stanza (tra parentesi, viene dalla Russia) vorrebbe invece una falce ed un martello, e così hanno cominciato a litigare … Il problema è che il colonnello Hartz è cieco da un occhio e il signor Vasenskij è sordo da un orecchio, così il tutto è stato alquanto surreale, sai tipo ‘ sporco comunista, dove diavolo sei?’ (immaginatevi le voci da ultraottantenne babbione) ‘che hai detto, aborto nazista??’ e così via per tutta la giornata … Benny, ci sei?!” “Eh, cosa …?” disse Benny, ridestandosi come se avesse dormito, “Comunque, Turk, cos’hai intenzione di fare?” “Semplice, disse lui, consulterò J. D.! Allora, che ne dici?” “Potremmo dargli un portafogli con tanti cuoricini, per rendere il tutto più dolce!” “Coso, è una colecistectomia, non un pomeriggio di giochi in cui si finge di prendere il the con le bambole!” “Va bene, allora riempi di anestetico il portafogli!” disse scocciato. “Geniale!” disse Benny. “Per me va bene!” confermò Turk. Benny tornò dal signor Sellert, allegro e contento, e gli disse: “Signor Sellert, ho fatto in modo che il suo desiderio si possa realizzare!” “Grazie, giovane!” disse quello, e fece il saluto. Benny fece un sorrisetto nervoso e andò via, infastidito. Non poteva credere che ci fossero delle persone talmente malate della guerra da volersi operare a freddo, senza anestesia, ma pare che esistessero, dunque si rassegnò. Il giorno dell’operazione. Turk è sudato e preoccupato. E’ solo la sua seconda operazione, e la sta compiendo su un paziente sveglio! Prima incisione. “Bisturi, pinze e forbici da 22!” grida ad un infermiera, pieno di ansia. Il paziente emette un grido, che dopo un po’ si attenua fino a spegnersi. Preoccupato, Turk controlla i parametri, ma è tutto a posto. ‘Ha funzionato, cazzo!’ sta pensando, ‘Si è addormentato!’. Si muove come fosse un orologiaio od un meccanico con una vettura d’epoca. Passano i minuti. “Punti!” grida all’infermiera, e quella esegue. Sudore sulla fronte come Gesù nell’orto degli olivi. “Garza, benda e disinfettante!” e quella glieli passa. Attimi interminabili. Ogni fottutissima cosa è sul filo del rasoio. Finito tutto, si passa una mano sulla fronte e dice ad un infermiere lì vicino: “Chiamate lo specializzando Hent”. E quello andò. Benny corse, in preda al terrore, verso Chirurgia e pregò che tutto fosse andato bene. Non sapeva cosa pensare e dunque preferì non farlo affatto. Entrò, e trovò Turk intento a lavarsi le mani e a togliersi il camice, sudato e sporco. Sudato e terrorizzato, Benny gli chiese: “Allora?”. Turk si tolse la bandana, rassicurandolo con lo sguardo da omino Michelin. “Tranquillo, coso, disse mettendogli una mano sulla spalla, il tuo primo caso sta bene”. Questo è il secondo capitolo, ragazzi/e! Costato fatica, ma alla fine completato, spero che valga la pena leggerlo … Ci si rende conto che anche J. D. può avere idee geniali! Qui ognuno deve affrontare i suoi problemi personali, per poter lavorare al meglio. Mi raccomando, lasciate qualche recensione, se potete! Saluti, il vostro Vincenzo! P. S.: Scusate se è tutto attaccato, ma non ho ancora scaricato il programma :/

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Capitolo 3
*** La situazione si complica ***


Faceva uno strano effetto vederlo lì. Strano, fino ad un’ora prima stava bene e ciarlava del Vietnam, mentre ora … Era morto.
Aveva solo starnutito, e dopo un’ora di crollo delle condizioni, aveva ceduto.
Il signor Sellert aveva avuto un arresto cardiaco fulminante dovuto a dissanguamento. Dopo svariati ed inutili colpi di defibrillatore, senza più speranze Benny disse: “Pupille fisse e dilatate, polso assente, temperatura in calo. Staccate” e aggiunse, con le lacrime che stavano per uscire come da una fontana, “ora del decesso: 02:00 antimeridiane.” Adempiendo ad un obbligo di pura burocrazia.
 
Uscito dalla stanza, venne fermato dal dottor Cox, più in forma che mai, che gli disse: “Sai, riflettevo su quanto siano stupidi i tuoi capelli … Se avessi un cretinometro sarebbe al massimo, ora, sai? Sul serio, Fiore, ti fanno sembrare un fungo! E poi, ma dai, stai piangendo? Sembri una di quelle bamboline che regalo a mia nipote più piccola che hanno la geniale quanto inutile innovazione di buttare dell’acqua fatta in Cina dagli occhi!”. “Faccia silenzio, razza di presuntuoso egocentrico narcisista! Io non sono Dorian, io reagisco, sa? Lei è un uomo che si preoccupa solo di far del male, senza preoccuparsi di cosa provano le persone intorno a lei. Io … ho dovuto affrontare la mia prima morte, e se per lei non è abbastanza importante, mi faccia almeno la compiacenza di stare zitto e andarsene! Si bei della sua immagine da un’altra parte, magari nella sua lapide!”. Era uno sfogo naturale, di dolore, che si addiceva benissimo al suo stato d’animo attuale. Era un povero ragazzo fresco di Università (e cioè birre, orge e toga-party*), che non aveva mai provato la sensazione di annichilimento e di schianto dovuta all’impossibilità di far qualcosa di fronte alla morte. Il dottor Cox lo guardò e disse: “Senti, Madama Butterfly, capisco che sia la tua prima volta, ma devi farti forza e andare avanti. Vuoi rimanere raggomitolato in posizione fetale a guardare Glee come le ragazze abbandonate per molto tempo ancora? Esci, fai un giro, drogati, fai qualcosa di illegale, canta le canzoni di Bruno Mars ma non farti buttare giù da ogni decesso che vedrai, altrimenti … ti posso assicurare che impazzirai del tutto. E adesso vattene prima che ti pesti per avermi mancato di rispetto e mi faccia una collana coi tuoi denti” concluse con poca convinzione. Era un comportamento strano per lui, ma era stato davvero, come dire? paterno.
 
Scosso ed amareggiato, Benny si andò a sedere sulla panchina fuori dall’Ospedale, mettendosi la testa fra le mani e trattenendosi dal gridare e dal piangere. Sopraggiunse una ragazza, una specializzanda che il dottor Cox chiamava Strega dell’Est, senza alcuna ragione apparente. “Ciao, gli disse, che succede?” “Ecco … Non mi va di parlarne” disse Benny, che in realtà voleva disperatamente sfogarsi. La ragazza lo guardò con tenerezza, capendo subito cosa fosse successo. Era carina: aveva un volto gradevole, dei capelli castani riccissimi che le arrivavano a metà collo e degli occhi marroni bellissimi in cui Benny si perse un momento. “Dai, dimmelo” disse la ragazza sorridendo leggermente, “potrei aiutarti” “Ma se non so neanche come ti chiami?!” “Non vuol dire niente! Anzi, proprio perché non mi conosci mi dovresti dire ciò che provi, avresti un parere obiettivo” e gli prese una mano, guardandolo negli occhi. E Benny si innamorò. All’istante. “Ecco, vedi … Oggi ho perso il mio primo paziente e … e non riesco ad andare avanti. Mi fa molto male, dacché mi ci ero anche quasi affezionato. Era un brav’uomo, un po’ fissato con la guerra del Vietnam, ma era sopportabile. E adesso è … E’ morto. Mi sgomenta e distrugge che non ho potuto salvarlo. Mi sono reso conto di essere impotente davanti alla morte”. La ragazza gli disse: “Vieni qui”. “Come so che posso fidarmi di te?” chiese Ben. “Zitto e vieni qui, avanti” disse porgendo le braccia in maniera particolare, con i dorsi dei pugni all’interno. “D’accordo” disse lui. E si abbracciarono. A lungo, percependo il tepore ciascuno dell’altro. Lui piangeva silenziosamente, lei comprendeva il suo dolore e diceva: “Shhhh, va tutto bene, dai, puoi farcela. Sono qui, va tutto bene, ehi”. Poi si staccarono, e lui chiese: “Come ti chiami?” “Suzie” rispose lei. “Io mi chiamo Ben” rispose Benny, tutto rosso per quello che voleva fare. Le prese il volto tra le mani e dopo averle sorriso, la baciò. Lei lo abbracciò dietro la testa e passarono molti minuti. Poi lei prese un biglietto e scrisse qualcosa, poi lo porse a Benny, che lo prese. “Il mio numero” disse lei arrossendo. “Ed ecco il mio” disse Benny, arrossendo anche lui, scrivendo su un pezzetto di carta che un tempo era stato una ricetta medica. Si presero la mano ed entrarono nell’Ospedale. “A proposito, tu sei mancina?” “Sì, perché?” “Niente” rispose lui sorridendo, “mi piace”.
 
 
 
*Toga-party: festa di stampo Statunitense in cui gli invitati si travestono da antichi Romani grazie a delle lenzuola (le toghe, appunto). Non sono vere e proprie orge, ma più che altro feste volte ad imitare i Baccanali dell’antichità (in cui erano previste anche, però, caratteristiche tipiche delle orge)
 
 
 

 

E dopo ben  cinque mesi, ecco un altro capitolo della saga, signori!! Scusate se in questo periodo non ho pubblicato manco per il cazzo, ma ho avuto problemi.. Come vedete, ho puntato sul romantico, stavolta, rendendo omaggio ad una mia cara amica che spero passi di qui. Comunque, le avventure di Benny si complicano, ma in senso positivo. Sarà amore? Per scoprirlo, continuate a leggere!
A presto, Vincenzo

P.S.: So che fa tutto molto Glee, ma non uccidetemi, per questo xD
 

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