Il pianista ribelle

di damyxd
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Presentazione dei personaggi ***
Capitolo 2: *** La gita ***
Capitolo 3: *** Il ritorno a casa ***
Capitolo 4: *** Stranezze ***
Capitolo 5: *** Un'amica in meno ***
Capitolo 6: *** La verità su Lele ***
Capitolo 7: *** La chiave ***



Capitolo 1
*** Presentazione dei personaggi ***


Ciao, sono Damiano, autore del romanzo "Il Pianista Ribelle". Volevo anche presentarvi i miei personaggi; ecco qual è, all'incirca, il loro aspetto (mi dispiace tanto per le ragazze che si chiamano Alice e Irene :P) 

LORENZO:


LARA:


LELE:


DIANA:


MARIA:


ALICE:


SANTO:


ROSY


MARCO:


IRENE:

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Capitolo 2
*** La gita ***


Capitolo 1

  Sono le 3.00 di notte e ancora non riesco a chiudere occhio. Penso. È stata una giornata ricca di emozioni; dovrei essere stanco, così tanto da crollare in un sonno profondo, e invece non è così.  Il pensiero di Maria che ride a qualunque mia sillaba e canta insieme a me mi perseguita. Lele, Innocenzo ed Ettore dormono beati. Quanto li invidio... Sono tentato di leggere il libro che avevo portato con me, il quale giace intonso sul comodino, ma non mi arrischierei mai a svegliare Innocenzo accendendo la luce per leggere.
  Al mattino seguente mi sveglio dopo soltanto tre ore di sonno. Ettore è già pronto, Innocenzo dorme ancora e Lele si è svegliato insieme a me.  Ci prepariamo in fretta per l’appuntamento con gli altri compagni. Sappiamo già che i nostri insegnanti arriveranno in ritardo. È il quarto giorno della nostra gita, visiteremo Perugia. Sul bus siedo accanto a Lara, come di consuetudine.
  Facciamo una lunga sosta in un centro commerciale perugino. Non ci sono molti negozi, il più interessante è il supermercato. Qui acquisto snack e bevande dividendo la spesa con Lara, Lele, Innocenzo e Berta. Ettore ed Irene si astengono dall’iniziativa e ciò mi infastidisce.  Irene mi ama. Me l’ha confessato qualche giorno prima della gita. Ma io non ricambio, e mi sento un verme per questo perché la capisco. Ma con questo atteggiamento non mi conquisterà mai.
  La lunga fila alla cassa sembra non scorrere mai. Intanto si aggrega a noi una ragazza piuttosto distinta. Sta comprando un vestitino viola a fiori neri e ciò mi colpisce. La conoscevo già. Si chiama Alice. A scuola avevo sentito di lei e dei suoi brani. Scrive libri, ma si limita alla prosa. Io invece scrivo poesie. Durante la partenza per Roma mi ha salutato: è stata la nostra prima interazione sin dalla prima media.
  Quando usciamo dal centro commerciale, lei ci segue. Diciamocelo pure, ci regge il moccolo.  Cerca di partecipare alle nostre conversazioni, facendo molte domande, ma parla soprattutto con Lele. Mi chiedo quale sia il motivo di tutto ciò. A quanto pare non ha buoni rapporti con i suoi compagni di classe. Io la trovo interessante e cerco di parlarle, ma lei non sembra altrettanto interessata a me.
  La tappa successiva è Perugia. Alice sparisce totalmente dalla mia vista. Noto che anche Lara sparisce per un po’. E anche Lele. Ma forse sono soltanto un po’ confuso, per via del poco sonno della notte precedente. Durante la visita passo molto tempo con Berta. Ogni tanto parlo anche con Joe. Rosy non è con noi perché si è sentita male. Perdo di vista anche Maria. Mi sento solo.  Al ritorno verso l’albergo Lara non prende posto accanto a me, bensì siede con Innocenzo ed io siedo con Lele. Allora non era una mia impressione: Lara sta veramente evitandomi.
  Lele è il mio migliore amico. Ma lo capisco soltanto ora che condividiamo la stessa camera per cinque notti. In sei giorni vengono a galla tante cose. Lele mi ha confessato di amare Lara. Erano già stati fidanzati nell’estate del 2013 e non credevo che a lui piacesse ancora Lara. Ora mi è chiaro il suo odio per Santo, il ragazzo che cenava con noi la sera prima e che corteggiava Lara in modo abbastanza evidente.
  Finito il pranzo in albergo, mi affretto a riporre i souvenir acquistati sul comò. Rosy e Lara sono, come sempre, ospiti nella nostra stanza. Ma qualcuno bussa alla porta. Non ho idea di chi possa essere: Lele è in bagno, Ettore sul letto, Innocenzo dai suoi amici di altre classi. Potrebbe essere Irene, ne sono quasi certo. Ma potrebbe anche essere Berta. Apro la porta e mi ritrovo davanti Alice.
- Posso entrare? – mi chiede lei decisa .
- Si, certo. Che cosa è successo? – rispondo io.
- Le mie compagne non mi vogliono con loro. Hanno portato in camera i loro fidanzati.
Rosy e Lara escono senza dire niente ma ho già capito che non sopportano Alice.
  Lele esce dal bagno e si ritrova Alice seduta sul letto. Lo invita ad accomodarsi. Lui acconsente sebbene non ne sia pienamente contento. Il tempo si ferma d’improvviso: loro due siedono sul letto di Innocenzo, io sul mio, mentre comincio a sfogliare le prime pagine del mio libro. Improvvisamente Alice si fa coraggio e rompe il ghiaccio chiedendo timida: - Posso chiederti una cosa?
Lele ribatte tranquillo: - Ovvero?
- Posso toccarti la faccia?
- Beh… Sì – balbetta Lele quasi schernito. Certo che Alice è davvero sfacciata al momento di fare richieste. Vedo riflessa sullo specchio l’immagina di lei che gli accarezza  la fronte, le palpebre, le guance, la curva del naso, poi le labbra;  infine torna alle guance e percepisce la rada giovane barba, facendoglielo notare. La vedo soddisfatta, anzi gode evidentemente. Quando finisce, ritorno rassegnato al libro, ma ho perso interesse per esso, oramai attendo risvolti nel dialogo tra loro due e penso ancora a quanto sia strano tutto ciò, a quanto in fretta sia successo tutto.
  D’improvviso il pensiero di Alice innamorata di Lele si fa strada. Ora è immobile, lo sguardo rivolto verso le scarpe di Lele. Poi Alice si alza, diretta verso lo specchio, scuotendosi i capelli con la mano destra, poi torna indietro, poi di nuovo allo specchio. Ella è per un attimo distratta, intenta a schiacciarsi i brufoli con le unghia lunghe e sottili, Lele ne approfitta per guardarmi come per dire: “Questa è pazza”. Per tutta risposta io alzo le spalle come se volessi dirgli: “Eh.. Va beh, che vuoi farci?”. In realtà ciò che penso su Alice è: “Sta interpretando quella carezza come se fosse stato un rapporto sessuale”, poi scuoto la testa disgustato per cacciare i pensieri poco graditi.
  Alice torna a sedere, Lele è impassibile, anche se sembra voler scappare via. E non ha tutti i torti. Alice non è proprio una fotomodella, anzi è bruttina per via del suo sorriso psicopatico (marcato dall’apparecchio odontoiatrico) e dello sguardo monotono e poco vivo. D’altronde Lele ama ancora Lara, talvolta me ne dimentico. Chissà se Lara ricambia?
  A cena Lele racconta la sua esperienza ai nostri compagni che ne erano ignari fino a quel momento. Compresa Lara.
- Mi ama, ne sono certo - annuncia Lele, quasi quasi ne va fiero. Io annuisco e gli do ragione.
- E tu la ami? - chiede Berta, sempre pronta a fare gossip.
- Ovviamente no! - io e Lele ci scambiamo uno sguardo di intesa.
Lara si alza e furtivamente si avvicina a me, quindi mi sussurra all’orecchio: - Chiama Santo!
Senza esitare lo invito a sedersi con noi, dato che c’è un posto libero. Egli come sempre ci prova con Lara. Ma stavolta Lara ci sta. Così trovo risposta ai miei interrogativi: sì Lara ama Lele ed ha paura della concorrenza appena presentatasi, non sapendo che Lele ha occhi solo per lei, non per Alice. Probabilmente sta cercando di farlo indispettire.
  A tarda sera ci diamo la buonanotte e, prima di rientrare ciascuno alla propria camera, Lara si accerta che non ci sia veramente nessuno oltre me e mi dichiara: - Santo è bellissimo, stasera era davvero carino
Io la fisso come per dire : “Embè?”. Lei mi conferma: - Credo di essermi innamorata di lui.
Mille pensieri mi balenano in testa. Non è da lei dire una cosa simile. Magari sta mettendo su una sceneggiata credendo che io riferisca tutto a Lele. Beh, in quel caso la sceneggiata sta venendo molto bene. E se l’amasse davvero?
  Il giorno dopo quest’ultima ipotesi ha la meglio sulle altre. Ad Assisi i due sono inseparabili ed io credo sempre più a Lara, tanto da suggerire a Santo cosa dirle per fare colpo. Davanti al pullman Lele mi rimprovera: - Perché aiuti Santo? Ti ricordo che Lara piace a me! – e a quel punto cado dalle nuvole.  Mi scuso e prometto il mio impegno nell’aiuto per Lele.
  Nel viaggio di ritorno verso l’albergo sono (m’azzardo a dire fortunatamente) seduto accanto a Maria. Come sempre ride per ciò che dico. Ora mi ricordo anche di lei, dato che per un po’ l’avevo dimenticata. Sono sempre più convinto che lei mi ami, incoraggiato dai miei compagni. Ma decido di guardare fuori dal finestrino per distrarmi.
  Celebriamo la nostra ultima sera al motel andando in discoteca. Qui salta fuori un altro casino d’amore. Innocenzo ama Berta, ma Berta ama Emanuele, che frequenta un’altra classe. La serata non è un gran che, perché non amo particolarmente le discoteche, ma Innocenzo non fa altro che peggiorare la situazione. Minaccia di volersi tagliare le vene e di volersi suicidare. La sera tardi scopriamo un taglio sul braccio di Innocenzo. È un momento drammatico, siamo tutti turbati, e in un momento così sconvolgente Ettore ciarla molto scioccamente: - Samuele, – è l’unico a chiamarlo così – mi hai pestato il piede!
- Smettila, Ettore! – ribatte Lele altamente irritato. Sin dall’inizio del viaggio ho avuto il sospetto che Ettore ce l’avesse con noi, e ora ne ho la conferma. Ci odia dal momento in cui abbiamo iniziato a sostenere, qualche giorno prima della gita, il suo amore per Sabina, una nostra compagna di classe. Effettivamente eravamo molto stupiti della loro presunta storia d’amore. Ettore è brutto. Non è obeso, ma possiamo dire che è cicciottello: il suo gargarozzo sembra prendere vita per quanto è grosso e gli occhiali lo rendono ancor più brutto. Poi c’è quella foresta che ha per capelli. Per completare, ha un carattere psicolabile e se ne esce spesso con queste trovate fuori luogo. Non ha molte pretendenti, anzi non ne ha.
  Il mattino seguente, l’ultima colazione è avvolta nella melanconia: mancano Rosy, Berta, Irene e Innocenzo e non ci sono le nostre solite risate a ravvivare le conversazioni. Tra Lele e Lara c’è crisi. Anche tra me e Lara. Nel bel mezzo della colazione una notizia sconcertante mi rovina la giornata.  

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Capitolo 3
*** Il ritorno a casa ***


Capitolo 2

  Il nostro ultimo giorno al motel non si era avviato nel migliore dei modi. I rapporti tra di noi sono peggiorati e in più la notizia del fidanzamento di Maria mi spiazza totalmente. Ed è solo ora che capisco di amare Maria, ma io sono stato stupido a non averci provato quando ne avevo avuto l’occasione sul bus. Ora lei sta con Edoardo, l’odioso ragazzo della sezione H. Sono un fallimento con le ragazze: non sono mai stato fidanzato, mai dato un bacio, mai piaciuto a nessuno; per quanto ne so piaccio solo a Irene e una vecchia compagna delle elementari.
  Andiamo in tarda mattinata a visitare le cascate delle Marmore e qui Lara conosce la cugina di Lele, che frequenta la nostra stessa scuola e ch’era partita in gita con noi. Si chiama Klaudia, croata, dalle stesse passioni di Lara. Ciò la porta a stabilire già da subito un feeling con quest’ultima. Devo essere sincero? Ebbene sì, mi da fastidio. Così come a Lele da fastidio quando Lara è con Santo, a me da fastidio quando lei sta con Klaudia, che rimane comunque un’ottima ragazza che ha conquistato già da subito la mia stima. Naturalmente ciò non fa che peggiorare la situazione.
  La sera prima Innocenzo ci aveva accennato in modo maliziosamente subliminale di un rapporto tra Santo e Lara. Lele ed io ci interrogavamo su che genere di contatto fosse: una carezza, un abbraccio, un bacio… o anche qualcos’altro? Io e Lele discutiamo per tutto il tempo. Lui mi domanda: - Forse dovrei chiederle: <> – Penso che la domanda possa essere troppo affrettata, perciò rispondo: - Ci penso io.
  Seduti di fronte ad un bar, ordiniamo dei bicchieri di cola e, andata via la cameriera, chiedo senza troppi problemi: - Lara, tu sei ancora vergine? – La risposta di Lara è un secco No. Allora Lele insiste: - Ne sei sicura? – Infastidita, Lara replica: - Ho intenzione di perdere la verginità non prima dei 20 anni.
Le credo ma il mio istinto mi suggerisce di chiedere di più: - E allora ieri con Santo? – come se li avessi visti fare qualcosa e lei stesse insinuando il contrario. Solo dopo aver formulato la domanda mi pento delle parole che ho pronunziato. Ma Lele mi appoggia: - Già, che schifezze avete combinato?
  Lara non dice niente e si alza sbattendo la sedia rumorosamente. Noi ci alziamo e la seguiamo d’istinto. Camminiamo molto più velocemente di lei. Quando stiamo per raggiungerla, mi volto per controllare di non avere dimenticato nulla e scorgo la cameriera portare la cola che avevamo ordinato. Allora do un colpo di gomito al braccio di Lele e gli indico il bar alzando il mento in direzione della cameriera, che sta sbraitando. Ce la diamo a gambe e superiamo Lara, che si ferma vedendo noi correre via anziché inseguire lei. Ci rifugiamo dietro il bus che ci ha portato lì. Abbiamo il fiatone. Sorseggio un po’ della mia acqua. Non so perché lo stia facendo, ma Lele comincia ad avvolgermi tra le sue braccia. Mi stringe forte e mi da un bacio sulla guancia. Siamo vicinissimi e mi da un po’ fastidio perché non lo eravamo mai stati.
  - Lele, stai per caso morendo? - chiedo preoccupato. La sua risposta mi lascia di stucco: - No, è soltanto che ti voglio bene.
  Che strano, il mio migliore amico dice di volermi bene dopo avermi baciato sulla guancia. Ho la tachicardia per la corsa troppo affrettata. O forse non solo per quello. Non capisco cosa mi stia succedendo. Riesco solo a dire: - Ah… Grazie. – Lele è un po’ deluso dalla mia risposta. Mille pensieri mi riempiono la mente in una manciata di secondi. A quel punto arriva Rosy. Vedendoci così vicini rimane subito sorpresa, poi alza le sopracciglia e ci stuzzica: - Ah, piccioncini! Vi ho interrotto?
  - Cosa? No, noi.. Ma che dici! – balbetto arrabbiato. Rosy mi salva annunciando: - Tranquillo! Stavo scherzando! – e va via ridacchiando scioccamente. Ecco, questo mi da fastidio. Ora Rosy, la mia migliore amica, potrebbe pensare che io sia gay. Magari lo potrebbe raccontare a qualcuno. Vado ad affacciarmi da un lato del bus per controllare la presenza di Lara. Non c’è. Sono passati circa cinque minuti e la cameriera ha smesso di sbraitare. Mi allontano dal bus e vado, chissà perché,  in cerca di Alice, mantenendo le distanze da Lele.
  Per la prima volta mi sento gradito da Alice. Riusciamo a stabilire un buon rapporto di amicizia e, soprattutto, confidenza. Mi confida le cose più losche del suo passato e del suo presente in meno di mezz’ora. Scopro che lei scrive romanzi erotici. Poco dopo mi imbatto in Lara e mi ci avvicino per parlarle. All’inizio mi evita, poi riesco a parlare con lei. Alice si allontana quindi da me, e ciò mi fa pensare ancor di più al suo odio per Lara, che mi aveva confessato poco prima. Mi scuso con Lara, che però è infastidita e mi liquida concedendomi un: - Ti perdono
  Tutto contento vado a cercare Lele e gli dico che mi sono scusato con Lara, ma lui insiste nel non voler scusarsi. Un po’ mi dispiace per Lele; in aeroporto i due non si rivolgono la parola. Mentre attendiamo il via libera per il check-in sto seduto su una sedia, stanco per il poco sonno. Vedo mille volti passarmi davanti: Rosy sempre moribonda, Alice, mentre insegue Lele, Innocenzo fare lo stesso con Berta, la quale cerca Emanuele. Non ne posso più, non vedo l’ora di tornare a casa.
  Così, verso le 20:00, al mio ritorno nella mia accogliente dimora, mi dirigo subito verso il mio pianoforte. Libero la testa da tutti i pensieri, i problemi, le sofferenze per amore dei miei amici che hanno su di me un’ incredibile pressione psicologica. Indugio un po’. Accarezzo con la punta delle dita i tasti come se stessi accarezzando una persona a me cara che non vedevo da anni. Poi mi lascio andare nelle note di un valzer di Chopin, il mio preferito in assoluto. Dopo una settimana di mancato esercizio al piano, mi sembra afrodisiaco il suono del mio strumento.
  Ora non c’è più nessuno; non ci sono Lara, Lele, Rosy o Santo, Innocenzo, Berta, Ettore o Irene, né Alice: solo io e il mio pianoforte. Chiudo gli occhi mentre suono, per poter immaginare tutto quello che voglio nella mia mente e nei miei ricordi. I ricordi. Sono la prima cosa rievocata alla mia memoria quando suono il pianoforte, il mio pianoforte. Terminato il valzer mi dirigo verso la mia camera da letto, con un senso di vuoto incolmabile per la fine del viaggio. Eppure non vedevo l’ora di tornare a casa… Realizzo che in realtà volevo solo tornare a suonare il pianoforte.
  Mi manca la presenza dei miei compagni la mattina seguente. È finito, il viaggio. È finito: questa espressione riesce sempre a mettermi angoscia, non sopporto che qualcosa finisca. Sono ancora stremato per il brusco ritorno alla solita vita, ma sono più che altro stanco psicologicamente. Nel pomeriggio sono costretto ad andare, svogliatamente, a scuola per le prove d’orchestra.
   È in situazioni come queste che odio suonare il pianoforte. Un altro contesto in cui mi pento di aver scelto di suonare è il conservatorio. Lì sono costretto a suonare in modo tecnico, brevi brani elementari, perché la mia insegnante ha intenzione di mantenere tutti i suoi alunni su un livello eguale, più o meno. Una cosa assolutamente scorretta. Così quando suono Chopin è per me un sollievo evadere dall’oppressione dell’insegnante al conservatorio e da mia madre che l’appoggia. Sono ribelle in tutto ciò che faccio, sempre disposto ad esprimere liberamente la mia opinione su tutto, e proseguo sempre la mia marcia verso il trionfo, calpestando critiche e ignorando gli oppressori come la mia insegnante.
  Alle prove d’orchestra siamo in pochi. Però c’è Diana a tenermi compagnia. Non la vedevo da un po’ per via delle vacanze di Pasqua e anche per la gita e anche  lei sembra felice di avermi incontrato dopo tanto tempo. Ma ciò che mi colpisce di più è il suo bacio sulla guancia prima di andare via, alla fine delle prove. Poi mi abbraccia. È molto più bassa di me infatti si aggrappa al mio collo ed io la prendo in braccio come se fosse una bambina di  pochi anni. Sono sconvolto. La prima cosa che penso è: “Mi ama, ne sono certo”. E così comincia a piacermi Diana.
  Il giorno dopo incontro però Maria a scuola. Lei mi saluta, io ricambio, ma sono molto freddo perché so che ora è fidanzata. Lele e Lara non sono venuti quindi mi concedo a lei.
- Come va? - chiedo tanto per assecondare una delle tante convenzioni sociali che io odio tanto. Lei è visibilmente triste. Le brillano gli occhi e abbassa lo sguardo. Non mi trattengo dal chiederle:
- Che hai? È successo qualcosa? – lei deglutisce e una lacrima le solca le belle gote pallide.. Si toglie gli occhiali lievemente bagnati e mi risponde: - Mi ha lasciato…
  Sono così felice, ma non posso farglielo capire perciò le sussurro: - Beh mi dispiace… - la mia voce ha un tono così assente, è probabile che abbia capito che il mio dispiacere sia finto.
  Passeggio con lei nel cortile della scuola. Camminiamo a braccetto, ma mi fa molto male al braccio per la forza con cui mi stringe. Nel bel mezzo della mia passeggiata con Maria incontro Diana. Si ripete la stessa scena del giorno prima, ma non la prendo in braccio. Il suo bacio è molto vicino alle mie labbra. Sarà per il modo in cui mi sono staccato da lei per salutare Diana, ma Maria è molto infastidita, sospira e mi congeda: - Vi lascio da soli.
  - Ma chi è quella? È gelosa! Può stare tranquillo perché tu sei mio! – mi fa l’occhiolino Diana.
Lo stomaco in subbuglio, le idee confuse, l’assenza di Lele e Lara a cui confidare tutto. È una situazione spiacevole, amo sempre di più Maria che ha però un pareggio con Diana.
 

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Capitolo 4
*** Stranezze ***


Capitolo 3

  Durante le sei ore di scuola, non faccio altro che pensare a Maria. Il suo gesto lascia intendere che lei mi voglia come più di un amico. Rosy mi suggerisce di dichiararmi ma io sono un po’ scettico. Nella mia vita ho solo ricevuto delusioni. Tantissime delusioni. Ma in particolare una: in seconda media amavo alla follia una ragazza di nome Federica, ma mi ha rifiutato, e per me è stato un trauma perché oltre a dirmi di no si prese giuoco di me con i suoi amici e mi ignorò per sempre. Ho speso un anno intero ad inseguire a lei. Un anno intero. Quando, possibilmente, c’era una ragazza migliore di lei ad aspettarmi. Che stupido. Ancora oggi pago questo errore; lo pago con la paura di non riuscire a fidanzarmi. Non so più amare.
  Stiamo ripassando la lezione di storia. Io sono bravo a scuola ma in questo giorno proprio non mi va di stare sui libri. Chiudo per un attimo gli occhi e vengo inevitabilmente catapultato nei ricordi: le mie lacrime scendere; il suono del mio pianoforte farsi interprete del mio animo; il vibrato delle corde al dolce tocco delle mia dita, il mio tempo sprecato ad inseguire scioccamente lei, i litigi con Lara e Rosy, perfino l'abbraccio di Lele. Poi comincio a pensare Diana, ma non a Maria.
  Diana, con i suoi capelli mori ondulati, gli occhi dal colore dei suoi capelli , lo sguardo magnetico, la carnagione della pelle scura, il fisico minuto che mi fa impazzire. Sto sognando il suo viso solare e così curioso, ma la mia insegnante interrompe il mio momento di estasi: - Lorenzo, che fai? Dormi? In classe? – Io apro gli occhi di scatto e scuoto la testa. Forse dovrei concentrarmi di più sugli imminenti esami di licenza media, tralasciando le smancerie, se voglio lasciare le medie con 10 e lode. Inutile dire che in quel caso andrei a finire nella stessa situazione di Giacomo Leopardi. Penso che questo sia in fondo il mio destino.
  All’uscita di scuola incontro di nuovo Maria. Vorrei scusarmi ma poi penso: “Scusarmi per cosa?” Alla fine è lei a chiedermi scusa: - Ehi Renzo – in realtà odio essere chiamato così perché il mio vero nome mi piace molto, ma so che sta tentando di essere carina con me e lo apprezzo. Poi mi chiede scusa: - Scusa, stamattina ho fatto la stronza – Io gli sussurro, come se le stessi dicendo un segreto: - Non è successo niente. - le sue morbide guance si arrossiscono e lei comincia a sistemarsi gli occhiali e i biondi fili dei capelli, corti e lisci, con alcune ciocche più scure.
  Nel primo pomeriggio chiamo Lara per sapere come sta, dato che a scuola non era venuta. Non sembra arrabbiata, anzi. Le racconto di Diana, ma non sembra molto allegra. Dice che Diana è troppo piccola per me. Effettivamente Diana è in seconda media ed ha due anni in meno di me. Ma io penso che l’amore non abbia età, figuriamoci per due anni di differenza.
  Saluto frettolosamente Lara e chiudo il telefono in fretta il furia per andare a prepararmi per il conservatorio. Una leggera pettinata, mi spazzolo i denti rapidamente ed esco. Oggi avrò la lezione di pianoforte e l’ultima lezione di solfeggio, finalmente.
  Giunto al conservatorio, mi affretto a dirigermi verso le larghe scalinate che conducono al primo piano, quando scopro che un incidente improvviso ha reso le scale inutilizzabili. Perciò prendo l’ascensore. Di solito è permesso che entrino non più di quattro persone, ma per oggi ci è concesso di salire in sei. Certo è molto scomodo. Rimango per un tempo a me parso lunghissimo stretto ad un ragazzo. Io sto dietro di lui e, involontariamente, gli tocco il fondoschiena. È certamente molto imbarazzante. Usciti dall’ascensore posso  notare ch’è un ragazzo dai capelli biondi a boccoli, occhi verdi, labbra carnose, viso chiaro e scolpito. Carino, tutto sommato. Di certo  toccare il sedere ad un maschio è stato un po’ disgustoso, ma per lo meno è un ragazzo carino. Gli chiedo scusa per quanto è successo e lui risponde vispo: - Non ti preoccupare! – poi mi tende la sua forte mano muscolosa – Piacere, io sono Marco.
Io gli stringo la mano e mi presento. La stretta è forte e mi blocca la mano per qualche minuto. Ma sono contento di aver fatto una nuova amicizia, sebbene fosse nata nel peggiore dei modi.
  Sto fisso a guardare i suoi begli occhi verdi e lui fa lo stesso con me. Poi mi ricordo della lezione e interrompo il mio momentaneo stato di coma: - Oddio, è tardi, scusami! Devo andare! – e faccio per andarmene. Mi volto rapidamente e sento Marco: - Tranquillo, dolcezza – a quel punto mi fermo, giro la testa e vedo lui impalato ad attendere mia risposta. Io gli sorrido e mi incammino verso la mia stanza.  
  La mia professoressa di pianoforte si chiama Eugenia De Santis. Ma io la chiamo soltanto “Santis”. Santis mi sgrida spesso, perciò ora mi affretto a raggiungerla in tempo nell’aula 16. Entro nella sua aula e una ragazza sta ancora suonando. Che sollievo. Cammino cauto ed attento a non fare rumore verso la finestra, come sempre. Mi affaccio senza esitare e scorgo il centro di Catania. Alla luce del pomeriggio appare più vivace. O forse è il fioraio vicino a dare questo effetto. Vedo, tra le altre cose, la macchina di mio padre che mi aspetta lì. Mentre scruto i dettagli di quel piazzale il solito valzer insiste nei miei pensieri. Vado furtivamente a sedermi lì accanto e muovo le dita come per ripassare i brani. Poi torno alla finestra; appoggio i gomiti sul davanzale, le braccia tese verso l’alto con la testa appoggiata alle mani. Per la prima volta da quando mi sono svegliato mi sto rilassando. Quando sento che la musica della ragazza finisce. Mi sento chiamato e mi muovo verso il pianoforte per avviare la lezione.
  Santis è più calma del solito e mi da le istruzioni sul da farsi per la prova d’esame, prevista per il lunedì successivo. Mentre sto suonando entra Clara, una ragazza con cui condivido praticamente tutto al conservatorio: le lezioni di solfeggio, coro e pianoforte, gli esami e tutto il resto. È simpatica, ma è un peccato che sia molto brutta. Oltre a Clara è sempre presente Elisabetta, che mi ispira particolarmente simpatia per il suo accento di Cefalù. Mi chiedo come faccia ad arrivare sempre in perfetto orario venendo da Cefalù e per giunta due volte alla settimana.
  La lezione termina ma decido di non andare al solfeggio. Per la prima volta nella mia vita invento una bugia grossa e dico di avere un impegno a casa. Non ne avevo mai dette di bugie simili. Torno a casa e mia madre mi annuncia: - Mentre non c’eri ti cercavano – ed io sono preoccupato perché ho la coscienza sporca. Mi azzardo a chiedere: - E chi era? – mia mamma risponde: - Una tua amica. Se non sbaglio si chiamava Diana.
  Mi sento sollevato. Era Diana. In questa situazione la chiamata di Diana mi rende particolarmente felice. Così il giorno dopo la abbraccio a scuola e la ringrazio. Come al solito, Maria ne è poco contenta, ma non mi interessa più di tanto. Anche Lara mi ha visto mentre ci provavo con Diana, ma non è molto turbata come prevedevo io: - Lorenzo, sei un Don Giovanni! – mi dice facendo l’occhiolino. Sento che sarà una bella giornata, e poi mancano solo due giorni al mio compleanno. Entriamo in classe, ma Irene, la mia compagna di banco, non c’è. Sicché Lele chiede alla professoressa se gli è possibile sedere con me. Io ne sono molto stupito perché non era mai successo che Lele volesse stare con me. Però sono felice di avere una buona compagnia per sei ore.
  Durante la mattinata Lele è strano: sta seduto vicino a me e non si stacca mai, è molto invadente, io mi sento imprigionato e vorrei evadere. Poi verso la quarta ora comincia ad appoggiare le sue mani sulla mia coscia sinistra, dato che sono seduto nel lato destro del banco. Inizialmente non ci faccio molto caso. Poi col tempo comincia ad accarezzarmi il ginocchio e ad esaminarlo con le dita salde come per verificare che la rotula si muovesse, dopodiché scende al polpaccio. Non ha senso. Mi accarezza le gambe e sorride. Cosa ci trova di tanto divertente?  Non fa nulla di male, ma è una cosa da pazzi comunque. Io sono tutto rosso e non so cosa dire per l’imbarazzo, ma vorrei urlargli di togliere quelle mani. Cosa pensa? Che io sia gay? Beh si sbaglia di grosso. Alla sesta ora gli prendo la mano e gliela porto sul banco. Poi con un leggero spintone lo allontano da me: - Mi sembra che stai prendendo troppa confidenza!
  Mi sento fiero di averlo detto. Ma mi sento osservato, per fortuna nessuno mi ha sentito. All’uscita di scuola si scusa con me e io lo perdono senza troppi problemi, ma da quel momento lo vedo con un occhio diverso. Ora quando parliamo ho paura che possa saltarmi addosso. Non ho parlato di questo con nessuno, salvo con Rosy. Non parlo più con Lele. Tuttavia non posso fare a meno di invitarlo al mio compleanno, sabato 17 maggio 2014. È venuta anche Diana. Ci sono tutti, ovvero Lara, Rosy, Diana, Irene… e anche Lele. Per me loro sono tutti. Stranamente Maria ha rifiutato l’invito, o meglio l’ha ignorato.
  Penso sempre a Diana e Maria, mi chiedo chi delle due sia più carina, più simpatica. Lunedì 19 ne parlo con Lara e lei mi rimprovera il fatto di amare troppe ragazze: - Non possono piacerti più ragazze! L’amante è una sola! Ti stai comportando da puttana! – Invece parla di Lele come se fosse il profeta dei nostri tempi. Ah, già, lei lo ama. Ma non sa cosa nasconde. Lei non sa di ciò che è successo alla festa. Lele si era macchiato la maglietta, io lo accompagnai in camera mia per prestargli qualcosa da mettere e lui mi ha tirato un pugno dritto sul naso dopo aver controllato che fossimo soli. Per fortuna niente sangue, ma ho dovuto inventarmi che ero caduto dalle scale per giustificare il gonfiore. Forse quando in classe mi toccava le gambe aveva intenzioni di farmi male. Comunque ancora non ho capito il perché, ma dopo il pugno mi ha dato un bacio sulla guancia. Decido di raccontare a Lara del polpaccio, del pugno, dell’abbraccio dietro il bus ma lei non crede a niente . Pensa inizialmente che io mi faccia troppe fisime. E questo è vero, ma poi se ne esce sentenziando: - Sono solo tue fantasie erotiche. - Ma io non ho allucinazioni, è successo veramente!
  A scuola non mi parla. L’unico adulto con cui mi confido è la mia professoressa di pianoforte a scuola. La professoressa Fintapietra, che è tutto l’opposto dell’insegnante del conservatorio. Quel lunedì  pomeriggio gli affido i segreti che mi turbano in quel momento, cosa che non farei mai con Santis. La Fintapietra mi suggerisce: - Lorenzo, sei un ragazzo maturo e intelligente. Tu sei Lorenzo Leoni, fatti valere per quello che sei! – e io capisco al volo che dovrei dargli un pugno anche io, anche se sicuramente non è quello che intendeva. Infatti la Fintapietra mi avverte: - No, no, niente violenza! Devi capire il perché del suo gesto. Non pensi che potrebbe piacergli Lara? -
- Sì, professoressa, a lui piace Lara... – e lei mi risponde: - Mh… Dovresti sapere che molti pensano che tu e Lara stiate insieme… - ed io capisco tutto d’improvviso.

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Capitolo 5
*** Un'amica in meno ***


Capitolo 4

  Quella sera non riesco a dormire. Ci provo in qualsiasi modo ma non riesco. Allora decido di approfittare per scrivere una poesia. Mi siedo sulla scrivania della mia stanza. Non mi concentro molto, scrivo solo quello che mi passa per la mente. Viene fuori questo:

 In questo mobile da lavoro
penso, una domanda è concepita:
cos’è questo capolavoro
incompleto chiamato “vita”?
Che sia amare Dio
e tutto ciò che ha creato,
sebbene in fondo creda io
che qualcosa è sbagliato?
Che sia tutto un falso
problema di cuore
o un teatro insulso
in cui muori per amore?
Forse è sognare
e goderti il tuo sorriso,
perché oggi lo puoi fare,
ma il domani è indeciso.


Soddisfatto, torno a letto e mi addormento. I miei compagni mi appaiono in sogno. Siamo in macchina e stiamo partendo tutti insieme. Ad un certo punto Lara chiede: - Manca qualcuno? – e sbuca Lele dal nulla urlando: - Ci sono anch’io! – Poi si gira e dall’altro lato del suo corpo c’è il corpo di Alice. Lara dice a Rosy, che è nel posto di guida, di partire. Il volto di Lara è sfogato. Anche quello di Diana, che siede accanto a Rosy. La mattina mi sveglio presto, amareggiato e confuso, e ricordo solo questo dei miei sogni.
  A scuola saluto Lara e le chiedo come sta. Lei mi risponde: - Bene, ho terminato di leggere “Noi Siamo Infinito”. È bellissimo – ed io rispondo tutto assonnacchiato: - Ah, congratulazioni. – lei mi ringrazia e poi continua: - Ah, e mi sono anche fidanzata con Lele – come se fosse una cosa senza importanza. Provo mille contrastanti emozioni. Un po’ l’invidio perché Lara è un’ottima ragazza e recentemente Lele mi ha dimostrato di non meritarla. Però sono anche sollevato perché penso che ora Lele mi lascerà in pace, non più geloso. O forse no.
  Non riesco a trattenere il mio sospiro di sollievo. Accenno un sorriso, uno sguardo compiaciuto e un “auguri” molto stentato. Lara non capisce la mia espressione e va a sedere al suo posto. Incontro Lele e gli faccio gli auguri. Lui mi ringrazia e mi abbraccia. Così capisco che non è più arrabbiato con me. Forse sto diventando pazzo.
  La professoressa di matematica è in ritardo, perciò mi affaccio dalla porta della classe per vedere chi passa per il corridoio. Santo, che è in ritardo, viene a salutarmi. Ora mi ricordo anche di lui. Vado da Lara a chiederle di Santo. Lei mi risponde: - Quel porco schifoso! – Io insisto: - Ma perché? Cosa è successo? – e lei ribatte: - Ha tentato di baciarmi ieri pomeriggio, qui a scuola, mentre tu avevi lezioni di piano.
 - Ah… - per un attimo non ho niente da dire. Poi chiedo: - Ah, quindi gli stai facendo un dispetto con Lele? –  e lei è decisa a rispondermi: - No! Io sto con Lele perché lo amo. Ceh, non mi piace. Io lo amo. Da tre anni
Ahi, che colpo al cuore. Ecco che ora mi piace anche Lara. Certo non come Diana.
- E con Maria come va? – riprende Lara. Io gli annuncio che con Maria ho chiuso per concedermi a Diana. Lei sembra disapprovare questo amore, ma non dice niente.
  Poco dopo veniamo a sapere che la professoressa di matematica è assente e veniamo divisi in altre classi. Io capito nella 3a B, la classe di Maria.
  All’intervallo incontro Alice. Come sempre va dietro Lele, che invece la evita. Scappa via con Lara, mentre Alice li insegue attaccata a braccetto con me. Per un attimo penso che stiano evitando anche me, perciò mi stacco da Alice insinuando di dover andare in bagno e vado in realtà da Lara e Lele per sapere se ce l’hanno con me. Fortunatamente no.
- Se stai con quella lì non parliamo più neanche con te - questo è quello che mi hanno detto di preciso. Mi dispiace perché di recente ho potuto constatare quanto Alice sia intelligente, pura e perbene.  
  All’uscita saluto Alice allegramente: - Ciao, cara! – ma lei gira la testa dall’altro lato e l’espressione del mio volto si riempie di collera. La raggiungo e le chiedo con calma: - Che succede? – e lei mi risponde: - Capisco che mi odi, ma almeno non dimostrarmi il contrario!
  Non capisco cosa stia succedendo. Vorrei stare lì a discutere ma mia madre mi chiama dicendomi che devo andare. Nel pomeriggio ho modo di parlare con Alice poiché la incontro mentre vado alle prove d’orchestra; lei sta invece tornando a casa dal corso di recupero di francese.
  Le chiedo spiegazioni e lei mi racconta tutto: - Stamattina ho incontrato Lara in bagno. Abbiamo litigato. – e fin qui ci siamo, io replico: - E cosa centro io?
- Mi ha detto che anche tu mi odi e che nessuno della tua classe vuole avere a che fare con me.
- No, non è vero! Io penso tu sia un’ottima persona non avrei motivo di odiarti – la rassicuro io.
Inizialmente pare non credermi, ma poi riesco a convincerla. Alle prove d’orchestra Lara non c’è. Ma il giorno dopo a scuola gliene dico quattro. Ma Lei sostiene di non aver detto nulla di simile, appoggiata da Lele che dichiara: - Piuttosto è lei ad odiare Lara. L’altro giorno, presa dalla gelosia, mi ha detto che Lara non è nulla di speciale per me.
  Io lo rassicuro: - Lele, ricordati che lei ti vuole!
- Sì, ma non è finita qui.  Le ha anche dato della troia. – risponde lui.
- Si, ha detto esattamente: <> Nessuno aveva chiesto la tua opinione, stronza! – sclera Lara.
- Ma quando è successo? – chiedo, più serio.
- L’altro ieri. – rispondono insieme.
In ogni caso la loro relazione è strana. Mai un “Ti amo”, un bacio, un abbraccio. Come se non fosse successo niente tra di loro. Come se volessero nascondere la loro relazione. Tanto che io m’azzardo a chiedere a Lara: - Per caso vi siete lasciati? – e lei mi risponde: - No, io non sono mica una di quelle ragazze che lascia il fidanzato dopo tre giorni!
Ironia della sorte, il giorno dopo si lasciano. Ma non cambia niente tra di loro. Sono amici come prima. Spero sia stato Lele sennò me la vedrei brutta. Invece Alice non è più nelle mie grazie. Naturalmente chi si mette contro i miei migliori amici si mette contro di me. Tuttavia mi limito ad ignorarla perchè la violenza non fa per me in ogni caso. Comunque mi è ancora difficile accettare la perdita dell’amicizia di Alice: io non dimentico facilmente. E poi è strano come le cose stiano andando veloci in questo periodo. Tengo in considerazione addirittura la possibilità che si tratti di uno scherzo.
  Nel pomeriggio vado al conservatorio per la lezione di coro. Incontro Marco mentre esce dall’aula di tromba (lo strumento che suona) e lo saluto aprendo la mano e scuotendola. Lui mi viene incontro e mi abbraccia: - Ciao, Lory! – mi dice. Non sono abituato a sentirmi dire “Lory”. Amichevolmente, anche se in realtà cerco solo di essere gentile per mascherare il mio fastidio, gli faccio notare: - Per favore chiamami solo Lorenzo. – poi, accorgendomi dall’espressione del suo viso  che c’è rimasto male, continuo: - Semplicemente perché mi piace molto il mio nome, non rimanerci male – lui capisce e sorride.
  - Sto andando a casa – mi annuncia. Io gli rispondo: - Ok, ci vediamo! – ma lui, a sorpresa mi chiede tranquillamente e senza esitare: - Mi dai il tuo numero di telefono? Così possiamo sentirci.
Non pensare male, eh! – mi fa l’occhiolino. Io gli do senza problemi il mio numero, lo congedo e mi dirigo verso la grande sala dove si svolge la lezione di coro. Qui rivedo una vecchia conoscenza, il mio cugino di terzo grado Leonardo. Io e Leonardo abbiamo sempre avuto pessimi rapporti. Non sapevo suonasse, anche se effettivamente non lo vedo da più di sei anni.
  - Che strumento suoni? – mi arrischio a chiedere dopo il mio saluto. Lui, altezzoso e arrogante come me lo ricordavo, mi risponde: - Io suono il pianoforte. Sono stato ammesso con 8,75 – credendo che io abbia ottenuto meno di lui. Perciò rispondo contenendo la mia frenesia: - Io con 9,25 – e vorrei anche aggiungere “Alla faccia tua!” ma naturalmente non posso.
  Il suo viso sconvolto si fa pallido per l’invidia, un’altra delle caratteristiche che ricordavo di lui.
è preso dalla rabbia e vedo quasi il fumo uscirgli dal naso, dalle orecchie e dalla bocca nel momento in cui prende a ciarlare: - Va beh, ma quest’anno la commissione non è che fosse tanto in forma…
- Scusa, cosa vorresti insinuare? – sono arrabbiatissimo.
- Il professore Calì – sarebbe a dire il professore di coro sempre presente in commissione agli esami di ammissione – aveva la febbre!
- Ma vaffanculo, cretino! – gli urlo. Gli parte una risatina e non capisco il perché. Ma dopo due, tre, forse quattro secondi mi accorgo che tutti mi hanno sentito.
- Leoni! – mi guarda Calì severo. Mi sgrida: - sospeso!
- Ma… ma… - Non so cosa dire.

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Capitolo 6
*** La verità su Lele ***


Capitolo 5

  Inutile dire che mia madre è super-mega-iper incavolata e mio padre non scherza. Vengo privato del mio cellulare e non mi è permesso parlare con nessuno al telefono di casa. Mi viene subito in mente Diana. Poi anche Marco.
  Perciò il giorno seguente non riesco a trattenere un abbraccio duraturo con Diana. Ho intenzione di dichiararmi, credo di avere tutte le carte in regola per potermi fidanzare con lei. Voglio baciarla e poi dirle che la amo e che voglio mettermi con lei. Ma qualcosa mi blocca. Ho il mal di pancia per la paura di fallire. Ma mentre valuto se è effettivamente il caso di fare la mia mossa, lei mi dice: - Oh, Lorenzo, sei un ottimo amico, sento già che potrò confidarti tutto!
  Sono sconvolto. Non sono per niente felice. Mi ha friendzonato. Quindi mi vede solo come un amico. Improvvisamente perdo tutte le speranze. Chiedendo il parere dei miei compagni, ottengo ciò che mi aspettavo: i maschi concordano tutti con me; le femmine lo considerano un buon segno.  Io rimango convinto della mia idea.
  Avendo rinunciato con Diana, decido di tornare da Maria alla ricreazione. Lei è visibilmente felice di vedermi, però mi chiede: - Come mai qui? Ti sei lasciato con Diana?
- Ma noi non siamo mai stati fidanzati – rispondo. Un attimo di silenzio, poi aggiungo: - Comunque a me piaci tu, non lei. – e così mi sono dichiarato senza troppi problemi. Maria sorride e si morde il labbro inferiore. È come se stesse aspettando che io lo dicessi.
 - Come sei dolce! - ammette. Tutto qui? Mi aspettavo qualcosa di più. Ecco perché mi avvicino a lei e la bacio. Sulle labbra. Non sulla guancia. Lei è folgorata, inizialmente sembra schifata e sconvolta, poi mi guarda come per dire “E basta?” e mi bacia di nuovo. È il mio primo bacio. Per fortuna né Lara né Lele mi hanno visto perché non ho intenzione di raccontarglielo. È meglio che non lo sappia nessuno. Certo è poco facile, perché siamo a scuola e ci sono tanti ragazzi qui con noi, ma per fortuna non sono né della mia classe, né di quella di Maria. Suona la campana che indica la fine della ricreazione e rientriamo tutti. Mentre rientro in classe noto però Santo. È molto vicino a qualcuno. È una ragazza. Capisco che lui la sta baciando.
  Aspetto che finiscano di pomiciare per potergli dire qualcosa, del genere “Ehi, sciupafemmine!” Poi finiscono e vedo bene la ragazza. Vedo i suoi occhiali, il suo apparecchio il suo sorriso psicopatico: è Alice! Le parte un urlo di sgomento. Poi Santo chiede: -Ah, vi conoscete?
  Io, sconvolto, non dico niente, soltanto li guardo scioccato. Poi mi parte una grassa risatina di entusiasmo e frenesia per la voglia che ho di correre dai miei compagni a raccontargli tutto. Scappo via a parlarne con Lara. Anche Lele partecipa alla discussione. Colgo nello sguardo di Lele una scintilla di gelosia e fastidio. Non la ama ovviamente ma è geloso.
  Nel pomeriggio si svolge il saggio dei pianoforti. Partecipo portando un preludio di Bach ed il solito valzer di Chopin. Chissà perché, ma per la prima volta in vita mia piango in pubblico. Sto suonando, sto improvvisamente chiudendo gli occhi e sento partire gocce di commozione dagli occhi, le sento scendere fino alle guance e poi precipitare nel vuoto, il pavimento sotto di me. La mia lacrimata mi procura un caloroso e sonoro applauso, avendo contribuito alla bellezza del mio brano. Ma temo che gli altri possano pensare che lo faccia apposta per avere successo, perciò mi asciugo le lacrime, faccio un inchino e scendo dal palco.
  Alla fine del saggio vado dietro il cortile della scuola per stare un po’ da solo. Sento una voce provenire dal nulla: - Hey, complimenti!
- Chi è? – chiedo spaesato. Non ricevo nessuna risposta. Mi giro intorno, poi do uno sguardo sopra di me e vedo Lele.
- Cosa fai sul tetto? – chiedo preoccupato. Lui mi fa cenno con la mano di raggiungerlo. Io mi guardo intorno chiedendomi come salire.
-  Ti svelo un segreto. – dice lui. Dal tetto apre una botola e vi entra. Riesce da un buco nel muro del cortile. Incredulo domando: - Da quando c’è quel buco?
- Da sempre. Ma si camuffa con tutte queste piante selvatiche. – risponde Lele. Entriamo in questo buco tra una cascata d’edera e ciuffi d’erbaccia alti più di me, che proseguono lungo il perimetro del cortile. Accediamo ad uno stanzone vuoto e buio. Penetra uno spiffero di luce dalla botola.
- Quella è la botola, purtroppo è guasta e rimane un po’ aperta. – annuncia Lele. Così si spiega l’umido e l’acqua sul pavimento dello stanzone. Sotto la botola si eleva una scala. La percorriamo ed arriviamo al tetto del teatro in cui avevo suonato qualche minuto prima.
   Il paesaggio è qualcosa di meraviglioso. Al cielo arancione pallido spuntato da qualche nuvoletta, si contrappone la sagoma della mia città. Vedo il mare vicino all’Etna e, da lì perfino la mia casa. Stiamo seduti ad ammirare tutto questo.
- Bello, vero? – fa Lele. Mi strappa un sorriso a trentadue denti. Poi continua: - Da qui si vede tutto, ma nessuno può vederci.
Il suo sguardo malizioso smorza il mio bel sorriso. Poi si avvicina a me. I nostri nasi si stanno toccando. Quando le sue labbra si avvicinano alle mie io indietreggio muovendo il sedere, ma sento che sto cadendo. Rimango appeso lì, con soltanto i piedi sul tetto, la testa, le gambe ed il busto di fuori. Sto per cadere e allora strillo: - Ti prego aiutami! – l’altezza è abbastanza pericolosa. Ma sento toccarmi i piedi e penso: “Grazie al cielo”. Ma non mi sta veramente salvando. Mi tira dalle gambe e mi tiene bloccato. Non posso muovermi per le sue forti mani a bloccarmi. Appoggia le mani sulla mia cintura e me la sbottona.
  - No! – gli urlo! Ma mi sfila via anche i pantaloni
- No! – ribadisco. Ormai sono già in mutande e sento di non poter più fare niente. Ma riesco subito ad approfittare di un suo momento di “debolezza” per tirargli un calcio senza sapere dove arriva. Comunque devo avergli fatto veramente male perché si scansa, gli esce una bestemmia. Mi alzo completamente rimbambito per il sangue salito alla testa. Ma mi rendo conto di avere ancora le mutande. “Per  un pelo!” penso. Mi rivesto in fretta e furia e scappo via lasciando lì accasciato a terra con le parti basse avvolte tra le sue mani. Devo averglielo tirato sui testicoli, il calcio. Sono ancora una volta orgoglioso di me.
  Racconto tutto a Lara il giorno dopo. Mi sembra molto strano, ma stavolta Lara mi crede.
- Ti credo, ti credo eccome! - mi conferma. Credo di aver capito che anche con lei Lele ha fatto cose che non avrebbe dovuto fare. La mia aria interrogativa spinge Lara ha spiegarsi. Dopo avermi raccontato tutto non esito ad annunciare: - Ha fatto lo stesso con me!
- Sì, ed è per questo che l’ho lasciato. – ribatte. Ora capisco tante di quelle cose…
Il giorno dopo la sospensione al conservatorio finisce, appena in tempo per gli esami di pianoforte. Santis mi aspetta nella solita aula. È più odiosa che mai. Provo i miei brani insieme a Clara ed Elisabetta. Cerca in tutti i modi di scoraggiarci dicendo che non sappiamo suonare. Ma io non mi perdo d’animo perché me ne infischio di cosa dice lei. Per me non è nessuno e sono sempre più desideroso di dirglielo in faccia. Durante la prova d’esame la prof è particolarmente arrabbiata con Clara e sostiene che, se non riuscirà a suonare bene, dovrà fare l’esame a settembre. Alla fine Santis prende la sua decisione: Clara non farà esami con me ed Elisabetta. Quando esce dall’aula per prepararsi per gli esami, i nostri esami, approfittiamo dell’occasione per sfogare il nostro odio nei suoi confronti. Ma in particolare è Clara a sfotterla con tanto odio profondo.
  A mia sorpresa l’esame si ha in una stanza squallida, dove il pianoforte ha una sonorità orribile. Oltre che da Santis, la “commissione” è composta soltanto da un uomo. Non l’ho mai visto prima, ma sembra molto amico della mia odiosa insegnante e quindi disposto a schierarsi contro di me, dato l’odio e la rivalità impliciti tra me e Santis.
  Finiti gli esami vado in bagno e, mentre sto facendo pipì, qualcuno bussa. Io rispondo subito: “Occupato”, ma vedo la porta aprirsi di scatto ed entrare un ragazzo. Inizialmente non lo identifico, ma mi bastano pochi istanti per capire di chi si tratta: è Marco.
  Io urlo d’istinto: -  È occupato! – con tutta la rabbia possibile, ma prima di capire  che è Marco. Dopo averlo capito rientro i genitali, titubante. Lui, paonazzo per l’imbarazzo, si scusa ed esce.
Quando esco dal bagno ci scambiamo un’occhiata colma di vergogna. Lui si gratta la testa non avendo niente da dire. Io balbetto: - Ehm.. allora ci vediamo…
Un attimo di silenzio, abbasso lo sguardo e, quando lo rialzo, vedo i suoi occhi incrociarsi ai miei. Mi avvicino a lui e lo bacio sulle labbra. 

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Capitolo 7
*** La chiave ***


Capitolo 6
 
  Restiamo in silenzio ma lo sguardo di Marco sembra pronunciare milioni di parole. Mi guarda allo stesso modo in cui mi guardava Maria dopo il nostro primo bacio, infatti anche nel suo sguardo leggo il desiderio di ricevere un secondo bacio. Ed è lui a baciarmi per la seconda volta. Penso a Maria. Io sto effettivamente con lei, ma la sto tradendo. E con un maschio oltretutto. “Ma io sono etero” penso nel momento in cui le nostre labbra si separano. Ho anche il timore che qualcuno ci abbia visti, ma è quasi impossibile, dato che i bagni sono piuttosto appartati.
Marco mi congeda con un abbraccio. Tornato a casa, ho una voglia incredibile di chiamarlo al cellulare. Ma sono in punizione. Il mio telefonino dovrebbe essere nello studio, che è chiuso a chiave. Se non sbaglio, esistono coppie di chiavi coincidenti nella mia casa. Ricordo che la chiave della mia stanza coincide con quella dello studio. Allora provo ad inserire la mia chiave nella serratura che voglio aprire, ma non entra. Perdo completamente le speranze. Vado a riporre la chiave nella serratura della mia stanza e, intento ad inserirla, noto che accanto alla serratura vi è un numero. È il numero 5.
  Do uno sguardo alla chiave: nel manico di quest’ultima è inciso lo stesso numero, anche se è quasi illeggibile sia per le minuscole dimensioni, sia perché la chiave si è consumata negli anni. Verifico che lo stesso meccanismo sia valido anche per le altre porte e ne ho la conferma. Allora mi reco di fronte alla porta dello studio e cerco il numero della chiave: è il numero 3.
  Vado in giro per la casa, in cerca del numero 3. Lo trovo soltanto sulla serratura del bagno. Estraggo la chiave e corro verso la porta dello studio, ora più furtivo rispetto a prima. La chiave coincide. Apro la porta lentamente, per godermi il mio momento di gloria. Quando entro trovo il mio cellulare appoggiato sulla poltrona rossa accanto al baule. Lo prendo e, noncurante della poca autonomia della batteria, chiamo subito Marco.
- Pronto? – inizia lui.
- Ehi, Marco! – lo saluto.
- Oh, amore! – ha riconosciuto la mia voce. – Come stai?
- Bene, tu?
- Ora che stiamo insieme è tutto perfetto! – dichiara Marco. Cosa? Stiamo insieme? Ciò mi fa venire un nodo alla gola.
- Ehm, a proposito… Riguardo al bacio… - vengo interrotto subito.
- Sì, lo so. Devo mantenere il segreto. E anche riguardo al fatto che stiamo insieme, vero? – chiede, infastidito come se non volesse tenerlo segreto.
- Beh, sì. È meglio che rimanga tutto segreto.
- Mmh… Come vuoi tu…
Segue un attimo di insopportabile silenzio.
- Comunque sappi che io ti amo – mi azzardo a dire. Non so perché l’ho detto. Non è quello che penso veramente, ma è un momento di panico e nei momenti di panico si fa e si dice la qualsiasi.
- Ti amo anche io – è così dolce. Lo saluto e riattacco.
  Quando sento mio padre rientrare in casa mi affretto a richiudere a chiave lo studio e riporre la chiave dov’era. Poi vado in camera mia. Come previsto, mio padre entra in camera mia senza bussare per sapere come sto. Io insinuo di avere la febbre. Lui è incredulo.
- Sì, credo di avere la febbre. Anzi, penso che mi metterò a letto. – sostengo. Mi corico nel mio scomodo e malandato letto e, fissando il soffitto, comincio a pensare. Prima a Marco, poi anche a Lele. Non capisco ancora il perché di tutto ciò che ha fatto: prima il bacio sulla guancia, poi il pugno, infine il malriuscito stupro sul tetto. Inizialmente credevo fosse geloso per Lara. Ma c’è qualcosa di più.
  La mattina mi sveglio senza aver dormito. A scuola non c’è Lele. Mi chiedo che fine abbia fatto, poi penso: “Ah, già, devono averlo sospeso!”. Entrando rivedo Santo sbaciucchiarsi con una ragazza, sicuramente è di nuovo Alice. Li saluto con tono assente come per dire “Sì, lo sappiamo che state insieme, Santo e Alice”. Poi sento la risposta: - Ciao, Lorenzo – Una manciata di secondi mi basta per capire di chi è quella voce.
- Lara? – chiedo io sbalordito. Mi giro ed è proprio lei. È Lara, avvolta al braccio sinistro di Santo. Sono senza parole. Dopo una decina di secondi a guardarci negli occhi riesco solo a dire: - Ah… – poi un attimo di silenzio. – E così state insieme?
   Mi vedo passare davanti Maria. La prendo per un braccio cercando di non farle male e la saluto
- Ah, ciao, non ti avevo visto! – mi sorride lei. Ci baciamo sulle labbra e annuncio a Lara, che ha la stessa espressione che avevo io quando avevo riconosciuto la sua voce: - Ebbene sì, io e Maria stiamo insieme.
- Da meno di una settimana – aggiunge Maria, che poi mi dice con tristezza: - Amore, devo andare. La mia prof di matematica si arrabbia molto se arriviamo in ritardo.
  Mollo la sua mano, la lascio andare come se fosse una piuma trasportata dal vento. Subito dopo vedo passarmi davanti Alice. Le metto una mano sulla spalla e la saluto calorosamente. Lei si libera di me bruscamente e va via affrettando il passo. Io la raggiungo.
- Hey, che succede? – le chiedo innocentemente. Del resto non le ho fatto niente. Lei cambia completamente espressione, anche lei sembra ora innocente e perfino dispiaciuta. Colma di imbarazzo si giustifica: - Oddio, scusami, credevo fossi quel porco di Santo…
- Beh, il nome non gli si addice – mi parte una sciocca risata, ma la soffoco subito vedendo che Alice non ride.
- Mi ha tradito con quella troia di Lara. – continua Alice.
- Per favore, non offendiamo nessuno eh! – ribatto.
- Sì scusami.
- Come va?
- Benissimo. Sto con Lele da tre giorni.
- Cosa? Ma non avevate litigato?
- Sì, ma abbiamo fatto subito pace.
- Senza che io sapessi niente? Allora, Alice, raccontami! – sono assolutamente incredulo.
- Beh, non c’è niente da raccontare. La nostra relazione si può riassumere così: Sesso, sesso, sesso.
  Immagino già il mio volto inorridito. Riesco solo a mormorare: -Ehm.. Beh, molto interessante – ma penso abbia capito che non voglio parlare di questo. E invece no, perché comincia a raccontare: - La prima volta che l’abbiamo fatto eravamo appena usciti da scuola. Lui mi ha portato sul tetto dl cortile.
“Ah, bene…” penso. Ma faccio finta di non saperne niente e chiedo scioccamente: - Il tetto? Come ci siete arrivati? – e lei risponde: - C’è una botola segreta ma preferirei non spifferare il segreto. – e io annuisco come per dire “Va bene, come vuoi tu!”. Poi Alice continua: - Mi ha detto che lì non ci avrebbe visti nessuno e io gli ho annunciato che era molto eccitante per me. Allora lui mi ha sbattuto a terra con violenza e io sorridevo immobile aspettando che lui facesse qualcosa. Allora lui si è tirato giù i pantaloni e ha cominciato a toccarsi. Io, come lui, mi sono sfilata i pantaloni e sono rimasta in mutande. Poi si è buttato addosso a me. Ci siamo girati e rigirati. Mentre mi trovavo sopra di lui mi ha tirato giù le mutande. Poi io ho fatto lo stesso con le sue eh ha cominciato a…
- Che schifo non voglio sapere altro! – urlo sul punto di vomitare. Ceh, immaginatevi Alice nuda.
- Aspetta, oramai fammi terminare! – mi supplica Alice.
- Però risparmiati i dettagli! – dico in tono serio.
- Dopo che eravamo nudi mi ha chiesto di toccarglielo e io..
- Ma vaffanculo, troia! – mi libero io. Me ne vado e la lascio. Mentre mi dirigo rapido verso la mia classe, giro per un attimo la testa per guardarla e noto che è bagnata sul ventre. E poi sarebbe Santo il porco. Certo, Lele ed Alice fanno una bella coppia: due pervertiti.
  Che delusione. Il lato positivo è che da questa esperienza imparo a guardarmi le spalle da chiunque. Poi penso a Marco: “E se un giorno mi chiedesse di farlo?” questo pensiero mi turba per tutto il giorno. Penso anche: “E se fosse Maria a chiedermelo?” Beh, preferirei perdere la verginità con una ragazza che con un maschio. D’altra parte sono etero. Talvolta lo dimentico. È come se fossi gay soltanto per Marco. Tutti gli altri ragazzi mi fanno venire il voltastomaco.
  Il fine settimana a seguire è il più noioso di tutta la mia vita. Ma martedì 3 giugno la noia viene spezzata da un fatto eclatante: per la prima volta nella storia della nostra scuola, il quadro delle ammissioni agli esami è pubblicato prima della fine delle lezioni.
  Mi affretto ad andare a controllare personalmente i risultati. Siamo tutti ammessi. Leggo: “Leoni Lorenzo – 10 “. Poi: “ Sabino Lara – 8”. Scendo fino al voto di Rosy: “Totaro Rosa – 7” e poi risalgo per vedere il voto di ammissione di Lele, anche se non mi importa molto. È incredibile, ha preso 9! Più di Lara! 

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