My Life With Five Guys

di smarty_R5
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1 ***
Capitolo 2: *** Cap.2 ***



Capitolo 1
*** Cap. 1 ***


Quella mattina mi ero alzata presto. Faceva caldissimo. "Ovvio" pensai "È il primo di agosto". Quel giorno però tutto sarebbe cambiato. Infatti mi ero alzata presto, per dirigermi con i miei in aeroporto, a Roma, perchè da me stavano per trasferirsi ben cinque ragazzi. Era la fine. Innanzitutto mi presento. Sono Jennifer (Jen per gli amici), ho 15 anni e vivo con la mia famiglia in un piccolo paese, in Italia. Amo la musica e, cosa più importante: sono figlia unica. In auto non facevo che pensare a quello che sarebbe successo in un immediato futuro. Io non sapevo assolutamente niente di loro: e se avessero odiato la mia città? Se avessero odiato la musica e soprattutto i miei idoli? Ah ecco cosa avevo dimenticato nel descrivermi! I miei idoli assoluti sono gli R5, una band statunitense che amo con tutto il cuore. Comunque, una volta in aeroporto mi misi seduta e, senza dire una parola, mi infilai le cuffie nelle orecchie. Non volevo avere niente a che fare con "quelle persone" che sarebbero entrate in casa mia, invadendo i miei spazi. Non ero abituata. Tutto qui. Pochi minuti dopo alzai lo sguardo e vidi mio padre che parlava al cellulare. Stava parlando da parecchi minuti con un ridicolo accento inglese/americano che riusciva solo a darmi sui nervi in quel momento, anche se di solito mi faceva ridere. disse mio padre quando terminó la telefonata, guardandomi soddisfatto. Forse non gli era ben chiaro: non volevo fratelli o sorelle. La cosa che mi infastidiva di più però, era che mamma e papà sapevano tutto dei futuri "coinquilini" ed io niente. Neanche i nomi, neanche se erano maschi o femmine. Erano due settimane che i miei dicevano "È una sorpresa" e "Ne sarai felice", eppure in quel momento volevo solo chiudermi in camera mia. Poco dopo mio padre prese un foglio e cominció a scriverci sopra. Non mi interessava cosa così mi rimisi le cuffie. Ad un tratto, mentre canticchiavo tra me e me, vidi un volto familiare... Non era forse Rocky Lynch, il chitarrista degli R5? No, stavo di sicuro sognando. Continuai a guardarlo, sembrava che non sapesse dove andare, finchè non guardò verso mio padre (che aveva ancora il foglio in mano) e ci indicò. Poi gesticolò un attimo e da un angolo sbucarono altri quattro ragazzi. Anzi, tre ragazzi ed una ragazza. Erano gli R5, non stavo sognando. Mi sentii mancare l'aria perchè mi accorsi che venivano verso di me, salutando mio padre e mia madre. Ad un certo punto vidi tutto nero.

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Capitolo 2
*** Cap.2 ***


Quando ripresi conoscenza, mi trovavo sdraiata con sei paia di occhi intorno a me. -Tutto ok?- mi disse, in inglese (lingua che parlo da quando ero piccola), una di quelle sagome che ancora mi apparivano sfocate. Io annuii e la prima cosa che vidi quando mi rialzai furono i miei genitori con una bottiglietta d'acqua in mano, che mi venivano incontro correndo, ma non erano soli. Con loro c'erano proprio Mark e Stormie Lynch. Stavo ancora sognando? No. Intorno a me c'erano loro, i miei idoli di sempre, che mi guardavano chiedendomi ancora come stavo. "Wow" pensai "sta accadendo davvero". Uscendo dall'aeroporto cominciai a riempire mia madre di domande e per poco quel giorno non svenni la seconda volta: erano loro quei cinque ragazzi di cui si parlava da due o tre settimana, quelli che sarebbero venuti a stare da me. Una volta arrivati a casa io nonsapevo cosa fare, cosa dirgli, così li lasciai andare a sistemarsi: io avrei dormito con due di loro, Rydel e Ratliff, mentre gli altri sarebbero rimasti al piano di sotto. Dato che, come ho già detto, non sapevo che fare andai in cucina dove mio padre aveva già iniziato a cucinare. Più che un pranzo per undici persone sembrava un banchetto nuziale. Certo eravamo tanti, ma non c'era bisogno di tutta quella "roba". Ad un tratto mamma entrò in cucina e mi disse: -Non essere scortese, vai di sopra e vai a conoscerli meglio!-. Ero tentata di dirle che sapevo praticamente ogni cosa di loro, ma in silenzio mi avviai verso le scale. Dal piano superiore proveniva una musica,una musoca a me familiare. Cominciai, con il cuore in gola per l'emozione, a salire le scale e, gradino dopo gradino, mi ritrovai in cima alle scale. La porta della mia camera era socchiusa, ma li sentivo cantare, sentivo le loro voci e mi tremavano le ginocchia. Quando ebbi coraggio entrai e loro mi guardarono, sorrisero e continuarono a cantare. Riker mi fece cenno di unirmi a loro. Io inizialmente esitai, ma poi mi decisi (meglio dire che fu la mia voce a decidersi) e cominciai ad intonare le note di "Say you'll Stay". Non mi ero mai sentita così, non avevo mai cantato davanti ad altre persone per paura di stonare e di fare una figuraccia, ma con loro era diverso. Eravamo in sette in quella stanza ed io ero su di giri. Ad un tratto mamma, papà e i loro genitori entrarono e si misero ad ascoltarci. Era bellissimo. Finita l'"esibizione" tutti applaudirono ed io credo fossi rossa come un peperone, ma non era importante. Loro erano lì e il mio sogno si era realizzato.

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