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di Holenuvolenegliocchi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Back. ***
Capitolo 2: *** The truth. ***
Capitolo 3: *** Safe. ***



Capitolo 1
*** Back. ***


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Una piccola ed esile figura brancolava nel buio, cadendo, alzandosi, aggrappandosi. Non vedeva nulla. Ma era davvero la stanza ad essere buia? Lei non lo sapeva, teneva gli occhi chiusi. Forse non vedeva, o forse non voleva vedere, non voleva vedere né dove si trovava né chi fosse in quel posto. Aveva paura di vedere. Quella piccola ragazza. Non sapeva bene cosa le fosse successo, ricordava solo di essere uscita di casa, di aver svoltato e poi... BUIO. Ricordava solo di aver sentito lo stomaco farle un male cane e di avere la testa che le girava come un carosello, e poi, e poi gli occhi. Ricordava un lancinante dolore agli occhi, un bruciore. Non aveva né capito né visto quello che le era successo. Era come se tutti i suoi sensi a parte l'olfatto fossero andati persi. L'unica cosa che era riuscita a percepire era un odore di vecchio, mescolato all'odore di piante e fiori. E libri. Oh si, l'odore dei libri lo ricordava bene, lo riconoscerebbe dovunque. Ora si sentiva persa. Non sapeva dove si trovava né dove stava andando. Non sapeva e basta. Vagava in un luogo ignoto, senza una meta. D'un tratto andò ad inciampare in qualcosa sul pavimento e cadde finendo su un qualcosa che non era né troppo morbido né troppo duro. Non sapeva esattamente di cosa si trattasse, ma sapeva per certo che se quella cosa, qualunque cosa essa fosse stata, non si fosse trovata proprio lì, in quel momento, lei avrebbe rischiato di farsi molto male data la violenza della caduta. Si fermò per un momento a pensare e cominciò a far salire le mani lungo quel qualcosa: il tatto ce l'aveva ancora "e se fosse una persona?" disse tra sé e sé cominciando a preoccuparsi. Se prima era spaventata e disorientata adesso era preoccupata. Forse perché temeva di aver fatto male alla persona sulla quale era caduta. O forse perché aveva paura che quella persona su cui era finita era proprio quella che l'aveva trascinata fin lì. Cominciò a toccare quel corpo per verificare la sua teoria ed effettivamente le parve di toccare con le mani delle guance. Era una persona! In quel momento nella sua mente si affollarono mille dubbi, paure e domande "e se fosse un criminale? Se mi volesse uccidere? Oppure potrebbe non essere così, magari può aiutarmi a scappare di qui! Ma, se non fosse neanche così? E sennon fosse VIVA ma fosse solo un cadavere, uno in mezzo ad una collezione di tanti altri nella quale tra poco entrerò a far parte anch'io?"
Si, era fatta un po' così, un po' strana, un po' matta, un po' fissata con crimini, film polizieschi e romanzi gialli. Quando usciva di casa analizzava tutte le persone che incontrava fantasticando su quale combinazione di attacchi avrebbe potuto usare per difendersi. Faceva karate. Cintura nera per l'esattezza. Si sapeva difendere, ma senza la vista era inerme, vulnerabile, e l'avevano beccata così, al buio, quel buio che la perseguitava e che continuava a vedere, o nella sua mente, o per un reale buio. 
Iniziò a tirare la pelle delle probabili guance aspettando una risposta per capire se quella persona fosse viva o morta. Nessuna risposta. Sentiva le guance muoversi autonomamente sotto le sue dita ma nessuna voce. Continuò la sua esplorazione del volto e le sue mani incontrarono delle morbide labbra, salendo un naso, e poi, e poi... E poi dei capelli. Morbidi, soffici. Li accarezzava e ci giocava con le dita come fosse stato un gesto abituale. Arrivò fin sotto la nuca e lì sentì un piccolo rialzo di pelle sotto le dita. Una cicatrice. Le venne un dubbio. Portò entrambe le mani sulla nuca della persona a terra e cominciò a tastare quella cicatrice.
"No, è impossibile... Non credo sia lui, starò sognando. Eppure..."
La memoria tattile dei polpastrelli resiste al tempo e l'aveva riconosciuta. Quella cicatrice dietro la nuca le ricordava qualcuno. No, non poteva essere.
D'un tratto sentì una mano carezzarle la guancia e pian piano si spostava e saliva fino ai capelli spostandoli tutti su una spalla. Ricordava quell'abitudine. Quel gesto. Lui lo faceva sempre. Allora non si era sbagliata, le sue dita avevano davvero riconosciuto quella cicatrice!
Ma no, a cosa pensava? Non era possibile. Lui non c'era più. Se n'era andato da un anno. "Un incidente", come lo definiva la polizia. Ma non era così, lei lo sapeva. Sapeva che non era stato un incidente. La bombola del gas non si era aperta da sola, e lui non cucinava. Lei sapeva che era stato ucciso. Si doveva sempre mettere nei guai, lui. Doveva sempre immettersi in cose più grandi di lui e che non lo riguardavano. Non aveva mai capito quel ragazzo. Era un pazzo, o almeno così lo riteneva e chiamava.
"Hey ragazzo pazzo, in quale guaio ti sei cacciato oggi?"
"Oggi ho scoperto una cosa incredibile e ho intenzione di andare fino in fondo alla faccenda"
Era sempre così convinto ogni volta che per caso scopriva qualcosa di stravolgente, sempre. Era attratto dal mistero e dal pericolo. Anche lei lo era, certo non fino a quel punto, non fino a mettersi contro qualcuno di così temibile, contro un boss della mafia cinese, che si trovava lì per "affari". Stavolta si era immischiato in qualcosa di troppo grosso, che non poteva affrontare, e ci aveva rimesso la pelle, a soli ventiquattro anni.
Mentre era immersa nei suoi pensieri si accorse che la mano era tornata di nuovo a concentrarsi sulla sua guancia. L'altra salì diretta alla nuca. Quelle due mani l'avevano tirata giù così forte che le sue labbra finirono su quelle dell'uomo a terra premendo. Se la memoria tattile dei polpastrelli resiste al tempo anche quella delle labbra non scherza. Si, era lui. Ora ne aveva la certezza. Quella era la prova inconfutabile. Ma com'era possibile?
-Hey..- riconobbe all'istante quella voce e si sentì mancare il respiro. 
-S.. Sei tu?
La voce rispose -Si, sono io, ma ora dobbiamo scappare- 
-Cosa?
BOOM!!
Un forte rumore improvviso interruppe la loro conversazione.
-Presto corri!!- si alzò di scatto. 
-Non posso!- gridò lei 
-Perché?
-Perché non ci vedo! Non lo so, è tutto buio, non vedo nulla!
-Merda... Tranquilla, ci penso io a te- la prese sulle spalle -Tieniti forte!
Cominciò a correre
-Ma dove stiamo andando?- chiese lei.
-In un posto più sicuro, in un posto dove nessuno può farti del male- continuò a correre senza mai lasciare che lei cadesse dalle sue spalle. Teneva troppo a lei, non l'avrebbe mai lasciata.
Si fermò di colpo.
-Dove siamo?
-Siamo arrivati. Forza, adesso ti porto al sicuro. Adesso siamo insieme e nessuno potrà toccarti con un dito senza essere prima passato sul mio corpo!
Si avvicinò alla grande porta che dava l'accesso a quello strano luogo.
-Chi va là?- chiese una voce oltre la porta
-Sono io Mick!
Un rumore metallico risuonava nella sua testa confusa
-Ma cosa diamine è successo?
-È una storia lunga Mick, adesso non c'è tempo
-E lei chi è? Deve registrarsi
-Lo farà, ce la porto io. Tranquillo
Attraversò un lungo corridoio che sfociava in una grande sala colma di gente. Poteva capirlo dal mormorio che sentiva.
-Fate largo, fate largo! Hannah, una registrazione!
-Subito comandante!
"Comandante? Ma cosa sta succedendo? Mi sono persa qualcosa? E chi è questa Hannah?" Cominciò a tentare di trovare un filo logico a tutto quello che succedeva, non prestando attenzione alla donna che le stava parlando
-Signorina, parlo con lei- la donna difronte al giovane cominciò a parlarle
-Si, mi scusi- si girò, sperando di rivolgersi verso la donna mentre cercava di individuare la direzione dalla quale proveniva la voce.
-Posso sapere la sua età?
-Ventidue, ho ventidue anni.
-E da dove viene?
-Dalla florida, vengo dalla florida
-Bene, adesso signorina, il suo nome, e poi, ho bisogno che firmi qui
-Mi chiamo Anderson, Kensi Anderson

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Capitolo 2
*** The truth. ***


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Dopo quella che loro chiamavano registrazione il giovane la portò in un corridoio, si fermò davanti ad una porta dove pronunciò una parola incomprensibile. Seguì un rumore metallico e una voce elettronica "identificazione, comandante Martin Deeks identificato. Accesso consentito"
Entrarono in un'enorme stanza, la poggiò su un letto soffice che profumava di vaniglia. La porta si chiuse alle loro spalle.
-Martin, ma sei proprio tu?
-Si Kensi, sono io.
-Ma tu eri morto! Ti avevano ucciso! Com'è possibile?
-Beh.. È una lunga storia
-Ti ho creduto morto per un anno! La tua casa è esplosa con te dentro!
Oh no. Non era andata così. Ma lei ancora non lo sapeva. La vera storia è questa, e mentre lui dava delle spiegazioni a lei io racconterò a voi com'è andata.
Quel giorno, il boss della triade contro cui si era messo, Sai-Chung Li, aveva mandato uno dei suoi, un certo Yang Xu, a casa sua, ma non aveva calcolato gli imprevisti...
Nello stesso momento entrò in casa un ragazzo, un certo Dylan Benson, recatosi lì per informarlo proprio delle intenzioni dei cinesi di farlo fuori. Xu, una volta entrato in casa, si imbatté in Dylan e, convinto che fosse Martin fece per colpirlo con un pugnale ma il colpo andò a vuoto. Ritentò di nuovo ma il ragazzo riuscì a bloccarlo. Riprovò una terza volta e lo colpì all'addome. Dal piano di sopra Martin sentì un urlo e corse per capire cosa stese succedendo. Vide il giovane steso a terra, in un bagno di sangue e sopra di lui il cinese che gli dava le spalle. Prese una statuetta di marmo raffigurante la Torre Eiffel, che si trovava sul mobile accanto a lui, e la utilizzò per colpire alla testa il criminale. I cinesi volevano ucciderlo, adesso ne era al corrente. Sapevano dove abitava e questo rendeva tutto più rischioso. Rimaneva solo una cosa da fare: doveva scomparire. 
Prese i due cadaveri e li trascinò in cucina, vicino ai fornelli. Subito dopo aprì la bombola del gas. Era tutto pianificato alla perfezione. Il gas si sarebbe sparso per tutta la casa. Era una casa vecchiotta. Proprio sopra la bombola c'era uno di quei campanelli del telefono, uno di quelli che quando qualcuno chiama vibrano e fanno scintille, così nel momento in cui sarebbe stato al sicuro avrebbe fatto squillare il telefono in modo che nel giro di pochi istanti la casa sarebbe finita in fiamme e frantumi. Tutto era organizzato. Prese alcuni vestiti e li infilò velocemente in uno zaino, mise un impermeabile scuro e degli occhiali da sole, lasciò tutto il resto lì e uscì di casa. Raggiunse il telefono pubblico e compose il numero.
BOOM!
In un attimo tutto esplose. E lui, nascosto nel vicoletto difronte assistette a tutta la scena. Sentì un forte rumore di un'auto che sgommava, così si voltò e riuscì a intravedere un SUV nero che accelerava via.
Di Yang Xu fu trovato lo scheletro carbonizzato ma il DNA del cadavere non fu mai identificato poiché proveniva da un paese straniero. Anche quello di Dylan non fu identificato e Martin aveva la fedina penale pulita, quindi i suoi dati non erano inseriti nel DATABASE.
La polizia brancolava nel buio. Secondo i loro dati un cadavere doveva appartenere al proprietario della casa e l'altro era un'incognita. Mentre per i cinesi un cadavere apparteneva al loro compagno e l'altro al loro bersaglio, per cui i conti tornavano.
Da quel momento la vita di Martin e quella di coloro a cui voleva bene erano in pericolo e rimase nascosto evitando ciò... Almeno fino a quel momento... 
-E così hai pianificato tutto, hai finto?- lo sguardo di Kensi era perso nel vuoto
-Si.. Non volevo far stare in pena nessuno, volevo solo... Volevo solo che non soffriste, volevo proteggervi!
-Tutti abbiamo creduto che tu fossi morto per un anno intero!! Non ti sembra che abbiamo sofferto ugualmente?
Calò il silenzio. Marty si fermò a riflettere. Non aveva pensato a quel lato della faccenda, non aveva minimamente immaginato che qualcuno avesse potuto soffrire ugualmente per la sua scomparsa. 
Kensi annaspò nell'aria per qualche secondo di quel silenzio che pareva interminabile alla ricerca dei capelli del ragazzo. Quando riuscì a trovare la superficie soffice agitò la mano scompigliandogli i ciuffi e gli strappò un sorriso. 
-Però adesso so che sei vivo. Vorrei tanto dirlo anche a tua madr..
-Kensi - le prese la mano con cui gli aveva scompigliato i capelli -Nessuno deve sapere che sono vivo. E nessuno deve sapere dove mi trovo, perciò acqua in bocca-
-E come farei a dirlo a qualcuno? Non ho la più pallida idea di dove ci troviamo! Non vedo nulla.
-Cosa?
-Si, deve essere successo qualcosa ai miei occhi. Forse è quella roba che mi hanno gettato negli occhi quei tipi che mi hanno rapita. Non te lo so spiegare con esattezza ma non ci vedo più Marty!
Si fermò per un po' a guardarla. Le esaminò gli occhi fissi nel vuoto, poi le diede un bacio sulla fronte e uscì dalla stanza.
-Marty!- si alzò di scatto dal soffice letto bianco su cui era stata posata e lanciò un grido si rabbia mista a disperazione. Perché se n'era andato così in fretta, senza dirle nulla? Provò a trovare una risposta plausibile a tutto ciò per una buona mezz'oretta, poi si addormentò. 
Erano passate più o meno due ore da quando Marty era uscito dalla stanza e Kensi dormiva ancora. Silenziosamente due uomini entrarono nella stanza. Uno era Marty, l'altro era un ragazzo di colore, alto, palestrato, con occhi color nocciola e la testa rasata. Indossava un lungo camice bianco sopra una divisa blu caraibico. Due colori che spiccavano con la sua carnagione. 
Marty si avvicinò lentamente al letto e la svegliò sussurrando dolcemente.
-Kensi, hey combinaguai, sveglia
Con un lamento nervoso cominciò ad aprire gli occhi e a stiracchiarsi.
-Che succede? Deeks sei tu?
-Si sono io. Ho portato qualcuno per te
Il ragazzo col camice bianco le si avvicinò, la aiutò a sedersi sul letto e si presentò.
-Piacere. Io sono Robert Richards, ma qui tutti mi chiamano Bob. Tu devi essere Kensi, giusto?
-Si, piacere, Kensi Anderson- disse in tono un po' freddo e distaccato, dovuto più che altro al fatto che si era appena svegliata e che ancora doveva connettere e realizzare quello che stava accadendo.
-Kensi, io sono quello che si potrebbe considerare "il primario" qui. Marty mi ha raccontato tutto, del rapimento e dei tuoi occhi. Se ti fiderai di me posso aiutarti
-Dici sul serio? Tu potresti guarire i miei occhi?
-Non sono diventato il capo qui per nulla- fece una leggera risata, invisibile per lei, ma che riuscì bene a sentire e che a sua volta la fece ridere.
-Andiamo, ti fidi di me? E se non ti fidi di me, fidati almeno di Martin
-Mhh se dovessi scegliere mi fiderei più di te che di questo ragazzo pazzo qui- scoppiarono tutti in una fragorosa risata -ok, ci sto. Voglio fidarmi. Che devo fare?
-Per il momento devi solo venire con me
Insieme la sollevarono e la posarono su una sedia a rotelle.
Mentre Kensi passò l'intera giornata con Robert avanti e indietro per il reparto "OSPEDALE", chiamiamolo così, Marty lo passò in una stanza con delle pareti dipinte di un blu intenso e con un pavimento candido, talmente bianco da risplendere. A quanto pare i colori principali di quel posto erano il bianco e le varie sfumature di blu. Non era solo in quella stanza: con lui c'erano almeno un'altra ventina di persone tra uomini e donne di una certa età, ragazzi, e padri e madri di famiglia, che non superavano la quarantina. La parete dietro il posto a sedere di Marty era in realtà uno schermo camuffato alla perfezione con le altre. Intanto la tavola situata al centro della stanza, fatta totalmente in vetro scuro, si dimostrò essere un ulteriore schermo gigante sul quale apparve un planisfero in cui alcune parti del mondo erano divise in settori distinti da colori ben precisi.
Marty controllò l'orologio: le sei in punto
-Ci siamo tutti? Bene, allora possiamo cominciare.
Da quel momento in quella stanza cominciò un'importante discussione, composta da tanti botta e risposta, opinioni diverse, ma un obiettivo comune: liberarsi di Sai-Chung Li, non importava se mettendolo nelle mani della giustizia o eliminandolo, l'unica cosa che importava era liberarsene. 
-Tutte le banche sono controllate!
-I rifornimenti dei negozi non arrivano più in tempo e c'è una tassa in più da pagare per ogni camion arrivato.
-Le navi mercantili non salpano più, per ogni scatola da consegnare i marinai ci devono rimettere dei soldi di tasca loro.
-Molte fabbriche di alimenti, dolci e cioccolata sono diventate il centro principale di commerci di droga
-Ormai è impossibile vivere, basta una dogana o una tassa in più non pagata e ti mandano killer ad ucciderti. Non si può andare avanti così
Ognuno raccontava la propria esperienza, diceva la sua, fino ad arrivare alla conclusione che era in realtà l'inizio di quel dibattito.
-Le indagini svolte sono risultate positive, e noi l'abbiamo visto con i nostri occhi, ormai è tutto controllato, credo che ne siamo tutti consapevoli e credo che tutti sappiamo dove vuole arrivare..
Kensi aveva appena finito i vari controlli e pianificato l'operazione con Robert e stava cercando Marty per dargli la buona notizia quando passò proprio davanti la porta della stanza in cui si stava tenendo la riunione.
-Sai-Chung Li è diventato un problema e ha delle informazioni troppo importanti. 
-Non le ha tutte però
-Esatto, e noi dobbiamo fare in modo che non le abbia mai, ne va della sicurezza internazionale
-Deeks, lo sai vero adesso cosa succede..?
-Si, lo so. Kensi deve restare al sicuro. 
Aveva sentito tutto. Il suo cuore si fermò per un momento"Kensi deve restare al sicuro" quelle parole, cosa volevano dire? 

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Capitolo 3
*** Safe. ***


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"Hey Kensi"
Una voce la distolse da quei pensieri.
"Sei tu Bob?"
"Si, ti stavo cercando"
L'espressione della ragazza era ancora più vuota di prima, e non era solo perché non vedeva..
"Hey, va tutto bene?"
"Io.." Scrollò le spalle "si, è tutto a posto" sorrise.
"Mi stavi facendo preoccupare. Dai, è tardi, e sei stanca, meglio se vai a dormire, domani la sveglia suona presto. Forza, ti accompagno in stanza"
Così dicendo il ragazzo dalla pelle scura afferrò i manici della sedia a rotelle e condusse Kensi in camera sua, la fece sedere sul letto e le chiese se aveva bisogno di aiuto per infilare il pigiama, ma dopo aver ricevuto un secco "No" pose il pigiama accanto a lei e, lasciandole un leggero bacio sulla fronte e dandole la buona notte, si dileguò.
Kensi fece scivolare il morbido e asciutto tessuto del pigiama sul suo corpo e solo in quel momento si rese conto di quanto i suoi vestiti fossero fradici. Si distese sul letto a pancia all'aria con le palpebre chiuse, ma sveglia. Pensava. Pensava a quello che aveva sentito fuori da quella stanza. Alle parole di Deeks "Kensi deve restare al sicuro". Cercava di capire cosa c'entrasse lei con questa storia e con tutta questa segretezza. Ci provò per un'oretta, a capire intendo, dopodiché distese le braccia a mo' di croce accanto al suo corpo rassegnata.
In quel momento la porta della stanza si aprì.
"Hey Anderson sei ancora sveglia?"
Continuando a tenere le palpebre abbassate disse "Deeks smamma"
"L'ospitalità è sempre stata il tuo forte" disse ironicamente.
"Cosa vuoi?" L'espressione sul suo volto era insieme confusa e arrabbiata
"Non posso voler sapere come sta una vecchia amica?" Così dicendo si avvicinò al letto fino a sedercisi sopra. Si fermò lì a contemplare la bellezza di quella ragazza, ma non la bellezza della perfezione, ma la bellezza di una ragazza imperfetta, di un volto con graffi e cicatrici, di occhi che ne hanno viste tante e che hanno pianto tanto. Mentre la ammirava le accarezzava dolcemente i lisci capelli castani. Erano morbidi, un po' infangati, ma morbidi.
"Deeks.." Interruppe quel silenzio che si era creato, voleva chiedergli spiegazioni per ciò che aveva sentito
"Cosa c'è?" Chiese lui disponibile.
Moriva dalla voglia di sapere cosa stesse succedendo ma non gli chiese nulla. Giustificò l'averlo chiamato dicendo un semplice "grazie"
Le venne spontaneo. In realtà non sapeva bene di cosa l'avrebbe dovuto ringraziare. Forse del fatto che l'aveva aiutata a scappare dai suoi rapitori, o del fatto che le aveva presentato un dottore per guarire i suoi occhi. Ma non sapeva dove si trovava. E se quel posto fosse stato una specie di prigione? Perché la gente lo chiamava Comandante? Lui aveva fatto il suo nome in una discussione. Cosa c'entrava lei? E se non si trovasse davvero al sicuro? Gli ingranaggi nella sua testa giravano velocemente e vorticosamente, tanto da far rumore.
"Prego... Kensi c'è qualcosa che ti preoccupa?"
"No, nulla, penso"
"E a cosa pensi?"
Già, a cosa pensava? In quel momento pensava a così tante cose che avrebbero potuto rivelarsi pericolose se dette che non riusciva a sceglierne una plausibile.
"Ai miei occhi. Si, insomma, sei sicuro che Bob riuscirà a farmi tornare la vista? Io vedo tutto nero. Non so dove mi trovo, non so se sei cambiato in un anno, se hai cambiato aspetto per sfuggire alla triade. Non so quali colori ci sono in questa stanza, com'era la foresta mentre scappavo, di che colore fosse il cielo. Non so nulla"
Adesso sembrava che anche Martin fosse diventato cieco. I suoi occhi fissavano un punto vuoto.  Le sue mani smisero di accarezzarle i capelli. Lei non poteva vederlo. In effetti era rimasto sempre uguale, aveva solo qualche cicatrice in più. Si, beh, all'inizio della sua fuga aveva provato a tingersi i capelli di nero ma dopo un mesetto era di nuovo biondo. No, non era cambiato molto, anzi, non era cambiato per niente. Però un momento... Forse qualcosa era cambiato.... Qualcosa dentro di lui.
Scrollò le spalle.
"Nah, non ti perdi niente. Qui è tutto dipinto di bianco e varie sfumature di azzurro, celeste, blu, ecc. e io... Beh, io sono sempre uguale a come mi ricordi, all'ultima volta in cui mi hai visto"
"Dah, allora meglio che non ti vedo. Almeno così i miei occhi non rischiano di rimanere disgustati dalla tua bruttezza" cominciò a ridere
"Ah, si? Davvero? Chi sarebbe brutto scusa?" Disse cominciando a farle il solletico sui fianchi, il suo punto debole. Andarono avanti così, con una lotta all'ultima risata alternata a una lotta coi cuscini, per un paio d'ore, poi Kensi sentì il peso della stanchezza premerle addosso e si addormentò. Marty aspettò che dormisse profondamente e facendo attenzione a non svegliarla, silenziosamente se ne andò in camera sua. 
Non chiuse occhio tutta la notte. Pensava e ripensava a lei. Ai suoi occhi. Al dibattito avvenuto nel pomeriggio. Al fatto che doveva tenerla al sicuro. A coprire il tatuaggio-mappa ci avrebbero pensato i medici approfittando dell'operazione agli occhi, ma il cip, quello era rintracciabile. E se anche fosse riuscito a deviare il segnale lei sarebbe stata visibile, tutti i membri dell'organizzazione conoscevano l'aspetto della "custode" e una volta trovata, Sai-Chung Li non si sarebbe fatto scrupoli ad ucciderla all'istante per strappargli quelle informazioni.
Il pensiero di vederla tra le mani del nemico gli trapanava la mente. Doveva darsi da fare per proteggerla. E subito.
***
Il mattino seguente, verso le 7.30 Bob entrò in camera di Kensi seguito da una ragazza, doveva avere poco più di diciotto anni. Insieme la svegliarono e la ragazza, che doveva essere un'infermiera del posto, la accompagnò in bagno per aiutarla a lavarsi e vestirsi, dopodiché la fecero sedere su una sedia a rotelle e la portarono nel reparto "ospedale"
"Allora Kensi, sei pronta per tornare a ved.."
D'un tratto l'area fu immersa da una luce rossa. Una voce da un megafono gridava 
"ALLARME. A TUTTI GLI AGENTI. C'È STATO UNO SCONTRO CON LA SQUADRA F. 8 AGENTI GRAVEMENTE FERITI, QUATTRO MORTI. ALLARME. RICHIESTA RINFORZI. A TUTTI I MEDICI. SONO IN ARRIVO I 4 SUPERSTITI GRAVEMENTE FERITI. OPERAZIONI D'URGENZA." e mentre dall'altoparlante la donna diceva questo in sottofondo si sentiva il fastidioso rumore di una sirena. La giovane ragazza non riusciva ad afferrare cosa stesse succedendo, ma capì che la sua operazione era stata rimandata, c'erano urgenze più gravi e a quanto pare c'era bisogno di tutti i medici e di tutte le sale operatorie. 
"Kensi, mi dispiace, c'è un'emergenza. La tua operazione è rimandata. Tranquilla, appena finisco qui mi dedico a te. Ora vado. Allie, portala a prendere un po' d'aria"
"Certo Bob. Se serve una mano non esitare a chiamarmi"
Il medico ammiccò poi se ne andò di corsa.
Intanto qualcun altro correva nel verso opposto.
"Kensi! Stai bene? Sei intera?"
"Si, Martin, sto bene, ma che succede?"
"Non posso spiegartelo ora. Vieni con me, forza Allie, dammi una mano, seguitemi"
Così le due ragazze insieme a Deeks cominciarono a correre. Svoltarono in un corridoio chiuso. Erano in un vicolo cieco... O forse no. 
In basso alla parete che fronteggiava i tre c'era un pannello per i cavi elettrici. Deeks ci poggiò la mano sopra e il muro scomparve. Rimase solo uno scalino ed un altro corridoio al termine del quale c'era un'ascensore. Era tutto un ologramma. Un effetto per nascondere un'altra parte della struttura in cui evidentemente c'era qualcosa di molto importante. Arrivarono alla fine del corridoio ed entrarono nell'ascensore. Invece di premere un normale pulsante Martin fece scivolare il suo passe-partout  in una fessura e l'ascensore cominciò a scendere. E scendeva giù, giù, giù, ancora più giù. Poi, ad una profondità di circa venti metri sotto il livello del mare si fermò. Le porte si aprirono e i tre si trovarono davanti un lungo tunnel dalle pareti trasparenti attraverso le quali si vedeva il mare
"Comandante ma dove ci troviamo? Non sono mai stata in quest'area della BASE"
"Lo so Allie, è un passaggio segreto aperto solo ai membri del concilio, ora presto dobbiamo correre!!"
Mentre Martin apriva la strada Kensi lo seguiva sulla sua sedia a rotelle, spinta dall'infermiera.
Percorsero per un lungo tratto il tunnel per sbucare poi in un vicolo con una botola. Deeks tirò fuori un vecchio mazzo di chiavi dalla tasca e le esaminò una ad una lasciandole cadere l'una sull'altra provocando un continuo tintinnio. E fece così per un po' fino a trovare una determinata chiave che entrava perfettamente nella fessura sulla botola
TIC. Una mandata. TIC. Due mandate. TIC. Tre mandate. Poi il silenzio.
Dopo pochi secondi Kensi poté sentire un forte rumore seguito poi da quattro scatti.
TAC. TAC. TAC. TAC. Altre quattro mandate.
Un fastidioso cigolio distolse la sua attenzione sul numero e sul rumore delle mandate effettuate per aprire quella che sembrava essere una botola molto vecchia.
Con un veloce scatto il ragazzo dai capelli color dell'oro tirò giù la porta della botola e ne tirò una scala. Con un gesto della mano invitò Allie a salire per prima dopodiché senza neanche chiederle il permesso sollevò la ragazza dalla sedia e se la caricò in spalla. Chiuse il portello con la stessa velocità con cui l'aveva aperto e digitando un numero sul cellulare attivò un sistema di autodistruzione del tunnel.
Il percorso lungo la scala fu faticoso e Deeks occupò più della metà di esso a sorbirsi le lamentele della ragazza sulle sue spalle e ad avvertirla sul fatto che se si fosse dimenata troppo sarebbero entrambi caduti e finiti spiaccicati a terra come resta spiaccicato un uovo.
Dopo circa un'oretta e mezza di arrampicata i tre si trovarono davanti ad un'ulteriore botola, questa protetta da una sola manopola ben oliata che perfino Allie fu capace di girare.
Kensi continuava a dimenarsi e a lamentarsi sulle spalle dell'amico quando quest'ultimo la posò delicatamente a terra.
Terra. Terraferma. I piedi nudi della giovane ragazza toccavano di nuovo il pavimento, il suolo, dopo che ne era stata separata per ore. Convinta di essere finalmente al sicuro lasciò fuoriuscire un sospiro di sollievo. Cominciò a vagare per la stanza senza una meta, inciampando continuamente e rialzandosi altrettante volte. Non le importava di cadere, l'unica cosa che le importava in quel momento era sentire l'odore di quel posto, quell'odore di umido, vecchio, legno e... Carta!! C'era un tavolo con dei fogli in quella stanza, ne era sicura. Cominciò a seguire l'odore fino ad andare a sbattere contro qualcosa. Tastò la superficie dell'oggetto contro cui era finita e vi trovò sparsi vari fogli.
"Deeks, cosa sono tutti questi fogli? Dall'odore si direbbe che sono molto vecchi. Mi sbaglio?"
"Fa vedere un po'.." Disse il ragazzo avvicinandosi "Hai ragione, sono molto vecchi ma.."
Un odore forte e pungente stuzzicava le sue narici, sembrava quasi.. "Inchiostro! Inchiostro fresco! Qualcuno ci ha scritto sopra da poco!"
Allie tirò fuori dalla tasca una striscia d'ovatta e tamponò delicatamente i fogli. Quando la risollevò trovò che alcune parti della striscia erano macchiate di nero.
"Comandante ha ragione! L'ovatta è rimasta macchiata di inchiostro su alcuni tratti"
"Però Anderson, alla fine la tua passione per la scrittura e per i testi antichi non è poi tanto male" disse accompagnato da una leggera risatina
"Si, ma questo vuol dire che non siamo soli..." commentò la castana.
A quelle parole lo sguardo di Deeks si fece più profondo e serio. Tirò fuori pistola e torcia perquisendo da cima a fondo l'abitacolo.
"Libero! Qui non c'è nessuno" le due esalarono un sospiro convinte di essere salve, quando sentirono un forte rumore di passi, passi pesanti, provenire dall'alto. 
Senza pensarci due volte Martin prese entrambe le giovani per un braccio e le trascinò con se dietro una consunta e malandata credenza.
In quel posto nessuno di loro, non solo Kensi, poteva vedere cosa accadeva, potevano solo contare sul proprio udito che fu quasi distrutto dal forte e stridulo cigolio di una porta. 
"Non si preoccupi signore, qui non la cercherà nessuno"
"Lo spero per voi, altrimenti sa a quale fine vanno incontro i traditori"
"Certo. Ha tutta la mia fiducia signore. Devo ammettere che è un posto un po' inusuale, non mi sarei aspettato una vostra visita qui"
"In effetti si, è inusuale, ma è proprio per questo che l'ho scelto. E comunque non disturberò a lungo, domattina sarò in partenza, voi assicuratemi solo che non ci siano sorprese per questa notte, intesi?"
"Intesi, ora se permettete torno ai miei doveri, benvenuto ad Alcatraz signor Blunt"

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