Le spine di una rosa bianca

di Ladypotter97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sangue ***
Capitolo 2: *** Il peggio doveva ancora arrivare ***
Capitolo 3: *** Sto arrivando ***
Capitolo 4: *** Di male in peggio ***
Capitolo 5: *** Uniti con il sangue. ***
Capitolo 6: *** L'angelo meccanico ***
Capitolo 7: *** Un briciolo di speranza ***
Capitolo 8: *** Patto con il diavolo ***
Capitolo 9: *** Solo ***
Capitolo 10: *** Battito di un cuore ***
Capitolo 11: *** Fiore di loto ***



Capitolo 1
*** Sangue ***


Sangue.

Sangue ovunque, lo sentiva scorrere sulle dita, sulle braccia, sul viso. Le gocce che cadevano a terra scandivano i secondi che passavano.

Come fanno tutti a esserne disgustati?

Inspirò per assaporarne l’aroma. Per lui aveva il profumo della vita. Una vita che lui poteva controllare. Aveva il potere di decidere da quale parte pendesse la bilancia. Vita o morte.

Peccato che per quell’Angelo era andata male

Sorrise al ricordo delle sue urla, i suoi patetici tentativi di scappare dal suo destino. Lui era invincibile e presto tutti l’avrebbero capito. Aveva letto su un libro che uccidere un’ Angelo era il peccato più grande che un uomo potesse commettere.

Non hanno ancora visto niente

Sapeva che suo padre sarebbe stato fiero di lui, lo faceva per lui, per onorare il suo ricordo. Suo padre era morto e lui l’avrebbe vendicato. Avrebbe insegnato a quegli insulsi cacciatori cosa era il dolore. Trovava strano il perché lui era morto e sua madre no.

Non mi interessa, per me  lei non esiste. Lei mi odia. Lei per me è morta

Ma non era solo, aveva un fratello che sarebbe stato suo. Aveva una sorella alla quale avrebbe insegnato ad amarlo.

Il ragazzo alzò la testa, i capelli bianchi come l’avorio erano impregnati dal sangue dell’Angelo, lasciò che il sole gli accarezzasse il viso, aprì gli occhi neri come la pece, così neri che sembravano non avere l’iride, ornati dalle lunghe ciglia.

-Io sono Jonathan Christofer Morgenstern e giuro- scoppiò a ridere, si passò una mano tra i capelli

-Giuro sull’Angelo che il mondo sarà mio-

 

 

Nota dell’autrice: mi dispiace aver scritto poco per questo primo capitolo, ma mi sembrava facesse più effetto finire con questa frase. Scrivere dal punto di vista di Sebastian è complicato, quindi ho deciso di adottare una scrittura spezzata spesso ripetitiva, il personaggio è imprevedibile quanto crudele.

Grazie ancora e se questa fan fiction vi è piaciuta vi invito a leggere anche quella di Alec e Magnus J

 

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Capitolo 2
*** Il peggio doveva ancora arrivare ***


Il peggio doveva ancora arrivare.

Il peggio doveva ancora arrivare.

Tara quel giorno aveva marinato la scuola. Di nuovo. Non se la sentiva di vedere le solite facce, le solite persone che l’avrebbero presa in giro. Sarebbe andata come al solito a leggere al centro commerciale abbandonato.

Prese la bici lasciata  davanti al cancello della scuola, quando montò in sella sentì un malinconico cigolio, sapeva che ormai era arrivata al limite, presto sarebbe caduta a pezzi, ma doveva accontentarsi, suo nonno non aveva i soldi per darle l’opportunità di prendere i mezzi, e lei non voleva pesargli più di troppo. Accarezzò con delicatezza il manubrio, sentiva la ruggine sotto la pelle. Quella bicicletta era appartenuta a sua madre. Se Tara chiudeva gli occhi poteva ancora vederla : occhi scuri, capelli chiari e morbidi che le arrivavano alle spalle, labbra piene che le sorridevano sempre. Suo padre le diceva che si era innamorato di lei quando l’aveva vista sorridere. Erano felici.

Poi era arrivato l’incidente. Il rumore causato dall’impatto con l’altra macchina era stato assordante, la ragazza ricordava il dolore, il sangue, ma soprattutto i visi delle persone che amava di più al mondo distorti, confusi, sofferenti e morti. Nessuno sapeva spiegare come una ragazzina di sei anni potesse essersi salvata da un incidente mortale. Molti parlavano di un miracolo, ma non era vero. Lei aveva perso tutto, non c’era niente di miracoloso nel rimanere soli.

Guardò il cielo grigio che torreggiava sulla sua testa, presto avrebbe piovuto. Dentro la sua borsa riusciva a sentire la presenza della pistola, mentre pedalava, sfrecciando per i vicoli che diventavano sempre più bui, toccò l’arma. Era l’unico oggetto, oltre i libri, che poteva darle sicurezza. Troppo spesso si era imbattuta in bande di teppisti che volevano derubarla, o peggio. Dopo la morte dei suoi genitori se l’era dovuta cavare sempre da sola.

Si lasciò sfuggire un sorriso quando vide il grande edificio. Quello era il suo nascondiglio, un posto dove poteva evadere dalla realtà, lì nessuno poteva giudicarla o prenderla in giro a causa dei suoi abiti di seconda mano.

Lasciò cadere la bici per terra, tanto era così mal ridotta che nessuno avrebbe mai pensato di rubarla. Il centro commerciale era sempre deserto, quindi la ragazza entrò tranquillamente.

Mai avrebbe pensato di sentire qualcuno parlare.

Spaventata si avvicinò alla parete e silenziosamente cercò di andare avanti per vedere meglio. Le si gelò il sangue nelle vene quando sentì un’altra persona urlare, il lamento la attraversò come una scossa lasciandola senza fiato.

Fece un altro passo avanti sporgendo la testa oltre il muro che era ad angolo. Davanti a lei c’era un ragazzo di spalle, in mano aveva una specie di spada che emanava dei bagliori argentei. Davanti a lui c’era un’altra persona accovacciata a terra, Tara però non riuscì a vederlo bene perché era immerso nell’ombra.

Una parte di lei le urlò di scappare, infatti stava per girarsi e scappare via, ma intravide una cosa che la sconvolse. Il ragazzo a terra aveva le ali. Certa di essersi sbagliata cercò di avvicinarsi ancora di più. L’ombra che lo avvolgeva sembrava essere scomparsa, ora lei poteva vedere le ali candide che gli partivano dalle spalle e riempivano quasi tutto l’atrio, le piume sembravano cambiare colore ogni volta che l’essere respirava, dalla sua pelle colava una sostanza dorata.

Estasiata dalla bellezza dell’angelo, si era quasi dimenticata dell’altro ragazzo che con un gesto veloce gli tagliò di netto le ali. Sangue dorato, ora Tara lo sapeva, schizzò le pareti e inondò il ragazzo che rideva. L’angelo urlò mentre esalava l’ultimo respiro, la ragazza dovette tapparsi la bocca per non strillare, gemendo, ormai a terra, lui alzò lo sguardo e Tara ebbe la sensazione che l’angelo la stesse guardando.

Poi nella sua testa una voce cristallina le disse: “Vivi” Tara avrebbe voluto aiutarlo, ma era paralizzata dalla paura, poi si ricordò della pistola. Con la mano tremante la prese, ma era troppo tardi, l’angelo non si muoveva. Poteva comunque fermare quello psicopatico.

-Io sono Jonathan Christofer Morgenstern e giuro- il ragazzo si era messo a ridere, mentre si passava una mano tra i capelli che alla ragazza sembrarono completamente bianchi -Giuro sull’Angelo che il mondo sarà mio-

SBAM

Senza pensare la ragazza aveva premuto il grilletto, colpendolo alla gamba. Il ragazzo cadde a terra con un grugnito di rabbia, poi Tara spaventata dalla sua reazione, aveva sparato di nuovo colpendo anche l’altra gamba

-Chi è stato?- urlò, il sangue iniziava a uscire dalle ferite sporcando il pavimento e unendosi con quello dorato dell’angelo.

Tara si fece avanti, la pistola avanti, non aveva ancora lasciato il grilletto, gocce di sudore le scendevano dalla fronte. Poco prima di sparare aveva chiamato la polizia, presto quel matto sarebbe andato in prigione.

- Uccido demoni da quando ho imparato a camminare, e mi faccio battere da una mondana- la guardò divertito. Tara era confusa, non voleva credere a quelle sciocchezze, ma aveva appena visto un angelo. Tutto poteva essere possibile.

-Perché l’hai fatto?- quella domanda le uscì dalla bocca involontariamente

-Io voglio solo essere amato, e questo è l’unico modo con cui posso raggiungere il mio obbiettivo-

-Stronzate- Tara strinse più stretta la pistola- Tu vuoi fare qualche cosa di orribile. Io ti fermerò-

-Solo una domanda- digrignò i denti stingendosi la gamba colpita, le sue mani erano sporche di sangue –Come pensi di farlo?-

-Ho chiamato la polizia stanno arrivando- il ragazzo scoppiò a ridere. Sembrava che trovasse tutto un grande divertimento

– Che c’è di tanto divertente?- quel suo sorriso compiaciuto stampato sulla faccia la faceva innervosire

-Loro non possono vedermi, ti scambieranno per pazza e magari ti chiuderanno in manicomio-

Sta cercando di distrarmi non devo farmi coinvolgere

-Quello pazzo sei tu, vai in giro con una spada e uccidi le persone-

-E tu invece vai in giro con una pistola e spari alle persone- le sorrise –Non c’è molta differenza-

- Io non sparo alle persone! L’ho presa per sparare a te, perché sapevo fin troppo bene che non ti saresti fatto prendere facilmente. Le pistole servono per fermare le persone come te!-

Lui la guardò intensamente, il viso improvvisamente serio, gli occhi scuri sembravano un buco nero infinito – Non ci sono altre persone come me. Solo io-

Tara rimase interdetta, poi sentì passi di altre persone che entravano nell’edificio. In poco tempo accanto a lei accorsero tre poliziotti con le pistole in pugno che guardavano per l’atrio. La ragazza ebbe il buon senso di nascondere la sua sotto la felpa, avrebbe detto che l’assassino aveva in mano una pistola e lei l’aveva usata contro di lui, poi ,terrorizzata, l’aveva gettata nel fiume che passava accanto all’edificio.

-Ragazza qui non c’è nessuno- un poliziotto la stava guardando torvo. Tara rimase di sasso, guardò l’uomo con la bocca spalancata

-Ma non lo vedete è qui! Davanti a voi! Sta parlando!- indicò il ragazzo che stava ridendo

-Senti se questo è uno scherzo direi che la finiamo qui!- tuonò l’uomo, la ragazza si mise le mani tra i capelli frustrata. Non poteva succedere, andava contro a tutte le regole del mondo, le persone non potevano essere invisibili!

-Ma qui ci sta il cadavere! Il sangue!- Tara si macchiò la mano con il sangue sparso sul pavimento e la fece vedere, ma quelli sembravano non ascoltarla più, avevano già abbassato le armi

-Ti sei fumata qualche cosa? E soprattutto non dovresti essere a scuola?- l’uomo la prese per il braccio facendole male e la trascinò verso l’uscita.

Tara cercò di divincolarsi e spiegare che era successo veramente, sbatteva i piedi per terra e cercava di mordere la mano che la scrollava violentemente.

 Girò la testa per vedere il ragazzo dai capelli bianchi, quando il loro sguardo si incrociò lui le fece l’occhiolino, i suoi occhi neri la guardavano divertiti

-Tranquilla dolcezza, ti restituirò il favore. Stanne certa- le disse con un ghigno

Con la bocca ancora aperta per lo stupore e gli occhi sbarrati, Tara fu portata fuori dall’edificio.

La cosa che più la spaventava era sapere che non sarebbe finito lì.

Il peggio doveva ancora arrivare.

Nota dell’autrice: Salve a tutti! Chiedo scusa per non aver scritto tanto, ma come per la fan fiction di Alec, tra compiti e vacanze è sempre difficile trovarsi da sola e scrivere in santa pace! Allora Tara è un nuovo personaggio, ho pensato che sarebbe stato divertente vedere come Sebastian si sarebbe relazionato con una mondana. I due hanno molto in comune, entrambi si sentono soli e tendono a chiudersi in loro stessi. Ed è per questo che il cacciatore cercherà di avvicinarsi a un essere vivente che forse prova il suo stesso stato d’animo. Ma Tara riuscirà a non farsi coinvolgere dal mostro che sta bussando alla porta della sua anima?

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Capitolo 3
*** Sto arrivando ***


sto arrivando

Sto arrivando.

Maledetta mondana!

Sebastian digrignò i denti mentre si tracciava l’iratze sulle ferite, se non si sbrigava rischiava di morire dissanguato.

Come diamine ha fatto a colpirmi entrambe le gambe se ha mirato con gli occhi chiusi?

Pensò frustrato il ragazzo mentre fissava i buchi rimarginarsi lentamente. Per fortuna portava sempre con sé uno stilo.

Si passò la mano tra i capelli sudati ,che gli cadevano disordinati sulla fronte, schiacciandoli all’indietro.

Intorno a lui c’era solo morte e sangue. Si alzò sbuffando per il dolore, l’Angelo era dove l’aveva lasciato, la carcassa afflosciata a terra e le ali spiegazzate staccate dal corpo, tutto era coperto da sangue dorato.

Il suo lavoro lì era finito, presto sarebbe arrivato uno stregone a finire l’opera, l’aveva profumatamente pagato per spedire le ali dell’Angelo all’Istituto.

Il ragazzo avrebbe voluto vedere la faccia terrorizzata degli stupidi cacciatori mentre osservavano quello che loro consideravano uno scempio, un gesto che neanche l’Inferno poteva punire.

Tutti avrebbero capito che stava facendo sul serio, avrebbero preferito la morte alla sua ira.

- Morgenstern?- una voce melliflua lo trascinò via dai suoi pensieri carichi di rancore, chiuse gli occhi irritato.

Perché tutti continuano a identificarmi con il mio passato. Non sono mio padre!

-Sì?- disse solo, cercando di mantenere la calma.

-Sono venuto per fare quello per cui mi hai pagato- disse lo stregone mentre si avvicinava alla carcassa, Sebastian poté immaginare la sua faccia disgustata mentre contemplava la sua opera. Sorrise.

-Che hai fatto alle gambe?- gli chiese lo stregone, il ragazzo lo guardò torvo.

-Non ti pago per fare domande- gli rispose irritato, nel frattempo gli occhi senza iride del Nascosto lo stavano studiando divertiti.

-Pistola vero? Ci sono i buchi. Chi ti ha sparato doveva avere davvero una bella mira- scherzò lui.

Veloce come il vento Sebastian gli fu vicino prendendolo per il bavero della costosa giacca, lo alzò di parecchi centimetri, gli occhi neri fiammeggianti.

-Non ti pago per fare domande!- sibilò Sebastian scandendo ogni lettera in modo che il messaggio fosse ben chiaro.

-Okay okay! Scusa, niente più domande!Ricevuto- piagnucolò lo stregone. Disgustato dalla sua vigliaccheria, Sebastian lo lasciò cadere a terra. L’avrebbe ucciso in un altro momento.

Il suo unico obbiettivo era vendicarsi della mondana che aveva osato sfidarlo. Avrebbe girato il mondo per trovarla, anche perché gli ricordava sua sorella, Clary, erano entrambe minute e tenaci.

Stava facendo tutto quello per riavere indietro il suo amore, perché Clary non capiva?

Ma ora tutto doveva aspettare, nei suoi pensieri c’era solo lei : occhi viola e capelli neri. Scosse la testa per scacciare quell’immagine che sbocciava come un fiore nei suoi ricordi. Quel fiore l’avrebbe estirpato a mani nude.

-Aspetta- disse allo stregone che lo guardò preoccupato –Allega questo con il mio pacco regalo-

Prese dalla tasca dei pantaloni una penna e un foglietto spiegazzato e scrisse una sola parola:

ερχομαι

Sto arrivando.

 

Nota dell’autrice: Salve a tutti! Mi dispiace aver fatto passare così tanto tempo. Allora come promesso questo capitolo è dedicato a Sebastian, il prossimo a Tara. Man mano che vado avanti a scrivere trovo sempre più gradevole scrivere su Sebastian, è un personaggio che mi da soddisfazione. Vorrei inoltre ringraziare per le recensioni ricevute, grazie davvero!

Tenetevi pronti per il prossimo capitolo!

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Capitolo 4
*** Di male in peggio ***


di male in peggio

Di male in peggio.

-Tranquilla dolcezza, ti restituirò il favore. Stanne certa-

Poi lentamente si avvicinò a lei, con una mano le accarezzò la guancia bagnata dalle lacrime, la sua pelle era gelida, i suoi occhi neri la guardavano famelici, alzò la lunga spada  i cui bagliori illuminavano il volto del ragazzo, facendolo apparire ancora più bello.

Poi le tagliò la gola.

 

Con un urlo Tara si svegliò, le mani stringevano convulsamente la coperta, non riusciva a calmare il respiro, le lacrime continuavano a rigarle le guancie, il cuore le batteva all’impazzata. Guardò per la sua stanza spaventata in attesa di vederlo piombarle addosso come il più famelico dei predatori.

Con la mano ancora tremante accese la lampada sopra il suo comodino. La stanza era vuota.

Per tutta la notte non era riuscita a chiudere occhio, quello che aveva visto la perseguitava come un fantasma.

I poliziotti non si spiegavano il perché fosse così sconvolta, avevano controllato più volte che non avesse assunto qualche sostanza stupefacente, poi avevano chiamato suo nonno.

Tara odiava deluderlo, e vedere la sua faccia triste mentre gli veniva raccontato l’accaduto le straziava il cuore. Era la sua famiglia, tutto quello che le rimaneva.

Naturalmente non le aveva rivolto la parola per tutto il giorno, si era limitato a studiarla da sopra la forchetta mentre mangiavano, la ragazza non aveva toccato cibo e si era messa a letto, sperando di dimenticare gli occhi malvagi del ragazzo che le giuravano vendetta.

Ma non aveva funzionato.

Tara sussultò quando sentì qualcuno bussare alla sua porta, si affrettò ad asciugarsi le lacrime sperando di non avere gli occhi troppo arrossati, si stese sul letto.

-Avanti- disse, vide la testa di suo nonno fare capolino dalla porta, era visibilmente preoccupato

-Ti ho sentita urlare- fece una pausa passandosi la mano tra i capelli bianchi, si lasciò cadere sul letto –Tara che succede?- le chiese, la ragazza avrebbe voluto rispondere, ma non aveva idea di come raccontargli la verità senza sembrare pazza.

-Sto bene- lo rassicurò.

- Tara di cosa hai paura?- la ragazza ebbe un tuffo al cuore, nascose la testa sotto le coperte.

-Dei demoni- rispose lei meccanicamente, suo nonno sospirò. Sicuramente pensava che lei avesse perso il senno, ma quel ragazzo dagli occhi neri non poteva essere nient’altro se non un mostro. La ragazza poteva sentire la mano callosa del nonno sotto le coperte mentre le accarezzava la spalla goffamente.

-Lo immaginavo- sussurrò.

-Cosa?- la voce della ragazza si era alzata di qualche ottava per lo stupore.

-Tara guardami- il nonno le tolse via la coperta, Tara incontrò i suoi occhi verdi, solo in quel momento si accorse che aveva in mano un pacchetto.

- Cos’è quello- chiese curiosa indicandolo.

-Nonostante tua madre sia morta, tu rimani una Starkweather- disse mentre apriva la scatola, tirò fuori un panno che racchiudeva un oggetto misterioso e lo diede alla nipote –Non dimenticare le tue origini Tara, con questo non dico che non devi onorare anche il nome di tuo padre, era comunque mio figlio, ma il sangue che ti scorre nelle vene non mente- sospirò, la ragazza poteva leggere nei suoi occhi acquosi tutto il dolore che aveva dovuto sopportare –Questo ti proteggerà, non lasciarlo, portalo sempre con te- sorrise nel intravedere che la nipote stava aspettando bramosa il suo consenso per vedere l’oggetto –Avanti aprilo-

Tara alzò il panno, al suo interno c’era una collana, attaccato alla catenella c’era quello che sembrava un angelo. Le ali erano spiegate ed erano ricamate da tanti piccoli ingranaggi, impugnava una spada. Guardò il nonno perplessa.

-E’ un angelo meccanico- le spiegò lui – E’ appartenuto ad una tua antenata, gli Starkweather se lo sono passato di generazione in generazione. Tua madre voleva che ce l’avessi tu-

-Perché non funziona?- chiese girandoselo tra le mani.

-Devi premere sull’elsa della spada-

-Grazie nonno- Tara gli sorrise stringendo la collana, che aveva iniziato a ticchettare sul suo petto.

Suo nonno le scompigliò i capelli e uscì dalla stanza.

Naturalmente nessuno dei due aveva visto il demone acquattato nell’ombra, quando Tara se ne accorse le si era già scagliato addosso. Inorridita scese dal letto impugnando la torcia come arma, il mostro la mancò per un soffio.

Quello che aveva davanti superava ogni incubo che la ragazza avrebbe potuto immaginare, sembrava una specie di verme gigante, la bocca aperta era piena di denti, la bava gli colava dalle fauci.

Tara dovette reprimere l’impulso di rigettare il poco che aveva mangiato. Il demone attaccò ancora, la ragazza si buttò a terra, l’impatto con il pavimento le tolse il respiro, cercò di trascinarsi velocemente fino alla porta, ma prima che potesse raggiungere il pomello si sentì la spalla in fiamme, urlò di dolore, ma non si voltò, nonostante le si fosse appannata la vista, riuscì ad afferrare la maniglia e chiuse la porta sbattendosela rumorosamente alle spalle.

L’unica cosa che poteva fare era allontanare quella cosa da suo nonno, così dopo aver armeggiato con le chiavi si precipitò per le scale incespicando nei suoi passi a causa del terrore che le divorava l’anima.

Sentiva che il mostro le strisciava dietro, accelerò il passo, il cuore le batteva freneticamente.

Si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo quando uscì fuori dall’edificio, mai avrebbe immaginato di trovare altri demoni ad aspettarla. Lanciò un urlo di terrore, l’avevano circondata, non aveva via di scampo.

Con un ultimo gesto disperato lanciò contro un mostro la lampada che ancora stringeva in mano, quello arretrò e Tara scattò in avanti, assestò un calcio ad un altro demone, combatteva con tutte le sue energie, ma sembrava inutile. Un demone le comparve davanti dandole un violento colpo con la coda, la ragazza volò per parecchi metri e cadde violentemente a terra, cercò freneticamente di alzarsi, ma i suoi arti non rispondevano più ai suoi comandi.

Allora morirò così?

Chiuse gli occhi aspettando la fine.

-Oh no dolcezza sarà io a porre fine alla tua vita- Tara riconobbe quella voce, un brivido le percorse la schiena, avrebbe voluto scappare.

Accanto a lei c’era Lui : spada già insanguinata in mano, occhi neri e capelli bianchi pettinati all’indietro.

L’unica cosa che pensò Tara prima di cadere nell’oblio fu:

Di male in peggio.

 

Nota dell’autrice: Salve a tutti! Sì quello è l’angelo meccanico di Tessa, sì sono parenti. Sebastian pensa di essere incappato in una semplice mondana, in uno stupido incidente di percorso, ma se Tara fosse qualcos’altro? Una forza oscura si sta muovendo per prendere quello che molto tempo prima non era riuscito ad ottenere.

Dalla mia bocca non uscirà nient’altro <3

Al prossimo capitolo!

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Capitolo 5
*** Uniti con il sangue. ***


uniti con il sangue

Uniti con il sangue.

Sebastian aveva visto e fatto, durante l’arco della sua vita, cose sconcertanti. Ma mai gli era capitato di vedere una mondana combattere con così tanta energia, per giunta, brandendo una lampada in mano come arma.

Naturalmente non si trovava lì per lei, anche perché non poteva immaginare che abitasse in quel quartiere malfamato di New York.

Lilith gli aveva ordinato di recarsi lì per svolgere un preciso ordine: rapire una ragazza con una specie di collana a forma di angelo.

Lei ,gli aveva detto, sarebbe stato il tassello per completare il loro piano, la madre dei demoni aggiunse che aveva già inviato degli Inseguitori alla sua ricerca. Lui avrebbe dovuto solo portarle la carcassa della ragazza, ed evitare dunque che i mostri, dopo averla uccisa, la mangiassero.

Naturalmente il ragazzo avrebbe voluto saperne di più, provò a chiederle perché si interessasse ad una mondana con uno strano monile, ma venne scacciato in malo modo.

Lilith difficilmente condivideva i suoi piani.

 

Sebastian era rimasto spiacevolmente colpito quando si era reso conto chi fosse la ragazza in questione. In un primo momento vedendola uscire terrorizzata dall’edificio seguita dal demone, il cacciatore aveva pensato che ci fosse stato un errore.

Poi lei aveva iniziato a combattere, i capelli neri che le volavano intorno quando si girava per colpire, in un’aureola di fine ciocche corvine, gli occhi viola che nonostante fossero feroci, facevano intravedere la paura.

Sebastian, prima ancora di rendersene conto, era balzato in piedi con la spada angelica in pugno.

Non poteva permetterle di morire uccisa da degli schifosi demoni, come minimo spettava a lui quell’onore.

Arrivò appena in tempo per vederla cadere a terra con un tonfo, non si muoveva, ma aveva gli occhi aperti che saettavano disperati da un mostro all’altro. Questo significava solo una cosa: il veleno era entrato in circolo, se non si sbrigava sarebbe morta nel giro di pochi minuti.

-Nathanael- sussurrò e la lama gli illuminò il volto, i demoni in tutto erano quattro. Se li avesse presi di sorpresa non sarebbe stato un problema.

Si lanciò all’attacco e riuscì a trapassare il mostro che gli stava più vicino, un’ondata di sangue rancido e nero gli sporcò i vestiti. Sentì un altro demone strisciare verso di lui, fece roteare la lama decapitandolo, la testa volò via spargendo zampilli di sangue.

Sebastian iniziava già ad assaporare l’adrenalina che gli correva nelle vene durante un combattimento. Non c’era niente che amasse di più al mondo.

Poco più distante da lui era stesa la ragazza che guardava inerme un Inseguitore che le si avvicinava,  pronto a squartarla. Il demone sembrò non accorgersi di Sebastian, le fauci già stavano grondando saliva, mentre contemplava il suo pasto. Forse, pensò con un ghigno il cacciatore, si sarebbe accorto sicuramente della lama che lo stava per trapassare da parte a parte.

Dopo averlo ucciso Sebastian guardò divertito la ragazza, sul petto che si alzava e abbassava freneticamente c’era la collana con l’angelo. Era lei.

- Oh no dolcezza sarò io a porre fine alla tua vita- le disse, lei lo guardò terrorizzata, poi dopo un ultimo spasmo chiuse gli occhi.

Sebastian si voltò per uccidere l’ultimo demone, ma era scomparso. Sapeva che sarebbe andato da Lilith a riferirle che proprio lui aveva intralciato i suoi piani. Pensò di portare la ragazza da lei, ma scartò l’idea. Dentro di lui qualcosa gli diceva che sarebbe stato meglio lasciarla in vita, era sicuro che quell’angelo che portava al collo era importante.

E Sebastian non voleva essere semplicemente una pedina nelle mani di Lilith, lui voleva delle risposte.

Così imprecando sottovoce, perché sapeva di stare per cacciarsi in qualche guaio, se l’era caricata in spalla per portarla nell’hotel più vicino.

 

 

 

Anche dopo che aveva preso una stanza, questi pensieri continuavano a frullargli nella testa, mentre la osservava dormire:  la mano appoggiata sulla guancia, le palpebre che si muovevano quando sognava. Era stato complicato farle uscire dal corpo tutto il veleno, non poteva usare le rune e quindi munito di coltello aveva dovuto aprirle in profondità per poi succhiare il veleno e sputacchiarlo, macchiando la tappezzeria. Le sarebbero rimaste delle belle cicatrici.

Non era neanche sicuro di averlo tolto tutto, ma che non fosse morta dopo due ore era una cosa positiva.

Positiva?

Sebastian imprecò.

Non era diventato certo un dannato medico! Se moriva avrebbe trovato un altro passatempo.

Sentendo la sua voce, la ragazza mugolò nel il cuscino qualche cosa.

Incuriosito si lasciò cadere silenziosamente sul letto, avvicinò il viso a quello di lei. Poteva vedere tutti i suoi dettagli, le piccole lentiggini sul naso, le lunghe ciglia nere che le sfioravano le guance, le labbra piene, i polsi sottili, e la vena che le pulsava sul collo.

Come possono i mondani essere così fragili?

Poi come se avesse sentito la sua presenza aprì lentamente gli occhi. Dovette sbatterli parecchie volte prima di metterlo a fuoco, il ragazzo fece un ghigno sghembo.

Come se avesse davanti il suo peggior incubo la ragazza saltò seduta, annaspò nel letto finché non finì a terra in un groviglio di coperte e lenzuoli.

Sebastian scoppiò a ridere, ma era una risata malvagia, aveva deciso che si sarebbe divertito un po’ con lei, magari non era così innocente. Forse aveva le risposte che gli servivano, gli bastava prendere la collana con l’angelo, poi l’avrebbe uccisa

Veloce come un gatto le fu accanto sbattendola al muro. Prese tra le mani l’angelo meccanico strattonandolo.

-Qual è il tuo segreto mondana? Perché sei così importante?- le chiese, lei disgustata gli sputò.

Perdendo la pazienza Sebastian sfilò dalla cintura il suo coltello e glie lo premette sulla gola, un rivolo di sangue colò sul collo della ragazza.

Il ragazzo aveva intenzione di torturarla a lungo, ma una luce, che si sprigionò dall’angelo, lo colpì in pieno petto facendolo volare al di là della stanza.

Dalla collana stava prendendo forma un figura dorata, Sebastian poté distinguere le braccia le gambe e il viso.

Rimase senza fiato.

Era Uriel, l’angelo che aveva ucciso con le sue mani.

L’Angelo lo fissava impassibile, dalle spalle nel punto in cui sarebbero dovute esserci delle ali, c’erano ossa che si stagliavano per tutta la stanza.

- Jonathan Christofer Morgenstern- tuonò con una voce che faceva pensare a tutto tranne che alla luce del paradiso – Io ti maledico, sarai unito con il sangue a Tara Theresa Starkweather. Ogni volta che lei verrà ferita tu patirai il triplo, se morirà per mano tua neanche l’inferno ti ospiterà. Vagherai per il mondo come ombra. Il tuo animo non sarà mai appagato se non la servirai, non sarai mai soddisfatto, smetterai di vivere- detto questo si avvicinò a lui con la mano protesa.

Per Sebastian fu inutile cercare di muoversi, non poteva sfuggire alla furia di un angelo.

Uriel gli sfiorò il petto con la mano e il ragazzo poté sentire il dolore di una runa che veniva incisa a sangue sulla sua pelle, strinse i denti per non urlare, si piegò su sé stesso per cercare di scacciare il dolore che sembrava bruciargli l’anima.

Poi tutto si fece confuso, le ombre iniziarono a circondarlo, cercò di tenere gli occhi aperti ma aveva già iniziato a cadere nel buio.

La voce di Uriel continuava ad inseguirlo nell’oscurità:

Sarete uniti con il sangue.

 

 

Nota dell’autrice: Salve a tutti! Spero che le domande che qualcuno nello scorso capitolo mi aveva posto siano state soddisfatte. Non ho molto da dire, solo non uccidetemi per aver fatto questo a Seb, ma penso che sarà divertente scrivere su  come lui possa essere costretto a stare vicino a lei.

Detto questo vi saluto!

Al prossimo capitolo!

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Capitolo 6
*** L'angelo meccanico ***


l'angelo meccanico

L’angelo meccanico.

Ci volle del tempo prima che Tara riuscisse a riprendersi da quello che aveva visto. La maestosità dell’angelo senza ali l’aveva lasciata senza fiato. Non sapeva bene come fosse potuto succedere, ma quando il ragazzo l’aveva ferita, la collana aveva iniziato a bruciare, poi era comparso Uriel e le aveva salvato la vita.

Era tutto semplicemente assurdo.

Tara si chiese sconsolata quante volte, in quella giornata, avrebbe dovuto ancora rischiare di essere uccisa.

Cercò di alzarsi, ma le mani continuavano a tremare e le gambe non riuscivano a sostenerla.

Sbuffò frustrata cercando di ignorare le fitte di dolore alla spalla.

La cosa positiva era che al ragazzo dagli occhi neri, che l’angelo aveva chiamato Jonathan, sembrava essere andata peggio; infatti era accasciato a terra svenuto, la maglietta nera strappata nel punto in cui Uriel l’aveva toccato, la pelle era pallida e il petto si alzava e abbassava lentamente, tanto che Tara, per un momento, pensò che fosse morto.

La ragazza però non aveva la minima intenzione di rimanere in quella stanza ad ammirare il suo aguzzino.

Prese lo zaino afflosciato per terra ai piedi del letto, e se lo mise in spalla. Non aveva idea di che cosa contenesse, perché scappando dai mostri aveva lasciato tutte le sue cose a casa sua.

Tara cercò di ricordare cosa fosse successo esattamente, ma rievocò solo immagini sbiadite di lei che scappava per tentare di allontanare i mostri dal nonno. Tara sperò davvero di averlo salvato in quel modo.

Poi c’era il problema della maledizione che Uriel aveva scagliato al ragazzo, Tara sapeva che sarebbe stata per lei un’arma a doppio taglio: da una parte Jonathan non le avrebbe più potuto far del male, ma dall’altra, e di questo era più che sicura, avrebbe fatto di tutto per vendicarsi.

La ragazza perse il filo dei suoi pensieri quando passò davanti allo specchio attaccato alla porta.

Invece del pigiama, che era certa di aver indossato prima di andare a letto, portava dei pantaloni di pelle aderenti neri, una canottiera anch’essa nera e degli stivali che le arrivavano al ginocchio.

Le si contorse lo stomaco nel cercare di immaginare come Jonathan avesse potuto cambiarla mentre era svenuta. Un brivido le percorse la schiena e sentì le guance colorarsi rapidamente di un rosso acceso.

Senza guardare indietro, aprì la porta, e solo dopo che la sentì chiudere dietro di sé, si rese conto di quanto avesse avuto paura.

Rimase stupita quando capì di essere in un albergo, e la segretaria non la degnò di un minimo sguardo mentre usciva, Tara cercò di non arrossire ogni volta che incontrava lo sguardo curioso di qualcuno.

Si sentiva dannatamente a disagio con quei vestiti.   

L’edificio dava su Broadway, e Tara si lasciò sfuggire un piccolo sospiro di sollievo. Anche se casa sua era un po’ distante, almeno si trovava ancora a New York.

Era mattina presto, e il vento frizzante che annunciava la primavera scompigliava i capelli corvini della ragazza. Le strade erano deserte e le persone non avevano ancora iniziato le loro frenetiche attività, e di questo Tara ne fu grata.

Infatti decise di rilassarsi a Central Park, sperava che la pace del parco avrebbe potuto darle un po’ di conforto e magari si sarebbe fatta una dormita su una delle panchine di legno.

Central Park era per i newyorkesi un’osai in un mare di grattacieli, al suo interno l’aria sembrava più viva e Tara sperava che gli edifici che gli uomini continuavano a costruire non avrebbero finito per distruggere anche quel poco verde rimasto.

Si lasciò cadere su una panchina, davanti a lei gli occhi di marmo di William Shakespeare la guardavano contrariati, e Tara subito distolse lo sguardo dalla statua.

Stringeva ancora lo zaino rubato a Jonathan, così decise di rovistare dentro, sperando vivamente di trovare un cellulare o dei soldi. Tara aveva una fame tremenda.

Invece trovò un coltello dalla lama così affilata che faceva male solo guardarlo, una specie di penna con dei simboli incisi spora, una pietra, che quando la ragazza la toccò emise un lieve bagliore argentato e altre piccole armi tascabili di distruzione di massa che Tara non si fidò a toccare.

Sbuffando frustrata lasciò cadere lo zaino a terra e nascose il viso tra le mani.

Si sentiva come intrappolata tra due realtà, non sapeva a cosa credere davvero. Avrebbe voluto che fosse solo un sogno, ma il dolore alla spalla quando si muoveva era troppo reale, tutti i mostri e gli angeli quindi dovevano essere reali. Non c’era altra spiegazione.

Una voce maschile si fece strada nella nube dei suoi pensieri e Tara sussultò.

-Jace si può sapere dove ci stai portando?- si stava lamentando qualcuno.

-Senti Alec, ti dico che le mie fonti mi hanno assicurato che Sebastian e la mondana con l’angelo meccanico si trovavano da queste parti- rispose un altro.

A sentir nominare la collana che portava, Tara ebbe un tuffo al cuore.

Si alzò di corsa, ma era troppo tardi.

Davanti a lei c’erano quattro ragazzi, due maschi e due femmine e la stavano guardando.

Come Jonathan, anche loro avevano il corpo ricoperto da spessi simboli neri, erano armati fino ai denti e indossavano abiti neri di pelle simili ai suoi.

-E’ lei?- chiese una ragazza dai folti capelli rossi, gli occhi verdi cercarono una conferma da quello che sembrava il leader del gruppo.

Lui si limitò a squadrarla, Tara si sentì nuda davanti ai suoi occhi che sembravano oro fuso.

Non stette però a sentire la risposta, perché il più velocemente possibile prese lo zaino e schizzò via.

Con soddisfazione notò che i vestiti che indossava, per quanto imbarazzanti, le permettevano di compiere con agilità qualsiasi movimento.

Non dovette girarsi per capire che gli altri, naturalmente, la stavano inseguendo.

Tara sapeva bene che era in inferiorità numerica, e che nessuno poteva vederli grazie ai simboli che avevano tatuati sulla pelle, ma non si sarebbe fatta catturare senza combattere.         

Uscì più veloce che poté da Central Park , rischiando di essere investita dalle macchine che sfrecciavano per la strada, ed entrò nel primo bar che trovò.

Con il cuore che le batteva all’impazzata, si nascose nei bagni, e dopo aver chiuso con mani tremanti la serratura rimase ad aspettare.

Cercò di contare i suoi respiri per capire quanto tempo stesse passando, ma si perse al centoduesimo, quando sentì la porta aprirsi.

Nella stanza aleggiava il silenzio più totale, Tara aprì lo zaino e impugnò il coltello, non aveva idea di come potesse usarlo contro un aggressore, ma c’era sempre una prima volta, si disse cercando di darsi coraggio.

Nel frattempo ogni porta del bagno veniva aperta, la ragazza si trovava nell’ultimo bagno e quando toccò a lei, si rannicchiò al muro pronta a saltare e strinse così forte il coltello che le nocche sbiancarono.

La porta si aprì e lei si scagliò fuori con urlo, senza guardare prese l’aggressore per le spalle e entrambi finirono a terra.

Aveva atterrato la ragazza con i capelli rossi che si dimenava cercando di sfuggire dalla sua presa, Tara nonostante fosse bassa quanto lei con una mano riuscì a bloccarle le mani e con l’altra che impugnava il coltello, le sfiorò la gola.

Sentendo il contatto della lama, la ragazza smise di muoversi –Non ti faremo del male- disse fissandola intensamente, aveva una voce dolce e Tara avrebbe voluto crederle.

Sarebbe stato tutto molto più facile.

Però sapeva che non poteva fidarsi di nessuno, digrignando i denti avvicinò di più la lama, finché un rivolo di sangue non scivolò sul collo della ragazza –Lasciatemi in pace- disse.

-Non possiamo, tu sei coinvolta in questa storia quanto noi- rispose l’altra senza battere ciglio.

Tara avrebbe voluto ribattere, ma qualcuno la spostò dalla rossa prendendola di peso per le braccia.

Colta di sorpresa urlò e cercò di usare il coltello, ma una ragazza dagli occhi neri glie lo strappò di mano, mentre un altro le teneva ferme le gambe che continuavano a scalciare.

Rendendosi conto di essere impotente, morse più forte che poté la mano di quello che le teneva le braccia ferme in una morsa d’acciaio.

-Mi ha morso!- esclamò il ragazzo stupito e allentò la presa quel tanto che bastò a Tara per spingerlo via e dare un calcio in pieno viso al ragazzo che le teneva fermi i piedi.

Prese il coltello per terra e lo lanciò verso la ragazza dagli occhi neri, il colpo non andò a segno, ma le procurò comunque un taglio sul braccio.

Senza aspettare oltre corse via, ma all’uscita del bar si scontrò con una ragazza che poteva avere pochi anni più di lei.

Tara si lasciò sfuggire un gridolino terrorizzato, ma la persona che aveva davanti sembrava totalmente normale. I capelli mossi le ricadevano morbidi sulle spalle, gli occhi grigi la scrutavano come se potessero leggerle dentro, c’era qualche cosa di familiare nel suo viso, tanto che le sembrò di conoscerla da sempre.

Tara si scusò e fece per andarsene, ma quella prese tra le dita l’angelo meccanico e lo guardò triste.

-Chi sei?- chiese la ragazza con voce tremante, poggiando le piccole mani su quelle dell’estranea.

-Io sono Theresa Starkweather- fece una pausa e spostò lo sguardo dalla collana a Tara –E sono la vecchia proprietaria dell’angelo meccanico-

 

 

 

 

 

Nota dell’autrice: Salve a tutti! Mi scuso davvero per non aver aggiornato prima questo capitolo. Comunque spero che apprezzerete il fatto che sono stata ore a studiarmi la cartina di New York per vedere dove far muovere Tara .

Non ho altro da aggiungere, mi dispiace che in questo capitolo Seb sia stato poco presente, ma tranquilli mi rifarò nel prossimo *^*

Detto questo vi saluto!

Al prossimo capitolo!

 

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Capitolo 7
*** Un briciolo di speranza ***


Un briciolo di speranza

Un briciolo di speranza

L’aria era fresca, il sole illuminava il mondo e il cielo era privo di nuvole.

Jonathan adorava giocare a correre per l’immensa campagna, in quei rari momenti di pace non c’erano libri da studiare o armi, ma solo la natura che entrava dentro di lui e lo faceva sentire davvero al sicuro. Nessuno lo avrebbe giudicato e ,nonostante fosse circondato solo da alberi e piccoli animali, non si sentiva mai solo.

Però era abituato a essere dimenticato. Non era certo una delle priorità di suo padre. Lo vedeva così raramente da poter contare tutte le volte sulle dita della mano.

Ogni volta che Valentine si faceva vivo era per somministrargli strani intrugli o pozioni e ,quando disubbidiva, per frustrarlo.

Jonathan rabbrividì al solo pensiero. Provava così tanto dolore ogni giorno che si chiedeva come potesse non essere già crollato. Era come se si trovasse in un tunnel, circondato dall’oscurità, era sicuro che non avrebbe mai trovato la luce che indicava la via d’uscita. Non avrebbe mai avuto la speranza di una vita migliore.

Perché lui era sbagliato, e uno come lui non poteva meritare di essere felice.

La voce di Valnetine si fece strada tra la nube vorticosa dei suoi pensieri riportandolo di botto alla realtà.

- Jonathan – disse il padre squadrandolo dall’alto in basso –Mi hai fatto venire a chiamare. Devi dirmi qualche cosa di importante spero- il tono della voce fece capire al bambino che se avesse detto qualche cosa di sbagliato o di troppo sarebbe stato punito.

Deglutì e cercò di assumere un aria indifferente – Mamma …

Valentine strinse i pugni e serrò le labbra. Jonathan fece qualche passo indietro temendo in uno scatto d’ira, ma il padre si limitò a lasciarsi cadere per terra.

Il bambino prese coraggio e continuò.

-Mamma tornerà mai?-

-No Jonathan – lo sguardo dell’adulto era inespressivo – Lei non tornerà-

Il bambino trattene il respiro. Era da molto che voleva affrontare quel discorso, ma non ne aveva mai avuto l’opportunità perché era troppo intimorito e la maggior parte delle volte si tirava indietro.

-E’ morta? Morire significa non tornare indietro- chiese guardando di sottecchi il padre per cogliere qualche segnale che gli permettesse di carpire la verità.

- No. Lei non è morta-

Jonathan sgranò gli occhi stupito. Mai si sarebbe aspettato una simile risposta. Preso dalla curiosità si accovacciò accanto al padre, senza però guardarlo. Valentine odiava essere fissato.

- Allora perché se n’è andata?-

-Per colpa tua. Perché c’è qualche cosa di sbagliato in te-

Jonathan ebbe un tuffo al cuore. Il padre spesso glie l’aveva fatto sottintendere: minacce, punizioni, isolamento, digiuno, ma mai era stato così diretto.

- Puoi … puoi curarmi …?- sussurrò continuando a fissare l’erba. Si sentiva tremendamente stupido perché già sapeva  la risposta.

- Niente potrà far sì che lei ti ami. Solo io ti amo. Solo io posso amare un mostro. Hai capito?-

- S … Sì- mormorò il bambino raggomitolandosi su sé stesso come se diventando piccolo, prima o poi sarebbe potuto scomparire.

Avrebbe voluto piangere, avrebbe voluto gridare, ma sapeva che era tutto inutile. La realtà era immutabile. Niente avrebbe potuto guarirlo dal mostro che lo stava divorando.

Jonathan sarebbe affogato in un mare di odio e rancore. Sarebbe bruciato nel fuoco alimentato da suo padre. Sarebbe congelato a causa dell’assenza di sua madre.

Era destinato ad essere niente.

 

Sebastian si riscosse dal ricordo. Gli capitava pochissime volte di sognare e quando succedeva erano incubi che era meglio dimenticare. Non pensava che il padre lo trattasse così duramente. La sua vita era un collage di ricordi sbiaditi. Il cacciatore preferiva lasciarsi sempre il passato alle spalle. In questo modo era più facile andare avanti e affrontare il futuro.

Gli ci volle molto tempo per ricollegare gli ultimi avvenimenti, ma il dolore al petto fu subito un buon indizio.

Si tastò la runa ,incisa da Uriel, con le mani.  Sembrava che la pelle gli stesse andando a fuoco, ma non provava dolore, ma una sensazione che non seppe riconoscere.

Strizzò gli occhi per mettere a fuoco la stanza.

Naturalmente la mondana era scappata. Come se lui non avesse già fin troppi problemi.

Imprecò ad alta voce e si alzò. Si sentiva ogni singolo arto del corpo incartapecorito.

Lilith non sarebbe stata affatto contenta. Il ragazzo sperò che non fosse venuta già a conoscenza del “piccolo” cambiamento di programma nei suoi piani.

Non fece in tempo a pensare che le avrebbe potuto raccontare una variante di quello che era successo –così da evitare di finire ucciso -quando si rese conto che il suo zaino era sparito.

-No no no – urlò iniziando a cercarlo come un pazzo per la stanza.

Lì dentro c’era un anello che gli permetteva di evocarla senza rischiare di finire incenerito oltre al suo pugnale, gli stili e la stregaluce. Frugò ovunque ribaltò mobili e letto, ma dello zaino non c’era traccia.

La cosa che più lo innervosiva era che si era fatto fregare da una stupida ragazzina per ben tre volte.

Era un cacciatore di demoni, era stato addestrato a combattere le più potenti forze dell’oscurità.

E una piccola mondana era riuscita a sfuggirgli?

Cercò di calmarsi pensando a tutti i modi in cui l’avrebbe potuta uccidere, ma fu subito scosso da un fremito che per poco non lo fece cadere a terra.

Disorientato si passò una mano tremante sul viso e subito gli apparve la faccia scheletrica di Uriel che lo malediva. Sentì lo stomaco contorcersi e i brividi corrergli per la schiena.

Uniti con il sangue

Sebastian urlò per la frustrazione e diede un calcio al muro. L’unico modo per liberarsi della maledizione era parlarne con Lilith, ma non poteva e in più avrebbe dovuto confessarle di aver disubbidito ai suoi ordini.

Era bloccato in una situazione tremenda.

-Aiuto! Qualcuno mi aiuti!-

Sebastian sobbalzò nel sentire la voce della mondana. Si guardò intorno disorientato, ma la stanza era vuota, eppure la voce sembrava venire da lì vicino. Girò su sé stesso più e più volte, vide solo mobili e lenzuola sparpagliati sul pavimento. Si affacciò alla finestra, ma le strade erano deserte.

Poi sentì un formicolio al petto, la runa della maledizione stava brillando.

Come se stesse vedendo un film gli comparvero davanti agli occhi tante immagini una dietro all’altra: la mondana con il suo zaino, Jace, Clary e gli altri che la inseguivano, il viso terrorizzato della ragazza mentre tratteneva il respiro in un bagno e un combattimento.

Tutto divenne chiaro: sapeva esattamente dove si fosse andata a cacciare, ma soprattutto riusciva a sentire dentro il cuore che era in pericolo. Era come se fosse stato investito da un fiume di sentimenti che lasciarono il cacciatore senza fiato.

Non poteva lasciare che corresse alcun pericolo, altrimenti a lui sarebbe spettata una sorte ben peggiore.

Sebastian si sentiva strano. Era come se tutto il mondo intorno a lui girasse nel senso opposto e lui non riusciva a reggerne più il passo. Stava rimanendo indietro oppure era andato avanti?

Come poteva sentire la voce di lei nella testa? Perché adesso si sentiva come da bambino?

Sempre solo, ma con un briciolo di speranza stretto in mano.

 

Nota dell’autrice: non è un capitolo in cui succedono grandi colpi di scena, ma ne vado davvero fiera perché mi ci sono super impegnata e poi ho davvero adorato scrivere della sua infanzia. Vi dico che penso di sapere quasi tutto quello che succederà nei prossimi capitoli. L’unica cosa è che devo decidere se fare un finale felice o triste … vedremo vedremo. I capitoli che arriveranno saranno incentrati su un Sebastian che si sente un po’ diverso. In meglio o in peggio? Sta a voi decidere, tanto io continuo a scrivere <3

Detto questo vi invito a leggere anche la fan fiction su Emma Carstairs:

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2103597&i=1

E di un William Herondale nella saga di The mortal instruments:

 http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2075819&i=1

Detto questo vi saluto!

Al prossimo capitolo!

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Patto con il diavolo ***


patto con il diavolo

Patto con il diavolo

 

-Ho già detto che mi dispiace per il morso- ripeté Tara per la due milionesima volta, cercando di sembrare il più dispiaciuta possibile, ma ottenne solo un’occhiata truce dal biondino che la sovrastava.

-Gli animali mordono! Sei per caso una qualche specie sottosviluppata di scimmia?- le sbraitò contro incrociando le braccia. La ragazza avrebbe voluto rispondergli con un pugno diritto in faccia, ma non le sembrava il caso dal momento che si trovava in un edifico gigantesco e isolato dalla città che sembrava non essere notato da tutte le persone che ci passavano accanto

Per non parlare di tutti i ragazzi in nero che la circondavano silenziosi e immobili come le statue che riempivano l’enorme sala dove era stata trascinata senza alcuna spiegazione, poi il fatto che fossero armati fino ai denti, la convinse a non compiere nessun gesto troppo spericolato.

Certo, ormai Tara poteva dire di essersi abituata al fatto che la sua vita negli ultimi giorni prendesse ogni ora una piega inaspettata che rischiava sempre di ucciderla.

Dopo che si era scontrata con la misteriosa ragazza dagli occhi grigi ,che si era presentata come una sua anenata nonostante fosse poco più grande di lei, tutto era diventato confuso, ricordava solo di essere svenuta, probabilmente era stata addormentata, e ora si ritrovata a dover discutere con un dark tinto, che continuava a non darle nessuna risposta sul perché avessero deciso di rapirla.

-Vi prego potete dirmi perché mi trovo qui? Gli ultimi giorni della mia dannatissima vita sono stati un vero inferno!- Tara fissò disperatamente ciascun ragazzo e la voce le si incrinò –Non ho idea di quello che sta succedendo!-

-Già nemmeno io- rispose la ragazza dagli occhi neri e gelidi –Perché una mondana è riuscita quasi a sfuggire a cacciatori addestrati da anni? Perché porti l’angelo meccanico? Chi sei?-

-Non rispondo alle vostre domande se prima voi non rispondete alle mie!- ribadì Tara stringendo i pugni per darsi forza –Voi non immaginate minimamente come mi sia sentita quando …- la voce le si spense in gola.

La sua vita era stata ribaltata, l’intera realtà che credeva conoscere si era rivelata solo una menzogna che nascondeva un mondo ancora più cruento e tremendo di quello in cui viveva lei.

E per quanto il solo pensare a Jonathan le facesse chiudere lo stomaco dal terrore, non poteva parlarne a sconosciuti che magari le avrebbero potuto fare ancora più male del demone dagli occhi neri.

Se aveva imparato qualche cosa dagli ultimi avvenimenti era proprio non fidarsi di chi dice di poterti aiutare.

-Quando?- le chiese il ragazzo dagli occhi blu che fino a quel momento non aveva mostrato alcun interesse per lei.

-Quando … mi sono nascosta in bagno per scappare- cercò di mentire Tara, era consapevole che non sarebbe mai stata credibile, infatti i cacciatori si avvicinarono e la ragazza sentì mancarle il fiato.

-Cosa potrai aver fatto? Avrai pianto come tutti i mondani, per poi scagliarti come una pazza contro chi voleva aiutarti- la accusò il biondo –Se non ci fosse stata Theresa probabilmente ora staresti già nella città di ossa-

-Riesci a capire che non ho la minima idea di quello che stai farfugliando? Perché continuate a farmi tutte queste domande?- urlò Tara che stava perdendo la calma.

- Perché anche noi come te siamo confusi e abbiamo bisogno di risposte! Stavamo seguendo un’altra pista, dovevamo catturare un’altra persona e invece compari tu! Il nostro lavoro è aiutarti, siamo cacciatori, ma stiamo per sfociare in una guerra e non c’è più tempo- disse il ragazzo.

- Chi dovevate catturare?- chiese Tara che in fondo al suo cuore, già sapeva quale sarebbe stata la risposta.

- Pensi che potrebbe cambiare qualche cosa dirtelo? Mentre perdiamo tempo a capire come ti sei procurata quella dannata collana, lui è in giro a uccidere!-

-Jace- lo ammonì la rossa poggiando delicatamente la mano sulla spalla del ragazzo.

- Va bene Clary! Pensaci tu- disse esasperato Jace. Tara rimase stupida dal fatto che il cacciatore invece di risponderle male, si era limitato a sbuffare per poi iniziare a giocherellare con i passanti della sua cintura.

-I Fratelli Silenti saranno presto qui e potranno darti tutte le risposte che cerchi, a prima vista possono mettere un po’ in soggezione per i loro aspetto un po’ … fuori dal comune, ma tranquilla ci siamo noi a sostenerti, inoltre confidiamo nell’aiuto di quella che sembra essere la tua antenata, Theresa Grey, anche lei sarà qui a momenti- le disse Clary con un sorriso incoraggiante che Tara si ritrovò costretta a ricambiare.

- I Fratelli Silenti entreranno nella tua testa e troveranno la verità. Noi non possiamo farti parlare con le forze, anche perché non ci è permesso maltrattare i mondani- disse Jace, probabilmente voleva farla sentire in soggezione, per vedere come avrebbe reagito, anche perché era fin troppo evidente che i ragazzi sospettavano che lei stesse mentendo.

Tara cercò di sembrare indifferente anche se era consapevole di aver iniziato a tremare.

-Ho detto che io non so nulla, ho trovato lo zaino per caso e la collana è l’unico ricordo che mi è rimasto di mia madre-

-Stai mentendo- la accusò freddamente la ragazza dagli occhi scuri –Ma ci penseranno i Fratelli Silenti a scoprirlo.-

-Oppure- disse il moro dagli occhi blu - Hai un blocco mentale come quello che aveva Clary e stai dicendo la verità. Rimane il fatto che nessuno deve perdere la calma e vorrei invitarvi ,ragazzi, a essere più controllai-

-Non mi lascerete andare vero?- chiese Tara con rassegnazione.

Nessuno le rispose.

Esasperata si sedette sul costoso divano che si trovava il più lontano possibile dai cacciatori e nascose la testa tra le mani.

Ogni secondo che passava lei si sentiva sempre più in trappola, cercava freneticamente di elaborare un piano di fuga, ma era troppo agitata per pensare a qualsiasi cosa.

Nella mente le scorrevano veloci tutte le informazioni che aveva assimilato e le sembrava di vivere in un incubo, chiuse gli occhi sperando che si sarebbe svegliata, ma intorno a lei c’era solo silenzio.

Si sentì morire quando la porta si aprì cigolando, Tara si alzò di scatto pronta ad affrontare i Fratelli Silenti o qualsiasi cosa si fosse presentata per farle del male.

Rimase quasi senza fiato quando si ritrovò a ricambiare quello sguardo assetato di sangue che conosceva fin troppo bene, gli occhi nerissimi ,cerchiati dalle occhiaie, gli conferivano un aspetto ultraterreno, la pelle pallida lo faceva sembrare una statua, i fini capelli bianchi, invece di essere ordinatamente tirati all’indietro, gli ricadevano disordinati sulla fronte.

La figura di Jonathan si stagliava sull’ingresso facendolo apparire un angelo caduto, quell’Angelo caduto, meraviglioso e letale che per la sua malvagità era stato bandito dalla sua patria e dalla possibilità di una pace eterna.

Quell’Angelo dimenticato era Jonathan, ma ora Tara riusciva a vedere oltre il nero dei suoi occhi, oltre quel buco infinito di oscurità e tristezza, e con sua immensa sorpresa si ritrovò a contemplare un debole bagliore di luce.

Senza che lei se ne rendesse conto, le sue gambe si mossero da sole e si ritrovò a correre disperatamente verso di lui.

Tara si dimenticò di tutto quello che reputava giusto e sbagliato, anche perché buttarsi tra le braccia di una persona che aveva cercato più volte di ucciderla, era la cosa più stupida che avrebbe potuto fare, ma sapeva anche che con la maledizione dell’Angelo il ragazzo non avrebbe potuto farle alcun male, così l’unica cosa che poté fare fu scegliere il male che reputava minore.

Quando i loro corpi si scontrarono brutalmente, Jonathan le strinse le braccia , Tara riusciva a sentire il calore emesso dalle mani del ragazzo, che nonostante i vestiti, sembrava passarle per tutto il corpo come una scarica elettrica.

-Chiudi gli occhi mondana- le disse semplicemente senza degnarla di uno sguardo.

Tara guardò i ragazzi che l’avevano rapita, i loro volti esprimevano stupore e incredulità e prima che potessero fare qualsiasi cosa per fermare il demone dagli occhi neri, tutto era già scomparso.

La stanza in cui si trovavano si dissolse in un mare di nebbia grigiastra che le offuscò la vista, l’aria si riempì di un odore di zolfo che le entrò nella gola costringendola a tossire.

Spaventata Tara cercò di aggrapparsi con tutte le forze a Jonathan, ben consapevole che dopo aver fatto il patto con il diavolo, non si poteva tornare indietro.

 

 

 

Nota dell’autrice: Okay Okay sono una persona orribile, mi scuso per non aver scritto, ma la scuola mi sta uccidendo e insomma essendo secchiona *coff coff* ci tengo ad avere una media abbastanza alta che è difficile mantenere *che tu sia maledetto greco*

Comunque spero vi sia piaciuto, il prossimo capitolo sarà di Seb e non vedo l’ora <3 sono secoli che non sto un po’ con lui.

Comunque penso di aver scritto del “patto del diavolo” perché Tara inconsciamente sceglie da chi parte stare ,anche perché vede nei nostri amati cacciatori ,che cercano di aiutarla, dei nemici che l’hanno rapita.

Cosa comporterà questa scelta per Tara?

Detto questo vi do un bacio e vi saluto <3

Al prossimo capitolo!

 

 

 

P.S. spero che abbiate notato che Tara morde i cacciatori come la sua antenata Tessa XD chi ha letto l’angelo capirà a cosa mi riferisco <3

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Capitolo 9
*** Solo ***


solo

Solo

Sebastian non era mai stata una persona a cui piaceva fuggire, era molto più forte di tutti quegli insulsi cacciatori, ma non ce l’avrebbe fatta da solo a combattere e nello stesso tempo a proteggere la mondana.

Da quando era arrivata lei tutto i suoi piani erano andati in fumo, e invece di ucciderla, ora gli toccava anche farle da balia.

Tutto questo per Sebastian era inconcepibile.

Per non parlare del modo in cui l’aveva guardato Clary, sua sorella lo odiava con tutto il cuore,  e questo per lui era atroce. Perché odiarlo? Lui aveva cercato di proteggerla, per anni si era chiesto come fosse il suo viso e quando finalmente l’aveva trovata, lei ,come tutti, l’aveva visto come un mostro.

Tutti lo odiavano tranne lei: la mondana che ingenuamente gli era corso incontro, suggellando probabilmente la sua condanna a morte, ma lei, nonostante avesse visto il nero del suo cuore dannato, non aveva paura di lui.

Quando gli fu accanto, Sebastian istintivamente la strinse a sé per cercare di farla smettere di tremare come una faglia.

Le disse di chiudere gli occhi, ma lei stava guardando con aria di sfida gli altri cacciatori.

-Il compito di uccidere la mondana spetta a me, mettiti in fila fratellino- fece l’occhiolino a Jace che si stava avvicinando con la spada angelica in pugno, poi mosse l’anello che aveva al dito, pensò a un luogo sicuro e venne risucchiato in un mare di nebbia grigia.

 

L’atterraggio non fu certo dei migliori, ma poteva andare molto peggio: i ragazzi ruzzolarono per qualche metro e Sebastian si fermò solo dopo aver sbattuto contro un pino.

Sentì i suoi muscoli gemere e cercò di guardarsi attorno nonostante gli si fosse appannata la vista. Erano in una foresta, il cacciatore non sapeva bene dove, ma l’importante era essere riuscito a scappare dall’Istituto.

-Mondana! – urlò Sebastian mentre cercava di alzarsi, in risposta ebbe solo un debole mugolio, poi il silenzio.

-Ti prego non dirmi che ti sei ferita- chiese il ragazzo terrorizzato, mentre gli ritornavano in mente le parole della maledizione.

Se lei era ferita, lui avrebbe patito il triplo – Mondana!- 

Il ragazzo girò più volte su se stesso, ma gli sembrava di vedere solo i pini che si stagliavano alti verso il cielo, inoltre era difficile per lui tenersi in piedi e per ogni minuto che passava si sentiva sempre più debole.

-Sto qui … sto qui -

Sentendo la sua voce Sebastian si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo e sostenendosi ai vari pini si avvicinò alla voce.

La ragazza era accasciata a terra su un cumolo di aghi di pino, non molto distante da dove era atterrato lui, sembrava non essere ferita, ma era pallida e sudata e le  mani le tremavano convulsamente.

-Sei ferita?- le chiese dopo essersi lasciato cadere accanto a lei, era un miracolo se il cacciatore riuscisse a trovare ancora la forza per respirare.

- Ho sbattuto la testa- la mondana cercò di alzarsi – Forse era meglio se chiudevo gli occhi-

Sebastian si lasciò sfuggire uno sbuffo – Non penso che io me la caverò con un semplice mal di testa invece-

- La maledizione … - sussurrò lei –Ma io sto bene, ti prego non puoi! Alzati!-

Ma il ragazzo sentiva che stava per morire, come l’aveva capito l’ultima volta, tutto era identico: l’aria ovattata, la difficoltà a respirare, la sensazione di freddo che si insinuava nelle ossa. Solo una cosa era cambiata: ora poteva vedere il suo viso morente riflesso negli occhi viola della mondana.

Sebastian avrebbe voluto semplicemente lasciarsi andare, ma non poteva sottrarsi a quel colore così intenso, avrebbe voluto guardare i suoi occhi per sempre, rifugiarsi nel mondo pacifico della mondana e iniziare a vivere.

Ma ai mostri non spettava quel destino.

- Se muoio ti tengo un posto riservato all’inferno mondana. Su questo puoi stare tranquilla- disse Sebastian sorridendo, poi chiuse gli occhi e si lasciò semplicemente abbracciare dall’oscurità.

L’unico rammarico che aveva era che probabilmente nessuno avrebbe pianto la sua morte.

Solo era arrivato e solo se ne doveva andare.

 

 

Nota dell’autrice: Allooooooora avete visto che brava? Ho scritto un altro capitolo <3 probabilmente ora scriverò con molta più frequenza anche perché stiamo arrivando alla mia parte preferita, la parte che avrei voluto scrivere fin dall’inizio.

Mi scuso se il capitolo è stato così breve, ma devo creare patos v.v  

Non penso che vi aspetterete le cose che stanno per succedere, anche perché io non avrei mai pensato che la storia avrebbe preso questa piega c:

Detto questo vi do un bacio e vi saluto <3

Al prossimo capitolo!

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Capitolo 10
*** Battito di un cuore ***


battito di un cuore

Battito di un cuore

Tutto era fermo, tutto era vuoto e Tara non sentiva nulla.

Lei non era quel tipo di persona dal sangue freddo che non si lascia intimorire da nulla, lei era fragile e solo ora se ne rendeva conto. Per cosa aveva combattuto? Perché cercava di sopravvivere? La vita scorreva, anche senza di lei.

Semplicemente non era essenziale.

Non sapeva quanto tempo era passato, da quanto tempo stava fissando quella pelle bianca, se l’avesse toccata sarebbe stata fredda, morta.

Non poteva affrontare un dolore simile, era stata perseguitata per tutta la vita da quell’ombra che le aveva tolto tutte le persone che amava.

Non riusciva a muovere un muscolo; i vivi si muovono, possono uscire di casa e sperare che ogni giorno sia migliore, lei invece era solo sopravvissuta e non poteva essere abbastanza.

Il ragazzo che aveva davanti non aveva più nulla di mostruoso, gli occhi neri erano coperti dalle palpebre chiuse, le labbra piene erano socchiuse, il volto sembrava sereno e Tara poté notare le lentiggini che gli macchiavano le guancie, le ciglia folte e bianche come i capelli, le dita lunghe e affusolate, le braccia percorse dalle vene che sembravano radici.

Tara le sfiorò, accarezzò lentamente il viso, fece passare i polpastrelli sulle labbra screpolate fino ad arrivare ai capelli che gli ricadevano in ciocche disordinate sulla fronte.

-Ti odio …- sussurrò, gli strinse con forza le braccia e iniziò a scuoterlo –Ti odio! Come hai potuto?- urlò mentre sentiva le lacrime scenderle dagli occhi –Come hai potuto lasciarmi sola?- cercò di sollevarlo –Devi alzarti! Brutto schifoso- la sua voce non aveva più nulla di umano.

Il dolore era così lancinante da annebbiarle la vista, i singhiozzi lasciavano spazio a insulti, le urla seguivano le preghiere.

Quella scena era troppo familiare e Tara poteva rivedersi a neanche sei anni che urlava ai genitori chiusi nelle bare di averla lasciata sola, li accusava di non averla amata abbastanza altrimenti non se ne sarebbero andati senza di lei. Perché tutti le dicevano che era stato un miracolo? Perché doveva ritenersi fortunata?

Non li avrebbe più rivisti, le rimanevano le foto, i ricordi e due fredde lapidi.

Erano passati minuti, forse ore, Tara non sapeva dirlo. Aveva provato e riprovato in tutti i modi, piangere non sarebbe servito, niente può riportare indietro i morti.

Avrebbe dovuto andarsene, scappare da quell’incubo, lasciarsi tutto alle spalle. Il suo nemico era finalmente morto, lei era libera.

Allora perché non riusciva ad abbandonare il corpo? Cosa la tratteneva?

Ogni volta che si poneva queste domande non era in grado di darsi una risposta, tutto quello che le era accaduto era collegato a lui, lei aveva scelto lui, il male.

Cosa era lei quindi senza il male?

La ragazza si sentiva vuota, non aveva energie per fare nulla. Tremava convulsamente, la vista era appannata dalle lacrime, respirava a fatica, avrebbe voluto urlare, chiamare aiuto, ma erano in una foresta in chissà quale parte del mondo.

Una folata di vento fece ondeggiare i pini intorno a lei, il freddo le stava corrodendo le ossa, ma per nessuna ragione al mondo avrebbe lasciato il corpo. Non sarebbe morta scappando.

La sua attenzione venne catturata da un gufo che la osservava intensamente da un po’, ogni tanto piegava la testa e arruffava le penne per poi fare un verso che le fece scappare uno stanco sorriso. Poi ad un tratto l’animale venne spaventato da uno scricchiolare di foglie, anche la ragazza si girò di scatto.

Quando Tara la vide pensava di aver avuto un’allucinazione perché era tutto ricoperto di una calda luce che le accarezzava la pelle, rabbrividì e cercò di schermarsi gli occhi, ma riusciva a scorgere solo una figura che si avvicinava.

-Aiuto- sussurrò –Ci serve aiuto …

-Inglese?- le chiese una voce delicata dall’accento francese.

-Americani- si sforzò di dire la ragazza.

-Okay ci penso io- la donna si avvicinò al ragazzo e lo guardò con curiosità.

-Lui è … - la voce le morì in gola, come poteva spiegarlo?

-Shh- la donna le accarezzò la guancia i suoi grandi occhi dorati la fissarono intensamente tanto che la ragazza li sentì scrutargli l’anima, -No- disse semplicemente, poi prese la mano di Tara e la posò sul cuore ghiacciato del ragazzo –Tu puoi sentirlo-

Lei la guardò smarrita, era uno scherzo, già stava per scacciarla via quando sentì.

Ad una prima impressione sembrava un lieve tamburellare, Tara chiuse gli occhi per concentrarsi meglio, il rumore andava e veniva, a volte più forte altre così debole che sembrava scomparire.

Era il suono del battito di un cuore.

 

 

Nota dell’autrice: Sì e sì la vostra Lady è viva e vegeta *più o meno* . Non avete idea del dolore che ho provato negli ultimi tempi, avrei voluto scrivere, ma la scuola, famiglia e amici non mi hanno lasciato un attimo di pace. Sinceramente spero di poter scriver al più presto, non avete idea di quanto tutto questo mi sia mancato.

Ho tanti bei progetti nuovi e dolci da fare *^* vi giuro che cercherò di fare il meglio.

Detto questo vi do un bacio e vi saluto <3

Al prossimo capitolo!

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Capitolo 11
*** Fiore di loto ***


fiore di loto

Jonathan Christofer Morgenstern non era come tutti gli altri mortali: lui non provava emozioni. In qualunque situazione si trovasse riusciva sempre a rimanere freddo, a guardare il mondo che lo circondava con indifferenza e sfrontatezza.

Questo faceva di lui una macchina da combattimento perfetta: la pietà non bloccava la sua lama, la paura non lo immobilizzava e né aveva timore di provare qualsiasi tipo di dolore.

Ma lì nella foresta, poco prima di chiudere gli occhi e abbandonarsi di nuovo alle tenebre, aveva avvertito un qualche cosa molto simile alla paura.

Questo perché il ragazzo era ben consapevole del vuoto che c’era dopo la morte, del freddo che gli ghiacciava le ossa fino a spezzarle, delle urla, dell’odore di cadavere. La cosa che più lo terrorizzava era una profonda voce che gli ripeteva costantemente i suoi peccati, i nomi delle persone che aveva ucciso lo seguivano tormentandolo, tutto il dolore che aveva provocato in vita lo soffocava. Sebastian cercava di coprirsi le orecchie, ma in quell’oscurità lui non aveva più corpo, rimaneva solo la sua anima deturpata che mostrava quello che era veramente: un mostro.

Tutto questo era sicuramente peggiore di qualsiasi pena dell’inferno: infatti non era li che si trovava. Questo era un luogo riserbato a lui solo, radicato al centro della terra e lì neanche i demoni avevano dimora, ma vi si annidava un male ancora più profondo.

Non ci sarebbe stata pietà per Sebastian, né tantomeno pace.

Il ragazzo però poco prima di morire aveva guardato la mondana che aveva causato la sua morte e si era sentito smarrito per la prima volta nella sua vita. Lui non voleva morire in quel modo. Come poteva morire senza prima vendicarsi?

Poteva sentire il cuoricino di lei battere velocemente nel suo petto, si stava cibando della sua vita, la divorava senza pietà. Sebastian aveva perso.

Il ragazzo sorrise a questi pensieri: in fondo loro due non erano tanto diversi.

Prese l’ultimo respiro della sua vita e affrontò la morte a testa alta, mostrando la stessa fierezza che aveva ereditato da suo padre. “I guerrieri non abbassano mai la testa”, così gli diceva spesso, accompagnando la frase con una frustrata.

Sebastian chiuse gli occhi e morì.

La terra lo avvolse in un umido abbraccio facendolo sprofondare sempre più in basso.

La caduta era lenta e Sebastian poteva vedere la luce diventare sempre più fioca, finché non venne completamente inghiottita dalle tenebre.

Ad accoglierlo ci fu sempre la solita voce che iniziò subito a tormentarlo, ogni suo parola era strascicata, lenta, fredda.

Naturalmente Sebastian non poteva rispondere perché già sentiva che il suo corpo gli veniva raschiato via, la pelle era strappata strato per strato scoprendo la carne viva, sangue nero sgorgava dalle profonde ferite trasformandosi in rose i cui rovi imprigionavano il ragazzo lasciandolo inerme alla malvagità della voce.

Il tempo non esisteva più, tutto era immobile e vuoto. L’eternità non può essere misurata né tantomeno arrestata.

Volti delle persone che aveva ucciso iniziarono a passargli davanti, lo guardavano con occhi spietati ai quali era impossibile nascondersi. Giunse anche quello della mondana, ma era diverso rispetto a quello di tutti gli altri, i suoi occhi viola non lo fissavano con odio, anzi sembravano divertiti nel vederlo in quella condizione. La ragazza socchiuse le labbra e sussurrò : “No”.

Quindi chiuse gli occhi e una nube dorata iniziò ad avvolgerla, Sebastian avrebbe voluto sfiorarle le guance pallide, ma ogni volta che cercava di muoversi le spine della prigione di rose gli laceravano l’anima provocandogli dolori lancinanti.

La ragazza scomparve inghiottita dalle tenebre e Sebastian si sentì affondare nel più cieco dolore, ormai la voce non lo tormentava più, gli sguardi accusatori dei volti non lo perseguitavano, ma sentiva tutto il suo essere straziato da una furia cieca. Una mano gelida gli stritolò il cuore e lui si rese conto di essere perso per sempre: non sarebbe stato salvato da nessuno.

Eppure lui voleva vivere, non aveva mai desiderato così tanto rivedere la luce del sole, poter sentire il sangue che come linfa gli scorreva nelle vene.

Con quelle che credeva fossero le sue mani si tastò il petto per tentare di alleviare il dolore, ma era tutto inutile: il gelo continuava a straziarlo senza pietà.

Preso dalla follia cercò di strapparsi quel cuore di pietra che suo padre gli aveva donato,  forse, sbarazzandosi della causa dei mali che aveva compiuto in vita, avrebbe potuto trovare un po’ di pace.  Era pronto ad annientare completamente se stesso pur di non provare più quel gelo.

Ma al posto del suo cuore nero trovò un piccolo fiore di loto: i delicati petali viola si muovevano debolmente come se respirassero, mentre al centro c’era il minuscolo picciolo posizionato al centro della lamina verde rotonda, increspata e rivestita di un malto ceroso.

 Sebastian provò l’istinto di proteggere il fiore dalle spine che ora con più forza cercavano di graffiarlo.

Nelle venature del fiore scorreva della linfa dorata che lentamente iniziò a splendere sempre con più energia tanto da riuscire a schiacciare le tenebre.

La mano gelida che gli stringeva il cuore venne sostituita da un tepore che abbracciò le membra ferite del giovane restituendogli l’antico vigore, i rovi di spine scomparvero in un fumo nero, mentre la voce gridava mostruosamente.

Sebastian la sentiva combattere contro la luce per non essere sconfitta, nessuno poteva sfuggire alla morte per la seconda volta. Ma l’energia sprigionata dal fiore era troppo forte e niente poteva arrestarla.

Il ragazzo si sentì spingere in alto, ma mani ossute cercarono di frenare la sua risalita, gli bloccavano le gambe graffiandolo. Disgustato le calciò via, e constatò con piacere che finalmente era libero e sapeva di poter governare la situazione.

-Mi dispiace signori miei- disse e si stupì nel sentire la sua voce echeggiare nelle tenebre     -Ma credo che per me sia ora di andare. La prossima volta spero sia tutto più accogliente- si liberò dell’ultimo mostro infernale che lo teneva per il braccio e poté continuare a salire.

Stava uscendo dall’oscurità ad una velocità impressionante, saliva sempre più in alto.

Poi improvvisamente tutto si bloccò e Sebastian con un rantolo si svegliò.

In un primo momento intorno a lui poteva vedere solo figure sfocate che gli danzavano davanti, cercò più volte di metterle a fuoco strizzando gli occhi, ma era tutto troppo confuso.

Si trovava nel letto di una piccola stanza dal soffitto basso, riuscì a scorgere il profilo di una persona che lo osservava dal capezzale.

Cercò di parlare, ma dalla sua bocca uscì solo un rantolio sommesso, voleva alzarsi, ma le forze sembravano averlo nuovamente abbandonato. Stropicciò di nuovo gli occhi e questa volta tutto era diventato più nitido.

Incrociò lo sguardo con due grandi occhi viola che lo fissavano sbigottiti, davanti a lui c’era la causa della sua morte, incolume e sprizzante di vita. Sentì la sete di vendetta impadronirsi del suo cuore, una scossa gli attraversò il corpo; con un balzo scese dal letto, afferrò la ragazza per la gola e la scaraventò al muro.

Lei naturalmente presa alla sprovvista  non era riuscita a difendersi dall’attacco e ora lo fissava confusa.

-Mondana …- sussurrò avvicinandosi di più al suo viso –Saresti dovuta scappare quanto ne avevi la possibilità, ora devi morire- disse con un ghigno.

Sebastian si sarebbe aspettato di vederla supplicare e strisciare come un verme. Invece lei lo guardava con fierezza, senza far trapelare alcun sentimento di terrore, non cercava neanche di scappare, aveva solo poggiato le mani fredde su quelle del ragazzo.

-Potresti farlo- rispose –La maledizione è stata spezzata non appena sei morto-

La stretta sulla gola si fece più forte e la ragazza fece fatica a continuare a parlare –Ora la scelta è solo tua: uccidermi o …-

-Io non provo pietà per nessuno, io sono un mostro e niente potrà cambiare questo- urlò Sebastian.

-Eppure … eppure io ti ho salvato- disse la mondana dopo aver tentato di tossire -Cosa farai dopo aver ucciso l’unica … persona che- chiuse gli occhi e abbandonò la testa –ha creduto in te?-

Sebastian lasciò la presa e la ragazza cadde a terra tossendo, si tastò il collo rosso con le mani che tremavano convulsamente.

-Ti tengo in vita solo perché ho intenzione di portarti da Lilith, lei saprà cosa fare- si limitò a dire il cacciatore evitando di guardarla –Partiamo subito-

 

 

 

 

Nota dell’autrice: Salve salve! Sì, sono viva e nessun demone mi ha mangiata negli ultimi mesi. E’ arrivata finalmente l’estate e ho ricominciato subito a scrivere. Devo ammettere che è stato complicato rientrare nei “panni” di Sebastian, infatti ho impiegato un po’ di giorni a scrivere questo capitolo. Spero davvero che vi possa piacere, so bene che la parte dell’Inferno può sembrare strana, ma i fiori hanno un ruolo importante nella storia. Per farmi perdonare ho scritto un po’ di più, anche perché presto partirò e non penso di poter dedicarmi alla scrittura.

Detto questo vi saluto con la promessa di scrivere molto più, tanti baci e grazie ancora.

Al prossimo capitolo!

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