The Proposal - Ricatto d'Amore

di Emma Bennet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***



Capitolo 1
*** I ***


The Proposal

Ricatto d'Amore




 

 

 



 



Capitolo Uno


Era sicura di vincere. Diamine, meritava di vincere. Nonostante fosse solo il suo romanzo d'esordio, aveva avuto un successo immediato: più di centomila copie vendute, era subito entrato nella classifica del New York Times Best Sellers, era stato tradotto in più di dieci lingue, a breve ne avrebbero tratto l'adattamento cinematografico... Sì, avrebbe vinto lei.
«E il National Book Award, per la categoria narrativa, quest'anno va a... Emma Swan!»
Un sorriso vittorioso le si stampò in faccia: quello era l'avverarsi di tutti i suoi desideri.
Emma si alzò, aggiustandosi l'abito rosso che aveva indossato per l'occasione.
«Complimenti, Emma. Siamo tutti fieri di te. Io sono fiero di te» il suo ex capo, e attuale editor, si sporse per baciarla sulla guancia.
Sempre sorridendo, Emma si avviò verso il palco, per ricevere il premio.
«Uno scrittore dovrebbe essere sempre in grado di trovare le parole adatte, ma la verità è che non ci sono parole per esprimere la mia gioia, in questo momento. Grazie mille a tutti, grazie a coloro che hanno reso possibile tutto questo. Grazie ai miei genitori, a mia nonna e a tutta la mia famiglia. Grazie a tutti coloro che lavorano alla Gold&French, in particolare al mio editor, Killian...»

DRIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIN!
Il rumore della sveglia le fece aprire gli occhi di scatto, strappandola dal suo ennesimo sogno di gloria.
“Se Harry Potter ha sconfitto Voldemort, allora tu puoi alzarti!”
L'incoraggiante messaggio faceva capolino dallo schermo del suo cellulare, accompagnando l'insistente trillo. Sbuffando, Emma Swan si sporse per spegnere quell'affare infernale comunemente chiamato 'sveglia'. Un altro giorno stava per cominciare; la nota positiva, però, era che finalmente era mercoledì: questo significava che l'indomani sarebbe finalmente partita per andare a trovare la sua famiglia. No, non avrebbe lasciato che niente e nessuno interferissero con il suo buonumore: quella sarebbe stata una bella giornata, se lo sentiva.

 

 

 

 

 

Circa tre quarti d'ora dopo, tutta la positività che aveva provato appena sveglia sembrava già essere svanita. La metropolitana era arrivata in ritardo e, conseguenzialmente, adesso era lei ad essere in ritardo, e se non fosse arrivata in ufficio per le nove precise, sapeva che il suo capo l'avrebbe spellata viva.
«Permesso!» urlò, cercando di mantenersi in equilibrio sulle scarpe col tacco – altro affare infernale che era costretta a indossare – destreggiandosi tra la massa di persone che affollavano le strade di New York, e dirigendosi verso lo Starbucks dove si fermava ogni mattina. Accorgendosi della fila esagerata, Emma impallidì: non ce l'avrebbe mai fatta per le nove.
«Emma! I tuoi due caffè!»
Il cameriere, Graham, le fece l'occhiolino da dietro il bancone.
«Oddio, Graham, grazie! Mi hai letteralmente salvato la vita!» esclamò la donna, saltando la fila e allungandosi per prendere i due bicchieri, già pronti.
«Per te questo e altro» rispose lui, ma la ragazza era già corsa via.
Da quattro anni lavorava per la Gold&French, un'importante redazione statunitense, come assistente di Killian Jones che, a soli trentacinque anni, era probabilmente il migliore e più famoso editor e caporedattore di tutta l'East Coast, nonché emerito stronzo, grandissimo pallone gonfiato e coglione di dimensioni bibliche. L'uomo era tanto capace in ambito lavorativo quanto scarso nelle relazioni umane, dotato di una serietà senza limiti – Emma dubitava di averlo mai visto ridere sinceramente – e preciso a livello maniacale, e due delle cose alle quali teneva di più erano la puntualità e il suo caffè mattutino, rigorosamente nero, senza zucchero ma con una spruzzata di cannella.
Arrivata in redazione, senza fiato per la corsa, Emma diede un'occhiata all'orologio: le otto e cinquantadue. Perfetto. Sorrise soddisfatta e fece per avviarsi verso l'ufficio di Jones, quando qualcuno andò a sbattere contro di lei.
«Cazzo! Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo!»
Uno dei due caffè si era completamente rovesciato, e per di più sulla sua camicetta.
«Mi dispiace, Emma» mormorò l'uomo contro cui aveva sbattuto, dileguandosi in un batter d'occhio.
«Vaffanculo, Smee!» urlò lei di rimando, precipitandosi a una delle scrivanie lì vicino.
«Ruby, ti prego, devi darmi la tua camicia»
La ragazza in questione alzò un sopracciglio perfettamente curato.
«Emma, lo sai che ti voglio bene, ma dimmi per quale motivo dovrei fare una cosa del genere»
«Venerdì prossimo, concerto dei Maroon 5. Tu mi dai la camicia, io ti do due biglietti. Ci stai?»
«Tu sì che sai come comprarmi, ragazza!»
Emma tirò un sospirò di sollievo: anche questa era fatta.
Aveva appena finito di abbottonarsi la camicetta, quando il suo cellulare vibrò. Era il gruppo su whatsapp dell'ufficio, e Ruby aveva appena inviato delle faccine spaventate, subito seguite da un messaggio: “Ciurma, ai vostri posti! Capitan Uncino in arrivo”
Emma sogghignò: Capitan Uncino era il soprannome che avevano dato a Jones. Uno dei tanti, per lo meno.
Guardò l'orologio analogico sulla scrivania dell'editor: otto e cinquantanove. E anche quella mattina, lei era pronta.
In quel momento, la porta dell'ufficio si spalancò, e Killian Jones fece il suo ingresso. Con un completo gessato grigio scuro, una camicia bianca, cravatta blu con motivo nero e scarpe Oxford nere, era perfetto, come sempre, neanche un capello fuori posto. Che fosse uno stronzo senza eguali era fuori discussione, ma il suo fascino era innegabile.
La prima volta che l'aveva incontrato, quattro anni prima, al suo colloquio di lavoro, Emma, fresca di laurea, era rimasta ammutolita. Aveva tanto sentito parlare di Killian Jones, che già all'epoca era piuttosto famoso, e naturalmente si era documentata su internet, ma le varie foto che aveva trovato non rendevano minimamente giustizia all'uomo che si era ritrovata davanti.
«Buongiorno, capo!» lo salutò, cercando di sembrare il più gioviale possibile, porgendogli il suo caffè.
Lui si limitò a rispondere con un cenno del capo, accettando il bicchiere e prendendo posto alla propria scrivania, iniziando subito a sfogliare l'agenda.
«Ha una conference call fra mezz'ora...»
«Sul marketing dei libri di primavera, lo so, lo so»
«E uno staff meeting alle dieci e mezzo...»
«Hai chiamato quella... Com'è che si chiama? Quella con le mani brutte...»
«Janet? Sì, l'ho chiamata e le ho detto che se non consegnerà il manoscritto in tempo, lei non le darà una data di pubblicazione. Comunque ha chiamato anche l'avvocato per l'immigrazione...»
«Niente conference call, sposta il meeting e temporeggia con l'avvocato. Ah, e cerca un PR, dobbiamo rilasciare un comunicato stampa: August Booth andrà da Oprah!»
Emma alzò un sopracciglio, ammirata. «Quell'August Booth? Quello che non concede interviste da oltre sei anni? Bel risultato!»
Killian alzò gli occhi al cielo. «Puoi andare, Swan. Quando avrò bisogno dei tuoi complimenti, mi assicurerò di chiederteli» le rispose, accingendosi a bere il caffè.
Emma trattenne un'imprecazione, e si avviò verso la porta.
«Swan?»
La ragazza respirò profondamente, assicurandosi di avere un bel sorriso stampato in faccia, prima di voltarsi nuovamente verso il proprio capo.
«Sì?»
«Chi è Graham, e perché diavolo dovrei chiamarlo?» le domandò, mostrandole un messaggio scritto con un pennarello rosso sulla tazza di caffè.
Emma si morse il labbro inferiore. «Graham è il cameriere dello Starbucks a cui mi fermo, e il messaggio era rivolto a me, perché quello è il mio caffè»
Killian alzò un sopracciglio, e le lanciò un'occhiata penetrante. «Un cameriere, quindi? E dimmi, di grazia, perché starei bevendo il tuo caffè?»
«Il suo si è rovesciato»
L'uomo osservò il bicchiere, per poi berne un sorso. «Ed è una coincidenza che anche tu bevi caffè nero senza zucchero ma con una spruzzata di cannella?»
«Cosa posso dire?» rispose Emma, stringendosi nelle spalle «Adoro la cannella! Sarebbe patetico da parte mia bere questo caffè solo perché il suo potrebbe rovesciarsi, no?»
Fortunatamente, arrivò lo squillo del telefono a salvarla.
«Salve, ufficio di Killian Jones. Oh, ciao Greg»
Killian tornò a guardare Emma. «Stiamo andando da lui» mimò con le labbra.
«Stiamo proprio venendo da te, Greg» rispose Emma a telefono, per poi attaccare. «Perché stiamo andando da Gregory Mendel?»
L'uomo sogghignò. «Vedrai»
Emma ebbe giusto il tempo di digitare un messaggio veloce su whatsapp (“Capitan Uncino è in movimento”), prima di seguirlo fuori dal suo ufficio. Tutti i suoi colleghi sembravano impegnatissimi e diligenti, tutto grazie al suo messaggio. La ragazza sorrise sotto i baffi, divertita.
«Cos'hai da ridere?»
«Niente, capo. Per caso ha letto il manoscritto che le ho inviato?»
«Solo le prime pagine, non era niente di che»
«Che cosa?! Ho letto centinaia di manoscritti, questo è il primo che mi permetto di proporle, e se l'ho fatto, è perché so quali sono i criteri che applica, e questo manoscritto li rispecchia tutti!»
Killian le lanciò un'occhiata scettica. «Conserva le tue obiezioni per un altro momento, Swan. E, tra parentesi, bevi il mio stesso caffè perché il mio potrebbe rovesciarsi, cosa che sì, effettivamente è patetica» la rimbeccò, prima di entrare nell'ufficio di Mendel, un altro editor della redazione.
«Buongiorno, Greg»
«Killian! Ed Emma, che piacere vedervi» li salutò l'uomo, mellifluo. Killian, dal canto suo, si guardò intorno, un'espressione lievemente disgustata in viso.
«Quella vetrinetta è nuova, Greg?»
«Risale ai tempi della Reggenza inglese, ma l'ho acquistata da poco, sì, quindi direi che è nuova per il mio ufficio»
«Molto graziosa. Swan, falla spostare nella sala d'attesa: il nostro Greg non ne avrà più bisogno»
Gregory spalancò gli occhi. «Cosa vorresti dire?» domandò, ridendo nervosamente.
«Andrò diritto al punto, amico: sei licenziato»
Emma restò a bocca aperta. Quando si dice “avere tatto”.
«Che vuol dire che sono licenziato? E perché mai dovrei essere licenziato?»
«Hai presente August Booth? Ti avevo chiesto di fargli avere un'intervista da Oprah»
«Ma lo sai che tipo è Booth! Non rilascia interviste da anni! Non accetterà mai di andare da Oprah!»
«Strano, perché gli ho parlato io poco fa, e mi è sembrato persino eccitato all'idea. Da ciò, ne deduco che tu non l'abbia neanche chiamato»
«Ma...»
«Niente “ma”, Greg. Sei licenziato. Ti darò due mesi per trovare un nuovo lavoro, e diremo che sei stato tu ad andartene, mi sembra un accordo più che soddisfacente» tagliò corto Killian, prima di uscire, seguito a ruota da Emma.
«Sei uno stronzo, Jones!» Greg li seguì fuori dal proprio ufficio, rosso in viso «Uno stronzo con la 's' maiuscola! Sei uno stronzo, un egoista, un farabutto...Un pirata! La verità è che questa storia di Oprah è stata solo un pretesto per farti bello con il consiglio di amministrazione, perché tu ti senti minacciato da me, ma il vero problema sai qual è? È che fuori da quest'ufficio, tu non hai nessuna cazzo di vita! Io provo pietà per te, perché sei un essere vuoto, freddo e sei così solo che al tuo funerale ci sarà solo il prete!»
Killian lo guardò annoiato, come se l'altro avesse appena finito di sciorinargli la lista della spesa, e non una serie di insulti alquanto pesanti.
«Ecco, vedi Greg, è proprio questo il tuo problema: tu ti sopravvaluti, amico. Io non ti sto licenziando perché mi sento minacciato da te, io ti sto licenziato perché sei pigro, inetto e passi più tempo a mettere le corna a tua moglie che in quest'ufficio a lavorare, e se osi aggiungere un'altra parola, ti farò portare via da una scorta armata, mentre Emma ti riprende col cellulare, per poi sbattere il filmato su Youtube, così che tutti potranno deriderti come sto facendo io in questo momento»
«Come ti...»
«Ricorda: una sola parola. Detto ciò, ho di meglio da fare» tagliò corto Killian, prima di girare sui tacchi e andarsene.

«Spero che tu non abbia dei piani per questo weekend, Swan, perché dovrai aiutarmi a finire i manoscritti assegnati a Mendel»
Emma deglutì, a disagio. «Questo weekend? È proprio necessario? Perché veramente dovrei andare a trovare la mia famiglia, è il compleanno di mia nonna...»
«Molto bene, mi aspetto la lista dei suoi manoscritti sulla mia scrivania tra dieci minuti»
«Ma, signore...»
«Ti prego, Swan, ti ho già detto di rimandare le tue obiezioni. Adesso devo andare a parlare con Gold, vienimi a chiamare fra cinque minuti esatti con una scusa qualsiasi»

Emma non poté fare altro che rimanere in silenzio, a fissare la schiena del suo capo che si allontanava. E pensare che solo qualche ora prima si era svegliata tutta emozionata per quel week-end in famiglia, e si era illusa che niente avrebbe potuto guastare il suo buonumore. Certo, niente a parte Killian Jones.
 

 

 

 

«Signor Gold, buongiorno» esordì Killian, entrando nell'ufficio del suo capo, nonché fondatore della redazione «E Belle, ogni giorno più incantevole» aggiunse, rivolto alla moglie di Gold, e co-fondatrice.
«Killian, buongiorno a te. Congratulazioni per Oprah. Gradisci del caffè?»
«Grazie e no, sono a posto, ancora grazie. Ditemi: perché mi avete fatto chiamare? Non vorrete darmi un nuovo aumento, vero?»
Belle sorrise, sinceramente divertita, mentre suo marito rimase impassibile. «Ahimè, Killian, temo che il motivo non sia così piacevole. Ti ricordi quando ti avevamo detto di non andare ad Amsterdam per la Fiera del Libro perché non avevi il visto?»
«Sì, ma sai bene che la mia presenza lì era necessaria, Gold»
«Purtroppo il governo americano non concorda, dato che c'era anche il problema di alcuni documenti non consegnati in tempo. Abbiamo parlato con l'avvocato per l'immigrazione: ti è stato negato il visto. Dovrai essere rimpatriato al più presto»
Killian alzò un sopracciglio. «Che cosa? Vengo dall'Irlanda, santo Cielo, non dalla Luna, sono sicuro che c'è qualcosa che possiamo fare»
Belle gli lanciò uno sguardo dispiaciuto. «L'unica cosa che possiamo fare è rimandare la domanda, ma dovrai restare in Irlanda per almeno un anno»
«Okay, non è l'ideale, ma posso lavorare anche da lì, con internet, e...»
«Killian» lo interruppe Gold «Non puoi lavorare per un'azienda americana, ci dispiace. Daremo il tuo posto a Gregory Mendel»
«Cosa?! Ma io...»
In quel momento, bussarono alla porta e la testa bionda di Emma fece capolino dal corridoio.
«Salve, signori, non vorrei disturbarvi, ma ha chiamato...»
«Swan, non è il momento adesso» la interruppe Killian.
«Ma, signor Jones, ha chiamato...»
«Swan, ho detto che...» Killian si voltò verso la sua assistente, e fu in quel momento che gli si accese una lampadina.
«Emma» mormorò «Vieni qui»
Emma alzò un sopracciglio, entrando nella stanza. Qui gatta ci cova, pensò: Killian Jones non la chiamava mai per nome.
Killian le andò incontro, per poi attirarla accanto a sé e cingerle la vita con un braccio. «Cara, dolce Emma»
Emma rischiò di strozzarsi con la propria saliva. Cosa diamine gli passava per la testa?!
«Signori» esordì Killian, rivolto a Gold e Belle, «Trovo che non vi sia momento più adatto di questo per rivelarvi la lieta notizia. Io ed Emma siamo fidanzati, e ci sposeremo presto»
Il silenzio calò nella stanza. Emma non poteva credere alle proprie orecchie.
«Cosa?»
«Amore, non c'è bisogno di tacere oltre» le rispose lui, facendo pressione sul suo fianco.
«Vi sposate? Io non sapevo neanche che foste una coppia» Gold sembrava alquanto stupito «E poi lei è la tua... Segretaria»
«Assistente» sottolineò Emma, automaticamente.
«La verità è che io ed Emma siamo due persone che non avrebbero dovuto innamorarsi... Ma è successo. Sapete, tutte le sere fino a notte fonda in ufficio, i week-end alle Fiere del Libro... Ci siamo innamorati!» esclamò Killian, con tanto di mano sul cuore per aggiungere drammaticità alla sua dichiarazione. Se non fosse stato un editor, sicuramente sarebbe stato un ottimo attore.
«Suvvia, tesoro, che c'è di male? E come può una posizione lavorativa ostacolare il Vero Amore? Anche io ero la tua segretaria, all'inizio della tua carriera, e guardaci oggi!» osservò Belle, sorridendo contenta «E poi mi sembra che questo risolva tutti i nostri problemi»
Il signor Gold si strinse nelle spalle. «Beh, se siete felici voi...»
«Lo siamo» rispose subito Killian «Vero, amore?»
Emma si costrinse a sorridere. «Certo. Felici»
«Allora non possiamo che farvi le nostre più sincere congratulazioni e, mi raccomando, legalizzate la cosa al più presto»
«Ovviamente, ovviamente! Emma e io andremo subito all'ufficio immigrazione e, vedrete, tutto questo casino sarà presto dimenticato. Buona giornata!»

 

 

 

 

A quanto pareva, la notizia dell'imminente matrimonio di Killian ed Emma aveva fatto velocemente il giro dell'ufficio, perché erano almeno dieci minuti che il cellulare di quest'ultima non la smetteva di vibrare, in quanto nel gruppo dei suoi colleghi arrivavano in continuazione messaggi come “Avete sentito? Emma e il Capitano si sposano! :O”, “Cosa?! Emma e Jones?!?!?! o.O”, “E brava la nostra Emma che si è fatta il capo per tutto questo tempo ;)”
Intanto, la protagonista di queste chiacchiere sembrava intenzionata a scavare una buca nel pavimento dell'ufficio di Killian, tanto era presa a camminare nervosamente in giro per la stanza.
«Swan, ti prego, ti sarei grato se la smettessi di fare avanti e indietro, mi stai facendo girare la testa»
«Questo è tutto quello che hai da dire? Non pensi di dovermi delle spiegazioni? Hai appena annunciato a quei due che ci sposeremo! Io e te! Che ci sposiamo!»
«Beh, mi sembra che tu abbia capito il concetto, cosa c'è da spiegare?»
Emma lo fulminò con lo sguardo. Come poteva essere così calmo?
«Ma ti ha dato di volta il cervello? Io non ho la minima intenzione di sposarti, mi dispiace. Non voglio partecipare a questa farsa, anzi, non ne voglio sapere niente: non ti sposerò»
«Molto bene» sentenziò Killian, chiudendo il manoscritto che aveva davanti «Allora verrai licenziata»
«Cosa? Non puoi ricattarmi in questo modo, sei un...»
«Oh, no, cosa hai capito? Non sarò io a licenziarti, anche perché sarò molto presto lontano da qui. Il mio visto è scaduto, quindi devo tornare in Irlanda e il mio posto verrà dato a Mendel. E indovina cosa farà lui a quel punto? Ti licenzierà, e tu ti ritroverai in mezzo a una strada, senza un lavoro, e tutti i sacrifici che hai fatto negli ultimi quattro anni saranno stati tempo perso, e il tuo sogno di far sognare milioni di persone attraverso le tue parole sarà soltanto un ricordo»
Emma aprì e chiuse la bocca più volte, senza trovare veramente qualcosa da dire.
«Se invece mi sposerai, avremo un matrimonio felice e breve, con un altrettanto breve e veloce divorzio. Inoltre, io manterrò il mio lavoro, tu manterrai il tuo lavoro ed entrambi saremo felici e contenti»
«Ma... Ma io non voglio sposarti!»
Killian alzò un sopracciglio. «Ti conservavi per l'anima gemella? Graham il cameriere, magari? E io che ti facevo più una tipa alla Elinor che alla Marianne¹! In ogni caso, Swan, mi sa che i tuoi ideali romantici dovranno aspettare. Nel frattempo, potresti scoprire che non sono una persona così orribile come pensi, anzi, vengo considerato uno scapolo piuttosto ambito, sai?»
Emma gli lanciò un'occhiata scettica.
«Ho seri dubbi al riguardo»
«La tua opinione è irrilevante, Swan, e il tuo carro è attaccato al mio: se io vado giù, tu vieni giù con me»

 

 

 

 

«Non posso credere di essermi fatta trascinare in questa storia!»
Killian alzò gli occhi al cielo. «L'hai ripetuto almeno centosessantatré volte negli ultimi quindici minuti»
Per tutta risposta, Emma si limitò a sbuffare rumorosamente.
Si trovavano all'ufficio immigrazione, e stavano aspettando la consulente che si sarebbe occupata del loro caso, tale Zelena Green, come li informava la targhetta sulla scrivania.
«Buongiorno, scusate l'attesa» esordì una donna sulla quarantina con una folta capigliatura rossa, entrando nella stanza.
«Oh, non si preoccupi, non so dirle quanto le siamo grati per averci ricevuto con così poco preavviso» rispose prontamente Killian, sorridendo in maniera seducente.
Magnifico, non siamo fidanzati neanche da un'ora e già fa lo splendido con un'altra, pensò Emma, sforzandosi di non sbuffare di nuovo.
Zelena sorrise freddamente. A quanto pare la tattica di Killian con lei non attaccava.
«Ho una domanda per voi: state commettendo una frode per evitare che il signore venga espulso dal Paese e mantenere così il ruolo di caporedattore alla Gold&French?»
Killian assunse la sua espressione più angelica. «Come prego?»
«Abbiamo ricevuto una telefonata da...»
«Aspetti, non me lo dica: Gregory Mendel?»
«Gregory Mendel, esatto»
«Oh, la prego di non dargli retta, signorina. Mendel non è altro che un ex impiegato molto arrabbiato. Ma lei è molto impegnata, e noi non vogliamo rubarle tempo: se ci dice come procedere, togliamo subito il disturbo»
«Nessun disturbo, non si preoccupi, e non c'è fretta. La procedura è molto semplice: prima di tutto, ci sarà un colloquio, sarete posti in due stanze separate, e vi verranno fatte delle domande su cose che si sanno l'uno dell'altro in una coppia vera. Poi procederò a guardare i tabulati telefonici, chiederò ai colleghi, ai vicini, agli amici. Se le risposte non combaceranno in ogni singolo punto, il qui presente signor Jones verrà espulso fino a tempo indeterminato, e la qui presente signorina Swan avrà commesso un reato punibile con una multa di duecentocinquantamila dollari e una detenzione di cinque anni in una prigione federale»
Emma deglutì rumorosamente.
«Allora, signorina Swan, c'è qualcosa che vuole dirmi?»
«Ehm...»
La ragazza lanciò un'occhiata al suo capo, seduto accanto a lei. Se non lo avesse conosciuto così bene, Killian le sarebbe apparso come il ritratto della serenità; unico indizio del suo nervosismo era il fatto che si stesse grattando l'orecchio, e se aveva imparato qualcosa su di lui negli ultimi quattro anni, era che Killian Jones si grattava l'orecchio solo quando era davvero, davvero nervoso.
«Vede, signorina Green, la verità è che...»
L'orecchio dell'uomo aveva raggiunto tonalità scarlatte.
«La verità è che io e Killian siamo due persone che non avrebbero dovuto innamorarsi, ma è successo»
Killian sorrise, rilassandosi, e smise finalmente di torturarsi l'orecchio.
«Non potevamo dire la verità, in ufficio» continuò Emma, con l'aria di chi sta rivelando un grande segreto «Per via di una grossa promozione che sto aspettando»
Killian alzò un sopracciglio.
«Entrambi pensavamo che sarebbe stato inopportuno se fossi stata promossa redattore mentre eravamo... Sa...» Emma lasciò il discorso in sospeso, ammiccando lievemente.
«Molto bene, se lo dice lei. Le famiglie sono state avvisate?»
«Io non ho nessuna famiglia da avvisare» fu di nuovo l'uomo a prendere la parola «Ho perso i contatti con mio padre molto tempo fa, e mia madre e mio fratello sono morti. Per quanto riguarda la famiglia di Emma, li informeremo questo week-end. È il compleanno di sua nonna, sa, tutta la famiglia si riunisce, e abbiamo deciso di fargli questa sorpresa»
«Carino. E dove avrà luogo questa sorpresa?»
«Ma a casa dei suoi genitori, ovviamente»
«E dove si trova questa casa?»
«A...» Killian deglutì «Ma perché parlo io? È la casa dei tuoi, amore, dillo tu»
«A Storybrooke, nel Maine»
«Nel Maine?!» Killian non poté fare a meno di strabuzzare gli occhi. Chi diavolo abitava nel Maine? Era probabilmente il più noioso di tutti i cinquanta fottutissimi stati federati degli Stati Uniti!
«Qualche problema, signor Jones?»
«Assolutamente, assolutamente. Stavo solo esprimendo il mio amore nei confronti del Maine, lo stato che ha visto nascere la mia adorata Emma»
Zelena gli lanciò un'occhiata scettica. «Molto bene. Allora vi do appuntamento a lunedì mattina, ore undici, per il colloquio. E speriamo che le risposte combacino»

 

 

 

 

Emma era furiosa. Non nervosa, non irritata, non arrabbiata e neanche incazzata. Era furiosa. Altro che la bella giornata che si era aspettata, quella mattina. Chiaramente il karma doveva avercela con lei, in una vita passata doveva essere stata qualcuno di veramente crudele.
Killian, dal canto suo, sembrava non avere una sola preoccupazione nella vita. Camminava affianco a lei fumando una sigaretta, come se tutta quella situazione fosse assolutamente normale.
«Allora, ti dico cosa faremo» le disse, prima di fare un altro tiro «Andremo nel Maine, fingeremo di essere fidanzati e diremo che stiamo per sposarci. Per quanto riguarda il volo, dovrebbero esserci dei biglietti omaggio disponibili per la redazione, prenota la prima classe e conferma un pranzo vegano. L'ultima volta l'hanno dato a un vegano vero e ho dovuto mangiare una poltiglia sanguinolenta che spacciavano per carne e un'insalata bavosa e calda... Perché non stai prendendo appunti?»
Emma sì sentì salire l'impulso di strozzarlo.
«Senti un po', ma hai sentito che ha detto quella tipa?»
«Cosa?» Killian sembrava sinceramente confuso «Oh, ti riferisci al fatto della promozione? Uscita geniale, Swan, molto credibile, brava, ci è cascata in pieno!»
«Non stavo scherzando, mio caro. Rischio duecentocinquantamila dollari di multa e cinque anni di prigione, questo cambia le cose»
«Non ti farò redattrice, Swan, puoi scordartelo»
«Molto bene, allora puoi cercarti un'altra finta fidanzata. Buona fortuna!» rispose Emma, facendo per andarsene.
«Aspetta! Aspetta, va bene, hai vinto. Se passeremo il week-end nel Maine e passeremo il colloquio con quelli dell'immigrazione ti farò redattrice»
«E pubblicherai il mio manoscritto»
Killian fece per replicare, ma poi tacque. Una conversazione muta andò avanti fra i due, e alla fine fu Emma a spuntarla.
«D'accordo. Diecimila copie per la prima edizione»
«Ventimila copie. E diremo alla mia famiglia del fidanzamento come voglio e quando voglio. Ora, non mi sembra di aver ricevuto ancora una proposta decente»
«Che proposta?»
«Di matrimonio, naturalmente»
«Stai scherzando, spero. Siamo su un marciapiede nel bel mezzo di New York!»
«Affatto» Emma sorrise, gelida «In ginocchio, Killian»
L'uomo imprecò fra i denti, ma ubbidì. «Mi vuoi sposare?» mugugnò.
«La risposta è no. Ora chiedimelo come se lo volessi davvero»
«E va bene» sbuffò lui.
Le prese la mano, guardandola intensamente negli occhi e iniziando a tracciare dei cerchi col pollice sul dorso della mano di lei. «Emma» mormorò, prima di portarsi la mano alle labbra per posarvi un bacio, senza mai interrompere il contatto visivo.
Emma sentì dei brividi salirle lungo la spina dorsale. Avrebbe dovuto indossare una giacca più pesante, probabilmente.
«Emma» ripeté Killian «Sei la donna della mia vita, il mio unico, vero amore. Vuoi sposarmi?»
«Okay»
«Questa è la tua risposta? Seriamente? “Okay”? Hai un uomo brillante, colto e diabolicamente affascinante ai tuoi piedi che ti ha appena chiesto di sposarlo, e tutto quello che sai dire è okay?!»
«Qualcuno apprezzerebbe questa risposta»
«Non ti permetto di citare autori² che non pubblichiamo noi, Swan» la richiamò lui, dandole un colpetto sulla mano che – come Emma si rese conto in quel momento – stringeva ancora.
«Ed eccoci di nuovo, da rubacuori incallito a capo noioso»
«Stai dicendo che mi preferisci quando flirto con te?»
La ragazza alzò gli occhi al cielo, cercando di dissimulare l'imbarazzo. «A essere onesta, non ti preferisco e basta. Ci vediamo domani in aeroporto, non fare tardi» rispose, per poi girare sui tacchi e andarsene.
Se si fosse voltata, avrebbe trovato il suo autoritario capo ancora in ginocchio, e con un sorriso divertito sulle labbra.
«A domani, Swan» mormorò, anche se lei non poteva più sentirlo.




 

 

 


 



¹ Killian parla ovviamente di Elinor e Marianne Dashwood, protagoniste di “Ragione e Sentimento” di Jane Austen, dove Elinor rappresenta la parte della 'ragione' indicata dal titolo, mentre Marianne il 'sentimento'.

² Il riferimento è a John Green, autore di “Colpa delle Stelle” (se non l'avete letto, leggetelo! *O*), romanzo all'interno del quale la parola “okay” ha un valore speciale per i due protagonisti.










Author's Corner: salve a tutti, e innanzitutto grazie mille per essere arrivati fin qui u.u L'ispirazione per questa storia mi è venuta di getto, qualche giorno fa, riguardando per la centesima volta l'omonimo film (per intenderci, quello con Sandra Bullock e Ryan - sbav - Reynolds), che adoro alla follia: se non l'avete mai visto, correte a farlo! *O* 
Questa sarà una mini-long, di circa 4-5 capitoli, purtroppo non posso assicurare che gli aggiornamenti saranno puntuali in quanto sono in piena sessione estiva (Dio, quanto la odio!) ç_____ç ma cercherò di fare del mio meglio, I swear (on Emma Swan, obviously XD) u.u
Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto e abbia suscitato la vostra curiosità, vi sarei estremamente riconoscente se lasciaste una recensione per farmi sapere cosa ne avete pensato ^^
A presto,
Emma 

 

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Capitolo 2
*** II ***


Capitolo Due

Erano solo le undici e mezzo del mattino, eppure Killian aveva già trovato il modo per farle perdere la pazienza tre volte.
Innanzitutto, si era portato dietro un bagaglio esageratamente grande considerando che sarebbero stati via solo quattro giorni, e in aeroporto gli avevano fatto problemi per imbarcarlo. E pensare che, tra i due, la donna era lei!
Poi, aveva ovviamente preteso il posto vicino al finestrino, e aveva chiamato l'hostess già quattro volte, rispettivamente per farsi portare un caffè (nero e senza zucchero ma con una spruzzata di cannella, naturalmente), una bottiglia d'acqua, il New York Times di quel giorno e un altro caffè (sempre nero e senza zucchero ma con una spruzzata di cannella).
Adesso stava sfogliando distrattamente il quotidiano, senza sembrare particolarmente interessato.
«Invece di perdere tempo, perché non dai un'occhiata a queste?» gli chiese Emma, sventolandogli in faccia il fasciolo con le domande per il colloquio dell'ufficio immigrazione.
Per tutta risposta, Killian finse uno sbadiglio. «Non dovresti impararle anche tu?»
«Io so già tutto di te. Tu, invece, hai quattro giorni per imparare tutto di me»
Killian le prese il fasciolo da mano, alzando un sopracciglio. «Mi stai dicendo che tu sei in grado di rispondere a tutte queste domande su di me?»
«Inquietante, non trovi?»
«Un po'. A che cosa sono allergico?» le domandò, leggendo una domanda a caso.
«Pinoli. E all'intera gamma delle emozioni umane»
«Molto divertente. Eccone una bella: ho delle cicatrici, per caso?»
«Sono più che certa che hai un tatuaggio»
«Ah, ne sei più che certa?»
«Esatto. Due anni fa chiamò il dermatologo per una seduta di laser q-switch. Cercai "laser q-switch" su Google e scoprii che rimuove i tatuaggi, ma tu cancellasti l'appuntamento»
«Impressionante»
«Allora, com'è fatto? È un tribale? Un ideogramma giapponese? Un maori?»
«Top secret»
«Sarai costretto a dirmelo, lo sai vero?»
«Per niente» tagliò corto lui «Cambiamo domanda. Dove andremo a stare, da te o da me? Beh, ovviamente da me»
«Perché non possiamo stare da me?»
«Semplice, perché io vivo a Central Park West, mentre tu probabilmente vivi in uno squallido bugigattolo con i bicchieri presi con i punti del supermercato. Qual è il mio colore preferito?»
«Il blu. La maggior parte delle tue cravatte è blu o ha qualcosa di blu, il tuo ufficio è arredato sui toni del blu e la tua macchina è blu»
L'uomo fischiò tra i denti. «Niente male, Swan. E a proposito di blu, quasi dimenticavo...»
Killian estrasse una scatolina verde acqua dalla tasca del cappotto, per poi passarla a Emma.
«Mi hai preso un regalo da Tiffany?!» esclamò lei.
«Ti ho preso un anello da Tiffany. Siamo pur sempre fidanzati, ricordi?»
Emma rimase a bocca aperta. Era una semplice fedina d'oro bianco, con uno zaffiro incastonato al centro, posizionato tra due minuscoli diamanti¹.
«Killian, è... Meraviglioso. Grazie, non avresti dovuto»
«Beh, dovrai avere un anello da mostrare alla tua famiglia, no? A proposito, quanti anni compie tua nonna?»
«Cinquantotto»
«Che cosa? È una parente di Benjamin Button, per caso?»
Emma scoppiò a ridere. «Non è mia nonna biologica, lei morì quando mia madre aveva solo dieci anni. Poco dopo, mio nonno si risposò con una donna molto più giovane di lui. Quando anche lui morì, fu lei a prendersi cura di mia madre. Più che matrigna e figliastra, si comportano come sorelle. D'altronde, hanno solo dieci anni di differenza»
Killian aprì la bocca per fare un'altra domanda, ma venne interrotto dalla voce di una delle hostess.
«Signore e signori, vi preghiamo di allacciare le cinture, stiamo per iniziare la discesa su Augusta²»
«Augusta? Credevo stessimo andando a Storybrooke»
«Non c'è un aeroporto a Storybrooke, sono venuti i miei genitori a prenderci qui. Allora, pronto a conoscere i tuoi futuri suoceri, amore

Deciso a non farsi intimorire, Killian si stampò in faccia il suo più bel sorriso. Ad accogliere lui e la sua fidanzata, trovò due donne, con tanto di cartello di bentornato. La più giovane delle due aveva un taglio cortissimo, a maschietto, un viso rotondo e l'espressione più dolce che Killian avesse mai visto a qualcuno. L'altra, invece, portava i capelli neri acconciati in un carrè sbarazzino e le labbra dipinte di un rosso acceso.
Emma corse ad abbracciarle, emettendo un gridolino di gioia. Terminati i saluti, si voltò verso di lui.
«Killian, loro sono mia madre, Mary Margaret, e la mia adorabile nonna, Regina»
«Tesoro, quante volte ti ho detto di non chiamarmi così? Mi fai sentire vecchia!» la rimbeccò quest'ultima «Piuttosto, come dobbiamo chiamare questo giovanotto, qui? Abbiamo sentito così tante versioni! Capitan Uncino? Figlio del demonio? O direttamente stro...»
«Regina!» la interruppe Mary Margaret, scandalizzata «Killian, ti prego di scusarla. Sta scherzando, naturalmente»
«Capitan Uncino?» ripetè l'uomo, fulminando con lo sguardo Emma «Seriamente? Ti sembro tipo da baffi impomatati e boccoli?»
«Papà non è venuto?» chiese quest'ultima, ignorando la sua occhiataccia.
«Oh, sai com'è tuo padre, sempre preso dal lavoro! Ma non perdiamo tempo, andiamo a prendere i bagagli»

Poco dopo, il gruppetto si avviò verso il parcheggio.
«Con quale macchina siete venute?»
«Con il maggiolino, è ovvio!» esclamò Mary Margaret, pimpante.
Davanti al vecchio maggiolino giallo, piuttosto malandato, Killian alzò un sopracciglio. «Molto vintage»
«Emma ha sempre adorato questa macchina, è stata la sua prima automobile»
«Non c'è che dire, rientra proprio nel suo stile»

 

 

 

 

Il viaggio verso Storybrooke passò con Emma e Mary Margaret intente a cantare vecchie canzoni d'amore country, interrotte di tanto in tanto dai commenti sarcastici di Regina.
Storybrooke si presentò a Killian esattamente come se le era immaginata: un tipico paesino del New England, dove tutti sembrano conoscere tutti, e dove il tempo sembrava essersi fermato: difatti, tutto nella cittadina sembrava gridare "Anni Novanta!", dai modelli delle macchine alle insegne dei negozi.
Mary Margaret guidò fino alla periferia della città, dove si fermò davanti a un cancello in ferro battuto verde, che si spalancò automaticamente.
«Buongiorno, signora Swan. Signora Swan, signorina Swan, signor Jones» li accolse quello che sembrava essere il portiere, dalla sua postazione.
A quel punto, Killian dovette veramente rimanere a bocca aperta. Oltre il cancello, davanti a lui, si estendeva un enorme parco con prato all'inglese, dominato da una vera e propria magione.
«Non mi avevi mai descritto casa tua, amore»
«Probabilmente per modestia, caro» intervenne Regina «Il padre di Emma è il sindaco della città»
In quel momento, un gruppetto di ragazzi sbucò fuori da un angolo del giardino, sbracciandosi per salutare Emma. La ragazza li salutò a sua volta, per poi rivolgersi alla madre: «Che ci fanno qui, mamma?»
«Niente, tesoro, abbiamo solo organizzato una piccola festicciola fra amici»
Emma le lanciò un'occhiata scettica.
«Quanto piccola?»
«Oh, una sessantina fra amici e vicini, più o meno»
«Ma, mamma! Avevo detto niente feste, e tu cosa fai? Inviti praticamente tutto il paese!»
«Sei la mia unica figlia, tesoro, una festa di bentornato è il minimo che io possa organizzare per te»

 

 

 

 

L'interno della casa era, se possibile, persino più bello ed elegante dell'esterno. E pensare che, solo qualche ora prima, Killian aveva dato per scontato che Emma, a New York, vivesse in uno squallido bugigattolo con i bicchieri presi coi punti del supermercato. E invece...
«Perché mi hai detto di essere povera?» sussurrò Killian, cercando di non farsi sentire dalle due donne che camminavano qualche passo avanti a loro.
«Non ho mai detto di essere povera»
«Ma non hai neanche detto di essere ricca»
«Io non sono ricca, sono i miei genitori a essere ricchi»
L'uomo alzò gli occhi al cielo. «Ecco, questa è esattamente la tipica frase che dicono i ricchi»
Emma lo fulminò con lo sguardo. «E dimmi, anche volendo, più o meno quando avrei potuto dirtelo? Ti ricordo che negli ultimi quattro anni si è sempre e solo parlato di te»
«D'accordo, va bene, hai chiarito il concetto, Swan. Adesso possiamo smettere di agire come la Russia e gli Stati Uniti all'epoca della Guerra Fredda, e iniziare a comportarci come una vera coppia?»
«Io non ho problemi a fingere di essere innamorata persa di te; il problema è tuo, Killian: mi sa che dovrai mettere da parte per un po' la nave pirata e l'atteggiamento da Capitan Uncino di 'sto cazzo»
La risposta dell'uomo venne bloccata sul nascere dall'arrivo di una ragazza dai lunghi boccoli castani.
«Emma! Tesoro, che piacere rivederti!»
«Aurora! È un piacere anche per me!» esclamò Emma, abbracciandola, per poi alzarsi sulle punte per baciare sulla guancia il ragazzo che la accompagnava.
«Aurora, Phillip, lui è Killian»
«Oh, tu sei colui che è riuscito ad accalappiare la nostra Emma! Devi ritenerti molto fortunato»
«Lo so» rispose lui, chinandosi per posare un bacio nei capelli di Emma. Che avesse iniziato a mettere da parte la nave e tutta la ciurma?
«Ma dicci, Emma» continuò Aurora, gioviale «Cos'è che fa esattamente un redattore? Me lo sono sempre chiesta»
«Gran bella domanda, sarei curioso anch'io di sentire la risposta» si intromise un uomo, avvicinandosi al gruppetto. Doveva avere circa cinquant'anni, ma era ancora piacente.
Killian alzò un sopracciglio, non gli era sfuggita la venatura sarcastica nella sua affermazione.
«Ciao, papà» borbottò Emma a mezza voce.
A quel punto, a Killian svettò verso l'alto anche l'altro sopracciglio: come poteva quell'uomo – all'apparenza così algido e autoritario – essere il padre di una creatura così solare e vivace?
«Tu devi essere Killy, la crème de la crème dell'élite di Manhattan» continuò l'uomo, guardandolo diritto negli occhi e porgendogli la mano.
«Killian. Piacere di conoscerla»
«David, piacere mio. Allora, perché non ci dici cosa fa esattamente un redattore oltre che portare gli scrittori fuori a pranzo e ubriacarsi?»
Emma era rossa dall'imbarazzo. Cosa passava per la testa a suo padre per trattare in quel modo il suo datore di lavoro? Probabilmente non sarebbe più riuscita a guardare Killian negli occhi.
«Sembra divertente!» rispose Aurora, ridacchiando «Non mi meraviglia che ti piaccia farlo, tesoro»
«No, cara, sei in errore: Emma non è un redattore, è l'assistente di un redattore. Qui è Killy, il redattore»
«Killian» lo corresse di nuovo lui.
«E quindi» intervenne Phillip «Tu sei...»
«Il capo di Emma, esatto» concluse per lui David, sorridendo mellifluamente. «Vado a prendermi un altro bicchiere di brandy, temo mi servirà» continuò, prima di allontanarsi.
«Un vero principe azzurro, tuo padre» commentò Killian.
«Non dire niente» mormorò Emma, prima di seguire il padre in un'altra stanza.

«Grazie della bella accoglienza, papà»
David si voltò, sospirando.
«Ma che ti aspettavi, Emma? Ti presenti qui dopo una vita con uomo che dicevi di detestare e che improvvisamente è il tuo ragazzo»
«Sono qui da neanche un'ora e già inizi ad accusare me e insultare il mio capo nonché compagno? E quale sarà il prossimo passo, eh? Metterci in punizione? Mandarci entrambi a letto senza cena?»
«Ero convinto che io e tua madre ti avessimo insegnato l'importanza di alcuni valori, l'importanza del vero amore, e tu cosa fai? Ti svendi per ottenere una mediocre promozione?»
Emma scosse la testa, un'espressione ferita sul viso.
«Come puoi parlarmi in questo modo? Come puoi parlare della tua unica figlia e di un uomo di cui conosci solo il nome in questo modo? Hai ragione, tu e la mamma mi avete insegnato l'importanza di molti valori, come il non giudicare il prossimo, cosa che stai facendo tu con Killian. Perché forse tu non lo sai, ma quell'uomo è uno dei più rispettati redattori di tutto il paese»
«È vero, io non lo so perché sono soltanto un pover'uomo di paese e non capisco certe usanze da grande città, però ai miei occhi sembra tanto che tu ti faccia mantenere da lui, e adesso te lo sei portato a casa a conoscere tua madre»
Per Emma fu come aver ricevuto uno schiaffo in pieno volto. Si morse il labbro inferiore, cercando di trattenere le lacrime, e si impose di non chinare il capo.
«Lui non mi mantiene affatto: è il mio fidanzato»
David spalancò gli occhi, sbiancando. «Che intendi dire?»
«Hai capito benissimo. Fammi le congratulazioni, papà, sto per sposarmi» mormorò la ragazza, prima di girare sui tacchi e andarsene, per poi afferrare un flûte di champagne e dirigersi verso il centro del soggiorno.
«Scusatemi, avrei un annuncio da fare!» esclamò a gran voce, cercando di attirare l'attenzione di tutti. «Sono molto felice che siate tutti qui, oggi, per celebrare il mio ritorno a casa, ma la verità è che non c'è solo questo da celebrare: Killian e io stiamo per sposarci!» concluse, sventolando in aria la mano sinistra per mettere in bella mostra l'anello.
Nella stanza calò il silenzio, persino Killian ammutolì. Sicuramente non si era aspettato un annuncio del genere, così... Pubblico. Si grattò l'orecchio, sentendosi addosso gli sguardi di tutti. Come diavolo ci si comportava, in questi casi?
«Vieni qui, amore, dai» lo chiamò Emma, incitandolo a raggiungerla «Guardatelo, signore e signori, non sono forse la donna più fortunata del pianeta?»
Una serie di applausi e di fischi partirono dai presenti, e qualcuno propose di stappare qualche bottiglia di champagne; Mary Margaret aveva praticamente le lacrime agli occhi, e persino Regina sembrava scossa dalla notizia.
«Seriamente, Swan?» sussurrò Killian all'orecchio della sua fidanzata «Era questo il momento più adatto?»
La ragazza lo fulminò con lo sguardo, ma la discussione venne troncata sul nascere da un ragazzone alto e sorridente che si avvicinò alla coppia.
«Emma, ciao!»
Con quei capelli un po' lunghi, la barba leggermente incolta e la camicia a scacchi rossa e bianca, incarnava alla perfezione il tipico ragazzo di provincia.
«Neal!» strillò Emma, precipitandosi tra le sue braccia «Che ci fai qui? Mio Dio, è passata una vita dall'ultima volta che ci siamo visti!»
Killian alzò un sopracciglio. Chi diamine era questo Neal e da dove saltava fuori? Ma soprattutto, perché Emma sembrava così contenta di vederlo?
«Tua madre mi ha invitato per farti una sorpresa, ma suppongo che la sorpresa l'abbia fatta tu a tutti noi. Congratulazioni!» rispose il ragazzo, per poi voltarsi verso Killian. «Congratulazioni anche a te, amico»
Io non sono tuo amico, fu la prima risposta che venne in mente a quest'ultimo, ma si costrinse a stamparsi un sorriso accondiscendente in faccia.
«Killian, lui è Neal, il mio ex»
Il suo ex?! Quel carciofo?! Probabilmente era anche peggio di Graham il cameriere!
«Allora, mi sono perso il racconto?» domandò il carciofo.
«Quale racconto?»
«Ma dai! Il racconto di come Killian ti ha fatto la proposta di matrimonio, ovviamente!»
«Il modo in cui uno lo chiede la dice lunga sul suo carattere» intervenne Regina, facendo l'occhiolino.
«Mi piacerebbe tanto sentirti raccontare questa storia, tesoro» continuò Mary Margaret, con la voce tremante.
Emma si schiarì la voce, cercando di prendere tempo. «Ehm... Sapete... Ecco, a dire il vero è Killian che adora raccontare questa storia, quindi gli lascerò il privilegio di dirvi com'è andata!»
Se gli sguardi avessero potuto uccidere, probabilmente Emma a quel punto sarebbe rimasta stecchita.
«Sì, ecco...» Killian si grattò l'orecchio. E adesso che cazzo avrebbe dovuto inventarsi? Lui di mestiere faceva l'editor, non lo scrittore!
«Emma e io stavamo per festeggiare il nostro primo anniversario... Ed ero consapevole che lei desiderava che io le chiedessi di sposarmi, sapete, lanciava degli indizi qua e là, ma la conoscete: questa donna è delicata come un'elefante, chiunque se ne sarebbe accorto!»
Emma si accigliò. «Amore, in realtà non è andata proprio così» lo interruppe «Era piuttosto il contrario: io ero consapevole che lui moriva dalla voglia di chiedermelo, ma non avera il fegato, poverino! In realtà è molto timido... Così ho preferito dargli qualche imbeccata per rassicurarlo. Comunque, il pomeriggio del nostro anniversario, trovo quest'adorabile scatolina che lui aveva decorato personalmente, con tutte queste fotografie di se stesso incollate sopra, la apro e saltano fuori tanti cuoricini ritagliati con le forbicine, e sotto tutto quel...»
«E sotto tutto quel ciarpame» fu di nuovo Killian a prendere la parola, «C'era un bigliettino, con un'indirizzo, una chiave e un orario. Un vero gesto alla Humphrey Bogart, insomma. Molto virile. E a quel punto, Emma ha pensato...»
«Ho pensato avesse un'altra donna!» Emma si portò una mano al cuore, scuotendo la testa «È stato terribile per me, però sono andata lo stesso a quell'indirizzo, era il Plaza, sapete... Mi dirigo verso la stanza segnata sulla chiave, una suite ovviamente, e trovo Killian, in ginocchio...»
«In piedi...»
«In ginocchio, su un tappeto di petali di rose rosse, con le lacrime agli occhi...»
«E vedendomi così, Emma è scoppiata a piangere a sua volta, cercando di trattenere invano dei piccoli, teneri singhiozzi. Era tutta scossa da tremiti per l'emozione quando io le ho chiesto...»
«Mi ha chiesto se volevo sposarlo, io ho detto di sì ed è finito tutto lì» tagliò corto Emma, guardando male Killian.
«Wow» Regina alzò un sopracciglio «Questa sì che è una storia, ragazzi!»
«Killian!» Mary Margaret battè le mani, estasiata, per poi abbracciare di slancio l'uomo «Chi l'avrebbe mai detto che eri una persona così romantica!» la donna si asciugò gli occhi, sinceramente commossa «Emma!» aggiunse poi, rivolta alla figlia «Sei stata così ingiusta con lui, negli ultimi anni. Non ce l'avevi detto mica che aveva un animo tanto sensibile!»
«Coriandoli ritagliati con le forbici!» sottolineò Regina, incredula «E tu che non facevi altro che ripeterci quanto fosse stronzo e spietato e senza cuore e stronzo e autoritario e stronzo...»
«Mia nonna sta scherzando, ovviamente» la interruppe Emma, annuendo convinta.
«Adesso ci vuole un bacio!» strillò qualcuno tra gli invitati.
«Sì, infatti, un bacio!»
Emma arrossì. «Ma no, non c'è ne è bisogno...»
«Andiamo!»
La ragazza prese la mano di Killian, a disagio, e se la portò alle labbra «Ecco fatto!»
Un coro di malcontento esplose tra gli invitati.
«Cos'è quello? Vogliamo vedere un bacio!»
«Devi baciarlo sulla bocca, Emma!»
«E va bene, va bene!» esclamò lei, per poi girarsi verso l'uomo e stampargli un bacio sulle labbra.
«Vogliamo un bacio vero! Un bacio vero!»
«Hai questo ben di Dio a disposizione, ragazza, approfittane!»

«Dai, Swan, baciamoci così la fanno finita» mormorò a bassa voce Killian, per poi chinarsi su di lei e baciarla. Baciarla veramente.
Schiuse le labbra ed Emma fece lo stesso, automaticamente, e d'improvvisò si ritrovò a ricambiare il bacio più appassionato che avesse mai ricevuto. Si alzò sulle punte dei piedi e tirò a sé l'uomo prendendolo per il colletto della camicia, mentre le mani di lui erano già fra i suoi capelli.
Emma perse completamente la cognizione del tempo, non avrebbe saputo dire se si stavano baciando da qualche secondo, qualche minuto, o qualche ora, tutto ciò che sapeva era che quello era probabilmente il miglior bacio di tutta la sua vita finora.
Quando si separarono, i respiri affannati, la prima cosa che lei vide quando tornò ad aprire gli occhi, furono gli occhi di lui che la fissavano intensamente di rimando. Com'è che non si era mai accorta che erano dello stesso colore del mare?
Qualcuno in sottofondo fischiò, interrompendo il momento.
«Questo sì che era un bacio!» esclamò Regina, seguita a ruota da un coro di approvazioni.
No, quello non era solo un bacio. Quello era decisamente un cazzo di bacio.

 

 

 

 

«E questa, invece, era la camera della nostra Emma quando viveva qui!»
Mary Margaret e Regina stavano facendo fare a Killian il giro della casa, giro che – date le dimensioni della dimora degli Swan – durava già da almeno quindici minuti. L'uomo entrò nella stanza guardandosi attorno, seriamente interessato.
A sinistra si trovava un letto a due piazze, con la testiera in ferro battuto e coperto da un allegro piumone rosso acceso. Poco sopra il letto, c'erano appese delle lucette, di quelle che di solito si mettono sugli alberi di Natale, che formavano degli arabeschi sul muro.
Tutte le mensole e gli scaffali erano piene zeppe di libri, prova inconfutabile dell'amore per la letteratura che Emma doveva aver sviluppato sin da piccola. Killian diede un'occhiata ai titoli: Orgoglio e Pregiudizio, Jane Eyre, Il Conte di Montecristo, Anna Karenina, Delitto e Castigo, La Lettera Scarlatta... Chiaramente la ragazza doveva avere un debole per i classici.
Su una parete, c'era una bacheca con delle fotografie: Emma al mare, Emma con gli amici, Emma con la famiglia, Emma il giorno del diploma e il giorno della laurea, Emma con Neal... C'erano diverse foto di Emma con Neal, a dire il vero, notò Killian, accigliandosi. Al ballo di fine anno, sulla neve, facendo facce buffe... Chi diavolo conservava ancora in bella vista le foto l'ex?!
«Quelle invece sono delle poesie scritte da Emma!» esclamò Mary Margaret, indicandogli dei fogli attaccati al muro «È davvero molto dotata, e non lo dico solo perché sono sua madre: ha anche vinto vari concorsi. Ha sempre amato scrivere, sai?»
«Sì, lo so bene» mormorò Killian, fermandosi per leggerle, ma Emma fu più veloce e strappò i fogli dalle pareti.
Era visibilmente arrossita «Sono sicura che non gli interessano!» tagliò corto la ragazza «Killian legge ogni giorno manoscritti di veri scrittori, non come me, le mie sciocche composizioni lo farebbero solo ridere»
La piega amara della sua voce non sfuggì all'uomo, che ripensò al manoscritto che lei gli aveva inviato, e che lui tanto velocemente aveva bocciato.
«Non sono affatto sciocche, e non vedo perché dovrebbe riderne!» replicò Regina «Hai un vero talento per la scrittura»
Emma scosse la testa. «Comunque si è fatto tardi, perché non mostrate a Killian la sua stanza così possiamo andarcene entrambi a dormire?»
Mary Margaret e Regina si scambiarono uno sguardo complice, e iniziarono a ridacchiare.
«Non ci illudiamo mica che a casa non condividiate lo stesso letto, quindi lui dormirà qui con te!»
A Emma cadde la mascella per terra. «Ma... Mamma! Nonna!»
«Non siamo così antiquate, mia cara, per chi ci hai preso?»
«E a proposito di ciò...» Regina estrasse una trapunta patchwork da un armadio e la sistemò sul letto «Se doveste avere freddo, stanotte, usate questa: possiede poteri magici!»
«Ah, sì? E che genere di poteri magici?» domandò Killian.
Regina sorrise, ammiccando. «Io la chiamo la portacicogna...»
L'uomo impallidì. «Oh» fu tutto quello che disse.
In quel momento, un barboncino toy nero entrò di corsa nella stanza, saltando immediatamente addosso a Killian, cercando di mordicchiargli la mano.
«Cristo! Che cos'è? Levatemelo da dosso!»
Emma alzò un sopracciglio, prendendo in braccio il cane. «Seriamente? È minuscolo, Killian. Ed è assolutamente adorabile»
«Quell'essere ha cercato di azzannarmi la mano!» l'uomo sembrava sconvolto.
«Scusalo, caro. L'abbiamo preso da poco, stiamo ancora cercando di addestrarlo»
«E come si chiama questo cucciolino?» domandò Emma, accarezzandolo.
«Rumpelstiltskin. Bisogna solo fare attenzione che non esca, le aquile potrebbero prenderselo»
«Dai, Mary Margaret, andiamo a dormire adesso» tagliò corto Regina, dando una gomitata all'altra «Buonanotte, ragazzi» aggiunse, ammiccando, prima di lasciare la stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Emma si schiarì la voce, lasciando vagare lo sguardo lungo le pareti, ma cercando di evitare gli occhi di Killian che la fissavano. Il ricordo del bacio di poco prima era ancora troppo vivido nella sua mente.
«Molto bene» sentenziò «Tu dormirai sul pavimento»
L'uomo alzò un sopracciglio. «Cos'è, hai paura che io possa saltarti addosso nel cuore della notte?»
Emma si portò le mani sui fianchi. «Dovresti solo provarci»
Killian alzò gli occhi al cielo. «Puoi stare tranquilla, Swan: non sono un maniaco» replicò, cominciando ad ammucchiare delle coperte sul pavimento a mo' di giaciglio.
«Quindi accetti? Dormirai sul pavimento?»
«Come desideri» commentò lui, accennando un inchino «Se la mia signora richiede che io dorma sul pavimento, allora è quello che farò»
La ragazza gli lanciò un'occhiata scettica. «Quindi adesso ti comporti anche da gentiluomo?»
«Sono sempre un gentiluomo» rispose Killian, iniziando a sbottonarsi la camicia.
«Cosa diavolo stai facendo?!»
«Mi sembra ovvio: mi sto spogliando, no?»
«E per quale motivo lo stai facendo qui e non in bagno?»
Killian scrollò le spalle, posando la camicia su una poltrona e iniziando a sbottonarsi i jeans. «Mi vedresti in ogni caso: dormo in mutande»
Emma gemette. «E non potevi portarti un pigiama, santo Cielo?»
«Odio i pigiami, e poi sai com'è, non immaginavo che saremmo finiti a dormire insieme!»
La ragazza cercò di distogliere lo sguardo, sentendosi le guance in fiamme: l'ultima cosa che voleva era farsi beccare mentre lo fissava. Vai a vedere che alla fine la pervertita era lei, anche se, con un corpo così... Scioccata dal pensiero che il suo stesso cervello aveva formulato, Emma scosse la testa, rifugiandosi in bagno per cambiarsi.
Poco dopo, ne uscì indossando un top in seta nera con shorts coordinati. Killian le lanciò una lunga occhiata, fischiando fra i denti.
«Wow, Swan, credo di aver ufficialmente cambiato idea sui pigiami! Potrei persino riconsiderare l'idea di saltarti addosso stanotte»
Emma arrossì fino alla radice dei capelli. «Smettila di fare il porco, Jones, e dormi» borbottò, mettendosi a letto. Killian si sdraiò per terra, ridendo.
Era la prima volta che lei lo vedeva ridere. Era una bella risata, la sua, avrebbe dovuto ridere più spesso.
«Perdonami se ti ho offeso, il mio voleva essere un complimento»
Emma spense la luce e, al buio, sorrise. «Buonanotte, Jones»
«Buonanotte, Swan»
Sarebbe stata una lunga notte, quella.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

¹ Questo è l'anello che Killian regala a Emma, ed è davvero di Tiffany ^^

 

² Augusta è la capitale dello stato del Maine, quindi ho immaginato (dato che Storybrooke non possiede un areoporto) che Emma e Killian atterrassero lì







Author's Corner: buonasera a tutti, spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento :) Stiamo entrando più nel pieno della storia, e anche il legame fra Emma e Killian sta diventando apparentemente qualcosa in più tra quello di un capo e la sua assistente! 
Ci terrei a ringraziare tantissimo le nove splendide persone che si sono fermate a recensire lo scorso capitolo, le sei splendide persone che hanno inserito addirittura la mia storia fra i preferiti, le ben ventiquattro spledide persone che, invece, l'hanno inserita fra le seguite, e anche la singola splendida persona che l'ha inserita fra le ricordate, e ringrazio anche chi vi ha solo dato un'occhiata. Spero che vi fermerete a commentare anche questo capitolo, per me le vostre parole significano tanto *O* Il prossimo aggiornamento, comunque, dovrebbe arrivare non prima di sabato prossimo, poiché a inizio settimana ho un esame e giovedì e venerdì sono a Pistoia per il concerto dei miei amati Arctic Monkeys <3 A presto, la vostra
Emma 


 




 

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Capitolo 3
*** III ***


Capitolo Tre

In piedi davanti all'altare, Killian si domandò se stesse facendo la cosa giusta. Si domandò se costringere Emma a sposarlo fosse la cosa giusta. Sapeva che, se fosse stata ancora viva, a sua madre sarebbe piaciuta. Sì, Emma era esattamente il tipo di donna che sua madre avrebbe desiderato per lui: forte, intelligente, determinata, una donna con le palle, insomma.
Ad un tratto, il brusio intorno a lui si placò: la sposa aveva fatto il suo ingresso in chiesa. Era lì, in fondo alla navata, fiera come una regina, affascinante come una silfide, bella come un angelo... E lo guardava come se non ci fosse nessun altro intorno, come se ci fossero loro due soltanto. Con un sorriso appena accennato sulle labbra, Emma iniziò a incamminarsi verso di lui, senza mai smettere di fissarlo. Killian era incredibilmente nervoso: aveva le mani sudate e sentiva il cuore, nel petto, battergli all'impazzata, come se volesse saltare fuori da un momento all'altro. Eppure si trattava solo di una questione di affari, alla fine... Non aveva motivo di essere nervoso, no? Emma lo aveva quasi raggiunto, ed era così bella, Dio, era così bella... E presto sarebbero stati marito e moglie...

DRIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIN! Lo squillo del telefono fece svegliare Killian, interrompendo il suo sogno. L'uomo si mise a sedere di scatto, spalancando gli occhi. Aggrottando le sopracciglia, si guardò intorno, per poi ricordarsi dove si trovava. Lo sguardo gli cadde sulla figura di Emma, ancora addormentata, sul viso un'espressione distesa. L'aveva sognata. Aveva sognato il matrimonio, e lei era a dir poco stupenda...
Il telefono cominciò nuovamente a squillare, riportandolo alla realtà. Killian scosse la testa, e iniziò a tastare alla cieca il pavimento vicino al proprio giaciglio, alla ricerca del telefono.
«Swan» sussurrò «Swan! Cazzo, Swan! Telefono! Dov'è il mio telefono?»
Emma non aprì neanche gli occhi, limitandosi a borbottare qualcosa di incomprensibile.
«Swan! Non ho capito, dov'è il mio telefono?»
«Giacca. Destra. Tasca interna» Killian afferrò la giacca, che la sera prima aveva sistemato su una poltrona. Ecco quel dannato cellulare, finalmente! Il display lo informava che la chiamata proveniva da August Booth. Che cazzo gli passava per la testa a quello per chiamarlo alle sette e mezza di venerdì mattina?! «Pronto!» esclamò «Pronto? Pronto? Merda, qui prende malissimo!» Emma si coprì la faccia con le coperte, emettendo un verso di disappunto.
«August, mi senti? Pronto?»
«Oh, santo Cielo!» ruggì Emma «Ma ti sembra il caso?!»
«Scusa, mi dispiace! No, no August, non dicevo a te. Sì, certo che mi dispiace per non aver risposto subito, scusa anche a te. No, non stavo dormendo, tranquillo, non mi disturbi affatto»
Killian afferrò una vestaglia al volo, e poi uscì dalla stanza: chiaramente quella conversazione non sarebbe stata breve, ed Emma stava ancora riposando.
La cosa migliore era uscire fuori casa, così non avrebbe disturbato nessuno, e poi probabilmente all'esterno c'era anche un segnale migliore. Senza preoccuparsi di chiudersi la porta alle spalle, quindi, uscì dalla dimora degli Swan.
«August! Eccomi, ci sono, dimmi pure. Sì, sì, mi dispiace per averti tartassato con la stora di Oprah, ma certo che voglio che tu sia felice, mio carissimo August! No! No, August, non devi pensare al suicidio, cosa dici? Va tutto bene, calmati, ci sono io, va tutto bene. Chiamerò la redazione e annullerò l'appuntamento con Oprah»
L'abbaiare di un cane fece voltare Killian, infastidito dal rumore: era quella bestia malvagia che lo aveva attaccato la sera prima, doveva averlo seguito e adesso gli trotterellava intorno. L'uomo ebbe come l'impressione che avrebbe dovuto ricordarsi qualcosa riguardo quel cane... Cosa aveva detto Mary Margaret la sera prima? Non doveva dargli da mangiare? Non doveva giocarci? Non che gli sarebbe mai venuto in mente di giocare con quel coso, comunque.
«Certo che ti sto ascoltando, August» continuò intanto a telefono «La mia opionione? Onestamente credo tu stia commettendo un grave errore, mio caro, tutto il mondo dovrebbe conoscere il tuo talento!» Un'acquila iniziò a svolazzare sopra la tua testa, sempre più vicina, per poi scendere in picchiata nella sua direzione. Non farlo uscire! Ecco cosa aveva detto Mary Margaret!
«No!» gridò Killian, ma era troppo tardi: il volatile si era già avventato su Rumpelstiltskin, afferrandolo fra i propri artigli.
«No! Cazzo! Dammi quel cane, maledetta! Aspetta un secondo, August!» l 'uomo si lanciò alla rincorsa dell'acquila, che si stava alzando in volo «Mollalo! Cazzo, molla quel fottutissimo cane!» urlò, lanciandole contro il Blackberry. Il tiro mancò il bersaglio, ma l'espediente servì a distrarre l'animale, che fece cadere il cane. Giusto in tempo, Killian riuscì a prenderlo in braccio, facendo poi per avvicinarsi al telefono e raccoglierlo, ma l'aquila fu più veloce, rubadolo per poi volare via.
«No! No, cazzo, il telefono no! Ridammi il telefono, brutta stronza!» l'uomo cercò di tenere il passo dell'aquila.
«Prenditi il cane, invece! Prenditi questo cazzo di cane!» gridò, tenendo alto Rumpelstiltskin, come per porgerglielo «Prenditi questa fottuta bestia, cazzo!»

 

 

 

 

Non era passato molto tempo da quando Killian era uscito, che anche Emma, non riuscendo più a prendere sonno, si era alzata a sua volta. Indossando un felpone della sua Università per ripararsi, si trascinò fino al soggiorno, ancora mezza addormentata, trovando sua madre e sua nonna intente a osservare qualcosa fuori dalla finestra. «Buongiorno, bellezze» sbadigliò «Cosa state guardando?» «Il tuo fidanzato» le rispose Regina, ridacchiando «Sta pseudo-giocando con Rumpel» «E pensare che eravamo convinte che non gli piacesse! Non lo trovi adorabile?» Emma alzò un sopracciglio. Effettivamente, Killian correva in tondo tenendo il cagnolino in braccio, e sembrava stesse urlando qualcosa. Ma che diavolo gli passava per la testa? Era matto? «Andresti a chiamarlo, tesoro? Oggi ci aspetta una bella giornata: tu starai con noi, mentre per lui abbiamo organizzato una bella uscita fra uomini!» Emma acconsentì, non prima di aver lanciato un'occhiata preoccupata alle due donne. Chissà cosa avevano in mente... Uscì in giardino, ciabattando fino a raggiungere Killian. «Ridammi il telefono! Ti prego, ridammi quel fottutissimo telefono!»
«Sei impazzito? Parli da solo, adesso?»
L'uomo si voltò verso di lei, sconvolto. «Swan! Tua mamma aveva ragione! È arrivata un'aquila e ha afferrato il cane, ma poi l'ho salvato, e lei si è presa il telefono! Capisci? Si è presa il mio telefono!»
«Hai bevuto?»
«No, sul serio, si è presa il telefono mentre stavo parlando con August!»
In quel momento, a Emma ricordò un bambino a cui avevano rubato le caramelle.
«Va bene, va bene, calmati però. Dopo ti ordinerò un cellulare nuovo e una sim con lo stesso numero» gli rispose la ragazza, assestandogli una pacca di conforto sul braccio.
«Davvero? Grazie Swan, mi salveresti la vita»
«Dovere» Emma si strinse nelle spalle «Adesso però vatti a preparare, a quanto pare c'è un uscita fra maschi organizzata per te»
Killian strabuzzò gli occhi. «Ma io non voglio uscire! E poi ci sarà anche tuo padre, che ieri non sembrava molto felice all'idea di avermi come genero. No, grazie, rifiuto l'offerta»
«Non puoi rifiutare, Killian. Ci devi andare»
«No!»
«E invece ci vai»
«Non ci vado»
«Ci vai»
«Non ci vado»
«Ci vai. E adesso abbracciami, altrimenti penseranno che stiamo litigando» tagliò corto Emma, allacciando le braccia intorno al collo dell'altro e stringendosi a lui.
A Killian tornò in mente il sogno che aveva fatto, e l'immagine di lei vestita da sposa. Aveva sempre saputo che fosse una bellissima ragazza – fondamentalmente era impossibile non accorgersene – sin dalla prima volta che l'aveva vista, al colloquio di lavoro, ma negli ultimi giorni, ne era diventato molto più... Consapevole.
Assecondò i movimenti di lei automaticamente, abbracciandola di rimando, e attirandola ancora di più a sé. Le poggiò il mento nell'incavo tra il collo e la spalla, inspirando il profumo dei suoi capelli, lasciando vagare la mano destra sulla sua schiena, e poi più in basso, sempre più in basso...
Emma si irrigidì. Killian Jones le stava toccando il culo!
«Jones» soffiò.
«Shhh, non disturbarmi, sono momentaneamente in Paradiso»
Emma si sentì arrossire fino alla radice dei capelli.
«Jones! Piantala! Adesso!» esclamò «Osa toccarmi un'altra volta il culo, e giuro che ti taglio le palle mentre dormi»
Killian deglutì, staccandosi immediatamente.
«Ma che bravo fidanzato!» mormorò Emma, scuotendo la testa, per poi girare sui tacchi e allontanarsi.

 

 

 

 

Sul retro della casa, trovò suo padre intento ad esercitarsi nel tiro con l'arco.
«Giorno, papà» mugugnò la ragazza.
«Emma» David le lanciò un'occhiata, per poi incoccare una freccia, prendere la mira e lanciare, colpì uno dei cerchi più esterni. In realtà, il vero campione della famiglia era Mary Margaret, grande appassionata di quello sport, così tanto che aveva voluto che anche suo marito e sua figlia lo imparassero.
«Sono contento che tu mi abbia trovato, ci tenevo a dirti una cosa»
Emma lo guardò, un po' spiazzata: dopo la discussione della sera precedente, non sapeva cosa aspettarsi. «Dimmi pure»
L'uomo sbuffò leggermente, distogliendo lo sguardo, grattandosi la testa con l'aria di chi preferirebbe essere da tutt'altra parte. «Tua madre è un po' arrabbiata con me» esordì «A quanto pare non sono stato molto accogliente con te, ieri sera. È stato un po' uno shock scoprire che stai per sposarti, capisci, visto che non sapevamo neanche che avessi un ragazzo, in primo luogo» Emma alzò un sopracciglio, incrociando le braccia sul petto. Per tutta risposta, David deglutì, per poi schiarirsi la voce: «Volevo farti le mie scuse» La ragazza rimase in silenzio per un paio di secondi, soppesando il discorso del padre. Si morse il labbro inferiore, ma annuì. «Accettate» Afferrò uno degli archi appesi a una sbarra in legno, e una faretra contenente delle frecce; si affiancò al padre, incoccando una freccia e prendendo la mira, per poi rilasciare di colpo la corda dell'arco. Quasi al centro.
Emma si leccò le labbra, stringendo gli occhi. No, il tiro con l'arco non era mai stata la sua passione, ma era abbastanza brava. Decisa a riprovare, ripeté le operazioni e tirò di nuovo. Ancora una volta, la freccia andò a colpire un punto vicino al centro, ma non il centro preciso.
«Comunque sia...» continuò David.
«Mmm?»
«Per quanto riguarda questa faccenda del fidanzamento... Tieni a mente che esistono dei fidanzamenti molto lunghi. Davvero molto. Dei fidanzamenti che finiscono per non arrivare al matrimonio, fidanzamenti che, per l'appunto... Finiscono. Che vengono interrotti quando una delle due parti si rende conto che sta commettendo un errore e...»
«Papà!» Emma lo interruppe, volgendosi a guardarlo «Io non ho alcuna intenzione di interrompere il mio fidanzamento»
L'uomo sospirò, scuotendo la testa. «Emma, tu sei ancora giovane, non ti rendi conto di certe cose. Chiaramente la cosa giusta da fare è lasciare quell'uomo che non ti merita, lasciare New York e tornare qui, a Storybrooke, a casa. Potresti iniziare come mia assistente, e poi seguire le mie orme, intraprendendo una carriera politica. Tu hai delle responsabilità qui»
«Ci risiamo! È sempre la stessa storia, papà, ma la verità è che tu non hai ancora accettato il fatto che io mi sia trasferita a New York»
Emma sentì la rabbia crescerle nel petto, come un'onda pronta a investire tutto quello che si trovava sulla sua strada. «Sai cosa? Mi dispiace. Mi dispiace per te, papà: mi dispiace che tu non abbia avuto una figlia diversa, una che sarebbe stata contenta all'idea di rimanere qui per tutta la vita e di seguirti nel tuo lavoro, una che avrebbe sposato qualcuno di tuo gradimento, ma quella non sono io. A te sembrerà strana la mia vita a New York, chiusa in un ufficio a leggere libri, io invece sono felice. Sono felice a New York e sono felice con Killian, non lo capisci?» gridò, fuori di sé.
David rise, amaro. «D'accordo, d'accordo» alzò le mani, accondiscendente «Voglio credere che tu sia soddisfatta del tuo impiego e che la vita in una metropoli sia più adatta a te di una vita in un paese come Storybrooke. Anzi, ti credo e mi va anche bene così... Ma quell'uomo? Andiamo, Emma, lui non è l'uomo giusto per te. È un egocentrico, un egoista, un... Un pirata! Lo sai, l'hai sempre detto anche tu!»
«Non tutte trovano il Principe Azzurro, papà. Anzi, non tutte vogliono un Principe Azzurro. Io non sono una principessa, non ho bisogno di un principe. Forse un pirata è quello che fa per me»
Emma tirò un'ultima freccia: stavolta colpì il centro. Rimase ad ammirare il risultato per un paio di secondi, poi abbandonò l'arco sul prato e se ne andò, senza degnare suo padre di un'ulteriore sguardo.


 


 


 


 

Poco dopo, Killian sedeva sul sedile in pelle del Range Rover nero di David Swan. Chiaramente l'adorabile Principe Azzurro si trattava bene.
«Allora, David... Posso chiamarla David, vero?»
L'uomo bofonchiò una risposta non molto chiara. Dal canto suo, Killian non era sicuro di volesse sapere cosa avesse detto. «Dov'è che stiamo andando?»
«Nessuna sconsiderata festa di addio al celibato, mi dispiace. Non ho intenzione di adattarmi alle barbarie di voi abitanti di città, soprattutto quando stai per abbandonare il tuo status di celibe per sposare la mia bambina»
Killian si trattenne dal fargli notare che Emma, dopotutto, decisamente non era più una bambina e si limitò a stringersi nelle spalle.
Una volta parcheggiata l'auto, Killian si rese conto di trovarsi alla periferia del paese. Si affrettò a seguire l'altro lungo un vicolo, fin quando non si fermarono di fronte a un pub dall'aspetto leggermente decadente. L'insegna, vecchiotta e alquanto sbiadita, recitava “La Foresta di Sherwood”. Killian alzò un sopracciglio: seriamente, che problemi avevano gli abitanti di Storybrooke con i personaggi delle favole? La cosa cominciava a diventare ossessiva.
«David! Finalmente, sei arrivato, ti stavamo aspettando» un uomo dall'accento inglese, poco più grande di David, andò loro incontro, aprendo la porta e facendo entrare i due uomini nel locale. «Tu devi essere Killian, piacere, è bello avere intorno qualcun altro che non sia americano, tu sei irlandese, giusto? Io sono Robin comunque, Robin Hood»
Killian spalancò la bocca. Robin Hood?!
L'altro, per tutta risposta, scoppiò a ridere. «Ehi, non c'è bisogno di fare quella faccia! Mi rendo conto che i miei genitori avrebbero potuto scegliere un nome diverso, visto il cognome che mi ritrovavo... Ma non è che io ci possa fare qualcosa, giusto?»
L'uomo aveva un sorriso gioviale e sembrava anche simpatico, a dirla tutta. O per lo meno, non aveva l'aria di volergli saltare addosso e ammazzarlo da un momento all'altro, a differenza di David. Perciò, Killian si ritrovò a sorridergli di rimano e a stringere la mano che l'altro gli offriva: «A quanto pare io sono noto con il nome di Capitan Uncino, quindi credo che andremo d'accordo»
Robin rise di nuovo, assestando una pacca amichevole sulla schiena dell'irlandese. «Vieni con me, ti presento gli altri»
Killian lo seguì nella sala centrale del pub, terribilmente british in tutto e per tutto: era arredato con tavoli e sedie in legno massiccio, un grosso bancone faceva capolino alla loro sinistra mentre, in fondo alla sala, c'era un piccolo palchetto. Alle pareti, vi erano appesi poster di svariate rock band, diverse Union Jack e citazioni a favore della birra e di Sua Maestà la Regina.
A un tavolo, vi erano seduti tre uomini, che al loro ingresso si voltarono a guardarli. Uno di loro era Neal, anche conosciuto con il soprannome di carciofo, che salutò David e Killian con un sorriso aperto.
«Allora, mi sembra che tu conosca già Neal» cominciò Robin, facendo le presentazioni, per poi accennare con il capo agli altri due uomini. Uno di loro, probabilmente un coetaneo di Killian, aveva una fronte alta e un'espressione simpatica sul viso. «Io sono Will Scarlet, amico» esordì quest'ultimo, con un fortissimo accento inglese.
«Ah, anche tu inglese, vedo!»
«Aye, bloody hell, eccome se lo sono!»
«Abbiamo finito con queste inutili chiacchiere? Si può cominciare adesso?»
A parlare era stato il quinto uomo, sulla sessantina, con un berretto di lana calcato sulla testa e una barba ispida.
«Smettila di brontolare, Leroy, e presentati al nostro ospite» lo ammonì Robin, senza però perdere il suo tono bonario.
«Sì, sì, è un gran bel piacere conoscerti, irlandese. E se saprai giocare e non ti dispiacerà condividere un goccetto, potrei persino ritenerti un partito adatto per la nostra Emma, ma adesso cominciamo»
Fu solo allora che Killian notò il panno verde che ricopriva il tavolo, e un mazzo di carte francesi in un angolo.
«Cos'è questa, una sorta di bisca clandestina?»
«Ti ricordo che sono il sindaco della città, Jones» David lo fulminò con lo sguardo «Non permetterei l'esistenza di bische clandestine, qui a Storybrooke, e di sicuro non vi prenderei parte»
«Suvvia, David, il ragazzo stava scherzando» Robin gli allungò una gomitata «No, mio caro, non c'è niente di illegale qui: solo un paio di amici che si incontrano per una birra e una partita a carte. Tu sai giocare a poker?»
«Aye, direi proprio di sì. Texas Hold'em?»
«Molto bene. Allora, signori, non ci resta che prendere una birra e iniziare!»



 

 

Diverse ore dopo, il gioco era ancora in corso. Leroy si era tirato fuori già da un po', e adesso giaceva con la testa poggiata sul tavolo, sonnecchiando, e con diversi boccali di birra ormai vuoti davanti a sé. Anche Neal aveva dovuto abbandonare il ruolo di giocatore, e adesso si limitava a fare il mazziere.

Will era il più sfavorito dei quattro rimasti in gioco, aveva dimostrato di possedere un buon potenziale, ma era troppo avventato e decisamente sfortunato; Robin era in una posizione intermedia, sicuramente più esperto dell'altro, ma un po' scarso nei bluff. Killian e David, invece, erano quelli in vantaggio, con più fishes di tutti: era chiaramente un testa a testa, ed entrambi erano intenzionati a vincere.
Questa sarebbe stata la mano definitiva, Killian se lo sentiva, e avrebbe dato del suo meglio per portarsi a casa la vittoria.
Il mazziere distribuì due carte coperte a tutti i giocatori. A Killian capitò una coppia: due donne, la Regina di picche e la Regina di fiori. Non male come inizio, davvero non male.
I quattro uomini puntarono le proprie fishes, dopodiché il mazziere – dopo aver bruciato la prima carta, come da routine – ne scoprì tre sul tavolo. Nove di picche, Re di fiori e Regina di quadri.
Killian sentì il sangue gelarsi nelle vene, ma non mosse un muscolo, sforzandosi di rimanere impassibile. In mano aveva già un tris!
Fece la sua puntata, alzandola rispetto alla precedente: avrebbe potuto vincere davvero! Will scosse la testa, gettando le carte sul tavolo.
«Per la miseria! Non credo proprio faccia per me, gente: io foldo»
Robin e David, invece, pagarono la propria quota, continuando a giocare.
Robin prese una nuova carta dal mazzo. Se fosse stata un'altra donna, Killian avrebbe avuto in mano un poker, e una vittoria assicurata. Regina di cuori, vieni a me, ti prego. Non ti ho mai desiderato tanto come in questo momento.
Nove di fiori.
Killian deglutì, deluso. Certo, c'era ancora un'altra possibilità, ma era alquanto remota. Aumentò di poco la puntata precedente, e attese che gli altri due facessero lo stesso, ma David aggiunse altre fishes.
«Raise» sentenziò, lanciandogli uno sguardo di sfida: aveva raddoppiato la puntata.
Killian alzò un sopracciglio, deciso a non demordere. «Vedo» commentò, aggiungendo le fishes mancanti, e anche Robin lo seguì.
Neal prese una carta dal mazzo, bruciandola, e poi girò quella seguente: l'ultima carta.
Regina di cuori.
Killian avvicinò tutte le proprie fishes al piatto che conteneva le puntate.
«All in»
Robin fischiò fra i denti. «Nah, non fa per me, ragazzo»
«Vedo» rispose invece David, andando anche lui in all in.
A quel punto girarono le carte: Killian le sue due Regine, mentre David mostrò un nove di quadri e un Re di picche che, sommate alle carte sul tavolo, gli garantivano una coppia di Re e un tris di nove, un full in piena regola. Ma non c'erano dubbi: Killian e il suo poker di donne avevano vinto.
«Killian è il nostro vincitore, signori!» annunciò Neal, battendo le mani.
«Eh? Che è successo?» domandò Leroy con la bocca impastata, svegliandosi di colpo.
«Il ragazzo ha vinto»
«Uh? Bene, irlandese, offrici da bere con tutti quei soldi, allora!»
Killian scosse la testa, allontando da sé le fishes. «Non voglio i vostri soldi»
«Di cosa stai parlando, ragazzo? Sono tuoi» rispose Robin, e persino David fece un cenno d'assenso con il capo. «Hai vinto tu, Jones. Prendili»
«Molto bene, vuol dire che vi offrirò da bere per tutto il weekend» commentò, sorridendo, per poi servirsi un'altra birra e avviarsi fuori al locale a prendere una boccata d'aria.
Prese un bel respiro, sentendo tutti i muscoli che si rilassavano improvvisamente, dopo essere stati a lungo in tensione, e si concesse un lungo sorso.
Dietro di lui, la porta del locale si riaprì, mentre Neal lo raggiungeva, anche lui con una birra in mano.
«Ehi. Tutto bene?»
Killian aprì la bocca per rispondere, ma improvvisamente si sentì molto confuso. Andava tutto bene?
«Io...»
«Stai tranquillo, so cosa stai pensando. Gli Swan possono essere una famiglia complicata, a volte»
Killian sorrise. «Aye, credo proprio di sì»
«Storybrooke è un po' diversa da New York, eh?»
«Già, un po'» rispose l'irlandese, sogghignando. «Tu ci sei mai stato?»
«No, mai. Era il sogno di Emma, non il mio»
«Era una storia seria, la vostra?»
Neal si grattò il mento, tirando su con il naso. «Ci siamo messi insieme al liceo, e poi è durata anche al college, ma sai... Eravamo solo dei ragazzi»
«E come mai vi siete lasciati?»
«Beh, sai, erano anni che Emma parlava di trasferirsi, diceva che New York la stava aspettando. Io non le avevo mai detto niente al riguardo, ma non credo di aver mai preso in considerazione la cosa sul serio. Non ho mai voluto andarmene davvero da Storybrooke, capisci? Io sono cresciuto qui, questa è casa mia... In ogni caso, la sera prima della nostra laurea, lei mi chiese di andare a vivere insieme. A New York. E io...»
«E tu hai detto di no» concluse Killian per lui. Neal si strinse nelle spalle. «Esatto. Non era il mio destino, suppongo. In ogni caso, tu sei un uomo fortunato: Emma è meravigliosa, sotto tutti i punti di vista»
Killian lo guardò a lungo, in silenzio. «Ne sono ben consapevole» disse alla fine, serio.
«Ne sono sicuro!» rise l'altro, battendogli una pacca sulla spalla. Avvicinò il proprio boccale a quello dell'irlandese.«Alla vostra salute!»

 



 

Il rientro a casa fu breve e silenzioso, in macchina David non aprì bocca, e neanche Killian provò a fare conversazione, perso com'era nei suoi pensieri.
Una volta arrivati a villa Swan, trovarono Mary Margaret seduta, ritta come una regina, sul divano in soggiorno, con un'espressione in volto che non presagiva nulla di buono. Quando li vide, dedicò un'occhiata di fuoco al marito, per poi sorridere dolcemente all'altro.
«Ciao, Killian caro. Com'è andata? Spero tu ti sia divertito»
Killian si grattò l'orecchio. «Direi bene» rispose, scrollando le spalle «Ho vinto io»
La donna batté le mani, apparendo sinceramente contenta «Oh, mi fa piacere!»
Killian le rispose con un sorriso, dopodiché calò il silenzio. Un silenzio alquanto pesante, pensò l'uomo.
«Emma?» domandò.
Il sorriso di Mary Margaret si congelò sulle sue labbra mentre tornava a fulminare il marito con lo sguardo. «Emma è nella dépandance, caro. A sparare»
«A sparare?!»
«Sì, vi abbiamo allestito un piccolo poligono privato, ed Emma, quando è nervosa, ci va sempre»
Killian corrugò la fronte. «Come mai è nervosa? Ho fatto qualcosa io o...?»
«Oh no, caro, tu non devi preoccuparti, non è causa tua se Emma è nervosa. Non è vero, David?»
«Io non ho fatto niente» rispose quest'ultimo «Abbiamo solo... Parlato con franchezza dei suoi progetti per il futuro»
«Ma davvero? Che bello!» rispose sarcastica Mary Margaret.
Capendo l'andazzo, Killian decise di levarsi di torno. «Io salgo a farmi una doccia» salutò, per poi voltarsi verso David, allungandogli la mano. «Grazie per avermi invitato. È stata una bella partita»
David lo fissò senza fare niente per alcuni secondi, poi si decise a stringergli la mano. «Figurati»
Senza neanche aspettare che Killian lasciasse la stanza, Mary Margaret si alzò in piedi, portandosi le mani sui fianchi. «Qual è il tuo piano, eh David? Vuoi fare in modo che Emma non venga più a trovarci? Emma è mia figlia, e io riesco a vederla una volta ogni tre anni, e questo solo per colpa tua! Non ne posso più, quindi vedi di appoggiare questo matrimonio con Killian, perché io sono stanca di tutto questo: se non facciamo attenzione, finirà che ci ritroveremo in questa casa enorme, io e te da soli con i nostri litigi, e Dio non voglia che facciano anche un nipotino e che non ce lo facciano vedere! Sistema questa cosa, David, una volta e per tutte, e fallo subito»
Terminato il suo monologo, Mary Margaret aveva le guance arrossate e gli occhi lucidi, ma era decisa a non piangere. Dedicò un ultimo sguardo minaccioso al marito prima di girare sui tacchi e lasciare la stanza, lasciando l'altro a riflettere sulle proprie azioni.

 


 

«Haters gonna hate, hate, hate, but baby, I'm just gonna shake, shake, shake, shake it off, I shake it off, yeah¹»
Killian Jones canticchiava godendosi il getto caldo dell'acqua. La prossima casa dove avrebbe abitato avrebbe avuto senza dubbio il bagno in camera. Chiuse il rubinetto e uscì dalla doccia, guardandosi in giro cercando un asciugamano. Dove diamine li tenevano gli asciugamani? Sembrava non ce ne fosse uno in tutto il bagno. Aprì cassetti e mobili vari, ma di un asciugamano neanche l'ombra.
Intanto, Emma aveva finito di sparare ed era rientrata in camera, alle orecchie le cuffie con la musica al massimo del volume. Una bella doccia per finire di rilassarsi era quello che ci voleva, pensò, e aprì l'armadio con la biancheria prendendo un telo qualsiasi, e poi uscì fuori al balcone per godersi gli ultimi raggi di sole della giornata, iniziando a spogliarsi e seminando vestiti in giro.
Sentendo dei rumori, Killian aprì la porta del bagno, dando un'occhiata alla stanza da letto; notò una maglietta dal taglio femminile per terra, forse Emma era rientrata.
«Emma?» chiamò «Emma!»
L'uomo si strinse nelle spalle: doveva essere uscita di nuovo. In quel momento, si accorse che l'anta dell'armadio era mezza aperta, e si intravedevano delle asciugamani. Eccole, quelle bastarde!
Fece per uscire dal bagno, quando Rumpelstilskin gli si parò davanti, abbaiando.
L'uomo fece un salto indietro, urlando. «Argh! Cosa ci fai tu qui, bestia? Sparisci!» urlò, ma il cane sembrava non aver la minima voglia di andarsene, e continuò ad abbaiargli contro.
«Smettila! Smettila, ho detto! Senti, mi dispiace per la storia dell'aquila, okay? Non l'ho fatto apposta, è solo che mi serviva il telefono, ora puoi farmi il favore di levarti di torno?»
Niente da fare.
Killian sospirò. Lo sguardo gli cadde sul phon, forse al cane sarebbe piaciuto. Provò ad accenderlo e a puntarlo nella sua direzione, e immediatamente Rumpelstilskin smise di abbaiare.
«Ecco fatto, ti piace eh? Bravo cagnolino»
Il cane gli si avvicinò, e Killian gli fece scivolare sotto un tappetino, per poi spostarlo alle proprie spalle, e chiudendo la porta del bagno. Lui era fuori, la bestia era dentro. Fortunatamente.
Fissò soddisfatto la porta chiusa, sentendosi potente, dopodiché fece per girarsi, ma andò a sbattere contro qualcosa. O meglio, qualcuno.
«Che cazz...»
La prima cosa di cui si rese conto fu che era andato a sbattere contro Emma.
La seconda fu che erano caduti entrambi, uno addosso all'altro.
La terza fu che lui era nudo.
La quarta fu che lo era anche lei.
Poteva chiaramente avvertire la sua pelle, calda e liscia, contro la propria, bagnata e più ruvida. Poteva avvertire le rotondità dei suoi seni, e i capezzoli turgidi che gli accarezzavano il petto, e...
«Oh mio Dio!» esclamarono entrambi, all'unisono.
«Ma sei tutta nuda!» esclamò lui.
«Ma sei tutto bagnato!» esclamò lei.
Si staccarono di botto, con Emma che cercava di coprirsi con le mani. «Non guardare!» strillò, strappandosi gli auricolari dalle orecchie «Perché cazzo sei tutto bagnato?» chiese, mentre lui domandava «Perché cazzo sei tutta nuda?»
La ragazza si rifugiò dietro a una poltrona, mentre Killian cercava di raccattare un asciugamano.
«Dio santo, copriti! Ti si vede tutto!» gli ordinò, afferrando a sua volta la prima cosa che le capitava sotto tiro. Accorgendosi che era la “portacicogna”, la buttò all'aria, prendendo un'altra coperta.
«Si può sapere che ti salta in testa?» la rimbrottò lui, avvolgendosi un telo intorno ai fianchi.
«A me? Io me ne stavo fuori al balcone per fatti miei!»
«Ti ho chiamata, cazzo, ho urlato! Non mi hai sentito?»
«No, avevo le cuffie... Tu, piuttosto! Perché eri bagnato? Perché mi sei saltato addosso?»
«Stavo facendo una cazzo di doccia, e non ti sono saltato addosso! Il tuo cane mi stava aggredendo, così l'ho chiuso in bagno e mi stavo allontanando e tu sei spuntata all'improvviso!»
Emma alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa. «Ma che problemi hai con quel cane? Anzi, non rispondermi, vado a farmi una doccia»
«Brava, fai bene, sei sudata!»
«Grazie! Bel tatuaggio comunque» gli rispose lei, sorridendo sotto i baffi: non le era sfuggita l'ancora disegnata sulla parte alta del bicipite sinistro.
Si diresse verso il bagno, e quando aprì la porta, Rumpelstilskin schizzò fuori, abbaiando furiosamente.
«Ecco! Lo vedi come fa?» urlò Killian.
«Ma certo, hai rischiato proprio una brutta morte, la zanna assassina della bestia avrebbe potuto ferirti gravemente» gli rispose lei, acida, per poi sbattersi la porta alle spalle. Vi si appoggiò con la schiena, chiudendo gli occhi. Immediatamente, le si formò dietro le palpebre l'immagine di Killian bagnato e nudo come mamma l'aveva fatto. Emma riaprì di scatto gli occhi, cercando di smettere di pensarci. Non che fosse stata una brutta vista, anzi... Non gli si poteva dire niente che non fossero complimenti, ammise fra sé e sé, ripensando agli addominali ben scolpiti, ai peli scuri che gli adombravano il petto, al sedere sodo e al... Smettila, Emma!, si ammonì. Una doccia gelata era quello di cui aveva bisogno. Forse l'avrebbe aiutata a calmarsi, e il sangue avrebbe smesso di ribollirle nelle vene.

 

 


 

Qualche ora dopo, Emma si rigirava nel letto, senza riuscire a prendere sonno, ben consapevole della presenza di Killian sdraiato per terra, poco distante da lei, che doveva essere altrettanto sveglio, a giudicare dal fatto che continuava a sbuffare e muoversi. La doccia fredda non aveva aiutato, né l'aveva fatto la cena a base di ostriche («Sono potenti afrodisiaci, sapete?» aveva commentato Regina, guardandoli maliziosamente).
«Ancora non posso crederci»
Fu lui a rompere il silenzio per primo.
«A cosa?»
«Eri... Tutta nuda»
Emma si sentì arrossire, e si portò le coperte fin sopra i capelli, desiderando scomparire in maniera più permanente. «Possiamo smettere di parlarne, per favore?»
Lui fece spallucce. «Però è vero: eri tutta nuda»
«E tu eri tutto bagnato»
Killian rise.
«Posso farti una domanda? Qual è il problema fra te e tuo padre?»
«Questa domanda non c'è nel fascicolo, sono spiacente» tagliò corto Emma, rabbuiandosi.
«E dai» la pregò lui «Non dovevamo sapere tutto l'uno dell'altra?»
«Tutto tranne questo. Buonanotte» rispose lei, girandosi su un fianco.
Lui sospirò, poi si schiarì la gola. «Mi piacciono i film d'amore»
«Che cosa?»
«Mi piacciono i film d'amore. So che è strano, perché sono un uomo, ma mi piacciono. Notting Hill e Pretty Woman sono tra i miei film preferiti di sempre. E mi piace anche Taylor Swift. In generale sono più per il rock'n'roll, ma quella ragazza ci sa fare, è il mio piacere musicale segreto. Quando ero al liceo ero in una band, ci chiamavamo The Pirates, il che è strano visto che in ufficio mi chiamate Capitan Uncino. Io ero il frontman, comunque. So cantare e suono la chitarra, la musica fra le mie più grandi passioni. Non amo i fiori in casa, mi ricordano i funerali. Dopo il litigio con Mendel sono andato in bagno e ho tirato un pugno al muro perché non potevo darlo a lui, non mi erano piaciute le cose che mi aveva detto, ma forse non aveva tutti i torti. Ogni anno a Natale rileggo Racconto di Due Città, di Dickens: è il mio libro preferito. Ed era anche il preferito di mia madre. Lei è morta quando avevo tredici anni, e mio padre ci ha abbandonati l'anno dopo, così siamo rimasti solo io e mio fratello maggiore. Lui ha lasciato gli studi e ha iniziato a lavorare per mantenerci. Liam non era solo mio fratello, ma anche il mio migliore amico... Non era come me, lui. Lui era buono, il più buono di tutti, era la persona migliore che conoscessi. È morto cinque anni fa, aveva un cancro. Qualche mese dopo Milah, la mia ragazza, mi ha lasciato: diceva che ero diventato troppo depresso. Ero convinto che saremmo stati insieme per sempre, e invece... Suppongo che le cose non vanno mai come ti aspetti. Non ho una storia seria da allora: si può dire che “solo sesso e niente amore” sia diventato il mio motto. Il tatuaggio con l'ancora l'ho fatto dopo la morte di Liam. Di sicuro ci sono tantissime altre cose da dire su di me, ma al momento è tutto quello che mi viene in mente»
Quando Killian finì di parlare, calò il silenzio.
Emma si morse il labbro inferiore, cercando disperatamente qualcosa da dire. Non immaginava che l'uomo avesse perso tutte le persone a lui più care, la ragazza non riusciva neanche a immaginare il dolore che doveva aver provato, da ragazzino, quando aveva perso entrambi i genitori nel giro di un anno. E, da adulto, aveva dovuto riprovare la stessa sofferenza, perdendo le ultime due persone più importanti che gli erano rimasti, il fratello e la donna che amava. Lei era stata proprio una stronza... Era normale che fosse diventato così. Così cinico, così freddo. Così Capitan Uncino.
«Sei ancora lì, Swan?»
«Sì» rispose lei. Le tremava la voce. «Sono qui, Killian»
Lo aveva chiamato per nome. Lo aveva chiamato per nome, e così facendo Emma sperava di essere riuscita a esprimere tutto quello che provava.
Mi dispiace. Mi dispiace per tua madre, nessun bambino dovrebbe crescere senza, nessuno dovrebbe perderla quando è così giovane. Mi dispiace per tuo padre, mi dispiace che abbia scelto di abbandonarvi quando sarebbe dovuto essere la vostra forza, il vostro punto di riferimento. E mi dispiace per tuo fratello, e anche per quella stronza della tua ex, che ti ha lasciato quando tu avevi più bisogno di lei... E non sei una brutta persona. Non avere paura di esserlo, perché non lo sei.
Quelle parole non dette riecheggiarono nell'aria, ma in qualche modo Killian le colse. E sorrise.
«Davvero non esci seriamente con una donna da cinque anni?»
«È l'unica cosa che ti ha colpito?» scherzò lui «Cos'è, Swan, ti informi sulla concorrenza? Tranquilla, sei l'unica»
Emma ridacchiò. Sapeva che era tutta finzione, eppure... Eppure quel “sei l'unica” le aveva fatto piacere. Le aveva fatto battere il cuore più forte, l'aveva fatta sorridere spontaneamente. Dietro la facciata di pirata spietato e senza cuore, si celava molto di più: si celava un uomo, un uomo che aveva amato e perso, un uomo che aveva sofferto e che soffriva ancora. Un uomo che un cuore ce l'aveva eccome, e aveva anche dei sentimenti, che sapeva essere anche divertente, all'occorrenza, e gentile ed educato. No, non era per niente una brutta persona.
«E così Taylor Swift, uh? Ma come ti fa a piacere?»
«Ehi, lasciala stare. Haters gonna hate, hate, hate²»
Emma rise, coprendosi la bocca con le mani.
«Che c'è?»
«Niente, speravo che cantassi questo pezzo. Non sei male come cantante, dopotutto»
Anche Killian si unì alla sua risata. «Grazie!»
«E... Killian?»
Il proprio nome suonava stranamente bene, sulle labbra di lei. Gli piaceva quando lo chiamava per nome.
«Sì?»
«Non vorrei che fraintendessi. Non è vero che sei una brutta persona. Sei una bellissima persona»
Killian sorrise, al buio. «Grazie»
«I stay up too late, got nothing in my brain, that's what people say, mmm, that's what people say³ »
L'uomo ridacchiò. «Allora anche a te piace la Swift!»
«'Cause the players gonna play, play, play and the haters gonna hate, hate, hate, baby I'm just gonna shake, shake, shake, shake it off, I shake it off!»
Anche lui si unì alla ragazza, intonando la stessa canzone. «'Cause the heartbreakers gonna break, break, break and the fakers gonna fake, fake, fake, baby I'm just gonna shake, shake, shake, shake it off!»
Alla fine, entrambi scoppiarono a ridere. «Potremmo formare una band!»
«Mi sembra un'ottima idea, ma prima mi sa che dovremmo dormirci su»
«Buonanotte, Emma»
«Buonanotte, Killian»


 


 


 


 


 


 


 


 


 

¹ Shake it off, di Taylor Swift. Se non la conoscete, correte ad ascoltarla: click , questa canzone mette un'allegria unica! *_*
La traduzione del verso citato, comunque, è: “quelli che odiano odieranno, odieranno, odieranno, ma tesoro, semplicemente io mi scrollerò, scrollerò, scrollerò tutto via di dosso. Mi scrollo tutto via di dosso”.


 


 

² Stessa fonte: shake it off. “Quelli che odiano, odieranno, odieranno, odieranno”.


 


 

³ Anche questa citazione, così come le prossime in corsivo, provengono da Shake it off. La traduzione è la seguente: “Vado a letto troppo tardi, non ho niente nel cervello, questo è quello che dice la gente, mmm, questo è quello che dice la gente.
Perché quelli che giocano giocheranno, giocheranno, giocheranno, e quelli che odiano odieranno, odieranno, odieranno, tesoro io mi scrollerò, scrollerò, scrollerò tutto via di dosso.
Quelli che spezzano i cuori li spezzeranno, spezzeranno, spezzeranno, e quelli che fingono fingeranno, fingeranno, fingeranno, tesoro io mi scrollerò, scrollerò, scrollerò tutto via di dosso.


 


 


 


 


 

Author's Corner: della serie “chi non muore, si rivede” immagino XD Ebbene sì, eccomi tornata, dopo ben cinque mesi di assenza, e menomale che avevo promesso di aggiornare una settimana dopo! Mi dispiace, davvero, mi dispiace molto, ma sono successe diverse cose nella mia vita, sia molto belle che molto brutte, che mi hanno allontanato da EFP. Giuro che il prossimo aggiornamento arriverà prima, ve lo prometto solennemente ù__ù
Ma passando al capitolo... Prima di tutto, scusate se è così lungo XD ma spero vi sia piaciuto almeno tanto quanto è piaciuto a me scriverlo, soprattutto nella parte dell'incidente XD Inoltre, scopriamo di più anche sul passato del nostro Killian, e vediamo che non ci sono sempre state rose e fiori per lui. Mi auguro anche che la parte relativa al poker sia piuttosto chiara, ho cercato di dare tutte le spiegazioni possibili per chi non fosse pratico, ma se non avete capito qualcosa, chiedete pure! Ogni parere, critica o suggerimento è ben accetto, as usual *_* Grazie mille a tutte le persone che hanno aggiunto la mia storia fra i preferiti, fra le seguite, o che vi hanno dedicato anche solo due minuti del loro tempo leggendola, e grazie soprattutto a chi si è fermato a recensire (mi accingo a rispondervi proprio adesso) ^^
A presto, giurin giurello, la vostra
Emma


 


 

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