QUEL CHE RESTA DI ME

di _Mariagrazia_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CASUALITA' ***
Capitolo 2: *** INCONTRI ***



Capitolo 1
*** CASUALITA' ***


QUEL CHE RESTA DI ME

 

 

CAPITOLO 1: CASUALITA’

 
 
Autunno 2013. Lunedi 8 ottobre.
May  se ne stava seduta sulla solita panchina della stazione ad aspettare il treno delle 9.59 che l’avrebbe accompagnata all’università. Era solo al primo anno, ma da quando aveva iniziato a frequentare le lezioni, quella era diventata la sua panchina. L’aspettava lì, silente, ogni mattina. May vi si sedeva ad ascoltare la musica o a leggere un libro in attesa del treno.  Era una mattina come tante: si era alzata presto, aveva fatto colazione con latte e fiocchi d’avena, aveva raccolto i lunghi capelli castani il una coda ordinata, aveva indossato un jeans e la sua maglia preferita, quella della Disney comprata a Parigi durante la vacanza più bella della sua vita, ed era uscita di casa per andare in contro alla solita, noiosa giornata universitaria. Quella mattina però sarebbe andata diversamente. Mentre se ne stava seduta ad aspettare, immersa tra i suoi pensieri, si sedette accanto a lei un ragazzo. May non potè fare a meno di notare la sua avvenenza: alto, biondo, occhi chiari: il tipico prototipo di ragazzo perfetto.  Da buona ventenne, May, dopo aver notato la bellezza del giovane, inviò subito un sms alla sua migliore amica, Jessica, detta  Jess. Il ragazzo, dal canto suo, notò subito il gesto improvviso ed urgente di May e non perse l’occasione di farsi notare. Nonostante il gigantesco tabellone degli orari che pendeva sulle loro teste, si rivolse a May chiedendole a che ora sarebbe arrivato il treno.
-Alle 10.- rispose May –anzi per essere precisi, alle 9.59 minuti.-
-Grazie- rispose il ragazzo, regalandole uno dei sorrisi più belli che lei avesse mai visto.
All’improvviso una voce registrata avvisò che a causa dei righi nella città vicina, il treno sarebbe stato soppresso.
-Dannazione!- disse il ragazzo,- adesso mi toccherà andare in auto. Ci vogliono almeno due ore, senza contare il traffico.-
-Già, è proprio un casino. Adesso sono davvero nei casini anch’io: devo essere a lezione tra un’ora esatta.- rispose May.
I ragazzi si fissarono per un po’ , pensando tra loro a come avrebbero risolto il problema del trasporto. Ad un tratto il ragazzo ruppe il silenzio con una domanda inaspettata:   - se vuoi…posso darti un passaggio?-
Presa alla sprovvista, May pensò subito di rifiutare: non si accettano passaggi dagli sconosciuti, giusto? Ma quello fu uno dei rari momenti in cui la lingua è scollegata dal cervello, per cui accettò.
Non sapeva ancora che quel gesto le avrebbe cambiato la vita.
Arrivati in macchina, nessuno dei due spiccicava parola per l’imbarazzo. Entrambi non si sarebbero mai aspettati di finire in quella situazione. May si continuava a chiedere il perché avesse dato quella risposta, perché avesse mai accettato quella assurda proposta. Ad un tratto fu lui a rompere il pesante silenzio:
-Beh comunque io sono Carlo, piacere. Tu sei?-
-Marianna. Ma tutti mi chiamano May. Molto piacere.-  Di nuovo silenzio. May avrebbe voluto dire qualcosa, parlare per coprire l’imbarazzo crescente tra i due. Ma fu di nuovo Carlo a parlare per primo:
-Quindi May, cosa studi?-
-Lingue e traduzione. Studio per diventare interprete e traduttrice. E tu?-
-Marketing e pubbliche relazioni. Sto per laurearmi finalmente.-
-Congratulazioni allora! Deve essere proprio bello sapere di essere ormai alla fine. Io sono ancora al primo anno, per cui è ancora un sogno immaginare la laurea.-
-Non preoccuparti, arriverà in men che non si dica. Tre anni passano in fretta.-
Tra una chiacchiera e l’altra, May sentiva nascere qualcosa dentro di se. Una sorta di scintilla che avrebbe innescato in lei una reazione chimica inarrestabile. Perché in fondo noi non siamo che questo: un insieme di molecole che si scontrano l’una con l’altra formando legami indissolubili. In quel momento il suo cuore ed il suo cervello stavano entrando in collisione proprio come quelle molecole. Come poteva pensare che quel ragazzo le piacesse dopo solo pochi minuti di conoscenza? immersa nelle sue riflessioni, non si era resa conto che Carlo le stava continuando a parlare e a fare domande.
-Ti  va di ascoltare della musica? May?-
-Si certo. Scusami ero solo un po’ distratta.-
-Beh, non capita tutti i giorni di fare un viaggio in auto con uno sconosciuto, giusto?- La sua risata scoppiò improvvisa come il botto di un fuoco d’artificio. In quel suono May ne vedeva gli stessi colori e la stessa bellezza.  Il viaggio proseguì tranquillo, tra una canzone e un ritornello canticchiato. I due ragazzi parlarono e risero come se si conoscessero da tempo. Al termine del viaggio Carlo le diede le indicazioni per arrivare alla sua università e i due si salutarono.
-Beh allora grazie e in bocca al lupo per la laurea imminente- disse May.
-Crepi. Buona fortuna anche a te. Stammi bene, May. –
-Ciao Carlo.-
May lasciò che quelle parole li dividessero. In cuor suo sapeva che non avrebbe mai più rivisto quel ragazzo. La sua città era troppo grande per potersi rincontrare.
Si incamminò diretta verso la sua facoltà, ripensando agli occhi di Carlo, che tanto l’avevano colpita.
Quel giorno in facoltà passò come tutti gli altri. Tra una lezione e quattro chiacchiere con le sue amiche, May continuava a pensare a quella strana sensazione di benessere che aveva provato a stargli seduta accanto sul sedile passeggero della sua macchina. A come aveva pensato che sarebbe stato bello poter sedere su quell’auto in una normale giornata di ottobre, senza imbarazzo o chiacchiere vane per riempire il silenzio.
Quella sera, quando si mise a letto per dormire, chiuse gli occhi e rivide il suo viso.

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Capitolo 2
*** INCONTRI ***


CAPITOLO 2: INCONTRI Durante la settimana successiva a quell’incontro, le giornate di May passarono esattamente come quelle precedenti. Tutte le mattine si recava in stazione, prendeva il treno, seguiva le lezioni e tornava a casa. Nel tempo libero aveva iniziato a cercare casa vicino l’università. A causa degli orari insostenibili delle lezioni, viaggiare in treno iniziava a diventare sempre più faticoso. Alla fine della settimana, aveva contattato 13 differenti affittuari, tutti senza nessun risultato. Solo una era stata abbastanza soddisfacente. Certo era molto lontana dal centro città, ma era in una zona tranquilla e non molto lontana dalla facoltà, il che le sarebbe tornato umile la mattina quando inevitabilmente non avrebbe sentito la sveglia. In casa vivevano già altre due inquiline. La sera in cui May si trasferì conobbe Lea. Bastò molto poco per farle diventare amiche: -Allora May, vuoi guardare un film stasera?- -Certo, molto volentieri. Se vuoi nel mio computer ne ho alcuni. Per esempio Pocahontas. -Pocahontas? Ti prego guardiamo quello!- -Ma certo, anche io adoro la disney!- Passarono la serata a guardare il cartone animato e a ridere ogni volta che una o l’altra ripeteva la battuta del film. A notte fonda, intorno all’una, arrivò a casa anche l’altra coinquilina, Matilda. Era minuta , ma si vedeva subito che aveva un carattere forte. Tutto intorno a lei emanava potere e controllo. Le ragazze si presentarono e passarono la notte a conoscersi. Nonostante la prima impressione su Matilda, May si rese conto che infondo era una brava ragazza e che avevano molti punti in comune. May passò una piacevole serata in compagnia delle sue nuove coinquiline: una tra le serate più piacevoli dell’intera convivenza. Durante quella settimana, le tre ragazze ebbero modo di fare amicizia e di legare. May si teneva occupata tra l’università e lo studio. La sera, le tre amiche uscivano per fare qualche giro in centro: shopping e gelato erano ormai diventate un’abitudine. Nonostante gli svaghi e le distrazioni però, May continuava a pensare e ripensare a Carlo e a quanto l’avesse affascinata. Nel fine settimana, quando May tornava a casa dai suoi genitori, passava il sabato sera con la sua amica di sempre, Jess. Quel sabato in particolare, avevano deciso di andare ad una festa e di divertirsi un po’ dopo la lunga settimana passata lontane. La festa era a casa di una loro vecchia compagna di classe: Ilenia. La casa era enorme. Il grande ingresso era stato tutto ornato da mille lucine, e ai lati delle pareti erano stati disposti dei tavoli con stuzzichini e bevande. Davanti a loro si apriva una grande porta finestra che dava un immenso giardino con al centro una bellissima piscina, nella quale galleggiavano delle ninfee. Il bordo-piscina era tutto circondato da piccole candele. Nell’angolo più remoto del giardino, un deejay suonava la musica del momento e tutto intorno a lui la gente ballava felice. Si, quella sera si sarebbero senza dubbio divertire e avrebbero ballato fino a tarda notte, lasciando dietro di loro i pensieri di un’intera settimana. Jess e May si avvicinarono al tavolo con le bevande e versarono nel bicchiere un po’ di punch, che qualcuno aveva prontamente corretto con del gin. La casa era piena zeppa di gente che urlava e rideva e beveva. Evidentemente il gin aveva sortito il suo effetto. -Andiamo a ballare in giardino, May!- disse Jess urlando – c’è Max e stasera voglio conquistarlo.- -Max? Davvero? Jess, mi sembra troppo ubriaco stasera. Non vorrei che prendessi una grande delusione.- -Ma no May, che dici? Non vedi quant’è carino? Si sta solo divertendo. Su, andiamo.- Jess tirò May per un braccio, e lei, controvoglia, la seguì. Arrivate in giardino, in mezzo alla folla che danzava dovettero fare a gomitate per poter raggiungere Max. -Ciao Max. come stai?- chiede Jess – questa May, la mia amica. Ti ricordi di lei? veniva nel mio stesso liceo- -Ciao Jessica. Ma come sei carina questa sera!- disse Max in modo un po’ troppo civettuolo, per i gusti di May. – Certo che mi ricordo di lei- proseguì – è quella che una volta mi tirò tutto il suo succo alla fragola sulla giacca nuova.- -E’ stato un incidente. E comunque era all’arancia.- -Max, allora.. non mi inviti a ballare?- chiede Jess per interrompere il battibecco che stava per nascere tra i due. -Ma certo, cara. Andiamo.- -May, ti dispiace se…?- -No, no. Fa pure. Io andrò a cercare Ilenia per farle un saluto. -Grazie, sei la migliore.- Jess le schioccò un bacio sulla guancia e si voltò, in direzione della pista da ballo. May si diresse verso il salone in cerca di qualche volto conosciuto. Al liceo non aveva molti amici, oltre Jess, e con le sue compagne di classe non aveva mai avuto un rapporto molto stretto. Inoltre, la maggior parte di loro era partita per andare a studiare fuori o lavorare all’estero. Adesso che Jess era a ballare con il “suo” Max, l’entusiasmo di May era del tutto svanito. Quella festa sembrava stesse per trasformarsi in un’immensa noia mortale. Mentre si avvicinava al divano che era posto al centro del salone, intravide un volto familiare, un volto che aveva sognato molte volte di recente: Carlo. Subito si fece largo tra la folla e si avvicinò per vedere se davvero aveva visto giusto. quando fu in una posizione abbastanza vicina da poter guardare senza essere vista si rese conto che aveva ragione: era lui. Si stava versando un po’ di punch nel bicchiere rosso. Era bellissimo nel suo completo nero. La camicia metteva in evidenza la sua muscolatura perfetta. May rimase un attimo imbambolata a fissarlo. Ad un tratto lui si voltò e la vide. La salutò con un gran sorriso e si avvicinò. -May giusto?- -Si, esatto. E tu sei Carlo.- solo il pronunciare il suo nome le mandò le guance in fiamme. -Come stai? Che ci fai qui?- -La padrona di casa era una mia vecchia compagna di classe.- May non riusciva quasi a spiccicare parola per l’emozione. Si sentiva le guance sempre più rosse e sperava solo che il fondotinta che le aveva consigliato sua madre, coprisse bene il rossore. -Capisco. Come mai tutta sola?- -Oh, in realtà sono venuta con una mia amica, ma è rimasta in pista a ballare e così ho preferito fare un giro.- -Non ti piace ballare?- -No. Cioè si. Mi piace, molto, ma questa sera non sono molto in vena. – -Già, neanche a me va molto di ballare. Che ne dici se ci facciamo compagnia? Potremmo sederci li e aspettare che passi la serata. – - Si certo. Volentieri.- I ragazzi si sedettero sul divano, uno accanto all’altra. Entrambi erano un po’ in imbarazzo a ripensare all’ultima volta in cui erano stati seduti uno accanto all’altra. -Dunque- esordì d’un tratto Carlo, -cos’hai detto che studi?- -Lingue e traduzione. – -Giusto, l’interprete.- -Già..- la tensione si poteva tagliare col coltello. May non sapeva proprio che dire per interrompere quel silenzio. Ad un tratto, in lontananza, si iniziarono e sentire le sirene della polizia. Qualcuno doveva essersi lamentato per il volume alto della musica e doveva aver avvertito le autorità. Tutti iniziarono a scappare da un lato e dall’altro. Carlo afferrò May per un braccio e la trascinò fuori. -Meglio se andiamo via anche noi. Avverti la tua amica, dille che ti riporto io a casa e che farebbe meglio a fare lo stesso anche lei. – -ok, la chiamo subito.- May digitò il numero di Jess sulla tastiera del cellulare mentre correva verso l’auto di Carlo. Il telefono continuava a squillare ma Jess non rispondeva. Riattaccò e le scrisse un sms: “Jess faresti meglio a correre è arrivata la polizia. Torno a casa con un amico. Richiamami appena puoi.” Salirono in auto e Carlo partì subito. La polizia aveva fermato molti ragazzi, apparentemente minorenni e palesemente ubriachi. Riuscirono ad uscire dal parcheggio senza essere fermati e imboccarono la statale 123 in direzione della casa di May. Durante il viaggio rimasero in silenzio, mentre May continuava a provare a contattate Jess. Ma ancora niente. L’ansia e la preoccupazione crescevano sempre di più. Arrivati sotto casa di May, Carlo spense la macchina. -Ancora nessuna notizia della tua amica?- chiese. -No, nessuna.- -Sta tranquilla. Sicuramente starà già tornando a casa e le si sarà spento il cellulare. Vedrai che andrà bene.- -Lo spero.- -Sai May, stavo pensando che dovremmo smetterla di incontrarci così casualmente. Magari la prossima volta potrebbe essere davanti ad una bella tazza di caffè, che ne pensi? Ti andrebbe?- -Ma certo. Sicuro. Mi piacerebbe molto.- -Bene, allora dammi il cellulare. Ti memorizzo il mio numero e salvo il tuo.- May gli diede il cellulare. Mentre lui digitava i numeri sul display, lei cercò di nascondere il sorriso che le era spuntato in viso. -Ecco fatto.- -Adesso devo andare. Ciao e grazie per il passaggio. Di nuovo.- -Quando vuoi.- May aprì il portone di casa sua e aspettò che Carlo ripartisse. Arrivata nella sua camera si mise a letto e ripensò alla proposta di Carlo. Poteva considerarsi una proposta per un appuntamento? May pensò di si. Si era quasi dimenticata della retata della polizia e di Jess che non aveva ancora dato notizia, quando le squillò il cellulare all’arrivo di un sms. Era Jess: “serata FIGHISSIMA!! Max mi ha riaccompagnata a casa e TADAN: CI SIAMO BACIATI! Quant’è figo!!! E tu piuttosto? Chi sarebbe questo amico? Domani mi devi delle spiegazioni! Buonanotte.”. May era sollevata ad aver ricevuto finalmente notizie da Jess, ma decise di non rispondere. Sapeva che se l’avesse fatto, Jess non l’avrebbe lasciata dormire. Le avrebbe raccontato tutto con calma il mattino seguente. May chiuse gli occhi e in men che non si dica si addormentò profondamente. Nei suoi sogni ripercorse tutta la serata: la festa, la retata, il viaggio verso casa. Con un unico dettaglio in più: anche lei aveva ricevuto un bacio come Jess.

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