Eclisse
Eclisse
Ospedale di Satan
City.
Forse…forse
avrei dovuto mettere da parte l’Orgoglio.
Probabile.
Probabilmente
non avrebbe fatto nessuna differenza.
Ospedale di Satan City,
qualche tempo prima.
-…dai due
ai quattro mesi.-
Spengo la
sigaretta nel posa cenere dello studio medico.
Due mesi di vita.
-Mi
dispiace molto, signora Brief.-
Tipica frase di circostanza.
Guardo intensamente
fuori dalla finestra. Piove. Il cielo e di un grigio smorto.
Di un
grigio morto.
Come lo
sarò io fra pochi mesi. Maledizione.
Mi muovo
leggermente sulla sedia, continuo a non guardare il medico.
-Non c’è
niente che si possa fare?-
Ho sempre
guardato in faccia le persone. Ho sostenuto gli sguardi più duri della
galassia.
Quello di Vegeta ne è la prova…
-In tutta
sincerità…non credo. Con le chemioterapie potremo allungare di un paio di mes…-
No.
-No.-
Alzò gli
occhi. L’uomo che mi si presenta davanti è anziano, sulla sessantina, pochi
anni più di me, in fondo.
Ha occhi
di un verde acqua spento, senza quella luce che caratterizza lo sguardo di una
persona felice, e mi domando: Quante sicure morti avrà annunciato a pazienti
affetti da cancro? A pazienti come me?
-Signora
Brief, potrebbe risultare utile, inoltr…-
-Ho detto
no. Non mi sottoporrò a nessuna cura, di qualsiasi genere essa sia.-
In fondo,
dopo quello che ho passato in tutta la mia vita, non sarà così tragico.
In fondo,
sono gia morta una volta, no? E in circostanze anche peggiori.
Cosa
potrà mai essere un cancro in stato terminale ai polmoni confrontato con Freezer,
Cell o, addirittura con Majin Buu?
Niente. Non è assolutamente
niente.
Solo che questa volta non tornerai
in vita, Bluma.
Capsule Corporation.
15 novembre, ore 14.58.
È al cuore che lo sento.
Lì che sento il peso. Il peso
della malattia. Come se qualcosa me lo stesse stritolando, ma non fa male, è
soltanto…pesante, come un macigno.
Sospiro lentamente.
“-Ci vedremo fra cinque gironi, signora Brief.-“ ha detto il medico.
Inutile dire che non andrò da
nessuna parte.
Se è il cancro, l’ultimo nemico
della mia vita, mi vedrà morire a testa alta.
Sono arrivata a casa.
Nel giardino della Capsule,
osservo la nostra casa, la più grande
del quartiere.
Da bambina, orgogliosa mostravo
la mia casa alle compagne di scuola.
Da ragazza, invece, l’odiavo.
Troppo appariscente.
Entro nel ingresso. Dal salone,
sento distintamente la televisione accesa. È’ lì che mi dirigo.
Sul divano, Bra.
Si accorge della mia presenza e
si gira.
È sempre una sorpresa guardarla. Così
simile, eppure così diversa da me.
Porta i capelli lunghi, sciolti,
un vestito di lana bianco ed ha i piedi nudi.
Mi sorride. Ricambio.
-Salve, tesoro. Tuo padre?-
-Secondo te? Nella Gravity Room, ancora. Prima è uscito, e si è messo a
sbraitare per il fatto che il pranzo non era pronto,- alza gli occhi al cielo –e
poi si è rintanato ancora lì dentro. Non lo capisco affatto…infondo siamo in un
periodo di pace da quanto? Dieci anni? Ma continua a passare ventitre ore su
ventiquattro rintanato lì dentro.-
Sorrido leggermente, -Tuo padre è
sempre stato così. -.
-Bhè
mamma, allora ti dovrebbero
proclamare santa! Vado in camera, ho promesso a Pan che la chiamavo,
dovvevamo discutere su deklle cose riguardo il martimonio..-
Bra si allontana.
Mi sfilo da dosso il cappotto blu
e i guanti neri; mi dirigo verso la Gravity
Room. Da dentro di essa, sentro le vostre voci. C'è anche Trunks con te.
Ed io non so cosa fare.
Sospiro, è una cosa che ho fatto troppo spesso nelle untime ore.
Appoggio
una mano sulla grande porta di metallo, stessa porta che costruì
io, anni addietro. Quando ancora ignoravo che la vita mi avrebbe messo
davanti a questa, ultima, prova.
Riesco a sentrire le vibrazione all'interno della camera.
Ci state dando sotto, tu e Trunks.
D'altronde, hai sempre fatto sul serio.
Sospiro di nuovo, promettendomi che è l'ultimo della gironata, e faccio marcia indietro.
Il metallico, ma familiare rumore dell'ingresso della GR che si apre e si richiude, e i vostri, i tuoi, passi inconfondibili, mi gelano il sangue nelle vene.
-Mamma!-
Forza di volontà, ora mi servi. Mi volto e sorrido.
Un sorriso vero, quello di una madre che vede il proprio figlio sorriderle.
Trunks si avvicina e bacia sulla guancia.
Tu non hai mai fatto cose del genere, ne io ti ho mai chiesto di farle. Mi hai sempre ricambiato in altri modi.
Semplicemente, tu, sei rimasto con me.
Ora ti avvicini.
-Donna.-
Semplicemente, tu, mi hai permesso di diventare la tua donna.
-Dove sei stata?-
Ed è panico. Non sono mai riuscita a mentirti. Mai.
Non c'è ne mai stato bisogno.
Ma ora...
Mi
fa sempre uno strano effetto guadrati. Tu, che sei rimasto giovane
nonostante i tanti anni trascorsi. Identico a quando ti accosi in casa,
prima dell'arrivo di Cell.
All'epoca
stavo con Yancho. Ricordo distintamente quando ti offrì la
possibilità di restare alla Capsule. Non ci pensai neanche, le
parole mi scivolarono dalla bocca involontariamente.
Riesco
a ricoradre che ti diedi quei vestiti, quel pantalone giallo e quella
camicia rosa, per scherzo, più che altro. Non avrei neanche
immaginato che lì avresti indossati davvero.
Invece...quando ti vidi...una specie di formicolio, una scarica elettrica e poi, da lì, è iniziato tutto.
Quel tutto sta per finire, Bulma.
-Sto aspettando una risposta, donna.-
-Sono...sono stata da Chichi, sui Paoz.-
Il tuo sguardo si fa più intenso, mentire non è mai stato il mio forte.
Maledizione. Cosa devo fare?
-Tsk,
quella feccia che è la famiglia di Karoth è da evitare.-
mi dici, guardandomi sempre in quel modo, come se sapessi leggermi
dentro.
-Non ti rispondo perchè so che non dici sul serio.-
-Pensala come vuoi.-
E mi sorpassi, mi passi accanto, quasi mi sfiori e sei bollente, caldissimo.
Come sempre.
Sei sempre stato caldo, è una delle cose che amo di te.
-Trunks, muoviti!-, la tua voce arriva dalla stanza accanto, Trunks si gratta la testa e mi saluta.
-Ci vediamo dopo, tesoro. E se torni a casa tua avvertimi, così ti preparo qualcosa da mangiare che ti puoi portare.-
-Grazie, mamma.- e raggionge suo padre.
Il
fatto che Trunks avesse deciso di andare a vivere pe conto suo, fino a
ieri sera, mi sembrava la cosa più difficile da accettare in
questo periodo, anche se, ormai, vista la sua età, mi sembrava
inevitabile.
Oggi, invece, mi sembra un sollievo.
Una persona che amo in meno da affrontare.
Ma la mia preoccupazione, sei tu, Vegeta.
Entro nella nostra camera da letto, e mi guardo allo specchio.
Sono invecchiata, mentre tu non sei cambiato di un virgola, ma non potrebbe importarmene di meno.
Riflettendo la mia immagine vecchia e malata mi chiedo:
Come posso dirtelo che sto per lasciarti?
Come posso lasciarti?
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