La Nuova Forza Portante Della Volpe (Kurama's New Jinchuuriki)

di ELIOTbynight
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La bimba prodigio ***
Capitolo 2: *** La pecora nera ***
Capitolo 3: *** Un confronto con il passato ***
Capitolo 4: *** Lavoro ***
Capitolo 5: *** Istinto di protezione ***
Capitolo 6: *** L'aggressione ***
Capitolo 7: *** Il genio all'opera ***
Capitolo 8: *** I nuovi genin ***
Capitolo 9: *** Il test dei campanelli ***



Capitolo 1
*** La bimba prodigio ***


Buongiorno! Oppure buonasera o buon pomeriggio, che dir si voglia! ;)
Sono supermegaarci emozionata all'idea di pubblicare questa long fiction, la mia prima long su un anime/manga! L'avevo in mente da molto tempo e avevo intenzione di aspettare un po' e portarmi avanti con i capitoli, prima di iniziare a postarla... ma non ho resistito! *w*
Non ho particolari avvertimenti da dare... Solo una costante che vedrete ad ogni capitolo: un'immagine (che troverete al fondo della pagina) e un brano della colonna sonora di Naruto! Sapete, mi sono sempre fatta aiutare dalla musica per ispirarmi e mi piacerebbe che, oltre alle parole, anche la musica vi evochi le stesse cose che ho immaginato io scrivendo questa storia.
Per il primo capitolo, ho pensato di consigliarvi Loneliness... Se la cercate su YouTube, la troverete sicuramente. Potete ascoltarla già dall'inizio, penso che dia l'atmosfera perfetta! Ma non fatevi ingannare dal titolo della canzone, altrimenti vi svia dalla vera atmosfera della storia. Lasciatevi guidare dalla musica... <3
Ma ora basta chiacchiere: buona lettura!


***


Naruto è diventato Hokage (ed era pure ora!), ma per portare avanti il suo lavoro ha bisogno dei suoi amici di sempre, che per fortuna non hanno mai smesso di stargli accanto.
Konoha e tutto il mondo ninja sono in tempo di pace, ma qualcuno trama nell’ombra, rispolverando pericolosamente il passato … e Kurama si prepara ad avere una nuova forza portante.
Si tratta della protagonista di una nuova generazione di ninja: il suo nome è Eri Uzumaki.

 
*



La Nuova Forza Portante Della Volpe


(Kurama’s New Jinchuuriki)

 




 
Capitolo 1: La bimba prodigio
*


Gli alberi di ciliegio erano davvero belli. La primavera era appena iniziata e già si manifestava in quella miriade di piccoli e graziosi fiori rosa. Leggeri e delicati, volavano via spinti da alcune lievi correnti fresche, ultimi rimasugli dell’inverno. Il gradevole fruscio dei petali che volteggiavano nell’aria si confondeva con le voci e le risate dei bambini che si fermavano a giocare all’ombra degli alberi, rincorrendosi o passandosi una palla. Sorridevano, pieni di energia e gioia di vivere.
Tra loro c’era una bambina altrettanto allegra, impegnata a inseguire un amichetto. Ad ogni movimento, i suoi lunghissimi capelli biondi e ricci riflettevano la luce del sole e i suoi occhi di perla, grandi e color del cielo, parevano sorridere insieme a lei.
La sua risata cristallina era simile a quella dei suoi coetanei, ma ad alcuni metri di distanza i suoi genitori riuscivano a distinguerla benissimo dalle altre. Seduti su un tronco, osservavano la loro figlia divertirsi con gli amici e quell’immagine allietò i loro cuori come nient’altro.
- Guardala, Naruto.- mormorò la mamma. - È davvero diventata grande.-
Il giovane padre non poté non sorridere, affascinato da quell’affermazione. Strinse di più la mano della donna che amava, facendo scontrare la testa con la sua. Con un sospiro, confermò:
- Sì, è incredibile. Cresce ogni giorno di più e io nemmeno me ne accorgo.-
La piccola si era fermata a riprendere fiato. Un’amica sembrò chiederle se stesse bene, ma lei sfoderò un gran sorriso rassicurante e tornò quasi subito a correre con gli altri.
- Diventa sempre più bella e forte.- aggiunse lui, con un po’ di emozione nella voce.
- Ha preso da te.-
Piacevolmente sorpreso, si voltò verso sua moglie e cercò il suo sguardo in mezzo a quei lunghi capelli scuri. Era una donna straordinaria; non smetteva mai di dimostrare l’immenso amore che provava per la sua famiglia.
Naruto notò che era arrossita e in uno slancio di tenerezza la guardò negli occhi, accarezzandole il viso.
- Non solo.- disse poi. - Ha ereditato il suo buon cuore da te, Hinata.-
Quest’ultima ebbe la sensazione di perdere un battito del cuore. A quello sguardo così intenso non si era mai abituata, ma non voleva certo farlo. Solo lui la faceva sentire così bene e voleva che fosse così per sempre.
Lentamente si sporse verso le labbra di Naruto e vi posò un bacio dolcissimo. Gli poggiò piano una mano sul viso, mentre lui arrossiva e ricambiava il bacio con altrettanta tenerezza. Si separarono dopo poco e si sorrisero a vicenda; infine Naruto fece scontrare la fronte con quella di Hinata, ridacchiando.
Spostando gli occhi di nuovo sulla loro piccola, i due notarono che il sole si stava abbassando e stava tingendo gli alberi di rosso. Hinata sospirò e disse:
- Tra non molto farà buio. Forse è meglio tornare a casa.-
- Per favore, restiamo ancora un po’.- replicò però lui. - Le ho promesso che avrebbe giocato a lungo.-
- Già, te ne eri persino dimenticato!- rise l’altra, prendendolo in giro.
Naruto si grattò la nuca con imbarazzo e tentò di giustificarsi con un sorriso forzato:
- Lo so, è che in ufficio avevo così tanto lavoro … Sono venuto di corsa, non ho avuto neanche il tempo di togliermi il mantello da Hokage!-
Infatti, Naruto aveva promesso alla sua figlioletta che dopo il lavoro l’avrebbe portata a giocare tra gli alberi con i suoi amici, appena fuori dalle mura del villaggio. Purtroppo essere Hokage aveva il suo peso e allora toccò a Hinata mantenere la promessa del marito, in attesa che quest’ultimo le raggiungesse.
Ripensando a quando era arrivato di corsa, tutto trafelato e ansioso di vedere se sua figlia fosse arrabbiata con lui per il ritardo, Hinata rise ancora e lo riprese:
- Sei la solita testa quadra!-
- Uffa, perché mi dici così, dattebayo??- esclamò Naruto, indispettito.
Proprio in quel momento, i due notarono che i bambini avevano smesso di rincorrersi ed avevano fatto capannello intorno ad uno di loro, che probabilmente era caduto. Guardando meglio, Hinata e Naruto si accorsero che a cadere era stata proprio …
- Eri!-
La piccola aveva uno sguardo sofferente ed era inginocchiata per terra. Altri bambini la stavano aiutando a rialzarsi, mentre lei cercava di ripulirsi la faccia alla meglio, poiché era caduta in mezzo alla polvere.
La sua mamma andò verso di lei, intenzionata a soccorrerla, ma Eri si rialzò da sola improvvisamente e cominciò a correre verso i genitori.
- Mamma, papà!- diceva in un lamento di dolore.
Quando Hinata si inginocchiò di fronte alla figlia, seguita da Naruto, si accorse che si era sbucciata un ginocchio e che questo sanguinava.
- Vieni qui, fammi vedere … - mormorò.
Eri fu circondata da alcune sue amichette ed aspettò che sua madre le curasse la ferita, senza battere ciglio. Il dolore provato quando era caduta le aveva subito fatto inumidire gli occhi, ma quando si era rialzata, non aveva più avvertito nulla e riusciva a stare in piedi. Nel frattempo, Naruto mandò via un po’ di terra dai suoi vestiti sporchi e si assicurava che stesse bene.
Hinata era sul punto di tirare fuori un fazzoletto per asciugare il sangue e coprire la ferita con un altro di essi, ma quando posò di nuovo lo sguardo sul ginocchio di Eri … la ferita non c’era più. Il sangue aveva sporcato la gamba della bambina, ma la sbucciatura era già sparita.
“Ma come? E’ già guarita?” pensò Hinata, che trasalì dallo stupore.
Vedendo che la madre non faceva nulla, Eri abbassò la testa e controllò il ginocchio. Non ebbe niente da dire, altrettanto meravigliata, ma le sue amiche iniziarono a commentare:
- Ehi, non c'è più niente sul tuo ginocchio!-
- E’ vero, prima usciva tanto sangue!-
La piccola attese che la mamma le desse una pulita, poi mise le mani sui fianchi e senza farsi troppe domande su quanto successo, esordì:
- Beh, non sarà una caduta a fermarmi. Forza, provate a prendermi!-
Detto ciò, riprese a correre come se niente fosse, inseguita dai suoi compagni. Hinata restò immobile con il fazzoletto in mano, sempre più stupita. Neanche Naruto riusciva a credere a quello che era appena accaduto.
Da un lato era felice che sua figlia stesse bene, ma dall’altro gli balenò un pensiero in testa. Provò una sensazione fin troppo familiare.
- Naruto … Eri è … -
Mosso dall’istinto, il giovane Hokage portò una mano al ventre, senza smettere di fissare Eri che rideva e giocava spensierata. Possibile che …?
- Eri è … è come te. Ha il tuo stesso chakra!- fece infine Hinata, che era giunta alla sua stessa conclusione.
A quelle parole, Naruto iniziò piano piano a credere che fosse davvero così.
Ma no, non era fattibile una cosa del genere! Negli scorsi sei anni lui e sua moglie avrebbero dovuto accorgersene. Eppure … eppure era successo davanti ai loro occhi, non potevano non crederci.
Pensieroso, aumentò la presa della mano sul ventre e si concentrò. Tutto normale; avvertiva sempre quella solita presenza dentro di sé.
Ma allora, perché sua figlia …?
 
- Ma come, non andiamo a casa, papà?-
La vocina chiara di Eri distolse Naruto dalle sue riflessioni. Abbassò gli occhi e notò che la piccola lo stava guardando con perplessità, sbattendo ripetutamente le palpebre, senza smettere di tenergli la mano.
Il padre si voltò e notò che in effetti avevano appena sorpassato la via di casa ed era parso perciò che la famigliola fosse diretta altrove. Hinata sorrise e lasciò che fosse Naruto a spiegare a Eri la situazione.
- Ci andremo, ma prima dobbiamo passare a trovare il maestro Kakashi.- disse lui, prendendo la figlia in braccio e soppesandola per riuscire a tenerla bene. - C’è una questione di cui dovremmo discutere con lui.-
- Il maestro Kakashi? Quello di cui mi avevate parlato?- esclamò Eri, entusiasta.
Le piaceva tanto quando i genitori le raccontavano avventure che avevano vissuto negli anni e il nome di Kakashi era stato fatto spesso a casa Uzumaki, ogni volta con lo scopo di far ridere.
Hinata se ne rese conto e confermò:
- Sì, tesoro, è proprio lui!-
- Che bello, evviva!!- fece Eri alzando un pugno in aria dalla felicità, mentre Naruto rideva di gusto.
Era sempre stata la sua gioia più grande vedere sua figlia e sua moglie ridere e non riusciva mai a trattenersi dal farlo insieme a loro. Non vedeva l’ora di far conoscere Eri al maestro: l’ultima volta che l’aveva vista era stato mesi prima, ma tra i due non c’era mai stata una vera e propria presentazione.
Ma soprattutto, Naruto voleva vedere Kakashi per parlargli di ciò che era avvenuto poco prima. Aveva dei sospetti, ma alcune cose ancora non quadravano. Aveva quindi bisogno di discuterne chiaramente con una persona di fiducia con una grande conoscenza del mondo ninja.
Sempre portando la piccola in braccio e camminando fianco a fianco con Hinata, il biondino si guardò in giro. La gente del villaggio stava rincasando; alcuni si voltavano verso di lui per salutarlo e Naruto ricambiava con un gran sorriso. Era Hokage ormai da qualche anno e i tempi in cui le persone dubitavano o avevano paura di lui erano lontani, anzi: finalmente aveva ottenuto il rispetto di tutti gli abitanti di Konoha, come aveva sempre desiderato. Dopo tanto tempo e tanta fatica, Naruto aveva fatto strada ed era diventato un eroe ancora più di prima. Non poteva essere più felice e soddisfatto.
Svoltando in un’altra via, un vecchietto passò vicino a loro ed alzò debolmente un braccio per salutare l’Hokage. Fu Eri a salutarlo per prima, sporgendosi dalle braccia del padre e salutando calorosamente con la manina. Era sempre stata una bambina allegra, con la voglia di trasmettere a tutti il suo ottimismo.
- Ma chi si vede all’orizzonte … Naruto, Hinata, come va?-
Una voce nuova fece girare la bimba nella direzione in cui stavano camminando i genitori, che si fermarono sorpresi. Davanti a loro, un ninja dagli strani capelli grigi a spazzola e gran parte della faccia coperta stava rivolgendo un’occhiata amichevole alla famiglia.
Naruto allargò un sorriso ed esclamò:
- Kakashi-sensei, stavamo per venire a trovarla! Stiamo tutti bene, e lei?-
Incuriosita, Eri tacque. Se Hinata le aveva trasmesso qualcosa, quella era la timidezza. Restò aggrappata in braccio al papà, aspettando che poi fossero lui e la mamma a presentarla al maestro Kakashi.
- Anche io sto bene, faccio un po’ la solita vita … - fece quest’ultimo pigramente, prima di notare la figlia del suo allievo. - Uh? Ma guarda un po’, c’è anche la piccola Eri!-
Sentendosi nominare, la bambina arrossì. Naruto la mise giù, mentre Hinata la incoraggiò:
- Forza, vai a salutarlo.-
Eri stette immobile sul posto per un momento, incerta. Kakashi, nel frattempo, si abbassò per poterle stringere la mano e farla sentire a suo agio. A quel punto, vinta dalla curiosità, la piccola si avvicinò a lui e mormorò:
-  Salve, maestro … -
Il jonin non riuscì a non intenerirsi di fronte a quegli occhietti così vispi, nonostante l’atteggiamento di imbarazzo manifestato dalla bambina. Era l’esatta e perfetta unione tra Hinata e Naruto, non smetteva mai di ripeterselo ogni volta che la vedeva. Era contento di potersi finalmente presentare come si deve.
- Accidenti, Eri! Dall’ultima volta che ti ho vista sei diventata parecchio robusta.- disse, poi sollevò una mano e la poggiò amichevolmente sulla sua testa bionda. - Sono sicuro che tra qualche anno sarai una ragazza bellissima!-
Eri divenne ancora più rossa ed abbassò lo sguardo dall’imbarazzo, accennando appena un sorriso. I genitori si scambiarono un’occhiata d’intesa e ridacchiarono, come per concordare con l’affermazione di Kakashi.
Il maestro, per sciogliere la tensione e far ridere anche la piccola, aggiunse:
- Mi raccomando, non diventare una testa quadra come tuo padre!-
- Ehi, perché oggi continuate a dirmelo tutti, dattebayo??- ribatté prontamente Naruto, accigliato.
A quello scambio di battute, Eri non poté resistere e scoppiò a ridere di cuore, seguita dalla mamma e dal maestro. Alla fine, contagiato da tutti, anche Naruto si mise a ridere con loro.
E mentre alle loro spalle il sole andava a dormire dietro le montagne, Kakashi accolse la piccola famiglia nel suo modesto appartamento da scapolo quarantenne.
 
Seduta sul tappeto, in un angolino della stanza, Eri sfogliava distrattamente una vecchia rivista. Non guardava davvero le figure o le scritte … pareva piuttosto persa nei suoi semplici pensieri da bambina.
Ciò fu comodo per i suoi genitori e per il maestro Kakashi, che poterono quindi discutere serenamente, visto l’argomento della loro conversazione.
- Allora, volevate parlarmi di qualcosa?- chiese Kakashi con cordialità, accomodandosi al tavolo dopo essersi assicurato che Eri non mettesse le mani su “Le Tattiche Della Pomiciata”.
Naruto e Hinata misero giù le loro tazze di tè e si scambiarono un’occhiata complice. L’Hokage si schiarì la voce ed esordì:
- Si tratta di Eri.-
Il maestro alzò le sopracciglia, incuriosito.
- Cosa? La piccola Eri?- fece, voltandosi a guardare la piccola in questione.
Dopo averla osservata per un attimo, continuò:
- Oh beh, in fondo non c’è da stupirsi. Dopotutto Eri è la figlia dell’ultimo Hokage di Konoha, che è anche la forza portante della Volpe a Nove Code, nonché di colei che una volta era la capostipite del nobile clan Hyuga. Come potrebbe Eri essere una bambina normale con dei genitori come voi?-
A quelle parole, Naruto si passò una mano sulla nuca, dandogli ragione con imbarazzo.
- Sì, in effetti ce ne siamo resi conto anche noi, maestro Kakashi.- fece sorridendo, poi tornò serio ed espose la questione di cui voleva assolutamente parlare. - Vede, nostra figlia non si è mai ammalata seriamente. A parte qualche piccolo raffreddore, Eri è sempre stata sana come un pesce. Inoltre, quando prima al parco è caduta e si è ferita al ginocchio, non è rimasto nessun segno e il ginocchio è tornato a posto da solo in pochi attimi.-
- Mi stai dicendo che la ferita si è rimarginata immediatamente?- fece il sensei, cercando una conferma.
A quel punto intervenne Hinata:
- Sì, è così, maestro. Ecco, a me e Naruto era sorto un dubbio … -
Kakashi fece vagare lo sguardo nel vuoto, pensieroso. La situazione non gli parve affatto nuova.
Istintivamente gli tornò alla memoria l’immagine di una mano infilzata da un kunai. Era la mano di Naruto, che quando lui era appena genin si era pugnalato in un raptus di rabbia, probabilmente nei confronti di se stesso.
All’inizio a Kakashi non fu chiaro il perché si fosse ricordato di quell’episodio, ma poi si rese conto.
- Sì, anch’io ora sto pensando la stessa cosa, Hinata.- disse il maestro con serietà estrema, guardando però verso Naruto.
Quest’ultimo aveva capito che anche il maestro aveva il suo stesso sospetto, così chiese subito spiegazioni, battendo una mano sul tavolo e alzando il volume della voce:
- Maestro Kakashi, ma com’è possibile, ‘ttebayo? Sa bene che questi effetti li ho anch’io, ma sono causati dalla presenza di Kurama all’interno del mio corpo. Come può essere che anche Eri guarisca velocemente come me, senza il chakra di Kurama?-
Quella volta, la mano di Naruto era guarita in fretta, nonostante si trattasse di una ferita profonda. Kakashi aveva intuito subito che era la presenza della Volpe a Nove Code ad attribuirgli questa capacità e, in cuor suo, non aveva mai escluso la possibilità che la stessa cosa potesse succedere alla bambina.
Mantenendo la solita calma, domandò:
- … Non hai notato i segni sul viso?-
Dapprima stupito, Naruto ammutolì e rivolse un rapido sguardo verso Eri, come per avere un’ulteriore conferma di quel suo insolito tratto. In effetti, come suo padre, la piccola aveva dei segni sulle guance che ricordavano dei baffi felini. Non erano molto evidenti, ma pur sempre visibili e facevano di lei la fotocopia di Naruto.
Purtroppo l’Hokage non comprese immediatamente e sbottò:
- Certo, è una caratteristica fisica che ha ereditato da me, e allora?-
- Non sono dei segni qualsiasi … - aggiunse Kakashi. - Mi ricordano qualcosa. Tu sai di cosa parlo, non è vero, Naruto?-
A quel punto, anche l’altro capì a che cosa si riferisse il maestro. Era una teoria che Kakashi aveva in mente fin dalla nascita di Eri, ma che si avverasse, i genitori non ne avevano mai considerato davvero l’eventualità.
Naruto mormorò:
- Mi … mi sta dicendo che …?-
- Già. Probabilmente Eri ha ereditato una parte del chakra del demone attraverso il tuo patrimonio genetico. Sembra incredibile, ma potrebbe veramente essere così.-
Per tanto tempo Hinata e Naruto avevano messo da parte quell’ipotesi. Come avrebbe mai potuto il chakra di un cercoterio essere trasmesso geneticamente ad un figlio? Per di più, Eri aveva ereditato questo tratto genetico dal padre e non dalla madre: se la forza portante fosse stata Hinata, che aveva portato sua figlia in grembo per nove mesi, la cosa sarebbe stata più plausibile. Possibile che su tutte le probabilità esistenti, invece, Naruto le avesse trasmesso con il suo dna persino il chakra della Volpe?
La risposta era sempre stata no. Almeno fino a quel giorno.
Hinata, siccome la questione era piuttosto importante, si dimostrò preoccupata:
- Ma allora avremmo dovuto accorgercene molto prima …!-
- Forse è una parte di chakra talmente minima che non avrebbe mai potuto veramente manifestarsi.- ipotizzò Kakashi. - Eri ha più o meno il tuo stesso tipo di chakra, giusto, Naruto?-
- Sì … - annuì lui, altrettanto nervoso.
- Allora dovrebbe essere abbondante e resistente, proprio come il tuo. Se una piccola parte del chakra della Volpe è davvero presente dentro di lei, Eri non dovrebbe avere problemi a controllarla, se questa dovesse uscire fuori.-
Mettendo insieme i ragionamenti del maestro, questi come al solito filavano. Tuttavia, ai due ansiosi genitori sembrava incredibile quanto lui riuscisse a restare tranquillo, formulando un’ipotesi dopo l’altra come se si trattasse di una sciocchezza.
- Ma è solo una bambina!- fece Hinata, in parte stentando a credere alle teorie del sensei e in parte mostrando tutta l’apprensione di una madre.
Sempre fiducioso nella logicità delle sue supposizioni, Kakashi cercò di calmarla:
- Stai tranquilla. Anche se è ancora piccola, Eri è già molto forte, credetemi.-
Sul fatto che la piccola Eri fosse una bambina fuori dal comune, tutti erano d’accordo. Il fatto di avere due genitori come Hinata e Naruto la rendevano speciale agli occhi della gente. Anche che avesse ereditato una minuscola parte del chakra di un demone, ormai era stato appurato. Kakashi aveva ragione su ogni cosa, insomma.
Eppure, allo stesso tempo, Eri Uzumaki era una normalissima bimba di sei anni.
Siccome a Kakashi forse non era ben chiaro questo fatto, Naruto si alzò bruscamente in piedi e lo fissò con una serietà incredibile per uno come lui.
- … Questo non toglie che sia una bambina. La mia bambina.-
Quella frase risuonò nella stanza come un fulmine a ciel sereno. Neanche il maestro seppe come reagire e anche Eri aveva alzato la testa, incuriosita da quell’improvviso silenzio.
- Eri crescerà e diventerà una grande ninja, ma lo farà come tutti gli altri.- aggiunse poi Naruto.
- Che cosa vuoi dire?- disse Kakashi, interrogandolo con gli occhi.
Non capendo di cosa si stesse parlando, Eri tornò a sfogliare i suoi giornali, mentre suo padre spiegò:
- Voglio solo che Eri cresca nella più completa serenità. Io non ne ho avuto la fortuna … ma Eri merita il meglio e non voglio che sopporti le conseguenze della sua diversità come ho fatto io.-
Solo allora il maestro Kakashi si accorse che era quella, l’unica reazione che si sarebbe dovuto aspettare da un padre.
- Devo dedurre che non hai intenzione di dirle nulla riguardo alla Volpe?-
- Esattamente.- annuì Naruto, sempre più convinto. - Hinata … sei d’accordo con me?-
Lei gli sorrise e rispose:
- Certo, Naruto-kun. Quando Eri sarà più grande e matura, allora potrà prendere coscienza della sua diversità.-
Nonostante il maestro pensasse che la cosa migliore fosse tenere la verità allo scoperto, sospirò e diede ragione ai due giovani genitori.
- Ho capito. Se è questo che volete, anche io sono d’accordo. In fondo è comprensibile da te, Naruto … -
- Grazie, maestro.- sorrise quest’ultimo, sollevato. - Chissà, quando Eri sarà cresciuta, potrei essere io stesso ad allenarla. Mi piacerebbe davvero tanto.-
Era appena calato il silenzio, in riflessione di ciò che aveva detto Naruto, quando un forte gorgoglio fu avvertito dai presenti. In un attimo, tutti fissarono Eri con perplessità. La piccola arrossì e si mise una mano sullo stomaco, ridacchiando con imbarazzo.
Eh sì, era ora di cena.
 
Si stava facendo sempre più buio. Kakashi alzò la mano in segno di saluto per un’ultima volta, sorridendo nella maschera. Eri ricambiò, girandosi verso il maestro e continuando a tenere la mano del papà. Quando ormai la famigliola era lontana, Kakashi sospirò e ripensò a ciò che aveva scoperto insieme a Hinata e Naruto.
Come era abituato a fare da qualche anno, si arrampicò su per il palazzo dove viveva, saltando da una ringhiera all’altra, per poi fermarsi sul tetto ed osservare la strada sotto di lui. Il suo sguardo si soffermò sulle figure lontane della famiglia Uzumaki.
“Naruto ha ragione a volere un futuro felice per sua figlia … ma spero si renda conto che Eri è destinata a non avere una vita facile,” cominciò a pensare lui. “Possiede i geni del clan Uzumaki e quelli del clan Hyuga; queste due famiglie sono lontanamente imparentate con il clan Uchiha e il clan Senju, che a loro volta affondano le loro radici proprio in lui … l’Eremita delle Sei Vie della Trasmigrazione.”
Kakashi si soffermò proprio sulla bambina, fissando i suoi lunghi capelli che si muovevano ad ogni passo. Pareva così pura e innocente … e in cuor suo, il maestro si augurò che restasse sempre così.
“Eri diventerà una dei più potenti shinobi della storia ed è probabile che dovrà affrontare dei nemici straordinariamente temibili proprio per questo motivo. Naruto, Hinata … vegliate bene su di lei.” pregò infine.
Alle sue spalle, Kakashi avvertì improvvisamente una presenza nota, seguita da una voce altrettanto familiare:
- Sono già andati via … -
Il maestro si girò e come si aspettava vide il suo vecchio amico dell’Arte del Legno.
- Tenzo! Qual buon vento?- disse, infilando stancamente le mani in tasca.
- Quante volte ti ho detto che preferisco essere chiamato Yamato?- ribatté l’altro, lanciando al collega un’occhiata storta. - Ad ogni modo, sono passato perché volevo salutare Naruto, Hinata ed Eri. Li avevo visti parlare con te, ma avevo prima una commissione da sbrigare. Ora che stanno andando a casa, però, penso sia meglio lasciarli tranquilli. Passerò nei prossimi giorni a trovarli.-
- Già. Naruto ha avuto l’ennesima giornata lunga, piena delle solite scartoffie. È per questo che ho lasciato l’incarico a lui dopo qualche anno dalla mia elezione.-
Pur sapendo che era ironico, Yamato mise le mani sui fianchi con severità e lo rimproverò:
- Kakashi, sei sempre il solito. Rinunciare al titolo di Hokage pur di non doverti occupare di tutte quelle pratiche, per poi permettere che sia il giovane Naruto a farlo. Di’ un po’, non ti vergogni?-
L’altro passò mentalmente in rassegna il breve periodo in cui era stato ufficialmente Hokage. Dopo la tragica scomparsa di Tsunade, l’incarico era stato assegnato a lui; dopotutto già una volta era stato pensato come suo successore. Il motivo per cui aveva accettato di diventare Hokage era il semplice fatto che Naruto non era ancora pronto per ricoprire una carica simile. Era troppo giovane e inesperto, aveva prima altro da imparare. Con gli anni, Naruto raggiunse una maggiore maturità e quando Kakashi si rese conto che il suo ex allievo sarebbe stato un Hokage migliore di lui, non esitò a passargli il testimone.
- Piantala, Yamato.- sbottò quindi lui. - Sai bene che Naruto merita il titolo di Hokage più di chiunque altro … e più di chiunque altro, lui ci tiene.-
- Sì, stavo solo scherzando. Lo conosco, infatti non avevo dubbi sul fatto che sarebbe riuscito a cavarsela, nonostante non sia adatto per stare in ufficio tutto il giorno.- rise l’altro, dandogli ragione.
Kakashi sorrise a sua volta, tornando a guardare nella direzione in cui era sparito Naruto. I suoi occhi non mentivano: erano pieni d’orgoglio.
- Ma certo, che se l’è cavata. Come sempre, d’altronde.-
 
 





*










Vi ringrazio infinitamente per aver letto fino a qui, minna! *-*
Ed ora, l'immagine che vi avevo promesso... è una fanart, come quasi tutte le immagini che vedrete, ma l'ho trovata molto carina! La bimba somiglia tantissimo ad Eri! <3

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Spero che il capitolo vi sia piaciuto e spero altrettanto vivamente che mi lasciate qualche recensione! Mi piacerebbe tantissimo sapere se è il caso che continui a postare... fatemi sapere!
Ringrazio tutti tantissimo e vi mando un bacio! :*


Eliot ;D

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Capitolo 2
*** La pecora nera ***


Caspita, non pensavo di postare così in fretta il secondo capitolo! Vi ringrazio se avete letto pazientemente tutto il primo e sono ancora più contenta sapendo che se siete qui, la storia vi ha incuriosito! ^^
Ne approfitto per ringraziare ancora chi ha recensito e messo la storia tra le preferite, le seguite o le ricordate! Significa molto per me... <3
Proseguiamo dunque con il secondo capitolo. La soundtrack che vi consiglio questa volta è il tema di Sasuke della prima serie di Naruto. Per trovarlo su Youtube basta digitare "Sasuke's Theme" e il gioco è fatto. Lo avrete sicuramente sentito... Si adatta più o meno a tutte le scene del capitolo, ma l'atmosfera con cui si sposa di più è secondo me quella dell'ultima scena.
Ora vi lascio, non prima di avervi ringraziato ancora per essere qui! Buona lettura... :*




*





Capitolo 2
: La pecora nera



La piccola Terumi aprì leggermente gli occhietti neri. La camera le parve così grande e sfocata al punto da avere la sensazione che non fosse neanche più la sua. Sbatté le palpebre un paio di volte e cercò di mettere a fuoco ciò che vedeva, ma non appena si sforzò di farlo, l’ennesimo violento colpo di tosse le strinse la gola e gliela fece bruciare.
Il silenzio della casa era rotto soltanto dai suoi lamenti, come quasi ogni sera. In quel momento della giornata, la dimora degli Uchiha diventava un luogo più triste. La maggior parte delle attenzioni erano su di lei, Terumi, la più piccola di casa. I suoi lunghi capelli viola erano sparsi sul cuscino e si confondevano con la penombra della sua stanza, mentre il suo viso era pallido come sempre. Stesa sul tatami e coperta da un lenzuolo, la bambina respirava a fatica … e sopportava.
Un tocco morbido e leggero la sorprese. Qualcuno le stava passando un panno umido sulla fronte, asciugandole il sudore.
- Mamma … sei tu?- mormorò lei con un filo di voce.
Sakura si stava prendendo cura di sua figlia, come faceva da sempre. Con sguardo teso e preoccupato, tamponò la fronte e il viso della bimba con quella striscia di stoffa, per poi accostare le mani al suo petto ed emettere un po’ del suo chakra, pulsante e color smeraldo.
- Non sforzarti, tesoro. Vedrai, tra poco il dolore passerà.-
Avvertendo un po’ di sollievo, Terumi aprì gli occhi senza molta difficoltà e girò la testa verso Sakura, annuì e domandò a voce bassissima:
- Mamma, quando potrò andare a giocare con mio fratello?-
- Presto, Terumi.- le sorrise finalmente Sakura. - Se non sbaglio, aveva anche intenzione di allenarsi con te.-
A quel punto anche Terumi riuscì ad allargare un sorriso e disse ridacchiando:
- Che bello!-
Purtroppo, l’uso della voce le provocò un altro attacco di tosse. La madre, che tornò seria e preoccupata, non smise nemmeno per un momento di usare il suo chakra per alleviarle i dolori pettorali e addominali. La bambina, per fortuna, non tossì troppo a lungo e riuscì a respirare di nuovo regolarmente.
Aveva solo tre anni, ma Terumi riusciva a notare tutto. I suoi potentissimi occhi non mentivano.
Anche stavolta la sua mamma aveva lo sguardo fisso nel vuoto e il viso contratto in una smorfia seria. Era ormai di routine vedere quell’espressione sulle facce della mamma, del papà e del fratello più grande.
Terumi Uchiha era nata con un debolissimo sistema immunitario. Dire che fosse cagionevole di salute, era dire poco. I giorni in cui poteva andare a giocare, divertirsi e sorridere senza stancarsi, erano rari come dei giorni di festa. Sembrava proprio che fosse destinata a vivere così, perciò sia lei che la sua famiglia ci fecero l’abitudine.
Se questo rappresentasse un peso per i suoi genitori e suo fratello, Terumi se l’era chiesto a lungo. Grazie all’intelligenza e all’intuito che in qualche modo compensavano la sua poca salute, la piccola aveva capito di non essere una figlia normale e che se il suo corpo fosse stato più forte, lei e la sua famiglia avrebbero avuto una vita migliore. Mamma e papà continuavano a incoraggiarla e a darle tutto l’amore del mondo, ma Terumi non riusciva a fare a meno di pensare che, in fondo in fondo, la sua famiglia soffriva per causa sua.
Quando una notte Terumi sorprese sua madre a piangere a dirotto parlando di lei con il marito, in lei si scatenò un dolore più grande di quelli fisici a cui era abituata. L’idea di far soffrire la sua famiglia era insopportabile e talmente enorme che i suoi occhi non si limitarono a sgorgare lacrime: si trasformarono e presero la forma del famoso Sharingan.
Terumi si era ormai calmata. Sospirando di sollievo, Sakura sorrise e si rialzò in piedi.
- Ora riposati. Vado a prepararti qualcosa di speciale!- fece poi.
L’altra le sorrise di rimando e sussurrò:
- Ti voglio bene, mamma.-
Stava già uscendo dalla camera, quando la madre trasalì e si immobilizzò sul posto. Improvvisamente avvertì un bruciore agli occhi, che le si inumidirono.
- Anch’io, tesoro mio … - mormorò infine con una gran commozione nella voce.
Sakura trovava sempre incredibile la forza di sua figlia. Aveva sopportato le pene dell’inferno fin da quando era nata ed aveva imparato subito a non arrendersi.
Quando la donna si affacciò nel corridoio, vide che ad aspettarla c’era suo marito, Sasuke Uchiha, il capofamiglia. Stava appoggiato con la schiena alla parete, le braccia incrociate sul petto e il solito sguardo pensieroso.
- Ehi, Sasuke.- lo apostrofò lei, asciugandosi le lacrime. - Immagino che tu voglia scambiare due parole con Terumi.-
Staccandosi dal muro, il nuovo responsabile delle forze speciali ANBU – eletto personalmente dal suo migliore amico – disse semplicemente:
- Lasciaci soli un momento.-
Sakura non replicò e lo lasciò passare. Lui aprì la porta e l’espressione seria e concentrata che aveva di solito in viso si tramutò in un piacevole sorriso non appena vide sua figlia.
- Ehi, piccolina!- esclamò, avvicinandosi. - Tranquilla, in un attimo sarai di nuovo in forma.-
Terumi mosse la testa e spalancò gli occhi con felicità, dicendo:
- Ciao, papà. Non vedo l’ora di allenarmi con Shuichi-nii-san!-
Sasuke si sedette accanto a lei e le accarezzò i capelli. Quella bambina era il suo orgoglio. Lottava, lottava e ogni giorno usciva vincitrice dalla sua battaglia con la malattia. Non si arrendeva mai, proprio come le aveva insegnato lui.
- Questo mi fa davvero piacere … - commentò, mentre Terumi si godeva le carezze affettuose del papà.
Perdendosi nella sua solita miriade di pensieri, dopo un po’ Sasuke smise di accarezzarla e la osservò con severità, domandandole:
- Ricordati, che cosa ti ho detto riguardo all’uso del chakra?-
Dapprima stupita, la piccola tacque, ma poi rispose, cantilenando:
- Di non usarlo per guarire più in fretta.-
Il padre aveva dedotto che Terumi, quando prima non riusciva a vedere bene, aveva sentito la tentazione di attivare lo Sharingan per evitare di avere ancora la vista appannata. Tuttavia, nelle sue condizioni, la bambina non poteva permettersi l’uso ricorrente della sua abilità innata, per via del grande consumo di chakra e di energia che lo Sharingan necessitava.
Soddisfatto della risposta della figlia, Sasuke fece per rialzarsi in piedi.
- Bravissima.- commentò intanto. - Risparmialo per il tuo allenamento, mi raccomando!-
Terumi acconsentì con un lieve cenno della testa e un piccolo sorriso, poi, catturata dalla stanchezza, abbassò le palpebre per un breve sonnellino. Rivolgendole un’occhiata apprensiva, il padre chiuse cautamente la porta e trovò Sakura ad aspettarlo con un’espressione rassicurante, che però nascondeva la solita preoccupazione.
- Sakura, pensi che Terumi migliorerà?- chiese lui, avvicinandosi alla donna amata.
Prendendogli le mani in un tentativo di conforto, lei sospirò:
- Non ne ho la certezza, purtroppo. Sono preoccupata anch’io, lo sai … e sai anche quanto mi sto impegnando per trovarle una cura definitiva. Naruto mi ha dato la sua completa disponibilità per qualsiasi cosa che possa aiutarmi allo scopo.-
- Bene.- annuì il ninja. - Spero che Terumi resista il più possibile.-
- Non ti preoccupare, Sasuke. Terumi è forte.- affermò poi Sakura con convinzione, ricevendo un lieve sorriso di approvazione.
Non lo diceva tanto per dire e non si riferiva solamente al fatto che la loro figlia non si arrendeva mai: anche quando si parlava di talento come ninja, Terumi era un fenomeno.
Era già stato eccezionale che sviluppasse lo Sharingan a soli tre anni, ma era altrettanto straordinaria la disinvoltura con la quale Terumi lo padroneggiava così bene. In pochissimo tempo aveva imparato a sfruttare il chakra nel modo giusto, concentrandolo negli occhi, e si rivelò subito un vero portento per quanto riguardava le arti illusorie, al punto che inizialmente ipnotizzava le persone senza nemmeno farlo apposta. Quando un avversario cadeva vittima di una sua illusione, i tomoe che si irradiavano dal centro delle sue pupille parevano persino ruotare. E non c’era alcuna via di scampo.
Considerate le abilità della piccola Terumi, Sasuke fu il primo a dimenticare le difficoltà della malattia e il peso che questa potesse rappresentare per la famiglia. Se tutti quei sacrifici avevano portato ad un risultato del genere, allora ne era valsa la pena; ciò pensava lui e a seguire la moglie e il figlio maggiore.
Dopo aver delicatamente baciato il marito su una guancia, Sakura si congedò dicendo:
- Vado ad occuparmi della cena … -
L’altro annuì, più sereno. Aveva già dimenticato la sua apprensione verso Terumi, quando una figura familiare piombò nel corridoio e fece per allontanarsi a passo veloce.
- Fermati un attimo, tu!- esclamò Sasuke, risoluto come solo lui sapeva essere.
Quell’ombra si bloccò di scatto. Due grandi occhi, verdi e tremanti come le foglie di Konoha, osservarono Sasuke.
- … Sì, papà?-
Shuichi Uchiha, il primogenito della famiglia, si girò completamente verso il padre, scuotendo l’abbondante chioma di capelli neri che aveva.
Il ninja si mise a braccia conserte e domandò, come se stesse iniziando la prima fase di un lungo interrogatorio:
- Che stai facendo?-
Il bambino passò distrattamente una mano tra i capelli ed esitò prima di rispondere.
- Oh, niente … - divagò con imbarazzo. - Stavo solo andando fuori.-
- Mmh.- fece Sasuke con sguardo inquisitorio, mentre il figlio lo fissava con soggezione, poi proseguì: - Dove sei stato oggi?-
Il piccolo cominciò ad avvertire il sudore freddo sulle tempie e balbettò:
- Ecco, son-sono stato in giro … Mi sono arrampicato un po’ sugli alberi … -
Sasuke sospirò a bocca chiusa, immobile e rigido come una roccia. La sua espressione severa non accennava a cambiare. Shuichi lo sapeva bene e si limitò a tacere, attendendo una risposta con il cuore in gola.
Aveva sempre provato una certa soggezione nei confronti del padre. Ogni volta che lo vedeva, non poteva non pensare alle voci che circolavano sul suo conto, sul suo passato tormentato, sul ruolo autoritario che aveva ora nel villaggio. Più lo guardava, più si paragonava a lui, sentendosi sempre più minuscolo. Quando Sasuke attivava lo Sharingan, poi, la soggezione si tramutava in vero e proprio terrore.
Qualche istante più tardi, il padre sentenziò:
- Domani, quando torno, ci alleniamo sugli shuriken. Non vorrei che ti fossi già arrugginito.-
- D’accordo.- mormorò l’altro, tornando finalmente a respirare.
Il bambino si stava già girando per andarsene, ma la voce del papà lo fece sobbalzare e gli bloccò ogni movimento.
- Ah, un’altra cosa.-
Il battito cardiaco accelerò. Con gli occhi sbarrati dalla paura, il piccolo si voltò lentamente, tremando. Non ebbe nemmeno il coraggio di guardarlo nei suoi potenti occhi.
- Hai promesso a tua sorella che dopo la sua guarigione vi sareste allenati insieme … Cerca di non dimenticartelo.-
Queste parole si fissarono ben bene nella mente di Shuichi, che annuì flebilmente e rispose a bassa voce:
- Certo, papà.-
Sapendo che Sasuke non l’avrebbe più ripreso, si allontanò sospirando di sollievo, avvertendo però ancora quello sguardo che in silenzio l’osservava. Il piccolo Uchiha uscì e percorse il vialetto di casa con passi piccoli e lenti, quasi barcollando. Quando giunse al muretto che dava direttamente sulla strada, spiccò un salto e ci si sedette, raccogliendo le ginocchia al petto come per nascondere il viso in mezzo ai tanti capelli neri che aveva.
“E’ colpa mia”, pensava sempre.
Per quanto si sforzasse, non riusciva a ricordare molto bene il sorriso del papà. Non ricordava che gli avesse mai detto “ti voglio bene” o “sono fiero di te”. I piccoli trionfi da bambino che Shuichi voleva condividere con lui non gli bastavano per ottenere da lui un po’ di vero affetto. Aveva la sensazione che tutto quello che già faceva non fosse mai abbastanza. Sasuke voleva di più.
Tuttavia, Shuichi non si sarebbe mai permesso di pensare che suo padre pretendesse troppo. Naturalmente, da fratello maggiore, era costretto a dare il meglio di sé per Terumi, aiutarla e proteggerla. Ma oltre a dover essere un fratellone premuroso, lui era il primogenito del clan Uchiha. Era d’obbligo essere il migliore, proprio come il papà lo era stato anni prima.
Shuichi sapeva di avere un cognome famoso, per un motivo o per l’altro. Tutti dovevano portare un gran rispetto per gli Uchiha, secondo Sasuke, e ciò non sarebbe stato possibile se un membro del clan non fosse stato degno di chiamarsi tale. Il piccolo ce la metteva tutta, eppure suo padre continuava a sentirsi quasi offeso, ogni volta che pensava al figlio e al fatto che ancora non aveva risvegliato lo Sharingan, mentre la sua sorellina di tre anni già lo sapeva utilizzare. Non aveva ancora svelato un talento particolare, non aveva nulla che avessero i suoi antenati. Sasuke era ansioso di far rivivere il clan, ridandogli la gloria di un tempo, onorando la memoria dei grandi Uchiha del passato come il fratello Itachi … e invece, con un figlio del genere, sapeva di non poterci riuscire. Trovava sempre qualcosa da rimproverargli, non era mai soddisfatto.
Ma a lui, al piccolo Shuichi, andava bene così.
In fondo, cosa poteva volere di più un bambino, se non la felicità dei genitori? Ogni cosa che faceva era una sfida, un pretesto, un’occasione per dimostrare il suo valore e rendere Sasuke orgoglioso di lui. Eppure, di solito, falliva. La ragione non era poi così difficile: il piccolo Shuichi era di indole pacifica e non avrebbe fatto del male a una mosca. La sua infinità bontà e lo splendore del suo cuore lo rendevano diverso da tutti gli Uchiha che lo avevano preceduto e dall’oscurità che aveva caratterizzato la storia del suo clan. Non era il figlio che Sasuke avrebbe voluto, non era nato all’altezza delle sue aspettative.
E proprio quando, poco prima che iniziasse a frequentare l’Accademia Ninja, Shuichi stava per incupire il suo carattere e tirare fuori l’aggressività e la forza che secondo suo padre lo avrebbero probabilmente reso degno di essere un Uchiha … un incontro del tutto casuale, senza che lui se ne rendesse conto, gli avrebbe di lì a poco cambiato la vita.
 
Persa nei suoi pensieri, la piccola non si accorse subito di lui.
Teneva la mano ad entrambi i genitori, felice come una pasqua. Non vedeva l’ora di arrivare a casa e farsi una bella scorpacciata di ramen; fortuna che la mamma aveva promesso di cucinarlo!
Le strade erano quasi vuote e tutta Konoha si avvicinava al suo riposo notturno. Eri iniziò a guardarsi in giro, stupita di come il villaggio potesse ammutolirsi così tanto. Lo sguardo le si posò su un bambino accucciato su un muretto, dall’enorme chioma di capelli neri e gli occhi insolitamente chiari per un tipo del genere.
No, non erano dei semplici occhi più chiari del normale. Erano gli occhi più tristi che Eri avesse mai visto.
La bambina non riuscì nemmeno a definire lo stato d’animo che quel ragazzino potesse avere. Pareva tristezza, ma forse non era esattamente così. Forse, forse c’era qualcos’altro.
Quegli occhi miravano a terra, su un punto impreciso della strada, eppure sembravano dover esplodere da un momento all’altro, da quanto aiuto chiedevano. E l’unica ad essersene accorta era lei, Eri, che si soffermò a fissare quell’espressione sconsolata nonostante dovesse continuare a camminare.
La sua curiosità la portò a porsi mille domande senza risposta. I pochi attimi in cui poté vedere chiaramente gli occhi di quel bambino furono interminabili. Qualcosa la colpì, dritto in fondo al cuore. Uno strano impulso, una sensazione che d’istinto la fece fermare sul posto.
Naruto e Hinata, stupiti, restarono a guardare la figlia. Stavano per chiederle spiegazioni, ma videro una scintilla particolare nel suo sguardo e sul momento non seppero cosa dire.
- Potreste aspettarmi qui un minuto?- mormorò Eri, supplicandoli e avvicinando le mani al cuore.
Non conoscendo ragioni per dissentire, i due annuirono e la osservarono sorridere e poi cominciare a correre verso quel bambino, che ancora non avevano notato.
Shuichi non si era accorto di lei, o meglio, non ci aveva fatto molto caso. Solo quando Eri smise di correre e gli si impalò di fronte, sollevò la testa per capire cosa stesse succedendo.
Una graziosa, anzi, meravigliosa bambina dai lunghi riccioli d’oro e due splendidi occhi celesti gli stava sorridendo, tenendo le mani dietro la schiena.
“Chi è questa ragazzina così bella?” si ritrovò a chiedersi lui, diventando leggermente rosso.
Soddisfatta di aver ottenuto la sua attenzione, Eri si decise a fargli la sua domanda:
- Ciao! Perché te ne stai qui tutto solo?-
Shuichi voleva risponderle, ma si limitò a sbattere le palpebre, meravigliato. Gli risultava ancora difficile credere a ciò che gli stava accadendo.
Lei non badò molto alla sua reazione e amichevolmente proseguì:
- Il mio nome è Eri Uzumaki … e tu come ti chiami?-
Ripresosi dallo shock iniziale, l’altro scosse la testa e allo stesso tempo gli esagerati capelli.
- Io … mi chiamo Shuichi Uchiha.- disse poi, incuriosito.
- Uchiha?-
Eri smise di sorridere e, sorpresa di sentire quel cognome non esattamente nuovo, lo guardò sbigottita. Il cambio di espressione fece preoccupare il piccolo Shuichi, che temette di fare brutta figura come al solito, solo perché il clan Uchiha era conosciuto da molti come un clan maledetto e martoriato da tragedie su tragedie.
- Ma allora il tuo papà è amico del mio!- esclamò poco dopo lei, ricordando di aver sentito quel cognome proprio dal padre. - Forse anche tu ed io potremmo essere amici.-
Ancora più meravigliato, Shuichi balbettò:
- Cosa? D-Dici davvero?-
- Sì!- confermò Eri con un sorriso smagliante.
Che piacevole calore nel cuore sentiva ora il piccolo Shuichi!
Non aveva mai ricevuto tanti sorrisi e tanta attenzione incondizionata da qualcuno che non fosse un familiare. Durante le sue giornate se ne stava da solo a gironzolare per il villaggio e per la foresta circostante; gli alberi e le facce degli Hokage scolpite nella pietra parevano le sole cose che davano ascolto ai pensieri del bambino.
Almeno fino a quel momento.
Gli occhioni verdi gli si illuminarono e un sorriso enorme si dipinse sul suo volto.
- Va bene.- disse, alzandosi in piedi. - Da adesso in poi, saremo amici!-
Aveva pronunciato quella frase con una felicità immensa. Eri era la sua prima vera amica e senza che lui se ne fosse accorto, poiché era ancora piccolo, gli aveva appena salvato la vita.
Ormai il cielo era violaceo e le prime piccole stelle arrivarono ad anticipare la notte, ma le risate dei due bambini splendevano come il sole. I due ancora non riuscivano a credere di aver fatto amicizia così facilmente.
Forse era proprio destino.
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 *




Rieccomi qua per l'immagine del capitolo, sempre una fanart! Appena l'ho vista ho subito identificato nel neonato il piccolo Shuichi, non trovate anche voi? *-*

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Benissimo. Spero di avervi messo ancora curiosità tanto da spingervi ad attendere e poi leggere il prossimo capitolo... Aspetto le vostre recensioni!
Arigatou minna <3

Eliot ;D
 

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Capitolo 3
*** Un confronto con il passato ***


Buonsalve a tutti quanti! Finalmente eccomi tornata per il terzo capitolo. Allora, vi stuzzica la storia? Vedrete che presto ci sarà un po' di azione in più... u.u
La soundtrack che vi consiglio questa volta è Evening, che si adatta a tutto il capitolo. E' azzeccata persino nel nome!
E adesso vi lascio alla lettura... a dopo con l'immagine del capitolo! :*

*







Capitolo 3
: Un confronto con il passato



Davanti alla casa degli Uchiha, c’era un giardino con tanto di un piccolo stagno dove nuotava qualche ranocchietta. La prima cosa che venne in mente a Shuichi fu di mostrarlo alla sua nuova amica.
I due erano già intorno alla pozza d’acqua, aspettando di vedere qualche anfibio o qualche pesciolino, quando Hinata e Naruto raggiunsero il vialetto d’ingresso.
- Ma quello non è il figlio di Sasuke?- fece lei, incuriosita.
L’altro non disse nulla e sorrise tra sé. Sapeva che Eri avrebbe conosciuto anche i figli di Sasuke, ma non aveva previsto che diventassero amici così in fretta e la cosa lo stupì piacevolmente.
- Naruto! Come mai da queste parti?-
La voce squillante di Sakura interruppe i due genitori che erano rimasti ad osservare i bambini.
- Buonasera, Sakura!- salutò lui con allegria, mentre Hinata disse timidamente:
- Chiediamo scusa se Eri è entrata nel vostro giardino senza permesso … -
Quando Sakura si accorse dei due ragazzini, dapprima si sorprese, ma notando quanto fossero affiatati e felici, sorrise ed esclamò:
- State tranquilli! Non c’è problema se Shuichi ed Eri si fermano a giocare qui per un po’, tanto la cena non è ancora pronta.-
L’Hokage si avvicinò all’ex compagna di team ed iniziò a chiacchierare.
- Allora, Sakura, come stai?-
- Tutto normale. E tu, testa quadra?- lo apostrofò lei, sorniona.
Naruto alzò un pugno per aria e sbraitò:
- Ancora?! Ma perché tutti dovete per forza continuare con questa storia della testa quadra? Io non capisco, dattebayo!-
- In ogni caso non puoi farci nulla, perché rimani una testa quadra!- rise la kunoichi dai capelli rosa. - E tu, Hinata, tutto bene spero!-
- Non posso lamentarmi, ti ringrazio.- rispose lei con la solita calma.
In quel momento fece la sua apparizione anche il padrone di casa, che esordì:
- C’è un po’ di trambusto, qua fuori … -
 In altri tempi Naruto avrebbe alzato un braccio e salutato Sasuke calorosamente; prima ancora lo avrebbe fulminato con lo sguardo esprimendo tutto il suo fastidio. Ora, invece, i due si salutavano sempre con un lieve sorriso silenzioso e talvolta anche un sopracciglio alzato.
Il loro rapporto aveva sempre subìto tantissimi cambiamenti, ma fortunatamente aveva raggiunto un livello stabile.
Quando Sakura si accorse che i due bambini si stavano bagnando un po’ troppo, si avvicinò a loro con l’intenzione di farli smettere, seguita da Hinata. Con le mogli impegnate nel loro mestiere di mamme, Sasuke e Naruto poterono iniziare uno dei loro soliti discorsi “profondi”.
- Tua figlia è cresciuta molto.- disse l’Uchiha, osservando da lontano proprio Eri e il suo nuovo amichetto.
Orgoglioso, l’altro poggiò le mani sui fianchi e ridacchiò.
- Già, me lo dicono tutti!- esclamò, poi decise di ricambiare quello che era sembrato un complimento: - Anche Shuichi sta diventando grande … Sono certo che avrà molto talento come ninja.-
- Sì … -
Lo sguardo pensieroso di Sasuke non voleva proprio spostarsi dal figlio, che pareva più felice e divertito che mai. Non aveva dato molto peso alle parole dell’amico, piuttosto si chiedeva che cosa avesse fatto Eri di così importante da restituirgli il buonumore.
Naruto si accorse del suo fare distratto e gli domandò:
- Come mai quella faccia, Sas’ke?-
- Non lo so … Forse pretendo troppo da lui.-
Quella frase gli uscì dalla bocca con un’incredibile naturalezza. Lo stava proprio constatando: se davvero Shuichi era il bambino dolce, gentile e sensibile che in quel momento stava vedendo in compagnia della sua nuova amica Eri, forse non era destinato a diventare un ninja forte come voleva lui. La sua bontà d’animo sarebbe stata troppo grande per permettergli di sviluppare delle abilità degne di un ninja esperto. Il suo cuore tenero l’avrebbe fatto restare debole.
- Ma no, non dire così … - fece Naruto, stupito.
- Tsk! Per te è facile parlare.- sbuffò Sasuke, tornando a guardarlo. - Con tua figlia Eri non avrai problemi, perché diventerà una kunoichi potentissima.-
- Come?-
- Andiamo, Naruto … E’ figlia tua. Come puoi aspettarti che Eri diventi un ninja come tutti gli altri?-
In realtà il biondino non aveva mai pensato che la cosa fosse così ovvia, mentre l’altro si era ormai già rassegnato all’evidenza.
- Shuichi, invece … -
L’Hokage notò l’espressione spenta di Sasuke nel parlare del piccolo Shuichi. C’erano ancora tante cose che al mondo non riusciva a comprendere, ma una simile mancanza di sentimento di un padre nei confronti di un figlio, proprio gli era misteriosa.
- Sasuke, ma che discorsi fai?- lo ammonì. - Non puoi pensare che tuo figlio non diventi forte almeno quanto te! Abbi fiducia in lui e vedrai.-
Quelle parole erano pronunciate con una tale convinzione e un tale entusiasmo che Sasuke dovette guardare Naruto direttamente negli occhi per capirne il vero significato.
Evidentemente, se Sasuke ormai riconosceva la superiorità di Naruto, quest’ultimo ribadiva invece la loro uguaglianza. La stessa cosa valeva per Eri e Shuichi, dopotutto ogni storia si ripete.
- Se lo dici tu … - sentenziò il moretto, abbassando gli occhi con la compostezza di sempre.
Avevano appena finito di parlare, quando Sakura alzò un pugno in aria e sbraitò che la cena era quasi pronta e che Shuichi non poteva quindi continuare a chiedere di giocare ancora. Spaventato, il piccolo seguì la mamma a testa bassa verso la porta di casa, ma Eri gli disse che le sarebbe piaciuto giocare ancora insieme, facendogli tornare ancora una volta il sorriso.
- Ci vediamo al lavoro.- fece Sasuke, alzando una mano e salutando gli Uzumaki che si stavano già incamminando verso casa.
Naruto annuì e ricambiò; nel frattempo i due bambini si salutavano calorosamente, sbracciandosi e sorridendosi a vicenda.
 
- Forza, piccolo, adesso torna dentro e prepara la tavola.- fece Sakura con severità. - Sveglia anche la tua sorellina!-
Shuichi obbedì senza opporsi, anzi, sorrideva che era una gioia per gli occhi. La madre pensò che quel bambino avesse un sorriso proprio bello e luminoso; peccato che non lo facesse vedere spesso al mondo.
Stava per seguire il figlio dentro casa, ma si soffermò sulla soglia. Sasuke era rimasto fermo a guardare le prime stelle notturne. Quando la kunoichi fu sul punto di invitarlo a entrare, lui esordì:
- Sai, Sakura … Molte volte mi scontro ancora con il passato.-
Lei non si aspettava un’uscita così improvvisa da Sasuke, quindi restò ad ascoltarlo.
- La cosa strana è che lo rivedo in chi invece rappresenta il mio futuro.- continuò il ninja, accennando poi un sorriso nostalgico.
Pareva che si fosse reso conto di qualcosa di importante. Sakura gli si avvicinò e sorrise a sua volta:
- Capisco.-
- Per esempio, se guardo Terumi, i miei pensieri vanno inevitabilmente a mio fratello.- fece Sasuke, riabbassando la testa e risvegliando la memoria. - Me lo ricorda in modo impressionante. Ha perfino le sue stesse debolezze e la sua stessa malattia.-
- Uh? Hai detto … la sua stessa malattia?- ripeté lei, cercando di comprendere dove volesse arrivare.
A quel punto Sasuke si voltò verso Sakura e con aria pensierosa, proseguì:
- Ne sono sempre più convinto. Secondo me, Terumi ha la stessa misteriosa malattia che portò lentamente Itachi alla morte. Non chiedermi perché penso questo … è una sensazione.-
Effettivamente i sintomi erano gli stessi che Sasuke aveva notato durante lo scontro da cui era uscito vincitore. Quando era ancora all’interno dell’Organizzazione Alba, serpeggiavano alcune voci secondo cui Itachi era già messo male di suo e quindi non avrebbe mai potuto vincere contro il fratello minore. Forse era veramente malato.
- Mmh, se è così … può rivelarsi un’informazione utile per trovarle una cura!-
Sakura si stupì a sentire quell’ipotesi. Era sempre andata avanti con la convinzione che Terumi fosse debole di costituzione, ma se invece fosse nata con una malattia vera e propria? E se fosse la stessa di cui lentamente morì Itachi? E se a questa malattia … fosse possibile trovare una cura definitiva per guarire Terumi?
Un barlume di speranza si accese nel cuore dei due genitori, che si scambiarono uno sguardo d’intesa.
- Shuichi, invece, è più simile a te!- disse poi lei, affiancandosi a Sasuke.
Quest’ultimo spostò lo sguardo di lato e dopo qualche attimo sorrise tristemente.
- No … lui non è come me. Ha qualcosa in più.- ammise, mettendo completamente a nudo i suoi pensieri. - Sì, Shuichi nasconde qualcosa di grande dentro di sé.-
A quanto sembrava, Sasuke si era perfettamente accorto di avere un figlio fuori dal comune. Era diverso non solo da tutti gli altri Uchiha del passato, ma anche dagli altri bambini in generale. Non aveva ancora capito con precisione quale fosse la sua particolarità, ma di sicuro Shuichi ne aveva una. Era questa la verità.
Probabilmente era la fretta di far emergere il suo talento a fare di Sasuke un padre ambizioso e severo.
- Credo di aver capito di cosa parli.- commentò Sakura, totalmente d’accordo.
Sasuke tirò un lungo respiro, tornando a fissare il firmamento, infine sospirò:
- Alla fine, solo io sono rimasto lo stesso, in fondo … -
- Vuoi dire il solito cocciuto vendicatore solitario ed antipatico?-
Sakura ricevette un’occhiataccia, ma non si scompose e si mise rapidamente di fronte a lui, sorridendo sorniona. Sorpreso, lui la guardò e fece per risponderle per le rime, ma lei gli cinse il collo con le braccia.
- A me piaci così come sei, Sas’ke-kun.-
Un lieve rossore si tinse sul viso del marito, il quale si pose una domanda non nuova: possibile che Sakura, tra tutti i bravi ragazzi del villaggio, avesse continuato sempre a scegliere uno come lui?
L’amore sarebbe rimasto sempre un mistero per Sasuke, che però non voleva certo venirne a capo. Si limitò a ricambiare l’abbraccio della sua amata e a baciarla teneramente, per far dissolvere nell’aria i suoi innumerevoli e ormai insopportabili pensieri.
 
A casa Uzumaki, una graziosa casetta proprio ai piedi della montagna di pietra con i volti degli Hokage, aleggiava nell’aria un profumino niente male.
- Mmh, stavolta hai superato te stessa, Hinata. Il tuo ramen è fantastico!- esclamò Naruto, ingoiando l’ennesimo boccone del suo cibo preferito.
- Come sono contenta! Temevo che non mi sarebbe venuto bene … - fece lei, armeggiando con pentole e coperchi prima di tornare a sedersi a tavola. - Però vedo che l’hai praticamente finito, avresti potuto tenerne un po’ per il lavoro.-
- Che cosa? Ma se ne ho mangiate solo due porzioni?!-
Al padrone di casa non parve possibile che l’enorme pentola di ramen fosse già vuota. Anche Hinata sbatté le palpebre, ugualmente sbigottita. Uno strano rumore di risucchio li distolse dai loro ragionamenti e li fece voltare verso la figlioletta, seduta dall’altro lato del tavolo.
Eri stava bevendo l’ultimo brodo rimasto nel piatto, che non permise ai genitori di vedere il suo visino.
- Oh … ma allora … - mormorò Naruto, attonito.
Quando la piccola finì la sua porzione di ramen, abbassò il piatto e lanciò a mamma e papà un sorriso silenzioso, ma beffardo. Fu palese che Eri si era scolata tutto il ramen che i genitori non avevano mangiato, ma … come aveva fatto a fare il bis senza essere vista?
Hinata e Naruto si girarono verso i fornelli e notarono uno sgabello messo di lato. Con quello Eri era arrivata alla pentola, potendosi riempire il piatto di gustose mestolate di ramen fino a finirlo; il tutto con la solita discrezione, mentre i genitori erano occupati a chiacchierare.
Non appena i due si resero conto di tutto questo, iniziarono a ridere di gusto e la figlia si grattò la nuca ridacchiando a sua volta. Per farsi perdonare, decise di alzarsi ed aiutare la mamma a riordinare la cucina.
Prendendo i piatti che Eri le porgeva, Hinata ricominciò a parlare:
- Oggi Sakura e Sasuke parevano in ottima forma, non è vero?-
- Già. A proposito, Eri … - fece Naruto, stiracchiandosi. - Perché hai voluto a tutti i costi fermarti a parlare con Shuichi?-
La bambina smise di fare avanti e indietro tra il lavandino e il tavolo e si bloccò a fissare il padre. Non ebbe il tempo di rispondere subito, perché la mamma la interruppe:
- Naruto-kun, che domande fai? Ha visto che era tutto solo ed avrà voluto tirargli su il morale.-
La scena di quel tardo pomeriggio le aveva fatto tornare alla mente tutte le volte che aveva cercato di far tornare il buonumore al suo amato Naruto. In tante occasioni ci era riuscita e il modo in cui Eri aveva salvato Shuichi dalla tristezza era paragonabile ai momenti in cui Naruto aveva salvato Hinata e poi viceversa. Era stata molto orgogliosa di sua figlia e del suo gesto nei confronti del piccolo Uchiha.
- In realtà … non so se era per quello.- sussurrò Eri, pensierosa.
I genitori la guardarono sorpresi e tacquero, in attesa che la bimba proseguisse:
- Uhm, non so come spiegarlo … Aveva una faccia strana.-
Eri non era sicura che Shuichi avesse semplicemente bisogno di tirarsi su il morale. L’espressione che avevano i suoi occhi era incredibilmente profonda, qualcosa che forse andava persino oltre la disperazione, qualcosa che gli adulti non avrebbero capito.
Solo lei avrebbe potuto salvarlo.
- Però aveva bisogno di me!- esclamò poi lei, stavolta più decisa. - Sì … Questo sì.-
Hinata e Naruto si stupirono di quanta sensibilità potesse avere la loro amata figlia. Non l’avevano mai sentita parlare in quel modo e compresero che il gesto di Eri aveva avuto molta più importanza di quanto immaginassero. Quali sofferenze e quali conflitti interiori stesse mai affrontando il piccolo Shuichi, proprio non se lo spiegavano.
Notando una sicurezza mai vista prima negli occhi celesti della piccola e timida Eri, i due giovani genitori si accorsero che solo lei avrebbe potuto venire a capo di quel dilemma, perciò non le posero altre domande e decisero di farle vivere la sua amicizia con Shuichi in pace e serenità.
 
La notte era già scesa su Konoha, poche luci erano ancora accese nel villaggio. Una di esse era quella della camera dell’Hokage.
Hinata si lasciò sfuggire un gran sbadiglio e quando fu pronta per andare a dormire raggiunse la stanza, ma la scena che le si presentò davanti era assolutamente adorabile.
Naruto era stravaccato sul lettone con le gambe aperte, a pancia in su. Si era già addormentato ed aveva un’espressione beata stampata sulla faccia. Sul suo petto, altrettanto beatamente assopita, era stesa Eri a pancia in giù, pronta per dormire con il suo lungo abitino blu notte. Il suo corpicino si muoveva con dolcezza su e giù, cullato dai movimenti ritmici del respiro paterno.
Hinata non se la sentì di interrompere quell’attimo di tenerezza. Sorrise e si sedette a gambe incrociate accanto a Naruto, senza muovere troppo il letto. Tutta la bellezza e l’amore dell’universo erano davanti ai suoi occhi e il cuore prese a batterle fortissimo.
Intenerita, allungò una mano verso i capelli biondissimi del marito, smuovendoli con delicatezza. La carezza amorevole di Hinata svegliò Naruto, che socchiuse gli occhi e vide il suo sorriso angelico. Arrossì e sorrise a sua volta, poi passò lievemente le dita tra i boccoli di Eri, evitando di svegliarla.
Il silenzio regnava in quegli istanti, ma non assordò più di tanto, perché in compenso si avvertiva chiaramente il dolce suono dell’amore.
Ad entrambi brillavano gli occhi. Hinata si abbassò fino a raggiungere il viso del suo Naruto, che la baciò con passione. Intrecciarono le loro dita tra i capelli di Eri con una mano, mentre con l’altra si accarezzarono il viso a vicenda. Quel bacio lento e traboccante d’amore parve durare in eterno, facendo scivolare via la stanchezza e i dispiaceri, lasciando spazio al sentimento più grande e bello che esista.




*








Ecco che cosa è successo poco dopo... xD

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Dico per ipotesi, LOL
Non trovate che sia adorabile questa immagine? *-*

Benissimo, adesso direi che sia ora di andare. Ci ribecchiamo al prossimo capitolo, gente! E recensite, mi raccomando ;)

by Eliot ;D

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Capitolo 4
*** Lavoro ***


E rieccomi ad aggiornare, finalmente! Ultimamente sono presa da esami e altre fan fiction, dovete perdonarmi T.T
Vediamo, la soundtrack che vi consiglio questa volta è Naruto's Daily Life! E' carina e divertente, si adatta benissimo al capitolo... e anche il titolo di quest'ultimo è azzeccato! E' un capitolo di passaggio, ma non temete: presto rivedrete i nuovi personaggi e anche un po' di azione in più! ;)
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Capitolo 4
: Lavoro



I primi flebili raggi del sole illuminarono Konoha e batterono anche sulle finestre di casa Uzumaki. Naruto aprì lentamente gli occhi e sbadigliò, rigirandosi nel letto. Di fronte a sé aveva il dolce viso addormentato di Hinata, che attendeva soltanto una sua carezza. Sorridendo teneramente, l’Hokage passò con delicatezza una mano sul suo zigomo, senza svegliarla.
Si voltò a guardare l’orologio: era ancora presto. Ormai senza più un briciolo di sonno, Naruto mise le mani dietro la testa e ripensò alla sera prima, fissando il soffitto. Quasi non aveva creduto al maestro Kakashi, quando aveva affermato che una piccola parte della Volpe a Nove Code era nel corpo della piccola Eri. Eppure era così e lui, insieme a Hinata, non poteva far altro che trarne le conseguenze.
- Così te ne sei accorto, baka.-
Un vocione profondo lo distolse improvvisamente dai suoi pensieri e Naruto sussultò, ritrovandosi mentalmente nel suo buio subconscio.
- Kurama!- esclamò, fissando il suo cercoterio dal basso. - Tu sapevi che Eri possiede una parte di te?!-
Il volpone rispose, beffardo e malizioso:
- E’ ovvio! Piuttosto, mi sorprende che tu l’abbia scoperto solo adesso … Si vede che eri proprio concentrato, quella notte!-
Naruto arrossì violentemente fino alla punta dei capelli e gridò:
- Di che cosa stai parlando??-
- Uffa, ma non ci arrivi? Ho voluto divertirmi anch’io!- fece Kurama, scuotendo la testa.
La sua forza portante restò a bocca aperta, sconvolto per quanto il suo amico ne stesse discutendo con pura nonchalance.
- Non guardarmi in quel modo.- sbottò il demone, smuovendo leggermente le sue robuste code. - Si trattava comunque del figlio o della figlia del potente Naruto Uzumaki e … volevo assicurarmi che da grande fosse in grado di superare il padre.-
Naruto ammutolì. Era ovvio, in fondo, che Kurama avesse un obiettivo ben preciso per aver fatto una cosa di sua spontanea volontà. Incrociò le braccia al petto e con aria di sfida gli domandò:
- Quindi hai volontariamente trasmesso il tuo DNA a mia figlia?-
La Volpe a Nove Code annuì e mostrò le sue enormi zanne:
- Già, ma si tratta di una minuscola parte del mio chakra … neanche lontanamente paragonabile alla forza di una sola delle mie code, per intenderci.-
Sollevato, il ninja sospirò di sollievo. Kurama aveva voluto divertirsi, certo, ma chissà a quali spese! Fortunatamente, i rischi non parvero essere molti.
- Anche se … non mi aspettavo che il suo effetto si facesse sentire così presto.- aggiunse tuttavia il cercoterio, chiudendo bocca e occhi.
Naruto, allarmato, imitò con gli occhi la serietà che aveva improvvisamente cambiato lo sguardo del demone. No, era necessario restare sempre in guardia: potrà essere stata solo una minuscola goccia di chakra, ma anche una goccia di chakra avrebbe potuto squilibrare la situazione.
Infatti Kurama ammonì Naruto con un consiglio:
- Credo che ne vedremo delle belle … Tienila d’occhio. Dopotutto ha pur sempre il mio chakra!!-
La gigantesca volpe rise spalancando le fauci e tenendosi la pancia con le zampe, ma l’altro non reagì allo stesso modo. Lo guardò storto e fece:
- Non montarti la testa come al solito, Kurama … -
Quando uno dei due era teso, l’altro era tranquillo e non perdeva neanche l’occasione per farsi una risata. Quel rapporto tra cercoterio e forza portante era ormai perfetto.
 
Nello studio dell’Hokage faceva molto caldo. Tenere quell’enorme cappello in testa? Nemmeno per sogno, per Naruto! Fortunatamente, iniziò a tirare un vento fresco e leggero dalle finestre aperte.
- Oh, finalmente! Oggi l’afa è insopportabile … - commentò lui, rilassandosi sulla grande sedia.
Con un sospiro, osservò i mille fogli sparsi sulla scrivania e le pile di altri documenti accumulati in giro per l’ufficio. Il lavoro era abbondante, ma ciò non lo scoraggiò. Dopo essersi stiracchiato, tornò composto sulla sedia e disse tra sé:
- Non posso fermarmi; il villaggio deve essere sempre sicuro e funzionare alla perfezione!-
Il periodo dei conflitti era lontano e le cinque grandi nazioni erano in pace tra di loro. Naruto avrebbe voluto che questa situazione andasse avanti il più possibile, perciò si impegnava al massimo nel suo lavoro da Hokage. E anche se stare per la maggior parte del tempo chiuso in ufficio non era esattamente l’ideale per lui, figuriamoci se Naruto Uzumaki, l’eroe non solo di Konoha, ma anche di tutto il mondo ninja, si abbatteva davanti ad un semplice cumulo di documenti …!
Invece sì, poteva abbattersi eccome.
- Non ce la farò mai a finire tutto il lavoro da solo!!- finì per borbottare come al solito, mettendosi le mani nei capelli.
Per fortuna, Naruto era in buona compagnia. Se non avesse avuto i suoi amici e l’intero villaggio ad aiutarlo, non se la sarebbe mai davvero sentita di accettare la carica di Hokage.
Mentre era con il naso in mezzo ad alcune pratiche, decidendo quale sistemare per prima, il biondino sentì bussare energicamente alla porta.
- Avanti!- esclamò come sempre a voce squillante.
Ad aprire la porta ed entrare fu il più importante medico dell’ospedale di Konoha, in camice bianco, con una cartellina in mano. Con un sorriso, salutò:
- Buongiorno, Naruto! Come procede stamattina?-
- Sakura, sono felice di vederti!- fece lui allegramente. - Per il momento non ho niente di serio tra le mani, tu invece come te la stai cavando?-
La kunoichi dai capelli rosa si avvicinò alla scrivania dell’amico e vi poggiò la cartellina, rispondendo:
- Non male, ma c’è comunque molto da fare … -
Naruto prese in mano il foglio che c’era dentro la cartellina e lo osservò con un sopracciglio alzato.
- Che cos’è questo?-
- E’ un elenco delle erbe mediche più usate in ospedale. Le scorte non mancano, ma io e gli altri dottori abbiamo deciso di aumentarle.- disse Sakura, legandosi i capelli.
L’Hokage tornò a guardare l’amica:
- Capisco. Potrei mandare una squadra a raccoglierle, ma non so se riesco a trovare ancora qualcuno disponibile. Ultimamente ho assegnato un bel po’ di missioni … E’ proprio necessario?-
Dentro di sé, Sakura non si era ancora abituata a sentire parlare Naruto di questioni così importanti con l’ingenuità che l’aveva caratterizzato da sempre. Eppure, da quando era diventato Hokage, non aveva mai commesso errori, perciò tutti nel villaggio ormai sapevano di potersi fidare ciecamente di lui.
- Temo di sì.- continuò lei. - Non sappiamo cosa possa succedere. Potrebbero servire cure mediche di massa da un momento all’altro.-
- Uffa, persino in tempo di pace ci sono così tanti problemi da risolvere e precauzioni da prendere!- sospirò Naruto con aria rassegnata.
Sakura stava già tornando verso la porta per uscire, mentre diceva con serietà:
- Lo so, Naruto, ma anche se sono passati tredici anni, la quarta grande guerra ha provocato danni ovunque e non solo materiali. Qualcuno ne sta ancora portando le conseguenze; non possiamo abbassare la guardia.-
- Caspita, tredici anni … -
Il biondino distolse l’attenzione da Sakura per un attimo, pensando a quanto tempo era passato. Non gli parve possibile che fossero passati tutti quegli anni da quella notte, da quella guerra. Tredici anni erano tanti; era l’età a cui era diventato genin ed aveva cominciato la sua avventura da vero ninja, facendo nascere il proprio credo e iniziando il cammino alla fine del quale sarebbe divenuto un valoroso shinobi.
- Hai ragione!- sentenziò infine con un sorriso. - Beh, vedrò di affidare questa lista di erbe mediche a chi potrà andare a cercarle. Grazie per essere passata, Sakura-chan!-
La kunoichi agitò una mano, andandosene:
- Di nulla. Ora è meglio che torni in ospedale … Ci vediamo!-
Quando la porta fu chiusa, Naruto sospirò, ma subito dopo qualcun altro bussò.
- Ma chi sarà ancora?!- si ritrovò a borbottare lui.
Questa volta fu Kiba a spalancare la porta di colpo, accompagnato da Akamaru che non gli si separava mai.
- Buongiorno, Hokage-sama! Come andiamo?-
Alle sue spalle, anche Shino fece la sua timida apparizione.
- Ragazzi, che cosa ci fate qui?- chiese Naruto. - Ho ancora parecchie cose da fare stamattina … -
Il cagnone abbaiò, per poi zampettare verso di lui per farsi accarezzare. Mentre lo faceva, il biondo sentì Kiba che rispondeva:
- Dai, non vorrai davvero startene tutto il giorno con la testa china sulla scrivania?! Prenditi una pausa, almeno finché ci siamo noi qui!-
- Non è da me ammetterlo, ma … Kiba ha ragione.- aggiunse Shino sommessamente.
Con un sospiro, Naruto acconsentì e si alzò dalla sedia per sgranchirsi le gambe; nel frattempo il domatore di insetti appoggiò sul tavolo una busta trasparente piena di fogli.
- Ti abbiamo riportato alcuni documenti che Kiba aveva preso in prestito … -
- Ah già, me lo ricordo!- fece l’Hokage, continuando a coccolare Akamaru.
Kiba si avvicinò e prese anche lui ad accarezzare il suo cane, mentre quest’ultimo se la godeva.
- Allora, amico, che cosa ci racconti? C’è qualche novità scottante?- domandò il ninja dall’olfatto sopraffino.
Naruto lasciò Akamaru alle cure del suo padrone e rialzandosi rispose:
- Nulla di speciale. Voi due, invece? Ho sentito che Akamaru sta per avere i cuccioli, è così?-
- Esatto! Perciò in questi giorni è molto euforico … - spiegò Kiba, orgoglioso.
Shino commentò, acido come sempre nei confronti del suo compagno di squadra:
- Infatti sei diventato anche tu doppiamente irritante.-
- Falla finita, Shino! Piuttosto, anche tu dovresti essere emozionato: non stai frequentando una ragazza, ultimamente?-
Alle parole di Kiba, l’altro si irrigidì e fece semplicemente:
- Non sono affari tuoi.-
- Che cosa??- esclamò Naruto, stupito. - Shino sta uscendo con una ragazza? Questa sì che è una notizia!-
Mentre quello rideva, Shino ripeté anche a lui:
- Non sono cose che vi riguardano, vi ho detto.-
In quell’istante, prima che Naruto e Kiba potessero continuare a dare fastidio al povero Shino, si sentì nuovamente bussare alla porta.
- Avanti!- esclamò il giovane Hokage.
Choji entrò e con educazione si fece avanti:
- Buongiorno ragazzi … e buongiorno anche a te, Naruto. Scusa il disturbo, ma arrivo dall’Accademia e il maestro Iruka mi ha chiesto di venire a prendere la documentazione degli ultimi genin diplomati.-
- Ah, buongiorno Choji, sono contento di vedere anche te oggi!- disse Naruto.
Il ninja panciuto sorrise e fece due chiacchiere con Shino e Kiba, mentre il biondino cercava disperatamente le chiavi dell’archivio, una stanza poco lontana dal suo ufficio.
- Ma dove le avrò messe?!-
Improvvisamente Akamaru gli annusò il mantello ed abbaiò. Naruto si voltò e vide che Akamaru stringeva il mazzo di chiavi tra i denti, scodinzolando con aria divertita.
- Grazie, amico!- esclamò, regalandogli una carezza e prendendo le chiavi.
- Noi andiamo, Naruto, abbiamo altri posti dove andare.- sentenziò poco dopo Kiba. - A presto! Andiamo, Akamaru … -
Il cane abbaiò allegramente e andò dietro al padrone, poi anche Shino salutò e fece per andarsene:
- Buon lavoro e porta i nostri saluti a Hinata.-
- Senz’altro. A presto, ragazzi!-
Quando i due furono fuori dall’ufficio, Naruto si sedette e sospirò:
- Sai Choji, c’è sempre un sacco di lavoro qui … -
- Immagino; sarai sempre affamato!-
- Questo vale per te.- ridacchiò l’altro. - Allora Choji, come te la passi? Come sta Shikamaru?-
L’amico sorrise e raccontò con aria gioviale:
- Va tutto bene, per fortuna. Shikamaru è in missione speciale, deve averlo mandato Sasuke.-
- Già … Se lo vedi al suo ritorno, salutalo da parte mia!-
Shikamaru era ufficialmente entrato a far parte delle forze speciali ANBU su suggerimento dello stesso Naruto. Lui voleva restare a Konoha per offrire i propri consigli e il proprio sostegno all’amico Hokage, ma quest’ultimo lo aveva invitato a far valere le sue capacità anche nelle missioni più impegnative, così Shikamaru aveva accettato di diventare un ANBU, anche se non proprio a tempo pieno.
- Ino come se la cava, invece?-
- Lavora sempre al negozio di fiori della famiglia Yamanaka.- rispose il corpulento amico. - Più tardi passerò a salutarla anche per te!-
- Ti ringrazio, Choji. Ecco, prendi le chiavi dell’archivio … -
Dopo averlo ringraziato, anche il neoerede del clan Akimichi uscì, lasciando Naruto nuovamente solo con il suo lavoro. Il giovane ebbe appena il tempo di risedersi e darsi una stiracchiata alle mani, ma il “toc toc” alla porta lo sorprese di nuovo.
- Chi è ancora?!- sbottò lui, mettendosi le mani nei capelli.
Questa volta ad affacciarsi nell’ufficio fu Rock Lee, seguito da Tenten. Il ninja domandò, titubante:
- Ciao Naruto, per caso ti disturbiamo?-
- Oh no, entrate pure!-
I due avevano da consegnare il rapporto di una missione compiuta da un gruppo di genin, che per via di un infortunio si erano fermati in ospedale.
- Ero di ritorno dal mio pranzo con Jin Joe, quando TenTen mi ha informata del loro arrivo.- stava raccontando Lee. - Sono stati bravissimi.-
Compiaciuto, Naruto chiese notizie del nuovo allievo di Rock Lee, che lo aveva preso in simpatia da quando il maestro Gai gliel’aveva presentato.
- Joe sta bene. Ci siamo allenati stamattina e ho notato che fa progressi!-
- Mi fa piacere, di sicuro supererà il maestro!- rise l’Hokage, mentre Lee annuiva.
Tenten si avvicinò a Naruto e con un po’ di imbarazzo chiese se era possibile per lei entrare nelle forze speciali ANBU. Era una sua grande ambizione e parlandone con il capitano Yamato aveva deciso di provare.
- Uhm, nelle missioni più rischiose potrebbe servire una specialista come te.- osservò l’altro. - Metterò una buona parola per te con Sasuke!-
- Grazie mille, Naruto!-
Dopo che anche lei e Lee se ne andarono, Naruto riuscì finalmente a portarsi avanti con rapporti e pratiche vari. Stava per fare pausa pranzo, ma gli arrivò una comunicazione urgente: in una città situata al confine del Paese del Fuoco, era riuscito ad evadere un criminale di alto rango armato fino ai denti. La sua presenza poteva essere pericolosa e doveva essere fermato in tempi brevi.
- Caspita, non ho jonin liberi per questa missione … Mi toccherà chiedere a Sasuke.-
Subito dopo aver pronunciato il suo nome, Naruto sobbalzò. Il suo sguardo si fissò nel vuoto, concentrato.
Sorrise.
- Sei già qui?-
Con i piedi puntati sul davanzale e in divisa da ANBU, Sasuke era accucciato per aria, alle spalle di Naruto. Quest’ultimo si voltò a guardarlo, per nulla turbato dal vento che aveva iniziato a tirare da fuori.
- A quanto pare sono arrivato al momento giusto.- esordì l’altro. - Come va il lavoro?-
- Tutto normale.-
Lentamente, il moretto entrò nell’ufficio dell’Hokage. I suoi occhi non si distolsero nemmeno per un momento dal suo amico e rivale e d’altra parte Naruto fece lo stesso.
Il biondino gli spiegò la situazione senza perdere altro tempo e Sasuke non ebbe problemi ad accettare la missione.
- Radunerò gli ultimi ANBU rimasti.- sentenziò.
Naruto annuì e poi si sedette pesantemente sulla poltrona, dicendo:
- E’ passata Sakura prima … Mi ha ricordato che non possono più succedere altre tragedie, come la guerra di tredici anni fa.-
L’amico non rispose, limitandosi a guardare fuori con un leggero sospiro.
I ricordi erano indelebili, intensi e dolorosi. Legami spezzati, alcuni scomparsi e altri riuniti. Tutti ugualmente importanti e preziosi, al punto che ormai l’unica vera missione di Naruto e Sasuke era quella di mantenerli vivi, come un cuore pulsante nel petto.
Con questi pensieri, i due si guardarono. I loro sguardi che si incontravano li avevano sempre tenuti uniti, nonostante tutto. Era come se fossero davvero fratelli, quasi gemelli, simili in tante cose e diversi per tante altre ancora … ed era qualcosa che solo loro potevano veramente comprendere.
Con un appena accennato sorriso, Sasuke alzò una mano per salutare Naruto e con un movimento quasi impercettibile scomparve. L’altro sorrise allo stesso modo, pensando di essere felice ogni giorno di più ad avere come braccio destro il suo migliore amico e compagno.
Nel mezzo di quello strano silenzio, il suo stomaco si fece sentire.
- Accidenti, che fame …!- borbottò Naruto divertito, saltando via dalla finestra guidato dal profumo del ramen di Teuchi.
 
 



*






Spero che il capitolo vi sia piaciuto, anche se è solo un capitolo di passaggio! Presto la storia si farà più interessante, potete contarci!
Ecco la fanart di stavolta... I due colleghi all'opera *-*

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E non mi resta che darvi appuntamento al prossimo capitolo! Ne approfitto per ringraziarvi tantissimo per le vostre recensioni, per aver messo la storia nelle preferite o nelle seguite o nelle ricordate! Grazie di cuore! <3
Un bacio :*

by Eliot ;D

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Capitolo 5
*** Istinto di protezione ***


Rieccomi finalmente tornata ad aggiornare! Chiedo venia per l'increscioso ritardo, ma l'università mi impegna assai con corsi vari ed esami sempre più corposi... Dopo gennaio, sarò sicuramente molto più libera! :3
Torno con un capitolo che sicuramente vi interesserà più del precedente. La soundtrack che vi propongo è "Raikiri", conosciuta anche come "Thunder Break". Capirete presto il perché ve la consiglio e anche a quale momento del capitolo si adatterà meglio. Ma non voglio spoilerarvi niente u.u
Buona lettura!
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Capitolo 5
: Istinto di protezione


Un pugno, un altro pugno e un altro ancora, poi un calcio in avanti e uno di traverso, infine di nuovo un pugno con l’una e con l’altra mano. Shuichi era concentratissimo.
In una piccola radura stabilita da lui stesso come campetto d’addestramento, il ragazzino era impegnato a migliorare i riflessi e la resistenza nelle arti marziali. Immaginava di combattere contro il padre, che alla minima distrazione del figlio avrebbe smesso di parare i suoi colpi e ne avrebbe approfittato per atterrarlo. Non poteva sopportarne il solo pensiero, perciò il piccolo Uchiha doveva diventare sempre più agile e veloce. Aveva appena cominciato a frequentare l’Accademia Ninja e voleva essere il primo della classe, proprio come lo era stato Sasuke, anzi: aveva l’immenso desiderio di superarlo.
Stanco e sudato, Shuichi si fermò dopo minuti che erano parsi eterni. Per un momento poté udire soltanto il proprio respiro affaticato e il cinguettio di qualche uccellino lontano, poi un piccolo applauso.
- Bravo, fratellone!- esclamò Terumi, seduta nell’erba qualche metro più indietro.
L’altro distolse lo sguardo dal tronco che aveva quasi squarciato a suon di botte, voltandosi verso la sorellina. Senza sorprendersi più di tanto per il suo entusiasmo, commentò:
- In realtà non andava molto bene … -
Sulle prime, la bambina restò delusa per la reazione di Shuichi, ma non ci fece caso e giunse le mani, chiedendogli:
- Shuichi-nii-san, perché non mi fai vedere la Moltiplicazione del Corpo?-
Era una delle prime tecniche che lui aveva imparato quando il maestro Iruka aveva iniziato a parlare delle arti magiche. Con una sovrumana forza di volontà, Shuichi era riuscito a padroneggiarla prima di tutti gli altri, anche se gli ci erano volute alcune settimane.
- Non posso, devo migliorare le mie arti marziali.- rispose, un po’ dispiaciuto. - Gli Uchiha sono dei maestri anche in questo e io non posso essere da meno!-
Terumi, indispettita dal fatto che il fratello tirasse ancora fuori quella storia dell’orgoglio Uchiha, sporse in avanti il labbro inferiore ed esclamò:
- Ti prego!-
Di fronte a quegli occhioni che tremavano come budini, il ragazzino sospirò e sorrise. Per accontentare la sorella, posizionò le mani formando il sigillo giusto e fece:
- E va bene … Kage Bunshin No Jutsu!-
Immediatamente una nube si sparse tutto intorno e quando essa si dissolse, Terumi vide che Shuichi aveva generato una perfetta copia di se stesso. Alzandosi in piedi, la piccola lanciò un grido di felicità ed applaudì nuovamente.
Felice di averla fatta ridere, la copia del bambino disse:
- Forte, vero? Ti avrei fatto vedere un intero esercito di copie, ma non posso sprecare troppo chakra durante gli allenamenti … -
Con queste parole, Shuichi sperava di far crescere l’ammirazione della sorella verso di lui, anche se non era vera una cosa simile, siccome al momento era capace di evocare tre o quattro copie al massimo. La sua espressione compiaciuta cambiò quando lei esordì:
- Voglio farlo anch’io!-
- Ma Terumi, sei ancora troppo piccola!- fece l’altro con severità. - Quando andrai all’Accademia, potrai impararla … e poi è una tecnica difficile, io stesso ci ho messo parecchio per-
Mentre Shuichi parlava, la bambina cercò di imitare la posizione che avevano assunto le mani del fratello prima dell’avvenuta riuscita della tecnica. Quando ci riuscì, sorrise tra sé ed interruppe il discorso, esclamando:
- Kage Bunshin No Jutsu!-
In uno sbuffo che colse il ragazzino di sorpresa, Terumi si triplicò, come se fosse stata la cosa più naturale del mondo.
La copia di Shuichi scomparve dallo stupore, mentre l’originale spalancò gli occhi e urlò:
- CHE COSA? Sai già moltiplicarti!?-
Tutte e tre le bambine scoppiarono a ridere all’unisono, finché una di loro rispose:
- Papà mi ha fatto vedere come si fa.-
- Sei … sei incredibile, Terumi!- commentò lui, ammirato.
Mentre le due copie e l’originale si scambiavano sguardi di approvazione, Shuichi non poté trattenersi dall’essere leggermente invidioso. Sasuke aveva preferito insegnare la tecnica alla sorellina e non al figlio maggiore, che già frequentava l’Accademia. Di nuovo si ritrovò a pensare che il padre preferisse Terumi a lui, puramente per il suo talento.
Dopo aver scacciato via questi brutti pensieri, si avvicinò ad una di loro.
- Va bene, ora smettila … -
Inaspettatamente, la Terumi che stava per toccare scomparve in una nuvola di vapore e le altre due ridacchiarono.
- Ma come … Ero sicuro che fosse quella vera! Beh, allora sarai tu … -
Fece per toccarne un’altra, ma anche la seconda svanì così com’era svanita la prima.
- Uffa, possibile che non-
Non aveva ancora finito la frase, che anche la terza si dissolse nell’aria senza che Shuichi si fosse ancora mosso. Irritato dalla presa in giro che stava subendo, quest’ultimo strinse i pugni e fece:
- Cosa, anche la terza era una copia? Accidenti, ma come hai fatto, Terumi?! Da quando in qua è la più piccola ad insegnare al frat-
Questa volta si interruppe da solo, quando avvertì delle braccia gracili avvolgergli la vita da dietro la schiena. La risatina della sorella gli arrivò dolcemente:
- Sono qui, nii-san!-
Sorpreso da come Terumi lo avesse imbrogliato con tanta facilità e allo stesso tempo intenerito da quell’improvviso abbraccio, Shuichi sorrise e si girò ad accarezzarle la testa, senza dire nulla. L’invidia e il fastidio non c’erano più; tutto ciò che ora riusciva a pensare era di avere una sorellina davvero speciale.
Dopo un po’, il ragazzino si schiarì la voce e disse:
- Ok, ora basta giocare!-
La sorellina si separò da lui, stavolta senza protestare. Vedendola così ubbidiente, Shuichi le fece una proposta:
- Ho un’idea! Ho in mente un esercizio per migliorare la mia mira con gli shuriken e i kunai. Ti va di aiutarmi?-
- Certo!- esclamò lei con allegria.
 
Era concentrato, fermo sul posto con gli occhi fissi davanti a sé, in posizione di guardia. Terumi era altrettanto immobile, ma l’espressione sul viso era tutta diversa.
Di colpo, Shuichi estrasse un kunai dalla tasca e lo lanciò a velocità folle verso l’albero che aveva di fronte. La punta si conficcò nella corteccia, a pochi centimetri dall’orecchio della sorellina.
- Sì!- esultò lui, mentre la piccola deglutiva e commentava:
- Non potremmo fare in un altro modo?-
Shuichi, senza distrarsi, tirò fuori uno shuriken e rispose:
- Stai tranquilla, sorellina. Proprio perché non ti colpirei per niente al mondo, questo esercizio sarà efficace.-
La bambina non capì esattamente che cosa intendesse il fratello, ma non lo disturbò più con altre domande. Shuichi era di una testardaggine fuori dal comune.
Dopo aver finito gli shuriken, che ormai avevano circondato il corpicino di Terumi, il ragazzino decise di utilizzare gli ultimi kunai che gli erano rimasti. Era intenzionato a centrare il tronco perpendicolarmente rispetto alla testa della sorella, ma proprio al momento del lancio cambiò all’improvviso la traiettoria dell’arma, indirizzandola in alto verso la chioma dell’albero. Un po’ sorpresa da come Shuichi si fosse concesso un tale errore, Terumi ridacchiò e lo prese in giro:
- Hai visto? Che brutta mira, fratellone!-
Al contrario di come lei si aspettava, Shuichi non cercò di controbattere. O meglio, parve farlo, ma non sembrava rivolgersi alla piccola.
- Venite fuori, codardi!!-
La bambina trasalì. Con chi stava parlando? Seguì lo sguardo del fratello e solo in quel momento se ne accorse: tra i rami si nascondevano delle persone poco raccomandabili.
Colti in flagrante, quattro uomini rimasti nascosti tra le fronde saltarono giù e circondarono il ragazzino, dopo che Terumi ebbe fatto appena in tempo a raggiungerlo. Shuichi li osservò: a prima vista non parevano ninja, ma erano comunque forti e robusti. Uno di loro aveva le mani occupate, portando due grandi e pesanti sacchi, contenenti chissà che cosa.
- Vediamo che cosa abbiamo qui … - esordì il primo. - A quanto pare non sei un mocciosetto qualsiasi, se ti sei accorto quasi subito di noi.-
Lasciandosi stringere dalla sorellina spaventata, il giovane Uchiha lo sfidò con lo sguardo e domandò:
- Chi siete e che cosa ci fate qui, nella foresta di Konoha??-
- Non sono cose da ragazzini, perciò non ti impicciare!- rispose pesantemente un secondo tipaccio.
Stava per ribattere, ma Shuichi sentì Terumi aumentare la presa e mormorare qualcosa:
- Ho p-paura, nii-san … -
In quel momento, un istinto primordiale avvolse il cuore del bambino. Avvertì un grande coraggio crescere dentro di sé, una forza che non era sicuro di aver mai provato prima. Guardando la sorellina negli occhi lucidi, le accarezzò i capelli con tenerezza e le sorrise.
- Non preoccuparti.- disse poi, apprensivo. - Ci sono io a proteggerti.-
Terumi riuscì solo a trasmettergli il proprio stupore, prima di vederlo allontanarsi e sferrare alcuni pugni e calci ben assestati a uno di quei quattro delinquenti. Un secondo fece per fermarlo, ma Shuichi non ebbe grossi problemi ad occuparsi anche di lui. Instancabile anche dopo ore di allenamento, il piccolo Uchiha non esitava e sapeva sempre dove e come colpire i suoi avversari. Non ci stava nemmeno troppo a pensare; era un istinto naturale guidato dalla volontà di proteggere la sua amata sorellina, che si univa ai suoi ultimi miglioramenti nelle arti marziali.
Mentre Shuichi era impegnato, la piccola vide un terzo uomo avventarsi su di lei e lanciò un grido di terrore.
- Terumi!- esclamò il fratello, pur continuando a tenere a bada quei due energumeni.
Bastò sentirsi chiamare da lui, perché Terumi trovasse la forza di reagire. Senza aver bisogno di troppo tempo per concentrarsi e facendo affidamento sul proprio talento naturale, puntò gli occhi contro quelli del nemico ed attivò lo Sharingan. L’uomo fu immediatamente catturato da quello sguardo ipnotico e cadde vittima di un’illusione di Terumi, svenendo in preda alle convulsioni.
L’ultimo tipo losco, che teneva nelle mani i sacchi, decise di non intervenire per fare la guardia al suo carico e perché era rimasto scioccato assistendo alla fine del suo amico.
La soddisfazione per la buona riuscita della tecnica fu seguita da un fastidioso bruciore agli occhi e Terumi crollò in ginocchio, ansimante. Per la troppa foga, la bambina aveva utilizzato un’eccessiva quantità di chakra ed ora il suo debole corpo ne stava subendo le conseguenze.
Uno dei due delinquenti impegnato con Shuichi riuscì ad atterrare l’avversario, notando poi che la piccola era in difficoltà. Ridendo sadicamente, si avvicinò a lei con l’intenzione di tirarle un pugno. Quando Shuichi se ne accorse, ebbe un tuffo al cuore.
- No, Terumi!!- urlò, cercando di rialzarsi.
Fu un attimo.
Proprio nell’istante in cui Terumi stava per essere colpita, un kunai graffiò la faccia dell’uomo con violenza. La ferita era profonda e sanguinante, talmente che quello cadde a terra dal dolore. Ad infliggergliela era stato Shuichi, velocissimo come mai prima, che era riuscito a proteggere Terumi.
- Shuichi-nii-san!- esclamò quest’ultima dalla contentezza, ma quando l’altro si voltò, lei lo fissò sorpresa.
Gli occhi di Shuichi avevano cambiato colore.
Rossi.
Come il sangue, come il fuoco. Come la forza e la risolutezza che avevano sempre contraddistinto gli Uchiha.
- Fratellone … - mormorò lei, notando che intorno alle sue pupille erano apparsi già due tomoe, mentre le iridi erano di un rosso acceso e brillante.
Lo sguardo teso e concentrato del ragazzino si addolcì per un istante, rivolto alla piccola Terumi. Un secondo dopo, tuttavia, era già tornato come un fulmine tagliente verso i nemici.
Con un grido di battaglia, Shuichi si avventò contro l’uomo con i due sacchi. Questo li mollò e fece per scappare, ma l’altro non gliene diede il tempo: con un’energia e una velocità inaudite, lo mise al tappeto in pochi attimi, per poi fare la stessa cosa con gli altri due che si erano rialzati ed avevano cercato di barcollare via. Il tipo che era stato colpito dall’illusione di Terumi non si era mai mosso da terra.
Quando finalmente il bambino ebbe finito di sistemare quei tipacci, la bambina sorrise e ritrovò la forza per andare ad abbracciarlo.
- Stai tranquilla, è tutto a posto.- la rassicurò lui, stringendola.
Alle loro spalle, però, il più robusto dei quattro banditi si stava silenziosamente rimettendo in piedi e voleva sfruttare quel briciolo di energia rimastagli per colpire i due ragazzini con un coltellaccio. Si avvicinò con un ghigno sul volto e quando Shuichi si accorse di lui era troppo tardi. Spaventato, pensò a proteggere la sorellina con il suo stesso corpo, attendendo che la lama lo trafiggesse …
Ma invece della risata malvagia dell’uomo che lo accoltellava, i due piccoli Uchiha sentirono un urlo femminile che ben conoscevano.
- Shannarooo!-
In meno di mezzo secondo, furono sbalzati via e rotolarono qualche metro più avanti, in un gran fracasso. La radura dove si trovavano parve subire un terremoto, si formarono crepe nel terreno ovunque. Tornata la calma, Shuichi si sollevò dal corpo di Terumi accertandosi che stesse bene, poi si girò.
- Mamma?!- esclamò, stupito e felice allo stesso tempo.
Al centro di un cumulo di sassi e sabbia, ai piedi del quale c’erano i corpi dei quattro banditi svenuti, Sakura si ripuliva le mani dalla polvere con un’espressione severa in viso. Soddisfatta, chiese al figlio:
- Tutto a posto?-
Il bambino annuì, decisamente sollevato, insieme a Terumi.
- Come hai fatto a trovarci?- domandò a gran voce la piccola.
- Ero qui vicino a raccogliere delle erbe, ma ho sentito un po’ di trambusto e sono venuta a controllare.- spiegò la madre, scendendo dalla sua montagnola di terra e calpestando i nemici con disinvoltura. - Meno male che ho fatto in tempo! Ma lo sapete chi sono questi qua?-
- No, non lo sappiamo … - risposero con disappunto i due fratellini.
Sakura si abbassò vicino a loro e continuò, accarezzando la testa di Terumi:
- Sono dei ladri provenienti da un villaggio poco lontano da qui. Non avete visto le loro facce affisse sui muri di Konoha?-
Di fronte allo stupore dei figli, lei ridacchiò e scosse la testa. Dopo aver recuperato i quattro ladruncoli di provincia e preparandosi a trascinarli a Konoha per i colletti delle camicie, prese nell’altra mano i sacchi con la refurtiva da restituire e prima di andarsene ammonì i due figlioli:
- Shuichi, mentre io torno in città, tu porta subito a casa tua sorella e non allontanarti più da … Ma … Shuichi, hai lo Sharingan!-
Non essendosi accorto di averlo ancora attivo, il ragazzino si passò una mano tra i capelli, imbarazzato. In pochi secondi i suoi occhi tornarono di un verde intenso come quelli della mamma, che aggiunse con orgoglio:
- Sei stato bravissimo, tesoro mio. Vedrai la faccia di tuo padre quando lo saprà …!-
Emozionato all’idea di sorprendere Sasuke, il giovane Uchiha prese Terumi sulla schiena e seguì Sakura lungo il sentiero che portava al Villaggio della Foglia, felice perché consapevole di crescere in fretta. Con un altro po’ di allenamento e grazie alle lezioni del maestro Iruka, Shuichi sarebbe riuscito facilmente a sviluppare il terzo tomoe ed avrebbe padroneggiato la sua abilità innata alla perfezione ancor prima di venir promosso al grado di genin. Al solo pensiero, gli spuntò un sorriso spontaneo.
Intanto Sakura, per nulla infastidita dal carico che stava portando, ascoltava il racconto del figlio lungo la strada di casa. Era così bello vederlo gioire delle proprie gesta con un tale entusiasmo, che non se la sentì di interromperlo neanche una volta. Essendo abituata a vederlo sempre serio e pensieroso come suo padre, l’animo di Sakura si addolcì di fronte ad un sorriso tanto sincero, giovane, limpido e stavolta prolungato.
Forse stava davvero cambiando qualcosa in lui, in quel piccolo ninja che – sì, ora ne era sicura – sarebbe diventato un grande shinobi.
 
 
*







Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo! Fatemi sapere che cosa ne pensate... *-*
Ed ecco la fanart... Non trovate che sia bellissima? <3 C'entra poco e niente col capitolo, ma sappiate che in sostanza le fanart che vi proporrò sono sempre NaruHina family o SasuSaku family, a parte qualche futura eccezione... preparatevi!


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Con questa meraviglia di disegno, vi lascio e vi do appuntamento al prossimo capitolo... Bye! :*


Eliot ;D



*

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Capitolo 6
*** L'aggressione ***


Ed eccomi tornata, finalmente! E' in arrivo un capitolo strainteressante, con tantissime novità!
La soundtrack a cui ho pensato stavolta è - sorpresa sorpresa - il tema di Hinata e Neji, ovvero quello del clan Hyuuga. Lo dedico alla prima parte del capitolo, perché verso la fine ci sarà un colpo di scena abbastanza incredibile... xD
Godetevi la lettura ;)




Capitolo 6
: L’aggressione


Sorpresa da un ticchettio che veniva dalla porta, Eri andò verso di essa, saltellando per casa.
- Arrivo!- esclamò lei, prima di allungarsi verso la maniglia ed aprire.
Di fronte a sé vide ergersi in tutta la sua autorità il vecchio capo del clan Hyuuga, che a sua volta abbassò lo sguardo per catturare gli occhi grandi e curiosi della nipotina.
- Buongiorno, Eri.-
- Nonno, che bello vederti!- sorrise la bambina. - Entra pure … -
Eri fece educatamente spazio per accogliere il nonno in casa e farlo accomodare. Tenendo bene a mente le regole di comportamento che le aveva insegnato sua madre, restò in piedi vicino a lui, chiedendogli con gentilezza se gradisse una tazza di tè. Nonno Hiashi accettò volentieri, senza aver paura di scomporsi un po’ davanti a tutta quella tenerezza.
Mentre la piccola Eri si destreggiava con fatica tra scaffali e utensili per mettere a bollire l’acqua per il tè, Hiashi la osservava con piacere. Da una parte era stato il fare impacciato ed infantile di Eri ad addolcirlo, in parte era merito dell’impegno e del rigore con cui lei ci teneva a fare bella figura. Ormai la nipote conosceva le sue nobili origini da parte di mamma e con la voglia di fare che Naruto le aveva trasmesso, aveva deciso di mettercela tutta per non deludere il nonno neanche nelle piccole cose.
La grazia che accompagnava i suoi gesti, ma anche la determinazione che le si poteva leggere negli occhi, fecero riaffiorare alcuni ricordi nella mente di Hiashi; ricordi che risalivano a circa sette anni prima, quando il destino del clan Hyuuga prese una piega inaspettata e quasi rivoluzionaria, grazie a Naruto, ma soprattutto grazie alla forza d’animo di Hinata …
 
<< Sette anni prima >>
 
Non gli era mai capitato di vedere da parte di Hinata uno sguardo così fermo. Hiashi non era nemmeno completamente sicuro di avere di fronte proprio la figlia primogenita, che aveva sempre avuto una certa soggezione nei suoi confronti, almeno fino a quel momento.
- Sei davvero sicura di quello che mi stai chiedendo, Hinata?- domandò il capoclan, assottigliando gli occhi.

L’altra aggrottò la fronte e con tono gentile ribadì:
- E’ la decisione più importante della mia vita, padre. Non potrei essere più sicura di così.-
- Ma ti rendi conto che in questo modo cambierai per sempre il destino della nostra famiglia?- continuò lui, alzandosi in piedi quasi di scatto, reggendosi al bastone come se in realtà non ne avesse davvero bisogno.
Dopotutto era il capo della famiglia e doveva essere forte ed autorevole nonostante l’età avanzata, anche se gli risultava inspiegabilmente difficile davanti ad una determinazione così rara da parte di Hinata.
- E se anche fosse?-
Con ogni frase che la figlia diceva, lo spirito conservatore che viveva nel cuore di Hiashi vacillava. L’uomo sudava freddo e stavolta non seppe cosa rispondere.

- Padre, non ho altra scelta. Non posso prendere il tuo posto come capostipite del clan.- proseguì lei, addolcendo lo sguardo notando che il padre era in difficoltà. - Io e Naruto stiamo per avere un bambino, lo sai … Finalmente avremo una famiglia tutta nostra. Di conseguenza non posso portare avanti le tradizioni del clan Hyuuga come hai fatto tu.-
Sulle prime, quel discorso era inaccettabile per il capo del nobile clan, ma era anche vero che da buon padre doveva essere aperto e prossimo alle volontà della sua adorata primogenita, la quale andò avanti dicendo, a testa bassa:

- E poi … non mi sono mai sentita adatta a questo ruolo. Ho sempre pensato di essere l’anello debole della famiglia, lo hai constatato anche tu. Come ninja non ho saputo dare abbastanza onore al mio clan, a differenza invece di Neji-nii-san, per esempio.-
Hanabi, che ascoltava il discorso lì accanto con pochi altri membri della famiglia, intristì i propri occhi che guardavano la sorella maggiore. L’aveva sempre ammirata moltissimo perché non si faceva problemi ad ammettere le proprie debolezze, pur andando avanti sicura per la propria strada. Pregò che il padre le desse ascolto e le venisse incontro, insieme a Naruto, che era quasi completamente in disparte, ma ci teneva ad essere presente in un tale momento.
Hiashi sospirò.
- Ho compreso le tue ragioni, figlia mia. Ma quando morirò, chi diventerà il capostipite degli Hyuuga, se non tu che sei la mia primogenita?-
Hinata, a quel punto, accennò un sorriso e si voltò.
- Hanabi, naturalmente.- rispose, facendole cenno di avvicinarsi.
La minore arrossì vagamente e si affiancò a lei, pronta ad ascoltare. In cuor suo, aveva sempre saputo che sarebbe stato il suo destino seguire le orme del padre al posto di Hinata e si sorprese nel constatare di esserne compiaciuta, perché questa decisione avrebbe soddisfatto le esigenze del clan, se il capofamiglia avesse acconsentito definitivamente.
- Prendi Hanabi al mio posto.- proseguì quindi la maggiore. - Cedo volentieri a lei la possibilità di rappresentare al meglio il nostro clan. Dopotutto questo ruolo le si addice molto più di me.-
Le due sorelle si sorrisero dolcemente, trasmettendosi un’infinita fiducia, e Hinata concluse:
- Fin da quando eravamo piccole, Hanabi ha dimostrato di avere molto più talento di me, come ninja. Sono sicura che con lei all’apice, la nostra famiglia ritroverà lo splendore di un tempo.-
Hiashi le osservò. Hanabi e Hinata erano diventate due donne meravigliose; forti, coraggiose, amorevoli e a modo. Il suo orgoglio di padre traboccava da tutte le parti e non poteva più essere ignorato a favore delle antiche tradizioni.
- Ti prego padre, accetta la mia proposta.-
- Mi hai convinto. Tuttavia non mi sento ancora sicuro … - sospirò ancora lui, tornando a sedere. - Restando parzialmente fuori dalla famiglia, il tuo Byakugan è comunque senza protezione, anche dopo la morte. Il nostro clan ha sempre custodito i segreti di questa abilità innata con successo, ma ora …?-
Hinata parve rifletterci su, sotto gli occhi curiosi di tutti i presenti, Hanabi e Naruto in particolare. Istintivamente le tornò alla memoria Neji e il triste momento della sua morte. Rialzando lo sguardo verso il padre, disse:
- Se può farti sentire meglio, posso farmi tatuare anch’io sulla fronte il simbolo maledetto della casata cadetta. In questo modo il mio Byakugan scomparirà quando morirò e resterà così il segreto del clan Hyuuga.-
Era un’opzione a cui non si era mai osato pensare, eppure in quell’attimo Hiashi si accorse che poteva funzionare.
- Fidati di me, padre. Ti chiedo soltanto questo.- lo pregò la figlia, giungendo le mani verso il petto e tenendo la fronte bassa in segno di rispetto.
Hinata non aveva mai voluto deludere la famiglia, non aveva mai preteso nulla in cambio del proprio impegno. Non aveva mai rinunciato a rimanere se stessa, nonostante fosse consapevole di non andare bene agli occhi del padre. Era cresciuta coltivando molte intense passioni e maturando in modo esemplare le proprie virtù.
Hiashi ebbe la sensazione che avrebbe fatto un grosso errore, se le avesse detto di no, così abbozzò un sorriso e le si avvicinò per stringerla forte.



Il tè era caldo e dolce al punto giusto e quando il nonno disse che era buono, Eri tirò un sospiro di sollievo e si sedette al tavolo accanto a lui.

- Come stanno i tuoi genitori?- chiese lui.
La bambina alzò gli occhi al cielo e pensò:
- La mamma è uscita e dovrebbe tornare tra un po’. Papà, invece, è pieno di lavoro!-
- Ma stanno bene entrambi, vero?-
- Certo!- fece lei, sorridendo ancora senza stancarsi di farlo.
In quel momento, si avvertirono alcuni rumori vicino alla porta. Hinata era tornata dal suo giro di commissioni della mattinata. Fu ben felice di trovare il padre e lo fu ancora di più quando seppe che Eri l’aveva accolto con tutti gli onori.
- Ti dirò, Hinata … - esordì Hiashi. - La mia nipotina ha una fermezza negli occhi uguale a quella che aveva Neji.-
La mamma della piccola si sedette vicino a lei e le accarezzò amorevolmente la schiena, confermando:
- Hai ragione; sono sicura che sarebbe molto fiero della mia Eri.-
Quest’ultima arrossì e poi sobbalzò sulla sedia, ricordando improvvisamente qualcosa.
- Nonno, lo sai che papà mi ha portato un ritratto dello zio Neji? Te lo faccio vedere!-
Corse nella sua cameretta a prenderlo, sotto gli sguardi addolciti della madre e del vecchio nonno, i quali si scambiarono un’occhiata d’intesa.
- Eccolo.-
Le calde manine della bambina si strinsero per un momento a quelle consumate di Hiashi, che osservò il volto di Neji nel ritratto con nostalgia.
- Non lo dimenticheremo mai … - mormorò, aggrottando la fronte con velata commozione.
- Papà ha detto che lo zio Neji è morto per salvarlo e che quindi è un eroe!- esclamò Eri. - Era forte, vero nonno?-
- Non era solo forte … ha donato la sua vita per proteggere chi voleva bene. Il suo cuore era grande, anche se non lo dava molto a vedere.- disse Hiashi, dando il ritratto a Hinata, che aggiunse:
- Sotto molti aspetti, fu uno shinobi migliore di me. Il fatto che fosse nato nella casata cadetta non aveva influito sul suo talento e il suo Byakugan era straordinario.-
Eri conosceva a grandi linee la differenza che c’era stata tra casata principale e casata cadetta del clan Hyuuga ed era rimasta compiaciuta del fatto che questa disparità si fosse ridotta col tempo, anche grazie a Naruto. Ciò di cui però ancora ignorava l’esistenza era il Byakugan, l’abilità innata di quella nobile famiglia.
- Che cos’è il Byakugan?- domandò ingenuamente.
Nonno Hiashi si stupì molto dell’ignoranza della nipote e chiese spiegazioni a Hinata:
- Com’è possibile che Eri non sappia che cosa sia il Byakugan? Non gliene hai mai parlato?-
- Ho pensato che fosse troppo presto.- fece lei, imbarazzata. - E’ ancora piccola per iniziare a conoscerlo, dopotutto non lo possiede dalla nascita come noi. I geni del nostro clan le sono stati trasmessi solo per metà … -
A questo Hiashi non aveva pensato. In effetti Eri non era propriamente una Hyuuga.
- Capisco … -
- Forse è possibile che sia predisposta a usarlo, anche se è un’abilità innata di nostra esclusiva.- ipotizzò Hinata.
Confusa in mezzo a quei discorsi, Eri guardava prima la mamma e poi il nonno con sguardo sempre più interrogativo. Si grattò la testa ed attese che la coinvolgessero nella discussione, ma quando capì che il Byakugan era un’abilità speciale, li interruppe e disse:
- Voglio imparare a usare il Byakugan!-
Gli altri due la fissarono, sorpresi. Di nuovo quella fermezza nello sguardo, che di certo era motivo d’orgoglio, si manifestò sul volto di quella bambina ancora piccola e apparentemente fragile.
- Ce l’ho anch’io, vero mamma?- aggiunse Eri, stringendo i pugni e guardandola dritta negli occhi.
Hinata non seppe di preciso cosa le fu trasmesso attraverso quel contatto con la figlia, ma improvvisamente fu sicura in assoluto che Eri possedesse il Byakugan, da qualche parte nel suo dna, e che serviva soltanto svilupparlo. Le accarezzò i capelli e sorrise:
- Naturalmente, piccola mia.-
 
Era un pomeriggio dolce. Il vento soffiava leggero tra le fronde degli alberi, riempiendo di vitalità chi aveva la fortuna di passeggiare per le strade e godersi il sole di Konoha.
Tra la gente c’era anche il capitano Yamato, che si dirigeva verso il parco. Lo attendeva una missione piuttosto noiosa: doveva incontrarsi con un vecchio nobile brontolone e paranoico, che per spostarsi da una parte all’altra del Paese del Fuoco voleva essere per forza scortato da un jonin del villaggio. Quando giunse al luogo dell’appuntamento, Tenzo sbadigliò e si mise ad ammirare la natura per ingannare l’attesa.
Era completamente ignaro del brutto scherzo che gli era stato giocato.
Yamato stava terminando un gran sbadiglio, quando all’improvviso iniziò a sentirsi osservato. Si guardò intorno, ma non vide nessuno. Il suo cliente era anche in ritardo … apparentemente.
In mezzo agli alberi del parco, una losca figura stava accucciata, con un sorriso malvagio dipinto in volto e gli occhi azzurri fissi sulla sua vittima, aspettando il momento adatto per agire.
- Ho una brutta sensazione … - borbottò tra sé il capitano.
Quando quest’ultimo alzò lo sguardo per vedere se si nascondeva qualcuno tra i rami, trasalì e fece un balzo all’indietro, scansando per un pelo un oggetto che esplose al contatto col terreno.
- Come pensavo: la storia della scorta era una trappola!- esclamò Tenzo. - Mi pareva strano che Naruto non mi avesse convocato personalmente e mi avesse mandato una semplice lettera … -
- Allora non ho a che fare con uno stupido. Ti sei accorto quasi subito di me.- esordì una voce profonda proveniente dall’alto.
Yamato si voltò e sul ramo di un albero alle sue spalle riuscì a scorgere il suo interlocutore: era un ragazzo giovane e alto, dai capelli lunghi e biondi raccolti in due code laterali e dal torace scoperto. Il suo sguardo era piuttosto freddo, spezzato però dal lieve sorriso sornione che esprimeva tutto il suo cinismo.
- Chi sei?!- chiese l’altro, senza abbassare la guardia.
Il ninja misterioso non rispose e si limitò ad alzare due dita di fronte a sé, richiamando il chakra, per poi pronunciare con un filo di voce:
- Katsu.-
Delle violente esplosioni, una dopo l’altra, circondarono il capitano Yamato e gli impedirono di scappare. Riparandosi con le braccia, si accorse che ad esplodere erano delle piccole armi ninja fatte d’argilla.
“Non è possibile! Queste bombe d’argilla …”
Siccome stavano pian piano esplodendo tutte e lui non era sicuro di uscire indenne da quella situazione, unì le mani e decise di creare una cupola di legno per ripararsi.
- Mokuton!-
Quando il fumo delle bombe si diradò, Yamato era ancora dentro il suo guscio di legno. L’avversario si era velocemente spostato su un altro ramo ed aveva estratto dell’argilla da una tasca della tunica nera e bianca. Quando si liberò, Tenzo notò che la stava masticando.
- Non puoi essere Deidara, perché lui è morto! Allora chi sei??- provò ancora a domandargli.
Negli stessi istanti, un’altra ombra misteriosa e inquietante osservava la scena, nascosta tra gli alberi, in agguato.
Il giovane ninja biondo sputò alcuni kunai d’argilla dalla bocca e si limitò a dire:
- Non è importante il mio nome, quanto le mie opere d’arte.-
Yamato imprecò, ma non ebbe il tempo di attaccarlo, poiché fu di nuovo bersagliato dai kunai d’argilla, che esplodevano uno dopo l’altro intorno a lui ogni volta che l’avversario pronunciava “katsu”. Dovendo evitare le esplosioni, il jonin decise di salire su un albero e saltare di ramo in ramo per allontanarsi, ma l’altro cominciò a inseguirlo, sempre impastando l’argilla con la bocca e lanciandogli delle piccole bombe.
Ad un certo punto, Yamato trovò il modo per distanziarsi e riprendere fiato.
- Immagino di dover combattere contro uno sconosciuto.- sentenziò. - Mokuton!-
Facendosi aiutare dall’Arte del Legno, Tenzo allungò dei tentacoli lignei con l’intento di catturare e immobilizzare il nemico, ma quest’ultimo era piuttosto agile e saltava via velocemente. Arrivò un momento in cui il biondino dovette fermarsi per riprendere fiato, perciò Yamato ne approfittò per allungare entrambe le braccia e formare delle travi che avrebbero intrappolato il nemico.
L’espressione beffarda che non accennava a scomparire dal volto di quel ninja sconosciuto avrebbe dovuto tuttavia insospettirlo.
Stava per catturare il nemico, ma all’improvviso il capitano avvertì un dolore lancinante alla nuca. Con un grido, ritirò le travi di legno che partivano dalle sue mani ed atterrò su un altro ramo, dolorante. Tenendosi il collo, Yamato realizzò: qualcuno gli era saltato addosso alle spalle e l’aveva ferito, ma ciò era accaduto così in fretta che ogni reazione sarebbe stata impossibile. Il jonin si girò per vedere che fine aveva fatto il misterioso avversario e si accorse con disappunto che stava rapidamente balzando via, preceduto a diversi metri di distanza da un altro ninja, che però era troppo lontano per essere identificato o anche solo visto bene. Sicuramente era stato quel secondo individuo a ferire il capitano Yamato al collo.
- Fermatevi!-
Il dolore alla nuca era forte e i nemici troppo lontani e veloci. Il capitano si fermò quasi subito, sapendo di non poterli raggiungere, e notò che la mano con cui si stava tenendo la ferita era già piena di sangue.
Ponendosi mille domande, Yamato tornò in città con l’intenzione di avvisare Naruto il più presto possibile.
 
Superato ormai il confine del Paese del Fuoco, il misterioso ninja biondo che conosceva l’Arte dell’Esplosione scese dagli alberi ed atterrò con un sospiro.
- Vuoi già fare pausa … Hiroshi?-
Dietro di lui atterrò il suo collega, che si era tirato su il cappuccio della veste nera e bianca, uguale a quella che indossava l’altro. Il ninja incappucciato mormorò:
- Ormai non può più trovarci nessuno.-
Il biondino lo squadrò con i suoi azzurrissimi occhi e si appoggiò ad un tronco, poi vide Hiroshi porgergli qualcosa.
Quella non era una semplice mano sinistra, bensì qualcosa che poteva somigliare ad un grosso e mostruoso artiglio, dalla pelle scura e con due unghie lunghe e affilate. Tra di esse vi era un coprifronte della Roccia, un po’ rovinato.
- Lo hai perso mentre ce ne andavamo.-
- Puoi buttarlo via.- si limitò a dire l’altro, alzando le spalle.
Hiroshi lasciò cadere il coprifronte per terra, poi nascose l’artiglio nella manica, sentenziando:
- D’accordo, Kiichi. Come preferisci.-
Il giovane preferì cambiare argomento:
- Dunque, possiamo considerare la missione compiuta?-
L’altro sputò qualcosa dalla bocca, che finì nel suo artiglio. Era un pezzo di carne insanguinato.
- Certo.- rispose sommessamente. - Ho ottenuto quello che volevo e non è neanche stato difficile.-
Kiichi, ex ninja della Roccia, accennò un ghigno.
- Allora inizieremo subito con i preparativi … -
- Già. Se le mie deduzioni sono esatte, presto avrò dei nuovi occhi.- fece Hiroshi, stringendo il pezzo di carne tra le unghie del suo artiglio.
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
*





Ragazzi, ditemi quanto siete rimasti sorpresi! Siete curiosi, eh??
Per accontentarvi, vi posto volentieri l'immagine del misterioso Kiichi, il biondino della Roccia (ex, ormai) che ha attaccato Yamato. Il disegno è di Federica; se volete contattarla fatemelo sapere e vi darò privatamente il link della sua pagina su FB, con tutti i suoi disegni.
Non è un gran figo? *-*

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Ok, basta sbavare... Vi ringrazio tantissimo per essere passati a leggere e vi auguro buona giornata/serata! <3
Al prossimo capitolo

Eliot ;D

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Capitolo 7
*** Il genio all'opera ***


#
Salve a tutti! Finalmente sono tornata ad aggiornare... Nuovi personaggi in arrivo, spero che siate pronti a conoscerli!
La soundtrack che vi consiglio per questo capitolo è il tema di Deidara, adatto soprattutto alla scena centrale.
E... niente, non ho null'altro da aggiungere per ora (strano, ma vero o.o). Il resto, dopo la lettura!
*





Capitolo 7
: Il genio all’opera

- Papà?-
A scuotere quel dolce torpore di cui stava godendo Shikamaru fu l’appena accennata voce del piccolo Yuji, che fece spuntare la testolina bionda dalla porta che dava sulla veranda. Non si stupì di vedere il padre sdraiato fuori, con un filo d’erba in bocca e le braccia dietro la nuca. Il bambino ripeté:
- Papà, mi senti?-
- Mmh, sì, ti sento.- rispose pigramente l’altro. - Che cosa c’è?-
Yuji camminò senza fretta verso di lui. Il suo sguardo non era poi molto diverso da quello di Shikamaru, ma in fondo erano le intenzioni e la personalità ad essere importanti. Quando raggiunse il papà, si accucciò vicino a lui e lo fissò dritto in faccia:
- Giochiamo a shogi?-
Con tutta calma, dopo un leggero sospiro, Shikamaru aprì gli occhi e si ritrovò il viso paffuto del figlio, nonché i suoi occhi neri, piccoli e pungenti. Era troppo pigro perfino per stupirsi di quella grande vicinanza tra i loro nasi.
- Magari più tardi, Yuji … - fece, riabbassando le palpebre.
Il bambino attese solo qualche secondo, poi senza neanche muoversi di un  millimetro, sillabò:
- Chiamo la mamma.-
Nel profondo del suo subconscio, qualcosa si mosse dentro Shikamaru, anche se il suo corpo restò completamente fermo. Far intervenire Temari sarebbe stato fatale, eppure voleva tenere ben saldo il suo orgoglio di padre, perciò mormorò:
- Chiamala pure, se ti va … -
Sperava che il figlio, notando la sua apparente sicurezza, lasciasse perdere. Invece chiamò davvero sua madre.
- Mamma! Papà non vuole giocare!- esclamò in direzione della veranda.
Temari non tardò a comparire e si affacciò con un’espressione irritata.
- Shikamaru … Non farmi venire lì.- si limitò a dire.
Come aveva potuto lui pensare che suo figlio fosse tanto stupido da lasciar perdere? In fondo era sangue del suo sangue.
- D’accordo, prendi la scacchiera … - sospirò, alzandosi dal prato e notando come fosse soddisfatto Yuji mentre obbediva.
In pochi minuti erano seduti in veranda, concentrati sulle pedine dello shogi. Lo sguardo di Shikamaru non si era acceso più di tanto, mentre quello di Yuji si era fatto più vispo. Il piccolo scrutava la scacchiera con una quasi esagerata scrupolosità ogni volta che arrivava il suo turno e tirava fuori sempre una smorfia di disappunto, quando il padre reagiva con una contromossa efficace e velocissima. Ad un certo punto il ninja sbadigliò pure.
“In giornate limpide come questa, soffro terribilmente la decisione che ho preso di sposarmi ed avere una famiglia. Non potevo scegliermi una seccatura peggiore!”
Aveva appena partorito questo profondo pensiero, quando un leggero bacio di Temari sulla guancia lo scosse al punto da far scomparire del tutto quella pesantezza opprimente. Gli scappò un sorriso e i suoi occhi brillarono a vedere Yuji tutto soddisfatto che riceveva lo stesso bacio dalla madre.
Quest’ultima stava per tornare in casa, quando Shikamaru si voltò per dirle:
- Mio padre aveva ragione. Senza donne, noi maschi saremmo completamente persi.-
Divertita, Temari strizzò un occhio e fece:
- Lo hai ammesso, finalmente!-
L’altro ridacchiò, ammirando la moglie muoversi oltre la porta della veranda, poi si rigirò verso Yuji.
- E tu, figliolo? Sei d’accor-
Lo stupore gli troncò la frase. Yuji era sparito dalla sua vista e ci volle qualche attimo in più per capire che era andato a giocare tra i cespugli, poco più in là. Shikamaru abbassò gli occhi sulla scacchiera e non ebbe il tempo di chiedersi perché il figlio avesse interrotto la partita all’improvviso, poiché ancora prima di farlo si rese conto che semplicemente Yuji aveva vinto.
Il disappunto per la sconfitta si unì presto al senso di colpa per non aver dato molto retta al figlio, ma Shikamaru ridacchiò, non solo di se stesso, ma anche perché era fiero di aver cresciuto un figlio tanto astuto e indipendente. Senza accorgersene, stette per un po’ ad osservarlo mentre curiosava tra le piante, cercando di catturare qualche insetto. Dopo pochi minuti, lo vide scattare e correre in una direzione, urlando:
- Zia Ino! Zia Ino, sono qui!!-
Sulla strada stava passando proprio lei, così Shikamaru si alzò per andarla a salutare.
- Ciao, piccolo Yuji, come stai??- domandò lei, abbassandosi verso il bambino e rialzandosi quando vide suo padre.
Quest’ultimo alzò pigramente un braccio:
- Hey, come va?-
- Shikamaru, sono venuta perché Naruto mi ha mandato a chiamarti.- esordì la bionda, diventando seria tutto d’un tratto.
Trovandosi impreparato, l’amico chiese:
- E me lo dici così? Per caso è urgente?-
- Non saprei, ma di sicuro Naruto non sembrava tranquillo.-
Shikamaru imitò lo sguardo serio di Ino, poi si voltò verso Yuji e notò la sua perplessità. Gli accarezzò il capo e fece:
- Di’ alla mamma che l’Hokage vuole parlarmi. Tornerò presto!-
Non appena Yuji ebbe sorriso e fatto sì con la testa, il padre si fiondò in strada ed iniziò a correre, per poi cominciare a balzare di tetto in tetto per arrivare più in fretta a destinazione. Il piccolo continuò ad guardare il padre con orgoglio finché quello non scomparve oltre le case.
 
Il vento soffiava veloce, trasportando strisce di sabbia nell’aria. Il Villaggio pareva come addormentato, sotto il sole cocente. Kiichi si fece largo tra i tetti delle abitazioni, badando bene di non essere visto. Raggiunse una piccola torre isolata ed atterrò sulla sua cima senza fare troppo rumore. Lentamente, si riavvolse con la veste nera e si calò giù, fino ad arrivare ad una finestra. Sempre silenziosamente, il giovane rimase aggrappato ad alcuni mattoni di sabbia che sporgevano e guardò dentro.
Seduta in un angolo, stava una ragazza che doveva avere più o meno la stessa età di Kiichi. I lunghissimi capelli castani legati in due codini coprivano la visuale del resto del suo corpo, siccome era chinata su se stessa con alcuni piccoli attrezzi in mano, intenta probabilmente a costruire o riparare qualcosa. Tutte intorno a lei, erano depositate sul pavimento decine di marionette dalle forme più svariate e animalesche. Una di esse le era vicino ed era tutta smontata; Kiichi capì che forse lei la stava aggiustando.
Dopo averla osservata per qualche istante, il ragazzo entrò dalla finestra con uno scatto, atterrando perfettamente in piedi. Subito l’altra alzò la testa, sorpresa dal rumore, e quando vide l’estraneo che si era introdotto nella sua stanza, saltò in piedi anche lei.
- Chi sei??- esclamò, stringendo in mano i pezzi della sua marionetta.
Anziché risponderle, Kiichi la fissò: indossava solo una tunica corta ed era scalza, ma ciò che attirò il suo sguardo fu il tatuaggio sulla parte destra della fronte, un ideogramma che portava il significato di “forza”.
- Allora, ti decidi a rispondermi?- aggiunse lei. - Chi sei e perché sei entrato in casa mia??-
L’altro sbottò, impassibile:
- Parli sempre così tanto?-
La ragazza spalancò gli occhi. Come aveva osato quel damerino introdursi in casa sua e per giunta fare del sarcasmo? Pestando i piedi, lei esclamò:
- Come ti permetti? Rispondi alla mia domanda o te la vedrai con me!-
- Tu sei Keira, giusto?-
La giovane non si aspettava che quell’ospite indesiderato conoscesse il suo nome, così lasciò cadere l’ingranaggio che stava aggiustando, trasalì e rimase a fissare il ragazzo in silenzio. Quell’espressione fredda e calcolatrice la metteva in difficoltà, nonostante fosse sempre capace di difendersi a parole.
Kiichi non aspettò nemmeno una risposta. Iniziò a guardarsi meglio intorno, poi aggiunse:
- Devo chiederti di raccogliere le tue marionette e di seguirmi fuori dal Villaggio della Sabbia … per sempre.-
A quella richiesta assurda, Keira sentì il bisogno di proteggere le sue marionette e le fece sparire, unendo l’indice e il medio della sua mano. A sostituire le marionette, si alzarono delle piccole nubi.
- Non vedo perché dovrei acconsentire.- ribatté lei, ripresasi dallo stupore. - Vattene, oppure degnami di qualche spiegazione, altrimenti non vale la pena neanche di darti la mia attenzione!-
- Me la stai già dando da un pezzo, non ti pare?- replicò Kiichi con un lieve sorriso ironico.
Keira si sentì esplodere. Mosse qualche passo deciso verso il biondino e lo prese per il bavero della veste, sbraitando:
- Adesso fai anche lo sbruffone? Se non vuoi che ti faccia a pezzi, dimmi subito chi sei e che cosa vuoi da me!-
L’altro restò impassibile e quando la ragazza finì di inveire contro di lui, sospirò e decise di accontentarla.
- Mi chiamo Kiichi e sono venuto a prenderti insieme al mio socio.-
- Il tuo socio?- domandò lei confusa, lasciandolo andare.
- In questo momento si trova fuori dal Villaggio e ci aspetta entrambi.-
Meno Kiichi manifestava segni di coinvolgimento emotivo, più Keira si innervosiva. Non aveva mai incontrato qualcuno di così distaccato e gelido nei confronti degli altri e del resto del mondo. Soddisfatta almeno di aver ottenuto qualche informazione su quel tipo misterioso, mise le mani sui fianchi e chiese ancora:
- E sentiamo, perché mai dovrei unirmi a voi … Kiichi?-
- Sappiamo che non sei legata a nessuno, in questo paese. Solo alle tue marionette.- fece lui, accennando un ghigno. - Le tue abilità, poi, ci farebbero molto comodo.-
La giovane marionettista aggrottò la fronte e prese sul serio quelle parole. Stringendo i pugni, sbottò:
- Non so che cos’abbiate in mente di fare, ma non mi va affatto di diventare uno strumento al vostro servizio. Scordati di avere me e le mie opere d’arte!-
Lo sguardo di Kiichi si illuminò improvvisamente. Incrociò le braccia al petto ed allargò il sorriso sornione che stava rivolgendo alla ragazza, ridacchiando.
- Le tue opere d’arte?- ripeté, avvicinandosi al suo viso. - Facciamo così: tu mi fai vedere le tue opere d’arte … e io ti farò vedere le mie.-
Keira imitò la sua espressione di malvagio divertimento e disse:
- E’ una sfida?-
- Se vinco io, lascerai il Villaggio e seguirai me e il mio collega lontano da qui; se invece vinci tu, lo raggiungerò da solo e insieme ci consegneremo spontaneamente alle guardie del deserto.- fece il biondino, mettendo lentamente una mano in tasca.
Anche lei stava muovendo una mano senza farsi notare troppo e quando ebbe ascoltato le condizioni dell’avversario, frappose due dita tra le loro facce vicinissime per richiamare il chakra e sentenziò:
- Ci sto.-
Nella sua mano libera comparve un rotolo di pergamena. Stava per srotolarlo, quando Kiichi balzò all’indietro e mise in bocca una manciata d’argilla esplosiva.
- Non riuscirai a fermarmi!- disse Keira, srotolando la pergamena. - Kugutsu no Jutsu!-
In uno sbuffo comparve nella stanza una marionetta enorme, che a prima vista sembrava avere la forma di una piovra. Aveva dieci tentacoli di legno che circondavano gran parte del nucleo centrale, che consisteva in una testa alta e ovale fatta di ferro. Su di essa erano distinguibili solo due fori sul davanti, riconducibili in qualche modo agli occhi della creatura.
Così armata, la ragazza si preparava ad attuare la Tecnica del Marionettista. Allungò le mani ed allacciò ai dieci tentacoli un filo di chakra per ogni dito, ottenendo il pieno controllo della marionetta.
Per tutta risposta, Kiichi sputò l’argilla che stava impastando con i denti e che si era trasformata in una serie di piccoli shuriken. Tenendoli in mano, commentò con ironia:
- Carina, ma un po’ fragile per i miei gusti.-
- Scommettiamo?- ribatté prontamente lei.
L’altro non perse tempo e gettò in aria gli shuriken d’argilla, spargendoli ovunque, per poi buttarsi fuori dalla finestra e dare l’ordine di esplosione:
- Katsu!-
Keira reagì per tempo e si riparò dietro la testa ovale della sua marionetta. Quando terminarono le piccole esplosioni provocate dagli shuriken, si affacciò dalla torre e vide il nemico allontanarsi sui tetti delle case circostanti. Presa la sua marionetta tramite i fili di chakra, uscì fuori e lo inseguì, balzando dove capitava e manipolando con le dita i tentacoli di legno della piovra, in modo che questa strisciasse su ogni tipo di superficie.
- Non mi sfuggirai!- gli intimò, dopo averlo avvistato una decina di metri più avanti.
Kiichi non poteva neanche risponderle, perché stava impastando altra argilla con la bocca. In quel momento era indifeso e Keira ne approfittò per aprire la testa della piovra nella fascia più bassa, vicino ai tentacoli: da un’apertura rettangolare emerse una griglia bucherellata con decine e decine di spiedi all’interno. Con un quasi impercettibile movimento di ogni dito, la marionettista sparava gli spiedi a velocità incredibile, ovviamente mirati a colpire l’avversario. Non fu troppo difficile per lui evitare quelle piccole armi, finché non smise di saltare di tetto in tetto ed atterrò in una stradina deserta, imboccando un vicolo per nascondersi e finire d’impastare l’argilla.
Keira lo seguì, ma lo perse di vista. Si mise in piedi sulla testa della marionetta, controllandone sempre i movimenti con i fili di chakra collegati alle dita, e guardandosi intorno esclamò:
- Vieni fuori a combattere!-
Le piccole esplosioni non avrebbero funzionato con lei, che poteva difendersi con quel piccolo carro armato animalesco, e il biondino se ne rese conto. Con pazienza, fece uscire dalla bocca un paio di armi d’argilla più grosse e dalla potenza distruttiva maggiore: due lunghe e robuste mazze chiodate. Fu faticoso sputarle e quando Kiichi dovette riprendere fiato, il suo respiro fu avvertito da Keira, che mosse i tentacoli della piovra verso il nascondiglio del nemico. Non ebbe tuttavia il tempo di avvicinarsi molto, perché dall’ombra del vicolo spuntò una delle due mazze d’argilla, volando per aria. Dopo averla lanciata, Kiichi tenne in pugno l’altra e si spostò verso il tetto di un edificio, gridando:
- Katsu!-
La mazza esplose violentemente nell’aria, facendo tremare tutt’intorno. Il ragazzo sogghignò, osservando il fumo che si diradava, ma sobbalzò e cambiò espressione, quando notò che la marionetta era rimasta intatta e solo Keira era scomparsa. Si levò in piedi ed osservò la scena.
“Dove sarà andata? Forse sta per attaccarmi da qualche altra parte … ma allora cosa aspetta? Ah, un momento.”
Il sorriso malvagio tornò sul suo viso; nel frattempo Keira uscì allo scoperto. Si era nascosta dentro la testa della piovra per evitare l’esplosione, ma ora che si erano calmate le acque non riusciva più a localizzare il nemico.
- Dannazione, si è nascosto di nuovo?!- imprecò.
Stavolta senza farsi sentire, Kiichi lasciò cadere la seconda mazza chiodata dal tetto di un altro palazzo, che si trovava alle spalle dell’avversaria. Sicuro della vittoria, sentenziò:
- E’ finita, Keira. Katsu!-
Quest’ultima alzò gli occhi e con orrore vide cadere l’arma su di sé. Non avrebbe fatto in tempo, stavolta, a ripararsi nella testa della sua piovra. Aveva perso.
In quel momento, insieme ad un forte boato, un grido si sollevò dalla zona più solitaria del Villaggio della Sabbia.
 
Shikamaru scrutava il cielo azzurro di Konoha alla ricerca di una qualche ispirazione. Naruto, al suo fianco, leggeva e rileggeva il rapporto che gli era giunto dal Villaggio della Roccia: dalla descrizione di Yamato, nessuno sembrava riconoscere il misterioso ninja biondo che lo aveva attaccato.
- Strano, molto strano.- ripeté il moretto. - Potrebbe provenire da qualche altro villaggio, ma è poco probabile.-
L’Hokage si risedette alla scrivania e poggiò stancamente la testa su una mano. Sospirando, aggiunse:
- Forse è riuscito a far perdere le sue tracce, qualunque sia il suo luogo d’origine. Ma perché, poi, ha attaccato il capitano Yamato?-
Quando si trattava di questioni spinose e complicate, Naruto poteva contare tantissimo sulla collaborazione di Shikamaru, dalla mente elastica e dalle grandi capacità intuitive. Non che lui non ne fosse dotato, ma avere quel placido ninja delle ombre al suo fianco gli dava senz’altro un po’ di sicurezza in più.
- So che il capitano Yamato è l’unico a saper utilizzare l’Arte del Legno; può essere questa la ragione?-
L’amico lo squadrò con perplessità e allora Shikamaru continuò:
- E’ un’abilità innata molto rara. Solo il Primo Hokage la sapeva utilizzare e farebbe gola a molti ninja.-
- Potrebbe essere.- annuì Naruto. - Dopotutto è l’unico a possedere le cellule di Hashirama, a parte me e Sasuke nel braccio ricostruito. Dei tre, il capitano è in effetti il più avvicinabile.-
Shikamaru prese in mano un foglio appoggiato sulla scrivania insieme a tanti altri. Si trattava di un resoconto redatto dall’ospedale, che descriveva i danni fisici subiti dal capitano.
- Tra l’altro il secondo ninja, quello completamente irriconoscibile, ha strappato dal collo di Yamato un pezzo di carne, quindi l’ipotesi regge.- continuò, grattandosi la nuca.
- A chi potrà mai servire l’Arte del Legno?- si ritrovò a chiedersi Naruto, che si allungò sulla sedia e si stiracchiò subito dopo. - Non sono in molti a sapere delle sue abilità … -
- Potrebbe essere Orochimaru?-
A sentire quel nome, quasi il biondino non cadde dalla sedia. Con gli occhi fuori dalle orbite, esclamò:
- Stai scherzando?! Ora che finalmente quel viscido serpente è morto, vuoi tirarlo di nuovo in ballo?-
- Dai Naruto, non scaldarti … - ridacchiò Shikamaru, che tornò subito serio e proseguì: - Potremmo fare lo stesso discorso con l’Organizzazione Alba, eppure il ninja che ha aggredito Yamato conosceva l’arte dell’esplosione proprio come Deidara. Vuoi escludere anche questa ipotesi?-
Naruto mugugnò ed incrociò le braccia al petto, infastidito dalla situazione. Non avevano quasi nulla di concreto in mano e stavano procedendo solo ad intuizioni. Innervosito, sbottò:
- Accidenti, non riusciamo a venirne fuori … Potrebbe trattarsi di qualsiasi cosa. Chi sono, che cosa vogliono veramente e perché?-
Mille domande e misteri si accumulavano, preannunciando eventi terribili. Il giovane Hokage ancora non lo sapeva, ma quello era solo l’inizio di un conflitto che si sarebbe aperto solo più avanti e che non sarebbe stato combattuto da lui, né dai suoi amici.
Gli unici in grado di rispondere alla nuova minaccia che incombeva sul mondo ninja erano i giovani della nuova generazione, pronti a diventare dei coraggiosi e forti shinobi.


*











E rieccomi qui! Finalmente posso proseguire con gli altri annunci xD
Questo capitolo conclude la prima parte della storia. Tra questa e la seconda (poi vedrete che ce ne sarà anche una terza) c'è un balzo temporale di CINQUE anni. Ve lo anticipo, ma ovviamente ve lo ricorderò anche nel prossimo capitolo u.u
Andiamo avanti con la fanart del capitolo: sono fiera di presentarvi Keira, che avete appena conosciuto! Non è una strafiga? *-*
L'autrice si chiama Sara ed è una mia carissima amica... di talento, vero?


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Ed ora l'ultimo annuncio.
Oltre a Federica e Sara, di cui avete visto già due disegni in questo capitolo e in quello precedente, non ho altre persone a cui rivolgermi per avere almeno un disegnino, anche solo uno schizzo, un'immagine dei personaggi della storia. Lo so, è una mia ossessione quasi stupida quella di voler avere per forza un'immagine dei miei personaggi, ma caspita... non è una figata? **
Siccome disegnerei io, ma sono una frana, mi rivolgo umilmente a voi, lettori di questa fan fiction che avete voglia di disegnarne i personaggi nuovi. Fatevi sentire! Scrivetemi dove volete, se avete voglia di disegnare Eri, Shuichi, Yuji o altri nuovi personaggi per me! Potrei concedervi qualche spoiler, dehehe xD

Detto questo, posso concludere col cuore in pace LOL e vi ringrazio tantissimo per avermi seguita finora. Al prossimo capitolo! <3

Eliot

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Capitolo 8
*** I nuovi genin ***


Minna! Finalmente sono tornata con un nuovo capitolo! Vi prego di perdonare il mio increscioso ritardo T.T
Sapete com'è, una si fa prendere dalle cose, da altri fandom... ma dettagli.
Sono lieta di annunciarvi una nuova "saga" della storia, che ha luogo 5 anni dopo lo scorso capitolo (ma sarà comunque spiegato nella storia stessa, quindi che caspita lo ripeto a fare? xD). I nostri piccoletti sono cresciuti *-*
La soundtrack che vi consiglio stavolta è Afternoon of Konoha, celeberrima e simpaticissima. E' adatta da ascoltare nella prima metà del capitolo ;)
Non mi dilungo oltre: buona lettura!
*






Capitolo 8:
I nuovi genin


- Silenzio! Ragazzi, per favore … Fate silenzio!-
Era in momenti come questi, che Iruka rimpiangeva il giorno in cui era diventato insegnante all’Accademia e desiderava soltanto la tranquillità e il tepore del suo umile appartamento. Chissà tra quanti anni sarebbe andato in pensione …
Di fronte a lui, la solita visione: una ventina di ragazzini che chiacchieravano a voce alta, talvolta anche da una parte all’altra dell’aula. L’unico motivo che spingeva Iruka ad avere ancora un po’ di pazienza erano i loro coprifronte, nuovi di zecca, simbolo della loro promozione a genin e sua ragione d’orgoglio.
Stava per richiamare l’ordine, quando udì un rumore alla porta in tutto quel baccano. Timidamente si affacciò Choji, che fece:
- Maestro Iruka, avrei bisogno di un favore … -
Al maestro parve di sentire un coro di angeli, al posto del frastuono provocato dai ragazzini. Allargò un sorrisone e corse verso il suo ex allievo.
- Choji, che fortuna!- lo interruppe, prendendolo per le spalle. - Mi sono appena ricordato di avere una commissione urgente, quindi potresti annunciare tu ai ragazzi la divisione delle squadre? Grazie infinite!-
Guidato dalla forza dell’esasperazione, Iruka fuggì dalla classe e lasciò il povero Choji in balia degli eventi. Quest’ultimo si avvicinò alla cattedra con perplessità e osservò il foglio che avrebbe dovuto leggere. Incuriositi dall’assenza di Iruka, i ragazzi si calmarono a poco a poco. Vedendo che finalmente era tornato il silenzio, il sostituto scrollò le spalle e prese il foglio.
- Innanzitutto, ragazzi, mi congratulo con voi.- esordì, incerto. - Ricordo che non fu facile per me diventare genin, quindi dovete essere stati molto bravi. Ora che siete dei veri ninja, sarete divisi in squadre formate da tre elementi ed attenderete qui l’arrivo di un jonin, che sarà il vostro nuovo maestro e vi accompagnerà nelle vostre missioni.-
Piccoli boati di entusiasmo seguirono la spiegazione di Choji, che sorrise e procedette ad elencare le nuove squadre di genin. Arrivato al team 7, lesse i nomi e un sorriso più grande del primo si allargò spontaneamente sul suo viso paffuto.
- La squadra 7 è formata da … Eri Uzumaki, Shuichi Uchiha e Yuji Nara.-
La reazione della classe fu insolita: tutti si voltarono verso i posti più in alto, occupati proprio dai tre interessati.
Una giovane kunoichi con i capelli sempre lunghissimi e biondi sbatté le palpebre e arrossì, per poi ridacchiare timidamente. Cercò un po’ di supporto morale girandosi verso il suo amico d’infanzia, che ricambiò l’occhiata compiaciuta e passò una mano nella folta chioma nera con imbarazzo. Il più indifferente era il terzo giovanotto, che si limitò a sbadigliare e stendersi sulla panca con un leggero sorriso.
- Il vostro maestro è Konohamaru Sarutobi.- proseguì Choji. - Dovrebbe arrivare a prendervi tra non molto.-
Le nuove squadre erano formate. Pian piano la classe si sfoltiva, i team iniziavano la loro attività in compagnia dei loro jonin e siccome si sa che ogni storia si ripete, gli ultimi a rimanere in aula in attesa furono naturalmente i membri della squadra 7.
- Era ovvio che ci mettessero insieme.- esordì Yuji, che sbadigliò per l’ennesima volta e accoccolò la testa nelle braccia con aria annoiata.
Eri si trovava più in basso, seduta su un banco, e faceva dondolare stancamente le gambe. Stupita, domandò:
- Come fai ad esserne sicuro?-
- Siamo i figli dei ninja più importanti del villaggio … che ti aspettavi?- mugugnò ancora il biondino.
Shuichi camminava avanti e indietro tra i banchi e la cattedra, perlustrando ogni angolo dell’aula ormai vuota. Con le mani ficcate in tasca, sbottò:
- Non vuol dire niente. Non ci hanno promossi solo per la fama dei nostri genitori, sai?-
- Hai ragione.- sorrise lei.
Yuji accennò una risatina e si alzò in piedi per stiracchiarsi la schiena.
- Convinti voi … Ma quando arriva il sensei?- borbottò.
Shuichi stava per spalancare la porta e affacciarsi nel corridoio, quando fu immediatamente preceduto da qualcun altro da fuori. Si ritrovò immobile nell’atto di afferrare la maniglia, le gambe bloccate e la faccia rivolta verso l’individuo che aveva di fronte. Era alto e atletico, ma l’aspetto autoritario che avrebbe dovuto avere un jonin era smorzato da quei capelli castani corti un po’ troppo sparati in aria e la lunga sciarpa al collo, nonché dall’aria inaspettatamente giovane.
Eri fu la prima a capire chi fosse e si affrettò a scendere dal banco e raggiungerlo davanti alla cattedra, seguita pigramente da Yuji.
- Scusate il ritardo, ragazzi!- esclamò il maestro con un sorriso forzato.
Il giovane Uchiha incrociò le braccia e lo fissò accigliato:
- Era ora che arrivasse … maestro!-
Indispettito, quest’ultimo ricambiò l’espressione poco amichevole. Yuji sospirò, mentre Eri ridacchiò e aggiunse:
- Almeno è arrivato, finalmente, giusto?-
Il sensei sorrise. Gli avevano annunciato che sarebbe diventato il responsabile di una squadra di genin, ma aveva dovuto trattenere un salto di gioia quando aveva saputo che sarebbero stati proprio quei tre a diventare suoi allievi. Era emozionato e dentro di lui ardeva il forte desiderio di essere il maestro ideale.
Non sapeva, però, che sarebbe stato un compito particolarmente arduo.
 
Il sole spaccava le pietre come al solito e un alone di polvere rocciosa veniva trasportato dal vento, appannando la visuale dei volti degli Hokage scolpiti sulla montagna di Konoha. Parevano osservare la nuova squadra 7 di sottecchi, mentre i suoi membri avevano raggiunto il tetto del palazzo dell’Hokage per una chiacchierata preliminare.
Eri allargò le braccia ed ammirò il panorama del villaggio con un sospiro. Shuichi, invece, mise le mani in tasca e scrutò le facce dei precedenti capi della Foglia uno per uno. Infine Yuji appoggiò i gomiti sulla ringhiera di ferro e sollevò il viso come per prendere il sole. Erano tre ragazzini molto diversi; questo non fu difficile da intuire per Konohamaru, sia grazie all’esperienza acquisita diventando jonin, sia ricordando le impressioni avute anni prima sui loro genitori, che conosceva in quanto compagni del maestro Naruto. Dopo cinque anni dall’entrata dei loro figli in Accademia, non aveva più avuto notizie ed era curiosissimo di scoprire quanto fossero simili alla generazione precedente.
- Da oggi sarò il vostro maestro, quindi vorrei che vi presentaste e diceste qualcosa di voi.- iniziò, incrociando le braccia. - Sapete, è una tradizione condividere pensieri personali con gli altri membri della squadra, come ciò che vi piace e non vi piace, i vostri sogni e qualsiasi altra cosa vogliate dire.-
- Perché non comincia lei?- fece il moretto, alzando un sopracciglio.
Konohamaru non voleva sentirsi costretto a paragonare quei tre ai loro genitori, ma in quel momento Shuichi sembrava la descrizione di Sasuke – anche se ricordava soltanto la versione di Naruto, che aveva sempre detto il peggio su di lui.
Sospirò ed acconsentì, aprendo il suo discorso:
- Non è una cattiva idea, in effetti. Il mio nome è Konohamaru Sarutobi e sono jonin da qualche mese. Ma non dovete pensare che non abbia esperienza, perché nelle mie vene scorre il sangue di mio nonno, il terzo Hokage, e Naruto Uzumaki è stato il mio maestro!-
- Ecco come ha fatto a diventare jonin così presto … - si lasciò sfuggire Yuji con aria sorniona.
La battuta fece ridere i due compagni, ma l’altro strinse i pugni come per volerlo picchiare e sbottò:
- Stai insinuando che sono un raccomandato?! Non hai capito proprio niente! Siccome sei stato arrogante, ti presenterai per primo.-
Il biondo si separò dalla ringhiera a cui era appoggiato e sfoderò un’espressione di sfida.
- Non è un problema, maestro. Il mio nome è Yuji Nara e nelle mie vene scorre il sangue di Shikamaru Nara e di Temari del Villaggio della Sabbia.-
- Cosa? Sei davvero il figlio di Shikamaru e Temari?- domandò Eri, fissandolo. - Allora diventerai un ninja fortissimo!-
Il diretto interessato non sentì l’impulso né di vantarsi, né di sentirsi lusingato dall’osservazione della compagna. Dopotutto, durante le lezioni era sempre stato occupato a dormire e non aveva mai parlato molto di sé. D’altra parte, Konohamaru ricordò il rapporto ricevuto quella mattina, contenente le qualità e i voti che avevano gli allievi, e rispose:
- Direi di sì. Forte ed anche molto intelligente. Di sicuro saprete che suo padre è considerato un genio … Spero solo che tu, Yuji, non abbia ereditato anche la sua pigrizia!-
- Beh, in effetti è un grande vizio di entrambi e mia madre ci rimprovera spesso.- fece il ragazzo, fulminato dallo sguardo irritato del sensei. - Ma comunque è vero, mi piace tenere il cervello allenato e leggo molto nel tempo libero. Sono convinto che, con una mente sana, anche il corpo troverà una grande armonia in ogni sua parte.-
Soddisfatto da come Yuji si fosse riscattato con quell’osservazione, il maestro pensò che la sua mancanza di peli sulla lingua potesse anche rivelarsi un pregio ben più importante di un dettaglio come la pigrizia. Riflettendo sulle sue parole, cambiò espressione ed annuì:
- Sono d’accordo.-
L’allievo, compiaciuto, proseguì:
- Che altro posso dire? Non mi piacciono i piantagrane e quelli che fanno sempre un gran trambusto. Sono un tipo tranquillo … Non ho neanche sogni particolari, spero solo di diventare un buon ninja.-
- Grazie mille, Yuji.- sentenziò Konohamaru, riappacificatosi con il giovane nuovo genin. - Chi è il prossimo?-
Eri mirò a Shuichi con un’occhiata fulminea, sufficiente per capire che di certo il ragazzo non saltava di gioia all’idea di parlare di sé. Fu quindi lei a offrirsi volontaria:
- Io, tocca a me!-
Quando l’attenzione degli altri fu tutta sulla bionda, quest’ultima arrossì, ma si rese conto che in fondo non le dispiaceva ritrovarsi al centro del discorso e riuscì a sorridere.
- Io sono Eri Uzumaki. Vediamo … - fece, cercando le parole adatte a fare una buona impressione. - Mi piacciono gli animali, i fiori … e mi piace anche mangiare! Non si nota, perché in compenso mi muovo parecchio. Infatti, se c’è una cosa che non mi piace è stare ferma. Sono curiosa e ho sempre voglia di conoscere persone e posti nuovi. E’ uno dei motivi per cui sono contenta di essere un ninja!-
Konohamaru l’ascoltava con piacere ed era intenerito dall’innocenza che emanava e di cui sembrava che tutti dovessero convincersi.
- Ah, dimenticavo: sono la figlia di Hinata Hyuuga e di … Naruto Uzumaki.- terminò Eri, diventando paonazza.
Yuji non ricordava di averla mai sentita parlare a lungo durante le lezioni. Non che le seguisse assiduamente, ma si era fatto l’idea che Eri non amasse mettersi in mostra. Fu positivamente colpito dalla sua timidezza, che però si accompagnava alla volontà di farsi conoscere, ed osservò:
- Allora in fondo ci tieni, a dire che sei la figlia dell’Hokage.-
- Sì.- annuì debolmente l’altra, che nascose la testa nelle spalle senza però riuscire a smettere di sorridere. - Mi ritengo veramente fortunata e perciò sento il bisogno di dare il meglio di me in ogni cosa che faccio. I miei genitori sono degli shinobi potentissimi; di conseguenza la gente si aspetta che io lo diventi almeno quanto loro. Non posso deluderli … Il mio più grande sogno è rendere i miei genitori orgogliosi di me!-
Il maestro sussultò. Lo sguardo e il sorriso che facevano splendere il viso di Eri erano molto simili a quelli che apparivano spesso sul volto del padre, quando ripeteva di voler diventare Hokage e di vedere riconosciuta la sua forza da tutti gli abitanti del villaggio. Il desiderio di emergere, di diventare qualcuno di importante per la propria gente era stato trasmesso spontaneamente da Naruto alla figlia: si trattava della storica volontà del fuoco, che già scaldava il cuore di quella piccola kunoichi.
Konohamaru, quasi commosso, non si trattenne e disse:
- Hai lo stesso spirito di tuo padre, lo sai, Eri? E’ stato il mio maestro a lungo e l’entusiasmo che mi trasmise lo sto rivedendo in te. Vedrai che gli farai onore!-
La ragazza arrossì di nuovo e parve volersi nascondere sotto i boccoli biondi che le coprivano parte della fronte.
- Coraggio, adesso tocca a te.- aggiunse Konohamaru, rivolgendosi al terzo membro della nuova squadra.
Il moretto si era seduto sulla ringhiera e teneva le mani ben salde a quella sbarra di ferro. Sollevò la testa e cercò un po’ di incoraggiamento da parte dei compagni: Eri ammiccò e Yuji sorrise.
- Mi chiamo Shuichi Uchiha e sono il figlio di Sasuke Uchiha e di Sakura Haruno.- sospirò il ragazzo, con occhi cupi. - Credo di essere molto diverso dagli altri.-
Nella sua espressione non c’era traccia di presunzione o di arroganza, ma il suo tono di voce era tanto serio da contagiare gli altri tre, che non si azzardarono nemmeno ad interromperlo.
- Molti mi giudicano perché mio padre è stato un traditore di Konoha e il nostro clan ha una brutta storia alle spalle. Ma tutto questo non mi importa e poi … io sono diverso da mio padre.-
L’ultima frase risuonò tutt’intorno ad una strana frequenza, come se volesse imprimersi profondamente nelle menti degli altri. Shuichi proseguì quindi con più enfasi:
- Anche se non parlo tanto ed ho pochi amici, sono una persona pacifica. Mi piace stare nella natura, nella quiete, perché mi aiuta a pensare. Insomma, quello che voglio è che nessuno abbia più dei pregiudizi nei confronti della mia famiglia. Non ho un vero e proprio sogno, ma una grande ambizione … -
A Konohamaru tornò in mente l’aura oscura che aveva sempre visto intorno a suo padre, Sasuke. Era preoccupato, ma si stupì quando Eri guardò il compagno con un sorriso gentile.
- Voglio diventare forte, più forte persino di mio padre!- sentenziò Shuichi, a cui brillavano gli occhi verdi sotto la luce del sole. - Così tutti capiranno che posso essere un bravo ninja rimanendo me stesso, nonostante quello che si pensa in giro sugli Uchiha e su di me.-
L’unica abituata a quel fervore nelle sue pupille era Eri, che lo conosceva da quando erano piccoli. L’aveva sempre visto sognare avidamente il giorno in cui avrebbe potuto mettersi alla prova e stupire tutti, prendendosi la sua rivincita sul mondo. Lo guardò con tenerezza, mentre gli altri gli rivolsero un’occhiata di leggero stupore.
- Sono convinto che ci riuscirai, Shuichi.- sentenziò il maestro, che dimenticò i suoi paragoni con Sasuke e pensò soltanto ad elogiare la volontà del ragazzino che aveva davanti.
Quest’ultimo si decise finalmente a sorridere, anche se preferiva restare sulla difensiva ancora un po’.
A quel punto, Konohamaru ebbe un brivido. Era giunto un momento importante e lui stesso fremeva dalla felicità. Mise le mani in tasca con fare teatrale e sospirò:
- Bene, ragazzi, mi ha fatto piacere conoscere queste cose di voi. Mi ispirate fiducia … ed è un vero peccato dovervi dire che rischiate di tornare all’Accademia.-
Gli allievi lo fissarono, increduli e spaventati.
- Che cosa?! Pensavamo di essere ufficialmente diventati genin!- protestò subito Shuichi.
- Non è così, per vostra sfortuna.- rispose il sensei, senza trattenersi dal sorridere con aria di sfida. - Tuttavia c’è un lato positivo: oggi avrete la possibilità di mettere alla prova le vostre capacità; tutto ciò che dovete fare è superare un test. Fu sottoposto al mio maestro e oggi lo replico a voi, anche se con qualche piccola variazione.-
“Papà non me ne aveva mai parlato!” pensarono sia Eri, che Shuichi. Yuji, invece, mise immediatamente in moto il cervello e cominciò a riflettere.
Sempre più colpiti, i tre ragazzini rimasero ad ascoltare le parole del maestro, ma i pensieri veloci e il battito accelerato sembravano volerli distrarre. Avevano iniziato a tremare dall’eccitazione e, senza che se ne rendessero conto, gli angoli delle loro bocche si distesero a formare dei sorrisi divertiti.
Avrebbero dovuto essere delusi ed allarmati, al pensiero di dover ripetere un esame per diventare genin, eppure le loro reazioni manifestavano solo gioia ed impazienza. In fondo non aspettavano altro: era arrivato il momento di rendere giustizia alle loro origini e allo stesso tempo di separarsene, dimostrando di meritare pienamente il titolo di ninja sulla base delle loro abilità, non del loro nome.
Notando il loro atteggiamento, Konohamaru sorrise di rimando e tirò fuori dalla tasca tre campanellini legati ad una cordicella. Li fece roteare tra le dita sotto lo sguardo curioso dei tre e proseguì:
- Vedete questi tre campanelli? Il vostro compito è cercare di rubarmeli. La prova termina quando ci riuscirete o vi arrenderete. Mettetecela tutta e sfruttate ogni vostra risorsa, senza aver paura di farmi del male. E’ tutto chiaro?-
I corpi dei giovani ninja non si trattennero: le loro mani si spinsero spontaneamente in avanti e le ginocchia si piegarono, le schiene si incurvarono e il loro sguardo si fece concentrato. Eri, Shuichi e Yuji erano già in posizione di guardia ed esclamarono:
- Siamo pronti, Konohamaru-sensei!-
Sentendo la soddisfazione montargli nel petto, il maestro strinse gli oggetti della prova in un pugno chiuso e fece un passo indietro.
- Se riuscite a prendere i campanelli prima di pranzo, avrete vinto. Altrimenti dovrete tornare all’Accademia. Anche se in ogni caso ci sarà uno di voi che dovrà tornarci, se prenderà il suo campanello per ultimo.-
A queste parole, i ragazzi trasalirono e si fecero ancora più concentrati. Non avrebbero avuto molto tempo e sarebbe servito tutto il loro impegno. Nessuno di loro aveva intenzione di perdere quella sfida.
Konohamaru godette di quegli istanti di tensione, sapendo che avrebbero preparato psicologicamente i suoi allievi alla prova che li attendeva. Dopo un respiro lento e profondo, esclamò:
- Via!-
I ragazzi della squadra 7 non gli diedero nemmeno il tempo di muoversi. Eri, che si trovava proprio di fronte al maestro, allungò un braccio per colpirlo in pieno viso, ma fu sbalzata in avanti e dovette fermarsi per riprendere l’equilibrio. Intorno a lei, solo una nube di fumo.
- Era una copia! Aveva intenzione di sottoporci a questa prova fin dall’inizio!- osservò la ragazzina, sconvolta.
I tre si guardarono intorno e in effetti del maestro non c’era più traccia. A cuocere sotto il sole del Villaggio della Foglia parevano essere rimasti solo loro.
- Quello vero si sarà nascosto qui in giro … - disse Yuji. - Proviamo a vedere lassù.-
Avviandosi verso i volti di pietra degli Hokage, il piccolo Nara indicò il bosco che si estendeva sopra la montagna. Gli altri due lo seguirono senza fiatare, balzando di roccia in roccia, avidi di competizione.
Giunti all’inizio di quella distesa di alberi, cominciarono a camminare in silenzio. Nella loro mente echeggiavano mille domande e rimbombavano altrettante speranze. Sarebbero riusciti a rubargli quei campanellini e ad ottenere ufficialmente il titolo di genin? C’era qualche trabocchetto che avrebbero dovuto individuare e neutralizzare? Quella prova aveva per caso un secondo fine?
Ebbero la sensazione che quella rappresentasse la loro prima vera missione, dalla quale dipendeva il loro futuro. Non potevano permettersi di abbassare la guardia o di fare passi falsi.

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  *








Dehehehe! Vi è piaciuto il capitolo? Caspiterina, spero tanto di sì! A me tantissimo, adoro troppo questi tre ragazzotti C:
Passiamo alla fanart del capitolo: una ex compagna di classe della mia sorellina, otaku e bravissima nel disegno, mi ha gentilmente abbozzato un disegnino di Eri cresciuta, appena terminata l'Accademia. E' molto fedele a come me l'ero immaginata io... vi piace? :3
Perdonate le dimensioni D:



 
Image and video hosting by TinyPic 
 
 

Non è un amore? <3
Ma adesso basta, passiamo alle ultime avvertenze: sono in cerca di artisti per la mia fan fiction, quindi se avete piacere di disegnare i personaggi nuovi della storia, come Eri, ma anche Shuichi, Yuji o gli altri che troverete, fatevi sentire! Sarebbe meraviglioso, visto che io a disegnare sono una frana. xD
Per il resto, se siete alla ricerca di spoiler, potete andare a cercare su Facebook il profilo di Eri Uzumaki. Ebbene sì, esiste! HAHAHA XD Giusto per divertirvi un po'. ;)
Ok, non mi resta che ringraziarvi di cuore per aver letto, recensito, messo nelle preferite/seguite/ricordate la mia storia. Grazie, grazie veramente a tutti voi! Un baciotto :*

Eliot
 

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Capitolo 9
*** Il test dei campanelli ***



I-Io non so come scusarmi. Davvero. *si inchina*
Lo so, sono tremendamente in ritardo; non so nemmeno se state ancora seguendo questa fanfiction. Ma non voglio lasciarla a metà, non ne ho il cuore. Perciò, anche se a rilento, la continuerò poco alla volta e la porterò a termine. Vedrete! <3
Nel frattempo, se ve ne siete ricordati e siete qui a leggerla, vi ringrazio di tutto cuore e con tutta l'anima!! Per questo capitolo vi consiglio Survival Examination come soundtrack d'accompagnamento. ;)

*

*




Capitolo 9:
Il test dei campanelli


I tre erano ormai nel folto della foresta, quando Shuichi si bloccò nel bel mezzo del sentiero.
- Che cos’hai?- gli domandò Eri, voltandosi a guardarlo.
L’altro non rispose e tenne lo sguardo fermo su un punto impreciso del terreno. Anche Yuji smise di camminare e lo fissò con fare interrogativo; voleva chiedergli qualcosa, ma se avesse rotto quello strano silenzio avrebbe avuto l’impressione di compiere un sacrilegio.
Con un fruscio, Konohamaru apparve improvvisamente sopra di loro: saltò giù dal ramo su cui era accucciato, con l’intenzione di colpire i ragazzi, ma Shuichi lo intercettò ed afferrò il suo braccio, sfruttandolo come perno per scaraventare via il corpo del maestro. Allarmati, Eri e Yuji fecero due balzi indietro e videro l’avversario rotolare lungo il sentiero.
- Che rapidità! Come avrà fatto Shuichi a reagire così in fretta?- si chiese il biondino, nascondendosi dietro un cespuglio.
Accanto a lui si appostò la compagna, mentre Konohamaru si rialzava lentamente e si preparava ad affrontare il giovane Uchiha. Con un ghigno compiaciuto, Eri disse:
- L’ha fatto grazie allo Sharingan.-
Proprio in quel momento, Shuichi sollevò lo sguardo. Le celebri iridi scarlatte erano apparse, decorate da ben tre tomoe. Yuji restò senza parole dalla sorpresa e dalla curiosità; intanto lo scontro tra i due che avevano davanti era cominciato e iniziarono a susseguirsi colpi su colpi, alcuni incassati e altri evitati. Shuichi era concentratissimo, Konohamaru era invece divertito.
- Lo Sharingan è l’abilità innata del clan Uchiha.- spiegò Eri, notando lo stupore dell’amico. - Gli permette di potenziare la vista e quindi di prevedere e contrastare le mosse dell’avversario. Tra le altre cose, mi sembra di ricordare che con esso è anche possibile vedere il flusso di chakra del nemico.-
La ragazzina assisteva allo scontro e tifava per l’amico d’infanzia. Pronunciò ogni parola del suo discorso con orgoglio ed ammirava la tensione dipinta sul suo viso. Sapeva meglio di chiunque altro che Shuichi si era sempre impegnato al massimo, pur di diventare forte. Ciò che però non poteva immaginare era che una delle sue principali fonti d’ispirazione era proprio lei: il ragazzo nutriva un sentimento sincero per Eri e contro il maestro in quel momento non aveva intenzione di perdere, soprattutto perché c’era lei a guardarlo. Cadere sconfitto davanti ai suoi occhi era un pensiero che non riusciva a sopportare.
- Capisco, è un’abilità oculare … - fece Yuji che invece era concentrato sui movimenti del sensei. - Un momento, tu non sei figlia degli Hyuuga?-
A quella domanda apparentemente fuori luogo, Eri sobbalzò:
- Come?-
- Se non vado errato, dovresti saper utilizzare il Byakugan e quindi possedere una visuale quasi completa dell’ambiente circostante.- ipotizzò l’altro.
Eri si fece sorprendere dal fatto che Yuji, pur non amando apparire ed essere indiscreto, riusciva a raccogliere informazioni più facilmente degli altri grazie al puro spirito d’osservazione. Indispettita, sbottò:
- Chi ti ha parlato del Byakugan?-
- Beh, mio padre.- rispose lui, non credendo che fosse un segreto.
Eri aveva sempre avuto l’abitudine di pensare a quell’abilità innata come un argomento delicato per il nobile clan d’origine, ma si accorse che forse non era poi una questione così riservata per gli abitanti del villaggio. Abbandonò la titubanza, poiché si trattava comunque di un compagno di squadra di cui avrebbe dovuto fidarsi, e raccontò:
- Come avresti dovuto intuire, sono figlia degli Hyuuga solo per metà. Di conseguenza non posseggo il Byakugan dalla nascita come i membri diretti della famiglia.-
- Cosa, davvero?- disse Yuji, che non immaginava quella possibilità.
- Già. Diciamo che la mia è soltanto una predisposizione. Il Byakugan è presente nel mio DNA, ma devo svilupparlo per conto mio come una qualsiasi altra abilità.-
Eri assunse uno strano atteggiamento, mentre parlava. Sembrava turbata, come se stesse rivelando una verità scomoda. Il compagno si sentì in colpa per aver sollevato un argomento spinoso e tagliò corto:
- Ho capito, quindi per saperlo usare dovrai seguire un allenamento.-
La ragazza annuì, tornando a concentrarsi sulla lotta tra Konohamaru e Shuichi. Quest’ultimo diede un doppio calcio al petto del maestro, dandosi la spinta per saltare indietro e riprendere fiato, mantenendosi a distanza. Anche l’avversario parve averne bisogno: quel tipo gli stava dando del filo da torcere.
- Vedo che Shuichi ha molta voglia di dimostrare la sua forza.- osservò Eri con piacere, notando che l’amico non dava alcun segno di cedimento.
- Anch’io, sai?-
Il tono di Yuji si era fatto diverso. La ragazza si girò e lo vide con lo sguardo fisso sul maestro, un’espressione concentrata sul volto e le mani unite a formare un sigillo.
- Kagemane no Jutsu!-
L’ombra di Yuji cominciò ad allungarsi, uscendo dal cespuglio ed allacciandosi a quella di Konohamaru, che era ancora fermo davanti a Shuichi. Eri spalancò gli occhi e riconobbe la tecnica: si trattava del Controllo dell’Ombra, simbolo del clan Nara.
Il sensei si accorse troppo tardi di essere stato immobilizzato dall’ombra dell’allievo ed imprecò:
- Accidenti, come ho potuto distrarmi?!-
Shuichi, che non voleva abbassare la guardia, scrutò con attenzione l’ombra di Yuji, che poté quindi uscire dal suo nascondiglio seguito dalla compagna di squadra.
- Adesso sarà un gioco da ragazzi prendere i campanelli … - fece il biondino soddisfatto.
Il maestro, ancora immobile, ebbe solo il tempo di accennare un ghigno divertito, prima di scomparire all’improvviso in una nube di vapore.
- Non ci credo, era una copia anche questa!- sbottò Yuji ad occhi spalancati, esprimendo tutto il suo sdegno.
Il moretto aggiunse, con un’espressione cupa:
- Non me ne sono neanche accorto, perché non mi ha fatto stare fermo un secondo.-
- Il maestro Konohamaru ci sta giocando troppi scherzetti, per i miei gusti … - borbottò ancora Yuji. - Dove sarà adesso?-
I tre ragazzini non ebbero nemmeno un secondo per formulare delle ipotesi: un fruscio li fece voltare verso gli alberi e videro altre cinque copie di Konohamaru avvicinarsi velocemente, attraverso la foresta.
- Maledizione!- imprecò Shuichi, che non voleva perdere tempo con altri trucchetti.
- Gli piace moltiplicarsi, eh?- disse Eri, muovendosi in direzione delle copie. - Allora risponderò allo stesso modo. Kage Bunshin no Jutsu!-
Dopo aver formato il sigillo giusto, la ragazza fu circondata da quattro copie di se stessa. Davanti agli sguardi stupiti dei compagni, corse poi verso quegli avversari tutti uguali e combatté ad armi pari contro di loro. Spiccando dei balzi tra i rami, Shuichi e Yuji raggiunsero il luogo dello scontro per vedere meglio. In un gioco di piccoli agguati e attacchi a sorpresa, Eri stava spingendo il  maestro verso una radura in mezzo agli alberi, talvolta a costo di perdere una delle proprie copie. Era un modo più pacato di combattere, ma sembrava funzionare e i due ragazzi lo constatarono in silenzio, continuando a osservare il duello ognuno dal proprio ramo.
Ad un certo punto, però, Eri si ritrovò a terra, da sola. Rialzandosi, vide le ultime due copie di Konohamaru che la fissavano a braccia incrociate, con uno strano sorriso sul volto.
- Dannazione!- imprecò lei, fissandoli. - Credo sia inutile cercare di capire quale sia quello vero, sempre se non sono entrambe delle copie … -
Yuji saltò giù dal suo ramo, atterrando in una parte laterale della radura, mentre Shuichi fece lo stesso dall’altra, preoccupato:
- Eri, stai bene?-
- Sì, tutto a posto.- annuì lei, ammiccando ad entrambi i compagni per rassicurarli.
La ragazza si rese conto che avrebbero soltanto perso tempo, se avessero continuato a combattere contro delle copie. Era necessario scoprire in fretta dove si nascondesse il vero Konohamaru: era lui il loro unico avversario.
“Devo riuscire a colpire questi due senza sprecare tempo ed energia.” rifletté Eri. “Se spariranno, saranno state semplici copie, altrimenti …”
Una volta focalizzato il proprio obiettivo, Eri tirò fuori quattro shuriken, tenendone due per mano. I compagni, che le stavano di fianco pronti a intervenire, la guardarono con aria interrogativa e anche il maestro fece lo stesso. Lei ne approfittò per lanciare subito un paio di shuriken, veloci e diretti ognuno verso una delle copie, continuando a tenere gli altri due in entrambe le mani. Konohamaru, siccome doveva proteggere il suo trucco delle copie e non poteva quindi farsi colpire, non ebbe altra scelta se non saltare per evitare gli shuriken. Quando tutti e due furono per aria, si accorsero della strategia di Eri: quest’ultima aveva saltato insieme a loro e a mezz’aria le sarebbe stato impossibile mancare i bersagli! Tirati gli altri due shuriken, solo uno dei due Konohamaru sparì, mentre l’altro fu preso al braccio.
- Ce l’ho fatta!- esclamò la ragazzina, atterrando.
Il maestro si liberò facilmente del piccolo shuriken che l’aveva ferito e fissò l’allieva con soddisfazione.
- Niente male.- fece, stupendosi di come quel trucchetto banalissimo avesse funzionato per smascherarlo. - Ma non basta per fermarmi!-
Anche dopo aver parlato, tuttavia, Konohamaru non poté muoversi come voleva, poiché Yuji e Shuichi lo tenevano sott’occhio.
- Eri, Yuji … spostatevi immediatamente.-
A parlare era stato il moretto, che aveva di nuovo lo Sharingan attivo. Posizionando le mani e formando dei sigilli, pronunciò:
- Katon … -
L’amica bionda comprese al volo e prese l’altro compagno per un polso, strattonandolo via.
- Yuji, andiamocene subito!- esclamò.
Fecero appena in tempo a buttarsi dietro a un tronco, che Shuichi completò in fretta la sua tecnica:
- … Gohkakyu no Jutsu!-
La Palla di Fuoco Suprema funzionò alla perfezione, sprigionata dalle dita di Shuichi che si erano accostate alla bocca. La violenta e veloce fiammata sorprese il maestro, che per evitarla fu costretto a ripararsi dietro alcuni alberi più distanti.
- Che forza!- commentò tra sé. - Ne è già capace ed è anche ben fatta!-
Shuichi imprecò quando, dissolti fumo e fiamme, non vide il sensei tra le erbacce e i rami bruciacchiati tutt’intorno e lo notò nascosto fuori dalla radura. Se si fosse mosso per provare a stanarlo, di sicuro l’avrebbe fatto scappare e sarebbe stato poi impossibile recuperare le sue tracce.
Konohamaru sogghignò e formò dei sigilli con le dita. Richiamato il chakra, esclamò in direzione del giovane avversario:
- Beh, visto che fai sul serio … Katon: Haisekisho!-
Una nube grigia si sparse ovunque, uscita dalle guance gonfie del maestro. Eri e Yuji non si mossero di un millimetro, nascosti dietro il tronco robusto di prima, mentre Shuichi balzò all’indietro alla ricerca di un riparo. Sapeva che cosa sarebbe successo se il maestro avesse serrato i denti: le Ceneri Brucianti si sarebbero accese ed avrebbero provocato un’esplosione di grande portata. Era necessario proteggersi.
Konohamaru ridacchiò ancora e non tardò ad agire. Batté i denti come per accendere una miccia immaginaria e una lingua di fuoco si allargò spaventosamente in tutta la radura. I tre ragazzi evitarono l’esplosione come poterono, nascondendosi e meditando sulla loro prossima mossa.
- Siete tenaci.- osservò il sensei, apparso su un ramo sopra le loro teste una volta che il fumo si dissolse. - Ma esiste un solo modo per sconfiggermi e dovete essere voi a scoprirlo!-
Shuichi raggiunse con un balzo i compagni, in modo da riunire il gruppo. Con l’ennesimo ghigno, Konohamaru iniziò a spostarsi velocemente da un albero all’altro e i ragazzini lo imitarono senza perderlo di vista. Non avevano ancora combinato nulla di buono, tantomeno si erano avvicinati a quei campanellini; non potevano permettersi di sprecare tempo prezioso.
Il giovane Uchiha era il più innervosito, perché era sicuro di avere le capacità per farcela, eppure non ci era ancora riuscito. Balzando in testa al gruppo, esclamò:
- Eppure dev’esserci un modo per tenergli testa … Siamo tre contro uno, possibile che non ce la facciamo?-
Gli altri due non risposero, soprattutto perché erano d’accordo con lui. Eri in particolare si chiedeva con insistenza quale fosse il modo giusto per battere il maestro, ma il suo flusso di pensieri si interruppe quando quest’ultimo si voltò e sorrise verso i suoi allievi.
Non era un ghigno sornione come i precedenti … Era diverso, era un’espressione benevola e piena di fiducia.
La ragazzina rimase impressionata da quello sguardo, ma non poté osservarlo meglio, poiché Konohamaru spiccò un salto più lungo degli altri e sparì del tutto nella foresta. Delusi, i tre atterrarono su un ramo robusto per riprendere fiato.
- Uffa, è sparito!- si lamentò Yuji. - Se andiamo avanti così, non lo prenderemo mai … -
Gli altri due stavano per dire qualcos’altro, ma il biondino tacque del tutto e compì un gesto inaspettato: chiuse gli occhi e si toccò il mento con un indice, tenendo le braccia incrociate. Il silenzio che accompagnò quell’azione insolita parve perfino diventare più intenso e profondo.
- Che sta facendo?- si chiese Shuichi a bassa voce.
- Credo che stia riflettendo … - mormorò l’amica, osservando il compagno quasi in trance. - Ci conviene farlo anche noi.-
Fu così che anche loro radunarono le idee e tentarono di fare un bilancio della situazione. L’obiettivo erano i campanellini, ma sarebbe stato impossibile prenderli senza sconfiggere o perlomeno immobilizzare il maestro. Quanto erano distanti dal riuscirci?
Il moretto si appoggiò al tronco dell’albero, facendo attenzione a non disturbare Yuji nella sua strana meditazione, e si rivolse direttamente ad Eri:
- Uhm … L’unica volta che abbiamo colpito il maestro è stata quando tu gli hai lanciato gli shuriken. Come mai solo in quel momento ha funzionato?-
- Non so spiegarmi il motivo, ma ero sicurissima che il maestro avrebbe evitato i primi due shuriken saltando in aria .- fece lei, cercando di visualizzare di nuovo la scena. - Non avrebbe mai potuto spostarsi di lato, perché … -
Eri sussultò. Rivide se stessa tirare fuori gli shuriken e lanciare i primi due, la loro traiettoria, i due Konohamaru che si preparavano a saltare, lei stessa che faceva leva sulle ginocchia per imitarli, Yuji e Shuichi che le stavano accanto pronti a intervenire.
Un momento. Yuji e Shuichi pronti a intervenire?
- … perché c’eravate voi a impedirglielo!- sbottò all’improvviso. - Se si fosse spostato, voi due l’avreste fermato!-
Il compagno spalancò gli occhi verdi ed arrivò alla sua stessa conclusione:
- Ma allora … questo significa che … -
- Significa che bisogna agire insieme.- lo interruppe Yuji, che aveva smesso di riflettere in quell’istante e ora li fissava con un leggero sorriso. - Quell’attacco ha avuto successo grazie a tutti e tre, anche se indirettamente. Anche quando sono riuscito a bloccare il maestro con la mia ombra, il merito è stato di Shuichi che ha fatto da diversivo. È questo l’unico modo per battere il maestro: il lavoro di squadra.-
- Giusto!- annuirono Eri e Shuichi insieme, felici di aver capito tutto.
Tutti e tre provarono una sensazione nuova. Un senso di sicurezza che avevano cercato disperatamente nelle ore precedenti e che solo ora sentivano scorrere nelle vene. Stavolta pensarono davvero di farcela.
- In realtà ci rimuginavo da un po’ e avrei già un piano in mente … - sentenziò Yuji con aria assorta. - Vi andrebbe di sentirlo?-
Non era la prima cosa che avrebbe voluto fare, ma Shuichi era curioso di scoprire se l’idea del lavoro di squadra avrebbe funzionato sul serio, perciò fece vistosamente di sì con la testa.
- Ti ascoltiamo, Yuji!- sorrise invece Eri, entusiasta.
I ragazzini si avvicinarono l’uno all’altro e discussero del piano. Non avevano notato il maestro Konohamaru che li osservava da lontano senza udire le loro parole, ma non avrebbero comunque avuto alcun motivo di preoccuparsi: Konohamaru era soddisfatto.
 
Il sensei giunse alla fine del bosco e si ritrovò in un prato immenso. Scese dagli alberi e riprese fiato, certo di aver distanziato gli allievi.
“E’ un po’ strano che tutto stia andando così bene.” pensò. “Il maestro Iruka mi ha detto che di solito i nuovi genin commettono l’errore di mettersi l’uno contro l’altro pur di superare la prova. Questi tre, invece, non hanno mostrato segni di rivalità e penso che se uno di loro riuscisse a rubarmi i campanelli li distribuirebbe nel gruppo. Avranno già capito che devono lavorare insieme?”
- L’ho trovato, maestro!-
Il grido di Shuichi fece sobbalzare Konohamaru, in quale evitò il pugno che gli stava arrivando alle spalle e con alcuni balzi ritornò in cima a un albero.
- A quanto pare sono stato troppo ottimista … - borbottò tra sé.
Il ragazzino mise le mani sui fianchi con aria arrogante ed esclamò:
- Allora, Konohamaru-sensei! Non viene quaggiù a combattere come fanno i veri ninja?-
- Come ti permetti, piccolo … !-
“Non era così vivace, quando l’ho affrontato prima.” rifletté il maestro. “Forse era troppo impegnato a studiare le mie mosse e ora crede di aver capito come battermi? Mi sta sottovalutando.”
- Non sai ancora niente di come combattono i veri ninja!- fece lui, con la stessa espressione soddisfatta.
Con un leggero sorriso, Konohamaru saltò giù dal ramo creando dei sigilli con le mani, mentre Shuichi si spostava per mantenersi a distanza.
- Kage Bunshin no Jutsu!-
Come previsto, alcune copie apparvero intorno a Konohamaru, ma l’allievo non si lasciò intimidire.
- Ancora copie?- sbottò lui. - Com’è monotono, maestro!-
- Io ci penserei due volte, prima di parlare … - rispose l’altro, disponendo nuovamente le mani di fronte a sé per formare un sigillo.
Sospettoso, Shuichi stette a guardare, mentre Konohamaru non resistette alla provocazione del ragazzo e decise di sfoderare la tecnica di cui andava più fiero.
- … Tecnica dell’Harem!-
Una serie di sbuffi apparvero, lasciando Shuichi completamente stranito. Quando la solita nebbiolina si dissolse, ecco che apparve mezza dozzina di donne dalle fattezze spettacolari e dall’espressione ammiccante sul volto!
Il giovane Uchiha aveva intuito che il maestro non fosse esattamente il jonin più serio di Konoha, ma non si sarebbe mai aspettato un jutsu del genere. Sensibile com’era, rimase spiazzato dinanzi a cotanto ben di dio e dovette trattenersi dal far uscire sangue dal naso, mentre ormai il suo viso era rosso intenso fino alla punta delle orecchie.
Il gruppo di donne lo accerchiarono e gli mormorarono da ogni parte la stessa frase:
- Ciao, mio caro Shuichi-kun!-
Il poveretto non seppe più che altro fare; stava sudando tantissimo e non era certo di resistere ancora per molto con gli occhi spalancati dallo stupore. Dopotutto era pur sempre un maschio e non poteva certo spazzare via quelle bellissime femmine con un pugno secco.
- Oh insomma, adesso basta!-
A seguire quella frase fu una serie di colpi ben assestati, che in pochi secondi fecero sparire le ragazze e lasciarono in piedi solo Konohamaru, che era tornato normale e si stava tenendo lo stomaco dalle risate.
Shuichi sospirò di sollievo quando vide che a togliere  di mezzo l’harem erano stati Eri e Yuji, non senza un briciolo di disappunto per come il loro compagno si fosse fatto soggiogare per un momento da una tecnica così stupida.
- Baka!- si limitò ad esclamare la ragazzina con una lieve sberla sulla nuca dell’amico. - Non ti vergogni?-
Yuji lì vicino incrociò le braccia e sospirò con aria rassegnata, mentre Shuichi si limitò a massaggiarsi il punto colpito da Eri e a ridacchiare per rendere la propria condizione meno drammatica.
Fu in quell’istante che Konohamaru sogghignò tra sé e pensò: “Manca poco a mezzogiorno e lo spirito di squadra che doveva tenerli uniti si sta rivelando più debole di quanto credessi. E’ la mia occasione per dare loro una lezione e metterli a tacere una volta per tutte!”









*



Beh, la piega si fa interessante per i nostri tre protagonisti, no? Come pensate che finirà la sfida dei campanelli? Sono curiosa di sentire le vostre teorie c:

Al prossimo capitolo, dunque! Spero di non tardare ancora, ma non posso promettervi nulla. Posso solo augurarmi che siate ancora qui a leggere. ;)

Eliot ;D


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