La Nuova Forza Portante Della Volpe (Kurama's New Jinchuuriki) di ELIOTbynight (/viewuser.php?uid=56070)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La bimba prodigio ***
Capitolo 2: *** La pecora nera ***
Capitolo 3: *** Un confronto con il passato ***
Capitolo 4: *** Lavoro ***
Capitolo 5: *** Istinto di protezione ***
Capitolo 6: *** L'aggressione ***
Capitolo 7: *** Il genio all'opera ***
Capitolo 8: *** I nuovi genin ***
Capitolo 9: *** Il test dei campanelli ***
Capitolo 1 *** La bimba prodigio ***
Buongiorno! Oppure
buonasera o buon pomeriggio, che dir si voglia! ;)
Sono
supermegaarci emozionata all'idea di pubblicare questa long fiction, la
mia prima long su un anime/manga! L'avevo in mente da molto tempo e
avevo intenzione di aspettare un po' e portarmi avanti con i capitoli,
prima di iniziare a postarla... ma non ho resistito! *w*
Non ho
particolari avvertimenti da dare... Solo una costante che vedrete ad
ogni capitolo: un'immagine (che troverete al fondo della pagina) e un
brano della colonna sonora di Naruto! Sapete, mi sono sempre fatta
aiutare dalla musica per ispirarmi e mi piacerebbe che, oltre alle
parole, anche la musica vi evochi le stesse cose che ho immaginato io
scrivendo questa storia.
Per il primo
capitolo, ho pensato di consigliarvi Loneliness... Se la cercate su
YouTube, la troverete sicuramente. Potete ascoltarla già
dall'inizio, penso che dia l'atmosfera perfetta! Ma non fatevi
ingannare dal titolo della canzone, altrimenti vi svia dalla vera
atmosfera della storia. Lasciatevi guidare dalla musica... <3
Ma ora basta
chiacchiere: buona lettura!
***
Naruto
è diventato Hokage (ed era
pure ora!), ma per portare avanti il suo lavoro ha bisogno dei suoi
amici di
sempre, che per fortuna non hanno mai smesso di stargli accanto.
Konoha
e tutto il mondo ninja sono
in tempo di pace, ma qualcuno trama nell’ombra, rispolverando
pericolosamente
il passato … e Kurama si prepara ad avere una nuova forza
portante.
Si
tratta della protagonista di una
nuova generazione di ninja: il suo nome è Eri Uzumaki.
*
La
Nuova Forza Portante Della Volpe
(Kurama’s
New Jinchuuriki)
Capitolo 1: La
bimba prodigio
*
Gli
alberi di ciliegio erano davvero
belli. La primavera era appena iniziata e già si manifestava
in quella miriade
di piccoli e graziosi fiori rosa. Leggeri e delicati, volavano via
spinti da
alcune lievi correnti fresche, ultimi rimasugli dell’inverno.
Il gradevole
fruscio dei petali che volteggiavano nell’aria si confondeva
con le voci e le
risate dei bambini che si fermavano a giocare all’ombra degli
alberi,
rincorrendosi o passandosi una palla. Sorridevano, pieni di energia e
gioia di
vivere.
Tra
loro c’era una bambina altrettanto
allegra, impegnata a inseguire un amichetto. Ad ogni movimento, i suoi
lunghissimi capelli biondi e ricci riflettevano la luce del sole e i
suoi occhi
di perla, grandi e color del cielo, parevano sorridere insieme a lei.
La
sua risata cristallina era simile a
quella dei suoi coetanei, ma ad alcuni metri di distanza i suoi
genitori
riuscivano a distinguerla benissimo dalle altre. Seduti su un tronco,
osservavano
la loro figlia divertirsi con gli amici e quell’immagine
allietò i loro cuori
come nient’altro.
-
Guardala, Naruto.- mormorò la mamma. - È davvero
diventata grande.-
Il
giovane padre non poté non sorridere, affascinato da
quell’affermazione.
Strinse di più la mano della donna che amava, facendo
scontrare la testa con la
sua. Con un sospiro, confermò:
-
Sì, è incredibile. Cresce ogni giorno di
più e io nemmeno me ne accorgo.-
La
piccola si era fermata a riprendere fiato. Un’amica
sembrò chiederle se stesse
bene, ma lei sfoderò un gran sorriso rassicurante e
tornò quasi subito a
correre con gli altri.
-
Diventa sempre più bella e forte.- aggiunse lui, con un
po’ di emozione nella
voce.
-
Ha preso da te.-
Piacevolmente
sorpreso, si voltò verso sua moglie e cercò il
suo sguardo in mezzo a quei
lunghi capelli scuri. Era una donna straordinaria; non smetteva mai di
dimostrare l’immenso amore che provava per la sua famiglia.
Naruto
notò che era arrossita e in uno slancio di tenerezza la
guardò negli occhi, accarezzandole
il viso.
-
Non solo.- disse poi. - Ha ereditato il suo buon cuore da te, Hinata.-
Quest’ultima
ebbe la sensazione di perdere un battito del cuore. A quello sguardo
così
intenso non si era mai abituata, ma non voleva certo farlo. Solo lui la
faceva
sentire così bene e voleva che fosse così per
sempre.
Lentamente
si sporse verso le labbra di Naruto e vi posò un bacio
dolcissimo. Gli poggiò
piano una mano sul viso, mentre lui arrossiva e ricambiava il bacio con
altrettanta tenerezza. Si separarono dopo poco e si sorrisero a
vicenda; infine
Naruto fece scontrare la fronte con quella di Hinata, ridacchiando.
Spostando
gli occhi di nuovo sulla loro piccola, i due notarono che il sole si
stava
abbassando e stava tingendo gli alberi di rosso. Hinata
sospirò e disse:
-
Tra non molto farà buio. Forse è meglio tornare a
casa.-
-
Per favore, restiamo ancora un po’.- replicò
però lui. - Le ho promesso che
avrebbe giocato a lungo.-
-
Già, te ne eri persino dimenticato!- rise l’altra,
prendendolo in giro.
Naruto
si grattò la nuca con imbarazzo e tentò di
giustificarsi con un sorriso
forzato:
-
Lo so, è che in ufficio avevo così tanto lavoro
… Sono venuto di corsa, non ho
avuto neanche il tempo di togliermi il mantello da Hokage!-
Infatti,
Naruto aveva promesso alla sua figlioletta che dopo il lavoro
l’avrebbe portata
a giocare tra gli alberi con i suoi amici, appena fuori dalle mura del
villaggio. Purtroppo essere Hokage aveva il suo peso e allora
toccò a Hinata
mantenere la promessa del marito, in attesa che quest’ultimo
le raggiungesse.
Ripensando
a quando era arrivato di corsa, tutto trafelato e ansioso di vedere se
sua
figlia fosse arrabbiata con lui per il ritardo, Hinata rise ancora e lo
riprese:
-
Sei la solita testa quadra!-
-
Uffa, perché mi dici così, dattebayo??-
esclamò Naruto, indispettito.
Proprio
in quel momento, i due notarono che i bambini avevano smesso di
rincorrersi ed
avevano fatto capannello intorno ad uno di loro, che probabilmente era
caduto.
Guardando meglio, Hinata e Naruto si accorsero che a cadere era stata
proprio …
-
Eri!-
La
piccola aveva uno sguardo sofferente ed era inginocchiata per terra.
Altri
bambini la stavano aiutando a rialzarsi, mentre lei cercava di
ripulirsi la
faccia alla meglio, poiché era caduta in mezzo alla polvere.
La
sua mamma andò verso di lei, intenzionata a soccorrerla, ma
Eri si rialzò da
sola improvvisamente e cominciò a correre verso i genitori.
-
Mamma, papà!- diceva in un lamento di dolore.
Quando
Hinata si inginocchiò di fronte alla figlia, seguita da
Naruto, si accorse che
si era sbucciata un ginocchio e che questo sanguinava.
-
Vieni qui, fammi vedere … - mormorò.
Eri
fu circondata da alcune sue amichette ed aspettò che sua
madre le curasse la
ferita, senza battere ciglio. Il dolore provato quando era caduta le
aveva
subito fatto inumidire gli occhi, ma quando si era rialzata, non aveva
più
avvertito nulla e riusciva a stare in piedi. Nel frattempo, Naruto
mandò via un
po’ di terra dai suoi vestiti sporchi e si assicurava che
stesse bene.
Hinata
era sul punto di tirare fuori un fazzoletto per asciugare il sangue e
coprire
la ferita con un altro di essi, ma quando posò di nuovo lo
sguardo sul
ginocchio di Eri … la ferita non c’era
più. Il sangue aveva sporcato la gamba
della bambina, ma la sbucciatura era già sparita.
“Ma
come? E’ già guarita?” pensò
Hinata, che trasalì dallo stupore.
Vedendo
che la madre non faceva nulla, Eri abbassò la testa e
controllò il ginocchio.
Non ebbe niente da dire, altrettanto meravigliata, ma le sue amiche
iniziarono
a commentare:
- Ehi,
non c'è più niente sul tuo ginocchio!-
- E’
vero, prima usciva tanto sangue!-
La
piccola attese che la mamma le desse una pulita, poi mise le mani sui
fianchi e
senza farsi troppe domande su quanto successo, esordì:
-
Beh, non sarà una caduta a fermarmi. Forza, provate a
prendermi!-
Detto
ciò, riprese a correre come se niente fosse, inseguita dai
suoi compagni.
Hinata restò immobile con il fazzoletto in mano, sempre
più stupita. Neanche
Naruto riusciva a credere a quello che era appena accaduto.
Da
un lato era felice che sua figlia stesse bene, ma dall’altro
gli balenò un
pensiero in testa. Provò una sensazione fin troppo familiare.
-
Naruto … Eri è … -
Mosso
dall’istinto, il giovane Hokage portò una mano al
ventre, senza smettere di fissare
Eri che rideva e giocava spensierata. Possibile che …?
- Eri
è … è come te. Ha il tuo stesso
chakra!- fece infine Hinata, che era giunta
alla sua stessa conclusione.
A
quelle parole, Naruto iniziò piano piano a credere che fosse
davvero così.
Ma
no, non era fattibile una cosa del genere! Negli scorsi sei anni lui e
sua
moglie avrebbero dovuto accorgersene. Eppure … eppure era
successo davanti ai
loro occhi, non potevano non crederci.
Pensieroso,
aumentò la presa della mano sul ventre e si
concentrò. Tutto normale; avvertiva
sempre quella solita presenza dentro di sé.
Ma
allora, perché sua figlia …?
-
Ma come, non andiamo a casa, papà?-
La
vocina chiara di Eri distolse Naruto dalle sue riflessioni.
Abbassò gli occhi e
notò che la piccola lo stava guardando con
perplessità, sbattendo ripetutamente
le palpebre, senza smettere di tenergli la mano.
Il
padre si voltò e notò che in effetti avevano
appena sorpassato la via di casa
ed era parso perciò che la famigliola fosse diretta altrove.
Hinata sorrise e
lasciò che fosse Naruto a spiegare a Eri la situazione.
- Ci andremo, ma
prima dobbiamo passare a
trovare il maestro Kakashi.- disse lui, prendendo la figlia in braccio
e
soppesandola per riuscire a tenerla bene. - C’è
una questione di cui dovremmo
discutere con lui.-
- Il maestro Kakashi?
Quello di cui mi
avevate parlato?- esclamò Eri, entusiasta.
Le piaceva tanto
quando i genitori le
raccontavano avventure che avevano vissuto negli anni e il nome di
Kakashi era
stato fatto spesso a casa Uzumaki, ogni volta con lo scopo di far
ridere.
Hinata se ne rese
conto e confermò:
- Sì,
tesoro, è proprio lui!-
- Che bello,
evviva!!- fece Eri alzando
un pugno in aria dalla felicità, mentre Naruto rideva di
gusto.
Era sempre stata la
sua gioia più grande
vedere sua figlia e sua moglie ridere e non riusciva mai a trattenersi
dal
farlo insieme a loro. Non vedeva l’ora di far conoscere Eri
al maestro:
l’ultima volta che l’aveva vista era stato mesi
prima, ma tra i due non c’era
mai stata una vera e propria presentazione.
Ma soprattutto,
Naruto voleva vedere
Kakashi per parlargli di ciò che era avvenuto poco prima.
Aveva dei sospetti,
ma alcune cose ancora non quadravano. Aveva quindi bisogno di
discuterne
chiaramente con una persona di fiducia con una grande conoscenza del
mondo
ninja.
Sempre portando la
piccola in braccio e
camminando fianco a fianco con Hinata, il biondino si guardò
in giro. La gente
del villaggio stava rincasando; alcuni si voltavano verso di lui per
salutarlo
e Naruto ricambiava con un gran sorriso. Era Hokage ormai da qualche
anno e i
tempi in cui le persone dubitavano o avevano paura di lui erano
lontani, anzi:
finalmente aveva ottenuto il rispetto di tutti gli abitanti di Konoha,
come
aveva sempre desiderato. Dopo tanto tempo e tanta fatica, Naruto aveva
fatto
strada ed era diventato un eroe ancora più di prima. Non
poteva essere più
felice e soddisfatto.
Svoltando in
un’altra via, un vecchietto
passò vicino a loro ed alzò debolmente un braccio
per salutare l’Hokage. Fu Eri
a salutarlo per prima, sporgendosi dalle braccia del padre e salutando
calorosamente con la manina. Era sempre stata una bambina allegra, con
la
voglia di trasmettere a tutti il suo ottimismo.
- Ma chi si vede
all’orizzonte … Naruto,
Hinata, come va?-
Una voce nuova fece
girare la bimba
nella direzione in cui stavano camminando i genitori, che si fermarono
sorpresi. Davanti a loro, un ninja dagli strani capelli grigi a
spazzola e gran
parte della faccia coperta stava rivolgendo un’occhiata
amichevole alla
famiglia.
Naruto
allargò un sorriso ed esclamò:
- Kakashi-sensei,
stavamo per venire a trovarla! Stiamo tutti bene, e lei?-
Incuriosita, Eri
tacque. Se Hinata le
aveva trasmesso qualcosa, quella era la timidezza. Restò
aggrappata in braccio
al papà, aspettando che poi fossero lui e la mamma a
presentarla al maestro
Kakashi.
- Anche io sto bene,
faccio un po’ la
solita vita … - fece quest’ultimo pigramente,
prima di notare la figlia del suo
allievo. - Uh? Ma guarda un po’, c’è
anche la piccola Eri!-
Sentendosi nominare,
la bambina arrossì.
Naruto la mise giù, mentre Hinata la incoraggiò:
- Forza, vai a
salutarlo.-
Eri stette immobile
sul posto per un
momento, incerta. Kakashi, nel frattempo, si abbassò per
poterle stringere la
mano e farla sentire a suo agio. A quel punto, vinta dalla
curiosità, la
piccola si avvicinò a lui e mormorò:
-
Salve, maestro … -
Il jonin non
riuscì a non intenerirsi di
fronte a quegli occhietti così vispi, nonostante
l’atteggiamento di imbarazzo
manifestato dalla bambina. Era l’esatta e perfetta unione tra
Hinata e Naruto,
non smetteva mai di ripeterselo ogni volta che la vedeva. Era contento
di
potersi finalmente presentare come si deve.
- Accidenti, Eri!
Dall’ultima volta che
ti ho vista sei diventata parecchio robusta.- disse, poi
sollevò una mano e la
poggiò amichevolmente sulla sua testa bionda. - Sono sicuro
che tra qualche
anno sarai una ragazza bellissima!-
Eri divenne ancora
più rossa ed abbassò
lo sguardo dall’imbarazzo, accennando appena un sorriso. I
genitori si
scambiarono un’occhiata d’intesa e ridacchiarono,
come per concordare con
l’affermazione di Kakashi.
Il maestro, per
sciogliere la tensione e
far ridere anche la piccola, aggiunse:
- Mi raccomando, non
diventare una testa
quadra come tuo padre!-
- Ehi,
perché oggi continuate a dirmelo
tutti, dattebayo??-
ribatté
prontamente Naruto, accigliato.
A quello scambio di
battute, Eri non
poté resistere e scoppiò a ridere di cuore,
seguita dalla mamma e dal maestro.
Alla fine, contagiato da tutti, anche Naruto si mise a ridere con loro.
E mentre alle loro
spalle il sole andava
a dormire dietro le montagne, Kakashi accolse la piccola famiglia nel
suo
modesto appartamento da scapolo quarantenne.
Seduta sul tappeto,
in un angolino della
stanza, Eri sfogliava distrattamente una vecchia rivista. Non guardava
davvero
le figure o le scritte … pareva piuttosto persa nei suoi
semplici pensieri da
bambina.
Ciò fu
comodo per i suoi genitori e per
il maestro Kakashi, che poterono quindi discutere serenamente, visto
l’argomento della loro conversazione.
- Allora, volevate
parlarmi di qualcosa?-
chiese Kakashi con cordialità, accomodandosi al tavolo dopo
essersi assicurato
che Eri non mettesse le mani su “Le Tattiche Della
Pomiciata”.
Naruto e Hinata
misero giù le loro tazze
di tè e si scambiarono un’occhiata complice.
L’Hokage si schiarì la voce ed
esordì:
- Si tratta di Eri.-
Il maestro
alzò le sopracciglia,
incuriosito.
- Cosa? La piccola
Eri?- fece,
voltandosi a guardare la piccola in questione.
Dopo averla osservata
per un attimo,
continuò:
- Oh beh, in fondo
non c’è da stupirsi.
Dopotutto Eri è la figlia dell’ultimo Hokage di
Konoha, che è anche la forza
portante della Volpe a Nove Code, nonché di colei che una
volta era la
capostipite del nobile clan Hyuga. Come potrebbe Eri essere una bambina
normale
con dei genitori come voi?-
A quelle parole,
Naruto si passò una
mano sulla nuca, dandogli ragione con imbarazzo.
- Sì, in
effetti ce ne siamo resi conto
anche noi, maestro Kakashi.- fece sorridendo, poi tornò
serio ed espose la
questione di cui voleva assolutamente parlare. - Vede, nostra figlia
non si è
mai ammalata seriamente. A parte qualche piccolo raffreddore, Eri
è sempre
stata sana come un pesce. Inoltre, quando prima al parco è
caduta e si è ferita
al ginocchio, non è rimasto nessun segno e il ginocchio
è tornato a posto da
solo in pochi attimi.-
- Mi stai dicendo che
la ferita si è
rimarginata immediatamente?- fece il sensei, cercando una conferma.
A quel punto
intervenne Hinata:
- Sì,
è così, maestro. Ecco, a me e
Naruto era sorto un dubbio … -
Kakashi fece vagare
lo sguardo nel
vuoto, pensieroso. La situazione non gli parve affatto nuova.
Istintivamente gli
tornò alla memoria
l’immagine di una mano infilzata da un kunai. Era la mano di
Naruto, che quando
lui era appena genin si era pugnalato in un raptus di rabbia,
probabilmente nei
confronti di se stesso.
All’inizio
a Kakashi non fu chiaro il
perché si fosse ricordato di quell’episodio, ma
poi si rese conto.
- Sì,
anch’io ora sto pensando la stessa
cosa, Hinata.- disse il maestro con serietà estrema,
guardando però verso
Naruto.
Quest’ultimo
aveva capito che anche il
maestro aveva il suo stesso sospetto, così chiese subito
spiegazioni, battendo
una mano sul tavolo e alzando il volume della voce:
- Maestro Kakashi, ma
com’è possibile, ‘ttebayo?
Sa bene che questi effetti li
ho anch’io, ma sono causati dalla presenza di Kurama
all’interno del mio corpo.
Come può essere che anche Eri guarisca velocemente come me,
senza il chakra di
Kurama?-
Quella volta, la mano
di Naruto era
guarita in fretta, nonostante si trattasse di una ferita profonda.
Kakashi
aveva intuito subito che era la presenza della Volpe a Nove Code ad
attribuirgli questa capacità e, in cuor suo, non aveva mai
escluso la
possibilità che la stessa cosa potesse succedere alla
bambina.
Mantenendo la solita
calma, domandò:
- … Non
hai notato i segni sul viso?-
Dapprima stupito,
Naruto ammutolì e
rivolse un rapido sguardo verso Eri, come per avere
un’ulteriore conferma di
quel suo insolito tratto. In effetti, come suo padre, la piccola aveva
dei segni
sulle guance che ricordavano dei baffi felini. Non erano molto
evidenti, ma pur
sempre visibili e facevano di lei la fotocopia di Naruto.
Purtroppo
l’Hokage non comprese
immediatamente e sbottò:
- Certo, è
una caratteristica fisica che
ha ereditato da me, e allora?-
- Non sono dei segni
qualsiasi … -
aggiunse Kakashi. - Mi ricordano qualcosa. Tu sai di cosa parlo, non
è vero,
Naruto?-
A quel punto, anche
l’altro capì a che
cosa si riferisse il maestro. Era una teoria che Kakashi aveva in mente
fin
dalla nascita di Eri, ma che si avverasse, i genitori non ne avevano
mai
considerato davvero l’eventualità.
Naruto
mormorò:
- Mi … mi
sta dicendo che …?-
- Già.
Probabilmente Eri ha ereditato
una parte del chakra del demone attraverso il tuo patrimonio genetico.
Sembra
incredibile, ma potrebbe veramente essere così.-
Per tanto tempo
Hinata e Naruto avevano
messo da parte quell’ipotesi. Come avrebbe mai potuto il
chakra di un
cercoterio essere trasmesso geneticamente ad un figlio? Per di
più, Eri aveva
ereditato questo tratto genetico dal padre e non dalla madre: se la
forza
portante fosse stata Hinata, che aveva portato sua figlia in grembo per
nove
mesi, la cosa sarebbe stata più plausibile. Possibile che su
tutte le
probabilità esistenti, invece, Naruto le avesse trasmesso
con il suo dna
persino il chakra della Volpe?
La risposta era
sempre stata no. Almeno
fino a quel giorno.
Hinata, siccome la
questione era
piuttosto importante, si dimostrò preoccupata:
- Ma allora avremmo
dovuto accorgercene
molto prima …!-
- Forse è
una parte di chakra talmente
minima che non avrebbe mai potuto veramente manifestarsi.-
ipotizzò Kakashi. - Eri
ha più o meno il tuo stesso tipo di chakra, giusto, Naruto?-
- Sì
… - annuì lui, altrettanto nervoso.
- Allora dovrebbe
essere abbondante e
resistente, proprio come il tuo. Se una piccola parte del chakra della
Volpe è
davvero presente dentro di lei, Eri non dovrebbe avere problemi a
controllarla,
se questa dovesse uscire fuori.-
Mettendo insieme i
ragionamenti del
maestro, questi come al solito filavano. Tuttavia, ai due ansiosi
genitori
sembrava incredibile quanto lui riuscisse a restare tranquillo,
formulando
un’ipotesi dopo l’altra come se si trattasse di una
sciocchezza.
- Ma è
solo una bambina!- fece Hinata,
in parte stentando a credere alle teorie del sensei e in parte
mostrando tutta
l’apprensione di una madre.
Sempre fiducioso
nella logicità delle
sue supposizioni, Kakashi cercò di calmarla:
- Stai tranquilla.
Anche se è ancora piccola,
Eri è già molto forte, credetemi.-
Sul fatto che la
piccola Eri fosse una
bambina fuori dal comune, tutti erano d’accordo. Il fatto di
avere due genitori
come Hinata e Naruto la rendevano speciale agli occhi della gente.
Anche che
avesse ereditato una minuscola parte del chakra di un demone, ormai era
stato
appurato. Kakashi aveva ragione su ogni cosa, insomma.
Eppure, allo stesso
tempo, Eri Uzumaki
era una normalissima bimba di sei anni.
Siccome a Kakashi
forse non era ben
chiaro questo fatto, Naruto si alzò bruscamente in piedi e
lo fissò con una serietà
incredibile per uno come lui.
- … Questo
non toglie che sia una
bambina. La mia bambina.-
Quella frase
risuonò nella stanza come
un fulmine a ciel sereno. Neanche il maestro seppe come reagire e anche
Eri
aveva alzato la testa, incuriosita da quell’improvviso
silenzio.
- Eri
crescerà e diventerà una grande
ninja, ma lo farà come tutti gli altri.- aggiunse poi Naruto.
- Che cosa vuoi
dire?- disse Kakashi,
interrogandolo con gli occhi.
Non capendo di cosa
si stesse parlando,
Eri tornò a sfogliare i suoi giornali, mentre suo padre
spiegò:
- Voglio solo che Eri
cresca nella più
completa serenità. Io non ne ho avuto la fortuna
… ma Eri merita il meglio e
non voglio che sopporti le conseguenze della sua diversità
come ho fatto io.-
Solo allora il
maestro Kakashi si
accorse che era quella, l’unica reazione che si sarebbe
dovuto aspettare da un
padre.
- Devo dedurre che
non hai intenzione di
dirle nulla riguardo alla Volpe?-
- Esattamente.-
annuì Naruto, sempre più
convinto. - Hinata … sei d’accordo con me?-
Lei gli sorrise e
rispose:
- Certo, Naruto-kun. Quando Eri sarà
più grande e matura, allora potrà
prendere coscienza della sua diversità.-
Nonostante il maestro
pensasse che la
cosa migliore fosse tenere la verità allo scoperto,
sospirò e diede ragione ai due
giovani genitori.
- Ho capito. Se
è questo che volete,
anche io sono d’accordo. In fondo è comprensibile
da te, Naruto … -
- Grazie, maestro.-
sorrise
quest’ultimo, sollevato. - Chissà, quando Eri
sarà cresciuta, potrei essere io
stesso ad allenarla. Mi piacerebbe davvero tanto.-
Era appena calato il
silenzio, in
riflessione di ciò che aveva detto Naruto, quando un forte
gorgoglio fu
avvertito dai presenti. In un attimo, tutti fissarono Eri con
perplessità. La
piccola arrossì e si mise una mano sullo stomaco,
ridacchiando con imbarazzo.
Eh sì, era
ora di cena.
Si stava facendo
sempre più buio.
Kakashi alzò la mano in segno di saluto per
un’ultima volta, sorridendo nella
maschera. Eri ricambiò, girandosi verso il maestro e
continuando a tenere la
mano del papà. Quando ormai la famigliola era lontana,
Kakashi sospirò e
ripensò a ciò che aveva scoperto insieme a Hinata
e Naruto.
Come era abituato a
fare da qualche
anno, si arrampicò su per il palazzo dove viveva, saltando
da una ringhiera
all’altra, per poi fermarsi sul tetto ed osservare la strada
sotto di lui. Il
suo sguardo si soffermò sulle figure lontane della famiglia
Uzumaki.
“Naruto ha
ragione a volere un futuro
felice per sua figlia … ma spero si renda conto che Eri
è destinata a non avere
una vita facile,” cominciò a pensare lui.
“Possiede i geni del clan Uzumaki e
quelli del clan Hyuga; queste due famiglie sono lontanamente
imparentate con il
clan Uchiha e il clan Senju, che a loro volta affondano le loro radici
proprio
in lui … l’Eremita delle Sei Vie della
Trasmigrazione.”
Kakashi si
soffermò proprio sulla
bambina, fissando i suoi lunghi capelli che si muovevano ad ogni passo.
Pareva
così pura e innocente … e in cuor suo, il maestro
si augurò che restasse sempre
così.
“Eri
diventerà una dei più potenti
shinobi della storia ed è probabile che dovrà
affrontare dei nemici
straordinariamente temibili proprio per questo motivo. Naruto, Hinata
…
vegliate bene su di lei.” pregò infine.
Alle sue spalle,
Kakashi avvertì
improvvisamente una presenza nota, seguita da una voce altrettanto
familiare:
- Sono già
andati via … -
Il maestro si
girò e come si aspettava
vide il suo vecchio amico dell’Arte del Legno.
- Tenzo! Qual buon
vento?- disse,
infilando stancamente le mani in tasca.
- Quante volte ti ho
detto che preferisco
essere chiamato Yamato?- ribatté l’altro,
lanciando al collega un’occhiata
storta. - Ad ogni modo, sono passato perché volevo salutare
Naruto, Hinata ed
Eri. Li avevo visti parlare con te, ma avevo prima una commissione da
sbrigare.
Ora che stanno andando a casa, però, penso sia meglio
lasciarli tranquilli.
Passerò nei prossimi giorni a trovarli.-
- Già.
Naruto ha avuto l’ennesima
giornata lunga, piena delle solite scartoffie. È per questo
che ho lasciato
l’incarico a lui dopo qualche anno dalla mia elezione.-
Pur sapendo che era
ironico, Yamato mise
le mani sui fianchi con severità e lo rimproverò:
- Kakashi, sei sempre
il solito.
Rinunciare al titolo di Hokage pur di non doverti occupare di tutte
quelle
pratiche, per poi permettere che sia il giovane Naruto a farlo.
Di’ un po’, non
ti vergogni?-
L’altro
passò mentalmente in rassegna il
breve periodo in cui era stato ufficialmente Hokage. Dopo la tragica
scomparsa
di Tsunade, l’incarico era stato assegnato a lui; dopotutto
già una volta era stato
pensato come suo successore. Il motivo per cui aveva accettato di
diventare
Hokage era il semplice fatto che Naruto non era ancora pronto per
ricoprire una
carica simile. Era troppo giovane e inesperto, aveva prima altro da
imparare.
Con gli anni, Naruto raggiunse una maggiore maturità e
quando Kakashi si rese
conto che il suo ex allievo sarebbe stato un Hokage migliore di lui,
non esitò
a passargli il testimone.
- Piantala, Yamato.-
sbottò quindi lui.
- Sai bene che Naruto merita il titolo di Hokage più di
chiunque altro … e più
di chiunque altro, lui ci tiene.-
- Sì,
stavo solo scherzando. Lo conosco,
infatti non avevo dubbi sul fatto che sarebbe riuscito a cavarsela,
nonostante
non sia adatto per stare in ufficio tutto il giorno.- rise
l’altro, dandogli
ragione.
Kakashi sorrise a sua
volta, tornando a
guardare nella direzione in cui era sparito Naruto. I suoi occhi non
mentivano:
erano pieni d’orgoglio.
- Ma certo, che se
l’è cavata. Come
sempre, d’altronde.-
*
Vi ringrazio
infinitamente per aver letto fino a qui, minna! *-*
Ed ora, l'immagine che vi avevo promesso... è una fanart,
come quasi tutte le immagini che vedrete, ma l'ho trovata molto carina!
La bimba somiglia tantissimo ad Eri! <3
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e spero altrettanto vivamente che
mi lasciate qualche recensione! Mi piacerebbe tantissimo sapere se
è il caso che continui a postare... fatemi sapere!
Ringrazio tutti tantissimo e vi mando un bacio! :*
Eliot
;D
|
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Capitolo 2 *** La pecora nera ***
Caspita,
non pensavo di
postare così in fretta il secondo capitolo! Vi ringrazio se
avete letto pazientemente tutto il primo e sono ancora più
contenta sapendo che se siete qui, la storia vi ha incuriosito! ^^
Ne approfitto per ringraziare ancora chi ha recensito e messo la storia
tra le preferite, le seguite o le ricordate! Significa molto per me...
<3
Proseguiamo dunque con il secondo capitolo. La soundtrack che vi
consiglio questa volta è il tema di Sasuke della prima serie
di Naruto. Per trovarlo su Youtube basta digitare "Sasuke's Theme" e il
gioco è fatto. Lo avrete sicuramente sentito... Si adatta
più o meno a tutte le scene del capitolo, ma l'atmosfera con
cui si sposa di più è secondo me quella
dell'ultima scena.
Ora vi lascio, non prima di avervi ringraziato ancora per essere qui!
Buona lettura... :*
*
Capitolo 2:
La
pecora nera
La piccola Terumi
aprì leggermente gli
occhietti neri. La camera le parve così grande e sfocata al
punto da avere la
sensazione che non fosse neanche più la sua.
Sbatté le palpebre un paio di
volte e cercò di mettere a fuoco ciò che vedeva,
ma non appena si sforzò di
farlo, l’ennesimo violento colpo di tosse le strinse la gola
e gliela fece
bruciare.
Il silenzio della
casa era rotto
soltanto dai suoi lamenti, come quasi ogni sera. In quel momento della
giornata,
la dimora degli Uchiha diventava un luogo più triste. La
maggior parte delle
attenzioni erano su di lei, Terumi, la più piccola di casa.
I suoi lunghi
capelli viola erano sparsi sul cuscino e si confondevano con la
penombra della
sua stanza, mentre il suo viso era pallido come sempre. Stesa sul
tatami e
coperta da un lenzuolo, la bambina respirava a fatica … e
sopportava.
Un tocco morbido e
leggero la sorprese.
Qualcuno le stava passando un panno umido sulla fronte, asciugandole il
sudore.
- Mamma …
sei tu?- mormorò lei con un
filo di voce.
Sakura si stava
prendendo cura di sua
figlia, come faceva da sempre. Con sguardo teso e preoccupato,
tamponò la
fronte e il viso della bimba con quella striscia di stoffa, per poi
accostare
le mani al suo petto ed emettere un po’ del suo chakra,
pulsante e color
smeraldo.
- Non sforzarti,
tesoro. Vedrai, tra
poco il dolore passerà.-
Avvertendo un
po’ di sollievo, Terumi
aprì gli occhi senza molta difficoltà e
girò la testa verso Sakura, annuì e
domandò a voce bassissima:
- Mamma, quando
potrò andare a giocare
con mio fratello?-
- Presto, Terumi.- le
sorrise finalmente
Sakura. - Se non sbaglio, aveva anche intenzione di allenarsi con te.-
A quel punto anche
Terumi riuscì ad
allargare un sorriso e disse ridacchiando:
- Che bello!-
Purtroppo,
l’uso della voce le provocò
un altro attacco di tosse. La madre, che tornò seria e
preoccupata, non smise
nemmeno per un momento di usare il suo chakra per alleviarle i dolori
pettorali
e addominali. La bambina, per fortuna, non tossì troppo a
lungo e riuscì a
respirare di nuovo regolarmente.
Aveva solo tre anni,
ma Terumi riusciva
a notare tutto. I suoi potentissimi occhi non mentivano.
Anche stavolta la sua
mamma aveva lo
sguardo fisso nel vuoto e il viso contratto in una smorfia seria. Era
ormai di
routine vedere quell’espressione sulle facce della mamma, del
papà e del
fratello più grande.
Terumi Uchiha era
nata con un
debolissimo sistema immunitario. Dire che fosse cagionevole di salute,
era dire
poco. I giorni in cui poteva andare a giocare, divertirsi e sorridere
senza
stancarsi, erano rari come dei giorni di festa. Sembrava proprio che
fosse
destinata a vivere così, perciò sia lei che la
sua famiglia ci fecero
l’abitudine.
Se questo
rappresentasse un peso per i
suoi genitori e suo fratello, Terumi se l’era chiesto a
lungo. Grazie
all’intelligenza e all’intuito che in qualche modo
compensavano la sua poca
salute, la piccola aveva capito di non essere una figlia normale e che
se il
suo corpo fosse stato più forte, lei e la sua famiglia
avrebbero avuto una vita
migliore. Mamma e papà continuavano a incoraggiarla e a
darle tutto l’amore del
mondo, ma Terumi non riusciva a fare a meno di pensare che, in fondo in
fondo,
la sua famiglia soffriva per causa sua.
Quando una notte
Terumi sorprese sua
madre a piangere a dirotto parlando di lei con il marito, in lei si
scatenò un
dolore più grande di quelli fisici a cui era abituata.
L’idea di far soffrire
la sua famiglia era insopportabile e talmente enorme che i suoi occhi
non si
limitarono a sgorgare lacrime: si trasformarono e presero la forma del
famoso
Sharingan.
Terumi si era ormai
calmata. Sospirando
di sollievo, Sakura sorrise e si rialzò in piedi.
- Ora riposati. Vado
a prepararti
qualcosa di speciale!- fece poi.
L’altra le
sorrise di rimando e
sussurrò:
- Ti voglio bene,
mamma.-
Stava già
uscendo dalla camera, quando
la madre trasalì e si immobilizzò sul posto.
Improvvisamente avvertì un
bruciore agli occhi, che le si inumidirono.
- Anch’io,
tesoro mio … - mormorò infine
con una gran commozione nella voce.
Sakura trovava sempre
incredibile la
forza di sua figlia. Aveva sopportato le pene dell’inferno
fin da quando era
nata ed aveva imparato subito a non arrendersi.
Quando la donna si
affacciò nel
corridoio, vide che ad aspettarla c’era suo marito, Sasuke
Uchiha, il
capofamiglia. Stava appoggiato con la schiena alla parete, le braccia
incrociate sul petto e il solito sguardo pensieroso.
- Ehi, Sasuke.- lo
apostrofò lei,
asciugandosi le lacrime. - Immagino che tu voglia scambiare due parole
con
Terumi.-
Staccandosi dal muro,
il nuovo
responsabile delle forze speciali ANBU – eletto personalmente
dal suo migliore
amico – disse semplicemente:
- Lasciaci soli un
momento.-
Sakura non
replicò e lo lasciò passare.
Lui aprì la porta e l’espressione seria e
concentrata che aveva di solito in
viso si tramutò in un piacevole sorriso non appena vide sua
figlia.
- Ehi, piccolina!-
esclamò,
avvicinandosi. - Tranquilla, in un attimo sarai di nuovo in forma.-
Terumi mosse la testa
e spalancò gli
occhi con felicità, dicendo:
- Ciao,
papà. Non vedo l’ora di
allenarmi con Shuichi-nii-san!-
Sasuke si sedette
accanto a lei e le
accarezzò i capelli. Quella bambina era il suo orgoglio.
Lottava, lottava e
ogni giorno usciva vincitrice dalla sua battaglia con la malattia. Non
si
arrendeva mai, proprio come le aveva insegnato lui.
- Questo mi fa
davvero piacere … -
commentò, mentre Terumi si godeva le carezze affettuose del
papà.
Perdendosi nella sua
solita miriade di
pensieri, dopo un po’ Sasuke smise di accarezzarla e la
osservò con severità,
domandandole:
- Ricordati, che cosa
ti ho detto
riguardo all’uso del chakra?-
Dapprima stupita, la
piccola tacque, ma
poi rispose, cantilenando:
- Di non usarlo per
guarire più in
fretta.-
Il padre aveva
dedotto che Terumi, quando
prima non riusciva a vedere bene, aveva sentito la tentazione di
attivare lo
Sharingan per evitare di avere ancora la vista appannata. Tuttavia,
nelle sue
condizioni, la bambina non poteva permettersi l’uso
ricorrente della sua
abilità innata, per via del grande consumo di chakra e di
energia che lo
Sharingan necessitava.
Soddisfatto della
risposta della figlia,
Sasuke fece per rialzarsi in piedi.
- Bravissima.-
commentò intanto. - Risparmialo
per il tuo allenamento, mi raccomando!-
Terumi
acconsentì con un lieve cenno
della testa e un piccolo sorriso, poi, catturata dalla stanchezza,
abbassò le
palpebre per un breve sonnellino. Rivolgendole un’occhiata
apprensiva, il padre
chiuse cautamente la porta e trovò Sakura ad aspettarlo con
un’espressione rassicurante,
che però nascondeva la solita preoccupazione.
- Sakura, pensi che
Terumi migliorerà?-
chiese lui, avvicinandosi alla donna amata.
Prendendogli le mani
in un tentativo di
conforto, lei sospirò:
- Non ne ho la
certezza, purtroppo. Sono
preoccupata anch’io, lo sai … e sai anche quanto
mi sto impegnando per trovarle
una cura definitiva. Naruto mi ha dato la sua completa
disponibilità per
qualsiasi cosa che possa aiutarmi allo scopo.-
- Bene.-
annuì il ninja. - Spero che
Terumi resista il più possibile.-
- Non ti preoccupare,
Sasuke. Terumi è
forte.- affermò poi Sakura con convinzione, ricevendo un
lieve sorriso di
approvazione.
Non lo diceva tanto
per dire e non si
riferiva solamente al fatto che la loro figlia non si arrendeva mai:
anche
quando si parlava di talento come ninja, Terumi era un fenomeno.
Era già
stato eccezionale che
sviluppasse lo Sharingan a soli tre anni, ma era altrettanto
straordinaria la
disinvoltura con la quale Terumi lo padroneggiava così bene.
In pochissimo
tempo aveva imparato a sfruttare il chakra nel modo giusto,
concentrandolo
negli occhi, e si rivelò subito un vero portento per quanto
riguardava le arti
illusorie, al punto che inizialmente ipnotizzava le persone senza
nemmeno farlo
apposta. Quando un avversario cadeva vittima di una sua illusione, i
tomoe che
si irradiavano dal centro delle sue pupille parevano persino ruotare. E
non
c’era alcuna via di scampo.
Considerate le
abilità della piccola
Terumi, Sasuke fu il primo a dimenticare le difficoltà della
malattia e il peso
che questa potesse rappresentare per la famiglia. Se tutti quei
sacrifici
avevano portato ad un risultato del genere, allora ne era valsa la
pena; ciò
pensava lui e a seguire la moglie e il figlio maggiore.
Dopo aver
delicatamente baciato il
marito su una guancia, Sakura si congedò dicendo:
- Vado ad occuparmi
della cena … -
L’altro
annuì, più sereno. Aveva già
dimenticato la sua apprensione verso Terumi, quando una figura
familiare piombò
nel corridoio e fece per allontanarsi a passo veloce.
- Fermati un attimo,
tu!- esclamò
Sasuke, risoluto come solo lui sapeva essere.
Quell’ombra
si bloccò di scatto. Due grandi
occhi, verdi e tremanti come le foglie di Konoha, osservarono Sasuke.
- …
Sì, papà?-
Shuichi Uchiha, il
primogenito della
famiglia, si girò completamente verso il padre, scuotendo
l’abbondante chioma
di capelli neri che aveva.
Il ninja si mise a
braccia conserte e
domandò, come se stesse iniziando la prima fase di un lungo
interrogatorio:
- Che stai facendo?-
Il bambino
passò distrattamente una mano
tra i capelli ed esitò prima di rispondere.
- Oh, niente
… - divagò con imbarazzo. -
Stavo solo andando fuori.-
- Mmh.- fece Sasuke
con sguardo
inquisitorio, mentre il figlio lo fissava con soggezione, poi
proseguì: - Dove
sei stato oggi?-
Il piccolo
cominciò ad avvertire il
sudore freddo sulle tempie e balbettò:
- Ecco, son-sono
stato in giro … Mi sono
arrampicato un po’ sugli alberi … -
Sasuke
sospirò a bocca chiusa, immobile
e rigido come una roccia. La sua espressione severa non accennava a
cambiare.
Shuichi lo sapeva bene e si limitò a tacere, attendendo una
risposta con il
cuore in gola.
Aveva sempre provato
una certa
soggezione nei confronti del padre. Ogni volta che lo vedeva, non
poteva non
pensare alle voci che circolavano sul suo conto, sul suo passato
tormentato,
sul ruolo autoritario che aveva ora nel villaggio. Più lo
guardava, più si
paragonava a lui, sentendosi sempre più minuscolo. Quando
Sasuke attivava lo
Sharingan, poi, la soggezione si tramutava in vero e proprio terrore.
Qualche istante
più tardi, il padre
sentenziò:
- Domani, quando
torno, ci alleniamo
sugli shuriken. Non vorrei che ti fossi già arrugginito.-
-
D’accordo.- mormorò l’altro, tornando
finalmente a respirare.
Il bambino si stava
già girando per
andarsene, ma la voce del papà lo fece sobbalzare e gli
bloccò ogni movimento.
- Ah,
un’altra cosa.-
Il battito cardiaco
accelerò. Con gli
occhi sbarrati dalla paura, il piccolo si voltò lentamente,
tremando. Non ebbe
nemmeno il coraggio di guardarlo nei suoi potenti occhi.
- Hai promesso a tua
sorella che dopo la
sua guarigione vi sareste allenati insieme … Cerca di non
dimenticartelo.-
Queste parole si
fissarono ben bene
nella mente di Shuichi, che annuì flebilmente e rispose a
bassa voce:
- Certo,
papà.-
Sapendo che Sasuke
non l’avrebbe più
ripreso, si allontanò sospirando di sollievo, avvertendo
però ancora quello
sguardo che in silenzio l’osservava. Il piccolo Uchiha
uscì e percorse il
vialetto di casa con passi piccoli e lenti, quasi barcollando. Quando
giunse al
muretto che dava direttamente sulla strada, spiccò un salto
e ci si sedette,
raccogliendo le ginocchia al petto come per nascondere il viso in mezzo
ai
tanti capelli neri che aveva.
“E’
colpa mia”,
pensava
sempre.
Per quanto si
sforzasse, non riusciva a
ricordare molto bene il sorriso del papà. Non ricordava che
gli avesse mai
detto “ti voglio bene” o “sono fiero di
te”. I piccoli trionfi da bambino che
Shuichi voleva condividere con lui non gli bastavano per ottenere da
lui un po’
di vero affetto. Aveva la sensazione che tutto quello che
già faceva non fosse
mai abbastanza. Sasuke voleva di più.
Tuttavia, Shuichi non
si sarebbe mai
permesso di pensare che suo padre pretendesse troppo. Naturalmente, da
fratello
maggiore, era costretto a dare il meglio di sé per Terumi,
aiutarla e
proteggerla. Ma oltre a dover essere un fratellone premuroso, lui era
il
primogenito del clan Uchiha. Era d’obbligo essere il
migliore, proprio come il
papà lo era stato anni prima.
Shuichi sapeva di
avere un cognome
famoso, per un motivo o per l’altro. Tutti dovevano portare
un gran rispetto
per gli Uchiha, secondo Sasuke, e ciò non sarebbe stato
possibile se un membro
del clan non fosse stato degno di chiamarsi tale. Il piccolo ce la
metteva
tutta, eppure suo padre continuava a sentirsi quasi offeso, ogni volta
che
pensava al figlio e al fatto che ancora non aveva risvegliato lo
Sharingan,
mentre la sua sorellina di tre anni già lo sapeva
utilizzare. Non aveva ancora
svelato un talento particolare, non aveva nulla che avessero i suoi
antenati. Sasuke
era ansioso di far rivivere il clan, ridandogli la gloria di un tempo,
onorando
la memoria dei grandi Uchiha del passato come il fratello Itachi
… e invece,
con un figlio del genere, sapeva di non poterci riuscire. Trovava
sempre
qualcosa da rimproverargli, non era mai soddisfatto.
Ma a lui, al piccolo
Shuichi, andava
bene così.
In fondo, cosa poteva
volere di più un
bambino, se non la felicità dei genitori? Ogni cosa che
faceva era una sfida,
un pretesto, un’occasione per dimostrare il suo valore e
rendere Sasuke
orgoglioso di lui. Eppure, di solito, falliva. La ragione non era poi
così
difficile: il piccolo Shuichi era di indole pacifica e non avrebbe
fatto del
male a una mosca. La sua infinità bontà e lo
splendore del suo cuore lo
rendevano diverso da tutti gli Uchiha che lo avevano preceduto e
dall’oscurità
che aveva caratterizzato la storia del suo clan. Non era il figlio che
Sasuke
avrebbe voluto, non era nato all’altezza delle sue
aspettative.
E proprio quando,
poco prima che
iniziasse a frequentare l’Accademia Ninja, Shuichi stava per
incupire il suo
carattere e tirare fuori l’aggressività e la forza
che secondo suo padre lo
avrebbero probabilmente reso degno di essere un Uchiha … un
incontro del tutto
casuale, senza che lui se ne rendesse conto, gli avrebbe di
lì a poco cambiato
la vita.
Persa nei suoi
pensieri, la piccola non
si accorse subito di lui.
Teneva la mano ad
entrambi i genitori,
felice come una pasqua. Non vedeva l’ora di arrivare a casa e
farsi una bella
scorpacciata di ramen; fortuna che la mamma aveva promesso di cucinarlo!
Le strade erano quasi
vuote e tutta
Konoha si avvicinava al suo riposo notturno. Eri iniziò a
guardarsi in giro,
stupita di come il villaggio potesse ammutolirsi così tanto.
Lo sguardo le si
posò su un bambino accucciato su un muretto,
dall’enorme chioma di capelli neri
e gli occhi insolitamente chiari per un tipo del genere.
No, non erano dei
semplici occhi più
chiari del normale. Erano gli occhi più tristi che Eri
avesse mai visto.
La bambina non
riuscì nemmeno a definire
lo stato d’animo che quel ragazzino potesse avere. Pareva
tristezza, ma forse
non era esattamente così. Forse, forse c’era
qualcos’altro.
Quegli occhi miravano
a terra, su un
punto impreciso della strada, eppure sembravano dover esplodere da un
momento
all’altro, da quanto aiuto chiedevano. E l’unica ad
essersene accorta era lei,
Eri, che si soffermò a fissare quell’espressione
sconsolata nonostante dovesse
continuare a camminare.
La sua
curiosità la portò a porsi mille
domande senza risposta. I pochi attimi in cui poté vedere
chiaramente gli occhi
di quel bambino furono interminabili. Qualcosa la colpì,
dritto in fondo al
cuore. Uno strano impulso, una sensazione che d’istinto la
fece fermare sul
posto.
Naruto e Hinata,
stupiti, restarono a
guardare la figlia. Stavano per chiederle spiegazioni, ma videro una
scintilla
particolare nel suo sguardo e sul momento non seppero cosa dire.
- Potreste aspettarmi
qui un minuto?-
mormorò Eri, supplicandoli e avvicinando le mani al cuore.
Non conoscendo
ragioni per dissentire, i
due annuirono e la osservarono sorridere e poi cominciare a correre
verso quel
bambino, che ancora non avevano notato.
Shuichi non si era
accorto di lei, o
meglio, non ci aveva fatto molto caso. Solo quando Eri smise di correre
e gli
si impalò di fronte, sollevò la testa per capire
cosa stesse succedendo.
Una graziosa, anzi,
meravigliosa bambina
dai lunghi riccioli d’oro e due splendidi occhi celesti gli
stava sorridendo,
tenendo le mani dietro la schiena.
“Chi
è questa ragazzina così bella?” si
ritrovò a chiedersi lui, diventando leggermente rosso.
Soddisfatta di aver
ottenuto la sua
attenzione, Eri si decise a fargli la sua domanda:
- Ciao!
Perché te ne stai qui tutto
solo?-
Shuichi voleva
risponderle, ma si limitò
a sbattere le palpebre, meravigliato. Gli risultava ancora difficile
credere a
ciò che gli stava accadendo.
Lei non
badò molto alla sua reazione e
amichevolmente proseguì:
- Il mio nome
è Eri Uzumaki … e tu come
ti chiami?-
Ripresosi dallo shock
iniziale, l’altro
scosse la testa e allo stesso tempo gli esagerati capelli.
- Io … mi
chiamo Shuichi Uchiha.- disse
poi, incuriosito.
- Uchiha?-
Eri smise di
sorridere e, sorpresa di
sentire quel cognome non esattamente nuovo, lo guardò
sbigottita. Il cambio di
espressione fece preoccupare il piccolo Shuichi, che temette di fare
brutta
figura come al solito, solo perché il clan Uchiha era
conosciuto da molti come
un clan maledetto e martoriato da tragedie su tragedie.
- Ma allora il tuo
papà è amico del mio!-
esclamò poco dopo lei, ricordando di aver sentito quel
cognome proprio dal
padre. - Forse anche tu ed io potremmo essere amici.-
Ancora più
meravigliato, Shuichi
balbettò:
- Cosa? D-Dici
davvero?-
- Sì!-
confermò Eri con un sorriso
smagliante.
Che piacevole calore
nel cuore sentiva
ora il piccolo Shuichi!
Non aveva mai
ricevuto tanti sorrisi e
tanta attenzione incondizionata da qualcuno che non fosse un familiare.
Durante
le sue giornate se ne stava da solo a gironzolare per il villaggio e
per la
foresta circostante; gli alberi e le facce degli Hokage scolpite nella
pietra
parevano le sole cose che davano ascolto ai pensieri del bambino.
Almeno fino a quel
momento.
Gli occhioni verdi
gli si illuminarono e
un sorriso enorme si dipinse sul suo volto.
- Va bene.- disse,
alzandosi in piedi. -
Da adesso in poi, saremo amici!-
Aveva pronunciato
quella frase con una
felicità immensa. Eri era la sua prima vera amica e senza
che lui se ne fosse
accorto, poiché era ancora piccolo, gli aveva appena salvato
la vita.
Ormai il cielo era
violaceo e le prime
piccole stelle arrivarono ad anticipare la notte, ma le risate dei due
bambini
splendevano come il sole. I due ancora non riuscivano a credere di aver
fatto
amicizia così facilmente.
Forse era proprio
destino.
*
Rieccomi
qua per
l'immagine del capitolo, sempre una fanart! Appena l'ho vista ho subito
identificato nel
neonato il piccolo Shuichi, non trovate anche voi? *-*
Benissimo.
Spero di avervi messo ancora curiosità tanto da spingervi ad
attendere e poi leggere il prossimo capitolo... Aspetto le vostre
recensioni!
Arigatou minna <3
Eliot
;D
|
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Capitolo 3 *** Un confronto con il passato ***
Buonsalve a
tutti quanti! Finalmente eccomi tornata per il terzo capitolo. Allora,
vi stuzzica la storia? Vedrete che presto ci sarà un po' di
azione in più... u.u
La soundtrack che vi consiglio questa volta è Evening, che
si adatta a tutto il capitolo. E' azzeccata persino nel nome!
E adesso vi lascio alla lettura... a dopo con l'immagine del capitolo!
:*
*
Capitolo 3:
Un
confronto con il passato
Davanti alla casa
degli Uchiha, c’era un
giardino con tanto di un piccolo stagno dove nuotava qualche
ranocchietta. La
prima cosa che venne in mente a Shuichi fu di mostrarlo alla sua nuova
amica.
I due erano
già intorno alla pozza
d’acqua, aspettando di vedere qualche anfibio o qualche
pesciolino, quando
Hinata e Naruto raggiunsero il vialetto d’ingresso.
- Ma quello non
è il figlio di Sasuke?-
fece lei, incuriosita.
L’altro non
disse nulla e sorrise tra
sé. Sapeva che Eri avrebbe conosciuto anche i figli di
Sasuke, ma non aveva
previsto che diventassero amici così in fretta e la cosa lo
stupì
piacevolmente.
- Naruto! Come mai da
queste parti?-
La voce squillante di
Sakura interruppe
i due genitori che erano rimasti ad osservare i bambini.
- Buonasera, Sakura!-
salutò lui con
allegria, mentre Hinata disse timidamente:
- Chiediamo scusa se
Eri è entrata nel
vostro giardino senza permesso … -
Quando Sakura si
accorse dei due
ragazzini, dapprima si sorprese, ma notando quanto fossero affiatati e
felici,
sorrise ed esclamò:
- State tranquilli!
Non c’è problema se
Shuichi ed Eri si fermano a giocare qui per un po’, tanto la
cena non è ancora
pronta.-
L’Hokage si
avvicinò all’ex compagna di
team ed iniziò a chiacchierare.
- Allora, Sakura,
come stai?-
- Tutto normale. E
tu, testa quadra?- lo
apostrofò lei, sorniona.
Naruto
alzò un pugno per aria e sbraitò:
- Ancora?! Ma
perché tutti dovete per
forza continuare con questa storia della testa quadra? Io non capisco, dattebayo!-
- In ogni caso non
puoi farci nulla,
perché rimani una testa quadra!- rise la kunoichi dai
capelli rosa. - E tu,
Hinata, tutto bene spero!-
- Non posso
lamentarmi, ti ringrazio.-
rispose lei con la solita calma.
In quel momento fece
la sua apparizione
anche il padrone di casa, che esordì:
-
C’è un po’ di trambusto, qua fuori
… -
In
altri tempi Naruto avrebbe alzato un
braccio e salutato Sasuke calorosamente; prima ancora lo avrebbe
fulminato con
lo sguardo esprimendo tutto il suo fastidio. Ora, invece, i due si
salutavano
sempre con un lieve sorriso silenzioso e talvolta anche un sopracciglio
alzato.
Il loro rapporto
aveva sempre subìto
tantissimi cambiamenti, ma fortunatamente aveva raggiunto un livello
stabile.
Quando Sakura si
accorse che i due
bambini si stavano bagnando un po’ troppo, si
avvicinò a loro con l’intenzione
di farli smettere, seguita da Hinata. Con le mogli impegnate nel loro
mestiere
di mamme, Sasuke e Naruto poterono iniziare uno dei loro soliti
discorsi
“profondi”.
- Tua figlia
è cresciuta molto.- disse
l’Uchiha, osservando da lontano proprio Eri e il suo nuovo
amichetto.
Orgoglioso,
l’altro poggiò le mani sui
fianchi e ridacchiò.
- Già, me
lo dicono tutti!- esclamò, poi
decise di ricambiare quello che era sembrato un complimento: - Anche
Shuichi sta
diventando grande … Sono certo che avrà molto
talento come ninja.-
- Sì
… -
Lo sguardo pensieroso
di Sasuke non
voleva proprio spostarsi dal figlio, che pareva più felice e
divertito che mai.
Non aveva dato molto peso alle parole dell’amico, piuttosto
si chiedeva che
cosa avesse fatto Eri di così importante da restituirgli il
buonumore.
Naruto si accorse del
suo fare distratto
e gli domandò:
- Come mai quella
faccia, Sas’ke?-
- Non lo so
… Forse pretendo troppo da
lui.-
Quella frase gli
uscì dalla bocca con
un’incredibile naturalezza. Lo stava proprio constatando: se
davvero Shuichi
era il bambino dolce, gentile e sensibile che in quel momento stava
vedendo in
compagnia della sua nuova amica Eri, forse non era destinato a
diventare un
ninja forte come voleva lui. La sua bontà d’animo
sarebbe stata troppo grande
per permettergli di sviluppare delle abilità degne di un
ninja esperto. Il suo
cuore tenero l’avrebbe fatto restare debole.
- Ma no, non dire
così … - fece Naruto, stupito.
- Tsk! Per te
è facile parlare.- sbuffò
Sasuke, tornando a guardarlo. - Con tua figlia Eri non avrai problemi,
perché
diventerà una kunoichi potentissima.-
- Come?-
- Andiamo, Naruto
… E’ figlia tua. Come
puoi aspettarti che Eri diventi un ninja come tutti gli altri?-
In realtà
il biondino non aveva mai
pensato che la cosa fosse così ovvia, mentre
l’altro si era ormai già
rassegnato all’evidenza.
- Shuichi, invece
… -
L’Hokage
notò l’espressione spenta di
Sasuke nel parlare del piccolo Shuichi. C’erano ancora tante
cose che al mondo
non riusciva a comprendere, ma una simile mancanza di sentimento di un
padre
nei confronti di un figlio, proprio gli era misteriosa.
- Sasuke, ma che
discorsi fai?- lo
ammonì. - Non puoi pensare che tuo figlio non diventi forte
almeno quanto te!
Abbi fiducia in lui e vedrai.-
Quelle parole erano
pronunciate con una
tale convinzione e un tale entusiasmo che Sasuke dovette guardare
Naruto
direttamente negli occhi per capirne il vero significato.
Evidentemente, se
Sasuke ormai
riconosceva la superiorità di Naruto, quest’ultimo
ribadiva invece la loro
uguaglianza. La stessa cosa valeva per Eri e Shuichi, dopotutto ogni
storia si
ripete.
- Se lo dici tu
… - sentenziò il
moretto, abbassando gli occhi con la compostezza di sempre.
Avevano appena finito
di parlare, quando
Sakura alzò un pugno in aria e sbraitò che la
cena era quasi pronta e che
Shuichi non poteva quindi continuare a chiedere di giocare ancora.
Spaventato,
il piccolo seguì la mamma a testa bassa verso la porta di
casa, ma Eri gli
disse che le sarebbe piaciuto giocare ancora insieme, facendogli
tornare ancora
una volta il sorriso.
- Ci vediamo al
lavoro.- fece Sasuke,
alzando una mano e salutando gli Uzumaki che si stavano già
incamminando verso
casa.
Naruto
annuì e ricambiò; nel frattempo i
due bambini si salutavano calorosamente, sbracciandosi e sorridendosi a
vicenda.
- Forza, piccolo,
adesso torna dentro e
prepara la tavola.- fece Sakura con severità. - Sveglia
anche la tua
sorellina!-
Shuichi
obbedì senza opporsi, anzi,
sorrideva che era una gioia per gli occhi. La madre pensò
che quel bambino
avesse un sorriso proprio bello e luminoso; peccato che non lo facesse
vedere
spesso al mondo.
Stava per seguire il
figlio dentro casa,
ma si soffermò sulla soglia. Sasuke era rimasto fermo a
guardare le prime
stelle notturne. Quando la kunoichi fu sul punto di invitarlo a
entrare, lui
esordì:
- Sai, Sakura
… Molte volte mi scontro
ancora con il passato.-
Lei non si aspettava
un’uscita così
improvvisa da Sasuke, quindi restò ad ascoltarlo.
- La cosa strana
è che lo rivedo in chi
invece rappresenta il mio futuro.- continuò il ninja,
accennando poi un sorriso
nostalgico.
Pareva che si fosse
reso conto di
qualcosa di importante. Sakura gli si avvicinò e sorrise a
sua volta:
- Capisco.-
- Per esempio, se
guardo Terumi, i miei
pensieri vanno inevitabilmente a mio fratello.- fece Sasuke,
riabbassando la
testa e risvegliando la memoria. - Me lo ricorda in modo
impressionante. Ha
perfino le sue stesse debolezze e la sua stessa malattia.-
- Uh? Hai detto
… la sua stessa
malattia?- ripeté lei, cercando di comprendere dove volesse
arrivare.
A quel punto Sasuke
si voltò verso
Sakura e con aria pensierosa, proseguì:
- Ne sono sempre
più convinto. Secondo
me, Terumi ha la stessa misteriosa malattia che portò
lentamente Itachi alla
morte. Non chiedermi perché penso questo …
è una sensazione.-
Effettivamente i
sintomi erano gli
stessi che Sasuke aveva notato durante lo scontro da cui era uscito
vincitore.
Quando era ancora all’interno dell’Organizzazione
Alba, serpeggiavano alcune
voci secondo cui Itachi era già messo male di suo e quindi
non avrebbe mai
potuto vincere contro il fratello minore. Forse era veramente malato.
- Mmh, se
è così … può rivelarsi
un’informazione utile per trovarle una cura!-
Sakura si
stupì a sentire quell’ipotesi.
Era sempre andata avanti con la convinzione che Terumi fosse debole di
costituzione, ma se invece fosse nata con una malattia vera e propria?
E se
fosse la stessa di cui lentamente morì Itachi? E se a questa
malattia … fosse
possibile trovare una cura definitiva per guarire Terumi?
Un barlume di
speranza si accese nel
cuore dei due genitori, che si scambiarono uno sguardo
d’intesa.
- Shuichi, invece,
è più simile a te!-
disse poi lei, affiancandosi a Sasuke.
Quest’ultimo
spostò lo sguardo di lato e
dopo qualche attimo sorrise tristemente.
- No … lui
non è come me. Ha qualcosa in
più.- ammise, mettendo completamente a nudo i suoi pensieri.
- Sì, Shuichi
nasconde qualcosa di grande dentro di sé.-
A quanto sembrava,
Sasuke si era
perfettamente accorto di avere un figlio fuori dal comune. Era diverso
non solo
da tutti gli altri Uchiha del passato, ma anche dagli altri bambini in
generale. Non aveva ancora capito con precisione quale fosse la sua
particolarità,
ma di sicuro Shuichi ne aveva una. Era questa la verità.
Probabilmente era la
fretta di far
emergere il suo talento a fare di Sasuke un padre ambizioso e severo.
- Credo di aver
capito di cosa parli.-
commentò Sakura, totalmente d’accordo.
Sasuke
tirò un lungo respiro, tornando a
fissare il firmamento, infine sospirò:
- Alla fine, solo io
sono rimasto lo
stesso, in fondo … -
- Vuoi dire il solito
cocciuto
vendicatore solitario ed antipatico?-
Sakura ricevette
un’occhiataccia, ma non
si scompose e si mise rapidamente di fronte a lui, sorridendo sorniona.
Sorpreso, lui la guardò e fece per risponderle per le rime,
ma lei gli cinse il
collo con le braccia.
- A me piaci
così come sei, Sas’ke-kun.-
Un lieve rossore si
tinse sul viso del
marito, il quale si pose una domanda non nuova: possibile che Sakura,
tra tutti
i bravi ragazzi del villaggio, avesse continuato sempre a scegliere uno
come
lui?
L’amore
sarebbe rimasto sempre un
mistero per Sasuke, che però non voleva certo venirne a
capo. Si limitò a ricambiare
l’abbraccio della sua amata e a baciarla teneramente, per far
dissolvere
nell’aria i suoi innumerevoli e ormai insopportabili pensieri.
A casa Uzumaki, una
graziosa casetta
proprio ai piedi della montagna di pietra con i volti degli Hokage,
aleggiava
nell’aria un profumino niente male.
- Mmh, stavolta hai
superato te stessa,
Hinata. Il tuo ramen è fantastico!- esclamò
Naruto, ingoiando l’ennesimo
boccone del suo cibo preferito.
- Come sono contenta!
Temevo che non mi
sarebbe venuto bene … - fece lei, armeggiando con pentole e
coperchi prima di
tornare a sedersi a tavola. - Però vedo che l’hai
praticamente finito, avresti
potuto tenerne un po’ per il lavoro.-
- Che cosa? Ma se ne
ho mangiate solo
due porzioni?!-
Al padrone di casa
non parve possibile
che l’enorme pentola di ramen fosse già vuota.
Anche Hinata sbatté le palpebre,
ugualmente sbigottita. Uno strano rumore di risucchio li distolse dai
loro
ragionamenti e li fece voltare verso la figlioletta, seduta
dall’altro lato del
tavolo.
Eri stava bevendo
l’ultimo brodo rimasto
nel piatto, che non permise ai genitori di vedere il suo visino.
- Oh … ma
allora … - mormorò Naruto,
attonito.
Quando la piccola
finì la sua porzione
di ramen, abbassò il piatto e lanciò a mamma e
papà un sorriso silenzioso, ma
beffardo. Fu palese che Eri si era scolata tutto il ramen che i
genitori non
avevano mangiato, ma … come aveva fatto a fare il bis senza
essere vista?
Hinata e Naruto si
girarono verso i
fornelli e notarono uno sgabello messo di lato. Con quello Eri era
arrivata
alla pentola, potendosi riempire il piatto di gustose mestolate di
ramen fino a
finirlo; il tutto con la solita discrezione, mentre i genitori erano
occupati a
chiacchierare.
Non appena i due si
resero conto di
tutto questo, iniziarono a ridere di gusto e la figlia si
grattò la nuca
ridacchiando a sua volta. Per farsi perdonare, decise di alzarsi ed
aiutare la
mamma a riordinare la cucina.
Prendendo i piatti
che Eri le porgeva,
Hinata ricominciò a parlare:
- Oggi Sakura e
Sasuke parevano in
ottima forma, non è vero?-
- Già. A
proposito, Eri … - fece Naruto,
stiracchiandosi. - Perché hai voluto a tutti i costi
fermarti a parlare con
Shuichi?-
La bambina smise di
fare avanti e
indietro tra il lavandino e il tavolo e si bloccò a fissare
il padre. Non ebbe
il tempo di rispondere subito, perché la mamma la interruppe:
- Naruto-kun,
che domande fai? Ha visto che era tutto solo ed avrà voluto
tirargli su il
morale.-
La scena di quel
tardo pomeriggio le
aveva fatto tornare alla mente tutte le volte che aveva cercato di far
tornare
il buonumore al suo amato Naruto. In tante occasioni ci era riuscita e
il modo
in cui Eri aveva salvato Shuichi dalla tristezza era paragonabile ai
momenti in
cui Naruto aveva salvato Hinata e poi viceversa. Era stata molto
orgogliosa di
sua figlia e del suo gesto nei confronti del piccolo Uchiha.
- In
realtà … non so se era per quello.-
sussurrò Eri, pensierosa.
I genitori la
guardarono sorpresi e
tacquero, in attesa che la bimba proseguisse:
- Uhm, non so come
spiegarlo … Aveva una
faccia strana.-
Eri non era sicura
che Shuichi avesse
semplicemente bisogno di tirarsi su il morale. L’espressione
che avevano i suoi
occhi era incredibilmente profonda, qualcosa che forse andava persino
oltre la
disperazione, qualcosa che gli adulti non avrebbero capito.
Solo lei avrebbe
potuto salvarlo.
- Però
aveva bisogno di me!- esclamò poi
lei, stavolta più decisa. - Sì …
Questo sì.-
Hinata e Naruto si
stupirono di quanta
sensibilità potesse avere la loro amata figlia. Non
l’avevano mai sentita parlare
in quel modo e compresero che il gesto di Eri aveva avuto molta
più importanza
di quanto immaginassero. Quali sofferenze e quali conflitti interiori
stesse
mai affrontando il piccolo Shuichi, proprio non se lo spiegavano.
Notando una sicurezza
mai vista prima
negli occhi celesti della piccola e timida Eri, i due giovani genitori
si
accorsero che solo lei avrebbe potuto venire a capo di quel dilemma,
perciò non
le posero altre domande e decisero di farle vivere la sua amicizia con
Shuichi
in pace e serenità.
La notte era
già scesa su Konoha, poche
luci erano ancora accese nel villaggio. Una di esse era quella della
camera
dell’Hokage.
Hinata si
lasciò sfuggire un gran
sbadiglio e quando fu pronta per andare a dormire raggiunse la stanza,
ma la
scena che le si presentò davanti era assolutamente adorabile.
Naruto era
stravaccato sul lettone con
le gambe aperte, a pancia in su. Si era già addormentato ed
aveva
un’espressione beata stampata sulla faccia. Sul suo petto,
altrettanto
beatamente assopita, era stesa Eri a pancia in giù, pronta
per dormire con il
suo lungo abitino blu notte. Il suo corpicino si muoveva con dolcezza
su e giù,
cullato dai movimenti ritmici del respiro paterno.
Hinata non se la
sentì di interrompere
quell’attimo di tenerezza. Sorrise e si sedette a gambe
incrociate accanto a
Naruto, senza muovere troppo il letto. Tutta la bellezza e
l’amore
dell’universo erano davanti ai suoi occhi e il cuore prese a
batterle
fortissimo.
Intenerita,
allungò una mano verso i
capelli biondissimi del marito, smuovendoli con delicatezza. La carezza
amorevole di Hinata svegliò Naruto, che socchiuse gli occhi
e vide il suo
sorriso angelico. Arrossì e sorrise a sua volta, poi
passò lievemente le dita
tra i boccoli di Eri, evitando di svegliarla.
Il silenzio regnava
in quegli istanti,
ma non assordò più di tanto, perché in
compenso si avvertiva chiaramente il dolce
suono dell’amore.
Ad entrambi
brillavano gli occhi. Hinata
si abbassò fino a raggiungere il viso del suo Naruto, che la
baciò con
passione. Intrecciarono le loro dita tra i capelli di Eri con una mano,
mentre
con l’altra si accarezzarono il viso a vicenda. Quel bacio
lento e traboccante
d’amore parve durare in eterno, facendo scivolare via la
stanchezza e i
dispiaceri, lasciando spazio al sentimento più grande e
bello che esista.
*
Ecco
che cosa è successo poco dopo... xD
Dico per ipotesi, LOL
Non trovate che sia adorabile questa immagine? *-*
Benissimo, adesso direi che sia ora di andare. Ci ribecchiamo al
prossimo capitolo, gente! E recensite, mi raccomando ;)
by Eliot ;D
|
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Capitolo 4 *** Lavoro ***
E rieccomi ad
aggiornare, finalmente! Ultimamente sono presa da esami e altre fan
fiction, dovete perdonarmi T.T
Vediamo, la soundtrack che vi consiglio questa volta è
Naruto's Daily Life! E' carina e divertente, si adatta benissimo al
capitolo... e anche il titolo di quest'ultimo è azzeccato!
E' un capitolo di passaggio, ma non temete: presto rivedrete i nuovi
personaggi e anche un po' di azione in più! ;)
#
Capitolo
4: Lavoro
I primi flebili raggi
del sole
illuminarono Konoha e batterono anche sulle finestre di casa Uzumaki.
Naruto
aprì lentamente gli occhi e sbadigliò,
rigirandosi nel letto. Di fronte a sé
aveva il dolce viso addormentato di Hinata, che attendeva soltanto una
sua
carezza. Sorridendo teneramente, l’Hokage passò
con delicatezza una mano sul
suo zigomo, senza svegliarla.
Si voltò a
guardare l’orologio: era
ancora presto. Ormai senza più un briciolo di sonno, Naruto
mise le mani dietro
la testa e ripensò alla sera prima, fissando il soffitto.
Quasi non aveva
creduto al maestro Kakashi, quando aveva affermato che una piccola
parte della
Volpe a Nove Code era nel corpo della piccola Eri. Eppure era
così e lui,
insieme a Hinata, non poteva far altro che trarne le conseguenze.
- Così te
ne sei accorto, baka.-
Un vocione profondo
lo distolse
improvvisamente dai suoi pensieri e Naruto sussultò,
ritrovandosi mentalmente
nel suo buio subconscio.
- Kurama!-
esclamò, fissando il suo
cercoterio dal basso. - Tu sapevi che Eri possiede una parte di te?!-
Il volpone rispose,
beffardo e
malizioso:
- E’ ovvio!
Piuttosto, mi sorprende che
tu l’abbia scoperto solo adesso … Si vede che eri
proprio concentrato, quella
notte!-
Naruto
arrossì violentemente fino alla
punta dei capelli e gridò:
- Di che cosa stai
parlando??-
- Uffa, ma non ci
arrivi? Ho voluto
divertirmi anch’io!- fece Kurama, scuotendo la testa.
La sua forza portante
restò a bocca
aperta, sconvolto per quanto il suo amico ne stesse discutendo con pura
nonchalance.
- Non guardarmi in
quel modo.- sbottò il
demone, smuovendo leggermente le sue robuste code. - Si trattava
comunque del
figlio o della figlia del potente Naruto Uzumaki e … volevo
assicurarmi che da
grande fosse in grado di superare il padre.-
Naruto
ammutolì. Era ovvio, in fondo,
che Kurama avesse un obiettivo ben preciso per aver fatto una cosa di
sua
spontanea volontà. Incrociò le braccia al petto e
con aria di sfida gli
domandò:
- Quindi hai
volontariamente trasmesso
il tuo DNA a mia figlia?-
La Volpe a Nove Code
annuì e mostrò le
sue enormi zanne:
- Già, ma
si tratta di una minuscola
parte del mio chakra … neanche lontanamente paragonabile
alla forza di una sola
delle mie code, per intenderci.-
Sollevato, il ninja
sospirò di sollievo.
Kurama aveva voluto divertirsi, certo, ma chissà a quali
spese! Fortunatamente,
i rischi non parvero essere molti.
- Anche se
… non mi aspettavo che il suo
effetto si facesse sentire così presto.- aggiunse tuttavia
il cercoterio,
chiudendo bocca e occhi.
Naruto, allarmato,
imitò con gli occhi
la serietà che aveva improvvisamente cambiato lo sguardo del
demone. No, era
necessario restare sempre in guardia: potrà essere stata
solo una minuscola
goccia di chakra, ma anche una goccia di chakra avrebbe potuto
squilibrare la
situazione.
Infatti Kurama
ammonì Naruto con un
consiglio:
- Credo che ne
vedremo delle belle …
Tienila d’occhio. Dopotutto ha pur sempre il mio chakra!!-
La gigantesca volpe
rise spalancando le
fauci e tenendosi la pancia con le zampe, ma l’altro non
reagì allo stesso
modo. Lo guardò storto e fece:
- Non montarti la
testa come al solito,
Kurama … -
Quando uno dei due
era teso, l’altro era
tranquillo e non perdeva neanche l’occasione per farsi una
risata. Quel
rapporto tra cercoterio e forza portante era ormai perfetto.
Nello studio
dell’Hokage faceva molto
caldo. Tenere quell’enorme cappello in testa? Nemmeno per
sogno, per Naruto!
Fortunatamente, iniziò a tirare un vento fresco e leggero
dalle finestre
aperte.
- Oh, finalmente!
Oggi l’afa è
insopportabile … - commentò lui, rilassandosi
sulla grande sedia.
Con un sospiro,
osservò i mille fogli
sparsi sulla scrivania e le pile di altri documenti accumulati in giro
per
l’ufficio. Il lavoro era abbondante, ma ciò non lo
scoraggiò. Dopo essersi
stiracchiato, tornò composto sulla sedia e disse tra
sé:
- Non posso fermarmi;
il villaggio deve
essere sempre sicuro e funzionare alla perfezione!-
Il periodo dei
conflitti era lontano e
le cinque grandi nazioni erano in pace tra di loro. Naruto avrebbe
voluto che
questa situazione andasse avanti il più possibile,
perciò si impegnava al
massimo nel suo lavoro da Hokage. E anche se stare per la maggior parte
del
tempo chiuso in ufficio non era esattamente l’ideale per lui,
figuriamoci se
Naruto Uzumaki, l’eroe non solo di Konoha, ma anche di tutto
il mondo ninja, si
abbatteva davanti ad un semplice cumulo di documenti …!
Invece sì,
poteva abbattersi eccome.
- Non ce la
farò mai a finire tutto il
lavoro da solo!!- finì per borbottare come al solito,
mettendosi le mani nei
capelli.
Per fortuna, Naruto
era in buona
compagnia. Se non avesse avuto i suoi amici e l’intero
villaggio ad aiutarlo,
non se la sarebbe mai davvero sentita di accettare la carica di Hokage.
Mentre era con il
naso in mezzo ad
alcune pratiche, decidendo quale sistemare per prima, il biondino
sentì bussare
energicamente alla porta.
- Avanti!-
esclamò come sempre a voce
squillante.
Ad aprire la porta ed
entrare fu il più
importante medico dell’ospedale di Konoha, in camice bianco,
con una cartellina
in mano. Con un sorriso, salutò:
- Buongiorno, Naruto!
Come procede
stamattina?-
- Sakura, sono felice
di vederti!- fece
lui allegramente. - Per il momento non ho niente di serio tra le mani,
tu
invece come te la stai cavando?-
La kunoichi dai
capelli rosa si avvicinò
alla scrivania dell’amico e vi poggiò la
cartellina, rispondendo:
- Non male, ma
c’è comunque molto da
fare … -
Naruto prese in mano
il foglio che c’era
dentro la cartellina e lo osservò con un sopracciglio alzato.
- Che
cos’è questo?-
- E’ un
elenco delle erbe mediche più
usate in ospedale. Le scorte non mancano, ma io e gli altri dottori
abbiamo
deciso di aumentarle.- disse Sakura, legandosi i capelli.
L’Hokage
tornò a guardare l’amica:
- Capisco. Potrei
mandare una squadra a
raccoglierle, ma non so se riesco a trovare ancora qualcuno
disponibile.
Ultimamente ho assegnato un bel po’ di missioni …
E’ proprio necessario?-
Dentro di
sé, Sakura non si era ancora
abituata a sentire parlare Naruto di questioni così
importanti con l’ingenuità
che l’aveva caratterizzato da sempre. Eppure, da quando era
diventato Hokage,
non aveva mai commesso errori, perciò tutti nel villaggio
ormai sapevano di
potersi fidare ciecamente di lui.
- Temo di
sì.- continuò lei. - Non
sappiamo cosa possa succedere. Potrebbero servire cure mediche di massa
da un
momento all’altro.-
- Uffa, persino in
tempo di pace ci sono
così tanti problemi da risolvere e precauzioni da prendere!-
sospirò Naruto con
aria rassegnata.
Sakura stava
già tornando verso la porta
per uscire, mentre diceva con serietà:
- Lo so, Naruto, ma
anche se sono
passati tredici anni, la quarta grande guerra ha provocato danni
ovunque e non
solo materiali. Qualcuno ne sta ancora portando le conseguenze; non
possiamo
abbassare la guardia.-
- Caspita, tredici
anni … -
Il biondino distolse
l’attenzione da
Sakura per un attimo, pensando a quanto tempo era passato. Non gli
parve
possibile che fossero passati tutti quegli anni da quella notte, da
quella
guerra. Tredici anni erano tanti; era l’età a cui
era diventato genin ed aveva
cominciato la sua avventura da vero ninja, facendo nascere il proprio
credo e
iniziando il cammino alla fine del quale sarebbe divenuto un valoroso
shinobi.
- Hai ragione!-
sentenziò infine con un
sorriso. - Beh, vedrò di affidare questa lista di erbe
mediche a chi potrà
andare a cercarle. Grazie per essere passata, Sakura-chan!-
La kunoichi
agitò una mano, andandosene:
- Di nulla. Ora
è meglio che torni in
ospedale … Ci vediamo!-
Quando la porta fu
chiusa, Naruto
sospirò, ma subito dopo qualcun altro bussò.
- Ma chi
sarà ancora?!- si ritrovò a
borbottare lui.
Questa volta fu Kiba
a spalancare la
porta di colpo, accompagnato da Akamaru che non gli si separava mai.
- Buongiorno, Hokage-sama! Come andiamo?-
Alle sue spalle,
anche Shino fece la sua
timida apparizione.
- Ragazzi, che cosa
ci fate qui?- chiese
Naruto. - Ho ancora parecchie cose da fare stamattina … -
Il cagnone
abbaiò, per poi zampettare
verso di lui per farsi accarezzare. Mentre lo faceva, il biondo
sentì Kiba che
rispondeva:
- Dai, non vorrai
davvero startene tutto
il giorno con la testa china sulla scrivania?! Prenditi una pausa,
almeno
finché ci siamo noi qui!-
- Non è da
me ammetterlo, ma … Kiba ha
ragione.- aggiunse Shino sommessamente.
Con un sospiro,
Naruto acconsentì e si
alzò dalla sedia per sgranchirsi le gambe; nel frattempo il
domatore di insetti
appoggiò sul tavolo una busta trasparente piena di fogli.
- Ti abbiamo
riportato alcuni documenti
che Kiba aveva preso in prestito … -
- Ah già,
me lo ricordo!- fece l’Hokage,
continuando a coccolare Akamaru.
Kiba si
avvicinò e prese anche lui ad
accarezzare il suo cane, mentre quest’ultimo se la godeva.
- Allora, amico, che
cosa ci racconti?
C’è qualche novità scottante?-
domandò il ninja dall’olfatto sopraffino.
Naruto
lasciò Akamaru alle cure del suo
padrone e rialzandosi rispose:
- Nulla di speciale.
Voi due, invece? Ho
sentito che Akamaru sta per avere i cuccioli, è
così?-
- Esatto!
Perciò in questi giorni è
molto euforico … - spiegò Kiba, orgoglioso.
Shino
commentò, acido come sempre nei
confronti del suo compagno di squadra:
- Infatti sei
diventato anche tu
doppiamente irritante.-
- Falla finita,
Shino! Piuttosto, anche
tu dovresti essere emozionato: non stai frequentando una ragazza,
ultimamente?-
Alle parole di Kiba,
l’altro si irrigidì
e fece semplicemente:
- Non sono affari
tuoi.-
- Che cosa??-
esclamò Naruto, stupito. -
Shino sta uscendo con una ragazza? Questa sì che
è una notizia!-
Mentre quello rideva,
Shino ripeté anche
a lui:
- Non sono cose che
vi riguardano, vi ho
detto.-
In
quell’istante, prima che Naruto e
Kiba potessero continuare a dare fastidio al povero Shino, si
sentì nuovamente
bussare alla porta.
- Avanti!-
esclamò il giovane Hokage.
Choji
entrò e con educazione si fece
avanti:
- Buongiorno ragazzi
… e buongiorno
anche a te, Naruto. Scusa il disturbo, ma arrivo
dall’Accademia e il maestro
Iruka mi ha chiesto di venire a prendere la documentazione degli ultimi
genin
diplomati.-
- Ah, buongiorno
Choji, sono contento di
vedere anche te oggi!- disse Naruto.
Il ninja panciuto
sorrise e fece due
chiacchiere con Shino e Kiba, mentre il biondino cercava disperatamente
le
chiavi dell’archivio, una stanza poco lontana dal suo ufficio.
- Ma dove le
avrò messe?!-
Improvvisamente
Akamaru gli annusò il
mantello ed abbaiò. Naruto si voltò e vide che
Akamaru stringeva il mazzo di
chiavi tra i denti, scodinzolando con aria divertita.
- Grazie, amico!-
esclamò, regalandogli
una carezza e prendendo le chiavi.
- Noi andiamo,
Naruto, abbiamo altri
posti dove andare.- sentenziò poco dopo Kiba. - A presto!
Andiamo, Akamaru … -
Il cane
abbaiò allegramente e andò
dietro al padrone, poi anche Shino salutò e fece per
andarsene:
- Buon lavoro e porta
i nostri saluti a
Hinata.-
-
Senz’altro. A presto, ragazzi!-
Quando i due furono
fuori dall’ufficio,
Naruto si sedette e sospirò:
- Sai Choji,
c’è sempre un sacco di
lavoro qui … -
- Immagino; sarai
sempre affamato!-
- Questo vale per
te.- ridacchiò
l’altro. - Allora Choji, come te la passi? Come sta
Shikamaru?-
L’amico
sorrise e raccontò con aria
gioviale:
- Va tutto bene, per
fortuna. Shikamaru
è in missione speciale, deve averlo mandato Sasuke.-
- Già
… Se lo vedi al suo ritorno, salutalo
da parte mia!-
Shikamaru era
ufficialmente entrato a
far parte delle forze speciali ANBU su suggerimento dello stesso
Naruto. Lui
voleva restare a Konoha per offrire i propri consigli e il proprio
sostegno
all’amico Hokage, ma quest’ultimo lo aveva invitato
a far valere le sue
capacità anche nelle missioni più impegnative,
così Shikamaru aveva accettato
di diventare un ANBU, anche se non proprio a tempo pieno.
- Ino come se la
cava, invece?-
- Lavora sempre al
negozio di fiori
della famiglia Yamanaka.- rispose il corpulento amico. - Più
tardi passerò a
salutarla anche per te!-
- Ti ringrazio,
Choji. Ecco, prendi le
chiavi dell’archivio … -
Dopo averlo
ringraziato, anche il
neoerede del clan Akimichi uscì, lasciando Naruto nuovamente
solo con il suo
lavoro. Il giovane ebbe appena il tempo di risedersi e darsi una
stiracchiata
alle mani, ma il “toc toc” alla porta lo sorprese
di nuovo.
- Chi è
ancora?!- sbottò lui, mettendosi
le mani nei capelli.
Questa volta ad
affacciarsi nell’ufficio
fu Rock Lee, seguito da Tenten. Il ninja domandò, titubante:
- Ciao Naruto, per
caso ti disturbiamo?-
- Oh no, entrate
pure!-
I due avevano da
consegnare il rapporto
di una missione compiuta da un gruppo di genin, che per via di un
infortunio si
erano fermati in ospedale.
- Ero di ritorno dal
mio pranzo con Jin
Joe, quando TenTen mi ha informata del loro arrivo.- stava raccontando
Lee. -
Sono stati bravissimi.-
Compiaciuto, Naruto
chiese notizie del
nuovo allievo di Rock Lee, che lo aveva preso in simpatia da quando il
maestro
Gai gliel’aveva presentato.
- Joe sta bene. Ci
siamo allenati
stamattina e ho notato che fa progressi!-
- Mi fa piacere, di
sicuro supererà il
maestro!- rise l’Hokage, mentre Lee annuiva.
Tenten si
avvicinò a Naruto e con un po’
di imbarazzo chiese se era possibile per lei entrare nelle forze
speciali ANBU.
Era una sua grande ambizione e parlandone con il capitano Yamato aveva
deciso
di provare.
- Uhm, nelle missioni
più rischiose
potrebbe servire una specialista come te.- osservò
l’altro. - Metterò una buona
parola per te con Sasuke!-
- Grazie mille,
Naruto!-
Dopo che anche lei e
Lee se ne andarono,
Naruto riuscì finalmente a portarsi avanti con rapporti e
pratiche vari. Stava
per fare pausa pranzo, ma gli arrivò una comunicazione
urgente: in una città
situata al confine del Paese del Fuoco, era riuscito ad evadere un
criminale di
alto rango armato fino ai denti. La sua presenza poteva essere
pericolosa e
doveva essere fermato in tempi brevi.
- Caspita, non ho
jonin liberi per
questa missione … Mi toccherà chiedere a Sasuke.-
Subito dopo aver
pronunciato il suo
nome, Naruto sobbalzò. Il suo sguardo si fissò
nel vuoto, concentrato.
Sorrise.
- Sei già
qui?-
Con i piedi puntati
sul davanzale e in
divisa da ANBU, Sasuke era accucciato per aria, alle spalle di Naruto.
Quest’ultimo si voltò a guardarlo, per nulla
turbato dal vento che aveva
iniziato a tirare da fuori.
- A quanto pare sono
arrivato al momento
giusto.- esordì l’altro. - Come va il lavoro?-
- Tutto normale.-
Lentamente, il
moretto entrò nell’ufficio
dell’Hokage. I suoi occhi non si distolsero nemmeno per un
momento dal suo
amico e rivale e d’altra parte Naruto fece lo stesso.
Il biondino gli
spiegò la situazione
senza perdere altro tempo e Sasuke non ebbe problemi ad accettare la
missione.
- Radunerò
gli ultimi ANBU rimasti.-
sentenziò.
Naruto
annuì e poi si sedette
pesantemente sulla poltrona, dicendo:
- E’
passata Sakura prima … Mi ha
ricordato che non possono più succedere altre tragedie, come
la guerra di
tredici anni fa.-
L’amico non
rispose, limitandosi a
guardare fuori con un leggero sospiro.
I ricordi erano
indelebili, intensi e
dolorosi. Legami spezzati, alcuni scomparsi e altri riuniti. Tutti
ugualmente
importanti e preziosi, al punto che ormai l’unica vera
missione di Naruto e
Sasuke era quella di mantenerli vivi, come un cuore pulsante nel petto.
Con questi pensieri,
i due si
guardarono. I loro sguardi che si incontravano li avevano sempre tenuti
uniti,
nonostante tutto. Era come se fossero davvero fratelli, quasi gemelli,
simili in
tante cose e diversi per tante altre ancora … ed era
qualcosa che solo loro
potevano veramente comprendere.
Con un appena
accennato sorriso, Sasuke
alzò una mano per salutare Naruto e con un movimento quasi
impercettibile
scomparve. L’altro sorrise allo stesso modo, pensando di
essere felice ogni
giorno di più ad avere come braccio destro il suo migliore
amico e compagno.
Nel mezzo di quello
strano silenzio, il
suo stomaco si fece sentire.
- Accidenti, che fame
…!- borbottò
Naruto divertito, saltando via dalla finestra guidato dal profumo del
ramen di
Teuchi.
*
Spero
che il capitolo vi sia piaciuto, anche se è solo un capitolo
di passaggio! Presto la storia si farà più
interessante, potete contarci!
Ecco la fanart di stavolta... I due colleghi all'opera *-*
E non
mi resta che darvi appuntamento al prossimo capitolo! Ne approfitto per
ringraziarvi tantissimo per le vostre recensioni, per aver messo la
storia nelle preferite o nelle seguite o nelle ricordate! Grazie di
cuore! <3
Un bacio :*
by Eliot ;D
|
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Capitolo 5 *** Istinto di protezione ***
Rieccomi
finalmente tornata ad aggiornare! Chiedo venia per l'increscioso
ritardo, ma l'università mi impegna assai con corsi vari ed
esami sempre più corposi... Dopo gennaio, sarò
sicuramente molto più libera! :3
Torno con un capitolo che sicuramente vi interesserà
più del precedente. La soundtrack che vi propongo
è "Raikiri", conosciuta anche come "Thunder Break". Capirete
presto il perché ve la consiglio e anche a quale momento del
capitolo si adatterà meglio. Ma non voglio spoilerarvi
niente u.u
Buona lettura!
-
Capitolo
5: Istinto
di protezione
Un pugno,
un altro
pugno e un altro
ancora, poi un calcio in avanti e uno di traverso, infine di nuovo un
pugno con
l’una e con l’altra mano. Shuichi era
concentratissimo.
In una piccola radura
stabilita da lui
stesso come campetto d’addestramento, il ragazzino era
impegnato a migliorare i
riflessi e la resistenza nelle arti marziali. Immaginava di combattere
contro
il padre, che alla minima distrazione del figlio avrebbe smesso di
parare i
suoi colpi e ne avrebbe approfittato per atterrarlo. Non poteva
sopportarne il
solo pensiero, perciò il piccolo Uchiha doveva diventare
sempre più agile e
veloce. Aveva appena cominciato a frequentare l’Accademia
Ninja e voleva essere
il primo della classe, proprio come lo era stato Sasuke, anzi: aveva
l’immenso
desiderio di superarlo.
Stanco e sudato,
Shuichi si fermò dopo
minuti che erano parsi eterni. Per un momento poté udire
soltanto il proprio
respiro affaticato e il cinguettio di qualche uccellino lontano, poi un
piccolo
applauso.
- Bravo, fratellone!-
esclamò Terumi,
seduta nell’erba qualche metro più indietro.
L’altro
distolse lo sguardo dal tronco
che aveva quasi squarciato a suon di botte, voltandosi verso la
sorellina.
Senza sorprendersi più di tanto per il suo entusiasmo,
commentò:
- In
realtà non andava molto bene … -
Sulle prime, la
bambina restò delusa per
la reazione di Shuichi, ma non ci fece caso e giunse le mani,
chiedendogli:
- Shuichi-nii-san,
perché non mi fai vedere la Moltiplicazione del Corpo?-
Era una delle prime
tecniche che lui
aveva imparato quando il maestro Iruka aveva iniziato a parlare delle
arti
magiche. Con una sovrumana forza di volontà, Shuichi era
riuscito a padroneggiarla
prima di tutti gli altri, anche se gli ci erano volute alcune settimane.
- Non posso, devo
migliorare le mie arti
marziali.- rispose, un po’ dispiaciuto. - Gli Uchiha sono dei
maestri anche in
questo e io non posso essere da meno!-
Terumi, indispettita
dal fatto che il
fratello tirasse ancora fuori quella storia dell’orgoglio
Uchiha, sporse in
avanti il labbro inferiore ed esclamò:
- Ti prego!-
Di fronte a quegli
occhioni che
tremavano come budini, il ragazzino sospirò e sorrise. Per
accontentare la
sorella, posizionò le mani formando il sigillo giusto e fece:
- E va bene
… Kage Bunshin No Jutsu!-
Immediatamente una
nube si sparse tutto
intorno e quando essa si dissolse, Terumi vide che Shuichi aveva
generato una
perfetta copia di se stesso. Alzandosi in piedi, la piccola
lanciò un grido di
felicità ed applaudì nuovamente.
Felice di averla
fatta ridere, la copia
del bambino disse:
- Forte, vero? Ti
avrei fatto vedere un
intero esercito di copie, ma non posso sprecare troppo chakra durante
gli allenamenti
… -
Con queste parole,
Shuichi sperava di
far crescere l’ammirazione della sorella verso di lui, anche
se non era vera
una cosa simile, siccome al momento era capace di evocare tre o quattro
copie
al massimo. La sua espressione compiaciuta cambiò quando lei
esordì:
- Voglio farlo
anch’io!-
- Ma Terumi, sei
ancora troppo piccola!-
fece l’altro con severità. - Quando andrai
all’Accademia, potrai impararla … e
poi è una tecnica difficile, io stesso ci ho messo parecchio
per-
Mentre Shuichi
parlava, la bambina cercò
di imitare la posizione che avevano assunto le mani del fratello prima
dell’avvenuta riuscita della tecnica. Quando ci
riuscì, sorrise tra sé ed
interruppe il discorso, esclamando:
- Kage
Bunshin No Jutsu!-
In uno sbuffo che
colse il ragazzino di
sorpresa, Terumi si triplicò, come se fosse stata la cosa
più naturale del
mondo.
La copia di Shuichi
scomparve dallo
stupore, mentre l’originale spalancò gli occhi e
urlò:
- CHE COSA? Sai
già moltiplicarti!?-
Tutte e tre le
bambine scoppiarono a ridere
all’unisono, finché una di loro rispose:
- Papà mi
ha fatto vedere come si fa.-
- Sei …
sei incredibile, Terumi!-
commentò lui, ammirato.
Mentre le due copie e
l’originale si
scambiavano sguardi di approvazione, Shuichi non poté
trattenersi dall’essere
leggermente invidioso. Sasuke aveva preferito insegnare la tecnica alla
sorellina e non al figlio maggiore, che già frequentava
l’Accademia. Di nuovo
si ritrovò a pensare che il padre preferisse Terumi a lui,
puramente per il suo
talento.
Dopo aver scacciato
via questi brutti
pensieri, si avvicinò ad una di loro.
- Va bene, ora
smettila … -
Inaspettatamente, la
Terumi che stava
per toccare scomparve in una nuvola di vapore e le altre due
ridacchiarono.
- Ma come
… Ero sicuro che fosse quella
vera! Beh, allora sarai tu … -
Fece per toccarne
un’altra, ma anche la
seconda svanì così com’era svanita la
prima.
- Uffa, possibile che
non-
Non aveva ancora
finito la frase, che
anche la terza si dissolse nell’aria senza che Shuichi si
fosse ancora mosso.
Irritato dalla presa in giro che stava subendo, quest’ultimo
strinse i pugni e
fece:
- Cosa, anche la
terza era una copia?
Accidenti, ma come hai fatto, Terumi?! Da quando in qua è la
più piccola ad
insegnare al frat-
Questa volta si
interruppe da solo,
quando avvertì delle braccia gracili avvolgergli la vita da
dietro la schiena.
La risatina della sorella gli arrivò dolcemente:
- Sono qui, nii-san!-
Sorpreso da come
Terumi lo avesse
imbrogliato con tanta facilità e allo stesso tempo
intenerito da
quell’improvviso abbraccio, Shuichi sorrise e si
girò ad accarezzarle la testa,
senza dire nulla. L’invidia e il fastidio non
c’erano più; tutto ciò che ora
riusciva a pensare era di avere una sorellina davvero speciale.
Dopo un
po’, il ragazzino si schiarì la
voce e disse:
- Ok, ora basta
giocare!-
La sorellina si
separò da lui, stavolta
senza protestare. Vedendola così ubbidiente, Shuichi le fece
una proposta:
- Ho
un’idea! Ho in mente un esercizio
per migliorare la mia mira con gli shuriken e i kunai. Ti va di
aiutarmi?-
- Certo!-
esclamò lei con allegria.
Era concentrato,
fermo sul posto con gli
occhi fissi davanti a sé, in posizione di guardia. Terumi
era altrettanto
immobile, ma l’espressione sul viso era tutta diversa.
Di colpo, Shuichi
estrasse un kunai
dalla tasca e lo lanciò a velocità folle verso
l’albero che aveva di fronte. La
punta si conficcò nella corteccia, a pochi centimetri
dall’orecchio della
sorellina.
- Sì!-
esultò lui, mentre la piccola
deglutiva e commentava:
- Non potremmo fare
in un altro modo?-
Shuichi, senza
distrarsi, tirò fuori uno
shuriken e rispose:
- Stai tranquilla,
sorellina. Proprio
perché non ti colpirei per niente al mondo, questo esercizio
sarà efficace.-
La bambina non
capì esattamente che cosa
intendesse il fratello, ma non lo disturbò più
con altre domande. Shuichi era
di una testardaggine fuori dal comune.
Dopo aver finito gli
shuriken, che ormai
avevano circondato il corpicino di Terumi, il ragazzino decise di
utilizzare
gli ultimi kunai che gli erano rimasti. Era intenzionato a centrare il
tronco
perpendicolarmente rispetto alla testa della sorella, ma proprio al
momento del
lancio cambiò all’improvviso la traiettoria
dell’arma, indirizzandola in alto
verso la chioma dell’albero. Un po’ sorpresa da
come Shuichi si fosse concesso
un tale errore, Terumi ridacchiò e lo prese in giro:
- Hai visto? Che
brutta mira,
fratellone!-
Al contrario di come
lei si aspettava,
Shuichi non cercò di controbattere. O meglio, parve farlo,
ma non sembrava
rivolgersi alla piccola.
- Venite fuori,
codardi!!-
La bambina
trasalì. Con chi stava
parlando? Seguì lo sguardo del fratello e solo in quel
momento se ne accorse:
tra i rami si nascondevano delle persone poco raccomandabili.
Colti in flagrante,
quattro uomini rimasti
nascosti tra le fronde saltarono giù e circondarono il
ragazzino, dopo che
Terumi ebbe fatto appena in tempo a raggiungerlo. Shuichi li
osservò: a prima
vista non parevano ninja, ma erano comunque forti e robusti. Uno di
loro aveva
le mani occupate, portando due grandi e pesanti sacchi, contenenti
chissà che
cosa.
- Vediamo che cosa
abbiamo qui … -
esordì il primo. - A quanto pare non sei un mocciosetto
qualsiasi, se ti sei
accorto quasi subito di noi.-
Lasciandosi stringere
dalla sorellina
spaventata, il giovane Uchiha lo sfidò con lo sguardo e
domandò:
- Chi siete e che
cosa ci fate qui,
nella foresta di Konoha??-
- Non sono cose da
ragazzini, perciò non
ti impicciare!- rispose pesantemente un secondo tipaccio.
Stava per ribattere,
ma Shuichi sentì
Terumi aumentare la presa e mormorare qualcosa:
- Ho p-paura, nii-san … -
In quel momento, un
istinto primordiale
avvolse il cuore del bambino. Avvertì un grande coraggio
crescere dentro di sé,
una forza che non era sicuro di aver mai provato prima. Guardando la
sorellina
negli occhi lucidi, le accarezzò i capelli con tenerezza e
le sorrise.
- Non preoccuparti.-
disse poi,
apprensivo. - Ci sono io a proteggerti.-
Terumi
riuscì solo a trasmettergli il
proprio stupore, prima di vederlo allontanarsi e sferrare alcuni pugni
e calci
ben assestati a uno di quei quattro delinquenti. Un secondo fece per
fermarlo,
ma Shuichi non ebbe grossi problemi ad occuparsi anche di lui.
Instancabile
anche dopo ore di allenamento, il piccolo Uchiha non esitava e sapeva
sempre
dove e come colpire i suoi avversari. Non ci stava nemmeno troppo a
pensare;
era un istinto naturale guidato dalla volontà di proteggere
la sua amata
sorellina, che si univa ai suoi ultimi miglioramenti nelle arti
marziali.
Mentre Shuichi era
impegnato, la piccola
vide un terzo uomo avventarsi su di lei e lanciò un grido di
terrore.
- Terumi!-
esclamò il fratello, pur
continuando a tenere a bada quei due energumeni.
Bastò
sentirsi chiamare da lui, perché
Terumi trovasse la forza di reagire. Senza aver bisogno di troppo tempo
per
concentrarsi e facendo affidamento sul proprio talento naturale,
puntò gli
occhi contro quelli del nemico ed attivò lo Sharingan.
L’uomo fu immediatamente
catturato da quello sguardo ipnotico e cadde vittima di
un’illusione di Terumi,
svenendo in preda alle convulsioni.
L’ultimo
tipo losco, che teneva nelle
mani i sacchi, decise di non intervenire per fare la guardia al suo
carico e
perché era rimasto scioccato assistendo alla fine del suo
amico.
La soddisfazione per
la buona riuscita
della tecnica fu seguita da un fastidioso bruciore agli occhi e Terumi
crollò
in ginocchio, ansimante. Per la troppa foga, la bambina aveva
utilizzato un’eccessiva
quantità di chakra ed ora il suo debole corpo ne stava
subendo le conseguenze.
Uno dei due
delinquenti impegnato con
Shuichi riuscì ad atterrare l’avversario, notando
poi che la piccola era in
difficoltà. Ridendo sadicamente, si avvicinò a
lei con l’intenzione di tirarle
un pugno. Quando Shuichi se ne accorse, ebbe un tuffo al cuore.
- No, Terumi!!-
urlò, cercando di
rialzarsi.
Fu un attimo.
Proprio
nell’istante in cui Terumi stava
per essere colpita, un kunai graffiò la faccia
dell’uomo con violenza. La
ferita era profonda e sanguinante, talmente che quello cadde a terra
dal
dolore. Ad infliggergliela era stato Shuichi, velocissimo come mai
prima, che
era riuscito a proteggere Terumi.
- Shuichi-nii-san!-
esclamò quest’ultima dalla contentezza, ma quando
l’altro si voltò, lei lo
fissò sorpresa.
Gli occhi di Shuichi
avevano cambiato
colore.
Rossi.
Come il sangue, come
il fuoco. Come la
forza e la risolutezza che avevano sempre contraddistinto gli Uchiha.
- Fratellone
… - mormorò lei, notando
che intorno alle sue pupille erano apparsi già due tomoe,
mentre le iridi erano
di un rosso acceso e brillante.
Lo sguardo teso e
concentrato del
ragazzino si addolcì per un istante, rivolto alla piccola
Terumi. Un secondo
dopo, tuttavia, era già tornato come un fulmine tagliente
verso i nemici.
Con un grido di
battaglia, Shuichi si
avventò contro l’uomo con i due sacchi. Questo li
mollò e fece per scappare, ma
l’altro non gliene diede il tempo: con un’energia e
una velocità inaudite, lo
mise al tappeto in pochi attimi, per poi fare la stessa cosa con gli
altri due
che si erano rialzati ed avevano cercato di barcollare via. Il tipo che
era
stato colpito dall’illusione di Terumi non si era mai mosso
da terra.
Quando finalmente il
bambino ebbe finito
di sistemare quei tipacci, la bambina sorrise e ritrovò la
forza per andare ad
abbracciarlo.
- Stai tranquilla,
è tutto a posto.- la
rassicurò lui, stringendola.
Alle loro spalle,
però, il più robusto
dei quattro banditi si stava silenziosamente rimettendo in piedi e
voleva
sfruttare quel briciolo di energia rimastagli per colpire i due
ragazzini con
un coltellaccio. Si avvicinò con un ghigno sul volto e
quando Shuichi si accorse
di lui era troppo tardi. Spaventato, pensò a proteggere la
sorellina con il suo
stesso corpo, attendendo che la lama lo trafiggesse …
Ma invece della
risata malvagia
dell’uomo che lo accoltellava, i due piccoli Uchiha sentirono
un urlo femminile
che ben conoscevano.
- Shannarooo!-
In meno di mezzo
secondo, furono
sbalzati via e rotolarono qualche metro più avanti, in un
gran fracasso. La
radura dove si trovavano parve subire un terremoto, si formarono crepe
nel
terreno ovunque. Tornata la calma, Shuichi si sollevò dal
corpo di Terumi
accertandosi che stesse bene, poi si girò.
- Mamma?!-
esclamò, stupito e felice
allo stesso tempo.
Al centro di un
cumulo di sassi e
sabbia, ai piedi del quale c’erano i corpi dei quattro
banditi svenuti, Sakura
si ripuliva le mani dalla polvere con un’espressione severa
in viso.
Soddisfatta, chiese al figlio:
- Tutto a posto?-
Il bambino
annuì, decisamente sollevato,
insieme a Terumi.
- Come hai fatto a
trovarci?- domandò a
gran voce la piccola.
- Ero qui vicino a
raccogliere delle
erbe, ma ho sentito un po’ di trambusto e sono venuta a
controllare.- spiegò la
madre, scendendo dalla sua montagnola di terra e calpestando i nemici
con
disinvoltura. - Meno male che ho fatto in tempo! Ma lo sapete chi sono
questi
qua?-
- No, non lo sappiamo
… - risposero con
disappunto i due fratellini.
Sakura si
abbassò vicino a loro e
continuò, accarezzando la testa di Terumi:
- Sono dei ladri
provenienti da un
villaggio poco lontano da qui. Non avete visto le loro facce affisse
sui muri
di Konoha?-
Di fronte allo
stupore dei figli, lei
ridacchiò e scosse la testa. Dopo aver recuperato i quattro
ladruncoli di
provincia e preparandosi a trascinarli a Konoha per i colletti delle
camicie,
prese nell’altra mano i sacchi con la refurtiva da restituire
e prima di
andarsene ammonì i due figlioli:
- Shuichi, mentre io
torno in città, tu porta
subito a casa tua sorella e non allontanarti più da
… Ma … Shuichi, hai lo
Sharingan!-
Non essendosi accorto
di averlo ancora
attivo, il ragazzino si passò una mano tra i capelli,
imbarazzato. In pochi
secondi i suoi occhi tornarono di un verde intenso come quelli della
mamma, che
aggiunse con orgoglio:
- Sei stato
bravissimo, tesoro mio.
Vedrai la faccia di tuo padre quando lo saprà …!-
Emozionato
all’idea di sorprendere
Sasuke, il giovane Uchiha prese Terumi sulla schiena e seguì
Sakura lungo il
sentiero che portava al Villaggio della Foglia, felice
perché consapevole di
crescere in fretta. Con un altro po’ di allenamento e grazie
alle lezioni del
maestro Iruka, Shuichi sarebbe riuscito facilmente a sviluppare il
terzo tomoe
ed avrebbe padroneggiato la sua abilità innata alla
perfezione ancor prima di
venir promosso al grado di genin. Al solo pensiero, gli
spuntò un sorriso
spontaneo.
Intanto Sakura, per
nulla infastidita
dal carico che stava portando, ascoltava il racconto del figlio lungo
la strada
di casa. Era così bello vederlo gioire delle proprie gesta
con un tale
entusiasmo, che non se la sentì di interromperlo neanche una
volta. Essendo
abituata a vederlo sempre serio e pensieroso come suo padre,
l’animo di Sakura
si addolcì di fronte ad un sorriso tanto sincero, giovane,
limpido e stavolta
prolungato.
Forse stava davvero
cambiando qualcosa
in lui, in quel piccolo ninja che – sì, ora ne era
sicura – sarebbe diventato
un grande shinobi.
*
Spero
che vi sia piaciuto anche questo capitolo! Fatemi sapere che cosa ne
pensate... *-*
Ed ecco
la fanart... Non trovate che sia bellissima? <3 C'entra poco e
niente col capitolo, ma sappiate che in sostanza le fanart che vi
proporrò sono sempre NaruHina family o SasuSaku family, a
parte qualche futura eccezione... preparatevi!
Con
questa meraviglia di disegno, vi lascio e vi do appuntamento al
prossimo capitolo... Bye! :*
Eliot
;D
*
|
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Capitolo 6 *** L'aggressione ***
Ed
eccomi tornata, finalmente! E' in arrivo un capitolo strainteressante,
con tantissime novità!
La soundtrack a cui ho pensato stavolta è - sorpresa
sorpresa - il tema di Hinata e Neji, ovvero quello del clan Hyuuga. Lo
dedico alla prima parte del capitolo, perché verso la fine
ci sarà un colpo di scena abbastanza incredibile... xD
Godetevi la lettura ;)
Capitolo
6: L’aggressione
Sorpresa
da un ticchettio che veniva
dalla porta, Eri andò verso di essa, saltellando per casa.
- Arrivo!-
esclamò lei, prima di
allungarsi verso la maniglia ed aprire.
Di fronte a
sé vide ergersi in tutta la
sua autorità il vecchio capo del clan Hyuuga, che a sua
volta abbassò lo
sguardo per catturare gli occhi grandi e curiosi della nipotina.
- Buongiorno, Eri.-
- Nonno, che bello
vederti!- sorrise la
bambina. - Entra pure … -
Eri fece educatamente
spazio per
accogliere il nonno in casa e farlo accomodare. Tenendo bene a mente le
regole
di comportamento che le aveva insegnato sua madre, restò in
piedi vicino a lui,
chiedendogli con gentilezza se gradisse una tazza di tè.
Nonno Hiashi accettò volentieri,
senza aver paura di scomporsi un po’ davanti a tutta quella
tenerezza.
Mentre la piccola Eri
si destreggiava
con fatica tra scaffali e utensili per mettere a bollire
l’acqua per il tè,
Hiashi la osservava con piacere. Da una parte era stato il fare
impacciato ed
infantile di Eri ad addolcirlo, in parte era merito
dell’impegno e del rigore
con cui lei ci teneva a fare bella figura. Ormai la nipote conosceva le
sue
nobili origini da parte di mamma e con la voglia di fare che Naruto le
aveva
trasmesso, aveva deciso di mettercela tutta per non deludere il nonno
neanche
nelle piccole cose.
La grazia che
accompagnava i suoi gesti,
ma anche la determinazione che le si poteva leggere negli occhi, fecero
riaffiorare alcuni ricordi nella mente di Hiashi; ricordi che
risalivano a
circa sette anni prima, quando il destino del clan Hyuuga prese una
piega
inaspettata e quasi rivoluzionaria, grazie a Naruto, ma soprattutto
grazie alla
forza d’animo di Hinata …
<< Sette anni
prima >>
Non
gli era mai capitato di vedere da parte di
Hinata uno sguardo così fermo. Hiashi non era nemmeno
completamente sicuro di
avere di fronte proprio la figlia primogenita, che aveva sempre avuto
una certa
soggezione nei suoi confronti, almeno fino a quel momento.
-
Sei davvero sicura di quello che mi stai
chiedendo, Hinata?- domandò il capoclan, assottigliando gli
occhi.
L’altra
aggrottò la fronte e con tono gentile
ribadì:
-
E’ la decisione più importante della mia vita,
padre. Non potrei essere più sicura di così.-
-
Ma ti rendi conto che in questo modo cambierai per
sempre il destino della nostra famiglia?- continuò lui,
alzandosi in piedi
quasi di scatto, reggendosi al bastone come se in realtà non
ne avesse davvero
bisogno.
Dopotutto
era il capo della famiglia e doveva essere
forte ed autorevole nonostante l’età avanzata,
anche se gli risultava
inspiegabilmente difficile davanti ad una determinazione
così rara da parte di
Hinata.
-
E se anche fosse?-
Con
ogni frase che la figlia diceva, lo spirito
conservatore che viveva nel cuore di Hiashi vacillava. L’uomo
sudava freddo e
stavolta non seppe cosa rispondere.
-
Padre, non ho altra scelta. Non posso prendere il
tuo posto come capostipite del clan.- proseguì lei,
addolcendo lo sguardo
notando che il padre era in difficoltà. - Io e Naruto stiamo
per avere un
bambino, lo sai … Finalmente avremo una famiglia tutta
nostra. Di conseguenza
non posso portare avanti le tradizioni del clan Hyuuga come hai fatto
tu.-
Sulle
prime, quel discorso era inaccettabile per il
capo del nobile clan, ma era anche vero che da buon padre doveva essere
aperto
e prossimo alle volontà della sua adorata primogenita, la
quale andò avanti
dicendo, a testa bassa:
-
E poi … non mi sono mai sentita adatta a questo
ruolo. Ho sempre pensato di essere l’anello debole della
famiglia, lo hai
constatato anche tu. Come ninja non ho saputo dare abbastanza onore al
mio
clan, a differenza invece di Neji-nii-san,
per esempio.-
Hanabi,
che ascoltava il discorso lì accanto con
pochi altri membri della famiglia, intristì i propri occhi
che guardavano la
sorella maggiore. L’aveva sempre ammirata moltissimo
perché non si faceva
problemi ad ammettere le proprie debolezze, pur andando avanti sicura
per la
propria strada. Pregò che il padre le desse ascolto e le
venisse incontro,
insieme a Naruto, che era quasi completamente in disparte, ma ci teneva
ad
essere presente in un tale momento.
Hiashi
sospirò.
-
Ho compreso le tue ragioni, figlia mia. Ma quando
morirò, chi diventerà il capostipite degli
Hyuuga, se non tu che sei la mia
primogenita?-
Hinata,
a quel punto, accennò un sorriso e si voltò.
-
Hanabi, naturalmente.- rispose, facendole cenno di
avvicinarsi.
La
minore arrossì vagamente e si affiancò a lei,
pronta ad ascoltare. In cuor suo, aveva sempre saputo che sarebbe stato
il suo
destino seguire le orme del padre al posto di Hinata e si sorprese nel
constatare di esserne compiaciuta, perché questa decisione
avrebbe soddisfatto
le esigenze del clan, se il capofamiglia avesse acconsentito
definitivamente.
-
Prendi Hanabi al mio posto.- proseguì quindi la
maggiore. - Cedo volentieri a lei la possibilità di
rappresentare al meglio il
nostro clan. Dopotutto questo ruolo le si addice molto più
di me.-
Le
due sorelle si sorrisero dolcemente,
trasmettendosi un’infinita fiducia, e Hinata concluse:
-
Fin da quando eravamo piccole, Hanabi ha
dimostrato di avere molto più talento di me, come ninja.
Sono sicura che con
lei all’apice, la nostra famiglia ritroverà lo
splendore di un tempo.-
Hiashi
le osservò. Hanabi e Hinata erano diventate
due donne meravigliose; forti, coraggiose, amorevoli e a modo. Il suo
orgoglio
di padre traboccava da tutte le parti e non poteva più
essere ignorato a favore
delle antiche tradizioni.
-
Ti prego padre, accetta la mia proposta.-
-
Mi hai convinto. Tuttavia non mi sento ancora
sicuro … - sospirò ancora lui, tornando a sedere.
- Restando parzialmente fuori
dalla famiglia, il tuo Byakugan è comunque senza protezione,
anche dopo la
morte. Il nostro clan ha sempre custodito i segreti di questa
abilità innata
con successo, ma ora …?-
Hinata
parve rifletterci su, sotto gli occhi curiosi
di tutti i presenti, Hanabi e Naruto in particolare. Istintivamente le
tornò
alla memoria Neji e il triste momento della sua morte. Rialzando lo
sguardo
verso il padre, disse:
-
Se può farti sentire meglio, posso farmi tatuare
anch’io sulla fronte il simbolo maledetto della casata
cadetta. In questo modo
il mio Byakugan scomparirà quando morirò e
resterà così il segreto del clan
Hyuuga.-
Era
un’opzione a cui non si era mai osato pensare,
eppure in quell’attimo Hiashi si accorse che poteva
funzionare.
-
Fidati di me, padre. Ti chiedo soltanto questo.-
lo pregò la figlia, giungendo le mani verso il petto e
tenendo la fronte bassa
in segno di rispetto.
Hinata
non aveva mai voluto deludere la famiglia,
non aveva mai preteso nulla in cambio del proprio impegno. Non aveva
mai
rinunciato a rimanere se stessa, nonostante fosse consapevole di non
andare
bene agli occhi del padre. Era cresciuta coltivando molte intense
passioni e
maturando in modo esemplare le proprie virtù.
Hiashi ebbe la
sensazione che avrebbe fatto un
grosso errore, se le avesse detto di no, così
abbozzò un sorriso e le si
avvicinò per stringerla forte.
Il
tè era caldo e dolce al punto giusto e quando il nonno disse
che era buono, Eri
tirò un sospiro di sollievo e si sedette al tavolo accanto a
lui.
-
Come stanno i tuoi genitori?- chiese lui.
La
bambina alzò gli occhi al cielo e pensò:
-
La mamma è uscita e dovrebbe tornare tra un po’.
Papà, invece, è pieno di
lavoro!-
-
Ma stanno bene entrambi, vero?-
-
Certo!- fece lei, sorridendo ancora senza stancarsi di farlo.
In
quel momento, si avvertirono alcuni rumori vicino alla porta. Hinata
era
tornata dal suo giro di commissioni della mattinata. Fu ben felice di
trovare
il padre e lo fu ancora di più quando seppe che Eri
l’aveva accolto con tutti
gli onori.
-
Ti dirò, Hinata … - esordì Hiashi. -
La mia nipotina ha una fermezza negli
occhi uguale a quella che aveva Neji.-
La
mamma della piccola si sedette vicino a lei e le accarezzò
amorevolmente la
schiena, confermando:
-
Hai ragione; sono sicura che sarebbe molto fiero della mia Eri.-
Quest’ultima
arrossì e poi sobbalzò sulla sedia, ricordando
improvvisamente qualcosa.
-
Nonno, lo sai che papà mi ha portato un ritratto dello zio
Neji? Te lo faccio
vedere!-
Corse
nella sua cameretta a prenderlo, sotto gli sguardi addolciti della
madre e del
vecchio nonno, i quali si scambiarono un’occhiata
d’intesa.
-
Eccolo.-
Le
calde manine della bambina si strinsero per un momento a quelle
consumate di
Hiashi, che osservò il volto di Neji nel ritratto con
nostalgia.
-
Non lo dimenticheremo mai … - mormorò,
aggrottando la fronte con velata
commozione.
-
Papà ha detto che lo zio Neji è morto per
salvarlo e che quindi è un eroe!-
esclamò Eri. - Era forte, vero nonno?-
-
Non era solo forte … ha donato la sua vita per proteggere
chi voleva bene. Il
suo cuore era grande, anche se non lo dava molto a vedere.- disse
Hiashi, dando
il ritratto a Hinata, che aggiunse:
-
Sotto molti aspetti, fu uno shinobi migliore di me. Il fatto che fosse
nato
nella casata cadetta non aveva influito sul suo talento e il suo
Byakugan era
straordinario.-
Eri
conosceva a grandi linee la differenza che c’era stata tra
casata principale e
casata cadetta del clan Hyuuga ed era rimasta compiaciuta del fatto che
questa
disparità si fosse ridotta col tempo, anche grazie a Naruto.
Ciò di cui però
ancora ignorava l’esistenza era il Byakugan,
l’abilità innata di quella nobile
famiglia.
-
Che cos’è il Byakugan?- domandò
ingenuamente.
Nonno
Hiashi si stupì molto dell’ignoranza della nipote
e chiese spiegazioni a
Hinata:
-
Com’è possibile che Eri non sappia che cosa sia il
Byakugan? Non gliene hai mai
parlato?-
-
Ho pensato che fosse troppo presto.- fece lei, imbarazzata. -
E’ ancora piccola
per iniziare a conoscerlo, dopotutto non lo possiede dalla nascita come
noi. I
geni del nostro clan le sono stati trasmessi solo per metà
… -
A
questo Hiashi non aveva pensato. In effetti Eri non era propriamente
una
Hyuuga.
-
Capisco … -
-
Forse è possibile che sia predisposta a usarlo, anche se
è un’abilità innata di
nostra esclusiva.- ipotizzò Hinata.
Confusa
in mezzo a quei discorsi, Eri guardava prima la mamma e poi il nonno
con
sguardo sempre più interrogativo. Si grattò la
testa ed attese che la
coinvolgessero nella discussione, ma quando capì che il
Byakugan era un’abilità
speciale, li interruppe e disse:
-
Voglio imparare a usare il Byakugan!-
Gli
altri due la fissarono, sorpresi. Di nuovo quella fermezza nello
sguardo, che
di certo era motivo d’orgoglio, si manifestò sul
volto di quella bambina ancora
piccola e apparentemente fragile.
-
Ce l’ho anch’io, vero mamma?- aggiunse Eri,
stringendo i pugni e guardandola
dritta negli occhi.
Hinata
non seppe di preciso cosa le fu trasmesso attraverso quel contatto con
la figlia,
ma improvvisamente fu sicura in assoluto che Eri possedesse il
Byakugan, da
qualche parte nel suo dna, e che serviva soltanto svilupparlo. Le
accarezzò i
capelli e sorrise:
-
Naturalmente, piccola mia.-
Era
un pomeriggio dolce. Il vento soffiava leggero tra le fronde degli
alberi,
riempiendo di vitalità chi aveva la fortuna di passeggiare
per le strade e
godersi il sole di Konoha.
Tra
la gente c’era anche il capitano Yamato, che si dirigeva
verso il parco. Lo
attendeva una missione piuttosto noiosa: doveva incontrarsi con un
vecchio
nobile brontolone e paranoico, che per spostarsi da una parte
all’altra del
Paese del Fuoco voleva essere per forza scortato da un jonin del
villaggio.
Quando giunse al luogo dell’appuntamento, Tenzo
sbadigliò e si mise ad ammirare
la natura per ingannare l’attesa.
Era
completamente ignaro del brutto scherzo che gli era stato giocato.
Yamato
stava terminando un gran sbadiglio, quando all’improvviso
iniziò a sentirsi
osservato. Si guardò intorno, ma non vide nessuno. Il suo
cliente era anche in
ritardo … apparentemente.
In
mezzo agli alberi del parco, una losca figura stava accucciata, con un
sorriso
malvagio dipinto in volto e gli occhi azzurri fissi sulla sua vittima,
aspettando il momento adatto per agire.
-
Ho una brutta sensazione … - borbottò tra
sé il capitano.
Quando
quest’ultimo alzò lo sguardo per vedere se si
nascondeva qualcuno tra i rami,
trasalì e fece un balzo all’indietro, scansando
per un pelo un oggetto che
esplose al contatto col terreno.
-
Come pensavo: la storia della scorta era una trappola!-
esclamò Tenzo. - Mi
pareva strano che Naruto non mi avesse convocato personalmente e mi
avesse
mandato una semplice lettera … -
-
Allora non ho a che fare con uno stupido. Ti sei accorto quasi subito
di me.-
esordì una voce profonda proveniente dall’alto.
Yamato
si voltò e sul ramo di un albero alle sue spalle
riuscì a scorgere il suo
interlocutore: era un ragazzo giovane e alto, dai capelli lunghi e
biondi
raccolti in due code laterali e dal torace scoperto. Il suo sguardo era
piuttosto freddo, spezzato però dal lieve sorriso sornione
che esprimeva tutto
il suo cinismo.
-
Chi sei?!- chiese l’altro, senza abbassare la guardia.
Il
ninja misterioso non rispose e si limitò ad alzare due dita
di fronte a sé,
richiamando il chakra, per poi pronunciare con un filo di voce:
-
Katsu.-
Delle
violente esplosioni, una dopo l’altra, circondarono il
capitano Yamato e gli
impedirono di scappare. Riparandosi con le braccia, si accorse che ad
esplodere
erano delle piccole armi ninja fatte d’argilla.
“Non
è possibile! Queste bombe d’argilla
…”
Siccome
stavano pian piano esplodendo tutte e lui non era sicuro di uscire
indenne da
quella situazione, unì le mani e decise di creare una cupola
di legno per
ripararsi.
-
Mokuton!-
Quando
il fumo delle bombe si diradò, Yamato era ancora dentro il
suo guscio di legno.
L’avversario si era velocemente spostato su un altro ramo ed
aveva estratto
dell’argilla da una tasca della tunica nera e bianca. Quando
si liberò, Tenzo
notò che la stava masticando.
-
Non puoi essere Deidara, perché lui è morto!
Allora chi sei??- provò ancora a
domandargli.
Negli
stessi istanti, un’altra ombra misteriosa e inquietante
osservava la scena,
nascosta tra gli alberi, in agguato.
Il
giovane ninja biondo sputò alcuni kunai d’argilla
dalla bocca e si limitò a
dire:
-
Non è importante il mio nome, quanto le mie opere
d’arte.-
Yamato
imprecò, ma non ebbe il tempo di attaccarlo,
poiché fu di nuovo bersagliato dai
kunai d’argilla, che esplodevano uno dopo l’altro
intorno a lui ogni volta che
l’avversario pronunciava “katsu”.
Dovendo evitare le esplosioni, il jonin decise di salire su un albero e
saltare
di ramo in ramo per allontanarsi, ma l’altro
cominciò a inseguirlo, sempre
impastando l’argilla con la bocca e lanciandogli delle
piccole bombe.
Ad
un certo punto, Yamato trovò il modo per distanziarsi e
riprendere fiato.
-
Immagino di dover combattere contro uno sconosciuto.-
sentenziò. - Mokuton!-
Facendosi
aiutare dall’Arte del Legno, Tenzo allungò dei
tentacoli lignei con l’intento
di catturare e immobilizzare il nemico, ma quest’ultimo era
piuttosto agile e
saltava via velocemente. Arrivò un momento in cui il
biondino dovette fermarsi
per riprendere fiato, perciò Yamato ne approfittò
per allungare entrambe le
braccia e formare delle travi che avrebbero intrappolato il nemico.
L’espressione
beffarda che non accennava a scomparire dal volto di quel ninja
sconosciuto
avrebbe dovuto tuttavia insospettirlo.
Stava
per catturare il nemico, ma all’improvviso il capitano
avvertì un dolore
lancinante alla nuca. Con un grido, ritirò le travi di legno
che partivano
dalle sue mani ed atterrò su un altro ramo, dolorante.
Tenendosi il collo,
Yamato realizzò: qualcuno gli era saltato addosso alle
spalle e l’aveva ferito,
ma ciò era accaduto così in fretta che ogni
reazione sarebbe stata impossibile.
Il jonin si girò per vedere che fine aveva fatto il
misterioso avversario e si
accorse con disappunto che stava rapidamente balzando via, preceduto a
diversi
metri di distanza da un altro ninja, che però era troppo
lontano per essere
identificato o anche solo visto bene. Sicuramente era stato quel
secondo
individuo a ferire il capitano Yamato al collo.
-
Fermatevi!-
Il
dolore alla nuca era forte e i nemici troppo lontani e veloci. Il
capitano si
fermò quasi subito, sapendo di non poterli raggiungere, e
notò che la mano con
cui si stava tenendo la ferita era già piena di sangue.
Ponendosi
mille domande, Yamato tornò in città con
l’intenzione di avvisare Naruto il più
presto possibile.
Superato
ormai il confine del Paese del Fuoco, il misterioso ninja biondo che
conosceva
l’Arte dell’Esplosione scese dagli alberi ed
atterrò con un sospiro.
-
Vuoi già fare pausa … Hiroshi?-
Dietro
di lui atterrò il suo collega, che si era tirato su il
cappuccio della veste
nera e bianca, uguale a quella che indossava l’altro. Il
ninja incappucciato
mormorò:
-
Ormai non può più trovarci nessuno.-
Il
biondino lo squadrò con i suoi azzurrissimi occhi e si
appoggiò ad un tronco,
poi vide Hiroshi porgergli qualcosa.
Quella
non era una semplice mano sinistra, bensì qualcosa che
poteva somigliare ad un
grosso e mostruoso artiglio, dalla pelle scura e con due unghie lunghe
e
affilate. Tra di esse vi era un coprifronte della Roccia, un
po’ rovinato.
-
Lo hai perso mentre ce ne andavamo.-
-
Puoi buttarlo via.- si limitò a dire l’altro,
alzando le spalle.
Hiroshi
lasciò cadere il coprifronte per terra, poi nascose
l’artiglio nella manica,
sentenziando:
-
D’accordo, Kiichi. Come preferisci.-
Il
giovane preferì cambiare argomento:
-
Dunque, possiamo considerare la missione compiuta?-
L’altro
sputò qualcosa dalla bocca, che finì nel suo
artiglio. Era un pezzo di carne
insanguinato.
-
Certo.- rispose sommessamente. - Ho ottenuto quello che volevo e non
è neanche
stato difficile.-
Kiichi,
ex ninja della Roccia, accennò un ghigno.
-
Allora inizieremo subito con i preparativi … -
-
Già. Se le mie deduzioni sono esatte, presto avrò
dei nuovi occhi.- fece
Hiroshi, stringendo il pezzo di carne tra le unghie del suo artiglio.
*
Ragazzi,
ditemi quanto siete rimasti sorpresi! Siete curiosi, eh??
Per accontentarvi, vi posto volentieri l'immagine del misterioso
Kiichi, il biondino della Roccia (ex, ormai) che ha attaccato Yamato.
Il disegno è di Federica; se volete contattarla fatemelo
sapere e vi darò privatamente il link della sua pagina su
FB, con tutti i suoi disegni.
Non è un gran figo? *-*
Ok, basta sbavare... Vi ringrazio tantissimo per essere passati a
leggere e vi auguro buona giornata/serata! <3
Al prossimo capitolo
Eliot
;D
|
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Capitolo 7 *** Il genio all'opera ***
#
Salve
a tutti! Finalmente sono tornata ad aggiornare... Nuovi personaggi in
arrivo, spero che siate pronti a conoscerli!
La soundtrack che vi consiglio per questo capitolo è il tema
di Deidara, adatto soprattutto alla scena centrale.
E... niente, non ho null'altro da aggiungere per ora (strano, ma vero
o.o). Il resto, dopo la lettura!
*
Capitolo
7:
Il
genio all’opera
-
Papà?-
A
scuotere quel dolce torpore di cui stava godendo Shikamaru fu
l’appena
accennata voce del piccolo Yuji, che fece spuntare la testolina bionda
dalla
porta che dava sulla veranda. Non si stupì di vedere il
padre sdraiato fuori,
con un filo d’erba in bocca e le braccia dietro la nuca. Il
bambino ripeté:
-
Papà, mi senti?-
-
Mmh, sì, ti sento.- rispose pigramente l’altro. -
Che cosa c’è?-
Yuji
camminò senza fretta verso di lui. Il suo sguardo non era
poi molto diverso da
quello di Shikamaru, ma in fondo erano le intenzioni e la
personalità ad essere
importanti. Quando raggiunse il papà, si accucciò
vicino a lui e lo fissò
dritto in faccia:
-
Giochiamo a shogi?-
Con
tutta calma, dopo un leggero sospiro, Shikamaru aprì gli
occhi e si ritrovò il
viso paffuto del figlio, nonché i suoi occhi neri, piccoli e
pungenti. Era
troppo pigro perfino per stupirsi di quella grande vicinanza tra i loro
nasi.
-
Magari più tardi, Yuji … - fece, riabbassando le
palpebre.
Il
bambino attese solo qualche secondo, poi senza neanche muoversi di un millimetro,
sillabò:
-
Chiamo la mamma.-
Nel
profondo del suo subconscio, qualcosa si mosse dentro Shikamaru, anche
se il
suo corpo restò completamente fermo. Far intervenire Temari
sarebbe stato
fatale, eppure voleva tenere ben saldo il suo orgoglio di padre,
perciò
mormorò:
-
Chiamala pure, se ti va … -
Sperava
che il figlio, notando la sua apparente sicurezza, lasciasse perdere.
Invece
chiamò davvero sua madre.
-
Mamma! Papà non vuole giocare!- esclamò in
direzione della veranda.
Temari
non tardò a comparire e si affacciò con
un’espressione irritata.
-
Shikamaru … Non farmi venire lì.- si
limitò a dire.
Come
aveva potuto lui pensare che suo figlio fosse tanto stupido da lasciar
perdere?
In fondo era sangue del suo sangue.
-
D’accordo, prendi la scacchiera … -
sospirò, alzandosi dal prato e notando come
fosse soddisfatto Yuji mentre obbediva.
In
pochi minuti erano seduti in veranda, concentrati sulle pedine dello
shogi. Lo
sguardo di Shikamaru non si era acceso più di tanto, mentre
quello di Yuji si
era fatto più vispo. Il piccolo scrutava la scacchiera con
una quasi esagerata
scrupolosità ogni volta che arrivava il suo turno e tirava
fuori sempre una
smorfia di disappunto, quando il padre reagiva con una contromossa
efficace e
velocissima. Ad un certo punto il ninja sbadigliò pure.
“In
giornate limpide come questa, soffro terribilmente la decisione che ho
preso di
sposarmi ed avere una famiglia. Non potevo scegliermi una seccatura
peggiore!”
Aveva
appena partorito questo profondo pensiero, quando un leggero bacio di
Temari
sulla guancia lo scosse al punto da far scomparire del tutto quella
pesantezza
opprimente. Gli scappò un sorriso e i suoi occhi brillarono
a vedere Yuji tutto
soddisfatto che riceveva lo stesso bacio dalla madre.
Quest’ultima
stava per tornare in casa, quando Shikamaru si voltò per
dirle:
-
Mio padre aveva ragione. Senza donne, noi maschi saremmo completamente
persi.-
Divertita,
Temari strizzò un occhio e fece:
-
Lo hai ammesso, finalmente!-
L’altro
ridacchiò, ammirando la moglie muoversi oltre la porta della
veranda, poi si
rigirò verso Yuji.
-
E tu, figliolo? Sei d’accor-
Lo
stupore gli troncò la frase. Yuji era sparito dalla sua
vista e ci volle
qualche attimo in più per capire che era andato a giocare
tra i cespugli, poco
più in là. Shikamaru abbassò gli occhi
sulla scacchiera e non ebbe il tempo di
chiedersi perché il figlio avesse interrotto la partita
all’improvviso, poiché
ancora prima di farlo si rese conto che semplicemente Yuji aveva vinto.
Il
disappunto per la sconfitta si unì presto al senso di colpa
per non aver dato
molto retta al figlio, ma Shikamaru ridacchiò, non solo di
se stesso, ma anche
perché era fiero di aver cresciuto un figlio tanto astuto e
indipendente. Senza
accorgersene, stette per un po’ ad osservarlo mentre
curiosava tra le piante,
cercando di catturare qualche insetto. Dopo pochi minuti, lo vide
scattare e
correre in una direzione, urlando:
-
Zia Ino! Zia Ino, sono qui!!-
Sulla
strada stava passando proprio lei, così Shikamaru si
alzò per andarla a
salutare.
-
Ciao, piccolo Yuji, come stai??- domandò lei, abbassandosi
verso il bambino e
rialzandosi quando vide suo padre.
Quest’ultimo
alzò pigramente un braccio:
-
Hey, come va?-
-
Shikamaru, sono venuta perché Naruto mi ha mandato a
chiamarti.- esordì la
bionda, diventando seria tutto d’un tratto.
Trovandosi
impreparato, l’amico chiese:
-
E me lo dici così? Per caso è urgente?-
-
Non saprei, ma di sicuro Naruto non sembrava tranquillo.-
Shikamaru
imitò lo sguardo serio di Ino, poi si voltò verso
Yuji e notò la sua
perplessità. Gli accarezzò il capo e fece:
-
Di’ alla mamma che l’Hokage vuole parlarmi.
Tornerò presto!-
Non
appena Yuji ebbe sorriso e fatto sì con la testa, il padre
si fiondò in strada
ed iniziò a correre, per poi cominciare a balzare di tetto
in tetto per
arrivare più in fretta a destinazione. Il piccolo
continuò ad guardare il padre
con orgoglio finché quello non scomparve oltre le case.
Il
vento soffiava veloce, trasportando strisce di sabbia
nell’aria. Il Villaggio
pareva come addormentato, sotto il sole cocente. Kiichi si fece largo
tra i
tetti delle abitazioni, badando bene di non essere visto. Raggiunse una
piccola
torre isolata ed atterrò sulla sua cima senza fare troppo
rumore. Lentamente,
si riavvolse con la veste nera e si calò giù,
fino ad arrivare ad una finestra.
Sempre silenziosamente, il giovane rimase aggrappato ad alcuni mattoni
di
sabbia che sporgevano e guardò dentro.
Seduta
in un angolo, stava una ragazza che doveva avere più o meno
la stessa età di
Kiichi. I lunghissimi capelli castani legati in due codini coprivano la
visuale
del resto del suo corpo, siccome era chinata su se stessa con alcuni
piccoli
attrezzi in mano, intenta probabilmente a costruire o riparare
qualcosa. Tutte
intorno a lei, erano depositate sul pavimento decine di marionette
dalle forme
più svariate e animalesche. Una di esse le era vicino ed era
tutta smontata;
Kiichi capì che forse lei la stava aggiustando.
Dopo
averla osservata per qualche istante, il ragazzo entrò dalla
finestra con uno
scatto, atterrando perfettamente in piedi. Subito l’altra
alzò la testa,
sorpresa dal rumore, e quando vide l’estraneo che si era
introdotto nella sua
stanza, saltò in piedi anche lei.
-
Chi sei??- esclamò, stringendo in mano i pezzi della sua
marionetta.
Anziché
risponderle, Kiichi la fissò: indossava solo una tunica
corta ed era scalza, ma
ciò che attirò il suo sguardo fu il tatuaggio
sulla parte destra della fronte,
un ideogramma che portava il significato di “forza”.
-
Allora, ti decidi a rispondermi?- aggiunse lei. - Chi sei e
perché sei entrato
in casa mia??-
L’altro
sbottò, impassibile:
-
Parli sempre così tanto?-
La
ragazza spalancò gli occhi. Come aveva osato quel damerino
introdursi in casa
sua e per giunta fare del sarcasmo? Pestando i piedi, lei
esclamò:
-
Come ti permetti? Rispondi alla mia domanda o te la vedrai con me!-
-
Tu sei Keira, giusto?-
La
giovane non si aspettava che quell’ospite indesiderato
conoscesse il suo nome,
così lasciò cadere l’ingranaggio che
stava aggiustando, trasalì e rimase a
fissare il ragazzo in silenzio. Quell’espressione fredda e
calcolatrice la
metteva in difficoltà, nonostante fosse sempre capace di
difendersi a parole.
Kiichi
non aspettò nemmeno una risposta. Iniziò a
guardarsi meglio intorno, poi
aggiunse:
-
Devo chiederti di raccogliere le tue marionette e di seguirmi fuori dal
Villaggio della Sabbia … per sempre.-
A
quella richiesta assurda, Keira sentì il bisogno di
proteggere le sue
marionette e le fece sparire, unendo l’indice e il medio
della sua mano. A
sostituire le marionette, si alzarono delle piccole nubi.
-
Non vedo perché dovrei acconsentire.- ribatté
lei, ripresasi dallo stupore. -
Vattene, oppure degnami di qualche spiegazione, altrimenti non vale la
pena
neanche di darti la mia attenzione!-
-
Me la stai già dando da un pezzo, non ti pare?-
replicò Kiichi con un lieve
sorriso ironico.
Keira
si sentì esplodere. Mosse qualche passo deciso verso il
biondino e lo prese per
il bavero della veste, sbraitando:
-
Adesso fai anche lo sbruffone? Se non vuoi che ti faccia a pezzi, dimmi
subito
chi sei e che cosa vuoi da me!-
L’altro
restò impassibile e quando la ragazza finì di
inveire contro di lui, sospirò e
decise di accontentarla.
-
Mi chiamo Kiichi e sono venuto a prenderti insieme al mio socio.-
-
Il tuo socio?- domandò lei confusa, lasciandolo andare.
-
In questo momento si trova fuori dal Villaggio e ci aspetta entrambi.-
Meno
Kiichi manifestava segni di coinvolgimento emotivo, più
Keira si innervosiva.
Non aveva mai incontrato qualcuno di così distaccato e
gelido nei confronti
degli altri e del resto del mondo. Soddisfatta almeno di aver ottenuto
qualche
informazione su quel tipo misterioso, mise le mani sui fianchi e chiese
ancora:
-
E sentiamo, perché mai dovrei unirmi a voi …
Kiichi?-
-
Sappiamo che non sei legata a nessuno, in questo paese. Solo alle tue
marionette.- fece lui, accennando un ghigno. - Le tue
abilità, poi, ci
farebbero molto comodo.-
La
giovane marionettista aggrottò la fronte e prese sul serio
quelle parole.
Stringendo i pugni, sbottò:
-
Non so che cos’abbiate in mente di fare, ma non mi va affatto
di diventare uno
strumento al vostro servizio. Scordati di avere me e le mie opere
d’arte!-
Lo
sguardo di Kiichi si illuminò improvvisamente.
Incrociò le braccia al petto ed
allargò il sorriso sornione che stava rivolgendo alla
ragazza, ridacchiando.
-
Le tue opere d’arte?- ripeté, avvicinandosi al suo
viso. - Facciamo così: tu mi
fai vedere le tue opere d’arte … e io ti
farò vedere le mie.-
Keira
imitò la sua espressione di malvagio divertimento e disse:
-
E’ una sfida?-
-
Se vinco io, lascerai il Villaggio e seguirai me e il mio collega
lontano da
qui; se invece vinci tu, lo raggiungerò da solo e insieme ci
consegneremo
spontaneamente alle guardie del deserto.- fece il biondino, mettendo
lentamente
una mano in tasca.
Anche
lei stava muovendo una mano senza farsi notare troppo e quando ebbe
ascoltato
le condizioni dell’avversario, frappose due dita tra le loro
facce vicinissime
per richiamare il chakra e sentenziò:
-
Ci sto.-
Nella
sua mano libera comparve un rotolo di pergamena. Stava per srotolarlo,
quando
Kiichi balzò all’indietro e mise in bocca una
manciata d’argilla esplosiva.
-
Non riuscirai a fermarmi!- disse Keira, srotolando la pergamena. - Kugutsu
no Jutsu!-
In uno sbuffo
comparve nella stanza una marionetta
enorme, che a prima vista sembrava avere la forma di una piovra. Aveva
dieci
tentacoli di legno che circondavano gran parte del nucleo centrale, che
consisteva in una testa alta e ovale fatta di ferro. Su di essa erano
distinguibili solo due fori sul davanti, riconducibili in qualche modo
agli occhi
della creatura.
Così
armata, la ragazza si preparava ad attuare la
Tecnica del Marionettista. Allungò le mani ed
allacciò ai dieci tentacoli un
filo di chakra per ogni dito, ottenendo il pieno controllo della
marionetta.
Per tutta risposta,
Kiichi sputò l’argilla che
stava impastando con i denti e che si era trasformata in una serie di
piccoli
shuriken. Tenendoli in mano, commentò con ironia:
- Carina, ma un
po’ fragile per i miei gusti.-
- Scommettiamo?-
ribatté prontamente lei.
L’altro non
perse tempo e gettò in aria gli
shuriken d’argilla, spargendoli ovunque, per poi buttarsi
fuori dalla finestra
e dare l’ordine di esplosione:
- Katsu!-
Keira
reagì per tempo e si riparò dietro la testa
ovale della sua marionetta. Quando terminarono le piccole esplosioni
provocate
dagli shuriken, si affacciò dalla torre e vide il nemico
allontanarsi sui tetti
delle case circostanti. Presa la sua marionetta tramite i fili di
chakra, uscì
fuori e lo inseguì, balzando dove capitava e manipolando con
le dita i
tentacoli di legno della piovra, in modo che questa strisciasse su ogni
tipo di
superficie.
- Non mi sfuggirai!-
gli intimò, dopo averlo
avvistato una decina di metri più avanti.
Kiichi non poteva
neanche risponderle, perché stava
impastando altra argilla con la bocca. In quel momento era indifeso e
Keira ne
approfittò per aprire la testa della piovra nella fascia
più bassa, vicino ai
tentacoli: da un’apertura rettangolare emerse una griglia
bucherellata con
decine e decine di spiedi all’interno. Con un quasi
impercettibile movimento di
ogni dito, la marionettista sparava gli spiedi a velocità
incredibile,
ovviamente mirati a colpire l’avversario. Non fu troppo
difficile per lui
evitare quelle piccole armi, finché non smise di saltare di
tetto in tetto ed
atterrò in una stradina deserta, imboccando un vicolo per
nascondersi e finire
d’impastare l’argilla.
Keira lo
seguì, ma lo perse di vista. Si mise in
piedi sulla testa della marionetta, controllandone sempre i movimenti
con i
fili di chakra collegati alle dita, e guardandosi intorno
esclamò:
- Vieni fuori a
combattere!-
Le piccole esplosioni
non avrebbero funzionato con
lei, che poteva difendersi con quel piccolo carro armato animalesco, e
il
biondino se ne rese conto. Con pazienza, fece uscire dalla bocca un
paio di
armi d’argilla più grosse e dalla potenza
distruttiva maggiore: due lunghe e
robuste mazze chiodate. Fu faticoso sputarle e quando Kiichi dovette
riprendere
fiato, il suo respiro fu avvertito da Keira, che mosse i tentacoli
della piovra
verso il nascondiglio del nemico. Non ebbe tuttavia il tempo di
avvicinarsi molto,
perché dall’ombra del vicolo spuntò una
delle due mazze d’argilla, volando per
aria. Dopo averla lanciata, Kiichi tenne in pugno l’altra e
si spostò verso il
tetto di un edificio, gridando:
- Katsu!-
La mazza esplose
violentemente nell’aria, facendo
tremare tutt’intorno. Il ragazzo sogghignò,
osservando il fumo che si diradava,
ma sobbalzò e cambiò espressione, quando
notò che la marionetta era rimasta
intatta e solo Keira era scomparsa. Si levò in piedi ed
osservò la scena.
“Dove
sarà andata? Forse sta per attaccarmi da
qualche altra parte … ma allora cosa aspetta? Ah, un
momento.”
Il sorriso malvagio
tornò sul suo viso; nel
frattempo Keira uscì allo scoperto. Si era nascosta dentro
la testa della piovra
per evitare l’esplosione, ma ora che si erano calmate le
acque non riusciva più
a localizzare il nemico.
- Dannazione, si
è nascosto di nuovo?!- imprecò.
Stavolta senza farsi
sentire, Kiichi lasciò cadere
la seconda mazza chiodata dal tetto di un altro palazzo, che si trovava
alle
spalle dell’avversaria. Sicuro della vittoria,
sentenziò:
- E’
finita, Keira. Katsu!-
Quest’ultima
alzò gli occhi e con orrore vide
cadere l’arma su di sé. Non avrebbe fatto in
tempo, stavolta, a ripararsi nella
testa della sua piovra. Aveva perso.
In quel momento,
insieme ad un forte boato, un
grido si sollevò dalla zona più solitaria del
Villaggio della Sabbia.
Shikamaru scrutava il
cielo azzurro di Konoha alla
ricerca di una qualche ispirazione. Naruto, al suo fianco, leggeva e
rileggeva
il rapporto che gli era giunto dal Villaggio della Roccia: dalla
descrizione di
Yamato, nessuno sembrava riconoscere il misterioso ninja biondo che lo
aveva
attaccato.
- Strano, molto
strano.- ripeté il moretto. -
Potrebbe provenire da qualche altro villaggio, ma è poco
probabile.-
L’Hokage si
risedette alla scrivania e poggiò
stancamente la testa su una mano. Sospirando, aggiunse:
- Forse è
riuscito a far perdere le sue tracce,
qualunque sia il suo luogo d’origine. Ma perché,
poi, ha attaccato il capitano
Yamato?-
Quando si trattava di
questioni spinose e
complicate, Naruto poteva contare tantissimo sulla collaborazione di
Shikamaru,
dalla mente elastica e dalle grandi capacità intuitive. Non
che lui non ne
fosse dotato, ma avere quel placido ninja delle ombre al suo fianco gli
dava
senz’altro un po’ di sicurezza in più.
- So che il capitano
Yamato è l’unico a saper
utilizzare l’Arte del Legno; può essere questa la
ragione?-
L’amico lo
squadrò con perplessità e allora
Shikamaru continuò:
- E’
un’abilità innata molto rara. Solo il Primo
Hokage la sapeva utilizzare e farebbe gola a molti ninja.-
- Potrebbe essere.-
annuì Naruto. - Dopotutto è
l’unico a possedere le cellule di Hashirama, a parte me e
Sasuke nel braccio
ricostruito. Dei tre, il capitano è in effetti il
più avvicinabile.-
Shikamaru prese in
mano un foglio appoggiato sulla
scrivania insieme a tanti altri. Si trattava di un resoconto redatto
dall’ospedale, che descriveva i danni fisici subiti dal
capitano.
- Tra
l’altro il secondo ninja, quello
completamente irriconoscibile, ha strappato dal collo di Yamato un
pezzo di
carne, quindi l’ipotesi regge.- continuò,
grattandosi la nuca.
- A chi
potrà mai servire l’Arte del Legno?- si
ritrovò a chiedersi Naruto, che si allungò sulla
sedia e si stiracchiò subito
dopo. - Non sono in molti a sapere delle sue abilità
… -
- Potrebbe essere
Orochimaru?-
A sentire quel nome,
quasi il biondino non cadde
dalla sedia. Con gli occhi fuori dalle orbite, esclamò:
- Stai scherzando?!
Ora che finalmente quel viscido
serpente è morto, vuoi tirarlo di nuovo in ballo?-
- Dai Naruto, non
scaldarti … - ridacchiò
Shikamaru, che tornò subito serio e proseguì: -
Potremmo fare lo stesso
discorso con l’Organizzazione Alba, eppure il ninja che ha
aggredito Yamato
conosceva l’arte dell’esplosione proprio come
Deidara. Vuoi escludere anche
questa ipotesi?-
Naruto
mugugnò ed incrociò le braccia al petto,
infastidito dalla situazione. Non avevano quasi nulla di concreto in
mano e
stavano procedendo solo ad intuizioni. Innervosito, sbottò:
- Accidenti, non
riusciamo a venirne fuori …
Potrebbe trattarsi di qualsiasi cosa. Chi sono, che cosa vogliono
veramente e
perché?-
Mille domande e
misteri si accumulavano,
preannunciando eventi terribili. Il giovane Hokage ancora non lo
sapeva, ma
quello era solo l’inizio di un conflitto che si sarebbe
aperto solo più avanti
e che non sarebbe stato combattuto da lui, né dai suoi amici.
Gli
unici in grado di
rispondere alla nuova
minaccia che incombeva sul mondo ninja erano i giovani della nuova
generazione,
pronti a diventare dei coraggiosi e forti shinobi.
*
E
rieccomi qui!
Finalmente posso proseguire con gli altri annunci xD
Questo capitolo
conclude la prima parte della storia. Tra questa e la seconda (poi
vedrete che ce ne sarà anche una terza) c'è un
balzo temporale di CINQUE anni. Ve lo anticipo, ma ovviamente ve lo
ricorderò anche nel prossimo capitolo u.u
Andiamo
avanti
con la fanart del capitolo: sono fiera di presentarvi Keira, che avete
appena conosciuto! Non è una strafiga? *-*
L'autrice si chiama Sara ed è una mia carissima amica... di
talento, vero?
Ed
ora l'ultimo annuncio.
Oltre a Federica e Sara, di cui avete visto già due disegni
in questo capitolo e in quello precedente, non ho altre persone a cui
rivolgermi per avere almeno un disegnino, anche solo uno schizzo,
un'immagine dei personaggi della storia. Lo so, è una mia
ossessione quasi stupida quella di voler avere per forza un'immagine
dei miei personaggi, ma caspita... non è una figata? **
Siccome disegnerei io, ma sono una frana, mi rivolgo umilmente a voi, lettori di questa fan fiction che
avete voglia di disegnarne i personaggi nuovi. Fatevi sentire!
Scrivetemi dove volete, se avete voglia di disegnare Eri, Shuichi, Yuji
o altri nuovi personaggi per me! Potrei concedervi qualche spoiler,
dehehe xD
Detto questo, posso concludere col cuore in pace LOL e vi ringrazio
tantissimo per avermi seguita finora. Al prossimo capitolo! <3
Eliot
|
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Capitolo 8 *** I nuovi genin ***
Minna!
Finalmente sono tornata con un nuovo capitolo! Vi prego di perdonare il
mio increscioso ritardo T.T
Sapete com'è, una si fa prendere dalle cose, da altri
fandom... ma dettagli.
Sono lieta di annunciarvi una nuova "saga" della storia, che ha luogo 5
anni dopo lo scorso capitolo (ma sarà comunque spiegato
nella storia stessa, quindi che caspita lo ripeto a fare? xD). I nostri
piccoletti sono cresciuti *-*
La soundtrack che vi consiglio stavolta è Afternoon of
Konoha, celeberrima e simpaticissima. E' adatta da ascoltare nella
prima metà del capitolo ;)
Non mi dilungo oltre: buona lettura!
*
Capitolo
8: I nuovi genin
-
Silenzio! Ragazzi, per favore … Fate silenzio!-
Era in momenti come
questi, che Iruka rimpiangeva
il giorno in cui era diventato insegnante all’Accademia e
desiderava soltanto
la tranquillità e il tepore del suo umile appartamento.
Chissà tra quanti anni
sarebbe andato in pensione …
Di fronte a lui, la
solita visione: una ventina di
ragazzini che chiacchieravano a voce alta, talvolta anche da una parte
all’altra dell’aula. L’unico motivo che
spingeva Iruka ad avere ancora un po’
di pazienza erano i loro coprifronte, nuovi di zecca, simbolo della
loro
promozione a genin e sua ragione d’orgoglio.
Stava per richiamare
l’ordine, quando udì un rumore
alla porta in tutto quel baccano. Timidamente si affacciò
Choji, che fece:
- Maestro Iruka,
avrei bisogno di un favore … -
Al maestro parve di
sentire un coro di angeli, al
posto del frastuono provocato dai ragazzini. Allargò un
sorrisone e corse verso
il suo ex allievo.
- Choji, che
fortuna!- lo interruppe, prendendolo
per le spalle. - Mi sono appena ricordato di avere una commissione
urgente,
quindi potresti annunciare tu ai ragazzi la divisione delle squadre?
Grazie
infinite!-
Guidato dalla forza
dell’esasperazione, Iruka fuggì
dalla classe e lasciò il povero Choji in balia degli eventi.
Quest’ultimo si
avvicinò alla cattedra con perplessità e
osservò il foglio che avrebbe dovuto
leggere. Incuriositi dall’assenza di Iruka, i ragazzi si
calmarono a poco a
poco. Vedendo che finalmente era tornato il silenzio, il sostituto
scrollò le
spalle e prese il foglio.
- Innanzitutto,
ragazzi, mi congratulo con voi.-
esordì, incerto. - Ricordo che non fu facile per me
diventare genin, quindi dovete
essere stati molto bravi. Ora che siete dei veri ninja, sarete divisi
in
squadre formate da tre elementi ed attenderete qui l’arrivo
di un jonin, che
sarà il vostro nuovo maestro e vi accompagnerà
nelle vostre missioni.-
Piccoli boati di
entusiasmo seguirono la
spiegazione di Choji, che sorrise e procedette ad elencare le nuove
squadre di
genin. Arrivato al team 7, lesse i nomi e un sorriso più
grande del primo si
allargò spontaneamente sul suo viso paffuto.
- La squadra 7
è formata da … Eri Uzumaki, Shuichi
Uchiha e Yuji Nara.-
La reazione della
classe fu insolita: tutti si
voltarono verso i posti più in alto, occupati proprio dai
tre interessati.
Una giovane kunoichi
con i capelli sempre
lunghissimi e biondi sbatté le palpebre e
arrossì, per poi ridacchiare
timidamente. Cercò un po’ di supporto morale
girandosi verso il suo amico
d’infanzia, che ricambiò l’occhiata
compiaciuta e passò una mano nella folta
chioma nera con imbarazzo. Il più indifferente era il terzo
giovanotto, che si
limitò a sbadigliare e stendersi sulla panca con un leggero
sorriso.
- Il vostro maestro
è Konohamaru Sarutobi.-
proseguì Choji. - Dovrebbe arrivare a prendervi tra non
molto.-
Le nuove squadre
erano formate. Pian piano la
classe si sfoltiva, i team iniziavano la loro attività in
compagnia dei loro
jonin e siccome si sa che ogni storia si ripete, gli ultimi a rimanere
in aula
in attesa furono naturalmente i membri della squadra 7.
- Era ovvio che ci
mettessero insieme.- esordì
Yuji, che sbadigliò per l’ennesima volta e
accoccolò la testa nelle braccia con
aria annoiata.
Eri si trovava
più in basso, seduta su un banco, e
faceva dondolare stancamente le gambe. Stupita, domandò:
- Come fai ad esserne
sicuro?-
- Siamo i figli dei
ninja più importanti del
villaggio … che ti aspettavi?- mugugnò ancora il
biondino.
Shuichi camminava
avanti e indietro tra i banchi e
la cattedra, perlustrando ogni angolo dell’aula ormai vuota.
Con le mani
ficcate in tasca, sbottò:
- Non vuol dire
niente. Non ci hanno promossi solo
per la fama dei nostri genitori, sai?-
- Hai ragione.-
sorrise lei.
Yuji
accennò una risatina e si alzò in piedi per
stiracchiarsi la schiena.
- Convinti voi
… Ma quando arriva il sensei?-
borbottò.
Shuichi stava per
spalancare la porta e affacciarsi
nel corridoio, quando fu immediatamente preceduto da qualcun altro da
fuori. Si
ritrovò immobile nell’atto di afferrare la
maniglia, le gambe bloccate e la
faccia rivolta verso l’individuo che aveva di fronte. Era
alto e atletico, ma
l’aspetto autoritario che avrebbe dovuto avere un jonin era
smorzato da quei
capelli castani corti un po’ troppo sparati in aria e la
lunga sciarpa al collo,
nonché dall’aria inaspettatamente giovane.
Eri fu la prima a
capire chi fosse e si affrettò a
scendere dal banco e raggiungerlo davanti alla cattedra, seguita
pigramente da
Yuji.
- Scusate il ritardo,
ragazzi!- esclamò il maestro
con un sorriso forzato.
Il giovane Uchiha
incrociò le braccia e lo fissò
accigliato:
- Era ora che
arrivasse … maestro!-
Indispettito,
quest’ultimo ricambiò l’espressione
poco amichevole. Yuji sospirò, mentre Eri
ridacchiò e aggiunse:
- Almeno è
arrivato, finalmente, giusto?-
Il sensei sorrise.
Gli avevano annunciato che
sarebbe diventato il responsabile di una squadra di genin, ma aveva
dovuto
trattenere un salto di gioia quando aveva saputo che sarebbero stati
proprio
quei tre a diventare suoi allievi. Era emozionato e dentro di lui
ardeva il
forte desiderio di essere il maestro ideale.
Non sapeva,
però, che sarebbe stato un compito
particolarmente arduo.
Il sole spaccava le
pietre come al solito e un
alone di polvere rocciosa veniva trasportato dal vento, appannando la
visuale
dei volti degli Hokage scolpiti sulla montagna di Konoha. Parevano
osservare la
nuova squadra 7 di sottecchi, mentre i suoi membri avevano raggiunto il
tetto
del palazzo dell’Hokage per una chiacchierata preliminare.
Eri
allargò le braccia ed ammirò il panorama del
villaggio con un sospiro. Shuichi, invece, mise le mani in tasca e
scrutò le
facce dei precedenti capi della Foglia uno per uno. Infine Yuji
appoggiò i
gomiti sulla ringhiera di ferro e sollevò il viso come per
prendere il sole. Erano
tre ragazzini molto diversi; questo non fu difficile da intuire per
Konohamaru,
sia grazie all’esperienza acquisita diventando jonin, sia
ricordando le
impressioni avute anni prima sui loro genitori, che conosceva in quanto
compagni del maestro Naruto. Dopo cinque anni dall’entrata
dei loro figli in
Accademia, non aveva più avuto notizie ed era curiosissimo
di scoprire quanto
fossero simili alla generazione precedente.
- Da oggi
sarò il vostro maestro, quindi vorrei che
vi presentaste e diceste qualcosa di voi.- iniziò,
incrociando le braccia. -
Sapete, è una tradizione condividere pensieri personali con
gli altri membri
della squadra, come ciò che vi piace e non vi piace, i
vostri sogni e qualsiasi
altra cosa vogliate dire.-
- Perché
non comincia lei?- fece il moretto, alzando
un sopracciglio.
Konohamaru non voleva
sentirsi costretto a
paragonare quei tre ai loro genitori, ma in quel momento Shuichi
sembrava la
descrizione di Sasuke – anche se ricordava soltanto la
versione di Naruto, che
aveva sempre detto il peggio su di lui.
Sospirò ed
acconsentì, aprendo il suo discorso:
- Non è
una cattiva idea, in effetti. Il mio nome è
Konohamaru Sarutobi e sono jonin da qualche mese. Ma non dovete pensare
che non
abbia esperienza, perché nelle mie vene scorre il sangue di
mio nonno, il terzo
Hokage, e Naruto Uzumaki è stato il mio maestro!-
- Ecco come ha fatto
a diventare jonin così presto
… - si lasciò sfuggire Yuji con aria sorniona.
La battuta fece
ridere i due compagni, ma l’altro
strinse i pugni come per volerlo picchiare e sbottò:
- Stai insinuando che
sono un raccomandato?! Non hai
capito proprio niente! Siccome sei stato arrogante, ti presenterai per
primo.-
Il biondo si
separò dalla ringhiera a cui era
appoggiato e sfoderò un’espressione di sfida.
- Non è un
problema, maestro. Il mio nome è Yuji
Nara e nelle mie vene scorre il sangue di Shikamaru Nara e di Temari
del
Villaggio della Sabbia.-
- Cosa? Sei davvero
il figlio di Shikamaru e
Temari?- domandò Eri, fissandolo. - Allora diventerai un
ninja fortissimo!-
Il diretto
interessato non sentì l’impulso né di
vantarsi, né di sentirsi lusingato
dall’osservazione della compagna. Dopotutto,
durante le lezioni era sempre stato occupato a dormire e non aveva mai
parlato
molto di sé. D’altra parte, Konohamaru
ricordò il rapporto ricevuto quella
mattina, contenente le qualità e i voti che avevano gli
allievi, e rispose:
- Direi di
sì. Forte ed anche molto intelligente. Di
sicuro saprete che suo padre è considerato un genio
… Spero solo che tu, Yuji,
non abbia ereditato anche la sua pigrizia!-
- Beh, in effetti
è un grande vizio di entrambi e
mia madre ci rimprovera spesso.- fece il ragazzo, fulminato dallo
sguardo
irritato del sensei. - Ma comunque è vero, mi piace tenere
il cervello allenato
e leggo molto nel tempo libero. Sono convinto che, con una mente sana,
anche il
corpo troverà una grande armonia in ogni sua parte.-
Soddisfatto da come
Yuji si fosse riscattato con
quell’osservazione, il maestro pensò che la sua
mancanza di peli sulla lingua potesse
anche rivelarsi un pregio ben più importante di un dettaglio
come la pigrizia.
Riflettendo sulle sue parole, cambiò espressione ed
annuì:
- Sono
d’accordo.-
L’allievo,
compiaciuto, proseguì:
- Che altro posso
dire? Non mi piacciono i
piantagrane e quelli che fanno sempre un gran trambusto. Sono un tipo
tranquillo … Non ho neanche sogni particolari, spero solo di
diventare un buon
ninja.-
- Grazie mille,
Yuji.- sentenziò Konohamaru, riappacificatosi
con il giovane nuovo genin. - Chi è il prossimo?-
Eri mirò a
Shuichi con un’occhiata fulminea,
sufficiente per capire che di certo il ragazzo non saltava di gioia
all’idea di
parlare di sé. Fu quindi lei a offrirsi volontaria:
- Io, tocca a me!-
Quando
l’attenzione degli altri fu tutta sulla
bionda, quest’ultima arrossì, ma si rese conto che
in fondo non le dispiaceva
ritrovarsi al centro del discorso e riuscì a sorridere.
- Io sono Eri
Uzumaki. Vediamo … - fece, cercando
le parole adatte a fare una buona impressione. - Mi piacciono gli
animali, i
fiori … e mi piace anche mangiare! Non si nota,
perché in compenso mi muovo
parecchio. Infatti, se c’è una cosa che non mi
piace è stare ferma. Sono curiosa
e ho sempre voglia di conoscere persone e posti nuovi. E’ uno
dei motivi per
cui sono contenta di essere un ninja!-
Konohamaru
l’ascoltava con piacere ed era
intenerito dall’innocenza che emanava e di cui sembrava che
tutti dovessero
convincersi.
- Ah, dimenticavo:
sono la figlia di Hinata Hyuuga
e di … Naruto Uzumaki.- terminò Eri, diventando
paonazza.
Yuji non ricordava di
averla mai sentita parlare a
lungo durante le lezioni. Non che le seguisse assiduamente, ma si era
fatto
l’idea che Eri non amasse mettersi in mostra. Fu
positivamente colpito dalla
sua timidezza, che però si accompagnava alla
volontà di farsi conoscere, ed
osservò:
- Allora in fondo ci
tieni, a dire che sei la
figlia dell’Hokage.-
- Sì.-
annuì debolmente l’altra, che nascose la
testa nelle spalle senza però riuscire a smettere di
sorridere. - Mi ritengo
veramente fortunata e perciò sento il bisogno di dare il
meglio di me in ogni
cosa che faccio. I miei genitori sono degli shinobi potentissimi; di
conseguenza la gente si aspetta che io lo diventi almeno quanto loro.
Non posso
deluderli … Il mio più grande sogno è
rendere i miei genitori orgogliosi di me!-
Il maestro
sussultò. Lo sguardo e il sorriso che
facevano splendere il viso di Eri erano molto simili a quelli che
apparivano spesso
sul volto del padre, quando ripeteva di voler diventare Hokage e di
vedere
riconosciuta la sua forza da tutti gli abitanti del villaggio. Il
desiderio di
emergere, di diventare qualcuno di importante per la propria gente era
stato
trasmesso spontaneamente da Naruto alla figlia: si trattava della
storica
volontà del fuoco, che già scaldava il cuore di
quella piccola kunoichi.
Konohamaru, quasi
commosso, non si trattenne e
disse:
- Hai lo stesso
spirito di tuo padre, lo sai, Eri?
E’ stato il mio maestro a lungo e l’entusiasmo che
mi trasmise lo sto rivedendo
in te. Vedrai che gli farai onore!-
La ragazza
arrossì di nuovo e parve volersi nascondere
sotto i boccoli biondi che le coprivano parte della fronte.
- Coraggio, adesso
tocca a te.- aggiunse
Konohamaru, rivolgendosi al terzo membro della nuova squadra.
Il moretto si era
seduto sulla ringhiera e teneva
le mani ben salde a quella sbarra di ferro. Sollevò la testa
e cercò un po’ di
incoraggiamento da parte dei compagni: Eri ammiccò e Yuji
sorrise.
- Mi chiamo Shuichi
Uchiha e sono il figlio di
Sasuke Uchiha e di Sakura Haruno.- sospirò il ragazzo, con
occhi cupi. - Credo
di essere molto diverso dagli altri.-
Nella sua espressione
non c’era traccia di
presunzione o di arroganza, ma il suo tono di voce era tanto serio da
contagiare gli altri tre, che non si azzardarono nemmeno ad
interromperlo.
- Molti mi giudicano
perché mio padre è stato un
traditore di Konoha e il nostro clan ha una brutta storia alle spalle.
Ma tutto
questo non mi importa e poi … io sono diverso da mio padre.-
L’ultima
frase risuonò tutt’intorno ad una strana
frequenza, come se volesse imprimersi profondamente nelle menti degli
altri.
Shuichi proseguì quindi con più enfasi:
- Anche se non parlo
tanto ed ho pochi amici, sono
una persona pacifica. Mi piace stare nella natura, nella quiete,
perché mi
aiuta a pensare. Insomma, quello che voglio è che nessuno
abbia più dei pregiudizi
nei confronti della mia famiglia. Non ho un vero e proprio sogno, ma
una grande
ambizione … -
A Konohamaru
tornò in mente l’aura oscura che aveva
sempre visto intorno a suo padre, Sasuke. Era preoccupato, ma si
stupì quando
Eri guardò il compagno con un sorriso gentile.
- Voglio diventare
forte, più forte persino di mio
padre!- sentenziò Shuichi, a cui brillavano gli occhi verdi
sotto la luce del
sole. - Così tutti capiranno che posso essere un bravo ninja
rimanendo me
stesso, nonostante quello che si pensa in giro sugli Uchiha e su di me.-
L’unica
abituata a quel fervore nelle sue pupille
era Eri, che lo conosceva da quando erano piccoli. L’aveva
sempre visto sognare
avidamente il giorno in cui avrebbe potuto mettersi alla prova e
stupire tutti,
prendendosi la sua rivincita sul mondo. Lo guardò con
tenerezza, mentre gli
altri gli rivolsero un’occhiata di leggero stupore.
- Sono convinto che
ci riuscirai, Shuichi.-
sentenziò il maestro, che dimenticò i suoi
paragoni con Sasuke e pensò soltanto
ad elogiare la volontà del ragazzino che aveva davanti.
Quest’ultimo
si decise finalmente a sorridere,
anche se preferiva restare sulla difensiva ancora un po’.
A quel punto,
Konohamaru ebbe un brivido. Era giunto
un momento importante e lui stesso fremeva dalla felicità.
Mise le mani in
tasca con fare teatrale e sospirò:
- Bene, ragazzi, mi
ha fatto piacere conoscere
queste cose di voi. Mi ispirate fiducia … ed è un
vero peccato dovervi dire che
rischiate di tornare all’Accademia.-
Gli allievi lo
fissarono, increduli e spaventati.
- Che cosa?!
Pensavamo di essere ufficialmente
diventati genin!- protestò subito Shuichi.
- Non è
così, per vostra sfortuna.- rispose il
sensei, senza trattenersi dal sorridere con aria di sfida. - Tuttavia
c’è un
lato positivo: oggi avrete la possibilità di mettere alla
prova le vostre
capacità; tutto ciò che dovete fare è
superare un test. Fu sottoposto al mio
maestro e oggi lo replico a voi, anche se con qualche piccola
variazione.-
“Papà
non me ne aveva mai parlato!” pensarono sia
Eri, che Shuichi. Yuji, invece, mise immediatamente in moto il cervello
e
cominciò a riflettere.
Sempre più
colpiti, i tre ragazzini rimasero ad
ascoltare le parole del maestro, ma i pensieri veloci e il battito
accelerato
sembravano volerli distrarre. Avevano iniziato a tremare
dall’eccitazione e,
senza che se ne rendessero conto, gli angoli delle loro bocche si
distesero a
formare dei sorrisi divertiti.
Avrebbero dovuto
essere delusi ed allarmati, al
pensiero di dover ripetere un esame per diventare genin, eppure le loro
reazioni manifestavano solo gioia ed impazienza. In fondo non
aspettavano
altro: era arrivato il momento di rendere giustizia alle loro origini e
allo
stesso tempo di separarsene, dimostrando di meritare pienamente il
titolo di
ninja sulla base delle loro abilità, non del loro nome.
Notando il loro
atteggiamento, Konohamaru sorrise
di rimando e tirò fuori dalla tasca tre campanellini legati
ad una cordicella.
Li fece roteare tra le dita sotto lo sguardo curioso dei tre e
proseguì:
- Vedete questi tre
campanelli? Il vostro compito è
cercare di rubarmeli. La prova termina quando ci riuscirete o vi
arrenderete.
Mettetecela tutta e sfruttate ogni vostra risorsa, senza aver paura di
farmi
del male. E’ tutto chiaro?-
I corpi dei giovani
ninja non si trattennero: le
loro mani si spinsero spontaneamente in avanti e le ginocchia si
piegarono, le
schiene si incurvarono e il loro sguardo si fece concentrato. Eri,
Shuichi e
Yuji erano già in posizione di guardia ed esclamarono:
- Siamo pronti, Konohamaru-sensei!-
Sentendo la
soddisfazione montargli nel petto, il
maestro strinse gli oggetti della prova in un pugno chiuso e fece un
passo
indietro.
- Se riuscite a
prendere i campanelli prima di
pranzo, avrete vinto. Altrimenti dovrete tornare
all’Accademia. Anche se in
ogni caso ci sarà uno di voi che dovrà tornarci,
se prenderà il suo campanello
per ultimo.-
A queste parole, i
ragazzi trasalirono e si fecero
ancora più concentrati. Non avrebbero avuto molto tempo e
sarebbe servito tutto
il loro impegno. Nessuno di loro aveva intenzione di perdere quella
sfida.
Konohamaru godette di
quegli istanti di tensione,
sapendo che avrebbero preparato psicologicamente i suoi allievi alla
prova che
li attendeva. Dopo un respiro lento e profondo, esclamò:
- Via!-
I ragazzi della
squadra 7 non gli diedero nemmeno
il tempo di muoversi. Eri, che si trovava proprio di fronte al maestro,
allungò
un braccio per colpirlo in pieno viso, ma fu sbalzata in avanti e
dovette
fermarsi per riprendere l’equilibrio. Intorno a lei, solo una
nube di fumo.
- Era una copia!
Aveva intenzione di sottoporci a
questa prova fin dall’inizio!- osservò la
ragazzina, sconvolta.
I tre si guardarono
intorno e in effetti del
maestro non c’era più traccia. A cuocere sotto il
sole del Villaggio della
Foglia parevano essere rimasti solo loro.
- Quello vero si
sarà nascosto qui in giro … -
disse Yuji. - Proviamo a vedere lassù.-
Avviandosi verso i
volti di pietra degli Hokage, il
piccolo Nara indicò il bosco che si estendeva sopra la
montagna. Gli altri due
lo seguirono senza fiatare, balzando di roccia in roccia, avidi di
competizione.
Giunti
all’inizio di quella distesa di alberi,
cominciarono a camminare in silenzio. Nella loro mente echeggiavano
mille domande
e rimbombavano altrettante speranze. Sarebbero riusciti a rubargli quei
campanellini e ad ottenere ufficialmente il titolo di genin?
C’era qualche
trabocchetto che avrebbero dovuto individuare e neutralizzare? Quella
prova
aveva per caso un secondo fine?
Ebbero la sensazione
che quella rappresentasse la
loro prima vera missione, dalla quale dipendeva il loro futuro. Non
potevano
permettersi di abbassare la guardia o di fare passi falsi.
*
Dehehehe!
Vi è piaciuto il capitolo? Caspiterina, spero tanto di
sì! A me tantissimo, adoro troppo questi tre ragazzotti C:
Passiamo alla
fanart del capitolo: una ex compagna di classe della mia sorellina,
otaku e bravissima nel disegno, mi ha gentilmente abbozzato un
disegnino di Eri cresciuta, appena terminata l'Accademia. E' molto
fedele a come me l'ero immaginata io... vi piace? :3
Perdonate le dimensioni D:
Non
è un amore? <3
Ma adesso basta,
passiamo alle ultime avvertenze: sono in cerca di artisti per la mia
fan fiction, quindi se avete piacere di disegnare i personaggi nuovi
della storia, come Eri, ma anche Shuichi, Yuji o gli altri che
troverete, fatevi sentire! Sarebbe meraviglioso, visto che io a
disegnare sono una frana. xD
Per il resto, se
siete alla ricerca di spoiler, potete andare a cercare su Facebook il
profilo di Eri Uzumaki. Ebbene sì, esiste! HAHAHA XD Giusto
per divertirvi un po'. ;)
Ok, non mi resta
che ringraziarvi di cuore per aver letto, recensito, messo nelle
preferite/seguite/ricordate la mia storia. Grazie, grazie veramente a
tutti voi! Un baciotto :*
Eliot
|
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Capitolo 9 *** Il test dei campanelli ***
I-Io
non so come scusarmi. Davvero. *si inchina*
Lo so, sono
tremendamente in ritardo; non so nemmeno se state ancora seguendo
questa fanfiction. Ma non voglio lasciarla a metà, non ne ho
il cuore. Perciò, anche se a rilento, la
continuerò poco alla volta e la porterò a
termine. Vedrete! <3
Nel frattempo,
se ve ne siete ricordati e siete qui a leggerla, vi ringrazio di tutto
cuore e con tutta l'anima!!
Per questo capitolo vi consiglio Survival Examination come soundtrack d'accompagnamento. ;)
*
*
Capitolo
9:
Il test dei campanelli
I tre
erano ormai nel folto della foresta, quando
Shuichi si bloccò nel bel mezzo del sentiero.
- Che
cos’hai?- gli domandò Eri, voltandosi a
guardarlo.
L’altro non
rispose e tenne lo sguardo fermo su un
punto impreciso del terreno. Anche Yuji smise di camminare e lo
fissò con fare
interrogativo; voleva chiedergli qualcosa, ma se avesse rotto quello
strano
silenzio avrebbe avuto l’impressione di compiere un
sacrilegio.
Con un fruscio,
Konohamaru apparve improvvisamente
sopra di loro: saltò giù dal ramo su cui era
accucciato, con l’intenzione di
colpire i ragazzi, ma Shuichi lo intercettò ed
afferrò il suo braccio,
sfruttandolo come perno per scaraventare via il corpo del maestro.
Allarmati,
Eri e Yuji fecero due balzi indietro e videro l’avversario
rotolare lungo il
sentiero.
- Che
rapidità! Come avrà fatto Shuichi a reagire
così in fretta?- si chiese il biondino, nascondendosi dietro
un cespuglio.
Accanto a lui si
appostò la compagna, mentre
Konohamaru si rialzava lentamente e si preparava ad affrontare il
giovane
Uchiha. Con un ghigno compiaciuto, Eri disse:
- L’ha
fatto grazie allo Sharingan.-
Proprio in quel
momento, Shuichi sollevò lo
sguardo. Le celebri iridi scarlatte erano apparse, decorate da ben tre
tomoe.
Yuji restò senza parole dalla sorpresa e dalla
curiosità; intanto lo scontro
tra i due che avevano davanti era cominciato e iniziarono a susseguirsi
colpi
su colpi, alcuni incassati e altri evitati. Shuichi era
concentratissimo,
Konohamaru era invece divertito.
- Lo Sharingan
è l’abilità innata del clan Uchiha.-
spiegò Eri, notando lo stupore dell’amico. - Gli
permette di potenziare la
vista e quindi di prevedere e contrastare le mosse
dell’avversario. Tra le
altre cose, mi sembra di ricordare che con esso è anche
possibile vedere il
flusso di chakra del nemico.-
La ragazzina
assisteva allo scontro e tifava per
l’amico d’infanzia. Pronunciò ogni
parola del suo discorso con orgoglio ed
ammirava la tensione dipinta sul suo viso. Sapeva meglio di chiunque
altro che
Shuichi si era sempre impegnato al massimo, pur di diventare forte.
Ciò che
però non poteva immaginare era che una delle sue principali
fonti d’ispirazione
era proprio lei: il ragazzo nutriva un sentimento sincero per Eri e
contro il
maestro in quel momento non aveva intenzione di perdere, soprattutto
perché
c’era lei a guardarlo. Cadere sconfitto davanti ai suoi occhi
era un pensiero
che non riusciva a sopportare.
- Capisco,
è un’abilità oculare … -
fece Yuji che
invece era concentrato sui movimenti del sensei. - Un momento, tu non
sei
figlia degli Hyuuga?-
A quella domanda
apparentemente fuori luogo, Eri
sobbalzò:
- Come?-
- Se non vado errato,
dovresti saper utilizzare il
Byakugan e quindi possedere una visuale quasi completa
dell’ambiente
circostante.- ipotizzò l’altro.
Eri si fece
sorprendere dal fatto che Yuji, pur non
amando apparire ed essere indiscreto, riusciva a raccogliere
informazioni più
facilmente degli altri grazie al puro spirito d’osservazione.
Indispettita,
sbottò:
- Chi ti ha parlato
del Byakugan?-
- Beh, mio padre.-
rispose lui, non credendo che
fosse un segreto.
Eri aveva sempre
avuto l’abitudine di pensare a
quell’abilità innata come un argomento delicato
per il nobile clan d’origine,
ma si accorse che forse non era poi una questione così
riservata per gli
abitanti del villaggio. Abbandonò la titubanza,
poiché si trattava comunque di
un compagno di squadra di cui avrebbe dovuto fidarsi, e
raccontò:
- Come avresti dovuto
intuire, sono figlia degli
Hyuuga solo per metà. Di conseguenza non posseggo il
Byakugan dalla nascita
come i membri diretti della famiglia.-
- Cosa, davvero?-
disse Yuji, che non immaginava
quella possibilità.
- Già.
Diciamo che la mia è soltanto una
predisposizione. Il Byakugan è presente nel mio DNA, ma devo
svilupparlo per
conto mio come una qualsiasi altra abilità.-
Eri assunse uno
strano atteggiamento, mentre
parlava. Sembrava turbata, come se stesse rivelando una
verità scomoda. Il
compagno si sentì in colpa per aver sollevato un argomento
spinoso e tagliò
corto:
- Ho capito, quindi
per saperlo usare dovrai
seguire un allenamento.-
La ragazza
annuì, tornando a concentrarsi sulla
lotta tra Konohamaru e Shuichi. Quest’ultimo diede un doppio
calcio al petto
del maestro, dandosi la spinta per saltare indietro e riprendere fiato,
mantenendosi a distanza. Anche l’avversario parve averne
bisogno: quel tipo gli
stava dando del filo da torcere.
- Vedo che Shuichi ha
molta voglia di dimostrare la
sua forza.- osservò Eri con piacere, notando che
l’amico non dava alcun segno
di cedimento.
- Anch’io,
sai?-
Il tono di Yuji si
era fatto diverso. La ragazza si
girò e lo vide con lo sguardo fisso sul maestro,
un’espressione concentrata sul
volto e le mani unite a formare un sigillo.
-
Kagemane no Jutsu!-
L’ombra di
Yuji cominciò ad allungarsi, uscendo dal
cespuglio ed allacciandosi a quella di Konohamaru, che era ancora fermo
davanti
a Shuichi. Eri spalancò gli occhi e riconobbe la tecnica: si
trattava del
Controllo dell’Ombra, simbolo del clan Nara.
Il sensei si accorse
troppo tardi di essere stato
immobilizzato dall’ombra dell’allievo ed
imprecò:
- Accidenti, come ho
potuto distrarmi?!-
Shuichi, che non
voleva abbassare la guardia,
scrutò con attenzione l’ombra di Yuji, che
poté quindi uscire dal suo
nascondiglio seguito dalla compagna di squadra.
- Adesso
sarà un gioco da ragazzi prendere i
campanelli … - fece il biondino soddisfatto.
Il maestro, ancora
immobile, ebbe solo il tempo di
accennare un ghigno divertito, prima di scomparire
all’improvviso in una nube
di vapore.
- Non ci credo, era
una copia anche questa!- sbottò
Yuji ad occhi spalancati, esprimendo tutto il suo sdegno.
Il moretto aggiunse,
con un’espressione cupa:
- Non me ne sono
neanche accorto, perché non mi ha
fatto stare fermo un secondo.-
- Il maestro
Konohamaru ci sta giocando troppi
scherzetti, per i miei gusti … - borbottò ancora
Yuji. - Dove sarà adesso?-
I tre ragazzini non
ebbero nemmeno un secondo per
formulare delle ipotesi: un fruscio li fece voltare verso gli alberi e
videro
altre cinque copie di Konohamaru avvicinarsi velocemente, attraverso la
foresta.
- Maledizione!-
imprecò Shuichi, che non voleva
perdere tempo con altri trucchetti.
- Gli piace
moltiplicarsi, eh?- disse Eri,
muovendosi in direzione delle copie. - Allora risponderò
allo stesso modo. Kage
Bunshin no Jutsu!-
Dopo aver formato il
sigillo giusto, la ragazza fu
circondata da quattro copie di se stessa. Davanti agli sguardi stupiti
dei
compagni, corse poi verso quegli avversari tutti uguali e
combatté ad armi pari
contro di loro. Spiccando dei balzi tra i rami, Shuichi e Yuji
raggiunsero il
luogo dello scontro per vedere meglio. In un gioco di piccoli agguati e
attacchi a sorpresa, Eri stava spingendo il
maestro verso una radura in mezzo agli alberi, talvolta a
costo di
perdere una delle proprie copie. Era un modo più pacato di
combattere, ma
sembrava funzionare e i due ragazzi lo constatarono in silenzio,
continuando a
osservare il duello ognuno dal proprio ramo.
Ad un certo punto,
però, Eri si ritrovò a terra, da
sola. Rialzandosi, vide le ultime due copie di Konohamaru che la
fissavano a
braccia incrociate, con uno strano sorriso sul volto.
- Dannazione!-
imprecò lei, fissandoli. - Credo sia
inutile cercare di capire quale sia quello vero, sempre se non sono
entrambe
delle copie … -
Yuji saltò
giù dal suo ramo, atterrando in una
parte laterale della radura, mentre Shuichi fece lo stesso
dall’altra,
preoccupato:
- Eri, stai bene?-
- Sì,
tutto a posto.- annuì lei, ammiccando ad
entrambi i compagni per rassicurarli.
La ragazza si rese
conto che avrebbero soltanto
perso tempo, se avessero continuato a combattere contro delle copie.
Era
necessario scoprire in fretta dove si nascondesse il vero Konohamaru:
era lui
il loro unico avversario.
“Devo
riuscire a colpire questi due senza sprecare
tempo ed energia.” rifletté Eri. “Se
spariranno, saranno state semplici copie,
altrimenti …”
Una volta focalizzato
il proprio obiettivo, Eri
tirò fuori quattro shuriken, tenendone due per mano. I
compagni, che le stavano
di fianco pronti a intervenire, la guardarono con aria interrogativa e
anche il
maestro fece lo stesso. Lei ne approfittò per lanciare
subito un paio di
shuriken, veloci e diretti ognuno verso una delle copie, continuando a
tenere
gli altri due in entrambe le mani. Konohamaru, siccome doveva
proteggere il suo
trucco delle copie e non poteva quindi farsi colpire, non ebbe altra
scelta se
non saltare per evitare gli shuriken. Quando tutti e due furono per
aria, si
accorsero della strategia di Eri: quest’ultima aveva saltato
insieme a loro e a
mezz’aria le sarebbe stato impossibile mancare i bersagli!
Tirati gli altri due
shuriken, solo uno dei due Konohamaru sparì, mentre
l’altro fu preso al
braccio.
- Ce l’ho
fatta!- esclamò la ragazzina, atterrando.
Il maestro si
liberò facilmente del piccolo
shuriken che l’aveva ferito e fissò
l’allieva con soddisfazione.
- Niente male.- fece,
stupendosi di come quel
trucchetto banalissimo avesse funzionato per smascherarlo. - Ma non
basta per
fermarmi!-
Anche dopo aver
parlato, tuttavia, Konohamaru non
poté muoversi come voleva, poiché Yuji e Shuichi
lo tenevano sott’occhio.
- Eri, Yuji
… spostatevi immediatamente.-
A parlare era stato
il moretto, che aveva di nuovo
lo Sharingan attivo. Posizionando le mani e formando dei sigilli,
pronunciò:
- Katon
… -
L’amica
bionda comprese al volo e prese l’altro
compagno per un polso, strattonandolo via.
- Yuji, andiamocene
subito!- esclamò.
Fecero appena in
tempo a buttarsi dietro a un
tronco, che Shuichi completò in fretta la sua tecnica:
- … Gohkakyu
no Jutsu!-
La Palla di Fuoco
Suprema funzionò alla perfezione,
sprigionata dalle dita di Shuichi che si erano accostate alla bocca. La
violenta e veloce fiammata sorprese il maestro, che per evitarla fu
costretto a
ripararsi dietro alcuni alberi più distanti.
- Che forza!-
commentò tra sé. - Ne è già
capace ed
è anche ben fatta!-
Shuichi
imprecò quando, dissolti fumo e fiamme, non
vide il sensei tra le erbacce e i rami bruciacchiati
tutt’intorno e lo notò
nascosto fuori dalla radura. Se si fosse mosso per provare a stanarlo,
di
sicuro l’avrebbe fatto scappare e sarebbe stato poi
impossibile recuperare le
sue tracce.
Konohamaru
sogghignò e formò dei sigilli con le
dita. Richiamato il chakra, esclamò in direzione del giovane
avversario:
- Beh, visto che fai
sul serio … Katon:
Haisekisho!-
Una nube grigia si
sparse ovunque, uscita dalle
guance gonfie del maestro. Eri e Yuji non si mossero di un millimetro,
nascosti
dietro il tronco robusto di prima, mentre Shuichi balzò
all’indietro alla
ricerca di un riparo. Sapeva che cosa sarebbe successo se il maestro
avesse
serrato i denti: le Ceneri Brucianti si sarebbero accese ed avrebbero
provocato
un’esplosione di grande portata. Era necessario proteggersi.
Konohamaru
ridacchiò ancora e non tardò ad agire.
Batté i denti come per accendere una miccia immaginaria e
una lingua di fuoco
si allargò spaventosamente in tutta la radura. I tre ragazzi
evitarono
l’esplosione come poterono, nascondendosi e meditando sulla
loro prossima
mossa.
- Siete tenaci.-
osservò il sensei, apparso su un
ramo sopra le loro teste una volta che il fumo si dissolse. - Ma esiste
un solo
modo per sconfiggermi e dovete essere voi a scoprirlo!-
Shuichi raggiunse con
un balzo i compagni, in modo
da riunire il gruppo. Con l’ennesimo ghigno, Konohamaru
iniziò a spostarsi
velocemente da un albero all’altro e i ragazzini lo imitarono
senza perderlo di
vista. Non avevano ancora combinato nulla di buono, tantomeno si erano
avvicinati a quei campanellini; non potevano permettersi di sprecare
tempo
prezioso.
Il giovane Uchiha era
il più innervosito, perché
era sicuro di avere le capacità per farcela, eppure non ci
era ancora riuscito.
Balzando in testa al gruppo, esclamò:
- Eppure
dev’esserci un modo per tenergli testa …
Siamo tre contro uno, possibile che non ce la facciamo?-
Gli altri due non
risposero, soprattutto perché
erano d’accordo con lui. Eri in particolare si chiedeva con
insistenza quale
fosse il modo giusto per battere il maestro, ma il suo flusso di
pensieri si
interruppe quando quest’ultimo si voltò e sorrise
verso i suoi allievi.
Non era un ghigno
sornione come i precedenti … Era
diverso, era un’espressione benevola e piena di fiducia.
La ragazzina rimase
impressionata da quello
sguardo, ma non poté osservarlo meglio, poiché
Konohamaru spiccò un salto più
lungo degli altri e sparì del tutto nella foresta. Delusi, i
tre atterrarono su
un ramo robusto per riprendere fiato.
- Uffa, è
sparito!- si lamentò Yuji. - Se andiamo
avanti così, non lo prenderemo mai … -
Gli altri due stavano
per dire qualcos’altro, ma il
biondino tacque del tutto e compì un gesto inaspettato:
chiuse gli occhi e si
toccò il mento con un indice, tenendo le braccia incrociate.
Il silenzio che
accompagnò quell’azione insolita parve perfino
diventare più intenso e
profondo.
- Che sta facendo?-
si chiese Shuichi a bassa voce.
- Credo che stia
riflettendo … - mormorò l’amica,
osservando il compagno quasi in trance. - Ci conviene farlo anche noi.-
Fu così
che anche loro radunarono le idee e
tentarono di fare un bilancio della situazione. L’obiettivo
erano i
campanellini, ma sarebbe stato impossibile prenderli senza sconfiggere
o
perlomeno immobilizzare il maestro. Quanto erano distanti dal riuscirci?
Il moretto si
appoggiò al tronco dell’albero,
facendo attenzione a non disturbare Yuji nella sua strana meditazione,
e si
rivolse direttamente ad Eri:
- Uhm …
L’unica volta che abbiamo colpito il
maestro è stata quando tu gli hai lanciato gli shuriken.
Come mai solo in quel
momento ha funzionato?-
- Non so spiegarmi il
motivo, ma ero sicurissima
che il maestro avrebbe evitato i primi due shuriken saltando in aria .-
fece
lei, cercando di visualizzare di nuovo la scena. - Non avrebbe mai
potuto
spostarsi di lato, perché … -
Eri
sussultò. Rivide se stessa tirare fuori gli
shuriken e lanciare i primi due, la loro traiettoria, i due Konohamaru
che si
preparavano a saltare, lei stessa che faceva leva sulle ginocchia per
imitarli,
Yuji e Shuichi che le stavano accanto pronti a intervenire.
Un momento. Yuji e
Shuichi pronti a intervenire?
- …
perché c’eravate voi a impedirglielo!-
sbottò
all’improvviso. - Se si fosse spostato, voi due
l’avreste fermato!-
Il compagno
spalancò gli occhi verdi ed arrivò alla
sua stessa conclusione:
- Ma allora
… questo significa che … -
- Significa che
bisogna agire insieme.- lo
interruppe Yuji, che aveva smesso di riflettere in
quell’istante e ora li fissava
con un leggero sorriso. - Quell’attacco ha avuto successo
grazie a tutti e tre,
anche se indirettamente. Anche quando sono riuscito a bloccare il
maestro con
la mia ombra, il merito è stato di Shuichi che ha fatto da
diversivo. È questo
l’unico modo per battere il maestro: il lavoro di squadra.-
- Giusto!- annuirono
Eri e Shuichi insieme, felici
di aver capito tutto.
Tutti e tre provarono
una sensazione nuova. Un
senso di sicurezza che avevano cercato disperatamente nelle ore
precedenti e
che solo ora sentivano scorrere nelle vene. Stavolta pensarono davvero
di
farcela.
- In
realtà ci rimuginavo da un po’ e avrei
già un
piano in mente … - sentenziò Yuji con aria
assorta. - Vi andrebbe di sentirlo?-
Non era la prima cosa
che avrebbe voluto fare, ma
Shuichi era curioso di scoprire se l’idea del lavoro di
squadra avrebbe
funzionato sul serio, perciò fece vistosamente di
sì con la testa.
- Ti ascoltiamo,
Yuji!- sorrise invece Eri,
entusiasta.
I ragazzini si
avvicinarono l’uno all’altro e
discussero del piano. Non avevano notato il maestro Konohamaru che li
osservava
da lontano senza udire le loro parole, ma non avrebbero comunque avuto
alcun
motivo di preoccuparsi: Konohamaru era soddisfatto.
Il sensei giunse alla
fine del bosco e si ritrovò
in un prato immenso. Scese dagli alberi e riprese fiato, certo di aver
distanziato gli allievi.
“E’
un po’ strano che tutto stia andando così
bene.” pensò. “Il maestro Iruka mi ha
detto che di solito i nuovi genin
commettono l’errore di mettersi l’uno contro
l’altro pur di superare la prova.
Questi tre, invece, non hanno mostrato segni di rivalità e
penso che se uno di
loro riuscisse a rubarmi i campanelli li distribuirebbe nel gruppo.
Avranno già
capito che devono lavorare insieme?”
- L’ho
trovato, maestro!-
Il grido di Shuichi
fece sobbalzare Konohamaru, in
quale evitò il pugno che gli stava arrivando alle spalle e
con alcuni balzi ritornò
in cima a un albero.
- A quanto pare sono
stato troppo ottimista … -
borbottò tra sé.
Il ragazzino mise le
mani sui fianchi con aria
arrogante ed esclamò:
- Allora, Konohamaru-sensei!
Non viene
quaggiù a combattere come fanno i veri ninja?-
- Come ti permetti,
piccolo … !-
“Non era
così vivace, quando l’ho affrontato
prima.” rifletté il maestro. “Forse era
troppo impegnato a studiare le mie
mosse e ora crede di aver capito come battermi? Mi sta
sottovalutando.”
- Non sai ancora
niente di come combattono i veri
ninja!- fece lui, con la stessa espressione soddisfatta.
Con un leggero
sorriso, Konohamaru saltò giù dal
ramo creando dei sigilli con le mani, mentre Shuichi si spostava per
mantenersi
a distanza.
- Kage
Bunshin no Jutsu!-
Come previsto, alcune
copie apparvero intorno a
Konohamaru, ma l’allievo non si lasciò intimidire.
- Ancora copie?-
sbottò lui. - Com’è monotono,
maestro!-
- Io ci penserei due
volte, prima di parlare … -
rispose l’altro, disponendo nuovamente le mani di fronte a
sé per formare un
sigillo.
Sospettoso, Shuichi
stette a guardare, mentre
Konohamaru non resistette alla provocazione del ragazzo e decise di
sfoderare
la tecnica di cui andava più fiero.
- …
Tecnica dell’Harem!-
Una serie di sbuffi
apparvero, lasciando Shuichi
completamente stranito. Quando la solita nebbiolina si dissolse, ecco
che
apparve mezza dozzina di donne dalle fattezze spettacolari e
dall’espressione
ammiccante sul volto!
Il giovane Uchiha aveva
intuito che il maestro non
fosse esattamente il jonin più serio di Konoha, ma non si
sarebbe mai aspettato
un jutsu del genere. Sensibile com’era, rimase spiazzato
dinanzi a cotanto ben
di dio e dovette trattenersi dal far uscire sangue dal naso, mentre
ormai il
suo viso era rosso intenso fino alla punta delle orecchie.
Il gruppo di donne lo
accerchiarono e gli
mormorarono da ogni parte la stessa frase:
- Ciao, mio caro Shuichi-kun!-
Il poveretto non
seppe più che altro fare; stava
sudando tantissimo e non era certo di resistere ancora per molto con
gli occhi
spalancati dallo stupore. Dopotutto era pur sempre un maschio e non
poteva
certo spazzare via quelle bellissime femmine con un pugno secco.
- Oh insomma, adesso
basta!-
A seguire quella
frase fu una serie di colpi ben
assestati, che in pochi secondi fecero sparire le ragazze e lasciarono
in piedi
solo Konohamaru, che era tornato normale e si stava tenendo lo stomaco
dalle
risate.
Shuichi
sospirò di sollievo quando vide che a togliere
di mezzo
l’harem erano stati Eri e Yuji,
non senza un briciolo di disappunto per come il loro compagno si fosse
fatto
soggiogare per un momento da una tecnica così stupida.
- Baka!-
si limitò ad esclamare la ragazzina
con una lieve sberla sulla nuca dell’amico. - Non ti
vergogni?-
Yuji lì
vicino incrociò le braccia e sospirò con
aria rassegnata, mentre Shuichi si limitò a massaggiarsi il
punto colpito da
Eri e a ridacchiare per rendere la propria condizione meno drammatica.
Fu in quell’istante
che Konohamaru sogghignò tra sé
e pensò: “Manca poco a mezzogiorno e lo spirito di
squadra che doveva tenerli
uniti si sta rivelando più debole di quanto credessi.
E’ la mia occasione per
dare loro una lezione e metterli a tacere una volta per
tutte!”
*
Beh, la piega si
fa interessante per i nostri tre protagonisti, no? Come pensate che
finirà la sfida dei campanelli? Sono curiosa di sentire le
vostre teorie c:
Al prossimo
capitolo, dunque! Spero di non tardare ancora, ma non posso promettervi
nulla. Posso solo augurarmi che siate ancora qui a leggere. ;)
Eliot ;D
|
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