Un fatto ovvio

di Angels_99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tutto è cambiato. ***
Capitolo 2: *** Primi passi. ***
Capitolo 3: *** Confessioni ***
Capitolo 4: *** Sorridere tra le righe ***



Capitolo 1
*** Tutto è cambiato. ***


Questa storia è nata mentre ascoltavo una canzone... dopo aver visto il videoclip ho sentito la lampadina accendersi :) Ringrazio Maty, che mi sopporta insieme a Reb (tra poco arrivo a vedere l'aggiornamento) la mia famiglia caskettosa: sorelle, figlia e cugina... Ed infine Sarah, sei sempre nel mio cuore <3 grazie a tutti gilrss 
Baci buona lettura :)

Era mattina. Le guardie sono appena passate per il solito controllo giornaliero, e la detective Kate Beckett è appena arrivata ad Eich.
Lei lavora li, più precisamente al dodicesimo distretto, in "accordo obbligato" con i tedeschi. Costretta dai superiori a far seguire una legge sbagliata. Essere poliziotta è sempre stato un suo sogno, anche se molto cose da qualche anno sono cambiate. La legge è cambiata, non ci sono più diritti, i razzisti e gli squadroni di controllo sono al comando, si può tranquillamente passeggiare per strada ,ovvio, ma basta un bacio, un sorriso tra due ragazzi che questi vengono arrestati, è la legge 1072 a dirlo : i rapporti tra giovani sono PROIBITI ! Anzi sono letteralmente studiati in laboratorio, considerati "impuri" ... E’ buffo, pensa Beckett mentre sale le scale fino al piano giusto, l'amore è una cosa speciale, che non va fermato, è inutile che ormai si ostinino a dire NO all'amore, negando un fatto ovvio. 
Ma ormai non possono farci niente, le persone sono diventate sempre più fredde, senza più sentimenti, spenti, abbandonati, arresi a questi ideali... ma nonostante tutto Kate continua a credere in un futuro migliore. Qualcuno prima o poi muoverà il dito che riporterà la gioia, ne è sicura. Non è mai stata una persona romantica, che crede nei sogni, ma in questo ci spera vivamente.
Le cose devono tornare come prima. 
Persa in quei pensieri non si accorge di essere appena arrivata al suo piano. Si avvicina alla sua squadra.
"Allora ragazzi, qualche novità" domanda alla sua squadra. 
"Si, gli squadroni di controllo hanno trovato un ragazzo ferito nel Queens... si chiama Richard Castle, uno scrittore... il capitano Halk vuole che svolgiamo le indagini in silenzio. A quanto pare ieri era lui di vedetta in quella zona di città, e non vuole rendersi ridicolo rendendo pubblico ai giornali il suo... come dire "fallimento" . Rispose uno degli agenti nascondendo una risata.
"Ok dove si trova?" 
"All'ospedale Saint. Michelle , sulla 23esima." 
"Bene ci andiamo subito, chiudiamo in fretta la situazione"
Prendono l'ascensore e scendono al parcheggio per prendere l'auto...
Il mio lavoro, pensa Beckett, come farei senza??
E’ l'unica cosa che le dà gioia; dare risposte alle persone, liberarle in qualche modo da un peso, la fa sentire se stessa, le dà quel fascio di luce che i fascisti hanno spento tre anni fa... I diritto sono cambiati, molte cose importanti sono cambiate, ma almeno la cosa che più ama fare (il suo lavoro) può ancora farlo. 
Arrivano in ospedale, e parlano con un’ infermiera.
"Scusi, cerchiamo il signor Castle, dovrebbe essere ricoverato qui da stamattina." Esclama Beckett.
"Si certo, stanza 132, ci sono due guardie sulla porta." 
"La ringrazio."
Salgono le scale e arrivano al secondo piano, dove vedono gli agenti in fondo al corridoio, sulla sinistra.
"Buongiorno, siamo i detective mandati da Halk" 
"Buongiorno, onore al governo razzista! Il paziente é dentro la stanza. Il capitano Halk ci ha riferito che vuole aggiornamenti ogni 12 ore, sbrigate la questione in fretta!"
"Ok..."
Beckett odia il saluto razzista, si sente come obbligata a far parte di una nazione alla quale non vuole partecipare, lei NON è assolutamente una cittadina del governo razzista!  Non si è cittadini di un governo che vieta l'amore e la libertà. Anche se è obbligata a esserlo.
Entra nella stanza. 
"Buongiorno Signor Castle, sono il detective Beckett, siamo qui per farle alcune domande."
"Fa parte anche lei degli squadroni fascisti?"  chiede subito, la sua voce è dura, lo sguardo perso nel vuoto, come di una persona che ha lottato fino all'ultimo per poi perdere. Ha un occhio nero, un taglio su uno zigomo e un braccio rotto, non molto per fortuna. 
"No si può fidare di me!" Risponde sicura.
"Ormai in questo mondo non ci si può fidare più di nessuno..." E’ la risposta dell’uomo.
"Beh con me può farlo, sono qui per aiutarla."
"Chi sono quelli?" si riferisce a Ryan ed Esposito, due colleghi di Beckett.
"Sono in squadra con me, sono poliziotti."
"Va bene... che vuole sapere?" Chiede ancora.
"Innanzitutto perchè ha cosi paura dei razzisti ? C'è qualcosa sotto?  Che stava facendo ieri sera? E soprattutto perchè lei si trovava lì?"
"..." L’uomo non rispose distogliendo lo sguardo.
"Signor Castle, io sono forse l'unica persona di cui può fidarsi…Le soluzioni sono due: o parla con me, risolviamo il caso e non ci vedremo più. Oppure il capitano Halk mi toglierà il caso e la interrogherà personalmente... A lei la scelta!"
"... loro due possono uscire?" chiede rivolto ai colleghi.
Beckett lancia uno sguardo alla sua squadra, loro acconsentono e escono.
"Ecco fatto... ora a noi."
"Ieri sera io... io non stavo facendo cose non molto legali..."
"Si spieghi meglio!" 
"... ehm gli squadroni di controllo una settimana fa hanno..." trattiene le lacrime "Hanno portato via mia figlia... l'hanno trovata baciarsi con il fidanzato in luogo pubblico. Quindi ieri sera ero con due persone... mi avevano assicurato che avrebbero salvato mia figlia ma... gli accordi sono saltati, non avevo abbastanza soldi e... eccomi qui!
"Quanti anni ha?"
"Diciotto" si asciuga le lacrime "è cresciuta senza madre, perché io e lei ci siamo separati, ma è la figlia migliore che un padre possa desiderare. Farei di tutto per riaverla qui, con me... odio questa stupida legge, questo futuro in cui siamo finiti! Odio i razzisti e...e... l'unica cosa che voglio è riabbracciare mia figlia!”
"L’ aiuterò a ritrovarla!" dice seria.
"E come? Una volta entrata in clinica non si esce più! E poi perché dovrebbe farlo? Non mi conosce nemmeno..."
"Perché so cosa significa ritrovarsi senza una persona che si ama! Ha ragione, ci conosciamo da poco ma questo è il mio lavoro! Quindi se vuole una mano, se ha bisogno di qualcuno esperto, io ci sono!” 
"Ok..." Risponde facendo un cenno con la testa.
"Innanzitutto dobbiamo chiudere il suo caso e spegnere le voci sulla faccenda... poi il resto."
"Ci sarebbero molte cose da fare... ho trovato una planimetria della clinica dove è mia figlia... è pieno di guardie ovunque. Sarà difficile."
"Io le prometto che la troveremo."
Lo scrittore la osserva per qualche secondo. 
"Visto che dovremo collaborare, mi dia del tu... sono Rick" dice allungando la mano mostrando un sorriso spento, forzato.
"Kate... Puoi chiamarmi Kate!”
 

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Capitolo 2
*** Primi passi. ***


Quella sera è tornata a casa sconvolta... il suo lavoro a volte è molto complicato. La storia di Castle e sua figlia Alexis l'aveva segnata!
Quando è entrata in accademia aveva fatto una promessa a se stessa, si era detta che se avrebbe trovato qualcuno, come lei, con un dolore dentro lo avrebbe aiutato, è una cosa più grande di lei. Per questo si era offerta di aiutare Castle, l'aveva visto dai suoi occhi, erano quelli di un padre che disperato cercava sua figlia. Sperava veramente di aiutarlo.
Nel frattempo, mentre ripercorre mentalmente la sua giornata, va a farsi una doccia, e quando esce si accoccola tra le coperte ... sente gli occhi pesarle sempre più, è molto stanca, così si abbandona tra le braccia di morfeo.
 
Mattina 6:30.
 
La luce entra fioca dalla finestra e il rumore della squadriglia del mattino sveglia la detective, come sempre le guardie cominciano il giro alle 6:00 per poi passare alle 12:00 alle 18:00 e infine alle 22:00... la gente è costantemente sotto controllo! Oppressa, rinchiusa dentro questa città che è una delle più belle al mondo. 
Controlla il telefono, c'è un messaggio, è Castle: 
Mi hanno dimesso, caffè da Dunkin Donuts? Così parliamo. 
Si affretta a risponde:
Ci vediamo li alle 7:15, a presto.
 
Scende, fa come sempre una leggera colazione, e si prepara per l'appuntamento, devono stare molto attenti alle guardie, di questi tempi è molto facile farsi arrestare.
Arriva all'angolo della 1st Avenue in perfetto orario per l'appuntamento e cerca un parcheggio per la sua Berlina nera.
Castle è già arrivato, ha un paio di occhiali da sole, probabilmente per nascondere l'occhio nero, una leggera t-shirt e dei jeans corti. Ha lo sguardo puntato verso la strada, perso nei suoi pensieri, distratto, come se la risposta ai suoi problemi sia stampata sull'asfalto. In cerca di un disperato modo per tornare a sorridere.
"Ehi... ciao." Sussurra Kate per non spaventarlo.
"Kate! Grazie per essere venuta"
"Ti avevo fatto una promessa... e intendo mantenerla."
"Hai ragione... qualche novità?"
"Si... prima di venire qui ho parlato con Halk... mi ha chiesto aggiornamenti sul caso"
"Cosa gli hai detto?"
"Che stiamo ancora indagando... gli ho riferito che il vicolo dove ti hanno aggredito era buio, e tu ricordi ben poco. Quindi per ora ci siamo liberati di lui..."
"Bene..."
"Te? Come stai?" 
"Come ieri, distrutto a livello emotivo, con un braccio rotto e la voglia di spaccare qualcosa" Risponde acido con il fiato corto.
"Posso capire come ti senti..."
Lui alza lo sguardo, la guarda un attimo negli occhi.
"Ah si? Senti apprezzo il lavoro che stai facendo per me, ma almeno sii sincera, non ho bisogno delle solite frasi che si usano per rassicurare una persona, con me non attaccano! Ho solo bisogno di entrare in quella maledetta clinica" Afferma pieno di dolore.
Lei non risponde. Passano almeno una manciata di secondi prima che Castle sussurri un flebile "scusa"
"Ho perso il controllo... non so più chi sono in questi giorni, so solo che non sono più io. Ho perso la voglia di sorridere, sono aspro, pieno di rabbia, afflitto e... scusami di nuovo."
Kate si alza e lo abbraccia. "Shhh, tranquillo... è normale" Sussurra mentre gli accarezza leggera la schiena "Ripeto" afferma vicino al suo orecchio "So come ci si sente"
Si allontanano e lei continua il suo discorso "Ho una chiara idea di come ti senti ora, è anche per questo che ho deciso di darti una mano. E' difficilissimo vivere ogni giorno con una ferita aperta, con la sensazione di aver sbagliato tutto, convinta di non poter tornare a vivere... con un vuoto dentro di se! Quindi si... posso dire di capirti, e posso anche dirti che ci devi credere fino in fondo... almeno te non abbandonare la speranza!"
"Grazie... veramente! Lo so che è difficile sopportarmi e ti chiedo scusa ancora."
"Tranquillo" Afferma sorridendo. "Ora però devo andare a lavoro... ci vediamo stasera?"
"Si ok... sul tardi però, cosí non incontriamo il rischio di essere visti e arrestato.
"D'accordo, ora vado... ah grazie Castle"
"E di cosa?" Lei sorride senza rispondere, prende la borsa e attraversa la strada lasciando Rick incuriosito sul perché della sua frase..."
Scusate il ritardo, ma ho avuto settimane piene di verifiche, lo so il capitolo è corto, ma spero di pubblicare presto, ci leggiamo <3

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Capitolo 3
*** Confessioni ***


Un rumore, leggero, ripetuto, un rumore apparentemente lontano. È sempre più forte e si insinua nella mente della detective, continua, è insistente.
Piano piano la sveglia... Evidentemente Beckett si era addormentata sul divano appena arrivata a casa.
"Uhmm" mugugna mentre recupera sempre più la lucidità. Apre gli occhi e scopre che quel rumore snervante che l'ha svegliata è il campanello.
Si alza leggermente scombussolata e corre ad aprire la porta.
È Castle. 
"Ehi, Rick, ma che... ? che ore sono?"
"Sono le 23:30..."
"Oh cacchio il nostro appuntamento! Accidenti sono crollata in divano appena arrivata a casa. Scusa."
"Tranquilla..." 
"Come hai fatto a trovare il mio indirizzo?"
"Ti ho chiamata, ma mi ha risposto un tuo collega. Così mi sono fatto dare il tuo indirizzo... evidentemente hai lasciato il telefono a lavoro...
Ehm ti ho svegliata? Avevo paura che ti fosse successo qualcosa."
"Sto bene... ah entra... accomodati"
"Ho portato la planimetria che ti dicevo... se non sei troppo stanca potremmo darci un'occhiata" 
"Si si, siamo qui per questo. Mi faccio un caffè e arrivo subito, ne vuoi anche te?"
"Si grazie" 
Ritorna dopo cinque minuti con due tazze di liquido marrone fumante e ne porge una allo scrittore. 
"Grazie, è bello qui."
"Già, è il mio secondo mondo, sai un posto intimo dove rifugiarsi quando tutto va per il verso sbagliato."
"Posso capirti..."
"Allora veniamo al dunque, oggi prima di staccare da lavoro sono riuscita ad entrare negli archivi elettronici della CEA... la clinica dove c'è tua figlia. Ho trovatp un file su di lei..."
Lui sospira agitato.
"E... e che c'era scritto?"
"Che è rinchiusa nella cella 23 da una settimana... è ancora viva Castle."
"Ah grazie a dio..." sospira leggermente sollevato "Aspetta...stanza 23 hai detto?" Chiede mentre apre il suo foglio con la mappa dell'Istituto... "Eccola, è qui, sul lato ovest, ci sono due telecamere sulla sinistra, e cinque guardie che passano ogni tre minuti." 
"Il lato ovest è il più scoperto, sarà facile entrarci, basterebbe creare un diversivo, ed entrare da... qui!" Indica un entrata sul foglio "Da questa porta la stanza 23 è subito dopo l'angolo"
"Si ma per quanto riguarda la serratura della cella?"
"Per quanto ne so, usano una chiave universale. Ce l'ha ogni capo reparto. Se entriamo all'ora di pranzo sarà più semplice sottrarla al guardiano 17, che è... qui!
Poi però ti devi organizzare con il resto... appena sapranno che è scappata una persona e che il padre sei te ti cercheranno, devi raggiungere il confine e andare a Washington...  lì e in quasi tutto il resto degli States c'è ancora un gruppo che contrasta il nazismo... se ci arrivi ti sapranno proteggere, sarete al sicuro..."
"Pff... è una cosa impossibile"
"Ehi! Guardami!" 
"Che c'è?" Sospira deluso.
"La faremo uscire! Hai capito? Non ho fatto l'accademia per farmi mettere i piedi in testa da un tedesco che un giorno si è svegliato con la voglia di conquistare il mondo!
Tua figlia uscirà da quella cella viva! È una promessa Castle!
"Sono pronto a fare l'impossibile ma..."
"Ma cosa?"
"Stiamo parlando di un edificio controllato da un centinaio di guardie! Come faremo a farcela solo io e te? Saremo soli la dentro. Rischieremo la vita lo sai? E poi per cosa? Per uno che nemmeno conosci?"
"Smettila! Questo è il mio lavoro, mi hanno istruita ad affrontare i rischi! Hai voluto iniziare questa cosa, quindi ora la porteremo avanti, tireremo fuori tua figlia e finalmente ce ne andremo tutti a casa felici! Ma almeno credici! 
"Come faccio? Dimmi come faccio a pensare positivo? A crederci?"'
"Perché è l'ultima cosa che puoi fare in questo momento! Se ti abbatti non avrai più  la forza di andare avanti. Ok, saremo solo io e te, vero, ma sono a capo di una squadra di detective, ho informatori in quella clinica, ho una pistola, e un distintivo che mi permette di entrare, risultato? Entreremo là dentro, e usciremo con tua figlia! Ma devi essere convinto che ce la faremo!
"Hai ragione. Lo sono"
"Bene, hai qualche amico o parente a Washington che possa ospitarti?
"Ho una casa negli Hampton..."
"Bene, andrete là, calmate le acque mi farò viva io per dirti come sarà la situazione, ok?"
"Va bene." 
"Ce la faremo!"
"Grazie! Per quello che stai facendo, non è facile sopportarmi."
"Di niente"
"Posso farti una domanda?"
"Si"
"Perché lo fai? Nessuno ti obbliga a fare tutto questo che fai per me, al lavoro che fai al distretto. Avresti potuto scappare, andare anche te a Washington, a rifarti una vita, lontano da tutto ciò... perché invece sei rimasta?"
"Perché l'ho promesso a me stessa"
"Se non sono indiscreto... perché?"
"È una storia lunga"
"OK, mi sono accorto che sei un po' privata ma... stai facendo tutto il possibile per me, voglio ricambiare... Se ti va di parlane sono un buon ascoltatore!"
"Va bene. Circa dieci anni fa... ho perso mia madre. Un tizio l'ha aggredita di notte... Ancora oggi non so il perchè. È stato il periodo più brutto della mia vita. Così da quel giorno mi sono promessa di aiutare quelle persone che non avevano avuto risposte, quelle persone che volevano solo sapere chi gli aveva portato via una persona a loro cara. Una settimana dopo la sua morte sono entrata in accademia e sono diventata ciò che sono ora." Conclude mentre caccia via le lacrime.
"Io... Ecco perché oggi mi ha detto che capivi come mi sentivo... Io io, mi dispiace tanto Kate. Sono sicuro che tua madre da lassù è fiera di te."
"Lo spero... lei era un avvocato, determinata e orgogliosa! Non lasciava mai le cose a metà, dava seconde occasioni a tutti, e trovava sempre le risposte che cercava... Era brava, la prendevo come esempio"
"Ci sei riuscita. Ad essere come lei intendo."
"Grazie" dice mentre sorride leggermente.
"Sei una bella persona Kate, grazie di tutto"
"Prego... Ehm... Allora domani ci vediamo per chiarire le ultime cose... Poi vedremo quando agire."
"Si va bene, sempre a quest'ora?"
"Si, sempre che non mi addormenti di nuovo" afferma con un sorriso.
"Giusto" sorride a sua volta. "Forse è il caso che io vada... È tardi, e qualcosa mi dice che necessiti di dormire"
"Touchèe, vieni ti accompagno alla porta"
"Ah già, aspetta. Il tuo cellullare. L'avevi lasciato sulla scrivania.
"Grazie per averlo portato"
"Figurati"
"Allora... a domani."
"Si... a domani"
Si guardano un attimo negli occhi e senza proferire parola, cosi, improvvisamente, si abbracciano.
"Non smettere di crederci Rick"
"Lo farò. Buonanotte"
"Anche a te"


Angoletto mio
Chi non muore si rivede, quindi eccomi qui. 
In grande ritardo. Intanto Reb e maty cercherò per entrambe di recuperare i vostri capitoli, scusate il ritardo ma non ho un secondo libero :(( per fortuna la scuola è finita ed ora ricomincio a leggere.
Un salutino a Sarah che sta per cominciare la sua avventura negli states :*
E alla mia caskett family, sopratutto a te sorellona che oggi mi ha ispirato senza saperlo.
Beh che altro dire? Se la storia vi sta piacendo lasciate un commentino :-) 

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Capitolo 4
*** Sorridere tra le righe ***


Ciao a tutti. Spero che il capitolo sia bello. Non mi convince :/ babbè buona lettura



​7:56.
Gli squadroni evidentemente avevano appena arrestato qualcuno, stupida legge del cavolo pensò Beckett. 
Quella mattina si era presa il giorno libero, anzi il capitano Gates le suggerì un po di tempo per se. Ultimamente lavorava troppo, era la prima ad entrare e l'ultima ad uscire. Indagava a normali casi e nei momenti liberi rivedeva il caso-Castle,inventando nuove scuse per tener buono il capitano fascista Halk che ogni giorno la assillava per avere aggiornamenti.
Il cielo era nuvoloso, niente sole, niente cinguettio degli uccelli, niente, tutto era buio quella mattina, tutto era spento.
La detective era seduta sul davanzale della cucina, una tazza di caffè in mano e i capelli leggermente raccolti in uno chignon mal fatto. Stava pensando. Non ce la faceva più di questo mondo strano, tutto era troppo diverso, e lei dal canto suo voleva contribuire a migliorarlo. Da quanto gli ideali del fascismo sono rinati gran parte del mondo è spento. Abbandonato ad un destino diverso da quello che tutti si immaginavano. Si era un fascismo diverso da quello del 1939 perché non perseguitava le differenze, l'unica cosa che facevano era quella di privare i cittadini del mondo dalle uniche cose che più contavano: La libertà e l'amore. La nuova forma di governo entrò in vigore nel 2040, conquistando inizialmente parte dell'Europa ricattando e comprando a soldi i politici. Non era successa la terza guerra mondiale fortunatamente, fu più una salita al governo "pulita" se così si può definire.
Però ai fascisti non bastava l'Europa, voleva sempre di più ed è così che ora, nel 2050 siamo a questo punto. Fortunatamente alcune parti del mondo sono rimaste con le proprie idee, mentre gli altri stati conquistati non si ribellano per evitare uno scontro.
Beckett sospirò, si doveva preparare perché tra poco sarebbe arrivato Castle.
Prese la tazza e la posò nel lavandino, poi si vestì con qualcosa di più guardabile.
Aveva appena finito di prepararsi quando qualcuno alla porta bussò.
Era lui.
"Ciao Kate"
"Ciao Castle, entra."
"Come stai?"
"Bene e te?" 
"Leggermente agitato."
"Caffè?"
"Certo... Ma che ne dici se lo beviamo fuori? Ho voglia di fare una passeggiata, tanto le guardie sono già passate"
"Va bene, prendo il cappotto e arrivo..."
Una manciata di secondi ed erano pronti per uscire.
"Allora..." Chiese lui abbassando la voce "è tutto pronto?"
"Si, ho controllato tutte le sante entrate in questa settimana, tutti gli orari di pranzo, tutti quelli che hanno le chiavi universali, le telecamere, e perfino gli orari di servizio!" afferma uscendo dall'appartamento.
"Sei sicura?"
"Si, sono prontissima, due colleghi a mezzogiorno e venti precise scollegheranno le telecamere. Durante l'ora di pranzo le guardie impiegano esattamente 3 minuti e 35 secondi ad arrivare, le guardie sulla porta invece passano ogni due minuti quindi ne abbiamo uno e trenta per uscire. Poi prendiamo le chiavi al reparto 7 e facciamo uscire Alexis, usciamo, e da li in poi avete 20 minuti per lasciare NY. Prenderai una strada di periferia così farai prima, una volta al sicuro mi chiami su questo numero" gli allungò un biglietto "È una linea sicura, filerà tutto liscio.!
"Ok ok ok, va bene, ho capito. Quindi questa settimana si conclude tutto?"
"Si Castle, si!"
"Se ci riusciamo dobbiamo assolutamente festeggiare. E tu devi conoscere Alexis!" affermò lui sollevato sorseggiando il caffè.
"Ehm Castle, io credo che le nostre strade si divideranno alla fine dell'operazione."
Aspetta... Non puoi stare qui, possono arrestarti per quello che hai fatto. Dovresti venire via con me Kate! 
"Non posso, questa è la mia casa!"
"Però Questa casa segue una legge sbagliata... "
"Non posso andarmene, qui c'è la mia vita, la mia famiglia, tutto ciò che per me è importante. Qui c'è mia madre!"
"Non sarai molto al sicuro."
"Rischierò Castle, rischierò."
"Non c'e modo per farti cambiare idea vero?"
"Credo di no... Mi dispiace. Ci sono nata qui, e non scapperò perchè dei tedeschi mi bloccano la strada" 
"Ok... Va bene ma restiamo in contatto però, non voglio che tu rischi per colpa mia."
"Certo."
"Posso...ehm, farti una domanda?"
"Si."
"Ho notato che non parli molto di te... Come mai con me ti sei aperta? Mi hai raccontato del caso di tua madre quasi subito... Perché io?
"Alcune cose le senti dentro, tu ti sei fidato di me e io di te. Sapevo di potermi fidare."
"Beh grazie per averlo fatto, mi ha fatto piacere conoscerti da dentro Kate."
"Prego. Ti chiedo una sola cosa..."
"Dimmi!"
"Quando lei è morta ho perso la fiducia di tutti, contavo solo su me stessa. Quindi se ora ho fatto un passo avanti con te è veramente un miracolo. Ti chiedo solo di non ferire la mia fiducia. Altrimenti non mi riprenderei più."
"Tranquilla. I tuoi segreti sono al sicuro con me."
"Grazie" Restarono qualche secondo in silenzio, fin quando castle non si accorse del luogo in cui erano arrivati.
"Ehi... Guarda! Ti va di andare al parco? È dove porto sempre Alexis"
"E se ci sono guardie? Non possiamo farci vedere insieme!"
"Perché? Mica sanno che tu sei con me..."
"E va bene, andiamo"
Attraversarono la strada, facendo attenzione agli agenti
"Vieni Kate!"
"Arrivo"
"Le vedi quelle altalene? La portavo sempre qui! Si divertiva un mondo" per la prima volta lo scrittore sorrise con un sorriso vero. "Guarda" afferma prendendo una foto dal portafoglio "Siamo noi due su quelle altalene"
"Siete stupendi Castle" 
"Grazie"
"Le devi volere proprio molto bene per fare quello che stai facendo! Sei un padre eccellente Castle!" 
"Lei e mia madre sono le uniche due persone per ora che contano di più per me!"
"E... Tuo padre?"
"Io... beh, non l'ho mai conosciuto."
"Mi dispiace, scusa."
"Niente. Tranquilla. Ah ma te non devi andare a lavoro?"
"No, giornata libera. Il capitano mi ha costretta al riposo forzato" afferma scocciata.
"Bene, ti porto in un posto!"
"Dove?"
"In un luogo dove vado quando sono giù di morale."
"Va bene"
Camminarono per un'altra mezz'ora circa in cui Castle si perse a raccontare dettagli sulla figlia. Com'era nata, il suo sorriso, il suo carattere, la sua bontà. Insomma come tutte le ragazze era una persona piena di sogni e di possibilità!
"Va bene dai, mi fermo altrimenti ti annoio troppo" disse Rick ad un certo momento.
"Tranquillo Castle! È bello sentirti parlare di lei, ti si illuminano gli occhi!
"Non vedo l'ora di abbracciarla" afferma.
"Lo potrai fare molto presto Castle!" concluse lei con un sorriso accarezzandogli una spalla per consolarlo.
"Vero! ... Nel frattempo, siamo arrivati!"
"Ma questa... è la libreria!
"Si, leggere è l'unico modo per catapultarti in un universo alternativo facendoti sognare! Su entriamo."
"Ok, nel caso ci siano guardie, fai il più possibile l'indifferente. E ricordati, tu non mi conosci!"
"Sono figlio di un'attrice di teatro sai, sarà un passeggiata."

Come immaginato all'interno c'erano due guardie. Senza farsi notare si erano seduti su un tavolo isolato sulla sinistra dell'edificio. 
"Siediti li" Disse castle "Io vado a prendere una cosa"
"Ok"
La biblioteca comunale mette a disposizione centinaia di libri, che profumano l'ambiente del classico odore di carta stampata, le luci sul soffitto sono leggermente soffuse in modo da creare un'atmosfera più calda e accogliente, mentre i tavoli erano disposti in vari lati della stanza in file ordinate.
"Eccomi" si annuncia Castle con un libro in mano. "Tieni"
"Uhm... La tempesta in arrivo...di... Richard Castle? L'hai scritto te?"
"Si"
"Forte, allora, vediamo quanto solo elevate le tue doti da scrittore" afferma la detective aprendo il libro curiosa "detective Derrick Storm, uhm, scrivi gialli?" 
"Si, ne ho pubblicati già parecchi: 
A Skull at Springtime, at dusk we die, 
A Rose for Everafter, Kissed and killed e altri... "
"Devi essere bravo"
"Modestamente. Quando sono giù scrivo, è un modo per sfogarmi su carta, un luogo dove mettere tutti i miei pensieri e farli sparire per un po."
"Wow..." afferma aprendo il libro, cominciando a leggere insieme allo scrittore, le prime righe.
Distraendosi per un attimo dal mondo reale. Sorridendo tra le righe.

 

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