Die schönsten Sterne

di Sad Angel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** eins ***
Capitolo 2: *** zwei ***
Capitolo 3: *** drei ***
Capitolo 4: *** vier ***
Capitolo 5: *** Funf ***
Capitolo 6: *** sechs ***
Capitolo 7: *** sieben ***
Capitolo 8: *** Acht ***
Capitolo 9: *** neun ***
Capitolo 10: *** zehn ***



Capitolo 1
*** eins ***


“C’era una volta, tanto tempo fa, un regno lontano

“C’era una volta, tanto tempo fa, un regno lontano…”

 

“Tata…dove si trova questo regno…?”

La ragazza, abbassò un secondo il libro. La cuginetta, seduta sulle sue ginocchia, si voltò ad osservarla, pendendo dalle sue labbra. La ragazza sorrise.

“In un luogo lontano…” iniziò, stendendo il braccio sinistro verso l’orizzonte “…là, dove sorge il sole…” continuò, colorando la storia, aggiungendo particolari.

La piccola la guardava incantata, gli occhi scintillanti, le piccole mani giunte “Dove sorge il sole, Tata?” interloquì con voce allegra “Dev’essere un posto bellissimo!”

La ragazza sorrise, annuendo “Posso continuare, piccola?” domandò, risollevando il libro. La bimba, seduta sulle ginocchia annuì.

 

“C’era una volta, tanto tempo fa, un regno lontano. In questo bellissimo regno ogni persona nasceva con un dono particolare, influenzata da una stella diversa. Ma, come accade spesso, c’erano anche persone che, agli occhi degli altri, apparivano maggiormente dotate. Una di queste era un giovane ragazzo. Di bell’aspetto, gentile e risoluto allo stesso tempo, godeva dell’affetto di molti. Ma, proprio per ciò che rappresentava, molti altri erano invidiosi di lui. Invece di gioire del proprio talento, avrebbero voluto privare il giovane di ciò che aveva.

Un giorno, una persona a lui molto vicina, invidiando la sua libertà, si recò dalla creatura più oscura del regno, un potente Groll e, impegnando il proprio dono, lo pregò di fare quella che lui riteneva essere giustizia, di togliere tutti i doni al giovane. Il Groll allora si recò da lui, per compiere la sua opera, la boccetta di una malefica pozione in mano. Ma, quando arrivò a casa del giovane, non si accorse che non era solo. Riconoscendo il malvagio Groll, gli amici del ragazzo, si frapposero tra lui e la crudele creatura. Quando la boccetta cadde a terra, spandendo il suo contenuto nell’aria, essendo dosata per una persona sola e venendo invece respirata da quattro, sortì un effetto inspiegabile…”

 

“E sarebbe…?” domandò la piccola, con voce preoccupata.

“I quattro persero l’aspetto umano…” rispose subito la ragazza. La bimba si portò le mani alla bocca, mentre i suoi occhi si ingrandivano, per lo stupore.

“Ragazze!”

Una voce di donna chiamò all’improvviso dalla cucina, la bimba sbuffò. “Tata, ma è già ora di cena…?” domandò con voce risentita all’idea di interrompere la storia.

La ragazza sorrise, arruffandole i capelli “A quanto pare…Fila a lavare le mani!”

La piccola saltò giù dal grembo della cugina, correndo in bagno. La ragazza si alzò un secondo dopo, appoggiando il libro sul letto. Il titolo, colpito da un raggio di sole, brillò.

 

 

Die schönsten Sterne

 

 

Miaoo!

Un leggero miagolio.

Il cane, trattenuto da un guinzaglio, volse il capo verso un campo di grano. Le orecchie tese, ascoltava attento.

“E poi lui mi ha detto…”

“Miaooooooooooo!”

Io, il cellulare in una mano, il guinzaglio nell’altra, mi interruppi all’improvviso. Spostai lo sguardo sul cane, poi lo lasciai vagare per il campo che costeggiava la strada di campagna.

“Miaooooooooooo!”

Sgranai gli occhi un secondo “Scusami, ti richiamo, ok?”

Tlack.

Chiusi il telefono. Tirando il cane di peso, mi allontanai.

 

La sera scese velocemente. La luna era già alta nel cielo quando, uscendo sul balcone della mia camera, appoggiai le spalle contro il muretto, accendendomi una sigaretta. La stanza sarebbe stata immersa nel buio più totale se, il leggero lampeggiare di un pc in standby, non l’avesse debolmente illuminata ad intervalli regolari.

Il cellulare appoggiato a terra, gettai un’occhiata alla stanza. Due occhietti vispi, dall’oscurità, ricambiarono il mio sguardo. Sorrisi.

Spensi la sigaretta, mi alzai. Subito la creatura, si fece più piccola, impaurita. Rientrai. Avvicinandomi al pc, inserii la password.

Mi voltai a guardare alle mie spalle. I due occhietti vispi mi fissavano, da un angolino sotto al letto. Sorrisi ancora, prima di appoggiare le gambe sul pavimento ed allungare una mano nella sua direzione.

Il gatto allungò una zampa, appoggiandola con un rapido movimento contro la mia mano. Sussultai, ma non la ritrassi. Non avendo estratto le unghie, la pelle era perfettamente integra. Prendendo le misure, avvicinai maggiormente la mano alla bestiola che, spalle al muro, si dimenava, senza graffiare.

“Miaooo!” miagolò risentito non appena l’ebbi afferrato, estraendolo da sotto il letto.

Tenendo il gatto nero in braccio, mi sedetti davanti al computer, iniziando ad accarezzarlo. I suoi occhi si appoggiarono sullo schermo.

“Chissà se ti piace la musica…” dissi con voce divertita, cliccando sul programma.

Mentre aspettavo che si caricasse, bloccai la mano all’improvviso. Sia io che il gatto, in perfetto silenzio, ci fermammo ad ascoltare. Qualcuno chiamava dal piano di sotto.

Sbuffai. Appoggiando il micio sulla sedia, spalancai la porta.

“Tu non ti muovere e non fare rumore, ok?!?” mi raccomandai dal vano.

Il gatto mi fissò negli occhi, miagolò.

Sorrisi, richiudendo la porta alle mie spalle.

Mentre scendevo le scale, sentii le prime note di una canzone, risuonare dalla mia stanza. Il programma finalmente dev’essere partito…, mi dissi, allontanandomi.

 

Quando dopo cinque minuti fui di ritorno, spalancando la porta, per un pelo non mi misi ad urlare. Un secondo dopo, una mano mi tappò la bocca. Un ragazzo mezzo nudo, l’altra mano stretta su un mio braccio, mi obbligò ad entrare.

“Non urlare, ok?!?” disse, i profondi occhi scuri nei miei.

Io deglutii, il cuore che batteva all’impazzata, specchiandomi in quegli occhi così famigliari sebbene non avessi mai visto prima quel volto.

Lui mi tirò dolcemente sino alla sedia vuota. Tenendomi fermamente, ma facendo attenzione a non farmi male, mi obbligò a sedermi. La sua mano sulle labbra, lo fissavo esterrefatta negli occhi, il cuore che batteva all’impazzata, mentre la paura cresceva ogni secondo di più. Lui, in piedi di fronte a me, mi osservava in silenzio, poi, leggendo il terrore nei miei occhi, avvicinò il viso al mio, lasciando che la luce proveniente dallo schermo del computer lo illuminasse.

Realizzando che lo strano ragazzo che mi stava di fronte era davvero affascinante, non potei evitare di arrossire. Lui mi sorrise.

“Ti giuro che posso spiegarti tutto…” iniziò con voce dolce “…però mi devi promettere di non urlare, ok?!?”

Subito annuii. Un attimo dopo spostò la mano dalla mia bocca. Col volto ancora a pochi centimetri dal mio, mi fissava, aspettando una qualsiasi reazione. Rimasi immobile, lui sorrise ancora.

“Chi sei?” domandai, incapace di spostare gli occhi dai suoi.

“Mi chiamo Bill…” iniziò lui, allontanandosi un po’, sedendosi sul mio letto. Lo sguardo fisso su di me.

Mi voltai, osservandolo meglio. Un secondo. Sgranai gli occhi. I pantaloni mimetici che indossava avevano un’aria terribilmente famigliare…

“Ma…?!?” balbettai allibita, indicandoli con una mano.

 Lui arrossì, grattandosi la fronte, imbarazzato. “Scusa…” iniziò.

Io mi alzai di scatto, il viso in fiamme “Scusa un corno!” sbottai, imbarazzata “…Quelli che porti sono i miei pantaloni!”

Fissandomi negli occhi, si passò un secondo la lingua sulle labbra, poi alzò il sopracciglio destro, assumendo un’espressione che avrebbe sciolto un iceberg “Se reagisci così perché indosso i tuoi pantaloni, pensa se non li avessi presi e mi fossi presentato completamente nudo…” concluse.

Sentii un calore immenso al volto, mentre, pensando,…Puoi dirlo forte…, mi lasciavo ricadere sulla sedia, senza parole.

Continuando a sorridermi, mi osservò in volto. Io, ancora troppo imbarazzata per poterlo  fissare negli occhi, mi osservavo le mani. Nella stanza regnò il silenzio, rotto soltanto dalla leggera musica proveniente dal pc. Quando infine riassunsi un colorito normale, lui ricominciò “Dicevo che mi chiamo Bill…”

Gli gettai una rapida occhiata. Seduto sul mio letto, il magro petto nudo, i lunghi capelli corvini, Bill mi sorrise.

“Piacere…” bofonchiai io, non sapendo che altro dire.

Lui mi fissò in silenzio per un lungo istante, poi rise. “Il piacere ti assicuro che è stato mio…” iniziò, rialzandosi ed inginocchiandosi di fronte a me, di modo che i nostri volti si trovassero alla medesima altezza “…grazie a te, sono tornato come prima…” spiegò.

Sbattei le ciglia più volte “Scusami, ma non riesco a seguirti…” interloquii io.

“Davvero non mi riconosci?!?”

Un altro lungo momento di silenzio. I suoi occhi, fissi nei miei, intrappolavano il mio sguardo. “No…” risposi, incapace di abbinare quel suo sguardo famigliare alla cosa che mi ricordava.

Lui sorrise. Allungando una mano, afferrò la mia, appoggiandola sul proprio capo. Istintivamente, la lasciai scorrere tra i suoi morbidi capelli. Bill socchiuse gli occhi, il sorriso sulle labbra.

“Adesso si mette anche a far le fusa…” pensai stupidamente. “AH!” urlai un secondo dopo, portandomi la mano alla bocca. Lui spalancò gli occhi, fissandomi preoccupato.

“Tu non puoi essere quel gatto!” esclamai senza riflettere, incredula allo strano collegamento fatto dal mio cervello.

Lui chiuse gli occhi per un istante. Quando li riaprì un attimo dopo, nulla era rimasto della preoccupazione di poco prima. Sul suo volto, ora, solo un radioso sorriso.

 

 

Continua…

 

 

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Capitolo 2
*** zwei ***


Die schönsten Sterne

Leute!!! Hallooooo! Innanzitutto…Viel dank!!! Veramente, grazie a chiunque legge! Spero che apprezzerete il mio lavoro e avrete pazienza, molta pazienza. Scusatemi ma sto studiando per un esame e domenica parto…Uff. Mi dispiace! Comunque grazie ancora!!! A presto!

Per Sbadata93: Ehy, Regan^^!!! Halloooo! Viel, viel dank! Sei sempre troppo gentile con me! Danke!!! Comunque, fammi sapere se pure questo capitolo ti ha riempito di dubbi! Personalmente, sono disponibile a risolverteli, sempre se Bill farà lo sforzo, di rendermi partecipe dei suoi piani! Possibile che sia sempre in ritardo?!? E tu, Tom! Piantala di cantare…Uff…Fatica… A presto^^!!!

Per Volturina: Halloooo! Grazie per il complimento! Spero che anche il seguito ti piaccia! Se ti va, fammi sapere cosa ne pensi, ok?!? Grazie ancora!!!!^^!

 

Die schönsten Sternezwei

 

Un raggio di sole, penetrando dalle persiane, si appoggiò sul mio viso. Sbadigliando, aprii un poco gli occhi, assonnata. Fissandomi la mano sinistra, li sgranai di botto.

Lentamente, mi voltai. Il cuore che batteva come mai prima d’ora.

Bill dormiva tranquillo. Sdraiato accanto a me, con il braccio sinistro aveva circondato il mio fianco, arrivando a stringermi dolcemente la mano con la sua.

Deglutii poi, un po’ imbarazzata, lo osservai meglio, cercando di non muovermi troppo per non svegliarlo. Si mosse. All’improvviso sentii il suo volto contro la mia schiena. Avvicinandosi, mi strinse di più a sé.

Espirando più volte, cercando di calmare il battito del mio cuore, rimasi immobile, stretta a lui. Ti ha abbracciato nel sonno…, mi dissi, cercando di essere coerente,…non per un altro motivo…Quindi tu, stupido cuore, piantala di battere come se stessi facendo una maratona!

Espirai di nuovo.

Che c’è? Perché continui a fare così?” domandò un secondo dopo la sua voce alle mie spalle.

Sgranando gli occhi, sussultai, saltando nel letto. Lui mi lasciò andare di colpo. Ricaddi, in una posizione diversa, con il volto rivolto verso di lui.

Bill, il braccio destro sotto al cuscino, scoppiò a ridere mentre io arrossivo imbarazzata. “Avvisa che sei sveglio, prima di parlare!” lo ribeccai senza riflettere, cercando di mostrarmi arrabbiata per giustificare il rossore del mio viso “Mi hai fatto prendere un colpo!”

Lui rise ancora “E come faccio ad avvisarti che sono sveglio, se non parlando?!?” domandò coerentemente, continuando a ridere.

“Io…oh…beh…” balbettai, senza parole.

Lui mi sorrise dolcemente, aspettando paziente che recuperassi quel tanto di cervello che mi serviva per formulare una frase completa, possibilmente con un senso logico. La mano destra sotto il cuscino, la sinistra appoggiata sul materasso davanti a sé, mi fissava, silenziosamente.

Osservai i suoi profondi occhi scuri poi spostai lo sguardo “Lascia perdere…Andiamo a fare colazione, piuttosto!” conclusi, alzandomi in fretta e gettando il lenzuolo di lato, desiderosa di aumentare un po’ la distanza tra noi.

Mi voltai. Bill ancora nel letto, mi scrutava serio in viso.

Che ti prende adesso…?” domandai.

“Niente…” rispose lui, la voce seria.

Sbuffai, rendendomi conto che, anche se avevo cercato di non dare peso alle mie azioni perché non se ne accorgesse, lui aveva capito benissimo. “Dai, Bill!” lo incitai “Andiamo a mangiare, così mentre beviamo il caffè mi rispieghi tutto da capo…”

Scostando l’ultimo lembo di lenzuolo, Bill si alzò.

 

“Li vuoi i cereali?”

Una scatola in mano, mi voltai verso l’unica persona presente in cucina oltre a me. Bill, le braccia appoggiate sul tavolo, si girò, appoggiando lo sguardo su di me.

Sembra ancora un po’ seccato…, pensai.

“Si, grazie” rispose, voltandosi di nuovo.

Mi avvicinai, appoggiandoglieli accanto, prima di tornare al fornello e versarmi il caffè. Imprecando mentalmente, mi sedetti davanti a lui, lo sguardo fermo sulle sue mani, intrecciate di fronte a me.

Due minuti.

“Sono belle le mie mani?” domandò lui, la voce indecifrabile.

“Molto belle...” risposi subito io, mordendomi le labbra, fingendo di non aver letto tra le righe ciò che stava cercando di dirmi.

“Pensi che riuscirai a guardarmi in faccia, prima del prossimo millennio…?” continuò lui.

Mi grattai la guancia “Forse…te lo farò sapere…”

La mano di Bill spostò la tazza lentamente. Prese la mia. Alzai lo sguardo di botto. Lui rise. “Visto che non è così difficile?!?” mi sfotté dolcemente.

“Uhm…” acconsentii io, cercando di non ritirare la mano, lottando con la parte più timida di me.

“Si può sapere perché sei così imbarazzata?” domandò lui all’improvviso, gli occhi seri fissi nei miei.

Arrossii di nuovo, mille risposte in mente, una più imbarazzante dell’altra.

Cioè, ok, ho capito che sei timida. Anche io lo sono…”

Sgranai gli occhi, esterrefatta, poi aggrottai le sopracciglia, cercando contemporaneamente di non ridere “Timido?!? Tu?!?

Bill sbatté le ciglia, sorridendomi dolcemente “E’ inutile che fingi di non esserti accorta della mia timidezza…”

Scoppiai a ridere, incapace di restare seria più a lungo “Certo, certo…” lo rassicurai “E’ stata proprio la prima cosa che ho pensato quando ti ho trovato mezzo nudo in camera mia…E’ chiaramente un ragazzo mooolto timido…”

Lui arrossì, sorridendo, poi si mordicchiò il labbro, spostando un secondo lo sguardo.

Oddio! Adesso sì che sembra timido!..., mi dissi, vedendolo così.

“Quello è diverso!” continuò lui un secondo dopo “Quando una persona mi sta simpatica, non sono timido!” mi spiegò, con impeto.

Arrossii, per l’ennesima volta “Tipico comportamento da timido…” lo ribeccai “…di solito i timidi in una situazione del genere non parlano!”

“…o fingono di arrabbiarsi, per celare l’imbarazzo…” terminò lui, lanciandomi un’occhiata divertita.

Strinsi le mani, esasperata “Guarda che ti riporto nel campo!” lo minacciai, fingendo di ignorare che entrambi sapevamo benissimo che non l’avrei mai fatto.

Yeah!” rispose lui, pieno di entusiasmo “Andiamo in camporella?!?”

Sgranai gli occhi, allibita, prima di arrossire, mordendomi le labbra per non ridere. Fortuna che era timido, se no chissà…, mi dissi.

Bill rise ancora, prima di ricominciare a parlare “Allora…devo rispiegarti tutto da capo?”

Io, la tazza di caffè in mano, annuii “Sarebbe meglio…Così mi assicurerò di non essermi persa qualche passaggio importante…”

Il ragazzo prese un bel respiro, ricominciando a raccontarmi quella che, alle mie orecchie, sembrava tanto una favola per bambini. Il regno lontano, il protagonista pieno di qualità, la creatura malvagia.

“Il Groll, giusto?!?” domandai incerta.

Sul suo viso apparve un sorriso “Esatto. Il Groll…”

“E ti, anzi, vi ha gettato una pozione…e tu sei diventato un gatto?!?

Il bellissimo ragazzo seduto di fronte a me, annuì serio.

Mi mordicchiai il labbro, ripensando alle favole che la mamma leggeva a me e a mio fratello quando eravamo piccoli. “Scusa la domanda stupida…” iniziai, incapace di trattenere la curiosità “Ma perché un gatto?!? Cioè…di solito, i personaggi delle fiabe vengono tramutati in qualcosa di orribile…Un gatto è tutt’altro che orribile…”

Lui, il viso serio, mi osservò un po’, prima di rispondere “Innanzitutto, questa non è una fiaba…” aspettò finché non ebbi annuito col capo, prima di continuare “…per il resto credo che dipenda dalla personalità del singolo…” spiegò.

E quindi…” lo incitai io, ancora curiosa.

Lui sorrise “Beh, pensi che il gatto non sia azzeccato?!?” domandò provocandomi.

Mi mordicchiai le labbra, riflettendo, pensando ai possibili tratti in comune. A parte il pelo nero per via del colore dei capelli, niente. Proprio non ci arrivavo.

Bill che si aspettava una risposta, dopo alcuni momenti di silenzio, si spazientì e decise di aprirmi gli occhi personalmente “Allora un gatto è una creatura dolce, gentile, affascinante…” iniziò ad elencare quelli che, probabilmente, riteneva essere i suoi pregi.

Risi. All’improvviso ricordai il gatto grigio che avevo quando ero piccola. Ripensai a quando, orgoglioso, si allontanava, la testa alta, come se fosse fiero del suo status, fiero di essere se stesso.

“Hai dimenticato modesto, Bill…” lo ribeccai io, ridendo.

Il ragazzo sorrise “Vedo che hai capito perché il gatto…”

Appoggiai la tazza sul tavolo “E gli altri…?” domandai all’improvviso “…Ti prego…dimmi che sai in che animali sono stati tramutati…”

Il bel sorriso di Bill svanì dal suo viso, i suoi occhi si fecero seri mentre incrociava con lo sguardo i miei, senza dire nulla. Sbuffai.

“Ovviamente…sarebbe stato troppo facile altrimenti…” mi lamentai.

Lui mi strinse la mano, dolcemente. “L’unica cosa certa è che di sicuro non saranno animali orribili…niente serpi o ragni…”

Non appena ebbe pronunciato quell’ultima parola, entrambi rabbrividimmo, poi ci guardammo in faccia. Scoppiammo a ridere.

Ok, ok…Almeno quello…Già mi ci vedo, io che cammino per strada, avvicinandomi ad ogni singolo animale per fargli ascoltare una canzone, sperando che assuma forma umana…”

Lui sorrise “Effettivamente il classico bacio, forse sarebbe stato meglio…però…”

“…questa non è una favola…” sbuffai io, terminando la frase.

Lui rise. “Se vuoi baciarmi, guarda che basta dirlo…”

Arrossii di botto. Afferrai il tovagliolo e glielo scagliai contro. Bill, ridendo ancora, si fece istintivamente scudo con una mano

“Adesso piantala! Ho capito perché il gatto!” esclamai con voce divertita.

Mi restituì il tovagliolo. I suoi occhi dolci, fissi nei miei, il luminoso sorriso sulle labbra “Allora…iniziamo la ricerca…?” domandò un secondo dopo.

Gli gettai un’occhiata veloce, cercando di non arrossire troppo mentre appoggiavo lo sguardo sul suo petto nudo “Credo che prima sia meglio se riesco a rimediarti una maglia…Mia mamma dovrebbe averne comprate un paio che mio fratello ancora non ha messo…”

Lui sorrise un secondo, poi arrossì di colpo, iniziando a grattarsi la testa, imbarazzato. Incontrò più volte il mio sguardo, senza parlare.

Che c’è?” domandai subito io, riconoscendo l’imbarazzo celato nei suoi gesti.

“Beh…ecco…Guarda se per caso riesci a rimediarmi pure un paio di mutande…ho cercato di non prestarci attenzione, ma è impossibile…questi pantaloni mi stanno uccidendo!” mi spiegò, completamente bordeaux.

Annuendo, mi alzai. Le mani sul viso, cercando di non ridere, uscii.

 

Continua…

 

 

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Capitolo 3
*** drei ***


Die schönsten Sterne

Hallo, Leute! Buona lettura^^!!!

 

Die schönsten Sternedrei

 

Rumore d’acqua che scrosciava nella doccia.

Avvicinandomi alla porta del bagno, lo sguardo fisso davanti a me sull’ingresso, il volto bollente per l’imbarazzo, allungai una mano, bussando.

Un secondo. L’acqua smise di scorrere, il rumore delle ante della doccia che si aprivano.

“Ti ho lasciato tutto qua!” urlai, la voce quasi isterica, mentre scappavo via, più veloce che potevo, gettandomi sulle scale. Salii un paio di gradini, le spalle contro il muro, nascondendomi, l’orecchio teso. La porta del bagno si aprì. Un fruscio. Attesi invano che la porta si chiudesse per quasi un minuto. Nulla.

“Sono pronto!” esclamò lui un secondo dopo, apparendo al mio fianco all’improvviso.

Sgranai gli occhi, esterrefatta, non avendolo sentito arrivare. Lui, intuendo il mio pensiero, sorrise “So essere silenzioso, se voglio…” iniziò, gli occhi scuri brillavano.

Sbattei le palpebre, fissandolo incapace di parlare.

“Allora che ne pensi?!?”domandò poi, allontanandosi un po’ perché potessi vederlo bene. Sorrisi. I vestiti di mio fratello gli stavano un po’ larghi ma, nel complesso, non era male. Riflettendo che probabilmente Bill sarebbe stato affascinante pure con un sacco della spazzatura, deglutii, cercando di non arrossire.

Lui, osservandomi, sorrise compiaciuto, senza parlare.

“Da dove pensi di iniziare…?!?” chiese, cambiando discorso.

Dondolai la testa, riflettendo “Direi che per il momento, andiamo a dare un’occhiata qua attorno…” cominciai, gettando uno sguardo all’orologio “Non abbiamo molto tempo prima che tornino i miei…”

Lui mi fissò, aggrottando le sopracciglia.

“Beh…non ho idea di come spiegargli la tua presenza qui, quindi probabilmente è meglio se, per quando torneranno, sarai già in camera…” spiegai.

Bill sbuffò, incrociando le braccia sul petto.

“Lo so anch’io che è una rottura, Bill, ma, al momento, è l’unica cosa che mi è venuta in mente…Se hai un idea migliore…”

Lui tacque, pensando. Rimase in silenzio un minuto, il mio sguardo fisso sul suo volto, poi espirò, rassegnato. “Andiamo…” concluse.

 

Le undici e mezza. Nel piccolo paese di campagna, non c’era in giro un’anima. Io e Bill camminavamo indisturbati per la strada, fianco a fianco. Ci avvicinammo ai campi. Iniziai a guardarmi attorno, alla ricerca di qualcosa che attirasse la mia attenzione, come aveva fatto il gatto-Bill la sera precedente. Mi fidavo molto del mio sesto senso.

Bill, accanto a me, guardava le piante di grano.

“Qua è dove mi hai raccolto ieri sera!” esclamò con voce allegra, afferrandomi dolcemente per la mano, sorridendomi.

Ricambiai il suo sorriso, annuendo. Un secondo. Ricominciai a guardarmi attorno.

“Alla fine mi hai davvero riportato dove mi avevi trovato…” disse lui all’improvviso, la voce seria.

Mi voltai di scatto a fissarlo. Lui ricambiò il mio sguardo. Ci scrutammo negli occhi a lungo, in silenzio.

“Volevi o no andare in camporella?!?” scherzai io, cercando di spezzare quello strano silenzio.

I muscoli del suo volto si rilassarono mentre sul suo viso apparve un sorriso. Improvviso. Un sole. Senza parlare, allungò una mano. Strinse la mia, ricominciando a camminare.

Rossa in volto, il cuore che batteva all’impazzata, cercavo di calmarmi consapevole che, al momento, non mi sarei accorta nemmeno se un’intera mandria di elefanti mi avesse attraversato la strada. Spostai lo sguardo sulla mano di lui. Le lunghe dita, strette alle mie. Una presa dolce e salda contemporaneamente.

Alzai lo sguardo al cielo. Il sole mi accecò ed io dovetti socchiudere gli occhi. Un passerotto, all’improvviso, entrò nella mia visuale.

Ehy, Bill!” chiamai, per attirare la sua attenzione “E se fossero diventati degli uccelli…?!?” domandai allegra, esaltata all’idea di volare liberi. Spostai il volto sorridente su di lui.

Bill, pallido in viso, aveva gli occhi sgranati “Speriamo di no! Accidenti! Come diavolo faremmo se no?!?” esclamò preoccupato.

Anche io sgranai gli occhi, abbandonando il lato romantico per tornare a quello pratico “Li inseguiremmo con un retino…?!?” proposi, incerta.

Lui espirò “Scheiße…” concluse, seguendo con lo sguardo il passerotto mentre si allontanava. “Ma hai sentito qualcosa quando è passato…?”

Mi mordicchiai le labbra, riflettendo. A parte la gioia all’idea del volo, non avevo provato nessun sentimento particolare “Direi di no…” risposi.

Bill espirò, più tranquillo “Meno male…” disse, poi mi sorrise.

Ricominciammo a camminare, seguendo la strada che costeggiava i campi. Mano nella mano.

 

Uffi!”

Bill si lasciò cadere sul mio letto, di peso, sbuffando. “Non abbiamo concluso nulla!” si lamentò.

Lo osservai. Sdraiato sulla schiena, si fissava le mani, allungate verso il cielo. Spostò il viso verso di me, in attesa di risposta.

Alzai un sopracciglio “Pensavi davvero di poter risolvere tutto in una mattina…?!?” domandai.

Bill tornò alle proprie mani “Ovviamente no…” sbuffò ancora, prima di terminare “E se penso che fino a domani siamo bloccati qui…”

Mi sedetti per terra, accanto al letto, le gambe incrociate. “Beh…effettivamente l’unico che è bloccato saresti tu…” gli feci notare.

Il ragazzo saltò subito su a sedere, fissandomi con una strana espressione sul volto.

Se vuoi, posso andare avanti mentre tu…”

“Non ci pensare nemmeno a mollarmi qua da solo!” esclamò con impeto. Gli occhi enormi, il viso fermo.

Sbattei le palpebre un paio di volte, cercando di ricominciare a respirare “Volevo solo dare una mano…ok…” risposi.

Il suo volto si distese, Bill sorrise. Si risdraiò, fissando il soffitto. Restammo in silenzio un paio di secondi, poi tesi un orecchio. Anche lui si voltò verso la porta. “Muoviti, muoviti!” lo incitai, avvicinandomi all’entrata della camera. Alle mie spalle un fruscio.

Aprii la porta. Uscendo in corridoio, la socchiusi alle mie spalle.

“Ciao Mamma!” salutai allegra, cercando di apparire normale.

Mia madre, ferma davanti a me, mi scrutò un secondo, un paio di magliette pulite in mano. Sembrava indecisa se chiedermi qualcosa. Rimase in silenzio a fissarmi.

Allungai le mani, prendendo le maglie “Grazie!” dissi in fretta, rientrando nella stanza.

Gettai un’occhiata all’interno. Vuota. Cavolo…, mi dissi sorridendo,…da piccolo dev’essere stato un dio a nascondino!

La porta alle mie spalle cigolò un poco, aprendosi. Io sobbalzai. Mia madre, alle mie spalle, scrutava la stanza.

“Che c’è?!?” domandai, di nuovo tentando di apparire calma sebbene il mio cuore battesse fortissimo.

Lei lasciò vagare lo sguardo attorno, poi mi sorrise “Volevo solo dirti che domani dovresti portare il cane dal veterinario…”

“Ah!” risposi io, stringendo le maglie, attorcigliandole senza pensarci. Lei, grazie al cielo, non se ne accorse, troppo presa a continuare a osservare la stanza, in silenzio.

“Qualcosa non va?” chiesi ancora, implorandola mentalmente di non accorgersi di nulla, pregando che davvero Bill fosse il dio del nascondino.

“Sistema il copriletto…” rispose lei, uscendo e riavvicinando la porta “Non vedi che pende tutto da una parte?!?

Annuii “Si..si..” conclusi senza prestarle attenzione, come al solito. Uscì.

Attesi, ferma dietro la porta, un paio di secondi, poi la sentii scendere le scale. Ricominciai a respirare.

“Dio!” esclamai lasciandomi cadere sul letto, socchiudendo gli occhi.

Bill non rispose. Nella stanza sembrava davvero che ci fossi solo io finché non sentii una voce provenire da sotto il letto “Non è che ti sposteresti…?” domandò “…Mi stai schiacciando!”

Saltai subito in piedi, per accovacciarmi al suolo. Un secondo dopo, alzai il copriletto. Incontrai i suoi luminosi occhi scuri, lui sorrise.

“Come si sta là sotto…?!?” scherzai.

Lui, premuto contro il pavimento, mi sorrise ancora. “Ti dirò che si sta meglio sopra!”

Risi, tendendogli una mano, per aiutarlo ad uscire. Lui l’afferrò subito ma, invece che uscire, iniziò a trascinarmi sotto “Ehy, ehy! Che diavolo fai?!?” chiesi ridendo.

“Ti faccio provare l’ebbrezza!” esclamò lui, la voce divertita, tirandomi completamente sotto. Sdraiati per terra, vicini, ci osservammo in viso, entrambi cercando di non ridere, poi spostai lo sguardo davanti a me, sulla rete del materasso “Uhm…non è male…” iniziai, continuando a scherzare “…certo, se potessi dare una mano di bianco a questo soffitto…”

Bill rise “Non è mica una casa!!!

Tornai a guardarlo, sorrisi. “Però penso che avremmo bisogno di più spazio…” continuai, fingendo che stessimo davvero cercando casa.

“Per i bambini…?!?” domandò lui un secondo dopo, sollevando il sopracciglio destro.

Arrossii, spostandolo lo sguardo. Lui rise ancora.

“Andiamo, dai…” conclusi, la voce seria, dandogli le spalle, allungando una mano per scostare il copriletto.

Un secondo.

Bill allungò una mano, afferrandomi il viso. Mi voltai di nuovo verso di lui. “Si?” domandai.

Tacque, scrutandomi attentamente. I suoi occhi dolci erano fissi nei miei. Io aggrottai le sopracciglia. Un attimo dopo lui mi lasciò andare. Mi voltai di nuovo, uscendo.

Che facciamo ora…?” domandò lui, sdraiandosi sul letto.

Io, seduta a terra, dondolai la testa a destra e sinistra, lentamente, riflettendo. “Direi che la cosa più utile che puoi fare, al momento, è cercare di indovinare in che animale si sono tramutati i tuoi amici…almeno escludiamo qualche categoria…”

Rimasi un secondo in silenzio, poi mi alzai, per ricaricare l’mp3. Lui seguì i miei movimenti, in silenzio, sorridendo “Una cuffietta passa più inosservata di uno stereo…” iniziai sorridendo, “…immaginaci in una stalla, lo stereo su una spalla, che facciamo ascoltare del rock alle mucche...” conclusi, ridendo alla scena.

Bill, gli occhi socchiusi, rise. Vano. Ogni tentativo di impedire al mio cuore di battere all’impazzata, fu vano.

 

 

Continua…

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Capitolo 4
*** vier ***


Die schönsten Sterne

Halloooo!!!! Vorrei ringraziare tutti!

In particolare Laulove90! Viel Dank!!! Purtroppo trovare un Bill-gatto è davvero molto difficile! Anche più difficile di trovare quello vero!!!! Tra l’altro al momento il mio Bill, qua a fianco, ha delle idee strane… Sarà l’estate…Mah!!! Spero di non deluderti!!! Grazie ancora e a presto!!!

 

Die schönsten Sternevier

 

“…Bill?!?

Dopo cena, aprendo la porta, lo chiamai, avvisandolo del mio ritorno. In mano, un panino imbottito per lui.

Lui, ancora sdraiato sul mio letto, spostò lo sguardo su di me. Sorrise.

Fissai allibita i suoi lunghi capelli neri, i suoi occhi così dolci “Che fai?” domandai con voce esterrefatta “E se fosse arrivato qualcun altro?!?” conclusi preoccupata, avvicinandomi.

Lui allungò una mano, prendendo il cibo dalle mie mani, il sorriso ancora sulle labbra “So riconoscere il tuo passo…” rispose tranquillo, gli occhi che brillavano.

Lo fissai ancora più allibita. “Ti resta qualcosa dopo aver trascorso del tempo tramutato in gatto…” mi spiegò, prima di addentare il panino.

Mi lasciai scivolare per terra, abbracciandomi le gambe. Osservandolo, non potevo fare a meno di sorridere. Era così bello…così dolce…così divertente…, pensai mentre il mio cuore subito iniziava a battere più veloce,…così Bill

Lui inghiottì l’ultimo boccone, mi sorrise. “Ho qualcosa in faccia?” domandò poi.

Ricambiando il suo sorriso, negai con il capo “No…” dissi, prima di allungarmi verso di lui. Con una mano, gli levai una briciola di pane dalla guancia “Eccetto questa…”

“Grazie” concluse lui, mentre allontanavo la mano. Gli occhi perennemente alla ricerca dei miei.

Gli voltai le spalle, fingendo di osservare qualcosa, poi appoggiai la testa contro il materasso, stendendo le gambe sul pavimento.

“Hai pensato a ciò che ti ho detto prima?”

Un fruscio. Bill, alle mie spalle, si mosse. “A proposito di imbiancare la rete del materasso per darle una parvenza di soffitto o alla possibilità di una casa più grande…?!?” scherzò lui.

Sorrisi. “Intendevo la prima selezione dei possibili animali…”

Silenzio per un paio di secondi.

“Allora escludiamo a priori gli animali orribili…”

Io annuii.

“…poi sono da scartare quelli che generalmente sono considerati poco intelligenti…Anche quelli antipatici…”

“Non avevo dubbi a proposito…” interloquii io, sorridendo.

Un secondo. Un altro fruscio.

“Al momento non mi viene in mente altro…Comunque so che non appena li vedrò, li riconoscerò subito, qualsiasi aspetto avranno!” asserì convinto.

Mi voltai verso di lui. Sgranai gli occhi. A poco a poco si era avvicinato al bordo del letto. I nostri volti erano a pochi centimetri l’uno dall’altro. Arrossii. Bill mi osservava, lo sguardo serio, si spostava dai miei occhi alle mie labbra. Deglutii. Restammo fermi così per più di un minuto. Sembrava che entrambi non osassimo muovere un muscolo, temendo la reazione dell’altro.

All’improvviso, una voce. Mi alzai, spalancando la porta, per ascoltare quello che mia madre mi stava urlando dal piano di sotto.

Un minuto. Rientrai nella stanza. Lui era ancora immobile. I suoi occhi costantemente su di me. Arrossii ancora, dandogli le spalle, per avvicinarmi alla scrivania. Staccai l’mp3 dal pc.

“Ti va di ascoltare un po’ di musica?!?” domandai, cercando di ristabilire l’allegra atmosfera di poco prima.

“Certo!” rispose subito lui, la voce piena di entusiasmo.

Mi voltai. Si alzò, venendomi incontro. Io gli porsi la mano destra con l’mp3. Lui l’afferrò, tirandomi verso di lui. Mi fece fare un paio di passi poi, sempre tenendomi la mano, si risdraiò, tirandomi dolcemente, invitandomi a fare altrettanto. Deglutii ancora, consapevole che, ogni volta che gli stavo molto vicino, perdevo la facoltà di intendere. Quella di volere, invece, funzionava benissimo, anche se si bloccava su un unico desiderio. Lui.

Rimasi immobile. Lui mi fissò, in silenzio. Espirai, prima di sdraiarmi. Sul suo volto apparve un sorriso di vittoria.

Si spostò un po’. Per lasciarmi più spazio, si mise sul fianco, il braccio sinistro piegato, appoggiò la mano alla guancia. Io, il capo contro il materasso, gli occhi fissi nei suoi.

Senza spostare lo sguardo, lasciai la sua mano e con l’altra iniziai a srotolare le cuffie. Gliene porsi una. La prese, gli occhi ancora fermi sul mio viso, se la infilò nell’orecchio.

Dopo aver fatto altrettanto, cercai il tasto d’accensione. Mi fermai di botto.

“Non è che se ascolti altra musica, ti ritrasformi in gatto?!?” domandai preoccupata.

Lui mi fissò esterrefatto un secondo, poi scoppiò a ridere “Se dovesse accadere, allora saresti davvero costretta a ricorre al bacio per porvi rimedio!” esclamò con voce allegra.

Sorrisi, riappoggiando la mano sul tasto. Mi fermai di nuovo, cercando il suo viso. Bill sorrise “Dimmi…”

“Scherzi a parte…e se dovessi ritrasformarti?” ricominciai, la voce che tremava un po’ “e se poi non potessi più tornare come prima…?!?”

Sbatté le palpebre, il viso serio. “Ti stai davvero preoccupando di questo?!?

Arrossii, guardandomi bene dal rispondergli. “Comunque, finché non proviamo, non potremo saperlo…” continuò serio “…infine, non ho intenzione di trascorrere la vita senza musica…”

Appoggiò un dito sopra il mio. Deglutì, poi pigiò Play. Ci guardammo negli occhi, entrambi preoccupati. Un secondo. Niente. Dopo aver espirato, sollevati, scoppiammo a ridere.

Bill socchiuse gli occhi un istante, il sorriso sulle labbra, cullato dalla mia musica. Sdraiata accanto a lui, sorrisi. Poi anch’io chiusi gli occhi.

 

Calore. Gli occhi chiusi, percepivo tanto calore vicino a me. Sorrisi. Poi, una mano delicata sulla mia guancia.

“Dormi…?” domandò lui, in un sussurro. Sentii il suo fiato sulla guancia. Doveva essersi piegato sopra di me.

“Si…” risposi io, senza aprire gli occhi. “Lasciami dormire…ti prego…”

Niente per un paio di secondi, poi sentii che appoggiava la mano sulla mia spalla, tirandomi più vicina a lui.

“Allora dormi…” concluse lui.

Spostai la mano. Subito incontrai il suo petto. Gli occhi chiusi, spostai il capo, appoggiandolo contro di lui. Un secondo. Il suo cuore batteva veloce…veloce…

Bill fece scorrere le dita tra i miei capelli, accarezzandomi la testa. Sospirò. Alzai il viso, verso di lui, gli occhi perennemente chiusi.

Che c’è…?” domandai in un sussurro.

Mi accarezzò di nuovo il capo, dolcemente “Dormi…”

“Non approfittare del fatto che sto dormendo per svignartela, ok?” conclusi io, riappoggiando il capo contro di lui.

“Non vado da nessuna parte, tranquilla…” mi strinse un poco, poi appoggiò la guancia sopra il mio capo.

“Non potrei mai perdonarmelo se tu tornassi gatto ed io sprecassi l’occasione di aiutarti a tornare umano, perché sto dormendo…” continuai, perfettamente immobile contro di lui, scivolando piano nel mondo dei sogni.

“Aiutarmi come nelle fiabe…?” chiese lui, la voce dolce.

Allungai il braccio, stringendomi a lui “Se insisti…non vedo perché no…” terminai mentre sul mio viso, appoggiato contro il suo petto, si schiudeva un sorriso.

“E’ un vero peccato allora che la musica non abbia avuto questo effetto…” si lamentò lui, stringendomi a sua volta.

“…si…” sussurrai io, sempre più lontana.

Lui si staccò un secondo. Sentii il calore che si allontanava. “No…” borbottai, contraria a quel distacco seppur minimo.

La sua mano destra scivolò sotto il mio mento, sollevando delicatamente il mio viso.

“…Sto tornando gatto…” disse lui, il suo fiato sul mio viso.

Sorrisi, gli occhi chiusi “Dopo 3 ore…?!?

Che ci vuoi fare…Certe cose sono imprevedibili…”

Risi “Anche certe persone…” conclusi, mentre lui si piegava su di me, mentre le sue labbra si appoggiavano dolcemente sulle mie.

 

Continua…

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Capitolo 5
*** Funf ***


Die schönsten Sterne

Halloooo!!! Grazie a tutti voi che, leggendo, mi fate venir voglia di continuare!!! Viel, viel Dank!

In particolare…Sbadata93: Kyaaaaaa!!! Regan!!! Tu non immagini nemmeno le ghignate che mi sto facendo!!! Ahahah!!! Gott!!! Lo so, cercherò di darmi un contegno^^!!! Davvero il tuo Bill è felice?!? Il mio mi ha detto, o gatto o niente! Come si fa a non accontentarlo?!? Soprattutto quando ti guarda con quegli occhi…canticchiando una canzone, saltellando sul letto?!? Impossibile!!! Comunque, rassicura pure il tuo Tom! Al maiale ci avevo pensato…ma poi il mio Tom, mi si è avvicinato ammiccando e mi sono resa conto che lui ha troppa disinvoltura…Io non ce lo vedo a rotolarsi nel fango!!! Ahahah!!! Comunque grazie ancora per tutto il tuo sostegno! E’ anche merito tuo, se vado avanti a scrivere!!! A presto!^^!

 

Die schönsten Sternefünf

 

Mi svegliai. La stanza debolmente illuminata. Sbattei le palpebre più volte. Bill, sdraiato accanto a me, dormiva sereno, sul suo volto, un sorriso. Anch’io sorrisi.

Tirandomi un po’ su, allungai un braccio, afferrando il cellulare sul comodino. Le cinque e un quarto. Sgranai gli occhi. Un secondo dopo imprecai mentalmente, prima di riappoggiare silenziosamente il telefono e risdraiarmi.

Appoggiai il capo di nuovo al cuscino, osservando Bill attentamente. Lui si mosse, allungò il braccio sinistro. Un attimo dopo sentii la sua mano sul mio fianco. Sussultai. Lui, continuando a dormire, mi tirò più vicina, abbracciandomi. Lo fissai esterrefatta, completamente immobile, mentre spostava il viso ad un paio di centimetri dal mio.

Deglutii, cercando di controllare la mano destra che, come dotata di vita propria, si era avvicinata al suo volto, per accarezzarlo.

All’improvviso, mormorò qualcosa. Talmente piano che non riuscii a comprendere. Aggrottai le sopracciglia. Un secondo di silenzio. Mosse di nuovo le labbra. Mi concentrai immediatamente su di esse.

Bang.

Sgranai gli occhi, il vago ricordo di un bacio. Arrossii, portandomi una mano al viso. Al mio movimento, lui mugugnò ancora, prima di ricominciare a sorridere, continuando a dormire.

Non era possibile che ci fossimo baciati…, mi dissi incredula, continuando a fissare le labbra di lui,…Dio!

La mente completamente sconvolta, continuavo ad osservarlo, incredula. Doveva essere stato un sogno.

Un secondo dopo lui si mosse ancora, spostando la mano dal mio fianco alla mia testa, tirandomi più vicina. Arrossii, incapace di muovermi. Respirò profondamente, poi sorrise. Pronunciò il mio nome, lentamente. Abbassò il viso.

Sgranai gli occhi, sorpresa, mentre lui mi baciava dolcemente. Poco dopo, si staccò, pronunciando nuovamente il mio nome. Un sorriso luminoso sulle labbra.

 

Rimasi lì, immobile, per un paio d’ore. Dopo un bacio del genere, dormire mi sembrava impossibile. Non riuscivo a levarmi dalla testa cioè avevo provato. Perennemente rossa in viso, continuavo a pensarci. Incredula.

La campana del paese suonò le sette. Un secondo dopo, la sveglia dei miei suonò. Qualcuno, nella stanza accanto, si alzò dal letto. Ascoltai ogni piccolo rumore, pregando mentalmente che nulla li portasse a gettare un’occhiata nella mia stanza. Nervosa, deglutii, pensando che, una bomba atomica, di certo, avrebbe provocato meno danni.

Bill si mosse, appoggiando il viso contro il mio petto, continuando a dormire. Perfetto…, mi dissi, troppo preoccupata dai miei, dimenticandomi persino di arrossire.

Passi. Deglutii, stringendo gli occhi. Si fermarono. Deglutii ancora. Un secondo. Si allontanarono, scendendo le scale. Espirai.

 

Aspettai pazientemente di sentire il rumore della macchina poi, non appena furono partiti, sentii tutti i nervi del corpo che si rilassavano. Bill, contemporaneamente, si sistemò meglio contro di me. Alzò un po’ il volto. I lunghi capelli scompigliati gli incorniciavano il viso perfetto. Sorrisi poi, senza riflettere, gli accarezzai la testa. Si mosse ancora. Spostandosi un poco, aprì gli occhi. Vedendomi, sorrise.

Giorno…” disse, la voce roca dal sonno.

Deglutii “Buongiorno Bill…”

Spostò lo sguardo, un secondo, per sincerarsi in quale posizione si era messo mentre dormiva. Sorrise compiaciuto, riappoggiando il viso contro di me.

Lo fissai interdetta, arrossendo. “Torni a dormire..?!?” domandai, anche se in realtà avrei voluto chiedergli tutt’altro.

“E’ ancora presto…” rispose lui, immobile.

“Beh, mentre tu dormi, intanto vado a prepararmi…” proposi.

Sbuffò. “Sono comodo…” si lamentò.

Sorrisi “Guarda che non sono il tuo cuscino!” lo ribeccai.

Alzò il viso, gli occhi scuri brillavano “Sei molto meglio di un cuscino…”

Arrossii, lui sorrise, riappoggiando di nuovo il capo. “E non cercare di approfittare della tua dote di cuscino perfetto per ricattarmi…” scherzò ancora.

Cuscino perfetto?!?” risi “…Sarebbe questa la mia dote?!?” risposi, fingendomi seccata, pensando alla storia che aveva vissuto, che lo aveva portato nella mia vita.

“Più che perfetto…” continuò lui con voce dolce “…perfetto per me…”

Alzò il volto, consapevole che sarei arrossita, cosa che, puntualmente, avvenne. Lo fissai senza parole. Lui rise. Un secondo dopo, mi baciò.

Socchiusi gli occhi, trattenendo il fiato, mentre lui muoveva dolcemente le labbra, sfiorando le mie, modellandole sulle mie. Incapace di trattenermi oltre, mi lasciai completamente andare, ricambiandolo.

Si staccò, alcuni minuti dopo. Sorrise “Beh…anche tu hai più di una dote…” concluse, mentre io arrossivo nuovamente. Si risdraiò contro di me.

Impiegai un paio di minuti prima che il mio cervello ricominciasse a funzionare correttamente. Improvvisamente mi ricordai che, se volevo vivere, magari per essere baciata ancora da lui, respirare era necessario. Quando poi mi fui calmata, ricominciai a pensare alle sue parole.

Bill…Qual è la tua dote…?” domandai, incuriosita.

Lui non si mosse “Beh, come hai potuto notare in questi giorni, sono carino, gentile, intelligente, divertente…” iniziò.

“…modesto…” lo sfottei nuovamente.

Alzò il capo “Terribilmente modesto…” mi sorrise.

“Qualcos’altro…?!?” chiesi, divertita dal suo modo di fare.

Si mordicchiò il labbro, riflettendo, prima di scattare all’improvviso verso di me, baciandomi ancora. Staccandosi di qualche centimetro, sorrise.

E ho buon gusto in fatto di ragazze…”

“Uhm…” mormorai io “…questo te lo concedo…”

Rise, prima di tornare a baciarmi.

 

Restammo sdraiati ancora un po’, abbracciati, finché, quando la campana suonò di nuovo l’ora, non sgranai gli occhi.

“Accidenti!” imprecai, alzandomi di botto.

Lui mi fissò interdetto. “Il veterinario!” esclamai ancora.

“Il veterinario?!?” ripeté lui.

Saltando giù dal letto, corsi fuori dalla stanza, iniziando a scendere in fretta le scale “Ho promesso alla mamma di portare il cane dal veterinario!” spiegai.

Bill, seduto nel letto, sbuffò, poi mi corse appresso.

 

In macchina, guidavo tranquilla. Bill, seduto accanto a me, guardava fuori dal finestrino, continuando a scherzare. Ogni tanto poi lanciava un’occhiata alle sue spalle, controllando il cane.

Raggiunto il paese vicino, dove si trovava lo studio veterinario, parcheggiai. Bill scese, iniziando a guardarsi attorno, esaltato dalla presenza di tanti animali. Sorrise.

Aprii il bagagliaio. Il cane, senza bisogno di incitamento alcuno, scese subito. Afferrai il guinzaglio.

“Chissà se oggi saremo fortunati…” mi sussurrò Bill mentre entravamo nello studio.

 

“Niente, vero?!?” domandò poco dopo, seduto su una sedia.

Lasciai scorrere nuovamente lo sguardo sulla moltitudine di animali presenti. Sospirai. “Mi dispiace…”

“Non importa…” disse lui, accarezzando con la mano la testa del mio cane.

Arrivato il nostro turno, entrammo nello studio.

Un pastore tedesco, chiuso in una gabbia, ricambiò il mio sguardo, prima di mettersi a fissare Bill. Si osservarono. Un secondo. Bill si slanciò in avanti.

Georg!” esclamò pieno di entusiasmo.

Il cane abbaiò, scodinzolando felice.

Il veterinario lo fissò esterrefatto, prima di spostare lo sguardo su di me, che fissavo la scena sorridendo, le lacrime agli occhi.

Ma…cosa…?” domandò

“Grazie al cielo ti ho trovato, Georg!” disse Bill, saltellando felice davanti alla gabbia. Il cane, dietro le sbarre, faceva altrettanto.

“E’ il suo cane…” spiegai, cercando di mostrarmi convincente, mentre mi arrampicavo sugli specchi “E’ scappato…tre giorni fa…”

Il veterinario vedendo l’entusiasmo dei due, annuì, alzandosi “Non lo metto in dubbio…”

Si avvicinò alla gabbia, aprendola. Il lupo si slanciò in avanti, atterrando Bill. Il ragazzo rise. Il cane poi iniziò a saltargli attorno, abbaiando pieno di entusiasmo. Bill si mise a sedere, abbracciandolo. “E’ davvero bello, vederti, amico!” Georg abbaiò ancora.

Il veterinario mi gettò un’occhiata. Entrambi, il sorriso sulle labbra.

 

Finita la visita, uscimmo in strada. Georg saltellava ancora felice, abbaiando in direzione di Bill. Lui rideva. Vedendolo così, non potevo che sorridere a mia volta.

Aprii il bagagliaio. Il mio cane saltò subito dentro. Georg, continuando a scodinzolare, si avvicinò alla portiera. Abbaiò.

“Credo che voglia sedersi dietro…” spiegò Bill, gettandomi un’occhiata interrogativa.

Sorrisi, piegandomi vicino a Georg “Nessun problema…Però mi devi promettere che starai tranquillo…”

Georg abbaiò, poi si slanciò in avanti. Prendendomi alla sprovvista, mi leccò una guancia.

Ehy, ehy!” esclamò subito Bill, attirando l’attenzione di entrambi “Cercatene un’altra perché lei non è più disponibile…”

Georg fissò Bill. Si scrutarono negli occhi, alcuni secondi, poi Georg abbaiò di nuovo. Bill sorrise.

Mi alzai, aprendo la portiera. Georg, saltò subito in macchina, sdraiandosi sul sedile.

Io e Bill salimmo subito dopo.

“Siamo pronti?!?” domandai, allacciando la cintura, gettando un’occhiata alla strada attraverso lo specchietto.

Georg, seduto sul sedile posteriore, abbaiò ancora, entusiasta. Bill si voltò a guardarlo. Sorrise.

 

 

Continua…

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** sechs ***


Leute

Leute!!! Hallooooo!!!!! E’ proprio vero che le fanfiction sono meglio degli esami…difatti ho mollato i libri! Voglio finire prima di partire!!! Grazie ancora a chiunque legge e recensisce^^!!!

Per Sbadata93: Halloooo, Regan^^!!! Innanzitutto, scusa ancora per ieri…A volte, cioè sempre, vivo nel mio mondo…^^! Scusa, scusa!!! Poi…Waaaaaa!!! Ti è piaciuto il Georg cane?!? Lui per me è così fedele, leale, divertente…E poi è un pastore tedesco!!! Ahaha!!! Me, scema, lo so!!! Bill è sempre stradolce…però a volte mi spaventa!!! Ahaha! Si, Bill, lo so che sei un uomo!!! Tranqui! Nessuno l’ha mai messo in dubbio!!! (Si è calmato…fiuuuu^^!) Per l’animale di TomAhahah! Ho già in mente un paio di cose…Tom è sempre Tom^^!!! Grazie ancora per tutto ciò che fai! E soprattutto per i disegni!!! Kyaaaaaaaaaaaaa!!! Me felice!!! Viel, viel Dank!!! Grazie perché ti disturbi per farmi felice^^!!! A presto!

 

Die schönsten Sternesechs

 

Seduta accanto a Bill, guidavo tranquilla. Ogni tanto gettavo un’occhiata al suo viso sorridente mentre raccontava a Georg ciò che gli era accaduto da quando si erano separati. Il pastore tedesco abbaiava, rispondendogli. Entrambi sprizzavano gioia. Nessuno, vedendoli, avrebbe potuto non sorridere.

Sorrisi, tornando a fissare la strada. Un secondo. Sgranai gli occhi, spostando lo sguardo sulla mia sinistra. Rallentai.

Ehy, Bill! Guarda!” dissi, indicandogli l’animale che se ne stava seduto tranquillo in mezzo al campo, un filo d’erba in bocca. Bill spostò lo sguardo su di lui. Anche Georg volse la testa, abbaiò felice. Un secondo dopo un’enorme sorriso illuminò il viso di Bill mentre, con entusiasmo, esclamava a gran voce “Gustav!!!”

Sorrisi, girando la macchina. Facendo marcia indietro, mi infilai in una piccola stradina di campagna che costeggiava il prato dove, beato, se ne stava l’ignaro Gustav. Frenai.

Bill saltò giù dalla macchina, correndo felice. Io aprii la portiera. Georg abbaiò riconoscente verso di me, prima di partire all’inseguimento del suo amico.

Camminando lentamente, mi avvicinai, il sorriso sulle labbra. Bill saltò al collo di Gustav, abbracciandolo felice. “Gustav! Gustav!” ripeté più volte. Georg, saltellava intorno, abbaiando.

Io, a qualche metro di distanza, li scrutai. Gustav, un possente cavallo da tiro di color marrone dalla bionda criniera, ricambiò il mio sguardo. I suoi occhi scuri, incrociarono i miei. Nitrì. Io sorrisi.

 

Mi avvicinai a Bill. Il ragazzo mi sorrise, facendo le presentazioni. Sorrisi. Gustav nitrì ancora.

Bill ricominciò a saltare. Georg, al suo fianco, faceva altrettanto. All’improvviso, Georg prese male le misure, investendo Bill in pieno. I due caddero nell’erba. Si fissarono negli occhi, prima di scoppiare a ridere. Io scossi il capo, sorridendo. Gustav nitrì, appoggiando un secondo il muso contro la mia spalla. Nitrì ancora.

 

Bill!”

Il ragazzo, non appena l’ebbi chiamato, si voltò a guardarmi. “Dobbiamo andare Bill!!! Rischiamo di farci scoprire…”

Lui annuì, improvvisamente serio. Si avvicinò, Georg al suo fianco, raggiunse Gustav, dandogli una pacca amichevole. Il cavallo lo seguì, in silenzio. Si incamminarono verso la macchina. Feci un passo, poi mi bloccai.

“Accidenti!” esclamai a gran voce, realizzando che avevamo un bel problema.

Bill si voltò subito a fissarmi preoccupato “Che è successo?” domandò.

Mi lasciai cadere a terra, una mano tra i capelli. Anche Gustav e Georg si voltarono a guardarmi. “Bill! Gustav è un cavallo!” risposi.

Lui, avvicinandosi in fretta, annuì “Lo vedo anch’io che Gustav è un cavallo!” rispose, non afferrando dove stava il problema.

Espirai “Un cavallo non entrerà mai in una macchina!” spiegai.

Lui mi fissò a occhi sgranati, impallidendo “Ah, Scheiße!” un secondo dopo si lasciò cadere a terra accanto a me, riflettendo.

Gustav e Georg si scambiarono un’occhiata veloce, poi entrambi tornarono verso di noi. Si sedettero nell’erba, Gustav accanto a me, Georg, alla sinistra di Bill.

Scheiße… Scheiße!” disse Bill all’improvviso, scompigliandosi i lunghi capelli, esasperato. Georg uggiolò tristemente. Io sbuffai. Gustav, tranquillo, strappò un filo d’erba con i denti, lasciando che pendesse dalla bocca.

Cercai Bill con lo sguardo, lui si voltò, sorridendomi un secondo.

“Ah!” esclamai, colta da un lampo di genio. Un secondo dopo, arrossii.

“Hai avuto un’idea, vero?!?” domandò con voce implorante.

Deglutii, ancora rossa, fissandomi le mani. “Effettivamente…” risposi.

“Che aspettiamo allora?!?” chiese, saltando in piedi, pieno di entusiasmo, subito seguito da Georg. Mi tese la mano.

Evitando di guardarlo in faccia, rimasi seduta. Lui mi fissò, di nuovo un po’ preoccupato. Si inginocchiò davanti a me “Non è una buona idea?” domandò, mentre con la mano destra mi sollevava il volto rosso di vergogna, non capendo il motivo del mio comportamento. I nostri sguardi si incrociarono. “E’ un’ottima idea…” iniziai, mordendomi le labbra, mentre il rossore aumentava ancora “Solo…non avrei mai pensato che avrei detto una cosa del genere nella vita…”

Bill, inginocchiato davanti a me, mi fissava esterrefatto, pendendo dalle mie labbra “…soprattutto in un contesto del genere, tuttavia…” mi fermai ancora, deglutii, poi presi un bel respiro, raccogliendo tutto il coraggio che avevo “Bill! Togliti i pantaloni!” esclamai, completamente bordeaux.

Lui sgranò gli occhi, mi fissò allibito. Un secondo dopo arrossì violentemente, iniziando a balbettare “Cosa…io…cosa…?!?

Georg, alle sue spalle, abbaiò in un modo strano. Un latrato molto simile ad una risata.

“No, no! Cosa hai capito?!?” esclamai io, sgranando gli occhi a mia volta “Dobbiamo ritrasformare Gustav, se vogliamo che venga a casa con noi, solo…” abbassai lo sguardo ancora “…quando tu sei tornato umano, hai dovuto prendere i miei pantaloni…” iniziai, certa che avrebbe capito dove volevo andare a parare.

“Ah! Accidenti! Hai ragione!” rispose subito, grattandosi il viso.

“Allora…” ricominciai “Mi dai i pantaloni…?!?

Lui arrossì ancora “Certo...” si alzò in piedi, iniziando a trafficare con la cintura. Abbassai subito lo sguardo. Un secondo. Si fermò. “Forse è meglio se vado in macchina…” disse, attendendo una risposta.

Mi spostai una ciocca di capelli dal viso, imbarazzata, continuando a fissare il terreno “Si, forse è meglio…”

 

Io e Bill, lasciando Gustav nel campo, ci incamminammo verso la macchina. Io guardavo a destra, Bill a sinistra, entrambi ancora rossi in viso. Georg, che ci seguiva a breve distanza, continuava ad emettere quello strano latrato.

“La vuoi piantare di ridere, per favore?!?” urlò Bill, voltandosi di scattò, esasperato.

Lui e il cane si fissarono negli occhi, poi Georg abbaiò. Raggiungemmo la macchina in silenzio.

Aprii la portiera. Sporgendomi, presi l’mp3. Bill, al mio fianco, mi guardava, imbarazzato, aspettando istruzioni.

“Ehm…” iniziai, grattandomi la guancia “Beh…Ci siamo…” dissi, incapace di aggiungere altro. Lui annuì, salendo in macchina. Mi voltai, fissando la strada, il sorriso sulle labbra, il volto bollente per l’imbarazzo. Georg mi si avvicinò. Con la zampa mi grattò una gamba dei jeans. Abbassai lo sguardo, incrociando i suoi occhi. Mi fissò un secondo, poi guardò verso la macchina. Un secondo di silenzio. Abbaiò.

Qualcosa mi sfiorò la spalla. “Ecco…” disse Bill. Allungai la mano, senza voltarmi, afferrando i pantaloni. “Grazie…” risposi.

“Grazie a te…” concluse lui.

Senza guardare, i pantaloni e l’mp3 in mano, mi allontanai.

 

Tornai da Gustav. Vedendomi arrivare, lui nitrì, alzandosi in piedi. Avvicinandomi, gli sorrisi. Appoggiai una mano sulla sua testa, lui iniziò a guardarmi negli occhi.

Presi un bel respiro, mostrandogli i pantaloni. “Ok, Gustav…Questo è il piano…” cominciai a spiegare. Lui mi ascoltò in silenzio e, quando ebbi finito, nitrì il suo assenso. Sorrisi.

Appoggiai i pantaloni per terra, poi avvicinai la cuffietta all’orecchio del cavallo. Prima di accendere la musica, mi voltai. Premetti Play, osservando dritta davanti a me, un po’ rossa in viso.

Poff!

Rimasi immobile, alle mie spalle, un leggero fruscio. Poi, all’improvviso, il silenzio.

“Fatto…?!?” domandai un po’ imbarazzata.

“Si…” rispose lui con voce tranquilla.

Mi voltai. Un ragazzo dai biondi capelli e lo sguardo calmo, mi sorrise, allungando una mano nella mia direzione. La strinsi. “Grazie…” disse ancora.

Sorrisi. “Andiamo!”

 

Tornammo alla macchina. Bill, si sbracciava da dietro il vetro, sorridente, il rossore sul volto che aumentava ad ogni passo che facevamo. Mi mordicchiai le labbra, imbarazzata all’idea di dover guidare con al fianco lui in mutande. Accidenti…, mi dissi, deglutendo, iniziando già a raccogliere un po’ di concentrazione,…pensa alla strada…pensa alla strada…pensa alla strada!!!

Gustav al mio fianco, mi gettò un’occhiata veloce poi sorrise debolmente.

 

Salii in macchina con gli occhi chiusi, riaprendoli solo quando mi fui seduta, fissando la strada. Alle mie spalle, sul sedile posteriore, Georg ricominciò a ridere. Con la coda dell’occhio, vidi che Bill si voltava verso di lui. Silenzio. Il cane tacque.

Deglutii, poi misi in moto il motore.

 

Ok, ok… che nessuno si muova!” esclamai, parcheggiando davanti al cancello, scendendo per aprire il cancello. Bill iniziò a fissarmi in viso, come per invitarmi a fare altrettanto. Deglutii, spostando lo sguardo. Lui, ancora rosso, mi gettò un’occhiata preoccupata. Gli sorrisi.

“Tranquillo, tranquillo…” iniziai, mettendo a dura prova il mio autocontrollo, per non abbassare lo sguardo “Ti farò scendere in garage…non ti vedrà nessuno…” promisi. Lui mi sorrise.

Deglutendo, mi voltai di botto, allontanandomi.

Mentre infilavo la chiave nel cancello, spalancandolo, sospirai. Dio!, la sola parola che continuava a ronzarmi in testa.

 

Continua…

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Capitolo 7
*** sieben ***


Die schönsten Sterne

Halloooo!!! Buona lettura a tutti!!! Viel Dank^^!!!

Per Sbadata93: REGAN!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! WAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!! Innanzitutto, DANKE!!! E sono molto contenta che approvi il mio Gustav-cavallo!!!^^!!! Si,si! Il filo d’erba è per zimmer!!! Fa molto, uomo di campagna!!! ^^!!! Ahaha!!! Oddio!!! Ho appena avuto un’idea per un’altra ficcy…Qualcuno mi fermi…vi prego!!! Ahah! Comunque…Vuoi Tom?!? Scusami ma devi aspettare ancora un po’…prometto che cercherò di sbrigarmi…Lunedì mattina si parte…Uff… Ancora grazie! Tu non sai quanto mi fai felice facendomi i disegni! E poi, scrivere, è davvero un piacere^^!!! Bill, assumimi per scriverti le ficcy!! Uniamo l’utile al dilettevole…Ahaha! Grazie ancora^^!!! A presto!!!

 

Die schönsten Sternesieben

 

Bill…?!?

Dei vestiti e della biancheria pulita in mano, chiamai, avvicinandomi alla porta socchiusa del garage. Gustav, in perfetto silenzio, la spalancò. Mi sorrise.

“Grazie…” dissi subito, sorridendo, prima di tornare color pomodoro, allungandogli un paio di boxer “Il bagno è la prima porta a destra…” conclusi.

Lui li afferrò, annuì, facendosi da parte per farmi passare. Un attimo. Sparì in casa, richiudendo la porta dietro di sé.

Mi avvicinai alla macchina. Bill e Georg erano ancora seduti al loro posto, dove li avevo lasciati.

Aprii la portiera, gli occhi chiusi, tendendo un paio di pantaloni verso l’interno. Un secondo. Sentii il tessuto scivolar via dalle mie mani. Fruscii.

“Puoi aprire gli occhi ora…” disse lui, quando il rumore cessò. Immediatamente ubbidii. Bill, il colorito “normale”, mi sorrise. Ricambiando il suo sorriso, gli tesi il resto dei vestiti e della biancheria. “Per Georg…” dissi, sorridendo in direzione del sedile posteriore.

Il grosso cane lupo alzò subito la testa, abbaiando con entusiasmo. Io e Bill ci scambiammo un sorriso.

“Allora…io penso a Georg…” concluse Bill, sorridendomi dolcemente, consapevole di togliermi da una situazione potenzialmente imbarazzante.

Annuii, riconoscente. “Vado a prepararvi qualcosa da mangiare…” conclusi con voce allegra, allontanandomi. Georg a quelle parole, abbaiò ancora, felice.

 

“Hai bisogno una mano?”

Mi voltai di scatto verso la porta della cucina. Gustav, ora completamente vestito, mi sorrise.

“Sai cucinare?” domandai io, con un sorriso sulle labbra.

“Me la cavo…” rispose subito lui.

Che bugiardo…sei il miglior cuoco del mondo!”

Una voce, che non avevo mai sentito, si intromise all’improvviso. Dietro Gustav, apparve un altro ragazzo. I lunghi capelli castani, gli occhi chiari. Brillarono nella mia direzione. Si avvicinò al suo amico. I due allungarono la mano contemporaneamente, stringendo quella dell’altro, con entusiasmo.

“E’ bello rivederti con il tuo aspetto, amico!” esclamò subito Georg.

Gustav sorrise “Io, invece, ti preferivo cane…” concluse l’altro, scherzando, mentre continuava a stringergli amichevolmente la mano.

“A chi lo dici!” terminò Bill entrando, il volto sorridente, appoggiando una mano sulla schiena dei due.

Io, di fronte ai fornelli, sorrisi.

All’improvviso, un brontolio. Io, Gustav e Bill ci voltammo a fissare Georg, gli occhi sgranati. Lui sorrise, portandosi una mano allo stomaco “Che cosa si mangia?!?” domandò, come se niente fosse. Noi tre scoppiammo a ridere.

“Questo è Georg…” disse Bill, avvicinandosi a me, il sorriso sulle labbra “Tremendamente spontaneo…”

“…semplice…” continuò Gustav, sorridendo a sua volta

“…ok, ok…” rispose allora lui, con entusiasmo “…capirà da sola perché proprio il cane…Ho fame adesso…” concluse, mentre il suo stomaco brontolava ancora.

Gustav e Bill si scambiarono un occhiata poi Bill si mordicchiò le labbra, cercando di non ridere.

Al terzo borbottio della pancia di Georg, scolai la pasta “E’ pronto!” esclamai con voce allegra.

Georg sorrise, gettandosi sulla sedia più vicina, continuando a fissarmi. Io sorrisi, riempiendogli il piatto. “Grazie…” esclamò subito, afferrando con impeto la forchetta.

Bill si sedette di fronte a lui, sorridendo. Mi avvicinai, riempiendogli il piatto. Mi lanciò uno sguardo dolce, iniziò a mangiare. Spostai lo sguardo su Gustav che osservava la scena. Lui lo ricambiò subito. Si avvicinò al tavolo, sedendosi.

 

Che mangiata…Accidenti…!” iniziò Georg, abbassando la forchetta solo dopo aver ripulito così bene il piatto da sembrare appena lavato.

Bill, seduto di fronte a lui, rise. Gustav, invece, si fregò la pancia, un sorriso soddisfatto. “Davvero buona…” disse, sorridendomi.

Arrossii un poco, lieta del complimento. Un secondo dopo mi alzai, ritirando i piatti. Gustav mi gettò un’occhiata, restando in silenzio.

“No, no…tranquillo…” risposi io, intuendo che, con quello sguardo, intendeva offrirsi volontario per la lavatura dei piatti.

Gli altri due mi lanciarono un’occhiata, poi, mentre sul viso di Bill appariva un sorriso, quello di Georg assunse un’espressione esterrefatta. “Cavolo! Ha capito al volo…di solito le persone impiegano anni…” esclamò allibito.

Io arrossii mentre Bill, senza spostare il suo sguardo dolce dal mio corpo, rispondeva “E’ il suo dono…”

Georg allungò una mano, tirandogli una pacca amichevole sulla spalla “Ho sempre detto che il tuo è il buon gusto, amico…” concluse, prima di scoppiare a ridere, divertito dal mio volto. In un secondo, ero diventata bordeaux!

 

Mentre lavavo i piatti, i tre ragazzi continuavano a parlare, intervallando prese in giro ad argomenti seri. Sentendoli, cercavo di trattenere le risa. Gustav affrontava ogni discorso con voce tranquilla, Georg, al contrario, con voce allegra. Il più sorprendente però era Bill. Prima rideva a crepapelle, un secondo dopo, al cambio d’argomento, la voce diventava terribilmente seria.

Versai il caffè, porgendolo ai tre. Loro lo guardarono un po’ titubanti. Georg arrivò persino ad annusarlo, circospetto. Sospirai. Avevo dimenticato che, da dove venivano, chiamavano caffè una bevanda che non sapeva di nulla…

Non volendo obbligarli, aprii la bocca, per rassicurarli. Un secondo. Gustav, ingoiò il caffè, senza battere ciglio. Riappoggiò la tazza sul tavolo. Io sorrisi. Georg e Bill invece fissarono esterrefatti la tazzina vuota, poi spostarono lo sguardo sul loro amico. Lui ricambiò lo sguardo, sorridendo sereno. Allungò la mano verso il tovagliolo, si pulì la bocca.

Georg e Bill, l’espressione allibita ancora sul volto, tornarono a fissare la tazza vuota, probabilmente domandandosi se anche loro sarebbero stati in grado di fare la stessa cosa. Bill sollevò la tazza, portandosela alle labbra, un’espressione indecifrabile sul volto. Lanciò uno sguardo a Georg “Prima tu…” disse.

L’amico scosse il capo “Ti cedo volentieri l’onore…”

Bill sbuffò “Coniglio!” esclamò, scoppiando a ridere, avvicinando maggiormente la tazza alle sue labbra. Georg sorrise alla battuta.

“Guarda che non sei obbligato!” gli rammentai, attirando la sua attenzione.

Fermò la mano, riabbassando la tazza. Sorrise. “Sai…” iniziò “…Se Tom fosse qui, avremmo fatto a gara a chi avrebbe avuto il coraggio di berlo per primo…”

Sorrise ancora. I suoi occhi però, mentre pronunciava il nome di suo fratello, si rattristarono per un secondo. Silenzio. Dal viso di Georg sparì il sorriso allegro.

Sospirai “Tranquillo...Sono certa che scopriremo presto dove si è cacciato Tom..dissi, rompendo lo strano silenzio.

Bill mi sorrise.

“Anche perché a tuo fratello non piace passare inosservato…” concluse Georg, ricominciando a sorridere. Gustav, in silenzio, annuì. “Dev’essere un po’ una cosa di famiglia…” disse ancora Georg, scherzando.

“Allora…” ricominciò Bill, la voce di nuovo allegra, alzando la tazza al cielo “…A Tom!”

Georg rise, alzando anche la propria tazza “A Tom!” rispose subito.

Un secondo. Entrambi si portarono le tazze alle labbra. Georg ingoiò il caffè, poi sul suo volto apparve una smorfia. Riappoggiò la tazza sul tavolo. Spostò lo sguardo davanti a sé.

Bill, la tazzina ancora in mano, rideva. Gli occhi vispi, scintillarono. Georg sgranò i suoi. Realizzando ciò che era appena accaduto, esclamò allibito “Mi hai imbrogliato!”

Bill rise ancora, abbassando la tazza piena. Si portò una mano alla bocca, continuando a ridere. “Tu…” ricominciò Georg, faticando persino a trovare le parole, da quanto era indignato “Tu...

Bill, sorrise, rivolgendosi a me “Hai capito per quale motivo era un cane…?” domandò, ignorando Georg che gli sbraitava contro.

Io annui. “Perché non dubita di te. E’ leale al cento per cento…”

Bill mi sorrise ancora “Esatto. E’ un vero amico. Ed è sincero…Come puoi ben notare dal fatto che le cose, non me le sta mandando a dire…”

Georg, si sbloccò, smettendo di insultarlo “Rompiscatole…” concluse infine, ricominciando a sorridere.

Bill ricambiò il suo sorriso, poi alzò di nuovo la tazza al cielo. “Alla tua, Tomi!” terminò, la voce improvvisamente seria.

Un secondo dopo, riappoggiò la tazza sul tavolo. Stavolta, vuota.

 

 

Continua…

 

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Capitolo 8
*** Acht ***


Die schönsten Sterne

Leute!!! Hallooooo! Ok! Questo è il piano, semplice ed elementare. Devo finire entro domani mattina!!! Penso di scrivere ancora due capitoli, sperando e pregando che Bill mi dia tregua^^!!! A presto!!! Buona lettura!!! Viel, viel Dank!!!

Per Sbadata93: Hallo, Regan^^!!! Come va? Ti ha fatto ridere Bill che soffre di sbalzi d’umore?!? Il mio Bill è davvero così! E’ bello perché a volte basta davvero poco per farlo di nuovo contento^^!!! Per l’altra idea…Ahahah!!! E’ davvero malsana!!! Ahah!!!! Penso che se davvero dovessi scriverci una ficcy, Bill mi picchierebbe!!! Ahaha!!!! Comunque, grazie mille per il tuo sostegno! A presto^^!!!!

Per Laulove90: Hallooo!!! Innanzitutto…Non preoccuparti!!! Non è necessario che ti scusi, anzi, grazie mille per aver recensito adesso! Mi fa piacere^^! Ti sono piaciuti Georg e Gus?!? Ahaha!!! Io li adorooo!!!! Soprattutto il cavallo da tiro!!! Ho una predilezione per i cavalli da tiro!!! Quelli da corsa, mi piacciono meno… Ma Gustav è palesemente un cavallo da tiro!!! Ahaha!!!!! Per quanto riguarda Tomi…Ahaha!!! Tranqui, dovrai aspettare ancora poco per saperlo!!! A presto! Und viel Dank!!!!

 

Die schönsten Sterneacht

 

“Io e i ragazzi iniziamo ad andare di sopra…”

Le mani sotto l’acqua corrente, sciacquando l’ultima tazza, mi voltai. Bill sorrise.

“Di sopra…?” domandai io.

“In camera, no? Prima che ci vedano i tuoi…” spiegò lui, gli occhi che brillavano.

Un lampo. Rendendomi conto di una cosa, sgranai gli occhi, rabbrividendo. Eravamo di nuovo nei guai. Un secondo dopo, Georg parlò, attirando l’attenzione di tutti su di sé. “Nella camera di una ragazza…Wow!” disse, pieno di entusiasmo.

Bill, voltandosi a guardarlo, non si rese conto dell’improvvisa espressione preoccupata apparsa sul mio viso “Occhio a quello che fai…” lo mise in guardia con voce seria, il volto immobile.

Georg gli diede una pacca amichevole sulla spalla “Adesso mi verrai a dire che, mentre lei era via, non hai mai guardato nel cassetto della biancheria intima…”

Un secondo. Bill arrossì violentemente “Idiota!” urlò, voltandosi verso di me “Io non ho mai…” iniziò. Mi fissò un secondo poi, interpretando male il mio sguardo, ancora sconvolto dall’illuminazione di poco prima, mi si avvicinò “Ti assicuro…io…” balbettò, mettendomi una mano sotto il viso, obbligandomi a guardarlo. Sgranò gli occhi. Deglutì.

“Abbiamo un problema” disse con voce seria, rivolgendosi a Georg e Gustav mentre continuava a fissarmi negli occhi.

“Un problema?” domandò Georg, lanciando uno sguardo a Gustav. Il biondo, ricambiò il suo sguardo, apparentemente calmissimo.

Deglutii “Un grosso problema…” dissi, riscuotendomi da quello stato di istupidimento, gettando un’occhiata veloce all’orologio appeso al muro. “In tre, se dovesse arrivare qualcuno nella mia stanza, non avreste nessuna possibilità di nascondervi…”

Scheiße!” esclamò Georg.

Annuii. Bill mi fissava ancora negli occhi, la sua mano calda, sul mio mento “Che facciamo allora?” domandò.

Espirai “Beh…direi che c’è solo una cosa da fare…dovrete nascondervi altrove…dove non correte il rischio di essere scoperti…di dover dare spiegazioni…”

Bill annuì, il viso serio “Hai qualche idea di dove?”

Scossi la testa poi gettai un’altra occhiata all’orologio. Mi voltai di nuovo verso di lui “Abbiamo solo 15 minuti…”

Bill prese un bel respiro “Ok, cerchiamo di stare calmi…” disse, probabilmente più rivolto a se stesso che a noi, poi, rivolgendosi a me, con voce supplicante, esclamò “Ti prego, dimmi che conosci una casa disabitata!”

Sgranai gli occhi. Un secondo dopo, sorrisi “Adesso che ci penso…si!”

 

Dopo che Gustav ebbe preparato in fretta e furia dei panini, ed io ebbi frugato alla ricerca di un determinato mazzo di chiavi, corremmo alla macchina.

“Quanto tempo abbiamo, Bill?!?” domandai, accendendo il motore.

Bill, seduto accanto a me, lanciò un’ occhiata all’orologio. “Cinque minuti…” rispose.

Scheiße!” imprecai, contagiata dal loro linguaggio. I tre ragazzi si scambiarono uno sguardo veloce, poi sorrisero.

Uscendo dal cortile, svoltai a destra, immettendomi in una strada di campagna. Georg, vedendo che non era asfaltata, guardò Bill, l’espressione che parlava per lui. Ma dove diavolo…?

“Non abbiamo altra scelta…” spiegai subito io, con voce diretta “C’è solo una strada asfaltata che porta qui, se la usassimo per andarcene, ci scoprirebbero subito…”

“Ah!” interloquì lui, di nuovo allibito dal fatto che, anche io, come i suoi amici, non avevo bisogno che parlasse, per capire cosa gli passava per la mente.

Bill si voltò verso di lui, sorrise “Ringrazia che esiste la strada di campagna…” disse.

All’improvviso, da un campo di grano, sbucò un gatto. Io, imprecando, schiacciai sul freno, per non investirlo. Chiusi gli occhi.

Sbam.

Aprii gli occhi. “L’ho preso?” domandai preoccupata a Bill. Lui, indicando una coda che svaniva in fretta tra le piante, mi sorrise.

“Allora che cos’era quel rumore?!?” domandai, gli occhi sgranati.

“Io…” disse Georg, massaggiandosi la fronte.

Mi portai una mano alla bocca “Scusa!” esclamai, preoccupata.

Gustav si avvicinò a Georg “Leva la mano” disse.

L’altro obbedì immediatamente, voltandosi verso l’amico, di modo che potesse vedere. Gustav lo scrutò qualche secondo, poi sorrise.

“Allora…?” domandai ancora, sentendomi terribilmente in colpa.

Gustav mi sorrise “La sua testa dura l’ha salvato anche stavolta…”

Espirai, più tranquilla, prima di scusarmi ancora.

Georg, la mano ferma sulla fronte, mi sorrise “So che non l’hai fatto apposta…” mi rassicurò, prima di rivolgersi a Bill “Che cos’è che dicevi a proposito del ringraziare?!?” chiese sarcastico.

Un secondo. Noi tre ci scambiammo uno sguardo, poi scoppiammo a ridere.

 

“Siamo arrivati!” esclamai, parcheggiando di fronte ad un condominio.

Bill si voltò a fissarmi, il volto incredulo. Georg, il viso contro il vetro del finestrino, fissava il vialetto di accesso ““Ma che razza di case disabitate avete da queste parti?!?” domandò.

Io risi. “ Effettivamente, questa casa è disabitata da circa una settimana…” iniziai, depositando un mazzo di chiavi nella mano di Bill “…e resterà tale per almeno un altro paio di settimane…”

Lui annuì “Perfetto!” concluse, aprendo la portiera.

 

Feci scattare la chiave nella serratura. Spingendo la porta, entrai nel corridoio. Intorno, il buio.

“Aspettate qui un secondo…” dissi, allontanandomi per aprire una finestra.

Loro entrarono, restando accanto alla porta aperta, l’unica fonte di luce. Sparii nel buio “Scusa, ma dove siamo di preciso?” domandò Bill, come per sincerarsi che ci fossi ancora.

Mettendo le mani sulla finestra, sorrisi “A casa di mia zia…”

La luce invase la stanza. Tornai verso l’ingresso, i tre sbattevano le palpebre, per abituarsi alla luce.

“Entrate, entrate!” dissi con entusiasmo.

 

Addentrandosi nel nuovo ambiente, Gustav si fermò alla prima porta sulla sinistra. La cucina. Gettò un’occhiata veloce, poi spostò lo sguardo su di me. Sembrava stesse domandando, Posso?

“Fai pure!” lo rassicurai.

Gustav attraversò la soglia, iniziando ad aprire gli armadietti, per scoprire dove fossero le cose. Georg e Bill, osservavano la scena alle mie spalle. Sorrisero.

“Allora, ragazzi…” iniziai, la voce seria “Scusate, ma non posso offrirvi i letti…I miei zii sono maniacali per i letti…Non si accorgeranno mai che avete usato il salotto e la cucina, nemmeno se dovesse capitare di dimenticare qualcosa, ma per i letti è diverso…Una volta, mia zia si è accorta persino che ero entrata nella sua stanza, nonostante non avessi toccato assolutamente nulla…Non so come faccia…” spiegai.

“Cavolo! Ma è un segugio tua zia?!?” domandò esterrefatto Georg.

Io mi mordicchiai le labbra, cercando di non ridere.

“Non preoccuparti!” mi rassicurò Bill con voce allegra “E’ già tanto che possono restare qui…Troveremo un modo per farli stare comodi…” concluse.

“Farli?!?” domandai io esterrefatta “Come farli?!? Perché tu dove pensi di andare?”

“Io torno a casa con te.” Rispose subito lui, sorridendomi.

Cosa?” sbattei le palpebre, fissandolo interdetta. Deglutii “E, di grazia, come pensi di riuscire ad entrare, senza farti scoprire dai miei?” domandai ancora.

Sorrise nuovamente, perfettamente tranquillo “Oh, beh…Mi inventerò qualcosa…”

Sospirai, passandomi una mano tra i capelli. “Accidenti, Bill…”

Lui allungò le braccia, afferrandomi per la vita, iniziando a cullarmi, dolcemente. I suoi occhi dolci fissi sul mio volto “E’ inutile che fingi di non volermi…” disse.

Alzai il volto, incontrando i suoi occhi “Non è questo, lo sai…” iniziai. Ci fissammo negli occhi.

Un secondo. “Gustav! Ti do una mano” disse Georg alle nostre spalle, superandoci per entrare in cucina, chiudendo la porta alle sue spalle.

“Cerca di ragionare…” lo implorai, ferma fra le sue braccia.

Lui avvicinò il viso al mio “Puoi dire tutto quello che vuoi…Comunque non cambierò idea…Torno a casa con te.”

Sbuffai “Quanto sei testardo!”

Bill rise “E’ anche con la cocciutaggine che si ottengono le cose!” scherzò, sfiorandomi le labbra con un bacio.

Mi lasciai andare, lasciando che mi stringesse forte, ma senza farmi male, ricambiando il bacio. Quando si staccò, ricominciai a respirare. Lui sorrise. “Ho il tuo permesso?”

“Uhm…Prima devo riesaminare l’ultimo argomento…non mi è molto chiaro…” scherzai, alludendo al bacio.

Lui rise, tornando a baciarmi.

 

Clack.

La porta della cucina si aprì. Io e Bill ci staccammo subito, entrambi rossi in viso. Io, ancora tra le sue braccia. Nel vano apparve il volto di Georg. Ci vide, impallidì.

Scheiße!” imprecò “Non volevo interrompere…”

La voce di Gustav, dall’interno, interloquì “Te l’avevo detto di aspettare!”

Incrociai lo sguardo di Bill, poi mi staccai un poco, sorridendo a Georg.

“Volevo solo sapere se avevate deciso…” spiegò ancora lui.

Bill si mosse, abbracciandomi da dietro, appoggiando il capo sulla mia spalla. “Vado a casa.”

Mi voltai a fissarlo, le sopracciglia corrugate “Scusa? Non mi sembra di aver detto che va bene…”

Lui mi strinse “E pensare che invece a me sembrava ritenessi valide le mie argomentazioni…” rispose allusivo.

Arrossii, senza parole. “Ti prego…” dissi infine, non sapendo che altro dire per convincerlo.

Mi baciò sulla guancia, vicino alla bocca. “Ti ho già detto che è tutto inutile…” cominciò con voce dolce “Farò di testa mia…”

Sbuffai, incrociando le braccia “Lo vedremo! Io non ti faccio salire in macchina!”

Bill rise un secondo, poi tornò serio. Mi fissò deciso negli occhi “Vorrà dire che ti raggiungerò a piedi…”

“Sii ragionevole…” lo pregai ancora.

Adesso fu lui a sbuffare “Se essere ragionevole significa stare senza te, non sarò mai ragionevole.”

Arrossii, lui sorrise. Sospirai. “E va bene…”

“Evviva!” urlò lui, stringendomi forte. Sorrise a Georg e Gustav. Loro, vedendolo contento, ricambiarono il sorriso.

“Però si fa a modo mio…” conclusi, stampandogli un bacio veloce sulla guancia.

 

L’ora successiva la trascorsi promettendo e ripromettendo che sarei tornata il prima possibile, inventando una scusa con i miei. Solo allora, Bill si decise a lasciarmi andare.

 

La scusa, pensata nel breve tragitto di strada, era a dir poco geniale. Andare a casa di una amica, cosa che facevo molto spesso. I miei se la sarebbero bevuta, senza problemi. Progettando il piano nei minimi particolari, parcheggiai in cortile. I miei, vedendomi, mi sorrisero.

 

Continua…

 

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Capitolo 9
*** neun ***


Die schönsten Sterne

Hallooooo!!!! Buona lettura!!!!

Per Sbadata93:Hallo!!! Waaaa!!! Non dirlo a me, perché lo voglio pure io un Bill così coccolone!! Il mio lo fa solo per ottenere ciò che sa che altrimenti non gli darei mai…(No, Tom, non c’è nessun doppio senso in questa frase! Piantala^^!) La zia segugio effettivamente fa un po’ ridere…chissà da dove mi è uscita!!! Comunque, questo capitolo per me ha del potenziale…Fammi sapere, ok? Viel, viel dank!!! J

Per Laulove90: Halloooo! Ahaha! Grazie per la tua recensione, è molto divertente! Ma non dirlo due volte, prima che Bill mi molli a fanfiction ancora in corso…Poi dopo se vuole… (Bill: Cos’è? Non mi vuoi più? Cosa sono per te, un bel giocattolo??? Me: …. Bill…Ti prego…Già certe persone fanno della allusioni…Non dargli spunti! Bill, sconsolato, prende Jumbie: Nessuno mi ama… Me:… UffSti artisti… Vieni qua, piccolo!!!! Bill, sorride, compiaciuto) Torniamo a noi… Di Tom non dico nulla… Buona lettura^^!

 

Die schönsten Sterneneun

 

Ciaooo!”

Aspettando che i miei genitori, che avevano insistito per accompagnarmi in stazione, salissero in macchina, continuai a salutare, sventolando la mano. Un minuto. Papà mise in moto. Mentre si allontanavano, mamma salutò ancora. Svanirono, girando all’incrocio. Ferma nel piazzale, fissai attenta la strada per altri cinque minuti, per assicurarmi che non tornassero indietro. Meticolosità maniacale, quando sapevo che stavo facendo qualcosa che loro non avrebbero approvato. Sbuffai, sventolandomi con una mano, per il caldo, poi, un po’ più convinta, entrai nella stazione, lo zaino sulle spalle.

 

Dopo aver comprato il biglietto per il paese successivo, dove abitavano gli zii, raggiunsi il binario dove, a breve, sarebbe passato il regionale. Togliendomi lo zaino, mi lasciai cadere su una panchina, gli occhiali da sole sul naso, per non essere accecata dal sole. La musica nelle orecchie, con la coda dell’occhio, notai un movimento alla mia sinistra. Mi voltai.

Due signore sulla settantina, camminavano per il binario, tenendosi a braccetto. Le scrutai, entrambe avevano qualcosa di famigliare. Mordicchiandomi le labbra, iniziai a riflettere su dove potessi averle viste, mentre loro, con passo un po’ incerto, sostenendosi a vicenda, si avvicinarono, sedendosi accanto a me. Per non apparire maleducata, spostai lo sguardo altrove, continuando a riflettere, senza risultati.

Finita una canzone, continuai ad osservare davanti a me ma, prima che l’mp3 potesse iniziare la successiva, captai un pezzo di conversazione.

“Quella dannata bestia…”

Un brivido mi attraversò il corpo. Muovendomi lentamente, schiacciai “Pause”, continuando a dondolare la testa, fingendo di seguire il ritmo di una musica che, in realtà, non esisteva. Lo sguardo, che vagava altrove.

“So che sembra pazzesco…” continuo la signora più vicina a me “…ma devi credermi! Quella è una creatura demoniaca!” esclamò con impeto, sottolineando l’ultima parola.

Perché dici così?” domandò l’altra, la voce che mal celava una punta di preoccupazione.

“E’ un demonio!” proseguì la prima “Ti giuro! E’ perfettamente consapevole di fare qualcosa che non deve, ed è proprio per quello che lo fa!”

L’altra tacque un secondo, probabilmente ponderando cosa rispondere all’amica. “Non può essere! E’ una bestia…agirà per istinto…” disse.

“L’istinto?!?” la signora vicino a me rise amaramente, prima di interloquire seria “Altro che istinto… Lo fa apposta!!! Spacca i vasi, strappa via i panni dallo stendino…poi, non appena vede che inizio a correrle dietro strillando, si ferma a guardarmi con quei suoi piccoli occhietti ed emette un suono molto simile ad una risata…Si prende gioco di me, quella dannata bestia!”

L’altra rimase ancora in silenzio. “Non ci credo…che comportamento strano…”

E non è tutto!” concluse l’altra “Una sera l’ho beccata che fissava immobile mia nipote…Quella è una creatura del demonio! Altro che istinto!”

“Tua nipote…?”

“Si! Comunque ho deciso…” disse ancora, la voce seria “Stasera vado a parlare col prete…Voglio che venga a benedire la casa e, se anche questo non avrà effetto, chiamerò i cacciatori. Non permetterò a quel servitore del demonio di portarmi via mia nipote!”

Io, continuando a fingere di ascoltare musica, sentii un altro brivido attraversarmi. Non appena aveva iniziato a parlare di quell’animale dispettoso, il mio sesto senso mi aveva urlato “Tom!”. Deglutii, consapevole che dovevo spicciarmi a riconoscere quella signora, portare via il fratello di Bill dalle sue grinfie. Un brivido mi attraversò ancora, al pensiero di ciò che sarebbe accaduto se, per disgrazia, non ci fossi riuscita. Cercando di calmarmi, iniziai a spremermi le meningi più che potevo sperando che, magari involontariamente, una delle due mi desse un piccolo aiuto.

 

Un fischio.

Voltai il capo alla mia sinistra, il treno che si avvicinava. Scheiße!..., pensai, rendendomi conto che, come al solito, avevo poco tempo per risolvere il problema.

Il treno rallentò, fermandosi. Ci avvicinammo. Io, fingendo gentilezza, aprii la porta, poi mi spostai, aiutando le due signore a salire. Loro mi sorrisero.

Grazie cara.” Disse quella che aveva in mente di far fuori il fratello di Bill.

Deglutii, cercando di sorriderle. Odiavo dovermi comportare così, ma non sapevo cosa fare. Non era da me, ma non era il momento di essere troppo rigidi. Dovevo assolutamente capire chi fossero.

“Niente…” risposi.

Lei mi scrutò un secondo “Ma tu non sei la nipote di…” iniziò, pronunciando il nome di mia zia. Sgranai gli occhi, annuendo “Conosce la zia?” domandai, sperando che mi dicesse di sua spontanea volontà chi diavolo fosse.

“Certo, cara!” continuò lei “Abito proprio nella viletta di fianco al suo condominio!”

Sgranai gli occhi, sorridendo della mia immensa fortuna “Ah!” risposi, incapace di aggiungere altro mentre lei si allontanava, per raggiungere la sua amica.

Il treno fischiò. Mi riscossi subito, saltando su. Restando accanto alla porta, gettai un’occhiata alla carrozza. Le due donne si erano sedute, continuando a parlare. Le fissai col viso duro.

“Devo agire in fretta…” conclusi, a voce alta.

 

Cinque minuti, il treno raggiunse la stazione, le due donne si alzarono, avvicinandosi a me. La vicina della zia, mi sorrise ancora. Deglutii, accennano un mezzo sorriso, una strana sensazione alla bocca dello stomaco.

La porta si aprì. Un secondo dopo, saltai giù, iniziando a correre, decisa. Dovevo arrivare a casa della signora, prima di lei.

 

Corsi per tre minuti, attraverso il paese. Molte persone si voltarono a guardarmi. Ignorandole, continuai imperterrita, fermandomi solo quando mi trovai davanti alla villetta.

“Era così vicino…” mi dissi, un mezzo sorriso, pensando all’espressione felice che avrebbe assunto il volto di Bill, non appena avrebbe ritrovato suo fratello.

Presi un bel respiro, tentando di mantenere la mente lucida. Mi avvicinai alla cancellata, guardando dentro. Nel prato, perfettamente curato, non c’era nulla. “Scheiße!” imprecai, prima di ricordare che la signora aveva parlato di uno stendino.

Uno stendino sul davanti…,mi domandai, riflettendo tra me e me,…Non farebbe una bell’impressione…

Sorrisi, iniziando a correre intorno alla casa, per raggiungere il retro. Il giardinetto dietro era delimitato da una rete di colore verde. Sulla sinistra, un grosso buco.

Probabilmente è da qua che passa…, mi dissi, prima di raccogliere le mani ed iniziare a chiamare Tom per nome.

Chiamai un paio di volte, poi attesi. Un minuto. Nulla.

Screeck.

Il rumore di una macchina che frenava. Mi sporsi, gettando un’occhiata alla strada. Scorsi la signora che scendeva lentamente. “Scheiße!” imprecai ancora, nascondendomi subito. Deglutii.

Tom!” ricominciai a chiamare, un groppo alla gola, spaventata da ciò che poteva accadergli.

All’improvviso, un fruscio.

Mi voltai di scatto, un brivido mi attraversò la colonna vertebrale, trasmettendosi per tutto il corpo.

Una volpe, il pelo più vicino al biondo che al rossiccio, era uscita da sotto la siepe. Mi fissava, i piccoli occhietti scuri.

Un groppo alla gola, per via della gran voglia di piangere che mi aveva preso poco prima, sorrisi, gli occhi ancora pieni di lacrime. “Tom!” chiamai ancora. Lui continuò a fissarmi, immobile. Un secondo. Iniziò a corrermi incontro. Gli occhietti, brillavano.

A pochi passi da me, saltò. Io, presa alla sprovvista, aprii le braccia d’istinto, afferrando la volpe al volo. Fissai il suo muso un secondo. Piegato in un modo strano, ebbi l’impressione che mi stesse sorridendo poi, spiazzandomi del tutto, Tom mi strizzò l’occhio. Esterrefatta, mi ritrovai a sorridere.

Tlack.

All’improvviso il rumore di una porta che si apriva.

“Oh no!”

Sentii la voce della signora gemere sconsolata. Tom, tra le mie braccia, emise quello strano verso che, come la signora aveva ben interpretato, corrispondeva ad una risata.

“Dove sei dannata bestia?” iniziò a urlare lei un secondo dopo. “Vieni, vieni…Vedrai che bella sorpresa che ti ho preparato…”

La volpe smise di ridere, fissando seria verso il giardino, prima di appoggiare i suoi occhietti su di me.

Sospirai. Più tranquilla, avendolo trovato, sorrisi debolmente “Leviamoci dai piedi…” iniziai.

Appoggiai la volpe a terra. “Andiamo Tom…”

Iniziai a camminare, poi mi fermai, notando che non mi stava seguendo. “Che c’è?” domandai, girandomi a guardarlo.

La volpe mi si avvicinò, strusciandosi sulle mie gambe, l’unica parte del mio corpo che riusciva a raggiungere. Io lo fissai interdetta, completamente spiazzata. Un secondo dopo, Tom mi strizzò ancora l’occhio, saltandomi di nuovo in braccio. Fortunatamente, anche questa volta, i miei riflessi furono abbastanza pronti e riuscii ad afferrarlo in tempo. Iniziò a strusciarsi sul mio collo.

Nonostante fossi consapevole che era solo una volpe, non potei evitare di arrossire. “Tom…ti prego…” iniziai imbarazzata “Bill…”

La volpe si fermò, scrutandomi negli occhi. Emettendo un sospiro, sconsolato, saltò a terra.

 

 

Continua…

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Capitolo 10
*** zehn ***


Die schönsten Sterne

Hallo!!! L’ultimo capitolo…Sono triste…uff…odio finire le storie…Comunque spero che apprezzerete il mio lavoro…Chiunque voglia, mi lasci pure un commento!!! Viel dank^^

Per Sbadata93: Regan…Piango…Sniff, sniff…Pensa che faccio talmente pena che Tom ha smesso di guardare il suo giornale…( Tom: “Ti consolo io se vuoi…” Bill: “Tom! Vuoi morire?!?Tom, tace un secondo: “Effettivamente…no!” Bill sorride) Comunque grazie ancora per tutto ciò che fai per me^^!!! Viel dank! A presto!

 

Die schönsten Sternezehn

 

Driiin!

Ferma dietro la porta, attesi, attorno, un silenzio perfetto. Dopo un paio di secondi, Georg la spalancò, sorridendomi.

“Guarda un po’ chi ho trovato!” esclamai subito, incapace di celare la mia allegria.

Georg abbassò lo sguardo, incontrando gli occhietti vispi della volpe biondiccia. “NOOOO! Tom! Vecchio volpone!!!” urlò, pieno di entusiasmo.

La volpe, a terra, iniziò ad emettere quel suono strano. Rise. Un secondo dopo, l’atrio era affollato. Bill e Gustav infatti, all’urlo di Georg, erano subito accorsi. Georg si spostò, la volpe ed io entrammo in casa. Un secondo dopo, Tom saltò in braccio a Bill. Gli strizzò l’occhio, poi tornò a terra. Bill, sorrideva, gli occhi lucidi. Gustav gli si avvicinò, sorridente. Appoggiò una mano sulla sua spalla e, con l’altra, gli porse un fazzoletto. Bill negò “Grazie…”

Tom gettò ancora un’occhiata a Bill. Assicuratosi che non stesse piangendo, saltò sul divano. Pigiando col naso sui tasti, accese il televisore. Noi quattro scoppiammo a ridere.

Tom è sempre Tom!” disse allegro Bill. Georg gli diede una pacca sulla spalla. Gustav, vicino a me, sorrise.

Io guardavo la scena senza parole. Una strana sensazione mi invase. Ero in una stanza con tre ragazzi, e una volpe, di cui praticamente non sapevo nulla, eppure ero felice. Era come quando, dopo aver vagato a lungo nel buio, all’improvviso, raggiungi la luce. Non una luce forte, che ti acceca, ma quel tipo di luce che ti riempie il cuore di calore, di quell’affetto, talmente forte che, potresti piangere, mentre il sorriso è presente sul tuo volto. Sospirai.

Bill fu subito al mio fianco, stringendomi la mano. Gli sorrisi, felice. Anche lui sorrise.

Che dici, Bill, lo ritrasformiamo?” domandai, continuando a sorridere.

“Beh…a me non sembra che Tom sia davvero cambiato…” si intromise Georg “…Cioè guardalo…”

Tutti e quattro spostammo lo sguardo sulla volpe che, seduta svaccata sul divano, guardava attento quella che sembrava la replica di un noto telefilm ambientato su una spiaggia. Io mi avvicinai, sedendomi accanto a lui, guardandolo incredula. Lui, mantenne lo sguardo sullo schermo. All’improvviso, una giovane ragazza bionda, molto prosperosa, fece la sua apparizione. Tom, aprì la bocca, lasciando pendere la lingua all’esterno.

Scoppiai a ridere.

“Effettivamente, non hai tutti i torti…” concluse Bill, dando ragione a Georg, prima di scoppiare a ridere a sua volta, subito seguito dagli altri due. Tom, troppo preso dalla bagnina, non ci degnò nemmeno di uno sguardo.

Che facciamo allora?” domandò Gustav poco dopo, mentre Georg si sedeva sull’altro divano, lo sguardo fisso sulla ragazza in televisione.

Gott!” esclamò Georg, impedendo a Bill di rispondere “Quella ha un bagagliaio…” Mi voltai a fissarlo, allibita. Tom, accanto a me, spostò un secondo lo sguardo dallo schermo, strizzandogli l’occhio. “…culturale…” aggiunse subito Georg, tentando un salvataggio in extremis.

La volpe, al mio fianco, rise. Io scossi la testa. Mi portai una mano alla bocca, celando il sorriso. Dopotutto è un uomo…, mi dissi.

Nooo!” esclamò ancora Georg, poco dopo, sconsolato “Cavolo è già finito…”

Io risi. Un attimo dopo. La sigla.

Sgranai gli occhi. Realizzando ciò che sarebbe accaduto a breve, deglutii.

Poff.

“E’ così che funziona allora…” esclamò Tom, alla mia destra, tornato umano.

Arrossii violentemente, consapevole che era proprio di fianco a me, completamente nudo. Georg mi gettò un’occhiata. Vedendo che avevo chiuso gli occhi, il viso bordeaux, scoppiò a ridere, poi urlò “Bill! Porta dei vestiti. Tom si è appena ritrasformato…”

Bill, che era andato un secondo in cucina, alla ricerca di qualcosa da mangiare, rispose “Chiedi a Gustav, ora sono impegnato.

Gustav non è qui…comunque aspetteremo…” continuò Georg, prima di concludere con voce divertita “…tanto, al momento, è solo seduto nudo di fianco alla tua bella…”

COSA?” urlò la voce allibita di Bill. Un attimo dopo, lo sentii correre velocemente nella stanza. Non appena il rumore dei passi cessò, Tom e Georg scoppiarono entrambi a ridere, probabilmente per via della sua faccia.

Scheiße!” esclamò ancora Bill. Sentii che frugava febbrilmente, probabilmente talmente sconvolto da non riuscire a trovare i vestiti che avevo portato, in caso avessimo trovato Tom.Scheiße, scheiße!!!”

Gli altri due intanto continuavano a ridere. Io, gli occhi ancora serrati, aspettavo paziente. Bill si fermò un secondo. “Non aprire gli occhi!” si raccomandò.

“Non dovresti negarle il privilegio della vista…” iniziò Tom con voce divertita, alla mia destra. “Certe cose si possono vedere solo una volta nella vita…” concluse allusivo.

Benché pensassi di non poter arrossire maggiormente, non appena ebbe pronunciato quelle parole, sentii il calore al viso aumentare.

Silenzio. “Vorrei farti notare, fratellone, che io e te siamo perfettamente identici…quindi…” rispose subito Bill.

“Appunto! Avrebbe una gran fortuna, non ti rendi conto?!?” continuò, prendendolo amichevolmente in giro “Ben due volte nella vita!”

Un altro secondo di silenzio. Tom rise. “Idiota!” urlò Bill. Un attimo dopo, un movimento d’aria davanti al mio viso.

Pam!

Il rumore di un cuscino che sbatteva. Tom rise ancora. “E ora copriti con quello!” esclamò ancora Bill, irritato.

Sentii un fruscio, alla mia destra. Poi, una mano afferrò la mia, abbandonata sulle ginocchia, tirandomi in piedi. La strinse. Riconobbi il tocco di Bill. “Vieni, ma non aprire ancora gli occhi…” disse con voce seria. Io annuii, lasciandomi condurre da lui fuori dalla stanza. Sentii il rumore di una porta che si apriva, mi tirò dolcemente all’interno. La richiuse.

 

La campana del paese suonò le otto. Sorridendo, sfornai le lasagne che io e Gustav avevamo cucinato, dopo aver fatto la spesa. Entrai in salotto dove, seduti al tavolo, subito i quattro si voltarono a guardarmi. Bill seduto accanto a Tom, mi sorrise. Spostai lo sguardo da lui a suo fratello, per un secondo, poi sorrisi anch’io. Solo qualche ora prima si erano mandati a quel paese ed ora ridevano, come se non fosse accaduto nulla. Si vogliono troppo bene per lasciare che un litigio li separi…, pensai, un po’ commossa.

All’improvviso, il solito rumore mi riscosse dai miei pensieri. Tutti ci voltammo verso Georg. “Non è mica colpa mia se ho fame!” si giustificò subito lui. Le risate riempirono la stanza.

 

Dopo cena, mi ritirai in cucina, approfittando della scusa di lavare i piatti per lasciarli un po’ soli, a chiacchierare. Insaponando un bicchiere, spostai lo sguardo verso la finestra aperta. La notte stava arrivando velocemente. Sospirai.

Si erano ritrovati…, pensai contenta e triste allo stesso tempo,…questo significa che dovranno tornare da dove provengono. Sospirai ancora.

 

Finito di lavare i piatti, mi sedetti su una sedia, accendendomi la prima sigaretta di quella che, prevedevo, sarebbe stata una lunga serie. Lo sguardo fisso sulla luna.

Ehy…”

Riconoscendo la voce di Bill, mi voltai verso la porta. Dopo essere entrato, lui la socchiuse. Mi si avvicinò, inginocchiandosi sul pavimento davanti a me. Una mano sulla mia gamba, con l’altra afferrò la mia vuota. “Ti devo parlare…” iniziò con voce triste.

Espirando il fumo. Deglutii.

 

 

“Fu così che, il giovane ragazzo e i suoi amici, tornati umani grazie all’intervento di una ragazza gentile, poterono tornare nel loro regno. Arricchiti di nuovi doni, dall’esperienza vissuta, riuscirono a sconfiggere il malvagio Groll, rilegandolo nella caverna più oscura.

E vissero per sempre, amici e contenti…

Fine.”

 

E quindi, alla fine, il ragazzo è dovuto tornare da dove era arrivato…” esclamò la cuginetta, intrecciando le braccia. Sbuffò “Che triste…Io speravo si sposassero!!!

La ragazza, seduta sul letto, le sorrise, scompigliandole i capelli “Non sempre le cose finiscono come si vorrebbe nella vita…”

La bimba sbuffò ancora, abbracciando un orsetto di peluche. La ragazza le rimboccò le coperte “Ora dormi, ok?”

La bimba annuì. La ragazza si alzò, avvicinandosi alla porta. Sentendosi chiamare, si fermò, voltandosi ancora.

“Tata…la mamma e il papà quando tornano?” domandò la bimba, stringendo il peluche. Si voltò a guardarla ancora un istante.

“Presto, piccola, presto…” concluse, un sorriso malinconico sul volto.

 

Corse. Come una forsennata. Dopo aver lasciato la bimba nel suo letto, corse. Il vento nei capelli, il cuore che batteva forte. Corse ancora, imboccando la strada di campagna. La luna, che illuminava il suo volto, si oscurò un secondo, coperta da una nuvola. Attorno, all’improvviso il buio. Non appena si fu spostata, si trovò di nuovo inondata dalla luce. Sorrise. Nel campo, un piccolo gatto nero miagolò nella sua direzione. Gli occhi pieni di lacrime di gioia, lei allargò le abbraccia. Un secondo. Le lacrime sgorgarono. Bill era tornato.

 

 

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