Ti voglio bene

di Chou903
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Part I ***
Capitolo 2: *** part II ***



Capitolo 1
*** Part I ***


Mi domando come stiano Potter e Weasley, anche se forse saperlo farebbe crollare definitivamente tutte le mie speranze riguardo ad una loro atroce dipartita.
Weasley non lo vedo da dieci anni, e sinceramente la cosa non mi dispiace per niente. Potter l’ho intravisto sul campo di battaglia quattro anni fa, ma non ho fatto nulla per farmi riconoscere, per due ovvi motivi: innanzi tutto, non avevo nessun interesse a parlare con quell’idiota di Harry Povero-Bimbo-Maltrattato Potter; secondo, e più importante, mi avrebbe ucciso a vista. Lo so che non aspetta altro, come minimo sognerà la mia morte tre volte a notte.
   
E come dargli torto, oltretutto.

Sono centinaia le persone che vorrebbero vedermi morto. Almeno una cinquantina, sicuramente. Basta contare tutti quelli che odiano i Malfoy per invidia, quelli che li odiano perché hanno subito qualche torto da Lucius o Narcissa, quelli che li odiano perché siamo Mangiamorte, quelli che li odiano semplicemente perché tutti gli altri li odiano, quelli che odiano i Black per gli stessi, identici motivi, e poi quelli che odiano me in particolare, come tutto l’Ordine della Fenice, tutti quelli che undici anni fa frequentavano Hogwarts, quelli che semplicemente non mi hanno mai potuto soffrire e quelli che hanno tentato di darmi fiducia e ne sono rimasti scottati.
La lista potrebbe andare avanti all’infinito. E credo che un nome degno di nota, in questa lista, sia quello di Hermione Jean Granger.
Credo che lei abbia più motivi di tutti per odiarmi.

E neppure a lei, Merlino volesse, posso dare torto.

L’ho insultata per anni, l’ho guardata schifato e l’ho umiliata, ho preso in giro lei e i suoi amici, la sua famiglia e il suo sangue. E poi, due mesi prima della fine, l’ho avuta.
L’ho baciata, l’ho stretta a me, l’ho fatta mia per un’unica, singola, indimenticabile volta.
E poi sono andato via senza dire nulla, di nascosto, consapevole che per quello mi avrebbe odiato più di prima, ma incapace di prendere altre decisioni.

Codardo.

Perché mi torna tutto alla mente solo ora? Sarà perché quelli che cercavano vendetta l’hanno finalmente trovata? Perché mi hanno preso, finalmente. O meglio, perché i miei esimi colleghi mi hanno venduto. E in cambio di un bel niente, oltretutto. Hanno soltanto decretato che non fossi più utile, che dovessi morire. Non hanno nemmeno aspettato che fosse l’Oscuro Signore a gettarmi via, mi hanno preso e venduto al nemico, ben sapendo che non c’è nulla che io possa digli che loro non sappiano già.
Mi piace credere che l’abbiano fatto perché iniziavo a contare troppo agli occhi di Voldemort, ma so benissimo che non è così. I Malfoy, ormai, valgono meno di zero, ma che nessuno lo sappia in giro.
Sono più che certo che il Signore Oscuro non mi cercherà. Non ne vale la pena. Nemmeno io mi cercherei.
Sbatto nervoso la mano sul tavolo di legno, nella semioscurità.
Ho come il sospetto di trovarmi in una casa abitata, perché quella che ho davanti sembra una dispensa: una credenza, buste di cibo, una cuccetta presumibilmente di un elfo domestico - anche se ben tenuta - e un buon odore di pane.
Pane… quanto tempo è che non ne mangio? Da quanti mesi vado avanti solo a porridge andato a male? Non lo so. Suppongo da quando Bellatrix ha deciso che non valesse più la pena nutrirmi meglio, in quella camera della sua casa dalle tende spesse e il letto morbido che altro non era se non una lussuosa prigione.

Una porta si apre lentamente. Sono commosso, finalmente qualcuno che si ricorda di me? Sono solo due ore che sto chiuso in questa specie di topaia senza aria e senza luce, infondo.
Ma quello che mi appare non è né un membro dell’Ordine, né tantomeno un Auror.
È una ragazzina.
Una bambina. Nella luce che entra dalla porta aperta alle sue spalle, vedo dei capelli chiari, lisci e legati sulla testa, e un corpo magro, quasi fragile.
«Sei tu il signore che ha portato lo zio?» chiede esitante.
Non so bene cosa rispondere. Sinceramente sono ancora abbastanza confuso.
«Lo zio?» ripeto.
«Sì, lo zio Harry» spiega la ragazzina «la mamma ha detto che non dovevo venire qui, perché c’era un signore con cui poteva parlare solo lo zio. Però ho visto che non c’era nessuno fuori, e quindi sono entrata».
Con un mezzo sorrisetto, mi viene in mente che era così che avevo conosciuto la maggior parte dei Mangiamorte, a Malfoy Manior, quando avevo appena nove anni. Quella bambina non doveva averne molti di più.
«Come ti chiami?» mi chiede, inclinando leggermente la testa di lato.
«Non… Draco» rispondo, con un sospiro. Tanto non finirò nei guai per aver rivelato il mio nome ad una bambina. Non più di quanto non lo sia già, comunque.
«Che bello!» esclama quella, battendo le mani «è il nome di una costellazione, vero?».
Stavolta sono colpito. Come accidenti fa a saperlo? Non avrà più di dieci anni, ai bambini di solito non interessano queste cose…
«Sì, infatti. E tu come lo sai?».
Entra nella stanza, e si socchiude attentamente la porta alle spalle, stando attenta a non far rumore. Ha uno strano vestito, sembra babbano.
«Lo so» risponde orgogliosa «perché anch’io ho il nome di una costellazione, anche se è solo il mio secondo nome».
«Ah sì? E qual è?».
«CATHLEEN!» urla qualcuno, spalancando la porta.
Mi ci vogliono tre secondi buoni per rendermi conto che io quella voce la conosco. E forse mi ci vuole ancora di più per comprendere che mi è mancata davvero, nonostante il più delle volte urlasse contro di me… Anche se, in effetti, c’è stato un periodo in cui non urlava, lo stesso periodo in cui lei di nascosto mi abbracciava, nonostante continuasse a ripetermi che mi odiava, un periodo in cui mi baciava, nonostante continuasse a dire che non me lo meritavo.
Hermione Granger fa il suo ingresso a passo svelto nella stanza, e senza degnarmi di uno sguardo prende per il braccio la bambina, strattonandola verso la porta.
Mi ignora, se ne andrà, e non la rivedrò mai più.
Credo sia a causa di questo pensiero che, prima ancora che lei possa riaprire la porta, chiedo atono: «Non mi saluti neppure, Granger?».
Lei si volta con lo sguardo che rivolgerebbe ad una Caccabomba esplosa, e sibila «Non mi pare che salutare sia una tua abitudine, Malfoy».
Ma che divertente.

Non è stato facile nemmeno per me, Granger.

«D’accordo, non salutarmi se non vuoi. Ma almeno dimmi per quanto tempo volete farmi marcire in questa topaia».
Mi guarda stizzita, la mia bella Mezzosangue. Sì, mi è mancato anche il tuo sguardo arrabbiato…
«Finché Harry non deciderà che è il momento giusto per venire» risponde, facendo per uscire.
Ma quella che evidentemente deve chiamarsi Cathleen punta i piedi ed esclama: «Mamma, aspetta!».

Shock.

Mamma?
Ha una figlia?
È sposata?
Qualcuno che non sono io l’ha avuta?
Oh, lo so, non potevo sperare che restasse a struggersi di dolore per un bastardo che non ha mai smesso di insultarla neppure mentre la baciava. Ma non posso credere che mi abbia dimenticato, che si sia sposata con un altro senza ricordarsi di me in ogni singolo istante della giornata… questo no.

Non ci crederò mai, mia piccola Mezzosangue, mai. Potrai fingere, ma io lo so che infondo mi pensi sempre. Non mi dimenticherai mai Mezzosangue, io sono troppo importante per te.

Sembra si sia accorta del mio turbamento, perché mi rivolge un’occhiata sospetta. Poi torna a chinare la testa verso la bambina e domanda: «Aspettare cosa, Cat?».
«Il signore mi ha fatto una domanda. Tu mi hai detto che devo sempre rispondere alle domande, se ne conosco la risposta e dirla non mi costa nulla!».
Sorrido. Tipico della Granger.
Lei sbuffa e dice: «Okay Cat, su. Ma sbrigati, che zio Ron ti sta aspettando».
Oh bene, questo mi solleva non poco. Se non altro non è stato quell’ebete di Weasley ad averla avuta.
«Draco» spiega la bambina, tornando ad avvicinarsi a me «mi ha chiesto come mi chiamo».
Vedo una strana luce negli occhi della Granger. Sembra quasi felice che io abbia fatto quella domanda.
«Ebbene, diglielo».
Cathleen sembra sul punto di iniziare un discorso importante, di quelli che si tengono al leggio con tanto di Sonorus e uditorio. Sorride e dice in fretta, come una tiritera imparata a memoria: «Io mi chiamo Cathleen Lyra Granger, la mamma dice che il mio cognome poteva essere un altro, se mio padre non se ne fosse andato via all’improvviso».
Solo un pensiero, fugace e lampante: oh cazzo.
Rivolgo un’occhiata alla Granger, che mi guarda come a chiedere “soddisfatto?”. Poi torno a guardare Cathleen, che sorride.
E noto qualcosa nei suoi occhi: sono grigi, freddi eppure allegri, taglienti eppure felici.
Se non fosse stato per l’allegria e la felicità, avrei detto che fossero i miei occhi. E quei capelli biondi…
«E qual è questo cognome, Cathleen?» chiedo esitante.
Non aspettava altra domanda, evidentemente, perché sorride e risponde in fretta: «Malfoy».
Il mio cuore si deve essere fermato. Chissà se respiro ancora.
Quella ragazzina… è mia figlia?
Merlino no, non è possibile.
Figlia mia e della Granger. No…
«Cat, amore, vai dallo zio» dice gentilmente Hermione «e se incontri lo zio Harry digli che ora con Draco ci sta parlando la mamma, okay?».
La bambina annuisce vigorosamente e scappa fuori, non prima di avermi salutato con la mano.
Non riesco a parlare. Probabilmente non riesco neppure a respirare.
«Non… ».
«Sì» mi anticipa Hermione «sì, è possibile. È reale, Malfoy. Lo è da dieci anni».
«Ma… solo una volta… ».
«Una volta basta, non te l’ha spiegato papà?» ribatte acida lei, incrociando le braccia al petto e guardando il soffitto.

Devo riacquistare padronanza di me, maledizione.

Faccio un respiro profondo, senza saper bene cosa dire. O meglio, cosa dire lo so, ma non so come dirlo.
Quindi, inizio dalla prima domanda che mi balza in testa:
«Perché non me l’hai detto?».
Ride senza divertimento.
«Dirtelo? Venire da te e dirti “Sai Malfoy, sono rimasta incinta, e il padre sei tu”, quando ti davi alla pazza gioia con i tuoi amici Mangiamorte, uccidendo la gente e massacrando i bambini come lei? Sì, difficile capire perché non te l’ho detto».
Sbuffo.
«Andiamo Granger, lo sai benissimo che non avrei mai fatto del male a mia figlia!».
«No che non lo so!» esclama lei, quasi urlando «avrei dovuto portarla da te, per vederla crescere nello stesso modo in cui sei venuto su tu, per vederla diventare una Mangiamorte!? Sei pazzo Malfoy, pazzo!».
«Sarei morto pur di non farla diventare Mangiamorte, stupida!» esclamo, senza riuscire a trattenermi. Balzo in piedi, e con due veloci falcate sono accanto a lei, che non si scansa minimamente. Anzi, mi fissa imperterrita, la mia coraggiosa Grifondoro.
«Non avrei mai dato a lei il mio stesso destino!» continuo «ti sei già scordata di quello che ti ho detto quella sera di Natale, Granger? Dieci anni fa, ti sei scordata di quello che ti ho detto!?».
«E come avrei potuto?».
Però stavolta non ha più lo sguardo fiero. Sembra vagamente colpevole.
«Come avrei potuto dimenticarmelo, l’unica volta che mi hai parlato a cuore aperto. Ma il fatto che tu mi abbia detto che non volevi diventare Mangiamorte, ma che non avevi scelta, non mi consola. Per quel che ne so, magari anche lei, alla lunga, sarebbe stata costretta a diventarlo, nonostante il tuo e il suo volere».

Merlino Granger, non sai quello che mi stai facendo… non ho mai preteso la tua fiducia, ma ho sempre desiderato che mi stimassi più di quanto facessi con mio padre. E invece, per te, siamo sullo stesso livello… 

«Sarebbe stato tutto così diverso…» mi sfugge. Non avrei dovuto dirlo, ma non posso farne a meno. Mi appoggio al muro con la fronte, cercando di placare la rabbia che ho dentro.
Non voglio urlarle contro, e non perché io sia così nobile da non urlare contro una donna. È solo per puro e semplice egoismo: se ne andrebbe, e io voglio tenerla qui con me, ancora un po’.
Sembra perplessa, ora.
«Cosa sarebbe stato diverso, Malfoy?» chiede, in un tono che non sembra più arrabbiato, ma interessato.
Sorrido mesto, e rispondo piatto: «Avere lei. E avere te. Merlino solo lo sa quanto sarebbe stato diverso».
«Non capisco cosa…».
«Solo» la interrompo «non sarei più stato solo».
Lei scuote la testa, con uno sguardo esasperato.
«No Malfoy, questo non dirlo! Quando io volevo starti accanto, quando volevo che non stessi solo, tu mi hai allontanata in tutti i modi!».
«Credi davvero che avrei potuto SPIEGARTI perché me ne andavo!? Avrei potuto dirti che progettavamo un attentato alla vita del tuo caro Potter, senza che tu scappassi da me terrorizzata, o che mi cacciassi via?».
«Ma tanto è finita lo stesso, no? Non c’è nulla di diverso da… ».
«Se ti avessi rivelato tutto quello che avevano in serbo per me, non mi avresti fatto neppure parlare con Cathleen».
Mi volto a guardarla, ha un’espressione strana. Sembra triste, ma determinata.
È un istante, e sorrido. Tra tutti i pensieri, uno mi balza alla mente.
«Perché Lyra? Perché il nome di una costellazione?».

Se non volevi fosse mia figlia, perché hai seguito la tradizione dei Black?

«È pur sempre figlia tua, che io lo voglia o meno» ammette «è… difficile da spiegare. Sentivo di doverle lasciare una traccia di suo padre».
Vorrei dirle tante cose, ora. Vorrei urlare, gridare, e arrabbiarmi, e allo stesso tempo vorrei mormorarle che la amo, vorrei abbracciarla e accarezzarle il viso.
Vorrei anche chiederglielo, chiederle se ho una possibilità, una speranza, un’occasione per riscattarmi. Ma so che non ce l’ho. Non me la darà, non mi permetterà di ferirla di nuovo.
Sembra leggermi nella mente, la mia Mezzosangue, perché guardandomi fissa scuote la testa.
«No Malfoy» dichiara decisa «non cambierà nulla, nemmeno ora che lo sai. Il ministero ti condannerà a qualcosa e, qualunque pena essa sia, tu la sconterai».
«Lo so» commento, con un sogghigno «non mi aspettavo mica che l’inflessibile ex Caposcuola Grifondoro Granger facesse un’eccezione. Solo… voglio chiederti una cosa».
Non so se me lo concederà. Effettivamente, non so nemmeno perché glielo sto chiedendo.
So solo che non posso morire senza averlo fatto, non ora che so.
«Parla, su» dice lei cupa.
Faccio per parlare, ma poi esito. Sto ripensando alla mia richiesta.
«Diciamo che sarebbero due le cose che vorrei tu facessi per me. Poi non ti chiederò più nient’altro, lo giuro. Gli ultimi desideri di un condannato a morte, non puoi negarmeli».
Sembra scocciata, ma vagamente colpita da quell’esitazione che vede sul mio viso per la prima volta.
«Parla ti ho detto, Malfoy».
«La prima, e mi stupisco che tu non ci sia arrivata, è un bacio».
Sbuffa sbalordita.
«Ma lo sai che sei incredibile? Stai per morire, potresti chiedermi di fare per te qualunque cosa e mi chiedi solo un misero… ».
«Bacio, sì» concludo io, chinando la testa cupo «quello che aspetto da dieci anni, Granger. Direi che me lo devi».
«Sei sempre così prepotente. Non cambi mai» mi dice, avvicinandosi di mezzo passo.
«Lo so».
«Ma non posso negartelo, infondo».
Sono sempre stato più alto di lei. Si alza sulle punte dei piedi, e poggia le mani sulle mie spalle. Io abbasso leggermente la testa, andandole incontro, per una volta.
Mi sfiora le labbra, dolcemente. È una strana sensazione, quel brivido che mi sale lungo la schiena, mi ricorda che, volente o dolente, sono ancora vivo.
Ma non mi accontento di una carezza tra labbra, Mezzosangue, dovresti saperlo. Non mi è mai bastata una sola carezza, non mi può bastare. Specie da te.
Il bacio fa il suo corso: da casto diviene passionale, poi infuocato. Ci accarezziamo con le mani, cerchi le mie labbra e poi sfuggi da loro, chiudi gli occhi ma non vuoi lasciarti andare.
Forse trenta secondi, ma a me sono sembrati un’ora. Troppo poco.
Mi lasci, ti allontani da me, le labbra rosse e le guance accese.

Sei bellissima, Mezzosangue. La mia droga: mi fai male, ma ti bramo.

Deglutisce, e si ricompone in fretta dicendo: «La seconda cosa che volevi?».
« …Voglio abbracciare mia figlia. Una… una volta sola, prima di… di quello che deve succedere».
Non credevo di poter provare una cosa simile, una tristezza e un’amarezza tali da farmi impigliare le parole in gola.
E nemmeno lei credeva che potessi provarle, glielo leggo negli occhi.
Non mi risponde, si limita ad aprire la porta e a chiamare Cathleen a gran voce.
Nemmeno un minuto dopo, la bambina arriva di corsa.
«Mamma?» chiede, allegra.
«Tesoro… D-Draco vuole… chiederti una cosa».
Sbaglio o le trema la voce? Mi inganno, o ha gli occhi lucidi?

Mi illudo, Mezzosangue, o stai soffrendo per me?

Bene, ne sono felice. Ora, almeno, sai quello che ho provato per dieci anni io.
Cathleen si avvicina, guardandomi curiosa. Prima che chieda alcunché, sono in ginocchio a terra, davanti a lei, e la sto abbracciando stretta, con gli occhi chiusi.

Sei il mio legame con Hermione, il prolungamento della mia vita, l’unica parte di me che resterà per sempre con lei…

Non so bene cos’abbia capito lei, ma resto stupefatto sentendo le sue braccia attorno al collo.
«Cathleen» dico, senza lasciarla, con una voce incerta «posso chiederti una cosa?».
«Sì, certo…».
«Potresti… per favore…» e qui, va detto, vedo Hermione sgranare gli occhi dallo stupore «cambiare il tuo cognome… da Granger… in Malfoy?».
Non ha reazioni. Continua semplicemente ad abbracciarmi, e io continuo a stringere lei.
«Certamente, papà».
Sobbalzo, allontanandomi da lei e guardandola stupito. Papà? Ha capito tutto? Oh, non mi interessa come ha fatto, se abbia origliato o se l’abbia semplicemente capito. So solo che papà… sì, è una bellissima parola, papà.
Vedo Hermione che si porta una mano alla bocca, e voltandosi di scatto esce.

Va a nascondere le tue lacrime, Mezzosangue, so che a me non le mostreresti mai.

«Devi andare via di nuovo, papà?» mi chiede, vagamente delusa «non resterai con me e la mamma?».
«No…» rispondo, a voce fioca «non posso… fermarmi, Cathleen».
«Ma… tornerai ancora?».
Scuoto la testa. Ci sono talmente tante possibilità che io non torni che non so come dirglielo. Com’è difficile…
«Non lo so. Se non tornerò, per favore… sta attenta alla mamma, d’accordo?».
«Però tu torna, cerca di tornare» insiste lei.

Se potessi, non me ne andrei nemmeno ora, Cat.

«Mi impegnerò, promesso».
Sorride. Ha il sorriso uguale a quello della madre, così raro ma così bello.
«Anche perché l’anno prossimo devo andare ad Hogwarts, sai? Quindi devi accompagnarmi insieme alla mamma!».
Sorrido esitante anch’io.
«Ci proverò».
«Bene! E poi volevo dirti che anche se tu non ci sei stato mai…» china la testa, sembra imbarazzata. La rialza decisa, con lo stesso sguardo fiero che ho visto per anni negli occhi di Hermione, lo stesso sguardo che incontravo tutte le mattine guardandomi allo specchio «… che anche se non ci sei stato mai, io ti voglio comunque bene. E quindi devi tornare».
«Cathleen…». Hermione ci interrompe prima ancora che io possa immagazzinare quella frase «Cathleen amore, dobbiamo andare, è arrivato lo zio Harry».
«Posso salutare papà?».
Hermione mi guarda esitante. Mi ha già dato più di quanto volesse, lo so. Eppure, credo che ora stia cambiando idea. La vedo sorridere, mentre annuisce.

Sei arrivata a capirmi, Mezzosangue? Ti sei resa conto di quanto sia importante per me sentirmi dire “ti voglio bene”? Hai capito, Mezzosangue, che se non me l’avessi nascosta sarebbe stato tutto diverso?

Non so se l’ha capito. Ma vedo le sue lacrime, mentre Cathleen mi abbraccia e mi da un leggero bacio sulla guancia.
La mia bambina. L’unica persona che mi abbia mai detto “ti voglio bene”.
«Ricordati che me l’hai promesso, papà» sussurra, prima di voltarsi e andarsene.
Hermione la guarda uscire, poi si volta verso me e, cercando di ricacciare indietro le lacrime, mi fissa intensamente.
Chi lo sa a cosa sta pensando. Io so solo che sto ancora in ginocchio, paralizzato, e che mi sento male per averle perse di nuovo. Perché le ho perse, senza dubbio.
«Cosa… le hai promesso?» chiede incerta.
«Che mi impegnerò per tornare da lei. Sta tranquilla Granger, ci sono talmente poche possibilità che torni davvero che non devi preocc…».
«Promettilo anche a me» mormora, stringendosi le mani e mordendosi un labbro.
«Che… cosa?».
Ho capito bene? Vuole… vuole che torni da lei?
«Promettimi che cercherai di tornare da lei, da me. Anche se non sarà possibile… promettimi che il tuo primo obiettivo, in qualunque circostanza, sarà tornare da noi. Per favore, Draco…».
Quando un minuto dopo Potter entrò, trovò me e Hermione abbracciati, lei che piangeva singhiozzando sulla mia spalla, e io che, sconcertato e tristemente felice, non riuscivo a far altro se non a mormorare di continuo: «Te lo prometto… te lo prometto, Hermione…».

Fine prima parte
Note dell'autrice: Complimenti per essere arrivati fin qui! So che è una storia lunga, ma abbiate pazienza... manca solo l'ultima parte. Per tutti quelli che hanno anche solo tentato di leggerla... se mi lasciate una recensioncina - positiva o meno - mi farete felice! ^^

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Capitolo 2
*** part II ***


Non morirò.

Non per mano dei Dissennatori o degli Auror, almeno.

Non sono riusciti a trovare prove che attestassero che io abbia concretamente agito da Mangiamorte, se non la presenza del Marchio Nero sul mio braccio. E per questo, sono stato condannato solo a sei anni di prigione.

Poteva andarmi peggio, in effetti. Potevano trovare quelle prove che effettivamente esistono, e condannarmi al Bacio dei Dissennatori. Suppongo di dover ringraziare Potter se sono ancora vivo, anche se la cosa non mi va giù per niente: avrà scomodato tutti i più illustri Auror e membri del Winzegamoth, sotto richiesta di Hermione, e questo significa che sono in debito con lui.

Ma… sono comunque sei anni ad Azkaban, sei anni di galera, sei anni di tortura.

Sei anni senza vederla. Senza vederle.

 

Mi dispiace Cat… non potrò accompagnarti al binario 9¾, l’anno prossimo.

Non potrò venire a salutarti dal finestrino.

 

Non ci sarò, come non ci sono stato per dieci anni, e come non ci sarò per almeno altri sei.

Ma sopravviverò a questa prigione di dolore, perché te l’ho promesso. La solitudine mi assillerà ancora di più, ora che sono consapevole che qualcuno che vorrebbe avermi accanto esiste.

Ma sopravviverò, per te che sei stata l’unica ad avere il coraggio di dirmi “ti voglio bene”.

Sei anni non sono così tanti. Duemilacentonovantuno giorni. Cinquantaduemilacinquecentoottantaquattro ore.

E quando uscirò tornerò da te. Sarai grande, forse mi avrai dimenticato.

Ma tornerò comunque, perché te l’ho promesso.

****

 

Chino la testa per schermarmi dal sole. La spiaggia dell’isola di Azkaban è scura. Sarebbe stato strano trovare una sabbia chiara in quel posto.

Un mago, probabilmente un Auror, si avvicina.

«Signor Draco Lucius Malfoy, lei è libero» mi dice solennemente, tendendomi la bacchetta.

Avrà vent’anni. Beato lui, non sembra aver buttato la sua vita. Io a vent’anni mi davo alla pazza gioia ammazzando la gente e godendo delle lodi di chi era più importante di me. Ed ero già padre, anche se non lo sapevo…

Prendo la mia bacchetta, la compagna di ogni mago, il prolungamento del mio corpo di cui ero stato privato per tanto, troppo tempo.

Il mago apre la bocca per parlare, per farmi un qualche discorsetto riguardo alla mia nuova condotta probabilmente, ma io già non ci sono più.

 

Non posso incontrarle così, con una camicia slavata, strappata e insudiciata, e dei pantaloni macchiati e rotti, con i capelli lunghi e la barba ispida.

Apro gli occhi, sono a casa, a Malfoy Manior. Ho sempre amato quella villa, nonostante detestassi i miei genitori.

Inconsciamente, mi domando se a Cathleen e Hermione piacerebbe viverci. Probabilmente no, è troppo cupa.

Quasi senza rendermene conto, assorto come sono nei miei pensieri, raggiungo la mia camera. Nessuno mette piede a Malfoy Manior da sette anni a questa parte, tutto è rimasto come l’ho lasciato. Non so se ci sono ancora gli elfi domestici nelle cucine, probabilmente sì, ma ora non ho tempo nemmeno per mangiare.

Persino il cassetto dei miei vestiti semiaperto e l’anta dell’armadio socchiusa sono rimasti tali e quali a come li avevo lasciati la mattina di sette anni fa, quando ero uscito per l’ultima volta da Malfoy Manior.

 

Sono dimagrito, tant’è che devo mettere una cintura sui jeans che erano già vecchi sei anni fa, quelli che usavo per le missioni tra i babbani. Il rancio della prigione non fa ingrassare nessuno. La camicia nera, la prima che mi capita tra le mani, mi sta leggermente larga sulle spalle. Se Theodore non fosse morto nove anni fa in prigione e mi vedesse ora, probabilmente mi prenderebbe in giro sguaiatamente, perché finalmente avrebbe un fisico meglio modellato di quello del perfetto Draco Malfoy, che lo scherniva sempre per la sua gracilità, che poi non era nemmeno così tanta.

 

Con la bacchetta faccio miracoli: guardandomi allo specchio, ho di nuovo i capelli biondi corti e, soprattutto, puliti. Non mi piaccio con i capelli lunghi, somiglio troppo a mio padre, e non mi piace somigliare a lui. La barba svanisce con un tocco, ringraziando Merlino. La odio. Così anche la sporcizia che mi sento addosso, che sparisce permettendo di nuovo all’aria di accarezzare la mia pelle chiara.

Mi guardo allo specchio, ma non posso ingannare nessuno: non ho più diciotto anni, e si vede. I capelli li ho lasciati uguali ad allora, e anche l’espressione è la stessa, anche se forse leggermente meno dura, ammorbidita appena dalla prigione. Ma le occhiaie si vedono, e con loro sono apparse anche due rughe ai lati della bocca.

Altro che rughe del sorriso, io non sorrido da decenni, eppure ce le ho lo stesso.

Probabilmente, se non fossi stato così eccitato all’idea di vederle, la prima cosa che mi sarebbe passata per la mente sarebbe stata “Cerca di darti una ringiovanita, sei pur sempre un mago di un certo livello!”. Ma ora non ho tempo, né voglia.

È estate, Cathleen non dovrebbe essere a scuola.

Non so dove vivano, ma so come trovarle.

 

La casa di Potter è rimasta uguale a quella di sei anni fa. Chissà se anche il minuscolo ripostiglio dove ho conosciuto mia figlia è rimasto uguale. Dovrebbero farne un monumento di quel ripostiglio, se fosse per me.

Avvolgendomi bene nel mantello, benché faccia caldo, mi avvicino al batacchio della porta di legno.

Non faccio in tempo a battere una seconda volta la maniglia a forma di coda di leone, perché la porta si apre e compare il padrone di casa in persona.

 

Sempre gli stessi occhiali di pessimo gusto.

 

Sempre gli stessi capelli lunghi e spettinati, seppure più grigi.

 

Sempre lo stesso abbigliamento babbaneggiante e trasandato.

 

Merlino Potter, sono passati sedici anni e ancora non riesci a darti una sistemata.

 

«Ma che lieta sorpresa!» esclama ironico, guardandomi truce. E in quel momento, mi rendo conto che è la prima volta che rivolgo la parola ad una persona reale, da un tempo che a me sembra infinito.

«Già» rispondo, burbero «dopo sei anni in galera, avrei preferito di gran lunga incontrare qualcuno con un po’ di cervello, come primo contatto umano, e invece mi tocca stare qui a parlare con te. Che bello, èh Potty?».

«Beh, sei tu che sei venuto. Fosse per me, preferirei vederti sepolto sei piedi sotto terra, ma evidentemente non tutto va come vorrei».

«E chissà chi dobbiamo ringraziare per questo. Senti, mi piacerebbe davvero stare qui a onorare i vecchi tempi di Hogwarts assieme a te, con una bella litigata magari, ma non sono venuto per questo».

«Lo so» commenta, facendosi serio «lo so perché sei qui».

«Chi è, Harry?» chiede una ragazza alta e rossa di capelli, comparendo accanto a lui. Solo i capelli rossi, quell’indistinguibile rosso Weasley, mi fa riconoscere Ginny Weasley. Per il resto, è completamente cambiata. È una donna adesso, con tanto di pancione e abito premaman.

«Oh, Malfoy» commenta, con un’espressione che dice tutto, arricciando le labbra.

«Non mi aspettavo certo un’accoglienza così calorosa» commento ironico «ma se sai perché sono qui, Potter, allora dimmi dov’è e facciamola finita».

«In giardino» risponde asciutta Ginny «stava cercando di convincere Ron ad accompagnarla a Diagon Alley, domenica».

Senza nemmeno aspettare di essere inviato, in perfetto stile Malfoy, li oltrepasso e percorro il lungo corridoio, sperando di trovare il prima possibile la stramaledetta porta che da al giardino, senza magari imbattermi in qualche altra vecchia e amatissima conoscenza.

 

Quando finalmente la trovo in fondo alla cucina e la apro, rimango abbagliato.

C’è una ragazza a pochi metri da me, seduta a terra con un gatto rosso in braccio (un pronipote di quel rompiscatole del gattaccio di Hermione, senza dubbio).

Nei miei ricordi, Cathleen era una bambina. Anche se ovviamente ero conscio di come l’avrei ritrovata, non riesco a credere che sia lei.

Adesso, non più nella penombra della credenza, posso vedere i suoi capelli biondi, biondi come i miei, ma ricci come quelli di sua madre. Indossa, sia ringraziata la fata Morgana, un vestito non babbano, una gonna bianca lunga fino al ginocchio e una maglietta sul cui retro, seminascosto dai lunghi ricci biondi, si legge la scritta “Cannoni del Chudley”. Le piace il Quidditch, allora. Sarà stata l’influenza di Weasley e Potter, almeno una cosa utile l’hanno fatta.

 

Trattengo una risata solo per l’atmosfera del momento quando vedo Weasley: pigramente spaparanzato su una sedia, con un bel fisico (sarà un giocatore di Quidditch, forse) ma la stessa espressione ebete di quando aveva quindici anni. Eeeh, certe cose non cambiano mai!

Il mio vecchio compagno di risse si volta verso di me, e mi vede. Mette su una strana espressione, a metà tra la sorpresa e la rabbia, che mi fa solo sorridere ancora di più.

Cathleen se ne accorge, perché si volta di scatto.

Eccoli là, quegli occhi, i suoi occhi, i miei occhi. Guardarli mi fa rendere conto di quello che deve provare la gente guardando i miei: sembrano ghiaccio, freddi e taglienti. Eppure sono caldi, o almeno i suoi lo sono.

Rimane imbambolata per un istante, il viso ovale uguale a quello di Hermione assume un’espressione stupefatta.

 

Mi hai riconosciuto? Ti ricordi, io sono quello a cui hai detto “ti voglio bene” tanto tempo fa…

 

Si alza in piedi di scatto, e io sorrido vedendo che, scalza, mi corre incontro.

«Papà!» esclama, abbracciandomi.

«Allora ti ricordi, Cat…» mormoro felice, stringendola.

«Sei tornato! Lo sapevo che saresti tornato!».

E dico una cosa stupida, stupidissima, ma che sentivo di doverle dire da anni.

«Scusa se non sono potuto venire alla stazione, Cat…».

Mi lascia, solo per guardarmi con un sorriso. Sta piangendo, ma è felice.

Nessuno è mai stato felice di rivedermi.

«Lo sapevo che non saresti venuto» ammette «ma sapevo anche che saresti venuto a chiedermi scusa per non essere venuto».

La abbraccio di nuovo. È bellissima, è speciale, e soprattutto è mia, e vuole esserlo.

Probabilmente, guardandomi da fuori, con gli occhi di un altro, non mi riconoscerei.

Ma io so che l’unica cosa che voglio fare in quel momento, è essere felice abbracciando mia figlia.

«Per un periodo» mi dice, senza lasciarmi «ho creduto che ti fossi dimenticato della promessa…».

«Che idiozia» ribatto «non dimentico mai nulla io».

«Lo so, me l’ha detto anche la mamma».

 

Hermione…

 

«Va da lei, papà» mi mormora Cathleen «ha pianto tanto, anche se di nascosto».

«Io… dov’è?».

Con un sorriso, mi indica le scale all’interno.

Mi volto e faccio per salirle, ma qualcuno deve averla avvisata, perché sento dei passi veloci sulla mia testa, e poi appare in cima alla rampa di scale.

Lei è rimasta identica. Bellissima come me la ricordavo, forse con appena qualche anno in più sul viso.

«Draco?» chiede incerta.

Scoppio a ridere.

«Non mi riconosci, Granger?».

Eccola, l’altra metà del mio cuore, che corre in fretta giù per le scale, con le lacrime agli occhi, e mi abbraccia.

«Sei tornato veramente, allora…» mormora, con il viso nascosto nella mia spalla.

La stringo forte, più forte che mi riesce, e rispondo: «Te l’avevo promesso, ricordi?».

«Io mi sono scordata di dirti una cosa importante, sei anni fa, Draco. L’idea che avrei potuto farlo ma che non l’ho fatto, il pensiero che tu non lo sapessi… ci sono stata male».

«E cos’era?» chiesi, allentando la presa per guardarla negli occhi, scostando i capelli castani che le coprono la vista.

Sorride, e mi da un bacio. Un bacio leggero, ma pieno di passione.

«Che ti amo» rispose, a fior di labbra «che ti amo da un sacco di tempo, Draco Malfoy».

Rido allegro, accarezzandole un fianco.

«Ma io lo sapevo già, sai? Non c’era bisogno che ci stessi male, sapevo che eri innamorata di me. Come potevi non esserlo, d’altronde?».

Sorride e mi tira un pugno sul braccio, dicendo: «Sempre tronfio, èh?».

«Se cambiassi non ti piacerei più, Mezzosangue» rispondo piano, tornando a baciarla.

«Hai maledettamente ragione…».

«E così non sei morto, èh?» commenta qualcuno.

Senza togliere un braccio dalla vita di Hermione, mi volto.

 

Weasley… caro Weasley, possibile che tu ancora non abbia imparato a non disturbarmi nei momenti cruciali della mia vita?

 

«Purtroppo per te no» rispondo garbatamente «ma non ti nascondo che io ho sperato di non trovarti qui, al mio ritorno».

«La mamma me l’aveva raccontato» commenta sorridendo Cathleen «della vostra affettuosa amicizia».

«Oh, e non ho ancora salutato Potter come si deve» sogghigno, mentre Potter entra nella stanza.

«Malfoy, ho fatto tanto non far assomigliare Cat a te, cerca di non distruggere tutto il mio operato» commenta con un sospiro Potter.

Hermione sorride e dice: «Credo sia troppo tardi… Sai Draco, credo che Cat ti somigli più di quanto non somigli a me».

«Ah sì?» chiedo piacevolmente colpito.

Spero solo che non abbia avuto la stessa infanzia che ho avuto io…

Cathleen annuisce orgogliosa e dice «Vieni, voglio farti vedere una cosa!».

Mi prende la mano, correndo su per le scale. Hermione ci segue, con uno strano sorriso felice sulle labbra. Sento Potter sbuffare e brontolare qualcosa dietro di noi, e il suono indistinguibile di una padella sbattuta in testa con non troppa forza seguita dalla risata di sua moglie.

Cathleen si ferma davanti ad una porta, e mi guarda con trepidazione.

«Ci siamo trasferite qui» spiega Hermione «per non dover restare da sole a casa mia. E ovviamente Cathleen non fa altro che far saltare i nervi a Ron con quella stanza».

«Fa bene a far saltare i nervi a Weasley, qualcuno doveva pur farlo se non c’ero io».

Cathleen sorride con un espressione furba e apre la porta, invitandoci ad entrare.

Non mi sono mai soffermato a pensare a quale dovesse essere la Casa di mia figlia, ma pensandoci ora su due piedi direi Grifondoro, essendo cresciuta solo con sua madre Grifondoro, attorniata da amici Grifondoro.

È sorprendente vedere che la camera, grande ma vagamente cupa, con tende pesanti che coprono quasi tutte le finestre, risplende dei colori che avevano ornato la mia camera da ragazzo: un bel verde smeraldino, e un argento brillante.

«La mamma per poco non ci restava secca quando gliel’ho detto» sorrise Cat «infondo, lei sperava diventassi una brava Grifondoro».

«Beh, come darmi torto?» commentò Hermione «sembravi nata per diventare una Grifondoro…».

«No» la interruppi, riavvicinandomi e prendendole la mano «Cat non poteva essere una Grifondoro. E inizio a sospettare che tu sia una Serpeverde mancata, Granger».

«Che cosa? E perché mai?» sorride Hermione.

Le abbraccio, tutte e due. Cathleen poggia la testa sulla mia spalla, e Hermione mi deposita un dolce bacio sulla guancia.

«Per voler bene ad uno come me» dico infine «non si può essere onesti Grifondoro».

«Non è vero» ribatte Hermione, lasciandomi «i Grifondoro sono coloro che meglio riescono a perdonare e ad amare tutti, quindi…».

«I Grifondoro sono dei maledettamente leali e onesti, non potrebbero mai…».

«Ma ti sto dicendo che…».

«Zio Harry mi aveva raccontato anche questo» sospira esasperata Cat, alzando gli occhi al cielo «ma non credevo che riusciste davvero a discutere per tutto!».

Scoppiammo a ridere allegramente.

Non credevo potesse essere davvero così bello avere una famiglia.

 

the end

 

 

 

Note dell'autrice: eccoci qua, giunti alla fine di questa mia piccola impresa... Ammetto che questa fanfiction è, tra tutte quelle che ho scritto, la mia preferita. Ho dovuto pensarci parecchio, ma alla fine mi sono decisa a pubblicarla, e ne sono felice! I vostri commenti mi hanno mandato in brodo di giuggiole *-*

Ma basta ciarlare su di me, voglio ringraziarvi personalmente per aver recensito!

MoMomaramao: grazie mille carissima, ovviamente Cathleen è un nome che adoro anch'io, lo trovo così dolce e musicale... sono contenta che la piccola Cat ti sia piaciuta. Alla prossima ^^

hEiLig FuR ImMeR: beh, che dire, grazie! Per quanto riguarda il lieto fine... l'avevo già scelto da un bel pezzo. Di solito prediligo le storie senza happy ending, ma questa qui... il povero Draco mi faceva troppa pena per non dargli un lieto fine ^^

Cussiola : wowow, che bello! Non per sembrarti crudele, ma sapere che la mia fanfiction ha commosso qualcuno è davvero lusinghiero! Grazie mille! XD

Love_doll : grazie, anche la tua recensione mi ha molto lusingata ^^ Sai, pensavo da un po' di scrivere un seguito, ma non so se alla fine metterò in cantiere qualcosa... chissà, staremo a vedere ^^

Un bacio e un grazie a tutti quelli che hanno letto, e che leggeranno e continueranno a recensire!

Alla prossima, Alessia

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