The lost Guardians: Snow & Star

di uomi_hime
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** Finalmente a casa! Can I stay with you forever? ***



Capitolo 1
*** prologo ***


PROLOGO
 
Un passato da non dimenticare! Can I see you again?
 
Quella sera d’inverno, la città di Torino era alquanto silenziosa. Il sole stava ormai tramontando dietro le nuvole, lasciando il posto alla candida luna, che con la sua tenue luce illuminava i tetti coperti dalla neve; inoltre, la nebbia tipica di quella stagione stava avvolgendo i palazzi, dando al centro abitato un aspetto ai limiti del fiabesco.
 
Nel centro storico della città, si ergeva una villetta dall’architettura ottocentesca, le pareti color rosa antico e un sistema di sicurezza da far invidia all’FBI; il giardino, grande e ben curato, sembrava essere fornito di ogni tipo di fiori e piante tante erano le varietà presenti, e due fontane, ora ghiacciate, facevano la loro bella figura ai lati del viottolo in ghiaia, che tagliava a metà quella versione in miniatura del giardino dell’Eden.
 
L’interno della villa era ancora più maestoso dell’esterno: l’androne era adornato da un’infinità di quadri e armature medioevali, e il pavimento era composto da lucido marmo coperto da un grande tappeto rosso acceso, mentre al centro si apriva un’enorme scalinata che portava ai piani superiori.
 
Al secondo piano dell’immensa abitazione, in una stanza illuminata leggermente dalla fioca luce della luna, una ragazza quasi quindicenne osservava la città innevata dalla finestra aperta, sospirando pensierosa; i lunghi capelli biondi, quasi nivei, le incorniciavano il viso dai tratti orientali, mentre una leggera frangetta le ricopriva in parte gli occhi color del ghiaccio.
 
Stringeva nel pugno un pezzo di carta molto simile ad una lettera, ripensando ad un episodio di soli 4 anni prima che mai e poi mai avrebbe potuto dimenticare…
 
 
 
 
Una ragazzina di all’incirca undici anni era appoggiata al muretto del centro sportivo Namimori, con la neve che le arrivava fin quasi alle caviglie; i lunghi capelli biondi erano raccolti in una coda alta, mentre il viso era quasi del tutto coperto dalla sciarpa, tranne i grandi occhi azzurro ghiaccio che osservavano il campo da baseball, spenti e privi della luce che di solito li animava.
 
Il vociare indistinto proveniente da un folto gruppo di ragazzini distolse la giovane dalle sue riflessioni, facendole alzare lo sguardo alla ricerca della persona che era venuta a cercare. Ci mise poco a individuarlo: corti capelli mori perennemente in disordine, grandi occhi color cioccolato pieni di allegria, labbra incurvate in un sorriso spensierato.
 
Il ragazzo notò subito la figura minuta che lo osservava dal cancello d’entrata, lasciando che l’ennesimo sorriso si formasse sul suo viso alla vista della sua migliore amica.
 
-Yuki-chan!!-
 
Esclamò Yamamoto, correndole incontro.
 
-Ciao, Yama-kun-
 
Disse lei, sorridendo leggermente.
 
-Cosa ci fai qui? Tu abiti dall’altra parte della città, con questa neve deve essere stata una faticaccia arrivare-
 
-Lo so, ma dovevo parlarti di una cosa importante-
 
Il tono stranamente serio della bionda fece preoccupare non poco l’amico, che l’aveva sempre vista allegra e spensierata.
 
-Yuki-chan, è successo qualcosa?-
 
Chiese, guardandola negli occhi con uno sguardo pieno di preoccupazione.
 
-Si tratta di mio padre; gli hanno offerto un lavoro in Italia, e...-
 
S’interruppe, abbassando lo sguardo a terra alla ricerca del coraggio per completare quella maledettissima frase.
 
-E lui ha accettato. Partiamo domani mattina-
 
Concluse, strizzando gli occhi per impedire alle lacrime di uscire; il moretto, che tutto si aspettava tranne che quello, spalancò le iridi color cioccolato, guardando incredulo l’amica.
 
-M-ma... l’Italia è praticamente dall’altra parte del mondo! Non ci vedremo più...-
 
Sussurrò, atterrito da ciò che quella rivelazione comportava: Yuki era la sua migliore amica, non voleva che se ne andasse.
 
-Non si può fare nulla?-
 
-Lo sai come è fatto... dalla morte della mamma quell’uomo non tiene più conto delle opinioni degli altri, pensa solo al suo tornaconto personale. Appena ho provato a protestare, mi ha tirato uno schiaffo talmente forte da farmi cadere a terra-
 
Disse, abbassando la sciarpa quel tanto che bastava per permettere all’amico di notare un grosso livido violaceo sulla guancia destra. Takeshi strinse i pugni, come faceva ogni volta che Yuki veniva maltrattata dal padre; avrebbe tanto voluto fare qualcosa, ma sapeva bene che se fosse intervenuto avrebbe solamente peggiorato la situazione dell’amica.
 
-Ha cominciato a urlare, dicendo che non dovevo osare contraddirlo, che non avevo alcun diritto di scelta... ma io non voglio andarmene, Yama-kun! Voglio restare a Namimori, voglio continuare a giocare a palle di neve con te!-
 
Gridò, mentre le lacrime cadevano copiose sulle sue guance; il moro l’abbracciò d’istinto, cercando di darle un qualche tipo di conforto con la sua presenza.
 
Quando la bionda si fu calmata, Yamamoto la prese per mano, conducendola dentro uno dei caffè lì vicino per scaldarsi almeno un po’. Ordinò due cioccolate calde, senza smettere di osservare l’amica, che non aveva più aperto bocca.
 
-Stai bene?-
 
Chiese dopo un po’, con l’intento di rompere quel silenzio pieno di tensione che si era andato a creare.
 
-Si.... grazie per prima-
 
Disse Yuki, arrossendo lievemente al ricordo dell’amico che l’abbracciava.
 
-Per te questo ed altro, Yuki-chan! Siamo amici, no?-
 
Esclamò il moretto, sfoggiando uno dei suoi soliti sorrisi a 32 denti.
 
-Già, amici...-
 
Sussurrò la bionda, causando l’apparizione di un enorme punto di domanda sulla testa di Yamamoto.
 
-Che intendi?-
 
-Niente, non ti preoccupare; pensavo a voce alta-
 
Si diede mentalmente della stupida, stavolta aveva rischiato veramente di farsi scoprire.
 
Da qualche settimana ormai si era accorta che in presenza dell’amico le succedevano cose strane: diventava rossa senza un motivo apparente, il cuore sembrava voler fracassarle la cassa toracica e prendere il volo, le era estremamente difficile riuscire a pronunciare una frase di senso compiuto...
 
All’inizio aveva creduto di essere malata, perché di certo quelle reazioni non erano normali, ma dopo una luuunga chiacchierata con una sua cugina in visita dalla Norvegia aveva finalmente capito di essersi irrimediabilmente, completamente, inevitabilmente innamorata del suo migliore amico Takeshi Yamamoto.
 
E lì erano iniziati i problemi: lei conosceva Takeshi da anni ormai, e sapeva con certezza che, sotto alcuni aspetti, diventava più ingenuo di un neonato; di conseguenza, non poteva di certo sperare di poter diventare più di un’amica per lui; a questo andava aggiunto il fatto che, col carattere solare che si ritrovava e il suo sorriso capace di sciogliere anche un pezzo di ghiaccio (e qui Yuki dovette trattenersi dal cominciare a sorridere come un’ebete), quel ragazzo riusciva a far strage di cuori solo con uno sguardo, per di più senza rendersene neanche conto.
 
Era perfettamente consapevole che Yamamoto l’aveva sempre vista come la sua migliore amica, e che così sarebbe sempre stato. Per questo aveva deciso di rinunciare a lui, sperando che, prima o poi, i suoi sentimenti scemassero all’amicizia, come era giusto che fosse.
 
Questo fino a quella mattina, quando tutto il suo mondo gli era caduto addosso: adesso avrebbe dovuto dirgli addio, forse per sempre, e lei non voleva; non voleva perdere i suoi sorrisi, la sua allegria, il suo buonumore che tante volte le avevano dato la forza di sopportare il carattere dispotico del padre. Ma non poteva farci niente, quell’uomo era stato chiaro: non poteva scegliere.
 
-...ki? Yuki-chan?-
 
La voce del moro in questione distolse Yuki dai suoi pensieri, facendole alzare lo sguardo verso l’amico.
 
-Eh? Cosa c’è?-
 
-È arrivata la cioccolata-
 
-Ah, ok grazie-
 
Disse, prendendo la tazza incandescente tra le mani infreddolite e soffiandoci sopra per evitare di scottarsi; cominciò a bere, conscia che quella era probabilmente l’ultima cioccolata calda che avrebbe bevuto in compagnia di Yamamoto.
 
Cadde nuovamente il silenzio tra i due undicenni, e Takeshi si stava seriamente preoccupando per Yuki: non l’aveva mai vista così giù di morale, e al solo guardarla gli si stringeva il cuore; voleva aiutarla, ma non sapeva come.
 
Tutta colpa di quell’uomo: dopo la morte della moglie per via di una malattia ereditaria, più di quattro anni prima, era diventato una persona fredda e avida, completamente disinteressata ai sentimenti della figlioletta, che, dopo la morte della madre, aveva bisogno di tutto l’affetto possibile.
 
Ed ora voleva farla soffrire ancora, togliendole tutto ciò che aveva di più caro al mondo; presto lei sarebbe partita verso un paese di cui non conosceva nulla, neanche la lingua, e tutto per colpa dei desideri egoistici di un uomo che aveva saputo solamente rinchiudersi nel proprio dolore, senza curarsi delle persone che gli stavano attorno.
 
Yamamoto non poteva sopportarlo: Yuki era la sua migliore amica, odiava vederla soffrire per colpa delle angherie del padre; purtroppo ciò accadeva molto spesso,e lui non poteva fare altro che restarle accanto, per aiutarla ad andare avanti. Ma ora non avrebbe più potuto farlo, e temeva per lei.
 
 Ovviamente sarebbero rimasti perennemente in contatto, con lettere e telefonate, ma lui voleva che Yuki lo sentisse sempre vicino, che sapesse che non l’avrebbe mai abbandonata; l’idea lo raggiunse come un fulmine a ciel sereno, facendogli spalancare leggermente gli occhi e pronunciare a mezza voce un “ma certo” che aveva tanto il significato di “come mai non ci ho pensato prima?”.
 
Yuki lo guardò sorpresa, chiedendosi il motivo di quel repentino cambio d’umore.
 
-Yama-kun, cosa-
 
-Vieni con me-
 
Disse semplicemente il ragazzino, prendendola per mano (causandole un attacco di tachicardia) e trascinandola di corsa fuori dal bar, lasciando ovviamente i soldi del conto sul tavolino.
 
Il moro scarrozzò l’amica per mezza Namimori, facendola poi salire sulla collina del tempio della città. Si fermò solo quando furono arrivati sulla cima, permettendo alla bionda di riprende finalmente fiato e di rendersi conto di dove l’aveva portata.
 
-Ma... questo posto..?-
 
-È dove ci siamo conosciuti, te lo ricordi?-
 
La ragazza annuì, guardandosi intorno sommersa dai ricordi. Come poteva dimenticarsene?
 
Al tempo aveva appena compiuto sei anni, esattamente un anno prima che sua madre morisse. Per il suo compleanno i genitori le avevano regalato un gatto, Aki, che quel giorno aveva deciso di farsi una passeggiata senza avvertire la padroncina. L’avevano cercato in lungo e in largo per tutta Namimori, finchè non era arrivata lì, e aveva visto lui: un ragazzino della sua età dai grandi occhi color cioccolato che accarezzava ridendo il suo gatto, che intanto faceva le fusa tutto contento.
 
Si era avvicinata, e dopo due ore stava ancora chiacchierando con il ragazzino misterioso, che si era rivelato essere il figlio del proprietario del suo ristorante di sushi preferito. Avevano cominciato a vedersi ogni giorno per giocare, e in poco tempo erano diventati praticamente inseparabili.
 
-Perché mi hai portato qui?-
 
Chiese, mentre una lacrima solitaria le bagnava le guance rosee.
 
-Perché volevo darti questo-
 
Rispose Takeshi, guadagnandosi un’occhiata perplessa della biondina. Ignorando bellamente la domanda muta che gli veniva posta, infilò una mano nella tasca del giaccone, tirando fuori un pacchettino color crema chiuso da un fiocco rosa chiaro.
 
-Doveva essere il tuo regalo di compleanno, ma credo sia meglio dartelo ora-
 
Yuki prese il pacchetto, asciugandosi velocemente le lacrime che minacciavano di tornare a scendere. Lo aprì, sgranando gli occhi dalla sorpresa appena notò il contenuto della scatolina.
 
-Yama-kun, è.... bellissimo-
 
Sussurrò, prendendo tra le mani la collana che le era stata appena regalata: alla catenina d’argento, lunga e sottile, era appeso un pendente a forma di fiocco di neve, tempestato di tante piccole gemme che sembravano brillare di luce propria.
 
-Yuki-chan, promettimi una cosa: qualunque cosa accada, qualunque cosa abbia in mente tuo padre, tu non ti devi arrendere, chiaro? Devi resistere, io ti sarò sempre accanto, ti telefonerò ogni giorno, ti scriverò di tutto ciò che accadrà a Namimori d’ora in avanti, in modo tale che, quando tornerai (perché tornerai, ne sono certo), sarà come se non te ne fossi mai andata... non ti abbandonerò, va bene?-
 
la giovane annuì, mentre le lacrime fino ad allora trattenute scorrevano senza freni lungo il suo viso delicato: non voleva andarsene, ma sapere che lui non l’avrebbe lasciata le dava la forza di andare avanti. Sorrise, per la prima volta in dodici ore, un sorriso dolce e sincero che fece aumentare impercettibilmente il battito cardiaco del giocatore di baseball.
 
-Grazie... Takeshi-
 
Sussurrò la bionda, alzandosi sulle punte quel poco che bastava per posare un lieve, ma dolce, bacio sulla guancia del moretto, il cui cuore aveva preso a battere sempre più velocemente al sentire il suo nome uscire dalle labbra dell’amica.
 
Yuki si girò, evitando di guardare in faccia Yamamoto, per poi cominciare a correre giù per la discesa che l’avrebbe riportata a casa.
 
Non si guardò indietro neanche una volta, stanca di far vedere le sue lacrime; tuttavia, se solo si fosse voltata, avrebbe notato il suo caro amico rosso come un peperone che si toccava incredulo la guancia su cui era stato depositato quel bacio che sapeva, più che di un “addio”, di un “arrivederci”.
 
 
 
Yuki sospirò, rigirandosi tra le mani il ciondolo a forma di fiocco di neve che da allora teneva sempre al collo, senza toglierlo mai.
Sentiva terribilmente la mancanza dell’amico, e, anche se erano passati quattro anni, non era riuscita a liberarsi dei sentimenti che la legavano a lui.
 
A dirla tutta, essi col passare del tempo si erano intensificati, anche grazie alle numerose lettere e telefonate che Takeshi le faceva ogni giorno. Parlavano del più e del meno, dalla vita di tutti i giorni alla scuola che li tartassava di compiti ogni giorno... Lei, dal canto suo, aveva iniziato a praticare pattinaggio su ghiaccio, e doveva dire che le piaceva tanto.
 
In sostanza la sua vita lì si era rivelata migliore del previsto: a scuola era la migliore, le amiche non le mancavano e praticava uno sport che le piaceva sul serio. Ma la sua vita a Namimori le mancava, e avrebbe dato qualsiasi cosa per tornare...
 
-Yuki! Sei qui?-
 
La voce di una ragazza la distolse dai suoi pensieri, facendola girare verso la porta della sua camera.
 
-Sono in camera, Tsuki!-
 
Chiamò. Dopo pochi secondi la porta si spalancò, lasciando il posto ad una ragazza della stessa età di Yuki: i lunghi capelli corvini erano raccolti in una coda di cavallo, tranne due boccoli che le cadevano dolcemente sulle spalle, incorniciando due grandi occhi blu come il mare; indossava una maglione a righe blu e nere, con sotto un paio di jeans scuri e degli stivaletti neri.
 
-Finalmente ti ho trovata! Ho dovuto cercarti per tutta la villa, urlando come un’idiota, prima che tu ti degnassi di rispondermi!!-
 
Sbraitò la nuova arrivata, guardando la bionda con fare inquisitorio.
 
-Scusa, ero assorta nei miei pensieri e non mi sono accorta di nulla…-
 
Mormorò Yuki, abbassando lo sguardo al pezzo di carta che stringeva in mano.
 
-Una lettera?- Chiese la mora –Fammi indovinare, viene dal Giappone, vero?-
 
Disse poi, sorridendo dolcemente nel vedere le guance dell’amica imporporarsi leggermente. L’altra ragazza le porse semplicemente il foglio in questione, senza dire una parola; e quando ebbe finito di leggere, sul volto di Tsuki apparve uno dei suoi sorrisi sghembi, di quelli che non facevano presagire niente di buono.
 
-Certo che il tuo amico ha avuto proprio un bel tempismo a mandarti questa lettera-
 
Disse, sorridendo serafica.
 
-Cosa intendi?-
 
Chiese Yuki, curiosa ma allo stesso tempo preoccupata: conosceva bene l’amica, e sapeva che da quel sorriso non ci si poteva aspettare nulla di buono.
 
-Bhèèèèè… dovevano essere il tuo regalo di compleanno, ma penso sia meglio darteli ora-
 
Detto questo, la mora le diede una busta, che Yuki prese in mano sempre più sorpresa; sorpresa che non tardò a trasformarsi in incredulità, non appena il suo contenuto scivolò fuori.
 
-M-ma questi sono…-
 
-Due biglietti di sola andata per il Giappone, più precisamente per una certa città di nome Namimo-
 
Tsuki non fece in tempo a finire la frase che l’amica le era saltata al collo, facendole perdere l’equilibrio e cadere a terra.
 
-Tsuki, sei grande!- Gridò la bionda, con le lacrime agli occhi –Grazie grazie grazie!!-
 
-Guarda che lo so benissimo, non c’è bisogno che me lo dici tu!-
 
Rispose la moretta, con il suo solito sorriso strafottente stampato in faccia. Le due ragazze si alzarono,e solo in quel momento Yuki sembrò ricordarsi della parte più importante.
 
-Ma… come facciamo con mio padre? Non ci permetterà mai di andare in Giappone…-
 
Disse la bionda, sospirando affranta.
 
-E da quando in qua ti interessa il parere di tuo padre?- Esclamò Tsuki, facendo sussultare l’amica –Sono due anni ormai che non lo vedi, non può pretendere che tu resti per sempre attaccata a lui! La tua vita è lì, e lui non ha il diritto di portartela via-
 
Concluse, sorridendo dolcemente; l’altra ragazza la guardò, riconoscente, per poi abbracciarla nuovamente.
 
-Grazie, Tsuki-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Yo Yuki-chan!
Come va lì in Italia? L’inverno dovrebbe essere alle porte, vero? Qui invece si avvicinano le vacanze primaverili, come anche i tornei scolastici: non sto più nella pelle!
Ora che ci penso… tra un po’ è il tuo compleanno! Mi piacerebbe festeggiarlo assieme, in fondo sono quasi 4 anni che non ci vediamo... mi manchi sai? Spero che tuo padre ti permetta presto di tornare qui, anche solo per qualche giorno.
A proposito di tuo padre, come va? Si è fatto vivo o non dà ancora sue notizie? A volte vorrei proprio sapere fino a dove si può spingere il suo egoismo…
Oh, scusa ma devo andare, Tsuna e Gokudera mi aspettano!
Ciao ciao!
 
Takeshi Yamamoto
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
___angolo di marta-chan___
Ooooook… l’ho fatto… l’ho fatto veramente…
Scusate ma veramente non credevo che sarei mai riuscita a postare questa… chiamiamola cosa… perché dai, questo orrore non può chiamarsi storia, punto u-u (non fateci caso, sono in fase auto commiserazione, ora passa)
Bhè, che dire, cosa ne pensate? Io non so, l’idea mi è venuta così, senza pensarci troppo su, anche se l’ultima parte mi ha dato un po’ di problemi : ecco, il mio problema è riuscire a finire i capitoli, non so mai dove andare a parare XD Spero di non aver fatto Yamamoto troppo OOC, se si ditemelo che lo metto negli avvisi :)
 
Mi piacerebbe sapere anche cosa ne pensate dei miei due OC, Yuki e Tsuki. Parliamo un po’ di loro: Yuki fa di cognome Kaze, e il suo nome dovrebbe significare (con me non si può mai essere sicuri XD)”vento innevato” o più letteralmente “vento di neve”; che dire su di lei… è una ragazza riservata, sempre gentile e disponibile con tutti, ma che tende sempre a tenersi dentro i sentimenti e i rimpianti, come l’amore per Yamamoto o il rancore verso il padre… e più “calma” rispetto a Yamamoto, cioè sta più in disparte, ma nasconde parecchi lati del suo carattere che impareremo a conoscere più avanti ;)
 
Tsuki è il suo esatto contrario: chiassosa ed esuberante, non sta mai ferma e adora fare scherzi all’amica, anche con conseguenze disastrose XD è allegra e solare, ma nasconde parecchi segreti…
 
Boh, ho voluto fare questa breve presentazione per spiegarvi meglio il loro carattere in generale, così che possiate già sapere cosa vi aspetta XD questo era solo il prologo quindi gli altri saranno più lunghi :)
 
Ora basta, che ho scritto un papiro XD ci sentiamo nelle recensioni :) perché me ne lascerete, verooo??? *sguardo assassino e bazooka alla mano*
 
marta-chan

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Capitolo 2
*** Finalmente a casa! Can I stay with you forever? ***


LITTLE NOTES: D’ora in poi, i dialoghi scritti in grassetto saranno in italiano, mentre quelli normali in giapponese. Detto questo, buona lettura :)
 
DISLAIMERS: I personaggi di questa fan fiction non mi appartengono (sigh sob TT^TT), ma sono di proprietà di Akira Amano-sensei, tranne Yuki e Tsuki, di mia personale invenzione.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Finalmente a casa! Can I stay with you forever?
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L’aeroporto a quell’ora era abbastanza vuoto, contando soprattutto il fatto che erano le sei e mezza del mattino. Erano presenti soprattutto uomini in giacca e cravatta, pronti a recarsi negli angoli più sperduti del pianeta per occuparsi di un qualche tipo di affare, e famiglie che partivano per le vacanze imminenti. Tra loro spiccavano due ragazze sui quindici anni, una bionda e una mora.
 
La moretta era visibilmente assonnata e, probabilmente, ancora nel mondo dei sogni, tanto che più di una volta la valigia le scivolò via dalle mani. La biondina, invece, sembrava stranamente impaziente, quasi come se aspettasse quella partenza da sempre, e trascinava il proprio bagaglio, insieme ad una gabbietta per gatti, canticchiando in allegria.
                                                           
-Muoviti Tsuki! Se non corriamo perderemo l’aereo!-
 
Urlò Yuki all’amica, dirigendosi di corsa all’imbarco del loro aereo.
 
-Arrivo, arrivo...-
 
Rispose la ragazza, accompagnando l’affermazione con uno sbadiglio bello grosso.
 
Ma come fa ad avere tutta questa energia di prima mattina?
 
Si chiese, guardando scettica la giovane davanti a sé. Era sorridente come mai l’aveva vista, euforica e, soprattutto, felice.
 
Quel Takeshi deve essere davvero speciale per lei... forse più di quel che mi ha sempre raccontato.
 
Pensò, sorridendo. Capitava spesso che, durante le notti in cui entrambe non riuscivano a chiudere occhio, si mettessero a parlare del loro passato; e, immancabilmente, nei racconti di Yuki spuntava sempre questo famoso Yama-kun, il suo migliore amico, almeno a detta sua. In quanto a lei, beh... non è che avesse molte cose belle da raccontare...
 
-Tsuki! Vuoi tirare fuori i biglietti si o no?-
 
La voce dell’amica la riscosse, facendola sussultare lievemente. Si infilò una mano in tasca, tirando fuori i tanto agognati biglietti, il loro lasciapassare verso un nuovo capitolo della loro vita.
 
-Grazie, buon viaggio!-
 
Esclamò l’hostess, sorridendo cordiale. Yuki si diresse dentro l’aereo, seguita dall’amica, e prese posto accanto al finestrino; alzò lo sguardo al cielo, con gli occhi pieni di quella scintilla di determinazione che per quattro anni era mancata, e sorrise al pensiero di ciò che di lì a poco l’aspettava.
 
Takeshi... sto arrivando.
 
 
***


Tsuna sospirò per l’ennesima volta, lanciando un’altra occhiata al compito in classe che spuntava dalla sua borsa: non era andato bene neanche questa volta, e di certo Reborn non gliel’avrebbe mai fatta passare liscia. Tremò al pensiero di ciò che il tutor poteva fargli, mentre Gokudera tentava di dargli man forte e di rassicurarlo.
 
-Non si preoccupi Juudaime! Non è colpa sua, il professore ha messo delle domande troppo difficili! Gliela farò pagare a quel bastardo, stia tranquillo...-
 
E mentre il dinamitardo elaborava diverse strategie per far saltare in aria il povero docente senza colpa, Tsuna cominciò a disperarsi alla vista del familiare contorno della sua abitazione apparso all’orizzonte.
 
Questa è la volta buona che Reborn mi ammazza: è più di una settimana che tenta di farmi entrare in testa i concetti basilari proprio in vista di questo compito, e io sono riuscito a prendere comunque 30! Voglio morire...
 
A distrarlo dalle sue riflessioni ci pensò la voce di una ragazza proveniente dall’altro lato della strada, che si esprimeva in una lingua a lui sconosciuta, ma che il suo fidato braccio destro conosceva bene.
 
-Al diavolo, Yuki! Sono più di due ore che giriamo, si può sapere dove si è cacciato il tuo amico?-
 
Stava sbraitando Tsuki, ignara delle occhiate curiose che il castano e l’argenteo stavano rivolgendo a lei e alla sua amica dall’altra parte della strada.
 
-È quello che vorrei sapere anch’io! Non è neanche al campo di baseball, non so più dove cercare!-
 
Si disperava l’altra ragazza, delusa di non essere riuscita a trovare il suo vecchio amico. L’aveva cercato ovunque, persino al Takesushi (causando, per di più, un infarto al povero padre del suo amico, che tutto si aspettava tranne che rivedere lei), ma non era neanche lì, e il padre non lo vedeva da quando era uscito per andare a scuola.
 
-Ehi, non disperarti, vedrai che lo troveremo!-
 
Tentò di consolarla la mora, che aveva notato il suo stato d’animo ai limiti della depressione.
 
E appena accadrà, lo costringerò ad offrirci il pranzo: è da stamattina che non mangio niente...
 
Pensò poi la ragazza, senza però dirlo ad alta voce per non far arrabbiare Yuki: non aveva proprio voglia di ascoltare le sue lamentele su quanto reputasse sbagliato costringere qualcuno ad offrire qualcosa, che questo qualcosa bisognava guadagnarselo, ecc... Attraversò la strada immersa nei suoi pensieri, senza degnare di uno sguardo ciò che accadeva intorno a lei, e solo dopo essere arrivata al centro della strada udì l’urlo dell’amica.
 
-ATTENTA TSUKI!!-
 
Troppo tardi la mora si riscosse dai suoi pensieri, udendo il familiare rombo di una macchina sportiva che puntava dritta su di lei e i clacson che giungevano ovattati alle sue orecchie. Chiuse gli occhi, incapace di muoversi, e si preparò all’impatto.
 
Ma lo schianto non avvenne mai.
 
Sentì qualcuno afferrarla per le braccia, catapultandola a forza sul marciapiede dove si trovava prima. Aprì gli occhi, confusa e un po’ dolorante per la botta, e i suoi grandi occhi blu mare incrociarono due pupille color giada contornate da dei ciuffi argentati.
 
-Tsuki! State bene?-
 
Chiese Yuki, correndo nella loro direzione, costringendola a interrompere quel gioco di sguardi e aiutandola ad alzarsi.
 
-Io... si, almeno credo-
 
Sussurrò la mora, ancora scossa dall’accaduto, per poi girarsi verso il suo salvatore, ancora seduto a terra.
 
-Ecco... grazie per avermi salvato-
 
Disse, stavolta in giapponese, inchinandosi in segno di ringraziamento.
 
-Tsk, stai più attenta la prossima volta, ragazzina-
 
Fu la sua risposta, e la povera Yuki si fece un facepalm mentale, osservando sconsolata Tsuki che molto lentamente alzava lo sguardo, mentre un’aura minacciosa la circondava.
 
-Tu brutto bastardo, come diavolo ti permetti di-
 
-Gokudera-kun!!-
 
La voce di un altro ragazzo interruppe la lite sul nascere, mentre una zazzera castana si avvicinava al trio.
 
-Gokudera-kun, stai bene?-
 
Chiese preoccupato il nuovo arrivato, osservando con due grandi occhi color miele il ragazzo ancora seduto a terra.
 
-Si, scusi se l’ho fatta preoccupare Juudaime!-
 
Esclamò quest’ultimo, ricevendo non poche occhiate dalle due ragazze, confuse dal modo con cui si era rivolto al castano.
 
-Juudaime...?-
 
Sussurrò la bionda, che più cercava un senso a quell’appellativo meno ci capiva.
 
-Ma... non vuol dire decimo in giapponese?-
 
Completò la mora, più confusa dell’amica. Il castano, che sembrava aver notato le occhiate che le due ragazze gli stavano rivolgendo, tentò subito di cambiare discorso.
 
-Ecco... scusate il comportamento del mio amico, è un po’ scorbutico-
 
Esclamò, riferendosi all’episodio di poco prima.
 
-Solo un po’?-
 
Chiese sottovoce la mora, ricevendo un’occhiataccia da parte dell’argenteo a cui fu ben contenta di rispondere, dando inizio all’ennesima battaglia di sguardi.
 
-Non ti preoccupare- disse la bionda, lanciando un’occhiata di rimprovero all’amica –Comunque, io sono Yuki Kaze, piacere-
 
Si presentò, invitando l’altra a fare lo stesso.
 
-Mi chiamo Tsuki Hoshi, e non sono una ragazzina-
 
Continuò la mora, lanciando l’ennesima occhiata al ragazzo che le aveva salvato la vita e ottenendo come risposta un semplice “Tsk”.
 
-Gokudera Hayato-
 
-Tsunayoshi Sawada, ma chiamatemi pure Tsuna-
 
Si presentarono i due ragazzi, uno sorridendo e l’altro sempre più seccato.
 
-Sawada, hai detto?-
 
Disse Yuki, cercando di ricordare dove aveva già sentito quel nome.
 
-Un attimo.. tua madre è per caso Nana Sawada?-
 
Chiese poi, guardandolo tra la sorpresa e l’incredulità.
 
-S-si, perché?-
 
-Ma dai!- Esclamò la bionda, scoppiando a ridere –Tua madre era una vecchia amica della mia, avevano frequentato lo stesso liceo e Nana-san è venuta più volte a casa mia prima che mi trasferissi-
 
Spiegò poi, per rispondere alle occhiate confuse che Tsuna gli stava lanciando da cinque minuti buoni.
 
-Davvero? Quindi sei di Namimori... strano, la tua amica non sembra giapponese-
 
Constatò Gokudera, inserendosi nella conversazione.
 
-Infatti sono italiana, idiota-
 
-Ehi, chi hai chiamato idiota?-
 
Rispose l’argenteo, sorprendendo non poco la mora.
 
-Ma che...? capisci l’italiano?-
 
-Certo, sono italiano anch’io!-
 
Tsuki lo fissò a bocca aperta, allibita, per poi scoppiare a ridere sonoramente.
 
-Cosa c’è da ridere?-
 
Esclamò Gokudera, fissandola torvo.
 
-Niente, è che... non hai proprio l’aspetto tipico “italiano”-
 
Rispose la ragazza tra una risata e l’altra, facendo riferimento hai suoi tratti orientali e facendolo imbestialire sempre di più.
 
-Ehi ragazzina, cerchi la rissa per caso?-
 
-Prova a battermi, polpo ambulante!-
 
E mentre Tsuna cercava in tutti i modi dall’impedire a Gokudera di tirare fuori le sue bombe, Yuki sembrò finalmente ricordarsi il vero motivo per cui erano corse per strada non appena raggiunto l’aeroporto.
 
-Tsuki, piantala! Dobbiamo trovare Takeshi, te ne sei già dimenticata?-
 
Esclamò, acchiappando l’amica per la collottola.
 
-Guastafeste- Sbuffò Tsuki –Andiamo dai, con il polpo ambulante regolerò i conti un’altra volta-
 
Disse poi, causando un altro scoppio d’ira dell’argenteo.
 
-Ehi, chi hai chiamato polpo ambulante?-
 
-Calmati Gokudera-kun! Scusa Kaze-san, posso sapere chi state cercando?-
 
S’intromise Tsuna, bloccando la lite sul nascere.
 
-Chiamami pure Yuki, in fondo abbiamo più o meno la stessa età! Comunque, stiamo cercando un ragazzo di nome Yamamoto Takeshi, lo conoscete per caso?-
 
Disse la ragazza, e l’espressione sorpresa dei due ragazzi gli fece intendere che si, lo conoscevano eccome.
 
-Ma dai, sei amica del fissato del baseball?-
 
Constatò Gokudera, guadagnandosi un’occhiata perplessa della bionda.
 
“Fissato del baseball”? Bhè, in effetti conoscendolo è un soprannome che gli calza a pennello...
 
Pensò, mentre un gocciolone stile manga le scendeva dietro la testa.
 
-Davvero lo conoscete?-  Esclamò Tsuki, raggiante – Sono due ore che lo cerchiamo, per caso sapete dove si trova?-
 
Chiese speranzosa, stanca di fare avanti e indietro inutilmente per tutta la città.
 
-Mi spiace, non ne ho idea... quando siamo usciti da scuola ha detto che doveva fare una cosa e che non sarebbe rientrato con noi come al solito-
 
-Ha blaterato qualcosa a proposito di una promessa e della collina del vecchio tempietto di Namimori... chi lo capisce è bravo-
 
Quest’ultima frase, detta senza un motivo preciso da un Gokudera completamente disinteressato, fece accendere una lampadina nella testa di Yuki, che si diede della stupida per non averci pensato prima.
 
-Ma certo, è ovvio!-
 
Esclamò, facendo sobbalzare dalla sorpresa tutti i presenti.
 
-Cosa è ovvio? Hai capito dove si trova?-
 
Chiese Tsuki, che ci stava capendo sempre meno. La bionda fece segno di si con la testa, per poi cominciare a correre verso la sua meta seguita persino da Tsuna, che era sempre più curioso, e Gokudera, che ovviamente non avrebbe mai lasciato il castano da solo con due sconosciute (in realtà era curioso anche lui, ma non l’avrebbe mai ammesso neanche sotto tortura).
 
-Oggi è il 18 Dicembre, ossia l’anniversario della mia partenza! E quel giorno,proprio sulla collina del vecchio tempietto, ci promettemmo che ci saremmo continuati a sentire anche dopo la mia partenza, finché, un giorno, non fossi tornata-
 
Spiegò, sorprendendo Tsuna: Yamamoto non gli aveva mai accennato ad una cosa del genere, e solo allora si rese conto di non sapere poi molte cose sul suo conto.
 
Ognuno perso nei propri pensieri, continuarono a correre, arrivando ai piedi della collina in meno di cinque minuti. Yuki alzò lo sguardo, speranzosa, e appena i suoi occhi incontrarono il contorno del corpo di un ragazzo dai capelli corvini, girato di spalle ad osservare il tempietto posto in cima all’altura, un gigantesco sorriso si impossessò del suo viso, mentre alcune lacrime cominciarono ad apparire agli angoli del suo campo visivo.
 
Senza accorgersene, cominciò ad avanzare su per la collina, quasi di corsa, senza mai staccare gli occhi dalla figura di fronte a lei, per paura che essa potesse scomparire se solo avesse distolto lo sguardo.
 
-Takeshi... Takeshi... YAMA-KUN!!-
 
Urlò, facendo girare il ragazzo verso di lei. Vide i suoi occhi color cioccolato, rimasti uguali a quando erano bambini, sgranarsi alla sua vista, mentre incredulo la osservava avvicinarsi.
 
-Yuki....-chan?-
 
Lo sentì sussurrare, mentre anche lui cominciava a sorridere. La bionda gli saltò letteralmente addosso, facendo cadere entrambi a terra, mentre le lacrime, stavolta di gioia, scendevano incontrollate sulle sue guance rosee; sentì le braccia di Yamamoto circondargli i fianchi, abbracciandola ancora più forte, mentre scoppiava a ridere come il suo solito, una risata liberatoria che esprimeva tutto il suo sollievo nel rivederla dopo tanti anni.
 
-Sono tornata, Yama-kun-
 
Sussurrò Yuki, affondando la testa nell’incavo del suo collo. Era di nuovo a casa, e non avrebbe più permesso a nessuno di portarla nuovamente via di lì.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
\\\ LITTLE CORNER ///
 
Si, sono tornata... in ritardo, ma sono tornata u.u Scusate, so che avrei dovuto postare prima, ma tra scuola, professori che ti minacciano col debito (facendoti sudare freddo per più di un mese) e poi non te lo mettono, causando per di più una reazione tra il sollievo e il “ora vi uccido”, con l’aggiunta di sorelle rompiscatole che vogliono essere accompagnate al mare ad ogni ora del giorno e della notte e di un computer bastardo che si rompe ogni due per tre, questo capitolo non ne voleva sapere di scriversi, ci ho sudato sette camice e mezza... ma ora eccoci qua!
 
Le nostre due protagoniste sono finalmente arrivate a Namimori, e subito Tsuki ne ha combinata una delle sue, facendosi quasi mettere sotto da una macchina. Ma per fortuna che Gokku ha risolto la situazione, salvandola, per poi scatenare una rissa furibonda u.u e alla fine Yuki e Yamamoto si sono riabbracciati, mentre scrivevo quella scena mi stavo letteralmente sciogliendo *A* ma vabbè...
 
Nel prossimo capitolo, le due ragazze conosceranno il resto della combriccola, e vi lascio immaginare cosa accadrà u.u Piccole precisazioni: nelle recensioni molti di voi mi hanno chiesto di approfondire il rapporto tra Yuki e suo padre; allora, come penso che molti di voi abbiano intuito, il loro rapporto non è dei migliori, ma le cose verranno spiegate meglio più avanti, perché, credetemi, la famiglia di Yuki è molto più complicata di quel che credete... *risata malvagia*
 
Un’altra cosa: non so se l’ho specificato prima, ma questa fan fiction si colloca, più o meno, subito dopo la battaglia per gli anelli, e seguirà più o meno tutti i diversi archi (Future Arc, Shimon Arc, e credo anche il Battle of Arcobaleno Arc), con l’aggiunta di alcuni particolari da me inseriti che potrebbero anche cambiare un po’ il corso della storia originale.
 
Detto questo, ringrazio Death The Simon (Katsu, ancora non ti ho perdonato per aver preso il mio bazooka senza permesso è.é), Holland e Mizuki18 per aver recensito il prologo, grazie di cuore per la calorosa accoglienza nel fandom :)
 
Ci sentiamo nel prossimo chappy, ciaossu!! *sventola la manina mentre vola via in groppa a un gufo gigante (?)*
 
marta_uzumaki86
 
 
P.s. Ecco cosa mi stavo dimenticando! Ho bisogno urgente di un beta-reader per le mie storie qui su KHR, tra i miei amici quasi nessuno conosce questo bellissimo manga TT^TT chi volesse è benvenuto, aiutate questa povera baka che non sa mettere due parole in croce :,)

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