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Era da più di due ore che lavoravo a quella pozione, miseriaccia
Era
da più di due ore che lavoravo a quella pozione, miseriaccia!
Neanche a dirlo,
Hermione l’aveva finita prima di poter pronunciare il suo nome per intero…
Amortenzia.
Già, proprio quella.
La pozione che
dovrebbe farti sentire l’odore della persona amata.
Ma a cosa serve poi,
dico io?
Tanto lo so già di
chi sono innamorato.
Conosco l’odore di
Hermione, lo sento ogni giorno.
Ma Lumacorno non la
pensava nello stesso modo, così quella mattina ci aveva messi al lavoro subito.
Naturalmente, Ginny
ed Hermione che avevano finito in tempo, erano salite in Sala Grande a
pranzare, mentre io, Harry e un altro paio di sfigati del settimo anno eravamo
ancora alle prese con quella broda verdastra.
Ciliegina sulla
torta, non avevo neanche potuto chiedere aiuto ad Hermione, dato che
l’Amortenzia era una pozione molto personale.
Mi toccava
sbrigarmela da solo, insomma.
Ginny ci avrebbe
preso in giro a vita. E aveva già cominciato.
Ah… non lo sapevate?
Non solo dovevo
sopportare mia sorella a casa e in Sala Comune, ma anche in classe, visto che
ormai seguivamo lo stesso corso di studio.
(Grazie alla gentile
concessione della McGrannit che dopo la Guerra Magica, ci aveva concesso il privilegio
di completare la scuola.)
Comunque… a quel
punto iniziavo davvero ad innervosirmi.
Il polso mi si era
slogato a forza di mescolare la pozione, aveva persino iniziato a bollire.
Ma niente.
Nessun odore, profumo
o puzza che andasse a solleticare il mio olfatto.
-Harry, come va? –
chiesi al mio compagno di sventura.
-Vuoi proprio che ti
risponda? – rispose lui. Sembrava sull’orlo di un esaurimento.
La sua pozione era
diventata di un rivoltante giallino.
Bleah…
-A questo punto dovrebbe
già sentirsi qualcosa, no? – chiesi speranzoso, avvicinandomi un mestolo con la
pozione al naso.
-No. Si sarebbe dovuto
sentire qualcosa già da un’oretta e mezza!
-Uff… e se facessimo
finta di sentire qualcosa?
Harry mi guardò
incuriosito. In fondo non era cattiva come idea, modestamente.
-Vuoi inventarti il loro
profumo? – disse, stavolta dubbioso.
Merlino, dovevo
proprio spiegargli tutto.
-Non ce lo
inventeremo…- spiegai – Alla fine,
Ginny usa il profumo che le hai regalato tu. Hermione invece, ne usa uno
babbano… Dolce e Banana, mi sembra… non sarà difficile, che dici?
-Non lo so, Ron… - disse
Harry, abbassando la voce – E se ci scoprissero? Lo sai che potrebbero reagire…
guarda!
-
Harry indicò il mio
calderone con gli occhi sbarrati.
Seguii il suo
sguardo, giusto in tempo per vedere una bolla verde che si stata formando sulla
superficie della pozione.
Seguimmo il movimento
leggero della bolla, finché non arrivò all’altezza dei nostri nasi.
A quel punto…
esplose, rivelando una nuvoletta di fumo grigio.
Subito, un odore mi
invase.
-Lo senti? – mi chiese
Harry-
-Certo… - risposi,
confuso.
-Cos’è?
Naturalmente lui non
poteva sentirlo. L’Amortenzia era differente per ognuno di noi.
-Questa è…
Avrei riconosciuto
quel profumo ovunque.
Quell’aroma
invitante, dolce e amaro al tempo stesso.
Cioccolata.
-Miseriaccia, Harry! –
dissi, mettendomi a sedere – E’ cioccolata!
-Sei… sicuro?
-Assolutamente.
Avete presente quando
un sasso vi colpisce in piena fronte?
Ecco, triplicate la
grandezza di quel sasso.
Adesso, forse, avrete
presente la sensazione che ho provato in quel momento.
Non che avessi
qualcosa contro la cioccolata, anzi, la adoravo.
Ma Hermione? Voglio
dire, il suo odore non aveva niente a che fare con la cioccolata.
Avevo sbagliato
qualche ingrediente. Sì, per forza.
Ricontrollai la
lista.
No, avevo azzeccato
tutto.
-Ron… non vedo perché ti
preoccupi… - disse Harry, cercando di tranquillizzarmi.
In realtà, sarebbe
stato meglio se, prima di convincere me, avesse provato a convincere se stesso.
-Perché mi preoccupo? –
sbottai – Harry, stiamo parlando di Hermione e di… cioccolata! Ti sembra
normale trovarle insieme, nella stessa frase?
Però… l’Amortenzia
dovrebbe farti sentire il profumo della persona amata, no?
E se quell’odore non
era di Hermione… allora di chi altri poteva essere?
Rieccomi
di nuovo con una fic a capitoli! Fatemi sapere se come inizio vi piace! A
presto!
Quando tornai in Sala Comune, il mio umore mi seguiva strisciando a
terra
Quando tornai in Sala Comune, il mio umore mi seguiva
strisciando a terra.
Vi giuro che avevo tentano tutte le possibili connessioni
tra Hermione e la cioccolata.
Tempo perso.
Bagnoschiuma al cioccolato? No, usava solo sapone neutro.
Una passione per la cioccolata? Da escludere, non la
mangiava mai.
Uova di cioccolata a Pasqua? Le trovava infantili.
Harry aveva provato aveva tentato di consolarmi.
-Dai Ron… insomma, non è mica detto che funzioni sempre!
-Davvero? – gli avevo chiesto speranzoso.
-No… in realtà funziona sempre. Però che ne sai?
Gli amici.
Sempre a darti una parola di conforto.
Parola che certe volte potrebbero risparmiarsi, dico io.
Ma il problema era un altro.
Io ero innamorato di Hermione Granger.
Sicuro? Sicuro.
Non riesco ad immaginarmi nessun’altra ragazza che Hermione.
Sicuro? Sicuro.
L’Amortenzia però, aveva un aroma di cioccolata.
Sicuro? Sicuro.
Non esiste nessun possibile legame tra Hermione e la
cioccolata.
Sicuro? Sicuro.
Sono fregato.
Sicuro? Sicurissimo.
Sbuffai. Ero davanti al quadro della Signora Grassa e non
avevo il coraggio di entrare.
-Parola d’ordine, caro?
-Budino confezionato… - risposi atono.
La Signora Grassa batté le mani, entusiasta.
-Quello al cioccolato è il mio preferito! – sentenziò lei,
facendomi passare.
Fantastico.
Entrai velocemente, reprimendo l’istinto di darle una
capocciata.
Alla fine, l’importante era restare calmo.
E per non agitarmi, dovevo schiarirmi le idee per capire
cosa stava succedendo.
Possibilmente, lontano da lei.
Altrimenti mi sarei distratto troppo.
Ma quello non era un problema, visto che Hermione a
quell’ora del pomeriggio era sempre a studiare in biblioteca.
-Ron!
Ecco appunto.
Parli di Morgana e ti spuntano i tentacoli.
-Ehi, Mione…
Neanche a dirlo me l’ero ritrovata di fronte.
Con una piccola pila di pergamene fra le braccia.
-Non dovresti essere n biblioteca? – le chiesi vago.
-Sì… sono venuta a riprendere degli appunti che ho preso in
classe! Torni giù con me?
-Ehm… io credo… che studierò qui! – improvvisai, allontanandomi
di alcuni passi.
Dovevo sembrarle uno stupido.
La stavo guardando come se temevo potesse mordermi da un
momento all’altro.
-Ah – disse lei. Poi sorrise – Allora rimano qui con te!
-NO!
Bravo, Ron.
Davvero complimenti. Davvero.
Hermione mi fissava confusa. In imbarazzo, quasi.
Sarei stato felice se qualcuno fosse stato così gentile da
prendermi a calci, dato che io non potevo farlo da solo e lei sembrava incapace
di comunicare qualsiasi cosa.
Ma stiamo parlando di Hermione Granger.
Nessuno riesce a metterla fuori gioco per più di dieci
secondi.
-Oh… - fece – V-va bene… io allora… vado.
Così dicendo, strinse più forte i suoi bagagli e si diresse
verso l’uscita.
-Hermione, aspetta – cercai di rimediare – Io… non intendevo…
-Non preoccuparti. Non è successo niente – disse abbozzando un
sorriso.
Un attimo prima che scomparisse dietro il quadro la fermai
di nuovo.
Dovevo chiederglielo.
-Hermione!
Lei si voltò a guardarmi.
-Cosa… cosa pensi della cioccolata?
Lei mi guardò strana.
-Lo sai benissimo, Ron.
E uscì.
“Lo sai benissimo….”
Sicuro? Per niente.
Un megastratosferico GRAZIE a tutti coloro che hanno letto
il primo chap, in particolare a voi che avete anche recensito!!! Titti!
Inutile dirvi che dopo l’incontro- scontro con Hermione, mi
rifugiai nel dormitorio maschile e ci rimasi.
Non scesi neanche per cena.
No, dico… vi rendete conto?
Era che non me la sentivo proprio di scendere e vederla.
Hermione, intendo.
Sia perché mi vergognavo come un ladro per come l’avevo
trattata, sia perché volevo fare un attimo mente locale sulla questione
“cioccolata”.
Per la barba troppo lunga di Merlino…
Tutte a me dovevano succedere…
E a dirla tutta, non mi andava neanche di parlare con Harry.
Per questo, quando sentii la porta del dormitorio aprirsi,
tirai le tende del mio letto e finsi di dormire.
Meschino, lo so.
Anche perché quella notte non riuscii a prendere sonno.
Fino alle tre e quaranta.
Dopodiché collassai e dormii come un sasso fino alla
mattina.
Quando aprii gli occhi erano da poco passate le undici.
Come ogni sabato mattina, il dormitorio era vuoto.
Probabilmente erano tutti rintanati in Sala Comune a
chiacchierare e a rilassarsi.
Come sempre.
Io decisi di continuare il mio isolamento, cercando di
inventare una scusa credibile per quando mi sarebbero venuti a cercare.
Perché lo avrebbero fatto, ne ero certo.
Non so perché mi stavo comportando così, a dirla tutta.
Forse era solo una sorta di autopunizione per il casino che
avevo fatto.
Forse perché non avevo voglia di vedere tutti gli altri, con
quella confusione che mi ritrovavo in testa.
Forse perché avevo paura di guardarla negli occhi, e
rendermi conto che niente sarebbe stato come prima tra di noi…
No, dovevo evitarlo.
Meglio trovare una buona scusa prima che…
-Finalmente sveglio!
Che tempismo.
Harry era appena piombato nel dormitorio.
Potevo ritenermi fortunato. Dei tre che sarebbero potuti
venirmi a cercare, Harry era sicuramente il male minore.
-Si può sapere che hai fatto? – mi chiese – Sei malato?
-No… io… cioè si… non lo so…
-Che vai farfugliando, Ron? Ci hai fatto prendere un colpo…
ieri sei sparito e oggi non ti sei fatto vedere per niente! Hermione è davvero
preocc…
Cercai di trattenere una smorfia, ma non ci riuscii.
Harry mi guardò, sorpreso.
Mi buttai sul letto e infilai la testa sotto al cuscino,
prendendolo a pugni.
-Che succede, Ron? Avete litigato?
Da parte mia arrivo solo un grugnito indistinto.
Poi, a quanto pare, il Prescelto decise di azionare il suo
cervelletto.
-Non sarà ancora per quella storia dell’Amortenzia, vero?
Riemersi dal mio rifugio in piuma d’oca.
-Certo! Mi sembra anche un buon motivo, Harry!
-Senti… perché non ci parli? Magari hai sbagliato qualcosa…
Hermione riuscirebbe a risolverlo nel giro di…
-No, Harry. Non voglio parlare con lei.
-Allora lo farò io…
Fece per andare verso la porta.
-Harry, fermo! Sei impazzito?
-Ron – si voltò per guardarmi con un’espressione che non gli
avevo mai visto – Hermione è davvero preoccupata per te. Non puoi ignorarla
così. Ti ho già detto che lei è come una sorella per me e non ho nessuna
intenzione di farla soffrire. E tu?
Miseriaccia. Da quando Harry era diventato un oratore così
abile?
In ogni caso riuscii a spiccicare il mio sedere dal letto e
gli promisi che sarei sceso da loro.
Nient’altro.
-Dammi il tempo di vestirmi e vi raggiungo… - gli dissi, mentre
usciva – e… Harry!
Lui si voltò.
-Promettimi che non dirai niente a Ginny…
Esitò un attimo, la mano ancora sulla maniglia.
-Va bene. Ma adesso sbrigati…
Come avevo previsto, la Sala di Grifondoro era gremita di
studenti.
Chi leggeva, chi giocava a scacchi, chi mangiava dolci di
Mielandia, chi chiacchierava, chi studiava… no, in effetti non studiava
nessuno.
Non mi fu difficile trovarli.
Ginny era seduta su un divanetto vicino al fuoco, accanto a
lei, Harry stava esaminando un oggetto gabbano, di cui non ricordo il nome.
E di fronte a loro, seduta a terra, ai piedi di una
poltrona, c’era Hermione, che chiacchierava serenamente con Ginny.
Se fosse stata una situazione normale, sarei andato a
sedermi vicino a lei, l’avrei abbracciata e avrei iniziato a giocare con i suoi
riccioli.
Ma quella non era una situazione normale.
Ma alla fine… chissene frega dell’Amortenzia?
Io lo so di chi sono innamorato.
Lo so che è lei.
Ne sono certo.
Provai ad immaginarmi una vita senza di lei. Buio.
Solo questo c’era nella mia mente. Buio.
Sì, sì… stavo rovinando tutto con queste mie turbe mentali.
Io ed Hermione stavamo insieme e ci saremmo rimasti per
tutta la vita.
Al diavolo l’Amortenzia.
Ma…
Cosa sarebbe successo se una settima, un mese o una anno
dopo fosse comparsa misteriosamente la presunta Miss Cioccolata?
Hermione ne avrebbe sofferto più di tutti. E io non potevo
permetterlo.
Prima che avessi tempo di fare dietrofront e risalire in
dormitorio, mi sentii chiamare.
-Ron!
Lei. Ero ancora sulle scale, evidentemente mi aveva visto
imbambolato e si stava chiedendo cosa stessi facendo.
Mi avvicinai a loro, con un muso lungo fino al pavimento.
Lei si alzò e fece alcuni passi verso di me. Sorrideva.
-Hei… mi hai fatto preoccupare! Stai bene?
Si alzò sulla punta dei piedi e mi diede un bacio sulla
guancia.
Istintivamente, arretrai di qualche passo, neanche mi avesse
marchiato a fuoco.
-Sì. Credo che tornerò su, adesso.
Mi voltai, prima che potesse dire qualcosa, e me ne andai,
senza prima aver incrociato lo sguardo torvo di mia sorella.
Ma non mi interessava.
Dovevo tornare in dormitorio a riflettere.
Avevo riflettuto più in quelle ultime quindici ore che nel
resto della mia vita.
Questa era una cosa che Hermione mi avrebbe fatto
sicuramente notare.
Feci le scale a due a due e in meno di venti secondi fui nel
dormitorio.
Trascorsi le ore successive di quel devastante sabato mattina ad
esaminare il soffitto
Trascorsi le ore successive di quel devastante sabato
mattina ad esaminare il soffitto sopra il mio letto.
Non scesi neanche a pranzo, ma in compenso feci fuori
un’intera confezione di Zuccotti di Zucca che tenevo nel baule per le
emergenze.
Nessuna occasione meglio di questa, quindi.
Stavo per ingurgitarne il nono, quando qualcuno bussò alla
porta.
Feci finta di niente. Avevo chiuso la porta da dentro.
Rimasi immobile sul mio letto, con mezzo Zuccotto ancora tra
le mani.
-Ron? Tutto bene?
La voce di Hermione mi arrivò da dietro il pesante legno
della porta.
Miseriaccia! E adesso?
-Sì, sì… Mione. E’ tutto ok…
Non so dire quale patetica parte di me sperava ardentemente
che questa risposta bastasse a farla andare via.
-Senti… - riuscii a percepire il suo tono inquieto – Mi apri?
-Io… no… adesso non posso…
-Non puoi o non vuoi, Ronald?
Bang, bang, bang,
bang.
Una mitragliata sarebbe stata meno devastante.
Feci un profondo respiro e mi alzai da quello che era
diventato il mio rifugio negli ultimi due giorni.
Quando spalancai la porta, ci trovammo faccia a faccia.
Non mi spostai per farla entrare, né le feci alcun segno di
accomodarsi.
Rimanemmo così: io dentro, lei fuori.
-Che succede, Ron?
-Niente, tranquilla. Voglio solo stare un po’ da solo.
Notai che aveva iniziato
a tormentarsi le mani. Lo faceva sempre quando era nervosa.
-Ma per quale motivo? Perché non vuoi parlarmene?
-E’… una cosa mia, Hermione. E voi dovete starne fuori. Tutti.
Quando inarcò le sopracciglia, mi preoccupai seriamente.
Si stava preparando ad una sfuriata.
Dovete sapere che Hermione riusciva ad incutere un certo
timore anche dal suo metro e sessantacinque di altezza.
Ma non arrivò nessuna sfuriata.
-Come vuoi, allora.
E prima che potesse aggiungere qualsiasi altra cosa, le
rivolsi un ultimo mezzo sorriso di scusa e chiusi la porta.
A quel punto mi sentii un vero, autentico, emerito schifo.
Mi complimentai con me stesso. Stavo riuscendo ad
allontanarla da me anche senza dirle dell’Amortenzia. Bravo, Ron.
Te la stai giocando, complimentoni.
Più tardi mi appisolai, per la noia oppure per la fatica
dovuta al troppo riflettere.
A rompere il mio momento di distacco- dalla- realtà, fu una
figura dai capelli rossi.
E visto che della mia famiglia, a scuola, c’eravamo solo io
e mia sorella…
-Cia’ Ginny -dissi in
maniera volutamente poco gentile.
Vi assicuro che svegliarsi di botto e trovarsi accanto mia
sorella, a braccia incrociate che torreggia sopra di te, è una cosa abbastanza
inquietante.
-Sei malato? – mi disse in un modo altrettanto brusco.
-No. Adesso se non ti dispiace…
-Sì, anche Harry dice che sai sano come un pesce.
-Ginny, mi faresti il favore di andare via? Voglio stare da
solo – mi risdraiai e presi una rivista poggiata sul comodino.
-Non credo Ron, finché non mi dici cosa hai fatto. Neanche
Harry vuole parlare.
Mi annotai mentalmente di ringraziare Harry. Di solito è
difficile scamparla dagli interrogatori di mia sorella, se non ci sei abituato.
Io, naturalmente, ero preparatissimo.
Mi nascosi ancora meglio dietro la rivista.
-Stammi a sentire, Ginny…
-No! Stammi a sentire tu, Ron! – disse alzando la voce. Afferrò
il mio giornale e lo lanciò dall’altra parte della stanza – Cosa ti sta
succedendo? Hai una crisi di mezza, mezza età? Un esaurimento post Guerra a
scoppio ritardato?
-Gin, non sono fatti tuoi! – se voleva litigare, benissimo.
-Ah, davvero?E che
dici, pensi siano fatti di Hermione? Cosa c’è, Ron? – disse con il suo tono più
tagliente – Non ti ha passato qualche compito e hai deciso di punirla,
ignorandola completamente?
Rimasi a bocca aperta, come uno stupido.
-E’ questo che pensa? Che sto cercando di punirla?
-Non lo so, Ron! Nessuno lo sa! – rispose lei, esasperata – Ti
dico solo che lei, adesso, è di sotto a chiedersi cosa abbia fatto di male per
farti arrabbiare a tal punto che tu non vuoi neanche parlarle!
Evitai di guardarla. Lei evidentemente, interpretò il mio
silenzio come un assenso.
Si avviò verso la porta e un attimo prima di uscire si voltò
un’ultima volta.
-Sai, Ron… certe volte penso proprio che tu non la meriti. Devi
solo sperare che non inizi a pensarlo anche lei.
Decisi di scendere giù e di terminare le poche ore che
rimanevano di quel desolante sabato pomeriggio insieme ai miei amici.
Ciò non vuol dire che evitai di comportarmi da perfetto
asociale, perché è esattamente quello chefeci.
Perlomeno facevo presenza.
Ah! E non dimentichiamocelo… rispondevo anche, quando venivo
interpellato.
Non sono mica un maleducato, io.
Credo sia superfluo dire che la serata non fu esattamente
ciò che si dice “uno sballo”.
Hermione evitava palesemente di guardarmi; Ginny era
altrettanto decisa nel lanciarmi occhiate di fuoco; Harry… diciamo che lui era
l’unico che tentava di tenere insieme i pezzi di questo incasinatissimo puzzle.
Devo ammettere che feci dei passi avanti: a cena riuscii a
scambiare qualche parola con Hermione.
Non dico che non era più arrabbiata.
Però… già il fatto che non ci ignoravamo a vicenda è un
progresso, no?
Fui alquanto sollevato quando, dopo cena, ognuno si ritirò
nel proprio dormitorio per andare a dormire.
Non che io avessi sonno, si intende. Avevo ronfato per gran
parte della giornata, quindi sarei stato capace di rimanere sveglio per quattro
giorni.
Facciamo tre.
Va bè… due. E mezzo, però.
A quanto pare, avevo sbagliato i conti un’altra volta.
Erano circa le tre e mezzo quando le mie palpebre scesero in
sciopero.
E ci rimasero fino alle dieci e trentasei di domenica
mattina.
Nel dormitorio c’era solo Neville, che armeggiava con quello
che somigliava al libro di Erbologia.
-Neville? – gli dissi con il mio miglior tono post-dormita-
rigenerante.
Sì, rigenerante. Il mio umore era decisamente migliorato. Mi
sentivo quasi… ottimista.
Alla mia chiamata, Neville sobbalzò. Il libro cadde a terra
con un tonfo.
-Hei, Ron… - disse, raccogliendo goffamente il libro – Scusa,
non volevo svegliarti…
Entrai nel bagno a lavarmi e nel frattempo continuai a
chiacchierare con lui.
-Sai per caso dove sono mia sorella, Harry e Hermione? – gli
chiesi, tirando fuori i miei libri dal baule.
-No… ho visto Harry e Ginny in Sala Grande a colazione, prima.
Ma adesso saranno andati via.
Mi caricai un paio di grossi libri tra le braccia. Ero così
di buon umore che avevo deciso di mettermi a studiare.
Ed era domenica mattina, non so se mi spiego.
Io di solito non studio mai prima delle sette- otto di
domenica sera.
In realtà lo stavo facendo perché sapevo che Hermione ne
sarebbe rimasta piacevolmente sorpresa.
Volevo dimostrarle di riuscire a fare qualcosa di buono,
dopo il bel fine settimana che le avevo fatto passare.
-Allora ci vediamo dopo, Nev! – lo salutai uscendo. Ma rientrai
subito, infilando la testa nella stanza – Senti, Neville… secondo te che
profumo ha Hermione?
Lo vidi sbiancare.
-Un profumo… buono? – disse titubante.
Meglio lasciar perdere.
-Ok, Nev! Grazie mille.
In sala Comune, non trovai nessuno dei miei amici.
In realtà, la persona che mi premeva trovare di più era
Hermione.
A quell’ora di solito stava sempre a studiare, quindi se non
si trovava nella sala di Grifondoro, sicuramente l’avrei trovata in biblioteca.
Invece no.
Feci un viaggio a vuoto fino là, ma niente.
Andai in sala Grande. Nada.
A quel punto, non poteva che trovarsi nel parco.
Infatti…
La vidi seduta sotto la grande quercia vicino al lago,
circondata da libri.
Strano. Di solito Hermione non amava studiare nel parco,
perché c’era sempre tanta gente e diceva di non riuscirsi a concentrare.
Le arrivai da dietro e senza dirle nulla, le poggiai un
bacio sulla testa.
-Ron! – esclamò lei, sorpresa – Mi hai spaventata…
Risi, sedendomi accanto a lei.
-Ti ho cercata dappertutto.
-Davvero?
-Sicuro. Come mai qui? Non mi sembra che sia il tuo posto
preferito per studiare… - le dissi scherzando. Il suo sguardo invece, si
incupì.
-E’ che… non mi andava di stare sola – rispose, rivolgendo la
sua attenzione ad un libro che teneva aperto sulle ginocchia. Qualcosa nella
sua espressione era tremendamente…triste?
-Ma Mione… potevi chiamarmi… sarei venuto io.
Lei posò i suoi occhini marroni su di me. C’era l’incredulità
dipinta nel suo sguardo.
-Non credevo che… - incominciò – No, niente… ascia stare.
Disse con un gesto sbrigativo della mano.
-No, no Hermione! Dai, dimmelo…
-Ecco io… - proseguì alla fine, senza guardarmi – Non pensavo
ti andasse di studiare… con me.
Per l’ennesima volta mi sentii come un povero imbecille.
E tremendamente in colpa, aggiungerei.
Miseriaccia.
Mi avvicinai di più e le sollevai il mento con due dita, in
modo che mi guardasse negli occhi.
-Hei… - bisbigliai – Scusa se sono un idiota. Scusa se sono un
insensibile. Scusa se ti do l’impressione di non voler trascorrere con te anche
solo un minuto…
Finalmente mi sorrise. Le accarezzai il viso e in quel
momento mi accorsi che mi era mancata tantissimo.
La mia Hermione.
Mi sporsi in avanti per accarezzarle le labbra con le mie.
Fui sollevato sentendo che non si era tirata indietro. Nonostante me lo
meritassi.
Così mi persi nei nostri baci, nelle sue carezze, nel suo
profumo.
E fu in quel momento che ebbi la certezza di ciò che avevo
sempre pensato.
Arrivai al castello praticamente correndo. Non smisi di
correre neanche quando entrai. Andai persino a sbattere contro una studentessa
del secondo anno.
Non feci in tempo a scusarmi, ma mi ripromisi di farlo,
prima o poi. Un giorno, insomma.
Ma come avevo fatto a non pensarci prima? Mi continuavo a
chiedere mentre correvo per le scale.
Vi posso assicurare che Hogwarts non aveva mai avuto tante
scale come quel giorno. Vi giuro, non finivano più. Per un attimo fui tentato
di trasfigurare il mio mantello in una scopa, ma evitai.
Se mi avesse scoperto la Mc Grannit, come minimo mi avrebbe
dato in pasto al gatto di Gazza, che io consideravo un degno compare di
Grattastinchi.
Arrivai di fronte al quadro della signora Grassa nel panico
profondo.
-Tutto bene, caro?
– mi chiese, mentre si spostava – Sembri un tantino scosso.
-Tutto una
meraviglia, grazie.
Nella sala comune di Grifondoro non c’era tanta gente. Andai
con lo sguardo alla ricerca dell’unica persona che volevo vedere. Harry. Lo
vidi seduto al tavolo vicino al camino, intento a chiacchierare con… orrore.
Ginny.
Miseriaccia, proprio non ci voleva. Volevo parlare con
Harry, però da solo.
Pensai di fargli qualche segnale, senza farmi vedere da
Ginny, nella speranza che lui recepisse il messaggio. Iniziai a sbracciarmi,
tentando di attirare la sua attenzione.
In quel momento decisi che Harry aveva bisogno di un nuovo
paio di occhiali, perché quelli che aveva sicuramente avevano qualche problema.
Finalmente, si decise ad alzare lo sguardo. Purtroppo, non
si limitò solo a guardarmi.
-Ron! Cosa stai
facendo? – disse. Anche Ginny si voltò a guardarmi. Le sue sopracciglia erano
visibilmente inarcate.
Il panico saliva.
Dovevo andarmene da quella sala.Non sia mai fosse arrivata…
-Hermione! Cosa
succede? – la voce di Ginny mi arrivò chiara. Fin troppo, direi.
Mi voltai spaventato, neanche ci fosse un ragno gigante
pronto a sbranarmi.
Hermione stava vicino l’entrata e si guardava intorno. In
quel momento i suoi occhi mi sembravano una sorta di laser micidiale, pronto ad
incenerire qualsiasi cosa capitasse sotto il suo sguardo.
Sfortunatamente, ci finii io.
-Ronald Weasley! –
tuonò quando mi vide.
Teneva tra le braccia i libri che
stava usando poco prima nel parco, da cui spuntavano pezzi di pergamena;
appunti, forse. Evidentemente, doveva aver infilato tutto alla rinfusa per
seguirmi.
-Mione…
-Non ti permettere
di chiamarmi così, Weasley! Non ti permettere! – disse avvicinandosi
pericolosamente.
Lanciai un’occhiata ad Harry,
nella speranza che venisse a salvarmi la vita. Perché devo ammettere che
Hermione arrabbiata e armata di bacchetta, poteva essere un soggetto altamente
pericoloso.
Harry sembrò cogliere la
richiesta d’aiuto. Sfortuna volle, però, che si avvicinasse anche Ginny.
Comunque, distolsi la mia
attenzione dal problema “Ginny” e mi concentrai su quello “Hermione”.
-Hermione, ti
prego! Stai calma!
-Calma, Ron? Calma?
– disse, scaraventando in malo modo i libri sul tavolo. Mi consolai del fatto
che non ci fosse la mia testa, al posto di quel tavolo – Perché, avrei qualche
motivo di agitarmi?
-Lo so che sei
arrabbiata. E hai ragione. Ma devi capire…. – capii subito di aver fatto una
pessima mossa.
-Io devo capire?
Magari se mi spiegassi cosa diavolo sta succedendo! Se ce lo spiegassi… -
aggiunse, indicando anche Harry e Ginny.
Il mio amico mi lanciò
un’occhiata compassionevole; mia sorella, a braccia incrociate, una
inceneritrice.
Approfittando del mio attimo di
tentennamento, Hermione riprese a parlare. Ma stavolta il suo tono era più
dolce, più tranquillo.
-Sono giorni che
sei strano, Ron… non vuoi stare con noi, non vuoi parlarmi…
-No, Hermione, non
è così… - dissi, mettendomi le mani tra i capelli.
Quella situazione mi stava
distruggendo. Iniziavo a sentirmi soffocare.
Andai a sedermi su una poltrona
poco distante.
Hermione si venne ad
inginocchiare accanto a me.
-Ti prego, Ron…
parlami! – disse, quasi supplicandomi – Non tagliarmi fuori, lascia che ti
aiuti! Per favore, Ron…
Le accarezzai il viso con una mano.
Lei mi fece un piccolo sorriso incoraggiante.
-Ecco io… ho un
dubbio atroce che mi perseguita da giorni… - ammisi alla fine.
-Quale dubbio? –
chiese lei.
Ma che stavo facendo? Le stavo
raccontando tutto?
No, non volevo che lei sapesse
quale fosse il pensiero che mi tormentava. Anche perchénon mi avrebbe più parlato per il resto
della vita.
-Quale, Ron? –
ripeté.
-Hermione, lascia
stare… - dissi, alzandomi – Non capiresti!
-Lascia decidere a
me cosa posso o non posso capire! – mi tornò a gridare dietro.
-Andiamo, Ron – si
intromise Ginny – facciamola finita con questa storia. Dicci cosa sta
succedendo!
-Ginny, fammi il
sacrosanto favore di farti i fatti tuoi, una volta tanto! – sbottai contro mia
sorella.
-Sarei ben felice
di farmeli, se tu non ci sconvolgessi la vita con le tue assurde turbe mentali!
– gridò lei – Non capisci che così fai stare male anche noi? Non capisci che
così fai del male a lei? – aggiunse, rivolgendo uno sguardo ad Hermione.
Hermione si era seduta sulla
poltrona che avevo lasciato libera poco prima; il viso basso, una mano sugli
occhi.
Temetti che stesse piangendo.
Ginny aveva ragione; dovevo parlarle, correndo il rischio.
In quel momento, fu come se tutti
i presenti fossero spariti. Eravamo rimasti soli, io e lei.
Mi inchinai a terra, per stare al
pari con i suoi occhi.
-Piccola… ti prego,
non fare così…
-Io non lo so più
quello che devo fare, Ron! – disse lei, guardandomi fissa.
-Allora senti… -
iniziai, facendomi coraggio – Non volevo parlartene perché temevo che ti
saresti arrabbiata… ma devo chiedertelo.
Hermione non disse nulla. La
preoccupazione era dipinta sul suo volto.
-Ecco… io dovevo
sapere… - stavo iniziando a sudare – Forse tu sei l’unica che può saperlo…
ricordi che odore aveva Lavanda Brown?
Pronunciai le ultime parole senza
guardarla. Sapevo di aver appena sganciato una bomba, dovevo solo aspettare che
esplodesse.
-Cosa? – disse lei,
incerta – Io non credo di aver capito…
-Hai capito,
invece. – dissi più sicuro, voltandomi verso di lei – Che profumo aveva
Lavanda? Ti prego, Hermione, è importante…
Ma lei non mi stava più
ascoltando. Era visibilmente sotto shock. Notai che mia sorella non era da
meno. Le due ragazze si scambiarono uno sguardo, poi Hermione tornò a guardare
me.
Si alzò dalla poltrona, tirandosi
indietro i capelli in un gesto nervoso.
-Penso che tu
sappia meglio di me che odore avesse – disse titubante, ma tagliente come una
sciabola.
Hermione si diresse verso la
porta. Quanto a Ginny… aveva la bocca così spalancata che per poco non le
toccava terra.
Io ero paralizzato; Harry era
messo anche peggio.
Miseriaccia, che casino.
-Sai, Ron –
Hermione era tornata indietro, e si avvicinava con fare minatorio - Penso che
tu sappia benissimo quale profumo avesse Lavanda. Quell’odore di limone si
sentiva da metri di distanza! – ormai aveva preso ad urlare – E voi non stavate
lontani più di tre centimetri, no? O sbaglio? Quindi mi chiedo: Perché vuoi che
sia io a dirtelo? Perché io? – la sua voce si inclinò, diventando un sussurro –
Perché mi fai questo?
Vederla piangere era una delle
cose che mi faceva più star male.
Ma in quel momento, la mia mente
era concentrata solo un nome “limone”…
Quindi non c’entrava nulla
Lavanda, grazie al cielo…
Tesi una mano verso di lei, ma Hermione mi scansò bruscamente.
Come se niente fosse, si caricò
nuovamente i libri e si avviò verso l’uscita.
Le corsi dietro, ma subito lei si
voltò.
-Hermione, ti posso
spiegare!
-Non osare
seguirmi, Ron. In questo momento non so cosa mi trattiene dal cruciarti…
Si voltò, lasciandomi là, come un
povero stupido. Diedi un pugno al muro, sentendomi veramente in trappola:
qualsiasi cosa facessi risultava sbagliata.
Tornai indietro, con l’intenzione
di andarmi a rintanare nel mio dormitorio.
Ecco, appunto. Quella era
l’intenzione. In realtà, avevo dimenticato un particolare.
E quel particolare era una figura
dai capelli rossi e la faccia lentigginosa, che mi aspettava vicino le scale
con le braccia sui fianchi e un’espressione che non laciava prevedere nulla di
buono.
Vi chiedo umilmente perdono per
questo ritardo!
Vi confesso che questo capitolo
nn mi piace per niente; non volevo venisse così, ma non sono riuscita a fare di
meglio…
Ginny mi aspettava ai piedi delle scale con uno sguardo omicida
Ginny mi aspettavaai piedi delle scale con uno sguardo omicida.
Poco lontano c’era anche Harry, ma la cosa non mi consolava
affatto, visto che se mia sorella aveva intenzione di affatturarmi, non si
sarebbe certo fatta fermare da Harry.
Quindi, consapevole del mio destino, mi misi di fronte a
lei, in attesa della mia punizione.
Lei mi guardò, le braccia incrociate.
-Allora? – chiesi
dopo alcuni secondi di attesa. Non capivo cosa aspettasse ad urlarmi addosso.
-Allora? – ripetè
lei in tono glaciale – Hai anche il coraggio di dire “allora”?
-Bè… - le dissi,
alquanto alterato. Ero già nervoso di mio, mia sorella contribuiva solo ad
alzare il livello – Sono certo che tu abbia qualcosa da rimproverarmi. Quindi,
perché non cominci subito?
Ginny strabuzzò gli occhi. Per un attimo temetti che venisse
a colpirmi. Invece non lo fece.
-Oh! – disse con
voce acuta – Povera vittima! Hai sentito, Harry? – Harry sobbalzò, lanciandomi
un’occhiata incerta – Ronnino deve sempre subire i rimproveridella sorella cattiva! – pocò tornò al suo
tono duro – Cosa ti aspettavi, Ron? Un applauso? Vuoi che mi inchini davanti
alla tua stupidaggine profonda?
-Gin, io non penso
che… - si intromise Harry, probabilmente in mia difesa.
Ma il suo intervento durò ben
poco. La furia di mia sorella si spostò momentaneamente su di lui.
Ce n’era abbastanza per tutti,
tanto. Avrei potuto invitare anche quei due studenti del quarto anno, Ginny
sarebbe riuscita a conservare un po’ di rabbia anche per loro.
Evitai di dire il mio commento ad
alta voce, altrimenti mi sarei ritrovato appeso sopra al camino, al posto dello
stemma di Grifondoro. Come minimo.
-Non c’è nulla da
“pensare”, Harry. E’ tutto palesemente chiaro! – gridò Ginny.
-E cosa sarebbe
chiaro, di grazia? – le dissi in risposta – Fammi sentire, avanti! Illuminami
con la tua divina sapienza, Ginevra!
Ginny mi fulminò con lo sguardo.
-Fai poco lo
spiritoso, Ron! Sarebbe proprio l’ultima cosa che dovresti fare, dopo la
cazzata che hai combinato! Perché, ti rendi conto che stavolta l’hai fatta grossa,
vero? Lo sai che, se sei fortunato, Hermione si limiterà a non rivolgerti più
la parola per il resto della sua vita?
Questa frase mi colpì come un
bolide in pieno viso.
Giny aveva ragione. Certo che
aveva ragione.
Mi passai una mano tra i capelli.
Harry mi battè amichevolmente due pacche sulla schiena, e tutti e due ci
guadagnammo un’occhiataccia da parte di Ginny.
-Hermione non ha
capito… - dissi. Mi sentivo esausto. Ero esausto.
Ero proprio stanco di quella
situazione. Stanco e nauseato.
-Ron…c’era ben poco da capire. Sei stato
abbastanza chiaro – disse Ginny. Il suo tono non era più carico di rabbia e
disgusto, ma freddo e impietosito – Spero solo che ne sia valsa la pena,
Ron.Perché Lavacca non vale neanche la
metà di Hermione.
-No, no Ginny… - dissi
subito – Lavanda non c’entra niente.
Ginny inarcò le sopracciglia.
-Ron, le hai
chiesto quale fosse il suo profumo! – disse disgustata – Il profumo della tua
ex! Possibile che non te ne renda conto? Tu non puoi neanche lontanamente
immaginare come debba essersi sentita Hermione in quel momento.
-Ginny, Hermione è
la cosa più importante! – dissi, in preda all’agitazione – E’ stata lei la
ragione principale per cui ho combattuto durante la Guerra. L’affetto che provo
per lei non si avvicina neanche lontanamente a quello che abbia mai provato per
qualsiasi altra! Lei è il mio primo, ultimo e unico pensiero! L’unica con cui
riesco ad immaginarmi nel futuro!
-E glielo hai mai
detto, Ron? – disse Ginny, meno fredda ma comunque distaccata – Rifletti su
questo.
Si avviò verso l’uscita,
probabilmente alla ricerca di Hermione.
-Come ti saresti
sentito se la situazione fosse stata ribaltata, Ron? – mi disse – Se fosse
stata lei a chiederti quale profumo avesse Krum?
Dovetti
reprimere un conato di vomito.
Perché mia
sorella doverva avere sempre così maledettamente ragione?
Come avrete capito, questo
nn è l’ultimo capitolo. Dovrete sopportarmi ancora un po’!
-Fantastico. Davvero.- il mio tono era evidentemente
sarcastico.
Mia sorella era appena uscita
dalla Sala Comune e mi aveva lasciato là, sotto il peso di un enorme senso di
colpa.
Da una parte ero sollevato per
essermi tolto il pensiero di Lavanda. Per alcuni, terrificanti minuti avevo
avuto il presentimento che potesse essere lei Miss Cioccolata. Invece, Hermione
aveva parlato di limone…
Dovetti cancellare quell’immagine
dalla mia mente. Ogni volta che ripensavo alla discussione di poco prima, era
come un pugno nello stomaco.
Harry venne a sedersi vicino a
me.Aveva un’aria afflitta anche lui.
Non so se era per solidarietà nei miei confronti o perché temeva di subire una
ramanzina da parte di Ginny.
Più probabile la seconda, in
effetti.
-Ron… ehm… - biascicava Harry. Non potevo neanche guardarlo in
faccia, perché ero troppo impegnato a fissare un puntino sul pavimento –
Allora… ehm…
Mi voltai a guardarlo.
-Ehm… sì… stava nel panico peggio di me. Se la situazione non
fosse stata così tragica, mi sarei messo a ridere – Allora… Ron… io…
-Compra una vocale, amico. – mi passai una mano sulla faccia,
nella speranza di alleviare un po’ lo stordimento di cui ero vittima.
-Ron… - tentò di nuovo Harry – Mi dispiace. Ma vedrai che
farete pace. Succede sempre, no?
-Temo che in questo caso sia un po’ diverso… - ammisi.
-Già.
Mi voltai a fissarlo. Non era
esattamente la risposta che mi aspettavo.
Voglio dire, che fine aveva fatto
il “sostegno degli amici”? Anzi, “dell’amico”? meglio ancora, “dell’amico
Harry”?
Evidentemente, lui comprese al
volo cosa stavo pensando.
-Avanti, Ron. Lavanda… le hai chiesto il profumo di Lavanda! –
disse, quasi inorridito – Ma come ti è saltato in mente?
-Harry, io… dovevo sapere! – risposi, stremato – Quel dubbio mi
stava torturando! E lei era l’unica a cui potevo chiederlo! Voglio dire, hanno
dormito nello stesso dormitorio per sei anni, per la miseria!
-Ron, questo non cancella il fatto che tu le abbia chiesto
quale profumo avesse la tua ex! – disse Harry, infervorandosi. Si alzò dal
divano per fronteggiarmi.
-Ma io…
-No, Ron! E’ stata la tua ex! Risulta un po’ strano che tu non
ricordi il suo profumo, visto che stavate sempre molto “vicini”…
-Harry, per Merlino pietrificato, pensi davvero che lo abbia
fatto apposta? – non riuscivo a credere alle mie orecchie – Che le abbia
chiesto di proposito di Lavanda? – scossi la testa – Non puoi parlare sul
serio. Tu dovresti essere il primo a sapere cosa sia Hermione per me…
-Certo che lo so, Ron – fece lui, mettendosi a sedere di nuovo
– Ma secondo te, cosa ha pensato lei?
In effetti non ci avevo
riflettuto. Avevo notato che di solito, diventava molto nervosa quando si
tirava in ballo l’argomento “Lavanda”. Ma pensavo fosse per lo stesso motivo
per cui io stesso diventavo una bestia quando si parlava di Krum.
Prima che Harry melo facesse
notare, non avevo pensato che Hermione avesse potuto fraintendere, credendo
che… fossi ancora interessato a Lavanda.
Merlino, che casino.
-Devo andare a parlarle? – dissi. Domanda retorica.
-Credo di sì.
Ecco, appunto.
Afferrai il mantello e mi avviai.
-Ron! – mi richiamò Harry. Mi voltai – come pensi avrebbe
reagito Ginny, se le avessi chiesto che profumo avesse Cho?
Mi venne da ridere, pensando alla
scena.
-Come minimo ti sarebbe toccato lo scalpo, amico.
Chissà cosa sarebbe toccato a me,
invece…
Eccomi
di nuovo! Naturalmente, grazie a tutti coloro che hanno letto e recensito!
Per
rispondere a Cosmopolitan, posso dire che un altro paio di capitoli siano
sufficienti a concludere… massimo tre!
Ok,
forse avrei dovuto immaginarlo che parlare con Hermione fosse la soluzione più
giusta.
Certo,
se Harry me lo avesse detto prima, avrei risparmiato un sacco di tempo.
Voglio
dire, me lo aveva detto appena trentotto volte. Su certe cose bisognerebbe insistere,
dico io.
Harry
avrebbe dovuto capirlo.
Ero
talmente preso dai miei pensieri, che neanche mi ero reso conto di dove stessi andando.
Feci
un attimo mente locale, sotto lo sguardo dei personaggi dei quadri, che mi
fissavano incuriositi.
Dove
poteva essere Hermione?
C’era
solo un posto possibile: la biblioteca.
Mi
sbrigai a raggiungerla, prima che i personaggi dei dipinti in iniziassero a
fare domande.
Fortunatamente
la biblioteca era ancora aperta.
Ero
sicuro che Hermione fosse là. La conoscevo.
Invece,
quando spinsi in avanti il pesante portone, la biblioteca sembrava deserta.
Mi
avvicinai al tavolo dove di solito sedeva Hermione. Vuoto.
Stavo
quasi per andarmene, sconsolato al massimo, quando sentii delle voci.
Voci
familiari. Molto familiari.
Avanzai
tra gli scaffali, mentre le voci si facevano sempre più distinte.
Arrivato
al quarto corridoio, mi bloccai. Dietro quello scaffale c’erano i proprietari
delle voci.
Anzi,
le proprietarie.
Mi
sporsi leggermente in avanti, rimanendo nascosto.
Vidi
subito Ginny, appoggiata ad un tavolino, le braccia conserte. Seduta a terra
invece, c’era Hermione, appoggiata ad uno scaffale.
-Non mi sembra una cosa normale… -stava dicendo Hermione. Il suo sguardo era indecifrabile, un
misto di rabbia, delusione, tristezza, stanchezza…
-Hai tutti i diritti di essere arrabbiata, ma… - tentò Ginny.
-Ginny, se stai cercando di difenderlo, risparmia il fiato!
-No, no… - Ginny scosse la testa – Non voglio difenderlo. Mio
fratello deve imparare a prendersi le responsabilità delle sue stronzate!
Ebbi
un moto di indignazione. Le parole della mia sorellina colpirono il mio
orgoglio come un calcio ben piazzato.
Avrei
volentieri voluto risponderle, ma se lo avessi fatto, avrei bruciato la mia
copertura.
Così,
ingoiai il rospo e tornai ad ascoltare.
-Ma… - aveva ripreso Ginny – Secondo me, dovresti parlarci.
Almeno per sentire cosa dice…
Cosa,
cosa, cosa? Cosa udivano le mie orecchie?
Mia
sorella stava cercando di aiutarmi?
Il
mondo si stava stravolgendo. Non mi sarei affatto sorpreso se i Mangiamorte
avessero iniziato a distribuire caramelle ai bambini.
A
quel punto, tutto era possibile.
Hermione
rivolse i suoi occhioni marroni verso Ginny.
-Credimi. Ho sentito abbastanza – la sua voce era decisa. Ma…
sembrava stravolta.
-Io… ci ho parlato, prima di venire a cercarti…
-Mhmm.
Stavo iniziando a sudare. Mi sporsi un po’ più avanti.
-Comunque, - disse Ginny – non potete andare avanti così in
eterno. Dovrete chiarirvi, prima o poi…
-Infatti, non credo che lui voglia continuare ancora, Ginny… -
la voce di Hermione si incrinò appena. Si portò le mani alla testa,
massaggiandosi le tempie, gli occhi chiusi.
-Cosa vuoi dire? – chiese Ginny, aggrottando le sopracciglia.
-Mi pare evidente… che voglia… finirla qui…
Un’espressione
di semi-orrore si dipinse sul volto di Ginny. Io praticamente ero entrato in
iperventilazione.
-Herm, scherzi? Credi che lui ti voglia lasciare?
Hermione
sospirò, senza rispondere.
-Credo sia l’unica cosa, ormai…
Dovetti
sorreggermi allo scaffale. Con la rabbia che mi stava invadendo, avrei potuto
buttarlo a terra quello scaffale.
Ma
guardate in che guaio mi ero cacciato…
-No! – stava dicendo Ginny – Non è possibile.
-E invece sì! Ginny, apri gli occhi! – disse Hermione – Come la
spieghi la scenetta di prima, eh?
-Mio fratello non sa quello che dice… sai che parla a vanvera!
Bum. Ennesimo schiaffo morale.
-Stavolta ha centrato l’argomento. E’ stato molto preciso,
invece.
-Se ti riferisci a Lavanda…
Hermione sussultò – Senti, Gin, è inutile tornarci sopra
ancora… che se ne tornasse da lei, se è ciò che vuole…
-Ma non è quello che vuole!
-Invece, a me è sembrato proprio di sì!
-NO!
Stavolta
sobbalzarono entrambe.
-Ron! Ci stavi origliando? – chiese Ginny, indignata.
-No! Cioè… non avrei voluto… - abbassai lo sguardo verso
Hermione, ancora seduta a terra – Ero venuto a parlare con te…
-Peccato che non ho niente da dirti! – fece lei, alzandosi.
Ignorò senza tanti complimenti, la mano che le avevo porto per aiutarla.
-Vorrà dire che parlerò solo io! – la mia voce decisa stupì
anche me.
-Hermione, secondo me dovresti… - disse Ginny.
Mi
stava aiutando ancora. Si era appena guadagnata un regalo più grande per
Natale.
Hermione
incrociò le braccia, evitando di guardarmi.
Evidentemente,
Ginny interpretò il suo gesto come un assenso, perché le diede un bacio sulla
guancia e uscì dalla biblioteca.
Lasciandomi
solo con lei.
Lasciandola
sola con me.
Avevo
l’ultima occasione per chiarire; dovevo solo evitare di sprecarla…
Per una volta, avrei voluto che Ginny fosse rimasta. Magari
no, fino a quel punto no.
Guardai Hermione, che a sua volta fissava un punto
imprecisato del pavimento; le braccia erano talmente incrociate strette che temevo
potesse farsi male.
-Mione… - iniziai. Mi resi subito conto di non essermi
preparato un discorso. Che cosa dovevo dirle? – Senti… prima non mi sono
spiegato bene!
Hermione alzò gli occhi al cielo.
-Ron, almeno questo risparmiamelo, per favore! – mi disse lei,
guardandomi in faccia.
Ok, dovevo prevedere una certa resistenza. Ma certo.
Tuttavia, conoscevo i punti deboli di Hermione; sapevo come
prenderla: le maniere dolci funzionavano sempre.
Non ho mai capito secondo quale criterio, io venivo sempre identificato
come l’insensibile della situazione. Potevo diventare dolce e gentile anche io,
quando volevo.
Modestamente, quel punto diventavo irresistibile.
Ed Hermione non riusciva mai a tenermi il muso dopo.
Avevo sperimentato questa tecnica più volte, ormai era
assicurata.
Così, sfoggia un sorrisetto di scusa e mi avvicinai a lei.
-Dai, piccola… non
fare così… - dissi con il tono più pacato che mi uscì.
Lei mi guardò negli occhi, sembrava stupita.
A quanto pare, il mio piano stava funzionando a meraviglia.
Potevo osare un altro passo.
Allungai una mano e le accarezzai una guancia.
- Toglimi quelle manacce di dosso, Ronald Weasley!
Ok, magari avevo sbagliato a fare i conti. Dopotutto non
avevo mai seguito le lezioni di Aritmazia.
- Io non so cosa ti sei messo in testa, Ron! – stava
sbraitando Hermione . Ma vedi di chiarirti le idee, perché in questo momento mi
sembri parecchio confuso!
- Hai ragione, hai ragione… - decisi che era meglio darle
ragione. Si stava arrabbiando di brutto – Solo che tu non hai capito…
- Smettetela tutti di dirmi che non ho capito! – urlò lei.
Pregai che non prendesse un libro dallo scaffale e me lo
lanciasse in fronte, altrimenti, con quello che pesavano i libri della
biblioteca, avrei potuto finire col fare concorrenza ad Harry.
- Hermione, ti giuro che non è come sembra… - tentai, ma fu
inutile.
- Non ho nessuna intenzione di ritornare su quell’argomento
assurdo, Ron!
- No, invece devi farlo! Fammi almeno spiegare!
Mi guardai in giro. Per fortuna non c’era nessuno. Non che
mi preoccupassitroppo di quello che
avrebbero potuto pensare gli altri studenti, visto che tutti avevano assistito
alle nostre performance almeno una volta.
- Ma ti sembro
stupida? – stava sbottando Hermione, i capelli più scomposti del solito – Credi
che mi serva una spiegazione per capire?
- Sì, ti serve! – le urlai di rimando – Che tu lo ammetta o
no!
- Basta. Me ne vado – Hermione si girò sui tacchi e fece per
andarsene.
Ma non le diedi il tempo di fare tre passi. L’afferrai per
un braccio e la incastrai contro la libreria per non farla scappare.
- Fammi passare, Ron! Lasciami! – protestò lei.
- Fammi parlare un secondo – la implorai . Lei sembrò
calmarsi un attimo. Finalmente – Senti… sono un idiota e prima ho detto
un’idiozia.
Lei non rispose. Aveva di nuovo lo sguardo basso. Meglio
così: non sarei riuscito a parlare con il suo sguardo puntato addosso.
- E indipendentemente da tutte le sciocchezze che posso aver
detto… - stavo cercando di dire qualcosa che risultasse almeno minimamente
sensato – Non devi mai dubitare di ciò che… tu sei… tu sei per me…
Sentii il mio volto andare in fiamme. E il calore aumentò
quando lei rivolse i suoi occhi su di me.
- Ci ho messo anni per dimostrarlo a me stesso e… a te… e
non ho alcuna intenzione di rinunciare adesso!
Vidi i suoi occhi luccicare. Non disse niente, ma il suo
volto era decisamente più rilassato.
Tentai di nuovo un approccio più diretto, rischiando la
vita, aggiungerei.
Mi avvicinai e le posai un bacio sul naso. Lo facevo sempre
quando facevamo pace, dopo aver litigato.
Lei non mi prese a schiaffi, contrariamente a ciò che mi
aspettavo.
Invece mi abbracciò, avvolgendomi le braccia al collo.
A quel punto ripresi a respirare. Ricambiai l’abbraccio con
tanta forza che la sollevai da terra.
Sembrava tutto perfetto.
Sembrava essersi risolto tutto. Sciogliemmo l’abbraccio e ci
guardammo in faccia.
Sembrava davvero che tutto fosse tornato come prima.
Ma poi, Hermione mi fece una domanda. Ed io… capitolai.
Pensavate che tutto si sarebbe
risolto, eh????e gentile anche io,
quando volevo.
o,
io venivo sempre mpre. garla o; le braccia erano talmente incrociate strette
che temevo po
-Senti ma… - mi disse Hermione, distaccandosi da me – Perché
prima mi hai chiesto del profumo di Lavanda?
Ecco, questa a prima vista
potrebbe sembrare una domanda del tutto normale, no?
Assolutamente giustificata.
Assolutamente sensata.
Eppure non posso dire lo stesso
della risposta.
Ma… aspettate che vi racconti.
-Senti ma… perché prima mi hai chiesto del profumo di Lavanda?
Mi misi a ridere, pensando che
tutto quel casino era successo a causa della mia poca… furbizia, sensibilità,
astuzia? Fate voi.
-Se te lo dicessi, non mi crederesti… - dissi con un gesto
noncurante della mano.
-Tu provaci!
-Ti farai una bella risata quando te lo avrò detto. E’ una cosa
piuttosto assurda… - le dissi mentre la trascinavo verso un tavolino là vicino.
Lei mi guardò incuriosita – Dai, dai… adesso voglio saperlo!
-Prima devi pagare un pegno!
-Cosa? – fece lei, inarcando un sopracciglio – Ronald Weasley,
ti ricordo che in questo momento riesci a reggerti sulle tue gambe soltanto
grazie alla mia bontà! Penso di aver già pagato abbastanza “pegni” per oggi!
-Va bene, va bene… - mi arresi. Anche perché, fondamentalmente,
aveva ragione.
-Appunto! – assentì lei – Quindi sputa il rospo!
Io feci un lungo respiro, pensando dove iniziare il mio
racconto.
Decisi che era meglio cominciare dall’ultima lezione di
pozioni. Quindi la cosa era parecchio lunga.
Le feci segno di sedersi su una sedia di fronte a me; a
dividerci, solo un tavolino di legno.
-Allora… ricordi quando Lumacorno ci ha assegnato da preparare
l’Amortentia? – lei annuì, io continuai – Bene. E ricordi che io ed Harry
eravamo rimasti indietro?
-Quando mai… - disse lei, alzando gli occhi al cielo.
-Hei, hei, hei… cosa vuol dire “quando mai”? – dissi offeso.
-Intendo dire che non è esattamente la prima volta che tu ed
Harry rimanete indietro nella preparazione di qualche pozione – disse con il
suo tono da maestrina. Adorabile.
-Non siamo io ed Harry a rimanere indietro! – ribattei – Sei tu
che vai troppo veloce! E’ logico che in confronto a te, tutti sembrano lenti…
-Va bene, ok! Non cambiamo argomento… vai al dunque!
- Dicevo… quando tu e Ginny siete andate via, io ed Hary
abbiamo avuto qualche problema con l’Amortentia… io, in modo particolare.
-Ron! – fece lei . Sembrava arrabbiata – Non mi dire che hai
fatto tutto questo macello perché non sei riuscito a preparare una pozione! E
poi, cosa c’entra Lavanda?
-Aspetta, lasciami finire!
Lei tornò ad appoggiarsi allo
schienale della sedia, in attesa.
-Certo che sono riuscito a prepararla! Per chi mi hai preso? –
borbottai – Solo che…
-Solo che? – mi incitò lei.
-Solo che… l’odore prodotto dall’Amortentia… era… strano.
-Strano?
-Strano.
Sperai che Madama Pince non
uscisse a sorpresa da qualche scaffale, come era solita fare, perché altrimenti
ci avrebbe preso per due scemi.
-Cosa intendi per strano, Ronald?
In quel momento, fui così ingenuo
da non percepire subito la nota di nervosismo nascosta tra le sue parole.
-Mah… un profumo… non era quello che mi aspettavo, ecco!
-Oh.
-E così… pensa un po’! – dissi sbuffando ironicamente – Ho
pensato a Lavanda!
Hermione mi fissava a bocca
aperta. Io pensai che fosse per l’assurdità della storia. E continuai.
-Cioè… non ho pensato subito a lei!
-Ah, no? – disse Hermione, con un filo di voce.
-No, no… sono stato giorni a tormentarmi! – spiegai, annuendo
con la testa.
Hermione si alzò dalla sedia,
facendo il giro del tavolo.
La sua espressione era truce.
-Fammi capire – disse, torreggiando sopra di me – Hai preparato
l’Amortentia e hai pensato che il profumo ottenuto fosse di Lavanda?
-Esatto! – annuii, ridendo – Non è assurdo?
Lei sembrava scioccata.
-Altroché se lo è, Ron!
Mi voltò le spalle e cominciò a
raccattare i libri sparsi sul pavimento, vicino a dove era seduta prima. Io era
sbalordito; non riuscivo proprio a spiegarmi il motivo della sua reazione.
Pensavo che raccontandole la
storia mi avrebbe capito; pensavo ci avremmo riso su insieme.
Anzi, al massimo che mi avrebbe
rimproverato per aver pensato una cosa tanto sciocca.
-Mione, che ti prende? – dissi, afferrandola per un braccio e
facendola alzare.
-Cosa prende a me? – chiese, gli occhi ridotti a fessure – Te
lo spiego subito. Vediamo… il mio ragazzo, o almeno quello che dovrebbe essere
il mio ragazzo, prepara l’Amortentia e… indovina? Sente il profumo della sua
ex! Secondo te cosa mi prende, Ron?
-No, non no… aspetta! – dissi – Stai sbagliando tutto…
-Vuoi dire che non hai pensato a Lavanda? – mi chiese lei.
-Sì, ci ho pensato… ma non… - tentai.
Hermione mi aveva già voltato le spalle, diretta verso
l’uscita.
-Ecco! – stava dicendo - Allora risparmiami il resto, perché
non mi serve altro.
Ormai aveva deciso. Era persino uscita dalla biblioteca
sbattendo la porta.
La seguii.
-Mione, aspetta!
Inutile dire che non mi degnò della minima attenzione.
Sapevo che in quel momento c’era solo un modo per ottenerla.
La rincorsi e quando l’ebbi raggiunta, le strappai con forza
i libri che stringeva tra le braccia.
-Ridammeli subito! – mi urlò.
-No! Finchè non mi avrai ascoltato!
-Ho già sentito fin troppo! – fece lei, passandosi una mano tra
i capelli – E sai che ti dico? Tieniti pure i libri.
A quel punto capii di aver toccato il fondo.
Aveva persino rinunciato ai libri. Davvero grave.
Così la guardai fuggire via, per l’ennesima volta.
Era questa la fine che avevo fatto: dalla padella alla
brace. E con un carico di libri tra le braccia, per giunta.
Avevo quasi paura di tornare in Sala Comune. Sapevo che là
avrei sicuramente trovato Hermione. E Ginny.
E nonostante nell’ultima ora ero riuscito a discutere prima
con l’una e poi con l’altra, il pensiero di doverle affrontare insieme mi
faceva venire i brividi.
Però non è che potevo gironzolare su e giù per i corridoi
come uno stupido.
Anche perché, prima o poi le avrei riviste.
E poi… dimenticavo Harry!
Almeno una persona che fosse dalla mia parte esisteva!
Non che la cosa mi aiutasse troppo. Anzi, non mi aiutava per
niente ma almeno potevo contare sul suo sostegno. Morale, si intende.
Così mi feci coraggio e salii verso la torre di Grifondoro.
-Parola d’ordine, caro? – cinguettò la Signora Grassa.
-Controindicazioni magiche – risposi atono.
La Signora Grassa scosse la testa – No, no, no, caro. Questa
è quella vecchia. La parola d’ordine è cambiata venti minuti fa.
-Va bene – risposi irritato. Giusto questo ci mancava – Ma io
adesso come faccio ad entrare?
La Signora si mise a ridere, facendo ballonzolare i pizzi
del suo vestito rosa – O ti fai dire la parola da un tuo compagno di Casa,
oppure dobbiamo far chiamare il Caposcuola e farti dare l’autorizzazione per
entrare.
Bene. Ero proprio nella cacca. Di drago. Che aveva avuto
un’indigestione.
Era assolutamente da escludere il fatto che passasse
qualcuno a quell’ora.
Quindi, via la prima ipotesi.
Per quanto riguardava la seconda, vi dico solo che il
Caposcuola in questione era, niente di meno, che la signorina Hermione Jane
Granger.
Fate voi.
Così, tra uno sbuffo e l’altro, mi sedettisulle scale, nella speranza che qualche
Grifondoro ritardatario decidesse a far ritorno in Sala.
Passarono cinque minuti.
Dieci.
Un quarto d’ora.
Venticinque minuti.
Niente.
A quel punto decisi che ero abbastanza stufo.
Potevo sempre sparare qualche parola a caso. Magari l’avrei
indovinata.
-Elisir di lunga vita! – esclamai, puntando un dito contro la
Signora Grassa.
Quella si limitò a scuotere la testa.
-Zuccotti di zucca!
-Civetta impagliata!
Niente.
-Campionato di Quidditch!
Ritenta, sarai più fortunato.
-Meringa al limone!
Se, vabbè…
-Prova con questa – disse una voce, arrivando alle mie spalle –
“Mio fratello è un emerito idiota”.
-Mi dispiace, cara – disse la Signora Grassa scuotendo la testa
– Non è questa la parola esatta.
-Non sarà esatta come parola d’ordine, ma è sicuramente vera –
disse Ginny – Sei d’accordo, Ron?
Ecco. Ciliegina sulla torta, era arrivata pure Ginny.
Ed io che pensavo di aver toccato il fondo. Povero illuso.
-Ginny… non mi va di discutere qui, in mezzo alla strada. Dì la
parola, per favore…
Ginny mi guardò per qualche secondo, come se stesse
soppesando seriamente l’idea di lasciarmi là fuori per tutta la notte. Cosa che
sarebbe stata capace di fare.
-Platano Picchiatore – esordì alla fine.
E il quadro si aprì.
Grazie, Merlino.
-Quelli sono i libri di Hermione, suppongo – disse, una volta
entrati.
La Sala Comune era deserta.
-Sì… senti, sai dov’è adesso? – le chiesi. Sapevo di stare
rischiando una fattura.
-Certo. E’ a cena – lo disse quasi in tono di sfida – Come
tutte le persone normali.
-A… a cena? – ero visibilmente sorpreso.
Dovete sapere che dopo le nostre litigate, Hermione pur di
non vedermi, si rifiutava di stare in qualsiasi stanza fossi anche io. E
l’elenco prevedeva anche la Sala Grande.
E poi, sinceramente, non pensavo che Hermione avrebbe deciso
di andare… a mangiare, dopo che ci eravamo scannati fino a pochi minuti prima!
-La cosa ti sorprende? – continuò Ginny, guardandomi a braccia
conserte – Pensavi che Hermione avrebbe smesso di mangiare, troppo afflitta
dalla tua grande stronzaggine?
Deng, deng, deng. Allarme, allarme.
-No, certo che no… io… no, no… - oddio, mi sembravo Harry.
La sua risposta mi sorprese. Ginny che rinunciava a farmi
una predica voleva dire solo una cosa: aveva già parlato con Hermione e
discusso sulla situazione. E sul da farsi.
-Hai parlato con Hermione – le dissi.
-Sì che ci ho parlato. E ti auguro di rifarlo anche tu, prima o
poi – disse tagliente.
-Ginny, lei non…
-Ron, io non voglio sapere niente. Non è con me che devi
giustificarti – fece per andare verso il dormitorio delle ragazze, ma poi si
voltò.
-Un’altra cosa – disse – Dammi i libri di Hermione.
Rafforzai la presa intorno ai
libri che tenevo fra le braccia.
Sapevo che avrei potuto
ricattarla con quei libri. Lo sapevo.
-Se li vuole, deve venire lei.
Ginny mi lanciò un’occhiataccia –
Non fare il ragazzino. Dammi- quei- libri.
-No!
-Perfetto! Complimenti, Ron – disse battendo le mani – Così non
fai che peggiorare la tua situazione. Ma che bravo!
Stavo proprio per imitarla, con
l’intenzione di salire nel mio dormitorio, quando sentii dei rumori alle mie
spalle.
E il quadro della Signora Grassa si
spalancò…intenzione di salire nel mio
dormitorio, quando sentii dei rumori alle mie spalle.
-Hermione!
Lei mi guardò sorpresa. Evidentemente sperava di poter
entrare in dormitorio senza imbattersi in me.
Si guardò intorno, alla ricerca di qualche via d’uscita.
Pensai che fosse tentata di girare i tacchi e andarsene, ma non lo fece.
Entrò, come se niente fosse.
Senza degnarmi di uno sguardo, né di una parola.
Ed io stavo in mezzo alla stanza come un ebete. E con i libri
in mano.
Che pesavano pure, tra l’altro.
C’era da chiedersi come Hermione riuscisse a scarrozzarseli
dietro tutto il santo giorno, esile come era.
-Hermione! Dobbiamo finire di parlare! – le dissi.
Le orecchie non funzionano a comando, doveva starmi a sentire
per forza.
-Io non ho niente da dire.
Ma che strano. Cosa mi aspettavo?
Che mi dicesse : “Certo, Ron! Sediamoci sul divano a fare una
bella chiacchierata. Magari dico a qualche elfo di portarci un po’ di tè con i
pasticcini!”.
A quanto pare Hermione e Ginny avevano deciso di attuare la
tecnica del silenzio.
La peggiore.
-Io sì, invece!
-Bè, sai che ti dico Ron? – disse lei, alterandosi – Mettiti
davanti ad uno specchio e fatti il tuo bel monologo, se hai tanta voglia di
parlare! Io non ho più la voglia, né la pazienza di sentire altro.
Mi passai una mano tra i capelli, stremato.
Non sapevo più che altro fare, davvero.
Fui alquanto sorpreso, quando la vidi avvicinarsi.
Oh, Merlino! Stava tendendo le braccia! Sembrava volesse
abbracciarmi…
-Ridammi i miei libri!
Ah, ecco. I libri.
Come avevo fatto anche prima con Ginny, rafforzai la presa
sui suoi libri.
-Tu stammi un secondo a sentire e io te li restituisco!
Hermione strabuzzò gli occhi – Cos’è, un ricatto, Ron? Mi
stai ricattando?
-Esatto.
-Fai come ti pare – disse lei, marciando verso le scale – Anzi,
perché non te li fai leggere da Lavanda? Saresti ben contento, credo…
La odio. La odio quando fa così.
Sbattei la pila di libri sul tavolo, imprecando.
Non è vero.
Che la odio, intendo. Non ci sarei riuscito neanche
volendo.
Miseriaccia.
Ormai anche Hermione se ne era andata. Decisi che avevo un
urgente bisogno di parlare con Harry.
Sapevo anche dove trovarlo.
La Sala Grande era ancora piena. Intravidi Harry al tavolo di
Grifondoro, intento a chiacchierare con dei ragazzi del settimo anno. Lo
raggiunsi subito.
-Harry!
-Ron! Ti sei bevuto il cervello? – disse, puntandomi contro una
forchetta – Cosa diavolo hai combinato?
-Deduco che ti abbiano raccontato qualcosa…
-Deduci?- fece,
ironico.
-Dai, non può essere andata troppo male – dissi, sedendomi sulla
panca davanti a lui – Le ho appena viste entrambe e mi sono sembrate…
tranquille.
-Tranquille? Tranquille, Ron? – disse, continuando a sventolare
la forchetta. Prima o poi avrebbe infilzato qualcuno – Erano livide! Se fossero
state in grado di sputare fuoco, in questo momento, tutti noi non saremmo altro
che un mucchietto di cenere!
Sembrava fuori di sé. Per Merlino, dovevano averlo
scioccato.
-E cosa hanno detto, di preciso?
Non ero troppo sicuro di volerlo sapere.
-Cosa “non” hanno detto sarebbe la domanda più giusta. Ma si può
sapere che diavolo hai combinato? Sono state tutta la sera ad infierire sugli
uomini, biascicando qualcosa che somigliava vagamente a “tutti porci” -la forchetta mancò miracolosamente
l’occhio del ragazzo alla destra di Harry – E indovina chi era l’unico esemplare
maschile con cui potevano prendersela?
-Ehm…
-Io, Ron! Grazie a te!
-Se ti può riconsolare, anche io mi sono beccato la mia bella
dose di maledizioni!
-Ma si può sapere che è successo? Hermione sembrava arrabbiata
ma ha parlato solo con Ginny…
Sospirai.
-Sempre la stessa storia, Harry – ammisi – Questa cosa
dell’Amortentia mi sta facendo impazzire…
-E… quale sarebbe la prossima mossa? – chiese.
-Piacerebbe anche a me saperlo – dissi, afferrando un biscotto
dal vassoio.
Questa storia assurda mi aveva anche fatto passare
l’appetito. Grave, davvero.
-Fossi in te, mi sbrigherei a trovare una soluzione.
Quando avevoassodato che Harry fosse il mio migliore amico?
Perché quella decisione andava assolutamente rivista.
-Grazie tante. Consigli?
Harry sembrò pensarci su. Perlomeno ci si impegnava.
Decisi di farlo anch’io: due menti sono meglio di una.
Anche se Ginny non perdeva occasione per dirci che io ed
Harry formavamo insieme un solo cervello.
Mi misi a fissare le venature del tavolo (giusto per non
confermare la tesi di mia sorella)… una… due… tre…
Ma poi un tintinnio attirò la mia attenzione. Il tintinnio di
una forchetta che cade nel piatto.
Alzai lo sguardo e incrociai quello esultante di Harry.
- Ron… mi è venuta un’idea.Entrò, come se niente fosse.
Seguii Harry fuori dalla Sala Grande, non sapendo neanche dove fossimo
diretti
Seguii Harry fuori dalla Sala Grande, non sapendo neanche
dove fossimo diretti.
-Ti dispiace spiegarmi, Harry? – gli chiesi raggiungendolo.
-Mi chiedo come abbiamo fatto a non pensarci prima – continuava
a ripetermi lui.
-Ma dove stiamo andando?
Harry si bloccò di botto, come se la mia domanda gli avesse
fatto venire in mente qualcosa.
-Allora – cominciò – tu stai andando alla Torre di Grifondoro
e…
-Cosa? E perché?
-Se mi facessi finire, lo capiresti! – mi sgridò. Merlino, mi
sembrava Hermione – Dicevo… tu vai su alla Torre e prendi la ricetta che hai
usato per preparare la pozione. Poi, raggiungimi nei sotterranei.
-Harry, sei impazzito? – gli dissi – Nei sotterranei a
quest’ora? Le aule sono chiuse…
-E allora? – mi chiese Harry, come se non capisse dove fosse il
problema.
Effettivamente non era la prima volta che entravamo di
nascosto in qualche aula, e di certo non sarebbe stata neanche l’ultima.
-Va bene… allora ti raggiungo appena ho fatto.
Ci scambiammo un ultimo sguardo. Poi, le nostre strade si
separarono.
Feci ciò che Harry mi aveva chiesto, cercando di capire cosa
avesse in mente, e evitando di farmi beccare da Gazza, scivolai nei
sotterranei, nell’aula di Pozioni.
Mi chiusi la porta alle spalle e quando mi voltai, trovai
Harry alle prese con ampolle e boccette di vario genere. Un calderone, bolliva
sul banco accanto a lui.
-Si può sapere che diavolo stai combinando? – dissi, senza
riuscirmi a trattenere.
-Vuoi smetterla di urlare? – bisbigliò lui – Se ci scoprono qua
è la fine!
-Okay, okay… - dissi, parlando sottovoce – Adesso, di grazia,
vuoi dirmi cos’hai in mente?
Per un momento dovetti trattenere l’istinto di affogarlo nel
calderone.
Mi stava facendo fare tutto quel casino perché voleva che
preparassi di nuovo la pozione? E a che scopo?
-Lo so cosa stai pensando – mi anticipò lui – Ma è l’unica cosa
che ci rimane da fare. Se il profumo che esce sarà ancora… cioccolata… vuol
dire che… che…
-Che sono sfottuto- completai al posto suo.
Iniziammo a preparare gli ingredienti, nel silenzio più
assoluto. A dir la verità, l’idea di Harry non mi entusiasmava più di tanto, ma
non avevo altra scelta.
Quando la pozione cominciò a bollire, Harry mi passò
l’ultimo ingrediente, delle foglie di non so cosa, dicendo:
-Devi versarla tu, Ron, altrimenti non vale…
Sapevo cosa intendeva dire. L’ultimo ingrediente era quello
personale ed andava aggiunto dalla persona interessata.
Con mano tremante, feci per afferrare le foglie che Harry mi
stava porgendo.
Ma… fu un attimo.
Un momento di panico.
La paura di scoprire la verità, forse.
Ritirai la mano.
Ma le foglie scivolarono lentamente nel calderone, lo
stesso.
I miei occhi incrociarono quelli verdi di Harry.
- Merda, Ron… - mi disse lui, guardando il calderone preoccupato.
- Harry, mi dispiace… - cercai di scusarmi – Non lo so cosa
mi è preso, io non…
- Lascia perdere, non fa niente… adesso dobbiamo
ricominciare tutto…
Feci per togliere il calderone dal fuoco, in modo da
vuotarlo.
Ma mentre stavoper
afferrare i manici, notai un certo movimento all’interno della pentola.
-Harry, gurda!
-Che succede? – disse avvicinandosi.
Entrambi ci chinammo ad osservare la pozione che, piano
piano, stava cominciando a bollire forte.
Come era successo anche qualche giorno prima, una bolla si
levò dalla superficie.
L’unica differenza era che, mentre la mia era verde, quella
di Harry sembrava essere di un azzurro acceso.
-Miseriaccia… - esclamai.
Harry pareva incapace di emettere suoni, in quel momento.
Raggiunta una certa altezza, la bolla esplose.
Naturalmente, io non potevo sentire nulla visto che,
effettivamente, era come se la pozione l’avesse preparata Harry.
-Allora? Che senti? – gli chiesi.
L’espressione inorridita di Harry, rispose al suo posto.
-Merlino, Ron… - fece – E’… è… zucchero.
MI sfuggii un’imprecazione.
Stavolta, eravamo davvero nei guai.
Il prossimo chap sarà l’ultimo….tu vai su alla Torre e prendi la ricetta che
hai usato per preparare la pozione.
Se c’è
una cosa con cui mia sorella non aveva nulla a che fare era lo zucchero.
Tipo Hermione
con la cioccolata, per capirci.
Non so se rendo l’idea.
-Ne sei certo? – preferivo accertarmi, prima di entrare
letteralmente nel panico.
-Sì.
-Ma proprio sicuro? – ribadii.
-Sì.
-Ma proprio…
-Merda ,Ron! Sì, ne sono sicuro! – sbottò Harry – Ne sono stramaledettissimamente convinto!
Assolutamente certo! Capito adesso?
Santo Merlino.
Stava davvero uscendo di testa. Si
vedeva proprio che non era abituato allo stress.
Era da meno di un minuto e mezzo che si trovava nella
situazione che io vivevo da una settimana e già gli stava partendo la brocca.
E a quel punto mi toccava pure
consolarlo.
Per dirla chiaramente, avevo toccato il fondo.
-Che facciamo? – chiesi.
Harry mi rivolse un’occhiata
omicida.
-Che diavolo vuoi che ne
sappia?
-Bene.
Malissimo, in realtà. E io che confidavo
nella furbizia di Harry. Nell’intelligenza del
salvatore del Mondo Magico. Il più grande…
Va bè. Evitiamo.
Almeno una cosa l’avevamo ottenuta.
Fino a mezz’ora prima ero solo io nella crisi più nera.
Adesso invece, eravamo in due.
È pur sempre un risultato, no? Mica è
detto che i risultati devono essere per forza buoni.
Bella consolazione: adesso mi sento meglio.
Se prima ero sotto zero… adesso diciamo
che lo avevo raggiunto, almeno.
Mi illuminai di speranza quando
vidi Harry alzarsi in piedi di scatto, come folgorato
da un’idea improvvisa. Sembrava davvero illuminato, giuro.
In realtà, mi sarei dovuto accorgere subito dei suoi occhi
da spiritato e capire al volo che non erano affatto un
buon segno.
Ma invece, non ci feci caso, troppo
preso dalla speranza che potesse aver trovato una soluzione.
Quindi rimasi come un ebete in
attesa del suo progetto illuminante.
Ah, Ron, Ron…
-Insomma? – lo incitai.
Harry mi fissò con la sua
espressione sconvolta e mi diede il responso.
-Vado a parlare con Ginny.
Come? Come, come?
Cioè, ma con tutti i problemi che
avevo già, pure Harry mi ci mancava?
-Harry, ti sei fumato la bacchetta,
per caso? – chiesi delicatamente.
-Cosa? Perché?
– sembrava veramente stupito.
-Amico – feci una piccola pausa di riflessione, per
cercare le parole giuste per spiegargli il concetto – Hai presente i capelli
che hai in testa? Quei filetti neri tutti scompigliati? Ecco. Se vai a
raccontare a Ginny che hai sentito odore di zucchero mentre preparavi l’Amortentia,
lei te li staccherà tutti, uno alla volta!
Fiato sprecato.
Harry era già uscito dalla stanza,
muovendosi velocemente. E puntava verso la Torre di Grifondoro.
Il ritratto si spostò per lasciarlo
passare, io lo seguii.
Grazie al cielo era abbastanza tardi e la sala Comune era
vuota. Effettivamente, speravo che non ci fosse nessuno, Ginny
soprattutto, almeno avrei potuto tentare di
convincerlo della sua assurda idea.
Avevo tutta la notte a disposizione.
-Merlino, non c’è… - sospirò Harry, crollando dal divano.
-Dai, amico, puoi…
-Harry, che ti è successo?
Oh, no.
Non dovetti neanche voltarmi per riconoscere di chi fosse la voce.
Hermione riemerse da una poltrona
vicino al fuoco, tenendo un grande libro in mano.
Avrei dovuto calcolare questo particolare: Hermione non va mai a dormire prima dell’una.
-Allora? – lo incitò. Naturalmente, non mi rivolse
neanche mezzo sguardo.
-Hermione! – Harry le fece un sorriso a cinquanta denti – Hermione! Devi farmi un favore… Sali nel vostro dormitorio
e chiamami Ginny… per favore…
Hermione guardò l’orologio,
inarcando le sopracciglia – Harry, è mezzanotte
passata… che è successo?
-Ti prego, Hermione,
ti prego! Vammela a chiamare…
-Non puoi aspettare domani? È fastidiosissimo
quando ti svegliano nel mezzo della notte.
-Vedi, Harry? – dissi, nella
speranza di guadagnare punti – E’ la stessa cosa che
ti dicevo io! Puoi aspettare domani mattina!
Hermione si voltò per la prima
volta verso di me, come se si fosse appena accorta che c’ero anche io.
-Ripensandoci, credo che andrò a chiamartela, Harry. Se dici che è importante…
Ecco. Così mi imparo
a parlare.
-Grazie, Herm, sei la migliore… davvero, ti adoro…
-Sì, sì… - gli rispose svogliatamente lei, mentre saliva
le scale.
Tempo tre minuti ed erano di nuovo sotto, entrambe.
-Allora, che succede? – chiese Ginny,
sbadigliado. Si era seduta sul divano, tenendosi
strette le ginocchia.
-Bè, credo che andrò a dormire… - annunciò Hermione,
riprendendo le scale.
Evidentemente, non riusciva a sostenere la mia presenza pere
un tempo troppo lungo.
Era impazzito? Hermione non doveva
sapere niente di quello che stava succedendo. Niente.
Ormai Ginny era completamente
sveglia e passava lo sguardo dall’uno all’altro.
-Oh… io… d’accordo, rimango.
Hermione fece qualche passo in
avanti. Si appoggiò ad un tavolo e incrociò le braccia.
-Vuoi dirmi che succede? –
disse Ginny – Inizio a preoccuparmi.
-Ecco… - iniziò Harry. Prese a
camminare aventi e indietro – Stavo preparando l’Amortentia…
quella pozione che ti fa sentire l’odore…
-Lo sappiamo cos’è l’Amortentia, Harry! Vieni al
dunque.
-Sì… certo. Bene… preparavo l’Amortentia
e allora… alla fine… mi è uscita una fragranza… particolare…è… ecco… di zucchero! – si
morse le labbra, colpevole. Io non avevo il coraggio di guardare dalla parte di
Ginny ed Hermione – E a Ron… di cioccolata! – aggiunse, come per discolparsi.
Mi sentii gelare. Merlino, perché mi aveva
trascinato nel suo piano suicida?
Maledetto traditore.
A quel punto, non mi restava altro che osservare l’effetto
di quelle parole. Tanto per punire Harry, il tempo lo
avrei sicuramente trovato. In seguito, però.
Con un movimento semi millenario, mi voltai verso le ragazze
e le trovai nella medesima posizione di prima, mentre ci guardavano
incuriosite.
Harry sembrava piuttosto inquieto,
non avevo nessuna intenzione di verificare, ma pareva
che stesse iniziando a sudare.
-Ho detto – ribadì nuovamente –
zucchero e cioccolata.
Notai Hermione e Ginny scambiarsi un’occhiata perplessa.
-E allora? – disse Hermione. Sembrava davvero che non avesse capito –
Continua.
-Veramente è tutto qui – feceHarry – Mi sembrava più che sufficiente.
-Harry, sinceramente non
capisco –disse
Ginny.
Quella situazione rasentava il comico, se non fosse stata così tragica. Ma si trattava di una bomba ad
orologeria, che prima o poi sarebbe saltata.
-Ron, spiegaglielo tu!
Ma allora voleva proprio morire.
-Ma spiegare cosa? – disse Hermione.
-Hermione – Harryera al limite dell’isteria – ho
detto zucchero e cioccolata! Non so se ti rendi conto! Zucchero e cioccolata!
Capito? E cosa hai tu a che fare con la cioccolata?
Niente! Non la mangi, non la bevi, non usi neanche il sapone alla cioccolata!
Niente! E vogliamo parlare di lei? – disse indicando Ginny. Ormai era partito per la tangente
– Cosa c’entra lei con lo zucchero? A meno che
non abbia una passione nascosta per i glucidi, proprio non lo so!
Quando
si fermò per prendere fiato, nessuno osò parlare. Ecco… che vi dicevo della
bomba?
Tic, tic,
tic. Era al limite.
FinchèGinny non ruppe il silenzio con una sonora risata.
-Lo trovi divertente? – chiseHarry, sorpreso quanto me.
MaGinny
non se lo filò di striscio.
-Herm, ma non ti fa ridere?
Praticamente mia sorella si stava
rotolando sul divano, per il troppo ridere. AncheHermione aveva un’espressione strana.
-Non ci credo, guarda – disse
scuotendo la testa. E con mia grande sorpresa, iniziò
a ridere anche lei.
Harry le fissava con la bocca
aperta; sembrava il peggiore momento della sua vita.
-Ron… - disse Hermione, tra le lacrime. Non posso negare che ebbi un sussultò quando le sentii pronunciare il mio nome, visto che
negli ultimi giorni si era rivolta a me solo con epiteti poco carini – Ron, non dirmi che hai fatto questa tragedia apocalittica
solo per la cioccolata!
-Ma veramente io…
La vidi alzarsi e venire verso di
me. Per un attimo fui tentata di arretrare e darmela a gambe.
Ma non lo feci. Soltanto perché non
riuscii a muovere le gambe, mica per altro.
-Vieni, Harry…
andiamo sopra – disse prontamente Ginny,
ridendo ancora.
-Ma non sei arrabbiata?
Ginny rise ancora più forte,
tirandolo per la manica. Scomparirono su per le scale.
-Ron… credevi che l’odore
della cioccolata non fosse il mio, vero? – chiese lei, tranquilla.
A quel punto non mi restava altro che vuotare il sacco.
Tanto ormai.
- Senti, Mione… mi dispiace
tantissimo… E’ che… tu sei sempre stata l’unica sicurezza che avevo… solo che
poi è arrivata la cioccolata! E tu… non lo so, ma mi
sembra che da quando ti conosco tu non abbia mai dimostrato nessun amore per la
cioccolata… non trovavo nessun legame… io non lo so! Non so cosa vuol dire… a
chi è legata…
Le diedi le spalle, non volevo
guardarla. Non ce la facevo a vederla piangere di nuovo.
No.
Ma poi, sentii una mano posarsi
sulla mia spalla.
-Non è importante l’odore, Ron…
- disse lei, dolcemente – E’ importante ciò che quel profumo ti fa provare… io quando preparo l’Amortentia, sai
cosa sento? Profumo di pergamena. E tu non sei certo
fatto di carta, no? – non potevo guardarla, ma ero sicuro che stesse sorridendo
– E se potessi associarti ad unodore, quando penso a te, sarebbe
esattamente quello caldo e rilassante della pergamena nuova… e tu cosa senti,
invece?
Feci un lungo respiro, riflettendo.
-Io se potessi paragonarti ad un profumo… - cercai le
giuste parole – Sarebbe sicuramente qualcosa di dolce… ma
con una puntina di amaro, che lo rende praticamente… irresistibile.
In quel momento compresi tutto.
Ma quanto ero stato idiota? Certo
che era così!
Il legame non dipende dal profumo e dalla persona, ma da te
e dal profumo che ti ispira quella persona. E tutti sanno cosa penso io della cioccolata… è la mia
passione più grande.
Mi girai verso Hermione e la sollevai tra le braccia.
-Perdonami.
Avvicinai la mia fronte alla sua, e dopo vari giorni di astinenza, respirai nuovamente il suo vero profumo.
-Sei quasi un disastro completo – fu la risposta di lei, mentre io le baciavo gli zigomi.
-E’ quel “quasi” che mi ricorsola… - dissi, continuando
con il mio lavoro – Adesso ti toccherà essere il mio cioccolatino per un bel
po’…
Lei sorrise, maliziosa.
-Non vedo l’ora.
Prima che la mia mente si offuscasse totalmente, pensai adHarry.
Chissà se se l’era cavata bene come
me.
No, non credo. Non così
bene almeno…
Grazie a tutti coloro che mi hanno
seguito fino ad ora! Chiedo umilmente perdono per il ritardo…spero di essere
riuscita a riparare con questo ultimo capitolo!!