Kiss the rain

di Nymeria Tyrell
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** tre mesi e tre settimane ***
Capitolo 2: *** A Little Party Never Killed Nobody ***



Capitolo 1
*** tre mesi e tre settimane ***


Si erano voluti così tanto. Si erano amati così tanto. Ma nessuno dei due era stato disposto ad ammetterlo, si erano lasciati scivolare il loro amore dalle mani. Forse era successo perché lui era fidanzato, forse era successo perché lei non sarebbe potuta restare con lui.

Chiariamoci, lui non era uno stronzo la sua ragazza l'amava sul serio, ma con lei era diverso. Lei la conosceva e l'amava da sempre, peccato che non se ne era reso conto fino al giorno in cui lei non lo aveva informato della sua partenza. Non sarebbe più tornata, aveva trovato lavoro, peccato che lo avesse trovato ad Auckland, in Nuova Zelanda, peccato che lui non avesse le possibilità per seguirla.

Lui aveva capito di amarla una sera, erano con amici su un prato ad agosto, lei aveva la schiena appoggiata sul tronco di una vigna, la gonna lunga sollevata fino alle cosce i capelli corti scompigliati, una sigaretta nella mano sinistra e lo sguardo che puntava al cielo. Lui le si era avvicinato, aveva appoggiato la testa sulle sue gambe, e le aveva rubato la sigaretta, lei iniziò a giocare con i suoi capelli. Iniziarono a parlottare tra di loro, della storia di lui, delle aspettative di lei; poi quest'ultima scoppiò in una risata cristallina, e in quel preciso momento Federico si rese conto che non voleva lasciarla andare.

Mancavano sette mesi e mezzo alla partenza di Chiara.

Lei, d'altro canto, sapeva da sempre di essere innamorata di lui: da quel giorno che lo incontrò nel parco vicino al campo di tennis: era andata lì con degli amici, si era seduta sull'altalena. Quando lo vide arrivare da lontano, sentì una presa viscerale in fondo allo stomaco. Pensò di avere fame. Soltanto poi comprese che non era la fame, e non era nemmeno la novità del nuovo ragazzo conosciuto, quella morsa le sarebbe rimasta ogni volta l'avesse incrociato, con gli anni sarebbe diventata più lieve, certo, si sarebbe anche ceduta ad altri, avrebbe dato loro parte del suo cuore, ma, alla fine, era da lui che tornava. Aveva quattordici anni, quando lo incontrò la prima volta, ora ne aveva venticinque.

Probabilmente se questo amore fosse rimasto sconosciuto ai diretti protagonisti, da una parte, sarebbe stato meglio. Lei non avrebbe avuto ripensamenti se partire o meno, lui avrebbe potuto continuare ad essere felice con una ragazza che per farlo felice averebbe fatto di tutto, ma le cose non dovevano andare così.

“Chi si fa i cazzi suoi campa cent'anni” dice un vecchio e sempre vero detto. “Peccato che qui sembra che nessuno voglia vivere a lungo” si è recentemente aggiunto, e mai continuazione di un detto è stato così vero. Si sa, le persone annoiate amano fare due cose: i fatti degli altri e gli psicologi. Chi non ha l'amico, o l'amica, che in ogni evenienza se ne viene fuori con la frase “avrei dovuto fare lo psicologo”? Ebbene, Chiara e Federico ne avevano almeno cinque, di questi amici psicologi e impiccioni, i quali tentarono disperatamente di far aprire gli occhi ai due, ma questi erano troppo spaventati per poterlo accettare. Fino a che, in una bella serata di festa, uno di questi mise nelle mani di lei il suo telefono e le consigliò caldamente di guardare i messaggi di Federico. Lì, in quello stupido aggeggio elettronico, lei scoprì quello che lui provava per lei, scoprì anche i sensi di colpa di lui verso la sua ragazza, e si stupì, quando si ritrovò terrorizzata, aveva voglia di scappare.

Mancavano quattro mesi alla sua partenza.

Si era spaventata perché questo cambiava tutto. Se gli avesse parlato, sinceramente, come sarebbero cambiate le loro vite? Lei voleva partire, voleva viaggiare, lui era sedentario, aveva già una relazione seria, e Chiara sapeva che lui non avrebbe mai lasciato una certezza per una cosa che sarebbe potuta sfumare da li a breve. Eppure...

Due giorni dopo si incontrarono, lui stava per partire per due settimane, andava in vacanza con la sua ragazza, per tutto il tempo passato insieme lei si mostrò distante nei confronti di Federico e il ragazzo non mancò di accorgersene, insistette dunque per accompagnarla a casa. Arrivati sotto l'abitazione di lei le domandò cosa avesse avuto per tutta la serata, inizialmente lei accusò un grande mal di testa, ma poi si accorse che non c'era cascato, e semplicemente gli disse: “Mi mancherai, tutto qui”. Spiazzato lui le rispose “Vabbhé, non sono mica io che parto per andare dall'altra parte del mondo”. A quelle parole Chiara si sganciò la cintura, fece per aprire la portiera ma lui la fermò, e la salutò con un bacio e la promessa che avrebbero parlato, una volta fosse tornato.

Mancavano tre mesi e tre settimane alla sua partenza.

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Capitolo 2
*** A Little Party Never Killed Nobody ***


Lei

 

Era passata una settimana da quel fatidico bacio, e Chiara aveva preso la sua decisione: non lo avrebbe più rivisto, questa decisione le avrebbe fatto male? Da morire. Ogni volta che la sua mente accarezzava il ricordo di questa sua decisione un coltello ghiacciato le si infilzava tra le costole, facendole mancare il respiro. Ma, e questo se lo ripeteva sempre, erano “solo sentimenti” e lei non doveva fare altro che ignorarli, presto sarebbe partita. Con un oceano di distanza e molto più lo avrebbe dimenticato, sarebbe potuta essere felice, veramente felice anche e soprattutto senza di lui. Cosa le aveva dato, alla fine dei conti, amarlo per così tanto tempo? Nulla, molte relazioni scelte appositamente perché sbagliate. E la compagnia, e l'amicizia, e l'affetto. Ma queste erano tutte sciocchezze superabili.

Per darsi coraggio iniziò già a preparare le valigie, doveva concentrarsi, tenere in mente l'obiettivo, testa bassa. Non pensare. Non provare. Non lasciarlo entrare. Non avrebbe visto nulla.

Per essere sicura di non rischiare in vari ed eventuali lavaggi del cervello non ne parlò con nessuno, tenne tutto dentro di sé. Se non ne parlava, d'altronde, poteva anche convincersi che quel bacio non fosse mai esistito, solo un sogno molto vivido, nulla di più.

Ogni tanto piangeva, senza motivo, solo le lacrime iniziavano ad uscire da sole, ma poche, giusto due. Chiara odiava piangere.

 

Lui

 

“Ti amo”. Un sorriso, un sorriso dolcissimo, ma non il suo. “Si.” lei lo guardò con aria contrariata, mentre si alzava dal letto matrimoniale, sorreggendo il lenzuolo cosi che le coprisse il seno, come se lui non lo avesse mai visto, tra le altre. “Sai, non è precisamente la risposta dei sogni” mormorò scostandosi i lunghi capelli. “lei li porta corti, sono più soffici. Non pensare, non qui, non ora. Non è giusto.” Federico le si avvicinò, baciandole la spella liberata dalla lunga chioma corvina. “Scherzavo, lo sai che ti amo”. Ed era vero. Se Chiara non fosse mai esistita, se non l'avesse mai incontrata, se in quella sera d'agosto non si fosse perso guardando la sua pelle diafana e i suoi occhi cerulei sarebbe stato uno dei ragazzi più fortunati ed innamorati al mondo. Peccato che la vita non si svolga con i se e con i ma. Fa tutto lei, molto spesso va così veloce che non si ha nemmeno il tempo per fermarsi a pensare, si viene soltanto travolti. Si sforzava di non pensarla, non era giusto. Era in vacanza con la sua ragazza, le stava mancando di rispetto, e lei non se lo meritava, aveva già fatto abbastanza danni con quel bacio. Non se ne era pentito, quello no, soltanto non capiva. Cosa non aveva capito? Non aveva capito nemmeno quello. Sapeva solo che a breve sarebbero tornati. Sapeva solo che mancava poco alla partenza di Chiara.

 

Mancavano tre mesi una settimana e tre giorni alla sua partenza.

 

“Vieni? Dai Chiara, deve essere figo, è una festa in maschera in un castello medievale poco distante da qui! Eddaaaaiiiiii guido io!”

Chiara sbuffò, l'idea della festa non era male, di per sé, si sarebbe sicuramente divertita solo che in una situazione del genere c'era una percentuale di possibilità di incontrare Federico troppo alta per correre il rischio. E lei doveva difendersi.

“Non so honey, sono stanca” rispose fiaccamente, ma la sua amica non aveva alcuna voglia di mollare e insistette finché non ricevette un suo si. Mentre tornava a casa per prepararsi la radio mando la canzone “A Little Party Never Killed Nobody” questo la fece sorridere, forse aveva ragione lei, forse una piccola festa non avrebbe ucciso nessuno, magari non lo avrebbe nemmeno incontrato.

 

Portava un vestito verde bottiglia, e una maschera argento a forma di gatto. Poteva farcela, prima di entrare, comunque, fece in modo di essere il più alticcia possibile, il famoso “coraggio liquido”.

La serata, in realtà si rivelo per gran parte più piacevole del previsto, fa bene a tutti prendersi del tempo per se stesse, farsi belle e andare a divertirsi, inoltre di Federico non c'era traccia. Almeno fino a metà serata. Quando lui entrò lei era già ormai partita per la tangente dell'alcol, lui la trovò seduta su una poltrona, che sorseggiava l'ennesimo cocktail e chiacchierava amabilmente con degli amici. Quando si guardarono lei sentì la solita morsa allo stomaco, ma fece quello che doveva fare: non mostrò emozioni, non si aprì, semplicemente gli sorrise e gli fece un vago gesto con la mano, prima di rialzarsi e trascinare una sua amica in pista.

Se l'incontro si fosse limitato a quello, sarebbe andato tutto bene. Ovviamente non andò così.

Dopo un po' le ragazze tornarono al tavolo degli amici, Stefano era seduto sulla poltrona occupata prima da Chiara, e stava raccontando qualcosa sulla sua vacanza.

“Certo che si è trovato bene! Ha già praticamente fatto la luna di miele, chi non vorrebbe essere già sposato a ventisei anni? Ah, già, le persone normali.” Esordì cinicamente e stancamente lei. Sapeva che non doveva farlo, sapeva che era meglio stare zitti, solo che l'acool non era stato avvisato di ciò.

“Mi ero dimenticato, chi non fa le cose che fai tu, o non la pensa come te, è soltanto un perfetto imbecille ai tuoi occhi” rispose stizzito lui.

Chiara si limitò a scrollare le spalle e andarsene, lui decise che era giunto il momento di seguirla. Arrivarono vicino alle porte dei bagni, quando lui la prese con decisione per il braccio sinistro, la tirò verso di sé e la baciò, di nuovo. Come se fosse la cosa più normale del mondo, come se la sua ragazza non esistesse. Lei ricambiò il bacio, per un po' prima di realizzare cosa stavano facendo, e si scostò.

“Sei una merda. Dopo tutti questi anni hai il coraggio di trattarmi così? Come se non contassi nulla? Cos'è, adesso mi chiederai di diventare una tua amica di letto fino alla mia partenza? Avevano ragione gli altri. Sei cattivo.”

Tutto questo lo urlò, le uscì d'impeto, non poteva sopportarlo, non poteva e non voleva capire.

“Tu sei l'unica persona al mondo con la quale non sono mai stato cattivo. Non so perché, è così” le rispose lui, lievemente guardando un punto dietro di lei, più che lei stessa.

A quelle parole lei se ne andò, non sapeva cosa dire, né tanto meno cosa fare. Prima di dormire si limitò a mandargli un messaggi “Forse dobbiamo parlare”.

Che cosa stavano facendo? Si stavano rovinando? Si, e il suo compito era evitare che si rovinassero la vita da soli. Gli avrebbe detto molto sinceramente che non avrebbero dovuto vedersi più.

 

Mancavano tre mesi alla sua partenza.

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