Yu Yu Hakusho Rebirth: il secondo Torneo delle Tenebre

di SephAndNike production
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - wanted! ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3- wanted 2 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4- justice? ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Un nuovo inizio ***


cap1 L’isola era da tempo immemore un ammasso di soli ricordi. Nell’aria che si respirava si poteva percepire, ancora, il metallico odore di sangue. Gli stessi alberi ne erano impregnati, e i fiori sembravano aver preso coloriti mai visti prima.
Dove ancora tutto era solo cenere, si ricominciarono a sentire delle voci in lontananza.
“Che i lavori abbiano inizio”
I grandi mostri metallici ricoprirono metà dell’isola e, insieme, ruggirono e emisero fumi densi dal colore grigio.
Ormai mancava poco tempo. Davvero poco.
 
Capitolo 1
“Un nuovo inizio”
 
Alla fine dello scorso torneo delle arti marziali nere, e del grande torneo del Makai, tutti iniziarono a cercare un modo per vivere in tranquillità, lontani da qualsiasi guerra.
Yusuke e Kuwabara tentavano, disperatamente,  di trovare lavoro in un ufficio di assicurazioni, Kurama era stato preso come sottosegretario nell’ufficio del padre, Hiei , dopo aver abbandonato Mokuro e il suo gruppo, vagabondava fra le dimensioni occupandosi degli umani dispersi o i demoni infiltrati nel mondo degli uomini.
La tranquillità, quasi paragonabile alla noia, presto si sarebbe spezzata. Tutti loro da tempo ormai percepivano una sensazione strana proveniente da ovest. Un eco lontano che li richiamava tutti a rapporto.
Un giorno che sarebbe venuto molto presto.
 
Ore 16:10. Dal grande ufficio della Minamino corporation si iniziò a sentire un lontano echeggiar di passi. Una valanga di lavoratori si stava precipitando all’uscita, quasi sfondando le porte.
Ma mentre quelli, uniformemente, si avviarono alle porte, il primo ad uscire fu un ragazzo dai lunghi capelli rossi, vestito in giacca e cravatta, che portava in mano una valigetta ventiquattrore di pelle nera.
Shuichi, questo è il suo nome, pareva aver fretta di tornare a casa. L’ansia che pervadeva i suoi occhi e il sudore che gli rigava la fronte erano la prova della sua preoccupazione.
Girò al primo angolo e si fiondò dentro una farmacia.
“ desidera qualcosa signore?”

 
Senza nemmeno riprendere fiato ne calma, rimise il portafoglio di nella valigetta e riprese a correre.
Lasciava che gli alberi gli sfrecciassero accanto, non degnò nemmeno ai semafori un minimo di attenzione.  Se qualcuno lo avesse incidentalmente tamponato probabilmente non si sarebbe comunque fermato. Aveva una missione da compiere. Un medicinale da portare alla madre.
Superato l’ennesimo semaforo rosso, ed essersi sorbito le lamentele, incrociò il giornalaio scontrando la spalla con un individuo.
Essendosi accorto del colpo si voltò e gridò:
“Mi scusi!”
Ma appena si accorse dell’individuo rallentò i propri passi fino a fermarsi completamente.
Aveva, per errore, scontrato una ragazza dai lunghi capelli, quasi arrivavano alle ginocchia, di un color nero corvino con forti riflessi blu. Il corpo longilineo, armonioso anche se con poche forme, vestita come una normale ragazza di tokyo.
Si voltò incrociando il suo sguardo gli sorrise e mosse le labbra per dire “non fa niente”.
Fu allora che Kurama notò gli occhi: la profondità dell’oceano e un senso di infinito cadere si rifletteva nelle sue pupille. Un segno sulla guancia, che lo confondeva dall’essere un tatuaggio o una cicatrice di vecchia data, lo mise in allerta.
Iniziava a percepire una sorte di brivido freddo partirgli dalla punta dei piedi fino ai capelli.
Quasi istintivamente si accarezzò la rosa che aveva nei capelli, provando a tornare sui propri passi.
Finché, quella sensazione di brivido, divenne vera e propria aria fredda e, improvvisamente, tutto attorno a sé parve congelarsi.
Il suo fiato creava minuscole nuvolette bianche e le persone parevano immobilizzate.
E’ un campo d’energia spirituale di elevata potenza, pensò Kurama, voltandosi di scatto, alla ricerca di una risposta a quel mutamento improvviso, e notò che l’unica persona che riusciva ancora a muoversi era la strana ragazza.
Anzi, sembrava che avesse creato lei stessa quel cambiamento. Fu allora che Kurama sfilò la rosa e si preparò.
Qualsiasi cosa fosse accaduta si sarebbe trovato preparato. Fissò la ragazza, ancora di spalle che continuava a camminare per la strada, quando percepì una flebile energia proveniente da nord.
C’era qualcun altro che continuava a muoversi. C’era qualcuno che, come lui e la ragazza, notava il cambiamento e continuava a camminare come nulla.
E proprio da dove guardava, sbucò un demone dalle forme serpentesche, che strisciava tra le gambe degli umani pronto ad attaccare la preda giusta.
Indossava solo vesti logori e le squame erano insanguinate. Probabilmente, come pensò Kurama, il passaggio per il mondo degli umani gli doveva essere costato molto. Sia dal punto di vista fisico che spirituale.
Annusava cercando disperatamente energia e sangue. Pareva sperduto.
 E’ solo un demone inferiore. Sarà meglio levarlo di mezzo, pensò Kurama, ma appena provò a trasformare la sua rosa in frusta, la ragazza dai lunghi capelli anticipò ogni sua mossa.
Allungò la mano destra facendo comparire attorno ad essa delle preoccupanti nubi nere, che si condensarono e unirono, risucchiate come dal palmo, per poi formare una spada dalla lunghezza spropositata, nera ed evanescente.
Era circondata da vapori neri che creavano a loro volta delle bolle liquide, come fatte di petrolio.
“Ma quella è…”
Impugnata saldamente l’arma, la ragazza scattò rapida tra le persone, arrivando faccia a faccia col demone al quale, senza dare un secondo di più, staccò la testa senza un minimo di esitazione. Non ebbe il tempo di sibilare che il corpo si disciolse in nubi nere.
Accadde tutto in meno di un istante: non ci fu sangue, non ci furono più tracce.
“…la mefistohara.”
La ragazza strinse l’elsa e il fumo e le bolle di petrolio tornarono, risucchiate, nella mano.
Si voltò e fissò Kurama: il segno sulla sua guancia pulsava di vita e gli occhi erano divenuti neri come gli abissi più profondi.
Gli sorrise con carineria, poi si levò dal suolo una bolla di fumo nero che la inghiottì. Quando la nuvola scura si fu dileguata, anche la ragazza era sparita.
In un attimo tutti tornarono a camminare, come niente. Le lancette dell’orologio puntavano ancora lo stesso orario.
Ma Kurama non poteva negare ciò che aveva visto con i suoi occhi, nonostante tutti gli altri sembrassero ignari.
Non riusciva ad essere calmo e fermo come al solito: da quel che sapeva quell’arma veniva utilizzata dagli sciamani e raramente i demoni erano dotati di tale potere. Un potere che tempo addietro era stato bandito e temuto, perché capace di portare solo morte e distruzione, e perché utilizzato unicamente da persone straordinariamente temibili..
Ma allora come mai non aveva percepito nemmeno un minimo di energia? Ora che sapeva, come poteva garantire la propria salvezza?
Rimise la rosa al suo posto e raccolse la tranquillità rimasta per tornare di fretta a casa.
Quel volto però lo ossessionava: chi era quella ragazza? Cosa ci faceva una creatura così potente nel mondo umano? E soprattutto, rappresentava un pericolo?
Intanto nell’ufficio d’assicurazioni Mishiku Tawara, Yusuke Urameshi e Kazuma Kuwabara erano intenti a lavarsi le mani nel bagno degli uomini. Entrambi fissavano la loro immagine riflessa nello specchio, quasi non riconoscendosi.
“Sembro un dannato pinguino con questo vestito da capoufficio.”
Fece Yusuke, cercando di allargare il nodo della cravatta, di un colore giallo-oro.
“Meglio pinguino che barbone ,se permetti.”
Rispose Kuwabara sistemandosi con l’acqua il ciuffo rosso pensando a quanto la giacca gli stesse divinamente.
Guardandosi e rimettendosi a posto le ultime cose, uscirono dal bagno pronti a rientrare nell’ufficio del capo.
Ma quel mondo così cementato, pieno di documenti d’archiviazione e monotonia parevano esser molto lontani dalla mente di Yusuke.
Lui non voleva essere rinchiuso, era un animale libero. Quella restrizione e quel luogo non facevano parte di quel che era, e tutto sembrava aver preso un colore grigiastro come quello della costrizione.
Il pensiero di una vita spesa a quel modo era troppo triste. Anche se non era più un detective, veniva comunque richiamato nel mondo dei demoni, eppure non gli bastava.
Da tempo ormai non combatteva. Da tempo i suoi poteri demoniaci inquieti reclamavano la vita.
Quando i suoi pensieri si soffermarono sull’immagine ansiosa di lui barbuto mentre vedeva una partita di calcio con Keiko che badava ai nove figli, di cui quattro gemelli, dall’angolo del corridoio vicino alla segreteria esplose un fascio di luce e comparve dal nulla una ragazza dai capelli azzurri.
“Botan?!?”
Esclamò Kuwabara, incredulo, guardandosi attorno sperando che nessuno vedesse quell’apparizione.
“salve ragazzi!” fece la ragazza, salutandoli, avvicinandosi a loro vestita come una segretaria d’ufficio “ era da tempo che non ci vedevamo”
“Già, ma non per colpa nostra, direi” Contraddì Yusuke, quasi sbuffando per ripicca.
In effetti di tempo ne era passato e non essendo più un detective era raro ricevere le convocazioni da parte di Koenma.
Tutto sembrava essere diventato parte di un passato molto remoto. Persino nello sguardo di Botan si poteva notare una certa malinconia.
“Ma dai, non stiamo qui a discutere! Usciamo, ho una richiesta molto speciale per voi, ragazzi” Riprese Botan, col suo solito sorriso smagliante.
“Di che si tratta?” domandò Kuwabara.
“Non ci crederete: abbiamo una missione d’emergenza. Koenma ha chiesto il vostro aiuto”
 

 
“ e quindi tu vuoi farmi credere che per mesi non vi siete accorti di due forze troppo potenti qui nel regno degli umani?” Fece allibito Yusuke, sbottonandosi giacca e camicia allentando la cravatta.
“Esatto. Purtroppo non riusciamo ancora a capacitarci come possa essere successo una cosa del genere. Sarebbe un punto a nostro sfavore se si venisse a sapere che creature del genere se ne vanno in giro senza permesso qui sulla Terra. Il re Enma non ne sarebbe felice e di sicuro chiuderebbe definitivamente i varchi dimensionali, mandando a monte il patto fatto da te, Mukuro e Yomi. Il nostro terrore è quello di un complotto: magari c’è qualcuno dall’altra parte che vuole sfondare il vostro regno”
“Ma scusa e nella possibilità che queste siano creature semplicemente disperse qui, voi li uccidereste lo stesso?”
Chiese Kuwabara, facendo cenno alla cameriera di portargli un altro frappe alla fragola e banana.
“Non li avremmo uccisi comunque. Ma finchè sono qui e non sappiamo chi siano nessuno ci darà la sicurezza di chi ci troviamo davanti. Potrebbero essere assassini o peggio.”
“E noi in tutto questo che c’entriamo?” sfidò Yusuke, diventato quasi suscettibile.
“Ovvio no? Siete gli unici a conoscere questa città meglio di chiunque altro. Gli unici ad avere una forza in grado di catturarli. Se riuscirete nell’intento avrete un lauto compenso”.
Ci furono dei secondi di silenzio dopo quell’affermazione: negli occhi di Kuwabara c’era un noto brillìo, mentre Yusuke già era intento a levarsi giacca e camicia.
“devo quindi dedurne che avete accettato?”
Yusuke sbuffò illuminando poi il volto di un sorriso quasi beffardo: “ In fin dei conti siamo i più forti guerrieri di tutte le dimensioni, cara mia.”
 

 
Dalle parti del Hanayashiki Amusement Park, l’ombra fuggente di Hiei sfrecciava d’albero in albero, sorvegliando e guardando dall’alto ogni famigliola, ogni turista, ogni stupido essere umano.
Nella sua testa ormai, però, regnava il vuoto. Aveva perso la voglia persino di sorvegliarli e/o salvarli.
Quindi lasciava passare l’apatia e la noia come una cosa di tutti i giorni. Tanto stanco da anche veder raramente Kurama e gli altri.
Sentiva dentro di sé la conclusione di un esistenza vuota, ormai finita.
“Uff…” sbuffava, rintanatosi sopra i rami di un albero di pesco in piena fioritura. L’ombra e i petali che volteggiavano, l’aria fresca di una primavera alle porte.
Tutto era così momentaneamente meraviglioso che quasi si sentì trasportato verso una calma interiore.
Forse quella tranquillità non gli dava poi così tanto fastidio, come pensava.
Finché non sentì un qualcosa cascare dall’altro lato dell’albero, tanto da smuovere le fronde facendo cadere decine e decine di petali al suolo.
Non poteva essere un uccello, non avrebbe fatto tutto quel casino. Così si voltò di scatto a vedere dietro l’altra parte del tronco.
Invece di trovarci un gatto o un qualche animale, lì stesa su un ramo stava una ragazza.
Quasi stranito, Hiei rimase al riparo per non farsi notare, osservando ogni suo movimento e ogni dettaglio fisico.
Era buffa: i suoi capelli, di un color rosso vivo, erano corti ed erano sistemati col gel verso l’alto, davanti aveva una frangetta non uniforme di color biondo, e dall’attaccatura dietro dei capelli partiva una lunghissima treccia come altre due, più corte, che portava ai lati del volto.
Il volto non riusciva bene a distinguerlo, ma doveva avere degli occhi color dell’oro, o almeno così gli sembrava. Doveva avere un fisico atletico, scattante, ma non per questo armonioso e con molte forme, dato anche il seno abbondante.
Aveva un quaderno di piccole dimensioni, forse un moleskine, sul quale stava scribacchiando.
No, guardando meglio stava disegnando. Improvvisamente poggiò la matita in un incavo del ramo e si voltò di scatto, incrociando direttamente lo sguardo di Hiei.
Lui, spaventato, non reagì scappando, come al suo solito, si sentiva pietrificato.
“Avevi intenzione di spiarmi ancora per molto?”. La voce della ragazza era ferma, tranquilla.
Hiei non rispose. Anzi non sapeva proprio come rispondere.
“oltre a essere uno spione sei anche muto.”
“NON SONO MUTO!” rispose innervosito Hiei, mostrando un leggero imbarazzo.
“allora ce l’hai la voce quando vuoi. Bene, almeno non dovrò intrattenermi con un mezzo incapace.”
La ragazza si voltò e lo fissò negli occhi porgendogli la mano.
“Piacere di conoscerti, compagno d’albero”
In un primo momento Hiei aveva quasi rifiutato quella mano, ma quella ragazza aveva un sorriso così sincero che gli sembrò brutto non rispondere alla cortesia.
Imbarazzato, guardando da un’altra parte, portò in avanti la mano destra, che la ragazza strinse.
Nello stesso momento in cui le mani entrarono in contatto Hiei percepì qualcosa di molto strano: la mano pareva essere scottante, ma non riusciva a levarla, come incollata.
Sentiva un crescente dolore di bruciatura sia sul palmo che sul dorso e, all’apice della sopportazione, fissò la ragazza:  nei suoi occhi parevano riflettersi un altro paio di occhi simil felino, e il suo intero corpo era pervaso di un energia spirituale potentissima e ardente di color bianco.
Era lucente e allo stesso tempo malevolo e spaventoso.
Quando riuscì staccò la mano da quella della ragazza, perdendo per un attimo l’equilibrio.
“E’ successo qualcosa?” fece lei, sorridendogli, come se non fosse accaduto nulla.
E Hiei capì.
“Tu non sei umana.”
La ragazza sgranò gli occhi e il sorriso sul suo volto si spense in un soffio.
“Che c’è? Ti disturba il fatto che ci sia una della tua stessa razza?”
Velocemente nella testa di Hiei apparve un unico pensiero: catturarla. Una così non poteva andarsene a zonzo per il mondo degli umani, col suo occhio vedeva che non portava il marchio del permesso di soggiorno. Così , senza nemmeno risponderle, si buttò su di lei per catturarla e lei, di rimando, balzò a un ramo più alto, scendendo velocemente sul ciglio della strada, correndo.
“Tsk! Dannazione”
Balzò giù dall’albero e prese a inseguirla.
“Oltre che forte questa qui è pure veloce. Non sarà facile prenderla”
 

 
“Scusate il ritardo. Abbiamo avuto piccoli problemi con la borsa dell’acqua calda.”
Appena entrato nel bar, Kurama si sistemò i capelli: affascinante, bellissimo, alla moda,  intelligente e misterioso. Le donne che lo guardavano svenivano al suo passaggio.
“KURAMAAAAAAAAAAAAAA!”
Kuwabara balzò dalla sedia precipitandosi al suo collo, abbracciandolo con tutta la forza dei suoi muscoli.
“maledetto volpino quanto tempo che non ci vedevamo. Te e quel dannatissimo ufficio”
Arrossito da cotanta leggerezza nell’abbracciarlo, Kurama non riprese fiato, quasi soffocato da tutta quella malinconia.
Poco più in là Yusuke aveva un lungo sorriso su tutta la faccia, il sorriso che si ha quando si è davvero felici mentre Botan pareva avere gli occhi lucidi.
“Che accoglienza ragazzi, sono passati solo pochi mesi.”
“Beh ma anche un corno che ne sono passati pochi. Il telefono non basta, Kurama.”
Rispose Yusuke, avvicinandosi per dargli una pacca sulla spalla.
“ ma a parte i convenevoli, cosa è successo? Che c’è di così urgente?”
Botan, ripresasi dal minuscolo momento di commozione, prese dalla borsetta che portava con se una serie di fogli plastificati.
In essi c’erano dei grafici, bozze di disegni e foto sfocate in ombra.
“QUESTO è il nostro problema.”
I tre si avvicinarono prendendo i fogli in mano, leggendo e scrutando i dettagli delle foto: c’erano solo delle ombre indefinite.
“dovreste cambiare fotografo” fece ironico Yusuke, ributtando i fogli sul tavolino.
In effetti su quelle tre foto c’era solo una luna e un ombra davanti, confusa dai contorni degli alberi, nella seconda in un parco su una banchina erano stati fotografati controluce due persone di spalle e nella terza un occhio tutto mosso.
“Non è facile fotografare dei demoni in movimento in una città affollata come questa. E’ difficile per noi riuscire a identificarli, anche perché i nostri fotografi ecco…”
Botan riprese fiato.
“…sono tutti stati uccisi. E questi sono gli unici reperti che abbiamo per identificarli.”
Ci fu un attimo di silenzio. Capirono tutti che individui del genere erano di una pericolosità inaudita, tanto da eliminare qualsiasi prova della loro esistenza.
“non hanno documenti qui a Tokyo, non sono schedati nel mondo dei demoni. Nulla di nulla. Sembrano essere inesistenti”
Proseguì Botan, mostrando loro gli schedari del Makai e di coloro che l’avevano abbandonato o che erano morti.
“l’unica cosa che sappiamo è che sono degli assassini e ladri professionisti. Non possiamo dirvi di certezza quanto, ma hanno rubato la metà quasi esatta del tesoro interno del Makai e Ningenkai.”
“ E con furti di così grande valore non vi siete minimamente mossi?”
Accusò Kurama, scosso da una leggera inquietudine, facendo sobbalzare Botan dalla sua calma.
“Abbiamo avuto dei problemi più grandi che badare a qualche ladruncolo. Il fatto è che si sono arricchiti ad una velocità impressionante e sono sfuggiti a qualsiasi sicurezza.”
“In poche parole noi dobbiamo trovare degli efferati assassini, ladri professionisti e rapidi come ombre qui a Tokyo? Perfetto. Tutt’a un tratto pensavo di annoiarmi.”
Fece Yusuke, sbruffone come suo solito.
“Se qualcuno disturba la MIA città allora dovrà pagarla”
Kuwabara si levò la giacca sbottonandosi la camicia. Brillava sul petto una S. (sorvolate su questo nelle vostre recensioni… nda – Seph)
“E NESSUNO POTRA IMPEDIRMI DI SALVARLA!!”
“Fammi indovinare” fece Yusuke “ da quanto tempo aspettavi di fare una scena del genere?”
“da sempre” sorrise innocentemente, riabbottonandosi la camicia.
“direi di partire alla ricerca fin da subito. Non sono tranquillo nel pensare che due efferati killer si aggirino da queste parti.”
Disse Kurama, uscendo in fretta dal bar seguito dagli altri.
“Dividerci sarebbe la cosa migliore…ma….”
Kurama guardò dall’altro ciglio della strada: lì vedeva una piccola ombra nera correre a velocità impressionante.
“…quello non è Hiei?!?”. Anche gli altri aguzzarono la vista: sì era proprio lui, correva dietro un’altra persona più in là, in una rapidità che solo loro riuscivano a vedere.
“SEGUIAMOLO!”




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Seph: da quanto volevamo mettere questa storia su internet!! Roba che va avanti dalla terza media! Ehi, non linciateci con le recensioni...
Nike: in effetti ormai la muffa avanza rapidamente sotto le mie acselle sudate...ma lasciando da parte il puzzo ecco qua una NUEVA AVVENTURA!!! Alla faccia...sta venendo completamente diverso dalla prima stesura ve?
Seph: e chi se la ricorda la prima stesura....  non ha l'aria di una cosa molto intelligente manco adesso, ma noi lo amiamo per quello che è, è il nostro bambino! (oddio, Seph, rinsavisci...). Comunque (rinsavita) questa storia mi mancava da morire...
Nike: già...pure a me. Le mie mutande mi hanno ricordato che era ora di dargli una spolverata. beh ma signori signore bimbi belli e bimbi brutti e quelli che fanno i rutti siamo solo all'inizio!! ...ehm....seph? non credi che iniziamo a sembrare un po' pazze? secondo me non recensirà nessuno per la demenzialità delle autrici.
Seph: benvenuta nel mio mondo. Ora non resta che pubblicare ed incorciare le dita. Comunque tanto per la cronaca, siamo pazze come sembriamo, ma questo non si è mai rivelato essere un difetto ^^ Un grazie anticipato a tutti quelli che recensiranno! Un bacio da Sephirah! (ecchissenefrega! ndVoi)
Nike: right right right! Un grazionissimo paciocchissimo e un bafone sul pancione a tutti da Nike ( mamma mia sembro un teletubbies...talmente mielosa da far venire le carie)

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - wanted! ***


Capitlo2 Capitolo 2°
“WANTED!”
 
La folla si riversava sulle strade metropolitane come enormi greggi di pecore. Il chiacchiericcio era un rumore di sottofondo continuo, accompagnato dalle macchine, squilli dei cellulari e suoni di clacson.
Il grande minestrone quotidiano della metropoli, che quasi facilitava l’accesso dei demoni e lasciava difficoltà nel riconoscimento.
Superato la via commerciale e le marmaglie di ragazzine, mentre quelle ridacchiavano mangiando gelato, Hiei si sentiva quasi sperduto. Aveva perso di vista quella ragazza, e in quella confusione gli fu impossibile riconoscerla.
“sta trattenendo l’energia…dannazione”
Riflettè per un secondo Hiei, quando ogni attimo la portava sempre più lontana.
“JAGAN!”
Si aprì sotto la benda il terzo occhio, facendo trasparire una lieve luce bulbare di color verde brillante.
E lì iniziò a vedere tutto in un tempo diverso: come rallentati, ognuno nel proprio spazio preciso e conciso dalle coincidenze e tutti contornati dalle proprie energie spirituali fragili e deboli, come solo gli umani avevano.
Fra tutti i colori grigiastri, là dove tutto svaniva nel buio risplendeva la figura di un ombra nera dai luminosi occhi dorati, che correva guardandosi alle spalle.
“Trovata.” Fece tra sé e sé, riprendendo a correre, stavolta con una meta precisa con l’immagine di ciò che doveva prendere.
Corse senza mai trovare il tempo di respirare, corse senza un minimo di stanchezza. Balzò sugli edifici, mantenendo il passo vedendola correre lì, a pari distanza, più in basso sulla strada.
Girò verso il cantiere del nuovo quartiere ad ovest, dove tutto era in costruzione: un posto perfetto dove catturarla senza farsi notare.
Infatti lei voltò alla destra, ritrovandosi in una zona chiusa dai muri di cemento tutto lasciato in mano agli operai, che in quel momento non lavoravano.
“Sei veloce. E, credimi, fartelo dire da uno come è quasi un complimento”
Disse Hiei, sceso a terra chiudendo l’unica uscita dalla quale sarebbe potuta scappare. La ragazza si guardava attorno, cercando un’uscita ma i muri erano alti e iniziava a percepire un certo panico che dimezzava le sue forze.
“Complimento, tsk. credi che sia così facile prendermi? Tu non hai la benché minima idea di chi ti trovi davanti.”
Sbeffeggiò la ragazza, nascondendo la palese paura che la imperversava. Raccolse la calma attorno a sé e dischiuse gli occhi. Il respiro divenne forte, soffiava fra le strade, e tutto tornò immobile.
Ora erano solo lei e il demone dai capelli all’insù.
 
STIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII
Fu come un violento suono a fischio, che frenò la folle corsa di Kurama, Yusuke e Kuwabara. Era un suono assordante, trapanava il cervello e rendeva le gambe molli.
“Qualcuno ha appena creato un campo dimensionale qui nella città.” Balbettò in difficoltà Kurama, incitando con un movimento della testa ad andare avanti e non fermarsi.
Ma più loro camminavano, più il suono diventava fastidioso, e il resto delle persone in città li guardavano stupefatti: loro, in fin dei conti, non sentivano niente.
Avanzavano dando forza alle gambe ma più cercavano di muoversi, più le energie spirituali e demoniache andavano a perdersi, come risucchiate. Non potevano neanche a provare a pensare di utilizzare le proprie energie che,essendo potenti, avrebbero infastidito la quiete e la salute delle persone attorno a loro.
“Sbrighiamoci, non sopporterò ancora per molto di non poter usare la mia energia demoniaca”
Fece Kurama, cercando di prendere velocità, trascinandosi dietro Botan che non riusciva quasi più a smuovere un passo.
Arrossì nel sentire la sua mano prendere la propria, e quasi sperò che non la lasciasse più.
 
Hiei si sentiva pietrificato, spaventato e anche felice. Una minuscola particella di felicità nel vedere che tutta quella noia aveva appena ricevuto una scossa più grande di quanto potesse mai immaginare.
Lì davanti ai suoi occhi, si ergeva la figura di una ragazza dalla forza inaspettata e potente e risvegliò in lui forze ormai quasi del tutto dimenticate.
Quel senso di sfida che non ricordava da tempo, di fronte a una sfidante probabilmente sua pari.
“Non mi lasci altra scelta che usare le maniere forti, donna.”
Fece Hiei, buttando via la veste nera, restando in canottiera e pantaloni. Sguainò la spada dal suo fodero e si mise in posizione, attendendo una prima mossa.
La ragazza, per risposta, allungò il braccio in avanti, con un movimento morbido, come se stesse accarezzando qualcosa.
E quel qualcosa apparve un secondo dopo nella sua mano destra: un lungo arco, dalla manifattura eccellente, dalle punte contornate da lunghi nastri rossi e bianchi, che svolazzavano al vento.
Lì, alla fine, splendevano alla luce due lame ricurve con incise parole che Hiei riuscì a leggere.
 
Hillua. Forgiato da Merkel. Bandito da Mokuro. Arma sterminatrice di demoni.
 
“Sei una sterminatrice di demoni?”
Gridò Hiei, muovendosi di tre passi verso destra.
“non sono così stupida da uccidere i miei simili, se questi non m’intralciano la strada. Quest’arma che vedi ha semplicemente vissuto e visto le più cruente battaglie ed era stata sigillata. Sei fortunato di poterla vedere nel suo utilizzo”
Come per tenderlo, ella puntò Hiei, e con la mano destra tirò la freccia che, però, Hiei non vedeva.
Scoccò il colpo e Hiei pensò ad uno scherzo. Non aveva lanciato alcunché. Finchè all’improvviso, senza che se ne accorgesse, si ritrovò una freccia conficcata nella milza.
Una freccia di color petrolio completamente circondata da potenti fiamme bianche.
“c…che cos?”
Neanche il tempo di riprendersi che già ne era partita un’altra e ad una velocità tale che era impossibile vederle ma Hiei, questa volta, non si fece trovare impreparato. Scattò a destra e a sinistra per farle perdere la mira, ma era tenace e ogni freccia riusciva sempre ad arrivargli vicino fin troppo vicino.
Quando però la vicinanza di Hiei iniziava a essere pericolosa abbassò il  braccio destro, impugnando con entrambi le mani il centro dell’arco.
“ora” pensò dentro di sé Hiei, attaccandola con un fendente. Ma la lama non toccò nemmeno il petto della donna che la stessa l’aveva afferrata con la mano.
Dal palmo non usciva nemmeno una goccia del suo sangue, anzi scivolavano in terra veloci gocce di metallo fuso.
Stava, con il solo tocco, sciogliendo la sua spada, come fosse burro. Hiei ebbe un secondo per riflettere cosa fare: fissava quegli occhi e più li guardava più notava la duplicità dell’iride, come se qualcos’altro fosse là dentro. E lo osservava, beffardamente.
Quasi ammaliato, in quei pochi secondi, lanciò un pugno nel pieno stomaco della ragazza, che abbandonò la presa della lama.
“colpi bassi persino nei confronti di una donna. Vedo che non ti fai troppi problemi”
Sorrise la ragazza, massaggiandosi lo stomaco.
“che siano donne, bambini o anziani a me non interessa. Chi mi sifda rimane pur sempre un mio avversario”
“noto con piacere che la pensiamo entrambi allo stesso modo. Mi sarebbe piaciuto conoscerti meglio, Hiei Jaganshi.”
Non fu sbigottito nel sentire il proprio nome. Da quando lavorava per Mokuro era conosciuto ovunque e, se prima la sua fama era quello di ladro, ora era ad uno stadio più alto, più rispettato e, allo stesso tempo, temuto.
Dentro di sé sorrise nel pensare che ormai chiunque lo conosceva.
Lanciò lontano la spada ed evocò le fiamme oscure che circondarono il suo corpo. Non si fece problemi a volerla eliminare, partendo all’attacco.
Lei rimase immobile, con i suoi occhi penetranti e l’arco basso. Non rispose, non si posizionò. Il suo volto sembrava velato di un accenno di tristezza, ma Hiei non gli badò e le si scaraventò addosso.
Ma arrivato lì davanti sbattè contro qualcosa di duro, come se un muro di cemento dividesse lui e la donna, facendolo sbalzare a metri di distanza, gridando come un pazzo.
“HIEI!!! SIAMO QUA! HIEI!!”
Gridava a gran voce Kurama, mentre Kuwabara si avvicinò alla bolla che aveva creato attorno alla ragazza che, da dentro, sbraitava, spingeva e attaccava come una forsennata.
“Mi dispiace, gattina, da lì non si esce. Solo io kazuma kuwabara scelgo quando e dove voglio lasciarti uscire”
Dall’interno la smorfia della ragazza divenne furiosa e lanciava pugni e calci all’impazzata.
“prima o poi ti stancherai” fece Yusuke battendo col dito sulla superficie “ e quando accadrà non ci farai altro che un favore, carina:”
Mentre i due tenevano sotto controllo il Kekkai creato da Kuwabara, sopra uno dei muri in costruzione riappare Hiei col naso gocciolante di sangue.
“Ah, Hiei! Allora ci sei ancora!”
Esultò Kurama quando Hiei scese lì al suo fianco.
“Non avevo chiesto io il vostro aiuto. Me la sarei cavata da solo e poi, indoviniamo un po’ di chi è stata la stupenda idea del kekkai? Del pel di carota immagino”
“Senti tappetto se non fosse per me a quest’ora questa criminale ti avrebbe conciato per le feste. Ringraziami una buona volta invece di darmi contro,TAPPETTO.”
“Manco scannato”
“a parte ciò” continuò Yusuke “è un piacere rivederti Hiei. Come al solito i nostri incontri sono casuali. Non ti andava più di lavorare nel makai?”
Hiei, asciugatosi il naso goccioloso, lo fissò negli occhi: “ Quel che scelgo di fare non è affar tuo, Yusuke.”
“carino e simpatico come sempre” ridacchiò Yusuke, notando con piacere che l’amico, anche dopo tutto quel tempo, era rimasto lo stesso.
Botan intanto, stando vicina alla ragazza, appuntò sul suo block notes le varie informazioni sul suo fisico, notando che la sagoma nera di una delle fotografie sembrava combaciarle alla perfezione.
“Levatemi una curiosità” fece Kuwabara, aguzzando lo sguardo prima su Hiei e poi sulla ragazza
“per caso voi due andate dallo stesso giardiniere, coi capelli a cespuglio che vi ritrovate?”
“GUARDATI QUELLA SPECIE DI CAROTA CHE C’HAI SULLA TESTA, INVECE”
Gridarono all’unisono i demoni tirati in ballo, percependo un palpabile imbarazzo prima che il silenzio li inondasse.
La demone non pronunciò una parola e sentì le gambe farsi sempre più deboli, tanto che crollò su se stessa, lasciando ciondolare la testa sulle spalle.
Percepiva le forze evaporare e volare via nel cielo e, quando chiuse gli occhi, tutto per lei divenne oscuro.
 

 
Senza la minima consapevolezza di quante ore erano passate, riaprì lentamente le palpebre.
Quel poco che riusciva a distinguere era la sagoma di un ragazzo, poggiato con la schiena al muro, che dormiva, abbracciato a una spada.
Riprendendosi a ogni respiro riconobbe davanti a sé il demone Hiei jaganshi.
Alzò lo sguardo, spaesata, e capì di trovarsi in una camera da letto dalle pareti di un color verde muschio: c’era una scrivania con un computer acceso, una minuscola libreria riempita disordinatamente di giornaletti e manga e, ifnine, accessori e macchine per l’esercizio fisico sistemati qua è là sopra delle apposite mensole o appoggiati agli angoli della camera.
Non era poi di così grandi dimensioni eppure ci entrava tutto alla perfezione.
Provò ad alzarsi, anche se stanca, ma si accorse di essere stata completamente incatenata ed ogni catena aveva attaccati sopra talismani, amuleti e pergamene mistiche pervase da mostruose forze distruttrici. Un movimento sbagliato e si sarebbero attivati tutti, eliminandola.
Non potendo far ricorso alla propria energia si abbandonò alla sconfitta, sbuffando.
“brutto sentirsi in trappola dopo anni di libertà, vero?” fece Hiei, mantenendo la stessa posizione statuaria.
“Dovresti saperlo meglio di chiunque altro. Il tuo finto sarcasmo puoi anche tenertelo” Rispose lei.
“Se non accetti nemmeno una parola da chi è più esperto di te allora sei più scema di quanto credessi. Ti ho sopravvalutato.”
“O forse” contraddì la demone “ non hai minimamente pensato che nella posizione in cui mi trovo, accettare parole simili, soprattutto da uno come te, possano ispirarmi solo che odio?”
“Alle volte, allora, escono delle cose intelligenti da quella bocca.”
“La libertà ti da il dono di conoscere il mondo e un’intelligenza non catalogabile”
Attimo di silenzio.
“…come mai mi hai seguito? Cosa volete da me”
“Non riesci a trovare da sola la risposta giusta?”
“So com’è la mia fedina penale ma qui, in questo mondo, non ho fatto del male a nessuno. Non è di mio interesse”
“Ti rigiro la domanda allora” Hiei spalancò gli occhi e la guardò fisso: “ che ci fa una demone del tuo livello in una dimensione tanto noiosa?”
La demone non aveva l’aspetto crudele e vendicativo di chi ha tanto potere e ne usufruisce senza mezze misure anzi il suo volto era velato da una profonda tristezza.
“Mai venuta voglia di sentirti tranquilla? A proprio agio? Sembra che nessuno riesca a capire come sia l’unico modo, quello, di sopravvivere nel Makai. Nessuno sembra riuscire a capirti e ti prendono per una sterminatrice. Non ho mai fatto nulla per puro divertimento. Il mio è sempre stato spirito di sopravvivenza” Sembrava stesse piangendo nel provare a spiegare la propria innocenza, Hiei lo comprese, ma non potev smuoversi dal suo incarico.
Pensava che più le avrebbe dato ascolto più si sarebbe lasciato andare, donandole la libertà. Così richiuse gli occhi, estraniò la presenza della ragazza, attendendo il ritorno dei compagni.
“spirito di sopravvivenza o meno sta tranquilla che tra poco non sarai sola. La tua amica ti farà compagnia”
“Che cosa?!?”
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3- wanted 2 ***


­Capitolo 3
“Wanted parte seconda”
 
“Dovrebbe essere questo”.
Yusuke abbassò la cartina, guardando a destra e a sinistra le vie poco illuminate che circondavano la piazzetta, che sembrava essere stata costruita all’insegna della decadenza: i condomini che circondavano lo spiazzo erano fatiscenti, i muri scrostati, i tetti con parecchie tegole di meno. Non c’erano piante sui balconi e pochi panni stesi su fili ciondolanti. Le finestre avevano i vetri rotti e le persiane sfondate, un lampione stradale illuminava ad intermittenza con un ronzio, un altro era definitivamente spento. Spazzatura a terra, panchine rotte, la fontana al centro non funzionava. E sul fondo della pietra usurata dal tempo c’erano solamente i corpicini stecchiti di quelli che un tempo dovevano esser pesciolini.
“Wow, questo posto è davvero squallido. I palazzi sembrano curvi sotto il peso della miseria. Sento le piante piangere” disse Kurama, con una nota di amarezza che rendeva quel luogo ancora più triste.
“Perché tutta un tratto Kurama mi sembra Legolas? L’elfo biondo…quello lì”
“Eeeh Kuwabara” sospirò Yusuke “ quando capirai che dire belle frasi fini a se stesse ha il suo fascino principesco e romanzesco?”
Senza perdere altro tempo contemplando quel luogo, Kurama li condusse alla casa in questione: NUMERO 314  PIANO 2 interno C.
Era, forse, il condominio meno squallido all’esterno, ma mai giudicare un libro dalla copertina, né un palazzo dall’intonaco.
Mentre varcavano la porta del condominio prendendo la scala dell’interno C, non dissero nulla. C’era solo il respiro nervoso di Botan che percepiva nell’aria quel senso di squallore ed abbandono che fa quasi paura.
“Tutto bene?” le domandò Kurama, preoccupato per il suo respiro irregolare.
“Sto bene, sto benissimo. E’ solo che questo posto mette angoscia.”
“Capisco, ma ricorda che non tutto può essere luminoso. Se non ci fosse degradazione non potremmo apprezzare la bellezza”.
Ogni parola era come una pacca sulla spalla, ogni frase un abbraccio. E Botan non poté fare a meno di notare quello sfarfallio nello stomaco.
Sotterrando le belle frasi del volpino, Kuwabara arrivò per primo alla porta dell’abitazione. Bussò tre volte, senza ricevere risposta.
“Starà cenando…” bisbigliò Botan all’orecchio di Yusuke.
“Che sia impegnata o meno se non risponde io entro sfondando la porta” rispose il ragazzo sistemandosi i capelli.
“Se procederemo con la forza attireremo le attenzioni dei vicini. Lasciate fare a me”
Kurama bussò altre tre volte prendendo fiato.
“Ci scusi per il disturbo, siamo la compagnia del gas…”
LA COMPAGNIA DEL GAS?!” fece Kuwabara, sbigottito, prima che Botan gli tappasse la bocca e Yusuke gli diede una gomitata nello stomaco.
“…abbiamo avuto una segnalazione di perdita. Possiamo controllare la sua cucina?”
Improvvisamente la porta si aprì di qualche centimetro appena, ma ancora sigillata dalla catenella interna che la teneva socchiusa.
Lì, nel poco spazio aperto, si intravedeva il volto di una ragazza.
“Scusate il ritardo, non avevo sentito. Desidera?”
“Buonasera signorina, abbiamo ricevuto un…”
E in quel momento in cui intrecciò il proprio sguardo con quello della ragazza, tornò il vento gelido.
La sensazione di brivido su tutto il corpo che rende il sangue di ferro e le ossa di vetro. Fissò quegli occhi, riconoscendo il segno sulla guancia.
Anche la ragazza parve profondamente turbata nel vedere lo sguardo di Kurama.
“Mi dispiace, avrà sbagliato condominio”
 “no, no aspetti un attimo!!”
Ma la ragazza richiuse impietosa la porta con un colpo sordo.
“Come mai ha reagito così?” domandò Botan, offesa.
“Io questa ragazza l’ho già vista”
“Motivo in più per entrare, non credi?” Yusuke si scrocchiò le mani.
“NO! Così la faremo…”
Yusuke mollò un pungo alla porta, quasi disintegrandola, varcandola col braccio ancora teso.
Diede una rapida occhiata alla casa vuota, notando la finestra principale sulla sinistra completamente spalancata.
“…scappare.”
“Gran bella idea, Yu. Ora dovremo anche inseguirla, e non ti dico quanto mi vada” fece Kuwabara, osservando la casa.
L’appartamento era minuscolo, una monocamera con bagno e piano cottura, e non c’era quasi per niente mobilia: solo un materasso spazioso e incavato, con le lenzuola candide, una cassettiera piena di vestiti straripanti, riposti in disordine, una televisione, una pila di libri in un angolo disposta meticolosamente di fianco ad una di cd e dvd ben ordinati e una console Playstation. Il piano cottura era tenuto ben pulito, il frigorifero era tappezzato di post-it scarabocchiati. Kurama si avvicinò appena. Sembravano disegni. Disegni dai tratti di penna pesanti e calcati. Sembravano sagome umane, ma erano deformi.
 La finestra dava su un piccolo terrazzo con una ringhiera di ferro malridotta, con un paio di vasi di piante vivaci, l’unica nota di colore nell’appartamento.
“Mi sarei aspettato tutt’altra bicocca” fece Kuwabara. “Con quello che hanno rubato potevano prendere di meglio”
“Probabilmente pensavano che sistemate in un quartiere così poco frequentato nessuno le avrebbe mai notate. Comunque è strano che non abbiano approfittato dei loro tesori per comprare almeno mobili migliori.” Osservò Kurama, guardando fuori dalla finestra spalancata.
“Direi che sarebbe molto più interessante notare questo” disse Yusuke alzando una borsa da campeggio, situata accanto alla porta della camera da letto “ce ne stanno altre due, di borse. Si direbbe che se ne stessero andando via.”
“Lei di sicuro ci è riuscita. E’ andata, partita se n’è ITA! Non si riesce nemmeno a percepire la sua energia…” rispose Kuwabara accostatosi alla finestra.
“Io la sento” Kurama si voltò guardando i compagni “Riesco a percepire esattamente la sua presenza. Non chiedetemi come. Sento solo come se un filo ghiacciato legato attorno al mio corpo mi stesse trasportando verso un punto ben preciso.”
Ci fu del silenzio fra i ragazzi, non sapendo che tipo di contatto avessero avuto i due prima di allora, ma preferirono non domandare. Avendo la completa fiducia nei confronti di Kurama, gli fecero cenno di andare e loro l’avrebbero seguito.

 
Dopo nemmeno dieci minuti di corsa erano arrivati in un garage abbandonato, non troppo lontano dalla casa della stessa ragazza.
Nascosti dietro una macchina bruciata, un volskwagen, osservavano attentamente i movimenti della ragazza.
Si guardava intorno agitata, correndo silenziosamente fra le macchine e i motorini parcheggiati, come se stesse cercando qualcosa d’importante.
“Che sta facendo?” bisbigliò Yusuke a Kuwabara, che sbirciava dalla macchina cercando di non farsi vedere.
“Sembra stia cercando qualcosa.”
Anche Kurama si affacciò, cercando di mantenere il respiro regolare e calmo: quella sensazione di gelo non lo lasciava andare. Iniziava a sentire il suo corpo freddo e gli formicolavano le dita.
“Aspettate!” esclamò sussurrando Kuwabara. “Si è fermata.”
A quella frase tutti guardarono oltre la macchina: la videro lì, chinata a terra, con le braccia tese e le mani che tracciavano contorti simboli sul pavimento. Rimaneva con gli occhi chiusi e sembrava balbettasse qualcosa. Più rimanevano a guardarla, più sembrava che attorno a loro il garage stesse mutando forma: le macchine parevano sciogliersi, i muri come se si ripiegassero su se stessi e tutto circondato da un alone oscuro e indefinito.
“Sta creando un varco!! FERMIAMOLA!!!” Urlò Yusuke, quando persino il pavimento sembrava sciogliersi sotto i suoi piedi per portarlo giù nelle profondità della terra.
Il primo a scattare in avanti fu Kurama, seguito poi da Kuwabara e Yusuke mentre Botan aveva preso il suo remo e fluttuava sopra le loro teste.
Accortasi del rumore, la ragazza si voltò di scatto, ma non ebbe il tempo di reagire, e si ritrovò addosso i due ragazzi.
“KEKKAI!” Gridò Kuwabara, creando una rete di fili spirituali, che si intrecciarono attorno al corpo della ragazza, costringendola in un’angusta bolla trasparente.
Lei sgranò gli occhi, il respiro le si fece corto. Colpì con violenza il confine del suo Kekkai, e presa dal panico cominciò ad urlare.
“Noo! Noo!” gridò finché non sentì raschiare la gola “Vi prego, lasciatemi andare! Vi scongiuro!” Piangeva e urlava, con quegli occhi improvvisamente divenuti bui mentre il segno sul viso pulsava come un cuore agitato. I ragazzi rimasero impietriti ad osservarla, scambiandosi sguardi interrogativi.
“Tu!” gridò disperata la ragazza, rivolgendosi a Kurama “ Ti prego, ti scongiuro lasciami libera! Non ho fatto del male a nessuno, mai! Vi prego…devo andare…ho promesso di tornare…vi scongiuro, lasciatemi!”
Kurama sentì una morsa stringergli il cuore: piangeva disperata, senza ritegno, chiedeva aiuto, come una bestia in trappola.
Ma continuava a guardarlo, imprecando, disperandosi. Lo guardava, con quegli occhi scuri.
“Devo andare…l’ho promesso…ve ne prego…”
Mormorava solo quelle parole, le scivolavano sulle labbra ormai come una nenia, mentre il suo sguardo si perdeva nel vuoto, scostandosi da quello di Kurama, mentre si rendeva conto che non l’avrebbero lasciata andare.
Per un attimo tutti si chiesero se una ragazza del genere potesse essere capace di assassini feroci e di furti. Ma era lei, per forza, ne erano sicuri. Eppure quel silenzio. Perché quel silenzio? Quell’inquietudine?
“Portiamola dall’altra.” Mormorò a voce bassa Yusuke, cercando di non guardare gli occhi di quella ragazza: riflettevano un senso di angoscia e dolore, chiedevano pietà senza vergogna e misura.
Senza aggiungere altro aprirono il varco per il mondo degli spiriti, lacerando lo spazio e il tempo in un piccolo circolo d’aria, e sparirono nella luce azzurra del portale, non lasciando alcuna traccia della loro presenza in quel garage.
 
 
 
 
__________________________


NIKE: Parto col dire che questo capitolo è venuto DIVINAMENTE! alla faccia di chi dice il contrario ( cioè nessuno MUAHAHAHA) a parte questo chissà cosa nascondono queste famose ladre...
 
SEPH: e chi ci dice che scriviamo male verrà obliterato (’nevvero) uao sapete? Quello che dice la ragazza verso la fine, che deve tornare… l’ho scritto io, ma mica mi ricordo che volevo dire!! (mi verrà in mente….)
 
NIKE: ah beh io ricordo TUTTO. la mia mente superiore rimembra le origini dell'universo stesso. le fondamenta della ragione...Aspè però...tu chi sei
 
SEPH: la solita fomentata… bu bu! Vabbé insomma commentate numerosi! (più numerosi!) ciaooooo
 
NIKE: ecco appunto...i miei neuroni rallentano causa febbra,..a parte ciò non temete signori e signore molto presto saprete cosa accadrà...mi raccomando COMMENTATE E RECENSITE
        

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Capitolo 4
*** capitolo 4- justice? ***


Capitolo 4 Capitolo 4
Justice?”
 
“C…come avete fatto a saper…”
“Un mio amico conosce bene le piante” interruppe Hiei, guardando fuori dalla finestra “ha creato un infuso di semi demoniaci che ti abbiamo fatto bere mentre dormivi. Ci hai detto tutto quello che volevamo sapere.
La ragazza parve improvvisamente più turbata di prima: aveva parlato? E in quel caso cosa gli aveva detto?
Terrorizzata dall’aver detto cose fin troppo personali, cercò di cambiare discorso, ma in effetti in una situazione come quella fare salotto le sembrava troppo da sceme, così rimase in silenzio a pensare.
Cosa avevano fatto alla sua compagna? Come poteva scappare? Le domande si affollavano nella sua testa scontrandosi l’un l’altra, in un turbinio di agitazione che era meglio controllare.
“prendi fiato” diceva a se stessa “ conta fino a dieci. Respira profondamente”
“Tranquilla, non dovrai aspettare molto. Al primo segno dei miei servitori dovrò portarti nel mondo degli spiriti” Disse Hiei, alzandosi da terra, accostandosi alla ragazza.
“Ammetto che quasi mi dispiace doverti lasciare alle autorità di quei poveri imbecilli.”
“Se è un modo carino di trattare con me stai proprio sbagliando, caro.” Rispose acidamente, sogghignando.
“Carino? È un aggettivo che non esiste nel mio vocabolario. Se avessi voluto ti avrei già ucciso in quel vicolo. Fece poi Hiei, con un volto quasi malevolo. La ragazza però sapeva il fatto suo e lo sfidò, guardandolo.
“E perché non l’hai fatto se ne hai avuto l’occasione?”
 
STIING!
 
Prima che potesse rispondere nella testa di Hiei echeggiò una rapida sensazione simile al pizzicorìo. Era il segnale.
“Dobbiamo andare”
“Eh? Cosa?”
Senza nemmeno il tempo di pensare, Hiei sguainò la spada e tagliò un punto vuoto della camera.
Lì dove prima c’era il vuoto, si era come creata una spaccatura, una lunga cicatrice aperta verticalmente dalla quale usciva una luce accecante.
Tanta fu la sorpresa che la ragazza fece un gridolino sommesso, prima che quella stessa luce catturasse il suo sguardo e il suo corpo, portandola al di là della dimensione terrena.
 

 
Il viaggio durò pochi secondi nei quali le uniche cose percepibili erano un lontano scroscio dell’acqua e la sensazione di essere completamente snodabile.
In un istante la luce si trasformò in colori, il vuoto in forma e il tempo tornò a camminare di paro passo con lo spazio.
L’enorme struttura del mondo degli spiriti si ergeva in tutta la sua imponenza, lì oltre le nuvole dove non esisteva ne il giorno ne la notte, ne il susseguirsi delle stagioni. Ove tutto era silenzio e un turbinio di echi e voci melodiose.
Il limbo non era poi così male, pensò la ragazza alla vista di quello splendore, mentre veniva portata da Hiei all’interno dello stesso edificio.
Dagli enormi portoni uscì una voce robotica: “ Hiei jaganshi, caso numero 89904. Permesso d’entrata accettato.”
Dall’interno si sentì un forte frastuono e velocemente i portoni si aprirono, cigolando. Entrando nel palazzo degli spiriti la prima cosa che riuscivi a notare erano il grande affollamento di demoni catalogatori che sfrecciavano da una parte all’altra con pile di fogli, in secondo piano poi sulla destra una sorta di sala d’attesa completa di divani, dalle dimensioni gigantesche.
L’interno sembrava fatto di piastrelle riflettenti il cielo e le nuvole in movimento, tanto da farti sembrare di camminare nel nulla. I colonnati avevano ricamate i simboli dell’aldilà, e appesi un po’ ovunque enormi luminari di fuochi fatui scoppiettanti.
Hiei, conoscendo il posto, non fece caso al solito fracasso di quei segretari stressati e perennemente ipereccitati e si mosse tranquillamente verso un muro apparentemente vuoto.
Poggiò la mano su una delle mattonelle con le nuvole e si accese una luce azzurra. Il muro si aprì in due con un suono simile a un campanello ed entrò, portando dentro anche la ragazza.
Lì dentro i muri erano fatti di cristallo ma appena l’ascensore si mosse, tutto divenne buio.
“Non avevo mai creduto che il mondo degli spiriti fosse così.”
Disse pacata la ragazza, meravigliata da quel luogo nuovo, facendole dimenticare il triste destino al quale andava incontro.
“Io lo trovo solo un ammasso di fogli e formichine fastidiose, non è poi così bello.”
 
TITON!
 
Lo stesso campanello di prima e il muro si aprì nuovamente. Ora si apriva una stanza con colonnati ai lati e al centro un lungo tappeto rosso ricamato in fili intrecciati d’oro e d’argento che continuavano a intrecciarsi fra di loro, come fossero vivi.
Il soffitto aveva una enorme vetrata circolare con simboli sacri e la parola “giustizia” scritta in tutte le lingue esistenti. Ma tutto in quella stanza pareva vivo: le crepe marmoree dei muri, la vetrata sul soffitto, il pavimento. Tutto era talmente intriso di energia spirituale che l’ambiente stesso respirava e si evolveva.
Vita. Pura e nuova vita.
In fondo alla stanza, però, stava una lunga scrivania d’ebano con un enorme poltrona dello stesso tessuto del tappeto, con ornamenti d’orati intorno allo schienale e alle gambe della stessa.
Anche se in lontananza, la ragazza distinse cinque sagome di cui una fin troppo familiare.
“Dannazione” pensò.
 

 
Alla vista di Hiei, Yusuke e compagni si sentirono sollevati. Il loro compito era terminato e le due ladre erano state catturate.
“Però in effetti” pensò Kurama guardando i compagni parlare fra di loro “è stato tutto troppo improvviso e semplice. Qualcosa non mi convince.”
Appena Kuwabara creò un unico kekkai nel quale rinchiudere entrambe le ragazze, tutte e due si guardarono distrutte e abbattute.
Non si dissero niente, non si toccarono: rimasero ansimanti a guardarsi, come se si stessero scusando a vicenda.
“Il piccolo Enma non è ancora arrivato?” chiese Hiei, con una gran voglia di andarsene il prima possibile.
“Ci hanno detto che sarebbe arrivato a minuti” Rispose Yusuke guardandosi attorno.
“Io sono sempre stato qui”
La voce proveniva dall’enorme poltrona girata.
“…ma solo non esattamente come preferivate che fossi.”
La poltrona si girò di botto: lì seduto c’era sì Koenma, i vestiti e i capelli erano quelli. Ma il corpo era stato completamente prosciugato dal sangue e le ossa parevano sparite.
C’era la pelle moscia bianca cadaverica e tutti gli organi cadenti sparsi  non più composti. E su quel volto ormai senza teschio c’era un lungo sorriso gommoso da far accapponare la pelle.
Botan gridò con tutto il fiato che aveva in gola.
“Bentornati a casa ragazzi”
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


cap5 yuyu ci sono problemi con l'html, non riesco a toglierli O.o me li rimette comunque... uffa (perdono)
Capitolo 5°
“L’invito della morte”
 
“Che c’è? Non avete mai visto un morto?”
Non c’erano dubbi quella fosse la voce di Koenma, ma la bocca di quel pasticcio di pelle e organi non sembrava essersi mossa.
“Chi sei?” domandò Kuwabara, schifato all’idea che quello potesse essere Koenma.
“Pff..AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH” l’ammasso di carne ebbe degli spasmi, facendo dei rumori orrendi e flaccidi. Botan svenne cadendo a terra.
“BOTAN!” Esclamò Yusuke cercando di farla riprendere, sollevandola dal pavimento.
“Poveriiiinaaaa. AHAHAHAHAHAH!”
“Ti ripeto la stessa domanda” fece poi Kurama, tirando fuori la sua rosa dai capelli “ cosa diamine sei tu? Tu non sei AFFATTO koenma.”
“uuuh, la piccola volpe argentata si sta innervosendo, che pauuura.”
Kurama trasformò la rosa nella sua frusta, senza dire una parola: al primo cenno, alla prima mossa falsa sarebbe scattato e l’avrebbe fatto fuori. Come lui anche Hiei e Kuabara si misero in posizione d’attacco.
“Non sappiamo chi sei” fece poi Yusuke, riadagiando Botan “ma se non rispondi quella lingua te la ritroverai dove so io.”
“Ah beh, visto che siete così impazienti di avere delle risposte…SEGUITEMI!”
L’ammasso di pelle si sciolse a terra in un liquido melmoso di color rosa pallido, iniziando a spargersi per tutta la stanza. Pochi secondi dopo le mura, il soffitto, e il pavimento ne furono ricoperti.
“Cosa diamine sta succedendo?” fece la ragazza dai capelli rossi.
Apparve un punto bianco al centro della vetrata sul soffitto, che guizzando in basso a destra, cominciò a disegnare un pentacolo, mentre altri punti rossi disegnavano lettere arcaiche accanto ad ogni punta. Si sentì il rumore di qualcosa che si squarciava e  al centro della stella apparve un occhio dalla forma stilizzata, completamente viola. 
Yusuke sentì qualcosa di simile ad un soffio freddo sfiorargli il collo, e poi avvertì il pavimento sparire sotto di lui. La melma prese vita e li avvolse tutti nell’oscurità. Il ragazzo chiuse gli occhi mentre si sentiva vorticare sempre più velocemente e la nausea lo assaliva. Sentiva, però, accanto a sé, gli altri sei.
Il vorticare terminò lentamente, ma la sensazione di vuoto sotto i piedi non cessò.  Yusuke si impose di aprire gli occhi, ma quel che ne ebbe non fu molto diverso da prima: la più totale oscurità.  Si guardò intorno, ma non vedeva Kuwabara ne nessun altro, tuttavia sentiva il respiro affannoso di ognuno di loro al suo fianco.
Davanti a loro apparve una strana persona con un cappuccio sulla testa, vestito completamente di nero. Quando cominciò a parlare la sua voce roca come sembrava provenire da ogni angolo della sala.
“Benvenuti, messeri. Vediamo se ci siete tutti: Yusuke Urameshi, Hiei Jaganshi, Kazuma Kuwabara, Youko Kurama, la traghettatrice Botan e…”
Prese fiato creando un suono acuto e graffiante.
“…Hikaru Torue e Alex Acheron”
“COME FAI A SAPERE I NOSTRI NOMI?” in quel buio echeggiò la voce della ragazza dai capelli rossi. Sebbene Yusuke né nessun altro vedesse gli altri, le voci erano riconoscibili.
“Come? Io so tutto di voi. Secolo dopo secolo ho acquisito la conoscenza e le storie di molte persone esistite in tempi remoti, e le storie di quelli che vivono in questo frammento di tempo che voi chiamate presente. E anche le vostre, naturalmente. Cosa credevate, di riuscire a nascondervi per sempre, come scarafaggi? Guardate in quale faccenda vi siete cacciate!”
“Brutto lurido figlio di putt…” digrignò la ragazza dai capelli rossi.
“Dove ci troviamo?” domandò poi Kurama, mantenendo la calma in quel buio pesto che opprimeva.
“Domande, domande, domande. Non sai fare altro, Kurama. Domande per avere o dare spiegazioni. Si vede che la tua acutezza e la tua lucidità qui non servono a molto: siete in una falla dello spazio. Un punto vuoto, una singolarità, chiamatelo come più vi aggrada. Qui io posso parlarvi e voi non potrete fare altro che ascoltare finché IO non deciderò di rilasciarvi. Chiare le regole del gioco?”
Prese nuovamente fiato.
“Non ho fatto tutto questo solo per una semplice chiacchierata, volevo rendervi nota una novella più che importante: l’isola della roccia pendente è stata ristrutturata. Siete stati invitati a partecipare al nuovo torneo delle tenebre.”
Silenzio.
“ANCORA?!?!?” esclamò Kuwabara.
“Non ho intenzione di partecipare di nuovo. E’ solo un modo come un altro per ammazzare la gente” rispose Kurama con freddezza.
“SACCENTE! Fai silenzio, mi infastidisci! Credi di sapere tutto, invece sbagli, anche su questo sbagli, Kurama. Vedete, avete tutti un conto in sospeso con me, da anni, ormai. Io sono Rainov.”
A quel nome sia Kurama e Hiei che alle due ragazze si bloccò il respiro e il cuore iniziò a battere all’impazzata
“Rainov… Rainov… Rai… e chiccazzo è Rainov?!”
“Rainov è l’entità demoniaca superiore che domina tutti i piani e le dimensioni, Kuwabara” rispose Kurama “è la massima figura di potenza oscura mai esistita. Non se ne parlava più da tempo ormai, tutti pensavamo fosse stato eliminato da Yakumo secoli fa nella lotta della conquista degli inferi.”
“E invece io sono qui. E’ vero, il mio spirito e il mio corpo hanno dormito per lungo tempo, quando Yakumo impose il suo potere negli inferi. Ma quell’imbecille ha scordato chi è il vero padrone dell’oscurità, e io sono stato ripagato da voi, che l’avete eliminato.”
“E noi, in tutto questo, che abbiamo fatto?” sbottò Yusuke.
“Voi avete eliminato Yakumo, e devo ringraziarvi. Ma siete sempre stati d’intralcio sia nella dimensione umana che in quella demoniaca. Ebbene io voglio creare una dimensione unica fra gli inferi, il Makai, e il mondo degli umani. Un unico, grande piano dimensionale, senza più confini”
“La tua è follia!” gridò Hiei, cercando di tirar fuori quel poco coraggio che si sentiva ancora addosso.
“E perché mai? L’universo così com’è ora, frammentato, fluisce nel tempo nell’ordine, nella pace, tutto è fermo. Inutile. Invece… invece il caos genera vita, movimento, cambiamenti imprevedibili, e non ci sarà più rischio d’annoiarsi”
“Tu sei pazzo!” fece la ragazza dai capelli corvini.
“Alex, proprio tu mi fai questi discorsi? Tu che con le tue amiche mi avete liberato dal mio sonno? Non ricordi cosa accadde? Ricordi cosa è rimasto qui da me?”
Cadde il silenzio.
“Siete state voi?” fece Yusuke guardando nel vuoto, sentendo la presenza delle due.
“Per errore. Giocavano con poteri troppo grandi, senza prestare attenzione. E per questo la colpa per avermi risvegliato è loro. Divertente non trovate? Ho dato io l’ordine della loro cattura sul tavolo di lord koenma, sono io che ho organizzato di nuovo il torneo per eliminare gli ultimi guerrieri in grado di ostacolare il mio progetto. Sarà bellissimo! Tutti contro tutti eppure tutti combatterete per il fine ultimo di fermarmi. Non è meraviglioso? Un unico ideale che deve essere pagato con il sangue.”
Rise, un suono acuto e raschiante, folle, poi riprese fiato.
“Quando vincerò il torneo e tutti gli oppositori maggiori saranno stati eliminati, darò il via al mio progetto. Qui si gioca con le mie regole, e non potete fare altro che accettare, chi prova a fuggire o abbandona la lotta muore. Vi do solo tre mesi di preparazione, né un giorno di più né uno di meno. Preparatevi bene, perché tutti sono animati dallo stesso bisogno di sconfiggermi, e non cadranno facilmente. A tre mesi esatti di distanza da questo giorno vi attendo al porto, quando il sole si macchierà di rosso. E per quel che vale… buona fortuna”
Ci fu un ultima risata stridula, accompagnata dallo stesso respiro pesante, e poi il silenzio.
Il buio si dissolse e la melma scomparve con esso.
Per qualche secondo nessuno riuscì a dire una parola. Un filo di terrore legava tutti i presenti in quella stanza, e tutti loro avevano le gambe tremanti e il sudore freddo rigava i loro volti.
Erano stati davanti a una sorta di dio, erano stati resi partecipi di un progetto folle al quale non potevano sicuramente sfuggire.
“Non so cosa dire ne pensare” balbettò Yusuke, facendo riaffiorare agitazione e paura.
“Yusuke” disse poi Hiei ancora con lo sguardo fisso e spaventato “è fuori dalla nostra portata una situazione come questa. Ammettiamolo. Per troppo tempo non abbiamo combattuto, troppo tempo non abbiamo avuto una situazione così…”
“…drammatica?” completò la frase la ragazza dai capelli corvini, che piangeva senza fare un suono.
“Vi rendete conto che non possiamo tirarci indietro, vero?” disse poi Kurama, guardando i compagni.
“Questa guerra che sta per scatenarsi non verrà per la supremazia di uno su tutti, ma per il caos assoluto”
Dette quelle parole Yusuke aveva quasi del tutto abbandonato quel senso di sicurezza che lasciava i suoi piedi ancorati a terra, il pericolo era talmente grande che dubitò di ogni sua forza.
“Va bene, non è una situazione promettente”
La ragazza dai capelli corvini si alzò da dentro la sua bolla, asciugandosi in fretta le lacrime
“Ma qui siamo tutti coinvolti, in prima persona. Lasciarlo fare significa spianargli la strada. Io di sicuro non rimango qui con le mani mano, e anche se questo probabilmente non farà molta differenza. Mi assumo la responsabilità di quel che è successo. Non vi conosco, non so se vi tirerete indietro, ma io farò questa cosa con o senza il vostro aiuto. Solo che senza sarà più difficile”
“E poi…” aggiunse l’altra ragazza dai capelli rossi “…anche se morissimo nell’impresa, cos’è poi la morte se non un’altra tappa della vita? Almeno sapremo di aver combattuto per qualcosa che ritenevamo giusto.”
Quelle parole dette da delle complete sconosciute furono come una secchiata d’acqua gelida e un morbido abbraccio: il primo per svegliarli dal torpore e dal terrore e il secondo per rinvigorirli e incoraggiarli. La miscela giusta che ridiede coraggio e forza a tutti loro.
“Però per fare tutto questo dovreste,ecco, farci uscire da qui” disse la ragazza con i capelli lunghi, facendo roteare gli occhi arrossati.
Entrambe sorrisero timidamente, facendo notare che erano ancora rinchiuse nel kekkai.
Kuwabara si buttò a capofitto per levarglielo ma Hiei lo frenò.
“Siamo sicuri che possiamo fidarci?” fece il demone gelidamente.
“credo che dopo un discorso come quello, tappetto” rispose Kuwabara tendendo le braccia in avanti con le mani ben spalancate “ ci possiamo fidare alla grande.”
In un POFF sonoro il kekkai, gli amuleti e quant’altro sparì e le ragazze poterono nuovamente respirare l’ossigeno.
“Fidarsi di due donne, tsk.!”
“Sempre il solito, tu.” Ridacchiò Kurama.
“Beh mi sembra doveroso allora presentarci come si deve” Yusuke prese l’iniziativa e allungò il braccio porgendo la mano destra.
“Piacere di conoscervi, io sono Yusuke Urameshi. Quello con la zazzera rossa è Shuichi Minamino, alias Kurama, il tappetto scorbutico è Hiei jaganshi e quel pel di carota con la faccia da scemo è Kazuma Kuwabara!”
“EHI!!!!!” esclamarono all’unisono i tre tirati in ballo, imbarazzatissimi. Le due ragazza non poterono trattenere una risatina.
Quella dai capelli corvini rispose allungando anche lei il braccio destro.
“Molto onorate. Io sono Alex Acheron, e la mia compagna qui si chiama…”
“Hikaru Torue. Molto piacere.”
Aggiunse subito l’altra, sorridendo al ragazzo, al quale non strinse la mano.
“Beh pare che se prima dovevamo essere rivali ora dovremo collaborare.”
“Già siamo partiti con il piede sbagliato, Urameshi” rispose Hikaru buttando poi un occhiata Hiei.
“Sì ma come la mettiamo che la squadra è formata da cinque? Noi siamo sei!”
Esclamò Kuwabara, improvvisamente fomentato.
“Semplice: tu ci farai da ruota di scorta.”
Fece secco Hiei.
“ETTEPAREVA! Sempre io. Beh meglio di niente nel caso in cui qualche TAPPETTO si faccia male ecco che entrerà in scena il famosissimo, acclamatissimo Kazuma Kuwabara, muahahahahah!” (oddio… ndSeph)
Hikaru e Alex ridacchiarono, e Kurama, incrociando i loro sguardi, fece roteare un dito accanto alla tempia con un mezzo sorriso rassegnato, per far intendere che Kuwabara era davvero matto come dava a vedere.
“So che la domanda può sembrare un po’ stupida, ma cosa bisogna portarsi dietro?” domandò Alex, portandosi un dito alle labbra in un gesto esagerato di riflessione. Stava cercando di non dar a vedere quanto ancora fosse spaventata.
“Il minimo indispensabile, al resto ci penseranno quelli dell’hotel, se mi ricordo bene” rispose Kurama, informato come sempre.
“Tsk!” sbottò Hiei.
“Non è problema tuo, Hiei. Indossi sempre e solo due tenute!!”scherzò Kuwabara.
La risposta del demone fu quella di illuminare il terzo occhio da sotto la benda tramutando il suo volto in un ghigno diabolico.
“Questo…non….dovevi….DIRLO!”
“Lasciateli perdere, ragazze” calmò Kurama, un po’ impacciato “Fanno sempre così, temo che dovrete farci l’abitudine, perché qui è di norma”
 
In quella stanza, dopo avvenimenti concatenati, si era formata una nuova squadra. Sebbene sembrava fosse l’ultimo capitolo della loro vita, uno spiraglio di luce aveva illuminato quei volti che da tempo attendevano un segnale.
Il richiamo di una nuova avventura.
Pareva che il destino avesse scelto con quali pedoni giocare le proprie mosse.
Il tempo stava passando. I giorni volarono. Il sangue e il sudore cadeva a ogni secondo. L’isola li attendeva. L’aria era tesa. Arrivò il tramonto rosso sangue.
 
In tutto ciò Botan era stata abbandonata lì nella stanza finchè non si risvegliò da sola, quando il bidello serale le passò sopra con l’aurora d’agostino 105.
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6°
“A new beginning”
 
L’enorme barca era ferma al porto da pochi minuti. Era apparsa da un cumulo di nebbia di dimensioni gigantesche.
Aveva un aspetto spettrale, come i vecchi velieri pirateschi che si vedono nei film.
Lì al porto dei simpatici demonietti vestiti con luridi stracci sgualciti e sporchi e con le teste completamente fasciate, lasciando lo spazio solo per gli occhi, prendevano le valigie e le mettevano all’interno dell’imbarcazione. Non capendo molto di quel che dicevano, sembrava farfugliassero continue imprecazioni al signore e ai passeggeri.
Arrivate al porto, Alex e Hikaru si sentirono in imbarazzo nel notare che le loro valigie erano il doppio più grosse di quelle degli altri.
“Forse ci siamo portate troppi vestiti. E la roba per farmi i capelli in effetti potevo risparmiarmela” disse Alex.
“Parla per te, io mi sono portata molti dvd.” Rispose petulante Hikaru, quasi sgridandola.
“Eccerto! Tu vieni costretta a partecipare ad un torneo sanguinario e ti porti i film da vedere!”
“Beh, se si tratta di mortal kombat, street fighter, fight club e kill bill, aiutano a fomentarsi.”
“Evvai… proprio adatti, sangue e budella che schizzano, non sia mai che ci scordiamo quello che ci attende. A proposito, riesci a credere che potremmo non tornare vive?”
“EDDAI! Stavo cercando di pensare ad altro…”
“Beh, allora pensa a questo: nella nostra immensa sciagura saremo sventurate assieme a degli sconosciuti molto carini…” aggiunse Alex inarcando le sopracciglia.
A quella parola Hikaru arrossì tutta d’un botto.
“Ma sempre lì vai a parare tu?” gridò imbarazzata la rossa, diventata dello stesso colore dei capelli.
“beh io almeno un po’ di senso femminile ce l’ho ancora. Da quanto tempo è che non guardi un uomo, Hikaru?”
Un improvviso tic all’occhio sinistro di Hikaru era segno che non aveva una risposta a quella domanda: avrebbe preferito qualsiasi altro tipo di argomento, ma NON quello.
Prima che potesse risponderle a tono dalla foresta uscirono fuori Hiei, Kurama e Yusuke.
“’sera ragazze! Quanto tempo” disse quest’ultimo con un sorriso largo da un orecchio all’altro.
Appena misero piede sulla banchina del porto, tutti gli altri ospiti del torneo si voltarono.
I loro nomi e la loro fama li avevano preceduti, e un chiacchiericcio continuo si espanse in tutto il porto.
“Non credo che riusciremo a passare inosservati” notò Kurama, facendo finta di non ascoltare il brusio.
“eeeeh già” sospirò Yusuke “ la nostra fama ci precede”
 
Un lungo suono di tromba.
“passeggeri, un momento di attenzione, prego: fra qualche minuto la nave sarà pronta a salpare.”
 
“CHE COSA?!?! DI GIA?!?” Hikaru, improvvisamente agitata, corse verso uno dei diavoletti trascinandosi dietro la valigia enorme e quello, che non la degnava di attenzioni, si prese da quest’ultima un calcio nel didietro tanto da farlo volare nell’acqua.
“Non pare molto tranquilla, la signorina Torue.” Disse Kurama, rivolto ad Alex.
“Sarebbe meglio che la chiamassi Hikaru d’ora in poi, lei non… ehm… sopporta essere chiamata per cognome.” Rispose lei.
“Perché?” chiese Kurama.
“Aah boh”
“Dannati vermetti schifosi” Digrignò Hikaru, dopo aver convinto con la forza un altro dei diavoletti a mettere la propria valigia nella nave.
“In tutto ciò il –capelli-a-cannolo- non si è ancora fatto vivo.” Bofonchiò Hiei, scocciato, stringendo i nodi della sua sacca da viaggio.
All’improvviso il gruppo si zittì: si percepiva un’aura maligna così potente da dare il voltastomaco. Tutti scattarono in posizione di combattimento,quando sentirono la voce di Kuwabara alle loro spalle.
“Bella ragazzi, che vi prende?”
“sei tu? Ma quella energia maligna di chi poteva essere…”sbiascicò Hiei.
“uh? Non ti seguo, di che cosa state parlando?” Kuwabara iniziava a sentirsi confuso.
“Abbiamo percepito un’aura malvagia potentissima e poi sei apparso tu…” spiegò Kurama controllando che Kuwabara non portasse con sé qualcosa di nuovo.
“Io? Naaah, vi starete sbagliando, ragazzi. Ho potenziato la mia energia, questo è vero, ma ho dedicato le mie attenzioni in questi mesi ad utilizzare i miei poteri più per curare, creare kekkai, creare spade animate e beh sì quella roba lì, intendo.”
“Sintetizzando quello che hai detto: roba inutile.”
“SEMPRE TU, TAPPETTO!!!”
 
“Comunicazione di servizio a tutti i passeggeri: direzionarsi verso la banchina. La nave è pronta a salpare.”
 
Dopo aver sentito il messaggio i sei corsero verso la banchina, mettendosi in coda per entrare.
Arrivati al tetto della nave, poterono godere di un attimo di tranquillità per guardare il mare, scambiandosi qualche chiacchierata tranquilla, riprendendo le forze dormendo sopra una delle sdraio sistemate qua e là oppure occupare il tempo con un attività non poco piacevole, che faceva Hikaru.
“BLUUUUUUUUUURGH!”
E vomitò fuori dalla balaustra.
“Carote…perché carote? Non ho mangiato carote.”
Secondo conato.
 

 
Alex si riavviò i capelli con insistenza per l’ennesima volta. Era sporta sul mare, osservava incantata le onde infrangersi contro la linea di galleggiamento del traghetto. Ascoltava il silenzio, e si godeva quella pace sul suo viso, dove il segno scuro le dava tregua e aveva smesso di bruciare.
Qualcuno le si avvicinò con discrezione, vicino ma non troppo, e si mise con lei a contemplare la bellezza delle acque. Rimasero in silenzio, senza dire nulla, senza nemmeno muoversi, ma la zazzera rossa che sbatteva nel vento tradiva l’identità dell’uomo misterioso al suo fianco. Alex si fece scappare un sorriso.
“Non stavi dall’altra parte del traghetto?”
“Do fastidio?” rispose lui.
“No, mi domandavo solo perché fossi venuto qui”
“Hikaru vomita. Non è uno spettacolo che mi interessi”
Alex scoppiò a ridere. Aveva una bella risata, forse un po’ sguaiata, ma spontanea.
“Sì, soffre il mal di mare”
Calò di nuovo il silenzio. Kurama distolse lo sguardo dalle onde e lo portò sul viso di Alex, nascosto dai capelli.
“Perché avete cominciato a rubare?”
Lei ricambiò il suo sguardo con un sorriso beffardo.
“Ognuna di noi ha i suoi buoni motivi”
“E quali sono i tuoi?”
“Perché ti interessa?”
“Sono curioso”
“Curioso?”
“Detesto non sapere le cose”
Alex sorrise, ma non era amichevole.
“Mi teneva la testa occupata”
“Ti distraeva?”
“Sì”
“Da cosa?”
“Sei noioso”
“E’ solo una domanda”
“Sono fatti miei”
Kurama fu preso alla sprovvista dall’improvvisa, ostentata ostilità della ragazza, ma subito le rispose con un sorriso delicato.
“Un giorno mi risponderai”
“Non credo proprio”
“Non c’è nessuna possibilità?”
“No. Posso fare una domanda io?”
“Prego”
“Perché sei così gentile? Tu a me non stai simpatico”
“Ti trovo interessante”
Alex sollevò gli occhi al cielo. “Insopportabile. E che cosa c’è di interessante?”
“In una ragazza che ruba grandi tesori e vive in una monocamera con le pareti scalcinate? È tutto molto intrigante”
“Quella è casa mia, lo è sempre stata. Mi piace così com’è”
“E perché?”
“Perché è il mio posto”
“Ci sono possibilità che tu diventi meno enigmatica?”
“Nemmeno una”
Risero entrambi.
“Ok” continuò Kurama. “Ultima domanda”
“E che palle!”
“Ultima, giuro”
“Ok, ma poi basta”
“Perché hai risposto alle mie domande?”
Alex lo fissò, sorpresa, con i suoi occhi celesti. Il ragazzo proseguì.
“Non mi conosci, siamo stati avversari, rappresentiamo una minaccia l’uno per l’altra. Perché mi hai risposto?”
“Magari ho mentito”
“O magari no”
Alex si imbronciò. “Parlare con te è faticoso, lo sai? Vado a vedere come sta Hikaru”
La ragazza si voltò, frustando con i capelli il viso di Kurama, che le rispose ridendo.
Quando lei gli si allontanò, quel senso di freddo allo stomaco si dissolse. Il ragazzo si domandò se quella sensazione fosse comune anche agli altri, quando le si avvicinavano, o se accadesse solo a lui. Continuò a guardare Alex camminare di schiena sul legno sporco del traghetto, con i capelli lunghi e neri che volavano nel vento, poi lei si girò di nuovo verso di lui e gridò con le mani chiuse a coppa attorno alla bocca, per farsi sentire.
“Anche io odio non sapere le cose! Ecco perché ti ho risposto! Adesso sei obbligato a rispondere sinceramente a tutte le domande che ti farò!”
 
 
 

 
Nell’arco di un ora e mezza i nostri protagonisti arrivarono a destinazione. Li aspettava Koenma al porto, esultante. Lì con lui c’era anche Botan che sorrideva e lanciava urla di gaudio.
Appena scesi Koenma ordinò a uno dei suoi tanti servitori di caricarsi le valigie dei ragazzi e di portarle nella camera a loro designata, poi, con grandi sorrisi, mostrò loro la strada per l’hotel, incamminandosi.
“Andato bene il viaggio? Qualche intoppo?”
“Diciamo che uno di noi se ne è liberato, degli intoppi.” Scherzò Yusuke, riferendosi a Hikaru che aveva ancora il volto di un anomalo color grigio topo bagnato.
“Ah beh, mi dispiace. Comunque vi farà piacere sapere che sono stati invitati anche Enki, Yomi, il figlio e Mukuro come partecipanti al torneo.”
 
A quel nome Hiei sobbalzò. Perché tanta agitazione? Del resto era il suo capo fino a poco tempo fa.
 
“Si vede che Rainov non scherzava affatto a proposito di partecipanti validi, ha davvero intenzione di eliminare tutti” disse Kurama preoccupato.
“Veramente temo” aggiunse Alex. “Che non scherzasse su nulla, quello stronzo”
“pare proprio di sì ragazzi, la situazione è più delicata di quanto pensassimo. MA BASTA PENSARCI ORA!! GODIAMOCI LA LUSSURIA DEL NUOVO HOTEL!!!” Esultò Koenma.
E in effetti ce n’era da rimanere sorpresi: era grande, immenso, altissimo e tutto completamente illuminato da lucette. Sembrava ricoperto di pagliette. Il nuovo hotel aveva oltre 300 stanze, 30 sale da pranzo, sale da divertimento, piste da ballo, discoteche, piscine, palestre, campi. Tutto ciò che si poteva desiderare era concentrato in un unico grandissimo hotel.
Appena entrati dalle porte scorrevoli tutti i camerieri, rigorosamente diavoletti vestiti da pinguino, si inchinarono per dare il benvenuto, riprendendo poi i propri lavori.
Senza nemmeno un po’ d’attesa, un piccolo sgorbietto alla reception diede a koenma due chiavi completamente rivestite d’oro con due piccoli zaffiri incastonati.
Sopra quelle chiavi, incise verticalmente, si notavano le parole “Urameshi team”.
Tutto era stato studiato nei minimi particolari affinché la perfezione stessa non fosse poi così perfetta. (?!)
Preso l’ascensore, uno dei tanti, salirono al quinto piano. Aperte le porte davanti ai loro occhi si propagavano tre corridoi ampissimi: uno a destra, uno a sinistra e uno dritto per dritto.
Il pavimento di un parquet lussuoso, i quadri appesi su ogni muro, le pareti dipinte a mano: tutto era così splendido da lasciarti a bocca asciutta.
Arrivati alla prima delle camere, la 38 A, Koenma infilò la chiave e girò tre volte.
“Spero che vi piaccia!” sorrise il principe degli spiriti.
Aprì la porta.
Solo poche parole: era enorme.
Aveva una stanza da ritrovo con un tavolo rotondo al centro di cinque sedie, lì vicino all’entrata, invece, due lunghi divani dall’aspetto molto comodo di color rosso erano posti l’uno di fronte l’altro, divisi da un tavolino basso in mezzo. Incastonato nel muro c’era un enorme televisore con dvd incorporato e lì vicino grandi librerie di fumetti, riviste di moda e sport,libri su libri e una collezione invidiabile di film.
Da quell’enorme salotto/sala di ritrovo, al lato, si poteva andare direttamente alla terrazza, che dava sulla foresta, che collegava due delle stanze.
Tutte e tre le camere da letto erano munite di un bagno iper accessoriato e molto spazioso.
E in una stanza leggermente più piccola una cucina con tutto il necessario e una dispensa e un frigorifero pieni da scoppiare.
Gli schiavetti portarono le valigie dentro e chiusero la porta alle loro spalle.
“OH MIO DIO!” esultarono all’unisono Alex, Yusuke e Hikaru sorprendendosi di ogni cosa della stanza.
Più che una camera pareva una casa vera e propria. Erano ANCORA più felici e scioccati.
“Felice che vi sia piaciuta! Vado un attimo di sotto a sistemare alcune faccende: kuwabara e Botan seguitemi. Vi mostrerò la stanza in cui starete!” fece Koenma ri aprendo la porta salutando gli altri, come fecero anche Kuwabara e Botan poco dopo.
Quando la porta si chiuse Hikaru e Yusuke si sbragarono sul divano, mormorando: “la vita ora è bella” mentre Alex e Kurama visitarono velocemente le camere da letto.
“BENE!” esclamò Alex, dopo essere uscita da una delle stanze.
“ci sono due letti matrimoniali ed un singolo. Io e Hikaru ne prenotiamo uno…”
“Io prenoto il letto singolo.” Interruppe Hiei, andando con la sua borsa verso la stanza.
“Non puoi decidere tu per noi!” esclamò Kurama, terrorizzato all’idea di dormire con Yusuke nello stesso letto.
“Oh invece sì che posso: vedete ho ancora un minimo di dignità, non sono mica un pervertito. E poi non mi viene e verrà MAI in mente nemmeno per l’anticamera del cervello di dormire con uno di voi.”
E detto questo chiuse la porta della camera singola alle sue spalle, chiudendocisi dentro.
“Si direbbe” fece Yusuke “ che io e te dormiremo insieme eh Kurama? Tutti belli abbracciati…”
Kurama a momenti rigurgitò.
“…PENSA ALLE COCCOLE!!” (oh gesù)
“D…devo…” balbettò kurama diventato di un altro colore “ a…andare in bagno”
 

 
Dopo che Kurama si riprese dai brutti pensieri i cinque iniziarono a sistemare le proprie cose negli armadi.
Yusuke, dopo aver finito, si accomodò su uno dei divani, accendendo la televisione.
Kurama e Alex notarono sul tavolo rotondo che c’era un foglio con tutte le squadre e i partecipanti del torneo, con tanto di date e orari dei futuri combattimenti.
Nell’osservarlo notarono che le squadre erano davvero tante, e in molte di esse c’erano dei nomi che già conoscevano: enki, jin, touya, mukuro, shigure…
“Noi combatteremo domani.” Fece Kurama dopo aver trovato il nome della loro squadra.
“Contro il team della scuola di Cao Pi…non li conosco per niente.” Disse Alex, che in effetti non sapeva praticamente nulla sulla maggior parte di quei combattenti.
Al che Kurama, con un dolce sorriso sulla faccia, si arrese e le spiegò la provenienza e i membri di molti di questi.
Nel frattempo Hikaru guardava il panorama fuori sul terrazzo, pensierosa.
“SONO TORNATOOOO!” Koenma spalancò la porta con uno sbam, tutto contento, con il volto illuminato da un grande sorriso.
“Ho appena lasciato botan e Kuwabara a sistemarsi e sono stato informato che la vostra battaglia si terrà domani alle dieci del mattino in punto. Sarete tra i primi a scendere in campo.”
Nessuno se lo stava cagando di pezza: recepirono il messaggio mugugnando e poi tornarono a fare le loro cose.
Quasi rattristato del completo menefreghismo nei suoi confronti uscì sul terrazzo.
 
Magari potrò parlare un po’ con questa ragazza.
 
“Tu dovresti essere Hikaru torue giusto?” fece Koenma, sorridendole.
“E tu dovresti essere il piccolo enma. La prima volta che ti ho visto eri un ammasso di pelle morta.”
“Eh…ehm…mi dispiace che il nostro primo incontro sia stato così “tremendo”, ma quello lì non ero io.”
“Questo lo vedo”
Koenma si sentiva come imbarazzato davanti a quella ragazza dagli occhi così grandi ma così affilati.
Doveva riprendere la conversazione, doveva parlarle. Faceva pur parte della squadra e aveva il bisogno di informarsi.
“beh ti piace qui? Quanti anni hai? Da dove vieni? Che tipo di poteri adoperi?”
Hikaru ridacchiò
“sei così agitato che non ti accorgi di fare domande tutte differenti una dietro l’altra. Stia tranquillo, non mordo mica.”
E su quel volto si accese il sorriso, accompagnato da una risata. Koenma si sentì più calmo ora che quella demone era contenta, e rise anche lui.
“a parte ciò posso rispondere solo alla prima delle vostre domande. Questo posto è magnifico, ha un vento così…” una piccola folata di vento le spostò i capelli dalla fronte, lasciando intravedere uno strano segno. “…romantico e poetico.”
In quella frazione di tempo koenma notò sotto quella frangetta qualcosa che aveva già visto.
Ma non era sicuro della sua supposizione.
“Posso chiederti cos’hai lì sotto la frangetta?”
“Cosa? Questa?” Hikaru prese la frangetta con la mano e la alzò. Là sotto c’era una lunga cicatrice verticale molto evidente. Accostatosi a Hikaru, la osservò: là, sotto la pelle della cicatrice, c’era uno strano bozzo che si muoveva leggermente appena si spostava un minimo.
Non aveva più dubbi.
“Hikaru…” Koenma aveva un leggero tono spaventato, che però mascherava alla perfezione.
“sai che cos’è quella cosa che hai sulla fronte?”
“cos’altro può essere se non una cicatrice? Me la fecero tanti anni fa. Per la precisione fu un dottore a farmela. Aveva una strana spada ora che ricordo.”
“Hikaru quella non è una semplice cicatrice. Prova a toccarla.”
Per la prima volta nella sua vita diede importanza a quel brutto segno che da sempre aveva tentato di nascondere con i capelli. Per la prima volta provò a toccarla e lì, sotto la pelle, c’era qualcosa di simil molliccio che si muoveva.
Un bozzo.
“OH MIO DIO!!! CHE COS’E’?!?!?!”
“hikaru…quello è uno jagan.”
“Un….CHEEEE?!?!?!”
 

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