Philip McDavis

di stonemeister
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Philip McDavis ***
Capitolo 2: *** Lavoro Obbligato ***



Capitolo 1
*** Philip McDavis ***


Philip McDavis


Prologo: una mela al giorno... cazzo sono 365 mele l'anno.


Salve a tutti, miei amatissimi lettori, sono qui per raccontarvi di un episodio della bizzarra vita di Philip McDavis, alias, io.
Sono certo che poco vi importa della mia vita, motivo per cui cercherò di dilungarmi il più a lungo possibile. Da tempo immemorabile la mia famiglia è vissuta a Milano, posto dove vivo tuttora, al che voi vi chiederete: ma perchè questo idiota con un nome tipicamente americano ha origini italiane? Ma Abbiamo appena convenuto che di me non vi frega più di tanto, quindi cosa lo chiedete a fare?

Mio padre, prima di andare in pensione, era un rispettabile professore di una ben nota università, la quale, essendo pressochè sconosciuta, gli dava la possibilità di guadagnare quel tanto che bastava per tirare avanti insieme alla mia matrigna, che si era guadagnata tale titolo, non perchè avesse geni differenti dai miei (purtroppo i geni erano quelli), ma semplicemente per il fatto che usava passare interi pomeriggi a tiranneggiare sulla mia vita, o a complottare ai danni della mia libertà. Grazie al suo nuovo tempo libero dovuto alla pensione, mio padre diventò un abile cacciatore, tuttavia, essendo vegetariano, si dilettò quindi a sparare ai funghi che crescevano in alcuni boschetti fuori città, invece di preferire bersagli semoventi.

Per quanto riguarda la mia persona, beh, che dire? Ho 23 anni e da piccolo ho sempre sognato di cambiare il mondo, solo che non ho mai trovato lo scontrino. Abito da solo in un piccolo monolocale ben arredato (da mia madre, non certo da me) e in cui desidererei portare delle ragazze per soddisfare interamente le mie pulsioni sessuali, se solo ne avessi l'opportunità, pura e semplice utopia dal momento che la mia capacità di relazionarmi con il sesso opposto è prossima allo zero. Per carità, ho avuto delle ragazze, ho già fatto l'amore, ma sono rimasto particolarmente timido ed introverso da quel punto di vista.
Nonostante la mia introversione ho passato una vita intera a coltivare l'amore e l'amicizia, però ora, con sta storia dell'effetto serra, mi riesce abbastanza difficile (e in fondo di amore, ne è sempre cresciuto poco).
Ora come ora (ma anche prima come prima) lavoro per una società di elettrodomestici ed il mio arduo compito è quello di riparare i guasti, il che mi porta spesso a casa di vecchiette stordite o di orribili donne represse che tentano di palpeggiare il mio fondoschiena non appena mi chino per valutare da vicino un guasto, e vengo retribuito mensilmente con una paga non poi così misera (ma nemmeno tanto ricca eh!) che serve principalmente a mantenermi in vita, insomma, una gran bel lavoro di merda.

Ok ok, vi siete annoiati scommetto, ora troverò il modo di tirarvi un po' su di morale, cazzo però, non è che potete sempre ridere! Comunque inizierò raccontando di come conobbi la mia prima fidanzata, nonchè il mio primo amore.



Parte Prima: Una volta lessi che il 17% degli uomini visitano siti porno durante l'orario di lavoro, da quel momento ho sempre avuto il terrore di farmi mettere le mani in bocca dal mio dentista.


Se ben ricordo in quella giornata non me ne andava bene una, l'altra invece funzionava perfettamente. Uscii la mattina presto, ancora albeggiava, e assistetti ad una scena quantomeno singolare, per non dire spaventosa: sul marciapiede di casa mia c'era un bestione che malmenava un nanetto con gli occhiali, così, vedendolo in difficoltà, gli porsi una spranga dicendogli che sarebbe stato più efficace degli occhiali e mi diressi al solito bar a fare colazione prima di andare al lavoro.
Sorseggiando il mio caffè, vidi riportato in prima pagina un fatto di cronaca nera, che inizialmente mi sembrava una pubblicità: "nuova lavatrice lanciata sul mercato: un morto e due feriti" solo poi mi accorsi del qui pro quo.

Dovevo innanzi tutto recarmi in un appartamento poco distante, per riparare il forno elettrico di una bellissima diciannovenne, onde per cui, con un passo veloce, alimentato dagli ormoni che circolavano nel mio corpo sostituendo i globuli rossi nei loro percorsi, e che quindi affluivano numerosi al mio cervello, mi fiondai nella casa di questa bellezza.
Lei mi aprì la porta con un sorriso, stupendomi molto in quanto io ero solito usare le mani per questo genere di cose; le ricordai il motivo della mia visita e lei mi accolse molto calorosamente, non poteva permettersi un condizionatore, e mi disse il suo nome: Maria. Maria era stupefacente, eravamo fatti l'uno per l'altra. Aveva capelli biondi, due occhi verde acqua che brillavano alla luce del buio e un corpo mozzafiato. Forse l'unico difetto traspariva dal suo abbigliamento: un po' mascolino ecco, ma scommetto che se fosse vestita con una gonna vertiginosa e una t-shirt alla moda, avrebbe raddoppiato del 90% il suo sex appeal, ma che dico? Triplicato del 90%!
Mi misi subito all'opera, mi chinai per constatare e valutare minuziosamente il guasto, sperando che almeno una volta fosse una come lei a palparmi le chiappe, ma non successe nulla. Durante la mia performance da elettricista lei, incuriosita, mi chiese: "Com'è il lavoro?", "Eh, sa" risposi io "Questa è proprio una vitaccia, ci vorrebbe un cacciavite un po' più grande", e lei gentilmente me trovo subito uno.
Dovevo assolutamente fare colpo su di lei, tirai fuori dal calzino una pistola, "No, non in questo modo" mi dissi; fortunatamente, in tasca mi rimaneva un asso nella manica (prova che ero un genio e prova che il mio sarto era decisamente incompetente): le porsi un bacio di dama che avevo comperato al bar per questa occasione; lei mi ringraziò con un sorriso, cazzo sapeva fare tutto con quella bocca! In quel momento capii che in fondo le donne sono attratte per la maggior parte dalle cazzate: come me, ad esempio.
Iniziammo a parlare del più, del meno e di altri segni matematici di cui non conosco il nome, ma una mia frase la colpì particolarmente e la fece sussultare: "sai, sono tossico-dipendente" "oddio! Di che ti fai?" chiese lei terrorizzata, ma io la tranquillizzai: "Ma no no, che hai capito? è il mio capo che tira di coca!"

Purtroppo anche allora ero incoercibilmente timido, così, invece di chiederle come si deve un appuntamento, le parlai in questo modo: "ti prego Maria, chiedimi di uscire" lei mi guardò e, con un vena (bella grossa) di sarcasmo disse: "D'accordo Phill, forza esci". Mi mossi verso la porta, "Ma no, scherzavo!" mi fermò lei, "Se ti va questa sera passa da me, ti preparo una cenetta, okay?", abbracciai molto volentieri la sua offerta e salutandola mi diressi verso il prossimo cliente.
Per accorciare la strada dovetti attraversare un cimitero e, con grande stupore, vidi due epigrafi stranamente intriganti: sul primo vi era inciso: "Qui giace mia moglie, fredda come sempre" sul secondo invece: "Qui giace mio marito, finalmente rigido". Nel mio tortuoso tragitto ebbi addirittura la sfortuna incontrare un vecchio pazzo che, con voce tonante mi sbraitò: "ascolta le parabole di dio o te ne pentirai", io gli risposi che avevo appena comprato un decoder e ignorandolo continuai fino alla meta, dove fui costretto a riparare la vecchia lavatrice di un'orrenda creatura che da anni infestava quell'appartamento, ci misi 2 ore abbondanti.

La sera mi ritrovai con grandissima gioia davanti al palazzo di quella che presto sarebbe diventata la mia ragazza. Giusto giusto (ma anche sbagliato sbagliato) sotto la porta di casa sua commisi la stupidaggine di calpestare accidentalmente il piede di una prostituta che stava battendo alla grande (esattamente come il mio cuore, solo che lui non lo rimorchiava mai nessuno) "te la farò pagare" minacciò. cazzo è stata di parola! E così 50 euro buttati al vento, beh, più che altro (che è un po' come dire "meno che questo") buttati alla troia.

La ritrovai in casa, un vero splendore, entrai e subito diedi un occhiata alla tavola imbandita, un male della madonna! L'occhio era gonfio e dolorante, ma non poteva certo rovinare una seratina romantica come questa.
Finita la cena, Maria mi chiese come avevo trovato il pranzo, le risposi che era bastato sollevare un coperchio, il cibo era lì sotto. Ci scambiammo i numeri e le diedi il mio indirizzo di casa; pochi minuti dopo lei mi propose di andare, l'indomani sera, a cenare nuovamente insieme in un ristorante che conosceva, suggerendo di rimanere a casa che mi sarebbe passata a prendere lei, e io, stupidamente, accettai.
Quella stessa sera, solamente dopo un giorno che ci conoscevamo, ci ritrovammo a letto: io nel mio e lei nel suo, senza concludere nulla, ma sentivo che il giorno seguente, a quella cena, avrei colpito nel segno. Caricai la pistola e la nascosi nel calzino.



Parte Dopo: Un giorno ho provato a fare il marinaio, quella volta ho cercato di spiegare le vele al vento, ma lui non le ha capite.


Quella fu una notte buia, beh, nemmeno tanto, c'erano la luna e qualche stella qua e la; più la che qua per fortuna, però c'era anche qualche nuvola, cazzo era una notte come tutte le santissime notti che Dio manda sulla terra.

Il giorno successivo passò lentamente: il semaforo non si decideva a cambiare colore; ma finalmente arrivarono le 8.00, ora in cui Maria mi sarebbe dovuta venire a prendere, ma purtroppo era in ritardo (l'unica differenza fra lei e trenitalia è che per lei valeva la pena aspettare). Mi lasciò ad attenderla sotto il portone di casa mia, era troppo pesante, non riuscivo a sollevarlo da solo. Tormentato dalla possibilità che mi avesse dato buca, chiesi ad un passante se sapesse dirmi le ore, lui rispose di sì; non convinto che la risposta potesse alleviare in qualche maniera la mia preoccupazione, chiesi le ore ad un altro passante e mi disse che erano 24 in una giornata, 168 in una settimana e 8760 in un anno. Ritenutomi soddisfatto della conversazione appena terminata, ripresi ad attendere la mia bella, che si presentò poco tempo più tardi. Appena la vidi in tutto il suo splendore, mi cascò subito l'occhio su quei bei seni tondi che si intravedevano dalla scollatura, lo raccolsi, lo rimisi sopra lo zigomo e le chiesi scusa, ma di buon animo mi perdonò e mi guidò fino al ristorante di cui mi aveva parlato, certo fu difficile parcheggiarmi senza l'ausilio del volante, ma sapeva utilizzare il cambio con maestria e ce la fece ugualmente.

Appena entrato mi guardai un attimo in torno, poi alzai gli occhi, li riabbassai subito dopo: non stavano bene sulla fronte; il cameriere ci accomodò al tavolo prenotato da Maria, servendoci il menù e versandoci del vino scadente, il quale gocciolò su una delle crocchette che erano in tavola. Accidentalmente confusi il tappo del vino con una crocchetta e, masticandolo, le mie reazioni furono le seguenti: "Cazzo ma questa crocchetta sa di tappo!" "Cazzo ma questo vino sa di crocchetta!" "Cazzo ma questo tappo sa di vino!" "Cazzo ma perchè ho mangiato un tappo?!".
Ancora un tantino scombussolato dall'accaduto, e dopo aver fatto cambiare il vino con una birra, le crocchette con del pane e il tappo con una candela, ordinammo da mangiare.
Subito mi mostrai per quello che ero: un uomo estremamente colto, non mi fermai alla terza media, e continuai a bere. Mi resi conto, dopo aver passato questa magnifica serata che ero stracotto di lei, mentre Maria invece era rimasta un po' al sangue.

"Che facciamo adesso?" le chiesi dopo aver tenuto il respiro per 2 minuti e 41 secondi per darmi coraggio, lei rispose: "che ne dici di chiamarmi un tassì, tesoro?", "scusa untassì, se non ti spiace preferisco Maria" fu ciò che mi uscì dalla bocca, " okay, vieni a casa mia", ancora una volta parecchio confuso, accettai di vero gusto... gusto di tappo!

A casa sua facemmo l'amore, per ore e ore, ma sesso solo per 10 minuti, insomma, era anche la mia prima volta, con la mia prima ragazza, con il mio primo profilattico, con il mio primo... insomma ero inesperto! Fatto sta che io e lei ci fidanzammo e il giorno del nostro anniversario le regalai un puzzle da 5.000 pezzi e lei regalò a me un abito su misura, cazzo ma almeno regalamelo della mia taglia no? Quel giorno facemmo l'amore, ma anche 10 minuti di sesso, durante il quale le sussurrai "Amore mio, sono mesi oramai che ti vengo dietro, ora però possiamo fare sesso come tutti gli altri?" Lei si scompose e la sua domanda fu: "Hai mai pensato di coniugarti?" ci dovetti pensare a lungo ma poi presi una decisione: "io vado per la mia strada, tu vai per la tua strada, egli va per la sua strada... Tutto ciò la alterò a tal punto da volermi chiedere una pausa (so a che pensate, ma ho provato a rubare per lei il cartello stradale "stop", mi ha detto che non intendeva quello).

La sera stessa la chiamai, disperato: "Sai amore, in questo momento sono giù", lei riattaccò la cornetta e scese a controllare, non mi trovò, In quel momento capii che aveva appena licenziato i suoi quattordici neuroni per il terzo anniversario del loro assenteismo.

Mi tuffai nel rischio: la mattina dopo chiesi a mio padre un prestito, lui ai tempi era già abbastanza rimbecillito e me li diede senza problemi pronunciando le parole: "Voglio un cappuccino esoterico!". Poche ore dopo andai al maneggio e chiesi di affittare un cavallo per un giorno, da montare? domandò, "già assemblato se è possibile" (eh! dove minchia siamo? all'ikea?).
Volevo farle la sorpresa più bella che avesse mai ricevuto, mi vestii con un elmo, armatura chiodata, stivali di cuoio neri e mantello, che in gergo significa all-star, jeans, canottiera e berretto da baseball (non è un caso che non abbia accennato a calze o a mutande). Andai da lei e le cantai una serenata, di cui ora come ora non ricordo le parole (prima come prima sì però). Lei mi fece salire, uno volta su però mi chiese di legare il cavallo di sotto. Tornato nuovamente su ci eccitammo e facemmo un mare sesso, ma anche 10 minuti di amore.

Il giorno dopo però, successe una cosa così terribile che segnò la mia vita: venni a sapere che Maria era deceduta in un incidente stradale... o almeno... così mi disse lei.

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Capitolo 2
*** Lavoro Obbligato ***


Philip McDavis, Lavoro Obbligato

Cazzo è passato veramente molto tempo dall'ultima volta che ho scritto; e i miei "fans" ossia, tipo, cioè.. nessuno, si saranno dimenticati del primo capitolo di questa saga che ho intenzione di continuare: non amo lasciare le cose a metà.
Premetto che questa praticamente è un'insieme di freddure e barzellette: la maggior parte sono di mia fattura, ma alcune mi sono state raccontate da amici e mi hanno fatto ridere tanto da non poterle non mettere!

Ma ora torniamo a Philip McDavis, alias "io", alias "il protagonista della saga".


Premessa: Messa prima

Vi racconterò del mio primo giorno di lavoro. Quando avevo appena 17 anni partii con un mio caro amico maggiorenne per girare l'Italia, purtroppo ci accorgemmo tardi che non era così facile come sul mappamondo, ma ci ritrovammo comunque a Napoli senza benzina e senza soldi, riuscendo però a raccattare abbastanza denaro per chiamare col cellulare i miei genitori, che quell'estate avevano deciso di andare in Iraq.
Il dialogo fu questo: "Mamma, siamo a Napoli" "E siete vivi?", "Si mamma, basta coi luoghi comuni, ti chiamo perchè siamo completamente a secco", e lei:"Non avete cercato una fontanella?"; alla fine la convinsi a venire per riportarci a casa, ma ci sarebbero voluti dei giorni perchè trovassero l'aereo per Napoli: questo costrinse me ed il mio amico a trovare un impiego temporaneo.

Potevamo optare per un lavoro al comune, ma si sa: quelli se un ragno velenoso entra nei loro uffici assumono un'equipe di consulenti sui ragni velenosi, insomma: veri idioti. Per per un ottimo impiego ben pagato come camerieri in un ristorante di lusso, oppure per un ingaggio in un negozietto di elettrodomestici fuorimano, gestito da psicopatici... Avremmo dovuto optare per la seconda scelta!

Al colloquio eravamo secondi solamente ad un ragazzo extracomunitario:
- "Salve sono Ahamed, vorrei lavorare qui"
- "Ma certo, che ne dice di cominciare come vice-direttore: verrebbe stipendiato 500.000 euro mensili"
- "Ma che fa mi prende in giro?!"
- "Si, ma ha cominciato lei".

Odio fortemente il razzismo che si cela in molte persone, ovviamente il nostro colloquio andò meglio... parlò il mio amico:

- "Buondì, siamo qui per il lavoro"
- "Perfetto, avete qualche diploma?"
- "Sta scherzando? abbiamo entrambi 3 lauree!"
- "Fantastico! Avete referenze?"
- "Ma certo: Sono stato il vice-presidente della Subaru e della Yamaha, lui DIRETTORE generale della General Motors"
- "Ottimo! Dunque parlate lingue straniere.."
- "12 lingue compreso il cinese"
- "Stupendo... ora però dovete confessarmi i vostri difetti"
- "Nulla di che.. a volte sparo qualche cazzata!"
- "Assunti!!"

Faceva ridere no? Perchè in realtà noi siamo a malapena diplomati solo che si scopre solo alla fine... quando oramai tu sei convinto/a che siamo dei geni... e invece poi scopri l'esatto opposto, fa ridere! ...A me fa ridere... ma vaffanculo!


Parte Prima e Dopo: Il cervello è un organo favoloso: comincia a lavorare da quando ti sveglia la mattina e non finisce finchè vai a lavorare

I colleghi erano dei veri e propri sfigati, io no, magari un po' nerd, ma non sfigato; pensare che una volta il mio amico raccontò loro di un suo rapporto con una donna:

- "Eravamo soli io e lei, i miei erano usciti, ma sarebbero trornati a breve"
- "Contunua"
- "Le prese a baciarmi e mi chiese di spogliarla"
- "Eeeeeeeh"
- "Poi mi spogliai anche io e mi ordinò di fare sesso in quell'istante"
- "Olèèèè" "Figata!!"
- "A quel punto la presi in braccio e lo facemmo, pensate, sulla tastiera del mio nuovo computer"
- "Nuovo computer?!" "Che processore?"

Non eravamo molto esperti di elettronica, così consigliavamo ai clienti che ci chiedevano modi migliori per navigare in rete, una vacanza su un peschereccio; e nel frattempo i colleghi cercavano di "conquistarci" con battute squallide come: "noi elettricisti beviamo solo birre alla spina" per poi scoppiare in grasse risate.
Mentre noi invece li snobbavamo: "scusa ha qualcosa contro la tosse" "no, fai pure". "Ehi Philip, ho una battuta in serbo per te!" "risparmiatela, capisco solo l'italiano"

La politica del negozio era: "non dare mai nulla per scontato"

Avevamo raccattato abbastanza soldi per permetterci addirittura degli acquisti, ma in quel negozio vigeva l'incompetenza:
"Vorrei una camicia" - "La taglia?" - "No ma scherza?"
"Un paio di calzini" - "Colore?" - "Possibilmente dello stesso!"
"Mi piace quel vestito" - "Vuole provare il vestito in vetrina?" - "No mi vergogno! Avete un camerino?"

Nonostante la rapina subita il giorno dopo, ci eravamo affezionati al posto e perfino ai suoi abitanti... a proposito, andò così:

- "Questa è una rapina!"
- "E quindi?"
- "Datemi tutto quello che avete!"
- "Cioè dobbiamo spogliarci?"
- "No!! Datemi cellulare e portafoglio"
- "Che non è nemmeno la metà di quello che abbiamo... e poi perchè dovremmo farlo?"
- "Perchè sennò vi ammazzo!!"
- "E perchè dovresti ucciderci?!"
- "Perchè non mi avete dato quello che vi ho chiesto"
- "Vabbè su.. se ogni volta che non mi danno quello che chiedo ammazzassi qualcuno, sarei ricercato in tutto il mondo"
- "Allora, questo è quanto: o la borsa o la vita!"
- "Non abbiamo una borsa! Vuoi una borsa?"
- "Noooo! è un modo di dire!"
- "Ahhh ok, e io che temevo ci volessi rapinare!"
- "Ma è quello che voglio fareee!"
- "Non si può mica avere tutto dalla vita sai?!"
- "Riproviamoci! Datemi cellulare e portafoglio altrimenti vi uccido, perchè questa è una rapina"
- "No, quella è una pistola"
- "Si ma mi serve per rapinarvi!"
- "Ho capito ma se ti confondi non ce la farai mai!"
- "Se voi evitate di farmi confondere sarebbe più facile"
- "Naaah, chi non è confuso è stupido, perchè è convinto di sapere tutto... sii anche tu un po' Socrate"
- "Chi è Socrate?!"

E da lì andammo a prendere un caffè per introdurre un po' di filosofia nella vita di quel ragazzo facendoci raccontare un paio di aneddoti sulle tue tentate rapine: come quella volta che cercò di rapinare un intero autobus ed i civili, dapprima spaventati, si tranquillizzarono perchè non era un controllore; o quell'altra durante la quale decise di rapinare un casinò: puntò le armi e le perse tutte... era simpatico!

A quel punto chiamarono i miei genitori e noi li tranquillizzammo dicendo che era tutto apposto e che ce l'avremmo fatta da soli a tornare ma loro mi dissero che mio fratello era entrato in una banda criminale, gli zii erano stati uccisi in una sparatoria ed una loro amica era stata costretta a prostituirsi. "mi spiace molto gli dissi, ma la vita in Iraq è anche questa" "Idiota, in Iraq si stava bene, è successo tutto oggi a Napoli!" (Ebbene penso sia solo un caso, a Napoli non si sta male!!)

Alla fine tornammo a Milano entusiasti e amanti del lavoro, che nonostante tutto ci era piaciuto!!

Questa storia è stata scritta, in parte, prima di andare a letto e, in parte, poco dopo la sveglia... che a differenza di ciò che probabilmente pensato non significa:"Fra le 23 e mezzanotte, e fra le 9 e le 10 del mattino"... un cazzo! è stata scritta fra le 6 e le 7 del mattino e finita verso le 17: dunque, se vi sono errori o nel complesso non vi è piaciuta datemi un'attenuante!

Carissimi, alla prossima!! Prometto che la continuerò, dovessero passare mesi (come in questo caso dal primo capitolo)

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