ALL'ALBA DELLA BATTAGLIA - Tales of Vampire

di Mia101
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Primo - ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


"Corri, corri!" Mi urlò. Di scatto, mi voltai e li vidi. Erano circa dodici uomini, forse anche di più, col volto nero, coperto di grasso e pece, con gli occhi assetati di sangue. Del mio sangue. Ogni angolo del loro volto esprimeva odio.
Iniziai a correre, sentivo le loro urla, i loro stivali che affondavano del fango, sentivo di non farcela più. Il mio corpo stava cedendo, le mie gambe si rifiutavano di correre e stavo rallentando sempre di più. Ormai mancava solo qualche metro e mi avrebbero presa. Davanti a me vedevo Castiel, che ormai era sempre più distante. Faticavo a tenere gli occhi aperti, fumo, aria, terra e sabbia mi penetravano nelle narici e nei polmoni, mi irritavano gli occhi e non vedevo più nulla, mi imponevo di procedere in avanti, verso il bosco, l'unico riferimento che avevo. Sentii improvvisamente una stretta, qualcuno o qualcosa mi aveva stretto con forza il polso. Lanciai un urlo così forte da rimanere senza fiato. "Sono io, calmati, andrà tutto bene". Era la voce di Castiel. Non vedevo più nulla, ma quella sua voce inconfondibile rimbombò nelle mie orecchie. Mi prese e mi caricò sulle spalle, sentivò il rumore assordante delle urla dei nostri inseguitori, il respiro di Castiel e il crepitio del fuoco che bruciava intorno a noi. Ci facevamo spazio tra le fiamme, sentivo la mia pelle bruciare, piangevo, e le mie lacrime irritavano ancora di più gli occhi pieni di terra e fumo, piangevo di rabbia, di odio. Castiel rallentò. Realizzai solo in quel momento che le urla degli inseguitori non si sentivamo più, ormai erano lontane, giungevano come semplici borbottii senza senso. Castiel mi appoggiò a terra, e dopo qualche minuto ritornai a vedere chiaramente. Castiel era sdraiato a terra con la pelle bruciata, pieno di terra, coi vestiti lacerati e grossi tagli sul petto. Mi resi conto che io ero in condizioni molto migliori, così mi allontanai cercando un ruscello. Mi immersi, mi lavai la faccia e le narici, il corpo e gli occhi. La pelle mi bruciava ancora di più in acqua e sentivo che lentamente tutti i residui di terra e di sangue andavano via. Tornai da Castiel e gli lavai il viso, gli feci riprendere i sensi e lo feci immergere in acqua. Lavai i nostri vestiti, li strappai e medicai le sue ferite. Casa non era lontana, ma si stava facendo giorno, quindi bisognava muoversi. Con la luce del sole per i cacciatori sarebbe stato più facile trovarci. Niente li fermerà, solo quando saremo morti tutti il loro odio si placherà.

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Capitolo 2
*** Capitolo Primo - ***


Io e Castiel camminavamo nel bosco, che era muto e pareva che il tempo si fosse fermato. Era quasi l’alba e tutto taceva. Era ancora presto perché si svegliassero gli usignoli con il loro canticchiare che io amavo tanto, ma che il mio amico non sopportava. Ed era troppo tardi per vedere i gufi rientrare nei nidi e i lupi delle tane, se n’ erano andati a dormire già da un pezzo. Castiel camminava davanti a me, dandomi le spalle, mentre io ammiravo quelle bellissime ali nere che spuntavano dalla sua schiena. Erano sporche, sudice e incrostate di sangue rappreso, ma erano comunque magnifiche. E poi la sua figura, muscolosa e forte ma estremamente magra e ossuta, tutta muscoli e ossa. E ferite profonde. Era alto, con i capelli nero corvino, sembrava un principe. Un principe sanguinante, stanco, con il volto segnato dalla stanchezza e dal dolore, ma comunque con la bellezza stravagante e ammaliante che caratterizzava i principe delle favole. Ecco, magari fosse tutto una favola. Io sarei la principessa? Se mi vedeste ora, pensereste che l’ultima cosa che potrei essere è una principessa. Eccomi. Sono una ragazzina con lunghi capelli neri, abbastanza alta, abbastanza magra. Piena di graffi, tagli e scottature. Con i vestiti tutti strappati e la faccia sporca di terra. Ah si, e con due canini appuntiti e due piccole ali nere sulla schiena, che spuntano quando la luna compare all’orizzonte. Adoro quel momento, in cui tutta me stessa esce fuori, senza paura e senza vergogna. Ma più degli altri cos ho io? Niente. "Gli occhi più belli del mondo". Disse Castiel. Si era fermato, e mi aspettava fermo in piedi in mezzo alla piccola radura che stavamo attraversando. Sobbalzai. Per un attimo ebbi paura di aver pensato ad alta voce fino a quel momento. "Haha, lo sai che ti conosco talmente bene che a volte riesco persino a leggerti nel pensiero, Em". Vero. Mi conosceva meglio di chiunque al mondo. "Grazie Cass, ma sai che non è vero. Su, guardami, sono una ragazzina sporca di terra, con i vestiti strappati, la pelle mezza lacerata e non…" Castiel non mi fece nemmeno finire la frase, che già mi stava abbracciando. Sentivo il suo respiro, caldo e rassicurante. Le sue mani che mi tenevano premuta contro il suo petto. Non pensavo più a niente, solo a stringerlo, più forte che potevo, sempre più forte. Sentivo le mie lacrime calde che grondavano e mi rigavano il viso. Non erano di odio, né di gioia, né di tristezza, né di dolore. Chi ha detto che piangere debba avere un motivo? Erano lacrime punto e basta. Semplicemente emozioni che non ci stavano più dentro di me e sgorgavano fuori. Di botto, un colpo di pistola e un urlo orribile in lontananza fecero sciogliere il nostro abbraccio e di scatto prendemmo a correre. La stanchezza era quasi del tutto passata e le mie gambe si muovevano veloci e sicure sul terreno morbido della boscaglia. Il problema era che ormai gli inseguitori erano vicinissimi, era giorno e si vedeva tutto chiaramente, e non c’era più il fuoco, il fumo o enormi pozze di fango a rallentarli. Un altro colpo di pistola lacerò l’aria, ma sta volta era più vicino. Ancora un altro, e un altro sparo, sempre più vicini. Adesso si poteva sentire l’abbaiare dei cani da caccia, la loro fame, il loro odio. Ci trattavano come bestie i cacciatori che ci inseguivano, ci facevano rincorrere dai loro stupidi cani, come fossimo conigli o galline. Un odio incontenibile mi salì fino in gola, tramutandosi in un grido spaventoso. Correvo, non ero stanca fisicamente, ma dentro ero distrutta. Come potevano odiarci così tanto? Anche io li odiavo, ma non volevo che morissero, e nel profondo speravo un giorno di poter vivere in sintonia con gli uomini. Ma loro, loro volevano solo che bruciassimo all’inferno. Un ultimo colpo partì in aria. Vicinissimo, quasi mi parve di sentire il proiettile passarmi accanto all’orecchio. Un dolore fortissimo mi colpì alla tempia destra. Continuavo a correre e la mia faccia era coperta da un miscuglio di lacrime d’odio e sangue, che mi sembrava mi stessero lacerando la pelle.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Quella mattina, due ore dopo essere miracolosamente riuscita ad arrivare a casa, ero vestita di tutto punto e pronta per andare a scuola. Una deliziosa camicetta a fiori, leggins neri e un paio di vans grige. Pulita e pettinata come se come una delle mie tante coetanee fossi stata tutta la notte comodamente sdraiata nel mio letto. Beh loro piu che dormire erano in qualche bar, a bere o a ballare. Forse sarebbe bello andarci un giorno. Ma mi vedrebbero, vedrebbero chi sono davvero. E probabilmente mi emarginerebbero ancora di piu di quanto fanno gia. Ma si forse e meglio cosi. La solitudine fa bene, ti abitui al silenzio e puoi rimanere li, da sola e faccia a faccia con te stessa. Puoi imparare a guardarti da un altra angolazione, smettere di essere egoista e cominciare ad apprezzarti, almeno un po'. Comumque da questo momento della giornata, forse il peggiore, perdo anche l'unico amico che ho. Castiel prende la moto e va a scuola da solo. Non so perchè ma è una sorta di patto non scritto che ce fra di noi. La notte siamo una cosa sola il giorno siamo due sconosciuti. Tiro su lo ziano verde scuro della eastpack mezzo vuoto, lo so che prenderó la solita nota per non aver fatto i compiti. "Meregalli di nuovo senza compiti." "Meregalli sorpresa ripetutamente senza il materiale scolastico richiesto." "Meregalli presenta il compito con tre giorni di ritardo, incompleto." Passo dalla cucina, saluto mia madre e la madre di Castiel, tiro su un pancake e lo ficco in bocca, poi esco, tirandomi dierto la porta che sbatte per la corrente e da dentro sento mia madre che mi urla una piccola imporecazione. Devo camminare un po', ma mi piace, bastano due auricolari e anche solo due canzoni (che tanto ascolti sempre quelle) alla nostra generazione per passare il tempo. Arrivo a scuola. Entro, supero il portone vetrato del liceo e cerco disperatamente di arrivare in classe incontrando meno persone possibili. Saluto fugacemente Boris, uno dell'amministrazione, il mio unico "amico", che sta parlando con un ragazzetto biondo. Mi fa cenno di avvicinarmi, ma faccio finta di non vederlo fiondandomi nella folla di ragazzi e ragazze che raggiungono le loro aule. Ma Boris insite e devo per forza, controvoglia, fermarmi. «Embyy, ciao, tutto okay?» «Sisi grazie Boris scusa ma ora ho lezione devo scappare.» cerco disperatamente, ma con una certa gentilezza, di liquidarlo. «Oh si solo un momento bellezza mia. Volevo presentarti Nathaniel Hunt, eheh non lo conosci perchè è di un altro corso, ma adesso sto' ragazzone mi aiuterá un po' con l'amministrazione.» Prima di rispondere esitai un attimo, mi ricordai di quel cognome. Hunt, Hunt, Hunt. Certo è che l'ho gia sentito. «Piacere Amber.> Quel saluto, quella voce cristallina ed educata, delicata ma in qualche modo attraente, quasi ammaliante. «Piacere mio, ehm scusate devo scappare.» Volevo restare ancora un po' ad ascoltare quella voce e a guardare quel volto bianco contornato da ciocche biondissime. «Se ti fa piacere ti accompagno in classe Amber. Con Boris inizio tra una mezzora, quindi...» «Che gentiluomo, che gentilumo. Vai vai pure Nath!» Boris aveva accettato per me. Mi incamminai, un po' imbarazzata seguita dal biondino. Parlammo velocemente di Boris e poi io entrai in classe. Ci salutammo e lui si allontanò lasciandomi lì pronta per un'altra giornata d'inferno. Almeno era iniziata bene. Pensai un attimo a cosa mi diceva il cognome Hunt. Sobbalzai, ricordandomi di un articolo di giornale letto il mese scorso. GREGOR SIMON HUNT, IL PIÚ GRANDE ED ESPERTO CACCIATORE DI VAMPIRI DELLA CONTEA, SI TRASFERISCE CON I DUE FIGLI NELLA NOSTRA CITTÁ. In pratica forse mi ero presa un colpo di fulmine per il figlio di quello che probabilmente prima o poi mi ucciderá.

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