Una chitarra per due

di Prinzesschen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14-Finale ***



Capitolo 1
*** 1 ***


mel

Una chitarra per due

 

 

 

 

 

1

 

Era più di un’ora che stavo li seduta su quella dannata sedia! Avevo persino preso in considerazione che tutta quella storia potesse essere stata solo uno scherzo di pessimo gusto del mio manager.

Ero agli inizi di quella che a detta di molti sarebbe stata una brillante carriera.

Beh, c’era solo un piccolo e per nulla trascurabile particolare da prendere in considerazione: eravamo solo la mia chitarra ed io…coppia inscindibile, senza dubbio, ma ciò non toglieva che non si poteva diventare artisti famosi se non si avevano quantomeno soddisfacenti capacità canore e senza una band. Ero li, sola, in un paese a me sconosciuto e di cui conoscevo a malapena la lingua. Sola in Germania, l’unico posto in cui non avrei mai pensato di finire.

Sospirai ed estrassi la mia fedele Gibson dalla sua custodia per poi attaccare l’amplificatore alla presa. Grazie al cielo in quella stupida entrata di quella stupida sala registrazioni c’era una presa compatibile.

Feci scorrere tra le mani il jack e collegai lo strumento all’amplificatore.

Chiusi gli occhi e feci scorrere le dita sulle corde, suonandole piano ad una ad una e beandomi del suono che questo gesto produceva; cominciai a suonare lasciandomi trasportare dall’istinto e improvvisando. Accordi lenti e bassi che componendosi davano vita ad una melodia triste e malinconica, che chissà perché mi faceva venire in mente l’idea di sogno, di fantasia, di vita.

Dondolavo la testa a ritmo, strizzando gli occhi quando il passaggio da un accordo ad un altro si faceva complicato e sentivo che attorno a me c’era il nulla, ero sola con la mia musica, sospesa a mezz’aria, con la mia chitarra sulle gambe accavallate.

Una pennata più violenta diede inizio ad una serie di accordi più acuti, più penetranti e duri; potevo sentire la potenza che quelle note sprigionavano, intrecciandosi e sovrapponendosi come in una lotta senza fine.

Mi lasciai trasportare e misi in quella melodia ormai diventata violenta e potente tutta la mia determinazione, la mia voglia di farcela, di far ricredere tutti coloro che mi dicevano che non ce l’avrei fatta, che assumevano quell’odiosissima espressione scettica ogni qual volta mi ritrovassi a parlare del mio futuro, della mia musica e della mia passione.

Ero brava, lo sapevo. Non ero piena di me, arrogante o presuntuosa, credevo soltanto nelle mie capacità.

Avevo 17 anni, il consenso dei miei genitori, che primi fra tutti credevano in me, e la mia chitarra. Era tutto ciò che mi serviva per fare ciò che volevo, per realizzare il mio sogno.

Nella mia adorata Italia avevo fatto diverse serate, numerosi provini, avevo ricevuto consensi e incoraggiamenti, le mie origini canadesi forse mi rendevano anche più interessante, ma sapevo che finchè fossi rimasta a casa non avrei combinato nulla. E così sono andata via, seguendo un sogno e determinata a realizzarlo.

Aprì gli occhi e con un’ultima lenta e trascinata pennata terminai la mia performance.

Sentì qualcuno battere le mani e mi voltai alla mia destra.

Un ragazzo vestito in uno stile hip hop fin troppo marcato e con dei bellissimi rasta biondi che facevano capolino dal cappellino appena posato sul capo stava battendomi energicamente le mani e si avvicinava con un sorrisino sbieco stampato sul viso.

-Ciao…-disse sedendosi accanto a me.

-Ciao…-risposi guardandolo con un sopracciglio sollevato e sorridendo.

Lui mi sorrise a sua volta e si sistemò il cappellino continuando a guardarmi negli occhi.

Sentivo quelle iridi castane, forse più simili al colore del miele, scrutarmi e sostenni lo sguardo con sicurezza. Mi era spesso capitato di sentirmi dare della sfacciata, ma il mio orgoglio veniva fuori sempre, anche quando non ce n’era bisogno.

-Sei davvero brava…- disse sinceramente ammirato.

-Ti ringrazio…-dissi ancora confusa da quell’improvviso e repentino approccio.

-Ah, quasi dimenticavo! Piacere, Tom Kaulitz!- si presentò porgendomi la grande e forte mano.

La strinsi con vigore sorridendo ancora di più.

-Piacere, Tom….io sono Melanie Mayer!

-Wow, una Gibson!- disse lui accarezzando il mio gioiellino.-Ne ho una anche io!

Ehi! Si intendeva di chitarre! Mi tirai su illuminandomi.

-Le Gibson sono le migliori sulla piazza secondo me! Hanno qualcosa di unico che non so descrivere! Basta prenderne una tra le mani e…e…ti senti in paradiso!

-Concordo pienamente..! Ho un feeling speciale con la mia Gibson…è come se fosse viva! A volte ci parlo anche!- rispose lui altrettanto felice di poter parlare di chitarre con qualcuno di competente.

I nostri occhi erano come incatenati. Nessuno dei due intendeva rompere quel contatto così sfacciato e così intimo.

-Mel?- chiese Carl, il mio manager, sbucando dall’ufficio adiacente alla sala di registrazione.

Mi alzai in piedi e dovetti, mio malgrado, distogliere lo sguardo dagli occhi di Tom.

-Oh, vedo che hai già conosciuto uno dei membri del gruppo!- disse entusiasta.

Si avvicinò e strinse la mano a Tom.

-Ciao ragazzo!- salutò cordiale come se già si conoscessero.

-Buona sera signor Klein!- rispose Tom sorpreso con un’espressione interrogativa stampata in volto.

Si conoscevano?!

Carl mi prese sotto braccio e mi trascinò verso l’ufficio.

-Vieni vieni che ti presento gli altri!

Gli altri!? Mi aveva detto che c’erano buone notizie per me, quando mi ha dato appuntamento qui, ma…non pensavo che ciò coinvolgesse altre persone.

Entrai nell’ufficio, seguita da Carl.

Attorno alla scrivania sedevano un ragazzo biondino e molto semplice, affiancato ai due lati da un ragazzo dai capelli perfettamente stirati e dagli addominali pronunciati visibili attraverso l’attillata maglietta verde militare e da un moretto tutto capelli; l’acconciatura bizzarra da elettro-shok e gli occhi pesantemente truccati di nero gli donavano un’aria particolare, androgina e molto personale.

Tom entrò alle mie spalle, mi voltai verso di lui e lo vidi fissare torvo gli altri confusi quanto lui.

-Ehm…ciao!- salutai alzando appena la mano ma non potendo nascondere l’imbarazzo.

Quello che doveva essere il loro manager mi si avvicinò e mi porse la mano.

-Piacere, David Jost! E loro sono Bill, Gustav, Georg e, ma credo che tu già lo sappia, Tom. Ecco a te i Tokio Hotel!- presentò l’uomo indicando prima il moretto, poi il biondino, il ragazzo dai capelli perfettamente piastrati e Tom.

I Tokio Hotel?! Li avevo sentiti più volte nominare in Italia, erano un famosissimo gruppo tedesco, ma nell’ultimo periodo c’era stato un notevole calo di interesse nei loro confronti.

Ma che ci facevo li con i Tokio Hotel io?

-David che succede?- chiese Bill voltandosi verso David Jost e dando quindi voce al mio interrogativo.

Jost si schiarì la voce e cominciò.

-Bene ragazzi, conoscete il mio amico Carl Klein, ebbene la ragazza di cui si occupa si chiama Melanie Mayer ed è italiana.- disse voltandosi verso di me e sorridendomi.-E’ una chitarrista di grande talento e….beh non mi dilungherò in spiegazioni inutili, sarà la nostra seconda chitarrista.

Il silenzio assalì la stanza in una morsa di tensione e sorpresa.

I tra seduti mi fissavano allibiti, incapaci di parlare e anche io ero a corto di parole. Come aveva potuto Carl organizzare una cosa così importante senza consultarmi? E poi andiamo! Loro erano i Tokio Hotel! Che c’entravo io con degli artisti ormai affermati e “vissuti”?

-CHE COSA VUOL DIRE TUTTO QUESTO?! SE E’ UNO SCHERZO NON E’ PER NIENTE DIVERTENTE!- sbraitò Tom alle mie spalle sorpassandomi. Mi ero quasi dimenticata di lui.

-Tom calmati…- cominciò Jost ma fu interrotto dal ragazzo che ricominciò ad urlare.

-CALMARMI?! MA SIAMO MATTI?! SONO IO IL CHITARRISTA DEI TOKIO HOTEL! IO!! CHE BISOGNO ABBIAMO DI UN’ALTRA CHITARRISTA?

Era furioso, gli occhi saettavano per la stanza incenerendomi ogni volta che si posavano su di me.

-Adesso basta! Calmati Kaulitz!- lo riprese il manager.-Abbiamo bisogno di un…”cambio di immagine”, capisci? Non vendiamo dischi…le classifiche non ci vedono più da mesi! Ciò che ci serve è rinnovare! Lei ha talento da vendere, è sola qui e, diciamocelo, è decisamente di bell’aspetto! Attirerebbe anche altro pubblico maschile e la curiosità delle ragazzine!

Mi sentì quasi offesa da quella affermazione. Servivo solo come attrazione commerciale? Non mi avevano presa per il mio talento? E poi non avevo mai pensato di poter essere considerata bella con i miei 157 cm di altezza, con la mia scarsa prima di seno e i miei capelli color topo.

-E’ sola e bella? Per me può anche darsi alla prostituzione! Qui c’è posto per un solo chitarrista! O me o lei!

Mi sentì davvero offesa da quella affermazione di Tom. Aveva ragione di sentirsi ferito, ma ciò non lo autorizzava ad insultarmi!

-Senti Tom…-continuò David.

-“Senti Tom” UN CORNO!- urlò ancora per poi uscire dall’ufficio sbattendosi la porta alle spalle.

Gli altri tre erano rimasti in silenzio per tutto il tempo  e Bill pensò bene di prendere la parola.

-David scusa ma non capisco l’utilità di tutto ciò! Non siamo un prodotto, siamo degli artisti! Dobbiamo vendere per la nostra musica non per la nostra immagine! Non do la colpa a questa ragazza che a giudicare dalla sua espressione non sapeva nulla di tutto questo come noi, ma potevate interpellarci! Siamo o no i diretti interessati?

Bill aveva ragione.

-Ne parliamo in albergo Bill…-tagliò corto Jost.

Si voltò verso Carl.

-Scusami davvero Carl, Tom l’ha presa davvero male…ma gli passerà! Questo è l’indirizzo dell’albergo dove alloggeranno i ragazzi. Ho preso due stanze anche per voi, potete andare a sistemarvi se volete…

-Grazie David…però mi dispiace che questa situazione vi crei tutti questi problemi!- ringraziò Carl stringendo la mano all’amico.

-Tze!- sbottai io.-Potevi parlarmene Carl! Tom ha ragione! Non posso sbucare così dal nulla e mettermi di mezzo nella loro band!

-Ne parliamo anche noi in hotel Melanie…ringrazia il signor Jost e andiamo…

-Grazie signor Jost-dissi atona.

-Chiamami pure David…

Non risposi, uscì dall’ufficio senza parole. Ero sconvolta.

In macchina non parlammo. Io ero furiosa e Carl preso in contropiede dalla reazione dei ragazzi e mia.

 

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Capitolo 2
*** 2 ***


caaaaap

 Ciao a tutti!! Ecco il secondo capitolo, spero sia di vostro gradimento, buona lettura! (I ringraziamenti alla fine ;))

2

 

La mia stanza era pazzesca. Immensa e attrezzata. La vasca da bagno era enorme e sui bordi c’erano tutti i tipi di bagnoschiuma, di shampoo e di profumi.

Il letto a baldacchino era stupendo e i drappi di satin rosso che scendevano ai lati sembravano risplendere sulle lenzuola nere di seta.

La moquette era anche quella rossa e vellutata e i mobili di legno nero. L’armadio sembrava potesse contenere l’intero guardaroba di Angelina Jolie.

Trascinai la valigia sul letto e la aprii per poi tirare fuori tutti i vestiti e cominciare a sistemarli nell’armadio.

Mentre stavo per appendere il mio sexyssimo vestito rosso, mi accorsi che accanto al letto vi era uno stereo ultimo modello ai lati del quale troneggiavano due casse gigantesche e così tirai fuori dallo zaino uno dei miei cd preferiti e lo misi nel lettore.

La voce stupenda del cantante degli Extreme  invase la stanza e le parole di More than words cominciarono a risuonarmi nella testa.

Continuai a sistemare i vestiti rilassandomi e cercando di non pensare al casino combinato da David Jost e da Carl. Solo ripensarci mi faceva venire il mal di testa. Rivedevo il sorriso di Tom entusiasta nel vedere la mia Gibson e poi la sua espressione di puro odio dopo aver scoperto chi ero.

Faceva male pensare di aver causato tanti problemi…

Avevo letto su un giornalino di gossip che i 4 ragazzi tedeschi si conoscevano fin da piccoli. Il vocalist, Bill e il chitarrista, Tom erano gemelli omozigoti e a nove anni, ad un concorso, incontrarono il bassista, Georg e il batterista, Gustav. Da allora non si erano più divisi. Amici e colleghi che condividevano una felice e spensierata vita insieme dedicandosi a ciò che più amavano: la musica.

Mi sentivo molto fuori posto. Non potevo piombare nelle loro vite e nella loro carriera così, senza preavviso né autorizzazione. Era ingiusto.

Qualcuno bussò alla porta, distraendomi dai miei pensieri.

-Chi è?- chiesi avviandomi verso la porta.

-Sono Bill…

Mi fermai sul posto e sbarrai gli occhi.

Bill?

Voleva forse picchiarmi? Rimproverarmi la mia colpa?

Beh…per saperlo avrei dovuto aprire quella dannata porta.

Con mio grande stupore vidi che sorrideva cordiale.-Ciao!

-Ciao!- salutai alzando un sopracciglio e facendomi da parte.-Prego accomodati!

-Grazie…

Entrò e si andò a sedere sul letto, cominciando a dondolare le gambe e prendendo a guardarsi i piedi.

Mi sedetti accanto a lui che subito si voltò a guardarmi sorridente.

-Volevo porgerti le nostre scuse per…l’inconveniente di oggi pomeriggio..!- disse grattandosi la nuca imbarazzato.

-No no! Non sei tu a doverti scusare, è tutta colpa mia! Non è giusto che piombi qui così, nelle vostre vite…

-Ma non è colpa tua, sono stati David e Carl ad architettare tutto, tu non c’entri. Scusa soprattutto da parte di Tom, vedi lui…è un po’ troppo impulsivo e non riflette sulle sue azioni e sui suoi comportamenti spesso troppo rudi…

-Si è calmato?- chiesi sinceramente preoccupata.

-Beh….a dire il vero non lo vedo da oggi pomeriggio…ha preso la sua Cadillac ed è andato via. Ma tranquilla, è solo un momento…

-No che non sto tranquilla! Ha ragione su tutto!

-Senti per cortesia smettila di darti addosso così!Ti ho detto che non è colpa tua!- rispose poggiandomi teneramente una mano sul capo e scompigliandomi i capelli.

Sospirai rassegnata.

-Melanie, giusto?- chiese velocemente.

-Mel…per gli amici.- spiegai semplicemente.

-Rientro in questa categoria? Ho l’onore di chiamarti Mel?- chiese sempre sorridente.

-Certo che si Bill…

Un’espressione soddisfatta gli si dipinse sul volto e poi continuò il suo discorso.

-Devi pensare che per noi è una grande novità questo tuo arrivo nella band…dobbiamo abituarci all’idea, ma nessuno di noi ha qualcosa di personale contro di te. Anzi, mi stai già simpatica, a dirla tutta…scusa anche me per oggi, sono stato ben poco ospitale…

Lo guardai negli occhi. Era sincero. Gli occhi erano quelli di Tom e quelli di Tom erano i suoi. Erano gemelli, d’altronde, ma la cosa mi sorprese e lo sguardo astioso che Tom mi aveva rivolto quel pomeriggio riprese a riflettersi nella mia mente come su tanti specchi.

Sospirai e non risposi. Aveva ragione. Doveva essere dura per loro.

Mi fissava sorridente, cercando di alleggerire la tensione, ma lui per primo si sfregava le mani sui jeans con nervosismo.

- Stasera gli altri ed io ordiniamo la cena in camera, sei dei nostri? Vediamo un film, ci conosciamo meglio…

Sorrisi amaramente.

-Non credo sia il caso…tu sei strano, l’ho capito subito, ma gli altri che sono normali adesso mi odieranno…

-Potrei anche offendermi per questo commento!- mi riprese scherzosamente fingendosi offesissimo.

-Ma no dai! Strano in senso positivo!- dissi inclinando la testa di lato e prendendo a fissarlo con aria divertita.

-Si si certo…come no!- disse per poi far schioccare la lingua contro il palato e guardarmi con aria scettica.- Comunque nessuno ti odia…smettila di dire fesserie per favore…

-Tom si…-lo contraddissi abbassando con aria colpevole lo sguardo.

-No che non ti odia! Deve soltanto accettare l’idea, tutto qui.

Mi fissava con aria innocente, le mani piene di anelli giunte sotto il mento.-Ti prego!

Capì che non avrei  mai potuto dire no a quel ragazzo…se mai davvero fossi diventata una di loro e avessi cominciato a conviverci,  l’avrei adorato. Ma tanto l’adoravo già.

Feci una smorfia e lo guardai molto male. Ero convinta che sapeva benissimo come gli altri si sentissero sotto il suo sguardo da cucciolo e stava cercando di incantarmi.

-Bill…non è il caso…

-Fai decidere a me se non è il caso, visto che sono io che ti ho invitata…

Sbuffai lievemente senza riuscire ad impedire ad un sorriso di comparire sul mio volto.

-D’accordo d’accordo! Che stanza e a che ora?- mi informai rassegnata.

Lui cominciò a ballare sul letto sballottando la testa di qua e di là.

-Che bello che bello! La cara e adorabile nuova chitarrista viene a mangiare con noi! Che bello!- sembrava un bimbo di 4 anni in preda ad un attacco di euforia. Risi sotto i baffi e lui mi prese le mani facendomi ballare insieme a lui.

-Mel! Mel!- continuava a ripetere.

-Bill Bill smettila!- cercai di fermarlo.- Sembriamo due esaltati!

-Stanza 214, ovvero la mia, tra…-si fermò sorridendo radioso e guardò l’orologio.-Un’ora!

-A dopo allora!- risposi sorridente.

Si alzò e si diresse verso la porta.

Quando fu già nel corridoio si voltò e mi sorrise teneramente.

-Sono felice che tu abbia accettato…

Storsi la bocca in una buffa espressione scettica.

-Avevo intuito…non credo che balli e salti come un canguro anche quando una cosa ti scoccia eh? Fila va, prima che cambi idea!

Si mise sull’attenti e mi voltò le spalle per poi allontanarsi.

Richiusi la porta, confusa e felice.

Era stato così facile entrare in confidenza con quella strana istrice punk!

Era strano si. Esaltato forse. Ma pur sempre adorabile!

Beeeeeeeeene! Che ne pensate? Anonimo capitolo di transizione lo so, ma mi serve perchè non possono esserci in continuazione colpi di scena se no io stessa che scrivo rischio l'infarto no? Beh spazio ai ringraziamenti:

billa483: Gemi, buon compleanno!!! Sei maggiorenne tesoro!! Quando ti pigli la patente prendi la macchina e vieni giù da me ok?! Comunque grazie, mi fa piacere che la mia storia ti piaccia, il parere della mia gemellina adorata è il più importante! Eeeeeeee....sappiamo bene come è Tom e non sarà facile ottenere delle scuse da lui ma...chi lo sa? Beh lo scoprirai nei prossimi capitoli hihi! Un bacio amore tvtttttttttttttttb

dolce81: Hey! E' una vita che non ci sentiamo! Che bello che segui anche questa mia storia!! Mi fa troppo piacere perchè sai bene quanto ti stimo! E ancora più piacere mi fa sapere che ti piace! Beh ci ho tenuto a precisare che i Tokio sono innanzitutto degli artisti e che la loro commercializzazione non dipende da loro, ma dalla casa discografica che da le autorizzazioni e da tutte quelle sanguisughe di giornalisti e simili che sfruttano la loro immagine per riempirsi le tasche. Mi fa piacere che noti progressi nel mio modo di scrivere e spero che per quanto possa essere transitorio e non molto significativo ti piaccia anche questo capitolo! Baci e fammi sapere!

ElisaRoyalRock: Salve! Che bello, è sempre stato anche un mio sogno, in quanto chitarrista, fare parte dei Tokio! E infatti ho deciso, dandomi un altro nome, di mettere nero su bianco questo mio irrealizzabile sogno! Sono contenta di averti incuriosita e lusingata dai tuoi complimenti. Che ne pensi di questo capitolo? Fammi sapere ;) baci. PS possibile che tu faccia parte di un fanclub che porta un nome in qualche modo simile al tuo nick e che ha scritto al giornale Rockteen?

Bene, fatti i ringraziamenti vi saluto e vi auguro una buona serata!

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Capitolo 3
*** 3 ***


33333

3

 

Mi misi sotto il getto fresco dell’acqua della doccia e mi rilassai, rimanendo immobile per più di mezz’ora. Uscita dalla doccia mi vestii in fretta e in modo molto semplice. Misi su i miei shorts di  jeans scoloriti e una canottiera nera lasciando ai polsi i miei bracciali borchiati.

Presi il cellulare e lo misi in tasca per poi uscire velocemente dalla stanza.

La mia stanza era la 155 e quindi andando ad intuito la 214 doveva trovarsi al piano superiore.

Entrai in ascensore e premetti il tasto del sesto piano.

Con un plink le porte si aprirono e scesi cominciando a percorrere a grandi passi il corridoio. Comiciai a guardare i miei piedi muoversi velocemente. Era una cosa molto infantile a dire il vero, ma ero come ipnotizzata e senza volerlo andai a sbatter contro qualcuno.

-Scusi io…- non potei finire di parlare perché le parole mi morirono in gola quando alzando lo sguardo mi trovai davanti Tom Kaulitz.

Mi fissò torvo senza dire nulla.

-T-ti chiedo scusa…

-Perché stai  cercando di usurpare il MIO posto nella MIA band o perché mi sei piombata addosso?- chiese acido spingendomi da parte.

Mi sembrava più lontano che mai. Non c’era nemmeno l’ombra del sorriso di quel pomeriggio. Era arrabbiato, frustrato e, infondo, triste….glielo si leggeva negli occhi ridotti a fessure.

Rimasi a fissarlo senza sapere cosa dire. Pietrificata dal veleno che le sue parole mi buttarono addosso.

Mi sentivo più colpevole che mai…più sola e più triste che mai…

-Per entrambe le cose…- sussurrai infine in risposta.

-Beh sia nel primo che nel secondo caso sappi che non me ne faccio proprio nulla delle tue scuse!- disse incrociando le braccia in un atteggiamento di chiusura e di manifesta ostilità.

Sentì gli occhi pizzicarmi e il mio orgoglio si fece avanti, inarrestabile.

-Senti…- dissi cercando di mantenere la calma ma fulminandolo con lo sguardo.- Capisco come tu ti possa sentire, ma ciò non ti da il permesso di ostentare tanta arroganza! E poi insultarmi?! Ti rendi conto che prima mi hai dato della puttana?! Cerca di darti una calmata carino che qui sono sorpresa io quanto te!

-E scommetto che tutta questa storia ti dispiace eh?!- chiese lui alzando gli occhi al cielo ed allargando le braccia esasperato.

-No, ma mi dispiace il fatto di crearvi problemi perché è ingiusto quello che mi stanno facendo fare!

Lui mi guardò con disprezzo.

-Quanto sei ipocrita..!

Sbarrai gli occhi.

Nella mia vita mi era capitato che mi dicessero di tutto, ma mai che  mi accusassero di ipocrisia. Era la cosa che odiavo di più, più della falsità nuda e cruda, più della doppia faccia.

Alzai una mano e lo colpii.

Fu un gesto incontrollato, quasi involontario.

Lui mi guardò con gli occhi spalancati dallo stupore e poi l’odio che sprigionava quello sguardo aumentò. Il segno di tutte e cinque le mie dita spiccava sul volto dalla carnagione chiara e mi sentii un po’ in colpa.

Mi afferrò il polso e lo strinse forte per poi sbattermi violentemente contro il muro e premere il suo corpo contro il mio.Il suo viso si avvicinò pericolosamente e sentì il suo fiato caldo sul collo. Le mie viscere fecero un salto.

-Non metterti contro di me, dolcezza…è una pessima idea, te l’assicuro!- mi sussurrò con malignità all’orecchio.

Io ero  immobile. Mi sentivo strana. Averlo così vicino mi dava sensazioni così diverse. Da un lato emozione, quasi eccitazione, dall’altro paura, terribile e devastante paura delle sue parole.

-Che succede?- la voce di Bill lo fece voltare.

I loro occhi si incrociarono e sembrava che parlassero con lo sguardo. Dopo qualche secondo di silenziose spiegazioni Tom mi mollò.

Ansimavo e le mie gambe erano stranamente molli. Eh già..avevo paura delle mie sensazioni, più che delle sue parole.

-Niente…- disse Tom atono. Ci voltò le spalle e se ne andò correndo giù per le scale senza degnarmi di uno sguardo.

-Tutto ok?- mi chiese Bill porgendomi la mano.

-S-si…credo di si…

-Ti ha fatto del male?

-No…ma mi odia…non so cosa sia peggio…

Bill mi carezzò la testa, mi prese per mano e mi condusse con sé verso la 214.

La prima parte della serata passò lenta e pesante.

Io non ero in grado di intendere e di volere. Georg e Gustav tentavano di fare conoscenza ma io non ero per nulla collaborativa, sconvolta ancora più del lecito.

Però potei constatare che Gustav e Georg erano molto simpatici e cosa più importante di tutte, non mi odiavano.

Gustav era un tipo schivo e timido che non amava stare al centro dell’attenzione. Parlava solo se interpellato o se doveva calmare i bollenti spiriti degli altri due mentre Georg era un tipo molto alla mano. Scherzoso e tranquillo. Sapeva stare al gioco  e riusciva a farmi sorridere anche solo con una occhiata.

-Raccontaci qualcosa della tua vita in Italia…- mi chiese Georg curioso.

Io ero ancora scossa e turbata dallo scontro con Tom ma decisi che la mia vita era un buon argomento di conversazione per legare con loro.

-Beh…Vivo in Sicilia con la mia famiglia, mio padre, mia madre e il mio fratellino di otto anni, Giovanni.

Frequentavo il liceo classico ma adesso studio per corrispondenza…- spiegai sorridendo.

-Quando hai cominciato a suonare?- mi chiese Gustav interessato.

-A 14 anni…ero in terza media ed ho visto una chitarra elettrica nella vetrina del negozio vicino casa mia e ho scongiurato i miei di comprarla perché…mi aveva stregata! Mio padre mi comprò una chitarra acustica blu che presto divenne la mia compagna di vita. La portavo ovunque e strimpellavo a qualsiasi ora. Mi mandarono da un insegnante e nel giro di un anno potei smettere di prendere le lezioni e rendere indipendente la mia musica.

Cominciai a comporre testi e a porli su una melodia sempre di mia creazione e un giorno incontrai quelle che poi sarebbero diventate le mie migliore amiche. Una suonava il basso, una la chitarra elettrica e l’altra la batteria.

Decidemmo di formare una band. Maddalena cantava al posto di suonare la chitarra elettrica e lasciò a me il ruolo di chitarrista e compositrice…-li guardai ad uno ad uno ascoltare tutti presi il mio racconto.- Non è che vi sto annoiando?- chiesi alzando un sopracciglio.

-No no…è interessante.- rispose Bill – E come mai sei venuta qui da sola?

-Beh le altre non volevano fare della musica la loro vita…o almeno i genitori non glielo permisero e così partii per la Germania, sperando di trovare successo lontano da casa…

Ho incontrato Carl ad un provino e lui mi ha accolta sotto la sua ala protettiva…

-Capisco…-disse Gustav sorridendo.-Siamo felici di averti tra noi Mel…- concluse dandomi una pacca sulla spalla.

-A quanto pare non tutti…-risposi alludendo a Tom.

-Gli passerà vedrai…

In quel momento il cellulare di Bill squillò e lui rispose con un sospiro vedendo il numero della persona che lo stava chiamando ed evidentemente riconoscendolo.

-Tom! Ma dove sei finito?!

Ero vicina a Bill abbastanza da poter sentire le parole del gemello.

-La ragazza è ancora li?

-Si…

-Beh cacciala dalla stanza se non vuoi che finisca male…

Ebbi un fremito.

-Tom non dire cazzate per favore…

-Mandala via…sto arrivando…

Sentii Tom chiudere la chiamata e il consueto Tu tu tu  ricominciare a risuonare attraverso l’apparecchio.

-Bene ed io andrei…-dissi rassegnata sperando fortemente che nessuno mi fermasse e fortunatamente nessuno si oppose quando io li salutai e mi avviai verso la porta.

Bill mi raggiunse e mi prese la mano fermandomi.

-Ti accompagno…

-Non ce n’è bisogno Bill stai tranquillo..!

-Non mi fido di mio fratello quando è sconvolto…

Non risposi. Mi limitai ad abbassare lo sguardo autorizzandolo tacitamente ad accompagnarmi.

Restammo in silenzio per tutto il tragitto e arrivati davanti alla porta della mia stanza, lui mi fece voltare.

-Stai tranquilla…tutto andrà bene…- mi promise alzandomi il volto con un dito sotto il mento.

Sorrisi a malapena. Non riuscivo a togliermi dalla mente l’espressione ferita di Tom. L’avevo anche picchiato. Ero ingiusta, ingiusta e meschina.

Non ebbi il tempo di dire nulla che sentii le labbra di Bill sfiorarmi la guancia.

Sorrisi davanti a quel gesto così spontaneo e smaliziato.

Ricambiai il bacio e lo salutai.

-Buonanotte piccolo esaltato…- ghignai.

-Avrei da ridire sul piccolo…- disse facendosi pensoso e indicandosi per intero.

Beh…con i suoi 180 cm di altezza poteva essere definito tutto tranne che piccolo. Ma infondo era così dolce.

-Ma sei piccolo lo stesso…- lo canzonai dolcemente.

-Buonanotte…- mi disse sorridendo per poi girare sui tacchi ed andarsene.

Richiusi la porta e mi buttai sul letto.

Era stata una giornata pesante e piena di sorprese. Cosa dovevo aspettarmi dal giorno successivo?

Hey guys! Che ve n'è parso di questo capitolo?! Ho cercato di renderlo un po' più interessante del precedente e spero di esserci riuscita...che dite?

Prima di lasciarvi volevo ringraziare angeli neri (grazieeeee!! Beh ti capisco...scrivendo lo scorso capitolo mi è venuto un irrefrenabile impulso coccoloso!! Volevo andare a prendere Bill e spupazzarlo tutto! Sinceramente non credo che nella realtà sia come lo descrivo io, ma voglio immaginarmelo così =D) e sbadata93 (mi fa piacere che adori la mia storia e si, Bill è tutto un programma!! Completamente fuori di testa!!) che hanno commentato lo scorso capitolo e anche coloro che hanno letto senza commentare (nella speranza che stavolta mi lascino una recensioncina piccina picciò anche solo per dirmi  che scrivere non è cosa mia!! ) Baci gente vivibi!

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Capitolo 4
*** 4 ***


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4

 

Il giorno dopo mi svegliai abbastanza tardi. L’orologio segnava le 12 e 30 ed io ero ben determinata a crogiolarmi nell’ozio fino a nuovo ordine.

Il torpore che mi avvolgeva non sembrava neanche lontanamente voler liberarmi e la giornata si preannunciava negativa.

Avevo come un sesto senso nel riconoscere le giornate-no e quella lo era decisamente.

Purtroppo dovetti rinunciare al mio bel programmino per la giornata, poiché guardando il cellulare mi accorsi di un messaggio di Carl.

 

Melanie oggi alle 15 c’è il tuo “provino”.

 Sei già nel gruppo ma è giusto dimostrargli cosa sai fare.

Mi raccomando sii puntuale e sveglia…imbottisciti di caffè fai quello che vuoi,

ma devi essere al meglio! Baci

 

Sbuffai buttando il cellulare sul letto, accanto a me.

Che scocciatura!

Avrei dovuto rivedere Tom, sentire di nuovo su di me il suo sguardo pieno di rancore che sembrava mirare a farmi sentire una schifezza.

Per fortuna adesso ero più a mio agio in compagnia di Bill Georg e Gustav, ma, ne ero certa, sarebbe bastata un’occhiata da parte del chitarrista per farmi sentire sbagliata e fuori posto.

Di malavoglia mi alzai e mi misi sotto la doccia, cercando di lavare via il sonno e il senso di colpa, ma entrambi rimasero dov’erano.

Mi lavai accuratamente con tutti quei saponi dall’odore paradisiaco che “popolavano” quella straordinaria cabina doccia, degna della vasca che mi aveva tanto colpita il giorno prima.

Uscì grondante d’acqua dal bagno e mi avvolsi in un telo.

Tirai fuori dall’armadio i miei jeans larghi e la mia canottiera nera e li indossai con gesti automatici che mi facevano sembrare più un robot che una persona.

Erano ancora le 13,30 quando finii di prepararmi e decisi di ordinare il pranzo in camera.

Telefonai alla reception e ordinai una granita caffè con panna. Speravo la facessero buona li in Germania perché era una delle cose che mi mancavano di più della mia Italia.

Era caffè.

Era freddo.

C’era la panna!!!

E quindi mi piaceva.

Dopo 20 minuti suonarono alla porta e un cameriere del ristorante dell’albergo mi porse la mia granita e una brioche.

Mi sedetti sul letto con il vassoio sulle gambe e mangiai con calma.

Mi sorprese la somiglianza di quella granita con quella italiana. Non era male! Certo la panna non era buona come quella del mio paese, ma era meglio di quanto mi aspettassi.

Quando finii di mangiare erano ormai le 14,45 e decisi di avviarmi con la mia Gibson in spalla e l’amplificatore a mo’ di valigetta.

Presi un taxi che in men che non si dica mi portò alla sala registrazioni.

Prima di spingere la porta e entrare tirai un profondo respiro, chiusi gli occhi e contai fino a 10.

Mi serviva per rilassarmi e ne avevo decisamente bisogno. Ma doveva far vedere ancora una volta a Tom quanto valevo e,forse, mi avrebbe accetta.

Presi coraggio ed entrai.

Nell’entrata non c’era nessuno, mi diressi verso la sala registrazioni vera e propria e vi trovai il gruppo intento a sistemare i propri strumenti.

Quanto entrai salutando con un flebile ma comprensibile Ciao, i 4 si voltarono.

Bill, Gustav e Georg mi salutarono allegramente mentre Tom mi ignorò del tutto, rimettendosi come se niente fosse ad accordare la sua chitarra.

Era una magnifica Gibson, rossa fiammante, un colpo d’occhio a differenza della mia che era nera.

Rimasi a guardare le sue mani muoversi piano sulle corde, il plettro tra le labbra contratte in una espressione di pura concentrazione, gli occhi socchiusi.

Era bello. Solo guardarlo mi dava una fitta allo stomaco.

E sapere che mi odiava era come una pugnalata.

Dovevo scusarmi per averlo colpito, il giorno prima. Dovevo assolutamente chiedergli scusa.

Era normale la sua reazione, era lecita e comprensibile.

Mi avvicinai cautamente e quando fummo a pochi centimetri l’uno dall’altro, lui seduto su uno sgabello ed io in piedi di fronte a lui, alzò il capo e mi guardò negli occhi.

Di nuovo quel rancore.

Di nuovo quella rabbia.

-Io…ehm….io v-volevo…

-Salve ragazzi!- esordì il loro manager entrando nella stanza seguito da Carl e quindi interrompendo il mio inutile e patetico tentativo di scusarmi.

Jost mi porse la mano e Carl mi poggiò la sua sulla spalla.

-Bene ragazzi, eccoci qui! Innanzi tutto direi che Melanie potrebbe mostrarci cosa sa fare, che ne dite? E poi magari provate a suonare una vostra canzone tutti insieme, per instaurare il feeling necessario.

Tre dei quattro ragazzi annuirono, inutile dire chi fu a sbuffare.

-D’accordo- dissi io sicura di me cominciando a sistemare l’amplificatore e tutto il resto.

Provai a suonare le corde per vedere se erano accordate correttamente e poi passai la tracolla sulle spalle mettendomi in posizione.

-Quando volete possiamo cominciare.

Jost annuì e Carl intervenne:

-Che pezzo pensi di fare?

-Il pezzo che ho scritto con il mio vecchio gruppo in Italia…You’re not here.

Carl alzò il pollice in segno di assenso ed io cominciai.

Dopo la breve e tranquilla introduzione dai toni bassi e gravi decisi anche di cantare, per dare più enfasi alla canzone.

 

I look at my way but you’re not by my side

I cry all my pain but it not give me you again!

I put out of my mind every memorie of you

Honey, I try to carry on but you’re always in my head.

 

Strinsi forte la chitarra come se mi ci stessi aggrappando e con una pennata violenta diedi inizio al ritornello.

 

Why are you not here?

Why did you leave me alone?

Stay with you it’s all I wanted

And all I will want until the end!

Come back and I will run to you’re arms!

 

Diminuì la violenza delle pennate e la velocità della melodia.

Cantai la strofa successiva guardando negli occhi Tom, che, mi accorsi con grande stupore, mi stava fissando…senza odio, senza rancore, solo con attenzione.

Non riuscì più a concentrarmi sulle parole e continuai a cantare senza porvi particolare attenzione.

 

So give me a reason to understand you’re not mine, angel…

 

Quando finii chiusi piano gli occhi e portai le braccia lungo i fianchi.

Cominciarono a battermi le mani, tutti tranne Tom che mi voltò le spalle.

-Brava!- disse allegramente Georg sorridendomi.

Bill mi buttò le braccia al collo.

-Sei dei nostri…-mi sussurrò all’orecchio con voce allegra.

Gustav mi strinse la mano con vigore.

-Complimenti, Mel

Jost mi porse il foglio del contratto per farmelo firmare.

Quel foglio mi faceva paura. Quelle frasi nero si bianco, il mio ingresso nella loro band nero su bianco, mi sembrò una responsabilità esponenzialmente più gravosa di quanto immaginassi.

Esitai e mi tirai indietro.

-N-non lo so…-balbettai arrossendo.

-Ma che stai dicendo Melanie!?

Sul volto di Carl si dipinse un’espressione sconvolta e sconcertata.

-Devo pensarci bene…-risposi in tutta sincerità facendomi piccola piccola.  Finchè Tom non fosse stato d’accordo non avrei mai potuto firmare quel contratto. Mi avrebbe legata al suo odio, al suo rancore.

David sorrise gioviale e mi diede una pacca sulla spalla.

-Sei una ragazza con la testa sulle spalle! Fai bene a volerci pensare bene, prenditi tutto il tempo che vuoi, d’altronde è una scelta importante!

Gli rivolsi uno sguardo pieno di gratitudine che però si spense quasi subito.

-A quanto equivarrebbe “tutto il tempo che voglio”?- chiesi dubbiosa.

-Hai tempo fino a domani!

Alla faccia del tempo che voglio!

Annuii rassegnata.

Sarebbe stata una lunga giornata!

 

 

Uffa! Perché tutte le rogne dovevano capitare proprio a me?! Perché doveva essere tutto così difficile?!

Ero sdraiata sul letto a baldacchino, su quelle lenzuola nere che adoravo. Dallo stereo si diffondeva a tutto volume la mia canzone  preferita, Time is running out e sentivo che davvero il tempo stava scivolando via, stava correndo per rendermi tutto più difficile.

Riflettevo sulla situazione e mi sembrava che non ci fosse via d’uscita. Accettando Tom avrebbe abbandonato il gruppo, era stato abbastanza chiaro, non accettando avrei perso un’occasione unica che probabilmente non mi sarebbe mai più ricapitata.

Jost non si sarebbe mai sopporto un rifiuto e, mettendomi contro di lui, avrei avuto terra bruciata tutto intorno a me, mi avrebbe messo contro tutta la Universal e non solo avrei dovuto dire addio all’opportunità di avere successo, al mio sogno di sempre.

Avevo voglia di urlare!

I miei nervi stavano per cedere definitivamente e credo che se avessi avuto qualcuno accanto in quel momento l’avrei picchiato. In assenza di individui su cui scatenare la mia ira funesta colpii violentemente il cuscino e poi lo scagliai contro il muro sbuffando.

Mi sentivo una pazza furiosa ma per non impazzire davvero dovevo sfogarmi.

Ad un tratto il mio cellulare squillò, avvisandomi che era arrivato un sms.

Il numero del mittente non lo conoscevo e il messaggio mi lasciò un po’ interdetta.

Tra 5 minuti nella hall.

Non sapevo chi potesse essere il mittente e sapevo che era rischioso presentarsi all’appuntamento, ma la mia indole curiosa e impaziente mi spinse a sistemarmi velocemente i capelli, truccarmi appena e catapultarmi fuori dalla mia stanza.

Durante il tragitto in ascensore cominciai ad ipotizzare di chi potesse essere il messaggio.

Carl…no, avevo il suo numero.

David…mi avrebbe detto che era lui, un manager non manda mai messaggi così sintetici, lo sapevo bene.

Uno dei ragazzi…beh poteva essere…

E ultima ma forse remota ipotesi era che si trattasse di un maniaco pronto a saltarmi addosso.

Con il consueto plink le porta dell’ascensore si aprirono e volai letteralmente fuori dall’abitacolo, impaziente di scoprire  chi mi avesse dato l’appuntamento. Nella hall c’erano diverse persone…

Chi chiacchierava amabilmente, chi chiedeva informazioni, chi faceva foto, chi probabilmente aspettava il taxi e chi parlava al telefono, grassi uomini d’affari che sbraitavano contro il receptionist, dive e divi bardati come a carnevale nel tentativo di non farsi riconoscere…ma nessuna faccia conosciuta.

Non conoscevo nessuna di quelle persone…pensai fosse tutto uno scherzo ma improvvisamente il mio  cellulare cominciò a squillare. Il misterioso mittente del messaggio di poco prima mi stava chiamando.

-Pronto?- risposi in un patetico tentativo di sembrare sicura.

-Voltati…- mi disse una voce profonda e roca.

 

 

Ciao a tutte!! Nuovo capitolo!! Che ne pensate? Eh si sono cattiva, vi lascio sul più bello...hih! Sono aperte le scommesse! Chi pensate che sia il misterioso mittente del messaggio? Secondo me è abbastanza ovvio e avrete già capito tutti ma fatemi sentire le vostre ipotesi! =)

 

pandina_kaulitz: Grazieeee!! Eh si...Tom è stato proprio duro...che cafone! Ho creato un personaggio abbastanza docile, fossi stata io gli avrei sputato in entrambi gli occhi della serie o ti dai una calmata o ti dai una calmata! Hihi...che ne pensi d questo cap? Chi pensi sia il misterioso mittente del messaggio? Un bacio.

 

ElisaRoyalRock: Danke danke danke! Ho già detto danke?! Hihi. Comunque mai dire mai dico sempre io…chissà cosa succederà…^^ Tu chi pensi che sia il mittente del messaggio?! Fammi sapere che ne pensi di questo capitolo mi raccomando! Kuss

 

Dolce81: Sono contenta che la storia ti incuriosisce e mi fa piacere che il secondo capitolo non ti sia sembrato banale…temevo fortemente che lo fosse =) Mmmmm per quanto riguarda Tom, ti dirò…io di lui ho un’immagine ben precisa, ovvero il ragazzino viziato abituato ad avere tutto subito e solo per lui. Non gliene faccio una colpa, ma essendo famoso da quando aveva 13 anni…credo sia normale! Perciò ho cercato di tener fede a questa mia opinione nel costruire il comportamento del personaggio che gli ho cucito addosso (perché indubbiamente nelle fanfic siamo noi che creiamo i personaggi…possiamo basarci su fonti reali, ma è pur sempre un personaggio “inventato” quello intorno al quale strutturiamo la nostra storia). Bill è Bill…dolce e sensibile….questa descrizione che ho dato di lui invece differisce di gran lunga dall’opinione che ho di lui, che considero alla stregua del gemello con l’aggravante di quel leggero velo (chiamalo leggero) di “falsità” che lo avvolge, mi spiego: lui si è creato un personaggio difficile, angelico, eternamente bambino e esageratamente spontaneo e romantico e talvolta questa maschera oscilla. Lo si vede da una sola occhiata diversa dalle altre, da un solo gesto più esplicito che non è un angelo come vuole far credere. Tu che ne pensi? Su chi scommetti?  Aspetto tue notizia ^^ Baci

 

Babakaulitz: Sono contenta che la mia idea ti abbia rapita! Che bello che hai deciso di recensire! Continua a farmi sentire che ne pensi, mi raccomando! Un bacio!

 

Volturina: dal tuo nome intuisco che hai letto la saga di Twilight vero?? Grandi i Volturi!! Vorrei essere una di loro xD! E poi rapirei Edward e Jacob (anche se è un cane!)! Se invece non hai letto Twilight (anche se in questo caso non mi spiegherei il nick) leggilo! Mi raccomando! ^^ Comunque mi fa piacere che la fanfic ti piace!! Per ora sono incasinatissima con l’inizio della scuola, i test d’ingresso, il greco e il latino ecc ma quando sarò più libera prometto che leggerò la tua fanfic ^^ Un bacio! Ps: Chi pensi abbia dato appuntamento a Mel??

 

Angeli neri: Eh si! Tom sarebbe davvero da prendere a schiaffi e infatti Mel lo ha fatto! Grande Mel Melluccia! xD Mmmm…per quanto riguarda Bill per il momento, nei miei piani, c’è solo un fortissimo affetto fraterno nei confronti di Mel, ma non si sa mai!! Che ne pensi di questo capitolo? Chi sarà il misterioso mittente del messaggio?! Fammi sapere eh! Baci =)

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Capitolo 5
*** 5 ***


6!!!

5

 

Quasi mi prese un colpo quando voltandomi trovai, appoggiato alla parete con il cellulare fra le mani e il cappellino calato sugli occhi Tom Kaulitz, in tutta la sua strafottenza.

Mi avvicinai cercando di ostentare sicurezza e cercando di mostrarmi più tranquilla che mai.

-Ciao..- salutai arrivata davanti a lui.

-Ciao…-mi rispose lui sistemandosi il cappellino e staccandosi con una lieve spinta della schiena dalla parete.-Hai un minuto?

-Anche due…-risposi.

-Bene…vieni con me…- mi disse e si avvio verso l’uscita dell’hotel dandomi le spalle.

Una volta fuori a passo sicuro si diresse verso il parco di proprietà dell’albergo, un parco ricco di vegetazione, rigogliosa e minuziosamente curata.

Grandi querce secolari ne delineavano i limiti, la gente se ne stava seduta nei pressi delle radici di questi grandi alberi e chiacchierava tranquillamente, beandosi della calma che circondava quel piccolo angolo di paradiso.

Davanti a noi si stagliava una grossa fontana di vetro dalla quale sgorgavano tenui getti d’acqua che andavano a riflettersi sulle pareti vitree.

Si sedette sotto un albero davanti alla fontana e io lo imitai, sedendomi di fronte a lui.

Si appoggiò al tronco e chiuse gli occhi, tirando un profondo respiro come per prepararsi ad un discorso particolarmente difficile.

Era bello. Troppo bello. Mi permisi di guardarlo bene approfittando del fatto che aveva gli occhi chiusi.

I lunghi rasta erano sciolti e ricadevano selvaggi sulle spalle e uno gli ricadeva dritto dritto davanti all’occhio destro.

-Allora…-cominciò senza aprire gli occhi.- hai deciso cosa fare? Riguardo il contratto intendo…

Rimasi spiazzata dalla calma con cui aveva pronunciato quelle parole.

-No…-risposi sinceramente.

-Non hai niente a cui pensare, la decisione da prendere è più che ovvia mi pare.-disse aprendo gli occhi e prendendo a fissare intensamente i miei.

Rimasi di sasso, immobilizzata da quegli occhi color nocciola che sembravano determinati ad incatenarmi, prostrarmi e ammaliarmi.

-Hai ragione…il chitarrista sei tu e non posso invadere il tuo “territorio”…mi farò da parte, io…- sussurrai con un fil di voce prendendo a guardare l’erba che morbida ricopriva la terra sotto di noi.

-No.-mi interruppe.

Lo fissai perplessa.

-Devi firmare quel maledetto contratto Mayer, è un’occasione che non si ripeterà molto presto e…-richiuse gli occhi.-mi costa ammetterlo ma sei brava, hai davvero talento da vendere…

Adesso mi fissava di nuovo negli occhi, aspettando la mia reazione.

Io ero senza parole, non mi aspettavo di sentirmi dire certe cose da lui, proprio da lui che mi odiava con tutto se stesso.

-Ma…tu…tu mi odi, come puoi accettarmi nella band?

Sorrise sghembo.

-Non ti odio Mayer, è solo che sono impulsivo e irrimediabilmente orgoglioso…quindi non ti aspettare che ti chieda scusa perché non lo farò…

Sorrisi a mia volta.

-Non mi aspetto scuse da te…sono io a dovermi scusare per averti schiaffeggiato, non avrei dovuto ma anche io sono impulsiva e orgogliosa e aggiungerei lunatica logorroica rompiballe e pedante e…

-Ok ok ho capito il concetto, scuse accettate…-disse sogghignando e tappandomi la bocca con la sua grande e calda mano.

Sorrisi contro le sue dita, dita da chitarrista, ruvide e calde.

Mi avvicinai e mi sedetti accanto a lui, appoggiata con la schiena all’albero.

-Sono felice che non mi odi…tra chitarristi bisogna intendersi se no ci scanneremo ai concerti e alle registrazioni…dobbiamo lavorare insieme, diventare una cosa sola.

-Ehy per diventare una cosa sola basta chiedere!- disse sorridendo incurvando le labbra con malizia.

Lo spintonai piano.

-Non in QUEL senso! Dobbiamo essere in sintonia se vogliamo che tutto questo funzioni.

Annuì e sorrise, ma fu un sorriso così luminoso che mi portò a credere che neanche il sole quel giorno brillasse di più

-Lo so… ce la faremo!

Mi poggiò una mano sulla spalla e mi scostò dagli occhi una ciocca di capelli ribelle.

Feci una smorfia.

-Che capelli che ho!

Ridacchiò.

-Sono abbastanza…ehm…mossi. Ma si può fare di meglio!

Detto questo mi poggiò una mano sul capo e mi impastò i capelli.

-Kaulitz!!!- ruggii senza riuscire a nascondere quella inevitabile nota di divertimento nella mia voce.

-Così sei proprio carina, Mayer!

Soffiando da un angolo della bocca scostai un altro ciuffo di capelli ribelli. Ero serena come mai ero stata prima. Ero felice.

Era l’inizio di qualcosa di nuovo. L’inizio dei nuovi Tokio Hotel.

 

 

 

Firmai il contratto. In pochi giorni presi i ritmi della band, registrammo le canzoni vecchie e nuove con il supporto della mia chitarra e l’affiatamento crebbe.

Diventai una di loro, niente di più niente di meno Erano i miei amici. Tom aveva superato qualsiasi ostilità, anzi a volte esagerava con le manifestazioni di affetto…

Erano passati già due mesi quando facemmo il primo concerto, il primo concerto dal momento del mio arrivo.

Eravamo nel back stage, la tensione era alle stelle, c’era silenzio. Io ero tesissima. Avevo paura di non essere all’altezza, di non essere degna dei Tokio Hotel e di attirare l’antipatia dei fans.

I giornaletti di gossip avevano tenuto in prima pagina per diverse settimane la mia unione nella band e avevo fatto diverse interviste cercando di essere me stessa il più possibile. Secondo i sondaggi il pubblico maschile era aumentato notevolmente e il pubblico presente al concerto ero più vario del solito.

Mancava meno di mezz’ora. Avevo paura, ero nel panico.

Una mano gentile si posò sulla mia spalla ed io mi voltai trovando davanti a me un Gustav sorridente e tranquillo.

Ammiravo il suo sangue freddo. Era un ragazzo pacato serio e responsabile.

In parecchie occasioni in cui mi ero sentita inadeguata e avevo persino preso in considerazione l’ipotesi di mollare, lui era al mio fianco, pronto a sostenermi e a darmi forza.

Sorrisi.

-Tranquilla, Mel…sarai fenomenale come al solito!

-Ma ho paura Gustav…- lo abbracciai sull’orlo di una crisi di nervi dovuta al panico.-Tu hai migliaia di fan venuti per sostenerti la fuori, hai Karin…io chi ho sotto il palco a sostenermi? Molte fans mi odiano perché pensano che vi seduco durante le prove!

Karin era la fidanzata di Gustav ormai da 2 anni, lo sosteneva sempre ed era una ragazza energica e brillante, con mille idee per la testa e saldi principi morali.

Eravamo diventate amiche in quei due mesi.

Diceva sempre che ero speciale e quasi quasi me ne convincevo quando ero con lei, perché la sua sola presenza al mio fianco mi faceva sentire più sicura, più determinata.

-Anche tu hai Karin a sostenerti! Ti adora! E poi hai un sacco di fan, sia tra i ragazzi che tra le ragazze…sono le gallinelle ad odiarti, le vere fan, quelle che ci seguono per la musica, ti adorano, ne sono certo! Hai talento, lo sai…devi solo dimostrare ciò di cui sei capace!- mi fece l’occhiolino e si andò a sedere sulla poltrona della sala wellness, con le bacchette fra le mani cercando di ripassare il ritmo. La pura immagine della concentrazione.

Mancavano dieci minuti; mi voltai verso Tom in cerca di sostegno morale e lui mi sorrise, incrociando il mio sguardo. Mi sedetti accanto a lui sul divano e lui mi si avvicinò.

-Vuoi un bacio per tranquillizzarti?-mi sussurrò all’orecchio.

Ridacchiai e lo spintonai.

Lui rise e si massaggiò la spalla come se l’avessi ferito gravemente.

-Ma perché?! Guarda che i baci tranquillizzano!

-Non lo metto in dubbio ma sei molesto Kaulitz!

Continuavamo a chiamarci per cognome.

-Mayer sei crudele però!

-E’ una delle mie migliori qualità!

David e Carl irruppero nella sala sorridenti come non mai.

-5 minuti ragazzi!- annunciò Jost in preda a una paralisi facciale per un sorriso da oscar.

Mi agitai ancora di più e rimasi in silenzio per il resto del tempo che ci restava.

Mi sentivo come una condannata a morte che si avvia al patibolo quando insieme agli altri salii sul palco.

Tom cominciò. 8 tempi ed entrai anche io.

16 tempi. Ecco Georg. 8 tempi, Gustav. Ed ecco che entrò Bill.

Suonavo la nostra ultima canzone con attenzione e concentrazione. Non sorridevo, ero troppo tesa!

Alzai lo sguardo per un attimo e vidi almeno 4 o 5 cartelloni con su il mio nome  solo nelle prime file. Sorrisi rincuorata e mi lasciai invadere dalla potenza della musica, della mia musica.

Ci attenemmo rigorosamente alla scaletta, e ad un certo punto, quando finimmo le nuove canzoni, prima di dare spazio a qualcuna di quelle vecchie, Bill mi chiamò accanto a sé, al centro del palco.

-Ed ecco a voi, Melanie Mayer!

Grida euforiche si innalzarono dal pubblico e io arrossii.

Bill mi porse il microfono ed  lo guardai terrorizzata.

-Su di qualcosa-mi sussurrò sorridendo incoraggiante.

Presi riluttante il microfono e mi schiarii la voce.

-Ehm..salve gente! Sono Melanie Mayer, ma credo che già lo sappiate…ehm no, cioè non per presunzione ma credo che i giornali vi abbiano parlato della novità della mia unione alla band fino allo sfinimento.- mi grattai la  nuca imbarazzata arrossendo ancora di più. Stavo facendo la figura della stupida! Mi voltai verso Tom che mi alzò il pollice strizzandomi un occhio.

-Beh, per me è strano essere qui e…e sono tesissima…cioè sono in mezzo ai vostri idoli e mi sento tanto fuori luogo e…wow! Però siete tanti! Salendo sul palco mi stava venendo un colpo! Non avevo mai fatto un vero concerto. Sono italiana, anche se dal nome non si direbbe…li quando suonavo c’erano le solite 5 persone…beh diciamo 8, per pensare positivo!

E’ un’emozione stranissima! Spero di essere all’altezza delle vostre aspettative perché se devo essere sincera ho una fifa tremenda…adesso non vi trattengo oltre con le mie turbe mentali, lasciamo spazio alla musica, che credo sia ciò per cui siete qui questa sera!- mi inchinai e mi tirai indietro, investita dagli applausi del pubblico.

Tom mi sorrise soddisfatto ed io sospirai.

Ce l’avevo fatta, ce l’avevo fatta davvero!

Il concerto continuò tranquillamente e tutto andò liscio.

Quando scesi dal palco non vedevo già l’ora di risalirci!

Bill mi abbracciò forte.

-Sei stata grande! Sei stata…sei stata te stessa! E credo che non potessi fare cosa più gradita al pubblico! Ti adorano! Sei vera, è questo che colpisce di te…

Lo strinsi a mia volta, contenta e soddisfatta delle sue parole.

-Spero che continuerai ad esserlo…non è facile in questo mondo pieno di compromessi. Te lo dice  uno che ne ha dovuti accettare proprio tanti di compromessi.

Gli sorrisi e gli diedi un bacio sulla guancia.

Arrivarono anche gli altri.

-Mel ce l’hai fatta!- esclamò Georg allungandomi le braccia.

-Si! Ce l’ho fatta!- risposi euforica saltandogli addosso in stile koala.

-Che ti avevo detto io?!- mi chiese Gustav sorridente. –Sei grande!

Erano i miei amici, erano la mia famiglia, erano la mia vita.

Salve gente! Scusate l'enorme ritardo! Cercherò di aggiornare prima d'ora in poi ma la mia vita è un casino totale tra scuola, compiti (Greco e Latino grrrrrrrrrrrrrrr), lezioni di chitarra, raduni hippie e impegni vari..! Però vi consolerà sapere che mi sento particolarmente ispirata! Qui piove spesso per ora ed io adoro la pioggia! Mi ispira! Un immenso grazie a tutti coloro che hanno recensito e spero che mi farete sapere ancora  cosa ne pensate! Per problemi di tempo non posso ringraziarvi ad uno ad uno ma sappiate che per me i vostri giudizi, i vostri commenti, i vostri piccoli scleri (xD) sono importantissimi! Vi ringrazio di cuore! Un baci e a presto (spero^^) Ps: Questa è Mel ^^

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Capitolo 6
*** 6 ***


6...

6

 

Quella sera andammo tutti in discoteca, compreso lo staff e i collaboratori.

C’eravamo solo noi nel privè, in tranquillità, come persone normali, come ero pochi mesi prima.

Bill, Gustav, Karin, Gerog, Tom ed io eravamo seduti sui divanetti.

Tom aveva già bevuto 5 cocktail da quando eravamo arrivati, ovvero 10 minuti prima, ed era completamente ubriaco; rideva sguaiatamente seguito da Georg che era quasi nelle sue stesse condizioni.

Bill ne aveva bevuti 3 ed era andato quanto gli altri due mentre Gustav e Karin facevano i piccioncini.

Tze! Ma perché l’unica normale ero io?!

Mi ero stufata della mia solitaria integrità mentale e così presi il secondo cocktail, anche se già dopo il primo mi girava un po’ la testa. Non reggevo l’alcol, non l’avevo mai retto più di tanto: mi bastava davvero poco per uscire di testa!

Grazie al cielo quella sera la grazia divina, o forse il mio provvidenziale senso di responsabilità, mi impedirono di bere il terzo cocktail e arrivai dopo 2 ore ancora semi-cosciente.  Ad annullare i miei sforzi di rimanere lucida ci pensò Tom.

Mi prese per mano e mi portò in pista.

-Ma che fai?!

-Balliamo!- mi rispose semplicemente sorridendo.

Cominciò a stringere il mio corpo contro il suo in maniera forse troppo sensuale. Non riuscivo a staccarmi, o forse non ne avevo nemmeno voglia. Mi sentivo avvampare ma cercavo di non darlo a vedere. Tom ed io ci stuzzicavamo sempre, come due bambini, ma adesso il gioco stava diventando troppo pericoloso.

Mi teneva stretta a sé, spingendomi contro il suo corpo e accarezzandomi la schiena. Mi lasciai sfuggire un sospiro.

I nostri bacini erano incollati ed io ero del tutto su di giri. Mi sentitosi imbarazzata, ma anche emozionata da morire perché era la prima volta che avevo un contatto così intimo con il mio bel chitarrista.

-Ricordi quella volta nel corridoio, il primo giorno che ci siamo conosciuti?- mi chiese placidamente sorridendo sghembo e alitandomi alcol sulla faccia.

-Si, Kaulitz, ricordo…ma allontanati che puzzi di alcol in maniera schifosa!- dissi usando quel minimo di autocontrollo che mi era rimasto e cercando di allontanarmi da lui che però non sembrava volermi lasciare andare.

Mi trascinò in un angolo e mi spinse con delicatezza contro il muro. Spalancai gli occhi, indecisa tra l’avere paura e il lasciarmi andare.

-Cosa ti ricorda?- mi chiese piano quasi in un sussurro.

-Che non ho avuto ancora prova della tua pericolosità…- risposi ridacchiando al sol ricordo ma non potendo impedire ad un brivido di percorrermi la schiena. Avevo appena detto qualcosa che poteva indurlo a pensare che fossi ben disposta alle sue attenzioni. Non andava bene. No no non andava bene  per niente!

-Non metterti contro di me, dolcezza…è una pessima idea, te l’assicuro!- recitò esattamente come quella volta. Sorrisi e lo guardai negli occhi. Il suo sguardo era quasi supplicante, lo sguardo di un cucciolo bisognoso di attenzioni. Il “cucciolo” cominciò a posarmi lievi baci sul collo, baci pian piano più violenti che si trasformarono gradualmente morsetti giocosi e sensuali.

Rimasi spiazzata, non sapendo se opporre resistenza oppure no. Mi irrigidii. Non andava bene per niente…proprio per niente!

Alzò il volto cominciò a baciare ogni centimetro del mio viso. Lo sentivo fremere, e neanche a me era indifferente quel che stava succedendo.

Stavo quasi per lasciarmi andare, ma una vocina saggia nella mia testa mi disse di pensare alle conseguenze che le nostre azioni avrebbero provocato e improvvisamente la decisione mi apparve ovvia.

-TomTom, basta smettila…- dissi allontanandomi da lui e tirandomelo via di dosso.

-Perché?- chiese con la voce impastata dall’alcol e un’espressione cattiva, delusa e scocciata stampata sul volto.

-Perché non possiamo….-dissi semplicemente.

-Invece si!- disse come un bambino prepotente a cui è stato negato un capriccio e mi baciò le labbra con violenza, quasi necessità, impazienza.

Lo spinsi via.

-No Tom!- dissi decisa scandendo ogni sillaba.

Si voltò e se ne andò senza dire nulla, scazzato come non mai alzandomi il dito medio come palese invito ad andare a fanculo.

Rimasi li, contro il  muro ancora caldo per la pressione esercitata dal mio corpo.

-Era ubriaco, solo ubriaco…-sussurrai cercando di tranquillizzarmi.

Chiusi gli occhi.

Ma io non ero ubriaca. E stavo quasi per lasciarmi andare. Che spiegazione logica aveva tutto questo?! Beh, nessuna ed io ero una persona razionale, con i piedi ben piantati per terra.

-E smettila di martellare!- sussurrai ancora rivolta al mio cuore che batteva troppo velocemente rispetto al solito.

Bene! Parlavo anche da sola adesso! Poteva andare peggio di così?

 

 

 

Camminavo in un corridoio. Sul momento non capii di che posto si trattasse perché mi ci trovassi.

Continuando a camminare mi resi conto di trovarmi nel corridoio dell’albergo, davanti a me lunghe file di porte numerate.

Nella mia mente un solo numero.

483.

Chissà perché proprio quel numero.

Camminavo spedita, quasi sapessi davvero dove stavo andando. Mi sentivo come se il mio corpo si muovesse indipendentemente dalla mente.

Mi fermai davanti ad una delle porte e il mio cuore prese a battere più forte.

Alzai lo sguardo.

483.

Era la camera 483.

Non ebbi il tempo di bussare  che la porta si aprì.

Tom Kaulitz si stagliava davanti ai miei occhi più bello e sexy che mai.

Indossava solo i larghi jeans xxxl. Il petto scolpito brillava alla fievole luce rosea della lampadina accesa sul comodino e i rasta ricadevano sciolti e morbidi sulle spalle.

Entrai e lui richiuse la porta.

Mi guardò fisso negli occhi.Il suo sguardo era dolce,nonostante sul suo viso non vi fosse neanche l’ombra di un sorriso.

Sembrava sereno e allo stesso tempo impaziente.

Pochi secondi e sentii le sue labbra calde sulle mie. Le sue mani forti si posarono sui miei fianchi ed improvvisamente mi resi conto di indossare solo una camicia da notte di seta nera.

Risposi al bacio, automaticamente. Anzi, fu il mio corpo a rispondere, la mia mente era troppo sconvolta. IO non riuscivo a capire cosa stesse succedendo.

Mi ritrovai stesa sul letto. Lui su di me. Cominciò a posarmi lievi baci sul collo, le sue mani cominciarono a vagare sulla mia schiena..

Sentivo il suo respiro caldo sul viso, sentivo i suoi occhi nei miei.

In lontananza sentii il telefono  squillare, ma non mi importava. Lui sembrava non accorgersene e l’apparecchio continuava a suonare.

Driiiiiiiiiin

Driiiiiiiiiiiiiiiiin

DRIIIIIIIIIIIIIIIIIN

Mi voltai su un fianco e con voce rauca e spenta risposi al telefono afferrando malamente la cornetta.

-Pronto?

-Mel?-chiese una voce squillante.

-Eh? Chi è Mel?- chiesi con gli occhi che si richiudevano. Chi ero io? Chi era questa Mel? Ah, già…ero io.

-Stavi dormendo eh?

-Ma va?! Che intuito Bill!- risposi bruscamente riconoscendo a chi apparteneva quella voce così fastidiosamente sqillante alle mie orecchie addormentate.

-Eheh…-ridacchiò cercando di trattenersi dall’altro capo del telefono.

-‘Cazzo ti ridi?- chiesi scocciata e inviperita.

-Che finezza tesoro!- disse una voce più roca. Per poco non mi prese un colpo.

Le immagini del sogno mi tornarono in mente come una secchiata gelida.

Tom!

Non risposi, ancora più sperduta di prima.

-Mayer ci sei ancora?

-Ma si può sapere che volete tutti quanti?!

-Sai che ore sono?

Oddio. Cercai con lo sguardo il mio orologio da polso. Non c’era. Dovevo essermelo tolto per qualche stupido motivo.

-No…- risposi infine.

-Sono le tre e mezza!!

-Di notte, no? Quindi fatemi un piacere tutti quanti, chiudete il becco e fatevi una dormitina…- dissi ributtandomi sul letto con ancora la cornetta accostata all’orecchio.

Sentì quella adorabile risata roca e in quel momento mi apparve addirittura fastidiosa.

-Eccone un altro che ride…- dissi esasperata.

-E’ pomeriggio! Tra mezz’ora abbiamo il sound-check! Ricordi che stasera abbiamo un concerto vero?

-ODDIO!- sbraitai tirandomi di nuovo su. –Sono in ritardo!

-Sei davvero perspicace non c’è che dire!- rise ancora Tom e sentì quell’altro scemo del gemello ridere anche lui.

-Idiota che ti ridi?! Fammi preparare va!- dissi per poi chiudergli il telefono in faccia.

Tanto adorabile nel sogno, tanto idiota nella realtà….disperazione!

Mi lavai velocemente insaponandomi con poca cura.

Il getto caldo d’acqua e i vapori della doccia mi facevano ripensare al sogno, al calore che mi invadeva quasi reale.

Esasperata a quel ricordo uscì dalla cabina sbattendo l’anta e rischiando di romperla.

Mi vestii e scesi nella hall con un diavolo per capello.

Trovai i 4 maschioni belli e pronti davanti all’entrata e li raggiunsi.

-Buongiorno!- mi salutarono Gustav e Georg ed io risposi con un sonoro sbadiglio.

-Sonno?- chiese il  bassista sorridendo.

-Non sai quanto…e non è da trascurare l’istinto omicida nei confronti di questi due idioti!- dissi quasi in un grugnito indicando accusatoria i gemelli.

-Se vuoi ti do una mano! Uccidere Tom e Bill sarà per me un vero onore!- mi diede man forte Georg.

Sorrisi diabolica e  mi avvicinai a Bill.

Lanciai un’occhiata complice al bassista che annuì.

-Oh, Bill…- dissi facendo la svenevole e facendogli gli occhi dolci.

Lui sembrò imbarazzato da questo cambio di approccio improvviso.

Gli carezzai sensualmente i capelli corvini.

-Che cos’hanno i tuoi capelli stamattina?- cercai con lo sguardo Georg appostato dietro Tom troppo intento a godersi la scena della ormai palese prossima morte di Bill per accorgersene.

Infatti avevano capito tutti quali erano le mie intenzioni. Tutti tranne Bill.

-Cos’hanno?- chiese spaventato e allarmato.

-Ma niente caro…ancora nulla di grave…

-Ma allora..?- chiese confuso.

Ed ecco che gli saltai in collo cominciando ad arruffargli capelli perfettamente sparati in aria.

Quando diventarono un groviglio informe e potei ritenermi soddisfatta mi staccai.

Tom rideva a crepapelle e non si era ancora accorto di Georg.

-Tommino caro, te la ridi?!- chiesi sghignazzando mentre Bill si era accasciato a terra quasi in lacrime con le mani tra i capelli…beh, capelli…diciamo con le mani intrappolate in quel groviglio.

Tom mi guardò confuso e fu allora che Georg gli tirò via il cappellino e cominciò a tirargli i rasta. Le imprecazioni di Tom invasero la Hall insieme ai lamenti di Bill e tutti si voltarono.

Georg ed io ci prendemmo a braccetto e ci inchinammo.

Gustav ci battè le mani fingendosi ammirato e smettendo per un attimo di ridere.

Tom e Bill si voltarono contemporaneamente verso di noi con sguardo assassino.

Gustav si tirò indietro.

I gemelli cominciarono ad avanzare minacciosi scrocchiandosi le dita.

-Le prendete! Oh si che stavolta le prendete!- gufò il biondino ancora ridacchiante.

Il resto è leggenda. (XD)

 

 

Arrivammo al luogo del concerto per il sound-check  pressocchè interi e ci concentrammo sulle prove. Tom non diede segno di ricordarsi dell’incidente della sera prima ed io mi tranquillizzai.

Quella sera il concerto fu grandioso, i cartelloni con su il mio nome erano aumentati ed io mi sentivo in  paradiso.

Suonare su un palco con dei grandi artisti e con  migliaia di persone li per osannarti è una sensazione magnifica. Non pensavo ci si sentisse così quando ero io ad andare ai concerti e ad osannare.

Ricordai il concerto dei Green Day, quando Billie Joe mi sorrise e mi fece l’occhiolino. Fu una cosa magnifica, ma adesso capivo come doveva sentirsi lui su quel palco, acclamato da migliaia di fan.

Sul taxi per tornare in hotel schiamazzavamo come al solito.

-Ragazzi avete visto quella tipa con quelle due tettone enormi in prima fila!? Mamma mia era sconvolgente….avrei voluto chiamarla sul palco ma come al solito Bill fa di testa sua!

-Massì! Ne ho chiamata una qualsiasi…

-E quel ragazzo con la maglietta dei Sexpistols?! Che figo che era! E guardava me!- ovviamente ero stata io a parlare, tutta elettrizzata.

I ragazzi si voltarono a guardarmi molto male.

-Hey!-mi lamentai-Sono l’unica ragazza qui dentro! Voi parlate di tette e di ragazze, perché io non posso parlare dei ragazzi fighi?!

Tom scosse la testa con aria esasperata.

-Perché a noi non interessano! Magari a Bill, ma…aia!- Bill colpì Tom in testa con il cellulare e mise il broncio.

-Guarda che a me le ragazze piacciono quanto a te! Il fatto che non ne parli in maniera ossessiva non vuol dire che non gli rivolga interesse!

Io battei le mani per complimentarmi con Bill per il bel discorso ricevendo da parte sua un sorriso riconoscente.

-Bah…io ho i miei dubbi…-infierì ancora Tom con un sorrisino maligno stampato in faccia.

Ridacchiai.

Nei mesi trascorsi con loro avevo scoperto che nonostante tutti li idolatrassero e li mettessero su piedistalli dorati, erano ragazzi come tutti gli altri, con la loro infantilità e i loro difetti.

Iniziò una lotta all’ultimo sangue. Tom e Bill presero a darsele di santa ragione con, però, il sorriso sulle labbra.

Decisi che avrei rinunciato a capire i ragazzi: si picchiano e ridono?! Bah!

La macchina cominciò ad ondeggiare pericolosamente per colpa di quei due idioti che più che 18 anni ne dimostravano un massimo di 7 ed io mi aggrappai a Georg che seduto accanto a me faceva il tifo per Bill.

Lui si voltò a guardarmi divertito.

-Cos’è? Hai il mal d’auto o temi per la tua incolumità?- chiese con aria di scherno.

Sospirai.

-E’ da quando faccio parte del vostro gruppo che temo per la mia incolumità…più precisamente per la mia sanità mentale!- risposi a tono.

Lui ghignò.

-Dai che ti tengo al sicuro io!- disse avvolgendomi con un braccio e guardandomi con aria maliziosa.

Sempre il solito! Tra lui e Tom non sapevo bene chi dei due fosse il più maniaco!

Ma mentre con Georg riuscivo a giocarci in quel modo, quando era Tom a dire o fare certe cose, a fare allusioni ben poco limpide, mi richiudevo a riccio, diventavo rossa e cominciavo a fare l’acida. Era più forte di me! Era l’unico modo che avevo per tenermi cara la mia capacità di intendere e di volere.

-Oh, si Moritz! Proteggimi cavaliere dai capelli maniacalmente piastrati!- pregai in tono teatrale rivolgendogli uno sguardo da damigella impaurita.

-Ehy! Fanciulla, altri commenti sui miei capelli perfetti e ti mollo in mezzo alle due belve, qui!

Ridacchiai.

-Hey voi due smettetela che mi spaventate la fanciulla acida!- richiamò i due litiganti e Bill, con un’ultima manata sulla spalla del gemello, concluse il “combattimento”.

Io abbracciai il mio cavaliere e gli schioccai un bacio sulla guancia in segno di gratitudine.

-Grazie mio cavaliere!

-E’ stato per me un grande onore proteggervi!

Ci inchinammo agli altri per concludere la nostra recita.

Ci sorrisero tutti tranne Tom che si voltò imbronciato verso il finestrino.

Il resto del viaggio trascorse senza ulteriori dispute bestiali, Georg Gustav e Bill continuavano a parlare del concerto ed io in silenzio osservavo Tom che guardava torvo fuori dal finestrino.

Arrivammo in Hotel e scendemmo dalla vettura.

-Venite tutti nella mia camera, così festeggiamo la buona riuscita del concerto!- propose il batterista sorridente e tutti insieme ci dirigemmo verso la reception per prendere le nostre chiavi e andare a cambiarci e farci una doccia prima di ritrovarci in camera di Gustav.

Presi le chiavi della mia camera, la 155. Si trovava sullo stesso piano di quella di Tom, a quattro porte di distanza, e così ci avviammo verso uno degli ascensori insieme, mentre gli altri tre, che avevano le camere a loro volta sullo stesso piano, si diressero verso un altro ascensore.

Tom non mi rivolgeva la parola da quasi mezz’ora e così, quando le porte dell’abitacolo si furono chiuse, intervenni.

-Che c’è, Tom?

Lui mi guardò confuso e accigliato.

-Che c’è cosa?- chiese distogliendo lo sguardo e puntando gli occhi sulla porta metallica.-Non c’è proprio niente.

Quella risposta tassativa e fredda mi convinse una volta di più che qualcosa non andava.

-Smettila di prendermi in giro, Tom, che hai?

-Ti ho detto niente…-rispose scontroso. Proprio in quel momento le porte dell’ascensore si aprirono e lui si catapultò fuori, quasi volesse scappare da me. Io lo inseguii, incavolata nera, anzi… furiosa.

-Hey! Sto parlando con te!- lo richiamai.

Sembrò non avermi sentito, ma sapevo benissimo che faceva solo finta, cercando di ignorarmi.

Arrivati davanti alla sua camera, con uno scatto felino mi frapposi fra lui e la porta, impedendogli il passaggio.

-Tom! Smettila di ignorarmi! Mi vuoi dire che cazzo ti prende?! Qual è il tuo problema?!

Lui sospirò rassegnato e cercò di spostarmi di lato senza però riuscirci.

Lo fissai negli occhi, incatenandolo con i miei senza dargli possibilità di scampo.

-Sei tu il mio problema!- mi disse infine con rabbia per poi baciarmi violentemente, furioso.

Mi schiacciò contro la porta togliendomi il respiro senza staccare le labbra dalle mie.

Stavolta non era ubriaco. Non stavo sognando. Ma allora….perché lo faceva?! Mi sembrò davvero incoerente sbraitarmi contro che ero io il suo problema e poi baciarmi, ma nonostante ciò non riuscii ad oppormi.

Mio malgrado risposi a quello strano bacio e lui aprì la porta con una mano, mentre con l’altra mi stringeva il polso.

Quasi caddi all’indietro quando la porta si spalancò ma lui mi sostenne mettendomi una mano dietro la schiena e dopo aver richiuso la porta con un calcio riavvicinò il mio corpo al suo.

Quando i nostri volti furono nuovamente così vicini da sfiorarsi lui mi diede un lieve bacio sulla guancia. Così diverso da quello violento e passionale di poco prima da farmi paura.

-Nonostante sia tu il mio problema non riesco più a fare a meno di te…- mi sussurrò sulla pelle. Sentì le sue labbra calde scandire ogni parola e poi lui poggiò il capo nell’incavo del mio collo, esausto, come se quelle parole gli fossero costate uno  sforzo disumano.

-Non posso vederti fra le braccia di nessun altro…ti prego…-mi scongiurò in un sussurrò. Disse quelle parole con calma facendole vagare leggere e lievi per la mia mente.

Non riuscivo a capire cosa intendesse. Non riuscivo a capire perché mi stesse dicendo quelle cose. Cosa voleva dire che non poteva fare a meno di me?

-Io…-cominciò a mo’ di spiegazione vedendo la mia espressione confusa.-L’altra sera…in discoteca… ero ubriaco Mel, ma…- era la prima volta che mi chiamava per nome-sapevo quel che facevo…cioè…quando ti ho baciata non l’ho fatto perché ero ubriaco…magari è stato più facile lasciarmi andare a causa dell’alcool ma…l’avrei fatto comunque, credo…

Ogni volta che mi sei accanto provo un’attrazione troppo forte che riesco a malapena a controllare…Mi viene voglia di baciarti, di toccarti, di…averti.

Tremavo. Gli occhi mi pizzicavano. Non sapevo perché mi sentissi così. Non era ciò che avevo sempre voluto? Ciò non voleva dire che ricambiava i miei sentimenti? No…non voleva assolutamente dire questo.

Lui per me provava solo una forte attrazione fisica…mi voleva come una ragazza qualunque mentre io…ne ero innamorata.

Mi sentii ferita. Non so spiegarmi il perché, ma mi sentii ferita.

Mi scostai da lui.

-N-no Tom…-dissi con la voce che tremava e le lacrime che spingevano nei miei occhi per essere liberate.

Gli voltai le spalle e uscii dalla stanza.

Ero già a metà corridoio quando, ormai sopraffatta da quella insistente tristezza, lasciai che le lacrime iniziassero a fluire.

-Mayer!- mi chiamò uscendo in corridoio e fermandosi a pochi metri da me.

Mi bloccai dov’ero ma non mi voltai: non volevo che mi vedesse piangere, non volevo fare pena a nessuno.

-Scusami io…- disse con voce strozzata. Non ce la feci più e mi voltai lasciando che vedesse le lacrime solcarmi il viso.

Mi guardò sorpreso, vedendomi piangere e un’espressione colpevole si dipinse sul suo volto maledettamente perfetto.

-Perché piangi?- chiese con nella voce una tristezza disarmante.

-Non puoi capire…- dissi semplicemente. E corsi verso la mia camera; aprii la porta e mi infilai dentro chiudendomela alle spalle.

Caddi in ginocchio, in lacrime. Perché mi sentivo così!? Non era da me…

Non aveva fatto nulla  per farmi piangere, Tom!   Mi aveva solo confessato di sentirsi attratto da me ed io…

NO

NO

NO

Non dovevo neanche pensare una cosa del genere! Io NON lo amavo. Amarlo avrebbe voluto dire soffrire come un cane, cadere in depressione ogni volta che si portava a letto una donna, il che, per inciso, accadeva ogni sera.

No.

Bene gente! Come promesso ho aggiornato più velocemente. Che ne pensate?  La storia si complica eh? Chissà che succederà....^^ Non riesco a far vedere Melanie, mi dispiace ma tenterò e ritenterò finchè nella mia impresa riuscirò!! Ok basta smetto di delirare, ma vi prometto che prima o poi (speriamo più prima che poi) vedrete Melanine! Grazie alle ragazze che hanno recensito, come farei  senza di voi?? Mah! Grazie per i complimenti! Eh si Ele, hai capito proprio bene il rapporto tra Mel e Tom, ma adesso le cose si complicano…le amicizie durano finchè non sopraggiunge qualcosa di più grande e a quel punto sono casini, te l’assicuro!

Alla prossima, baci!

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Capitolo 7
*** 7 ***


7777

7

Quella sera non andai in camera di Gustav, non ero dell’umore adatto. Piansi amaramente ripensando a ciò che era successo. Le parole di Tom mi rimbombavano nella mente come esplosioni, esplosioni da cui venivo inevitabilmente colpita.

Non pensarci mi era impossibile. Lui. Lui. Lui. Un chiodo fisso. Le sue labbra, i suoi occhi, le sue mani, il suo corpo. Il mio sciocco, insensato e masochistico amore per lui.

Avevo bisogno di dimenticarlo, o sarei impazzita. Avevo bisogno di una distrazione. Avevo bisogno di QUALCUNO.

Mi addormentai dopo che l’ultima lacrime ebbe fatto capolino dai miei occhi chiusi. Il giorno seguente sarebbe cominciato il Tour e mi sentivo meno pronta che mai.

 

 

La mattina seguente mi svegliai molto presto, la tenue luce del sole si rifletteva sullo specchio facendo capolino dalla finestra semi aperta e mi sfiorava come una carezza rendendo dolce il mio risveglio.

Mi alzai e mi resi conto che non avevo ancora fatto le valige e così mi apprestai a rivoltare i cassetti estraendo i vestiti e gettandoli malamente nella valigia. Non ero mai stata ordinata e se aggiungiamo a questo dato di fatto il mio stato d’animo in quel momento, appare ovvio che l’ordine della mia valigia mi importava ben poco.

Il menagement si sarebbe occupato delle altre mie chitarre, ma la Gibson era li, poggiata al muro, nella sua borsa, pronta ad essere presa in spalla.

Riposi nel mio zaino i miei cd, il mio lettore dvd portatile, il mio i-pod e tutto il resto compresi il mio set make up, quello personale che usavo quando uscivo visto e considerato che per i concerti del trucco se ne occupavano i truccatori.

Mi vestii con ciò che avevo lasciato fuori dalla valigia, portai il bagaglio alla reception e mi diressi verso il bar dell’hotel dove trovai Karin seduta ad un tavolino ed intenta a sorseggiare il suo caffè.

Mi avvicinai e mi sedetti accanto a lei senza chiedere alcun permesso.

-Buongiorno…- biascicai svogliatamente.

-Hey! ‘Giorno tesoro!- mi salutò affettuosa come al solito lei.

Poggiai la testa sulle braccia incrociate sul tavolo e presi a fissarla.

Lei fece finta di niente controllando ogni tanto con la coda dell’occhio se la stessi ancora fissando.

Alla fine, infastidita ma per niente scortese, mi riprese.

-Mel! La vuoi smettere! Mi sento a disagio! Che hai stamattina!?

-Mah…niente…

-Si, certo come no…e il tuo niente si chiama per caso Tom Kaulitz?

Rimasi fulminata e mi rizzai di colpo sulla sedia. Come faceva a saperlo?

-E-Eh?- cercai di far finta di niente ma il suo sguardo che oscillava fra il saccente ed il canzonatorio mi convinse che era perfettamente inutile.- Uff! E’ così evidente?!

Lei rise piano.

-No, Mel. Ieri non sei venuta in camera di Gus e Tom era al quanto intrattabile e musone e facendo due più due sono giunta alla conclusione che era successo qualcosa…- spiegò strizzandomi un occhio.

-Te la cavi con la matematica!- mi sforzai di sorridere.-Sai una cosa Karin? Tu dovevi fare la detective…L’ispettore gadget è un incapace in confronto a te!

-E’ un cartone…

-Sisi fa lo stesso!

-Comunque mi vuoi spiegare cosa è successo, per favore?- chiese sottolineando il PER FAVORE con l’aria scocciata di chi è all’oscuro di qualcosa di importante.

-Ieri …era strano così gli ho chiesto qual era il suo problema e lui mi ha risposto “Tu sei il mio problema” e mi ha baciata. Poi mi ha detto che si sente attratto da me, che non mi vuole vedere nelle braccia di nessun altro ed io mi sono messa a piangere e me ne sono andata.- spiegai caotica come al solito mescolando discorsi diretti indiretti e considerazioni in maniera molto confusionaria.

-E…perché te ne sei andata?!- chiese confusa più che mai -Non è ciò che volevi?!

-Ma non capisci?!- dissi esasperata sull’orlo delle lacrime- Lui si sente attratto da me fisicamente! Io lo amo! Non sopporterei di essere usata…

Lei chinò il capo.

-In effetti…Solo tu puoi decidere Mel…

-Ed io ho deciso di NO!!- dissi convinta ricacciando indietro le lacrime e infervorandomi.

Sembrò quasi spaventata dalla mia energica esclamazione ma una volta ripresasi, mi sorrise.

-Hai preso la decisione giusta secondo me, allora….se fossi stata al suo gioco probabilmente sarebbe andata a finire come con tutte le altre o….forse no. Ma nel dubbio hai fatto bene secondo me.

Adoravo Karin. Mi capiva e mi appoggiava sempre. Era davvero la mia migliore amica.

Sospirai.

-Tu invece? Gustav?

-A gonfie vele e…- il suo sorriso si allargò notevolmente.- Guarda qui!!- esclamò alzando la mano e piazzandomela davanti agli occhi.

All’anulare brillava un anello bellissimo, l’oro bianco sembrava risplendere di luce propria così come lo smeraldo incastonatovi sopra, avvolto in spire sempre d’oro bianco. –Mi ha chiesto di sposarlo!!- esclamò ancora cominciando a ballare sulla sedia.

Io lanciai un grido eccitato che fece voltare tutti e le buttai le braccia al collo, alzandomi e facendo il giro del tavolo. Cominciammo a saltellare come due esaltate.

-Brava Karin!! Ti sposi!!

-Si!!

-E quando di preciso?

-Non so…è successo tutto così in fretta…pensavamo verso Marzo…

Marzo…mancavano solo sei mesi! Beh il tour ne durava 4 quindi…

-Allora vieni con noi in tour!

-Ehm…no. Perchè vedi….c’è un’altra novità…Gustav non lo sa ancora e… l’ho saputo stamattina presto…- tutte quelle pause mi spaventavano. –Vedi io…- sorrise ancora di più, teneramente. –Aspetto un bambino!

Rimasi sconvolta. Troppe emozioni in una volta. Avevo voglia di urlare per la gioia e l’emozione, quasi fossi io ad aspettare un bambino.

-E che aspettavi a dirmelo?! Che razza di amica sei?!- chiese cercando di sembrare arrabbiata ma non riuscendo nel mio intento a causa del sorriso che illuminava il mio viso.

-Te l’ho detto, l’ho saputo stamattina e…devo ancora elaborare l’idea!- mi rispose tutta eccitata.

-Quando lo dirai a Gustav?

-Gli ho detto che tra cinque minuti lo raggiungo in camera…

-E allora corri! Che aspetti?!

Lei mi guardò con aria da cucciolo bastonato.

-Ma che gli dico..?

Mi fece tanta tenerezza. Di solito era lei a darmi consigli ma stavolta era compito mio aiutarla.

-Sii naturale….digli ciò che hai detto a me, con lo stesso entusiasmo, la stessa grinta e la stessa gioia…vedrai che andrà tutto bene…

-Grazie Mel…- mi abbracciò e mi diede un bacio sulla guancia per poi voltarsi e sparire oltre le porte scorrevoli del bar.

Rimasi sola, in piedi vicino al tavolo. Non avevo ancora fatto colazione!

Realizzato questa drammatica dimenticanza mi diressi verso il bancone ed ordinai un caffè.

La partenza era prevista per le 11 e così trascorsi il resto della mattinata ad oziare nella mia camera ormai vuota delle mie cose.

Gustav e Karin non si videro più per il resto della mattinata e intuii che stessero festeggiando la lieta notizia. Ero felice per Karin. Lei meritava di essere felice, di avere una vita perfetta e piena di gioie. Nessuno meritava tutto questo quanto lei.

Arrivata l’ora della partenza ci ritrovammo tutti nella hall. Non volli incrociare lo sguardo di Tom e lo evitai per tutto il tempo.

Sentivo quegli occhi nocciola puntati addosso ma non volevo controllare se fosse vero e se fosse solo una mia impressione. Preferivo non saperlo.

Gustav era allegro come una pasqua, sprizzava gioia da tutti i pori e non faceva che ripetere agli altri che sarebbe diventato padre. Io che già sapevo appena l’avevo visto arrivare l’avevo abbracciato e sbaciucchiato alla grande facendogli le mie congratulazioni almeno una decina di volta in un secondo.

Stringeva Karin a sé per quegli ultimi momenti insieme prima della partenza: non si sarebbero visti per 4 mesi e questo pesavo molto ad entrambi anche se Karin non lo dava a vedere per non far dispiacere il fidanzato.

Jost ci comunicò la nostra disposizione nei camper. Io ero nel camper più piccolo con Georg mentre gli altri tre erano insieme nell’altro camper.

Tirai un sospiro di sollievo. Per un momento avevo temuto di trovarmi con Tom.

I bagagli furono caricati ed ognuno salì sul proprio camper.

 

 

 

Tra chiacchiere,  partite a carte e qualche battibecco la prima giornata sul camper passò. Saremmo arrivati la mattina seguente al luogo del primo concerto del tour e quindi avremmo dovuto dormire sul camper.

Poggiata la testa sul cuscino sentii una gran paura invadermi. Non ero abituata a dormire su un camper. Ballava molto più del treno e faceva rumori molto strani.

Avevo una fifa assurda mentre Georg se ne stava tranquillo nel suo letto accanto al mio cercando di addormentarsi.

Tremavo come una foglia per la paura. Ogni sobbalzo mi faceva arrivare il cuore in gola. Fissavo il soffitto con gli occhi spalancati, stando immobile e tesa come una tavola di legno.

Ecchè cavolo!

Sentii un fruscio, segno che Georg si era voltato ma non mi girai restando immobile a fissare il soffitto.

-Hey!- mi chiamò piano lui e dal tono della sua voce capii che stava per scoppiare a ridere. –Paura eh?

Mi voltai verso di lui con uno sforzo disumano.

-Georg? Posso  venire li con te?- chiesi con la vocetta da bambina.

Lui ridacchiò.

-Vieni,su…-mi concesse ed io corsi accanto a lui.

Il letto era troppo piccolo e per non farmi cadere mi avvolse fra le braccia.

Adesso si che andava meglio! Mi tranquillizzai e smisi di tremare.

Sentire il calore del suo corpo mi rassicurava e non mi curai di come si sentiva lui. Grande madornale errore.

Era un’ora che stavamo in quella posizione ed io stavo per addormentarmi quando sentii il suo fiato sul collo.

Cominciò a strofinare teneramente il naso tra i miei capelli.

Io sul momento non reagii ma quando vidi che non accennava ad allontanarsi mi voltai un po’ all’indietro verso di lui.

Trovai il suo viso a pochi millimetri del mio. Pochi secondi in cui ci guardammo negli occhi e poi sentii le sue labbra sulle mie.

Non erano calde come quelle di Tom. Non erano morbide come quelle di Tom. Non mi fecero venire i brividi come quelle di Tom. Ma risposi al bacio. Risposi per dimenticare.

Mi ritrovai su di lui, le sue mani grandi e forti sui miei fianchi.

Le labbra scesero a lambirmi il collo. Le nostre labbra si cercavano spinte da un’improvvisa e irrefrenabile necessità e noi le assecondavamo, mettendo da parte la razionalità. Ciò che successe dopo, fu solo un grande errore che diede inizio ad una lunga catena di errori che sarebbe stata difficile da rompere.

Riuscii per qualche ora a dimenticare Tom, stretta fra le braccia del bassista.

Non fu amore. Fu solo sesso. Ci lasciammo trascinare dagli istinti abbandonandoci completamente.

 

Con una brusca frenata il camper si fermò ed io mi svegliai di soprassalto.

Georg stava aprendo piano gli occhi, evidentemente svegliato come me dalla frenata.

-Buongiorno…- mi disse non appena si svegliò del tutto, circa.

-‘giorno…- risposi cercando di apparire allegra. Dopotutto era  riuscito a farmi dimenticare Tom per tutta la notte. Mi sentii tanto egoista per aver fatto quella considerazione. L’avevo usato…

Sembrò rendersi conto di ciò che era successo quando sentì il mio corpo nudo stretto fra le sue braccia.

-Cazzo!- Sbottò.-Credevo fosse stato solo un sogno!

-No…evidentemente.

Sospirò.

-Scusa…io…

Gli tappai la bocca e sorrisi rassicurante.

-Hey! L’ho voluto anch’io, se no non pensare che ci sarei stata!

Sorrise anche lui però in pochi secondi il sorriso si spense.

-Mel però io…non voglio una relazione…cioè….sono già abbastanza incasinato …

-Neanche io voglio una relazione…non mi sento pronta per stare con nessuno…

Eravamo sulla stessa barca.

Potevamo essere le reciproche distrazioni in quella monotonia.

Lui poteva distrarmi da Tom.

Io potevo distrarlo…beh non sapevo bene da cosa ma era un dettaglio trascurabile.

Non avemmo più bisogno di dire nulla. Ci intendemmo con uno sguardo.

Ci rivestimmo e scendemmo dal camper.

Ci comportammo come se niente fosse e gli altri non sospettarono nulla. Ebbi finalmente la forza di guardare negli occhi Tom, di comportarmi normalmente con lui e fui fiera di me stessa.

Quella sera il concerto andò benissimo. Sul palco Tom ed io mettemmo completamente da parte le nostre faccende personali e suonammo perfettamente in sintonia come al solito.

La sera ci andammo a sistemare in albergo per la notte. La mattina dopo saremmo ripartiti e avevamo bisogno di una rifocillata.

Io e Georg finimmo nuovamente a letto insieme. E fu così che iniziò la lunga catena di errori a cui accennavo prima. Fu così che ogni notte in cui potevamo, camper o Hotel, io e Georg ci vedevamo.

Fu forse uno dei miei più grandi errori, ma in quel momento non mi sembrava tanto grave.

 

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Rotolai fra le morbide lenzuola di quel fantastico letto. Georg si era aggiudicato la suite e ovviamente la “collaudammo” insieme.

Mi spinsi vicina a lui, i nostri volti a pochi centimetri l’uno dall’altro e lo guardai negli occhi sorridendo maliziosa.

-Salve!

Lui rise piano e mi passò una mano fra i capelli.

-Buon giorno…

Annullai la distanza fra le nostre labbra baciandolo con passione e lui mi mise una mano dietro la schiena, attirandomi a sé e facendo aderire i nostri corpi.

-Che siamo pimpanti stamattina..!- commentò compiaciuto.

-E beh che ci vuoi fare…però se ti da fastidio vado…- dissi allontanandomi un po’ e fingendo di alzarmi.

Lui mi prese un polso e mi riportò giù avvolgendomi fra le forti braccia e un brivido mi invase.

-Dove credi di andare?!

Mi baciò il collo per poi salire fino al lobo dell’orecchio mordicchiandolo dolcemente.

-Proprio da nessuna parte…- risposi in un sussurro, vinta da quei brividi di piacere che mi percorrevano il corpo.

All’inizio non provavo niente quando Georg mi sfiorava, ma chissà perché adesso mi sembrava di impazzire ad ogni tocco delle sue labbra, ad ogni respiro che caldo usciva dalla sua bocca.

Mi voltai in modo da fronteggiarlo e cominciai a tracciare ghirigori sul suo addome scolpito e la cosa sembrava piacergli.

-Non puoi fare così proprio ora che dobbiamo prepararci ad andare! Se no scoraggi ogni mio minimo tentativo di convincere me stesso ad alzarmi!

Ghignai continuando con la mia dolce tortura.

-Che ragionamento contorto, Herr Listing…se vuoi li c’è la porta, puoi sempre alzarti e uscire…- dissi sfiorandogli le labbra con un bacio leggero.

-Non è che ne abbia poi tanta voglia….di alzarmi intendo…- specificò per poi stringermi ancora di più a sé.

Mi sentivo protetta fra le sue braccia. Mi sentivo desiderata.

Gli posai le labbra sul collo stampandovi lievi e delicati baci e accarezzandogli il viso leggermente pungente a causa della barba che quella mattina non aveva ancora tagliato.

Prese a carezzarmi la schiena, percorrendola tutta con tocchi delicati e dolci. Posò il capo sulla mia spalla e così potevo sentire il suo respiro caldo e regolare nell’incavo del mio collo.

Presi la sua mano libera tra le mie e cominciai a percorrere le piccole pieghe del palmo con le dita.

-Georg?

-Mh..- mugugnò sulla mia pelle.

-Che cosa siamo noi?

Si scostò un po’ tirandosi su sui gomiti.

-Beh…cosa siamo…- annaspò spiazzato da quella diretta e concisa domanda.

-Per te sono solo una ragazza con cui divertirti quando ti annoi?- chiesi imitandolo e tirandomi su.

Non sapevo perché facevo certi discorsi, ma sentivo che ciò che era cominciato come una semplice storia di sesso stava per me diventando qualcosa di più. Stavo pian piano dimenticando Tom.

-Oh beh…per te io non sono questo? Mi sembra che ne abbiamo già parlato, no?- rispose laconico.

-Si ma…non so cosa è cambiato…so solo che ogni volta che ti avvicini mi vengono i brividi, ogni volta che mi sfiori o mi baci le mie viscere fanno un salto e il cuore mi balza in gola…non so più cosa provo…- dissi abbassando lo sguardo che fino a quel momento avevo tenuto fisso nel suo.

-E’ solo attrazione fisica…tu ami Tom Melanie…se ne saranno accorti anche i muri!

Alzai lo sguardo sorpresa da quella affermazione.

Trovai i suoi occhi verdi e stupendi intenti a scrutarmi, in attesa di una reazione.

-E’ vero….quando è iniziata tutta questa storia io amavo Tom….ma adesso non ne sono più così convinta….credo di essermi innamorata di te…

Lui mi sorrise dolcemente.

-Mel quello che provi per me non è amore …tra noi due quello più vicino a provare amore per l’altro sono io, sai? Tu vuoi solo dimenticare Tom e a me tutto questo non dispiace ok? Sai che non voglio una relazione, e tanto meno voglio una relazione spinta dal desiderio di ufficializzare una cosa nata solo per dimenticare…capisci che intendo?

Lo capivo benissimo. Il suo ragionamento non faceva una piega ed io mi sentivo ancora più confusa. Pensavo di aver capito cosa provavo ma evidentemente lui mi aveva capita anche meglio.

Mi baciò sulle labbra con dolcezza, un bacio da amico prima ancora che da amante.

Io sorrisi.

Per adesso mi andava bene ciò che avevo. Se mai mi si fosse presentato il dovere di scegliere avrei scelto.

Ma per il momento andava bene così come andava.

Risposi al bacio e gli carezzai i capelli castani e morbidi come la seta passandoci in mezzo le dita.

-Adesso andiamo che si fa tardi…- mi incitò lui con un affettuoso buffetto sulla guancia.

 Ciao a tutte!! Vado di fretta e non posso ringraziarvi per bene ma sappiate che vi adoro e che vi sono immensamente grata, siete tutte fantastiche!! E' come se fossero due capitoli in uno per compensare la mia lunga assenza ^^ . Alla prossima!

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Capitolo 8
*** 8 ***


mel8

 8

Erano passati 15 giorni dall’inizio del tour ed eravamo all’ottavo concerto.

Avremmo dovuto esibirci a Palermo, in Italia, nella MIA Italia.

Avevo una casa abbastanza grande sul mare li a Palermo e così il manager ci concesse una settimana di pausa dopo il concerto.

Il tragitto che andava da Messina, appena attraversato lo stretto, fino a Palermo, lo passammo tutti insieme nel camper grande. Erano le cinque di mattina e stranamente eravamo tutti svegli in attesa dell’arrivo.

Io ero seduta per terra mentre gli altri erano sparsi sui vari sedili.

-Grande Mel! Grazie a te finalmente potremo farci una vacanza! Com’è casa tua?- Bill era esaltato all’inverosimile e saltellava sul sedile come una molla.

Io risi.

-Beh…è una casa! Due piani, tre stanze da letto più due comodissimi divani al piano terra, due bagni, una cucina, un soggiorno, un giardino abbastanza grande…una bella casa a mio parere!

Tom si contorse in un’espressione scettica.

-E sui divani chi ci dorme?- chiese borbottando.- Io voglio un bel letto comodo e grande!

Scossi la testa.

-Senti “principesso sul pisello” non posso filarmi abbastanza posti letto quanti siamo! Quando venivamo con la mia famiglia ne occupavamo solo due di stanze!

-Sul divano posso dormirci io…-si offrì Gustav che era il meno schizzinoso.

-Anche per me va bene il divano…- disse Georg tranquillamente.

Rivolsi ai miei due salvatori un sorriso riconoscente anche se sapevo perché Georg si fosse offerto così facilmente: sapeva benissimo che avrebbe dormito per lo più nel mio letto, visto l’andazzo delle cose.

-Risolto il problema allora!- esultò Tom.-Posso portarmi qualche ragazza vero?

Mi irrigidii. Ero gelosa? Era lo scopo per cui mi aveva rivolto quella domanda farmi diventare gelosa? No….era semplicemente Tom ed io NON ero gelosa. Più o meno.

-No, Tom…Sai che casino se si sapesse che quella è casa mia?! Finchè te le porti in albergo le tipe è un conto, ma casa mia è casa mia…non è un bordello.- risposi tassativamente.

Lui sbuffò.

-Che noiosa che sei!

Mi imbronciai. Non so nemmeno io se mi avesse dato più fastidio la sua intenzione di portarsi le ragazze a letto in casa mia o il fatto che mi aveva dato della noiosa perché, ragionevolmente, gli avevo negato questo svago.

-Eddai Tom! Puoi resistere per un po’ senza! Non muori mica sai?- lo riprese Bill prendendola sullo scherzo.

Mi voltai verso il finestrino e non parlai per il resto del tragitto.

Arrivati di fronte a casa mia i camper ci lasciarono dicendoci che avrebbero posato i camper in un luogo dove fossero saltati meno all’occhio e che ci avrebbero portato dopo i bagagli.

Aprii la porta di casa e li feci entrare.

In vista del nostro arrivo Jost aveva mandato un’impresa di pulizie a pulire e la casa brillava come non mai.

Mi ricordai delle giornate intere passate con mia madre a spolverare e lavare i pavimenti.

Era buio e così mi apprestai ad aprire le persiane e a scostare le tende.

Alla luce la casa sembrava ancora più bella. Era una vita che non ci venivo e avrei voluto mettermi  piangere per la felicità.

-Wow! Che bella questa casa!- si complimentò Bill cominciando a girarla tutta in lungo e in largo. Sembrava un bambino. Era per questo che lo adoravo.

Lasciando Bill alla sua escursione portai  gli altri tre a vedere le rispettive stanze.

Portai Georg e Gustav nei due piccoli salotti in ognuno dei quali c’era un divano abbastanza spazioso e, come poterono constatare sedendosi, comodo.

Non avevano grandi bagagli e decisero che avrebbero tenuto i vestiti nelle valige.

Li lasciai sistemarsi e poi mi diressi al piano di sopra seguita da Tom.

Non mi esaltavo l’idea di stare da sola con lui, ma purtroppo Bill stava ancora esplorando il piano terra e il giardino.

-Ecco…questa è la stanza…- dissi facendolo entrare per primo in una delle tre stanze da letto.

La stanza era abbastanza grande, le tende azzurre sembravano esaltare la luce che faceva capolino dagli scuretti semi aperti, e proprio di fronte al balcone, dal lato opposto della stanza, si trovava un letto matrimoniale apparecchiato con lenzuola pulite probabilmente dalla stessa impresa di pulizie ingaggiata da Jost.

Immaginai che dovessero essere pronte e sistemate anche le altre stanze.

-Come mai il letto è matrimoniale?- mi chiese perplesso.

-Perché i letti qui sono tutti a due piazze. Qui ci dormivano i miei genitori, la stanza accanto è quella in cui dormivo con mio fratello, sempre in letto a due piazze e quella adiacente è la stanza in cui dormivo quando volevo stare sola o quando mio fratello decideva di prendermi a calci e che spesso adibivamo a camera degli ospiti…- spiegai pratica.

-Bene…- si sedette sul letto scompostamente e buttò lo sguardo al pavimento.

-Mayer?

-Dimmi…

-Perché?- alzò lo sguardo su di me. Era serio. Troppo serio per uno come lui.

Sapevo bene a cosa si riferiva. Era per questo che avevo evitato di rimanere sola con lui da quella maledetta sera in cui mi aveva confessato di sentirsi fisicamente attratto da me e mi aveva così ferita.

Sviai il discorso fingendo di non aver capito.

-Te l’ho detto! I letti sono a due piazze perché…

-Sai bene cosa intendo e sai anche che non mi riferisco ai letti…- mi interruppe, calmo e diretto.

Abbassai lo sguardo.

-Cosa c’è da spiegare?

Alzò gli occhi al cielo con fare esasperato ridendo nervosamente.

-Tutto, Mayer! Tutto!

Decisi di buttarla sul piano del rimprovero.

-Cos’è?! Ti brucia essere stato rifiutato da una ragazza, Sex gott?

Ero arrabbiata e gli sputai in faccia tutto il veleno che mi ero tenuta dentro e che stava pian piano corrodendomi.

-Sai anche che non è questo che mi brucia…- manteneva la calma.

-No! Non so niente Kaulitz! Tu non capisci…tu…- non trovavo le parole, per la prima volta in vita mia ero a corto di parole.

-Spiagamelo, allora…- mi spronò alzandosi e avvicinandosi a me.

-Non capiresti comunque…

-Mettimi alla prova…- continuò posandomi una mano sulla spalla e cercando con i suoi occhi i miei che evitavano ogni contatto.

Mi allontanai di colpo come scottata dal tocco della sua mano.

Fece ricadere a peso morto la mano lungo il fianco.

-Ho cercato di fare finta di niente….ho cercato di capire per non…non so perché…per proteggerti forse…quando ti ho vista piangere, io…mi sono sentito in colpa…- cominciava frasi senza concluderle, segno che anche lui faceva fatica trovare le parole giuste.

-In colpa? Non sei abituato a vedere le ragazze piangere per causa tua?- ero arrabbiata. Assalire le persone era il solo modo che conoscevo per difendermene.

-Tu non sei come le altre...- disse abbassando di nuovo lo sguardo.

No. Basta. Non poteva dirmi una cosa del genere. Sembrava sincero ma…insomma! Era Tom! Come poteva vedermi diversamente dalle altre? Chissà a quante aveva detto la stessa cosa per portarsele a letto e poi buttarle via come vecchi stracci?

-Raccontala a qualcun altro questa balla, Tom…- dissi stringendo i pugni così forte da conficcarmi le unghia nei palmi fin quasi a farli sanguinare.

Una lacrima percorse il profilo del mio viso per poi cadere sulla punta della mia scarpa.

Non volevo piangere di nuovo per lui e così ricacciai indietro le lacrime che spingevano per seguire la prima e alzai lo sguardo.

-Vado a chiamare Bill per fargli vedere la sua stanza.- dissi senza alcuna inflessione nella voce. Semplicemente pronunciai quella parole come un bambino che ripete una vecchia poesia senza capirne il senso e quindi senza interpretazione.

Uscii dalla stanza seguita dai suoi occhi.

Avevo bisogno di Georg in quel momento. Avevo bisogno di lui.

Mostrai velocemente la camera a Bill  e poi proposi ai ragazzi di andare alla spiaggia di fronte casa. C’era sempre poca gente e in quella zona non c’erano molte ragazzine quindi sarebbero stati al sicuro ed inoltre era ancora settembre ed il tempo continuava a regalare belle giornate

-Tu non vieni?- Mi chiese Bill prima di uscire di casa con gli altri, una volta pronto.

-No…rimango a dare un’ultima sistemata…

Lanciai un’occhiata a Georg che mi capì al volo e annuì lievemente.

Uscirono di casa ed io me ne andai nella mia stanza, accanto a quella di Bill e chiusi la porta di collegamento a chiave. Ognuno aveva bisogno della sua privacy.

Passarono massimo 5 minuti che sentii la porta di casa riaprirsi. I ragazzi avevano ognuno una copia delle chiavi.

Mi posi in cima alle scale giusto in tempo per accogliere Georg, che stava salendo velocemente. Ci baciammo senza dire niente. Lui mi tolse la canottiera e scese a baciarmi il collo con frenesia ed io gli  tolsi il cappellino che aveva indossato per non farsi riconoscere sulla spiaggia.

Alzò il viso all’altezza del mio smettendo per un attimo di baciarmi e mi spinse facendomi perdere l’equilibrio. Per non cadere dovetti appendermi al suo collo e circondargli la vita con le gambe. Riprese a baciarmi entrando nella stanza per  poi chiudersi la porta alle spalle.

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Capitolo 9
*** 9 ***


una chita per due capitolo 9

9

Appoggiata al petto di Georg guardavo il soffitto mentre lui mi accarezzava piano il braccio.

Sembravamo così teneri…ma c’era ben poco di tenero nel nostro rapporto.

Ci usavamo a vicenda, ma andava bene ad entrambi.

-Che hai detto agli altri? Come hai spiegato che tornavi indietro?

Lui rise piano poggiando il viso nell’incavo del mio corpo.

-Gli ho detto che avevo urgente bisogno di andare in bagno perché il cappuccino di stamattina mi aveva fatto un brutto effetto…- rispose muovendo lievemente le labbra sulla mia pelle.

Risi anch’io, divertita dalla scusa che si era inventato.

-E ci sono cascati? Non sei un granché come bugiardo…

-Si, se la sono bevuta…Tom mi ha guardato molto male però….temo che sospetti qualcosa.

A quelle parole mi irrigidii di colpo. Tom. Forse. Sapeva.

No. Non doveva sapere niente!

-Hey Mel tutto bene?

Non risposi presa dal panico.

Se Tom sapeva…che avrebbe pensato di me?

Mi sorpresi dei miei stessi pensieri. Che avrebbe dovuto pensare? Che cosa gliene importava a lui? Poteva solo sentirsi ferito perché andavo a letto con Georg dopo aver rifiutato lui ma…

Il pensiero di poter ferirlo mi spaventò. Non volevo ferirlo. Io lo amavo.

Georg si scostò da me puntellandosi sui gomiti per poi riavvicinare il viso e stamparmi un bacio sulle labbra.

-Mel?

Mi riscossi dai miei pensieri.

-Scusa…stavi dicendo?

-Niente…che hai? Sei strana…

Amavo anche Georg, ma era un amore diverso. Non riuscivo a spiegare nemmeno a me stessa cosa distinguesse ciò che provavo per Georg e ciò che provavo per Tom, sapevo solo che era diverso.

-Niente, non preoccuparti solo un po’ di stanchezza…viaggiare in continuazione mi distrugge…- risposi sperando che non si rendesse conto della mia confusione.

-Devi anche contare che sono troppo bravo per te…ammettilo!- mi canzonò per tirarmi su.

Mi finsi indignata.

-Cosa cosa cosa? Senta signor Bellicapelli non diciamo fesserie per favore!- risposi fingendomi tranquilla.

Lui rise e si sporse verso di me.

Le nostre labbra si unirono ancora una volta. Mi accarezzò sensualmente il collo facendomi rabbrividire ed io mi strinsi a lui cercando di prolungare quel contatto.

-Io sarò bravo ma tu non scherzi…- sussurrò malizioso contro le mie labbra.

Io cercai di avvicinarmi di più ancora per aderire completamente a lui e presi ad accarezzargli un fianco.

Non volevo che andasse via. In quei momenti in cui eravamo soli, dovunque fossimo, il tempo si fermava e per un po’ tutto diventava più semplice.

Si tirò indietro e si alzò guardandomi divertito.

-Eh, no signorina! Accuccia!- rise di gusto vedendo la mia espressione delusa.

-Raggiungo gli altri se no si preoccuperanno…o peggio ancora sospetteranno qualcosa…- concluse chinandosi su di me, ancora sdraiata e intrappolata nel groviglio di lenzuola, e stampandomi un bacio sulle labbra.

Annuii rassegnata.

Lui si rivestì e si diresse verso la porta ma prima di uscire si voltò nuovamente verso di me.

-Hey…

Lo guardai interrogativa.

-Sei bellissima Mel…

Sorrisi. Era così dolce quando voleva.

Mi mandò un bacio e uscì dalla stanza sorridendo.

Che casino! Mi resi conto del guaio che avevo combinato e poi le parole di Tom mi rimbombavano nella mente…

“Tu non sei come le altre”

            “Tu non sei come le altre”

                        “Tu non sei come le altre”

                                   “…non sei come le altre”

E se lo pensasse davvero? E se comportandomi come mi stavo comportando stessi perdendo l’amore della mia vita? E se stessi perdendo il ragazzo che amo? Se stessi sbagliando tutto.

La testa sembrava volermi scoppiare.

Georg.

Oh,Georg. Lui era adorabile. Riuscivamo a mantenere quel rapporto senza troppe pretese, senza troppe domande.

Temevo solo che la cosa degenerasse. Temevo solo che questo rapporto degenerasse. Il confine fra ciò in cui ci eravamo impelagati noi ed una relazione stabile era così sottile che bastava poco, troppo poco, per sorpassarlo.

Ma io provavo qualcosa di indescrivibile per Georg. E se non amassi Tom come credevo? E se in realtà amassi Georg?

Che confusione! La testa rischiava di scoppiarmi.

Mi andai a fare una veloce doccia e mi rivestii.

Sistemai le lenzuola del mio letto tutte stropicciate e scesi in cucina per preparare qualcosa.

Aprii tutti gli stipetti ma erano tutti ugualmente vuoti. Mi arresi all’evidenza e andai a fare la spesa. Ero sempre stata un frana in affari tipo spesa o pranzo o qualunque cosa prevedesse una minima conoscenza culinaria.

Optai per un preparato della 4 salti in padella ai funghi e misi nel carrello anche una buona scorta di Sofficini Findus. Pratici e buoni.

Soddisfatta della mia spesa tornai a casa e analizzai con calma la busta della quattro salti in padella. Dentro c’erano già le tagliatelle; dovevo solo versare il tutto in una padella unta con poco olio e meno di un dito d’acqua.

Mettendomi a quasi un metro dal fornello allungai un braccio e provai a versare il contenuto della busta con il risultato che l’olio cominciò a scoppiettare e per poco non mi rovinò un braccio.

Che avessi messo troppo olio? Bah. Chi se ne frega.

Controllai l’orologio. Era ormai l’una passata e i ragazzi probabilmente stavano per tornare.

Quando ritenei che la pasta fosse cotta la riversai in una insalatiera bella grande e la coprii con la carta stagnola per non farla raffreddare.

Misi a friggere i Sofficini che dopo qualche minuto e qualche lieve scottatura furono pronti.

Giusto in tempo i ragazzi arrivarono.

-Meeeeeeeeeeeeel! Il mare è bellissimo! Oggi pomeriggio ritorniamo e devi venire anche tu!!- esclamò Bill saltellandomi incontro seguito dagli altri tre che camminavano normalmente.

Bill era a torso nudo e le spalle erano tutte rosse.

-Bill!- Lo richiamai.- Ti sei scottato tutto! L’hai messa la protezione?

Gli altri erano perfettamente sani.

Bill abbassò lo sguardo come un bambino che è stato appena rimproverato.

-Ma se mettevo la crema non mi abbronzavo!- si lamentò.

-Beh adesso sei tutto scottato, sei contento? Stanotte non potrai dormire! E domani abbiamo il concerto! Cristo Santo, Bill! Sei un danno ambulante!

-Hey! Adesso non esagerare!- mi rimproverò lui mettendo il broncio.

-Fila a lavarti le mani e siediti a mangiare va! E voi altri pure! Su su veloci!

Mi ubbidirono tutti tanto bellini e poi si sedettero a tavola.

Mangiammo in tranquillità, commentando la stupidaggine di Bill il quale ascoltava imbronciato i nostri commenti ben poco carini.

Tom parlò poco ma non si dimostrò arrabbiato o altro. Solo un po’ triste.

Io mi imposi di comportarmi ancora una volta come se nulla fosse e tutto filò liscio.

 

Dopo mangiato ci mettemmo a giocare a carte, insegnai loro qualche gioco con le carte siciliane e loro mi insegnarono alcuni giochi che ancora non conoscevo con quelle francesi.

-Ecco un altro buono motivo per odiare la Francia!- constatai mettendomi le mani ai capelli non riuscendo a capire uno dei giochi che tentavano di insegnarmi.

-Noi amiamo la Francia…- mi informò Gustav estatico.

-Oh si…- continuò Tom con aria sognante – Le francesi!

-Concordo con Tom…- convenne Georg dando una spallata giocosa al chitarrista.

-I grandi negozi! La moda! Gli stilisti!- ovviamente era stato Bill a parlare, alzandosi in piedi sulla sedia e gesticolando come un attore di teatro.

Lo guardammo tutti così male che con espressione contrita e rassegnata si risedette tranquillo e composto al suo posto.

Continuammo a giocare ma mi segnai il commento di Georg per poterglielo rinfacciare una volta soli.

Arrivato il pomeriggio mi pregarono  di andare con loro al mare e così mi convinsi e andai in camera mia a mettere il costume.

Misi il mio semplice bikini bianco e uno shorts.

Aprii la porta della mia stanza per uscire e mi ritrovai faccia a faccia con Tom.

No. Non di nuovo.

-Hey…mi hai spaventata!- dissi cercando di apparire il più calma possibile.

-Eccoti…non ti trovavo!

-Mi stavo preparando…- mi giustificai tranquilla. –Gli altri?

-Sono già andati…ci aspettano in spiaggia.- rispose- non volevo che venissi sola e così ti ho aspettata. Georg non mi sembrava tanto contento…- terminò con una smorfia.

-Che intendi?

-Niente, niente…senti Mayer per il discorso di stamattina, per ciò che ti ho detto l’altro giorno…fa finta di niente ok? Ti vedo che sei a disagio e non mi va…- sorrise sereno.- Non voglio rovinare il nostro rapporto…

-D’accordo…- risposi e automaticamente un sorriso si dipinse sul mio volto. In quei momenti Tom riusciva a farmi tenerezza.

-Un abbraccio?- mi chiese con aria da cucciolo bastonato.

Lo strinsi forte stampandogli un bacio sulla guancia. Se questo era il massimo dell’affetto che potevo avere da lui, mi bastava.

Mi scostai e lo guardai negli occhi.

-Andiamo che se no gli altri si fanno strane idee?- chiese sorridendo sghembo con una nota di malizia.

-Certo!

Raggiungemmo gli altri in spiaggia chiacchierando come non facevamo da giorni.

-Eccovi finalmente! Pensavamo vi foste persi!- ci accolse Georg avvicinandosi.

-Tranquillo amico!- lo rassicurò Tom con uno strano tono di sfida sorpassandolo e raggiungendo gli altri due.

-Che è successo?- mi chiese Georg serio.

-Niente! Che dovrebbe essere successo, Georg?

-Non si sa mai quando si tratta di Tom…si sa che ha un debole per te e…temevo…niente lascia stare!- sforzandosi di sorridere Georg si allontanò.

“ Si sa che ha un debole per te…”

Sospirai. Si. Aveva un debole per me nel senso che voleva avermi fra i suoi trofei.

Ma tanto avevo fatto pace con Tom quindi decisi di non pensarci.

E poi il comportamento di Georg. Sembrava geloso. Eppure avevamo messo bene in chiaro che non stavamo insieme.

Rinunciai a capire e mi avvicinai agli altri.

Mi tolsi gli shorts e andai ad affiancare gli altri sulla battigia.

Il mare era stupendo. Sembrava una piscina e il sole pomeridiano si rispecchiava sull’acqua creando un magnifico gioco di luci.

-E’ bellissimo!- commentò Gustav voltandosi verso di me.

Io annuii e senza dire altro mi tuffai scomparendo sott’acqua con eleganza.

Riemersi poco lontano, più a largo e li vidi ancora titubanti saggiare la temperatura dell’acqua con le punte dei piedi.

Diabolica come al solito escogitai uno dei miei piani malefici e mi immersi nuovamente sott’acqua. Quando con gli occhi socchiusi vidi che ero abbastanza vicina a loro, sfruttando l’effetto sorpresa emersi dall’acqua e li schizzai tutti.

Cominciarono a urlarmi contro insulti di tutti i tipi, mentre Tom era riuscito a nascondersi dietro Bill ed era quasi asciutto così uscii dall’acqua e presi a rincorrerlo.

-No no no no no- ripeteva ridendo e scappando da me per tutta la spiaggia. Mi buttai di sopra per afferrarlo e cademmo sulle pietre uno sopra l’altro.

-Adesso sei bagnato!- dissi trionfante sfiorandogli con il polpastrello bagnato il naso.

Rise con la sua risata roca e profonda che tanto adoravo.

-Sai che bagnata sei anche più bella?- mi chiese retorico guardandomi con la testa inclinata di lato.

-Tom!- lo rimproverai dandogli una leggera botta sul capo.

-Non posso fare nemmeno una considerazione adesso?!

Scossi la testa rassegnata e mi alzai.

Lo presi per mano e lo trascinai in acqua insieme agli altri che ormai volenti o nolenti si erano buttati.

Lo calai sott’acqua e quando riemerse Bill gli si buttò addosso e il rasta finì nuovamente sott’acqua.

Riemerse sputacchiando e tossendo ed io e Bill battemmo il cinque con aria complice.

Gustav e Georg si avvicinarono.

-Hey, Bill! Hai dimenticato cosa ci ha fatto questa strega?- gli chiese Gustav  guardandomi con aria malefica.

Bill si voltò verso di me con lo stesso sguardo di Gustav e Georg.

-No no no! Che intenzioni avete?!- chiesi spaventata senza però riuscire a non ridere –Sono ancora giovane! Ho tutta la vita davanti! Fatemi arrivare almeno ai diciotto anni!- pregai.

Tutto inutile. Mi afferrarono e mi bloccarono.

-eins

-Noooo

-zwei

-Eddai smettetela!

-e….

-N…

-drai!!

Mi buttarono a largo con uno slancio disumano.

Rimasi quasi nuda ma ebbi il tempo di sistemarmi i triangoli del costume prima di riemergere.

Ad aspettarmi c’era Tom.

-Salve!- mi disse e prima che potessi dire o fare nulla mi spinse sott’acqua.

Riemergendo con tutti i capelli davanti agli occhi urlai:

-Stasera dormite tutti nella cuccia del cane!!!

Bene bene gente ed eccoci al capitolo 9! Finalmento ho un po' di tempo per le fanfiction...ed è un qualcosa di pazzasco data la mia vita frenetica, ultimamente. Oltretutto al momento sto lavorando a due fanfiction sui My chemical romance di cui una in società con JuFrankestein.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto ed adesso passiamo ai ringraziamenti che ultimamente ho trascurato.

Black_DownTH: oddio sai che potrei montarmi la testa?! Eheh vabbè a parte gli scherzi. E già la storia è parecchio intricata e ti assicuro che Georg, come avrai capito da questo capitolo, non è tanto indifferente come appare. Ma io amo questi ragazzi che ci posso fare?! Beh spero di non essere la causa dell'annientamento totale delle tue unghie e che continuerai a leggere e farmi sapere che ne pensi. Baci

marty sweet princess: Grazieeee! Sono davvero contenta che la storia ti piaccia e spero continuerai a seguirla...anche se è incasinatissima!! Eheh alla prossima! Baci.

billa483: Gemiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!! Tesoro come stai? Per ora ci stiamo sentendo poco lo so....e mi dispiace un sacco! Comunque sia lo sai che per te ci sono sempre! Grazie per il capitolo xD e tranquilla non scompaio del tutto...poi ricompaio! Tvb Baci.

Ladysimple: Grazie!! Mi fa piacere che la storia ti piaccia e beh...Tom...leggi e lo scoprirai!! Ti dico solo che sarà tutto un gran casino. xD Baci.

DarkViolet92: Eeeh...tom non la lascia in pace perchè in fondo in fondo forse non è una cosa superficiale come pensa la nostra Mel...poverina...essere uno dei vertici di un triangolo amoroso è una gran rottura, ma d'altronde stiamo parlando di Georg Listing e Tom Kaulitz no? Spero mi farai sapere che ne pensi. Baci

Ringrazio anche chi ha recensito il capitolo 7 dato che la scorsa volta non ne ho avuto la possibilità. Perciò grazie a ElisaRoyalRock, MARINA KAULITZ, angeli neri, Sognatrice e billa483 e tutti coloro che hanno messo la storia tra i preferiti!
Ciao a tutti! ;)

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Capitolo 10
*** 10 ***


una chita x due 1000

10

Tornati a casa quella sera eravamo sfiniti. Ordinammo una pizza e, dopo averla divorata, andammo tutti a dormire.

Georg venne nella mia stanza verso mezzanotte.

Bussò piano ed io gli aprii.

-Hey!- lo accolsi sorridente.

-Fammi entrare fammi entrare! Gustav russa!

Ridacchiai e richiusi la porta alle nostre spalle.

Ci sdraiammo sul letto uno accanto all’altra. Si sporse verso di me e prese a posarmi piccoli baci sulla spalla salendo piano sul collo e riscendendo.

Io non reagivo e così lui si staccò.

-Beh?- mi chiese.-che ti succede stasera? Non ti va?

-Sono stanca…non ero più abituata al mare e sono completamente sfinita.- mi giustificai tirandomi su puntellandomi sui gomiti.

Sembrò deluso.

-Ok.. borbottò tornando a sdraiarsi.

Avevo paura di chiedergli ciò che mi tormentava da quel pomeriggio. Avevo paura della risposta, ma dovevo sapere.

-Georg?

-Mh?

-Oggi a mare quando sono arrivata con Tom…mi sembravi…-feci una pausa.-Geloso…

Lui abbassò lo sguardo.

-Scusami…- disse.- mi sono lasciato trasportare dalla situazione. E’ difficile rendersi conto che noi due non stiamo insieme…cioè…è come se stessimo insieme sotto molti punti di vista no? Però abbiamo in comune accordo deciso di evitare la relazione seria…

-Infatti…per questo non ho capito il tuo comportamento di oggi pomeriggio…

-Non sono sicuro che la cosa mi vada più bene…- esalò cercando il mio sguardo per vedere la mia reazione.

Rimasi spiazzata. O meglio, non sapevo che cosa dire. Era ciò che temevo che dicesse. I miei timori erano diventati realtà.

Aspettava una mia risposta ed io non sapevo che cosa dire. Aprii la bocca una decina di volte senza che ne fuoriuscisse nessun suono e sistematicamente la richiudevo. Sembravo un pesce appena pescato che si trova fuori dall’acqua.

Lui davanti al mio improvviso mutismo abbassò lo sguardo.

-Lascia perdere…è meglio così…fa come se non ti avessi detto niente…è solo un momento….mi passerà…

Lo guardai confusa.

-Credo di essermi innamorato di te…

Mi avvicinai un po’ di più e lo baciai.

-Ma so che nella tua testa e nel tuo cuore c’è Tom…non c’è posto per me…- abbassò lo sguardo con aria triste.

Gli alzai il viso e lo guardai negli occhi, seria.

-Ricordi quando ti dissi che per me la nostra era più che una semplice storia di sesso?

Lui annui e una piccola luce di speranza si accese nei suoi occhi.

-Tu mi rispondesti che non ti amavo perché amavo Tom ma…Georg io non ho mai amato davvero. Non so cosa voglia dire…provo per te e per Tom sentimenti diversi ma ugualmente forti e non riesco a capacitarmene…- dissi in tutta sincerità sperando che capisse.

Riabbassò lo sguardo.

-Io allora non sapevo di amarti…è una consapevolezza che si è fatta strada pian piano nel mio cuore. Ogni giorno non vedo l’ora che arrivi la notte per poterla passare con te, quando ti vedo sorridere mi sembra che il sole brilli di più, quando ti vedo ridere o scherzare con Tom mi sento geloso…Ma finchè non avrai fatto chiarezza nel tuo cuore è meglio se non ci vediamo più così…

Fu il mio turno di abbassare lo sguardo. Aveva ragione. Pienamente ragione.

 

 

 

 

Ero sola. Georg se ne era andato da quasi un’ora ed io non riuscivo a prendere sonno.

“Credo di essermi innamorato di te…”

Quelle parole mi facevano paura. Mi ero impelagata in qualcosa che mi era sfuggito di mano.

Avevo paura. Ma d’altronde Tom non mi amava. Perché sperarci ancora?

“Tu non sei come le altre”

Le parole di Tom mi vorticavano ancora nella mente come un uragano che spazza via ogni certezza, ogni convinzione a cui mi ero fino a quel momento aggrappata.

Tutto si stava complicando all’inverosimile. Se fosse stato un film sarebbe stato una romantica e problematica storia d’amore ma era la mia vita! E non c’era nessuna storia d’amore! C’era solo un triangolo fatto di sentimenti non corrisposti, di biglietti di sola andata senza speranza di ritorno.

Proposito per il futuro.

Uccidere i  registi di quelle storie romantiche e strappalacrime con le quali le mie amiche mi avevano riempito la testa per anni.

Tutte balle! La grandezza dei sentimenti….l’amore che vince su ogni altra cosa….ma siamo pazzi?! Ed io che ci credevo…

L’amore è una gran fregatura.

L’amore è il funerale dei cuori.

Love’s the funeral of heart

And an ode for cruelty

When angels cry blood

On flowers of evil in bloom

 

The funeral of hearts

And a plea for mercy

When love is a gun

Separating me from you

 

Cominciai a canticchiare quella canzone. Sempre canticchiando malinconicamente estrassi la mia chitarra dalla custodia e mi sedetti a gambe incrociate sul letto.

Non attaccai l’amplificatore. Non volevo che nessuno la sentisse.

Cominciai a suonare quella melodia, cantandoci sopra quelle splendide e veritiere parole.

L’amore è il funerale dei cuori, niente di più vero.

 

Il concerto arrivò fin troppo velocemente. La mattina avemmo il sound-check che andò discretamente.

La sera eravamo tesissimi. C’era molta tensione nell’aria. Georg cercava di comportarsi normalmente ma non gli riusciva per niente bene.

Era teso e intrattabile. Si vedeva che qualcosa non andava e sapere che quel qualcosa che non andava ero io, mi faceva star male e non riuscivo a concentrarmi. Avrei voluto andare da lui, baciarlo, dirgli che l’amavo, ma che amassi anche Tom, per quanto diverso fosse l’amore che provavo, era un dato di fatto e Georg lo sapeva.

Stavamo tutti zitti.

Quando il manager entrò e ci trovò in quelle condizioni dovette pensare che ci avessero rapito gli alieni e che avessero fatto uno scambio di cervelli o roba simile.

-Ragazzuoli che vi prende?

Gli schioccammo una tale occhiataccia che alzò le mani in segno di resa per poi girare sui tacchi ed avviarsi verso la porta.

-3 minuti…- ci avvertì prima di scomparire.

Presi la mia borsa e andai al bagno. Non riuscivo a reggere quella tensione. Avevo portato con me una bottiglia di vino che avevo trovato in casa, in previsione di una situazione del genere. Bere mi avrebbe rilassato e distratto e il concerto sarebbe andato meglio.

Bevvi un sorso cacciando la testa all’indietro.

Sentivo in testa Tom che mi rimproverava.

“Non si beve prima di un concerto”

Sorrisi.

Faceva tanto il serio e poi lui era il primo che si scolava tutto lo scolabile che aveva a portata di mano quando era agitato.

Piccola differenza. Lui reggeva l’alcool, io no.

-Mel?- mi chiamò Gustav da dietro la porta.- Muoviti è l’ora!

-Arrivo!- urlai da dietro la porta e bevvi tutto il contenuto della bottiglia in una volta.

Uscii dal bagno ricacciando la bottiglia vuota nella borsa.

Barcollai fino al divano ma fortunatamente gli altri non si accorsero della mia instabilità.

Gettai la borsa in un angolo e seguii gli altri sul palco.

Solita routine.

Tom.

Io.

16 tempi.

Georg.

Gustav.

E Bill.

Ready, set, go!

 

La testa mi girava ma ormai le mani si muovevano automaticamente sulle corde.

Strizzai gli occhi. La vista si era appannata e vedevo tutto sfocato.

Barcollai in avanti senza però perdere il ritmo della canzone e il pubblicò esultò, pensando che l’avessi fatto apposta.

Tom mi si avvicinò senza smettere di suonare.

-Che ti succede, Mayer?!- mi chiese sottovoce passandomi accanto e mettendosi a suonare contro la mia schiena per spacciare quella stranezza per un gesto premeditato.

-Tutto…bene…credo…- farfugliai continuando a suonare.

Sentii il suo sguardo preoccupato puntato addosso e stonai una nota.

“E’ il rock!”- diceva il management ma si voltarono tutti verso di me, compreso Bill che mi scoccò un’occhiata interrogativa.

Chiusi gli occhi in un gesto disperato e ripresi a suonare per bene.

Il concerto durò un’ora e mezza nella quale stonai altre tre volte.

Niente di eclatante, ma chi si intendeva di musica tra il pubblico l’aveva sicuramente notato.

Scesi dal palco salutando il pubblico con un timido gesto della mano e una volta arrivata nella sala wellness sotto gli sguardi apprensivi dei miei compagni, gettai la chitarra sul divano e mi ci buttai di peso prendendo a massaggiarmi nervosamente le tempie. La nausea mi tormentava da mezz’ora. La testa mi doleva in maniera fastidiosissima e avrei dato qualsiasi cosa per scomparire in quel momento.

-Si può sapere che ti succede?!- mi chiese Georg sull’orlo di un crollo di nervi.- Hai combinato un disastro!- sembrava infuriato e aveva tutte le ragioni di questo mondo per esserlo.

-Smettila Georg, non vedi che sta male?!- lo rimproverò Tom avvicinandosi e sedendosi accanto a me.

-Tu stai zitto e fatti i cazzi tuoi!- berciò l’altro.

Tom si rialzò con lo sguardo infuocato.

-Vuoi litigare?

Georg sorrise maligno.

-Sono qui…-allargò le braccia in segno di sfida.-sono sempre pronto per una rissa…

Tom si avvicinò con aria minacciosa al bassista ma Bill lo bloccò.

-Tom, calma lascialo stare, è solo nervoso! Sai com’è Georg…

-Un corno, Bill! Deve imparare ad abbassare la cresta!

-E scommetto che dovresti insegnarmelo tu, eh?- lo sfidò ancora Georg avvicinandosi a sua volta.

Fu  il turno di Gustav bloccare l’altro.

-Georg! Si può sapere che ti prende?!

Il bassista grugnì voltandosi verso il batterista.

-Mollami!

Il tono delle loro voci era troppo alto e la testa stava per scoppiarmi.

Corsi verso il bagno e tutti e quattro si voltarono verso di me.

Mi inginocchiai davanti al water e cominciai a rimettere. Sembravo decisa a vomitare anche l’anima. Buttandomi per terra avevo sbattuto violentemente il polso che ora mi faceva un male cane.

Bill mi si inginocchiò accanto e mi tenne la fronte, sorreggendomi.

Avrei voluto ringraziarlo ma appena aprii la bocca un’altra ondata dall’indefinibile colore mi riempì la bocca.

Finiti i conati mi alzai sorretta da Bill.

-Come ti senti?- mi chiese preoccupato.

Sentivo lo sguardo astioso di Georg puntato addosso. Mi odiava per non amarmi, questa la mia interpretazione del suo comportamento.

-Sto..b-be…-non potei completare la frase che tutto si fece scuro e caddi a peso morto fra le braccia del vocalist.

Alloooooora gente ce l'ho fatta!! E per i miei standard ho aggiornato anche abbastanza alla svelta! (Immaginarsi quando ritardo xD) Beh che ve ne pare? Mel è una calamita per i guai...U__U ma non mi perdo in contorti e superflui commenti sul mio stesso capitolo perchè rischierei solo di confondervi le idee più di quanto abbia già fatto xD

Black_DownTH : *_____* ma io adoooooro le tue recensioni!! E mi sa tanto che  neuroni sani non te ne posso prestare perchè io ne avrò al massimo uno che per giunta qualche tempo fa si è messo a giocare a nascondino e s'è nascosto così bene che non l'ho ancora trovato...se chiamassi chi l'ha visto?! Bah...coooomunque...beh io sono convinta che Georg sia un gran baciatore U__U Dai che ho sclerato abbastanza anche io ma sono pazza pensavo si fosse capito! Grazie per le cose fantastiche che mi dici sul serio...^___^ alla prossima!

marty sweet princess: eh lo so il greco e il latino distruggono ti capisco ;____; Comunque grazie per avermi aggiunta ai preferiti e sono felice che segui la mia storia...beh se Tom lo scopre che domande xD Leggi leggi e scoprirai muahahahahah grazie ancora alla prossima!

Ladysimple: Le piace le piace e manco tanto in fondo!! Si è un gran casino in effetti...ma  io amo le cose complicate!! ^___^ che dici di questo capitolo?? Fammi sapere, alla prossima!!

DarkViolet93: sono contenta che ti sia piaciuto lo scorso capitolo!!!! E di questo che dici? ahahah quando cucinava era proprio come me. Sono una frana...immagina quando tocca a me cucinare a casa! Mio fratello fugge xD Eh si è incasinata anche a sentimenti la nostra Melanie...ma farà luce nel suo cuore, questo è certo! Alla prossima ^^

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Capitolo 11
*** 11 ***


cap 11

11

Quando ripresi conoscenza non riuscii subito ad aprire gli occhi.

Dopo alcuni tentativi andati a vuoto vi rinunciai.

Sentivo le macchine passare in lontananza rombando.

 A giudicare dall’aria dovevo trovarmi in un luogo chiuso.

Sentivo qualcuno respirare accanto a me.

Strizzai ancora una volta gli occhi e sentii la persona accanto a me rizzarsi a sedere.

Aprii a fatica gli occhi e ci misi un po’ a realizzare: ero sdraiata su un letto, più precisamente sul letto di Tom, nella stanza che gli avevo assegnato. Fuori dalla finestra regnava l’oscurità ed intuii che doveva essere notte.

Mi voltai ed incontrai lo sguardo del chitarrista che, seduto sul letto a gambe incrociate, mi fissava ansioso ma sorridente

-Ehy!- disse vedendo che stavo riprendendo coscienza.- Salve! Mi hai fatto davvero preoccupare!

Sbattei le palpebre. Il cuore martellava nelle tempie rischiando di farmi impazzire.

-Sono…svenuta?- chiesi titubante.

Cavolo! Non pensavo di reagire in quella maniera a una misera bottiglia di vino!

-Già…

-Non….non so come sia potuto accadere, io…

-Oh si che lo sai…- il suo sguardo si era fatto serio. Si piegò oltre il letto e ripescò da terra la mia borsa.

No! Mi irrigidii.

Come temevo estrasse la bottiglia verde e me la sventolò davanti.

-Che vuol dire?- chiese duro.

Non risposi ed abbassai lo sguardo.

-Non ti avevo già detto di non bere mai prima di un concerto?!- era arrabbiato.

Sbuffai tirandomi leggermente su ma ricadendo pesantemente dopo qualche istante a causa di una vertigine.

-Me lo dici come se fossi un’alcolizzata…- mi lamentai.

Lui scosse la testa.

Abbassai lo sguardo con aria colpevole. Aveva ragione. Ed aveva ragione anche Georg. Ero stata una stupida. Avevo rovinato un concerto.

-Scusa…per il concerto…- sussurrai piena di vergogna.

-Non me ne frega proprio niente del concerto, scema! Mi preoccupo delle tue condizioni! Perché hai bevuto tutto quel vino? Sai che non reggi l’alcool!

E ora che mi inventavo.

-Ero…preoccupata per il concerto.- parziale verità.

Non mi chiese altro. Non ero un granchè come bugiarda e lui non  essendo stupido capì che c’era dell’altro ma che non ne volevo parlare.

Mossi il polso per sistemarmi meglio sul materasso e una fitta di dolore mi fece sussultare.

Dimenticavo il polso! L’avevo sbattuto ed ora mi faceva male…

-Cos’hai?- mi chiese Tom avvicinandosi vedendo il mio viso contorcersi in una smorfia di dolore.

-Il polso…- spiegai- l’ho sbattuto per terra…prima.

-Aspetta vado a prendere un polsino nella mia valigia…- disse dopo avermelo tastato accertandosi che non fosse rotto.

Si alzò e si chinò sulla sua valigia.

Mi tirai su a sedere. Le vertigini erano diminuite e riuscii a restare su.

Tom si risedette sul letto accanto a me, una gamba posata per lungo e una piegata sotto il sedere.

-Dammi il polso…

Allungai la mano verso di lui che la prese fra le sue.

Sentii un brivido percorrermi tutta la schiena e le vertigini tornare alla carica. Ma non erano vertigini come quelle di prima, erano diverse, in un certo senso più piacevoli.

Fece scorrere il polsino oltre la mia mano e lo sistemò adagio al mio polso, massaggiando piano. Quando era concentrato era ancora più bello. I rasta ricadevano selvaggi sulle spalle e, me ne accorsi solo allora, era a torso nudo, indossando solo i suoi larghi jeans. Anche i piedi erano nudi, seminascosti dai jeans. Alzò lo sguardo ed incontrò i miei occhi fissi su di lui ed automaticamente presi a guardare il materasso arrossendo violentemente.

Perché mi faceva questo effetto? Stupida stupida stupida stupida! Ecco quello che ero.

La mano che mi stava massaggiando il polso scese ad accarezzare la mia, percorrendone con i polpastrelli il palmo.

Di nuovo brividi. Di nuovo quella strana sensazione. Non sapevo se fosse o no consapevole della tempesta di emozioni che scatenava in me con quei semplici gesti, ma non mi importava.

Smise di accarezzare la mia mano e la strinse nella sua, teneramente. Non accennavo ad alzare il capo che avevo bloccato rigidamente verso il basso, intenta a fissare il materasso e così, con la mano libera mi alzò il volto.

I miei occhi furono gli ultimi ad alzarsi, ma quando lo fecero, per poco non svenni.

Le labbra di Tom erano vicine. Troppo vicine. Quei due oceani color nocciola mi fissavano troppo intensamente incatenando il mio sguardo.

Sentii il cuore battere forte e mi toccai il petto, temendo che potesse balzare fuori da un momento all’altro. La sua mano raggiunse la mia posata sul mio petto e le nostre dita si intrecciarono.

Sentii le sue labbra sulle mie. Uno dei suoi rasta mi solleticò il viso ed io sorrisi sulle sue labbra, scostandolo.

Anche lui sorrise  e poi riprese a baciarmi, approfondendo il contatto dapprima superficiale.

Prima mi mordicchiava le labbra e poi cercava con la sua lingua la mia, intrecciandole  avidamente.

Si staccò ed io mi accorsi che stavo respirando affannosamente.

Mi sorrise rassicurante ed io annuii. Non so perché, fondamentalmente. Inconsciamente forse gli stavo concedendo un permesso che non aveva chiesto.

Scese a baciarmi il collo, sfiorandone ogni centimetro e quando fu soddisfatto passò alle spalle.

Io non ero più capace di intendere e di volere, ero del tutto in balia delle sue labbra, dei suoi tocchi esperti così diversi da quelli di Georg. Non che Georg non ci sapesse fare, ma non provavo quelle sensazioni così strane e avvolgenti quando ero con lui. Non amavo Georg, infatti. Amavo Tom.

Lui non mi amava, ne ero consapevole, ma quella notte, chissà perché, il pensiero di essere una delle tante non mi sembrò tanto terribile.

Risalì a baciarmi le labbra e con le mani prese ad armeggiare con la mia maglietta cercando di tirarla via e ci riuscì.

Cominciò a baciarmi in ogni centimetro ed io gli carezzavo i capelli.

Rialzò il viso all’altezza del mio ed io lo baciai. Era questo l’amore. Avrei voluto dirgli che lo amavo, urlarglielo, ma temetti di sembrare ridicole e tacqui, limitandomi a sorridere dolcemente contro le sue labbra e allontanarmi leggermente, per dispetto, per poi riavvicinarmi e riprendere a baciarlo.

Quel giochetto sembrava piacergli, visto il suo sorriso sghembo e malizioso.

Sospirai.

Era Tom.  Era il ragazzo che amavo. Ero la ragione per cui andavo avanti ogni giorno. Aveva gli occhi che governavano e vegliavano i miei sogni. Aveva le labbra che desideravo in ogni istante.

 

Mi svegliai che il sole era ancora solo una timida presenza rosata che faceva capolino all’orizzonte.

Tom era dietro di me, addormentato. Il capo poggiato nell’incavo del mio collo e un braccio posato attorno alla mia vita.

Mi tratteneva, quasi temesse che scappassi via da un momento all’altro.

Ma non l’avrei fatto….dove sarei dovuta scappare?

Mi sottrassi alla sua stretta e lui borbottò qualcosa nel sonno.

-Mel…- mormorò più distintamente qualche istante dopo.

Aveva detto il mio nome! Mi rese felice in una maniera stupida e forse anche infantile.

Mi voltai verso di lui con la testa poggiata su un braccio e rimisi il suo, di braccio, sul mio fianco, come poco prima.

Non potevo non sorridere guardando quel viso così angelico.

Risi piano al solo pensiero che Tom potesse definirsi angelico. Era l’esatto opposto della purezza ma per me era comunque un angelo. Il mio angelo.

Gli carezzai delicatamente il viso, percorrendone i contorni con i polpastrelli freddi.

Era così caldo.

Le sue palpebre tremarono impercettibilmente ma non ritrassi la mano.

Pian piano riaprì gli occhi e non appena mi vide e sentì le mie dita carezzargli il volto, mi sorrise, prendendo la mia mano nella sua.

 

-Buon giorno, ubriacona…- mi salutò sorridendo sghembo.

Gli diedi una buffetto giocoso sul naso con la mano con la quale lo stavo accarezzando.

-Buon giorno, Sex gott…

Avevo avuto la prova che lo era davvero.

Avvicinò il viso al mio e mi posò un leggero e casto bacio sulle labbra.

Io mi accucciai al suo petto, cingendogli la vita con le braccia.

-E’ stato stupendo…- disse teneramente guardandomi.

Annuii sorridendo. –Lo è stato…

Mi accarezzò la schiena nuda e non disse nulla per un po’.

Mi beavo di quella tranquillità, di quell’equilibrio, e niente al mondo, in quel momento, mi importava.

-Mel?

Mi aveva chiamata per nome…beh ci mancava pure che dopo avermi portata a letto mi chiamava ancora Mayer!

-Mh?

-Ti amo…

Quelle parole furono come un fulmine. Il mio cuore perse un battito.

-C-cosa?- chiesi temendo di aver sentito male.

-Ti - amo…- scandì sorridendo davanti alla mia espressione sorpresa.

Non potevo credere alle mie orecchie.

Rotolai su di lui, tenendomi sulle braccia, con le mani posate ai lati della sua testa, sul cuscino.

Lo guardai negli occhi. Era sincero. Lo baciai con trasporto chinandomi su di lui.

-Non avrei mai creduto che l’avresti detto…- dissi sinceramente appoggiando la testa al suo petto e lasciandomi ricadere su di lui disegnando con le dita i contorni dei suoi addominali appena accennati ma evidenti.

Il suo petto fu scosso da uno sbuffo che interpretai come un accenno di risata.

-Sei sicuro….di quello che mi hai detto, Tom? Non devi dirlo solo perché siamo stati insieme, cioè…alle altre non l’hai mai detto a quanto so…

Mi diede un tenero pugno sulla testa.

-Quante volte devo dirti che NON sei come le altre, tu!?- disse con una nota di finta irritazione nella voce.

Sorrisi. Speravo tanto che fosse vero. Lo speravo con tutto il mio cuore.

-E tu? Mi ami?

Me lo aveva chiesto con tono speranzoso, quasi tormentato.

-Hai qualche dubbio?- chiesi retorica baciandogli il petto.

-Non me l’hai mai detto…come faccio a saperlo?

Aveva ragione. L’avevo anche sempre respinto. Come faceva  a capire i miei sentimenti?

-Ti amo…- dissi allora.- te lo sto dicendo adesso…

Mi alzò il viso verso  di se e mi baciò ancora e ancora e ancora.

Ad un tratto si fermò e mi guardò con aria smarrita.

-Adesso…posso sapere perché quando ti ho confessato i miei sentimenti ti sei messa a piangere se dici di amarmi?- mi chiese curioso.

-Proprio perché ti amo…

Rimase interdetto riflettendo su quelle parole.

-Sai che non ha senso vero?- mi chiese non trovando alcuna spiegazione logica alle mie parole.

- Ne ha invece!- lo contraddissi puntellandomi sui gomiti per tirarmi un po’ su.

-   Da come l’hai detta, quella volta, ho pensato che ti sentissi attratto fisicamente da me come da tutte le altre ragazze con cui sei stato. Il pensiero che il mio amore era ricambiato solo dal desiderio mi faceva star male.

-   Ma scusa…credevi davvero che se non fossi stato INNAMORATO di te ti avrei detto quelle cose rischiando di rovinare la band?

Ci riflettei. Che stupida che ero stata.  Ed ora avevo coinvolto anche Georg in questa storia. Tutto a causa di un banale malinteso.

Tom si alzò rimettendosi i boxer.

-Vado a fare una doccia, vuoi venire?

 Sono di volata, grazie a coloro che hanno recensito, messo la storia tra i preferiti o anche solo semplicemente letto!

Che ve n'è parso di questo capitolo interamente Tom/Mel?!

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Capitolo 12
*** 12 ***


terzultimo

12

Quel giorno gli altri si svegliarono tardi ed io e Tom potemmo restare da soli,  seduti in giardino, a scambiarci tenerezze. Non credevo che Tom potesse essere così dolce e glielo dissi.

-Nemmeno io credevo che lo sarei mai stato…ma ha ragione chi dice che l’amore rincitrullisce!

Ridacchiai.

-Sei felice di esserti rincitrullito allora?

Mi strinse a se, liberando il mio posto sulla panchina.

-Mai stato così felice…mai stato così…non so descrivere come mi sento, è una sensazione talmente strana e nuove per me che…non so descriverla…

-Anch’io sono felice…

Ma la mia felicità non sarebbe durata ancora a lungo.

Qualcuno si schiarì la voce, avvicinandosi.

Georg!

-Interrompo qualcosa?- chiese acido.

-Come sempre, Moritz!- rispose sorridente Tom avvicinandosi al compagno.

Gli porse la mano.

-Scusa per ieri….abbiamo esagerato entrambi…

Georg la strinse ma non disse nulla.

Mi scoccò un’occhiata triste, malinconica. Non ci aveva visti fare nulla di compromettente, ma evidentemente aveva capito tutto.

-Gustav? Di solito è in piedi all’alba, come mai stamattina fa il ghiro?- chiese Tom pensieroso sprizzando felicità da tutti i pori.

-Ieri sera abbiamo giocato a carte fino a tardi…- spiegò senza lasciar trapelare alcuna emozione il bassista.

Mi sentii in colpa. Non sono una che gioca con i sentimenti dei ragazzi, ma avevo ferito Georg. Il mio stomaco si contorse sotto la dura morsa del senso di colpa e abbassai lo sguardo.

-Vado a svegliarlo…- annunciò Georg per poi rientrare.

Tom mi si avvicinò e mi prese il mento tra le dita.

-Hey…che ti succede?

-Nulla…è tutto apposto…- mi sforzai di sorridere.

Tom non insistette.

Era fatto così. Non voleva che la gente invadesse la sua privacy e non invadeva quella degli altri.

-Piccola, nel pomeriggio ho un’intervista con Bill per un giornale locale. Dobbiamo incontrarci con il giornalista in una città qui vicino e quindi dobbiamo partire tra poco, tempo che Bill si alza e chiamiamo Saki per venirci a prendere…- mi spiegò.

-Ok…ma come mai solo voi due?

-Bah…non me lo chiedere…sempre a noi toccano le grane…ehy!- mi richiamò quando mi vide gongolare. Sapeva che odiavo le interviste. -Non cantare vittoria che dopodomani ne hai una qui con il direttore di un giornale importante. Da sola!

Mi imbronciai.

-Ma non vale!- mi lamentai.

-Oh si che vale!- rise lui dandomi un buffetto sulla guancia.

-Ma io non voglio!- protestai come una bambina piccola.

-Su, tesoro…-avvicinò le sue labbra alle mie provocandomi e poi allontanandosi per poi riavvicinarsi e baciarmi.-Fa’ la brava…

-Ci proverò…- dissi degludendo rumorosamente. Sapeva che con quei giochetti mi mandava in tilt! Che schifoso approfittatore delle altrui debolezze!

In quel momento arrivò Bill. Per fortuna c’eravamo già allontanati l’uno dall’altra.

-‘Giorno Bill!- esclamai vedendolo arrivare per poi saltargli al collo. Volevo punire Tom. Diabolica!

-Vedo che ti sei ripresa!- commentò allegramente il moro.

Era già bello e sistemato.

-Da quanto sei sveglio, fratellino?- chiese dubbioso Tom vedendolo tutto agghindato.

-Da 2 ore…-ammise il moro grattandosi la nuca.

Tom scosse la testa.

-E scendi solo adesso! Guarda Bill che se arriviamo tardi all’intervista sarà solo colpa tua!

-Ehy ehy, calmino!-si difese Bill sventolando e mani davanti a sé.

Dopo nemmeno mezz’ora arrivò Saki e i gemelli andarono via; Tom mi salutò normalmente, in presenza degli altri, ma mi fece l’occhiolino.

Rimasti in casa solo Gustav, che avevamo intanto scoperto essere uscito di buon mattino senza dire niente a nessuno per andare a correre, Georg ed io, mi rilassai.

Ma la calma, si sa, dura poco.

-Ragazzi vado a fare un giro, ho visto un posto dove noleggiano bici in centro e ne approfitto per visitare la città…- annunciò Gustav dopo pranzo alzandosi da tavola.

Pochi minuti dopo uscì di casa lasciando me e Georg da soli. Pessima, pessima, davvero pessima cosa.

 -Vado a riposarmi…-avvertii Georg salendo al piano di sopra. Nonostante fossi già a mezza scala potei sentirlo sussurrare uno svogliato ok.

Mi buttai sul letto.

Troppe emozioni una volta.

Tom mi amava! Quel pensiero volteggiava sereno nella mia mente. Fantasticavo sul nostro futuro, ci vedevo insieme, per mano, su un palco a suonare ancora a ottant’anni. Insieme. Per sempre.

Improvvisamente l’immagine di un Georg triste e sofferente, sconfitto e deluso, mi si stagliò nella mente.

Perché in amore c’era sempre qualcuno che doveva soffrire?

Strinsi le ginocchia al petto abbracciandole.

Non volevo che Georg soffrisse per me. Gli volevo bene.

Ero stata egoista, maledettamente egoista.

Con quel pensiero malinconico mi addormentai.

Mi svegliai quando sentii bussare alla porta. Non mi alzai, non ne avevo voglia.

-Avanti!

Georg entrò nella stanza con stampata in volto ancora quell’espressione ferita.

Si sedette sul letto, ai miei piedi e restammo a fissarci a lungo, senza sapere cosa dire.

-Stai con Tom?- chiese infine con gli occhi lucidi, velati da lacrime che il suo orgoglio maschile ricacciava determinatamente indietro.

-Si…- dissi solo quella semplice parola.

-Lo sapevo…lo ami?

Annuii.

Abbassò il capo. Sconfitto.

-Non ho speranze vero?

Non risposi, incapace di dire anche solo la verità. No, non ne aveva.

Una lacrima gli rigò il bel voltò cadendo giù da uno di quei due splendidi smeraldi.

Lo abbracciai. Non riuscii a controllarmi e gli scoppiai a piangere addosso, ancora stringendolo.

-Non credevo che saremmo arrivati a questo punto…- piansi amaramente stringendo la sua maglietta tra le dita.

Lui non singhiozzava, non sussultava per il pianto. Soltanto lacrime silenziose gli solcavano il volto,poggiato sulla mia spalla.

-Ti prego, fingi di amarmi, solo per qualche ora e poi ti lascerò libera, accetterò la tua storia con Tom, mi farò da parte. Ma ti prego. Amami. Facciamo l’amore. Per l’ultima volta. E mi farò da parte.

Spalancai gli occhi.

Avevo paura della mia decisione. Mi stava supplicando. Era per l’ultima volta. Mi chiedeva solo questa piccola bugia, questa piccola farsa. E sarebbe tornato tutto come prima. O quasi.

-Non posso…-singhiozzai scostandomi da lui.

-Un bacio…almeno…-mi supplicò.

Posai le mie labbra sulle sue prendendogli il viso tra le mani.

Lui approfondì il contatto. Le lacrime di entrambi andavano ad intromettersi fra le nostre labbra unite, prepotentemente, per ricordarci il nostro errore. Il mio errore.

Lo baciai con trasporto, con passione, lasciandomi andare. Era solo un bacio d’altronde. L’ultimo bacio.

Sentii un rumore e mi voltai verso la porta staccandomi da Georg.

Tom stava ritto sulla soglia. Il viso contorto in una smorfia di rabbia e orrore.

Mi mancò un battito. Ma stavolta per la paura.

Ci aveva visti.

I miei occhi si fecero di nuovo lucidi.

-Ero solo passato a dirti che siamo tornati prima e che Bill è fuori con Gustav.- disse acido per poi girare sui tacchi e dirigersi verso la sua stanza dal lato opposto.

-TOM!- urlai con quanto fiato avevo in gola.

Mi alzi e gli corsi dietro.

Lo abbracciai alle spalle stringendolo forte.

-Lascia che ti spieghi.

Lui mi allontanò malamente guardandomi con rancore.

-COSA C’E’ DA SPIEGARE? MI VUOI DIRE COSA CAZZO C’E’ DA SPIEGARE? E TU ERI QUELLA CHE MI “AMAVA”! NON SO COME HO POTUTO INNAMORARMI DI UNA COME TE!- rise istericamente.-Ed ero io quello che non sapeva amare vero? Se per te amare vuol dire questo…beh allora stiamo freschi.

E’ paradossale quanto l’amore, quello che tutti innalzano come il valore più grande, come la GIOIA più grande, possa ferire e distruggere in questo modo…Non l’avrei mai creduto…

Rimasi immobile, fulminata dall’odio e dall’amarezza sprigionati da quelle parole.

Si rinchiuse in camera senza dire altro. Senza volgere più lo sguardo verso di me.

Caddi sulle ginocchia e piansi tutto il mio dolore. Georg si chinò accanto a me.

-E’ tutta colpa mia…scusami…- si scusò sinceramente dispiaciuto.- Avrei dovuto mettere da parte i miei sentimenti sin da subito…ti ho solo creato problemi…

-Smettila!- sbottai.-E’ solo colpa mia…- singhiozzai più forte.-Solo…-non riuscivo quasi più a parlare a causa dei singhiozzi- …colpa…- sentivo il cuore trafitto da mille pugnali.-…MIA..!

BUM!! Oh yes!! E qui casca l'asino! Bel macello no? Mi odio per i casini che combino ma non riesco a farne a meno! Muahahahah bene bene gente, volevo ringraziare Ladysimple, marty sweet princess, angeli neri e DarkViolet92 per le recensioni...vi adoro!! E anche tutti coloro che hanno messo la storia tra i preferiti o anche solo la seguono. 

Scappo bella gente che il latino e il greco mi chiamano! Al prossimo capitolo (ovvero il penultimo U.U)

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Capitolo 13
*** 13 ***


penultimo una chita x due

13

 

Tornai nella mia stanza e mi raggomitolai sul letto.

Restai così per un tempo che non riuscii a calcolare. Vidi solo dalla finestra il cielo diventare nero, la notte calare e poi di nuovo il sole sorgere, salendo ad illuminare il cielo.

Poco a poco la luce si oscurò e nuvoloni neri salirono a coprire il sole. La pioggia picchiettava sui vetri. Il cielo piangeva con me.

A quella idea cercai di sorridere, ma non ci riuscii per quanto ci provassi. Le lacrime sembravano non finire mai. Mi ero sempre chiesta se le lacrime potessero finire, ma ora avevo la prova che le lacrime sono proporzionali al dolore che si prova. Finiscono quando si attenua il dolore.

Ma allora avrei pianto per sempre?

Quella maledetta immagine di Tom che mi fissava con odio puro, di Tom che soffriva, mi rimbalzava nella testa inesorabile, crudele.

Io amavo Tom! Perché doveva finire così?! Perché?! Perché avevo baciato Georg!? Avrei dovuto negargli anche quell’ultimo bacio! Stavo con Tom! Amavo Tom cazzo! Avevo rovinato tutto! Tutto!

Mi raggomitolai ancora di più su me stessa in posizione fetale. Sentii dei passi oltre la porta e tesi le orecchie in ascolto.

-Tom…Mel non accenna ad uscire e ha chiuso a chiave la porta e non sembra sentirci se la chiamiamo…

Era Bill.

Mi avevano chiamata? Non me ne ero nemmeno accorta. Quanto tempo era passato di preciso?

-Non…non mi interessa…- era stato Tom a parlare e un singhiozzo un po’ più forte mi scosse sentendo la sua voce. Quella voce che tanto amavo.

-Non è vero che non ti importa, Tom! Lo sai meglio di me! Non fare l’idiota!

-La consola Georg…tanto è uguale per lei…

Quelle parole mi ferirono conficcandosi nella mia mente come coltelli affilati.

Non poteva pensarlo. Non DOVEVA pensarlo!

-Anche questo non è vero e tu lo sai…lei ti ama…

-Bel modo di dimostrarmelo…- una risata amara fuoriuscì da quella bocca tanto perfetta e che tanto desideravo.

-Ho parlato con Georg…-cercò di spiegare Bill.-E mi ha spiegato tutto, loro…

-NON ME NE FREGA PROPRIO NIENTE DELLE PORCHERIE CHE FACEVANO LORO ALLE MIE SPALLE!- sembrava sull’orlo delle lacrime. La voce gli tremava ed io sarei voluta uscire, avrei voluto abbracciarlo forte, baciarlo e  spiegargli come stavano realmente le cose. Ma sapevo che non mi avrebbe ascoltato. Non ascoltava nemmeno suo fratello quindi perché, in questo momento, avrebbe dovuto ascoltare me?

-Rovinerai la band così, Tom!Non lo capisci?-sbraitò Bill dando un pugno al muro.-Merda!

Non avevo pensato alla band. Singhiozzai ancora più forte. Avevo sfasciato la LORO band. Sapevo che era un errore. Lo era stato fin dall’inizio.

-Lasciami in pace Bill…

Sentii dei passi e una porta che sbatteva.

Un sospiro. Doveva essere Bill. Si, doveva essere lui.

Rimase per non so quanto davanti alla mia porta. Lo sentii sedersi con la schiena contro il legno.

Non volevo parlargli. Volevo solo Tom.

Non poteva credere che amassi Georg o peggio ancora che gli avessi mentito. Io amavo lui e lo amavo veramente, profondamente, interamente. Lo amavo in maniera forse eccessiva. Se lui era lontano stavo male, se era con me ero felice. Se era accanto a me non potevo fare a meno di stargli a contatto, quasi a provare la sua realtà.

Adesso non c’era. Non sarebbe tornato da me.

-Devo parlarti..!

Strabuzzai gli occhi, sorpresa.

Non era Bill davanti alla porta! Era Tom.

Corsi ad aprire asciugandomi le lacrime.

Ritrovandomelo davanti gli saltai al collo e lo strinsi.

Forse aveva deciso di capire, aveva deciso di ascoltarmi.

Lui mi allontanò delicatamente e richiuse la porta appoggiandovisi, a braccia conserte.

Rimasi congelata dal suo sguardo freddo. Vuoto.

No. Non era li per ascoltare.

-Melanie ci ho pensato…non possiamo rovinare la band quindi mettiamo da parte tutto. Esci da questa cazzo di stanza che oggi pomeriggio hai un’intervista e domani ripartiamo per il tour. Tra noi non è successo niente, mettiamola così, così sarà tutto più semplice. Rapporto professionale, nient’altro. Colleghi. Con Georg fa come ti pare, sono cazzi vostri…

La durezza di quelle parole mi pietrificò.

-Ma…

-No. Basta, discorso chiuso

Girò sui tacchi e fece per uscire dalla stanza.

-Tom!- lo chiamai tra i singhiozzi.

Lui si voltò, con gli occhi chiusi, nella sua espressione si leggeva tanta sofferenza, tanta frustrazione.

-Ti amo! –gli dissi tristemente con la voce che tremava.. Mi voltò le spalle e uscì dalla stanza. Non una parola.

Nonostante tutto aveva ragione. Avevo l’intervista e non potevo rischiare di creare problemi alla band.

Uscii dalla stanza e mi chiusi in bagno. Lasciai che le lacrime continuassero a scendere inesorabili, mentre mi guardavo allo specchio.

Ebbi paura del mio riflesso.

Quella non ero io.

I capelli erano arruffati ed evidentemente sporchi. Gli occhi gonfi e arrossati e profonde e violacee occhiaie li contornavano.

Le labbra erano piene di spacche e esageratamente rosse. Le avevo morse per la rabbia e il rosso non era il loro colore naturale, bensì il colore del sangue uscito dalle piccole ferite.

Il viso era lucido ed un pallore spettrale completava l’opera rendendomi ancora più irriconoscibile.

Schiaffai la mano contro il vetro nel punto in cui il mio volto si rifletteva.

Non ero io. Non ero io. Non ero io neanche quella ragazza che aveva baciato Georg ferendo Tom. Non ero io.

Mentire non mi aiutava ma almeno potevo incolpare qualcun altro, o meglio, un’altra parte di me. La parte di me che, in quel momento, avrei voluto cacciare fuori dal mio corpo.

Mi feci una doccia veloce e mi accorsi che le gambe mi facevano male, probabilmente a causa delle anomale posizioni in cui avevo contorto il mio corpo.

Tornai in camera e mi vestii.

Guardai il telefonino per vedere l’ora e mi accorsi che mancava solo mezz’ora all’intervista. Non volevo vedere nessuno e così chiamai Saki perché mi venisse a prendere.

Scesi furtivamente le scale attenta a non fare rumore e a non farmi notare e feci per scattare verso la porta, ma sentii qualcosa che mi bloccò e mi inchiodò al muro nascosta dietro lo stipite della porta della cucina.

-Io…la amo…

Era Tom a parlare. La voce gli tremava ma sapevo che non piangeva perché lui non piangeva mai. Sembrava più arrabbiato, frustrato.

Aveva detto quelle semplici parole con rabbia, il che strideva con il loro significato.

Qualcuno sospirò.

-E allora chiarisci con loro!

Gustav.

-No. L’istinto di picchiarli sarebbe troppo forte e non voglio farle del male.

Non pensavo fosse a questo punto. Non pensavo temesse perfino di perdere così il controllo.

-Posso spiegarti io?

Tom sospirò.

In quel momento un messaggio fece vibrare il mio telefonino.

Era Saki che mi avvisava che era arrivato.

Uscii correndo di casa, senza farmi notare. Era inutile ascoltare come continuatala conversazione. Sapevo bene che non avrebbe ascoltato.

Salii in macchina.

-Ciao Melanie!- mi salutò Saki allegramente.

-Ciao Saki…

-Ti porto al Grand Hotel des Palmes giusto?

Annuii e lui mi vide attraverso lo specchietto.

Non parlammo per tutto il tragitto perché Saki doveva aver intuito che qualcosa mi turbava e sapeva che non mi avrebbe tirato fuori nessuna informazione.

-Grazie!- dissi scendendo dalla macchina una volta arrivata all’hotel.

-E’ il mio mestiere…

Mi sorrise e se ne andò salutandomi con la mano.

L’intervista fu più noiosa delle altre.

Solite cose.

Come mi sento ad essere l’unica ragazza in un gruppo di ragazzi, come mi trovo con tutto il successo che mi ha travolta, come mai sono andata via dall’Italia, perché…..come…si…no…forse…perché.

Solite conversazioni

I giornalisti riuscivano a risultare tremendamente noiosi.

Finita l’intervista uscii dall’hotel.

Avrei dovuto chiamare Saki ma non avevo voglia di tornare a casa.

Volevo parlare con Tom. Da sola.

Presi coraggio e lo chiamai.

Squillava.

-Pronto?- chiese scocciata aprendo la chiamata.

-Tom…puoi…puoi venire in centro per favore? Ho appena finito l’intervista e …vorrei parlarti.

-No…scusami ho da fare.

Era freddo, freddo più che mai.

-Ti prego…- sussurrai disperata.

-Mi dispiace….scusa ma devo andare che Bill mi chiama…

-Asp…

Aveva già chiuso la chiamata.

Rimisi il cellulare nello zainetto e attraversai la strada.

Le lacrime erano ricominciate. Inesorabili e piene di dolore.

Fu un istante. Qualcuno strillò. Mi voltai e vidi una macchina arrivarmi addosso.

L’impatto. Poi il buio.

Ed ecco il penultimo capitolo!! La storia è quasi giunta al termine e un po' mi dispiace devo dire...passiamo ai rigraziamenti.

DarkViolet92: beh sfortunata...potessi stare io con Tom e Georg xD Però si...più che sfortunata è incasinata...anche se  in questo capitolo anche decisamente sfortunata no? Povera piccina non so come mi è venuta in mente una cosa simile!! Comunque aspetto un tuo parere anche su questo capitolo! Baci.

Ladysimple: Uuh sono contenta che la mia storia ti piaccia!! Però dai...infondo anche Georg ci sta male...lui è innamorato! Vedremo vedremo cosa accadrà. Fammi sapere che ne pensi! Baci.

Black_DownTH: Non so se ti ho già detto che amo le tue recensioni in ogni caso...AMO LE TUE RECENSIONI! Ahahah...comunque povero il nostro hobbit! Anche se in questo capitolo la più povera è Mel! xD Fammi sapere che ne pensi...baci.

marty sweet princess: vedremo se faranno pace, vedremo...tanto il prossimo è l'ultimo capitolo!! ;) Baci

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Capitolo 14
*** 14-Finale ***


Fineeee

 

14

Bip. Bip. Bip

Che suono fastidioso.

Dov’ero?

Tutto era bianco. Come se attorno a me non ci fosse nulla.

E…non c’ero neanche io.

Che stava succedendo?

-Mel?

Quella voce. La sua voce.

TOM!!

Provai ad urlare ma nessun suono raggiunse le mie orecchie.

-Mel tesoro non puoi morire! Svegliati cazzo svegliati! Sei la mia ragione di vita Mel, se tu non ci sei più io perché vivo?

Sei crudele Melanie Mayer. Crudele!

Apri questi occhi! Fammi perdere in quei due magnifici oceani azzurri.

Ti prego. Sono settimane che sei qui!

Settimane? Cos’era successo? Qui dove?

Ah….l’incidente! Se c’era anche Tom però voleva dire che non ero morta! Ma allora perché non lo vedevo?

-Mel i tuoi genitori sono disperati. Stanno perdendo la speranza. Tuo fratello ti lascia sempre disegnini accanto al letto. E’ in gamba. Sembra più maturo dei suoi 8 anni.

Devi vivere! Devi svegliarti! Per lui! Per i tuoi genitori! Per me! Per Bill, per Gustav, per Georg, per Karin.

Giovanni? Il mio piccolino. Era li per me. Era chissà dove insieme a Tom con i miei genitori, con Bill, Georg, Gustav, Karin!

-Amore mio io ti amo…i dottori dicono che non ce la farai, ma io so che sei forte! Lo sei!

Allora non era più arrabbiato con me…aveva capito tutto!

Oh Tom! Avrei voluto abbracciarlo stringerlo baciarlo, ma quel dannato bianco mi avvolgeva. Dov’era il mio corpo?

Dovevo farcela! Dovevo!

Chiusi gli occhi. Anche se dubitavo che fossero mai stati aperti, a questo punto. Solo rifiutai quel bianco.

Sentii l’aria di un ventilatore colpirmi il viso lateralmente.

Provai a muovere la mano. C’era! Era stesa al mio fianco! Avevo il mio corpo.

-Mel! Oh Mel!- Tom doveva essersi accorto del mio movimento perchè mi prese la mano tra le sue e me la baciò.

-Dai! Dai!

Provai ad aprire gli occhi e le mie palpebre vibrarono.

-Vai forte Mel! Ce la stai facendo! DOTTORE!

Qualcuno arrivò di corsa dalla stanza accanto e mi poggiò qualcosa sul petto.

Doveva essere quell’aggeggio che usavano i dottori per misurare i battiti.

Mossi l’altra mano.

-Si sta riprendendo! E’ un miracolo!- la voce del vecchio dottore era felice.

Tom mi abbracciò ed io socchiusi gli occhi.

-Tom..-dalle mie labbra non uscì che un sussurro.

 

Alzai poco poco una mano e gliela poggiai sul capo, posato sul mio grembo.

Ero di nuovo con lui.

-Ti amo…- sussurrai ancora.

-Anch’io amore, anch’io!- piangeva. Lui non piangeva mai.

-Piangi? Tu…non devi piangere…- gli dissi con grande sforzo.

-Piango da giorni ormai…che vuoi che sia adesso? Almeno sto piangendo di gioia! Ma tu devi stare zitta! Non ti devi agitare ok? Accuccia.

Ecco il mio Tom.

Tom uscii lanciandomi un bacio da lontano ed entrò la mia famiglia. Riabbracciarli dopo mesi fu una sensazione magnifica.

Mio fratello! Piangeva come una fontana, come d’altronde anche i miei.

Senza volerlo scoppiai anche io in lacrime. Strinsi forte Giovanni. Mi voltai verso il comodino e vidi un sacco di disegni impilati. Il primo raffigurava me e lui per mano su un giardino verde. Un altro che si intravedeva appena raffigurava un paesaggio simile, ma c’erano anche i miei genitori con noi e da sotto il primo foglio spuntavano dei piccoli tratti decisi e calcati di colore giallo riuniti sotto un cappellino ed intuii dovessero essere i  rasta di Tom.

-Quel ragazzo, Tom, è il tuo fidanzato?- mi chiese innocentemente Giovanni sorridendo felice senza sciogliere l’abbraccio.

-Si…lo è.

Lui stava sullo stipite della porta e mi sorrideva.

I miei genitori si voltarono e gli sorrisero. Probabilmente avevano avuto modo di parlare e di conoscersi in quei…

-Quanto sono stata in coma?- chiesi piano piano cercando di tirarmi su.

-5 settimane Melly…- mi disse mia mamma.

Era una donna forte ma in quel momento mi sembrò tanto tanto fragile.

Ero di nuovo con le persone che amavo. Ero di nuovo felice.

 

 

Mi ripresi in fretta. Le restanti tappe del tour furono annullate e Jost e Carl ci diedero qualche mese di riposo.

I Tokio Hotel meno me me con Karin andarono a stare in albergo ed io mi trasferii momentaneamente con la mia famiglia nella casa al mare di Palermo.

I ragazzi venivano ogni giorno a mangiare da noi ed eravamo come una grande famiglia.

Giovanni adorava Gustav. Lo torturava dalla mattina alla sera e Gustav oltre a provare una sincera simpatia per mio fratello, ne approfittava per prendere una certa famigliarità con i bambini.

Karin adesso era quasi al sesto mese.

La pancia era evidentissima e lei la sfoggiava fieramente ovunque andasse. I miei genitori l’adoravano e la viziavano come fosse figlia loro. Ma infondo per me lei era come una sorella.

Karin aveva avuto la sfortuna di perdere i suoi genitori da piccola ed ora eravamo noi la sua famiglia.

 

 

Quella mattina non volevo assolutamente svegliarmi. Mi rotolavo tra le coperte con insofferenza e ripiombavo nel sonno ogni cinque minuti.

Ero ancora in dormiveglia quando sentii bussare alla porta.

Sbuffai sonoramente.

-Giovanni!! E che cavolo! Voglio dormire!

La porta si aprì piano e la testa di Tom fece capolino. Sorrideva divertito.

-Non sono Giovanni tesoro…calmina eh!- mi riprese scherzosamente richiudendo la porta e sedendosi vicino a me sul letto.

-Che ci fai qui?- chiesi sorpresa sorridendogli dolcemente.

-Non posso venire a far visita alla mia ragazza?

Sbuffai divertita.

-Che impressione sentirti dire “la mia ragazza”…che ne è del sexgott?

Avvicinò il suo volto al mio e mi baciò con dolcezza, ma non quella dolcezza semplice tipica dei baci. No. La dolcezza che Tom metteva quando mi baciava era diversa. Era qualcosa di magico e ineguagliabile, riuscivo a sentire tutto l’amore che provava per me.

Le sue labbra morbide e calde mi svegliarono del tutto e lo attirai verso di me mettendogli una mano sulla nuca e strisciando sul letto ancora più vicino a lui.

-Hey!- disse staccandosi con un’espressione dannatamente e magnificamente maliziosa stampata in volto.-Non riusciamo a controllarci stamattina eh?

-No…- sussurrai contro le sue labbra riavvicinandolo a me. –Non ho voglia di controllarmi…ma tanto i miei non sono usciti?

-Si….proprio quando sono arrivato…

-E allora? Che cosa ti frena?- gli chiesi abbracciandogli il collo e riprendendo a baciarlo.

Sorrise sghembo contro le mie labbra.

-Chi ha detto che mi sto frenando?

Mi accarezzò la schiena alzando un po’ la maglietta del mio pigiama ad orsacchiotti e scese a mordermi piano il collo.

Lo adoravo con tutta me stessa.

Respiravo pesantemente e lui con me.

Mi sdraiai e lo trascinai con me in maniera che i nostri corpi aderissero.

Il suo cellulare squillò.

-Mhm….-mugugnai con il capo appoggiato alla sua spalla mentre lui continuava a posarmi lievi baci sul collo alternati a morsetti.

-Non rispondo…- disse con voce tra lo scocciato e l’implorante.

-Devi…-lo ripresi io.

-No, non devo.

Continuava nella sua occupazione e il cellulare intanto squillava.

Lo presi e risposi io.

-Pronto?

-Tom Kaulitz?

Era una voce femminile.

Allontanai Tom da me con uno strattone e lo guardai in animalesco.

-Sono la sua ragazza…- risposi calcando il più possibile la frase in modo che arrivasse diretta e spedita al cervello di quella gallina.

Tom mi prese la mano e cominciò a posare piccoli baci lungo tutto il mio braccio.

-Chi è ?- scandì piano in maniera che capissi.

Io mi avvicinai una mano al collo e imitai il gesto di un taglio netto.

Mi guardò confuso e un po’ spaventato.

-Sono l’assistente di David Jost…-disse la donna dall’altro capo del telefono...posso parlare con il signor Kaulitz?

Adesso si metteva pure con la segretaria di Jost?!

-Sono Melanie Mayer signorina può dire a me…- la avvisai specificando chi fossi.

-Oh bene! Mi scusi non l’avevo riconosciuta…il signor Jost voleva che vi avvisassi che le vostre vacanza stanno giungendo al termine e che a Berlino è richiesta la vostra presenza per ricominciare le interviste e le registrazioni…

-La ringrazio… vedremo di contattare David…arrivederci.- ero sollevata. Voleva solo avvisarci che dovevamo ricominciare a lavorare! Tom non m tradiva con lei.

THE END

Ringraziamenti:

E siamo alla fine! Le cose si sono appianate e gli imbrogli sbrogliati! Voglio ringraziare tutti coloro che hanno seguito questa mia fanfiction, tutti coloro che hanno recensito e messo la storia tra i preferiti dandomi così fiducia...GRAZIE! Di cuore...

Credo che per una autrice finire una storia sia insieme una cosa terribile e una cosa bellissima. Mi spiego...terribile perchè comunque le storie che si scrivono entrano definitivamente nel cuore e nella mente di un autore ma bellissima perchè la soddisfazione di essere riuscita a finire qualcosa, di essere riuscita a completare un progetto in cui mi sono impegnata davvero tanto, mi  gasa da morire!!
Baci a tutti e ancora GRAZIE MILLE!!

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