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Era
più di un’ora che stavo li seduta su quella dannata sedia! Avevo persino preso
in considerazione che tutta quella storia potesse essere stata solo uno scherzo
di pessimo gusto del mio manager.
Ero
agli inizi di quella che a detta di molti sarebbe stata una brillante carriera.
Beh,
c’era solo un piccolo e per nulla trascurabile particolare da prendere in
considerazione: eravamo solo la mia chitarra ed io…coppia inscindibile, senza
dubbio, ma ciò non toglieva che non si poteva diventare artisti famosi se non
si avevano quantomeno soddisfacenti capacità canore e senza una band. Ero li,
sola, in un paese a me sconosciuto e di cui conoscevo a malapena la lingua.
Sola in Germania, l’unico posto in cui non avrei mai pensato di finire.
Sospirai
ed estrassi la mia fedele Gibson dalla sua custodia per poi attaccare
l’amplificatore alla presa. Grazie al cielo in quella stupida entrata di quella
stupida sala registrazioni c’era una presa compatibile.
Feci
scorrere tra le mani il jack e collegai lo strumento all’amplificatore.
Chiusi
gli occhi e feci scorrere le dita sulle corde, suonandole piano ad una ad una e
beandomi del suono che questo gesto produceva; cominciai a suonare lasciandomi
trasportare dall’istinto e improvvisando. Accordi lenti e bassi che
componendosi davano vita ad una melodia triste e malinconica, che chissà perché
mi faceva venire in mente l’idea di sogno, di fantasia, di vita.
Dondolavo
la testa a ritmo, strizzando gli occhi quando il passaggio da un accordo ad un
altro si faceva complicato e sentivo che attorno a me c’era il nulla, ero sola
con la mia musica, sospesa a mezz’aria, con la mia chitarra sulle gambe
accavallate.
Una
pennata più violenta diede inizio ad una serie di accordi più acuti, più
penetranti e duri; potevo sentire la potenza che quelle note sprigionavano,
intrecciandosi e sovrapponendosi come in una lotta senza fine.
Mi
lasciai trasportare e misi in quella melodia ormai diventata violenta e potente
tutta la mia determinazione, la mia voglia di farcela, di far ricredere tutti
coloro che mi dicevano che non ce l’avrei fatta, che assumevano
quell’odiosissima espressione scettica ogni qual volta mi ritrovassi a parlare
del mio futuro, della mia musica e della mia passione.
Ero
brava, lo sapevo. Non ero piena di me, arrogante o presuntuosa, credevo
soltanto nelle mie capacità.
Avevo
17 anni, il consenso dei miei genitori, che primi fra tutti credevano in me, e
la mia chitarra. Era tutto ciò che mi serviva per fare ciò che volevo, per
realizzare il mio sogno.
Nella
mia adorata Italia avevo fatto diverse serate, numerosi provini, avevo ricevuto
consensi e incoraggiamenti, le mie origini canadesi forse mi rendevano anche
più interessante, ma sapevo che finchè fossi rimasta a casa non avrei combinato
nulla. E così sono andata via, seguendo un sogno e determinata a realizzarlo.
Aprì
gli occhi e con un’ultima lenta e trascinata pennata terminai la mia
performance.
Sentì
qualcuno battere le mani e mi voltai alla mia destra.
Un
ragazzo vestito in uno stile hip hop fin troppo marcato e con dei bellissimi
rasta biondi che facevano capolino dal cappellino appena posato sul capo stava
battendomi energicamente le mani e si avvicinava con un sorrisino sbieco
stampato sul viso.
-Ciao…-disse
sedendosi accanto a me.
-Ciao…-risposi
guardandolo con un sopracciglio sollevato e sorridendo.
Lui
mi sorrise a sua volta e si sistemò il cappellino continuando a guardarmi negli
occhi.
Sentivo
quelle iridi castane, forse più simili al colore del miele, scrutarmi e
sostenni lo sguardo con sicurezza. Mi era spesso capitato di sentirmi dare
della sfacciata, ma il mio orgoglio veniva fuori sempre, anche quando non ce
n’era bisogno.
-Sei
davvero brava…- disse sinceramente ammirato.
-Ti
ringrazio…-dissi ancora confusa da quell’improvviso e repentino approccio.
-Ah,
quasi dimenticavo! Piacere, Tom Kaulitz!- si presentò porgendomi la grande e
forte mano.
La
strinsi con vigore sorridendo ancora di più.
-Piacere,
Tom….io sono Melanie Mayer!
-Wow,
una Gibson!- disse lui accarezzando il mio gioiellino.-Ne ho una anche io!
Ehi!
Si intendeva di chitarre! Mi tirai su illuminandomi.
-Le
Gibson sono le migliori sulla piazza secondo me! Hanno qualcosa di unico che
non so descrivere! Basta prenderne una tra le mani e…e…ti senti in paradiso!
-Concordo
pienamente..! Ho un feeling speciale con la mia Gibson…è come se fosse viva! A
volte ci parlo anche!- rispose lui altrettanto felice di poter parlare di
chitarre con qualcuno di competente.
I
nostri occhi erano come incatenati. Nessuno dei due intendeva rompere quel
contatto così sfacciato e così intimo.
-Mel?-
chiese Carl, il mio manager, sbucando dall’ufficio adiacente alla sala di
registrazione.
Mi
alzai in piedi e dovetti, mio malgrado, distogliere lo sguardo dagli occhi di
Tom.
-Oh,
vedo che hai già conosciuto uno dei membri del gruppo!- disse entusiasta.
Si
avvicinò e strinse la mano a Tom.
-Ciao
ragazzo!- salutò cordiale come se già si conoscessero.
-Buona
sera signor Klein!- rispose Tom sorpreso con un’espressione interrogativa
stampata in volto.
Si
conoscevano?!
Carl
mi prese sotto braccio e mi trascinò verso l’ufficio.
-Vieni
vieni che ti presento gli altri!
Gli
altri!? Mi aveva detto che c’erano buone notizie per me, quando mi ha dato
appuntamento qui, ma…non pensavo che ciò coinvolgesse altre persone.
Entrai
nell’ufficio, seguita da Carl.
Attorno
alla scrivania sedevano un ragazzo biondino e molto semplice, affiancato ai due
lati da un ragazzo dai capelli perfettamente stirati e dagli addominali
pronunciati visibili attraverso l’attillata maglietta verde militare e da un
moretto tutto capelli; l’acconciatura bizzarra da elettro-shok e gli occhi
pesantemente truccati di nero gli donavano un’aria particolare, androgina e
molto personale.
Tom
entrò alle mie spalle, mi voltai verso di lui e lo vidi fissare torvo gli altri
confusi quanto lui.
-Ehm…ciao!-
salutai alzando appena la mano ma non potendo nascondere l’imbarazzo.
Quello
che doveva essere il loro manager mi si avvicinò e mi porse la mano.
-Piacere,
David Jost! E loro sono Bill, Gustav, Georg e, ma credo che tu già lo sappia,
Tom. Ecco a te i Tokio Hotel!- presentò l’uomo indicando prima il moretto, poi
il biondino, il ragazzo dai capelli perfettamente piastrati e Tom.
I Tokio Hotel?! Li avevo sentiti più volte nominare in
Italia, erano un famosissimo gruppo tedesco, ma nell’ultimo periodo c’era stato
un notevole calo di interesse nei loro confronti.
Ma
che ci facevo li con i Tokio Hotel io?
-David
che succede?- chiese Bill voltandosi verso David Jost e dando quindi voce al
mio interrogativo.
Jost
si schiarì la voce e cominciò.
-Bene
ragazzi, conoscete il mio amico Carl Klein, ebbene la ragazza di cui si occupa
si chiama Melanie Mayer ed è italiana.- disse voltandosi verso di me e
sorridendomi.-E’ una chitarrista di grande talento e….beh non mi dilungherò in spiegazioni
inutili, sarà la nostra seconda chitarrista.
Il
silenzio assalì la stanza in una morsa di tensione e sorpresa.
I
tra seduti mi fissavano allibiti, incapaci di parlare e anche io ero a corto di
parole. Come aveva potuto Carl organizzare una cosa così importante senza
consultarmi? E poi andiamo! Loro erano i Tokio Hotel! Che c’entravo io con
degli artisti ormai affermati e “vissuti”?
-CHE
COSA VUOL DIRE TUTTO QUESTO?! SE E’ UNO SCHERZO NON E’ PER NIENTE DIVERTENTE!-
sbraitò Tom alle mie spalle sorpassandomi. Mi ero quasi dimenticata di lui.
-Tom
calmati…- cominciò Jost ma fu interrotto dal ragazzo che ricominciò ad urlare.
-CALMARMI?!
MA SIAMO MATTI?! SONO IO IL CHITARRISTA DEI TOKIO HOTEL! IO!! CHE BISOGNO
ABBIAMO DI UN’ALTRA CHITARRISTA?
Era
furioso, gli occhi saettavano per la stanza incenerendomi ogni volta che si
posavano su di me.
-Adesso
basta! Calmati Kaulitz!- lo riprese il manager.-Abbiamo bisogno di un…”cambio
di immagine”, capisci? Non vendiamo dischi…le classifiche non ci vedono più da mesi!
Ciò che ci serve è rinnovare! Lei ha talento da vendere, è sola qui e,
diciamocelo, è decisamente di bell’aspetto! Attirerebbe anche altro pubblico
maschile e la curiosità delle ragazzine!
Mi
sentì quasi offesa da quella affermazione. Servivo solo come attrazione
commerciale? Non mi avevano presa per il mio talento? E poi non avevo mai
pensato di poter essere considerata bella con i miei 157 cm di altezza, con la
mia scarsa prima di seno e i miei capelli color topo.
-E’
sola e bella? Per me può anche darsi alla prostituzione! Qui c’è posto per un
solo chitarrista! O me o lei!
Mi
sentì davvero offesa da quella affermazione di Tom. Aveva ragione di
sentirsi ferito, ma ciò non lo autorizzava ad insultarmi!
-Senti
Tom…-continuò David.
-“Senti
Tom” UN CORNO!- urlò ancora per poi uscire dall’ufficio sbattendosi la porta
alle spalle.
Gli
altri tre erano rimasti in silenzio per tutto il tempoe Bill pensò bene di prendere la parola.
-David
scusa ma non capisco l’utilità di tutto ciò! Non siamo un prodotto, siamo degli
artisti! Dobbiamo vendere per la nostra musica non per la nostra immagine! Non
do la colpa a questa ragazza che a giudicare dalla sua espressione non sapeva
nulla di tutto questo come noi, ma potevate interpellarci! Siamo o no i diretti
interessati?
Bill
aveva ragione.
-Ne
parliamo in albergo Bill…-tagliò corto Jost.
Si
voltò verso Carl.
-Scusami
davvero Carl, Tom l’ha presa davvero male…ma gli passerà! Questo è l’indirizzo
dell’albergo dove alloggeranno i ragazzi. Ho preso due stanze anche per voi,
potete andare a sistemarvi se volete…
-Grazie
David…però mi dispiace che questa situazione vi crei tutti questi problemi!-
ringraziò Carl stringendo la mano all’amico.
-Tze!-
sbottai io.-Potevi parlarmene Carl! Tom ha ragione! Non posso sbucare così
dal nulla e mettermi di mezzo nella loro band!
-Ne
parliamo anche noi in hotel Melanie…ringrazia il signor Jost e andiamo…
-Grazie
signor Jost-dissi atona.
-Chiamami
pure David…
Non
risposi, uscì dall’ufficio senza parole. Ero sconvolta.
In
macchina non parlammo. Io ero furiosa e Carl preso in contropiede dalla
reazione dei ragazzi e mia.
Ciao a tutti!! Ecco il secondo capitolo, spero sia di vostro gradimento, buona lettura! (I ringraziamenti alla fine ;))
2
La
mia stanza era pazzesca. Immensa e attrezzata. La vasca da bagno era enorme e
sui bordi c’erano tutti i tipi di bagnoschiuma, di shampoo e di profumi.
Il
letto a baldacchino era stupendo e i drappi di satin rosso che scendevano ai
lati sembravano risplendere sulle lenzuola nere di seta.
La
moquette era anche quella rossa e vellutata e i mobili di legno nero. L’armadio
sembrava potesse contenere l’intero guardaroba di Angelina Jolie.
Trascinai
la valigia sul letto e la aprii per poi tirare fuori tutti i vestiti e
cominciare a sistemarli nell’armadio.
Mentre
stavo per appendere il mio sexyssimo vestito rosso, mi accorsi che accanto al
letto vi era uno stereo ultimo modello ai lati del quale troneggiavano due
casse gigantesche e così tirai fuori dallo zaino uno dei miei cd preferiti e lo
misi nel lettore.
La
voce stupenda del cantante degli Extremeinvase la stanza e le parole di More than words cominciarono a risuonarmi
nella testa.
Continuai
a sistemare i vestiti rilassandomi e cercando di non pensare al casino
combinato da David Jost e da Carl. Solo ripensarci mi faceva venire il mal di
testa. Rivedevo il sorriso di Tom entusiasta nel vedere la mia Gibson e poi la sua
espressione di puro odio dopo aver scoperto chi ero.
Faceva
male pensare di aver causato tanti problemi…
Avevo
letto su un giornalino di gossip che i 4 ragazzi tedeschi si conoscevano fin da
piccoli. Il vocalist, Bill e il chitarrista, Tom erano gemelli omozigoti e a
nove anni, ad un concorso, incontrarono il bassista, Georg e il batterista,
Gustav. Da allora non si erano più divisi. Amici e colleghi che condividevano
una felice e spensierata vita insieme dedicandosi a ciò che più amavano: la
musica.
Mi
sentivo molto fuori posto. Non potevo piombare nelle loro vite e nella loro
carriera così, senza preavviso né autorizzazione. Era ingiusto.
Qualcuno
bussò alla porta, distraendomi dai miei pensieri.
-Chi
è?- chiesi avviandomi verso la porta.
-Sono
Bill…
Mi
fermai sul posto e sbarrai gli occhi.
Bill?
Voleva
forse picchiarmi? Rimproverarmi la mia colpa?
Beh…per
saperlo avrei dovuto aprire quella dannata porta.
Con
mio grande stupore vidi che sorrideva cordiale.-Ciao!
-Ciao!-
salutai alzando un sopracciglio e facendomi da parte.-Prego accomodati!
-Grazie…
Entrò
e si andò a sedere sul letto, cominciando a dondolare le gambe e prendendo a
guardarsi i piedi.
Mi
sedetti accanto a lui che subito si voltò a guardarmi sorridente.
-Volevo
porgerti le nostre scuse per…l’inconveniente di oggi pomeriggio..!- disse
grattandosi la nuca imbarazzato.
-No
no! Non sei tu a doverti scusare, è tutta colpa mia! Non è giusto che piombi
qui così, nelle vostre vite…
-Ma
non è colpa tua, sono stati David e Carl ad architettare tutto, tu non c’entri.
Scusa soprattutto da parte di Tom, vedi lui…è un po’ troppo impulsivo e non
riflette sulle sue azioni e sui suoi comportamenti spesso troppo rudi…
-Si
è calmato?- chiesi sinceramente preoccupata.
-Beh….a
dire il vero non lo vedo da oggi pomeriggio…ha preso la sua Cadillac ed è
andato via. Ma tranquilla, è solo un momento…
-No
che non sto tranquilla! Ha ragione su tutto!
-Senti
per cortesia smettila di darti addosso così!Ti ho detto che non è colpa tua!-
rispose poggiandomi teneramente una mano sul capo e scompigliandomi i capelli.
Sospirai
rassegnata.
-Melanie,
giusto?- chiese velocemente.
-Mel…per
gli amici.- spiegai semplicemente.
-Rientro
in questa categoria? Ho l’onore di chiamarti Mel?- chiese sempre sorridente.
-Certo
che si Bill…
Un’espressione
soddisfatta gli si dipinse sul volto e poi continuò il suo discorso.
-Devi
pensare che per noi è una grande novità questo tuo arrivo nella band…dobbiamo
abituarci all’idea, ma nessuno di noi ha qualcosa di personale contro di te.
Anzi, mi stai già simpatica, a dirla tutta…scusa anche me per oggi, sono stato
ben poco ospitale…
Lo
guardai negli occhi. Era sincero. Gli occhi erano quelli di Tom e quelli di Tom
erano i suoi. Erano gemelli, d’altronde, ma la cosa mi sorprese e lo sguardo
astioso che Tom mi aveva rivolto quel pomeriggio riprese a riflettersi nella
mia mente come su tanti specchi.
Sospirai
e non risposi. Aveva ragione. Doveva essere dura per loro.
Mi
fissava sorridente, cercando di alleggerire la tensione, ma lui per primo si
sfregava le mani sui jeans con nervosismo.
-
Stasera gli altri ed io ordiniamo la cena in camera, sei dei nostri? Vediamo un
film, ci conosciamo meglio…
Sorrisi
amaramente.
-Non
credo sia il caso…tu sei strano, l’ho capito subito, ma gli altri che sono
normali adesso mi odieranno…
-Potrei
anche offendermi per questo commento!- mi riprese scherzosamente fingendosi
offesissimo.
-Ma
no dai! Strano in senso positivo!- dissi inclinando la testa di lato e
prendendo a fissarlo con aria divertita.
-Si
si certo…come no!- disse per poi far schioccare la lingua contro il palato e
guardarmi con aria scettica.- Comunque nessuno ti odia…smettila di dire
fesserie per favore…
-Tom
si…-lo contraddissi abbassando con aria colpevole lo sguardo.
-No
che non ti odia! Deve soltanto accettare l’idea, tutto qui.
Mi
fissava con aria innocente, le mani piene di anelli giunte sotto il mento.-Ti
prego!
Capì
che non avreimai potuto dire no a quel
ragazzo…se mai davvero fossi diventata una di loro e avessi cominciato a
conviverci,l’avrei adorato. Ma tanto
l’adoravo già.
Feci
una smorfia e lo guardai molto male. Ero convinta che sapeva benissimo come gli
altri si sentissero sotto il suo sguardo da cucciolo e stava cercando di
incantarmi.
-Bill…non
è il caso…
-Fai
decidere a me se non è il caso, visto che sono io che ti ho invitata…
Sbuffai
lievemente senza riuscire ad impedire ad un sorriso di comparire sul mio volto.
-D’accordo
d’accordo! Che stanza e a che ora?- mi informai rassegnata.
Lui
cominciò a ballare sul letto sballottando la testa di qua e di là.
-Che
bello che bello! La cara e adorabile nuova chitarrista viene a mangiare con
noi! Che bello!- sembrava un bimbo di 4 anni in preda ad un attacco di euforia.
Risi sotto i baffi e lui mi prese le mani facendomi ballare insieme a lui.
-Mel!
Mel!- continuava a ripetere.
-Bill
Bill smettila!- cercai di fermarlo.- Sembriamo due esaltati!
-Stanza
214, ovvero la mia, tra…-si fermò sorridendo radioso e guardò
l’orologio.-Un’ora!
-A
dopo allora!- risposi sorridente.
Si
alzò e si diresse verso la porta.
Quando
fu già nel corridoio si voltò e mi sorrise teneramente.
-Sono
felice che tu abbia accettato…
Storsi
la bocca in una buffa espressione scettica.
-Avevo
intuito…non credo che balli e salti come un canguro anche quando una cosa ti
scoccia eh? Fila va, prima che cambi idea!
Si
mise sull’attenti e mi voltò le spalle per poi allontanarsi.
Richiusi
la porta, confusa e felice.
Era
stato così facile entrare in confidenza con quella strana istrice punk!
Era
strano si. Esaltato forse. Ma pur sempre adorabile!
Beeeeeeeeene!
Che ne pensate? Anonimo capitolo di transizione lo so, ma mi serve
perchè non possono esserci in continuazione colpi di scena se no
io stessa che scrivo rischio l'infarto no? Beh spazio ai ringraziamenti:
billa483:
Gemi, buon compleanno!!! Sei maggiorenne tesoro!! Quando ti pigli la
patente prendi la macchina e vieni giù da me ok?! Comunque
grazie, mi fa piacere che la mia storia ti piaccia, il parere della mia
gemellina adorata è il più importante!
Eeeeeeee....sappiamo bene come è Tom e non sarà facile
ottenere delle scuse da lui ma...chi lo sa? Beh lo scoprirai nei
prossimi capitoli hihi! Un bacio amore tvtttttttttttttttb
dolce81: Hey!
E' una vita che non ci sentiamo! Che bello che segui anche questa mia
storia!! Mi fa troppo piacere perchè sai bene quanto ti
stimo! E ancora più piacere mi fa sapere che ti piace! Beh ci ho
tenuto a precisare che i Tokio sono innanzitutto degli artisti e che la
loro commercializzazione non dipende da loro, ma dalla casa
discografica che da le autorizzazioni e da tutte quelle sanguisughe di
giornalisti e simili che sfruttano la loro immagine per riempirsi le
tasche. Mi fa piacere che noti progressi nel mio modo di scrivere e
spero che per quanto possa essere transitorio e non molto significativo
ti piaccia anche questo capitolo! Baci e fammi sapere!
ElisaRoyalRock:
Salve! Che bello, è sempre stato anche un mio sogno, in quanto
chitarrista, fare parte dei Tokio! E infatti ho deciso, dandomi un
altro nome, di mettere nero su bianco questo mio irrealizzabile sogno!
Sono contenta di averti incuriosita e lusingata dai tuoi complimenti.
Che ne pensi di questo capitolo? Fammi sapere ;) baci. PS possibile che
tu faccia parte di un fanclub che porta un nome in qualche modo simile
al tuo nick e che ha scritto al giornale Rockteen?
Bene, fatti i ringraziamenti vi saluto e vi auguro una buona serata!
Mi
misi sotto il getto fresco dell’acqua della doccia e mi rilassai, rimanendo
immobile per più di mezz’ora. Uscita dalla doccia mi vestii in fretta e in modo
molto semplice. Misi su i miei shorts dijeans scoloriti e una canottiera nera lasciando ai polsi i miei
bracciali borchiati.
Presi
il cellulare e lo misi in tasca per poi uscire velocemente dalla stanza.
La
mia stanza era la 155 e quindi andando ad intuito la 214 doveva trovarsi al
piano superiore.
Entrai
in ascensore e premetti il tasto del sesto piano.
Con
un plink le porte si aprirono e scesi cominciando a percorrere a grandi
passi il corridoio. Comiciai a guardare i miei piedi muoversi velocemente. Era
una cosa molto infantile a dire il vero, ma ero come ipnotizzata e senza
volerlo andai a sbatter contro qualcuno.
-Scusi
io…- non potei finire di parlare perché le parole mi morirono in gola quando
alzando lo sguardo mi trovai davanti Tom Kaulitz.
Mi
fissò torvo senza dire nulla.
-T-ti
chiedo scusa…
-Perché
staicercando di usurpare il MIO posto
nella MIA band o perché mi sei piombata addosso?- chiese acido spingendomi da
parte.
Mi
sembrava più lontano che mai. Non c’era nemmeno l’ombra del sorriso di quel
pomeriggio. Era arrabbiato, frustrato e, infondo, triste….glielo si leggeva
negli occhi ridotti a fessure.
Rimasi
a fissarlo senza sapere cosa dire. Pietrificata dal veleno che le sue parole mi
buttarono addosso.
Mi
sentivo più colpevole che mai…più sola e più triste che mai…
-Per
entrambe le cose…- sussurrai infine in risposta.
-Beh
sia nel primo che nel secondo caso sappi che non me ne faccio proprio nulla
delle tue scuse!- disse incrociando le braccia in un atteggiamento di chiusura
e di manifesta ostilità.
Sentì
gli occhi pizzicarmi e il mio orgoglio si fece avanti, inarrestabile.
-Senti…-
dissi cercando di mantenere la calma ma fulminandolo con lo sguardo.- Capisco
come tu ti possa sentire, ma ciò non ti da il permesso di ostentare tanta
arroganza! E poi insultarmi?! Ti rendi conto che prima mi hai dato della
puttana?! Cerca di darti una calmata carino che qui sono sorpresa io quanto te!
-E
scommetto che tutta questa storia ti dispiace eh?!- chiese lui alzando gli
occhi al cielo ed allargando le braccia esasperato.
-No,
ma mi dispiace il fatto di crearvi problemi perché è ingiusto quello che mi
stanno facendo fare!
Lui
mi guardò con disprezzo.
-Quanto
sei ipocrita..!
Sbarrai
gli occhi.
Nella
mia vita mi era capitato che mi dicessero di tutto, ma mai chemi accusassero di ipocrisia. Era la cosa che
odiavo di più, più della falsità nuda e cruda, più della doppia faccia.
Alzai
una mano e lo colpii.
Fu
un gesto incontrollato, quasi involontario.
Lui
mi guardò con gli occhi spalancati dallo stupore e poi l’odio che sprigionava
quello sguardo aumentò. Il segno di tutte e cinque le mie dita spiccava sul
volto dalla carnagione chiara e mi sentii un po’ in colpa.
Mi
afferrò il polso e lo strinse forte per poi sbattermi violentemente contro il
muro e premere il suo corpo contro il mio.Il suo viso si avvicinò
pericolosamente e sentì il suo fiato caldo sul collo. Le mie viscere fecero un
salto.
-Non
metterti contro di me, dolcezza…è una pessima idea, te l’assicuro!- mi sussurrò
con malignità all’orecchio.
Io
eroimmobile. Mi sentivo strana. Averlo
così vicino mi dava sensazioni così diverse. Da un lato emozione, quasi
eccitazione, dall’altro paura, terribile e devastante paura delle sue parole.
-Che
succede?- la voce di Bill lo fece voltare.
I
loro occhi si incrociarono e sembrava che parlassero con lo sguardo. Dopo
qualche secondo di silenziose spiegazioni Tom mi mollò.
Ansimavo
e le mie gambe erano stranamente molli. Eh già..avevo paura delle mie
sensazioni, più che delle sue parole.
-Niente…-
disse Tom atono. Ci voltò le spalle e se ne andò correndo giù per le scale
senza degnarmi di uno sguardo.
-Tutto
ok?- mi chiese Bill porgendomi la mano.
-S-si…credo
di si…
-Ti
ha fatto del male?
-No…ma
mi odia…non so cosa sia peggio…
Bill
mi carezzò la testa, mi prese per mano e mi condusse con sé verso la 214.
La
prima parte della serata passò lenta e pesante.
Io
non ero in grado di intendere e di volere. Georg e Gustav tentavano di fare
conoscenza ma io non ero per nulla collaborativa, sconvolta ancora più del
lecito.
Però
potei constatare che Gustav e Georg erano molto simpatici e cosa più importante
di tutte, non mi odiavano.
Gustav
era un tipo schivo e timido che non amava stare al centro dell’attenzione.
Parlava solo se interpellato o se doveva calmare i bollenti spiriti degli altri
due mentre Georg era un tipo molto alla mano. Scherzoso e tranquillo. Sapeva
stare al giocoe riusciva a farmi
sorridere anche solo con una occhiata.
-Raccontaci
qualcosa della tua vita in Italia…- mi chiese Georg curioso.
Io
ero ancora scossa e turbata dallo scontro con Tom ma decisi che la mia vita era
un buon argomento di conversazione per legare con loro.
-Beh…Vivo
in Sicilia con la mia famiglia, mio padre, mia madre e il mio fratellino di
otto anni, Giovanni.
Frequentavo
il liceo classico ma adesso studio per corrispondenza…- spiegai sorridendo.
-Quando
hai cominciato a suonare?- mi chiese Gustav interessato.
-A
14 anni…ero in terza media ed ho visto una chitarra elettrica nella vetrina del
negozio vicino casa mia e ho scongiurato i miei di comprarla perché…mi aveva
stregata! Mio padre mi comprò una chitarra acustica blu che presto divenne la
mia compagna di vita. La portavo ovunque e strimpellavo a qualsiasi ora. Mi
mandarono da un insegnante e nel giro di un anno potei smettere di prendere le
lezioni e rendere indipendente la mia musica.
Cominciai
a comporre testi e a porli su una melodia sempre di mia creazione e un giorno
incontrai quelle che poi sarebbero diventate le mie migliore amiche. Una
suonava il basso, una la chitarra elettrica e l’altra la batteria.
Decidemmo
di formare una band. Maddalena cantava al posto di suonare la chitarra
elettrica e lasciò a me il ruolo di chitarrista e compositrice…-li guardai ad
uno ad uno ascoltare tutti presi il mio racconto.- Non è che vi sto annoiando?-
chiesi alzando un sopracciglio.
-No
no…è interessante.- rispose Bill – E come mai sei venuta qui da sola?
-Beh
le altre non volevano fare della musica la loro vita…o almeno i genitori non
glielo permisero e così partii per la Germania, sperando di trovare successo lontano da
casa…
Ho
incontrato Carl ad un provino e lui mi ha accolta sotto la sua ala protettiva…
-Capisco…-disse
Gustav sorridendo.-Siamo felici di averti tra noi Mel…- concluse dandomi una
pacca sulla spalla.
-A
quanto pare non tutti…-risposi alludendo a Tom.
-Gli
passerà vedrai…
In
quel momento il cellulare di Bill squillò e lui rispose con un sospiro vedendo
il numero della persona che lo stava chiamando ed evidentemente riconoscendolo.
-Tom!
Ma dove sei finito?!
Ero
vicina a Bill abbastanza da poter sentire le parole del gemello.
-La
ragazza è ancora li?
-Si…
-Beh
cacciala dalla stanza se non vuoi che finisca male…
Ebbi
un fremito.
-Tom
non dire cazzate per favore…
-Mandala
via…sto arrivando…
Sentii
Tom chiudere la chiamata e il consueto Tu tu turicominciare a risuonare attraverso l’apparecchio.
-Bene
ed io andrei…-dissi rassegnata sperando fortemente che nessuno mi fermasse e
fortunatamente nessuno si oppose quando io li salutai e mi avviai verso la
porta.
Bill
mi raggiunse e mi prese la mano fermandomi.
-Ti
accompagno…
-Non
ce n’è bisogno Bill stai tranquillo..!
-Non
mi fido di mio fratello quando è sconvolto…
Non
risposi. Mi limitai ad abbassare lo sguardo autorizzandolo tacitamente ad
accompagnarmi.
Restammo
in silenzio per tutto il tragitto e arrivati davanti alla porta della mia
stanza, lui mi fece voltare.
-Stai
tranquilla…tutto andrà bene…- mi promise alzandomi il volto con un dito sotto
il mento.
Sorrisi
a malapena. Non riuscivo a togliermi dalla mente l’espressione ferita di Tom.
L’avevo anche picchiato. Ero ingiusta, ingiusta e meschina.
Non
ebbi il tempo di dire nulla che sentii le labbra di Bill sfiorarmi la guancia.
Sorrisi
davanti a quel gesto così spontaneo e smaliziato.
Ricambiai
il bacio e lo salutai.
-Buonanotte
piccolo esaltato…- ghignai.
-Avrei
da ridire sul piccolo…- disse facendosi pensoso e indicandosi per intero.
Beh…con
i suoi 180 cm
di altezza poteva essere definito tutto tranne che piccolo. Ma infondo era così
dolce.
-Ma
sei piccolo lo stesso…- lo canzonai dolcemente.
-Buonanotte…-
mi disse sorridendo per poi girare sui tacchi ed andarsene.
Richiusi
la porta e mi buttai sul letto.
Era
stata una giornata pesante e piena di sorprese. Cosa dovevo aspettarmi dal
giorno successivo?
Hey guys! Che ve
n'è parso di questo capitolo?! Ho cercato di renderlo un po'
più interessante del precedente e spero di esserci
riuscita...che dite?
Prima di lasciarvi volevo ringraziare angeli neri
(grazieeeee!! Beh ti capisco...scrivendo lo scorso capitolo mi è
venuto un irrefrenabile impulso coccoloso!! Volevo andare a prendere
Bill e spupazzarlo tutto! Sinceramente non credo che nella
realtà sia come lo descrivo io, ma voglio immaginarmelo
così =D) e sbadata93 (mi
fa piacere che adori la mia storia e si, Bill è tutto un
programma!! Completamente fuori di testa!!) che hanno commentato lo
scorso capitolo e anche coloro che hanno letto senza commentare
(nella speranza che stavolta mi lascino una recensioncina piccina
picciò anche solo per dirmi che scrivere non è cosa
mia!! ) Baci gente vivibi!
Il giorno dopo mi svegliai abbastanza tardi.
L’orologio segnava le 12 e 30 ed io ero ben determinata a crogiolarmi
nell’ozio fino a nuovo ordine.
Il torpore che mi avvolgeva non sembrava neanche lontanamente
voler liberarmi e la giornata si preannunciava negativa.
Avevo come un sesto senso nel riconoscere le
giornate-no e quella lo era decisamente.
Purtroppo dovetti rinunciare al mio bel programmino per la giornata, poiché guardando il cellulare mi
accorsi di un messaggio di Carl.
Melanie oggi alle 15 c’è il tuo “provino”.
Sei già nel gruppo ma è giusto dimostrargli cosa sai fare.
Mi raccomando sii
puntuale e sveglia…imbottisciti di caffè fai
quello che vuoi,
ma devi essere al meglio! Baci
Sbuffai buttando il cellulare sul letto, accanto a me.
Che scocciatura!
Avrei dovuto rivedere Tom,
sentire di nuovo su di me il suo sguardo pieno di rancore che sembrava mirare a
farmi sentire una schifezza.
Per fortuna adesso ero più a mio agio in compagnia di BillGeorg e Gustav,
ma, ne ero certa, sarebbe bastata un’occhiata da
parte del chitarrista per farmi sentire sbagliata e fuori posto.
Di malavoglia mi alzai e mi misi sotto la doccia,
cercando di lavare via il sonno e il senso di colpa, ma entrambi rimasero dov’erano.
Mi lavai accuratamente con tutti quei saponi
dall’odore paradisiaco che “popolavano” quella straordinaria
cabina doccia, degna della vasca che mi aveva tanto colpita
il giorno prima.
Uscì grondante d’acqua dal bagno e mi avvolsi in
un telo.
Tirai fuori dall’armadio
i miei jeans larghi e la mia canottiera nera e li indossai con gesti automatici
che mi facevano sembrare più un robot che una persona.
Erano ancora le 13,30 quando
finii di prepararmi e decisi di ordinare il pranzo in camera.
Telefonai alla reception e
ordinai una granita caffè con panna. Speravo la
facessero buona li in Germania perché era una delle
cose che mi mancavano di più della mia Italia.
Era caffè.
Era freddo.
C’era la panna!!!
E quindi mi piaceva.
Dopo 20 minuti suonarono alla porta e un cameriere del
ristorante dell’albergo mi porse la mia granita e una brioche.
Mi sedetti sul letto con il vassoio sulle gambe e
mangiai con calma.
Mi sorprese la somiglianza di quella granita con quella italiana. Non era male! Certo la panna non era buona
come quella del mio paese, ma era meglio di quanto mi aspettassi.
Quando finii di mangiare erano ormai le 14,45 e decisi di
avviarmi con la mia Gibson in spalla e
l’amplificatore a mo’ di valigetta.
Presi un taxi che in men che
non si dica mi portò alla sala registrazioni.
Prima di spingere la porta e entrare tirai un profondo
respiro, chiusi gli occhi e contai fino a 10.
Mi serviva per rilassarmi e ne avevo decisamente
bisogno. Ma doveva far vedere ancora una volta a Tom
quanto valevo e,forse, mi avrebbe accetta.
Presi coraggio ed entrai.
Nell’entrata non c’era nessuno, mi diressi
verso la sala registrazioni vera e propria e vi trovai il gruppo intento a
sistemare i propri strumenti.
Quanto entrai salutando con un flebile ma
comprensibile Ciao, i 4 si voltarono.
Bill, Gustav e Georg mi salutarono allegramente mentre Tom
mi ignorò del tutto, rimettendosi come se niente fosse ad accordare la sua
chitarra.
Era una magnifica Gibson,
rossa fiammante, un colpo d’occhio a differenza della mia che era nera.
Rimasi a guardare le sue mani muoversi piano sulle
corde, il plettro tra le labbra contratte in una espressione di pura
concentrazione, gli occhi socchiusi.
Era bello. Solo guardarlo mi dava una fitta allo stomaco.
E sapere che mi odiava era come una pugnalata.
Dovevo scusarmi per averlo colpito, il giorno prima.
Dovevo assolutamente chiedergli scusa.
Era normale la sua reazione, era lecita e
comprensibile.
Mi avvicinai cautamente e quando fummo a pochi
centimetri l’uno dall’altro, lui seduto su uno sgabello ed io in
piedi di fronte a lui, alzò il capo e mi guardò negli occhi.
Di nuovo quel rancore.
Di nuovo quella rabbia.
-Io…ehm….io v-volevo…
-Salve ragazzi!- esordì il loro manager entrando nella
stanza seguito da Carl e quindi interrompendo il mio
inutile e patetico tentativo di scusarmi.
Jost mi porse la mano e Carl mi
poggiò la sua sulla spalla.
-Bene ragazzi, eccoci qui!
Innanzi tutto direi che Melanie potrebbe mostrarci
cosa sa fare, che ne dite? E poi magari provate a suonare una vostra canzone
tutti insieme, per instaurare il feeling necessario.
Tre dei quattro ragazzi annuirono, inutile dire chi fu
a sbuffare.
-D’accordo- dissi io sicura di me cominciando a sistemare
l’amplificatore e tutto il resto.
Provai a suonare le corde per vedere se erano
accordate correttamente e poi passai la tracolla sulle spalle mettendomi in
posizione.
-Quando volete possiamo cominciare.
Jost annuì e Carl intervenne:
-Che pezzo pensi di fare?
-Il pezzo che ho scritto con il mio vecchio gruppo in
Italia…You’re nothere.
Carl alzò il pollice in segno di assenso ed io cominciai.
Dopo la breve e tranquilla introduzione dai toni bassi
e gravi decisi anche di cantare, per dare più enfasi alla canzone.
I look at my way
but you’re not by my side
I cry all my pain
but it not give me you again!
I put out of my
mind every memorie of you
Honey, I try to
carry on but you’re always in my head.
Strinsi forte la chitarra come se mi ci stessi
aggrappando e con una pennata violenta diedi inizio al ritornello.
Why are you not
here?
Why did you leave
me alone?
Stay with you
it’s all I wanted
And all I will want
until the end!
Come back and I
will run to you’re arms!
Diminuì la violenza delle pennate e la velocità della
melodia.
Cantai la strofa successiva guardando negli occhi Tom, che, mi accorsi con grande stupore, mi stava
fissando…senza odio, senza rancore, solo con attenzione.
Non riuscì più a
concentrarmi sulle parole e continuai a cantare senza porvi particolare
attenzione.
So give me a reason
to understand you’re not mine, angel…
Quando finii chiusi piano gli occhi e portai le
braccia lungo i fianchi.
Cominciarono a battermi le mani, tutti tranne Tom che mi voltò le spalle.
-Brava!- disse allegramente Georg
sorridendomi.
Bill mi buttò le braccia al collo.
-Sei dei nostri…-mi sussurrò all’orecchio
con voce allegra.
Gustav mi strinse la mano con vigore.
-Complimenti, Mel…
Jost mi porse il foglio del contratto per farmelo firmare.
Quel foglio mi faceva paura. Quelle frasi nero si
bianco, il mio ingresso nella loro band nero su bianco, mi sembrò una
responsabilità esponenzialmente più gravosa di quanto immaginassi.
Esitai e mi tirai indietro.
-N-non lo so…-balbettai arrossendo.
-Ma che stai dicendo Melanie!?
Sul volto di Carl si dipinse
un’espressione sconvolta e sconcertata.
-Devo pensarci bene…-risposi in tutta sincerità
facendomi piccola piccola. FinchèTom non fosse stato d’accordo non avrei mai
potuto firmare quel contratto. Mi avrebbe legata al suo odio, al suo rancore.
David sorrise gioviale e mi diede una pacca sulla
spalla.
-Sei una ragazza con la testa sulle spalle! Fai bene a
volerci pensare bene, prenditi tutto il tempo che vuoi, d’altronde è una
scelta importante!
Gli rivolsi uno sguardo pieno di gratitudine che però
si spense quasi subito.
-A quanto equivarrebbe “tutto il tempo che
voglio”?- chiesi dubbiosa.
-Hai tempo fino a domani!
Alla faccia del tempo che voglio!
Annuii rassegnata.
Sarebbe stata una lunga giornata!
Uffa! Perché tutte le rogne dovevano capitare proprio
a me?! Perché doveva essere tutto così difficile?!
Ero sdraiata sul letto a baldacchino, su quelle
lenzuola nere che adoravo. Dallo stereo si diffondeva a tutto volume la mia
canzone preferita, Time isrunning
out e sentivo che davvero il tempo stava scivolando via, stava correndo per
rendermi tutto più difficile.
Riflettevo sulla situazione e mi sembrava che non ci
fosse via d’uscita. Accettando Tom avrebbe
abbandonato il gruppo, era stato abbastanza chiaro, non accettando avrei perso
un’occasione unica che probabilmente non mi sarebbe mai più ricapitata.
Jost non si sarebbe mai sopporto un rifiuto e, mettendomi
contro di lui, avrei avuto terra bruciata tutto intorno a me, mi avrebbe messo
contro tutta la Universal
e non solo avrei dovuto dire addio all’opportunità di avere successo, al
mio sogno di sempre.
Avevo voglia di urlare!
I miei nervi stavano per cedere definitivamente e
credo che se avessi avuto qualcuno accanto in quel momento l’avrei
picchiato. In assenza di individui su cui scatenare la mia ira funesta colpii
violentemente il cuscino e poi lo scagliai contro il muro sbuffando.
Mi sentivo una pazza furiosa ma per non impazzire
davvero dovevo sfogarmi.
Ad un tratto il mio cellulare squillò, avvisandomi che
era arrivato un sms.
Il numero del mittente non lo conoscevo e il messaggio
mi lasciò un po’ interdetta.
Tra 5 minuti nella hall.
Non sapevo chi potesse essere il mittente e sapevo che
era rischioso presentarsi all’appuntamento, ma la mia indole curiosa e
impaziente mi spinse a sistemarmi velocemente i capelli, truccarmi appena e
catapultarmi fuori dalla mia stanza.
Durante il tragitto in ascensore cominciai ad
ipotizzare di chi potesse essere il messaggio.
Carl…no, avevo il suo numero.
David…mi avrebbe detto che era lui, un manager
non manda mai messaggi così sintetici, lo sapevo bene.
Uno dei ragazzi…beh poteva essere…
E ultima ma forse remota ipotesi era che si trattasse
di un maniaco pronto a saltarmi addosso.
Con il consueto plinkle porta dell’ascensore si aprirono e volai letteralmente fuori
dall’abitacolo, impaziente di scoprire chi mi avesse dato
l’appuntamento. Nella hall c’erano diverse persone…
Chi chiacchierava amabilmente, chi chiedeva
informazioni, chi faceva foto, chi probabilmente aspettava il taxi e chi
parlava al telefono, grassi uomini d’affari che sbraitavano contro il receptionist, dive e divi bardati come a carnevale nel
tentativo di non farsi riconoscere…ma nessuna faccia conosciuta.
Non conoscevo nessuna di quelle persone…pensai
fosse tutto uno scherzo ma improvvisamente il mio cellulare cominciò a
squillare. Il misterioso mittente del messaggio di poco prima mi stava
chiamando.
-Pronto?- risposi in un patetico tentativo di sembrare
sicura.
-Voltati…- mi disse una voce profonda e roca.
Ciao a tutte!!
Nuovo capitolo!!Che ne
pensate? Eh si sono cattiva, vi lascio sul più
bello...hih! Sono aperte le scommesse! Chi pensate
che sia il misterioso mittente del messaggio? Secondo me
è abbastanza ovvio e avrete già capito tutti ma fatemi sentire le vostre
ipotesi! =)
pandina_kaulitz: Grazieeee!!
Eh si...Tom è stato proprio duro...che cafone! Ho creato un personaggio abbastanza docile, fossi stata io gli avrei sputato in entrambi gli occhi della
serie o ti dai una calmata o ti dai una calmata! Hihi...che
ne pensi d questo cap? Chi pensi sia il misterioso
mittente del messaggio? Un bacio.
ElisaRoyalRock: Dankedankedanke! Ho già detto danke?!Hihi. Comunque
mai dire mai dico sempre io…chissà cosa succederà…^^ Tu chi pensi che
sia il mittente del messaggio?! Fammi sapere che ne pensi di questo capitolo mi
raccomando! Kuss
Dolce81: Sono contenta che la storia ti incuriosisce e mi fa piacere che il secondo capitolo non
ti sia sembrato banale…temevo fortemente che lo fosse =) Mmmmm per quanto riguarda Tom, ti
dirò…io di lui ho un’immagine ben precisa, ovvero il ragazzino
viziato abituato ad avere tutto subito e solo per lui. Non gliene faccio una
colpa, ma essendo famoso da quando aveva 13 anni…credo sia normale!
Perciò ho cercato di tener fede a questa mia opinione
nel costruire il comportamento del personaggio che gli ho cucito addosso
(perché indubbiamente nelle fanfic siamo noi che
creiamo i personaggi…possiamo basarci su fonti reali, ma è pur sempre un
personaggio “inventato” quello intorno al quale strutturiamo la
nostra storia). Bill è Bill…dolce
e sensibile….questa descrizione che ho dato di lui invece differisce di gran lungadall’opinione
che ho di lui, che considero alla stregua del gemello con l’aggravante di
quel leggero velo (chiamalo leggero) di “falsità” che lo avvolge,
mi spiego: lui si è creato un personaggio difficile, angelico, eternamente
bambino e esageratamente spontaneo e romantico e talvolta questa maschera
oscilla. Lo si vede da una sola occhiata diversa dalle
altre, da un solo gesto più esplicito che non è un angelo come vuole far
credere. Tu che ne pensi? Su chi scommetti?Aspetto tue notizia ^^ Baci
Babakaulitz: Sono contenta che la mia idea ti abbia
rapita! Che bello che hai
deciso di recensire! Continua a farmi sentire che ne pensi, mi raccomando! Un
bacio!
Volturina: dal tuo nome intuisco che hai letto la
saga di Twilight vero??
Grandi i Volturi!! Vorrei essere una di loro xD! E poi
rapirei Edward e Jacob
(anche se è un cane!)! Se invece non hai letto Twilight (anche se in questo
caso non mi spiegherei il nick) leggilo! Mi
raccomando! ^^ Comunque mi fa piacere che la fanfic ti piace!! Per ora sono incasinatissima con
l’inizio della scuola, i test d’ingresso, il greco e il latino ecc
ma quando sarò più libera prometto che leggerò la tua fanfic
^^ Un bacio! Ps: Chi pensi
abbia dato appuntamento a Mel??
Angeli neri: Eh si! Tom
sarebbe davvero da prendere a schiaffi e infattiMel lo ha fatto! Grande MelMelluccia! xDMmmm…per quanto riguarda Bill
per il momento, nei miei piani, c’è solo un fortissimo affetto fraterno
nei confronti di Mel, ma non si sa mai!! Che ne pensi di questo capitolo? Chi sarà il misterioso
mittente del messaggio?! Fammi sapere eh! Baci =)
Quasi mi prese un colpo quando voltandomi trovai,
appoggiato alla parete con il cellulare fra le mani e il cappellino calato
sugli occhi Tom Kaulitz, in tutta la sua strafottenza.
Mi avvicinai cercando di ostentare sicurezza e cercando
di mostrarmi più tranquilla che mai.
-Ciao..- salutai arrivata davanti a lui.
-Ciao…-mi rispose lui sistemandosi il cappellino e
staccandosi con una lieve spinta della schiena dalla parete.-Hai un minuto?
-Anche due…-risposi.
-Bene…vieni con me…- mi disse e si avvio verso
l’uscita dell’hotel dandomi le spalle.
Una volta fuori a passo sicuro si diresse verso il
parco di proprietà dell’albergo, un parco ricco di vegetazione, rigogliosa e
minuziosamente curata.
Grandi querce secolari ne delineavano i limiti, la
gente se ne stava seduta nei pressi delle radici di questi grandi alberi e
chiacchierava tranquillamente, beandosi della calma che circondava quel piccolo
angolo di paradiso.
Davanti a noi si stagliava una grossa fontana di vetro
dalla quale sgorgavano tenui getti d’acqua che andavano a riflettersi sulle
pareti vitree.
Si sedette sotto un albero davanti alla fontana e io
lo imitai, sedendomi di fronte a lui.
Si appoggiò al tronco e chiuse gli occhi, tirando un
profondo respiro come per prepararsi ad un discorso particolarmente difficile.
Era bello. Troppo bello. Mi permisi di guardarlo bene
approfittando del fatto che aveva gli occhi chiusi.
I lunghi rasta erano sciolti e ricadevano selvaggi
sulle spalle e uno gli ricadeva dritto dritto davanti all’occhio destro.
-Allora…-cominciò senza aprire gli occhi.- hai deciso
cosa fare? Riguardo il contratto intendo…
Rimasi spiazzata dalla calma con cui aveva pronunciato
quelle parole.
-No…-risposi sinceramente.
-Non hai niente a cui pensare, la decisione da
prendere è più che ovvia mi pare.-disse aprendo gli occhi e prendendo a fissare
intensamente i miei.
Rimasi di sasso, immobilizzata da quegli occhi color
nocciola che sembravano determinati ad incatenarmi, prostrarmi e ammaliarmi.
-Hai ragione…il chitarrista sei tu e non posso
invadere il tuo “territorio”…mi farò da parte, io…- sussurrai con un fil di
voce prendendo a guardare l’erba che morbida ricopriva la terra sotto di noi.
-No.-mi interruppe.
Lo fissai perplessa.
-Devi firmare quel maledetto contratto Mayer, è
un’occasione che non si ripeterà molto presto e…-richiuse gli occhi.-mi costa
ammetterlo ma sei brava, hai davvero talento da vendere…
Adesso mi fissava di nuovo negli occhi, aspettando la
mia reazione.
Io ero senza parole, non mi aspettavo di sentirmi dire
certe cose da lui, proprio da lui che mi odiava con tutto se stesso.
-Ma…tu…tu mi odi, come puoi accettarmi nella band?
Sorrise sghembo.
-Non ti odio Mayer, è solo che sono impulsivo e
irrimediabilmente orgoglioso…quindi non ti aspettare che ti chieda scusa perché
non lo farò…
Sorrisi a mia volta.
-Non mi aspetto scuse da te…sono io a dovermi scusare
per averti schiaffeggiato, non avrei dovuto ma anche io sono impulsiva e
orgogliosa e aggiungerei lunatica logorroica rompiballe e pedante e…
-Ok ok ho capito il concetto, scuse accettate…-disse
sogghignando e tappandomi la bocca con la sua grande e calda mano.
Sorrisi contro le sue dita, dita da chitarrista,
ruvide e calde.
Mi avvicinai e mi sedetti accanto a lui, appoggiata
con la schiena all’albero.
-Sono felice che non mi odi…tra chitarristi bisogna
intendersi se no ci scanneremo ai concerti e alle registrazioni…dobbiamo
lavorare insieme, diventare una cosa sola.
-Ehy per diventare una cosa sola basta chiedere!-
disse sorridendo incurvando le labbra con malizia.
Lo spintonai piano.
-Non in QUEL senso! Dobbiamo essere in sintonia se
vogliamo che tutto questo funzioni.
Annuì e sorrise, ma fu un sorriso così luminoso che mi
portò a credere che neanche il sole quel giorno brillasse di più
-Lo so… ce la faremo!
Mi poggiò una mano sulla spalla e mi scostò dagli
occhi una ciocca di capelli ribelle.
Feci una smorfia.
-Che capelli che ho!
Ridacchiò.
-Sono abbastanza…ehm…mossi. Ma si può fare di meglio!
Detto questo mi poggiò una mano sul capo e mi impastò
i capelli.
-Kaulitz!!!- ruggii senza riuscire a nascondere quella
inevitabile nota di divertimento nella mia voce.
-Così sei proprio carina, Mayer!
Soffiando da un angolo della bocca scostai un altro
ciuffo di capelli ribelli. Ero serena come mai ero stata prima. Ero felice.
Era l’inizio di qualcosa di nuovo. L’inizio dei nuovi
Tokio Hotel.
Firmai il contratto. In pochi giorni presi i ritmi
della band, registrammo le canzoni vecchie e nuove con il supporto della mia chitarra
e l’affiatamento crebbe.
Diventai una di loro, niente di più niente di meno
Erano i miei amici. Tom aveva superato qualsiasi ostilità, anzi a volte
esagerava con le manifestazioni di affetto…
Erano passati già due mesi quando facemmo il primo concerto,
il primo concerto dal momento del mio arrivo.
Eravamo nel back stage, la tensione era alle stelle,
c’era silenzio. Io ero tesissima. Avevo paura di non essere all’altezza, di non
essere degna dei Tokio Hotel e di attirare l’antipatia dei fans.
I giornaletti di gossip avevano tenuto in prima pagina
per diverse settimane la mia unione nella band e avevo fatto diverse interviste
cercando di essere me stessa il più possibile. Secondo i sondaggi il pubblico
maschile era aumentato notevolmente e il pubblico presente al concerto ero più
vario del solito.
Mancava meno di mezz’ora. Avevo paura, ero nel panico.
Una mano gentile si posò sulla mia spalla ed io mi
voltai trovando davanti a me un Gustav sorridente e tranquillo.
Ammiravo il suo sangue freddo. Era un ragazzo pacato
serio e responsabile.
In parecchie occasioni in cui mi ero sentita
inadeguata e avevo persino preso in considerazione l’ipotesi di mollare, lui
era al mio fianco, pronto a sostenermi e a darmi forza.
Sorrisi.
-Tranquilla, Mel…sarai fenomenale come al solito!
-Ma ho paura Gustav…- lo abbracciai sull’orlo di una
crisi di nervi dovuta al panico.-Tu hai migliaia di fan venuti per sostenerti
la fuori, hai Karin…io chi ho sotto il palco a sostenermi? Molte fans mi odiano
perché pensano che vi seduco durante le prove!
Karin era la fidanzata di Gustav ormai da 2 anni, lo
sosteneva sempre ed era una ragazza energica e brillante, con mille idee per la
testa e saldi principi morali.
Eravamo diventate amiche in quei due mesi.
Diceva sempre che ero speciale e quasi quasi me ne
convincevo quando ero con lei, perché la sua sola presenza al mio fianco mi
faceva sentire più sicura, più determinata.
-Anche tu hai Karin a sostenerti! Ti adora! E poi hai
un sacco di fan, sia tra i ragazzi che tra le ragazze…sono le gallinelle ad
odiarti, le vere fan, quelle che ci seguono per la musica, ti adorano, ne sono
certo! Hai talento, lo sai…devi solo dimostrare ciò di cui sei capace!- mi fece
l’occhiolino e si andò a sedere sulla poltrona della sala wellness, con le bacchette
fra le mani cercando di ripassare il ritmo. La pura immagine della
concentrazione.
Mancavano dieci minuti; mi voltai verso Tom in cerca
di sostegno morale e lui mi sorrise, incrociando il mio sguardo. Mi sedetti
accanto a lui sul divano e lui mi si avvicinò.
-Vuoi un bacio per tranquillizzarti?-mi sussurrò
all’orecchio.
Ridacchiai e lo spintonai.
Lui rise e si massaggiò la spalla come se l’avessi
ferito gravemente.
-Ma perché?! Guarda che i baci tranquillizzano!
-Non lo metto in dubbio ma sei molesto Kaulitz!
Continuavamo a chiamarci per cognome.
-Mayer sei crudele però!
-E’ una delle mie migliori qualità!
David e Carl irruppero nella sala sorridenti come non
mai.
-5 minuti ragazzi!- annunciò Jost in preda a una
paralisi facciale per un sorriso da oscar.
Mi agitai ancora di più e rimasi in silenzio per il
resto del tempo che ci restava.
Mi sentivo come una condannata a morte che si avvia al
patibolo quando insieme agli altri salii sul palco.
Tom cominciò. 8 tempi ed entrai anche io.
16 tempi. Ecco Georg. 8 tempi, Gustav. Ed ecco che
entrò Bill.
Suonavo la nostra ultima canzone con attenzione e
concentrazione. Non sorridevo, ero troppo tesa!
Alzai lo sguardo per un attimo e vidi almeno 4 o 5
cartelloni con su il mio nome solo nelle prime file. Sorrisi rincuorata e
mi lasciai invadere dalla potenza della musica, della mia musica.
Ci attenemmo rigorosamente alla scaletta, e ad un
certo punto, quando finimmo le nuove canzoni, prima di dare spazio a qualcuna
di quelle vecchie, Bill mi chiamò accanto a sé, al centro del palco.
-Ed ecco a voi, Melanie Mayer!
Grida euforiche si innalzarono dal pubblico e io
arrossii.
Bill mi porse il microfono ed lo guardai
terrorizzata.
-Su di qualcosa-mi sussurrò sorridendo incoraggiante.
Presi riluttante il microfono e mi schiarii la voce.
-Ehm..salve gente! Sono Melanie Mayer, ma credo che
già lo sappiate…ehm no, cioè non per presunzione ma credo che i giornali vi
abbiano parlato della novità della mia unione alla band fino allo sfinimento.-
mi grattai la nuca imbarazzata arrossendo ancora di più. Stavo facendo la
figura della stupida! Mi voltai verso Tom che mi alzò il pollice strizzandomi
un occhio.
-Beh, per me è strano essere qui e…e sono
tesissima…cioè sono in mezzo ai vostri idoli e mi sento tanto fuori luogo
e…wow! Però siete tanti! Salendo sul palco mi stava venendo un colpo! Non avevo
mai fatto un vero concerto. Sono italiana, anche se dal nome non si direbbe…li
quando suonavo c’erano le solite 5 persone…beh diciamo 8, per pensare positivo!
E’ un’emozione stranissima! Spero di essere
all’altezza delle vostre aspettative perché se devo essere sincera ho una fifa
tremenda…adesso non vi trattengo oltre con le mie turbe mentali, lasciamo
spazio alla musica, che credo sia ciò per cui siete qui questa sera!- mi
inchinai e mi tirai indietro, investita dagli applausi del pubblico.
Tom mi sorrise soddisfatto ed io sospirai.
Ce l’avevo fatta, ce l’avevo fatta davvero!
Il concerto continuò tranquillamente e tutto andò
liscio.
Quando scesi dal palco non vedevo già l’ora di
risalirci!
Bill mi abbracciò forte.
-Sei stata grande! Sei stata…sei stata te stessa! E
credo che non potessi fare cosa più gradita al pubblico! Ti adorano! Sei vera,
è questo che colpisce di te…
Lo strinsi a mia volta, contenta e soddisfatta delle
sue parole.
-Spero che continuerai ad esserlo…non è facile in
questo mondo pieno di compromessi. Te lo dice uno che ne ha dovuti
accettare proprio tanti di compromessi.
Gli sorrisi e gli diedi un bacio sulla guancia.
Arrivarono anche gli altri.
-Mel ce l’hai fatta!- esclamò Georg allungandomi le
braccia.
-Si! Ce l’ho fatta!- risposi euforica saltandogli
addosso in stile koala.
-Che ti avevo detto io?!- mi chiese Gustav sorridente.
–Sei grande!
Erano i miei amici, erano la mia famiglia, erano la
mia vita.
Salve gente! Scusate l'enorme ritardo!
Cercherò di aggiornare prima d'ora in poi ma la mia vita è un casino totale tra
scuola, compiti (Greco e Latino grrrrrrrrrrrrrrr), lezioni di chitarra, raduni
hippie e impegni vari..! Però vi consolerà sapere che mi sento particolarmente
ispirata! Qui piove spesso per ora ed io adoro la pioggia! Mi ispira! Un
immenso grazie a tutti coloro che hanno recensito e spero che mi farete sapere
ancora cosa ne pensate! Per problemi di tempo non posso ringraziarvi ad
uno ad uno ma sappiate che per me i vostri giudizi, i vostri commenti, i vostri
piccoli scleri (xD) sono importantissimi! Vi ringrazio di cuore! Un baci e a
presto (spero^^) Ps: Questa è Mel ^^
Quella sera andammo tutti in discoteca, compreso lo staff e i collaboratori.
C’eravamo solo noi nel privè,
in tranquillità, come persone normali, come ero pochi
mesi prima.
Bill, Gustav, Karin, Gerog, Tom
ed io eravamo seduti sui divanetti.
Tom aveva già bevuto 5 cocktail da
quando eravamo arrivati, ovvero 10 minuti prima, ed era completamente
ubriaco; rideva sguaiatamente seguito da Georg che
era quasi nelle sue stesse condizioni.
Billne aveva bevuti 3 ed era
andato quanto gli altri due mentre Gustav e Karin facevano i piccioncini.
Tze! Ma perché l’unica normale ero io?!
Mi ero stufata della mia solitaria integrità mentale e
così presi il secondo cocktail, anche se già dopo il
primo mi girava un po’ la testa. Non reggevo l’alcol, non
l’avevo mai retto più di tanto: mi bastava davvero poco per uscire di testa!
Grazie al cielo quella sera la grazia divina, o forse
il mio provvidenziale senso di responsabilità, mi impedirono
di bere il terzo cocktail e arrivai dopo 2 ore ancora semi-cosciente. Ad
annullare i miei sforzi di rimanere lucida ci pensò Tom.
Mi prese per mano e mi portò
in pista.
-Ma che fai?!
-Balliamo!- mi rispose semplicemente sorridendo.
Cominciò a stringere il mio corpo contro il suo in
maniera forse troppo sensuale. Non riuscivo a staccarmi, o forse non ne avevo nemmeno voglia. Mi sentivo avvampare
ma cercavo di non darlo a vedere. Tom ed io ci
stuzzicavamo sempre, come due bambini, ma adesso il
gioco stava diventando troppo pericoloso.
Mi teneva stretta a sé, spingendomi contro il suo
corpo e accarezzandomi la schiena. Mi lasciai sfuggire un
sospiro.
I nostri bacini erano incollati ed io ero del tutto su
di giri. Mi sentitosi imbarazzata, ma anche emozionata da morire perché era la
prima volta che avevo un contatto così intimo con il mio bel chitarrista.
-Ricordi quella volta nel corridoio, il primo giorno
che ci siamo conosciuti?- mi chiese placidamente
sorridendo sghembo e alitandomi alcol sulla faccia.
-Si, Kaulitz,
ricordo…ma allontanati che puzzi di alcol in
maniera schifosa!- dissi usando quel minimo di autocontrollo che mi era rimasto
e cercando di allontanarmi da lui che però non sembrava volermi lasciare andare.
Mi trascinò in un angolo e mi spinse con delicatezza
contro il muro. Spalancai gli occhi, indecisa tra l’avere paura e il
lasciarmi andare.
-Cosa ti ricorda?- mi chiese
piano quasi in un sussurro.
-Che non ho avuto ancora prova della tua
pericolosità…- risposi ridacchiando al sol ricordo ma non potendo
impedire ad un brivido di percorrermi la schiena. Avevo appena detto qualcosa
che poteva indurlo a pensare che fossi ben disposta alle sue attenzioni. Non
andava bene. No no non
andava bene per niente!
-Non metterti contro di me, dolcezza…è una
pessima idea, te l’assicuro!- recitò esattamente
come quella volta. Sorrisi e lo guardai negli occhi.
Il suo sguardo era quasi supplicante, lo sguardo di un cucciolo bisognoso di attenzioni. Il “cucciolo” cominciò a posarmi
lievi baci sul collo, baci pian piano più violenti che
si trasformarono gradualmente morsetti giocosi e sensuali.
Rimasi spiazzata, non sapendo se opporre resistenza
oppure no.Mi irrigidii. Non
andava bene per niente…proprio per niente!
Alzò il volto cominciò a baciare ogni centimetro del mio viso. Lo sentivo
fremere, e neanche a me era indifferente quel che stava succedendo.
Stavo quasi per lasciarmi andare, ma una vocina saggia
nella mia testa mi disse di pensare alle conseguenze che le nostre azioni
avrebbero provocato e improvvisamente la decisione mi apparve ovvia.
-Tom…Tom, basta smettila…- dissi allontanandomi da lui e tirandomelo
via di dosso.
-Perché?- chiese con la voce impastata dall’alcol e
un’espressione cattiva, delusa e scocciata stampata sul volto.
-Perché non possiamo….-dissi
semplicemente.
-Invece si!- disse come un bambino prepotente a cui è
stato negato un capriccio e mi baciò le labbra con violenza, quasi necessità,
impazienza.
Lo spinsi via.
-No Tom!- dissi decisa
scandendo ogni sillaba.
Si voltò e se ne andò senza
dire nulla, scazzato come non mai alzandomi il dito
medio come palese invito ad andare a fanculo.
Rimasi li, contro il muro ancora caldo per la
pressione esercitata dal mio corpo.
-Era ubriaco, solo
ubriaco…-sussurrai cercando
di tranquillizzarmi.
Chiusi gli occhi.
Ma io non ero ubriaca. E stavo
quasi per lasciarmi andare. Che spiegazione logica aveva tutto questo?! Beh, nessuna ed io ero una
persona razionale, con i piedi ben piantati per terra.
-E smettila di martellare!- sussurrai ancora rivolta al
mio cuore che batteva troppo velocemente rispetto al solito.
Bene! Parlavo anche da sola adesso! Poteva andare
peggio di così?
Camminavo in un
corridoio. Sul momento non capii di che posto si trattassenè perché mi ci trovassi.
Continuando a camminare mi resi conto di trovarmi nel
corridoio dell’albergo, davanti a me lunghe file di porte numerate.
Nella mia mente un solo numero.
483.
Chissà perché proprio quel numero.
Camminavo spedita, quasi sapessi
davvero dove stavo andando. Mi sentivo come se il mio corpo si muovesse indipendentemente
dalla mente.
Mi fermai davanti ad una delle porte e il mio cuore
prese a battere più forte.
Alzai lo sguardo.
483.
Era la camera 483.
Non ebbi il tempo di bussare che la porta si
aprì.
TomKaulitz si stagliava
davanti ai miei occhi più bello e sexy che mai.
Indossava solo i larghi jeans xxxl.
Il petto scolpito brillava alla fievole luce rosea della lampadina accesa sul
comodino e i rasta ricadevano sciolti e morbidi sulle
spalle.
Entrai e lui richiuse la porta.
Mi guardò fisso negli occhi.Il
suo sguardo era dolce,nonostante sul suo viso non vi
fosse neanche l’ombra di un sorriso.
Sembrava sereno e allo stesso tempo impaziente.
Pochi secondi e sentii le sue labbra calde sulle mie.
Le sue mani forti si posarono sui miei fianchi ed improvvisamente mi resi conto
di indossare solo una camicia da notte di seta nera.
Risposi al bacio, automaticamente. Anzi,
fu il mio corpo a rispondere, la mia mente era troppo sconvolta. IO non
riuscivo a capire cosa stesse succedendo.
Mi ritrovai stesa sul letto. Lui su di me. Cominciò a
posarmi lievi baci sul collo, le sue mani cominciarono a vagare sulla mia
schiena..
Sentivo il suo respiro caldo sul
viso, sentivo i suoi occhi
nei miei.
In lontananza sentii il telefono squillare, ma non
mi importava. Lui sembrava non accorgersene e
l’apparecchio continuava a suonare.
Driiiiiiiiiin
Driiiiiiiiiiiiiiiiin
DRIIIIIIIIIIIIIIIIIN
Mi voltai su un fianco e con voce rauca e spenta
risposi al telefono afferrando malamente la cornetta.
-Pronto?
-Mel?-chiese una voce squillante.
-Eh? Chi èMel?- chiesi con gli occhi che si richiudevano. Chi ero io?
Chi era questa Mel? Ah, già…ero io.
-Stavi dormendo eh?
-Ma va?! Che intuito Bill!- risposi bruscamente
riconoscendo a chi apparteneva quella voce così fastidiosamente sqillante alle mie orecchie addormentate.
-Eheh…-ridacchiò cercando di trattenersi
dall’altro capo del telefono.
-‘Cazzo ti ridi?- chiesi scocciata e inviperita.
-Che finezza tesoro!- disse una voce
più roca. Per poco non mi prese un
colpo.
Le immagini del sogno mi tornarono in mente come una
secchiata gelida.
Tom!
Non risposi, ancora più sperduta di prima.
-Mayer ci sei ancora?
-Ma si può sapere che volete tutti quanti?!
-Sai che ore sono?
Oddio. Cercai con lo sguardo il mio orologio da polso.
Non c’era. Dovevo essermelo tolto per qualche stupido motivo.
-No…- risposi infine.
-Sono le tre e mezza!!
-Di notte, no? Quindi fatemi un piacere tutti quanti,
chiudete il becco e fatevi una dormitina…- dissi
ributtandomi sul letto con ancora la cornetta accostata all’orecchio.
Sentì quella adorabile risata
roca e in quel momento mi apparve addirittura fastidiosa.
-Eccone un altro che ride…-
dissi esasperata.
-E’ pomeriggio! Tra mezz’ora abbiamo il sound-check! Ricordi che stasera abbiamo un concerto vero?
-ODDIO!- sbraitai tirandomi di nuovo su. –Sono
in ritardo!
-Sei davvero perspicace non c’è che dire!- rise
ancora Tom e sentì quell’altro
scemo del gemello ridere anche lui.
-Idiota che ti ridi?!Fammi preparare va!- dissi per
poi chiudergli il telefono in faccia.
Tanto adorabile nel sogno, tanto idiota nella
realtà….disperazione!
Mi lavai velocemente insaponandomi con poca cura.
Il getto caldo d’acqua e i vapori della doccia
mi facevano ripensare al sogno, al calore che mi invadeva
quasi reale.
Esasperata a quel ricordo uscì dalla cabina sbattendo
l’anta e rischiando di romperla.
Mi vestii e scesi nella hall
con un diavolo per capello.
Trovai i 4 maschioni belli e pronti davanti
all’entrata e li raggiunsi.
-Buongiorno!- mi salutarono Gustav
e Georg ed io risposi con un sonoro sbadiglio.
-Sonno?- chiese il bassista
sorridendo.
-Non sai quanto…e non è da trascurare
l’istinto omicida nei confronti di questi due idioti!- dissi
quasi in un grugnito indicando accusatoria i gemelli.
-Se vuoi ti do una mano! Uccidere Tom
e Bill sarà per me un vero onore!- mi diede man forte Georg.
Sorrisi diabolica e mi avvicinai a Bill.
Lanciai un’occhiata complice al bassista che annuì.
-Oh, Bill…- dissi
facendo la svenevole e facendogli gli occhi dolci.
Lui sembrò imbarazzato da questo cambio di approccio improvviso.
Gli carezzai sensualmente i capelli corvini.
-Che cos’hanno i tuoi
capelli stamattina?- cercai con lo sguardo Georg
appostato dietro Tom troppo intento a godersi la scena
della ormai palese prossima morte di Bill per
accorgersene.
Infatti avevano capito tutti quali erano le mie intenzioni.
Tutti tranne Bill.
-Cos’hanno?- chiese spaventato e
allarmato.
-Ma niente caro…ancora nulla di grave…
-Ma allora..?- chiese confuso.
Ed ecco che gli saltai in collo cominciando ad
arruffargli capelli perfettamente sparati in aria.
Quando diventarono un groviglio informe e potei
ritenermi soddisfatta mi staccai.
Tom rideva a crepapelle e non si era ancora accorto di Georg.
-Tommino caro, te la ridi?!- chiesi sghignazzando mentre Bill
si era accasciato a terra quasi in lacrime con le mani tra i capelli…beh,
capelli…diciamo con le mani intrappolate in quel groviglio.
Tom mi guardò confuso e fu allora che Georg
gli tirò via il cappellino e cominciò a tirargli i rasta.
Le imprecazioni di Tom invasero la Hall insieme ai
lamenti di Bill e tutti si voltarono.
Georg ed io ci prendemmo a
braccetto e ci inchinammo.
Gustav ci battè
le mani fingendosi ammirato e smettendo per un attimo di ridere.
Tom e Bill si voltarono
contemporaneamente verso di noi con sguardo assassino.
Gustav si tirò indietro.
I gemelli cominciarono ad avanzare minacciosi scrocchiandosi le dita.
-Le prendete! Oh si che
stavolta le prendete!- gufò il biondino ancora ridacchiante.
Il resto è leggenda. (XD)
Arrivammo al luogo del concerto per il sound-checkpressocchè
interi e ci concentrammo sulle prove. Tom non diede segno di ricordarsi dell’incidente della sera prima ed io mi tranquillizzai.
Quella sera il concerto fu grandioso, i cartelloni con su il mio nome erano aumentati ed io mi sentivo in
paradiso.
Suonare su un palco con dei grandi artisti e con
migliaia di persone li per osannarti è una
sensazione magnifica. Non pensavo ci si sentisse così quando
ero io ad andare ai concerti e ad osannare.
Ricordai il concerto dei Green
Day, quando BillieJoe mi
sorrise e mi fece l’occhiolino. Fu una cosa magnifica, ma adesso capivo
come doveva sentirsi lui su quel palco, acclamato da migliaia di fan.
Sul taxi per tornare in hotel schiamazzavamo come al solito.
-Ragazzi avete visto quella
tipa con quelle due tettone enormi in prima fila!?
Mamma mia era sconvolgente….avrei voluto chiamarla sul palco ma come al solito Bill fa di testa sua!
-Massì! Ne ho chiamata una qualsiasi…
-E quel ragazzo con la maglietta dei Sexpistols?!Chefigo che era! E guardava
me!- ovviamente ero stata io a parlare, tutta elettrizzata.
I ragazzi si voltarono a guardarmi molto male.
-Hey!-mi lamentai-Sono l’unica ragazza qui dentro!
Voi parlate di tette e di ragazze, perché io non posso parlare dei ragazzi fighi?!
Tom scosse la testa con aria esasperata.
-Perché a noi non interessano! Magari a Bill, ma…aia!- Bill colpì Tom in testa con il
cellulare e mise il broncio.
-Guarda che a me le ragazze piacciono quanto a te! Il
fatto che non ne parli in maniera ossessiva non vuol
dire che non gli rivolga interesse!
Io battei le mani per complimentarmi con Bill per il bel discorso ricevendo da parte sua un sorriso
riconoscente.
-Bah…io ho i miei
dubbi…-infierì ancora Tom con un
sorrisino maligno stampato in faccia.
Ridacchiai.
Nei mesi trascorsi con loro avevo scoperto che
nonostante tutti li idolatrassero e li mettessero su
piedistalli dorati, erano ragazzi come tutti gli altri, con la loro infantilità e i loro difetti.
Iniziò una lotta all’ultimo sangue. Tom e Bill presero a darsele di
santa ragione con, però, il sorriso sulle labbra.
Decisi che avrei rinunciato a capire i ragazzi: si
picchiano e ridono?! Bah!
La macchina cominciò ad ondeggiare pericolosamente per
colpa di quei due idioti che più che 18 anni ne dimostravano un massimo di 7 ed
io mi aggrappai a Georg che seduto accanto a me
faceva il tifo per Bill.
Lui si voltò a guardarmi divertito.
-Cos’è? Hai il mal d’auto o
temi per la tua incolumità?- chiese con aria di scherno.
Sospirai.
-E’ da quando faccio parte del
vostro gruppo che temo per la mia incolumità…più precisamente per la mia
sanità mentale!- risposi a tono.
Lui ghignò.
-Dai che ti tengo al sicuro
io!- disse avvolgendomi con un braccio e guardandomi con aria maliziosa.
Sempre il solito! Tra lui e Tom
non sapevo bene chi dei due fosse il più maniaco!
Ma mentre con Georg riuscivo a
giocarci in quel modo, quando era Tom a dire o fare
certe cose, a fare allusioni ben poco limpide, mi richiudevo a riccio,
diventavo rossa e cominciavo a fare l’acida. Era più forte di me! Era
l’unico modo che avevo per tenermi cara la mia capacità di intendere e di
volere.
-Oh, si Moritz! Proteggimi cavaliere dai capelli maniacalmentepiastrati!- pregai in tono teatrale
rivolgendogli uno sguardo da damigella impaurita.
-Ehy! Fanciulla, altri commenti
sui miei capelli perfetti e ti mollo in mezzo alle due belve, qui!
Ridacchiai.
-Hey voi due smettetela che mi spaventate la fanciulla acida!- richiamò i due litiganti e Bill, con un’ultima manata sulla spalla del gemello,
concluse il “combattimento”.
Io abbracciai il mio cavaliere e gli schioccai un
bacio sulla guancia in segno di gratitudine.
-Grazie mio cavaliere!
-E’ stato per me un grande onore proteggervi!
Ci inchinammo agli altri per concludere la nostra recita.
Ci sorrisero tutti tranne Tom
che si voltò imbronciato verso il finestrino.
Il resto del viaggio trascorse senza ulteriori dispute bestiali, GeorgGustav e Bill continuavano a
parlare del concerto ed io in silenzio osservavo Tom
che guardava torvo fuori dal finestrino.
Arrivammo in Hotel e scendemmo dalla vettura.
-Venite tutti nella mia camera, così festeggiamo la
buona riuscita del concerto!- propose il batterista sorridente e tutti insieme ci dirigemmo verso la reception
per prendere le nostre chiavi e andare a cambiarci e farci una doccia prima di
ritrovarci in camera di Gustav.
Presi le chiavi della mia camera, la 155. Si trovava
sullo stesso piano di quella di Tom, a quattro porte
di distanza, e così ci avviammo verso uno degli ascensori insieme, mentre gli
altri tre, che avevano le camere a loro volta sullo stesso piano, si diressero
verso un altro ascensore.
Tom non mi rivolgeva la parola da quasi mezz’ora e
così, quando le porte dell’abitacolo si furono chiuse, intervenni.
-Che c’è, Tom?
Lui mi guardò confuso e accigliato.
-Che c’è cosa?- chiese
distogliendo lo sguardo e puntando gli occhi sulla porta metallica.-Non c’è proprio niente.
Quella risposta tassativa e fredda mi convinse una volta di più che qualcosa non andava.
-Smettila di prendermi in giro, Tom,
che hai?
-Ti ho detto niente…-rispose
scontroso. Proprio in quel momento le porte dell’ascensore si aprirono e
lui si catapultò fuori, quasi volesse scappare da me. Io lo inseguii,
incavolata nera, anzi… furiosa.
-Hey! Sto parlando con te!- lo richiamai.
Sembrò non avermi sentito, ma sapevo benissimo che
faceva solo finta, cercando di ignorarmi.
Arrivati davanti alla sua camera, con uno scatto
felino mi frapposi fra lui e la porta, impedendogli il passaggio.
-Tom! Smettila di ignorarmi! Mi vuoi dire
che cazzo ti prende?! Qual è il tuo problema?!
Lui sospirò rassegnato e cercò di spostarmi di lato
senza però riuscirci.
Lo fissai negli occhi, incatenandolo con i miei senza
dargli possibilità di scampo.
-Sei tu il mio problema!- mi disse infine con rabbia per poi baciarmi violentemente,
furioso.
Mi schiacciò contro la porta togliendomi il respiro
senza staccare le labbra dalle mie.
Stavolta non era ubriaco. Non stavo sognando. Ma allora….perché lo faceva?!
Mi sembrò davvero incoerente sbraitarmi contro che ero io il suo problema e poi
baciarmi, ma nonostante ciò non riuscii ad oppormi.
Mio malgrado risposi a quello strano bacio e lui aprì
la porta con una mano, mentre con l’altra mi stringeva il polso.
Quasi caddi all’indietro
quando la porta si spalancò ma lui mi sostenne mettendomi una mano
dietro la schiena e dopo aver richiuso la porta con un calcio riavvicinò il mio
corpo al suo.
Quando i nostri volti furono nuovamente così vicini da
sfiorarsi lui mi diede un lieve bacio sulla guancia. Così diverso da quello violento e passionale di poco prima da farmi
paura.
-Nonostante sia tu il mio problema
non riesco più a fare a meno di te…- mi sussurrò sulla pelle. Sentì le
sue labbra calde scandire ogni parola e poi lui poggiò il capo
nell’incavo del mio collo, esausto, come se quelle parole gli fossero
costate uno sforzo disumano.
-Non posso vederti fra le braccia di nessun
altro…ti prego…-mi scongiurò in un sussurrò.
Disse quelle parole con calma facendole vagare leggere e lievi per la mia mente.
Non riuscivo a capire cosa intendesse. Non riuscivo a
capire perché mi stesse dicendo quelle cose. Cosa voleva dire
che non poteva fare a meno di me?
-Io…-cominciò a mo’ di spiegazione vedendo
la mia espressione confusa.-L’altra
sera…in discoteca… ero ubriaco Mel,
ma…- era la prima volta che mi chiamava per nome-sapevo quel che
facevo…cioè…quando ti ho baciata non
l’ho fatto perché ero ubriaco…magari è stato più facile lasciarmi
andare a causa dell’alcool ma…l’avrei fatto comunque, credo…
Ogni volta che mi sei accanto provo
un’attrazione troppo forte che riesco a malapena a controllare…Mi
viene voglia di baciarti, di toccarti, di…averti.
Tremavo. Gli occhi mi pizzicavano. Non sapevo perché mi
sentissi così. Non era ciò che avevo sempre voluto? Ciò non voleva dire che ricambiava i miei sentimenti? No…non voleva
assolutamente dire questo.
Lui per me provava solo una forte attrazione
fisica…mi voleva come una ragazza qualunque mentre
io…ne ero innamorata.
Mi sentii ferita. Non so spiegarmi il perché, ma mi
sentii ferita.
Mi scostai da lui.
-N-noTom…-dissi con la
voce che tremava e le lacrime che spingevano nei miei occhi per essere liberate.
Gli voltai le spalle e uscii dalla stanza.
Ero già a metà corridoio quando,
ormai sopraffatta da quella insistente tristezza, lasciai che le lacrime
iniziassero a fluire.
-Mayer!- mi chiamò uscendo in corridoio e fermandosi a pochi
metri da me.
Mi bloccai dov’ero ma
non mi voltai: non volevo che mi vedesse piangere, non volevo fare pena a
nessuno.
-Scusami io…- disse con voce strozzata. Non ce la feci più e mi voltai
lasciando che vedesse le lacrime solcarmi il viso.
Mi guardò sorpreso, vedendomi piangere e
un’espressione colpevole si dipinse sul suo volto maledettamente perfetto.
-Perché piangi?- chiese con nella
voce una tristezza disarmante.
-Non puoi capire…- dissi
semplicemente. E corsi verso la mia camera; aprii la porta e mi
infilai dentro chiudendomela alle spalle.
Caddi in ginocchio, in lacrime. Perché mi sentivo così!? Non era da me…
Non aveva fatto nulla per
farmi piangere, Tom! Mi aveva solo
confessato di sentirsi attratto da me ed io…
NO
NO
NO
Non dovevo neanche pensare una cosa del genere! Io NON
lo amavo. Amarlo avrebbe voluto dire soffrire come un cane, cadere in
depressione ogni volta che si portava a letto una donna, il che, per inciso,
accadeva ogni sera.
No.
Bene
gente! Come promesso ho aggiornato più velocemente. Che
ne pensate? La storia si complica eh? Chissà che succederà....^^ Non riesco a far vedere Melanie,
mi dispiace ma tenterò e ritenterò finchè nella mia
impresa riuscirò!! Ok basta smetto
di delirare, ma vi prometto che prima o poi (speriamo più prima che poi)
vedrete Melanine! Grazie alle ragazze che hanno recensito, come fareisenza di voi?? Mah!
Grazie per i complimenti! Eh si Ele, hai capito
proprio bene il rapporto tra Mel e Tom, ma adesso le cose si complicano…le amicizie
durano finchè non sopraggiunge qualcosa di più grande
e a quel punto sono casini, te l’assicuro!
Quella
sera non andai in camera di Gustav, non ero dell’umore adatto. Piansi
amaramente ripensando a ciò che era successo. Le parole di Tom mi rimbombavano
nella mente come esplosioni, esplosioni da cui venivo inevitabilmente colpita.
Non
pensarci mi era impossibile. Lui. Lui. Lui. Un chiodo fisso. Le sue
labbra, i suoi occhi, le sue mani, il suo corpo. Il mio sciocco, insensato e
masochistico amore per lui.
Avevo
bisogno di dimenticarlo, o sarei impazzita. Avevo bisogno di una distrazione.
Avevo bisogno di QUALCUNO.
Mi
addormentai dopo che l’ultima lacrime ebbe fatto capolino dai miei occhi
chiusi. Il giorno seguente sarebbe cominciato il Tour e mi sentivo meno pronta
che mai.
La
mattina seguente mi svegliai molto presto, la tenue luce del sole si rifletteva
sullo specchio facendo capolino dalla finestra semi aperta e mi sfiorava come
una carezza rendendo dolce il mio risveglio.
Mi
alzai e mi resi conto che non avevo ancora fatto le valige e così mi apprestai
a rivoltare i cassetti estraendo i vestiti e gettandoli malamente nella
valigia. Non ero mai stata ordinata e se aggiungiamo a questo dato di fatto il
mio stato d’animo in quel momento, appare ovvio che l’ordine della mia valigia
mi importava ben poco.
Il
menagement si sarebbe occupato delle altre mie chitarre, ma la Gibson era li, poggiata al
muro, nella sua borsa, pronta ad essere presa in spalla.
Riposi
nel mio zaino i miei cd, il mio lettore dvd portatile, il mio i-pod e tutto il
resto compresi il mio set make up, quello personale che usavo quando uscivo
visto e considerato che per i concerti del trucco se ne occupavano i
truccatori.
Mi
vestii con ciò che avevo lasciato fuori dalla valigia, portai il bagaglio alla
reception e mi diressi verso il bar dell’hotel dove trovai Karin seduta ad un
tavolino ed intenta a sorseggiare il suo caffè.
Mi
avvicinai e mi sedetti accanto a lei senza chiedere alcun permesso.
-Buongiorno…-
biascicai svogliatamente.
-Hey!
‘Giorno tesoro!- mi salutò affettuosa come al solito lei.
Poggiai
la testa sulle braccia incrociate sul tavolo e presi a fissarla.
Lei
fece finta di niente controllando ogni tanto con la coda dell’occhio se la
stessi ancora fissando.
Alla
fine, infastidita ma per niente scortese, mi riprese.
-Mel!
La vuoi smettere! Mi sento a disagio! Che hai stamattina!?
-Mah…niente…
-Si,
certo come no…e il tuo niente si chiama per caso Tom Kaulitz?
Rimasi
fulminata e mi rizzai di colpo sulla sedia. Come faceva a saperlo?
-E-Eh?-
cercai di far finta di niente ma il suo sguardo che oscillava fra il saccente
ed il canzonatorio mi convinse che era perfettamente inutile.- Uff! E’ così
evidente?!
Lei
rise piano.
-No,
Mel. Ieri non sei venuta in camera di Gus e Tom era al quanto intrattabile e
musone e facendo due più due sono giunta alla conclusione che era successo
qualcosa…- spiegò strizzandomi un occhio.
-Te
la cavi con la matematica!- mi sforzai di sorridere.-Sai una cosa Karin? Tu
dovevi fare la detective…L’ispettore gadget è un incapace in confronto a te!
-E’
un cartone…
-Sisi
fa lo stesso!
-Comunque
mi vuoi spiegare cosa è successo, per favore?- chiese sottolineando il PER
FAVORE con l’aria scocciata di chi è all’oscuro di qualcosa di importante.
-Ieri
…era strano così gli ho chiesto qual era il suo problema e lui mi ha risposto
“Tu sei il mio problema” e mi ha baciata. Poi mi ha detto che si sente attratto
da me, che non mi vuole vedere nelle braccia di nessun altro ed io mi sono
messa a piangere e me ne sono andata.- spiegai caotica come al solito
mescolando discorsi diretti indiretti e considerazioni in maniera molto
confusionaria.
-E…perché
te ne sei andata?!- chiese confusa più che mai -Non è ciò che volevi?!
-Ma
non capisci?!- dissi esasperata sull’orlo delle lacrime- Lui si sente attratto
da me fisicamente! Io lo amo! Non sopporterei di essere usata…
Lei
chinò il capo.
-In
effetti…Solo tu puoi decidere Mel…
-Ed
io ho deciso di NO!!- dissi convinta ricacciando indietro le lacrime e
infervorandomi.
Sembrò
quasi spaventata dalla mia energica esclamazione ma una volta ripresasi, mi
sorrise.
-Hai
preso la decisione giusta secondo me, allora….se fossi stata al suo gioco
probabilmente sarebbe andata a finire come con tutte le altre o….forse no. Ma
nel dubbio hai fatto bene secondo me.
Adoravo
Karin. Mi capiva e mi appoggiava sempre. Era davvero la mia migliore amica.
Sospirai.
-Tu
invece? Gustav?
-A
gonfie vele e…- il suo sorriso si allargò notevolmente.- Guarda qui!!- esclamò
alzando la mano e piazzandomela davanti agli occhi.
All’anulare
brillava un anello bellissimo, l’oro bianco sembrava risplendere di luce
propria così come lo smeraldo incastonatovi sopra, avvolto in spire sempre
d’oro bianco. –Mi ha chiesto di sposarlo!!- esclamò ancora cominciando a
ballare sulla sedia.
Io
lanciai un grido eccitato che fece voltare tutti e le buttai le braccia al
collo, alzandomi e facendo il giro del tavolo. Cominciammo a saltellare come
due esaltate.
-Brava
Karin!! Ti sposi!!
-Si!!
-E
quando di preciso?
-Non
so…è successo tutto così in fretta…pensavamo verso Marzo…
Marzo…mancavano
solo sei mesi! Beh il tour ne durava 4 quindi…
-Allora
vieni con noi in tour!
-Ehm…no.
Perchè vedi….c’è un’altra
novità…Gustav non lo sa ancora e… l’ho
saputo
stamattina presto…- tutte quelle pause mi spaventavano.
–Vedi io…- sorrise
ancora di più, teneramente. –Aspetto un bambino!
Rimasi
sconvolta. Troppe emozioni in una volta. Avevo voglia di urlare per la gioia e
l’emozione, quasi fossi io ad aspettare un bambino.
-E
che aspettavi a dirmelo?! Che razza di amica sei?!- chiese cercando di sembrare
arrabbiata ma non riuscendo nel mio intento a causa del sorriso che illuminava
il mio viso.
-Te
l’ho detto, l’ho saputo stamattina e…devo ancora elaborare l’idea!- mi rispose
tutta eccitata.
-Quando
lo dirai a Gustav?
-Gli
ho detto che tra cinque minuti lo raggiungo in camera…
-E
allora corri! Che aspetti?!
Lei
mi guardò con aria da cucciolo bastonato.
-Ma
che gli dico..?
Mi
fece tanta tenerezza. Di solito era lei a darmi consigli ma stavolta era
compito mio aiutarla.
-Sii
naturale….digli ciò che hai detto a me, con lo stesso entusiasmo, la stessa
grinta e la stessa gioia…vedrai che andrà tutto bene…
-Grazie
Mel…- mi abbracciò e mi diede un bacio sulla guancia per poi voltarsi e sparire
oltre le porte scorrevoli del bar.
Rimasi
sola, in piedi vicino al tavolo. Non avevo ancora fatto colazione!
Realizzato
questa drammatica dimenticanza mi diressi verso il bancone ed ordinai un caffè.
La
partenza era prevista per le 11 e così trascorsi il resto della mattinata ad
oziare nella mia camera ormai vuota delle mie cose.
Gustav
e Karin non si videro più per il resto della mattinata e intuii che stessero
festeggiando la lieta notizia. Ero felice per Karin. Lei meritava di essere
felice, di avere una vita perfetta e piena di gioie. Nessuno meritava tutto
questo quanto lei.
Arrivata
l’ora della partenza ci ritrovammo tutti nella hall. Non volli incrociare lo
sguardo di Tom e lo evitai per tutto il tempo.
Sentivo
quegli occhi nocciola puntati addosso ma non volevo controllare se fosse vero e
se fosse solo una mia impressione. Preferivo non saperlo.
Gustav
era allegro come una pasqua, sprizzava gioia da tutti i pori e non faceva che
ripetere agli altri che sarebbe diventato padre. Io che già sapevo appena
l’avevo visto arrivare l’avevo abbracciato e sbaciucchiato alla grande
facendogli le mie congratulazioni almeno una decina di volta in un secondo.
Stringeva
Karin a sé per quegli ultimi momenti insieme prima della partenza: non si
sarebbero visti per 4 mesi e questo pesavo molto ad entrambi anche se Karin non
lo dava a vedere per non far dispiacere il fidanzato.
Jost
ci comunicò la nostra disposizione nei camper. Io ero nel camper più piccolo
con Georg mentre gli altri tre erano insieme nell’altro camper.
Tirai
un sospiro di sollievo. Per un momento avevo temuto di trovarmi con Tom.
I
bagagli furono caricati ed ognuno salì sul proprio camper.
Tra
chiacchiere,partite a carte e qualche
battibecco la prima giornata sul camper passò. Saremmo arrivati la mattina
seguente al luogo del primo concerto del tour e quindi avremmo dovuto dormire
sul camper.
Poggiata
la testa sul cuscino sentii una gran paura invadermi. Non ero abituata a dormire
su un camper. Ballava molto più del treno e faceva rumori molto strani.
Avevo
una fifa assurda mentre Georg se ne stava tranquillo nel suo letto accanto al
mio cercando di addormentarsi.
Tremavo
come una foglia per la paura. Ogni sobbalzo mi faceva arrivare il cuore in
gola. Fissavo il soffitto con gli occhi spalancati, stando immobile e tesa come
una tavola di legno.
Ecchè
cavolo!
Sentii
un fruscio, segno che Georg si era voltato ma non mi girai restando immobile a
fissare il soffitto.
-Hey!-
mi chiamò piano lui e dal tono della sua voce capii che stava per scoppiare a
ridere. –Paura eh?
Mi
voltai verso di lui con uno sforzo disumano.
-Georg?
Possovenire li con te?- chiesi con la
vocetta da bambina.
Lui
ridacchiò.
-Vieni,su…-mi
concesse ed io corsi accanto a lui.
Il
letto era troppo piccolo e per non farmi cadere mi avvolse fra le braccia.
Adesso
si che andava meglio! Mi tranquillizzai e smisi di tremare.
Sentire
il calore del suo corpo mi rassicurava e non mi curai di come si sentiva lui.
Grande madornale errore.
Era
un’ora che stavamo in quella posizione ed io stavo per addormentarmi quando
sentii il suo fiato sul collo.
Cominciò
a strofinare teneramente il naso tra i miei capelli.
Io
sul momento non reagii ma quando vidi che non accennava ad allontanarsi mi
voltai un po’ all’indietro verso di lui.
Trovai
il suo viso a pochi millimetri del mio. Pochi secondi in cui ci guardammo negli
occhi e poi sentii le sue labbra sulle mie.
Non
erano calde come quelle di Tom. Non erano morbide come quelle di Tom. Non mi
fecero venire i brividi come quelle di Tom. Ma risposi al bacio. Risposi per
dimenticare.
Mi
ritrovai su di lui, le sue mani grandi e forti sui miei fianchi.
Le
labbra scesero a lambirmi il collo. Le nostre labbra si cercavano spinte da
un’improvvisa e irrefrenabile necessità e noi le assecondavamo, mettendo da
parte la razionalità. Ciò che successe dopo, fu solo un grande errore che diede
inizio ad una lunga catena di errori che sarebbe stata difficile da rompere.
Riuscii
per qualche ora a dimenticare Tom, stretta fra le braccia del bassista.
Non
fu amore. Fu solo sesso. Ci lasciammo trascinare dagli istinti abbandonandoci
completamente.
Con
una brusca frenata il camper si fermò ed io mi svegliai di soprassalto.
Georg
stava aprendo piano gli occhi, evidentemente svegliato come me dalla frenata.
-Buongiorno…-
mi disse non appena si svegliò del tutto, circa.
-‘giorno…-
risposi cercando di apparire allegra. Dopotutto erariuscito a farmi dimenticare Tom per tutta la
notte. Mi sentii tanto egoista per aver fatto quella considerazione. L’avevo
usato…
Sembrò
rendersi conto di ciò che era successo quando sentì il mio corpo nudo stretto
fra le sue braccia.
-Cazzo!-
Sbottò.-Credevo fosse stato solo un sogno!
-No…evidentemente.
Sospirò.
-Scusa…io…
Gli
tappai la bocca e sorrisi rassicurante.
-Hey!
L’ho voluto anch’io, se no non pensare che ci sarei stata!
Sorrise
anche lui però in pochi secondi il sorriso si spense.
-Mel
però io…non voglio una relazione…cioè….sono già abbastanza incasinato …
-Neanche
io voglio una relazione…non mi sento pronta per stare con nessuno…
Eravamo
sulla stessa barca.
Potevamo
essere le reciproche distrazioni in quella monotonia.
Lui
poteva distrarmi da Tom.
Io
potevo distrarlo…beh non sapevo bene da cosa ma era un dettaglio trascurabile.
Non
avemmo più bisogno di dire nulla. Ci intendemmo con uno sguardo.
Ci
rivestimmo e scendemmo dal camper.
Ci
comportammo come se niente fosse e gli altri non sospettarono nulla. Ebbi
finalmente la forza di guardare negli occhi Tom, di comportarmi normalmente con
lui e fui fiera di me stessa.
Quella
sera il concerto andò benissimo. Sul palco Tom ed io mettemmo completamente da
parte le nostre faccende personali e suonammo perfettamente in sintonia come al
solito.
La
sera ci andammo a sistemare in albergo per la notte. La mattina dopo saremmo
ripartiti e avevamo bisogno di una rifocillata.
Io
e Georg finimmo nuovamente a letto insieme. E fu così che iniziò la lunga
catena di errori a cui accennavo prima. Fu così che ogni notte in cui potevamo,
camper o Hotel, io e Georg ci vedevamo.
Fu
forse uno dei miei più grandi errori, ma in quel momento non mi sembrava tanto
grave.
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Rotolai
fra le morbide lenzuola di quel fantastico letto. Georg si era aggiudicato la
suite e ovviamente la “collaudammo” insieme.
Mi
spinsi vicina a lui, i nostri volti a pochi centimetri l’uno dall’altro e lo
guardai negli occhi sorridendo maliziosa.
-Salve!
Lui
rise piano e mi passò una mano fra i capelli.
-Buon
giorno…
Annullai
la distanza fra le nostre labbra baciandolo con passione e lui mi mise una mano
dietro la schiena, attirandomi a sé e facendo aderire i nostri corpi.
-E
beh che ci vuoi fare…però se ti da fastidio vado…- dissi allontanandomi un po’
e fingendo di alzarmi.
Lui
mi prese un polso e mi riportò giù avvolgendomi fra le forti braccia e un
brivido mi invase.
-Dove
credi di andare?!
Mi
baciò il collo per poi salire fino al lobo dell’orecchio mordicchiandolo
dolcemente.
-Proprio
da nessuna parte…- risposi in un sussurro, vinta da quei brividi di piacere che
mi percorrevano il corpo.
All’inizio
non provavo niente quando Georg mi sfiorava, ma chissà perché adesso mi
sembrava di impazzire ad ogni tocco delle sue labbra, ad ogni respiro che caldo
usciva dalla sua bocca.
Mi
voltai in modo da fronteggiarlo e cominciai a tracciare ghirigori sul suo
addome scolpito e la cosa sembrava piacergli.
-Non
puoi fare così proprio ora che dobbiamo prepararci ad andare! Se no scoraggi
ogni mio minimo tentativo di convincere me stesso ad alzarmi!
Ghignai
continuando con la mia dolce tortura.
-Che
ragionamento contorto, Herr Listing…se vuoi li c’è la porta, puoi sempre
alzarti e uscire…- dissi sfiorandogli le labbra con un bacio leggero.
-Non
è che ne abbia poi tanta voglia….di alzarmi intendo…- specificò per poi
stringermi ancora di più a sé.
Mi
sentivo protetta fra le sue braccia. Mi sentivo desiderata.
Gli
posai le labbra sul collo stampandovi lievi e delicati baci e accarezzandogli
il viso leggermente pungente a causa della barba che quella mattina non aveva
ancora tagliato.
Prese
a carezzarmi la schiena, percorrendola tutta con tocchi delicati e dolci. Posò
il capo sulla mia spalla e così potevo sentire il suo respiro caldo e regolare
nell’incavo del mio collo.
Presi
la sua mano libera tra le mie e cominciai a percorrere le piccole pieghe del
palmo con le dita.
-Georg?
-Mh..-
mugugnò sulla mia pelle.
-Che
cosa siamo noi?
Si
scostò un po’ tirandosi su sui gomiti.
-Beh…cosa
siamo…- annaspò spiazzato da quella diretta e concisa domanda.
-Per
te sono solo una ragazza con cui divertirti quando ti annoi?- chiesi imitandolo
e tirandomi su.
Non
sapevo perché facevo certi discorsi, ma sentivo che ciò che era cominciato come
una semplice storia di sesso stava per me diventando qualcosa di più. Stavo
pian piano dimenticando Tom.
-Oh
beh…per te io non sono questo? Mi sembra che ne abbiamo già parlato, no?-
rispose laconico.
-Si
ma…non so cosa è cambiato…so solo che ogni volta che ti avvicini mi vengono i
brividi, ogni volta che mi sfiori o mi baci le mie viscere fanno un salto e il
cuore mi balza in gola…non so più cosa provo…- dissi abbassando lo sguardo che
fino a quel momento avevo tenuto fisso nel suo.
-E’
solo attrazione fisica…tu ami Tom Melanie…se ne saranno accorti anche i muri!
Alzai
lo sguardo sorpresa da quella affermazione.
Trovai
i suoi occhi verdi e stupendi intenti a scrutarmi, in attesa di una reazione.
-E’
vero….quando è iniziata tutta questa storia io amavo Tom….ma adesso non ne sono
più così convinta….credo di essermi innamorata di te…
Lui
mi sorrise dolcemente.
-Mel
quello che provi per me non è amore …tra noi due quello più vicino a provare
amore per l’altro sono io, sai? Tu vuoi solo dimenticare Tom e a me tutto
questo non dispiace ok? Sai che non voglio una relazione, e tanto meno voglio
una relazione spinta dal desiderio di ufficializzare una cosa nata solo per
dimenticare…capisci che intendo?
Lo
capivo benissimo. Il suo ragionamento non faceva una piega ed io mi sentivo
ancora più confusa. Pensavo di aver capito cosa provavo ma evidentemente lui mi
aveva capita anche meglio.
Mi
baciò sulle labbra con dolcezza, un bacio da amico prima ancora che da amante.
Io
sorrisi.
Per
adesso mi andava bene ciò che avevo. Se mai mi si fosse presentato il dovere di
scegliere avrei scelto.
Ma per
il momento andava bene così come andava.
Risposi
al bacio e gli carezzai i capelli castani e morbidi come la seta passandoci in
mezzo le dita.
-Adesso
andiamo che si fa tardi…- mi incitò lui con un affettuoso buffetto sulla
guancia.
Ciao
a tutte!! Vado di fretta e non posso ringraziarvi per bene ma sappiate
che vi adoro e che vi sono immensamente grata, siete tutte
fantastiche!! E' come se fossero due capitoli in uno per compensare la
mia lunga assenza ^^ . Alla prossima!
Erano
passati 15 giorni dall’inizio del tour ed eravamo
all’ottavo concerto.
Avremmo
dovuto esibirci a Palermo, in Italia, nella MIA Italia.
Avevo
una casa abbastanza grande sul mare li a Palermo e così il
manager ci concesse
una settimana di pausa dopo il concerto.
Il tragitto
che andava da Messina, appena attraversato lo stretto, fino a Palermo,
lo
passammo tutti insieme nel camper grande. Erano le cinque di mattina e
stranamente eravamo tutti svegli in attesa dell’arrivo.
Io
ero seduta per terra mentre gli altri erano sparsi sui vari sedili.
-Grande
Mel! Grazie a te finalmente potremo farci una vacanza!
Com’è casa tua?- Bill
era esaltato all’inverosimile e saltellava sul sedile come una
molla.
Io
risi.
-Beh…è
una casa! Due piani, tre stanze da letto più due comodissimi
divani al piano
terra, due bagni, una cucina, un soggiorno, un giardino abbastanza
grande…una
bella casa a mio parere!
Tom
si contorse in un’espressione scettica.
-E
sui divani chi ci dorme?- chiese borbottando.- Io voglio un bel letto
comodo e
grande!
Scossi
la testa.
-Senti
“principesso sul pisello” non posso filarmi abbastanza
posti letto quanti
siamo! Quando venivamo con la mia famiglia ne occupavamo solo due di
stanze!
-Sul
divano posso dormirci io…-si offrì Gustav che era il meno
schizzinoso.
-Anche
per me va bene il divano…- disse Georg tranquillamente.
Rivolsi
ai miei due salvatori un sorriso riconoscente anche se sapevo
perché Georg si
fosse offerto così facilmente: sapeva benissimo che avrebbe
dormito per lo più
nel mio letto, visto l’andazzo delle cose.
-Risolto
il problema allora!- esultò Tom.-Posso portarmi qualche ragazza
vero?
Mi
irrigidii. Ero gelosa? Era lo scopo per cui mi aveva rivolto quella
domanda
farmi diventare gelosa? No….era semplicemente Tom ed io NON ero
gelosa. Più o
meno.
-No,
Tom…Sai che casino se si sapesse che quella è casa mia?!
Finchè te le porti in
albergo le tipe è un conto, ma casa mia è casa
mia…non è un bordello.- risposi
tassativamente.
Lui
sbuffò.
-Che
noiosa che sei!
Mi
imbronciai. Non so nemmeno io se mi avesse dato più fastidio la
sua intenzione
di portarsi le ragazze a letto in casa mia o il fatto che mi aveva dato
della
noiosa perché, ragionevolmente, gli avevo negato questo svago.
-Eddai
Tom! Puoi resistere per un po’ senza! Non muori mica sai?- lo
riprese Bill prendendola
sullo scherzo.
Mi
voltai verso il finestrino e non parlai per il resto del tragitto.
Arrivati
di fronte a casa mia i camper ci lasciarono dicendoci che avrebbero
posato i
camper in un luogo dove fossero saltati meno all’occhio e che ci
avrebbero
portato dopo i bagagli.
Aprii
la porta di casa e li feci entrare.
In
vista del nostro arrivo Jost aveva mandato un’impresa di pulizie
a pulire e la
casa brillava come non mai.
Mi
ricordai delle giornate intere passate con mia madre a spolverare e
lavare i
pavimenti.
Era
buio e così mi apprestai ad aprire le persiane e a scostare le
tende.
Alla
luce la casa sembrava ancora più bella. Era una vita che non ci
venivo e avrei
voluto mettermipiangere per la
felicità.
-Wow!
Che bella questa casa!- si complimentò Bill cominciando a
girarla tutta in
lungo e in largo. Sembrava un bambino. Era per questo che lo adoravo.
Lasciando
Bill alla sua escursione portaigli
altri tre a vedere le rispettive stanze.
Portai
Georg e Gustav nei due piccoli salotti in ognuno dei quali c’era
un divano
abbastanza spazioso e, come poterono constatare sedendosi, comodo.
Non
avevano grandi bagagli e decisero che avrebbero tenuto i vestiti nelle
valige.
Li
lasciai sistemarsi e poi mi diressi al piano di sopra seguita da Tom.
Non
mi esaltavo l’idea di stare da sola con lui, ma purtroppo Bill
stava ancora
esplorando il piano terra e il giardino.
-Ecco…questa
è la stanza…- dissi facendolo entrare per primo in una
delle tre stanze da
letto.
La
stanza era abbastanza grande, le tende azzurre sembravano esaltare la
luce che
faceva capolino dagli scuretti semi aperti, e proprio di fronte al
balcone, dal
lato opposto della stanza, si trovava un letto matrimoniale
apparecchiato con
lenzuola pulite probabilmente dalla stessa impresa di pulizie
ingaggiata da
Jost.
Immaginai
che dovessero essere pronte e sistemate anche le altre stanze.
-Come
mai il letto è matrimoniale?- mi chiese perplesso.
-Perché
i letti qui sono tutti a due piazze. Qui ci dormivano i miei genitori,
la
stanza accanto è quella in cui dormivo con mio fratello, sempre
in letto a due
piazze e quella adiacente è la stanza in cui dormivo quando
volevo stare sola o
quando mio fratello decideva di prendermi a calci e che spesso
adibivamo a
camera degli ospiti…- spiegai pratica.
-Bene…-
si sedette sul letto scompostamente e buttò lo sguardo al
pavimento.
-Mayer?
-Dimmi…
-Perché?-
alzò lo sguardo su di me. Era serio. Troppo serio per uno come
lui.
Sapevo
bene a cosa si riferiva. Era per questo che avevo evitato di rimanere
sola con
lui da quella maledetta sera in cui mi aveva confessato di sentirsi
fisicamente
attratto da me e mi aveva così ferita.
Sviai
il discorso fingendo di non aver capito.
-Te
l’ho detto! I letti sono a due piazze perché…
-Sai
bene cosa intendo e sai anche che non mi riferisco ai letti…- mi
interruppe,
calmo e diretto.
Abbassai
lo sguardo.
-Cosa
c’è da spiegare?
Alzò
gli occhi al cielo con fare esasperato ridendo nervosamente.
-Tutto,
Mayer! Tutto!
Decisi
di buttarla sul piano del rimprovero.
-Cos’è?!
Ti brucia essere stato rifiutato da una ragazza, Sex gott?
Ero
arrabbiata e gli sputai in faccia tutto il veleno che mi ero tenuta
dentro e
che stava pian piano corrodendomi.
-Sai
anche che non è questo che mi brucia…- manteneva la calma.
-No!
Non so niente Kaulitz! Tu non capisci…tu…- non trovavo le
parole, per la prima
volta in vita mia ero a corto di parole.
-Spiagamelo,
allora…- mi spronò alzandosi e avvicinandosi a me.
-Non
capiresti comunque…
-Mettimi
alla prova…- continuò posandomi una mano sulla spalla e
cercando con i suoi
occhi i miei che evitavano ogni contatto.
Mi
allontanai di colpo come scottata dal tocco della sua mano.
Fece
ricadere a peso morto la mano lungo il fianco.
-Ho
cercato di fare finta di niente….ho cercato di capire per
non…non so perché…per
proteggerti forse…quando ti ho vista piangere, io…mi sono
sentito in colpa…-
cominciava frasi senza concluderle, segno che anche lui faceva fatica
trovare
le parole giuste.
-In
colpa? Non sei abituato a vedere le ragazze piangere per causa tua?-
ero
arrabbiata. Assalire le persone era il solo modo che conoscevo per
difendermene.
-Tu
non sei come le altre...- disse abbassando di nuovo lo sguardo.
No.
Basta. Non poteva dirmi una cosa del genere. Sembrava sincero
ma…insomma! Era
Tom! Come poteva vedermi diversamente dalle altre? Chissà a
quante aveva detto
la stessa cosa per portarsele a letto e poi buttarle via come vecchi
stracci?
-Raccontala
a qualcun altro questa balla, Tom…- dissi stringendo i pugni
così forte da
conficcarmi le unghia nei palmi fin quasi a farli sanguinare.
Una
lacrima percorse il profilo del mio viso per poi cadere sulla punta
della mia
scarpa.
Non
volevo piangere di nuovo per lui e così ricacciai indietro le
lacrime che
spingevano per seguire la prima e alzai lo sguardo.
-Vado
a chiamare Bill per fargli vedere la sua stanza.- dissi senza alcuna
inflessione nella voce. Semplicemente pronunciai quella parole come un
bambino
che ripete una vecchia poesia senza capirne il senso e quindi senza
interpretazione.
Uscii
dalla stanza seguita dai suoi occhi.
Avevo
bisogno di Georg in quel momento. Avevo bisogno di lui.
Mostrai
velocemente la camera a Bille poi
proposi ai ragazzi di andare alla spiaggia di fronte casa. C’era
sempre poca
gente e in quella zona non c’erano molte ragazzine quindi
sarebbero stati al
sicuro ed inoltre era ancora settembre ed il tempo continuava a
regalare belle
giornate
-Tu
non vieni?- Mi chiese Bill prima di uscire di casa con gli altri, una
volta
pronto.
-No…rimango
a dare un’ultima sistemata…
Lanciai
un’occhiata a Georg che mi capì al volo e annuì
lievemente.
Uscirono
di casa ed io me ne andai nella mia stanza, accanto a quella di Bill e
chiusi
la porta di collegamento a chiave. Ognuno aveva bisogno della sua
privacy.
Passarono
massimo 5 minuti che sentii la porta di casa riaprirsi. I ragazzi
avevano
ognuno una copia delle chiavi.
Mi
posi in cima alle scale giusto in tempo per accogliere Georg, che stava
salendo
velocemente. Ci baciammo senza dire niente. Lui mi tolse la canottiera
e scese
a baciarmi il collo con frenesia ed io glitolsi il cappellino che aveva indossato per non farsi
riconoscere sulla
spiaggia.
Alzò
il viso all’altezza del mio smettendo per un attimo di baciarmi e
mi spinse
facendomi perdere l’equilibrio. Per non cadere dovetti appendermi
al suo collo
e circondargli la vita con le gambe. Riprese a baciarmi entrando nella
stanza
perpoi chiudersi la porta alle spalle.
Appoggiata
al petto di Georg guardavo il soffitto mentre lui mi accarezzava piano
il
braccio.
Sembravamo
così teneri…ma c’era ben poco di tenero nel nostro
rapporto.
Ci
usavamo a vicenda, ma andava bene ad entrambi.
-Che
hai detto agli altri? Come hai spiegato che tornavi indietro?
Lui
rise piano poggiando il viso nell’incavo del mio corpo.
-Gli
ho detto che avevo urgente bisogno di andare in bagno perché il
cappuccino di
stamattina mi aveva fatto un brutto effetto…- rispose muovendo
lievemente le
labbra sulla mia pelle.
Risi
anch’io, divertita dalla scusa che si era inventato.
-E
ci sono cascati? Non sei un granché come bugiardo…
-Si,
se la sono bevuta…Tom mi ha guardato molto male
però….temo che sospetti
qualcosa.
A
quelle parole mi irrigidii di colpo. Tom. Forse. Sapeva.
No.
Non doveva sapere niente!
-Hey
Mel tutto bene?
Non
risposi presa dal panico.
Se
Tom sapeva…che avrebbe pensato di me?
Mi
sorpresi dei miei stessi pensieri. Che avrebbe dovuto pensare? Che cosa
gliene
importava a lui? Poteva solo sentirsi ferito perché andavo a
letto con Georg
dopo aver rifiutato lui ma…
Il
pensiero di poter ferirlo mi spaventò. Non volevo ferirlo. Io lo
amavo.
Georg
si scostò da me puntellandosi sui gomiti per poi riavvicinare il
viso e
stamparmi un bacio sulle labbra.
-Mel?
Mi
riscossi dai miei pensieri.
-Scusa…stavi
dicendo?
-Niente…che
hai? Sei strana…
Amavo
anche Georg, ma era un amore diverso. Non riuscivo a spiegare nemmeno a
me
stessa cosa distinguesse ciò che provavo per Georg e ciò
che provavo per Tom,
sapevo solo che era diverso.
-Niente,
non preoccuparti solo un po’ di stanchezza…viaggiare in
continuazione mi
distrugge…- risposi sperando che non si rendesse conto della mia
confusione.
-Devi
anche contare che sono troppo bravo per te…ammettilo!- mi
canzonò per tirarmi
su.
Mi
finsi indignata.
-Cosa
cosa cosa? Senta signor Bellicapelli non diciamo fesserie per favore!-
risposi
fingendomi tranquilla.
Lui
rise e si sporse verso di me.
Le
nostre labbra si unirono ancora una volta. Mi accarezzò
sensualmente il collo
facendomi rabbrividire ed io mi strinsi a lui cercando di prolungare
quel
contatto.
-Io
sarò bravo ma tu non scherzi…- sussurrò malizioso
contro le mie labbra.
Io
cercai di avvicinarmi di più ancora per aderire completamente a
lui e presi ad
accarezzargli un fianco.
Non
volevo che andasse via. In quei momenti in cui eravamo soli, dovunque
fossimo,
il tempo si fermava e per un po’ tutto diventava più
semplice.
Si
tirò indietro e si alzò guardandomi divertito.
-Eh,
no signorina! Accuccia!- rise di gusto vedendo la mia espressione
delusa.
-Raggiungo
gli altri se no si preoccuperanno…o peggio ancora sospetteranno
qualcosa…-
concluse chinandosi su di me, ancora sdraiata e intrappolata nel
groviglio di
lenzuola, e stampandomi un bacio sulle labbra.
Annuii
rassegnata.
Lui
si rivestì e si diresse verso la porta ma prima di uscire si
voltò nuovamente
verso di me.
-Hey…
Lo
guardai interrogativa.
-Sei
bellissima Mel…
Sorrisi.
Era così dolce quando voleva.
Mi
mandò un bacio e uscì dalla stanza sorridendo.
Che
casino! Mi resi conto del guaio che avevo combinato e poi le parole di
Tom mi
rimbombavano nella mente…
“Tu non sei come
le altre”
“Tu non sei come le altre”
“Tu non sei come le
altre”
“…non sei
come le altre”
E
se lo pensasse davvero? E se comportandomi come mi stavo comportando
stessi
perdendo l’amore della mia vita? E se stessi perdendo il ragazzo
che amo? Se
stessi sbagliando tutto.
La
testa sembrava volermi scoppiare.
Georg.
Oh,Georg.
Lui era adorabile. Riuscivamo a
mantenere quel
rapporto senza troppe pretese, senza troppe domande.
Temevo
solo che la cosa degenerasse. Temevo solo che questo rapporto
degenerasse. Il
confine fra ciò in cui ci eravamo impelagati noi ed una
relazione stabile era
così sottile che bastava poco, troppo poco, per sorpassarlo.
Ma
io provavo qualcosa di indescrivibile per Georg. E se non amassi Tom
come
credevo? E se in realtà amassi Georg?
Che
confusione! La testa rischiava di scoppiarmi.
Mi
andai a fare una veloce doccia e mi rivestii.
Sistemai
le lenzuola del mio letto tutte stropicciate e scesi in cucina per
preparare
qualcosa.
Aprii
tutti gli stipetti ma erano tutti ugualmente vuoti. Mi arresi
all’evidenza e
andai a fare la spesa. Ero sempre stata un frana in affari tipo spesa o
pranzo
o qualunque cosa prevedesse una minima conoscenza culinaria.
Optai
per un preparato della 4 salti in padella ai funghi e misi nel carrello
anche
una buona scorta di Sofficini Findus. Pratici e buoni.
Soddisfatta
della mia spesa tornai a casa e analizzai con calma la busta della
quattro
salti in padella. Dentro c’erano già le tagliatelle;
dovevo solo versare il
tutto in una padella unta con poco olio e meno di un dito d’acqua.
Mettendomi
a quasi un metro dal fornello allungai un braccio e provai a versare il
contenuto della busta con il risultato che l’olio cominciò
a scoppiettare e per
poco non mi rovinò un braccio.
Che
avessi messo troppo olio? Bah. Chi se ne frega.
Controllai
l’orologio. Era ormai l’una passata e i ragazzi
probabilmente stavano per
tornare.
Quando
ritenei che la pasta fosse cotta la riversai in una insalatiera bella
grande e
la coprii con la carta stagnola per non farla raffreddare.
Misi
a friggere i Sofficini che dopo qualche minuto e qualche lieve
scottatura
furono pronti.
Giusto
in tempo i ragazzi arrivarono.
-Meeeeeeeeeeeeel!
Il mare è bellissimo! Oggi pomeriggio ritorniamo e devi venire
anche tu!!-
esclamò Bill saltellandomi incontro seguito dagli altri tre che
camminavano
normalmente.
Bill
era a torso nudo e le spalle erano tutte rosse.
-Bill!-
Lo richiamai.- Ti sei scottato tutto! L’hai messa la protezione?
Gli
altri erano perfettamente sani.
Bill
abbassò lo sguardo come un bambino che è stato appena
rimproverato.
-Ma
se mettevo la crema non mi abbronzavo!- si lamentò.
-Beh
adesso sei tutto scottato, sei contento? Stanotte non potrai dormire! E
domani
abbiamo il concerto! Cristo Santo, Bill! Sei un danno ambulante!
-Hey!
Adesso non esagerare!- mi rimproverò lui mettendo il broncio.
-Fila
a lavarti le mani e siediti a mangiare va! E voi altri pure! Su su
veloci!
Mi
ubbidirono tutti tanto bellini e poi si sedettero a tavola.
Mangiammo
in tranquillità, commentando la stupidaggine di Bill il quale
ascoltava
imbronciato i nostri commenti ben poco carini.
Tom
parlò poco ma non si dimostrò arrabbiato o altro. Solo un
po’ triste.
Io
mi imposi di comportarmi ancora una volta come se nulla fosse e tutto
filò
liscio.
Dopo
mangiato ci mettemmo a giocare a carte, insegnai loro qualche gioco con
le
carte siciliane e loro mi insegnarono alcuni giochi che ancora non
conoscevo
con quelle francesi.
-Ecco
un altro buono motivo per odiare la Francia!- constatai mettendomi le mani
ai capelli non
riuscendo a capire uno dei giochi che tentavano di insegnarmi.
-Noi
amiamo la Francia…-
mi informò Gustav estatico.
-Oh
si…- continuò Tom con aria sognante – Le francesi!
-Concordo
con Tom…- convenne Georg dando una spallata giocosa al
chitarrista.
-I
grandi negozi! La moda! Gli stilisti!- ovviamente era stato Bill a
parlare,
alzandosi in piedi sulla sedia e gesticolando come un attore di teatro.
Lo
guardammo tutti così male che con espressione contrita e
rassegnata si
risedette tranquillo e composto al suo posto.
Continuammo
a giocare ma mi segnai il commento di Georg per poterglielo rinfacciare
una
volta soli.
Arrivato
il pomeriggio mi pregaronodi andare con
loro al mare e così mi convinsi e andai in camera mia a mettere
il costume.
Misi
il mio semplice bikini bianco e uno shorts.
Aprii
la porta della mia stanza per uscire e mi ritrovai faccia a faccia con
Tom.
No.
Non di nuovo.
-Hey…mi
hai spaventata!- dissi cercando di apparire il più calma
possibile.
-Eccoti…non
ti trovavo!
-Mi
stavo preparando…- mi giustificai tranquilla. –Gli altri?
-Sono
già andati…ci aspettano in spiaggia.- rispose- non volevo
che venissi sola e
così ti ho aspettata. Georg non mi sembrava tanto
contento…- terminò con una
smorfia.
-Che
intendi?
-Niente,
niente…senti Mayer per il discorso di stamattina, per ciò
che ti ho detto
l’altro giorno…fa finta di niente ok? Ti vedo che sei a
disagio e non mi va…-
sorrise sereno.- Non voglio rovinare il nostro rapporto…
-D’accordo…-
risposi e automaticamente un sorriso si dipinse sul mio volto. In quei
momenti
Tom riusciva a farmi tenerezza.
-Un
abbraccio?- mi chiese con aria da cucciolo bastonato.
Lo
strinsi forte stampandogli un bacio sulla guancia. Se questo era il
massimo
dell’affetto che potevo avere da lui, mi bastava.
Mi
scostai e lo guardai negli occhi.
-Andiamo
che se no gli altri si fanno strane idee?- chiese sorridendo sghembo
con una
nota di malizia.
-Certo!
Raggiungemmo
gli altri in spiaggia chiacchierando come non facevamo da giorni.
-Eccovi
finalmente! Pensavamo vi foste persi!- ci accolse Georg avvicinandosi.
-Tranquillo
amico!- lo rassicurò Tom con uno strano tono di sfida
sorpassandolo e
raggiungendo gli altri due.
-Che
è successo?- mi chiese Georg serio.
-Niente!
Che dovrebbe essere successo, Georg?
-Non
si sa mai quando si tratta di Tom…si sa che ha un debole per te
e…temevo…niente
lascia stare!- sforzandosi di sorridere Georg si allontanò.
“
Si sa che ha un debole per te…”
Sospirai.
Si. Aveva un debole per me nel senso che voleva avermi fra i suoi
trofei.
Ma
tanto avevo fatto pace con Tom quindi decisi di non pensarci.
E
poi il comportamento di Georg. Sembrava geloso. Eppure avevamo messo
bene in
chiaro che non stavamo insieme.
Rinunciai
a capire e mi avvicinai agli altri.
Mi
tolsi gli shorts e andai ad affiancare gli altri sulla battigia.
Il
mare era stupendo. Sembrava una piscina e il sole pomeridiano si
rispecchiava
sull’acqua creando un magnifico gioco di luci.
-E’
bellissimo!- commentò Gustav voltandosi verso di me.
Io
annuii e senza dire altro mi tuffai scomparendo sott’acqua con
eleganza.
Riemersi
poco lontano, più a largo e li vidi ancora titubanti saggiare la
temperatura
dell’acqua con le punte dei piedi.
Diabolica
come al solito escogitai uno dei miei piani malefici e mi immersi
nuovamente
sott’acqua. Quando con gli occhi socchiusi vidi che ero
abbastanza vicina a
loro, sfruttando l’effetto sorpresa emersi dall’acqua e li
schizzai tutti.
Cominciarono
a urlarmi contro insulti di tutti i tipi, mentre Tom era riuscito a
nascondersi
dietro Bill ed era quasi asciutto così uscii dall’acqua e
presi a rincorrerlo.
-No
no no no no- ripeteva ridendo e scappando da me per tutta la spiaggia.
Mi
buttai di sopra per afferrarlo e cademmo sulle pietre uno sopra
l’altro.
-Adesso
sei bagnato!- dissi trionfante sfiorandogli con il polpastrello bagnato
il
naso.
Rise
con la sua risata roca e profonda che tanto adoravo.
-Sai
che bagnata sei anche più bella?- mi chiese retorico guardandomi
con la testa
inclinata di lato.
-Tom!-
lo rimproverai dandogli una leggera botta sul capo.
-Non
posso fare nemmeno una considerazione adesso?!
Scossi
la testa rassegnata e mi alzai.
Lo
presi per mano e lo trascinai in acqua insieme agli altri che ormai
volenti o
nolenti si erano buttati.
Lo
calai sott’acqua e quando riemerse Bill gli si buttò
addosso e il rasta finì
nuovamente sott’acqua.
Riemerse
sputacchiando e tossendo ed io e Bill battemmo il cinque con aria
complice.
Gustav
e Georg si avvicinarono.
-Hey,
Bill! Hai dimenticato cosa ci ha fatto questa strega?- gli chiese Gustavguardandomi con aria malefica.
Bill
si voltò verso di me con lo stesso sguardo di Gustav e Georg.
-No
no no! Che intenzioni avete?!- chiesi spaventata senza però
riuscire a non
ridere –Sono ancora giovane! Ho tutta la vita davanti! Fatemi
arrivare almeno
ai diciotto anni!- pregai.
Tutto
inutile. Mi afferrarono e mi bloccarono.
-eins
-Noooo
-zwei
-Eddai
smettetela!
-e….
-N…
-drai!!
Mi
buttarono a largo con uno slancio disumano.
Rimasi
quasi nuda ma ebbi il tempo di sistemarmi i triangoli del costume prima
di
riemergere.
Ad
aspettarmi c’era Tom.
-Salve!-
mi disse e prima che potessi dire o fare nulla mi spinse
sott’acqua.
Riemergendo
con tutti i capelli davanti agli occhi urlai:
-Stasera
dormite tutti nella cuccia del cane!!!
Bene bene gente
ed eccoci al capitolo 9! Finalmento ho un po' di tempo per
le fanfiction...ed è un qualcosa di pazzasco data la mia vita
frenetica, ultimamente. Oltretutto al momento sto lavorando a due
fanfiction sui My chemical romance di cui una in
società con JuFrankestein.
Spero che questo
capitolo vi sia piaciuto ed adesso passiamo ai ringraziamenti che
ultimamente ho trascurato.
Black_DownTH:
oddio sai che potrei montarmi la testa?! Eheh vabbè a parte gli
scherzi. E già la storia è parecchio intricata e ti
assicuro che Georg, come avrai capito da questo capitolo, non è
tanto indifferente come appare. Ma io amo questi ragazzi che ci posso
fare?! Beh spero di non essere la causa dell'annientamento totale delle
tue unghie e che continuerai a leggere e farmi sapere che ne pensi. Baci
marty sweet princess:
Grazieeee! Sono davvero contenta che la storia ti piaccia e spero
continuerai a seguirla...anche se è incasinatissima!! Eheh alla
prossima! Baci.
billa483:
Gemiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!! Tesoro come stai? Per ora ci stiamo
sentendo poco lo so....e mi dispiace un sacco! Comunque sia lo sai che
per te ci sono sempre! Grazie per il capitolo xD e tranquilla non
scompaio del tutto...poi ricompaio! Tvb Baci.
Ladysimple: Grazie!! Mi
fa piacere che la storia ti piaccia e beh...Tom...leggi e lo
scoprirai!! Ti dico solo che sarà tutto un gran casino. xD Baci.
DarkViolet92:
Eeeh...tom non la lascia in pace perchè in fondo in fondo forse
non è una cosa superficiale come pensa la nostra
Mel...poverina...essere uno dei vertici di un triangolo amoroso
è una gran rottura, ma d'altronde stiamo parlando di Georg
Listing e Tom Kaulitz no? Spero mi farai sapere che ne pensi. Baci
Ringrazio anche chi ha recensito
il capitolo 7 dato che la scorsa volta non ne ho avuto la
possibilità. Perciò grazie a ElisaRoyalRock, MARINA
KAULITZ, angeli neri, Sognatrice e billa483 e tutti coloro che
hanno messo la storia tra i preferiti! Ciao a tutti! ;)
Tornati
a casa quella sera eravamo sfiniti. Ordinammo una pizza e, dopo averla
divorata, andammo tutti a dormire.
Georg
venne nella mia stanza verso mezzanotte.
Bussò
piano ed io gli aprii.
-Hey!-
lo accolsi sorridente.
-Fammi
entrare fammi entrare! Gustav russa!
Ridacchiai
e richiusi la porta alle nostre spalle.
Ci
sdraiammo sul letto uno accanto all’altra. Si sporse verso di me
e prese a
posarmi piccoli baci sulla spalla salendo piano sul collo e riscendendo.
Io
non reagivo e così lui si staccò.
-Beh?-
mi chiese.-che ti succede stasera? Non ti va?
-Sono
stanca…non ero più abituata al mare e sono completamente
sfinita.- mi
giustificai tirandomi su puntellandomi sui gomiti.
Sembrò
deluso.
-Ok..
borbottò tornando a sdraiarsi.
Avevo
paura di chiedergli ciò che mi tormentava da quel pomeriggio.
Avevo paura della
risposta, ma dovevo sapere.
-Georg?
-Mh?
-Oggi
a mare quando sono arrivata con Tom…mi sembravi…-feci una
pausa.-Geloso…
Lui
abbassò lo sguardo.
-Scusami…-
disse.- mi sono lasciato trasportare dalla situazione. E’
difficile rendersi
conto che noi due non stiamo insieme…cioè…è
come se stessimo insieme sotto
molti punti di vista no? Però abbiamo in comune accordo deciso
di evitare la
relazione seria…
-Infatti…per
questo non ho capito il tuo comportamento di oggi pomeriggio…
-Non
sono sicuro che la cosa mi vada più bene…- esalò
cercando il mio sguardo per
vedere la mia reazione.
Rimasi
spiazzata. O meglio, non sapevo che cosa dire. Era ciò che
temevo che dicesse.
I miei timori erano diventati realtà.
Aspettava
una mia risposta ed io non sapevo che cosa dire. Aprii la bocca una
decina di
volte senza che ne fuoriuscisse nessun suono e sistematicamente la
richiudevo.
Sembravo un pesce appena pescato che si trova fuori dall’acqua.
Lui
davanti al mio improvviso mutismo abbassò lo sguardo.
-Lascia
perdere…è meglio così…fa come se non ti
avessi detto niente…è solo un
momento….mi passerà…
Lo
guardai confusa.
-Credo
di essermi innamorato di te…
Mi
avvicinai un po’ di più e lo baciai.
-Ma
so che nella tua testa e nel tuo cuore c’è Tom…non
c’è posto per me…- abbassò
lo sguardo con aria triste.
Gli
alzai il viso e lo guardai negli occhi, seria.
-Ricordi
quando ti dissi che per me la nostra era più che una semplice
storia di sesso?
Lui
annui e una piccola luce di speranza si accese nei suoi occhi.
-Tu
mi rispondesti che non ti amavo perché amavo Tom ma…Georg
io non ho mai amato
davvero. Non so cosa voglia dire…provo per te e per Tom
sentimenti diversi ma
ugualmente forti e non riesco a capacitarmene…- dissi in tutta
sincerità
sperando che capisse.
Riabbassò
lo sguardo.
-Io
allora non sapevo di amarti…è una consapevolezza che si
è fatta strada pian
piano nel mio cuore. Ogni giorno non vedo l’ora che arrivi la
notte per poterla
passare con te, quando ti vedo sorridere mi sembra che il sole brilli
di più,
quando ti vedo ridere o scherzare con Tom mi sento geloso…Ma
finchè non avrai
fatto chiarezza nel tuo cuore è meglio se non ci vediamo
più così…
Fu
il mio turno di abbassare lo sguardo. Aveva ragione. Pienamente ragione.
Ero
sola. Georg se ne era andato da quasi un’ora ed io non riuscivo a
prendere
sonno.
“Credo di essermi innamorato
di te…”
Quelle
parole mi facevano paura. Mi ero impelagata in qualcosa che mi era
sfuggito di
mano.
Avevo
paura. Ma d’altronde Tom non mi amava. Perché sperarci
ancora?
“Tu non sei come le altre”
Le
parole di Tom mi vorticavano ancora nella mente come un uragano che
spazza via
ogni certezza, ogni convinzione a cui mi ero fino a quel momento
aggrappata.
Tutto
si stava complicando all’inverosimile. Se fosse stato un film
sarebbe stato una
romantica e problematica storia d’amore ma era la mia vita! E non
c’era nessuna
storia d’amore! C’era solo un triangolo fatto di sentimenti
non corrisposti, di
biglietti di sola andata senza speranza di ritorno.
Proposito
per il futuro.
Uccidere
iregisti di quelle storie romantiche e
strappalacrime con le quali le mie amiche mi avevano riempito la testa
per
anni.
Tutte
balle! La grandezza dei sentimenti….l’amore che vince su
ogni altra cosa….ma
siamo pazzi?! Ed io che ci credevo…
L’amore
è una gran fregatura.
L’amore
è il funerale dei cuori.
Love’s the funeral of heart
And an ode for cruelty
When angels cry blood
On flowers of evil in bloom
The funeral of hearts
And a plea for mercy
When love is a gun
Separating me from you
Cominciai
a canticchiare quella canzone. Sempre canticchiando malinconicamente
estrassi
la mia chitarra dalla custodia e mi sedetti a gambe incrociate sul
letto.
Non
attaccai l’amplificatore. Non volevo che nessuno la sentisse.
Cominciai
a suonare quella melodia, cantandoci sopra quelle splendide e veritiere
parole.
L’amore
è il funerale dei cuori, niente di più vero.
Il
concerto arrivò fin troppo velocemente. La mattina avemmo il
sound-check che
andò discretamente.
La
sera eravamo tesissimi. C’era molta tensione nell’aria.
Georg cercava di
comportarsi normalmente ma non gli riusciva per niente bene.
Era
teso e intrattabile. Si vedeva che qualcosa non andava e sapere che
quel
qualcosa che non andava ero io, mi faceva star male e non riuscivo a
concentrarmi. Avrei voluto andare da lui, baciarlo, dirgli che
l’amavo, ma che
amassi anche Tom, per quanto diverso fosse l’amore che provavo,
era un dato di
fatto e Georg lo sapeva.
Stavamo
tutti zitti.
Quando
il manager entrò e ci trovò in quelle condizioni dovette
pensare che ci
avessero rapito gli alieni e che avessero fatto uno scambio di cervelli
o roba
simile.
-Ragazzuoli
che vi prende?
Gli
schioccammo una tale occhiataccia che alzò le mani in segno di
resa per poi girare
sui tacchi ed avviarsi verso la porta.
-3
minuti…- ci avvertì prima di scomparire.
Presi
la mia borsa e andai al bagno. Non riuscivo a reggere quella tensione.
Avevo
portato con me una bottiglia di vino che avevo trovato in casa, in
previsione
di una situazione del genere. Bere mi avrebbe rilassato e distratto e
il
concerto sarebbe andato meglio.
Bevvi
un sorso cacciando la testa all’indietro.
Sentivo
in testa Tom che mi rimproverava.
“Non
si beve prima di un concerto”
Sorrisi.
Faceva
tanto il serio e poi lui era il primo che si scolava tutto lo scolabile
che
aveva a portata di mano quando era agitato.
Piccola
differenza. Lui reggeva l’alcool, io no.
-Mel?-
mi chiamò Gustav da dietro la porta.- Muoviti è
l’ora!
-Arrivo!-
urlai da dietro la porta e bevvi tutto il contenuto della bottiglia in
una
volta.
Uscii
dal bagno ricacciando la bottiglia vuota nella borsa.
Barcollai
fino al divano ma fortunatamente gli altri non si accorsero della mia
instabilità.
Gettai
la borsa in un angolo e seguii gli altri sul palco.
Solita
routine.
Tom.
Io.
16
tempi.
Georg.
Gustav.
E
Bill.
Ready,
set, go!
La
testa mi girava ma ormai le mani si muovevano automaticamente sulle
corde.
Strizzai
gli occhi. La vista si era appannata e vedevo tutto sfocato.
Barcollai
in avanti senza però perdere il ritmo della canzone e il
pubblicò esultò,
pensando che l’avessi fatto apposta.
Tom
mi si avvicinò senza smettere di suonare.
-Che
ti succede, Mayer?!- mi chiese sottovoce passandomi accanto e
mettendosi a
suonare contro la mia schiena per spacciare quella stranezza per un
gesto
premeditato.
-Tutto…bene…credo…-
farfugliai continuando a suonare.
Sentii
il suo sguardo preoccupato puntato addosso e stonai una nota.
“E’
il rock!”- diceva il management ma si voltarono tutti verso di
me, compreso
Bill che mi scoccò un’occhiata interrogativa.
Chiusi
gli occhi in un gesto disperato e ripresi a suonare per bene.
Il
concerto durò un’ora e mezza nella quale stonai altre tre
volte.
Niente
di eclatante, ma chi si intendeva di musica tra il pubblico
l’aveva sicuramente
notato.
Scesi
dal palco salutando il pubblico con un timido gesto della mano e una
volta
arrivata nella sala wellness sotto gli sguardi apprensivi dei miei
compagni,
gettai la chitarra sul divano e mi ci buttai di peso prendendo a
massaggiarmi
nervosamente le tempie. La nausea mi tormentava da mezz’ora. La
testa mi doleva
in maniera fastidiosissima e avrei dato qualsiasi cosa per scomparire
in quel
momento.
-Si
può sapere che ti succede?!- mi chiese Georg sull’orlo di
un crollo di nervi.-
Hai combinato un disastro!- sembrava infuriato e aveva tutte le ragioni
di
questo mondo per esserlo.
-Smettila
Georg, non vedi che sta male?!- lo rimproverò Tom avvicinandosi
e sedendosi
accanto a me.
-Tu
stai zitto e fatti i cazzi tuoi!- berciò l’altro.
Tom
si rialzò con lo sguardo infuocato.
-Vuoi
litigare?
Georg
sorrise maligno.
-Sono
qui…-allargò le braccia in segno di sfida.-sono sempre
pronto per una rissa…
Tom
si avvicinò con aria minacciosa al bassista ma Bill lo
bloccò.
-Tom,
calma lascialo stare, è solo nervoso! Sai com’è
Georg…
-Un
corno, Bill! Deve imparare ad abbassare la cresta!
-E
scommetto che dovresti insegnarmelo tu, eh?- lo sfidò ancora
Georg
avvicinandosi a sua volta.
Fuil turno di Gustav bloccare l’altro.
-Georg!
Si può sapere che ti prende?!
Il
bassista grugnì voltandosi verso il batterista.
-Mollami!
Il
tono delle loro voci era troppo alto e la testa stava per scoppiarmi.
Corsi
verso il bagno e tutti e quattro si voltarono verso di me.
Mi
inginocchiai davanti al water e cominciai a rimettere. Sembravo decisa
a
vomitare anche l’anima. Buttandomi per terra avevo sbattuto
violentemente il
polso che ora mi faceva un male cane.
Bill
mi si inginocchiò accanto e mi tenne la fronte, sorreggendomi.
Avrei
voluto ringraziarlo ma appena aprii la bocca un’altra ondata
dall’indefinibile
colore mi riempì la bocca.
Finiti
i conati mi alzai sorretta da Bill.
-Come
ti senti?- mi chiese preoccupato.
Sentivo
lo sguardo astioso di Georg puntato addosso. Mi odiava per non amarmi,
questa
la mia interpretazione del suo comportamento.
-Sto..b-be…-non
potei completare la frase che tutto si fece scuro e caddi a peso morto
fra le
braccia del vocalist.
Alloooooora
gente ce l'ho fatta!! E per i miei standard ho aggiornato anche
abbastanza alla svelta! (Immaginarsi quando ritardo xD) Beh che ve ne
pare? Mel è una calamita per i guai...U__U ma non mi perdo in
contorti e superflui commenti sul mio stesso capitolo perchè
rischierei solo di confondervi le idee più di quanto abbia
già fatto xD
Black_DownTH
: *_____* ma io adoooooro le tue recensioni!! E mi sa tanto che
neuroni sani non te ne posso prestare perchè io ne
avrò al massimo uno che per giunta qualche tempo fa si è
messo a giocare a nascondino e s'è nascosto così bene che
non l'ho ancora trovato...se chiamassi chi l'ha visto?!
Bah...coooomunque...beh io sono convinta che Georg sia un gran
baciatore U__U Dai che ho sclerato abbastanza anche io ma sono pazza
pensavo si fosse capito! Grazie per le cose fantastiche che mi dici sul
serio...^___^ alla prossima!
marty sweet
princess: eh lo so il greco e il latino distruggono ti capisco ;____;
Comunque grazie per avermi aggiunta ai preferiti e sono felice
che segui la mia storia...beh se Tom lo scopre che domande xD Leggi
leggi e scoprirai muahahahahah grazie ancora alla prossima!
Ladysimple: Le piace le
piace e manco tanto in fondo!! Si è un gran casino in
effetti...ma io amo le cose complicate!! ^___^ che dici di questo
capitolo?? Fammi sapere, alla prossima!!
DarkViolet93: sono
contenta che ti sia piaciuto lo scorso capitolo!!!! E di questo che
dici? ahahah quando cucinava era proprio come me. Sono una
frana...immagina quando tocca a me cucinare a casa! Mio fratello fugge
xD Eh si è incasinata anche a sentimenti la nostra Melanie...ma
farà luce nel suo cuore, questo è certo! Alla prossima ^^
Quando
ripresi conoscenza non riuscii subito ad aprire gli occhi.
Dopo
alcuni tentativi andati a vuoto vi rinunciai.
Sentivo
le macchine passare in lontananza rombando.
A
giudicare dall’aria dovevo trovarmi in un
luogo chiuso.
Sentivo
qualcuno respirare accanto a me.
Strizzai
ancora una volta gli occhi e sentii la persona accanto a me rizzarsi a
sedere.
Aprii
a fatica gli occhi e ci misi un po’ a realizzare: ero sdraiata su
un letto, più
precisamente sul letto di Tom, nella stanza che gli avevo assegnato.
Fuori
dalla finestra regnava l’oscurità ed intuii che doveva
essere notte.
Mi
voltai ed incontrai lo sguardo del chitarrista che, seduto sul letto a
gambe
incrociate, mi fissava ansioso ma sorridente
-Ehy!-
disse vedendo che stavo riprendendo coscienza.- Salve! Mi hai fatto
davvero
preoccupare!
Sbattei
le palpebre. Il cuore martellava nelle tempie rischiando di farmi
impazzire.
-Sono…svenuta?-
chiesi titubante.
Cavolo!
Non pensavo di reagire in quella maniera a una misera bottiglia di vino!
-Già…
-Non….non
so come sia potuto accadere, io…
-Oh
si che lo sai…- il suo sguardo si era fatto serio. Si
piegò oltre il letto e
ripescò da terra la mia borsa.
No!
Mi irrigidii.
Come
temevo estrasse la bottiglia verde e me la sventolò davanti.
-Che
vuol dire?- chiese duro.
Non
risposi ed abbassai lo sguardo.
-Non
ti avevo già detto di non bere mai prima di un concerto?!- era
arrabbiato.
Sbuffai
tirandomi leggermente su ma ricadendo pesantemente dopo qualche istante
a causa
di una vertigine.
-Me
lo dici come se fossi un’alcolizzata…- mi lamentai.
Lui
scosse la testa.
Abbassai
lo sguardo con aria colpevole. Aveva ragione. Ed aveva ragione anche
Georg. Ero
stata una stupida. Avevo rovinato un concerto.
-Scusa…per
il concerto…- sussurrai piena di vergogna.
-Non
me ne frega proprio niente del concerto, scema! Mi preoccupo delle tue
condizioni! Perché hai bevuto tutto quel vino? Sai che non reggi
l’alcool!
E
ora che mi inventavo.
-Ero…preoccupata
per il concerto.- parziale verità.
Non
mi chiese altro. Non ero un granchè come bugiarda e lui nonessendo stupido capì che c’era
dell’altro ma
che non ne volevo parlare.
Mossi
il polso per sistemarmi meglio sul materasso e una fitta di dolore mi
fece
sussultare.
Dimenticavo
il polso! L’avevo sbattuto ed ora mi faceva male…
-Cos’hai?-
mi chiese Tom avvicinandosi vedendo il mio viso contorcersi in una
smorfia di
dolore.
-Il
polso…- spiegai- l’ho sbattuto per terra…prima.
-Aspetta
vado a prendere un polsino nella mia valigia…- disse dopo
avermelo tastato
accertandosi che non fosse rotto.
Si
alzò e si chinò sulla sua valigia.
Mi
tirai su a sedere. Le vertigini erano diminuite e riuscii a restare su.
Tom
si risedette sul letto accanto a me, una gamba posata per lungo e una
piegata
sotto il sedere.
-Dammi
il polso…
Allungai
la mano verso di lui che la prese fra le sue.
Sentii
un brivido percorrermi tutta la schiena e le vertigini tornare alla
carica. Ma
non erano vertigini come quelle di prima, erano diverse, in un certo
senso più
piacevoli.
Fece
scorrere il polsino oltre la mia mano e lo sistemò adagio al mio
polso,
massaggiando piano. Quando era concentrato era ancora più bello.
I rasta
ricadevano selvaggi sulle spalle e, me ne accorsi solo allora, era a
torso
nudo, indossando solo i suoi larghi jeans. Anche i piedi erano nudi,
seminascosti dai jeans. Alzò lo sguardo ed incontrò i
miei occhi fissi su di
lui ed automaticamente presi a guardare il materasso arrossendo
violentemente.
Perché
mi faceva questo effetto? Stupida stupida stupida stupida! Ecco quello
che ero.
La
mano che mi stava massaggiando il polso scese ad accarezzare la mia,
percorrendone con i polpastrelli il palmo.
Di
nuovo brividi. Di nuovo quella strana sensazione. Non sapevo se fosse o
no
consapevole della tempesta di emozioni che scatenava in me con quei
semplici
gesti, ma non mi importava.
Smise
di accarezzare la mia mano e la strinse nella sua, teneramente. Non
accennavo
ad alzare il capo che avevo bloccato rigidamente verso il basso,
intenta a
fissare il materasso e così, con la mano libera mi alzò
il volto.
I
miei occhi furono gli ultimi ad alzarsi, ma quando lo fecero, per poco
non
svenni.
Le
labbra di Tom erano vicine. Troppo vicine. Quei due oceani color
nocciola mi
fissavano troppo intensamente incatenando il mio sguardo.
Sentii
il cuore battere forte e mi toccai il petto, temendo che potesse
balzare fuori
da un momento all’altro. La sua mano raggiunse la mia posata sul
mio petto e le
nostre dita si intrecciarono.
Sentii
le sue labbra sulle mie. Uno dei suoi rasta mi solleticò il viso
ed io sorrisi
sulle sue labbra, scostandolo.
Anche
lui sorrisee poi riprese a baciarmi,
approfondendo il contatto dapprima superficiale.
Prima
mi mordicchiava le labbra e poi cercava con la sua lingua la mia,
intrecciandoleavidamente.
Si
staccò ed io mi accorsi che stavo respirando affannosamente.
Mi
sorrise rassicurante ed io annuii. Non so perché,
fondamentalmente.
Inconsciamente forse gli stavo concedendo un permesso che non aveva
chiesto.
Scese
a baciarmi il collo, sfiorandone ogni centimetro e quando fu
soddisfatto passò
alle spalle.
Io
non ero più capace di intendere e di volere, ero del tutto in
balia delle sue
labbra, dei suoi tocchi esperti così diversi da quelli di Georg.
Non che Georg
non ci sapesse fare, ma non provavo quelle sensazioni così
strane e avvolgenti
quando ero con lui. Non amavo Georg, infatti. Amavo Tom.
Lui
non mi amava, ne ero consapevole, ma quella notte, chissà
perché, il pensiero
di essere una delle tante non mi sembrò tanto terribile.
Risalì
a baciarmi le labbra e con le mani prese ad armeggiare con la mia
maglietta
cercando di tirarla via e ci riuscì.
Cominciò
a baciarmi in ogni centimetro ed io gli carezzavo i capelli.
Rialzò
il viso all’altezza del mio ed io lo baciai. Era questo
l’amore. Avrei voluto
dirgli che lo amavo, urlarglielo, ma temetti di sembrare ridicole e
tacqui,
limitandomi a sorridere dolcemente contro le sue labbra e allontanarmi
leggermente, per dispetto, per poi riavvicinarmi e riprendere a
baciarlo.
Quel
giochetto sembrava piacergli, visto il suo sorriso sghembo e malizioso.
Sospirai.
Era
Tom.Era il ragazzo che amavo. Ero la
ragione per cui andavo avanti ogni giorno. Aveva gli occhi che
governavano e
vegliavano i miei sogni. Aveva le labbra che desideravo in ogni istante.
Mi
svegliai che il sole era ancora solo una timida presenza rosata che
faceva
capolino all’orizzonte.
Tom
era dietro di me, addormentato. Il capo poggiato nell’incavo del
mio collo e un
braccio posato attorno alla mia vita.
Mi
tratteneva, quasi temesse che scappassi via da un momento
all’altro.
Ma non
l’avrei fatto….dove sarei dovuta scappare?
Mi
sottrassi alla sua stretta e lui borbottò qualcosa nel sonno.
-Mel…-
mormorò più distintamente qualche istante dopo.
Aveva
detto il mio nome! Mi rese felice in una maniera stupida e forse anche
infantile.
Mi
voltai verso di lui con la testa poggiata su un braccio e rimisi il
suo, di
braccio, sul mio fianco, come poco prima.
Non
potevo non sorridere guardando quel viso così angelico.
Risi
piano al solo pensiero che Tom potesse definirsi angelico. Era
l’esatto opposto
della purezza ma per me era comunque un angelo. Il mio angelo.
Gli
carezzai delicatamente il viso, percorrendone i contorni con i
polpastrelli
freddi.
Era
così caldo.
Le
sue palpebre tremarono impercettibilmente ma non ritrassi la mano.
Pian
piano riaprì gli occhi e non appena mi vide e sentì le
mie dita carezzargli il
volto, mi sorrise, prendendo la mia mano nella sua.
-Buon
giorno, ubriacona…- mi salutò sorridendo sghembo.
Gli
diedi una buffetto giocoso sul naso con la mano con la quale lo stavo
accarezzando.
-Buon
giorno, Sex gott…
Avevo
avuto la prova che lo era davvero.
Avvicinò
il viso al mio e mi posò un leggero e casto bacio sulle labbra.
Io
mi accucciai al suo petto, cingendogli la vita con le braccia.
-E’
stato stupendo…- disse teneramente guardandomi.
Annuii
sorridendo. –Lo è stato…
Mi
accarezzò la schiena nuda e non disse nulla per un po’.
Mi
beavo di quella tranquillità, di quell’equilibrio, e
niente al mondo, in quel
momento, mi importava.
-Mel?
Mi
aveva chiamata per nome…beh ci mancava pure che dopo avermi
portata a letto mi
chiamava ancora Mayer!
-Mh?
-Ti
amo…
Quelle
parole furono come un fulmine. Il mio cuore perse un battito.
-C-cosa?-
chiesi temendo di aver sentito male.
-Ti
- amo…- scandì sorridendo davanti alla mia espressione
sorpresa.
Non
potevo credere alle mie orecchie.
Rotolai
su di lui, tenendomi sulle braccia, con le mani posate ai lati della
sua testa,
sul cuscino.
Lo
guardai negli occhi. Era sincero. Lo baciai con trasporto chinandomi su
di lui.
-Non
avrei mai creduto che l’avresti detto…- dissi sinceramente
appoggiando la testa
al suo petto e lasciandomi ricadere su di lui disegnando con le dita i
contorni
dei suoi addominali appena accennati ma evidenti.
Il
suo petto fu scosso da uno sbuffo che interpretai come un accenno di
risata.
-Sei
sicuro….di quello che mi hai detto, Tom? Non devi dirlo solo
perché siamo stati
insieme, cioè…alle altre non l’hai mai detto a
quanto so…
Mi
diede un tenero pugno sulla testa.
-Quante
volte devo dirti che NON sei come le altre, tu!?- disse con una nota di
finta
irritazione nella voce.
Sorrisi.
Speravo tanto che fosse vero. Lo speravo con tutto il mio cuore.
-E
tu? Mi ami?
Me
lo aveva chiesto con tono speranzoso, quasi tormentato.
-Hai
qualche dubbio?- chiesi retorica baciandogli il petto.
-Non
me l’hai mai detto…come faccio a saperlo?
Aveva
ragione. L’avevo anche sempre respinto. Come facevaa capire i miei sentimenti?
-Ti
amo…- dissi allora.- te lo sto dicendo adesso…
Mi
alzò il viso versodi se e mi
baciò
ancora e ancora e ancora.
Ad
un tratto si fermò e mi guardò con aria smarrita.
-Adesso…posso
sapere perché quando ti ho confessato i miei sentimenti ti sei
messa a piangere
se dici di amarmi?- mi chiese curioso.
-Proprio
perché ti amo…
Rimase
interdetto riflettendo su quelle parole.
-Sai
che non ha senso vero?- mi chiese non trovando alcuna spiegazione
logica alle
mie parole.
-Ne ha
invece!- lo contraddissi puntellandomi sui gomiti per tirarmi un
po’ su.
-Da
come l’hai detta, quella volta, ho pensato che ti sentissi
attratto
fisicamente da me come da tutte le altre ragazze con cui sei stato. Il
pensiero
che il mio amore era ricambiato solo dal desiderio mi faceva star male.
-Ma scusa…credevi davvero che se non
fossi stato INNAMORATO di te ti
avrei detto quelle cose rischiando di rovinare la band?
Ci riflettei. Che stupida che ero stata.Ed ora avevo coinvolto anche Georg in questa
storia. Tutto a causa di un banale malinteso.
Tom si alzò rimettendosi i boxer.
-Vado a fare una doccia, vuoi venire?
Sono di volata, grazie a coloro
che hanno recensito, messo la storia tra i preferiti o anche solo
semplicemente letto!
Che ve n'è parso di questo
capitolo interamente Tom/Mel?!
Quel giorno
gli altri si svegliarono tardi ed io e Tom potemmo restare
da soli,seduti in giardino, a
scambiarci tenerezze. Non credevo che Tom potesse essere così
dolce e glielo
dissi.
-Nemmeno io credevo che lo sarei mai
stato…ma ha
ragione chi dice che l’amore rincitrullisce!
Ridacchiai.
-Sei felice di esserti rincitrullito allora?
Mi strinse a se, liberando il mio posto sulla
panchina.
-Mai stato così felice…mai
stato così…non so
descrivere come mi sento, è una sensazione talmente strana e
nuove per me
che…non so descriverla…
-Anch’io sono felice…
Ma la mia felicità non sarebbe durata
ancora a
lungo.
Qualcuno si schiarì la voce,
avvicinandosi.
Georg!
-Interrompo
qualcosa?- chiese acido.
-Come
sempre, Moritz!- rispose sorridente Tom avvicinandosi al compagno.
Gli
porse la mano.
-Scusa
per ieri….abbiamo esagerato entrambi…
Georg
la strinse ma non disse nulla.
Mi scoccò
un’occhiata triste, malinconica. Non ci aveva visti fare nulla di
compromettente, ma evidentemente aveva capito tutto.
-Gustav?
Di solito è in piedi all’alba, come mai stamattina fa il
ghiro?- chiese Tom
pensieroso sprizzando felicità da tutti i pori.
-Ieri
sera abbiamo giocato a carte fino a tardi…- spiegò senza
lasciar trapelare
alcuna emozione il bassista.
Mi
sentii in colpa. Non sono una che gioca con i sentimenti dei ragazzi,
ma avevo
ferito Georg. Il mio stomaco si contorse sotto la dura morsa del senso
di colpa
e abbassai lo sguardo.
-Vado
a svegliarlo…- annunciò Georg per poi rientrare.
Tom
mi si avvicinò e mi prese il mento tra le dita.
-Hey…che
ti succede?
-Nulla…è
tutto apposto…- mi sforzai di sorridere.
Tom
non insistette.
Era
fatto così. Non voleva che la gente invadesse la sua privacy e
non invadeva
quella degli altri.
-Piccola,
nel pomeriggio ho un’intervista con Bill per un giornale locale.
Dobbiamo
incontrarci con il giornalista in una città qui vicino e quindi
dobbiamo
partire tra poco, tempo che Bill si alza e chiamiamo Saki per venirci a
prendere…- mi spiegò.
-Ok…ma
come mai solo voi due?
-Bah…non
me lo chiedere…sempre a noi toccano le grane…ehy!- mi
richiamò quando mi vide
gongolare. Sapeva che odiavo le interviste. -Non cantare vittoria che
dopodomani ne hai una qui con il direttore di un giornale importante.
Da sola!
Mi
imbronciai.
-Ma
non vale!- mi lamentai.
-Oh
si che vale!- rise lui dandomi un buffetto sulla guancia.
-Ma
io non voglio!- protestai come una bambina piccola.
-Su,
tesoro…-avvicinò le sue labbra alle mie provocandomi e
poi allontanandosi per
poi riavvicinarsi e baciarmi.-Fa’ la brava…
-Ci
proverò…- dissi degludendo rumorosamente. Sapeva che con
quei giochetti mi
mandava in tilt! Che schifoso approfittatore delle altrui debolezze!
In
quel momento arrivò Bill. Per fortuna c’eravamo già
allontanati l’uno
dall’altra.
-‘Giorno
Bill!- esclamai vedendolo arrivare per poi saltargli al collo. Volevo
punire
Tom. Diabolica!
-Vedo
che ti sei ripresa!- commentò allegramente il moro.
Era
già bello e sistemato.
-Da
quanto sei sveglio, fratellino?- chiese dubbioso Tom vedendolo tutto
agghindato.
-Da
2 ore…-ammise il moro grattandosi la nuca.
Tom
scosse la testa.
-E
scendi solo adesso! Guarda Bill che se arriviamo tardi
all’intervista sarà solo
colpa tua!
-Ehy
ehy, calmino!-si difese Bill sventolando e mani davanti a sé.
Dopo
nemmeno mezz’ora arrivò Saki e i gemelli andarono via; Tom
mi salutò
normalmente, in presenza degli altri, ma mi fece l’occhiolino.
Rimasti
in casa solo Gustav, che avevamo intanto scoperto essere uscito di buon
mattino
senza dire niente a nessuno per andare a correre, Georg ed io, mi
rilassai.
Ma
la calma, si sa, dura poco.
-Ragazzi
vado a fare un giro, ho visto un posto dove noleggiano bici in centro e
ne
approfitto per visitare la città…- annunciò Gustav
dopo pranzo alzandosi da
tavola.
Pochi
minuti dopo uscì di casa lasciando me e Georg da soli. Pessima,
pessima,
davvero pessima cosa.
-Vado
a riposarmi…-avvertii Georg salendo al
piano di sopra. Nonostante fossi già a mezza scala potei
sentirlo sussurrare
uno svogliato ok.
Mi
buttai sul letto.
Troppe
emozioni una volta.
Tom
mi amava! Quel pensiero volteggiava sereno nella mia mente.
Fantasticavo sul
nostro futuro, ci vedevo insieme, per mano, su un palco a suonare
ancora a
ottant’anni. Insieme. Per sempre.
Improvvisamente
l’immagine di un Georg triste e sofferente, sconfitto e deluso,
mi si stagliò
nella mente.
Perché
in amore c’era sempre qualcuno che doveva soffrire?
Strinsi
le ginocchia al petto abbracciandole.
Non
volevo che Georg soffrisse per me. Gli volevo bene.
Ero
stata egoista, maledettamente egoista.
Con
quel pensiero malinconico mi addormentai.
Mi
svegliai quando sentii bussare alla porta. Non mi alzai, non ne avevo
voglia.
-Avanti!
Georg
entrò nella stanza con stampata in volto ancora
quell’espressione ferita.
Si
sedette sul letto, ai miei piedi e restammo a fissarci a lungo, senza
sapere
cosa dire.
-Stai
con Tom?- chiese infine con gli occhi lucidi, velati da lacrime che il
suo
orgoglio maschile ricacciava determinatamente indietro.
-Si…-
dissi solo quella semplice parola.
-Lo
sapevo…lo ami?
Annuii.
Abbassò
il capo. Sconfitto.
-Non
ho speranze vero?
Non
risposi, incapace di dire anche solo la verità. No, non ne aveva.
Una
lacrima gli rigò il bel voltò cadendo giù da uno
di quei due splendidi
smeraldi.
Lo
abbracciai. Non riuscii a controllarmi e gli scoppiai a piangere
addosso,
ancora stringendolo.
-Non
credevo che saremmo arrivati a questo punto…- piansi amaramente
stringendo la
sua maglietta tra le dita.
Lui
non singhiozzava, non sussultava per il pianto. Soltanto lacrime
silenziose gli
solcavano il volto,poggiato sulla mia spalla.
-Ti
prego, fingi di amarmi, solo per qualche ora e poi ti lascerò
libera, accetterò
la tua storia con Tom, mi farò da parte. Ma ti prego. Amami.
Facciamo l’amore.
Per l’ultima volta. E mi farò da parte.
Spalancai
gli occhi.
Avevo
paura della mia decisione. Mi stava supplicando. Era per l’ultima
volta. Mi
chiedeva solo questa piccola bugia, questa piccola farsa. E sarebbe
tornato
tutto come prima. O quasi.
-Non
posso…-singhiozzai scostandomi da lui.
-Un
bacio…almeno…-mi supplicò.
Posai
le mie labbra sulle sue prendendogli il viso tra le mani.
Lui
approfondì il contatto. Le lacrime di entrambi andavano ad
intromettersi fra le
nostre labbra unite, prepotentemente, per ricordarci il nostro errore.
Il mio
errore.
Lo
baciai con trasporto, con passione, lasciandomi andare. Era solo un
bacio
d’altronde. L’ultimo bacio.
Sentii
un rumore e mi voltai verso la porta staccandomi da Georg.
Tom
stava ritto sulla soglia. Il viso contorto in una smorfia di rabbia e
orrore.
Mi
mancò un battito. Ma stavolta per la paura.
Ci
aveva visti.
I
miei occhi si fecero di nuovo lucidi.
-Ero
solo passato a dirti che siamo tornati prima e che Bill è fuori
con Gustav.-
disse acido per poi girare sui tacchi e dirigersi verso la sua stanza
dal lato
opposto.
-TOM!-
urlai con quanto fiato avevo in gola.
Mi
alzi e gli corsi dietro.
Lo
abbracciai alle spalle stringendolo forte.
-Lascia
che ti spieghi.
Lui
mi allontanò malamente guardandomi con rancore.
-COSA
C’E’ DA SPIEGARE? MI VUOI DIRE COSA CAZZO C’E’
DA SPIEGARE? E TU ERI QUELLA CHE
MI “AMAVA”! NON SO COME HO POTUTO INNAMORARMI DI UNA COME
TE!- rise
istericamente.-Ed ero io quello che non sapeva amare vero? Se per te
amare vuol
dire questo…beh allora stiamo freschi.
E’
paradossale quanto l’amore, quello che tutti innalzano come il
valore più
grande, come la GIOIA
più grande, possa ferire e distruggere in questo modo…Non
l’avrei mai creduto…
Rimasi
immobile, fulminata dall’odio e dall’amarezza sprigionati
da quelle parole.
Si
rinchiuse in camera senza dire altro. Senza volgere più lo
sguardo verso di me.
Caddi
sulle ginocchia e piansi tutto il mio dolore. Georg si chinò
accanto a me.
-E’
tutta colpa mia…scusami…- si scusò sinceramente
dispiaciuto.- Avrei dovuto
mettere da parte i miei sentimenti sin da subito…ti ho solo
creato problemi…
-Smettila!-
sbottai.-E’ solo colpa mia…- singhiozzai più
forte.-Solo…-non riuscivo quasi
più a parlare a causa dei singhiozzi- …colpa…-
sentivo il cuore trafitto da
mille pugnali.-…MIA..!
BUM!! Oh yes!! E
qui casca l'asino! Bel macello no? Mi odio per i casini che combino ma
non riesco a farne a meno! Muahahahah bene bene gente, volevo
ringraziare Ladysimple, marty sweet princess, angeli
neri e DarkViolet92 per le recensioni...vi adoro!! E
anche tutti coloro che hanno messo la storia tra i preferiti o anche
solo la seguono.
Scappo bella
gente che il latino e il greco mi chiamano! Al prossimo capitolo
(ovvero il penultimo U.U)
Tornai
nella mia stanza e mi raggomitolai sul letto.
Restai
così per un tempo che non riuscii a calcolare. Vidi solo dalla
finestra il
cielo diventare nero, la notte calare e poi di nuovo il sole sorgere,
salendo
ad illuminare il cielo.
Poco
a poco la luce si oscurò e nuvoloni neri salirono a coprire il
sole. La pioggia
picchiettava sui vetri. Il cielo piangeva con me.
A quella
idea cercai di sorridere, ma non ci riuscii per quanto ci provassi. Le
lacrime
sembravano non finire mai. Mi ero sempre chiesta se le lacrime
potessero
finire, ma ora avevo la prova che le lacrime sono proporzionali al
dolore che
si prova. Finiscono quando si attenua il dolore.
Ma
allora avrei pianto per sempre?
Quella
maledetta immagine di Tom che mi fissava con odio puro, di Tom che
soffriva, mi
rimbalzava nella testa inesorabile, crudele.
Io
amavo Tom! Perché doveva finire così?! Perché?!
Perché avevo baciato Georg!?
Avrei dovuto negargli anche quell’ultimo bacio! Stavo con Tom!
Amavo Tom cazzo!
Avevo rovinato tutto! Tutto!
Mi
raggomitolai ancora di più su me stessa in posizione fetale.
Sentii dei passi
oltre la porta e tesi le orecchie in ascolto.
-Tom…Mel
non accenna ad uscire e ha chiuso a chiave la porta e non sembra
sentirci se la
chiamiamo…
Era
Bill.
Mi
avevano chiamata? Non me ne ero nemmeno accorta. Quanto tempo era
passato di
preciso?
-Non…non
mi interessa…- era stato Tom a parlare e un singhiozzo un
po’ più forte mi
scosse sentendo la sua voce. Quella voce che tanto amavo.
-Non
è vero che non ti importa, Tom! Lo sai meglio di me! Non fare
l’idiota!
-La
consola Georg…tanto è uguale per lei…
Quelle
parole mi ferirono conficcandosi nella mia mente come coltelli affilati.
Non
poteva pensarlo. Non DOVEVA pensarlo!
-Anche
questo non è vero e tu lo sai…lei ti ama…
-Bel
modo di dimostrarmelo…- una risata amara fuoriuscì da
quella bocca tanto
perfetta e che tanto desideravo.
-Ho
parlato con Georg…-cercò di spiegare Bill.-E mi ha
spiegato tutto, loro…
-NON
ME NE FREGA PROPRIO NIENTE DELLE PORCHERIE CHE FACEVANO LORO ALLE MIE
SPALLE!-
sembrava sull’orlo delle lacrime. La voce gli tremava ed io sarei
voluta
uscire, avrei voluto abbracciarlo forte, baciarlo espiegargli come stavano realmente le cose. Ma
sapevo che non mi avrebbe ascoltato. Non ascoltava nemmeno suo fratello
quindi
perché, in questo momento, avrebbe dovuto ascoltare me?
-Rovinerai
la band così, Tom!Non lo capisci?-sbraitò Bill dando un
pugno al muro.-Merda!
Non
avevo pensato alla band. Singhiozzai ancora più forte. Avevo
sfasciato la LORO
band. Sapevo che era un
errore. Lo era stato fin dall’inizio.
-Lasciami
in pace Bill…
Sentii
dei passi e una porta che sbatteva.
Un
sospiro. Doveva essere Bill. Si, doveva essere lui.
Rimase
per non so quanto davanti alla mia porta. Lo sentii sedersi con la
schiena
contro il legno.
Non
volevo parlargli. Volevo solo Tom.
Non
poteva credere che amassi Georg o peggio ancora che gli avessi mentito.
Io
amavo lui e lo amavo veramente, profondamente, interamente. Lo amavo in
maniera
forse eccessiva. Se lui era lontano stavo male, se era con me ero
felice. Se
era accanto a me non potevo fare a meno di stargli a contatto, quasi a
provare
la sua realtà.
Adesso
non c’era. Non sarebbe tornato da me.
-Devo
parlarti..!
Strabuzzai
gli occhi, sorpresa.
Non
era Bill davanti alla porta! Era Tom.
Corsi
ad aprire asciugandomi le lacrime.
Ritrovandomelo
davanti gli saltai al collo e lo strinsi.
Forse
aveva deciso di capire, aveva deciso di ascoltarmi.
Lui
mi allontanò delicatamente e richiuse la porta appoggiandovisi,
a braccia
conserte.
Rimasi
congelata dal suo sguardo freddo. Vuoto.
No.
Non era li per ascoltare.
-Melanie
ci ho pensato…non possiamo rovinare la band quindi mettiamo da
parte tutto.
Esci da questa cazzo di stanza che oggi pomeriggio hai
un’intervista e domani
ripartiamo per il tour. Tra
noi non è successo niente, mettiamola così, così
sarà tutto più semplice. Rapporto
professionale, nient’altro. Colleghi. Con Georg fa come ti pare,
sono cazzi
vostri…
La
durezza di quelle parole mi pietrificò.
-Ma…
-No.
Basta, discorso chiuso
Girò
sui tacchi e fece per uscire dalla stanza.
-Tom!-
lo chiamai tra i singhiozzi.
Lui
si voltò, con gli occhi chiusi, nella sua espressione si leggeva
tanta
sofferenza, tanta frustrazione.
-Ti
amo! –gli dissi tristemente con la voce che tremava.. Mi
voltò le spalle e uscì
dalla stanza. Non una parola.
Nonostante
tutto aveva ragione. Avevo l’intervista e non potevo rischiare di
creare
problemi alla band.
Uscii
dalla stanza e mi chiusi in bagno. Lasciai che le lacrime continuassero
a
scendere inesorabili, mentre mi guardavo allo specchio.
Ebbi
paura del mio riflesso.
Quella
non ero io.
I
capelli erano arruffati ed evidentemente sporchi. Gli occhi gonfi e
arrossati e
profonde e violacee occhiaie li contornavano.
Le
labbra erano piene di spacche e esageratamente rosse. Le avevo morse
per la
rabbia e il rosso non era il loro colore naturale, bensì il
colore del sangue
uscito dalle piccole ferite.
Il
viso era lucido ed un pallore spettrale completava l’opera
rendendomi ancora
più irriconoscibile.
Schiaffai
la mano contro il vetro nel punto in cui il mio volto si rifletteva.
Non
ero io. Non ero io. Non ero io neanche quella ragazza che aveva baciato
Georg ferendo
Tom. Non ero io.
Mentire
non mi aiutava ma almeno potevo incolpare qualcun altro, o meglio,
un’altra
parte di me. La parte di me che, in quel momento, avrei voluto cacciare
fuori
dal mio corpo.
Mi
feci una doccia veloce e mi accorsi che le gambe mi facevano male,
probabilmente a causa delle anomale posizioni in cui avevo contorto il
mio
corpo.
Tornai
in camera e mi vestii.
Guardai
il telefonino per vedere l’ora e mi accorsi che mancava solo
mezz’ora
all’intervista. Non volevo vedere nessuno e così chiamai
Saki perché mi venisse
a prendere.
Scesi
furtivamente le scale attenta a non fare rumore e a non farmi notare e
feci per
scattare verso la porta, ma sentii qualcosa che mi bloccò e mi
inchiodò al muro
nascosta dietro lo stipite della porta della cucina.
-Io…la
amo…
Era
Tom a parlare. La voce gli tremava ma sapevo che non piangeva
perché lui non
piangeva mai. Sembrava più arrabbiato, frustrato.
Aveva
detto quelle semplici parole con rabbia, il che strideva con il loro
significato.
Qualcuno
sospirò.
-E
allora chiarisci con loro!
Gustav.
-No.
L’istinto di picchiarli sarebbe troppo forte e non voglio farle
del male.
Non
pensavo fosse a questo punto. Non pensavo temesse perfino di perdere
così il
controllo.
-Posso
spiegarti io?
Tom
sospirò.
In
quel momento un messaggio fece vibrare il mio telefonino.
Era
Saki che mi avvisava che era arrivato.
Uscii
correndo di casa, senza farmi notare. Era inutile ascoltare come
continuatala
conversazione. Sapevo bene che non avrebbe ascoltato.
Salii
in macchina.
-Ciao
Melanie!- mi salutò Saki allegramente.
-Ciao
Saki…
-Ti
porto al Grand Hotel des Palmes giusto?
Annuii
e lui mi vide attraverso lo specchietto.
Non
parlammo per tutto il tragitto perché Saki doveva aver intuito
che qualcosa mi
turbava e sapeva che non mi avrebbe tirato fuori nessuna informazione.
-Grazie!-
dissi scendendo dalla macchina una volta arrivata all’hotel.
-E’
il mio mestiere…
Mi
sorrise e se ne andò salutandomi con la mano.
L’intervista
fu più noiosa delle altre.
Solite
cose.
Come
mi sento ad essere l’unica ragazza in un gruppo di ragazzi, come
mi trovo con
tutto il successo che mi ha travolta, come mai sono andata via
dall’Italia,
perché…..come…si…no…forse…perché.
Solite
conversazioni
I
giornalisti riuscivano a risultare tremendamente noiosi.
Finita
l’intervista uscii dall’hotel.
Avrei
dovuto chiamare Saki ma non avevo voglia di tornare a casa.
Volevo
parlare con Tom. Da sola.
Presi
coraggio e lo chiamai.
Squillava.
-Pronto?-
chiese scocciata aprendo la chiamata.
-Tom…puoi…puoi
venire in centro per favore? Ho appena finito l’intervista e
…vorrei parlarti.
-No…scusami
ho da fare.
Era
freddo, freddo più che mai.
-Ti
prego…- sussurrai disperata.
-Mi
dispiace….scusa ma devo andare che Bill mi chiama…
-Asp…
Aveva
già chiuso la chiamata.
Rimisi
il cellulare nello zainetto e attraversai la strada.
Le
lacrime erano ricominciate. Inesorabili e piene di dolore.
Fu
un istante. Qualcuno strillò. Mi voltai e vidi una macchina
arrivarmi addosso.
L’impatto.
Poi il buio.
Ed ecco il penultimo capitolo!! La storia è
quasi giunta al termine e un po' mi dispiace devo dire...passiamo ai
rigraziamenti.
DarkViolet92:
beh sfortunata...potessi stare io con Tom e Georg xD Però
si...più che sfortunata è incasinata...anche se in
questo capitolo anche decisamente sfortunata no? Povera piccina non so
come mi è venuta in mente una cosa simile!! Comunque aspetto un
tuo parere anche su questo capitolo! Baci.
Ladysimple: Uuh sono contenta
che la mia storia ti piaccia!! Però dai...infondo anche Georg ci
sta male...lui è innamorato! Vedremo vedremo cosa
accadrà. Fammi sapere che ne pensi! Baci.
Black_DownTH: Non so se ti
ho già detto che amo le tue recensioni in ogni caso...AMO LE TUE
RECENSIONI! Ahahah...comunque povero il nostro hobbit! Anche se in
questo capitolo la più povera è Mel! xD Fammi sapere che
ne pensi...baci.
marty sweet princess: vedremo se faranno pace, vedremo...tanto il
prossimo è l'ultimo capitolo!! ;) Baci
Tutto
era bianco. Come se attorno a me non ci fosse nulla.
E…non
c’ero neanche io.
Che
stava succedendo?
-Mel?
Quella
voce. La sua voce.
TOM!!
Provai
ad urlare ma nessun suono raggiunse le mie orecchie.
-Mel
tesoro non puoi morire! Svegliati cazzo svegliati! Sei la mia ragione
di vita
Mel, se tu non ci sei più io perché vivo?
Sei
crudele Melanie Mayer. Crudele!
Apri
questi occhi! Fammi perdere in quei due magnifici oceani azzurri.
Ti
prego. Sono settimane che sei qui!
Settimane?
Cos’era successo? Qui dove?
Ah….l’incidente!
Se c’era anche Tom però voleva dire che non ero morta! Ma
allora perché non lo
vedevo?
-Mel
i tuoi genitori sono disperati. Stanno perdendo la speranza. Tuo
fratello ti
lascia sempre disegnini accanto al letto. E’ in gamba. Sembra
più maturo dei
suoi 8 anni.
Devi
vivere! Devi svegliarti! Per lui! Per i tuoi genitori! Per me! Per
Bill, per
Gustav, per Georg, per Karin.
Giovanni?
Il mio piccolino. Era li per me. Era chissà dove insieme a Tom
con i miei
genitori, con Bill, Georg, Gustav, Karin!
-Amore
mio io ti amo…i dottori dicono che non ce la farai, ma io so che
sei forte! Lo
sei!
Allora
non era più arrabbiato con me…aveva capito tutto!
Oh
Tom! Avrei voluto abbracciarlo stringerlo baciarlo, ma quel dannato
bianco mi
avvolgeva. Dov’era il mio corpo?
Dovevo
farcela! Dovevo!
Chiusi
gli occhi. Anche se dubitavo che fossero mai stati aperti, a questo
punto. Solo
rifiutai quel bianco.
Sentii
l’aria di un ventilatore colpirmi il viso lateralmente.
Provai
a muovere la mano. C’era! Era stesa al mio fianco! Avevo il mio
corpo.
-Mel! Oh Mel!- Tom doveva essersi accorto
del mio
movimento perchè mi prese la mano tra le sue e me la
baciò.
-Dai!
Dai!
Provai
ad aprire gli occhi e le mie palpebre vibrarono.
-Vai
forte Mel! Ce la stai facendo! DOTTORE!
Qualcuno
arrivò di corsa dalla stanza accanto e mi poggiò qualcosa
sul petto.
Doveva
essere quell’aggeggio che usavano i dottori per misurare i battiti.
Mossi
l’altra mano.
-Si
sta riprendendo! E’ un miracolo!- la voce del vecchio dottore era
felice.
Tom
mi abbracciò ed io socchiusi gli occhi.
-Tom..-dalle
mie labbra non uscì che un sussurro.
Alzai
poco poco una mano e gliela poggiai sul capo, posato sul mio grembo.
Ero
di nuovo con lui.
-Ti
amo…- sussurrai ancora.
-Anch’io
amore, anch’io!- piangeva. Lui non piangeva mai.
-Piangi?
Tu…non devi piangere…- gli dissi con grande sforzo.
-Piango
da giorni ormai…che vuoi che sia adesso? Almeno sto piangendo di
gioia! Ma tu
devi stare zitta! Non ti devi agitare ok? Accuccia.
Ecco
il mio Tom.
Tom
uscii lanciandomi un bacio da lontano ed entrò la mia famiglia.
Riabbracciarli
dopo mesi fu una sensazione magnifica.
Mio
fratello! Piangeva come una fontana, come d’altronde anche i miei.
Senza
volerlo scoppiai anche io in lacrime. Strinsi forte Giovanni. Mi voltai
verso il
comodino e vidi un sacco di disegni impilati. Il primo raffigurava me e
lui per
mano su un giardino verde. Un altro che si intravedeva appena
raffigurava un
paesaggio simile, ma c’erano anche i miei genitori con noi e da
sotto il primo
foglio spuntavano dei piccoli tratti decisi e calcati di colore giallo
riuniti
sotto un cappellino ed intuii dovessero essere irasta
di Tom.
-Quel
ragazzo, Tom, è il tuo fidanzato?- mi chiese innocentemente
Giovanni sorridendo
felice senza sciogliere l’abbraccio.
-Si…lo
è.
Lui
stava sullo stipite della porta e mi sorrideva.
I
miei genitori si voltarono e gli sorrisero. Probabilmente
avevano avuto modo di
parlare e di conoscersi in quei…
-Quanto
sono stata in coma?- chiesi piano piano cercando di tirarmi su.
-5
settimane Melly…- mi disse mia mamma.
Era
una donna forte ma in quel momento mi sembrò tanto tanto fragile.
Ero
di nuovo con le persone che amavo. Ero di nuovo felice.
Mi
ripresi in fretta. Le restanti tappe del tour furono annullate e Jost e
Carl ci
diedero qualche mese di riposo.
I
Tokio Hotel meno me me con Karin andarono a stare in albergo ed io mi
trasferii
momentaneamente con la mia famiglia nella casa al mare di Palermo.
I
ragazzi venivano ogni giorno a mangiare da noi ed eravamo come una
grande
famiglia.
Giovanni
adorava Gustav. Lo torturava dalla mattina alla sera e Gustav oltre a
provare
una sincera simpatia per mio fratello, ne approfittava per prendere una
certa
famigliarità con i bambini.
Karin
adesso era quasi al sesto mese.
La
pancia era evidentissima e lei la sfoggiava fieramente ovunque andasse.
I miei
genitori l’adoravano e la viziavano come fosse figlia loro. Ma
infondo per me
lei era come una sorella.
Karin
aveva avuto la sfortuna di perdere i suoi genitori da piccola ed ora
eravamo
noi la sua famiglia.
Quella
mattina non volevo assolutamente svegliarmi. Mi rotolavo tra le coperte
con
insofferenza e ripiombavo nel sonno ogni cinque minuti.
Ero
ancora in dormiveglia quando sentii bussare alla porta.
Sbuffai
sonoramente.
-Giovanni!!
E che cavolo! Voglio dormire!
La
porta si aprì piano e la testa di Tom fece capolino. Sorrideva
divertito.
-Non
sono Giovanni tesoro…calmina eh!- mi riprese scherzosamente
richiudendo la
porta e sedendosi vicino a me sul letto.
-Che
ci fai qui?- chiesi sorpresa sorridendogli dolcemente.
-Non
posso venire a far visita alla mia ragazza?
Sbuffai
divertita.
-Che
impressione sentirti dire “la mia ragazza”…che ne
è del sexgott?
Avvicinò
il suo volto al mio e mi baciò con dolcezza, ma non quella
dolcezza semplice
tipica dei baci. No. La dolcezza che Tom metteva quando mi baciava era
diversa.
Era qualcosa di magico e ineguagliabile, riuscivo a sentire tutto
l’amore che
provava per me.
Le
sue labbra morbide e calde mi svegliarono del tutto e lo attirai verso
di me
mettendogli una mano sulla nuca e strisciando sul letto ancora
più vicino a
lui.
-Hey!-
disse staccandosi con un’espressione dannatamente e
magnificamente maliziosa
stampata in volto.-Non riusciamo a controllarci stamattina eh?
-No…-
sussurrai contro le sue labbra riavvicinandolo a me. –Non ho
voglia di
controllarmi…ma tanto i miei non sono usciti?
-Si….proprio
quando sono arrivato…
-E
allora? Che cosa ti frena?- gli chiesi abbracciandogli il collo e
riprendendo a
baciarlo.
Sorrise
sghembo contro le mie labbra.
-Chi
ha detto che mi sto frenando?
Mi
accarezzò la schiena alzando un po’ la maglietta del mio
pigiama ad
orsacchiotti e scese a mordermi piano il collo.
Lo
adoravo con tutta me stessa.
Respiravo
pesantemente e lui con me.
Mi
sdraiai e lo trascinai con me in maniera che i nostri corpi aderissero.
Il
suo cellulare squillò.
-Mhm….-mugugnai
con il capo appoggiato alla sua spalla mentre lui continuava a posarmi
lievi
baci sul collo alternati a morsetti.
-Non
rispondo…- disse con voce tra lo scocciato e l’implorante.
-Devi…-lo
ripresi io.
-No,
non devo.
Continuava
nella sua occupazione e il cellulare intanto squillava.
Lo
presi e risposi io.
-Pronto?
-Tom
Kaulitz?
Era
una voce femminile.
Allontanai
Tom da me con uno strattone e lo guardai in animalesco.
-Sono
la sua ragazza…- risposi calcando il più possibile la
frase in modo che
arrivasse diretta e spedita al cervello di quella
gallina.
Tom
mi prese la mano e cominciò a posare piccoli baci lungo tutto il
mio braccio.
-Chi
è ?- scandì piano in maniera che capissi.
Io
mi avvicinai una mano al collo e imitai il gesto di un
taglio netto.
Mi
guardò confuso e un po’ spaventato.
-Sono
l’assistente di David Jost…-disse la donna
dall’altro capo del telefono...posso
parlare con il signor Kaulitz?
Adesso
si metteva pure con la segretaria di Jost?!
-Sono
Melanie Mayer signorina può dire a me…- la avvisai
specificando chi fossi.
-Oh
bene! Mi scusi non l’avevo riconosciuta…il signor Jost
voleva che vi avvisassi
che le vostre vacanza stanno giungendo al termine e che a Berlino
è richiesta
la vostra presenza per ricominciare le interviste e le
registrazioni…
-La
ringrazio… vedremo di contattare David…arrivederci.- ero
sollevata. Voleva solo
avvisarci che dovevamo ricominciare a lavorare! Tom non m tradiva con
lei.
THE END
Ringraziamenti:
E siamo alla fine! Le cose si sono appianate e gli
imbrogli sbrogliati! Voglio ringraziare tutti coloro che hanno seguito
questa mia fanfiction, tutti coloro che hanno recensito e messo la
storia tra i preferiti dandomi così fiducia...GRAZIE! Di cuore...
Credo che per una autrice finire una storia sia insieme una cosa
terribile e una cosa bellissima. Mi spiego...terribile perchè
comunque le storie che si scrivono entrano definitivamente nel cuore e
nella mente di un autore ma bellissima perchè la soddisfazione
di essere riuscita a finire qualcosa, di essere riuscita a completare
un progetto in cui mi sono impegnata davvero tanto, mi gasa da
morire!!
Baci a tutti e ancora GRAZIE MILLE!!