Amazon Lily - My favourite flowers shop in town di ___Page (/viewuser.php?uid=663813)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Benvenuto ***
Capitolo 2: *** Rituale sacro ***
Capitolo 3: *** Autobus, fidanzati e fiordalisi ***
Capitolo 4: *** Martedì ***
Capitolo 5: *** Ingenua? ***
Capitolo 6: *** Miss so-tutto-io ***
Capitolo 7: *** Camelie e sorrisi ***
Capitolo 8: *** Decisioni importanti ***
Capitolo 9: *** Un tocco di colore ***
Capitolo 10: *** Sei tu ***
Capitolo 11: *** Fa male ***
Capitolo 12: *** Nuovi inizi ***
Capitolo 13: *** Piazza Gyoncorde ***
Capitolo 1 *** Benvenuto ***
Di
tutte le cose che non tollero l’incoerenza è
probabilmente al primo posto.
Seguita a ruota dai genitori apprensivi e dai clown.
A volte mi domando perché mi sto specializzando in chirurgia
pediatrica.
Mi strofino gli occhi con pollice e indice, stancamente.
Il problema è che questa città sembra incarnare
l’incoerenza. A partire dal clima.
È mai possibile che al 21 di maggio io debba girare con
l’impermeabile autunnale?
A quanto pare, sì.
Come se questo non bastasse, nonostante il brutto tempo e il
freddo fuori stagione sembrano tutti allegri.
-Non preoccuparti! Il Vecchio Haredas ha detto che è solo
una perturbazione passeggera e dovrebbe migliorare già in
mattinata!- dice un
ragazzo passandomi accanto per scendere, rassicurando la propria
fidanzata.
Deve essere la sua fidanzata perché gli sta avvinghiata al
braccio come se volesse staccarglielo. Forse ha paura che scappi.
Sospiro, reggendomi meglio alla maniglia penzolante mentre
la metro riprende la sua corsa verso Foosha, la fermata dove scendo per
andare
al lavoro.
Se scendessi alla fermata successiva le scale mobili della
metro mi porterebbero praticamente dentro all’ospedale ma non
voglio rinunciare
al mio caffè da Makino e non mi dispiace fare due passi.
Inoltre, prima scendo da qui e meglio è.
La musica in metropolitana prima delle undici del mattino
dovrebbe essere illegale.
Fulmino le casse sperando di riuscire a mandarle in tilt con
la forza del pensiero mentre una musica decisamente poco adatta sia a
un giorno
di pioggia sia all’orario prende a suonare allegra,
diffondendosi per tutto il
vagone.
[http://www.youtube.com/watch?v=VSG5WkYi4Ow]
I don’t know why
You
think that you could hold me
When
you can’t get by by yourself
And
I don’t know who
Would
ever want to tear the seam of someone’s
dream
Baby,
it’s fine, you said that we should just be
friends
While
I came up with that line and I’m sure
That
it’s for the best
If
you ever change your mind, don’t hold your
breath
Mi
guardo intorno,
sollevando un sopracciglio quando noto, con mio sommo stupore, che il
resto dei
passeggeri sorride e fatica a restare fermo coi piedi e la testa,
travolto dal
ritmo del pezzo. Mi rigiro verso il mio riflesso nel vetro delle porte
scorrevoli, mandando gli occhi al cielo.
Un
nubifragio sta per
abbattersi sulla città a metà maggio, sono le
otto meno un quarto di mattina e
questi ballano!
Mi
sono trasferito
in una città di imbecilli.
Mi
sento come il
cantante di uno di quei video musicali dove tutti intorno a lui danzano
felici
e sorridenti.
Solo
che io vorrei
ucciderli, possibilmente con un bisturi.
‘Cause you may not
believe
That
baby, I’m relieved
When
you said goodbye, my whole world shines
Hey hey hey
It’s
a beautiful day and I can’t stop myself
from smiling
If
I’m drinking, then I’m buying
Per
fortuna è la mia
fermata e scendo dalla metro, facendomi largo tra la folla con poca
grazia,
ignorando le invettive lanciate da quelli che sono in attesa di salire.
Idioti.
Opto
per le scale
normali, prima arrivo al Party’s Bar meglio è.
Appena
esco all’aria
aperta, una folata di aria decisamente troppo fredda per la stagione mi
investe, scompigliandomi i capelli già non troppo pettinati.
Scruto
il cielo,
trovandolo più grigio di quando sono uscito.
Pessimo
segno.
Mi
dirigo a passo
spedito verso il bar.
-Beh
dai ma non fa
poi così freddo!- afferma un tizio in doppiopetto mentre mi
passa accanto parlando
al cellulare.
Senza
smettere di
camminare mi giro a guardarlo incredulo.
Certo,
se fossimo a
novembre non farebbe poi così freddo!
Non
che io abbia dei
problemi con il freddo. Però ripeto… La coerenza!
Mi
avvicino alla
porta del bar e prima di aprirla ed entrare do un’occhiata
oltre il vetro. C’è
parecchia gente, dovrò attendere qualche minuto ma Makino
è veloce e a me serve
un caffè. Urgentemente.
Tiro la porta verso di me e…
And I know there’s no
denying
It’s
a beautiful day, the sun is up, the music’s
playing
And
even if it started raining
You
won’t hear this boy complaining
‘Cause
I’m glad that you’re the one that got
away
It’s
a beautiful day
Non
è possibile!
È
una persecuzione!
Resto
immobile sulla
soglia, braccio teso e porta aperta, cercando di decidere se sia
più importante
il caffè o la mia sanità mentale.
In
fondo è la prima
cosa coerente della mattina, il motivo per cui il tizio che canta
è così
felice. È stato lasciato dalla fidanzata rompipalle e
può avere tutte le donne
che gli pare. Questo lo capisco.
Due
ragazzi
approfittano della mia presunta gentilezza e mi fanno un cenno di
ringraziamento, credendo che stia tenendo la porta aperta per loro,
mentre
escono dal locale.
-Il
Vecchio Haredas
lo aveva detto che avrebbe piovuto!- dice uno dei due scrutando il
cielo e io
mi ritrovo a pensare che vorrei conoscerlo questo dannato Vecchio
Haredas,
così, giusto per chiedergli se poteva mica prevedere un
po’ di sole.
Okay,
meglio se me
ne vado.
Mollo
la porta
facendo dietro front e incamminandomi verso l’ospedale, ma
non faccio due passi
che delle gocce grosse come castagne cominciano a cadere schiantandosi
al suolo
davanti a me. Sta cominciando a piovere e io, naturalmente, non ho
l’ombrello.
Sì,
perché a quanto
pare sono l’unico in questa città che non segue
assiduamente il meteo con il
Vecchio Haredas e, nonostante abbia notato l’aria fredda, mi
sono accorto della
tempesta in avvicinamento solo una volta arrivato alla metro e non
avevo tempo
di tornare a casa.
Non
ci vuole un
genio della meteorologia per capire che si prepara a piovere a dirotto,
così
scatto felino in direzione del primo luogo chiuso che mi si para
davanti,
riuscendo comunque a bagnarmi mentre la pioggia si intensifica nel giro
di
pochi secondi.
Apro
la porta del
mio improvvisato rifugio, facendo tintinnare il campanello e vengo
investito da
una quantità indefinibile di odori.
Mi
guardo intorno e
capisco di essere finito in un chiosco di fiori. O meglio da fuori
probabilmente sembra un chiosco di fiori ma dentro sembra di stare in
una
foresta. Una foresta dove non esistono le stagioni.
Garofani,
fresie,
crochi, girasoli, gerbere, gigli, calle, tulipani, rose, crisantemi.
Spuntano
da dei
secchi appoggiati a terra, si diramano da delle specie di rastrelliere
scaffalate di metallo, penzolano da portafiori assicurati al soffitto,
intrecciandosi e allacciandosi tra loro sopra la mia testa.
Ne
riconosco solo
alcuni e sono talmente rigogliosi che fatico a individuare il fondo del
negozio.
Mi
sposto un po’
lungo uno dei due corridoi formati dalla rastrelliera al centro del
locale e
individuo un bancone pesca, con un battitore di cassa dietro a cui
è seduto
qualcuno che non riesco a vedere dalla posizione in cui mi trovo,
nonostante le
relativamente ridotte dimensioni del posto.
Vedo
solo due mani
che stringono una tazza e un movimento fugace mi suggerisce che il
proprietario
di suddette mani si è appena sporto in avanti per scorgermi
e subito si è
tirato indietro.
Mi
aspetto che si
alzi per venirmi a offrire il suo aiuto ma niente.
Penso
che sia
proprio strano come comportamento, ha sentito il campanello, mi ha
visto, per
quanto ne sa potrei avere bisogno di una pianta o di un bouquet ma non
accenna
ad alzarsi.
Scrollo
le spalle
disinteressato alla cosa e mi giro per controllare la situazione
pioggia.
Merda!
Senza
ombrello non
posso raggiungere l’ospedale a meno di non volermi far
crescere il muschio
addosso nel tragitto.
Come
lo penso gli
scrosci aumentano d’intensità rendendo
improvvisamente necessaria anche una
canoa e una pagaia.
Cazzo!
Farò tardi!
-Il
Vecchio Haredas
lo aveva detto!- una voce femminile alle mie spalle mi coglie alla
sprovvista e
mi fa voltare.
La
proprietaria delle
mani è di fronte a me, suddetti arti sui fianchi e occhi sul
vetro della porta
a studiare la situazione atmosferica.
Bionda,
capelli a
caschetto, grandi occhi cioccolato e un grembiule lilla a coprirle
parzialmente
i jeans e la maglietta a maniche corte, dalla cui tascona frontale
spuntano un
paio di cesoie e dei guanti da giardinaggio.
-Anche
lei segue il
Vecchio Haredas- affermo, monocorde.
Non
è una domanda.
-Tutti
quelli che
hanno un po’ di sale in zucca in questa città
seguono il Vecchio Haredas!-
commenta riportando l’attenzione su di me.
Mi
scruta qualche
secondo e poi sorride.
-Posso
offrirle una
tazza di caffè?!- mi domanda gentile.
Io
assottiglio lo
sguardo, preso alla sprovvista.
-Non
è di certo
entrato per i fiori!- risponde alla mia domanda inespressa, come se
fossa la
cosa più ovvia del mondo, tornando verso il bancone.
Mi
giro ancora un
attimo verso la porta e mi rassegno a dover aspettare che spiova,
così la seguo
dietro a una delle rastrelliere e la trovo a versare del
caffè da un thermos.
-Come
fa a esserne
così sicura?!-
Solleva
lo sguardo
un attimo a guardarmi e resta in silenzio, mentre finisce di versare e
richiude
il thermos.
-Istinto!-
risponde
poi, avvicinandomi la tazza, facendola strusciare sul bancone.
Io
la fisso per
qualche secondo, senza realmente vederla, perso nei miei pensieri.
-Non
è avvelenato!-
mi avvisa, facendomi concentrare su di lei.
Sorride,
gli occhi
che brillano, mentre sorseggia il suo caffè e si risiede
dietro al piano pesca.
Noto che c’è uno sgabello e così decido
di accomodarmi anche io mentre prendo
una sorsata.
Dio,
quant’è buono!
Ci voleva proprio!
-Lei
è nuovo qui in
città, vero?!- chiede aggrottando le sopracciglia.
La
guardo,
squadrandola velocemente, impassibile come solo io riesco a essere.
-Mi
sono trasferito
da tre settimane- le concedo una risposta.
-Ora
capisco…-
commenta, parlando quasi più a se stessa che a me.
È
il mio turno di
aggrottare le sopracciglia.
-Che
vuol dire?!-
chiedo, un po’ infastidito.
-Oh
beh… L’assenza
dell’ombrello, lo stupore per il clima fuori stagione,
l’aria nervosa…-
-Perché?!
Forse che
chi vive qui non è mai nervoso?-
Si
stringe nelle
spalle.
-Non
per la pioggia!
Raftel è una città così! E poi il
Vecchio Haredas dice che da oggi pomeriggio
arriva già il caldo estivo!-
Ah
beh! Se lo dice
il Vecchio Haredas!
-Io
comunque sono
Margaret!- dice dopo qualche istante tendendomi la mano.
Il
movimento
sprigiona un profumo di gelsomino intorno, profumo che emana
chiaramente da lei
e, improvvisamente sento il nervoso sciogliersi parzialmente.
Lavora
in un chiosco
di fiori, si chiama come un fiore, profuma come un fiore.
Questa
è coerenza!
-Trafalgar
Law-
rispondo laconico, ricambiando la stretta.
-E
cosa fa?- insiste
a volermi far chiacchierare.
Le
lancio
un’occhiata non proprio amichevole che lei sembra non
cogliere perché continua
a sorridermi eterea.
-Chirurgo
pediatrico- mi limito allo stretto indispensabile.
Però
la ragazza
sembra così disponibile al dialogo che decido di togliermi
una curiosità.
-Come
fa ad avere
così tanti fiori diversi?! Sono tutti veri? Alcuni sono
fuori stagione- le
faccio notare.
-Ho
il pollice
verde… Cioè, come dice mia sorella sembra
più un superpotere ma comunque…-
-Per
questo fa la
fioraia- commento, portandomi la tazza alle labbra.
Anche
questa è una
constatazione.
-In
realtà il motivo
è che sono appassionata di linguaggio dei fiori sin da
bambina…- mi spiega per
niente turbata dal mio tono schietto e poco gentile.
Io
mi limito ad
alzare un sopracciglio e Margaret dimostra di nuovo di non avere
bisogno di
molte parole per interpretarmi.
-Ogni
fiore ha un
significato, o più di uno… La scelta di un fiore
non dovrebbe essere fatta alla
leggera… Un fiore scelto con accuratezza per trasmettere un
preciso messaggio
può anche semplificare la vita…-
Molto
poetico!
Peccato
che io sia
sempre più scettico a sentirla parlare così e,
nemmeno serve dirlo, lei se ne
accorge.
-Beh…
Può aiutare a
superare la paura o l’imbarazzo, a chiedere scusa, a farsi
ascoltare da
qualcuno che non vuole darci retta… Il linguaggio dei fiori
può essere molto
utile per tirarsi fuori da situazioni complicate!-
afferma convinta.
-E
se uno non
conosce il linguaggio dei fiori?-
-E
io che ci sto a
fare qua allora?!-
-E
se la persona a
cui si regala il fiore non conosce il linguaggio dei fiori?-
-Ci
sono queste!-
dice, allungando una mano e afferrando qualcosa vicino al battitore di
cassa.
Mi
posa di fronte un
contenitore di cartone, di quelli alti dietro e bassi davanti, in cui
sono
infilate delle piccole schede illustrative, i cui bordi colorati
formano un
arcobaleno sfumato. Sulla prima c’è
l’immagine di una grossa gerbera arancione.
C’è il nome, la foto del fiore, le origini e il
significato.
Sollevo
di nuovo lo
sguardo su di lei e la trovo sorridente, ma non un sorriso trionfante,
bensì
dolce e caloroso. Mi mette un po’ a disagio, anche se,
naturalmente, non lo do
a vedere.
Mi
accorgo che lo
scrosciare della pioggia è diminuito e ne approfitto per
districarmi da questa
situazione. Senza contare che ho un lavoro a cui presentarmi, non posso
stare
qui a chiacchierate tutta la mattina.
-Sembra
che stia
spiovendo. Grazie del caffè- mi alzo appoggiando la tazza
accanto alle schede
dei fiori.
Anche
lei si alza.
-Beh
è stato un
piacere Trafalgar Law!- mi dice, tendendomi nuovamente la mano e
avvolgendomi
di nuovo nel gelsomino.
-Altrettanto-
rispondo atono, avviandomi poi verso la porta.
-Prenda
questo!- mi
ferma Margaret venendomi dietro.
Mi
volto e la trovo
a tendermi un ombrello chiuso e ancora perfettamente asciutto.
Guardo
alternativamente lei e l’ombrello, esitando.
-C’è
ancora qualche
goccia…- spiega, stringendosi nelle spalle.
-Non
riesco a
passare a riportarglielo entro stasera-
-Tanto
stasera non
mi servirà- afferma convinta.
Sospiro
prima di
accettare la gentile offerta.
-Arrivederci!-
mi
saluta di nuovo mentre mi avvio alla porta.
Io
rispondo con un
cenno prima di uscire nell’aria umida e appiccicosa.
Apro
l’ombrello e noto
che il cielo sta schiarendo, passando dal grigio scuro al bianco.
Faccio
per avviarmi
verso l’ospedale ma dopo pochi passi una voce mi obbliga ad
arrestarmi.
-Trafalgar,
aspetti!!!-
Mi
giro e vedo
Margaret corrermi incontro veloce per non bagnarsi, stringendo qualcosa
di
colorato in mano.
Mi
raggiunge sotto
il mio ombrello, che effettivamente è suo, e, prima che io
possa protestare o
dire alcunché, si mette ad armeggiare con il bavero del mio
impermeabile.
-Ehi!!!
Ma che…-
Toglie
le mani e mi
ritrovo con un fiore agganciato all’occhiello più
alto della lunga giacca.
Color corallo, cinque petali a forma di calice e un lungo pistillo.
Ma
che s’aspetta,
che io vada in giro con un fiore all’occhiello?! Ma per chi
mi ha preso?!
-Non
si preoccupi,
non dura nemmeno ventiquattro ore, sfiorirà prima di sera!-
Faccio
per
protestare ma mi blocco incredulo quando un’occhiata di sole
tiepido ci
investe. Guardo in alto, oltre il bordo teso dell’ombrello, e
vedo una fetta di
cielo azzurro in rapida espansione, nonostante qualche goccia di
pioggia ancora
cada, filtrando i raggi solari e rendendo l’atmosfera
surreale.
-Il
Vecchio Haredas
lo aveva detto…- mormora Margaret, sorridendo felice.
Non
è un modo per
dimostrare che aveva ragione, è solo un semplice dato di
fatto per lei.
Poi,
senza
aggiungere niente, si allontana tornando verso il negozio. Anche io
ricomincio
a camminare verso la mia meta ma mi fermo ancora, fatti pochi passi.
-Margaret!-
Si
arresta
voltandosi, interrogativa.
-Che
fiore è?- le
chiedo indicando il colorato calice che decora il bavero del mio
impermeabile.
-Hibiscus!
Significa: benvenuto!- mi comunica portando una mano a coppa intorno
alla
bocca, prima di salutarmi ancora una volta con un cenno della mano e
rientrare
nel chiosco.
Io
mi avvio,
finalmente diretto all’ospedale. Mi ci vogliono alcuni minuti
per accorgermi
che, camminando, mi sono messo a fischiettare quella stupida
canzoncina.
Hibiscus
o ibisco
Fioritura: Primavera-estate.
Significato: Bellezza delicata,
benvenuto.
Storia
e curiosità:
Originario dell’Africa e delle isole del
Pacifico, viene introdotto in Europa dal ‘700. Il fiore
dell’hibiscus sfiorisce
in meno di 24 ore. È il simbolo dello Stato delle Hawaii
dove viene offerto ai
turisti e simboleggia lo status sociale delle donne: dietro
l’orecchio sinistro
indica che la donna è single, dietro il destro indica che
è impegnata, dietro
entrambe le orecchie che ha una relazione ma è in cerca di
“altro”. Con i suoi
fiori si produce un the con proprietà afrodisiache e ha
anche proprietà medicamentose.
In Giappone è segno di benvenuto.
Angolo
dell’autrice:
Sono
tornata!!! Con
una nuova LawxMargaret!!! Ciao a tutti!!!
Okay,
ora basta…
Ciao
people! Dunque
questa long sarà a metà tra una ff normale e una
raccolta! Chi andrà avanti a
leggere capirà, non perché non lo voglia spiegare
ma perché è difficile da
spiegare! *gocciolina dell’imbarazzo*
Ora,
essendo che è
la prima volta che tratto Law in pov prima persona, apprezzerei davvero
dei
consigli per migliorare. Signorina Soke07 lei è caldamente
invitata a farmi
sapere che ne pensa.
Comunque
grazie a
tutti quelli che sono arrivati fino a qui e grazie a tutti quelli che
mi
seguiranno anche stavolta!
A
presto.
Piper.
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Capitolo 2 *** Rituale sacro ***
Amo
Foosha.
È
da sempre, da
quando ero bambina, il mio quartiere preferito di Raftel.
Lo
amo in tutte le stagioni,
con il vento, con la pioggia, con il freddo, l’umido e il
caldo, con la neve e
con la nebbia.
Ma
sopra ogni cosa
lo amo con il sole.
Mia
sorella Lindow
spesso mi chiede se non mi pesa alzarmi sempre tanto presto, per aprire
il
negozio e aspettare i fornitori di fiori e bulbi. Più volte
mi ha suggerito di
prendere qualcuno che mi aiuti con cui alternarmi per
l’apertura, visto che gli
affari vanno a gonfie vele.
Quel
che non capisce,
nonostante io non gliene faccia una colpa, è che per me
è un piacere. Arrivare
così presto mi permette di godermi il quartiere in uno dei
suoi momenti di
maggiore tranquillità, assorbendo l’atmosfera che
sempre si respira in questa
zona. Senza contare che c’è un rito sacro a cui
non posso mancare.
Raftel
ha un clima tutto
suo, tendenzialmente caldo e primaverile per la maggior parte
dell’anno. Maggio
è spesso instabile ma secondo il Vecchio Haredas per
quest’anno le piogge
dovrebbe essere finite.
Così
stamattina ho
indossato il mio top preferito insieme a dei pantaloni lunghi ma
leggeri e
sandali e mi sono portata un thermos di the freddo anziché
di caffè caldo.
Esco
dalla
metropolitana, inspirando a pieni polmoni il profumo d’estate
che comincia a
diffondersi nell’aria e faccio vagare lo sguardo su Foosha.
È una zona
pedonale, a traffico limitato, molto vivace e con tutti i negozi
concentrati ai
margini di piazza Gyoncorde. Mi dirigo verso il mio chiosco di fiori,
una
piccola struttura verde e marrone, che sembra uscita da
un’altra epoca, su cui
campeggia in bianco il nome del negozio, “Amazon Lily
Flower’s Shop”.
Sono
le sette e
mezzo ma il sole è già alto e tiepido.
Sollevo
la
saracinesca quel tanto che basta per tirare fuori i vasi di fiori che
hanno
bisogno di stare all’aperto e mi siedo sulla panchina fuori,
al riparo della
tettoia e dell’albero di glicine che decora
l’esterno della mia attività.
Estraggo
dalla borsa
il thermos e un pacchetto di biscotti ai cereali e mi metto comoda per
godermi
la mia strana, o almeno presunta tale, colazione. Ancora qualche minuto
e il
rituale sacro avrà inizio.
Assorbo
l’atmosfera
estiva che cresce intorno a me, insieme al caldo per niente afoso e
alla luce
solare che rischiara ogni angolo del quartiere. Oggi finalmente
potrò
accogliere i clienti sulla porta e utilizzare il bancone esterno,
camuffato da
davanzale.
Una
giovane coppia
mi passa davanti, ridendo felice ed euforica per il bel tempo e, mio
malgrado,
mi trovo a sospirare.
Non
sono la tipica
ragazza in cerca dell’amore romantico da commedia rosa o del
principe azzurro.
A queste cose nemmeno ci credo. Basto a me stessa da sempre e da sempre
mi sta
bene così, mi piace l’indipendenza.
Ma
raggiunti i 24
anni ancora non mi sono mai innamorata una sola volta, nemmeno durante
l’adolescenza, nemmeno una cottarella alle medie. Niente di
niente. Non che non
abbia avuto delle storie. Ma l’amore, quello non
l’ho mai trovato. E,
francamente, mi piacerebbe sapere cosa si prova, per pura
curiosità.
Non
so nemmeno cosa
sia esattamente, questo sentimento, come funzioni, quali siano i suoi
principi.
Suppongo
sia
importante avere delle cose in comune, che ci sia intesa intellettuale
e
fisica, che ci sia la fiducia. Lo suppongo e basta perché,
nonostante mi sia
stato spiegato più volte, cos’è
l’amore, dubito che un sentimento del genere
possa essere espresso a parole.
Sorseggio
il mio the
prima di dare un morso al biscotto e controllare l’orologio
mentre mastico
piano. Le otto meno un quarto. Sollevo lo sguardo verso i tavoli
esterni del
bar di Makino, che in questo momento è sulla porta e mi
saluta sorridente e
solare quando mi vede guardare nella sua direzione.
Rispondo
entusiasta
al saluto e proprio mentre abbasso il braccio ecco che arrivano.
Sono
senza età, è
davvero impossibile indovinare quanti anni abbiano.
Non
sono più dei
giovincelli, certo, anche se entrambi conservano un fascino magnetico.
Lei
è una bellissima
donna, capelli a caschetto neri e, nonostante la sigaretta spesso tra
le
labbra, non è per niente volgare, anzi, ha gran classe. Lui
trasuda fascino da
ogni poro, con la sua chioma bianca che quasi stona con il fisico
ancora
chiaramente asciutto che si intravede da sotto la camicia a maniche
corte.
Shakky
e Rayleigh.
Il mio rituale quotidiano.
Avevo
21 anni quando
ho acquistato questo piccolo chiosco e da allora non gli ho mai visti
mancare
una sola volta. Ogni mattina, puntuali al millesimo di secondo,
arrivano qui
con tranquillità e vanno da Makino a fare colazione.
Quando
c’è bel
tempo, cioè la maggior parte dell’anno, si siedono
all’aperto, Rayleigh apre il
giornale e Shakky sorseggia il suo caffè, aspettando che il
suo uomo le comunichi
le notizie più interessanti. Commentano insieme le news del
giorno, ridono e
scherzano con una naturalezza che li fa sembrare due adolescenti. Ogni
tanto
Shakky si sporge per regalargli un bacio sulla fronte, come premio a
qualche
battuta o affermazione che l’ha fatta divertire
particolarmente. Spesso, nonostante
sia assorto nella lettura, lo vedo allungare una mano sul tavolo,
alla
ricerca di un contatto con la sua donna, che la afferra prontamente
intrecciando le loro dita.
Non
so dire da
quanto stiano insieme. Non so se siano sposati, conviventi,
semplicemente amanti.
So
solo che in ogni
loro gesto, in ogni loro sguardo colgo un semplice sentimento
reciproco.
Rispetto.
Grande
rispetto
l’uno per l’altra. Un rispetto che, secondo me,
può essere maturato solo da un
grande amore, nonostante io non sia un’esperta in materia.
Quando
finiscono la
colazione certi giorni si intrattengono a fare due chiacchiere con
Makino ma,
il più delle volte, si avviano verso la tavola calda di
Shakky, anche questa
qui a piazza Gyoncorde, passando davanti al mio chiosco. Alle volte,
Ray mi
chiede un fiore da regalarle, altre sono io che gli allungo un garofano
o una
giunchiglia, a mo’ di buongiorno.
Più spesso
però, si limitano a passarmi davanti salutandomi
immancabilmente, sempre
ghignanti e sorridenti, prima di tornare a immergersi l’uno
nell’altra
riuscendo a isolarsi dal tran-tran quotidiano.
Sarebbe
impossibile
non invidiarli ma, al tempo stesso, mi trasmettono una gran
serenità.
Anche
stamattina non
mancano di passare davanti al mio negozio e quando li vedo avvicinarsi
metto
via thermos e biscotti, sapendo, senza bisogno di guardare
l’orologio, che
anche per me è ora di alzare la saracinesca e cominciare a
organizzarmi per la
giornata di lavoro, mentre aspetto i fornitori e mi prendo cura dei
fiori che
coltivo direttamente nel luminoso retro del locale.
-Buongiorno
Margaret!- mi saluta Shakky, mentre Ray si limita a un cenno della
testa
accompagnato però da un caloroso sorriso.
-Buongiorno!-
li
saluto, ancora comodamente seduta.
Dopo
che mi hanno
superata, butto la testa all’indietro, alzando gli occhi
verso i piccoli
grappoli lilla del glicine che mi sovrasta con un suo ramo
più lungo degli
altri. Sorrido, ripensando alla mia riflessione di poco fa, mentre un
nuovo
pensiero matura nella mia mente.
Rispetto.
L’amore
è, senza
dubbio, rispetto.
Glicine
Fioritura:
Primavera.
Significato:
Amicizia disinteressata, rispetto.
Storia
e curiosità:
Originario della Cina e del Giappone è stato
introdotto in Europa grazie a Marco Polo. È una pianta
importante nella
tradizione giapponese: gli imperatori, quando viaggiavano, usavano far
giungere
nel luogo in cui erano diretti alberelli di glicine, prima del loro
arrivo,
come messaggio di amicizia e rispetto.
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Capitolo 3 *** Autobus, fidanzati e fiordalisi ***
-Quindi,
ricapitolando, una cinquantina di garofani misti, venticinque calle
rosso
scuro, una decina di dalie e un’orchidea. Tutto giusto?!-
chiedo ulteriore
conferma alzando lo sguardo verso la piazza visibile dalla finestra e
porta,
spalancate per far girare l’aria.
Il
mio interlocutore
mi dice che sì, ho segnato tutto, così saluto e
ringrazio prima di agganciare
la cornetta senza distogliere gli occhi dall’esterno del
locale.
Mi
è parso di
scorgere una figura familiare in avvicinamento e decido di uscire
all’esterno
per avere conferma dei miei sospetti ma non faccio nemmeno in tempo a
fare il
giro del bancone che una gigantesca sagoma si para sulla porta,
oscurando il
sole e facendo poi un poco discreto ingresso nel negozio.
Avanza
spedita e io
assottiglio lo sguardo, cercando di mettere a fuoco qualcosa,
operazione
difficile avendo il sole contro. Quando finalmente arriva di fronte al
bancone
però mi trovo a sgranare gli occhi senza riuscire a
impedirmelo.
-Buongiorno
mio caro
bocciolo di rosa!- mi saluta… lui…
lei… esso.
Esibisce
un sorriso
che fatico a ricambiare, troppo impegnata a nascondere
un’espressione vagamente
sconvolta.
Questo
tizio -perché
è evidente che nonostante tutto si tratta di un uomo-
è enorme. O meglio, la
sua testa è enorme e decisamente sproporzionata rispetto al
corpo. E, come se
questo e la sua esagerata chioma viola non bastassero a non farlo
passare
inosservato, indossa un body color amarena con una profonda scollatura
sul
davanti fin sotto l’ombelico, calze a rete, ciglia finte e
una tonnellata di
rossetto in tinta coi capelli.
-B-buongiorno…-
ricambio cercando di darmi un contegno ma è come se gli
occhi non
rispondessero, non posso fare a meno di squadrarlo, allibita -Come
posso
aiutarla?!- chiedo poi tornando a guardarlo in viso, congelandomi un
sorriso in
faccia.
Si
appoggia al
bancone con un avambraccio e piega il busto in avanti, in modo
confidenziale.
-Mi
servono dei
fiori per una festa!- mentre parla con tono entusiastico gesticola in
modo
teatrale, molleggiando sulle gambe e portando le braccia a sovrastare
la testa
-Si tratta di una festa molto importante e cool, con musica, luci,
decorazioni
all’ultimo grido! Yy-ahh! E vorrei qualcosa che si adatti
all’ambiente e, al
contempo, aiuti a mettere in risalto la mia bellezza, non so se mi
spiego!-
dice, dando dei colpetti all’acconciatura e facendomi
l’occhiolino.
Oh
kami! Sto per
scoppiargli a ridere in faccia! Concentrata, Margaret! Concentrata!
-Mmh-mh!-
mi limito
ad annuire, stringendo le labbra.
Ti
prego, non
ridere, non ridere, non ridere!
-Però
preferirei
qualcosa di non troppo vistoso, giusto per non esagerare ecco!
Preferisco
essere discreta in certe occasioni!- si avvicina ancora di
più, abbassando la
voce.
-Oh
ma certo!
Assolutamente!- rispondo, schiarendomi la gola e passandomi le dita tra
i
capelli con noncuranza per nascondere l’imbarazzo -Si vede,
cioè… è…
l’incarnazione della discrezione!-
affermo, indicandolo con la mano a palmo aperto.
Non
so per quale
kami riesco a dirlo senza esplodere in una fragorosa risata ma so che
non
resisterò ancora a lungo.
Improvvisamente
la
sua espressione cambia e comincia a scrutarmi assottigliando lo
sguardo.
Okay,
ora non mi
viene più da ridere, ora sono solo preoccupata!
Continuo
a sorridere
ma guardandomi intorno con gli occhi, un po’ a disagio per il
suo sguardo così
concentrato sulla mia persona.
-Zuccherino,
come
hai detto che ti chiami?!- domanda, seria… serio…
quello che è.
-Ehm…
M-Margaret-
-E
dimmi,
Margie-girl, hai mai pensato di lavorare nel campo della moda?!-
Sento
le guance che
si imporporano presa alla sprovvista dalla sua domanda.
-Beh,
a… a dire il
vero no… mai…-
-No
perché sei
davvero molto bella, sai?!-
-Oh…
G-grazie!-
mormoro portandomi i capelli dietro un orecchio.
Questa
situazione è
terribilmente imbarazzante!
-Potrei
organizzarti
un casting o una seduta fotografic…-
-Iva?!?!
Sei proprio
tu?!-
Conosco
questa voce.
E a quanto pare non sono la sola.
-Cappello-boy?!
Sei
proprio tu?!?!- domanda, sempre molto teatrale, il mio
client… la mia… Iva
all’aria, come se a parlare fosse stata
un’entità soprannaturale e non il mio
amico che è fermo sulla soglia dietro di lei.
Finalmente
si gira a
cercarlo con gli occhi e, quando lo individua, esplode di gioia,
muovendosi
verso di lui per intrappolarlo in un abbraccio stritolatore.
-Cappello
di
Paglia-boy!!!- esclama al colmo della gioia.
-Iva!!!
Che bello
rivederti!!!- risponde con altrettanto entusiasmo Rufy, lasciandosi
sbattacchiare di qua e di là senza riuscire a ricambiare
l’abbraccio date le
dimensioni del soggetto in questione.
-Che
cosa fai qui,
Cappello-boy?!- gli chiede, depositandolo a terra.
-Sono
passato a
salutare Margaret!- le spiega, sorridendo a trentadue denti, come solo
lui sa
fare, prima di cercarmi con lo sguardo e salutarmi con un cenno del
capo.
Strano,
di solito è
molto più espansivo!
Guardandolo
meglio
mi accorgo che ha le mani impegnate, anche se non capisco cosa stringe
nella
sinistra, dato che ha il braccio piegato dietro la schiena.
-Oh
quindi tu e
Margie-girl vi conoscete! Yy-ahh!- registra l’informazione
con evidente
interesse -E dimmi,
non trovi anche tu
che sia molto bella?!- gli chiede, posandogli un braccio sulle spalle e
indicandomi con la mano libera.
Io
mi passo una mano
sulla fronte, distogliendo lo sguardo, ormai paonazza.
Rufy
porta
l’avambraccio destro sulla fronte per sollevare la tesa del
suo inseparabile
cappello –dato che la mano è occupata da un
bicchiere di carta di quelli per il
caffè Take Away del Party’s Bar– e
guardarmi meglio.
-Beh…
non saprei! Credo
di sì!-
Non
ci rimango male.
Anzi, sorrido scuotendo leggermente la testa, divertita. Rufy
è un bambino
intrappolato in un corpo adulto. È di
un’ingenuità disarmante e, in 12 anni di
amicizia, non l’ho sentito una sola volta fare un
apprezzamento su una ragazza
che fosse una, quindi so che non c’è niente di
offensivo nella sua risposta.
-Vero?!-
si esalta
Iva, molleggiando sulle gambe -Sono sicura che Inazuma sarebbe
estasiato di
averla come modella!-
-Beh, sì
però…- interviene Rufy, pensieroso -…
non so se il suo ragazzo sarebbe d’accordo-
Il
mio che?!?!
Ma
di cosa sta
parlando?!
Iva
si blocca nel
bel mezzo di un piegamento e sbatte le palpebre un paio di volte,
registrando
questa nuova informazione, nuova non solo per lei.
-Ragazzo?!-
chiede
conferma, ancora perfettamente in posa -Ma quindi
c’è un uomo! Beh mi sarebbe
sembrato strano in effetti che un così bel fiorellino di
campo non fosse stato
colto da nessuno ancora!- dice poi, strizzandomi l’occhio.
Io
divento fucsia,
pregando che il pavimento si apra per inghiottirmi.
-E
com’è?!-
s’informa Iva curiosa.
-Ma
veramente…-
provo a protestare ma Rufy mi interrompe.
-È
un tipo moro,
abbastanza alto, che gira con uno strano cappello- elenca il mio amico
e mentre
parla una nuova consapevolezza si impadronisce di me, stringendomi lo
stomaco.
Non
starà cercando
di dire che…
No,
non può essere!
Lo
guardo, sgranando
gli occhi e sperando di essermi sbagliata. Ma lui corrisponde a quella
descrizione e la paura che questa sia una strana dichiarazione si fa
sempre più
concreta nella mia testa.
Sarebbe
davvero una brutta
situazione se così fosse. Credo di poter dire che sia il mio
più grande incubo
essere l’amore segreto di un amico così caro per
il quale, però, non provo
altro che affetto, perché questo segnerebbe la fine della
nostra amicizia,
inevitabilmente.
Il
dubbio che
potesse essere interessato a
me non mi
ha mai sfiorata eppure…
Lindow
dice sempre
che sono talmente modesta che non mi accorgerei nemmeno di una
dichiarazione in
pompa magna. Quindi è possibile che Rufy si sia preso una
cotta per me senza
che io me ne accorgessi.
Oh
accidenti!
-E
a letto com’è?!-
-C-come?!-
sbatto le
palpebre, riscuotendomi ora che Iva ha smesso di estorcere a Rufy
informazioni
sul mio presunto fidanzato ed
è tornata
a concentrarsi su di me -Beh ecco… io…
io…-
-Uhm,
interessante!
Da non riuscire a parlarne senza arrossire! Beh mia cara, buon per te,
dico io!
Ora se potessimo concludere quell’ordine…-
-Oh,
oh sì certo,
l’ordine!- mi precipito a recuperare il blocchetto che tengo
vicino alla cassa,
facendo cadere la penna e quasi travolgendo le schede coi significati
dei
fiori, tanto sono agitata.
Voglio
liberarmi di
questo tizio. Ora!
-Dunque,
le servono
per…?-
-Dopodomani!
Yy-ahh!-
-Okay,
che ne dice
dei papaveri?! Posso mischiarne due o tre tipi!- le spiego
gesticolando,
tenendo la penna ferma tra indice e medio.
-Papaveri!!!-
esclama in estasi -Dico che sono assolutamente perfetti!!!- afferma
poi, ancora
molleggiando.
-Okay…-
commento,
scribacchiando sul foglio e sollevando poi di nuovo lo sguardo su Iva
-A che
nome?-
-Emporio
Ivankov,
mia cara!-
-Ecco
qua!-
Stacco
il foglio
promemoria per il cliente e glielo consegno con malcelata urgenza.
-Grazie
mille,
pasticcino e arrivederci! A presto Cappello-boy! Yy-ahh!- ci saluta
avviandosi
finalmente alla porta.
-Arrivederci!-
-Ciao
Iva!!!-
Non
appena esce dal
chiosco, non posso fare a meno di tirare un sospiro di sollievo.
Sollievo
destinato a
svanire quando Rufy si gira verso di me.
Ecco.
Adesso
siamo solo
noi due.
Kami
se è
imbarazzante!
-Allora
Rufy… che
fai qui?!- domando, dopo qualche istante, cercando di sembrare
perfettamente a
mio agio e nascondendo il mio nervosismo come meglio posso.
-Sono
passato a
salutarti e a dirti una cosa-
Oh
santo cielo! Ci
siamo!
-Rufy
ascolta io
non…-
-Il
tuo ragazzo mi
ha chiesto di darti questo!-
Fisso
interdetta il
bicchiere di carta del Party’s Bar mentre Rufy lo appoggia
sul bancone
spingendolo verso di me.
-Ecco…-
riesco a
riscuotermi dopo un attimo -S-sei molto gentile ma… forse
dovremmo parlarne un
attimo prima di…- balbetto, vicina all’isteria.
-E
anche questo!-
dice poi estraendo finalmente ciò che tiene dietro la
schiena da quando è
entrato.
Ancora
più
interdetta di prima, lo guardo tendermi il mio ombrello.
Sbatto
le palpebre
due o tre volte mettendo insieme i pezzi.
Il
mio ombrello.
Il
mio ragazzo.
Alto.
Moro.
Non
capisco il
riferimento al cappello ma è per forza lui.
Ora
è tutto chiaro!
Tiro
un sospiro di
sollievo mentre sorrido felice.
-Rufy
non è il mio
ragazzo!-
-Ah
no?!- chiede lui
perplesso, portando le mani, ora libere, una sul fianco e una a
grattarsi la
nuca mentre aggrotta le sopracciglia –È chi
è?! Un tuo amico?!-
-Beh…
no… non
proprio-
-Un
cliente?!-
insiste.
-È
solo un tizio a
cui ho prestato un ombrello!- dico, stringendomi nelle spalle.
-Oh!-
fa lui, preso
alla sprovvista -Okay!- afferma poi, sorridendo solare.
Appoggio
l’ombrello
sotto al bancone e lo fisso un attimo, riflettendo.
-Scusa
ma… come
faceva a sapere che mi conosci?- gli domando, corrugando le
sopracciglia.
-Mi
ha sentito che
dicevo a Makino che volevo passare a salutarti!- spiega, schiacciandosi
il
cappello sulla testa, sempre sorridente -Ha l’aria simpatica!
Però sembrava un
po’ di fretta!- lo guardo riflettere e aggrottare la fronte
mentre prendo un
sorso di caffè -Mi ha piazzato in mano bicchiere e ombrello
ed è corso fuori
dal bar in fretta e furia! Spero che quell’autobus non lo
abbia investito…-
Mi
strozzo con il
caffè, prendendo a tossire come un tisica.
Che
ha detto?!?!
-Lo
ha investito un
autobus?!?!- domando sconvolta e basita dal suo poco tatto.
Ma
le da così certe
notizie?!
-Beh
potrebbe anche
essere- dice stringendosi nelle spalle -Ho sentito la porta del locale
che si
apriva, mi sono girato per chiedergli il nome e proprio in quel momento
passava
un autobus a tutta velocità e lui non c’era
più! Però potrebbe anche avere
attraversato molto in fretta!-
Lo
guardo allibita
per qualche secondo, la bocca leggermente aperta, poi sbatto le
palpebre,
riscuotendomi, e lo supero a passo di carica per uscire dal chiosco.
Guardo
verso il Party’s Bar e noto, con un certo sollievo, che non
c’è traccia di
ambulanze o polizia quindi, a meno che non sia stato catapultato in
orbita dal
colpo senza che nessuno se ne accorgesse, in teoria dovrebbe essere
vivo e
vegeto. Almeno spero.
Rufy
mi affianca,
mentre tiro un sospiro di sollievo e mi rilasso.
-Ora
devo andare
Margaret! Mi spiace non potermi fermare di più! Ci vediamo
presto!- mi saluta
con il suo solito entusiasmo.
-Okay,
a presto! E
grazie ancora per l’ombrello!- rispondo io.
Si
avvia, mentre io
mi trattengo ancora un attimo sulla porta, lo sguardo perso sulla
piazza, ma si
blocca fatti pochi passi, colto da un pensiero improvviso.
-Ehi
Margaret!-
-Mh?!-
riporto gli
occhi su di lui.
-Penso
davvero che
tu sia bella!- mi dice, con una sincerità disarmante, prima
di voltarmi
nuovamente le spalle.
Resto
un attimo a
fissare la sua schiena, interdetta.
Monkey
D. Rufy è la
persona più eccezionale che io conosca. Gli basta un sorriso
e una parola per
cancellare i brutti pensieri e illuminare la giornata anche a un
perfetto
sconosciuto.
Gli
voglio un bene
dell’anima e sento l’improvviso bisogno di
dirglielo.
Prima
di partire al
suo inseguimento, lancio un’occhiata all’interno
del negozio e lo sguardo mi
cade sui fiordalisi, accanto alla porta. Rapida ne afferro due per poi
lanciarmi di corsa dietro di lui.
-Rufy!!!-
lo chiamo
a gran voce.
Lui
si arresta e si
volta, interrogativo.
-Che
succede?!-
Senza
rispondere lo
raggiungo e afferro la tesa del suo cappello di paglia e, tirando
leggermente,
lo obbligo a chinare il capo verso di me per poi assicurare i due fiori
nella
fascia rossa che lo decora.
Lui,
curioso, si
toglie il copricapo e studia i piccoli fiordalisi qualche secondo.
-Come
mai?!- mi
domanda, riportando l’attenzione su di me.
Io
mi stringo nelle
spalle.
-Perché
ti voglio
bene!-
A
quelle parole
torna di nuovo a sorridere, facendo concorrenza al sole che splende
alto nel
cielo.
-Anche
io te ne
voglio! Salutami il tuo ragazzo eh!-
Cosa?!
Ma mi ha
ascoltata prima?!
Ventilo
l’ipotesi di
rispiegargli di nuovo la faccenda ma… servirebbe a qualcosa?!
Ovviamente
no, così
la butto sul ridere.
-Eh,
sempre che non
lo abbia investito un autobus!-
-Speriamo
di no eh!-
mi risponde serio, lasciandomi di stucco.
Kami,
è
irrecuperabile!
Ritorno
sui miei
passi, scuotendo la testa e lasciandomi sfuggire una piccola risata.
In
mano ho ancora il
bicchiere del caffè e me lo porto alle labbra,
sorseggiandolo mentre rientro in
negozio.
E
solo ora noto una
specie di scarabocchio a pennarello sul lato del supporto di cartone
che si
mette per non scottarsi la mano. Con la fronte corrugata giro il
bicchiere per
leggere meglio cosa sia.
Quattro
parole sono
scritte con una grafia elegante e perfettamente leggibile.
Settimana
infernale al lavoro.
Sbuffo
una risata.
Sempre di molte parole lui!
Sto
già per prendere
un’altra sorsata quando mi accorgo di un post
scriptum un po’ più sotto.
PS:
a presto.
Senza
un apparente
motivo, mi ritrovo a sorridere, un sorriso che farebbe concorrenza a
quello di
Rufy.
-Okay…-
mormoro a
mezza voce, riportando il bicchiere alle labbra -Allora a presto,
Trafalgar
Law. Ci conto… Sempre che non ti investa un autobus!- non
riesco a trattenermi
dal mormorare e un attimo dopo sono lì che rido da sola e
senza ritegno, ripensando
a Rufy.
Papavero
Fioritura:
Primavera-estate
Significato:
Eccentricità,
sollievo.
Storia
e curiosità: Esistono 48 specie di
papaveri, provenienti
dall’Eurasia, Africa e Nord America, con fioritura annuale,
biennale o perenne.
Possono essere rossi, rosa, gialli, lilla o arancioni. A Creta era
diffusa la
credenza che i campi di grano in cui crescevano
i papaveri fossero più fertili e
redditizi. Oltre a essere associato, per questo motivo alla dea
Demetra, gli
antichi greci associavano il papavero anche a Hipnos, Nyx e Thanatos,
gli dei
del sonno, viste le proprietà narcotiche dei semi di
papavero, da cui si estrae
l’oppio. Il papavero ha proprietà mediche ed
è utilizzato anche in cucina.
Fiordaliso
Fioritura:
Primavera-estate.
Significato:
Amicizia,
delicatezza, sensibilità.
Storia
e curiosità: Il fiordaliso
è simbolo di gioia e beatitudine
per via delle sue capacità curative e medicamentose,
largamente utilizzate nei
secoli passati e che gli sono valse il nome di “erba degli
incantesimi”.
L’associazione con la delicatezza è dovuta ai suoi
petali estremamente leggeri.
È una pianta erbacea annuale e si caratterizza per il suo
colore blu,
particolarmente intenso.
Angolo
dell’autrice:
Ho
solo una cosa da
dire oggi: Soke, io ho fatto del mio meglio! XD
Grazie
a tutti i
lettori.
Piper.
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Capitolo 4 *** Martedì ***
A
Star
Lancio
un’occhiata
all’orologio, appoggiando sul bancone l’involto di
garofani rossi arrivati
stamattina.
Mentre
aspetto
decido di cominciare a dare un’accorciata ai lunghi steli e
sfoltirli un po’
dalle foglie in eccesso. In fondo è un lavoro che richiede
solo qualche minuto.
Portandomi
al lato
opposto del battitore di cassa, infilo i guanti e prendo le cesoie,
prima di
aprire l’incarto e sparpagliare i fiori per bene, lasciandoli
appoggiati sulla
carta che prima li avvolgeva, ora aperta sul ripiano color pesca.
Studio
per un attimo
il mio ultimo rifornimento, con aria soddisfatta. Mi sono sempre
piaciuti molto
i garofani, sembrano origami assemblati con cura e armonia. Questi in
particolare si distinguono per essere screziati, con il centro del
petalo più
scuro, quasi rosso ciliegia, e il bordo più rosato.
Prendo
a tagliare
gli steli e dividerli in mazzi più piccoli da legare insieme
con lo spago,
gettando le foglie in un sacchetto che ho appeso per un manico alla
maniglia
del cassetto, ingegnandomi per non dovermi continuamente voltare verso
la
spazzatura alle mie spalle.
Sono
già a buon
punto quando una coppia di ragazzi, che avranno sì e no la
mia età, entra nel
negozio, discutendo animatamente.
-Ma
vuoi smetterla
di lamentarti?!-
-Quando
ho detto che
ti avrei accompagnato a comprare i fiori, non intendevo che ero
disponibile a
farmi buttare giù dal letto alle otto e mezza di mattina!-
Si
ferma a metà
tragitto tra la porta e il bancone, la ragazza, e, visibilmente
contrariata, si
volta facendo ondeggiare la chioma rosso fuoco mentre lui la raggiunge
in poche
falcate.
-Senti
io ho delle
cose da fare più tardi okay?! Cose importanti! E poi non lo
sai che il mattino
ha l’oro in bocca?!- chiede retorica posando le mani sui
fianchi.
-Certo,
infatti io
non dormo mai fino a tardi tranne nel mio giorno libero che, guarda a
caso, è
oggi?!?!- le fa notare il ragazzo, piuttosto scocciato, superandola e
avvicinandosi ancora.
Lei
lo segue con lo
sguardo e solleva un sopracciglio con l’aria di una che ha
appena vinto un
premio ambito.
-Ma
davvero?!-
domanda, interessata.
Lui
la scruta
qualche secondo prima di venire colto da un’improvvisa
illuminazione e assumere
subito dopo un’espressione terrorizzata.
-N-Nami?!
Cos’è
quella faccia?!-
Lei
continua a
sorridere compiaciuta, senza rispondere.
-Cos’è
che devi fare
dopo?!- le domanda ancora, sempre più preoccupato.
-Tu
che ne dici?!-
Continuo
imperterrita a occuparmi dei garofani, mentre fingo disinteresse verso
la loro
conversazione ma senza negarmi un’occhiatina ogni tanto.
-Eh
no!!!- esclama
il ragazzo coi capelli verdi, capendo cosa frulla nella testa della
compagna
-Non ci penso nemmeno a farti da portaborse anche oggi! Io dopo me ne
vado in
palestra!- afferma, determinato e irremovibile.
Nami
perde il
sorriso e lo scruta truce qualche istante prima di avvicinarsi e
parlargli con
un tono noncurante.
-Oh
beh… vorrà dire
che, anziché diminuire, il tuo debito aumenterà
un altro po’!- afferma,
esaminandosi un’unghia con apparente interesse e studiando
poi subito la sua
reazione di sottecchi -Tanto qualche berry in più o in meno
non ti fa nessuna
differenza no?!- solleva di nuovo un sopracciglio.
Per
tutta risposta
il ragazzo verde soffia dal naso, al colmo della sopportazione e
digrigna uno
-Strozzina!- tra i denti.
-Guarda
che ti ho
sentito, ominide!!!- gli sbraita contro, mostrando i denti appuntiti.
Non
se le mandano
certo a dire questi due!
-E
piantala di
urlare! Prenotiamo questo dannato bouquet e poi andiamo, che prima
iniziamo,
prima posso tornare a casa a dormire!-
Si
avvicinano al
bancone e io fingo di essere stata totalmente immersa nel mio lavoro
fino a
questo momento, salutandoli solo quando sono a pochi passi da me e
continuando
a tagliare gli steli con gesti meccanici.
-Buongiorno!-
ricambia Nami, con un caldo sorriso che le illumina gli occhi marroni.
Non
sembra affatto
maleducata, ragion per cui suppongo che debba conoscere il ragazzo
verde da
tempo, visto il modo in cui lo tratta. Sospetto che siano in gran
confidenza.
Lui,
dal canto suo,
si limita a grugnire, guadagnandosi un’occhiataccia.
-Avremmo
bisogno di
ordinare un bouquet!- mi dice lei addossandosi al bancone con entrambi
gli
avambracci.
-Ma
certo!-
annuisco, posando le cesoie e sfilando
i
guanti.
Afferro
carta e
penna, pronta a scrivere tutte le direttive e le richieste.
-È
un’occasione
speciale?!- domando, concentrandomi su di loro e notando solo ora il
delizioso
contrasto delle loro strane capigliature.
-È
per il dottorato
di un’amica! Però non ha un fiore preferito quindi
non saprei davvero cosa
scegliere… Tu che ne dici?!- domanda al compagno che,
appoggiato un gomito al
bancone ha perso lo sguardo sui fiori che stipano il locale in tutta la
sua
larghezza e lunghezza.
Una
vena scarlatta
fa capolino da sotto la frangia arancione quando non riceve risposta.
-Zoro?!-
lo
richiama, già spazientita.
Ancora
nessuna
risposta.
-Buzzurro!!!-
esplode
improvvisamente, schiantandolo a terra con un pugno.
Sgrano
gli occhi,
impressionata dalla potenza usata, e mi sporgo oltre il bancone per
sincerarmi
delle sue condizioni ma subito lui riemerge, rimettendosi in piedi e
guardandola in tralice mentre si massaggia il bernoccolo che gli si sta
gonfiando tra i capelli.
-Ma
che ti è
preso?!?!- domanda irritato ma, da come si comporta, capisco che
è abituato
anche a questo.
Ben
strana relazione
hanno questi due!
Nonostante
gli
insulti e i cazzotti però Nami continua a voler conoscere
l’opinione di Zoro.
-Non
mi ascoltavi!
Dicevo, Robin non ha un fiore preferito, tu che dici di fare?!-
Riflette
qualche
secondo, facendo nuovamente vagare lo sguardo nero sulla
varietà di fiori
presenti nel locale.
-Io
sceglierei dei
fiori che la rappresentano!- conclude, annuendo convinto.
Nami
aggrotta le
sopracciglia, colta un po’ alla sprovvista.
-In
che senso?!-
chiede delucidazioni, mettendolo in difficoltà, fatto che in
realtà traspare
poco dalla sua espressione impassibile.
Ma
ne ho viste tante
di coppie passare da qui e non è la prima volta che assisto
a una scena del
genere. Lei che aspetta una risposta, lui che la fissa atono, prendendo
tempo
mentre cerca disperatamente qualcosa da dire.
Visto
l’indole di
fuoco di lei e temendo l’arrivo di un altro cazzotto a breve,
decido di
intervenire in aiuto di Zoro.
-Beh
ogni fiore ha
un significato!- spiego, richiamando la loro attenzione -Se voi mi
descrivete
la vostra amica, al bouquet ci penso io!- mi offro con un sorriso.
Zoro
si stringe
nelle spalle mentre Nami si illumina, soddisfatta.
Quando
non è
furibonda, mi da l’impressione di una ragazza molto solare e
vivace.
-Dunque
vediamo…-
comincia pensosa, tornando ad appoggiarsi al bancone con tutte e due le
braccia
-Robin è molto intelligente e pacata… ha un modo
di fare abbastanza materno. Ah
e poi legge molto, quindi la definirei curiosa- mentre parla
scribacchio
qualcosa sul foglio, annuendo e incoraggiandola a continuare -Uhm, poi
vediamo…
che altro?!-
-È
femminile ed
elegante!- interviene Zoro senza ombra di esitazione.
Ci
giriamo entrambe
verso di lui, Nami visibilmente sorpresa.
Aggiungo
dalia e azalea
all’elenco, prima di tornare a guardarlo, in attesa di altri
suggerimenti.
-Riesce
sempre a
dire la cosa giusta
al momento giusto e
lo fa sempre con gran classe, la definirei molto raffinata-
Petunie
e calle
vanno a fare compagnia agli altri fiori già segnati.
-E
per finire io la
trovo anche abbastanza sensuale- conclude Zoro, facendomi sorridere
soddisfatta
mentre metto il puntino sulla i di peonia.
Ma
il mio sorriso si
spegne non appena, sollevato lo sguardo, noto l’espressione
di Nami.
Occhi
piantati al
pavimento, le dita che pasticciano tra loro e un’espressione
di pura delusione
sul volto.
Che
cosa sta
succedendo?!
Faccio
per
chiederglielo, sapendo bene che comunque non sono affari miei, ma non
riesco ad
aprir bocca che mi precede, mormorando.
-Sai,
non ti facevo
così romantico…-
Solleva
lo sguardo,
sorridendo malinconica e facendo aggrottare le sopracciglio a Zoro,
anche lui
preoccupato per il repentino cambio d’umore della compagna.
-Credevo
che gli
scegliessi a caso, i fiori- prosegue flebile, senza però
distogliere gli occhi
dal suo viso -Ora il bouquet che mi hai regalato per il mio compleanno
ha tutto
un altro significato… Ora capisco…-
Si
sfrega i palmi
delle mani sulle braccia, come a riscaldarsi da un freddo che sente
solo lei.
Un
lampo di
comprensione attraversa i miei occhi mentre la mia mente lavora
febbrile,
cercando di indovinare quali fiori Zoro potrebbe averle regalato.
-Nami
cosa…?- prova
a chiedere ma viene interrotto.
-Comunque…-
si
riscuote lei, cercando di recuperare il suo tono gioioso, riuscendoci
anche
discretamente bene, non fosse per l’espressione
improvvisamente tirata del viso
-Allora passo io a ritirarlo verso le cinque e mezzo va bene?!-
Io
annuisco,
impotente. Vorrei poter fare qualcosa, Zoro si sta agitando di fronte
al
mutismo di lei e mi fa un po’ tenerezza.
-Perfetto!-
sorride
a fatica, deglutendo e dandomi l’impressione di stare
cercando di mandare giù
anche qualcos’altro -Allora a più tardi! Zoro,
grazie della compagnia, ci
vediamo stasera alla festa. E scusa se ti ho buttato giù dal
letto- dice atona,
prima di avviarsi alla porta come una scheggia, le braccia incrociate
sotto il
seno.
Io
riporto lo
sguardo su Zoro che boccheggia, interdetto.
-Mi
ha chiesto…
scusa?!- domanda poi più a se stesso che a me, incredulo.
-Che
fiori erano?!-
decido di domandargli, dopo qualche istante.
-Come?!-
fa lui,
tornando a concentrarsi su di me.
-Che
fiori erano
quelli del bouquet che le hai regalato?!- ripeto con urgenza.
Non
mi preoccupo di
dargli del “lei”, mi sembra di essere
già in confidenza con questi due.
-Beh…-
Si
guarda intorno,
cercandoli febbrile con gli occhi.
-Quelli!-
esclama
poi, indicandomi un mazzo di fiori a stelo lungo, formati da sei petali
ciascuno,
con il pistillo circondato da un calice giallo oro.
Narcisi.
Male!
Molto male!
Lo
capisce subito anche
lui dalla mia espressione un po’ inorridita.
-Solo
quelli?!-
Annuisce
piano.
Chi
diavolo è quel
baka sciagurato che gli ha fatto regalare un bouquet di soli narcisi a
una
ragazza?!?!
-Ho
sbagliato
vero?!- domanda rassegnato, sollecitando una spiegazione.
-Quelli
sono narcisi!-
dico, convinta che sia sufficiente per fargli comprendere il problema.
Ma
lui mi fissa con
un’espressione che non lascia dubbi. Non sa di cosa accidenti
sto parlando.
Ma
come fa?! Voglio
dire, i narcisi sono uno dei pochi fiori di cui tutti, e dico tutti,
conoscono
il significato!
-I
narcisi indicano
vanità e amore di sé…- tento di nuovo
e stavolta, sebbene non proprio con
immediatezza, Zoro capisce.
E
la sua espressione
mi conferma che ci tiene, e anche parecchio, a quella ragazza.
Qui
bisogna fare
qualcosa!
Lo
sguardo mi cade
sui garofani di cui mi stavo occupando prima. Senza perdere altro tempo
ne
scelgo cinque già accorciati e sfoltiti.
-Sarebbero
meglio
delle gerbere arancioni o dei girasoli ma questi sono già
pronti e tu non hai
tempo da perdere!- spiego un po’ concitata, mentre li lego
assieme con un
nastro di organza rosso che ho estratto rapida dal cassetto.
Faccio
un fiocco,
taglio il nastro in eccesso e glieli porgo.
Lui
li afferra in
automatico ma resta immobile a guardarmi.
Io
aggrotto le
sopracciglia.
-Ma
che fai?!-
-Cosa
significano
questi?! Che le dico?!- mi domanda, teso e preoccupato.
Io
sorrido
incoraggiante.
-Non
importa, tu non
pensare troppo e vedrai che le parole verranno da sé! Ma ora
va! Sbrigati!!!-
lo incito e finalmente lui parte alla conquista di piazza Gyoncorde e
anche,
spero, di qualcos‘altro.
Resto
per un po’
appoggiata al bancone, sperando che Zoro riesca a chiarirsi e che Nami
gli dia
retta, prima di infilare nuovamente i guanti e tornare a occuparmi dei
garofani.
Ma
faccio appena in
tempo a prendere le cesoie che subito devo appoggiarle nuovamente al
ripiano e
sfilare un’altra volta i guanti, quando il mio nuovo rituale
sacro del martedì,
da un mese a questa parte, fa il suo ingresso con in testa il suo
assurdo
cappello leopardato e in mano la nostra colazione.
-Finalmente!
Morivo
di fame!- gli dico appena mette piede nel chiosco.
-C’era
coda- si
giustifica senza troppe moine, appoggiando caffè e briosche
al bancone -Senti
un po’, ho incrociato due ragazzi che stavano litigando.
Arrivavano da qui? Lei
ha in mano dei fiori rossi-
-Stanno
litigando?!-
domando, incredula.
Lui
annuisce,
togliendosi il cappello e passandosi una mano tra
i capelli già scompigliati mentre io,
sospirando, mi avvicino il sacchetto coi croissant e sbircio per vedere
che
gusti ha preso questa settimana.
Sorrido
soddisfatta
quando riconosco la briosche con la marmellata di more, la mia
preferita.
-Sì
erano qui! Sono
proprio una bella coppia!- dico convinta, addentando il croissant.
Lui
aggrotta le
sopracciglia.
-Ma
chi? I due che stanno
facendo una gara a “chi trova l’insulto
più originale”?!- domanda, scettico.
-Beh
hanno un modo
tutto loro di essere una coppia! Sono passionali!- continuo a perorare
la mia
causa, bevendo poi un po’ di caffè.
Ma
lui mi guarda
caparbio, alzando un sopracciglio con fare scettico. So che non
riuscirò a
fargli cambiare idea, proprio come lui non riuscirà a farla
cambiare a me.
Appoggio
il mio
caffè e afferro un garofano, facendolo girare tra le dita
prima di
picchiettarmelo sul naso.
-Dì
quello che
vuoi…- gli dico ferma nella mia convinzione -…ma
secondo me quei due si amano
alla follia!-
Garofano
Fioritura:
Primavera.
Significato:
Il
significato cambia in base al tipo di garofano. Il garofano rosso
indica amore appassionato e impetuoso.
Storia
e curiosità: Originario
del bacino mediterraneo è una pianta
erbacea perenne. Il colore naturale del fiore è un brillante
rosa-porpora,
tuttavia negli anni ne sono state ibridate svariate specie.
Gerbera
Fioritura:
Primavera-estate.
Significato:
Allegria.
Storia
e curiosità: Originaria
dell’Africa, Asia e Suadamerica,
prende il nome dal naturalista tedesco Trugott Gerber. Ne esistono
all’incirca
trenta specie.
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Capitolo 5 *** Ingenua? ***
Mi
porto vicino a
Margaret dietro il bancone, incrociando gli occhi assurdi di questo
tizio.
Ha
uno sguardo che
non mi piace, troppo impassibile, troppo serio.
Se
non fossi io il
primo abituato a guardare la gente a quel modo, di certo mi sentirei in
soggezione, ragion per cui non mi sono affatto stupito della reazione
di
Margaret quando, anziché rispondere al suo saluto,
l’ha squadrata con uno
sguardo di fuoco.
Ero
nel retro a sistemare
dei vasi e, nonostante io sia uno stronzo insensibile, ho sentito
l’impulso di
raggiungerla quando l’ho vista irrigidirsi un po’
spaventata.
-Dunque…-
mormora ancora
esitante -… c-come posso
aiutarla?!-
Lui
mi fissa ancora
qualche secondo, sfidandomi a sostenere il suo sguardo, sfida che
accolgo
naturalmente senza pensarci due volte, prima di portare lentamente la
sua attenzione
su Margaret.
Suo
malgrado,
deglutisce rumorosamente e io mi sposto ancora qualche centimetro verso
di lei.
-Mi
servono dei fiori-
afferma impassibile e io sollevo un sopracciglio.
Se
non avesse l’aria
di uno capace di ucciderti per aver disturbato il suo pisolino e
Margaret non
fosse così preoccupata, ribatterei con un sarcastico
“ma non mi dica!”. Fatto
sta che sembra capace di incenerire una quercia a chilometri di
distanza con
quegli occhi giallo-oro che si ritrova, simili a quelli di un falco, e,
non
volendo creare problemi alla biondina, decido di mordermi la lingua.
Margaret
mi lancia
un’occhiata e si schiarisce la gola, in evidente
difficoltà, prima di tornare a
rivolgersi al tizio.
-Che
tipo di fiori?-
chiede, accennando un mezzo sorriso.
Il
tipo si passa una
mano tra i capelli mori.
-Dei
fiori per il
compleanno di una sciocca ragazzina che mi darà il tormento
per giorni se oggi
non trovo il modo di renderle la serata indimenticabile- il tono
è fermo ma
sono pronto a scommettere che quest’uomo sia al colmo
dell’esasperazione.
-Aveva
in mente dei
fiori in particolare?- tenta ancora Margaret -Magari qualcosa che
gliela
ricorda… o… o che la rappresenti…-
tentenna sotto lo sguardo atono dell’uomo.
La
fissa per qualche
secondo, infastidendomi non poco e poi si decide a parlare, posando un
avambraccio sul ripiano color pesca e cominciando a snocciolare
monocorde.
-Dunque
è infantile,
fastidiosa, insistente…-
Margaret
sgrana gli
occhi all’inverosimile e io aggrotto le sopracciglia,
entrambi presi alla
sprovvista dall’elenco di difetti che sembra non avere fine.
-…viziata,
irritante…-
Ma
chi glielo fa
fare, dico io.
-…
si veste in modo
ridicolo e ride in modo ancora più ridicolo. Devo
continuare?- domanda,
retorico.
Restiamo
un attimo
immersi nel silenzio, occhi di falco studiando il negozio, io studiando
occhi
di falco e Margaret studiando un modo per levarsi da questa
imbarazzante
situazione.
Si
porta una ciocca
di capelli dietro l’orecchio, fissando il bancone e lanciando
un’occhiata di
sottecchi al suo cliente, senza sapere che dire o fare.
A
un certo punto il
moro assottiglia lo sguardo poi, con una calma quasi snervante, solleva
lentamente il braccio per indicare dei fiori che spuntano da un secchio
a terra
alla sua destra.
-Quelli-
afferma
puntando il dito verso dei piccoli fiorellini che si raccolgono a
grappolo sul
loro stelo, formando delle spighe colorate-Quelli sono perfetti, mi
ricordano
uno dei suoi assurdi vestiti tutti balze e merletti-
-Le
speronelle?!-
chiede conferma Margaret facendo voltare occhi di falco verso di lei
con
un’aria che oserei definire quasi sorpresa, nei limiti
espressivi di un tipo
del genere ovviamente.
-Come
si chiama?-
domanda.
-Speronella-
ripete
Margaret, senza la sua solita verve.
Intreccio
le dita
delle mani mentre mi addosso al bancone con gli avambracci, cominciando
a
spazientirmi.
Che
si tolga dai
piedi in fretta, non mi piace vederla così in soggezione!
Prendendoci
alla
sprovvista, occhi di falco getta la testa all’indietro e
scoppia a ridere, senza
un apparente valido motivo.
E
non è una risata
di scherno o circostanza. Ride proprio di gusto, il che mi fa
aggrottare ancora
di più le sopracciglia e cercare con gli occhi Margaret, che
si stringe nelle
spalle abbozzando un sorriso.
-Contengono
pure il
suo nome! Sono proprio perfetti!- ribadisce per poi tornare a guardare
Margaret
-E mi dica, hanno anche un qualche significato particolare?-
-Beh…-
riprende a
tentennare lei -… ecco, sì, a dire il vero
indicano… frivolezza-
Pronuncia
l’ultima parola
con una smorfia, aspettandosi che il tizio cambi idea ora che ne
conosce il
significato.
Ma
occhi di falco,
ormai tornato serio, annuisce e mormora qualcosa riguardo al fatto che
quei
fiori devono averli inventati apposta per lei.
E
a quelle parole,
Margaret non riesce più a trattenersi.
-Vuole
dirle che è
frivola il giorno del suo compleanno?!- chiede, basita.
Lui
torna a fissarla
con lo sguardo di fuoco di qualche minuto fa ma lei sembra avere subito
una
metamorfosi e non abbassa gli occhi.
-Non
credo conosca
il linguaggio dei fiori- afferma duro e irremovibile.
-E
se lo
conoscesse?- domanda lei, le mani sui fianchi con aria di rimprovero.
Lui
la fissa
impassibile.
-Potrei
suggerirle…-
insiste Margaret alzando il dito indice come se un’idea
l’avesse appena colpita
e facendo il giro del bancone per dirigersi verso una rastrelliera.
Mi
sporgo un po’ per
vedere oltre la figura di occhi di falco, anche lui intento a seguire i
suoi movimenti, e
la vedo trafficare e
armeggiare qualche istante per districare qualcosa dal groviglio di
steli e
rami che infesta questo chiosco-foresta. Finalmente si gira
soddisfatta.
-…questa!-
conclude
la frase, gli occhi che brillano mentre si avvicina tenendo tra le mani
chiuse
a coppa un piccolo vaso, nella cui terra è piantato un unico
ramo,
apparentemente secco, ma tempestato di piccoli fiori rosa a quattro
petali.
Occhi
di falco
aggrotta le sopracciglia ma non sembra contrariato, anzi.
-È
un ramo di Dafne!
È più originale che il solito mazzo di fiori!-
insiste Margaret, stringendosi
nelle spalle.
Il
tipo scruta per
un attimo il ramo, sempre totalmente impassibile.
Poi
annuisce.
-E
sia- dice
semplicemente, senza troppo entusiasmo, mi raccomando.
Margaret
sorride
felice mentre prepara una piccola confezione regalo con della carta
trasparente.
Io
la osservo,
incuriosito. Ormai la conosco e so quanto per lei sia importante
scegliere il
fiore giusto in ogni occasione. E per fiore giusto non intendo i fiori
di pesco
per il matrimonio o le rose rosse per l’anniversario.
Lei
in questa cosa
del linguaggio dei fiori ci crede davvero e, ogni volta che arriva un
cliente
senza la più pallida idea di cosa acquistare, cerca sempre
di dirottarlo su una
scelta che abbia un senso anche dal punto di vista del messaggio
veicolato.
E
quando ci riesce
si trasforma in una bambina gongolante.
Proprio
come adesso.
Come
se non bastasse
il mio infallibile intuito a conferma della mia ipotesi, eccola cercare
rapidamente tra le schede dei significati, estrarne una e lasciarla
cadere nel
sacchetto dove ha accuratamente depositato la piccola pianta, prima di
consegnarlo da sopra il bancone a occhi di falco che paga e,
finalmente, se ne
va.
Torniamo
nel retro,
Margaret praticamente saltellando, e ricominciamo a sistemare i vasi
attualmente inutilizzati.
Sarebbe
del tutto
ragionevole domandarmi perché lo faccio. Perché
sono qui nel mio giorno libero
a sistemare dei vasi in un negozio di fiori con una tizia fissata con
la
semantica delle piante.
E
la risposta è:
perché mi va.
Punto.
Preferisco
stare qui
che annoiarmi a casa. Nonostante io sia un bastardo asociale, un
po’ di
contatto umano fa bene anche a me e Margaret, oltre a sembrare
l’unica altra
persona sana di mente in questa città, ha tante belle
qualità.
Prima
fra tutte, non
mi obbliga a parlare se non ne ho voglia.
O
almeno, di solito
non lo fa.
-Bella,
eh, la
dafne?!- mi dice a metà tra una domanda e
un’affermazione.
Io
grugnisco,
continuando a raggruppare i vasi in base alle loro dimensioni.
-Secondo
me era
proprio perfetto per l’occasione! Ho fatto bene a
consigliarglielo!- annuisce
convinta.
La
guardo di
sottecchi un secondo per poi tornare a concentrarmi sullo smistamento.
-Sì,
assolutamente
perfetto!- afferma ancora e io non posso trattenere un sospiro.
So
cosa vuole. E so che
se non l’assecondo la mia rilassante mattinata potrebbe
trasformarsi in un
incubo.
Mi
schiarisco la
gola, mettendo su l’espressione più interessata
che riesco a recuperare.
-Che
cosa
significa?! La dafne dico- le domando e subito alza la testa di scatto,
un
enorme sorriso a illuminarla.
Quasi
mi scappa un
sorriso mentre torno a suddividere i vasi. A volte è come
una bambina, basta
pochissimo per farla felice.
-“Non
ti vorrei in
nessun altro modo”- scandisce soddisfatta, bagnando alcune
piante in vaso, ordinate
in fila sul tavolo opposto a quello su cui sto lavorando io.
Mi
blocco nel bel
mezzo dell’operazione, un vaso in mano sospeso a
mezz’aria e guardo dritto
davanti a me, chiedendomi se ho capito bene.
Scuoto
leggermente
la testa, focalizzandomi su Margaret.
-Stai
scherzando?-
-No
perché?!-
domanda lei aggrottando le sopracciglia.
-Ma
come perché?-
faccio io, perdendo una volta tanto la mia compostezza, incredulo -Non
hai
sentito lo sfogo di quel tizio?! È evidente che la vorrebbe
in tutt’altro modo!-
Margaret
incrocia le
braccia sotto il seno, senza mettere giù
l’annaffiatoio.
-E
tu credi che se
davvero non l’amasse così
com’è, ci starebbe insieme?! Chi glielo farebbe
fare?!- mi sfida a rispondere, sollevando il mento.
Io
resto un attimo
interdetto, senza sapere bene cosa dire.
Poi
scuoto la testa
e mi rimetto a impilare i vasi.
Restiamo
un attimo
in silenzio, ma solo un attimo perché io non riesco proprio
a trattenermi. Non
è da me preoccuparmi per gli altri ma Margaret è
così ingenua su certe cose che
riesce a far emergere in me un istinto protettivo che nemmeno sapevo di
avere.
-Margaret,
ti rendi
conto che solo perché due persone stanno insieme non
significa che si amino,
vero?!- le chiedo lanciandole un’occhiata.
Stavolta
è il suo
turno di bloccarsi con l’annaffiatoio a mezz’aria.
Mi lancia un’occhiata di
sottecchi prima di sollevare la testa, posare l’annaffiatoio,
appoggiare i
gomiti sul tavolo e il mento sui palmi delle mani, guardandomi con uno
sguardo
furbo e divertito.
-E
dimmi, se
rispondo a questa domanda finiremo per parlare di preservativi e
ragazzi poco
raccomandabili, papà?- mi domanda, sarcastica.
Io
m’imbroncio, a
modo mio s’intende, e grugnisco.
-Voglio
solo dire
che a volte sembri avere una visione semplicistica
dell’amore, tutto qui. Ed è
troppo facile approfittarsi di una persona così…-
mi blocco, prima di dire
qualcosa di offensivo.
-Ingenua?-
domanda
lei, sollevando le sopracciglia e, stupidamente, torno a concentrarmi
sui vasi,
confermando così la sua ipotesi su quanto stavo per dire.
Mi
fissa ancora un
attimo, prima di tirarsi su e infilare le mani nell’unico
tascone del suo
grembiule lilla.
-Sai
perché sono
così convinta che questo non sia il caso di quel tizio e la
sua fidanzata?- mi
domanda corrugando la fronte.
Io
mi limito a
guardarla, invitandola con gli occhi a proseguire.
-Perché
quel tizio è
come te! E tu, mio caro dottor Stranamore, non potresti mai stare con
qualcuno
che non sopporti solo per un po’ di sesso assicurato a fine
giornata!- afferma
convinta, spiazzandomi completamente -Ammesso naturalmente che tu
riesca a
trovare qualcuno che ti sopporti, perché sappiamo benissimo
entrambi che
saresti il primo a non essere disposto a cambiare nonostante tutti i tuoi difetti!- prosegue
poi, cominciando a
sfoltire un po’ le piante disposte davanti a lei.
Ah
ma che carina!
Davvero gentile!
Apro
la bocca per
protestare, anche se in fondo ha fottutamente ragione, ma non riesco a
emettere
mezza sillaba che mi blocca di nuovo.
-E
comunque…- inizia
guardandomi e puntandomi contro le cesoie, un po’ minacciosa
-… io sarò anche
ingenua ma non così ingenua! Semplicemente non concepisco
una relazione in cui
si pretende di cambiare l’altro! Secondo me se una persona ti
fa innamorare
davvero, lo fa con tutta se stessa, compresi i difetti! Cambiare i
difetti
dell’altro vuol dire cambiare la persona che si ama e io,
personalmente, non lo
vorrei mai!- conclude e dal suo tono capisco che per lei la questione
è chiusa.
Sono
davvero
allibito, non l’avevo mai sentita parlare così.
È la prima volta che qualcuno
riesce a togliermi l’uso della parola.
Però
non so dire con
certezza se ad ammutolirmi sia stato il suo tono o la sensazione che
sto
provando.
Perché
quello che ha
appena detto riguardo all’amare tutto dell’altro,
difetti compresi, mi fa
sentire inspiegabilmente bene e non riesco a non sorridere mentre torno
a
concentrarmi sui vasi.
Speronella
Fioritura:
Primavera-estate.
Significato:
Frivolezza
Storia
e curiosità:
Originaria di Asia, Europa e Nord America, ne
esistono circa 300 specie a fioritura annuale, biennale e perenne. Sono
importanti nel processo di impollinazione perché, grazie
alla loro colorazione
sgargiante, attirano le farfalle e altri impollinatori. Sono tossiche
se
ingerite o tenute a contatto con la pelle, provocando così
rush cutanei.
Dafne
Fioritura:
Primavera
Significato:
“Non
ti vorrei in un nessun altro modo”
Storia
e curiosità: Conosciuta
anche come Fior di Stecco per l’aspetto
apparentemente secco dei rami su cui fiorisce, la Dafne prende il nome
dalla
leggenda mitologica della ninfa Dafne, trasformata in alloro dalla
pietà degli
dei prima di venire violata da Apollo; le foglie di questo fiore
ricordano
quelle dell’alloro, da qui il suo nome. Nonostante alcune
parti della pianta
siano velenose, la Dafne ha proprietà curative e viene usata
anche in farmacia.
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Capitolo 6 *** Miss so-tutto-io ***
-Eleganza…-
-Dalia!-
risponde
subito senza esitazione e io lancio un’altra scheda sul
bancone a frisbee,
aspettando il mio turno -Dai questa è facile, fiore di
loto…-
Rifletto
qualche
secondo, cercando di recuperare le informazioni accumulate nelle ultime
settimane.
-Purezza?-
domando e
subito un suo cenno della testa mi da conferma.
Passo
alla scheda
successiva, dopo aver lanciato un’occhiata
all’orologio. Oggi non lavoro ma più
tardi devo andare a una conferenza in ospedale.
E
questo che roba è?
Sembra una pallina formata da tanti piccoli fiori il cui stelo converge
verso
il centro.
Sollevo
un
sopracciglio.
-Fiore
di cera?-
-Suscettibilità-
dice convinta dopo appena mezzo secondo di riflessione.
Non
so come faccia.
-Aspetta,
questo è
troppo semplice… Questo è troppo
difficile…- scarta due schede mentre io mi
accomodo meglio con la schiena contro al muro e una gamba piegata a
formare un
triangolo, il piede appoggiato al ginocchio -Ecco! Tulipano!- mi dice
sollevando lo sguardo in attesa di una risposta.
Non
sono veloce come
lei, quindi ci penso un attimo, fissandola senza realmente vederla. Mi
ricordo
qualcosa dei tulipani. Il significato cambia in base al colore, mi
pare.
-Allora…
Bianco vuol
dire “perdonami”- comincio a elencare guardandola
annuire, ancora in attesa
-rosso indica amore… e poi…- ci penso su un
po’ ma sono sicuro che non c’era
altro quindi annuisco convinto -Basta! Perdono e amore- concludo ma
Margaret scuote
la testa con aria saputa, facendomi assumere un’espressione
interrogativa.
-Manca
quello
giallo! Altro punto per me!- mi dice con un mezzo sorriso.
-Ma
significa amore
pure quello!- protesto io.
-No!
Il tulipano
giallo indica “amore disperato”-
Io
sollevo un
sopracciglio, incredulo.
-È
una sottigliezza-
dico con tono fermo, imputandomi.
-Oh
ma davvero?! La
differenza tra “amore” e “amore
disperato” è una sottigliezza? Vai a dirlo a
qualcuno che non può stare con la persona che ama e ne
riparliamo!- ribatte
cocciuta, facendomi innervosire.
E
va bene, l’ha
voluto lei!
Mi
metto a cercare
tra le schede che ho in mano, lanciandole un’occhiata di
tanto in tanto,
trovandola in attesa.
-Ambizione,
perseveranza, speranza- snocciolo veloce.
-Campanula-
La
scheda raggiunge
le altre sul bancone.
Non
mi importa di
vincere, voglio solo riuscire a farla sbagliare. Almeno una volta.
Lo
so che è
infantile ma, ormai, ne ho fatto una questione di principio.
-Bellezza,
femminilità, fortuna, transitor…-
-Fiore
di ciliegio-
mi interrompe, fissandomi impassibile.
Okay,
coi fiori
polisemici non funziona. Proviamo quelli dai nomi strani.
Scarto
qualche
scheda.
-Abutilon-
dico
mentre già cerco un’altra pianta dal nome
impossibile.
Non
le conoscerà
mica tutte no?!
-Meditazione-
-Alstroemeria-
-Devozione-
-Rudbeckia-
-Giustizia-
-Caryopteris-
-Diffidenza-
Ma
porca di quella…
-Bouganville-
insisto ancora, al colmo della sopportazione.
-Passione-
risponde
subito, esaminandosi le unghie con noncuranza.
-Kolkwitzia-
Smette
di guardarsi
le unghie e mi fissa di sottecchi con un sorrisetto furbo.
-“Sei
adorabile”!-
risponde, pronunciandolo in modo che sembri un’affermazione
rivolta a me e non
semplicemente il significato del fiore.
Chiunque,
al mio
posto, lancerebbe in aria le schede arrivati a questo punto.
Ma
io non sono
chiunque così la fisso, impassibile, per poi tornare a
cercare ancora un’ultima
scheda.
Non
ho intenzione di
darmi per vinto, e che cavolo!
Continuo
a scartare
i foglietti.
Troppo
facile. Troppo
ovvio. Troppo scontato.
Mi
blocco, quando
trovo il fiore prescelto. Torno a guardarla, stavolta ghignante e poi,
con
l’aria di quello che la sa lunga le domando.
-Garofano?-
Lei
alza un
sopracciglio.
-Quale
colore?-
-Tutti-
scandisco
lentamente, incrociando le braccia al petto.
Lei
sorride,
intreccia le dita appoggiando gli avambracci sul bancone e sporgendosi
verso di
me.
-Il
garofano,
originario del bacino mediterraneo, fa parte della famiglia delle
Caryophyllaceae ed è una pianta perenne erbacea con
fioritura prevalentemente
primaverile. In generale indica amore, eleganza, fascino e
fedeltà. Più nel
dettaglio, il garofano bianco indica dolcezza, giallo significa sdegno,
porpora
un capriccio, rosso amore passionale, il garofano rosa corrisponde alla
promessa di non dimenticare, quello screziato indica fedeltà
e il garofano dei
poeti la galanteria. Infine, il garofano blu non ha alcun significato
dal
momento che non esiste in natura, poiché alla pianta manca
il pigmento
delfinidina che permetterebbe al fiore di assumere quella particolare
colorazione- snocciola con estrema fluidità, di fronte al
mio sguardo, mio
malgrado, attonito -Oh, e sapevi che “Garofano”
è il nome del sedicesimo giorno
del mese di Pratile del calendario rivoluzionario francese?- mi domanda
poi,
piegando la testa di lato.
Merda!
Mi
ha smontato!
Non
so cosa dire, so
solo che se non la smette di fissarmi con quel sorrisino soddisfatto
stavolta
perdo davvero le staffe.
Per
fortuna il
campanello della porta ci avvisa dell’ingresso di un cliente.
Margaret
si alza
subito per accoglierlo mentre io mi accingo a riordinare le schede
sparse sul
bancone, in un tentativo di tenermi impegnato e sbollire.
Dannata
ragazzina!
Miss so-tutto-io!
-Buongiorno,
come
posso aiutar…-
-Mia
deaaaaa!!!-
Mi
blocco,
sollevando la testa di scatto.
Cosa
succede?!
-…onore
essere
aiutati da una simile visione!!!-
-È…
È sicuro di
sentirsi bene?! Sta sanguinando!-
Aggrotto
le
sopracciglia, in un’espressione interrogativa.
Che
razza di rumori
sono?
Sembra
un cane che
ansima di fronte a una bistecca!
Non
mi piace. Non mi
piace per niente. In un attimo ho fatto il giro del bancone e mi sto
sporgendo
oltre la rastrelliera che mi ostruisce la visuale.
Lì,
in mezzo al
corridoio centrale del negozio, Margaret fissa a disagio e visibilmente
imbarazzata un ragazzo biondo, in giacca e cravatta e con strane
sopracciglia
arricciate, che sta perdendo sangue da naso a fiotti. Mentre la squadra
con
molto, troppo interesse.
Lo
vedo risalire con
lo sguardo lungo le sue gambe, oggi decisamente troppo esposte vista la
gonna
bianca a pieghe millimetrica e gli stivaletti di cuoio marrone, al di
sotto
della caviglia, con quel po’ di tacco che la slancia
facendola sembrare alta un
kilometro. E non si fa scoraggiare nemmeno dal grembiule lilla che
nasconde
almeno in parte la curva dei fianchi, segnata dal top marrone
agganciato dietro
il collo, che le lascia le spalle e le toniche braccia completamente
nude ed è
abbastanza scollato da permettere di intravedere la curva tra i seni.
Lo
vedo cominciare a
volteggiarle intorno, ululando qualche assurdità.
Lo
vedo emanare
cuori da tutta la sua persona, mentre gli occhi quasi gli schizzano
fuori dalle
orbite.
E
sì, lo vedo anche
cominciare a sbavare.
Mi
sento ribollire
anche più di prima, cosa che non credevo possibile
perché mai, da che ho
memoria, qualcosa mi ha infastidito più che venire umiliato
con tanta
arroganza. E, francamente non so nemmeno cosa mi stia dando
così fastidio ma
non mi preoccupo di analizzare più di tanto la situazione
mentre mi avvio con
passo deciso verso Margaret, pronto a cacciare fuori dal negozio questo
scocciatore, se necessario.
Ma
riesco a fare
appena due passi che, con mio sommo stupore, il ragazzo si blocca nel
suo
volteggiare e si autoimpone un minimo di contegno.
-Smettila,
razza
d’idiota!- si insulta da solo, trovandomi d’accordo.
Con
gli occhi
infossati sul pavimento, stringe spasmodicamente le mani a pugno prima
di
portarle alla cravatta e raddrizzarla, stringendola.
Spero
che ci si
strozzi.
-Si
sente bene?!-
domanda Margaret, facendo un passo verso di lui e piegando leggermente
il busto,
il capo inclinato, per guardarlo in viso nonostante la sua testa bassa.
Se
non fossi la
persona che sono, e cioè dotato di estremo autocontrollo, le
domanderei che
cosa diavolo sta facendo, perché non sbatte fuori questo
maniaco anziché
rivolgersi a lui con tono premuroso.
Invece,
mi limito ad
assistere, già pronto a comunicargli con lo sguardo che
provare a toccarla o anche
solo guardarla ancora a quel modo è esattamente la cosa
giusta da fare, se
vuole morire.
Non
capisco cosa
diavolo mi prenda ma non sono in grado di riflettere ora.
Lo
vedo sollevare la
testa e tremare, scosso in tutto il corpo, mentre una nuova goccia di
sangue fa
capolino dalla sua narice destra, non appena incrocia lo sguardo
cioccolato di
Margaret. Rapido si porta le mani a coppa intorno al naso.
-No!!!-
si
autoimpone.
Fa
un respiro
profondo, accompagnando il movimento del torace con quello delle mani a
palmo
aperto davanti al petto.
-Okay…-
torna a
guardare Margaret -… Buongiorno, signorina!- con un
volteggio, si inginocchia
davanti a lei e le afferra una mano facendola diventare viola -Mi
presento, il
mio nome è Sanji Blackleg ma, se lo desidera, può
chiamarmi Mr. Prince!- ammicca,
prima di abbassarsi sul dorso della sua mano per baciarlo.
È
un attimo.
Non
so bene come, mi
ritrovo di fianco a lei, un braccio intorno alla sua vita,
strattonandola
contro di me e allontanandola dal maniaco biondo, che si ritrova la
mano vuota
e niente da baciare. La sento sbilanciarsi e appoggiarsi al mio torace
per non
cadere.
-Come
possiamo
aiutarla?!- domando, freddo e sbrigativo.
Mr
Prince ci guarda
di sottecchi, ancora in ginocchio, prima di rimettersi in piedi e
infilare le
mani in tasca.
-Mi
serve un fiore-
Silenzio.
Resto
in attesa,
domandandomi perché Margaret non parla. Questa è
la sua battuta d’entrata.
Dovrebbe domandargli che tipo di fiore, per che occasione, etc, etc.
Che
le prende?!
Mi
giro a guardarla,
trovandola a fissare il pavimento, paonazza, mentre si porta una ciocca
bionda
dietro l’orecchio. Alza lo sguardo verso di me e io sollevo
le sopracciglia in
una muta domanda. A cui lei da una muta risposta indicando con gli
occhi
qualcosa che si trova sul suo fianco destro. E solo adesso mi accorgo
che la
tengo ancora stretta a me, il braccio saldamente ancorato alla sua
vita.
Sbatto
le palpebre
due o tre volte, interdetto prima di deglutire e lasciarla andare,
staccandomi
da lei. Mi muovo a disagio, senza darlo a vedere ovviamente, sentendo
improvvisamente un po’ di freddo senza più il suo
corpo a contatto con il mio.
-Dunque…-
comincia,
recuperando un po’ di controllo -Dicevamo… Un
fiore, giusto?!- domanda
focalizzandosi su Sanji e ottenendo un cenno della testa in risposta.
-Che
tipo di fiore?!
Per che occasione?- domanda riacquistando il suo solito tono spigliato.
Io
faccio dietro
front e torno verso il bancone, ancora ricoperto di schede
sparpagliate.
-È
un regalo per una
ballerina di flamenco- spiega Sanji, mentre la voce si fa
più vicina, indicando
che anche loro si stanno spostando lungo il corridoietto, venendomi
dietro -Da
mettere tra i capelli per un’esibizione, questa sera-
-È
un’idea molto
bella!- commenta Margaret convinta -Ed è una sua amica
o…- domanda, incapace di
contenere la propria curiosità e io non riesco a trattenermi
dal sollevare lo
sguardo dalle schede che sto riordinando.
Lui
sorride, un
sorriso malinconico e un po’ triste, prima di rispondere.
-È
la mia donna… o
almeno spero…-
Non
posso fare a
meno di sospirare.
Oh magnifico. Ci mancava il cliente in crisi.
-Che
intende dire?-
gli domanda Margaret, già pronta a porgergli la propria spalla.
Vorrei davvero capire perché lo fa. Preoccuparsi sempre dei problemi degli altri.
Voglio dire questa poteva essere benissimo una vendita liquidabile in cinque minuti e lei si trasforma in miss Dolcecuore!
Non che sia un problema ma, visto che dopo devo andare in ospedale, dico solo che poteva lasciar perdere così rimaneva più tempo per noi e…
No
aspetta.
Aspetta
un attimo.
Che cosa
cazzo sto
dicendo?!
Scuoto
la testa,
preso alla sprovvista.
Okay,
okay. Calmo
Trafalgar. È tutta colpa del caldo.
-…così,
ecco,
abbiamo litigato e lei dice che non vuole stare con un uomo che corre
dietro a
qualsiasi essere femminile entri nel suo campo visivo- sta dicendo il
biondo
con tono sconsolato, mentre Margaret annuisce con le sopracciglia
corrugate in
un’espressione dispiaciuta -Come faccio a farle capire che
per me lei è la
sola? Che non la tradirei mai?!-
Magari
non
mettersi a sbavare
davanti alla prima
bella ragazza che gli capita a tiro, potrebbe essere un buon inizio.
-Magari
con un
fiore?!- suggerisce Margaret.
E
ti pareva!
Sanji
si illumina a
quelle parole e annuisce convinto cominciando a guardarsi intorno
febbrile.
-Che
ne dice di una
rosa gialla? O un garofano giallo?- domanda entusiasta volteggiando da
un lato
all’altro del locale -Farebbero uno splendido contrasto coi
suoi capelli neri,
dai riflessi blu notte!- continua a blaterare mentre gli occhi gli
diventano
cuoriformi.
-Beh
ecco…- comincia
Margaret, presa alla sprovvista dall’espansività
di Mr Prince -… io eviterei il
giallo perché non ha un significato molto positivo, in
genere significa gelosia
e infedeltà- gli fa notare con un mezzo sorriso.
-Oh…-
mormora Sanji
perdendo per un attimo parte del suo entusiasmo, ma solo per un attimo
-E
quelli allora?!- domanda indicando le bocche di leone che spuntano
rigogliose
da un vaso posto su una rastrelliera -Si potrebbero applicare a un
cerchietto,
sono bellissimi!-
-Ehm…-
comincia
Margaret, portando una ciocca dietro l’orecchio -La bocca di
leone indica
indifferenza e disinteresse quindi…-
-Capito!-
la
interrompe lui, per niente scoraggiato -Questi allora! Uno di questi
sarà
perfetto!- afferma convinto, indicando un secchio da cui spuntano dei
fiori di
tutte le sfumature del viola e del rosa, formati da due corone di
petali e da
un centro di pistilli neri.
Butto
un occhio alla
scheda che ho appena preso in mano e, manco a farlo apposta, raffigura
proprio
quel fiore, l’anemone. Alla voce significato campeggiano le
scritte “abbandono”
e “tradimento”. Questo tizio non ha proprio sesto
senso in fatto di piante.
Solleva
uno sguardo
speranzoso su di noi e la sua espressione si congela vedendo me e
Margaret
scuotere lentamente la testa in un cenno di diniego. Anche lui comincia
a
muovere il capo a destra e a sinistra.
-No
eh?!- domanda a
mezza voce, rassegnato -Accidenti! Perché deve essere
così difficile?! Perché
Violet non può ascoltarmi e basta?!- si lamenta mentre
un’aura nera lo
circonda.
Con
la coda
dell’occhio vedo Margaret spalancare leggermente gli occhi a
quelle parole. Mi
giro verso di lei, mentre la vedo aprirsi in un sorriso e, con sguardo
interrogativo scuoto appena la testa come a chiederle che succede. Ma
lei mi
ignora e torna a rivolgersi al suo depresso cliente, che sta lentamente
scivolando al suolo.
-Si
chiama Violet?!-
domanda non riuscendo a celare un certo entusiasmo.
Sanji
la guarda
stupito per il suo tono euforico e annuisce perplesso.
-E
ha i capelli neri
coi riflessi blu?!- chiede un’altra conferma, dando
l’impressione di non stare
più nella pelle e facendomi aggrottare la fronte.
Che le prende?
Mr.
Prince annuisce
nuovamente, sollevando un sopracciglio.
Margaret
sembra così
euforica da non riuscire a parlare, trattiene a stento una risata di
pura gioia
prima di sollevare un dito indice davanti al viso.
-Una
peonia!- esclama
per poi spostarsi a cercare il fiore prescelto, di un bel rosa acceso,
senza
aspettare l’assenso del maniaco biondo. La recupera e si
sposta rapida dietro
al bancone -Indica sensualità ed è perfetta da
portare tra i capelli- spiega
febbrile, mentre taglia lo stelo e applica una mollettina sotto al
fiore, prima
di riporlo con delicatezza in una scatolina quadrata e trasparente -Lo
tenga in
frigo mi raccomando e… Dia questo alla sua
Violet…- aggiunge solare e al colmo
della felicità porgendogli una scheda ancora abbandonata sul
bancone, che io
non faccio in tempo a identificare.
Vedo
Sanji leggere
la scheda, spalancare gli occhi e illuminarsi. Annuisce, sorridendo
felice.
Ma che hanno questi due adesso?!
Paga
e se ne va,
volteggiando come un imbecille e io mi accorgo che ormai è
ora di andare o farò
tardi alla conferenza.
Un po' scocciato,
mi sposto
nel retro per indossare la camicia e la cravatta che mi sono portato da
casa.
Non posso certo presentarmi in ospedale con la maglietta con sopra
disegnato lo
stetoscopio che pende come se lo avessi appeso al collo.
Torno
nella zona
negozio, arrestandomi accanto al bancone dietro cui Margaret
è impegnato a
pulire lo stelo e le foglie della peonia e a sistemare le ultime
schede.
-Allora
ci vediamo
stasera che passo a riprendere maglietta e cappello- le dico, finendo
di fare
il nodo alla cravatta, la giacca a cavallo del braccio.
Lei
solleva lo
sguardo e mi sorride prima di avvicinarsi e sistemarmi il colletto e
io,
nonostante mi abbia fatto dannare e innervosire stamattina, non posso
fare a
meno di ghignarle in risposta.
-Buona
conferenza-
mi augura sottovoce e con gli occhi che le brillano.
Se
devo essere
sincero, mi è passata la voglia di andare in ospedale. Me ne
starei volentieri
qui tutto il giorno con lei e…
Oh
porca miseria!
Ma
che mi prende
oggi?!
Scuoto
la testa,
chiudendo un attimo gli occhi, prima di avviarmi verso la porta,
deciso.
Sulla
soglia però,
mi fermo colto da un pensiero improvviso. Mi giro, ghignando e
gongolando.
Stavolta credo proprio di averla beccata in fallo.
-Ehi
Margaret!- la
richiamo, tornando rapido sui miei passi e sporgendomi oltre la
rastrelliera
che copre il bancone.
La
trovo intenta a
riordinare e con uno sguardo interrogativo puntato su di me.
-La
peonia oltre a sensualità
indica imbarazzo e rabbia vero?- domando, fingendo sincera
curiosità.
-Sì
esatto!- mi
risponde sorridendo.
-E
allora come pensi
che possa risolvere il problema di quel tizio?- le domando,
concedendomi un
sorrisetto di trionfo.
Trionfo
destinato a
scemare improvvisamente quando la vedo riassumere le stesse espressione
e posa
di quando l’ho sfidata a dirmi tutti i significati del
garofano, venti minuti
fa.
-Non
gli serviva
nessun fiore in particolare, gli basterà la scheda che gli
ho dato che non era
quella della peonia! Perché, mio caro mr. so-tutto-io, devi
sapere che la viola
blu è simbolo di fedeltà assoluta!-
Torno
impassibile,
mentre faccio un rapido parallelo mentale tra il fiore che ha appena
citato e
il nome e la capigliatura della ragazza in questione.
La
guardo fissarmi
con un sopracciglio alzato, in attesa.
Okay,
meglio se me
ne vado.
-Ciao!-
la saluto
ammettendo la mia sconfitta e ottenendo di farmi accompagnare dalla sua
bella
risata fino a fuori dal chiosco.
Peonia
Fioritura:
Primavera-estate.
Significato:
Sensualità, matrimonio felice.
Storia
e curiosità: In
Oriente è simbolo di fortuna ed in Cina è
considerata la regina di tutti i fiori, tanto che il fiore era spesso
parte
della dote. In Giappone fu introdotta nel XVIII secolo e divenne subito
popolare. In questo paese la peonia tatuata incarna la potenza
maschile, il
coraggio e l’audacia. La radice del fiore ha
proprietà medicamentose,
riconosciute dalla medicina tradizionale cinese e giapponese, contro
asma,
convulsioni e crampi mestruali. Nell’antica Roma veniva usata
per curare più di
venti malattie.
Viola
Fioritura:
Primavera-estate.
Significato:
Come per i garofani il significato cambia in base al colore. La viola
bianca indica modestia, gialla significa sdegno e blu
fedeltà.
Storia
e curiosità: Esistono vari tipi di
viole, tra cui le viole
mammole o viole del pensiero e le violeciocche. Il fiore si riproduce
sia
sessualmente, tramite autoimpollinazione, sia vegetativamente, aiutato
dagli
impollinatori. Si contano tra le 525 e le 600 specie.
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Capitolo 7 *** Camelie e sorrisi ***
A
Emy…
Aggrotto le
sopracciglia, scrutando la schiena del giovane, fermo davanti alla
rastrelliera.
C’è
qualcosa di
strano in lui. Non sembra stare cercando qualcosa che lo colpisca, a
dire il
vero guarda fissamente lo stesso scaffale da qualche minuto, senza
nemmeno
percorrerlo con gli occhi in tutta la sua lunghezza.
Non
so davvero che
pensare se non che ha trovato ciò che cerca ma non osa
infilare le mani in quel
groviglio di piante e fiori che è il mio negozio, forse per
paura di venire
risucchiato.
Nel
dubbio, decido
di avvicinarmi a lui per domandargli se ha bisogno di qualcosa e lo
raggiungo
davanti alla rastrelliera. Lo guardo in viso per vedere dove punta il
suo
sguardo e subito scendo con gli occhi verso il penultimo scaffale ma
non faccio
a tempo nemmeno a mettere a fuoco che subito torno su di lui, allibita.
Studio
per qualche
secondo il suo viso, un bel viso, spruzzato di lentiggini, incorniciato
da
mossi capelli neri e rilassato in un’espressione serena, per
accertarmi che sì,
ha proprio gli occhi chiusi.
Sbatto
le palpebre
un paio di volte, cercando di capire se sono io a essere uscita di
testa, ma il
movimento regolare del suo torace non lascia dubbi.
Sta
dormendo!
In
piedi, dritto
come un fuso, le braccia lungo i fianchi e la testa abbandonata sul
petto,
questo ragazzo sta dormendo.
Razionalmente
so che
dovrei svegliarlo con delicatezza e fare finta di niente, in fondo
è un
cliente.
Ma
non riesco a
resistere e soffocando una risata mi giro verso il retro prendendo a
urlare
sottovoce.
-Law!
Law!!! Vieni
qui!!!- lo chiamo divertita.
Un
secondo dopo il
mio migliore amico spunta dal retro, ancora intento a tirare su la
lampo dei
pantaloni, cercandomi con lo sguardo.
Sono
consapevole di
averlo richiamato dal bagno, in fretta e furia, solo per fargli vedere
un tizio
che ronfa in piedi ma, kami, non è certo una cosa che capita
tutti i giorni
no?!
-Che
succede?!-
domanda con urgenza.
-Ssssh-
mi porto un
dito davanti a naso e labbra prima di indicargli, ghignando, il moro
accanto a
me.
Per
tutta risposta,
solleva un sopracciglio con fare interrogativo.
-Sta
dormendo-
sillabo, sussurrando impercettibilmente.
Lo
vedo spalancare
gli occhi, incredulo, e muovere un passo verso di noi per avere
conferma visiva
di quanto detto ma un suono profondo e roco lo fa immobilizzare mentre,
contemporaneamente, io spalanco gli occhi all’inverosimile
girandomi verso di
lui.
Sta…
russando?!?!
Questo
è veramente
troppo!
Emetto
un soffio
prolungato, non riuscendo a trattenere oltre la risata che spinge per
uscire
dalla mia bocca, portandomi le mani davanti alle labbra e piegandomi
per
ammortizzare il più possibile il suono. Torno a guardare
Law, cercando di non
fare rumore, e lo vedo sorridere sinceramente divertito, una situazione
più
unica che rara visto il soggetto.
Con
sommo stupore,
che non riesco a esprimere, impegnata come sono a non soffocare, dopo
qualche
attimo anche le sue spalle cominciano ad alzarsi e abbassarsi sempre
più
velocemente e lo vedo girarsi verso il muro mentre getta la testa
all’indietro
e mormora un -Oh Kami- con la voce distorta dal riso.
Oddio,
non ce la
faccio più!
Ormai
ho le lacrime
agli occhi e sono in debito di ossigeno, ma non sono in grado di
respirare
senza gemere acutamente.
-Posso
sapere cosa
c’è di tanto divertente?!- chiede una voce accanto
a me.
Mi
congelo sul
posto, spalancando gli occhi e perdendo il sorriso mentre incrocio lo
sguardo
di Trafalgar che, con tutta la nonchalance che lo caratterizza, si gira
e torna
nel retro abbandonandomi all’imbarazzo e disagio
più totali.
Ma
quando mi giro
verso il mio cliente trovo un caldo sorriso ad accogliermi. Un
bellissimo
sorriso, tra l’altro, che mi fa subito rasserenare. Senza
contare che sembra
genuinamente curioso, il che mi fa sospettare che non si sia nemmeno
reso conto
di essersi addormentato.
-Niente,
una cosa… ehm…
nostra- mormoro, portando una ciocca dietro l’orecchio e
puntando lo sguardo al
pavimento.
Non
so per quale
kami riesco a non arrossire.
-Dunque…-
torno a
guardarlo, dondolando sui piedi.
-Dunque,
tu devi
essere Margaret!-
Spalanco
gli occhi
prima di aprirmi in un sorriso interrogativo.
-Un
mio amico mi ha
consigliato questo posto- spiega, continuando a sorridere,
imperterrito, e
illuminandosi sempre più ogni secondo che passa -io sono
Ace! Piacere!-
Mi
tende una mano
che io afferro, ritrovandomi la mia avvolta in una stretta calda e
decisa ma al
tempo stesso delicata.
-Come
posso
aiutarti?!- domando con rinnovato entusiasmo.
Il
buon umore di
questo ragazzo è davvero contagioso.
-Devo
fare un regalo!
È molto importante!-
-Ma
certo! Hai già
in mente qualcosa?!-
-In
realtà no, avrei
bisogno del tuo aiuto! Mi dicono che i fiori per te non hanno segreti!-
Non
lo fa per
adularmi, non è una lode sperticata.
Il
tono che usa è
sincero e genuino e io gli sorrido, imbarazzandomi un po’ ma
senza distogliere
lo sguardo da lui.
Mi
piace quel
sorriso, sarebbe un autentico spreco non godermelo solo per un
po’ di
timidezza.
-È
per una persona
speciale?!- domando, come di consueto e lui annuisce sistemandosi
meglio il
cappello arancione da cowboy che ha in testa.
Lo
trovo un gesto
familiare e mi rendo conto che mi ricorda Rufy quando si schiaccia il
suo
inseparabile cappello di vimini sui capelli.
-Un’amica?!-
chiedo
ancora, curiosa e indagatrice.
Mi
ritrovo a
trattenere il fiato, con aspettativa, mentre attendo la risposta.
-Si
può dire così!
Oggi è il suo compleanno!- afferma, annuendo ancora e, mio
malgrado, sento una
punta di delusione impadronirsi di me.
“Si
può dire così”
significa una cosa sola, e cioè che la persona in questione
non è un’amica ma
molto di più.
Che
cosa mi prende?!
Insomma, non conosco questo tizio, non l’ho mai visto in vita
mia!
Eppure
ha qualcosa
che mi attira e non posso negare che mi sarebbe piaciuto invitarlo a
prendere
un caffè e fare due parole.
Mi
lascio sfuggire
un mezzo sospiro che trasformo veloce in uno sbuffo di lamentela per il
caldo
torrido degli ultimi due giorni.
-Che
ne dici di
un’orchidea?!- gli propongo, spostandomi verso il fondo della
rastrelliera -Si
regalano per le occasioni molto speciale e sono simbolo di bellezza
raffinata e
passione!- gli spiego indicando una serie di vasi colorati da cui
spuntano
orchidee di vari colori e dimensioni.
-Sono
stupende però,
il fatto è che lei ama portare un fiore tra i capelli nei
giorni di festa e
volevo prendergliene uno diverso dal solito!- mi spiega e io lo ascolto
concentrata lavorando velocemente con il cervello alla ricerca di un
fiore
adatto e al tempo stesso non banale.
-Ce
ne sono un po’
adatti allo scopo!- gli dico dopo qualche secondo di riflessione
–Le peonie… le
dalie…- mentre li cito gli indico i vari fiori e lui segue
attento i miei
movimenti, studiando ed esaminando alla ricerca del regalo perfetto
-…
l’hibiscus è un fiore che si usa molto per ornare
i capelli!- lo informo
indicandogli la pianta in questione.
Lui
aggrotta le
sopracciglia mentre un lampo di comprensione attraversa il suo sguardo.
-Infatti
di solito
usa uno di quelli!- mi dice senza guardarmi e continuando a fissare i
variopinti fiori ammassati sulla rastrelliera -E quelle lì
accanto?! Cosa
sono?!-
Seguo
con gli occhi
la direzione indicata dal suo dito e mi ritrovo a scrutare dei fiori
tondi,
formati da più strati di petali disposti a cerchio, il cui
diametro diminuisce
man mano che ci sposta verso il centro del fiore.
-Camelie!-
rispondo
subito e lui si volta nuovamente a guardarmi –Però
la camelia di solito non si
usa da mettere tra i capelli perché considerata segno di
malaugurio per quanto
riguarda l’avere figli- spiego, un po’ dispiaciuta.
Ma
Ace allarga
ancora il sorriso, sbuffando una mezza risata e mandandomi un
po’ in tilt, per
niente turbato dalla mia spiegazione.
-Sono
certo che non
sarà un problema, quello!- mormora convinto.
-Oh!
Okay!- faccio
io sgranando gli occhi, prima di riscuotermi e dirigermi verso lo
scaffale per
prelevare una camelia e confezionarla -Che colore?!- domando voltandomi
a
guardarlo.
-Rossa!-
risponde
senza esitazione.
Io
annuisco ed
estraggo esperta un fiore per poi dirigermi al bancone e prepararlo per
il suo
scopo.
Senza
saperlo, ha
scelto un fiore con uno dei significati più splendidi.
“Sei una fiamma nel mio
cuore”.
Bellissimo
davvero,
rifletto mentre taglio lo stelo, attenta a non danneggiare i petali.
Lo
ripongo con cura
nella scatolina di plastica trasparente, come ho fatto per la peonia di
Sanji
qualche giorno fa e solo allora mi accorgo che Ace non mi ha seguita al
bancone
e non è nemmeno in vista.
Mi
sollevo sulle
punte, cercandolo, ma non lo vedo e mi sorge il dubbio che possa
essersi
addormentato di nuovo.
Sto
già per uscire
da dietro il bancone e andare ad accertarmi del suo stato di sonno o di
veglia
che lo vedo spuntare da dietro la rastrelliera, con in mano
un’orchidea.
La
posa sul bancone
mentre già estrae il portafoglio.
-Anche
quella?!-
chiedo sorridendo.
-Sì!-
mi conferma
-Grazie mille Margaret!- aggiungo poi, sincero.
-Figurati-
gli dico,
stringendomi nelle spalle, allungandogli la camelia e prendendo i soldi
-Vedrai
che le piaceranno-
-Ne
sono certo!-
annuisce lui.
-È
una donna
fortunata!- mi lascio sfuggire prima di riuscire a trattenermi.
-Non
saprei…- dice
afferrando saldamente l’orchidea e stringendola tra il torace
e il braccio
mentre l’altra mano è occupata dalla scatolina di
plastica -Mi sa che quello
fortunato sono io!- considera regalandomi un ultimo raggio di sole,
formato
sorriso smagliante.
Sembra
proprio perso
per questa donna.
-È
molto importante
per te eh?!-
-Puoi
dirlo forte!-
risponde, convinto, pronto ad avviarsi verso l’uscita
-È mia mamma! Ciao
Margaret e grazie ancora!-
Resto
interdetta,
esaminando l’informazione appena ricevuta, senza riuscire a
rispondere al
saluto.
La
sua mamma?! Ho
capito bene?!
Oh
Kami ma che cosa
dolce!!!
Mi
sto praticamente
sciogliendo e assumo un’espressione intenerita
mentre mi volto per chiamare Law e
raccontarglielo.
Ma
non devo nemmeno
sgolarmi perché lui è già
lì sulla porta del retro e mi fissa, impassibile ma
in attesa, con le braccia incrociate al petto.
-Ma
che tenero!!!-
esclamo, prolungando le sillabe mentre mi piego leggermente sulle
ginocchia.
Law
cerca di
resistere ma non ce la fa. Abbassa lo sguardo sull’incrocio
delle sue braccia
scuotendo la testa e sbuffando una risata. So che se lo aspettava e che
il
fatto di avere previsto la mia reazione lo diverte. Non mi sta
prendendo in
giro.
Mi
metto a
sghignazzare anche io ma, appena risollevo il volto, il mio cuore perde
un paio
di battiti o, forse, si ferma proprio, non lo so, mentre lentamente
smetto di
ridere.
Torno
seria e non
riesco a non deglutire rumorosamente, quando mi ritrovo a contemplare
il suo
sorriso.
Il
suo sorriso bello
e dannato, proprio come lui.
Il
suo sorriso così
raro.
Come
ho potuto
pensare che quello di Ace fosse meglio?!
Continua
a ridere
mentre io lo fisso, ipnotizzata.
Studio
la sua
espressione, così serena e felice, come quella di un
bambino. Il naso
arricciato, gli occhi illuminati e le sue labbra… le sue
stupende, invitanti
labbra che, kami, quanto vorrei assaggiare!
Quest’ultimo
pensiero mi coglie totalmente alla sprovvista e scuoto energicamente la
testa
per riscuotermi e per scacciarlo.
Sono
stupita di me
stessa.
Non
è certo un
segreto che Law sia bello e sicuramente anche molto ambito. Ma non mi
ero mai
sentita così verso di lui. Lasciarsi sopraffare
dall’istinto significherebbe
rovinare la nostra amicizia.
Non
voglio nel modo
più assoluto perderlo per uno sciocco colpo di testa.
-Ehi!
Margaret! Ci
sei?!-
Sbatto
le palpebre
interdetta rendendomi conto che mi sono incantata, assorta
com’ero nei miei
pensieri.
E
davvero non
capisco cosa mi prenda oggi perché, quando torno a
focalizzarmi su di lui, non
riesco a nemmeno a rispondergli e, in un secondo, mi sto già
perdendo nelle
iridi grigie dei suoi occhi.
Con
un ultimo
barlume di lucidità mi impongo di reagire e distolgo veloce
lo sguardo,
sentendo un certo calore, che ben conosco, impossessarsi di me.
Mi
guardo intorno,
evitandolo e cercando disperatamente qualcosa da fare, mentre, con mio
sommo
orrore, lo intravedo, ai margini del mio campo visivo, avvicinarsi
pericolosamente a me.
-Ehi,
è tutto a
posto?!- chiede in un sussurro, investendomi con il suo alito che odora
di
menta e mandandomi momentaneamente in tilt le sinapsi.
Mio
malgrado, mi
volto verso di lui, incapace di impedirmelo, e lo trovo così
vicino. Troppo
vicino.
Contro
la mia
volontà, faccio un passo verso di lui, diminuendo
ulteriormente i centimetri
che ci separano.
Percepisco
che è
sorpreso ma non si sposta.
Cerco
invano
qualcosa da dire, riuscendo però solo a boccheggiare.
-Io…
io…-
-Tu…
cosa…?- mormora
strafottente nonostante il tono improvvisamente roco e il respiro
affannato,
che il mio cervello registra solo vagamente.
-I-io…-
Mi
rendo conto che
il mio sguardo si è spostato dai suoi occhi alla sua bocca,
che mi attira come
se fosse una calamita e si avvicina sempre di più mentre,
lentamente, le mie
palpebre cominciano a socchiudersi contro la mia volontà.
-Credo
che… che…
dovremmo f-fermarci… Law…-
No,
non è vero! Non
voglio fermarmi!
Non
so come, ora le
mie mani sono appoggiate al suo petto e lui mi tiene contro il bancone
per la
vita. Con i pollici mi accarezza un lembo di pelle dei fianchi,
lasciati liberi
dalla maglietta corta, e riesce a mandarmi in estasi con questo
semplice tocco.
-Ne
sei proprio…- si
interrompe per deglutire mentre i nostri nasi ormai si sfiorano
-…sicura?-
So
che è una domanda
retorica. E la sua voce sussurrata non fa che annullare ancora di
più la mia
già scarsa lucidità.
-S-sì…-
mormoro a
malapena, soffiando sulle sue labbra, ormai persa -Prima
che… s-sia troppo…
tar…-
-Ehi
c’è
nessuno?!?!?!-
Ci
stacchiamo l’uno
dall’altra, quasi come se ci stessimo minacciando a vicenda
con una fiamma
ossidrica.
Lui
si passa una
mano tra i capelli senza staccare gli occhi da me che, paonazza, mi
porto una ciocca
dietro l’orecchio, rigorosamente senza guardarlo.
Mi
schiarisco la
gola prima di cominciare a blaterale frasi sconnesse accompagnate da
gesti
pseudo-esplicativi e parecchio agitati.
-Io…
il fornitore…
vado a… a vedere…-
-Certo,
vai… vai
pure…- risponde lui, indicandomi il retro con una mano.
-O-okay…
allora io…
vado…- ribadisco, deglutendo prima di avviarmi veloce verso
il retro,
passandomi il dorso di una mano sulla fronte per asciugare un
po’ il sudore che
me la imperla.
Orchidea
Fioritura:
Autunno
o primavera a seconda della specie
Significato:
Passione,
bellezza raffinata
Storia
e curiosità: L’orchidea
si regala nelle occasioni molto
speciali. Il nome deriva dal greco orchis,
che significa “testicolo” in riferimento alla forma
delle radici della pianta.
Il suo significato è caratterizzato culturalmente, infatti,
mentre in Oriente
rappresenta la raffinatezza e la purezza, in Occidente è
simbolo di amore
duraturo e passione, significato rafforzato dalla capacità
della pianta di
crescere ovunque e in qualunque condizione.
Camelia
Fioritura:
Inverno e primavera
Significato:
Sacrificio,
bellezza perfetta. In base al colore esistono altri
significati: rosa “nostalgia”, rosso
“passione”, variegata “fiducia e
speranza”,
bianco “profondo affetto”.
Storia
e curiosità: I petali della camelia
si staccano dal fiore appassito insieme al
calice, anziché cadere uno alla volta. Per questo motivo in
Cina la camelia
rappresenta la devozione eterna mentre in Giappone ha il significato di
vita spezzata.
Sempre dalla tradizione cinese deriva la credenza che portare una
camelia tra i
capelli possa ritardare una gravidanza desiderata, poiché il
fiore necessita
molto tempo per fuoriuscire dalla gemma rispetto alla media normale di
altre
piante. Dalle sue foglie e dai suoi germogli si ricava il the, mentre i
suoi
semi erano un tempo usati per ricavare oli per le lampade e per la cura
dei
capelli. Infine la medicina tradizionale cinese ne utilizzava alcune
varietà
per curare alcune patologie cardiache, asmatiche e infezioni batterica
di varia
natura.
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Capitolo 8 *** Decisioni importanti ***
-Ehi
tutto bene con
quei bulbi?!- domando alzando la voce mentre continuo a sistemare le
piante
sulle rastrelliere per evitare che si tolgano luce e ossigeno a
vicenda.
-Mmmm-mh-
è tutta la
risposta che ottengo.
Se
non lo conoscessi
ormai come il tascone del mio grembiule, potrei pensare che sia
scocciato e
infastidito. In realtà, non ho la certezza che non lo sia.
In realtà potrebbe
esserlo come non esserlo.
Insomma,
in fondo
non devo dimenticare che è pur sempre un chirurgo
pediatrico. Un brillante chirurgo
pediatrico. Anche se è ancora uno specializzando,
è il migliore del suo corso.
E non credo ci siano molti brillanti specializzandi in chirurgia
pediatrica che
passano a salutare la propria migliore amica, nel proprio giorno
libero, e si
ritrovano nel retro del suo negozio di fiori a interrare bulbi, con
addosso un
grembiule giallo limone comprato apposta per l’occasione.
Quindi,
come dicevo,
potrebbe anche essere scocciato e infastidito. Perché sono
consapevole di
averlo proprio incastrato, stavolta.
-Margaret-
mi chiama
atono.
Atono
come il suo
sguardo e la sua espressione quando mi giro verso di lui, con le mani
ancora
immerse nel groviglio verde della rastrelliera di cui mi sto occupando.
Okay.
È scocciato.
-Come
faccio la
proporzione terra concime coi bulbi più grandi?-
-Fai
mezza misura di
concime in più- gli dico, senza nemmeno provare a metterci
un po’ di
entusiasmo.
Mi
sento in colpa
mentre lo guardo tornare nel retro con passi lenti.
Non
gli ho nemmeno
chiesto se aveva programmi per oggi. Magari aveva da fare una di quelle
cose da
medico. Tipo una partita di squash o andare a pescare con il primario.
Lo
incoraggio sempre
a stringere nuove amicizie e poi cosa faccio?! Lo isolo nel retro del
mio negozio
nel suo giorno libero, senza possibilità di tirarsi indietro.
Sospiro,
a disagio,
mentre sfrego una guancia, libera dai capelli raccolti in una coda
sulla nuca,
contro la mia spalla per asciugare una piccola goccia di sudore.
Adesso
vado di là e
gli dico di andare pure, che finisco da sola.
Sfilo
un po’ a
fatica le braccia, maledicendo il mio pollice verde che riesce a far
crescere
tutte queste piante così rigogliosamente fino a farle quasi
diventare un
pericolo per gli esseri umani che mettono piede qui, e mi avvicino alla
porta
dietro il bancone.
Ho
già gonfiato i
polmoni per chiamarlo ma non riesco a dire neppure il suo nome che
vengo
interrotta.
-Per
fortuna sei
qui!-
Mi
giro, colta alla
sprovvista dal tono agitato del cliente che non ho sentito entrare, e
poco ci
manca che mi ritrovo accecata dal chilometrico naso di Usop.
-Usop!
Ciao! Che
sorpresa!- lo saluto, muovendomi con cautela per allontanarmi dalla sua
appendice nasale.
-Ciao
Margaret!-
Lo
scruto un attimo,
notando subito il velo di ansia e preoccupazione che ricopre i suoi
occhi
nonostante sorrida raggiante. Aggrottando le sopracciglia mi sposto
sulle sue
mani trovandole che tremano leggermente.
-Tutto
bene Usop?!-
domando, indagatrice.
-Come?!
Sì, certo
che sì! Perché ho l’aria di uno che non
sta bene?!- domanda allargando ancora
il sorriso e puntandosi un dito contro il petto.
E
qui casca l’asino.
Sì
perché è palese
che sta mentendo.
E
quando Usop mente,
di solito, non si capisce mai. E sottolineo mai!
-Usop
che succede?!-
chiedo ancora, preoccupata.
Cerca
di mantenere
il sorriso, mentre sostiene il mio sguardo ma le gambe cominciano a
tremargli
incontrollate finchè una maschera di disperazione non si
impadronisce del suo
volto.
-Margaret
sono nei
guai fino al collo!-
Sgrano
gli occhi a
quelle parole. E che sarà mai successo?!
-Che
hai combinato?!
C’entra Rufy, vero?!- mi informo, non sicura di voler sapere
la risposta.
-Rufy?!
No no! Ma
che dici?!- agita le mani davanti al viso, sorridendo tirato -Lui non
c’entra…
stavolta…-
A
essere onesta, la
cosa mi solleva.
-Il problema
è… è… ecco… Il
problema è Kaya!-
Ho
sentito bene?!
Ha
detto proprio
Kaya?!
E
quando mai Kaya è
stata un problema?!
Quando
mai Kaya
potrebbe essere un problema?!
-Che
intendi dire?!
Non mi dirai che avete litigato?!-
Il
che non dovrebbe
essere né grave né strano, tutte le coppie
litigano.
Ma
Usop e Kaya non
sono tutte le coppie. Nel loro caso, sarebbe un evento da segnare sul
calendario.
-No!
Sono io che ho
fatto la più grande scemenza di tutta la mia vita!- mi dice
abbassando la voce
e avvicinandosi a me.
Io
sgrano gli occhi,
attraversata da un pensiero improvviso.
-Non
l’avrai
lasciata?!?!?!- domando,
allarmata e
alzando senza volerlo la voce.
Lui mi guarda aggrottando le
sopracciglia,
come se avessi appena parlato usando il sistema binario e non parole di
uso
comune.
-Ma
cosa dici?!-
-Mi
vuoi dire che
succede e basta?!- domando, perdendo la pazienza e incrociando le
braccia al
petto.
-Beh
il fatto è che
le ho chiesto di vederci per pranzo da Makino, aggiungendo che dovevo
darle una
cosa importante!-
-Okay!-
dico, con un
cenno della testa per invitarlo a proseguire.
-E
tra poco sarà
qui!-
-E
quindi?!-
Aggrotto
le
sopracciglia, continuando a non capire.
-Quindi
mi serve
qualcosa di speciale da darle altrimenti ci resterà male!!!-
esclama Usop con
urgenza e come se fosse una cosa ovvia.
Sbatto
le palpebre
interdetta, mettendo insieme tutti i pezzi, elaborando le informazioni.
-Cioè…-
comincio
liberando una mano dall’intreccio e muovendola come se stessi
affettando
qualcosa davanti a me -…fammi capire… tu le hai
detto che dovevi darle una cosa
importante… e non hai niente da darle?!-
E
questa volta a
rimanere interdetto è lui.
Mi
fissa a occhi
sgranati prima di aprirsi in un sorriso imbarazzato e di portare una
mano a
grattarsi la nuca, mentre svariate goccioline fanno capolino sulla sua
fronte.
-Eheh!
Non
esattamente… Ecco, una cosa da darle ce l’avevo
ma… ci ho ripensato ecco-
conclude.
-E
cos’era?!-
domando io, determinata ad andare in fondo alla questione.
-Ma
niente di che!-
continua a sorridere e minimizzare lui.
-Usop…-
-Una
sciocchezza
davvero!-
-Usop!-
-Una
cosa talmente
stupida che…- si
blocca, deglutendo
rumorosamente, quando, riaperti gli occhi, mi trova con uno sguardo di
fuoco e
le cesoie in mano -M-Margaret…
m-m-metti giù l-le c-cesoie…-
-Usop!
Parla!- gli
intimo, avanzando di un passo e facendolo indietreggiare.
-Beh
ecco io…-
comincia guardandosi intorno, terrorizzato.
-Sì?!-
lo incoraggio
senza abbassare le forbici.
-Io…
volevo… volevo
darle questo!- ammette alla fine, estraendo una scatolina dalla tasca
dei
pantaloni.
Io
fisso il piccolo
oggetto cubico appoggiato sul suo palmo aperto, studiandolo con
attenzione.
È
di velluto rosso,
non tanto grande, di quelle che usano in gioielleria.
Mi
ci vogliono solo
una manciata di secondi per capire di cosa si tratta e riporto i miei
occhi
spalancati su di lui mentre sul mio volto si apre un sorriso di pura
gioia.
-Usop
tu… vuoi
chiederle di sposarti!!! Ma è meraviglioso!!!- esclamo,
quasi saltellando.
-Ssssssh!
Margaret
non urlare!- mi dice agitato, mettendo via la scatolina e guardandosi
intorno
come il negozio fosse pieno di gente che ascolta noi -Io non voglio
chiederle
di sposarmi!- aggiunge poi cancellando il mio sorriso.
Okay,
ora sono
davvero confusa.
-Il
fatto è che…
volevo chiederglielo ma ci ho ripensato!- confessa poi tutto
d’un fiato,
facendomi strabuzzare gli occhi.
-Ci
hai ripensato?!
Quando ci hai ripensato?! Cinque minuti fa?!-
-Diciamo
sei?!-
-Io
non capisco!-
Davvero
non capisco!
Voglio dire si amano alla follia, sono una splendida coppia, Usop ha un
ottimo
lavoro! Perché ripensarci così?!
-Io
credo che non sia
il momento giusto, sai con Kaya che deve finire la specializzazione e
poi
insomma la cerimonia, le spese, Rufy che mangerebbe tutto il pranzo
senza
lasciare niente agli altri e… e… e…-
Mentre
parla
assottiglio lo sguardo su di lui, portando le mani sui fianchi.
Ora
capisco!
-Tu
hai paura!-
-Come?!-
domanda,
colto alla sprovvista.
-Tu
hai paura! Paura
che lei ti rifiuti!-
Certo,
come se fosse
possibile. Stanno insieme dall’asilo praticamente. Sono stati
il primo tutto
l’uno per l’altro.
Niente,
nessuna
cotta, nessuna vacanza, nessuna sbronza, è mai riuscito a
separarli.
-Ma
che dici?! Io
non ho paura!- afferma, convinto facendomi sollevare un sopracciglio,
scettica.
-Ma
davvero?!-
chiedo retorico, notando il tremito delle sue gambe intensificarsi
ancora e lui
apre la bocca ma la richiude senza ribattere.
-Usop,
Kaya non ti
direbbe mai di no! Avanti! Fatti coraggio e fai quel che devi!-
-Ma
io…-
-Margaret?
Oh scusa-la
voce di Law interrompe l’ennesima protesta di Usop e io mi
giro verso di lui,
con sguardo interrogativo -Non mi ero reso conto che avessi un cliente-
-Non
c’è problema!
Non sono proprio un cliente, in realtà!- interviene subito
Usop agitando di
nuovo i palmi aperti davanti a sé.
-Dimmi!-
gli chiedo
con un sorriso un po’ tirato sentendo il senso di colpa che
mi attanaglia di
nuovo lo stomaco nel vederlo con il grembiule giallo, che gli ho
praticamente
infilato io a forza, e quell’espressione spenta sul volto.
-Niente,
ho finito
coi bulbi- mi comunica, monocorde.
-Oh!
O-okay,
grazie…- annuisco io, senza sapere cos’altro dire.
Un
“vai pure se
vuoi” potrebbe suonare come un modo per liquidarlo, vista la
situazione. Ma non
voglio nemmeno chiarirmi e scusarmi davanti ad Usop.
-Se
volete stare
soli io…- interviene Usop, riscuotendomi dai miei pensieri e
notando la scarsa
comunicazione tra me e Law.
Mi
giro a guardarlo,
presa alla sprovvista, non riuscendo a decidere nemmeno io cosa fare.
Vorrei
chiarire con lui ma cacciare il mio amico in un momento così
importante mi
sembra impensabile.
-Ecco…-
-Nessun
problema-
interviene Law, vedendomi in difficoltà -Io sono Trafalgar
Law, piacere-
aggiunge poi, tendendo una mano ad Usop che lui stringe subito
presentandosi a
sua volta.
-Beh
comunque me ne
stavo per andare, è quasi ora- dice lanciando
un’occhiata all’orologio.
Un’occhiata
terrorizzata, oserei dire.
-Senti
Usop…-
comincio cercando un commento incoraggiante o almeno qualcosa che non
sia
banale per rassicurarlo.
Ma
non mi viene in
mente niente.
Ho
troppi pensieri
di mio per la testa.
Questa
situazione
con Law mi impedisce di pensare, anche se mi rendo conto di essere un
po’
esagerata. È solo che non sono abituata a sentirlo
così freddo, almeno non nei
miei confronti. Lo percepisco proprio che è distante, anche
in questo momento,
sebbene si trovi di fianco a me, il braccio che quasi sfiora il mio.
Se
solo ci fosse un
fiore adatto.
Sgrano
leggermente
gli occhi, nel formulare questo pensiero.
Recuperando
un po’
di verve, sorrido ad Usop, felice.
Perché
un fiore
adatto c’è. Eccome se c’è!
-Aspettami
qui!- gli
dico, un po’ più energica mentre mi sposto veloce
sul retro del negozio.
Raggiungo
il
frigorifero più piccolo, posizionato in un angolo, lo apro e
sorrido nel
trovare esattamente ciò che cerco.
Afferro
il piccolo
involto di terra racchiuso in un quadrato di juta grezza, fissato con
dello
spago, da cui spunta un sottile gambo verde che termina con tre
meravigliose,
candide e pure stelle alpine.
Torno
di là
velocemente, le mani a coppa chiuse intorno a quel piccolo tesoro.
-Ecco-
gli dico,
allungando le braccia verso Usop sotto il suo sguardo curioso.
Law
allunga il collo
per vedere meglio e io lo vedo con la coda dell’occhio
strabuzzare gli occhi,
incredulo.
-Cos’è?!-
domanda
Usop.
-Margaret…
È una
stella alpina quella?!-
Annuisco
girandomi
sorridente verso di lui.
-È
un fiore
speciale, perfetto per l’occasione!- spiego ad Usop, con fare
quasi materno.
-Come
diavolo fai ad
avere una stella alpina viva a queste temperature?!- chiede Law, sempre
più
basito.
-In
realtà ne ho
altro nove di là!-
-Nove?!?!?!-
-Usop
mi raccomando!
Dovete tenerla al fresco e bagnarla regolarmente! Ti serve un vaso o ce
l’avete
già?!- proseguo, ignorando Law.
-A
casa dovrei avere
qualcosa!- afferma il mio amico, prendendo con delicatezza il fiore
dalle mie
mani.
-Margaret,
hai detto
nove?!?!-
Ma
che gli prende?!
-Sì,
nove! Un
cliente ne ha trovata una sul ciglio della strada, me l’ha
portata e io sono
riuscita a farla riprodurre! Perché,
c’è qualche problema?!- mi giro finalmente
verso di lui.
E
finalmente eccolo!
Il
tanto agognato
ghigno che aspettavo!
Come
lo vedo la
tensione si allenta, un calore mi scalda al centro del petto e,
sì, il cuore
accelera un po’.
-Sei
incredibile-
dice poi, ancora una volta stupito dalle mille sorprese che il mio
negozio
riserva.
-Faccio
solo il mio
lavoro!- rispondo, ricambiando il sorriso e girandomi verso Usop che
ora fissa
la piazza attraverso la finestra, visibilmente teso.
-Allora?!
Sei
pronto?!-
-Uh?!
Eh?! Come?!
C-certo! Io sono nato pronto!!!- afferma, convinto -Quanto ti devo per
questo!-
chiede poi indicando il fiore.
-Nulla!-
rispondo
prontamente.
-Ma
come?! Dai
Margaret non puoi…-
-Consideralo…-
lo
interrompo decisa -… un regalo in anticipo- gli dico,
facendogli l’occhiolino.
Lo
guardiamo fare un
respiro profondo e avviarsi verso l’uscita ma solo per
bloccarsi sulla porta.
Si
gira di nuovo
verso di noi e fa un cenno con la testa, per autoconvincersi.
Io
sollevo un
braccio piegandolo a novanta grandi e stringendo la mano a pugno in un
gesto
d’incoraggiamento mentre Law si limita a un cenno del capo
prima che Usop si
diriga a passo più o meno sicuro verso il bar di Makino e il
suo futuro insieme
a Kaya.
Lasciando
da soli me
e Law.
Ed
ecco nuovamente
il gelo di stamattina che si riappropria di me e
dell’atmosfera intorno a noi.
Silenzioso
com’è e
abituata come sono ad averlo intorno non mi ero mai accorta di quanto
la sua
presenza fosse pregnante.
Forse
non sarà un
tipo molto caloroso o espansivo ma, da quando l’ho
conosciuto, da quando la sua
presenza qui è diventata costante, il sole mi sembra
più caldo, l’aria più
fresca e Foosha più bella.
Ed
è inutile negare
che il suo malumore si ripercuote su di me. Soprattutto
perché so di esserne io
la principale causa.
Ma
fortunatamente a
questa cosa c’è rimedio e io non voglio farmi
scappare l’occasione di chiarire.
Mi
faccio coraggio e
mi giro verso di lui, prendendo un respiro profondo.
-Law
senti…-
comincio e subito si volta a guardarmi -… mi spiace per
oggi! Non avrei dovuto
obbligarti a interrare i bulbi e a indossare questo stupido grembiule!
La
verità è che mi fa piacere averti qui ma so di
essere stata egoista perciò ti
chiedo scusa!- dico tutto d’un fiato.
E
lui continua a
fissarmi, un po’ perplesso per quel che può
trasparire dal suo volto,
s’intende.
Aggrotta
le
sopracciglia prima di decidersi a parlare.
-Margaret,
di cosa
stai parlando?!-
-Del
tuo cattivo
umore! So che non volevi stare qui e che ti ho obbligato! Prima stavo
venendo a
dirti di lasciar perdere i bulbi e andare pure ma Usop mi ha interrotto
e io…-
-Perché
dici che non
volevo stare qui?!- mi interrompe, lasciandomi interdetta -Credi che
sarei
rimasto se non avessi voluto?!- prosegue, sollevando un sopracciglio.
In
effetti…
-Beh
ma… ma eri di
così cattivo umore che io pensavo che…- non
finisco la frase, incapace di
spiegarmi oltre.
Il
sollievo mi sta completamente
togliendo la capacità di pensare.
Non
ce l’ha con me!
Non è arrabbiato!
Ma
è normale che io
mi senta così per una cosa tanto sciocca?!
Che
mi senta così
sollevata e improvvisamente rinata?!
Che
cosa mi prende?!
Non
faccio in tempo
a trovare una risposta perché quando torno a guardare Law in
viso, che si è
perso a fissare il vuoto, la preoccupazione si rimpossessa di me.
Ora
che non mi sento
più colpevole verso di lui, mi rendo conto che il suo volto
è molto tirato,
l’espressione tesa, le occhiaie più profonde del
solito.
Sono
stata proprio
una baka a pensare di avergli causato io tutto questo.
È
evidente che c’è
sotto molto di più.
-Law,
stai bene?!-
gli domando incapace di trattenermi.
Sono
davvero molto
preoccupata ora!
Riporta
l’attenzione
su di me e mi fissa qualche secondo prima di sospirare e girarsi per
appoggiarsi al bancone con la schiena.
-Qualche
giorno fa
un ragazzino mi è morto sotto i ferri- dice senza troppi
giri di parole,
passandosi una mano tra i capelli e scendendo poi con pollice e indice
a
strofinarsi gli occhi.
Trattengo
il fiato,
sentendo le gambe molli e resistendo all’impulso di portare
una mano alla
bocca.
-Sono
cose che
capitano nel mio lavoro ma non riesco a smettere di pensarci,
dannazione! Questa
volta è diverso! Non capisco dove ho sbagliato!- dice a
denti stretti,
tenendosi il ponte del naso con due dita e indurendo la mascella per la
rabbia
che lo pervade.
Mi
vergogno di me
stessa. Mi vergogno per la mia superficialità e per non
essermi accorta di
niente. Non mi stupisco nemmeno del fatto che non me lo abbia detto.
Chiedere
aiuto o cercare compassione non è da lui. Anzi,
probabilmente si sta
maledicendo per essersi lasciato sopraffare così. Anche se
è umano e normale.
Fa
un profondo
respiro per calmarsi e torna a guardarmi.
-Mi
spiace se ti ho
dato l’impressione di essere arrabbiato con te-
-Non
dirlo nemmeno
per scherzo!- ribatto determinata, sentendo un groppo in gola e
ricacciando
indietro le lacrime.
Non
mi sono mai
fermata a riflettere che il suo lavoro è anche questo. Una
realtà che molti
ignorano e che spaventa. Una realtà dove ogni singolo
bambino che incontri è
malato. Una realtà che fa male. E che lui e altre persone
eccezionali, come
anche Kaya, affrontano ogni giorno, con coraggio e determinazione. Mi
sembra
così insulso ciò che faccio io, in questo
momento.
-In
realtà dovrei
ringraziarti. Stare qui a tenermi impegnato con quei bulbi mi ha fatto
bene, sono riuscito
a staccare la testa
per un po’. E anche il grembiule ha fatto la sua parte per
migliorare almeno un
po’ il mio umore- mi rivela, sincero e stranamente loquace,
puntando gli occhi
sulla parete di fronte a lui.
Sorrido
mesta mentre
studio il suo profilo teso e sofferente.
Senza
riuscire a
impedirmelo, torno con la mente al bacio mancato di qualche giorno fa.
Nessuno
dei due ne ha più fatto parola e sono bastati un paio di
giorni perché il mio
imbarazzo si dissolvesse.
Ma
in questo momento
non vorrei baciarlo. O meglio si, lo vorrei ma non con malizia. Lo
farei per
cancellare quell’espressione così addolorata dal
suo volto, che fa star male
anche me.
-Te
l’ho detto…-
mormoro -… mi fa piacere averti qui-
Ed
è il suo turno di
regalarmi un sorriso tirato.
-E
a me fa piacere
stare qui-
-Puoi
stare qui
tutto il tempo che vuoi-
Distolgo
lo sguardo,
attraversata da una miriade di sensazioni, causate in parte dalla
terribile e
tragica notizia che mi ha appena rivelato e in parte dalla
consapevolezza di
non poter fare niente per lui.
Sensazioni
che si
placano in parte quando lui mi afferra il polso con due dita,
trasmettendomi
un’improvvisa serenità, per quanto sia possibile
in questo momento. Sollevo lo
sguardo su di lui.
-Ti
va se prendiamo
una pizza e guardiamo un film da me, stasera?-
Lo
guardo a occhi
sgranati e lucidi, incredula.
Deglutisco
a fatica.
Odio
vederlo così.
Lui
non deve stare
male!
-Certo-
riesco a
dire in un sussurro.
E
poi lo faccio.
Perché
non è vero
che non posso fare niente per lui.
Perché
è evidente
che questo è il massimo di aiuto che chiederà.
E
perché è anche
evidente che gli serve altro.
Mi
avvicino, mi
sollevo un po’ sulle punte, gli passo un braccio sotto
l’ascella, posando il
palmo tra le sue scapole mentre il suo gemello va ad avvolgergli il
collo.
Appoggio il mento sulla sua spalla, facendo aderire la guancia alla
sua.
Devo
attendere solo
qualche secondo per sentirlo ricambiare l’abbraccio.
-Grazie…-
mi dice in
un soffio quasi impercettibile.
Lo
accarezzo sulla
nuca, senza lasciare la presa sulla sua schiena, pensando che dovrei
essere io
a ringraziare lui, perché è riuscito a farmi
sentire utile in un momento in cui
il mio lavoro sembra la cosa più inutile del mondo.
Ma
non c’è
assolutamente egoismo nella decisione che ho appena finito di prendere.
Non è per
sentirmi
utile che ho appena deciso che per lui ci sarò sempre.
Stella
Alpina
Fioritura:
Luglio–Settembre
Significato:
Coraggio
Storia
e curiosità: È conosciuta
anche come Leontopodium, che
letteralmente significa “piede leonino”.
È una pianta perenne, tipica delle
zone aride e montuose, che cresce spontaneamente in Asia (India, Cina,
Giappone
e Himalaya), sulle Ande, sulle Alpi europee e sugli Appennini, in
particolare l’Appennino
abruzzese. Il Leontopodium
japonicum,
ovvero giapponese, è una pianta abbastanza a diffusa e non
ha a che vedere con
la specie di stella alpina protetta e in via di estinzione.
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Capitolo 9 *** Un tocco di colore ***
Undici calle bianche.
Non ho mai amato i bouquet perfettamente simmetrici e monocolore.
Trovo che l’imperfezione sia quanto di più bello esista in natura.
Ma questa volta non posso fare a meno di pensare che il bouquet che sto assemblando non potrebbe essere più adatto per l’occasione.
Undici calle bianche.
Seguendo la richiesta dello sposo, che certo si è affidato a me ma non avrebbe potuto essere più preciso su ciò che desiderava.
All’inizio mi ha stupito scoprire che avevano scelto di rispettare la tradizione secondo cui è il futuro marito a scegliere i fiori. Ma poi, riflettendoci, mi sono resa conto che, se me lo dovevo aspettare da qualcuno, quel qualcuno erano proprio loro.
Perché in fondo lei si sarebbe sposata anche in maglietta e pantaloni, qui a piazza Gyoncorde, pranzando poi con hamburger e patatine. E non per cattivo gusto ma perché tutto ciò che conta è lui. Lui e il suo sorriso, lui e il bene che le ha fatto, lui e il sole che ha portato nella sua vita. Nient’altro. Nemmeno il bouquet.
E lui… beh, lui per lei si getterebbe anche nel fuoco, cosa di gran lunga meno spaventosa che scegliere dei fiori, per un uomo.
Sorrido al pensiero della sua faccia quando mi ha rivelato cosa era venuto a fare. Fortuna che c’ero io, ha detto, altrimenti sarebbe stato perso. Perché al di là di tutto ci teneva che fosse un bel bouquet.
-Qualcosa di semplice e raffinato!-
Undici calle bianche.
Semplici e raffinate.
Proprio come lei. Proprio come Makino.
Non avrei potuto scegliere un fiore che la rappresentasse meglio. Simbolo di bellezza e di modestia. Un fiore a calice che avvolge il proprio pistillo come le braccia di una mamma avvolgono il proprio bambino.
Ed è questo Makino, materna di natura ma, soprattutto, una mamma.
Qui a Foosha conoscono tutti la sua storia. Come quel bastardo l’abbia sedotta e poi abbandonata, spaventato dalla responsabilità di una famiglia. Come coraggiosamente lei abbia deciso di tenere e crescere il bambino.
All’inizio non è stato facile.
Quando sono arrivata qui Hiiro aveva già un anno. Lei lo portava al bar con sé e i suoi clienti abituali, quelli che trascorrevano intere giornate al bancone, la aiutavano, dandole la forza e le energie necessarie per andare avanti. Io stessa mi sono occupata di lui, di tanto in tanto, nelle pause pranzo.
Ed ero lì, il giorno che è arrivato.
L’ora del pienone era passata e lui è entrato, riempiendo l’aria di sicurezza e serenità con la sua sola presenza, con quel sorriso capace di dissolvere un temporale, di cui tutte, inutile negarlo, ci siamo innamorate a prima vista.
È entrato per chiedere se avevamo la cassetta del primo soccorso, mal celando un taglio sul braccio che avrebbe fatto impallidire chiunque. Nessuno ad oggi sa che cosa fosse successo.
Ricordo come tutti avessimo insistito perché andasse in ospedale e come Makino, alla fine, vincendo l’imbarazzo lo avesse almeno convinto a farsi medicare lei.
È stato in quel momento, quando lei gli ha toccato il braccio, tamponando con delicatezza, che qualcosa è scattato. Chimica, elettricità. Lo abbiamo visto tutti.
Ce lo avevo in braccio io, Hiiro, ed era scoppiato a piangere.
Makino però non si era lasciata distrarre finendo la medicazione con mani esperte e delicate.
E allora lui si era alzato, si era avvicinato a me con sguardo serio, facendomi arrossire e aveva allungato le mani verso di noi.
-Posso?!- aveva poi chiesto con un sorriso.
E chi mai avrebbe potuto opporsi?!
Avevo semplicemente annuito tendendogli Hiiro.
E un attimo dopo quel bambino rideva, giocando con qualche ciocca rossa dei suoi capelli, illuminato dal suo sorriso come la luna dalla luce del sole.
Shanks.
Meraviglioso, eccezionale, stupendo uomo.
Lo avevamo capito tutti che faceva sul serio.
Ma lei era ancora spaventata da ciò che aveva vissuto, abituata ormai a farcela contando solo su stessa, restia ad abbandonarsi di nuovo a quel sentimento.
Pensavamo tutti che avrebbe finito con il farselo scappare.
Eppure lui non si era arreso. Per sei mesi aveva continuato a venire a Foosha solo per vederla almeno mezz’ora, aveva giocato con Hiiro, fatto amicizia con noi. E ottenuto finalmente una cena.
Inutile dire che Makino non aveva potuto più nulla. Si era lasciata andare di nuovo, si era concessa di perdersi ancora e stavolta aveva trovato una mano disposta a guidare non solo lei ma anche suo figlio attraverso la vita.
E ora, tre anni dopo, eccomi qui ad assemblare un bouquet, il negozio già chiuso, addosso il mio abito lungo color magenta, pronta per andare al loro matrimonio.
Studio con aria critica l’agglomerato di calle.
Non mi soddisfa, manca qualcosa.
Vago con gli occhi sul negozio alla ricerca di ispirazione.
E poi li vedo.
I gigli.
Simbolo di purezza, fascino e nobiltà.
Il fiore di Shanks, decisamente.
Mi avvicino e scelgo il più bello, rosso ovviamente.
Con maestria lo incastro tra le calle, non al centro, perché, come ho detto, non amo la simmetria.
Lo guardo, finalmente soddisfatta.
Un bel fiore rosso a spezzare il bianco, che è bello ma a volte ha bisogno della giusta dose di colore accanto. Un fiore inserito in mezzo agli altri, proprio come Shanks è entrato nella vita di Makino. Un fiore che sembra non centrare nulla ma che rende tutto perfetto.
Sì, ora posso andare.
Infilo le scarpe con il tacco, nere come la fascia che mi avvolge la vita, e mi avvio per uscire dal retro, il bouquet stretto in mano.
L’aria è calda e mossa da una piacevole brezza estiva. Il giorno ideale per sposarsi nel tardo pomeriggio.
Inspiro a pieni polmoni, godendomi il profumo d’estate. E solo allora un movimento mi avvisa che il mio cavaliere è già qui che mi aspetta.
Entra nel mio campo visivo, le mani in tasca e un ghigno sulla faccia. Sorrido, vedendo che ha messo la cravatta che gli ho comprato io, decisa a fargli avere un tocco di colore in questo giorno così bello e felice.
Lo saluto così, con un sorriso, mentre il vento ci scompiglia un po’ i capelli.
-Andiamo?- mi dice porgendomi il braccio.
Annuisco, stringendo il bouquet, mentre mi aggancio a lui con la mano libera e ci avviamo attraverso una stranamente deserta, ma assolutamente splendida e romantica, piazza Gyoncorde.
Calla
Fioritura: Maggio e giugno
Significato: Bellezza semplice, modestia
Storia e curiosità: Il vero fiore non è la parte bianca (o rossa o viola) della calla, bensì lo “spadice”, ovvero l’asta gialla al centro, considerata nell’antica Roma un simbolo fallico. La “spata”, la parte che avvolge appunto lo spadice è invece una foglia modificata che cresce attorno al fiore vero e proprio per proteggerlo.
Giglio
Fioritura: Estate
Significato: Purezza, fascino e nobiltà
Storia e curiosità: Originario del Medio Oriente (Siria e Palestina), il giglio è un fiore avvolto da leggende e credenze religiose. Il suo profumo persistente fatica a svanire e per questo si dice che chi regala un giglio non verrà facilmente dimenticato. Dal suo bulbo i soldati romani estraevano un succo che leniva il dolore ai piedi.
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Capitolo 10 *** Sei tu ***
-Margaret!!!-
Hiiro mi corre incontro entusiasta, attraversando lo spiazzo all’aperto in cui si tiene il ricevimento, e subito lo prendo in braccio regalandogli un bacio tra i capelli e stringendolo a me.
Profuma di buono, come solo i bambini profumano e i suoi capelli sono morbidi come la seta.
Me lo stringo al petto mentre lui mi aggancia le braccine dietro al collo.
-Hai visto che bella la mamma?!- mi chiedi poi, con gli occhi che brillano.
Mi giro ad ammirare ancora una volta Makino, stupenda nel suo abito bianco, semplice ed elegante, i capelli raccolti in un’elaborata treccia sulla nuca e una fascia rossa all’altezza della vita. Sorrido notando il parallelo tra il suo abito e il bouquet. Se avessimo voluto farlo apposta non ci saremmo riusciti.
Ma non è questo a renderla bellissima.
È la luce che le brilla negli occhi, il radioso sorriso che la illumina e lo sguardo innamorato.
E Shanks, al suo fianco non è da meno. Senza la cravatta, solo camicia e giacca, i capelli scompigliati, l’espressione felice, la tiene per mano mentre chiacchiera con qualcuno che mai mi sarei aspettata di trovare qui.
Occhi di falco, il mio criptico cliente di qualche settimana fa, con cui, a quanto pare, è amico di vecchio data, lo ascolta concentrato, distogliendo di tanto in tanto gli occhi da lui per cercare tra la folla la famosa frivola ragazzina a cui voleva regalare le speronelle, vestita in modo elegante e per niente ridicolo, trovandola a chiacchierare con Usop e Kaya che sfoggia uno stupendo brillante all’anulare sinistro.
Hiiro mi si agita in braccio per scendere.
-Zio Rufy!!!- esclama lanciandosi tra la folla.
Corre verso il moro, intento a chiacchierare con Shakky, e, come sente la sua voce, Rufy si gira e lo afferra facendogli fare l’aeroplanino in aria.
Quando verrà il giorno sarà un ottimo padre.
Rido divertita dalla scena, spostando ancora gli occhi verso il tavolo a cui Sanji, Violet, Nami e Zoro sono seduti e ridono di una battuta di Ace, che ha appena finito di ballare con sua mamma, cedendo il posto a Rayleigh, e che viene colto da un attacco narcolettico proprio sotto i miei occhi.
È incredibile che siano tutti qui.
-Ed ora, la canzone della nostra bella coppia!- annuncia Brook dalla console, attendendo che Shanks e Makino raggiungano il centro della pista.
Un attimo prima che la canzona abbia inizio, la sensazione di essere osservata mi obbliga a voltarmi e a incrociare un paio di occhi che conosco molto bene. Seduto comodo sulla sedia, la giacca abbandonata sul tavolo e la cravatta gialla allentata,Law mi osserva con una strana luce negli occhi.
[Sun on a black sky - The Baseballs]
Baby let me say
What you are to me
You're my penny lane
And the sweetest pain
Like heaven and hell
I'm caught in your spell
My lady love, love, love
Ti giri verso di me, sentendo addosso il mio sguardo, proprio mentre io mi sto sistemando meglio contro lo schienale della sedia e mi allento la cravatta. Questa assurda cravatta gialla che mi hai comprato, dicendo che era la sfumatura perfetta perché è giallo girasole.
Ma è davvero un colore il giallo girasole, poi?!
Baby let me say
What you do to me
Get my head to fly
Like an aero plane
Make me twist and shout
Singin' in the rain
My lady love, love, love
Shanks e Makino stanno ballando e, con la coda dell’occhio lo vedo abbassarsi su di lei e mormorarle qualcosa all’orecchio, facendola ridere, ma resto concentrato su di te.
Cerco di non perdere il contatto visivo mentre altre coppie ci passano davanti per raggiungere i due sposi sulla pista. Occhi di falco e la sua bambolina voodoo, il maniaco biondo insieme a Violet, il tipo narcolettico con una ragazza dai capelli azzurri. Vedo tutto questo ma non distolgo gli occhi dai tuoi.
Nemmeno quando sei tu a puntare lo sguardo per terra, un po’ in imbarazzo, portando una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Quando risollevi lo sguardo su di me sono ancora qui che ti fisso e tu mi rivolgi un sorriso interrogativo, scuotendo leggermente la testa come a chiedere che cosa c’è.
Girl you shine
Yeah you shine
Like a sun on a black sky
Girl you burnin' my heart blind
My lady love, love, love
Girl you shine
Yeah you shine
Like a sun on a black sky
You got me burning like a bonfire
My lady love, love, love
Cosa vuoi che ti dica, Margaret?!
Che sono rimasto folgorato quando ti ho visto stasera?
Sai che non lo farò mai. Però è la verità, perché, d’altra parte, non sono abituato a vederti senza il tuo grembiule informe.
Non è mai stato un segreto che fossi bella ma così, non me lo sarei mai aspettato.
E non è solo il colore e il taglio del vestito che ti donano. È anche la penombra, che sembra un po’ meno scura intorno a te, come se fossi tu a illuminarla.
Sei come una Bella di Notte, Margaret. Timida, modesta e del tutto inconsapevole della tua bellezza.
Perché devi fissarmi così?!
Dai, Law, piantala!
Se potessi, mi sposterei da qui, per sottrarmi al tuo sguardo ma è come se i piedi fossero inchiodati per terra, non so che mi prende. Devo fare qualcosa o finirò per andare a fuoco.
Baby you and me
We are meant to be
Living wild and free
In a perfect dream
You're my tnt
Yeah you're killing me
My lady love, love, love
My lady love, love, love
Cerco di fare un po’ di conversazione a distanza e appoggio due dita alla base delle clavicole, simulando il gesto di sistemare una cravatta immaginaria per poi alzare il pollice dell’altra mano, a ribadire quanto ti sta bene.
Tu capisci subito, perché tu mi capisci sempre, e ghigni scuotendo la testa.
Lo so cosa pensi, che lo faccio solo perché l’ho scelta io.
Ma quel colore ti dona davvero!
D’altra parte non c’è un fiore più adatto a te del girasole.
Simbolo di orgoglio e di allegria. Perché è così che mi sento quando ci sei tu. Allegra, felice. Sorrido, pensando a quanto la mia vita sia cambiata in meglio da quando ti conosco.
Girl you shine
Yeah you shine
Like a sun on a black sky
Girl you burnin' my heart blind
My lady love, love, love
Girl you shine
Yeah you shine
Like a sun on a black sky
You got me burning like a bonfire
My lady love, love, love
Non mi sono nemmeno accorto di essermi alzato in piedi.
Lo capisco più che altro dal cambio di prospettiva ma è come se le gambe si muovessero da sole.
Un girasole hai detto?! Questo è il fiore che ti ricordo.
Forse hai ragione perché non riesco proprio a staccare gli occhi da te, dannazione!
Deglutisco a vuoto quando ti vedo avanzare a passo deciso verso di me.
Continuo a sorridere, nonostante il tuo sguardo così penetrante e intenso mi stia rivoltando l’anima.
Per poco Hiiro non ti travolge, mentre corre verso i suoi genitori, che lo prendono in braccio e continuano a volteggiare tenendolo tra loro. Torno su di te, sperando di trovarti sorridente ora, ma niente.
Mi guardi ancora così e stavolta il sorriso mi si spegne del tutto.
You drive me crazy, wanna scream out loud
And i know i never really get you figured out
Such a dangerous combination of pleasure and pain
You sure know how to drive a man insane
Faccio un passo indietro aggrottando le sopracciglia mentre il cuore prende a battere all’impazzata, contro la gabbia toracica.
Cosa succede?!
I battiti sono troppo accelerati, mi gira la testa, le gambe mi reggono male e sento come dei tremiti che mi scuotono dentro. Questo non va bene. Non sto bene.
Ma cos’ho?!
Ti guardo di nuovo, ti trovo corrucciato. Hai notato anche tu che qualcosa non va. Ma per fortuna sei qui e mi basta questo pensiero per sentirmi al sicuro.
D’altra parte, sei un medico.
È normale che la tua presenza mi rassicuri, giusto?!
Giusto?!
Girl you shine
Yeah you shine
Like a sun on a black sky
Girl you burnin' my heart blind
My lady love, love, love
Con lo sguardo ti chiedo di avvicinarti più in fretta ed eccoti accelerare i passi, scartando tra la folla senza esitazione.
Mi arrivi di fronte, lo sguardo preoccupato.
-Che hai?!- mi domandi subito.
Ti guardo, buttando giù un po’ di saliva, e sorrido ma ora, sento anche caldo oltre a tutti gli altri sintomi e tu mi conosci troppo bene per farti ingannare.
-Margaret- mi chiami e posi le mani sulle mie spalle.
Ed è allora che succede.
Girl you shine
Yeah you shine
Like a sun on a black sky
Girl you burnin' my heart blind
My lady love, love, love
Girl you shine
Yeah you shine
Like a sun on a black sky
You got me burning like a bonfire
My lady love, love, love
Trattengo il fiato mentre una scarica elettrica mi attraversa, il cuore accelera ancora di più e finalmente capisco.
Capisco che sei tu.
Sei tu la causa delle mie gambe molli, la testa che gira e i tremiti!
Ti guardo incredula, ad occhi sgranati.
Sei tu!
Kami, allora è questo che si prova!
Certo che è normale che la tua presenza mi rassicuri!
Perfettamente normale se solo trovo il coraggio di ammetterlo.
Ammettere che sono innamorata di te.
E come formulo il pensiero, vedo un lampo di comprensione attraversare i tuoi occhi.
Dannazione, Margaret, no!
Di me?! Sul serio?!
Perché proprio di me?!
Non sono fatto per queste cose!
Mi guardi incredula e felice e io so già che questo non porterà che guai, perché è tutto sbagliato.
È sbagliato il modo in cui una ragazza come te guarda uno come me. È sbagliato il tuo afferrarmi un polso e costringermi a posare un palmo al fianco del tuo collo. È sbagliato l’improvviso impulso che sento di piegarmi su di te e che mi fa trattenere il fiato.
Girl you shine
Yeah you shine
Like a sun on a black sky
You got me burning like a bonfire
My lady love, love, love
Ma ho bevuto, tu sei bella e io sono pur sempre un uomo.
E il tuo profumo poi…
La canzone sta finendo ed è perfettamente inutile mentire a me stesso.
Mentre attraversavo la pista la mia intenzione non è mai stata invitarti a ballare, nemmeno per un secondo.
Non mi aspettavo una simile rivelazione, però, e so che dovrei fermarmi.
Ma ormai è tardi e mi concedo solo un altro attimo di lucidità per maledirmi, prima di smettere di pensare e baciarti.
My lady love, love, love
Bella di notte
Fioritura: Giugno-settembre.
Significato: Timidezza.
Storia e curiosità: La bella di notte è originaria del Sudamerica e fu introdotta nel continente europeo nel XVI secolo. La particolarità del fiore è che i suoi petali si schiudono solo al calar della sera, sprigionando un profumo molto intenso che risulta irresistibile per le farfalle notturne. Da qui il significato attribuitogli di timidezza. In Asia i suoi fiori sono impiegati nella produzione di coloranti alimentari, mentre i semi vengono utilizzati nella preparazione di cosmetici e tinture per tessuti.
Girasole
Fioritura: Luglio-settembre.
Significato: Allegria e orgoglio.
Storia e curiosità: Anch’esso originario delle Americhe e introdotto in Europa a partire dal ‘500, il girasole era considerato sacro dai pellerossa. Lo usavano per ornare il capo delle vergini e gli venivano attribuite proprietà curative. Il significato di orgoglio deriva dalla sua somiglianza con un piccolo sole e dal fatto che il fiore, seguendo l’astro nel suo tragitto, sembra tenere sempre la testa alta. Nella cultura cinese rappresenta la longevità della vita ed è messaggio di vero amore. Infine, insieme alla bella di notte, è il fiore preferito di Piper_Parker. XD |
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Capitolo 11 *** Fa male ***
-Ehi sorella! Dove te le metto le rose gialle?!-
-Laggiù Franky, grazie-
Fa male.
-Lo sai che queste sono le più belle aquilegie che io abbia mai visto? Sono suuuuper!-
Sorrido tirata in risposta al commento entusiastico del mio fornitore.
Fa dannatamente male.
Qui al centro del petto.
Non vuole andarsene.
Franky si guarda intorno, le mani sui fianchi, prima di alzare un braccio tatuato a grattarsi la testa.
-C’è qualcosa di strano qui…- mormora corrugando le sopracciglia, mentre io mi asciugo veloce una lacrima sfuggita al mio controllo.
-In che senso?!- domando, cercando di sembrare spensierata come sempre.
Perché?!
Perché devo stare così male?!
Perché non passa?!
-C’è qualcosa di diverso dal solito! Per caso hai cambiato la disposizione dei mobili, sorella?!-
Scuoto la testa continuando a sorridere imperterrita, mentre cerco di ignorare l’angoscia che mi opprime il petto.
Stupida.
-È sempre tutto come al solito Franky!- gli dico, avvicinandomi a lui per pagargli il rifornimento di fiori -Quanto ti devo?!- gli domando, ma lui continua a grattarsi la nuca, riflettendo perplesso.
Stupida, cretina, illusa… ingenua.
Curiosità.
-Che giorno è oggi?!- mi domanda dopo un po’, ignorando i soldi.
-Come?!- domando colta alla sprovvista.
Eri curiosa di sapere cosa si provasse?!
Brava scema!
Ti sei messa a giocare con il fuoco per curiosità e ora?!
Eccoti servita!
Questo si prova.
Dolore.
-Che giorno è?!-
-Martedì, perché?!-
Mai più.
Mai, mai più.
-Ecco! Ora ho capito! Dov’è fratello chirurgo?! È sempre qui quando vengo a consegnarti i fiori di martedì!-
Lo fisso, interdetta.
Martedì.
È martedì.
Me n’ero dimenticata.
Sento gli occhi sgranati riempirsi di lacrime.
Cerco di trattenermi, di continuare a sorridere.
L’ho promesso.
Niente più lacrime.
L’ho promesso a me stessa.
-Sorella?! Tutto bene?!-
E qualcosa dentro di me si spezza.
Mi mordo il labbro inferiore, distogliendo lo sguardo e puntandolo altrove, mentre le prima gocce prendono a scorrere sulle mie guance.
È un attimo, e mi ritrovo a singhiozzare senza controllo, qui, nel retro del mio negozio, immobile davanti al mio fornitore che mi guarda sconvolto.
-Mi… mi di-dispiace… io… io…-
Non riesco a parlare.
Porto una mano alla bocca, nel vano tentativo di sopprimere i singhiozzi, e una al petto che si muove incontrollato, minacciando di esplodere.
Raggiungo l’apice della disperazione sotto lo sguardo attonito di Franky, sfogando e buttando fuori tutti i miei dolore, rabbia e frustrazione.
Con sollievo, sento il pianto diminuire in intensità e i sussulti che mi squassano il torace calmarsi.
Mi asciugo le guance, subito bagnate da una nuova pioggia di lacrime, che non smettono di scorrere, mentre faccio dei respiri profondi, faticando a soffocare gli spasmi residui dei singhiozzi.
-S-scusa, Franky…- mormoro, flebile, afferrando la bottiglietta d’acqua sul tavolo delle aquilegie e bevendo una piccola sorsata.
Quando riporto la testa dritta, trovo il mio gigantesco fornitore a porgermi un fazzoletto con sguardo comprensivo. Gli sorrido triste mentre accetto il pezzo di stoffa e ci soffio dentro il naso rumorosamente.
-Facciamo che lo tengo io eh…- gli dico, la voce ancora afona, infilando il fazzoletto nella tasca del grembiule.
-Cosa è successo?!- domanda premuroso e mortificato, un’espressione che contrasta in modo impressionante con il suo aspetto, la sua stazza e il suo look da motociclista.
Alzo lo sguardo su di lui.
Conosco Franky da anni.
Ma si può dire che siamo abbastanza in confidenza da confidargli una cosa così personale?!
In fondo, l’ho detto solo a mia sorella Lindow e ad Aphelandra, la mia migliore amica.
Però mi rendo conto che una spiegazione se la merita anche.
E sono anche certa che lui mi ascolterebbe e permetterebbe di sfogarmi senza giudicare o lasciarsi andare a commenti indesiderati.
Faccio un respiro profondo prima di cominciare a raccontare.
***
Scendo dall’autobus, guardando verso l’alto e sorrido nel vedere le luci dell’appartamento accese, mentre stringo tra le mani il cappello leopardato.
Ci ho messo un bel po’ a decidermi a venire qui, dopo che mi sono accorta che se l’era dimenticato nel retro.
Avrei anche aspettato che venisse a riprenderselo lui ma, proprio oggi pomeriggio mi ha detto che nei prossimi giorni sarà così preso al lavoro da non riuscire a passare e so quanto per lui sia inseparabile questo assurdo cappello.
Non ho nessuna intenzione di disturbarlo. Oggi, quando è entrato al volo al chiosco giusto per un saluto e per avvisarmi che non ci saremmo potuti vedere per qualche giorno, gli ho chiesto se stasera aveva da fare e mi ha risposto di sì. Non so perché sono venuta fin qui con il rischio di non trovarlo a casa ma, visto che c’è, tanto meglio.
Probabilmente sarà impegnato in una di quelle serate tra uomini, tipo la partita settimanale a poker, con dei colleghi o degli amici.
Gli lascio il cappello e me ne vado.
Punto.
Sorrido tra me e me, emozionata all’idea di vederlo anche se solo per pochi attimi.
Mi sento quasi ridicola.
Come una ragazzina al suo primo amore. Che poi, a ben guardare, è quello che sono.
Ma anche così, mi sembra eccessivo. Davvero eccessivo il fatto di agitarmi così mentre mi avvicino al portone che trovo ancora aperto dal recente ingresso di un condomino.
E anche che il cuore mi batta all’impazzata rischiando di schizzare fuori dalla cassa toracica man mano che mi avvicino al suo appartamento, salendo a piedi per darmi un po’ più di tempo nella speranza di calmarmi.
Per non parlare delle mani che tremano quando sollevo un dito per suonare il campanello.
Non sto praticamente più nella pelle all’idea di rivederlo, anche se l’ho visto solo poche ore fa.
Dondolo da un piede all’altro, mentre aspetto che venga ad aprirmi, e intanto mi rigiro il cappello tra le mani, valutando se ficcarmelo in testa, così tanto per scherzare.
Sto ancora fissando la stoffa bianca maculata che la porta si apre, senza che nessuno da dentro abbia chiesto chi è o controllato dallo spioncino. Sorrido nel sentire lo scatto della serratura e alzo subito gli occhi, impaziente di incrociare le sue iride grigie.
Ma ciò che vedo mi fa congelare il sorriso sulla faccia.
Ciò che vedo fa defluire tutto il sangue che mi scorre nelle vene alla testa e mi mozza il fiato e le gambe.
Ciò che vedo, vorrei davvero non averlo visto.
Perché sulla porta dell’appartamento di Law, ad accogliermi e chiedermi chi sono, c’è una donna. Una bellissima donna. Alta, prosperosa.
E nuda.
Deglutisco a vuoto, la testa e il cuore un vortice di emozioni indefinite.
-Come posso aiutarti, cara?!- mi domanda la donna, con finta cortesia.
Io sbatto le palpebre più volte, scuotendo leggermente la testa, cercando disperatamente di riprendermi dallo shock.
-Io… io…-
Serro le mani intorno al cappello, bisognosa di un appiglio, di qualcosa a cui aggrapparmi per non crollare.
-S-sono venuta a… riportare questo a Law- riesco finalmente ad articolare tutto d’un fiato, tendendole il cappello e sentendo le lacrime salirmi agli occhi quando lei, con un sorrisetto che sa tutto di scherno, lo afferra e me lo toglie di mano.
Fa male.
Fa male pronunciare il suo nome.
Fa dannatamente male.
Qui al centro del petto.
Vorrei che ci fosse una spiegazione alternativa.
Una qualsiasi. Mi andrebbe bene qualsiasi cosa, anche un minimo dubbio.
Ma la sorte non vuole venire in mio aiuto stasera e sento la sua voce, prima ancora di vederlo spuntare dalla porta della camera, con solo i boxer addosso.
-Monet?! Qualcosa non…-
Si interrompe quando mi vede, stravolta e delusa, le lacrime che hanno cominciato a scendere inesorabili.
Abbasso lo sguardo, lo riporto su di lui, mi mordo il labbro e annuisco, cominciando a indietreggiare verso le scale per poi girarmi e mettermi a correre verso l’uscita.
Voglio andarmene da qui.
Devo andarmene da qui.
Lontano da questo dolore.
Lontano da lui.
Continuo a scendere, veloce e incosciente, rischiando di inciampare a ogni passo con la vista offuscata dalle lacrime.
Non so a che piano sono quando una presa sul mio braccio mi blocca e mi fa voltare contro la mia volontà.
Non mi serve mettere a fuoco per sapere chi è e l’istinto di conservazione ha la meglio.
-Lasciami stronzo!!!- gli urlo in faccia, divincolandomi.
Non m’importa di essere sulle scale di un condominio.
Che sentano! Che sentano tutti cosa ho da dire!
-Cosa sei venuta a fare Margaret?!- mi domanda, senza lasciare la presa.
Il tono è calmo ma capisco che è incazzato.
Lui!
Che coraggio!
-Ero venuta a riportarti il cappello, ma avrei fatto meglio a dargli fuoco!- sibilo velenosa.
Restiamo a fissarci in silenzio qualche secondo, i respiri affannati.
Sento la mia determinazione venire meno, indebolita dal potere che, nonostante tutto, i suoi occhi hanno su di me.
Come può essere così vicino e così lontano al tempo stesso?!
Deglutisco a vuoto, conscia che mi sto perdendo.
Fa male anche solo guardarlo ma non riesco a distogliere gli occhi.
Baciami, ti prego!
-Margaret-
La sua voce mi riscuote e subito riprendo a divincolarmi.
-Ascolta…-
-No!!!- sputo fuori, riuscendo a sottrarmi alla sua presa -Non voglio stare ad ascoltarti! Sei solo un bastardo!!!-
-Porca puttana, Margaret!- esplode anche lui, non più in grado di contenersi - Ci siamo solo baciati una volta!!! Cosa pensavi, che ti avessi giurato fedeltà eterna?!?!-
Indietreggio, sconvolta e a occhi sgranati, come se mi avesse appena colpito con uno schiaffo in piena faccia.
Il suo petto si alza e abbassa come un mantice, per la rabbia e l’urlo che ha appena liberato anche lui.
-Solo un bacio…- riesco a mormorare, flebile gli occhi di nuovo pieni di lacrime - È tutto qui per te? Tu pensi davvero che sia stato solo per il bacio che io… - non finisco la frase, bisognosa di deglutire.
Lui non risponde, continua a guardarmi glaciale e irremovibile.
Mi volto per andarmene, sapendo che stavolta non mi fermerà, non ci proverà nemmeno, nonostante una parte di me lo desideri disperatamente.
Muovo un passo ma subito mi blocco e mi rigiro verso di lui.
-Sai, avevi ragione a darmi dell’ingenua…- gli dico sempre sottovoce ma sostenendo fieramente il suo sguardo -Ma non avrei mai immaginato che, quando mi hai detto di fare attenzione alle persone che se ne approfittano dell’ingenuità altrui, mi stessi mettendo in guardia proprio da te…-
Per la prima volta da che lo conosco, lo vedo vacillare.
Vacillare sotto il peso della mia accusa.
Colpevole, distoglie lo sguardo da me, puntando gli occhi al pavimento.
Ma non mi basta. Non mi basta più. In pochi secondi mi sono svuotata di ogni sentimento che provo per lui.
Non è niente.
Non è più niente per me.
E non merita nemmeno che io sprechi ancora il mio fiato.
Ecco perché me ne vado senza dire più un’altra parola.
È solo quando sono di nuovo in strada, immersa nel buio della notte, lontano da lui e dalle sue orecchie, che mi concedo di scoppiare in un pianto dirotto e disperato, mentre mi abbraccio il petto e sfrego le mani sulle braccia per scaldarmi da un gelo che sento solo io.
***
Sono passate due settimane.
Due settimane senza di lui nella mia vita.
Due settimane con il sole che non scalda, l’aria che non rinfresca e Foosha che non riesce più a farmi sorridere.
Due settimane a lottare contro le lacrime ogni volta che vedo qualcosa che me lo ricorda.
Una lotta costante considerato che qualsiasi cosa me lo ricorda.
E pensavo sinceramente che stesse cominciando ad andare meglio finché stamattina non ho dovuto chiedere una mano a Franky per scaricare i fiori, cosa che non avevo più dovuto fare perché, per un fortuito caso, da quando l’ho conosciuto fino a quindici giorni fa, Law è sempre stato presente a tutte le consegne di fiori e mi ha sempre aiutato lui.
Sorrido mesta e dispiaciuta mentre Franky si soffia sonoramente il naso in un po’ di carta assorbente, dato che il suo fazzoletto l’ho usato io. Avrei dovuto considerare la sua esagerata sensibilità. A metà racconto lui piangeva come una fontana e io cercavo di consolarlo inutilmente. Ma ha voluto a tutti i costi sentire com’era andata a finire.
-E quindi non senti fratello chirurgo da quindici giorni?- domanda, le enormi braccia incrociate al petto ampio.
Annuisco senza parlare.
-Forse se vi parlaste, riuscireste a chiarire…- suggerisce, guadagnandosi un’occhiataccia.
-E dovrei andare a cercarlo io?!- domando, indignata -Dopo quello che lui ha fatto a me?!-
-No!- si affretta subito a rispondere Franky, agitando le mani davanti al viso -No, no! Però forse lui ha solo avuto paura…-
-Paura?! E di cosa?! Che lo mangiassi?! Che gli succhiassi il sangue?! Ma fammi il favore!-
-Gli uomini, sorella, sono molto più fifoni in fatto di sentimenti!- mi dice, con fare saputo.
-Lui non si è comportato da fifone… Si è comportato da vigliacco…- affermo, implacabile, rendendomi conto solo ora di quanto ancora sono arrabbiata -Lo odio…- mormoro a denti stretti, più a me stessa che al mio fornitore.
Franky solleva un sopracciglio a commentare le mie parole prima di alzarsi e avviarsi verso l’uscita.
-Ora devo andare, Super-Franky ha una consegna dall’altra parte della città! Però sorella, se fossi in te io ci penserei prima di metterci del tutto una pietra sopra. A me non sembra proprio che lui non conti più niente per te- conclude lanciando uno sguardo eloquente ai fiori disseminati per tutto il retro del negozio, prima di andarsene salutandomi con una delle sue pose super e riuscendo a strapparmi una risata, la prima da giorni.
Mi rigiro a osservare con occhio più critico il mio ultimo ordine.
Anemoni e giacinti blu, rose, garofani e viole tutti rigorosamente gialli.
Un bel messaggio del mio subconscio per un’esperta come me.
L’indifferenza, non l’odio, è il contrario dell’amore.
Sospiro, lanciando un’occhiata alle aquilegie.
Ora basta.
Non ho intenzione di farmi condizionare oltre la vita da lui.
Lo dimenticherò e ricomincerò a vivere.
Tornerò la Margaret di sempre.
Esco dal retro, diretta verso la panchina sotto il glicine, bisognosa di aria e tranquillità, almeno qualche minuto.
Voglio smettere di stare male.
Voglio smettere di pensare a lui.
Mai più.
Mai, mai più.
Anemone
Fioritura: Primavera-estate.
Significato: Abbandono, amore tradito.
Storia e curiosità: Conosciuto anche come “fiore del vento”, l’Anemone è legato a leggende sia mitologiche che cristiane. Al fiore vengono attribuite diverse proprietà curative per svariati problemi quali disturbi gastrointestinali, febbre, raffreddore, dolori addominali, ansia, depressione e problemi di natura sessuale.
Giacinto (blu e porpora)
Fioritura: Primavera.
Significato: Dolore, avventatezza.
Storia e curiosità: Il giacinto è un fiore antichissimo, coltivato sia nell’Antica Grecia che a Roma. Il suo nome è legato alla leggenda mitologica che narra del giovane amato da Apollo, Giacinto appunto, e di come questi fu colpito a morte da un disco lanciato proprio dal dio sole, deviato per gelosia da Zefiro. Esiste una specie particolare che può essere coltivata anche in acqua ma a scopo puramente decorativo essendo molto invasiva.
Rosa (gialla)
Fioritura: Primavera-estate.
Significato: Gelosia, infedeltà, dolore.
Storia e curiosità: Nella civiltà romana, dedita all’edonismo e all’esaltazione dei beni materiali, le rose venivano largamente usate durante i banchetti, perché considerato oggetti di lusso. Nerone fece piovere petali di rosa durante un banchetto, Cleopatra fece cospargere il pavimento del suo palazzo per accogliere Marco Antonio, il sovrano babilonese Nabucodonosor le usava per ornare il proprio palazzo, gli imperatori Moghul del Kashmir le coltivavano in quantità e ne gettavano i petali nel fiume per celebrare il loro ritorno a casa, in Cina l’essenza di rose poteva essere utilizzata esclusivamente dai membri della famiglia imperiale e dagli alti dignitari. La guerra combattuta in Inghilterra tra la casata dei Lancaster e quella degli York, tra il 1455 e il 1485, conclusasi con l’ascesa al trono della famiglia Tudor, passò alla storia come “Guerra delle due rose” poiché le due famiglie avevano come simbolo, rispettivamente, una rosa rossa e una rosa bianca.
Garofano (giallo)
Fioritura: Primavera.
Significato: Sdegno.
Storia e curiosità: Il garofano, originario del bacino mediterraneo, fa parte della famiglia delle Caryophyllaceae ed è una pianta perenne erbacea con fioritura prevalentemente primaverile. “Garofano” è il nome del sedicesimo giorno del mese di Pratile del calendario rivoluzionario francese.
Viola gialla
Fioritura: Maggio-agosto
Significato: sdegno
Storia e curiosità: Esistono vari tipi di viole, tra cui le viole mammole o viole del pensiero e le violeciocche. Il fiore si riproduce sia sessualmente, tramite autoimpollinazione, sia vegetativamente, aiutato dagli impollinatori. Si contano tra le 525 e le 600 specie.
Aquilegia
Fioritura: Tarda primavera-inizio estate.
Significato: Sdegno, dolore.
Storia e curiosità: Originaria principalmente delle zone asiatiche, americane e alpine europee, esistono, tra le sue 70 specie, alcune varietà africane e altre che crescono spontaneamente sulle Alpi e gli Appennini italiani. È una pianta erbacea perenne che si può trovare nei colori bianco, azzurro, giallo, rosso, rosa, lilla, viole e avorio. |
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Capitolo 12 *** Nuovi inizi ***
Ma naturalmente non ci riesco.
Seduta nel mio posto preferito, nonostante il sole inondi la panchina fuori dal mio negozio, io sento freddo e il mio sguardo è perso sulla piazza, senza realmente vederla.
Il mio sguardo è perso proprio come me.
Persa, spaesata, senza bussola.
Ripenso alle parole di Franky, al suo suggerimento.
Forse ha solo avuto paura.
Non sarebbe così strano, considerato il soggetto.
Ma è davvero un buon motivo per perdonarlo?
In fondo, se davvero fosse solo quella la ragione che ha guidato le sue azioni, avrebbe almeno potuto cercare di parlarmi.
Invece non si è più fatto vedere. E non solo da me. Ha smesso anche di prendere il caffè da Makino e sospetto che adesso scenda direttamente alla fermata di Drum con la metro.
Vigliacco.
Eppure…
Eppure una parte di me, desidera ardentemente di sentire la sua voce. Una parte di me sarebbe anche pronta ad accettare qualsiasi spiegazione.
La parte di me irrazionale ovviamente perché quella sensata e ancorata alla realtà non ha nessuna intenzione di perdonarlo ed è a lei che darò retta e ascolto.
Perché se lui è orgoglioso io sono testarda e mi ha fatto davvero troppo male.
Immagini confuse di quella sera riempiono la mia testa e mi accorgo che sto trattenendo il fiato insieme con nuovi singhiozzi.
Una lacrima mi bagna la guancia e io la asciugo con rabbia.
No!
Non voglio piangere di nuovo!
Ora basta!
Devo fare qualcosa, tenermi impegnata, pensare ad altro!
Devo…
-Ammetto che non è il migliore degli spettacoli ma non mi sembra nemmeno così tragico- afferma una voce accanto a me facendomi fare un salto alto così sulla panchina.
Mi giro verso il possessore di suddetta voce, una mano tra i seni e il cuore che sussulta per lo spavento.
-Kami!- dico, chiudendo gli occhi e respirando a fondo per calmarmi.
Che spavento!
-Mi spiace, non volevo spaventarla- mi dice, sinceramente dispiaciuto.
Lo studio un attimo, domandandomi dove potrei averlo già visto, dato che il suo viso mi sembra famigliare.
Avrà un o due anni più di me, capelli biondi e ondulati portati un po' lunghi, tratti regolari, occhi scuri. All’apparenza potrebbe sembrare un ragazzo come tanti, anche se molto bello. Eppure ho l’impressione che non sia affatto una persona qualunque.
-Non si preoccupi!- lo rassicuro sorridendo appena.
Mi giro nuovamente verso la piazza, respirando a pieni polmoni e corrugo le sopracciglia ripensando alla frase che ha appena detto.
-A cosa si riferiva?!- domando, tornando a scrutarlo, comodamente seduto accanto a me.
-In che senso?!- chiede lui, con sguardo interrogativo.
-Quello che ha detto sul tragico spettacolo-
-Oh quello! Beh mi riferivo a… lui… lei… esso!- conclude indicando un punto dritto di fronte a me, il punto in cui i miei occhi erano fissi nel vuoto.
Seguo il suo dito e la direzione in cui punta finché non incrocio una nota testa viola e decisamente troppo appariscente.
Sghignazzo nel riconoscere Emporio Ivankov, intenta a chiacchierare e firmare autografi per alcuni suoi fan che l’hanno placcata ai margini della piazza.
-Non so quale sia il suo concetto di tragico ma se non lo è quel body allora non so cosa lo sia!- commento convinta, senza distogliere gli occhi e incrociando le braccia sotto il seno.
Anche lui continua a fissare Iva, un braccio allungato sullo schienale della panchina e l’altro posato sulla sua gamba, coperta solo fino al ginocchio da un paio di bermuda grigi abbinati a un polo turchese a maniche corte.
-Sarà che tra mio padre e il suo lavoro sono abituato a vedere di peggio!-
-Peggio di così?! Condoglianze…-
Restiamo in silenzio ancora qualche secondo, gli occhi sempre fissi su Iva, finché non è lui a parlare di nuovo.
-Neanche lei riesce a smettere di fissarla, vero?!-
-Già!-
-Impressionante!- sussurra e, con la coda dell’occhio, lo vedo scuotere la testa mentre entrambi scoppiamo a ridere di gusto.
-Io comunque sono Margaret!- mi presento una volta ripreso il controllo, allungando una mano e continuando a sorridere.
-Molto piacere! Sabo!- risponde, stringendola e ricambiando il sorriso.
Sgrano gli occhi, momentaneamente senza parole.
Ecco perché mi sembrava di averlo già visto!
-S-Sabo?! Come Donquijote Sabo, il figlio del proprietario della Baroque Works?!- non riesco a trattenermi dal domandare non appena riprendo l’uso della parola.
-Eh… Già! Sono proprio lui… Cioè io… Cioè io sono lui… Insomma, ci siamo capiti!- conclude, tornando a sorridere.
Se non fossi sconvolta, scoppierei a ridere di fronte al suo incespicare. Ma non posso credere di essere veramente seduta qui, sulla panchina che decora l’esterno del mio negozio, stringendo la mano a e scherzando con il figlio di Donquijote Doflamingo, magnate della haute couture e proprietario della più importante rivista di moda di Raftel, edita e venduta in 20 paesi.
-Margaret?!- mi richiama dopo qualche istante e io mi riscuoto, diventando paonazza per l’imbarazzo quando realizzo che gli sto ancora stringendo la mano e lo fisso a occhi e bocca spalancati.
-M-mi scusi… io…-
-Non si preoccupi! In fondo è confortante sapere di risultare più interessanti di Iva, almeno nell’aspetto!-
Non riesco a trattenere un risata, mentre lo guardo di sottecchi, ancora troppo imbarazzata per riuscire a incrociare come si deve i suoi occhi, considerando che, visto il lavoro di suo padre, probabilmente la conosce e anche molto bene.
Un po’ per curiosità, un po’ per distogliere l’attenzione sulla mia reazione di poco fa glielo chiedo.
-Da quando sono bambino! È un bel soggetto eh?! Ma basta saperla prendere nel modo giusto! E comunque può darmi del tu!-
-Oh! D’accordo! Anche lei… cioè tu! A-anche tu puoi darmi del tu!- riesco ad articolare finalmente il pensiero.
Lo guardo in viso, sentendomi strana, come rigenerata.
Improvvisamente, non mi sembra più di muovermi per inerzia e il mio cervello è riuscito a uscire dallo stato di stand-by in cui versava da due settimane a questa parte.
Anche il sole mi sembra più caldo.
-Si è alzata di colpo la temperatura?!- chiedo lanciando un’occhiata al cielo.
Sabo aggrotta la fronte.
-Non mi sembra! Però ammetto che mi stavo domandando come facessi a stare in pantaloni lunghi con una giornata così e in pieno sole per di più!-
Lancio uno sguardo ai pantaloni che indosso, un paio di jeans a sigaretta che arrivano alla caviglia, ai piedi le mie fidate scarpe da ginnastica.
-Stamattina avevo freddo!- mi giustifico, sbrigativa.
Anche perché non posso mica mettermi a spiegare a un perfetto sconosciuto che nelle ultime due settimane mi sono vestita come se fosse autunno perché avevo freddo dentro.
E solo ora mi accorgo che il freddo è sparito e il dolore diminuito. Mi rendo anche conto che poco fa ho riso per davvero, come faceva la vecchia me.
Ci provo ancora, sorrido a Sabo.
Le labbra si piegano verso l’alto con naturalezza, senza sforzo e senza fatica.
Mi fa bene.
Mi fa tremendamente bene!
Anche lui mi sorride, e il mio cuore accelera un po’ i battiti, perché è bello il suo sorriso, è rassicurante.
Uno di quei sorrisi in cui potresti andare a dormire.
-Comunque non voglio disturbarti, perciò ora levo le tende…- dice a un certo punto, alzandosi in piedi.
-Non mi stai disturbando!- esclamo immediatamente, decisamente troppo agitata, alzandomi a mia volta, decisamente troppo in fretta.
Controllati Margaret, dannazione!
Mi fissa per un attimo, sorpreso, prima di regalarmi uno sguardo caloroso.
-Meglio così allora!-
Mio malgrado, mi ritrovo ad arrossire e portare una ciocca di capelli dietro l’orecchio, ma non distolgo lo sguardo stavolta.
-Senti… hai da fare stasera?!-
Sgrano leggermente gli occhi, colta un po’ alla sprovvista ma subito mi riscuoto e faccio segno di no con il capo.
-Beh c’è l’inaugurazione di un nuovo locale in città e volevamo provare ad andarci con alcuni amici. Ti va di unirti a noi?!-
Non oso immaginare di che calibro devono essere gli amici di Sabo.
Voglio dire, lui ha frequentato le scuole più prestigiose, è sicuramente membro di qualche club esclusivo e probabilmente gioca a golf, indossando con nonchalance stupide scarpette piene di tacchetti e coppole a quadri. Cosa c’entro io, una semplice fioraia, con quel mondo?!
-Non preoccuparti, sarà una serata tranquilla! Niente ex compagni di collegio, membri di club esclusivi o amici del golf! Solo i miei più cari amici! Promesso!-
Lo guardo stupita. Non so come abbia fatto a capire cosa mi passava per la testa così in fretta e con così tanta semplicità.
Ma so che conosco solo un’altra persona che ci riesce così bene e il solo ricordarmene mi fa stringere il cuore in una morsa.
Però adesso basta!
Stavolta non mi faccio condizionare da lui!
Annuisco, convinta e solare, ritrovando la mia antica verve.
-D’accordo allora! Dove ci troviamo?! A che ore?!-
-Sai come arrivare a Skypeia?!-
-M-mh!-
-Ottimo! Allora per le nove e mezza! Il locale si chiama Upper Yard! Aspetta, ti lascio…- si interrompe, estraendo il portafoglio dalla tasca posteriore e porgendomi poi un biglietto da visita -Ecco qua! Qui c’è il mio numero di cellulare! È imbarazzante, lo so! Mio padre mi obbliga a portarmeli in giro e ci vuole meno ad accontentarlo che discuterci!- aggiunge poi, parlando dei biglietti da visita e mandando gli occhi al cielo.
-Beh dai, stavolta ti è tornato utile!- gli dico, incoraggiante.
Ci salutiamo prima di dirigerci ognuno verso i propri doveri ma una volta sulla soglia del negozio mi giro, una domanda sulle labbra che non riesco a trattenere.
-Ehi Sabo!- lo richiamo e subito si gira -Come mai ti sei fermato prima?!-
-Non mi piacciono le ragazze con gli occhi tristi! Quando ne vedo una, è più forte di me, devo cercare di farla sorridere!- risponde con una semplicità e sincerità disarmanti prima di riavviarsi.
Questa sì, che è una signora risposta.
Rientro nel chiosco, sorridente ed euforica.
Ma una parte di me non vuole lasciarsi andare alle sensazioni positive che, finalmente, mi invadono.
Una parte di me mi obbliga a pensare a cosa sto facendo.
Un’ora fa piangevo disperata per Law e ora sono qui che quasi saltello per il locale per un ragazzo appena conosciuto?!
-Non voglio più avere niente a che fare con gli uomini! Mai più!-
-E invece secondo me un uomo è proprio quello che ti servirebbe! Chiodo scaccia chiodo, sorellina!-
La conversazione con mia sorella mi torna alla mente.
Non voglio usare Sabo per dimenticare Law.
Non sono il tipo di persona che fa queste cose.
Sospiro, lasciando vagare uno sguardo sconsolato sui miei fiori, quasi mi aspettassi un consiglio da loro.
I narcisi catturano la mia attenzione e mi soffermo a guardarli, ricordandomi di Nami e Zoro.
Più di una volta mi sono chiesta quanto ci avrebbero messo a dichiararsi i loro sentimenti senza quel piccolo incidente del bouquet per Robin.
E capisco che è sciocco da parte mia voler etichettare a tutti i costi l’uscita di stasera.
È sciocco comportarmi come se il mio voler ricominciare a stare bene rappresentasse un torto nei confronti di qualcuno.
È lui che ha deciso di non fare parte della mia vita.
Non so se Sabo sarà il mio “chiodo scaccia chiodo“.
Negli ultimi mesi ho acquisito una certa consapevolezza di me. Ora riesco a capire quando un uomo mi trova attraente e so di esserlo per Sabo, come lui lo è per me.
Quindi sì, è molto probabile che lo sarà, che sarà il mio “chiodo scaccia chiodo”.
Ma il bello della vita è che è imprevedibile. Può capitare che un giorno ti alzi per andare a ordinare un bouquet e finisci la giornata tra le braccia del ragazzo che hai sempre amato.
Sì, la vita è imprevedibile e, per quanto ne so, Sabo potrebbe non essere niente come anche essere un nuovo inizio.
Un potenziale nuovo inizio a cui non ho intenzione di rinunciare.
Narciso
Fioritura: Febbraio-aprile.
Significato: Amore di sé, nuovi inizi.
Storia e curiosità: Prende il nome dalla leggenda mitologica greca. Il suo significato è differente nelle varie culture. In Cina è considerato simbolo di fortuna e prosperità. Per i druidi celti rappresentava la purezza. Nella cultura ebraica la bellezza e la fertilità femminile ed era il fiore prescelto nella celebrazione della pasqua. In Egitto veniva utilizzato nelle funzioni funerarie. In Grecia il narciso era apprezzato per il suo profumo stordente e proprio dal fiore deriva il termine narcotico. |
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Capitolo 13 *** Piazza Gyoncorde ***
Alle mie Otaku alla riscossa
Finisco di applicare il lucidalabbra, esaminandomi allo specchio con aria critica.
Mi piace ciò che vedo.
Forse devo aggiungere un po’ di blush e un po’ di mascara ma, nel complesso, sono molto soddisfatta.
Il che è il minimo vista la giornata di shopping selvaggio a cui mi sono sottoposta ieri, in compagnia di Bibi e Koala.
Fortuna che negli anni sono diventata esperta nel farmi da sola manicure e pedicure impeccabili.
Fortuna che Caimie, la mia parrucchiera, è mia amica da anni e mi ha sempre fatto lo sconto e, anzi, stavolta non ha voluto neanche un berry quando ha saputo dove andavo stasera, tanto si è emozionata per me.
E fortuna anche che Bibi aveva una pochette perfetta con le scarpe che ho preso abbinate all’abito.
Altrimenti avrei speso un capitale per davvero.
Almeno ho trovato un look che, nonostante sia elegante e impegnativo, potrò sfruttare in altre occasioni.
L’ho scelto con cura anche per quello, questo abito lungo fino ai piedi, gonna verdeacqua e top bianco che si aggancia sul collo e mi lascia la schiena interamente scoperta. Così come anche i sandali con il tacco bianchi, impreziositi da una fascia satinata e argentata e arricchita con una fila di simil swarosky che attraversa la parte della scarpa che tiene ferme le dita dei piedi. Anche i trucchi li ho dovuti comprare, essendo sempre stata una ragazza acqua e sapone al cento per cento, fatta eccezione per il mascara e il fondotinta.
Gli accessori ce li avevo e ho optato per una parure discreta e in oro bianco, regalatami non so più né da chi né in che occasione.
E non so davvero come abbia fatto Caimie, visto la lunghezza non proprio esagerata dei miei capelli, ma l’elaborata treccia che mi decora la nuca, simile a quella di Makino quando si è sposata, è assolutamente perfetta.
Io sono assolutamente perfetta.
E non è mancanza di modestia la mia.
È una necessità.
Perché non avrei potuto presentarmi in nessun altro modo alla festa annuale della Baroque Works. Dovevo essere impeccabile! E, fortunatamente, lo sono.
Ma, ciò nonostante, qualcosa non va.
Non sono agitata, all’idea di incontrare il padre di Sabo né suo zio Crocodile o tutta quella gente famosa che ci sarà sicuramente. Perché dove ci sono i canapè c’è la gente famosa e questo è proprio il genere di festa dove i canapè non mancano.
Ma, come dicevo, non è quello il problema.
Quando sono uscita con loro per la prima volta, tre settimane fa, Sabo e i suoi amici hanno da subito fatto il possibile per farmi sentire a mio agio. Un paio di soggetti famosi c’erano, come Nefertari Bibi, futura erede dell’Alabasta&Co. e Kaku, uno dei soci più giovani della Galley L.A..
Mi sono trovata così bene da esserci uscita anche la sera dopo e quella dopo ancora. E non ci è voluto molto per legare con Bibi e Koala. Così come non ci è voluto molto perché io e Sabo diventassimo intimi.
Sto bene con lui.
È un bravo ragazzo, intelligente divertente, tiene a me.
Praticamente, è perfetto.
Lui è perfetto, io sono perfetta.
E qualcosa non va.
E so benissimo che cos’è.
Ed è che a me, la perfezione, non piace, non è mai piaciuta e mai mi piacerà.
Non dico che sia brutta in assoluto, però a me non piace.
E so anche che quello di stasera non è un semplice invito. C’è sotto molto di più.
C’è sotto che Sabo vuole portare il nostro rapporto al livello successivo. E c’è che a me cinque settimane sembrano poche.
Mi allontano dallo specchio e, sospirando, mi siedo sul letto, portandomi sulle gambe Momonosuke, il mio drago cinese di peluche di quando ero bambina.
Non so cosa fare.
Non è così male essere perfette una volta tanto. Ma so che una relazione più seria con Sabo implicherebbe esserlo sempre e non sono sicura di esserne in grado.
-Cosa devo fare, Momo?!- gli domando sollevandolo per incrociare i suo occhi vitrei.
Ma niente da fare.
Né lui né nessun altro può venirmi in aiuto nel prendere una decisione che è solo mia.
Il suono del telefono mi da un buon motivo per smettere di scervellarmi.
In un fruscio di seta mi alzo e raggiungo la pochette, posata sulla scrivania, estraggo il cellulare e aggrotto la fronte, perplessa, leggendo il nome di Makino sul display lampeggiante.
-Pronto?!-
-Margaret!- esclama e subito mi allarmo sentendo il suo tono preoccupato -Grazie ai kami hai risposto!-
-Makino! È successo qualcosa?! Hiiro o Shanks?!-
-No no! Noi stiamo bene!- si affretta a rassicurarmi, facendomi tirare un sospiro di sollievo.
Sollievo destinato a durare poco.
-Ma devi correre qui a Foosha subito! Un pazzo ha dato fuoco a tutti negozi di piazza Gyoncorde!-
§
Non ricordo neppure come ho fatto a recuperare un taxi.
Ero troppo sconvolta mentre mi precipitavo fuori di casa, giù in strada, decisa a raggiungere Foosha a piedi se necessario.
-Tenga il resto e grazie mille- dico sbrigativa al tassista, allungandogli un paio di banconote prima di scendere e sbattere la portiera con forza.
Mi giro vero il mio negozio, aspettandomi il delirio, sirene, fiamme e fumo, pompieri e polizia in ogni dove.
Ma niente di tutto questo si presenta ai miei occhi.
Data la distanza a cui mi trovo e la prospettiva, il chiosco mi copre del tutto la visuale sulla piazza ma, anche così mi rendo conto che è tutto tranquillo e che non ci sono incendi in corso, né qui né più in là.
Cosa diavolo sta succedendo?!
Se questo è uno scherzo, è di pessimo gusto!
Mi avvicino al chiosco, non sapendo se essere contrariata o perplessa.
Makino non è il tipo da fare una cosa del genere.
Porto le mani sui fianchi, ferma di fronte alla porta del retro, esaminando il muro con occhio critico e trovando tutto intatto.
Comincio a girare intorno senza staccare gli occhi dalla struttura, non sapendo cosa pensare, finché non arrivo sul davanti del negozio, dove glicine panchina e tutto il resto si trova integro e al proprio posto.
Sempre con le mani sui fianchi e le sopracciglia corrugate mi volto per lanciare un’occhiata al resto della piazza, sapendo che tanto la troverò come sempre.
Ma non appena finisco di voltare le spalle alla mia attività, scopro di essermi sbagliata.
Perché davanti a me non c’è più piazza Gyoncorde.
[Unconditionally ]
Trattengo il fiato, scioccata.
Mi porto una mano alla bocca mentre una miriade di emozioni diverse mi attraversa.
No, questa non è piazza Gyoncorde.
Davanti a me c’è un’impressionante, meravigliosa, sconvolgente distesa di tulipani bianchi che occupano la piazza in ogni metro quadro tranne che per una strada che si apre tra i fiori, proprio davanti a me, invitandomi a imboccarla e percorrerla.
Non c’è bisogno che io mi chieda per arrivare da chi.
So chi è l’artefice di tutto questo.
E ora sta solo a me decidere.
Ma prima che io possa formulare un solo pensiero razionale, mi accorgo che le mia gambe hanno già preso a muoversi da sole.
Oh no, did I get too close?
Oh, did I almost see what's really on the inside?
Mentre il bordo della mia gonna accarezza le foglie nivee dei fiori, mi continuo a guardare intorno cercando di capire, senza riuscirci, dove hanno fine questi tulipani.
Kami!
Quanti sono?!
Devono essere costati una fortuna!
All your insecurities
All the dirty laundry
Never made me blink one time
Continuo a muovermi lungo il viale e, a metà strada, riesco a intravedere il centro della piazza, notando una macchia rossa tra la distesa candida.
Non mi fermo, non ci riesco, continuando imperterrita ad avanzare, il cuore che pompa come impazzito, lo stomaco stretto in una morsa e la testa completamente annebbiata.
Non riesco a pensare a niente.
A niente tranne che a lui e a questo folle gesto, che mi sta rivoltando l’anima.
Unconditional, unconditionally
I will love you unconditionally
Raggiungo il centro della piazza, insieme con la macchia cremisi, che non è altro che un gruppo di tulipani rossi.
Maledetto bastardo!
Guarda cosa si è inventato!
-Può aiutare a superare la paura o l’imbarazzo, a chiedere scusa, a farsi ascoltare da qualcuno che non vuole darci retta… Il linguaggio dei fiori può essere molto utile per tirarsi fuori da situazioni complicate!-
La mia stessa voce mi rimbomba nella mente, riportandomi a quel giorno, il giorno in cui è entrato nella mia vita.
Ha imparato la lezione a quanto vedo.
There is no fear now
Let go and just be free
I will love you unconditionally
Ma non riesco a credere a ciò che vedo, a ciò che leggo in questi fiori.
Possibile che lui… che lui…
Così tanto?!
Sento le lacrime riempirmi gli occhi, senza sapere se sono di rabbia, di gioia o di sollievo.
Come just as you are to me
Don't need apologies
Know that you are worthy
Una presenza alle mie spalle mi fa voltare di scatto.
E, anche se me lo aspettavo, il cuore mi si ferma.
Mi si ferma quando incrocio i suoi occhi grigi, colpevoli e sofferenti.
È qui. Lui è qui.
E improvvisamente mi sento completa.
I'll take your bad days with your good
Walk through the storm I would
I do it all because I love you, I love you
Lo guardo senza parole, senza riuscire ad articolare alcunché.
Studio il suo viso tirato e pallido prima di notare una macchia colorata, che spicca contro la t-shirt nera a maniche corte, indossata sopra i jeans.
Unconditional, unconditionally
I will love you unconditionally
Abbasso lo sguardo e non riesco più a trattenere le lacrime quando vedo che tiene tra le mani un tulipano giallo.
-Il tulipano giallo indica “amore disperato”-
-È una sottigliezza-
-Oh ma davvero?! La differenza tra “amore” e “amore disperato” è una sottigliezza? Vai a dirlo a qualcuno che non può stare con la persona che ama e ne riparliamo!-
Fa un passo verso di me, senza ancora dire nulla, incapace di trattenere il desiderio di stringermi a sé per consolarmi ma subito sollevo una mano per bloccarlo prima di puntargli contro l’indice.
-Tu… tu sei… u-un…-
There is no fear now
Let go and just be free
I will love you unconditionally
Ma non so cosa dire.
Perché è tante cose.
E perché ora che ho iniziato a singhiozzare non riesco a smettere.
So open up your heart and just let it begin
Tutto il mio dolore.
Open up your heart and just let it begin
Tutta la mia speranza.
Open up your heart and just let it begin
Tutto il mio sollievo.
Open up your heart
-Margaret…- mi chiama quando i gemiti diminuiscono ma non osa aggiungere altro quando torno a guardarlo, gli occhi due pozze salate e il volto contratto in una smorfia di dolore.
Acceptance is the key to be
Ci fissiamo per un lungo istante, nel quale riesco solo a pensare al suo viso sofferente.
Vedermi così lo sta uccidendo .
E vederlo così sta uccidendo me.
To be truly free
Faccio un passo verso di lui.
Will you do the same for me?
E, finalmente, smetto di pensare.
Unconditional, unconditionally
Lo afferro per il collo e mi butto sulle sue labbra.
Testardo.
I will love you unconditionally
Non c’è esitazione quando le sue mani si posano sulla mia schiena, attirandomi verso di lui, stringendomi e curandomi con un solo tocco.
Cocciuto.
And there is no fear now
Affondo le dita tra i suoi capelli, mordendogli le labbra, mentre qualche singhiozzo ancora mi sfugge.
Orgoglioso.
Let go and just be free
'Cause I will love you unconditionally
Mi passa il palmo aperto sulla schiena fino a raggiungere il mio collo che stringe con delicatezza, mentre con l’altro braccio mi cinge la vita, quasi avesse paura che io possa scappare.
Non vado da nessuna parte, Law.
Lo stringo forte a me, staccandomi solo un secondo per riprendere aria e poi ricomincio subito a rubargli il respiro.
Perché mi serve per vivere.
Ora lo so.
Lo so cosa c’era di sbagliato.
Non poteva essere giusto senza di lui, perché io sono sua.
I will love you (unconditionally)
Disperatamente sua.
Ed è così che lo bacio.
Disperatamente.
Perché è così che lo amo.
Con tutti i suoi difetti e tutte le sue imperfezioni.
Anche se è cocciuto, testardo, orgoglioso e, quando vuole, un gran bastardo, irrispettoso per giunta.
Ma questa è solo una piccola parte di lui e non me ne frega niente.
I will love you
Perché lo amo.
Nonostante tutto, lo amo.
Lo amo da impazzire.
I will love you
-Se una persona ti fa innamorare davvero, lo fa con tutta se stessa, compresi i difetti! Cambiare i difetti dell’altro vuol dire cambiare la persona che si ama e io non lo vorrei mai!-
Mai!
unconditionally
Mi stacco da lui, senza smettere di stringermi forte al suo petto, sorridendo tra le ultime lacrime che si stanno lentamente seccando.
Ma lui continua a guardarmi con sofferenza.
Basta, Law!
È tutto a posto! Ho capito!
So che non volevi tradirmi, so che hai avuto paura.
L’ho sempre saputo, prima ancora che fosse Franky a suggerirmelo.
E posso accettarlo perché ora so che mi ama e che non potrebbe mai farmi del male intenzionalmente.
Gli accarezzo il viso, sperando di riuscire a far scivolare via la sua maschera di tristezza.
-Io… sono un coglione…- sussurra.
-Va tutto bene- lo interrompo, sottovoce.
Mi fissa per alcuni istanti prima di posare la fronte sulla mia e circondarmi con entrambe le braccia, portandomi contro il suo torace e respirando a pieni polmoni.
Mi solleva da terra e si avvia verso la panchina sotto il glicine, attento a non schiacciare i tulipani, facendomi accomodare accanto a lui, senza smettere di stringermi. Porto le gambe a cavallo delle sue e la fronte contro la pelle calda del suo collo, abbandonandomi completamente tra le sue braccia.
Restiamo per un po’ in quella posizione, lasciando il tempo al tempo di portare via la nostra sofferenza, respirandoci a vicenda.
Mi sento rinata, di nuovo viva.
Solo ora che ha ricominciato mi rendo conto che il mio cuore non batteva da cinque settimane.
-Bastava una telefonata, lo sai, vero?!- mormoro dopo un po’, lo sguardo di entrambi ancora fisso sulla distesa di tulipani.
Mi allontana dall’incavo del suo collo per guardarmi.
-Mi è sembrato più… adatto- commenta, esitando appena.
Gli rivolgo un sorriso scettico e divertito. So che voleva dire “romantico”.
Si riconferma sempre un testardo orgoglioso.
-Come diavolo hai fatto?!-
-Beh mi sono fatto aiutare. Da Makino lo sai già… e da Franky-
-Franky?!?!?!- esclamo, sgranando gli occhi incredula.
-Sì. Dovevi vedere come piangeva mentre gli spiegavo cosa volevo fare. Continuava a ripetere “quanto sei romantico, fratello” e a sostenere di non stare piangendo-
Scoppio a ridere immaginandomi Law, sempre serio e impassibile, alle prese con il mio sensibile e nerboruto fornitore.
-Tra l’altro, tra poco dovrebbe arrivare a riprendersi i tulipani- mentre parla mi passa le mani sulla schiena e le braccia, facendomi rabbrividire e accoccolare di più contro di lui. -Sai sono gli ordini per domani questi-
-Ah sì?!- domando perdendomi irrimediabilmente nei suoi occhi.
Annuisce prima di girarsi verso sinistra.
-Il quadrante est sono quelli che hai ordinato tu- dice indicando un punto della piazza.
Sghignazzo mentre mi sollevo un po’ per baciarlo proprio sotto lo spigolo della mandibola, facendolo fremere. Mi stringe di più per le spalle, posandomi un bacio tra i capelli.
-Andiamo a casa?!- propone senza staccare le labbra dalla mia testa.
-Mia o tua?!- chiedo posando una mano al lato del suo collo, chiudendo gli occhi per godermi le sue coccole.
Kami, voglio restare così per sempre!
-Dove vuoi tu-
-Prima però prendo le schede dei fiori… Conosco una versione del gioco che ti piacerà…- sussurro maliziosa, strofinandogli il naso sul collo e facendolo ghignare.
E mi sento incredibilmente bene, praticamente in paradiso, al pensiero che vedrò quel ghigno anche domani.
E il giorno dopo ancora.
E quello dopo ancora.
Perché lui è mio e io sono sua e da oggi in poi andrà tutto bene.
Mai avrei immaginato che un giorno di pioggia avrebbe potuto cambiare così tanto la mia vita.
Grazie mille, Vecchio Haredas.
Tulipano bianco – Perdono
Tulipano rosso – Amore
Tulipano giallo - Amore disperato
Fioritura: Marzo-maggio
Storia e curiosità: Il nome deriva dal turco tullband, che significa turbante e durante l’impero ottomano veniva largamente usato per ornare i giardini, in quanto simbolo di ricchezza e potere, tanto che venivano addirittura organizzate delle feste per celebrare la loro fioritura. Fu introdotto in Europa nel 1554 e veniva considerato talmente prezioso che i bulbi del fiori facevano parte delle doti delle ragazze. In Olanda nacque subito un vero e proprio culto per questo fiore, per il quale venne addirittura coniata un’unità di misura apposita per la valutazione della qualità dei bulbi.
Angolo dell’autrice:
Okay, non ho resistito ad aspettare fino a domani. Non ce l’ho fatta. Sono colpevole.
Ragazzi, vi devo confessare che mentre scrivevo questa storia ogni tanto mi fermavo e dicevo “ma chi me l’ha fatto fare”, soprattutto quando dovevo mettere le schede sui fiori. Però poi pensavo a voi Emy, Star, Soke, Zomi, Karter, ThatOneEyedFlamingo e LucyvanPlanet che mi avete sostenuta e incoraggiata per tutto il tempo, e la voglia tornava! Quindi grazie davvero! Siete eccezionali!
E ringrazio anche Giuggy3 e New Red Eyes!
E naturalmente tutti coloro che hanno seguito, preferito, ricordato o anche solo letto!
Mi spiace che sia finita ma nuove emozionanti avventure mi aspettano! E non è escluso che un giorno io non vi racconti anche cosa è successo durante l’uscita di Margaret con gli amici di Sabo, il matrimonio di Usop e Kaya e magari anche la festa aziendale della Baroque Works!
Insomma, a presto e grazie ancora per tutto!
Piper.
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