Amazon Lily - My favourite flowers shop in town

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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Benvenuto ***
Capitolo 2: *** Rituale sacro ***
Capitolo 3: *** Autobus, fidanzati e fiordalisi ***
Capitolo 4: *** Martedì ***
Capitolo 5: *** Ingenua? ***
Capitolo 6: *** Miss so-tutto-io ***
Capitolo 7: *** Camelie e sorrisi ***
Capitolo 8: *** Decisioni importanti ***
Capitolo 9: *** Un tocco di colore ***
Capitolo 10: *** Sei tu ***
Capitolo 11: *** Fa male ***
Capitolo 12: *** Nuovi inizi ***
Capitolo 13: *** Piazza Gyoncorde ***



Capitolo 1
*** Benvenuto ***


Di tutte le cose che non tollero l’incoerenza è probabilmente al primo posto.
Seguita a ruota dai genitori apprensivi e dai clown.
A volte mi domando perché mi sto specializzando in chirurgia pediatrica.
Mi strofino gli occhi con pollice e indice, stancamente.
Il problema è che questa città sembra incarnare l’incoerenza. A partire dal clima.
È mai possibile che al 21 di maggio io debba girare con l’impermeabile autunnale?
A quanto pare, sì.
Come se questo non bastasse, nonostante il brutto tempo e il freddo fuori stagione sembrano tutti allegri.
-Non preoccuparti! Il Vecchio Haredas ha detto che è solo una perturbazione passeggera e dovrebbe migliorare già in mattinata!- dice un ragazzo passandomi accanto per scendere, rassicurando la propria fidanzata.
Deve essere la sua fidanzata perché gli sta avvinghiata al braccio come se volesse staccarglielo. Forse ha paura che scappi.
Sospiro, reggendomi meglio alla maniglia penzolante mentre la metro riprende la sua corsa verso Foosha, la fermata dove scendo per andare al lavoro.
Se scendessi alla fermata successiva le scale mobili della metro mi porterebbero praticamente dentro all’ospedale ma non voglio rinunciare al mio caffè da Makino e non mi dispiace fare due passi.
Inoltre, prima scendo da qui e meglio è.
La musica in metropolitana prima delle undici del mattino dovrebbe essere illegale.
Fulmino le casse sperando di riuscire a mandarle in tilt con la forza del pensiero mentre una musica decisamente poco adatta sia a un giorno di pioggia sia all’orario prende a suonare allegra, diffondendosi per tutto il vagone.

[http://www.youtube.com/watch?v=VSG5WkYi4Ow]

 

I don’t know why
You think that you could hold me
When you can’t get by by yourself
And I don’t know who
Would ever want to tear the seam of someone’s dream
Baby, it’s fine, you said that we should just be friends
While I came up with that line and I’m sure
That it’s for the best
If you ever change your mind, don’t hold your breath

 

Mi guardo intorno, sollevando un sopracciglio quando noto, con mio sommo stupore, che il resto dei passeggeri sorride e fatica a restare fermo coi piedi e la testa, travolto dal ritmo del pezzo. Mi rigiro verso il mio riflesso nel vetro delle porte scorrevoli, mandando gli occhi al cielo.
Un nubifragio sta per abbattersi sulla città a metà maggio, sono le otto meno un quarto di mattina e questi ballano!
Mi sono trasferito in una città di imbecilli.
Mi sento come il cantante di uno di quei video musicali dove tutti intorno a lui danzano felici e sorridenti.
Solo che io vorrei ucciderli, possibilmente con un bisturi.
 
 

‘Cause you may not believe

That baby, I’m relieved
When you said goodbye, my whole world shines

Hey hey hey
It’s a beautiful day and I can’t stop myself from smiling
If I’m drinking, then I’m buying

  

Per fortuna è la mia fermata e scendo dalla metro, facendomi largo tra la folla con poca grazia, ignorando le invettive lanciate da quelli che sono in attesa di salire.
Idioti.
Opto per le scale normali, prima arrivo al Party’s Bar meglio è.
Appena esco all’aria aperta, una folata di aria decisamente troppo fredda per la stagione mi investe, scompigliandomi i capelli già non troppo pettinati.
Scruto il cielo, trovandolo più grigio di quando sono uscito.
Pessimo segno.
Mi dirigo a passo spedito verso il bar.
-Beh dai ma non fa poi così freddo!- afferma un tizio in doppiopetto mentre mi passa accanto parlando al cellulare.
Senza smettere di camminare mi giro a guardarlo incredulo.
Certo, se fossimo a novembre non farebbe poi così freddo!
Non che io abbia dei problemi con il freddo. Però ripeto… La coerenza!
Mi avvicino alla porta del bar e prima di aprirla ed entrare do un’occhiata oltre il vetro. C’è parecchia gente, dovrò attendere qualche minuto ma Makino è veloce e a me serve un caffè. Urgentemente.
Tiro la porta verso di me e…

 

And I know there’s no denying

It’s a beautiful day, the sun is up, the music’s playing
And even if it started raining
You won’t hear this boy complaining
‘Cause I’m glad that you’re the one that got away
It’s a beautiful day
 

 

Non è possibile!

È una persecuzione!
Resto immobile sulla soglia, braccio teso e porta aperta, cercando di decidere se sia più importante il caffè o la mia sanità mentale.
In fondo è la prima cosa coerente della mattina, il motivo per cui il tizio che canta è così felice. È stato lasciato dalla fidanzata rompipalle e può avere tutte le donne che gli pare. Questo lo capisco. 
Due ragazzi approfittano della mia presunta gentilezza e mi fanno un cenno di ringraziamento, credendo che stia tenendo la porta aperta per loro, mentre escono dal locale.
-Il Vecchio Haredas lo aveva detto che avrebbe piovuto!- dice uno dei due scrutando il cielo e io mi ritrovo a pensare che vorrei conoscerlo questo dannato Vecchio Haredas, così, giusto per chiedergli se poteva mica prevedere un po’ di sole.
Okay, meglio se me ne vado.
Mollo la porta facendo dietro front e incamminandomi verso l’ospedale, ma non faccio due passi che delle gocce grosse come castagne cominciano a cadere schiantandosi al suolo davanti a me. Sta cominciando a piovere e io, naturalmente, non ho l’ombrello.
Sì, perché a quanto pare sono l’unico in questa città che non segue assiduamente il meteo con il Vecchio Haredas e, nonostante abbia notato l’aria fredda, mi sono accorto della tempesta in avvicinamento solo una volta arrivato alla metro e non avevo tempo di tornare a casa.
Non ci vuole un genio della meteorologia per capire che si prepara a piovere a dirotto, così scatto felino in direzione del primo luogo chiuso che mi si para davanti, riuscendo comunque a bagnarmi mentre la pioggia si intensifica nel giro di pochi secondi.
Apro la porta del mio improvvisato rifugio, facendo tintinnare il campanello e vengo investito da una quantità indefinibile di odori.
Mi guardo intorno e capisco di essere finito in un chiosco di fiori. O meglio da fuori probabilmente sembra un chiosco di fiori ma dentro sembra di stare in una foresta. Una foresta dove non esistono le stagioni.
Garofani, fresie, crochi, girasoli, gerbere, gigli, calle, tulipani, rose, crisantemi.
Spuntano da dei secchi appoggiati a terra, si diramano da delle specie di rastrelliere scaffalate di metallo, penzolano da portafiori assicurati al soffitto, intrecciandosi e allacciandosi tra loro sopra la mia testa.
Ne riconosco solo alcuni e sono talmente rigogliosi che fatico a individuare il fondo del negozio.
Mi sposto un po’ lungo uno dei due corridoi formati dalla rastrelliera al centro del locale e individuo un bancone pesca, con un battitore di cassa dietro a cui è seduto qualcuno che non riesco a vedere dalla posizione in cui mi trovo, nonostante le relativamente ridotte dimensioni del posto.
Vedo solo due mani che stringono una tazza e un movimento fugace mi suggerisce che il proprietario di suddette mani si è appena sporto in avanti per scorgermi e subito si è tirato indietro.
Mi aspetto che si alzi per venirmi a offrire il suo aiuto ma niente.
Penso che sia proprio strano come comportamento, ha sentito il campanello, mi ha visto, per quanto ne sa potrei avere bisogno di una pianta o di un bouquet ma non accenna ad alzarsi.
Scrollo le spalle disinteressato alla cosa e mi giro per controllare la situazione pioggia.
Merda!
Senza ombrello non posso raggiungere l’ospedale a meno di non volermi far crescere il muschio addosso nel tragitto.
Come lo penso gli scrosci aumentano d’intensità rendendo improvvisamente necessaria anche una canoa e una pagaia.
Cazzo! Farò tardi!
-Il Vecchio Haredas lo aveva detto!- una voce femminile alle mie spalle mi coglie alla sprovvista e mi fa voltare.
La proprietaria delle mani è di fronte a me, suddetti arti sui fianchi e occhi sul vetro della porta a studiare la situazione atmosferica.
Bionda, capelli a caschetto, grandi occhi cioccolato e un grembiule lilla a coprirle parzialmente i jeans e la maglietta a maniche corte, dalla cui tascona frontale spuntano un paio di cesoie e dei guanti da giardinaggio.
-Anche lei segue il Vecchio Haredas- affermo, monocorde.
Non è una domanda.
-Tutti quelli che hanno un po’ di sale in zucca in questa città seguono il Vecchio Haredas!- commenta riportando l’attenzione su di me.
Mi scruta qualche secondo e poi sorride.
-Posso offrirle una tazza di caffè?!- mi domanda gentile.
Io assottiglio lo sguardo, preso alla sprovvista.
-Non è di certo entrato per i fiori!- risponde alla mia domanda inespressa, come se fossa la cosa più ovvia del mondo, tornando verso il bancone.
Mi giro ancora un attimo verso la porta e mi rassegno a dover aspettare che spiova, così la seguo dietro a una delle rastrelliere e la trovo a versare del caffè da un thermos.
-Come fa a esserne così sicura?!-
Solleva lo sguardo un attimo a guardarmi e resta in silenzio, mentre finisce di versare e richiude il thermos.
-Istinto!- risponde poi, avvicinandomi la tazza, facendola strusciare sul bancone.
Io la fisso per qualche secondo, senza realmente vederla, perso nei miei pensieri.
-Non è avvelenato!- mi avvisa, facendomi concentrare su di lei.
Sorride, gli occhi che brillano, mentre sorseggia il suo caffè e si risiede dietro al piano pesca. Noto che c’è uno sgabello e così decido di accomodarmi anche io mentre prendo una sorsata.
Dio, quant’è buono! Ci voleva proprio!
-Lei è nuovo qui in città, vero?!- chiede aggrottando le sopracciglia.
La guardo, squadrandola velocemente, impassibile come solo io riesco a essere.
-Mi sono trasferito da tre settimane- le concedo una risposta.
-Ora capisco…- commenta, parlando quasi più a se stessa che a me.
È il mio turno di aggrottare le sopracciglia.
-Che vuol dire?!- chiedo, un po’ infastidito.
-Oh beh… L’assenza dell’ombrello, lo stupore per il clima fuori stagione, l’aria nervosa…-
-Perché?! Forse che chi vive qui non è mai nervoso?-
Si stringe nelle spalle.
-Non per la pioggia! Raftel è una città così! E poi il Vecchio Haredas dice che da oggi pomeriggio arriva già il caldo estivo!-
Ah beh! Se lo dice il Vecchio Haredas!
-Io comunque sono Margaret!- dice dopo qualche istante tendendomi la mano.
Il movimento sprigiona un profumo di gelsomino intorno, profumo che emana chiaramente da lei e, improvvisamente sento il nervoso sciogliersi parzialmente.
Lavora in un chiosco di fiori, si chiama come un fiore, profuma come un fiore.
Questa è coerenza!
-Trafalgar Law- rispondo laconico, ricambiando la stretta.
-E cosa fa?- insiste a volermi far chiacchierare.
Le lancio un’occhiata non proprio amichevole che lei sembra non cogliere perché continua a sorridermi eterea.
-Chirurgo pediatrico- mi limito allo stretto indispensabile.
Però la ragazza sembra così disponibile al dialogo che decido di togliermi una curiosità.
-Come fa ad avere così tanti fiori diversi?! Sono tutti veri? Alcuni sono fuori stagione- le faccio notare.
-Ho il pollice verde… Cioè, come dice mia sorella sembra più un superpotere ma comunque…-
-Per questo fa la fioraia- commento, portandomi la tazza alle labbra.
Anche questa è una constatazione.
-In realtà il motivo è che sono appassionata di linguaggio dei fiori sin da bambina…- mi spiega per niente turbata dal mio tono schietto e poco gentile.
Io mi limito ad alzare un sopracciglio e Margaret dimostra di nuovo di non avere bisogno di molte parole per interpretarmi.
-Ogni fiore ha un significato, o più di uno… La scelta di un fiore non dovrebbe essere fatta alla leggera… Un fiore scelto con accuratezza per trasmettere un preciso messaggio può anche semplificare la vita…-
Molto poetico!
Peccato che io sia sempre più scettico a sentirla parlare così e, nemmeno serve dirlo, lei se ne accorge.
-Beh… Può aiutare a superare la paura o l’imbarazzo, a chiedere scusa, a farsi ascoltare da qualcuno che non vuole darci retta… Il linguaggio dei fiori può essere molto utile per tirarsi fuori da situazioni complicate!-  afferma convinta.
-E se uno non conosce il linguaggio dei fiori?-
-E io che ci sto a fare qua allora?!-
-E se la persona a cui si regala il fiore non conosce il linguaggio dei fiori?-
-Ci sono queste!- dice, allungando una mano e afferrando qualcosa vicino al battitore di cassa.
Mi posa di fronte un contenitore di cartone, di quelli alti dietro e bassi davanti, in cui sono infilate delle piccole schede illustrative, i cui bordi colorati formano un arcobaleno sfumato. Sulla prima c’è l’immagine di una grossa gerbera arancione. C’è il nome, la foto del fiore, le origini e il significato.
Sollevo di nuovo lo sguardo su di lei e la trovo sorridente, ma non un sorriso trionfante, bensì dolce e caloroso. Mi mette un po’ a disagio, anche se, naturalmente, non lo do a vedere.
Mi accorgo che lo scrosciare della pioggia è diminuito e ne approfitto per districarmi da questa situazione. Senza contare che ho un lavoro a cui presentarmi, non posso stare qui a chiacchierate tutta la mattina.
-Sembra che stia spiovendo. Grazie del caffè- mi alzo appoggiando la tazza accanto alle schede dei fiori.
Anche lei si alza.
-Beh è stato un piacere Trafalgar Law!- mi dice, tendendomi nuovamente la mano e avvolgendomi di nuovo nel gelsomino.
-Altrettanto- rispondo atono, avviandomi poi verso la porta.
-Prenda questo!- mi ferma Margaret venendomi dietro.
Mi volto e la trovo a tendermi un ombrello chiuso e ancora perfettamente asciutto.
Guardo alternativamente lei e l’ombrello, esitando.
-C’è ancora qualche goccia…- spiega, stringendosi nelle spalle.
-Non riesco a passare a riportarglielo entro stasera-
-Tanto stasera non mi servirà- afferma convinta.
Sospiro prima di accettare la gentile offerta.
-Arrivederci!- mi saluta di nuovo mentre mi avvio alla porta.
Io rispondo con un cenno prima di uscire nell’aria umida e appiccicosa.
Apro l’ombrello e noto che il cielo sta schiarendo, passando dal grigio scuro al bianco.  
Faccio per avviarmi verso l’ospedale ma dopo pochi passi una voce mi obbliga ad arrestarmi.
-Trafalgar, aspetti!!!-
Mi giro e vedo Margaret corrermi incontro veloce per non bagnarsi, stringendo qualcosa di colorato in mano.
Mi raggiunge sotto il mio ombrello, che effettivamente è suo, e, prima che io possa protestare o dire alcunché, si mette ad armeggiare con il bavero del mio impermeabile.
-Ehi!!! Ma che…-
Toglie le mani e mi ritrovo con un fiore agganciato all’occhiello più alto della lunga giacca. Color corallo, cinque petali a forma di calice e un lungo pistillo.
Ma che s’aspetta, che io vada in giro con un fiore all’occhiello?! Ma per chi mi ha preso?!
-Non si preoccupi, non dura nemmeno ventiquattro ore, sfiorirà prima di sera!-
Faccio per protestare ma mi blocco incredulo quando un’occhiata di sole tiepido ci investe. Guardo in alto, oltre il bordo teso dell’ombrello, e vedo una fetta di cielo azzurro in rapida espansione, nonostante qualche goccia di pioggia ancora cada, filtrando i raggi solari e rendendo l’atmosfera surreale.
-Il Vecchio Haredas lo aveva detto…- mormora Margaret, sorridendo felice.
Non è un modo per dimostrare che aveva ragione, è solo un semplice dato di fatto per lei.
Poi, senza aggiungere niente, si allontana tornando verso il negozio. Anche io ricomincio a camminare verso la mia meta ma mi fermo ancora, fatti pochi passi.
-Margaret!-
Si arresta voltandosi, interrogativa.
-Che fiore è?- le chiedo indicando il colorato calice che decora il bavero del mio impermeabile.
-Hibiscus! Significa: benvenuto!- mi comunica portando una mano a coppa intorno alla bocca, prima di salutarmi ancora una volta con un cenno della mano e rientrare nel chiosco.
Io mi avvio, finalmente diretto all’ospedale. Mi ci vogliono alcuni minuti per accorgermi che, camminando, mi sono messo a fischiettare quella stupida canzoncina.

 

 

 

 

 

 

 

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Hibiscus o ibisco

Fioritura: Primavera-estate.

Significato: Bellezza delicata, benvenuto.

Storia e curiosità: Originario dell’Africa e delle isole del Pacifico, viene introdotto in Europa dal ‘700. Il fiore dell’hibiscus sfiorisce in meno di 24 ore. È il simbolo dello Stato delle Hawaii dove viene offerto ai turisti e simboleggia lo status sociale delle donne: dietro l’orecchio sinistro indica che la donna è single, dietro il destro indica che è impegnata, dietro entrambe le orecchie che ha una relazione ma è in cerca di “altro”. Con i suoi fiori si produce un the con proprietà afrodisiache e ha anche proprietà medicamentose. In Giappone è segno di benvenuto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo dell’autrice:
Sono tornata!!! Con una nuova LawxMargaret!!! Ciao a tutti!!!
Okay, ora basta…
Ciao people! Dunque questa long sarà a metà tra una ff normale e una raccolta! Chi andrà avanti a leggere capirà, non perché non lo voglia spiegare ma perché è difficile da spiegare! *gocciolina dell’imbarazzo*
Ora, essendo che è la prima volta che tratto Law in pov prima persona, apprezzerei davvero dei consigli per migliorare. Signorina Soke07 lei è caldamente invitata a farmi sapere che ne pensa.
Comunque grazie a tutti quelli che sono arrivati fino a qui e grazie a tutti quelli che mi seguiranno anche stavolta!
A presto.
Piper.
 

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Capitolo 2
*** Rituale sacro ***


Amo Foosha.
È da sempre, da quando ero bambina, il mio quartiere preferito di Raftel.
Lo amo in tutte le stagioni, con il vento, con la pioggia, con il freddo, l’umido e il caldo, con la neve e con la nebbia.
Ma sopra ogni cosa lo amo con il sole.
Mia sorella Lindow spesso mi chiede se non mi pesa alzarmi sempre tanto presto, per aprire il negozio e aspettare i fornitori di fiori e bulbi. Più volte mi ha suggerito di prendere qualcuno che mi aiuti con cui alternarmi per l’apertura, visto che gli affari vanno a gonfie vele.
Quel che non capisce, nonostante io non gliene faccia una colpa, è che per me è un piacere. Arrivare così presto mi permette di godermi il quartiere in uno dei suoi momenti di maggiore tranquillità, assorbendo l’atmosfera che sempre si respira in questa zona. Senza contare che c’è un rito sacro a cui non posso mancare.
Raftel ha un clima tutto suo, tendenzialmente caldo e primaverile per la maggior parte dell’anno. Maggio è spesso instabile ma secondo il Vecchio Haredas per quest’anno le piogge dovrebbe essere finite.
Così stamattina ho indossato il mio top preferito insieme a dei pantaloni lunghi ma leggeri e sandali e mi sono portata un thermos di the freddo anziché di caffè caldo.  
Esco dalla metropolitana, inspirando a pieni polmoni il profumo d’estate che comincia a diffondersi nell’aria e faccio vagare lo sguardo su Foosha. È una zona pedonale, a traffico limitato, molto vivace e con tutti i negozi concentrati ai margini di piazza Gyoncorde. Mi dirigo verso il mio chiosco di fiori, una piccola struttura verde e marrone, che sembra uscita da un’altra epoca, su cui campeggia in bianco il nome del negozio, “Amazon Lily Flower’s Shop”.
Sono le sette e mezzo ma il sole è già alto e tiepido.
Sollevo la saracinesca quel tanto che basta per tirare fuori i vasi di fiori che hanno bisogno di stare all’aperto e mi siedo sulla panchina fuori, al riparo della tettoia e dell’albero di glicine che decora l’esterno della mia attività.
Estraggo dalla borsa il thermos e un pacchetto di biscotti ai cereali e mi metto comoda per godermi la mia strana, o almeno presunta tale, colazione. Ancora qualche minuto e il rituale sacro avrà inizio.
Assorbo l’atmosfera estiva che cresce intorno a me, insieme al caldo per niente afoso e alla luce solare che rischiara ogni angolo del quartiere. Oggi finalmente potrò accogliere i clienti sulla porta e utilizzare il bancone esterno, camuffato da davanzale.
Una giovane coppia mi passa davanti, ridendo felice ed euforica per il bel tempo e, mio malgrado, mi trovo a sospirare.
Non sono la tipica ragazza in cerca dell’amore romantico da commedia rosa o del principe azzurro. A queste cose nemmeno ci credo. Basto a me stessa da sempre e da sempre mi sta bene così, mi piace l’indipendenza.
Ma raggiunti i 24 anni ancora non mi sono mai innamorata una sola volta, nemmeno durante l’adolescenza, nemmeno una cottarella alle medie. Niente di niente. Non che non abbia avuto delle storie. Ma l’amore, quello non l’ho mai trovato. E, francamente, mi piacerebbe sapere cosa si prova, per pura curiosità.
Non so nemmeno cosa sia esattamente, questo sentimento, come funzioni, quali siano i suoi principi.
Suppongo sia importante avere delle cose in comune, che ci sia intesa intellettuale e fisica, che ci sia la fiducia. Lo suppongo e basta perché, nonostante mi sia stato spiegato più volte, cos’è l’amore, dubito che un sentimento del genere possa essere espresso a parole.
Sorseggio il mio the prima di dare un morso al biscotto e controllare l’orologio mentre mastico piano. Le otto meno un quarto. Sollevo lo sguardo verso i tavoli esterni del bar di Makino, che in questo momento è sulla porta e mi saluta sorridente e solare quando mi vede guardare nella sua direzione.
Rispondo entusiasta al saluto e proprio mentre abbasso il braccio ecco che arrivano.
Sono senza età, è davvero impossibile indovinare quanti anni abbiano.
Non sono più dei giovincelli, certo, anche se entrambi conservano un fascino magnetico.
Lei è una bellissima donna, capelli a caschetto neri e, nonostante la sigaretta spesso tra le labbra, non è per niente volgare, anzi, ha gran classe. Lui trasuda fascino da ogni poro, con la sua chioma bianca che quasi stona con il fisico ancora chiaramente asciutto che si intravede da sotto la camicia a maniche corte.
Shakky e Rayleigh. Il mio rituale quotidiano.
Avevo 21 anni quando ho acquistato questo piccolo chiosco e da allora non gli ho mai visti mancare una sola volta. Ogni mattina, puntuali al millesimo di secondo, arrivano qui con tranquillità e vanno da Makino a fare colazione.
Quando c’è bel tempo, cioè la maggior parte dell’anno, si siedono all’aperto, Rayleigh apre il giornale e Shakky sorseggia il suo caffè, aspettando che il suo uomo le comunichi le notizie più interessanti. Commentano insieme le news del giorno, ridono e scherzano con una naturalezza che li fa sembrare due adolescenti. Ogni tanto Shakky si sporge per regalargli un bacio sulla fronte, come premio a qualche battuta o affermazione che l’ha fatta divertire particolarmente. Spesso, nonostante sia assorto nella lettura, lo vedo allungare una mano sul tavolo, alla ricerca di un contatto con la sua donna, che la afferra prontamente intrecciando le loro dita.
Non so dire da quanto stiano insieme. Non so se siano sposati, conviventi, semplicemente amanti.
So solo che in ogni loro gesto, in ogni loro sguardo colgo un semplice sentimento reciproco.
Rispetto.
Grande rispetto l’uno per l’altra. Un rispetto che, secondo me, può essere maturato solo da un grande amore, nonostante io non sia un’esperta in materia.
Quando finiscono la colazione certi giorni si intrattengono a fare due chiacchiere con Makino ma, il più delle volte, si avviano verso la tavola calda di Shakky, anche questa qui a piazza Gyoncorde, passando davanti al mio chiosco. Alle volte, Ray mi chiede un fiore da regalarle, altre sono io che gli allungo un garofano o una giunchiglia, a mo’ di buongiorno.  Più spesso però, si limitano a passarmi davanti salutandomi immancabilmente, sempre ghignanti e sorridenti, prima di tornare a immergersi l’uno nell’altra riuscendo a isolarsi dal tran-tran quotidiano.
Sarebbe impossibile non invidiarli ma, al tempo stesso, mi trasmettono una gran serenità.
Anche stamattina non mancano di passare davanti al mio negozio e quando li vedo avvicinarsi metto via thermos e biscotti, sapendo, senza bisogno di guardare l’orologio, che anche per me è ora di alzare la saracinesca e cominciare a organizzarmi per la giornata di lavoro, mentre aspetto i fornitori e mi prendo cura dei fiori che coltivo direttamente nel luminoso retro del locale.
-Buongiorno Margaret!- mi saluta Shakky, mentre Ray si limita a un cenno della testa accompagnato però da un caloroso sorriso.
-Buongiorno!- li saluto, ancora comodamente seduta.
Dopo che mi hanno superata, butto la testa all’indietro, alzando gli occhi verso i piccoli grappoli lilla del glicine che mi sovrasta con un suo ramo più lungo degli altri. Sorrido, ripensando alla mia riflessione di poco fa, mentre un nuovo pensiero matura nella mia mente.
Rispetto.
L’amore è, senza dubbio, rispetto.

 

 

 

 

 

 

 

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Glicine

Fioritura: Primavera.

Significato: Amicizia disinteressata, rispetto.

Storia e curiosità: Originario della Cina e del Giappone è stato introdotto in Europa grazie a Marco Polo. È una pianta importante nella tradizione giapponese: gli imperatori, quando viaggiavano, usavano far giungere nel luogo in cui erano diretti alberelli di glicine, prima del loro arrivo, come messaggio di amicizia e rispetto.

 


 

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Capitolo 3
*** Autobus, fidanzati e fiordalisi ***


-Quindi, ricapitolando, una cinquantina di garofani misti, venticinque calle rosso scuro, una decina di dalie e un’orchidea. Tutto giusto?!- chiedo ulteriore conferma alzando lo sguardo verso la piazza visibile dalla finestra e porta, spalancate per far girare l’aria.
Il mio interlocutore mi dice che sì, ho segnato tutto, così saluto e ringrazio prima di agganciare la cornetta senza distogliere gli occhi dall’esterno del locale.
Mi è parso di scorgere una figura familiare in avvicinamento e decido di uscire all’esterno per avere conferma dei miei sospetti ma non faccio nemmeno in tempo a fare il giro del bancone che una gigantesca sagoma si para sulla porta, oscurando il sole e facendo poi un poco discreto ingresso nel negozio.
Avanza spedita e io assottiglio lo sguardo, cercando di mettere a fuoco qualcosa, operazione difficile avendo il sole contro. Quando finalmente arriva di fronte al bancone però mi trovo a sgranare gli occhi senza riuscire a impedirmelo.
-Buongiorno mio caro bocciolo di rosa!- mi saluta… lui… lei… esso.
Esibisce un sorriso che fatico a ricambiare, troppo impegnata a nascondere un’espressione vagamente sconvolta.
Questo tizio -perché è evidente che nonostante tutto si tratta di un uomo- è enorme. O meglio, la sua testa è enorme e decisamente sproporzionata rispetto al corpo. E, come se questo e la sua esagerata chioma viola non bastassero a non farlo passare inosservato, indossa un body color amarena con una profonda scollatura sul davanti fin sotto l’ombelico, calze a rete, ciglia finte e una tonnellata di rossetto in tinta coi capelli.
-B-buongiorno…- ricambio cercando di darmi un contegno ma è come se gli occhi non rispondessero, non posso fare a meno di squadrarlo, allibita -Come posso aiutarla?!- chiedo poi tornando a guardarlo in viso, congelandomi un sorriso in faccia.
Si appoggia al bancone con un avambraccio e piega il busto in avanti, in modo confidenziale.
-Mi servono dei fiori per una festa!- mentre parla con tono entusiastico gesticola in modo teatrale, molleggiando sulle gambe e portando le braccia a sovrastare la testa -Si tratta di una festa molto importante e cool, con musica, luci, decorazioni all’ultimo grido! Yy-ahh! E vorrei qualcosa che si adatti all’ambiente e, al contempo, aiuti a mettere in risalto la mia bellezza, non so se mi spiego!- dice, dando dei colpetti all’acconciatura e facendomi l’occhiolino.
Oh kami! Sto per scoppiargli a ridere in faccia! Concentrata, Margaret! Concentrata!
-Mmh-mh!- mi limito ad annuire, stringendo le labbra.
Ti prego, non ridere, non ridere, non ridere!
-Però preferirei qualcosa di non troppo vistoso, giusto per non esagerare ecco! Preferisco essere discreta in certe occasioni!- si avvicina ancora di più, abbassando la voce.
-Oh ma certo! Assolutamente!- rispondo, schiarendomi la gola e passandomi le dita tra i capelli con noncuranza per nascondere l’imbarazzo -Si vede, cioè…  è… l’incarnazione della discrezione!- affermo, indicandolo con la mano a palmo aperto.
Non so per quale kami riesco a dirlo senza esplodere in una fragorosa risata ma so che non resisterò ancora a lungo.
Improvvisamente la sua espressione cambia e comincia a scrutarmi assottigliando lo sguardo.
Okay, ora non mi viene più da ridere, ora sono solo preoccupata!
Continuo a sorridere ma guardandomi intorno con gli occhi, un po’ a disagio per il suo sguardo così concentrato sulla mia persona.
-Zuccherino, come hai detto che ti chiami?!- domanda, seria… serio… quello che è.
-Ehm… M-Margaret-
-E dimmi, Margie-girl, hai mai pensato di lavorare nel campo della moda?!-
Sento le guance che si imporporano presa alla sprovvista dalla sua domanda.
-Beh, a… a dire il vero no… mai…-
-No perché sei davvero molto bella, sai?!-
-Oh… G-grazie!- mormoro portandomi i capelli dietro un orecchio.
Questa situazione è terribilmente imbarazzante!
-Potrei organizzarti un casting o una seduta fotografic…-
-Iva?!?! Sei proprio tu?!-
Conosco questa voce. E a quanto pare non sono la sola. 
-Cappello-boy?! Sei proprio tu?!?!- domanda, sempre molto teatrale, il mio client… la mia… Iva all’aria, come se a parlare fosse stata un’entità soprannaturale e non il mio amico che è fermo sulla soglia dietro di lei.
Finalmente si gira a cercarlo con gli occhi e, quando lo individua, esplode di gioia, muovendosi verso di lui per intrappolarlo in un abbraccio stritolatore.
-Cappello di Paglia-boy!!!- esclama al colmo della gioia.
-Iva!!! Che bello rivederti!!!- risponde con altrettanto entusiasmo Rufy, lasciandosi sbattacchiare di qua e di là senza riuscire a ricambiare l’abbraccio date le dimensioni del soggetto in questione.
-Che cosa fai qui, Cappello-boy?!- gli chiede, depositandolo a terra.
-Sono passato a salutare Margaret!- le spiega, sorridendo a trentadue denti, come solo lui sa fare, prima di cercarmi con lo sguardo e salutarmi con un cenno del capo.
Strano, di solito è molto più espansivo!
Guardandolo meglio mi accorgo che ha le mani impegnate, anche se non capisco cosa stringe nella sinistra, dato che ha il braccio piegato dietro la schiena.
-Oh quindi tu e Margie-girl vi conoscete! Yy-ahh!- registra l’informazione con evidente interesse -E  dimmi, non trovi anche tu che sia molto bella?!- gli chiede, posandogli un braccio sulle spalle e indicandomi con la mano libera.
Io mi passo una mano sulla fronte, distogliendo lo sguardo, ormai paonazza.
Rufy porta l’avambraccio destro sulla fronte per sollevare la tesa del suo inseparabile cappello –dato che la mano è occupata da un bicchiere di carta di quelli per il caffè Take Away del Party’s Bar– e guardarmi meglio.
-Beh… non saprei! Credo di sì!-
Non ci rimango male. Anzi, sorrido scuotendo leggermente la testa, divertita. Rufy è un bambino intrappolato in un corpo adulto. È di un’ingenuità disarmante e, in 12 anni di amicizia, non l’ho sentito una sola volta fare un apprezzamento su una ragazza che fosse una, quindi so che non c’è niente di offensivo nella sua risposta.
-Vero?!- si esalta Iva, molleggiando sulle gambe -Sono sicura che Inazuma sarebbe estasiato di averla come modella!-
 -Beh, sì però…- interviene Rufy, pensieroso -… non so se il suo ragazzo sarebbe d’accordo-
Il mio che?!?!
Ma di cosa sta parlando?!
Iva si blocca nel bel mezzo di un piegamento e sbatte le palpebre un paio di volte, registrando questa nuova informazione, nuova non solo per lei.
-Ragazzo?!- chiede conferma, ancora perfettamente in posa -Ma quindi c’è un uomo! Beh mi sarebbe sembrato strano in effetti che un così bel fiorellino di campo non fosse stato colto da nessuno ancora!- dice poi, strizzandomi l’occhio.
Io divento fucsia, pregando che il pavimento si apra per inghiottirmi.
-E com’è?!- s’informa Iva curiosa.
-Ma veramente…- provo a protestare ma Rufy mi interrompe.
-È un tipo moro, abbastanza alto, che gira con uno strano cappello- elenca il mio amico e mentre parla una nuova consapevolezza si impadronisce di me, stringendomi lo stomaco.
Non starà cercando di dire che…
No, non può essere!
Lo guardo, sgranando gli occhi e sperando di essermi sbagliata. Ma lui corrisponde a quella descrizione e la paura che questa sia una strana dichiarazione si fa sempre più concreta nella mia testa.
Sarebbe davvero una brutta situazione se così fosse. Credo di poter dire che sia il mio più grande incubo essere l’amore segreto di un amico così caro per il quale, però, non provo altro che affetto, perché questo segnerebbe la fine della nostra amicizia, inevitabilmente.
Il dubbio che potesse essere interessato  a me non mi ha mai sfiorata eppure…
Lindow dice sempre che sono talmente modesta che non mi accorgerei nemmeno di una dichiarazione in pompa magna. Quindi è possibile che Rufy si sia preso una cotta per me senza che io me ne accorgessi.
Oh accidenti!
-E a letto com’è?!-
-C-come?!- sbatto le palpebre, riscuotendomi ora che Iva ha smesso di estorcere a Rufy informazioni sul mio presunto fidanzato  ed è tornata a concentrarsi su di me -Beh ecco… io… io…-
-Uhm, interessante! Da non riuscire a parlarne senza arrossire! Beh mia cara, buon per te, dico io! Ora se potessimo concludere quell’ordine…-
-Oh, oh sì certo, l’ordine!- mi precipito a recuperare il blocchetto che tengo vicino alla cassa, facendo cadere la penna e quasi travolgendo le schede coi significati dei fiori, tanto sono agitata.
Voglio liberarmi di questo tizio. Ora!
-Dunque, le servono per…?-
-Dopodomani! Yy-ahh!-
-Okay, che ne dice dei papaveri?! Posso mischiarne due o tre tipi!- le spiego gesticolando, tenendo la penna ferma tra indice e medio.
-Papaveri!!!- esclama in estasi -Dico che sono assolutamente perfetti!!!- afferma poi, ancora molleggiando.
-Okay…- commento, scribacchiando sul foglio e sollevando poi di nuovo lo sguardo su Iva -A che nome?-
-Emporio Ivankov, mia cara!-
-Ecco qua!-
Stacco il foglio promemoria per il cliente e glielo consegno con malcelata urgenza.
-Grazie mille, pasticcino e arrivederci! A presto Cappello-boy! Yy-ahh!- ci saluta avviandosi finalmente alla porta.
-Arrivederci!-
-Ciao Iva!!!-
Non appena esce dal chiosco, non posso fare a meno di tirare un sospiro di sollievo.
Sollievo destinato a svanire quando Rufy si gira verso di me.
Ecco.
Adesso siamo solo noi due.
Kami se è imbarazzante!
-Allora Rufy… che fai qui?!- domando, dopo qualche istante, cercando di sembrare perfettamente a mio agio e nascondendo il mio nervosismo come meglio posso.
-Sono passato a salutarti e a dirti una cosa-
Oh santo cielo! Ci siamo!
-Rufy ascolta io non…-
-Il tuo ragazzo mi ha chiesto di darti questo!-
Fisso interdetta il bicchiere di carta del Party’s Bar mentre Rufy lo appoggia sul bancone spingendolo verso di me.
-Ecco…- riesco a riscuotermi dopo un attimo -S-sei molto gentile ma… forse dovremmo parlarne un attimo prima di…- balbetto, vicina all’isteria.
-E anche questo!- dice poi estraendo finalmente ciò che tiene dietro la schiena da quando è entrato.
Ancora più interdetta di prima, lo guardo tendermi il mio ombrello.
Sbatto le palpebre due o tre volte mettendo insieme i pezzi.
Il mio ombrello.
Il mio ragazzo.
Alto. Moro.
Non capisco il riferimento al cappello ma è per forza lui.
Ora è tutto chiaro!
Tiro un sospiro di sollievo mentre sorrido felice.
-Rufy non è il mio ragazzo!-
-Ah no?!- chiede lui perplesso, portando le mani, ora libere, una sul fianco e una a grattarsi la nuca mentre aggrotta le sopracciglia –È chi è?! Un tuo amico?!-
-Beh… no… non proprio-
-Un cliente?!- insiste.
-È solo un tizio a cui ho prestato un ombrello!- dico, stringendomi nelle spalle.
-Oh!- fa lui, preso alla sprovvista -Okay!- afferma poi, sorridendo solare.
Appoggio l’ombrello sotto al bancone e lo fisso un attimo, riflettendo.
-Scusa ma… come faceva a sapere che mi conosci?- gli domando, corrugando le sopracciglia.
-Mi ha sentito che dicevo a Makino che volevo passare a salutarti!- spiega, schiacciandosi il cappello sulla testa, sempre sorridente -Ha l’aria simpatica! Però sembrava un po’ di fretta!- lo guardo riflettere e aggrottare la fronte mentre prendo un sorso di caffè -Mi ha piazzato in mano bicchiere e ombrello ed è corso fuori dal bar in fretta e furia! Spero che quell’autobus non lo abbia investito…-
Mi strozzo con il caffè, prendendo a tossire come un tisica.
Che ha detto?!?!
-Lo ha investito un autobus?!?!- domando sconvolta e basita dal suo poco tatto.
Ma le da così certe notizie?!
-Beh potrebbe anche essere- dice stringendosi nelle spalle -Ho sentito la porta del locale che si apriva, mi sono girato per chiedergli il nome e proprio in quel momento passava un autobus a tutta velocità e lui non c’era più! Però potrebbe anche avere attraversato molto in fretta!- 
Lo guardo allibita per qualche secondo, la bocca leggermente aperta, poi sbatto le palpebre, riscuotendomi, e lo supero a passo di carica per uscire dal chiosco. Guardo verso il Party’s Bar e noto, con un certo sollievo, che non c’è traccia di ambulanze o polizia quindi, a meno che non sia stato catapultato in orbita dal colpo senza che nessuno se ne accorgesse, in teoria dovrebbe essere vivo e vegeto. Almeno spero.
Rufy mi affianca, mentre tiro un sospiro di sollievo e mi rilasso.
-Ora devo andare Margaret! Mi spiace non potermi fermare di più! Ci vediamo presto!- mi saluta con il suo solito entusiasmo.
-Okay, a presto! E grazie ancora per l’ombrello!- rispondo io.
Si avvia, mentre io mi trattengo ancora un attimo sulla porta, lo sguardo perso sulla piazza, ma si blocca fatti pochi passi, colto da un pensiero improvviso.
-Ehi Margaret!-
-Mh?!- riporto gli occhi su di lui.
-Penso davvero che tu sia bella!- mi dice, con una sincerità disarmante, prima di voltarmi nuovamente le spalle.
Resto un attimo a fissare la sua schiena, interdetta.
Monkey D. Rufy è la persona più eccezionale che io conosca. Gli basta un sorriso e una parola per cancellare i brutti pensieri e illuminare la giornata anche a un perfetto sconosciuto.
Gli voglio un bene dell’anima e sento l’improvviso bisogno di dirglielo.
Prima di partire al suo inseguimento, lancio un’occhiata all’interno del negozio e lo sguardo mi cade sui fiordalisi, accanto alla porta. Rapida ne afferro due per poi lanciarmi di corsa dietro di lui.  
-Rufy!!!- lo chiamo a gran voce.
Lui si arresta e si volta, interrogativo.
-Che succede?!-
Senza rispondere lo raggiungo e afferro la tesa del suo cappello di paglia e, tirando leggermente, lo obbligo a chinare il capo verso di me per poi assicurare i due fiori nella fascia rossa che lo decora.
Lui, curioso, si toglie il copricapo e studia i piccoli fiordalisi qualche secondo.
-Come mai?!- mi domanda, riportando l’attenzione su di me.
Io mi stringo nelle spalle.
-Perché ti voglio bene!-
A quelle parole torna di nuovo a sorridere, facendo concorrenza al sole che splende alto nel cielo.
-Anche io te ne voglio! Salutami il tuo ragazzo eh!-
Cosa?! Ma mi ha ascoltata prima?!
Ventilo l’ipotesi di rispiegargli di nuovo la faccenda ma… servirebbe a qualcosa?!
Ovviamente no, così la butto sul ridere.
-Eh, sempre che non lo abbia investito un autobus!-
-Speriamo di no eh!- mi risponde serio, lasciandomi di stucco.
Kami, è irrecuperabile!
Ritorno sui miei passi, scuotendo la testa e lasciandomi sfuggire una piccola risata.  
In mano ho ancora il bicchiere del caffè e me lo porto alle labbra, sorseggiandolo mentre rientro in negozio.
E solo ora noto una specie di scarabocchio a pennarello sul lato del supporto di cartone che si mette per non scottarsi la mano. Con la fronte corrugata giro il bicchiere per leggere meglio cosa sia.
Quattro parole sono scritte con una grafia elegante e perfettamente leggibile.
Settimana infernale al lavoro.
Sbuffo una risata. Sempre di molte parole lui!
Sto già per prendere un’altra sorsata quando mi accorgo di un post scriptum un po’ più sotto.
PS: a presto.
Senza un apparente motivo, mi ritrovo a sorridere, un sorriso che farebbe concorrenza a quello di Rufy.
-Okay…- mormoro a mezza voce, riportando il bicchiere alle labbra -Allora a presto, Trafalgar Law. Ci conto… Sempre che non ti investa un autobus!- non riesco a trattenermi dal mormorare e un attimo dopo sono lì che rido da sola e senza ritegno, ripensando a Rufy.

 

 

 

 

 

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Papavero

Fioritura: Primavera-estate                      

Significato: Eccentricità, sollievo.

Storia e curiosità: Esistono 48 specie di papaveri, provenienti dall’Eurasia, Africa e Nord America, con fioritura annuale, biennale o perenne. Possono essere rossi, rosa, gialli, lilla o arancioni. A Creta era diffusa la credenza che i campi di grano in cui crescevano  i papaveri fossero  più fertili e redditizi. Oltre a essere associato, per questo motivo alla dea Demetra, gli antichi greci associavano il papavero anche a Hipnos, Nyx e Thanatos, gli dei del sonno, viste le proprietà narcotiche dei semi di papavero, da cui si estrae l’oppio. Il papavero ha proprietà mediche ed è utilizzato anche in cucina.

 

 

 

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Fiordaliso

Fioritura: Primavera-estate.

Significato: Amicizia, delicatezza, sensibilità.

Storia e curiosità: Il fiordaliso è simbolo di gioia e beatitudine per via delle sue capacità curative e medicamentose, largamente utilizzate nei secoli passati e che gli sono valse il nome di “erba degli incantesimi”. L’associazione con la delicatezza è dovuta ai suoi petali estremamente leggeri. È una pianta erbacea annuale e si caratterizza per il suo colore blu, particolarmente intenso.

 

 

 

 

 

Angolo dell’autrice:
Ho solo una cosa da dire oggi: Soke, io ho fatto del mio meglio! XD
Grazie a tutti i lettori.
Piper.

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Capitolo 4
*** Martedì ***


A Star

 

Lancio un’occhiata all’orologio, appoggiando sul bancone l’involto di garofani rossi arrivati stamattina.
Mentre aspetto decido di cominciare a dare un’accorciata ai lunghi steli e sfoltirli un po’ dalle foglie in eccesso. In fondo è un lavoro che richiede solo qualche minuto.
Portandomi al lato opposto del battitore di cassa, infilo i guanti e prendo le cesoie, prima di aprire l’incarto e sparpagliare i fiori per bene, lasciandoli appoggiati sulla carta che prima li avvolgeva, ora aperta sul ripiano color pesca.
Studio per un attimo il mio ultimo rifornimento, con aria soddisfatta. Mi sono sempre piaciuti molto i garofani, sembrano origami assemblati con cura e armonia. Questi in particolare si distinguono per essere screziati, con il centro del petalo più scuro, quasi rosso ciliegia, e il bordo più rosato.
Prendo a tagliare gli steli e dividerli in mazzi più piccoli da legare insieme con lo spago, gettando le foglie in un sacchetto che ho appeso per un manico alla maniglia del cassetto, ingegnandomi per non dovermi continuamente voltare verso la spazzatura alle mie spalle.
Sono già a buon punto quando una coppia di ragazzi, che avranno sì e no la mia età, entra nel negozio, discutendo animatamente.
-Ma vuoi smetterla di lamentarti?!-
-Quando ho detto che ti avrei accompagnato a comprare i fiori, non intendevo che ero disponibile a farmi buttare giù dal letto alle otto e mezza di mattina!-
Si ferma a metà tragitto tra la porta e il bancone, la ragazza, e, visibilmente contrariata, si volta facendo ondeggiare la chioma rosso fuoco mentre lui la raggiunge in poche falcate.
-Senti io ho delle cose da fare più tardi okay?! Cose importanti! E poi non lo sai che il mattino ha l’oro in bocca?!- chiede retorica posando le mani sui fianchi.
-Certo, infatti io non dormo mai fino a tardi tranne nel mio giorno libero che, guarda a caso, è oggi?!?!- le fa notare il ragazzo, piuttosto scocciato, superandola e avvicinandosi ancora.
Lei lo segue con lo sguardo e solleva un sopracciglio con l’aria di una che ha appena vinto un premio ambito.
-Ma davvero?!- domanda, interessata.
Lui la scruta qualche secondo prima di venire colto da un’improvvisa illuminazione e assumere subito dopo un’espressione terrorizzata.
-N-Nami?! Cos’è quella faccia?!-
Lei continua a sorridere compiaciuta, senza rispondere.
-Cos’è che devi fare dopo?!- le domanda ancora, sempre più preoccupato.
-Tu che ne dici?!-
Continuo imperterrita a occuparmi dei garofani, mentre fingo disinteresse verso la loro conversazione ma senza negarmi un’occhiatina ogni tanto.
-Eh no!!!- esclama il ragazzo coi capelli verdi, capendo cosa frulla nella testa della compagna -Non ci penso nemmeno a farti da portaborse anche oggi! Io dopo me ne vado in palestra!- afferma, determinato e irremovibile.
Nami perde il sorriso e lo scruta truce qualche istante prima di avvicinarsi e parlargli con un tono noncurante.
-Oh beh… vorrà dire che, anziché diminuire, il tuo debito aumenterà un altro po’!- afferma, esaminandosi un’unghia con apparente interesse e studiando poi subito la sua reazione di sottecchi -Tanto qualche berry in più o in meno non ti fa nessuna differenza no?!- solleva di nuovo un sopracciglio.
Per tutta risposta il ragazzo verde soffia dal naso, al colmo della sopportazione e digrigna uno -Strozzina!- tra i denti.
-Guarda che ti ho sentito, ominide!!!- gli sbraita contro, mostrando i denti appuntiti.
Non se le mandano certo a dire questi due!
-E piantala di urlare! Prenotiamo questo dannato bouquet e poi andiamo, che prima iniziamo, prima posso tornare a casa a dormire!-
Si avvicinano al bancone e io fingo di essere stata totalmente immersa nel mio lavoro fino a questo momento, salutandoli solo quando sono a pochi passi da me e continuando a tagliare gli steli con gesti meccanici.
-Buongiorno!- ricambia Nami, con un caldo sorriso che le illumina gli occhi marroni.
Non sembra affatto maleducata, ragion per cui suppongo che debba conoscere il ragazzo verde da tempo, visto il modo in cui lo tratta. Sospetto che siano in gran confidenza.
Lui, dal canto suo, si limita a grugnire, guadagnandosi un’occhiataccia.
-Avremmo bisogno di ordinare un bouquet!- mi dice lei addossandosi al bancone con entrambi gli avambracci.
-Ma certo!- annuisco, posando le cesoie e  sfilando i guanti.
Afferro carta e penna, pronta a scrivere tutte le direttive e le richieste.
-È un’occasione speciale?!- domando, concentrandomi su di loro e notando solo ora il delizioso contrasto delle loro strane capigliature.
-È per il dottorato di un’amica! Però non ha un fiore preferito quindi non saprei davvero cosa scegliere… Tu che ne dici?!- domanda al compagno che, appoggiato un gomito al bancone ha perso lo sguardo sui fiori che stipano il locale in tutta la sua larghezza e lunghezza.
Una vena scarlatta fa capolino da sotto la frangia arancione quando non riceve risposta.
-Zoro?!- lo richiama, già spazientita.
Ancora nessuna risposta.
-Buzzurro!!!- esplode improvvisamente, schiantandolo a terra con un pugno.
Sgrano gli occhi, impressionata dalla potenza usata, e mi sporgo oltre il bancone per sincerarmi delle sue condizioni ma subito lui riemerge, rimettendosi in piedi e guardandola in tralice mentre si massaggia il bernoccolo che gli si sta gonfiando tra i capelli.
-Ma che ti è preso?!?!- domanda irritato ma, da come si comporta, capisco che è abituato anche a questo.
Ben strana relazione hanno questi due!
Nonostante gli insulti e i cazzotti però Nami continua a voler conoscere l’opinione di Zoro.
-Non mi ascoltavi! Dicevo, Robin non ha un fiore preferito, tu che dici di fare?!-
Riflette qualche secondo, facendo nuovamente vagare lo sguardo nero sulla varietà di fiori presenti nel locale.
-Io sceglierei dei fiori che la rappresentano!- conclude, annuendo convinto.
Nami aggrotta le sopracciglia, colta un po’ alla sprovvista.
-In che senso?!- chiede delucidazioni, mettendolo in difficoltà, fatto che in realtà traspare poco dalla sua espressione impassibile.
Ma ne ho viste tante di coppie passare da qui e non è la prima volta che assisto a una scena del genere. Lei che aspetta una risposta, lui che la fissa atono, prendendo tempo mentre cerca disperatamente qualcosa da dire.
Visto l’indole di fuoco di lei e temendo l’arrivo di un altro cazzotto a breve, decido di intervenire in aiuto di Zoro.
-Beh ogni fiore ha un significato!- spiego, richiamando la loro attenzione -Se voi mi descrivete la vostra amica, al bouquet ci penso io!- mi offro con un sorriso.
Zoro si stringe nelle spalle mentre Nami si illumina, soddisfatta.
Quando non è furibonda, mi da l’impressione di una ragazza molto solare e vivace.
-Dunque vediamo…- comincia pensosa, tornando ad appoggiarsi al bancone con tutte e due le braccia -Robin è molto intelligente e pacata… ha un modo di fare abbastanza materno. Ah e poi legge molto, quindi la definirei curiosa- mentre parla scribacchio qualcosa sul foglio, annuendo e incoraggiandola a continuare -Uhm, poi vediamo… che altro?!-
-È femminile ed elegante!- interviene Zoro senza ombra di esitazione.
Ci giriamo entrambe verso di lui, Nami visibilmente sorpresa.
Aggiungo dalia e azalea all’elenco, prima di tornare a guardarlo, in attesa di altri suggerimenti.
-Riesce sempre a dire la cosa  giusta al momento giusto e lo fa sempre con gran classe, la definirei molto raffinata-
Petunie e calle vanno a fare compagnia agli altri fiori già segnati.
-E per finire io la trovo anche abbastanza sensuale- conclude Zoro, facendomi sorridere soddisfatta mentre metto il puntino sulla i di peonia.
Ma il mio sorriso si spegne non appena, sollevato lo sguardo, noto l’espressione di Nami.
Occhi piantati al pavimento, le dita che pasticciano tra loro e un’espressione di pura delusione sul volto.
Che cosa sta succedendo?!
Faccio per chiederglielo, sapendo bene che comunque non sono affari miei, ma non riesco ad aprir bocca che mi precede, mormorando.
-Sai, non ti facevo così romantico…-
Solleva lo sguardo, sorridendo malinconica e facendo aggrottare le sopracciglio a Zoro, anche lui preoccupato per il repentino cambio d’umore della compagna.
-Credevo che gli scegliessi a caso, i fiori- prosegue flebile, senza però distogliere gli occhi dal suo viso -Ora il bouquet che mi hai regalato per il mio compleanno ha tutto un altro significato… Ora capisco…-
Si sfrega i palmi delle mani sulle braccia, come a riscaldarsi da un freddo che sente solo lei.
Un lampo di comprensione attraversa i miei occhi mentre la mia mente lavora febbrile, cercando di indovinare quali fiori Zoro potrebbe averle regalato.
-Nami cosa…?- prova a chiedere ma viene interrotto.
-Comunque…- si riscuote lei, cercando di recuperare il suo tono gioioso, riuscendoci anche discretamente bene, non fosse per l’espressione improvvisamente tirata del viso -Allora passo io a ritirarlo verso le cinque e mezzo va bene?!-
Io annuisco, impotente. Vorrei poter fare qualcosa, Zoro si sta agitando di fronte al mutismo di lei e mi fa un po’ tenerezza.
-Perfetto!- sorride a fatica, deglutendo e dandomi l’impressione di stare cercando di mandare giù anche qualcos’altro -Allora a più tardi! Zoro, grazie della compagnia, ci vediamo stasera alla festa. E scusa se ti ho buttato giù dal letto- dice atona, prima di avviarsi alla porta come una scheggia, le braccia incrociate sotto il seno.
Io riporto lo sguardo su Zoro che boccheggia, interdetto.
-Mi ha chiesto… scusa?!- domanda poi più a se stesso che a me, incredulo.
-Che fiori erano?!- decido di domandargli, dopo qualche istante.
-Come?!- fa lui, tornando a concentrarsi su di me.
-Che fiori erano quelli del bouquet che le hai regalato?!- ripeto con urgenza.
Non mi preoccupo di dargli del “lei”, mi sembra di essere già in confidenza con questi due.
-Beh…-
Si guarda intorno, cercandoli febbrile con gli occhi.
-Quelli!- esclama poi, indicandomi un mazzo di fiori a stelo lungo, formati da sei petali ciascuno, con il pistillo circondato da un calice giallo oro.
Narcisi.
Male! Molto male!
Lo capisce subito anche lui dalla mia espressione un po’ inorridita.
-Solo quelli?!-
Annuisce piano.
Chi diavolo è quel baka sciagurato che gli ha fatto regalare un bouquet di soli narcisi a una ragazza?!?!
-Ho sbagliato vero?!- domanda rassegnato, sollecitando una spiegazione.
-Quelli sono narcisi!- dico, convinta che sia sufficiente per fargli comprendere il problema.
Ma lui mi fissa con un’espressione che non lascia dubbi. Non sa di cosa accidenti sto parlando.
Ma come fa?! Voglio dire, i narcisi sono uno dei pochi fiori di cui tutti, e dico tutti, conoscono il significato!
-I narcisi indicano vanità e amore di sé…- tento di nuovo e stavolta, sebbene non proprio con immediatezza, Zoro capisce.
E la sua espressione mi conferma che ci tiene, e anche parecchio, a quella ragazza.
Qui bisogna fare qualcosa!
Lo sguardo mi cade sui garofani di cui mi stavo occupando prima. Senza perdere altro tempo ne scelgo cinque già accorciati e sfoltiti.
-Sarebbero meglio delle gerbere arancioni o dei girasoli ma questi sono già pronti e tu non hai tempo da perdere!- spiego un po’ concitata, mentre li lego assieme con un nastro di organza rosso che ho estratto rapida dal cassetto.
Faccio un fiocco, taglio il nastro in eccesso e glieli porgo.
Lui li afferra in automatico ma resta immobile a guardarmi.
Io aggrotto le sopracciglia.
-Ma che fai?!-
-Cosa significano questi?! Che le dico?!- mi domanda, teso e preoccupato.
Io sorrido incoraggiante.
-Non importa, tu non pensare troppo e vedrai che le parole verranno da sé! Ma ora va! Sbrigati!!!- lo incito e finalmente lui parte alla conquista di piazza Gyoncorde e anche, spero, di qualcos‘altro.
Resto per un po’ appoggiata al bancone, sperando che Zoro riesca a chiarirsi e che Nami gli dia retta, prima di infilare nuovamente i guanti e tornare a occuparmi dei garofani.
Ma faccio appena in tempo a prendere le cesoie che subito devo appoggiarle nuovamente al ripiano e sfilare un’altra volta i guanti, quando il mio nuovo rituale sacro del martedì, da un mese a questa parte, fa il suo ingresso con in testa il suo assurdo cappello leopardato e in mano la nostra colazione.
-Finalmente! Morivo di fame!- gli dico appena mette piede nel chiosco.
-C’era coda- si giustifica senza troppe moine, appoggiando caffè e briosche al bancone -Senti un po’, ho incrociato due ragazzi che stavano litigando. Arrivavano da qui? Lei ha in mano dei fiori rossi-
-Stanno litigando?!- domando, incredula.
Lui annuisce, togliendosi il cappello e passandosi una mano tra  i capelli già scompigliati mentre io, sospirando, mi avvicino il sacchetto coi croissant e sbircio per vedere che gusti ha preso questa settimana.
Sorrido soddisfatta quando riconosco la briosche con la marmellata di more, la mia preferita.
-Sì erano qui! Sono proprio una bella coppia!- dico convinta, addentando il croissant.
Lui aggrotta le sopracciglia.
-Ma chi? I due che stanno facendo una gara a “chi trova l’insulto più originale”?!- domanda, scettico.
-Beh hanno un modo tutto loro di essere una coppia! Sono passionali!- continuo a perorare la mia causa, bevendo poi un po’ di caffè.
Ma lui mi guarda caparbio, alzando un sopracciglio con fare scettico. So che non riuscirò a fargli cambiare idea, proprio come lui non riuscirà a farla cambiare a me.
Appoggio il mio caffè e afferro un garofano, facendolo girare tra le dita prima di picchiettarmelo sul naso.
-Dì quello che vuoi…- gli dico ferma nella mia convinzione -…ma secondo me quei due si amano alla follia!-

 

 

 

 

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Garofano

Fioritura: Primavera.

Significato: Il significato cambia in base al tipo di garofano. Il garofano rosso indica amore appassionato e impetuoso.

Storia e curiosità: Originario del bacino mediterraneo è una pianta erbacea perenne. Il colore naturale del fiore è un brillante rosa-porpora, tuttavia negli anni ne sono state ibridate svariate specie.

 

 

 

 

 

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Gerbera

Fioritura: Primavera-estate.

Significato: Allegria.

Storia e curiosità: Originaria dell’Africa, Asia e Suadamerica, prende il nome dal naturalista tedesco Trugott Gerber. Ne esistono all’incirca trenta specie.

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Capitolo 5
*** Ingenua? ***


Mi porto vicino a Margaret dietro il bancone, incrociando gli occhi assurdi di questo tizio.
Ha uno sguardo che non mi piace, troppo impassibile, troppo serio.
Se non fossi io il primo abituato a guardare la gente a quel modo, di certo mi sentirei in soggezione, ragion per cui non mi sono affatto stupito della reazione di Margaret quando, anziché rispondere al suo saluto, l’ha squadrata con uno sguardo di fuoco.
Ero nel retro a sistemare dei vasi e, nonostante io sia uno stronzo insensibile, ho sentito l’impulso di raggiungerla quando l’ho vista irrigidirsi un po’ spaventata.
-Dunque…- mormora  ancora esitante -… c-come posso aiutarla?!-
Lui mi fissa ancora qualche secondo, sfidandomi a sostenere il suo sguardo, sfida che accolgo naturalmente senza pensarci due volte, prima di portare lentamente la sua attenzione su Margaret.
Suo malgrado, deglutisce rumorosamente e io mi sposto ancora qualche centimetro verso di lei.
-Mi servono dei fiori- afferma impassibile e io sollevo un sopracciglio.
Se non avesse l’aria di uno capace di ucciderti per aver disturbato il suo pisolino e Margaret non fosse così preoccupata, ribatterei con un sarcastico “ma non mi dica!”. Fatto sta che sembra capace di incenerire una quercia a chilometri di distanza con quegli occhi giallo-oro che si ritrova, simili a quelli di un falco, e, non volendo creare problemi alla biondina, decido di mordermi la lingua.
Margaret mi lancia un’occhiata e si schiarisce la gola, in evidente difficoltà, prima di tornare a rivolgersi al tizio.
-Che tipo di fiori?- chiede, accennando un mezzo sorriso.
Il tipo si passa una mano tra i capelli mori.
-Dei fiori per il compleanno di una sciocca ragazzina che mi darà il tormento per giorni se oggi non trovo il modo di renderle la serata indimenticabile- il tono è fermo ma sono pronto a scommettere che quest’uomo sia al colmo dell’esasperazione.
-Aveva in mente dei fiori in particolare?- tenta ancora Margaret -Magari qualcosa che gliela ricorda… o… o che la rappresenti…- tentenna sotto lo sguardo atono dell’uomo.
La fissa per qualche secondo, infastidendomi non poco e poi si decide a parlare, posando un avambraccio sul ripiano color pesca e cominciando a snocciolare monocorde.
-Dunque è infantile, fastidiosa, insistente…-
Margaret sgrana gli occhi all’inverosimile e io aggrotto le sopracciglia, entrambi presi alla sprovvista dall’elenco di difetti che sembra non avere fine.
-…viziata, irritante…-
Ma chi glielo fa fare, dico io.
-… si veste in modo ridicolo e ride in modo ancora più ridicolo. Devo continuare?- domanda, retorico.
Restiamo un attimo immersi nel silenzio, occhi di falco studiando il negozio, io studiando occhi di falco e Margaret studiando un modo per levarsi da questa imbarazzante situazione.
Si porta una ciocca di capelli dietro l’orecchio, fissando il bancone e lanciando un’occhiata di sottecchi al suo cliente, senza sapere che dire o fare.
A un certo punto il moro assottiglia lo sguardo poi, con una calma quasi snervante, solleva lentamente il braccio per indicare dei fiori che spuntano da un secchio a terra alla sua destra.
-Quelli- afferma puntando il dito verso dei piccoli fiorellini che si raccolgono a grappolo sul loro stelo, formando delle spighe colorate-Quelli sono perfetti, mi ricordano uno dei suoi assurdi vestiti tutti balze e merletti-
-Le speronelle?!- chiede conferma Margaret facendo voltare occhi di falco verso di lei con un’aria che oserei definire quasi sorpresa, nei limiti espressivi di un tipo del genere ovviamente.
-Come si chiama?- domanda.
-Speronella- ripete Margaret, senza la sua solita verve.
Intreccio le dita delle mani mentre mi addosso al bancone con gli avambracci, cominciando a spazientirmi.
Che si tolga dai piedi in fretta, non mi piace vederla così in soggezione!
Prendendoci alla sprovvista, occhi di falco getta la testa all’indietro e scoppia a ridere, senza un apparente valido motivo.
E non è una risata di scherno o circostanza. Ride proprio di gusto, il che mi fa aggrottare ancora di più le sopracciglia e cercare con gli occhi Margaret, che si stringe nelle spalle abbozzando un sorriso.
-Contengono pure il suo nome! Sono proprio perfetti!- ribadisce per poi tornare a guardare Margaret -E mi dica, hanno anche un qualche significato particolare?-
-Beh…- riprende a tentennare lei -… ecco, sì, a dire il vero indicano… frivolezza-
Pronuncia l’ultima parola con una smorfia, aspettandosi che il tizio cambi idea ora che ne conosce il significato.
Ma occhi di falco, ormai tornato serio, annuisce e mormora qualcosa riguardo al fatto che quei fiori devono averli inventati apposta per lei.
E a quelle parole, Margaret non riesce più a trattenersi.
-Vuole dirle che è frivola il giorno del suo compleanno?!- chiede, basita.
Lui torna a fissarla con lo sguardo di fuoco di qualche minuto fa ma lei sembra avere subito una metamorfosi e non abbassa gli occhi.
-Non credo conosca il linguaggio dei fiori- afferma duro e irremovibile.
-E se lo conoscesse?- domanda lei, le mani sui fianchi con aria di rimprovero.
Lui la fissa impassibile.
-Potrei suggerirle…- insiste Margaret alzando il dito indice come se un’idea l’avesse appena colpita e facendo il giro del bancone per dirigersi verso una rastrelliera.
Mi sporgo un po’ per vedere oltre la figura di occhi di falco, anche lui intento a seguire i suoi  movimenti, e la vedo trafficare e armeggiare qualche istante per districare qualcosa dal groviglio di steli e rami che infesta questo chiosco-foresta. Finalmente si gira soddisfatta.
-…questa!- conclude la frase, gli occhi che brillano mentre si avvicina tenendo tra le mani chiuse a coppa un piccolo vaso, nella cui terra è piantato un unico ramo, apparentemente secco, ma tempestato di piccoli fiori rosa a quattro petali. 
Occhi di falco aggrotta le sopracciglia ma non sembra contrariato, anzi.
-È un ramo di Dafne! È più originale che il solito mazzo di fiori!- insiste Margaret, stringendosi nelle spalle.
Il tipo scruta per un attimo il ramo, sempre totalmente impassibile.
Poi annuisce.
-E sia- dice semplicemente, senza troppo entusiasmo, mi raccomando.
Margaret sorride felice mentre prepara una piccola confezione regalo con della carta trasparente.
Io la osservo, incuriosito. Ormai la conosco e so quanto per lei sia importante scegliere il fiore giusto in ogni occasione. E per fiore giusto non intendo i fiori di pesco per il matrimonio o le rose rosse per l’anniversario.
Lei in questa cosa del linguaggio dei fiori ci crede davvero e, ogni volta che arriva un cliente senza la più pallida idea di cosa acquistare, cerca sempre di dirottarlo su una scelta che abbia un senso anche dal punto di vista del messaggio veicolato.
E quando ci riesce si trasforma in una bambina gongolante.
Proprio come adesso.
Come se non bastasse il mio infallibile intuito a conferma della mia ipotesi, eccola cercare rapidamente tra le schede dei significati, estrarne una e lasciarla cadere nel sacchetto dove ha accuratamente depositato la piccola pianta, prima di consegnarlo da sopra il bancone a occhi di falco che paga e, finalmente, se ne va.
Torniamo nel retro, Margaret praticamente saltellando, e ricominciamo a sistemare i vasi attualmente inutilizzati.
Sarebbe del tutto ragionevole domandarmi perché lo faccio. Perché sono qui nel mio giorno libero a sistemare dei vasi in un negozio di fiori con una tizia fissata con la semantica delle piante.
E la risposta è: perché mi va.
Punto.
Preferisco stare qui che annoiarmi a casa. Nonostante io sia un bastardo asociale, un po’ di contatto umano fa bene anche a me e Margaret, oltre a sembrare l’unica altra persona sana di mente in questa città, ha tante belle qualità.
Prima fra tutte, non mi obbliga a parlare se non ne ho voglia.
O almeno, di solito non lo fa.
-Bella, eh, la dafne?!- mi dice a metà tra una domanda e un’affermazione.
Io grugnisco, continuando a raggruppare i vasi in base alle loro dimensioni.
-Secondo me era proprio perfetto per l’occasione! Ho fatto bene a consigliarglielo!- annuisce convinta.
La guardo di sottecchi un secondo per poi tornare a concentrarmi sullo smistamento.
-Sì, assolutamente perfetto!- afferma ancora e io non posso trattenere un sospiro.
So cosa vuole. E so che se non l’assecondo la mia rilassante mattinata potrebbe trasformarsi in un incubo.
Mi schiarisco la gola, mettendo su l’espressione più interessata che riesco a recuperare.
-Che cosa significa?! La dafne dico- le domando e subito alza la testa di scatto, un enorme sorriso a illuminarla.
Quasi mi scappa un sorriso mentre torno a suddividere i vasi. A volte è come una bambina, basta pochissimo per farla felice.
-“Non ti vorrei in nessun altro modo”- scandisce soddisfatta, bagnando alcune piante in vaso, ordinate in fila sul tavolo opposto a quello su cui sto lavorando io.
Mi blocco nel bel mezzo dell’operazione, un vaso in mano sospeso a mezz’aria e guardo dritto davanti a me, chiedendomi se ho capito bene.
Scuoto leggermente la testa, focalizzandomi su Margaret.
-Stai scherzando?-
-No perché?!- domanda lei aggrottando le sopracciglia.
-Ma come perché?- faccio io, perdendo una volta tanto la mia compostezza, incredulo -Non hai sentito lo sfogo di quel tizio?! È evidente che la vorrebbe in tutt’altro modo!-
Margaret incrocia le braccia sotto il seno, senza mettere giù l’annaffiatoio.
-E tu credi che se davvero non l’amasse così com’è, ci starebbe insieme?! Chi glielo farebbe fare?!- mi sfida a rispondere, sollevando il mento.
Io resto un attimo interdetto, senza sapere bene cosa dire.
Poi scuoto la testa e mi rimetto a impilare i vasi.
Restiamo un attimo in silenzio, ma solo un attimo perché io non riesco proprio a trattenermi. Non è da me preoccuparmi per gli altri ma Margaret è così ingenua su certe cose che riesce a far emergere in me un istinto protettivo che nemmeno sapevo di avere.  
-Margaret, ti rendi conto che solo perché due persone stanno insieme non significa che si amino, vero?!- le chiedo lanciandole un’occhiata.
Stavolta è il suo turno di bloccarsi con l’annaffiatoio a mezz’aria. Mi lancia un’occhiata di sottecchi prima di sollevare la testa, posare l’annaffiatoio, appoggiare i gomiti sul tavolo e il mento sui palmi delle mani, guardandomi con uno sguardo furbo e divertito.
-E dimmi, se rispondo a questa domanda finiremo per parlare di preservativi e ragazzi poco raccomandabili, papà?- mi domanda, sarcastica.
Io m’imbroncio, a modo mio s’intende, e grugnisco.
-Voglio solo dire che a volte sembri avere una visione semplicistica dell’amore, tutto qui. Ed è troppo facile approfittarsi di una persona così…- mi blocco, prima di dire qualcosa di offensivo.
-Ingenua?- domanda lei, sollevando le sopracciglia e, stupidamente, torno a concentrarmi sui vasi, confermando così la sua ipotesi su quanto stavo per dire.
Mi fissa ancora un attimo, prima di tirarsi su e infilare le mani nell’unico tascone del suo grembiule lilla.
-Sai perché sono così convinta che questo non sia il caso di quel tizio e la sua fidanzata?- mi domanda corrugando la fronte.
Io mi limito a guardarla, invitandola con gli occhi a proseguire.
-Perché quel tizio è come te! E tu, mio caro dottor Stranamore, non potresti mai stare con qualcuno che non sopporti solo per un po’ di sesso assicurato a fine giornata!- afferma convinta, spiazzandomi completamente -Ammesso naturalmente che tu riesca a trovare qualcuno che ti sopporti, perché sappiamo benissimo entrambi che saresti il primo a non essere disposto a cambiare nonostante tutti  i tuoi difetti!- prosegue poi, cominciando a sfoltire un po’ le piante disposte davanti a lei.
Ah ma che carina! Davvero gentile!
Apro la bocca per protestare, anche se in fondo ha fottutamente ragione, ma non riesco a emettere mezza sillaba che mi blocca di nuovo.
-E comunque…- inizia guardandomi e puntandomi contro le cesoie, un po’ minacciosa -… io sarò anche ingenua ma non così ingenua! Semplicemente non concepisco una relazione in cui si pretende di cambiare l’altro! Secondo me se una persona ti fa innamorare davvero, lo fa con tutta se stessa, compresi i difetti! Cambiare i difetti dell’altro vuol dire cambiare la persona che si ama e io, personalmente, non lo vorrei mai!- conclude e dal suo tono capisco che per lei la questione è chiusa.
Sono davvero allibito, non l’avevo mai sentita parlare così. È la prima volta che qualcuno riesce a togliermi l’uso della parola.
Però non so dire con certezza se ad ammutolirmi sia stato il suo tono o la sensazione che sto provando.
Perché quello che ha appena detto riguardo all’amare tutto dell’altro, difetti compresi, mi fa sentire inspiegabilmente bene e non riesco a non sorridere mentre torno a concentrarmi sui vasi.

 

 

 

 

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Speronella

Fioritura: Primavera-estate.

Significato: Frivolezza

Storia e curiosità: Originaria di Asia, Europa e Nord America, ne esistono circa 300 specie a fioritura annuale, biennale e perenne. Sono importanti nel processo di impollinazione perché, grazie alla loro colorazione sgargiante, attirano le farfalle e altri impollinatori. Sono tossiche se ingerite o tenute a contatto con la pelle, provocando così rush cutanei.

 

 

 

 

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Dafne

Fioritura: Primavera      

Significato: “Non ti vorrei in un nessun altro modo”

Storia e curiosità: Conosciuta anche come Fior di Stecco per l’aspetto apparentemente secco dei rami su cui fiorisce, la Dafne prende il nome dalla leggenda mitologica della ninfa Dafne, trasformata in alloro dalla pietà degli dei prima di venire violata da Apollo; le foglie di questo fiore ricordano quelle dell’alloro, da qui il suo nome. Nonostante alcune parti della pianta siano velenose, la Dafne ha proprietà curative e viene usata anche in farmacia.

 

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Capitolo 6
*** Miss so-tutto-io ***


-Eleganza…-
-Dalia!- risponde subito senza esitazione e io lancio un’altra scheda sul bancone a frisbee, aspettando il mio turno -Dai questa è facile, fiore di loto…-
Rifletto qualche secondo, cercando di recuperare le informazioni accumulate nelle ultime settimane.
-Purezza?- domando e subito un suo cenno della testa mi da conferma.
Passo alla scheda successiva, dopo aver lanciato un’occhiata all’orologio. Oggi non lavoro ma più tardi devo andare a una conferenza in ospedale.
E questo che roba è? Sembra una pallina formata da tanti piccoli fiori il cui stelo converge verso il centro.
Sollevo un sopracciglio.
-Fiore di cera?-
-Suscettibilità- dice convinta dopo appena mezzo secondo di riflessione.
Non so come faccia.
-Aspetta, questo è troppo semplice… Questo è troppo difficile…- scarta due schede mentre io mi accomodo meglio con la schiena contro al muro e una gamba piegata a formare un triangolo, il piede appoggiato al ginocchio -Ecco! Tulipano!- mi dice sollevando lo sguardo in attesa di una risposta.
Non sono veloce come lei, quindi ci penso un attimo, fissandola senza realmente vederla. Mi ricordo qualcosa dei tulipani. Il significato cambia in base al colore, mi pare.
-Allora… Bianco vuol dire “perdonami”- comincio a elencare guardandola annuire, ancora in attesa -rosso indica amore… e poi…- ci penso su un po’ ma sono sicuro che non c’era altro quindi annuisco convinto -Basta! Perdono e amore- concludo ma Margaret scuote la testa con aria saputa, facendomi assumere un’espressione interrogativa.
-Manca quello giallo! Altro punto per me!- mi dice con un mezzo sorriso.
-Ma significa amore pure quello!- protesto io.
-No! Il tulipano giallo indica “amore disperato”-
Io sollevo un sopracciglio, incredulo.
-È una sottigliezza- dico con tono fermo, imputandomi.
-Oh ma davvero?! La differenza tra “amore” e “amore disperato” è una sottigliezza? Vai a dirlo a qualcuno che non può stare con la persona che ama e ne riparliamo!- ribatte cocciuta, facendomi innervosire.
E va bene, l’ha voluto lei!
Mi metto a cercare tra le schede che ho in mano, lanciandole un’occhiata di tanto in tanto, trovandola in attesa.
-Ambizione, perseveranza, speranza- snocciolo veloce.
-Campanula-
La scheda raggiunge le altre sul bancone.
Non mi importa di vincere, voglio solo riuscire a farla sbagliare. Almeno una volta.
Lo so che è infantile ma, ormai, ne ho fatto una questione di principio.
-Bellezza, femminilità, fortuna, transitor…-
-Fiore di ciliegio- mi interrompe, fissandomi impassibile.
Okay, coi fiori polisemici non funziona. Proviamo quelli dai nomi strani.
Scarto qualche scheda.
-Abutilon- dico mentre già cerco un’altra pianta dal nome impossibile.
Non le conoscerà mica tutte no?!
-Meditazione-
-Alstroemeria-
-Devozione-
-Rudbeckia-
-Giustizia-
-Caryopteris-
-Diffidenza-
Ma porca di quella…
-Bouganville- insisto ancora, al colmo della sopportazione.
-Passione- risponde subito, esaminandosi le unghie con noncuranza.
-Kolkwitzia-
Smette di guardarsi le unghie e mi fissa di sottecchi con un sorrisetto furbo.
-“Sei adorabile”!- risponde, pronunciandolo in modo che sembri un’affermazione rivolta a me e non semplicemente il significato del fiore.
Chiunque, al mio posto, lancerebbe in aria le schede arrivati a questo punto.
Ma io non sono chiunque così la fisso, impassibile, per poi tornare a cercare ancora un’ultima scheda.
Non ho intenzione di darmi per vinto, e che cavolo!
Continuo a scartare i foglietti.
Troppo facile. Troppo ovvio. Troppo scontato.
Mi blocco, quando trovo il fiore prescelto. Torno a guardarla, stavolta ghignante e poi, con l’aria di quello che la sa lunga le domando.
-Garofano?-
Lei alza un sopracciglio.
-Quale colore?-
-Tutti- scandisco lentamente, incrociando le braccia al petto.
Lei sorride, intreccia le dita appoggiando gli avambracci sul bancone e sporgendosi verso di me.
-Il garofano, originario del bacino mediterraneo, fa parte della famiglia delle Caryophyllaceae ed è una pianta perenne erbacea con fioritura prevalentemente primaverile. In generale indica amore, eleganza, fascino e fedeltà. Più nel dettaglio, il garofano bianco indica dolcezza, giallo significa sdegno, porpora un capriccio, rosso amore passionale, il garofano rosa corrisponde alla promessa di non dimenticare, quello screziato indica fedeltà e il garofano dei poeti la galanteria. Infine, il garofano blu non ha alcun significato dal momento che non esiste in natura, poiché alla pianta manca il pigmento delfinidina che permetterebbe al fiore di assumere quella particolare colorazione- snocciola con estrema fluidità, di fronte al mio sguardo, mio malgrado, attonito -Oh, e sapevi che “Garofano” è il nome del sedicesimo giorno del mese di Pratile del calendario rivoluzionario francese?- mi domanda poi, piegando la testa di lato.
Merda!
Mi ha smontato!
Non so cosa dire, so solo che se non la smette di fissarmi con quel sorrisino soddisfatto stavolta perdo davvero le staffe.
Per fortuna il campanello della porta ci avvisa dell’ingresso di un cliente.
Margaret si alza subito per accoglierlo mentre io mi accingo a riordinare le schede sparse sul bancone, in un tentativo di tenermi impegnato e sbollire.
Dannata ragazzina! Miss so-tutto-io!
-Buongiorno, come posso aiutar…-
-Mia deaaaaa!!!-
Mi blocco, sollevando la testa di scatto.
Cosa succede?!
-…onore essere aiutati da una simile visione!!!-
-È… È sicuro di sentirsi bene?! Sta sanguinando!-
Aggrotto le sopracciglia, in un’espressione interrogativa.
Che razza di rumori sono?
Sembra un cane che ansima di fronte a una bistecca!
Non mi piace. Non mi piace per niente. In un attimo ho fatto il giro del bancone e mi sto sporgendo oltre la rastrelliera che mi ostruisce la visuale.
Lì, in mezzo al corridoio centrale del negozio, Margaret fissa a disagio e visibilmente imbarazzata un ragazzo biondo, in giacca e cravatta e con strane sopracciglia arricciate, che sta perdendo sangue da naso a fiotti. Mentre la squadra con molto, troppo interesse.
Lo vedo risalire con lo sguardo lungo le sue gambe, oggi decisamente troppo esposte vista la gonna bianca a pieghe millimetrica e gli stivaletti di cuoio marrone, al di sotto della caviglia, con quel po’ di tacco che la slancia facendola sembrare alta un kilometro. E non si fa scoraggiare nemmeno dal grembiule lilla che nasconde almeno in parte la curva dei fianchi, segnata dal top marrone agganciato dietro il collo, che le lascia le spalle e le toniche braccia completamente nude ed è abbastanza scollato da permettere di intravedere la curva tra i seni.   
Lo vedo cominciare a volteggiarle intorno, ululando qualche assurdità.
Lo vedo emanare cuori da tutta la sua persona, mentre gli occhi quasi gli schizzano fuori dalle orbite.
E sì, lo vedo anche cominciare a sbavare.
Mi sento ribollire anche più di prima, cosa che non credevo possibile perché mai, da che ho memoria, qualcosa mi ha infastidito più che venire umiliato con tanta arroganza. E, francamente non so nemmeno cosa mi stia dando così fastidio ma non mi preoccupo di analizzare più di tanto la situazione mentre mi avvio con passo deciso verso Margaret, pronto a cacciare fuori dal negozio questo scocciatore, se necessario.
Ma riesco a fare appena due passi che, con mio sommo stupore, il ragazzo si blocca nel suo volteggiare e si autoimpone un minimo di contegno.
-Smettila, razza d’idiota!- si insulta da solo, trovandomi d’accordo.
Con gli occhi infossati sul pavimento, stringe spasmodicamente le mani a pugno prima di portarle alla cravatta e raddrizzarla, stringendola.
Spero che ci si strozzi.
-Si sente bene?!- domanda Margaret, facendo un passo verso di lui e piegando leggermente il busto, il capo inclinato, per guardarlo in viso nonostante la sua testa bassa.
Se non fossi la persona che sono, e cioè dotato di estremo autocontrollo, le domanderei che cosa diavolo sta facendo, perché non sbatte fuori questo maniaco anziché rivolgersi a lui con tono premuroso.
Invece, mi limito ad assistere, già pronto a comunicargli con lo sguardo che provare a toccarla o anche solo guardarla ancora a quel modo è esattamente la cosa giusta da fare, se vuole morire.
Non capisco cosa diavolo mi prenda ma non sono in grado di riflettere ora.
Lo vedo sollevare la testa e tremare, scosso in tutto il corpo, mentre una nuova goccia di sangue fa capolino dalla sua narice destra, non appena incrocia lo sguardo cioccolato di Margaret. Rapido si porta le mani a coppa intorno al naso.
-No!!!- si autoimpone.
Fa un respiro profondo, accompagnando il movimento del torace con quello delle mani a palmo aperto davanti al petto.
-Okay…- torna a guardare Margaret -… Buongiorno, signorina!- con un volteggio, si inginocchia davanti a lei e le afferra una mano facendola diventare viola -Mi presento, il mio nome è Sanji Blackleg ma, se lo desidera, può chiamarmi Mr. Prince!- ammicca, prima di abbassarsi sul dorso della sua mano per baciarlo.
È un attimo.
Non so bene come, mi ritrovo di fianco a lei, un braccio intorno alla sua vita, strattonandola contro di me e allontanandola dal maniaco biondo, che si ritrova la mano vuota e niente da baciare. La sento sbilanciarsi e appoggiarsi al mio torace per non cadere.
-Come possiamo aiutarla?!- domando, freddo e sbrigativo.
Mr Prince ci guarda di sottecchi, ancora in ginocchio, prima di rimettersi in piedi e infilare le mani in tasca.
-Mi serve un fiore-
Silenzio.
Resto in attesa, domandandomi perché Margaret non parla. Questa è la sua battuta d’entrata. Dovrebbe domandargli che tipo di fiore, per che occasione, etc, etc.
Che le prende?!
Mi giro a guardarla, trovandola a fissare il pavimento, paonazza, mentre si porta una ciocca bionda dietro l’orecchio. Alza lo sguardo verso di me e io sollevo le sopracciglia in una muta domanda. A cui lei da una muta risposta indicando con gli occhi qualcosa che si trova sul suo fianco destro. E solo adesso mi accorgo che la tengo ancora stretta a me, il braccio saldamente ancorato alla sua vita.
Sbatto le palpebre due o tre volte, interdetto prima di deglutire e lasciarla andare, staccandomi da lei. Mi muovo a disagio, senza darlo a vedere ovviamente, sentendo improvvisamente un po’ di freddo senza più il suo corpo a contatto con il mio.
-Dunque…- comincia, recuperando un po’ di controllo -Dicevamo… Un fiore, giusto?!- domanda focalizzandosi su Sanji e ottenendo un cenno della testa in risposta.
-Che tipo di fiore?! Per che occasione?- domanda riacquistando il suo solito tono spigliato.
Io faccio dietro front e torno verso il bancone, ancora ricoperto di schede sparpagliate.
-È un regalo per una ballerina di flamenco- spiega Sanji, mentre la voce si fa più vicina, indicando che anche loro si stanno spostando lungo il corridoietto, venendomi dietro -Da mettere tra i capelli per un’esibizione, questa sera-
-È un’idea molto bella!- commenta Margaret convinta -Ed è una sua amica o…- domanda, incapace di contenere la propria curiosità e io non riesco a trattenermi dal sollevare lo sguardo dalle schede che sto riordinando.
Lui sorride, un sorriso malinconico e un po’ triste, prima di rispondere.
-È la mia donna… o almeno spero…-
Non posso fare a meno di sospirare.
Oh magnifico. Ci mancava il cliente in crisi.
-Che intende dire?- gli domanda Margaret, già pronta a porgergli la propria spalla.
Vorrei davvero capire perché lo fa. Preoccuparsi sempre dei problemi degli altri.
Voglio dire questa poteva essere benissimo una vendita liquidabile in cinque minuti e lei si trasforma in miss Dolcecuore!
Non che sia un problema ma, visto che dopo devo andare in ospedale, dico solo che poteva lasciar perdere così rimaneva più tempo per noi e…
No aspetta.
Aspetta un attimo.
Che cosa cazzo sto dicendo?!
Scuoto la testa, preso alla sprovvista.
Okay, okay. Calmo Trafalgar. È tutta colpa del caldo.
-…così, ecco, abbiamo litigato e lei dice che non vuole stare con un uomo che corre dietro a qualsiasi essere femminile entri nel suo campo visivo- sta dicendo il biondo con tono sconsolato, mentre Margaret annuisce con le sopracciglia corrugate in un’espressione dispiaciuta -Come faccio a farle capire che per me lei è la sola? Che non la tradirei mai?!-
Magari non mettersi  a sbavare davanti alla prima bella ragazza che gli capita a tiro, potrebbe essere un buon inizio.
-Magari con un fiore?!- suggerisce Margaret.
E ti pareva!
Sanji si illumina a quelle parole e annuisce convinto cominciando a guardarsi intorno febbrile.
-Che ne dice di una rosa gialla? O un garofano giallo?- domanda entusiasta volteggiando da un lato all’altro del locale -Farebbero uno splendido contrasto coi suoi capelli neri, dai riflessi blu notte!- continua a blaterare mentre gli occhi gli diventano cuoriformi.
-Beh ecco…- comincia Margaret, presa alla sprovvista dall’espansività di Mr Prince -… io eviterei il giallo perché non ha un significato molto positivo, in genere significa gelosia e infedeltà- gli fa notare con un mezzo sorriso.
-Oh…- mormora Sanji perdendo per un attimo parte del suo entusiasmo, ma solo per un attimo -E quelli allora?!- domanda indicando le bocche di leone che spuntano rigogliose da un vaso posto su una rastrelliera -Si potrebbero applicare a un cerchietto, sono bellissimi!-
-Ehm…- comincia Margaret, portando una ciocca dietro l’orecchio -La bocca di leone indica indifferenza e disinteresse quindi…-
-Capito!- la interrompe lui, per niente scoraggiato -Questi allora! Uno di questi sarà perfetto!- afferma convinto, indicando un secchio da cui spuntano dei fiori di tutte le sfumature del viola e del rosa, formati da due corone di petali e da un centro di pistilli neri.
Butto un occhio alla scheda che ho appena preso in mano e, manco a farlo apposta, raffigura proprio quel fiore, l’anemone. Alla voce significato campeggiano le scritte “abbandono” e “tradimento”. Questo tizio non ha proprio sesto senso in fatto di piante.
Solleva uno sguardo speranzoso su di noi e la sua espressione si congela vedendo me e Margaret scuotere lentamente la testa in un cenno di diniego. Anche lui comincia a muovere il capo a destra e a sinistra.
-No eh?!- domanda a mezza voce, rassegnato -Accidenti! Perché deve essere così difficile?! Perché Violet non può ascoltarmi e basta?!- si lamenta mentre un’aura nera lo circonda.
Con la coda dell’occhio vedo Margaret spalancare leggermente gli occhi a quelle parole. Mi giro verso di lei, mentre la vedo aprirsi in un sorriso e, con sguardo interrogativo scuoto appena la testa come a chiederle che succede. Ma lei mi ignora e torna a rivolgersi al suo depresso cliente, che sta lentamente scivolando al suolo.
-Si chiama Violet?!- domanda non riuscendo a celare un certo entusiasmo.
Sanji la guarda stupito per il suo tono euforico e annuisce perplesso.
-E ha i capelli neri coi riflessi blu?!- chiede un’altra conferma, dando l’impressione di non stare più nella pelle e facendomi aggrottare la fronte.
Che le prende?
Mr. Prince annuisce nuovamente, sollevando un sopracciglio.
Margaret sembra così euforica da non riuscire a parlare, trattiene a stento una risata di pura gioia prima di sollevare un dito indice davanti al viso.
-Una peonia!- esclama per poi spostarsi a cercare il fiore prescelto, di un bel rosa acceso, senza aspettare l’assenso del maniaco biondo. La recupera e si sposta rapida dietro al bancone -Indica sensualità ed è perfetta da portare tra i capelli- spiega febbrile, mentre taglia lo stelo e applica una mollettina sotto al fiore, prima di riporlo con delicatezza in una scatolina quadrata e trasparente -Lo tenga in frigo mi raccomando e… Dia questo alla sua Violet…- aggiunge solare e al colmo della felicità porgendogli una scheda ancora abbandonata sul bancone, che io non faccio in tempo a identificare.
Vedo Sanji leggere la scheda, spalancare gli occhi e illuminarsi. Annuisce, sorridendo felice.
Ma che hanno questi due adesso?!
Paga e se ne va, volteggiando come un imbecille e io mi accorgo che ormai è ora di andare o farò tardi alla conferenza.
Un po' scocciato, mi sposto nel retro per indossare la camicia e la cravatta che mi sono portato da casa. Non posso certo presentarmi in ospedale con la maglietta con sopra disegnato lo stetoscopio che pende come se lo avessi appeso al collo.
Torno nella zona negozio, arrestandomi accanto al bancone dietro cui Margaret è impegnato a pulire lo stelo e le foglie della peonia e a sistemare le ultime schede.
-Allora ci vediamo stasera che passo a riprendere maglietta e cappello- le dico, finendo di fare il nodo alla cravatta, la giacca a cavallo del braccio.
Lei solleva lo sguardo e mi sorride prima di avvicinarsi e sistemarmi il colletto e io, nonostante mi abbia fatto dannare e innervosire stamattina, non posso fare a meno di ghignarle in risposta.
-Buona conferenza- mi augura sottovoce e con gli occhi che le brillano.
Se devo essere sincero, mi è passata la voglia di andare in ospedale. Me ne starei volentieri qui tutto il giorno con lei e…
Oh porca miseria!
Ma che mi prende oggi?!
Scuoto la testa, chiudendo un attimo gli occhi, prima di avviarmi verso la porta, deciso.
Sulla soglia però, mi fermo colto da un pensiero improvviso. Mi giro, ghignando e gongolando. Stavolta credo proprio di averla beccata in fallo.
-Ehi Margaret!- la richiamo, tornando rapido sui miei passi e sporgendomi oltre la rastrelliera che copre il bancone.  
La trovo intenta a riordinare e con uno sguardo interrogativo puntato su di me.
-La peonia oltre a sensualità indica imbarazzo e rabbia vero?- domando, fingendo sincera curiosità.
-Sì esatto!- mi risponde sorridendo.
-E allora come pensi che possa risolvere il problema di quel tizio?- le domando, concedendomi un sorrisetto di trionfo.
Trionfo destinato a scemare improvvisamente quando la vedo riassumere le stesse espressione e posa di quando l’ho sfidata a dirmi tutti i significati del garofano, venti minuti fa.
-Non gli serviva nessun fiore in particolare, gli basterà la scheda che gli ho dato che non era quella della peonia! Perché, mio caro mr. so-tutto-io, devi sapere che la viola blu è simbolo di fedeltà assoluta!-
Torno impassibile, mentre faccio un rapido parallelo mentale tra il fiore che ha appena citato e il nome e la capigliatura della ragazza in questione.
La guardo fissarmi con un sopracciglio alzato, in attesa.
Okay, meglio se me ne vado.
-Ciao!- la saluto ammettendo la mia sconfitta e ottenendo di farmi accompagnare dalla sua bella risata fino a fuori dal chiosco.

 

 

 

 

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Peonia
Fioritura: Primavera-estate.
Significato: Sensualità, matrimonio felice.
Storia e curiosità: In Oriente è simbolo di fortuna ed in Cina è considerata la regina di tutti i fiori, tanto che il fiore era spesso parte della dote. In Giappone fu introdotta nel XVIII secolo e divenne subito popolare. In questo paese la peonia tatuata incarna la potenza maschile, il coraggio e l’audacia. La radice del fiore ha proprietà medicamentose, riconosciute dalla medicina tradizionale cinese e giapponese, contro asma, convulsioni e crampi mestruali. Nell’antica Roma veniva usata per curare più di venti malattie.

 

 

 

 

 

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Viola
Fioritura: Primavera-estate.
Significato: Come per i garofani il significato cambia in base al colore. La viola bianca indica modestia, gialla significa sdegno e blu fedeltà.
Storia e curiosità: Esistono vari tipi di viole, tra cui le viole mammole o viole del pensiero e le violeciocche. Il fiore si riproduce sia sessualmente, tramite autoimpollinazione, sia vegetativamente, aiutato dagli impollinatori. Si contano tra le 525 e le 600 specie.

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Capitolo 7
*** Camelie e sorrisi ***


A Emy…





Aggrotto le sopracciglia, scrutando la schiena del giovane, fermo davanti alla rastrelliera.

C’è qualcosa di strano in lui. Non sembra stare cercando qualcosa che lo colpisca, a dire il vero guarda fissamente lo stesso scaffale da qualche minuto, senza nemmeno percorrerlo con gli occhi in tutta la sua lunghezza.
Non so davvero che pensare se non che ha trovato ciò che cerca ma non osa infilare le mani in quel groviglio di piante e fiori che è il mio negozio, forse per paura di venire risucchiato.
Nel dubbio, decido di avvicinarmi a lui per domandargli se ha bisogno di qualcosa e lo raggiungo davanti alla rastrelliera. Lo guardo in viso per vedere dove punta il suo sguardo e subito scendo con gli occhi verso il penultimo scaffale ma non faccio a tempo nemmeno a mettere a fuoco che subito torno su di lui, allibita.
Studio per qualche secondo il suo viso, un bel viso, spruzzato di lentiggini, incorniciato da mossi capelli neri e rilassato in un’espressione serena, per accertarmi che sì, ha proprio gli occhi chiusi.
Sbatto le palpebre un paio di volte, cercando di capire se sono io a essere uscita di testa, ma il movimento regolare del suo torace non lascia dubbi.
Sta dormendo!
In piedi, dritto come un fuso, le braccia lungo i fianchi e la testa abbandonata sul petto, questo ragazzo sta dormendo.
Razionalmente so che dovrei svegliarlo con delicatezza e fare finta di niente, in fondo è un cliente.
Ma non riesco a resistere e soffocando una risata mi giro verso il retro prendendo a urlare sottovoce.
-Law! Law!!! Vieni qui!!!- lo chiamo divertita.
Un secondo dopo il mio migliore amico spunta dal retro, ancora intento a tirare su la lampo dei pantaloni, cercandomi con lo sguardo.
Sono consapevole di averlo richiamato dal bagno, in fretta e furia, solo per fargli vedere un tizio che ronfa in piedi ma, kami, non è certo una cosa che capita tutti i giorni no?!
-Che succede?!- domanda con urgenza.
-Ssssh- mi porto un dito davanti a naso e labbra prima di indicargli, ghignando, il moro accanto a me.
Per tutta risposta, solleva un sopracciglio con fare interrogativo.
-Sta dormendo- sillabo, sussurrando impercettibilmente.
Lo vedo spalancare gli occhi, incredulo, e muovere un passo verso di noi per avere conferma visiva di quanto detto ma un suono profondo e roco lo fa immobilizzare mentre, contemporaneamente, io spalanco gli occhi all’inverosimile girandomi verso di lui.
Sta… russando?!?!
Questo è veramente troppo!
Emetto un soffio prolungato, non riuscendo a trattenere oltre la risata che spinge per uscire dalla mia bocca, portandomi le mani davanti alle labbra e piegandomi per ammortizzare il più possibile il suono. Torno a guardare Law, cercando di non fare rumore, e lo vedo sorridere sinceramente divertito, una situazione più unica che rara visto il soggetto.
Con sommo stupore, che non riesco a esprimere, impegnata come sono a non soffocare, dopo qualche attimo anche le sue spalle cominciano ad alzarsi e abbassarsi sempre più velocemente e lo vedo girarsi verso il muro mentre getta la testa all’indietro e mormora un -Oh Kami- con la voce distorta dal riso.
Oddio, non ce la faccio più!
Ormai ho le lacrime agli occhi e sono in debito di ossigeno, ma non sono in grado di respirare senza gemere acutamente.
-Posso sapere cosa c’è di tanto divertente?!- chiede una voce accanto a me.
Mi congelo sul posto, spalancando gli occhi e perdendo il sorriso mentre incrocio lo sguardo di Trafalgar che, con tutta la nonchalance che lo caratterizza, si gira e torna nel retro abbandonandomi all’imbarazzo e disagio più totali.
Ma quando mi giro verso il mio cliente trovo un caldo sorriso ad accogliermi. Un bellissimo sorriso, tra l’altro, che mi fa subito rasserenare. Senza contare che sembra genuinamente curioso, il che mi fa sospettare che non si sia nemmeno reso conto di essersi addormentato.
-Niente, una cosa… ehm… nostra- mormoro, portando una ciocca dietro l’orecchio e puntando lo sguardo al pavimento.
Non so per quale kami riesco a non arrossire.
-Dunque…- torno a guardarlo, dondolando sui piedi.
-Dunque, tu devi essere Margaret!-
Spalanco gli occhi prima di aprirmi in un sorriso interrogativo.
-Un mio amico mi ha consigliato questo posto- spiega, continuando a sorridere, imperterrito, e illuminandosi sempre più ogni secondo che passa -io sono Ace! Piacere!-
Mi tende una mano che io afferro, ritrovandomi la mia avvolta in una stretta calda e decisa ma al tempo stesso delicata.
-Come posso aiutarti?!- domando con rinnovato entusiasmo.
Il buon umore di questo ragazzo è davvero contagioso.
-Devo fare un regalo! È molto importante!-
-Ma certo! Hai già in mente qualcosa?!-
-In realtà no, avrei bisogno del tuo aiuto! Mi dicono che i fiori per te non hanno segreti!-
Non lo fa per adularmi, non è una lode sperticata.
Il tono che usa è sincero e genuino e io gli sorrido, imbarazzandomi un po’ ma senza distogliere lo sguardo da lui.
Mi piace quel sorriso, sarebbe un autentico spreco non godermelo solo per un po’ di timidezza.
-È per una persona speciale?!- domando, come di consueto e lui annuisce sistemandosi meglio il cappello arancione da cowboy che ha in testa.
Lo trovo un gesto familiare e mi rendo conto che mi ricorda Rufy quando si schiaccia il suo inseparabile cappello di vimini sui capelli.
-Un’amica?!- chiedo ancora, curiosa e indagatrice.
Mi ritrovo a trattenere il fiato, con aspettativa, mentre attendo la risposta.
-Si può dire così! Oggi è il suo compleanno!- afferma, annuendo ancora e, mio malgrado, sento una punta di delusione impadronirsi di me.
“Si può dire così” significa una cosa sola, e cioè che la persona in questione non è un’amica ma molto di più.
Che cosa mi prende?! Insomma, non conosco questo tizio, non l’ho mai visto in vita mia!
Eppure ha qualcosa che mi attira e non posso negare che mi sarebbe piaciuto invitarlo a prendere un caffè e fare due parole.
Mi lascio sfuggire un mezzo sospiro che trasformo veloce in uno sbuffo di lamentela per il caldo torrido degli ultimi due giorni.
-Che ne dici di un’orchidea?!- gli propongo, spostandomi verso il fondo della rastrelliera -Si regalano per le occasioni molto speciale e sono simbolo di bellezza raffinata e passione!- gli spiego indicando una serie di vasi colorati da cui spuntano orchidee di vari colori e dimensioni.
-Sono stupende però, il fatto è che lei ama portare un fiore tra i capelli nei giorni di festa e volevo prendergliene uno diverso dal solito!- mi spiega e io lo ascolto concentrata lavorando velocemente con il cervello alla ricerca di un fiore adatto e al tempo stesso non banale.
-Ce ne sono un po’ adatti allo scopo!- gli dico dopo qualche secondo di riflessione –Le peonie… le dalie…- mentre li cito gli indico i vari fiori e lui segue attento i miei movimenti, studiando ed esaminando alla ricerca del regalo perfetto -… l’hibiscus è un fiore che si usa molto per ornare i capelli!- lo informo indicandogli la pianta in questione.
Lui aggrotta le sopracciglia mentre un lampo di comprensione attraversa il suo sguardo.
-Infatti di solito usa uno di quelli!- mi dice senza guardarmi e continuando a fissare i variopinti fiori ammassati sulla rastrelliera -E quelle lì accanto?! Cosa sono?!-
Seguo con gli occhi la direzione indicata dal suo dito e mi ritrovo a scrutare dei fiori tondi, formati da più strati di petali disposti a cerchio, il cui diametro diminuisce man mano che ci sposta verso il centro del fiore.
-Camelie!- rispondo subito e lui si volta nuovamente a guardarmi –Però la camelia di solito non si usa da mettere tra i capelli perché considerata segno di malaugurio per quanto riguarda l’avere figli- spiego, un po’ dispiaciuta.
Ma Ace allarga ancora il sorriso, sbuffando una mezza risata e mandandomi un po’ in tilt, per niente turbato dalla mia spiegazione.
-Sono certo che non sarà un problema, quello!- mormora convinto.
-Oh! Okay!- faccio io sgranando gli occhi, prima di riscuotermi e dirigermi verso lo scaffale per prelevare una camelia e confezionarla -Che colore?!- domando voltandomi a guardarlo.
-Rossa!- risponde senza esitazione.
Io annuisco ed estraggo esperta un fiore per poi dirigermi al bancone e prepararlo per il suo scopo.
Senza saperlo, ha scelto un fiore con uno dei significati più splendidi. “Sei una fiamma nel mio cuore”.
Bellissimo davvero, rifletto mentre taglio lo stelo, attenta a non danneggiare i petali.
Lo ripongo con cura nella scatolina di plastica trasparente, come ho fatto per la peonia di Sanji qualche giorno fa e solo allora mi accorgo che Ace non mi ha seguita al bancone e non è nemmeno in vista.
Mi sollevo sulle punte, cercandolo, ma non lo vedo e mi sorge il dubbio che possa essersi addormentato di nuovo.
Sto già per uscire da dietro il bancone e andare ad accertarmi del suo stato di sonno o di veglia che lo vedo spuntare da dietro la rastrelliera, con in mano un’orchidea.
La posa sul bancone mentre già estrae il portafoglio.
-Anche quella?!- chiedo sorridendo.
-Sì!- mi conferma -Grazie mille Margaret!- aggiungo poi, sincero.
-Figurati- gli dico, stringendomi nelle spalle, allungandogli la camelia e prendendo i soldi -Vedrai che le piaceranno-
-Ne sono certo!- annuisce lui.
-È una donna fortunata!- mi lascio sfuggire prima di riuscire a trattenermi.
-Non saprei…- dice afferrando saldamente l’orchidea e stringendola tra il torace e il braccio mentre l’altra mano è occupata dalla scatolina di plastica -Mi sa che quello fortunato sono io!- considera regalandomi un ultimo raggio di sole, formato sorriso smagliante.
Sembra proprio perso per questa donna.
-È molto importante per te eh?!-
-Puoi dirlo forte!- risponde, convinto, pronto ad avviarsi verso l’uscita -È mia mamma! Ciao Margaret e grazie ancora!-
Resto interdetta, esaminando l’informazione appena ricevuta, senza riuscire a rispondere al saluto.
La sua mamma?! Ho capito bene?!
Oh Kami ma che cosa dolce!!!
Mi sto praticamente sciogliendo e assumo un’espressione intenerita  mentre mi volto per chiamare Law e  raccontarglielo.
Ma non devo nemmeno sgolarmi perché lui è già lì sulla porta del retro e mi fissa, impassibile ma in attesa, con le braccia incrociate al petto.
-Ma che tenero!!!- esclamo, prolungando le sillabe mentre mi piego leggermente sulle ginocchia.
Law cerca di resistere ma non ce la fa. Abbassa lo sguardo sull’incrocio delle sue braccia scuotendo la testa e sbuffando una risata. So che se lo aspettava e che il fatto di avere previsto la mia reazione lo diverte. Non mi sta prendendo in giro.
Mi metto a sghignazzare anche io ma, appena risollevo il volto, il mio cuore perde un paio di battiti o, forse, si ferma proprio, non lo so, mentre lentamente smetto di ridere.
Torno seria e non riesco a non deglutire rumorosamente, quando mi ritrovo a contemplare il suo sorriso.
Il suo sorriso bello e dannato, proprio come lui.
Il suo sorriso così raro.
Come ho potuto pensare che quello di Ace fosse meglio?!
Continua a ridere mentre io lo fisso, ipnotizzata.
Studio la sua espressione, così serena e felice, come quella di un bambino. Il naso arricciato, gli occhi illuminati e le sue labbra… le sue stupende, invitanti labbra che, kami, quanto vorrei assaggiare!
Quest’ultimo pensiero mi coglie totalmente alla sprovvista e scuoto energicamente la testa per riscuotermi e per scacciarlo.
Sono stupita di me stessa.
Non è certo un segreto che Law sia bello e sicuramente anche molto ambito. Ma non mi ero mai sentita così verso di lui. Lasciarsi sopraffare dall’istinto significherebbe rovinare la nostra amicizia.
Non voglio nel modo più assoluto perderlo per uno sciocco colpo di testa.
-Ehi! Margaret! Ci sei?!-
Sbatto le palpebre interdetta rendendomi conto che mi sono incantata, assorta com’ero nei miei pensieri.
E davvero non capisco cosa mi prenda oggi perché, quando torno a focalizzarmi su di lui, non riesco a nemmeno a rispondergli e, in un secondo, mi sto già perdendo nelle iridi grigie dei suoi occhi.
Con un ultimo barlume di lucidità mi impongo di reagire e distolgo veloce lo sguardo, sentendo un certo calore, che ben conosco, impossessarsi di me.
Mi guardo intorno, evitandolo e cercando disperatamente qualcosa da fare, mentre, con mio sommo orrore, lo intravedo, ai margini del mio campo visivo, avvicinarsi pericolosamente a me.
-Ehi, è tutto a posto?!- chiede in un sussurro, investendomi con il suo alito che odora di menta e mandandomi momentaneamente in tilt le sinapsi.
Mio malgrado, mi volto verso di lui, incapace di impedirmelo, e lo trovo così vicino. Troppo vicino.
Contro la mia volontà, faccio un passo verso di lui, diminuendo ulteriormente i centimetri che ci separano.
Percepisco che è sorpreso ma non si sposta.
Cerco invano qualcosa da dire, riuscendo però solo a boccheggiare.
-Io… io…-
-Tu… cosa…?- mormora strafottente nonostante il tono improvvisamente roco e il respiro affannato, che il mio cervello registra solo vagamente.
-I-io…-
Mi rendo conto che il mio sguardo si è spostato dai suoi occhi alla sua bocca, che mi attira come se fosse una calamita e si avvicina sempre di più mentre, lentamente, le mie palpebre cominciano a socchiudersi contro la mia volontà.
-Credo che… che… dovremmo f-fermarci… Law…-
No, non è vero! Non voglio fermarmi!
Non so come, ora le mie mani sono appoggiate al suo petto e lui mi tiene contro il bancone per la vita. Con i pollici mi accarezza un lembo di pelle dei fianchi, lasciati liberi dalla maglietta corta, e riesce a mandarmi in estasi con questo semplice tocco.
-Ne sei proprio…- si interrompe per deglutire mentre i nostri nasi ormai si sfiorano -…sicura?-
So che è una domanda retorica. E la sua voce sussurrata non fa che annullare ancora di più la mia già scarsa lucidità.
-S-sì…- mormoro a malapena, soffiando sulle sue labbra, ormai persa -Prima che… s-sia troppo… tar…-
-Ehi c’è nessuno?!?!?!-
Ci stacchiamo l’uno dall’altra, quasi come se ci stessimo minacciando a vicenda con una fiamma ossidrica.
Lui si passa una mano tra i capelli senza staccare gli occhi da me che, paonazza, mi porto una ciocca dietro l’orecchio, rigorosamente senza guardarlo.
Mi schiarisco la gola prima di cominciare a blaterale frasi sconnesse accompagnate da gesti pseudo-esplicativi e parecchio agitati.
-Io… il fornitore… vado a… a vedere…-
-Certo, vai… vai pure…- risponde lui, indicandomi il retro con una mano.
-O-okay… allora io… vado…- ribadisco, deglutendo prima di avviarmi veloce verso il retro, passandomi il dorso di una mano sulla fronte per asciugare un po’ il sudore che me la imperla.   

 

 

 

 

 

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Orchidea

Fioritura: Autunno o primavera a seconda della specie

Significato: Passione, bellezza raffinata

Storia e curiosità: L’orchidea si regala nelle occasioni molto speciali. Il nome deriva dal greco orchis, che significa “testicolo” in riferimento alla forma delle radici della pianta. Il suo significato è caratterizzato culturalmente, infatti, mentre in Oriente rappresenta la raffinatezza e la purezza, in Occidente è simbolo di amore duraturo e passione, significato rafforzato dalla capacità della pianta di crescere ovunque e in qualunque condizione.

 

 

 

 

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Camelia

Fioritura: Inverno e primavera 

Significato: Sacrificio, bellezza perfetta. In base al colore esistono altri significati: rosa “nostalgia”, rosso “passione”, variegata “fiducia e speranza”, bianco “profondo affetto”.

Storia e curiosità:  I petali della camelia si staccano dal fiore appassito insieme al calice, anziché cadere uno alla volta. Per questo motivo in Cina la camelia rappresenta la devozione eterna mentre in Giappone ha il significato di vita spezzata. Sempre dalla tradizione cinese deriva la credenza che portare una camelia tra i capelli possa ritardare una gravidanza desiderata, poiché il fiore necessita molto tempo per fuoriuscire dalla gemma rispetto alla media normale di altre piante. Dalle sue foglie e dai suoi germogli si ricava il the, mentre i suoi semi erano un tempo usati per ricavare oli per le lampade e per la cura dei capelli. Infine la medicina tradizionale cinese ne utilizzava alcune varietà per curare alcune patologie cardiache, asmatiche e infezioni batterica di varia natura.

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Capitolo 8
*** Decisioni importanti ***


-Ehi tutto bene con quei bulbi?!- domando alzando la voce mentre continuo a sistemare le piante sulle rastrelliere per evitare che si tolgano luce e ossigeno a vicenda.
-Mmmm-mh- è tutta la risposta che ottengo.
Se non lo conoscessi ormai come il tascone del mio grembiule, potrei pensare che sia scocciato e infastidito. In realtà, non ho la certezza che non lo sia. In realtà potrebbe esserlo come non esserlo.
Insomma, in fondo non devo dimenticare che è pur sempre un chirurgo pediatrico. Un brillante chirurgo pediatrico. Anche se è ancora uno specializzando, è il migliore del suo corso. E non credo ci siano molti brillanti specializzandi in chirurgia pediatrica che passano a salutare la propria migliore amica, nel proprio giorno libero, e si ritrovano nel retro del suo negozio di fiori a interrare bulbi, con addosso un grembiule giallo limone comprato apposta per l’occasione.
Quindi, come dicevo, potrebbe anche essere scocciato e infastidito. Perché sono consapevole di averlo proprio incastrato, stavolta.
-Margaret- mi chiama atono.
Atono come il suo sguardo e la sua espressione quando mi giro verso di lui, con le mani ancora immerse nel groviglio verde della rastrelliera di cui mi sto occupando.
Okay. È scocciato.
-Come faccio la proporzione terra concime coi bulbi più grandi?-
-Fai mezza misura di concime in più- gli dico, senza nemmeno provare a metterci un po’ di entusiasmo.
Mi sento in colpa mentre lo guardo tornare nel retro con passi lenti.
Non gli ho nemmeno chiesto se aveva programmi per oggi. Magari aveva da fare una di quelle cose da medico. Tipo una partita di squash o andare a pescare con il primario.
Lo incoraggio sempre a stringere nuove amicizie e poi cosa faccio?! Lo isolo nel retro del mio negozio nel suo giorno libero, senza possibilità di tirarsi indietro.
Sospiro, a disagio, mentre sfrego una guancia, libera dai capelli raccolti in una coda sulla nuca, contro la mia spalla per asciugare una piccola goccia di sudore.
Adesso vado di là e gli dico di andare pure, che finisco da sola.
Sfilo un po’ a fatica le braccia, maledicendo il mio pollice verde che riesce a far crescere tutte queste piante così rigogliosamente fino a farle quasi diventare un pericolo per gli esseri umani che mettono piede qui, e mi avvicino alla porta dietro il bancone.
Ho già gonfiato i polmoni per chiamarlo ma non riesco a dire neppure il suo nome che vengo interrotta.
-Per fortuna sei qui!-
Mi giro, colta alla sprovvista dal tono agitato del cliente che non ho sentito entrare, e poco ci manca che mi ritrovo accecata dal chilometrico naso di Usop.
-Usop! Ciao! Che sorpresa!- lo saluto, muovendomi con cautela per allontanarmi dalla sua appendice nasale.
-Ciao Margaret!-
Lo scruto un attimo, notando subito il velo di ansia e preoccupazione che ricopre i suoi occhi nonostante sorrida raggiante. Aggrottando le sopracciglia mi sposto sulle sue mani trovandole che tremano leggermente.
-Tutto bene Usop?!- domando, indagatrice.
-Come?! Sì, certo che sì! Perché ho l’aria di uno che non sta bene?!- domanda allargando ancora il sorriso e puntandosi un dito contro il petto.
E qui casca l’asino.
Sì perché è palese che sta mentendo.
E quando Usop mente, di solito, non si capisce mai. E sottolineo mai!
-Usop che succede?!- chiedo ancora, preoccupata.
Cerca di mantenere il sorriso, mentre sostiene il mio sguardo ma le gambe cominciano a tremargli incontrollate finchè una maschera di disperazione non si impadronisce del suo volto.
-Margaret sono nei guai fino al collo!-
Sgrano gli occhi a quelle parole. E che sarà mai successo?!
-Che hai combinato?! C’entra Rufy, vero?!- mi informo, non sicura di voler sapere la risposta.
-Rufy?! No no! Ma che dici?!- agita le mani davanti al viso, sorridendo tirato -Lui non c’entra… stavolta…-
A essere onesta, la cosa mi solleva.
 -Il problema è… è… ecco… Il problema è Kaya!-
Ho sentito bene?!
Ha detto proprio Kaya?!
E quando mai Kaya è stata un problema?!
Quando mai Kaya potrebbe essere un problema?!
-Che intendi dire?! Non mi dirai che avete litigato?!-
Il che non dovrebbe essere né grave né strano, tutte le coppie litigano.
Ma Usop e Kaya non sono tutte le coppie. Nel loro caso, sarebbe un evento da segnare sul calendario.
-No! Sono io che ho fatto la più grande scemenza di tutta la mia vita!- mi dice abbassando la voce e avvicinandosi a me.
Io sgrano gli occhi, attraversata da un pensiero improvviso.
-Non l’avrai lasciata?!?!?!-  domando, allarmata e alzando senza volerlo la voce.
 Lui mi guarda aggrottando le sopracciglia, come se avessi appena parlato usando il sistema binario e non parole di uso comune.
-Ma cosa dici?!-
-Mi vuoi dire che succede e basta?!- domando, perdendo la pazienza e incrociando le braccia al petto.
-Beh il fatto è che le ho chiesto di vederci per pranzo da Makino, aggiungendo che dovevo darle una cosa importante!-
-Okay!- dico, con un cenno della testa per invitarlo a proseguire.
-E tra poco sarà qui!-
-E quindi?!-
Aggrotto le sopracciglia, continuando a non capire.
-Quindi mi serve qualcosa di speciale da darle altrimenti ci resterà male!!!- esclama Usop con urgenza e come se fosse una cosa ovvia.
Sbatto le palpebre interdetta, mettendo insieme tutti i pezzi, elaborando le informazioni.
-Cioè…- comincio liberando una mano dall’intreccio e muovendola come se stessi affettando qualcosa davanti a me -…fammi capire… tu le hai detto che dovevi darle una cosa importante… e non hai niente da darle?!-
E questa volta a rimanere interdetto è lui.
Mi fissa a occhi sgranati prima di aprirsi in un sorriso imbarazzato e di portare una mano a grattarsi la nuca, mentre svariate goccioline fanno capolino sulla sua fronte.
-Eheh! Non esattamente… Ecco, una cosa da darle ce l’avevo ma… ci ho ripensato ecco- conclude.
-E cos’era?!- domando io, determinata ad andare in fondo alla questione.
-Ma niente di che!- continua a sorridere e minimizzare lui.
-Usop…-
-Una sciocchezza davvero!-
-Usop!-
-Una cosa talmente stupida che…-  si blocca, deglutendo rumorosamente, quando, riaperti gli occhi, mi trova con uno sguardo di fuoco e le cesoie in mano -M-Margaret… m-m-metti giù l-le c-cesoie…-
-Usop! Parla!- gli intimo, avanzando di un passo e facendolo indietreggiare.
-Beh ecco io…- comincia guardandosi intorno, terrorizzato.
-Sì?!- lo incoraggio senza abbassare le forbici.
-Io… volevo… volevo darle questo!- ammette alla fine, estraendo una scatolina dalla tasca dei pantaloni.
Io fisso il piccolo oggetto cubico appoggiato sul suo palmo aperto, studiandolo con attenzione.
È di velluto rosso, non tanto grande, di quelle che usano in gioielleria.
Mi ci vogliono solo una manciata di secondi per capire di cosa si tratta e riporto i miei occhi spalancati su di lui mentre sul mio volto si apre un sorriso di pura gioia.
-Usop tu… vuoi chiederle di sposarti!!! Ma è meraviglioso!!!- esclamo, quasi saltellando.
-Ssssssh! Margaret non urlare!- mi dice agitato, mettendo via la scatolina e guardandosi intorno come il negozio fosse pieno di gente che ascolta noi -Io non voglio chiederle di sposarmi!- aggiunge poi cancellando il mio sorriso.
Okay, ora sono davvero confusa.
-Il fatto è che… volevo chiederglielo ma ci ho ripensato!- confessa poi tutto d’un fiato, facendomi strabuzzare gli occhi.
-Ci hai ripensato?! Quando ci hai ripensato?! Cinque minuti fa?!-
-Diciamo sei?!-
-Io non capisco!-
Davvero non capisco! Voglio dire si amano alla follia, sono una splendida coppia, Usop ha un ottimo lavoro! Perché ripensarci così?!
-Io credo che non sia il momento giusto, sai con Kaya che deve finire la specializzazione e poi insomma la cerimonia, le spese, Rufy che mangerebbe tutto il pranzo senza lasciare niente agli altri e… e… e…-
Mentre parla assottiglio lo sguardo su di lui, portando le mani sui fianchi.
Ora capisco!
-Tu hai paura!-
-Come?!- domanda, colto alla sprovvista.
-Tu hai paura! Paura che lei ti rifiuti!-
Certo, come se fosse possibile. Stanno insieme dall’asilo praticamente. Sono stati il primo tutto l’uno per l’altro.
Niente, nessuna cotta, nessuna vacanza, nessuna sbronza, è mai riuscito a separarli.
-Ma che dici?! Io non ho paura!- afferma, convinto facendomi sollevare un sopracciglio, scettica.
-Ma davvero?!- chiedo retorico, notando il tremito delle sue gambe intensificarsi ancora e lui apre la bocca ma la richiude senza ribattere.
-Usop, Kaya non ti direbbe mai di no! Avanti! Fatti coraggio e fai quel che devi!-
-Ma io…-
-Margaret? Oh scusa-la voce di Law interrompe l’ennesima protesta di Usop e io mi giro verso di lui, con sguardo interrogativo -Non mi ero reso conto che avessi un cliente-
-Non c’è problema! Non sono proprio un cliente, in realtà!- interviene subito Usop agitando di nuovo i palmi aperti davanti a sé.
-Dimmi!- gli chiedo con un sorriso un po’ tirato sentendo il senso di colpa che mi attanaglia di nuovo lo stomaco nel vederlo con il grembiule giallo, che gli ho praticamente infilato io a forza, e quell’espressione spenta sul volto.
-Niente, ho finito coi bulbi- mi comunica, monocorde.
-Oh! O-okay, grazie…- annuisco io, senza sapere cos’altro dire.
Un “vai pure se vuoi” potrebbe suonare come un modo per liquidarlo, vista la situazione. Ma non voglio nemmeno chiarirmi e scusarmi davanti ad Usop.
-Se volete stare soli io…- interviene Usop, riscuotendomi dai miei pensieri e notando la scarsa comunicazione tra me e Law.
Mi giro a guardarlo, presa alla sprovvista, non riuscendo a decidere nemmeno io cosa fare. Vorrei chiarire con lui ma cacciare il mio amico in un momento così importante mi sembra impensabile.
-Ecco…-
-Nessun problema- interviene Law, vedendomi in difficoltà -Io sono Trafalgar Law, piacere- aggiunge poi, tendendo una mano ad Usop che lui stringe subito presentandosi a sua volta.
-Beh comunque me ne stavo per andare, è quasi ora- dice lanciando un’occhiata all’orologio.
Un’occhiata terrorizzata, oserei dire.
-Senti Usop…- comincio cercando un commento incoraggiante o almeno qualcosa che non sia banale per rassicurarlo.
Ma non mi viene in mente niente.
Ho troppi pensieri di mio per la testa.
Questa situazione con Law mi impedisce di pensare, anche se mi rendo conto di essere un po’ esagerata. È solo che non sono abituata a sentirlo così freddo, almeno non nei miei confronti. Lo percepisco proprio che è distante, anche in questo momento, sebbene si trovi di fianco a me, il braccio che quasi sfiora il mio.
Se solo ci fosse un fiore adatto.
Sgrano leggermente gli occhi, nel formulare questo pensiero.
Recuperando un po’ di verve, sorrido ad Usop, felice.
Perché un fiore adatto c’è. Eccome se c’è!
-Aspettami qui!- gli dico, un po’ più energica mentre mi sposto veloce sul retro del negozio.
Raggiungo il frigorifero più piccolo, posizionato in un angolo, lo apro e sorrido nel trovare esattamente ciò che cerco.
Afferro il piccolo involto di terra racchiuso in un quadrato di juta grezza, fissato con dello spago, da cui spunta un sottile gambo verde che termina con tre meravigliose, candide e pure stelle alpine.
Torno di là velocemente, le mani a coppa chiuse intorno a quel piccolo tesoro.
-Ecco- gli dico, allungando le braccia verso Usop sotto il suo sguardo curioso.
Law allunga il collo per vedere meglio e io lo vedo con la coda dell’occhio strabuzzare gli occhi, incredulo.
-Cos’è?!- domanda Usop.
-Margaret… È una stella alpina quella?!-
Annuisco girandomi sorridente verso di lui.
-È un fiore speciale, perfetto per l’occasione!- spiego ad Usop, con fare quasi materno.
-Come diavolo fai ad avere una stella alpina viva a queste temperature?!- chiede Law, sempre più basito.
-In realtà ne ho altro nove di là!-
-Nove?!?!?!-
-Usop mi raccomando! Dovete tenerla al fresco e bagnarla regolarmente! Ti serve un vaso o ce l’avete già?!- proseguo, ignorando Law.
-A casa dovrei avere qualcosa!- afferma il mio amico, prendendo con delicatezza il fiore dalle mie mani.
-Margaret, hai detto nove?!?!-
Ma che gli prende?!
-Sì, nove! Un cliente ne ha trovata una sul ciglio della strada, me l’ha portata e io sono riuscita a farla riprodurre! Perché, c’è qualche problema?!- mi giro finalmente verso di lui.
E finalmente eccolo!
Il tanto agognato ghigno che aspettavo!
Come lo vedo la tensione si allenta, un calore mi scalda al centro del petto e, sì, il cuore accelera un po’.
-Sei incredibile- dice poi, ancora una volta stupito dalle mille sorprese che il mio negozio riserva.
-Faccio solo il mio lavoro!- rispondo, ricambiando il sorriso e girandomi verso Usop che ora fissa la piazza attraverso la finestra, visibilmente teso.
-Allora?! Sei pronto?!-
-Uh?! Eh?! Come?! C-certo! Io sono nato pronto!!!- afferma, convinto -Quanto ti devo per questo!- chiede poi indicando il fiore.
-Nulla!- rispondo prontamente.
-Ma come?! Dai Margaret non puoi…-
-Consideralo…- lo interrompo decisa -… un regalo in anticipo- gli dico, facendogli l’occhiolino.
Lo guardiamo fare un respiro profondo e avviarsi verso l’uscita ma solo per bloccarsi sulla porta.
Si gira di nuovo verso di noi e fa un cenno con la testa, per autoconvincersi.
Io sollevo un braccio piegandolo a novanta grandi e stringendo la mano a pugno in un gesto d’incoraggiamento mentre Law si limita a un cenno del capo prima che Usop si diriga a passo più o meno sicuro verso il bar di Makino e il suo futuro insieme a Kaya.
Lasciando da soli me e Law.
Ed ecco nuovamente il gelo di stamattina che si riappropria di me e dell’atmosfera intorno a noi.
Silenzioso com’è e abituata come sono ad averlo intorno non mi ero mai accorta di quanto la sua presenza fosse pregnante.
Forse non sarà un tipo molto caloroso o espansivo ma, da quando l’ho conosciuto, da quando la sua presenza qui è diventata costante, il sole mi sembra più caldo, l’aria più fresca e Foosha più bella.
Ed è inutile negare che il suo malumore si ripercuote su di me. Soprattutto perché so di esserne io la principale causa.
Ma fortunatamente a questa cosa c’è rimedio e io non voglio farmi scappare l’occasione di chiarire.
Mi faccio coraggio e mi giro verso di lui, prendendo un respiro profondo.
-Law senti…- comincio e subito si volta a guardarmi -… mi spiace per oggi! Non avrei dovuto obbligarti a interrare i bulbi e a indossare questo stupido grembiule! La verità è che mi fa piacere averti qui ma so di essere stata egoista perciò ti chiedo scusa!- dico tutto d’un fiato.
E lui continua a fissarmi, un po’ perplesso per quel che può trasparire dal suo volto, s’intende.
Aggrotta le sopracciglia prima di decidersi a parlare.
-Margaret, di cosa stai parlando?!-
-Del tuo cattivo umore! So che non volevi stare qui e che ti ho obbligato! Prima stavo venendo a dirti di lasciar perdere i bulbi e andare pure ma Usop mi ha interrotto e io…-
-Perché dici che non volevo stare qui?!- mi interrompe, lasciandomi interdetta -Credi che sarei rimasto se non avessi voluto?!- prosegue, sollevando un sopracciglio.
In effetti…
-Beh ma… ma eri di così cattivo umore che io pensavo che…- non finisco la frase, incapace di spiegarmi oltre.
Il sollievo mi sta completamente togliendo la capacità di pensare.
Non ce l’ha con me! Non è arrabbiato!
Ma è normale che io mi senta così per una cosa tanto sciocca?!
Che mi senta così sollevata e improvvisamente rinata?!
Che cosa mi prende?!
Non faccio in tempo a trovare una risposta perché quando torno a guardare Law in viso, che si è perso a fissare il vuoto, la preoccupazione si rimpossessa di me.
Ora che non mi sento più colpevole verso di lui, mi rendo conto che il suo volto è molto tirato, l’espressione tesa, le occhiaie più profonde del solito.
Sono stata proprio una baka a pensare di avergli causato io tutto questo.
È evidente che c’è sotto molto di più.
-Law, stai bene?!- gli domando incapace di trattenermi.
Sono davvero molto preoccupata ora!
Riporta l’attenzione su di me e mi fissa qualche secondo prima di sospirare e girarsi per appoggiarsi al bancone con la schiena.
-Qualche giorno fa un ragazzino mi è morto sotto i ferri- dice senza troppi giri di parole, passandosi una mano tra i capelli e scendendo poi con pollice e indice a strofinarsi gli occhi.
Trattengo il fiato, sentendo le gambe molli e resistendo all’impulso di portare una mano alla bocca.
-Sono cose che capitano nel mio lavoro ma non riesco a smettere di pensarci, dannazione! Questa volta è diverso! Non capisco dove ho sbagliato!- dice a denti stretti, tenendosi il ponte del naso con due dita e indurendo la mascella per la rabbia che lo pervade.
 Mi vergogno di me stessa. Mi vergogno per la mia superficialità e per non essermi accorta di niente. Non mi stupisco nemmeno del fatto che non me lo abbia detto. Chiedere aiuto o cercare compassione non è da lui. Anzi, probabilmente si sta maledicendo per essersi lasciato sopraffare così. Anche se è umano e normale.
Fa un profondo respiro per calmarsi e torna a guardarmi.
-Mi spiace se ti ho dato l’impressione di essere arrabbiato con te-
-Non dirlo nemmeno per scherzo!- ribatto determinata, sentendo un groppo in gola e ricacciando indietro le lacrime.
Non mi sono mai fermata a riflettere che il suo lavoro è anche questo. Una realtà che molti ignorano e che spaventa. Una realtà dove ogni singolo bambino che incontri è malato. Una realtà che fa male. E che lui e altre persone eccezionali, come anche Kaya, affrontano ogni giorno, con coraggio e determinazione. Mi sembra così insulso ciò che faccio io, in questo momento.
-In realtà dovrei ringraziarti. Stare qui a tenermi impegnato con quei bulbi mi ha fatto bene,  sono riuscito a staccare la testa per un po’. E anche il grembiule ha fatto la sua parte per migliorare almeno un po’ il mio umore- mi rivela, sincero e stranamente loquace, puntando gli occhi sulla parete di fronte a lui.
Sorrido mesta mentre studio il suo profilo teso e sofferente.
Senza riuscire a impedirmelo, torno con la mente al bacio mancato di qualche giorno fa. Nessuno dei due ne ha più fatto parola e sono bastati un paio di giorni perché il mio imbarazzo si dissolvesse.
Ma in questo momento non vorrei baciarlo. O meglio si, lo vorrei ma non con malizia. Lo farei per cancellare quell’espressione così addolorata dal suo volto, che fa star male anche me.
-Te l’ho detto…- mormoro -… mi fa piacere averti qui-
Ed è il suo turno di regalarmi un sorriso tirato.
-E a me fa piacere stare qui-
-Puoi stare qui tutto il tempo che vuoi-
Distolgo lo sguardo, attraversata da una miriade di sensazioni, causate in parte dalla terribile e tragica notizia che mi ha appena rivelato e in parte dalla consapevolezza di non poter fare niente per lui.
Sensazioni che si placano in parte quando lui mi afferra il polso con due dita, trasmettendomi un’improvvisa serenità, per quanto sia possibile in questo momento. Sollevo lo sguardo su di lui.
-Ti va se prendiamo una pizza e guardiamo un film da me, stasera?-
Lo guardo a occhi sgranati e lucidi, incredula.
Deglutisco a fatica.
Odio vederlo così.
Lui non deve stare male!
-Certo- riesco a dire in un sussurro.
E poi lo faccio.
Perché non è vero che non posso fare niente per lui.
Perché è evidente che questo è il massimo di aiuto che chiederà.
E perché è anche evidente che gli serve altro.
Mi avvicino, mi sollevo un po’ sulle punte, gli passo un braccio sotto l’ascella, posando il palmo tra le sue scapole mentre il suo gemello va ad avvolgergli il collo. Appoggio il mento sulla sua spalla, facendo aderire la guancia alla sua.
Devo attendere solo qualche secondo per sentirlo ricambiare l’abbraccio.
-Grazie…- mi dice in un soffio quasi impercettibile.
Lo accarezzo sulla nuca, senza lasciare la presa sulla sua schiena, pensando che dovrei essere io a ringraziare lui, perché è riuscito a farmi sentire utile in un momento in cui il mio lavoro sembra la cosa più inutile del mondo.
Ma non c’è assolutamente egoismo nella decisione che ho appena finito di prendere.
Non è per sentirmi utile che ho appena deciso che per lui ci sarò sempre.

 

 

 

 

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Stella Alpina

Fioritura: Luglio–Settembre

Significato: Coraggio

Storia e curiosità: È conosciuta anche come Leontopodium, che letteralmente significa “piede leonino”. È una pianta perenne, tipica delle zone aride e montuose, che cresce spontaneamente in Asia (India, Cina, Giappone e Himalaya), sulle Ande, sulle Alpi europee e sugli Appennini, in particolare l’Appennino abruzzese. Il Leontopodium japonicum, ovvero giapponese, è una pianta abbastanza a diffusa e non ha a che vedere con la specie di stella alpina protetta e in via di estinzione.

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Capitolo 9
*** Un tocco di colore ***


Undici calle bianche.
Non ho mai amato i bouquet perfettamente simmetrici e monocolore.
Trovo che l’imperfezione sia quanto di più bello esista in natura.
Ma questa volta non posso fare a meno di pensare che il bouquet che sto assemblando non potrebbe essere più adatto per l’occasione.
Undici calle bianche.
Seguendo la richiesta dello sposo, che certo si è affidato a me ma non avrebbe potuto essere più preciso su ciò che desiderava.
All’inizio mi ha stupito scoprire che avevano scelto di rispettare la tradizione secondo cui è il futuro marito a scegliere i fiori. Ma poi, riflettendoci, mi sono resa conto che, se me lo dovevo aspettare da qualcuno, quel qualcuno erano proprio loro.
Perché in fondo lei si sarebbe sposata anche in maglietta e pantaloni, qui a piazza Gyoncorde, pranzando  poi con hamburger e patatine. E non per cattivo gusto ma perché tutto ciò che conta è lui. Lui e il suo sorriso, lui e il bene che le ha fatto, lui e il sole che ha portato nella sua vita. Nient’altro. Nemmeno il bouquet.
E lui… beh, lui per lei si getterebbe anche nel fuoco, cosa di gran lunga meno spaventosa che scegliere dei fiori, per un uomo.
Sorrido al pensiero della sua faccia quando mi ha rivelato cosa era venuto a fare. Fortuna che c’ero io, ha detto, altrimenti sarebbe stato perso. Perché al di là di tutto ci teneva che fosse un bel bouquet.
-Qualcosa di semplice e raffinato!-
Undici calle bianche.
Semplici e raffinate.
Proprio come lei. Proprio come Makino.
Non avrei potuto scegliere un fiore che la rappresentasse meglio. Simbolo di bellezza e di modestia. Un fiore a calice che avvolge il proprio pistillo come le braccia di una mamma avvolgono il proprio bambino.
Ed è questo Makino, materna di natura ma, soprattutto, una mamma.
Qui a Foosha conoscono tutti la sua storia. Come quel bastardo l’abbia sedotta e poi abbandonata, spaventato dalla responsabilità di una famiglia. Come coraggiosamente lei abbia deciso di tenere e crescere il bambino.
All’inizio non è stato facile.
Quando sono arrivata qui Hiiro aveva già un anno. Lei lo portava al bar con sé e i suoi clienti abituali, quelli che trascorrevano intere giornate al bancone, la aiutavano, dandole la forza e le energie necessarie per andare avanti. Io stessa mi sono occupata di lui, di tanto in tanto, nelle pause pranzo.
Ed ero lì, il giorno che è arrivato.
L’ora del pienone era passata e lui è entrato, riempiendo l’aria di sicurezza e serenità con la sua sola presenza, con quel sorriso capace di dissolvere un temporale, di cui tutte, inutile negarlo, ci siamo innamorate a prima vista.
È entrato per chiedere se avevamo la cassetta del primo soccorso, mal celando un taglio sul braccio che avrebbe fatto impallidire chiunque. Nessuno ad oggi sa che cosa fosse successo.
Ricordo come tutti avessimo insistito perché andasse in ospedale e come Makino, alla fine, vincendo l’imbarazzo lo avesse almeno convinto a farsi medicare lei.
È stato in quel momento, quando lei gli ha toccato il braccio, tamponando con delicatezza, che qualcosa  è scattato. Chimica, elettricità. Lo abbiamo visto tutti.
Ce lo avevo in braccio io, Hiiro, ed era scoppiato a piangere.
Makino però non si era lasciata distrarre finendo la medicazione con mani esperte e delicate.
E allora lui si era alzato, si era avvicinato a me con sguardo serio, facendomi arrossire e aveva allungato le mani verso di noi.
-Posso?!- aveva poi chiesto con un sorriso.
E chi mai avrebbe potuto opporsi?!
Avevo semplicemente annuito tendendogli Hiiro.
E un attimo dopo quel bambino rideva, giocando con qualche ciocca rossa dei suoi capelli, illuminato dal suo sorriso come la luna dalla luce del sole.
Shanks.
Meraviglioso, eccezionale, stupendo uomo.
Lo avevamo capito tutti che faceva sul serio.
Ma lei era ancora spaventata da ciò che aveva vissuto, abituata ormai a farcela contando solo su stessa, restia ad abbandonarsi di nuovo a quel sentimento.
Pensavamo tutti che avrebbe finito con il farselo scappare.
Eppure lui non si era arreso. Per sei mesi aveva continuato a venire a Foosha solo per vederla almeno mezz’ora, aveva giocato con Hiiro, fatto amicizia con noi. E ottenuto finalmente una cena.
Inutile dire che Makino non aveva potuto più nulla. Si era lasciata andare di nuovo, si era concessa di perdersi ancora e stavolta aveva trovato una mano disposta a guidare non solo lei ma anche suo figlio attraverso la vita.
E ora, tre anni dopo, eccomi qui ad assemblare un bouquet, il negozio già chiuso, addosso il mio abito lungo color magenta, pronta per andare al loro matrimonio.
Studio con aria critica l’agglomerato di calle.
Non mi soddisfa, manca qualcosa.
Vago con gli occhi sul negozio alla ricerca di ispirazione.
E poi li vedo.
I gigli.
Simbolo di purezza, fascino e nobiltà.
Il fiore di Shanks, decisamente.
Mi avvicino e scelgo il più bello, rosso ovviamente.
Con maestria lo incastro tra le calle, non al centro, perché, come ho detto, non amo la simmetria.
 Lo guardo, finalmente soddisfatta.
Un bel fiore rosso a spezzare il bianco, che è bello ma a volte ha bisogno della giusta dose di colore accanto. Un fiore inserito in mezzo agli altri, proprio come Shanks è entrato nella vita di Makino. Un fiore che sembra non centrare nulla ma che rende tutto perfetto.
Sì, ora posso andare.
Infilo le scarpe con il tacco, nere come la fascia che mi avvolge la vita, e mi avvio per uscire dal retro, il bouquet stretto in mano.
L’aria è calda e mossa da una piacevole brezza estiva. Il giorno ideale per sposarsi nel tardo pomeriggio.
Inspiro a pieni polmoni, godendomi il profumo d’estate. E solo allora un movimento mi avvisa che il mio cavaliere è già qui che mi aspetta.
Entra nel mio campo visivo, le mani in tasca e un ghigno sulla faccia. Sorrido, vedendo che ha messo la cravatta che gli ho comprato io, decisa a fargli avere un tocco di colore in questo giorno così bello e felice.
Lo saluto così, con un sorriso, mentre il vento ci scompiglia un po’ i capelli.
-Andiamo?- mi dice porgendomi il braccio.
Annuisco, stringendo il bouquet, mentre mi aggancio a lui con la mano libera e ci avviamo attraverso una stranamente deserta, ma assolutamente splendida e romantica, piazza Gyoncorde.
 
 
 
 
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Calla
Fioritura: Maggio e giugno
Significato: Bellezza semplice, modestia
Storia e curiosità: Il vero fiore non è la parte bianca (o rossa o viola) della calla, bensì lo “spadice”, ovvero l’asta gialla al centro, considerata nell’antica Roma un simbolo fallico. La “spata”, la parte che avvolge appunto lo spadice è invece una foglia modificata che cresce attorno al fiore vero e proprio per proteggerlo.
 
 
 
 
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Giglio
Fioritura: Estate
Significato: Purezza, fascino e nobiltà
Storia e curiosità: Originario del Medio Oriente (Siria e Palestina), il giglio è un fiore avvolto da leggende e credenze religiose. Il suo profumo persistente fatica a svanire e per questo si dice che chi regala un giglio non verrà facilmente dimenticato. Dal suo bulbo i soldati romani estraevano un succo che leniva il dolore ai piedi. 

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Capitolo 10
*** Sei tu ***


-Margaret!!!-
Hiiro mi corre incontro entusiasta, attraversando lo spiazzo all’aperto in cui si tiene il ricevimento, e subito lo prendo in braccio regalandogli un bacio tra i capelli e stringendolo a me.
Profuma di buono, come solo i bambini profumano e i suoi capelli sono morbidi come la seta.
Me lo stringo al petto mentre lui mi aggancia le braccine dietro al collo.
-Hai visto che bella la mamma?!- mi chiedi poi, con gli occhi che brillano.
Mi giro ad ammirare ancora una volta Makino, stupenda nel suo abito bianco, semplice ed elegante, i capelli raccolti in un’elaborata treccia sulla nuca e una fascia rossa all’altezza della vita. Sorrido notando il parallelo tra il suo abito e il bouquet. Se avessimo voluto farlo apposta non ci saremmo riusciti.
Ma non è questo a renderla bellissima.
È la luce che le brilla negli occhi, il radioso sorriso che la illumina e lo sguardo innamorato.
E Shanks, al suo fianco non è da meno. Senza la cravatta, solo camicia e giacca, i capelli scompigliati, l’espressione felice, la tiene per mano mentre chiacchiera con qualcuno che mai mi sarei aspettata di trovare qui.
Occhi di falco, il mio criptico cliente di qualche settimana fa, con cui, a quanto pare, è amico di vecchio data, lo ascolta concentrato, distogliendo di tanto in tanto gli occhi da lui per cercare tra la folla la famosa frivola ragazzina a cui voleva regalare le speronelle, vestita in modo elegante e per niente ridicolo, trovandola a chiacchierare con Usop e  Kaya che sfoggia uno stupendo brillante all’anulare sinistro.
Hiiro mi si agita in braccio per scendere.
-Zio Rufy!!!- esclama lanciandosi tra la folla.
Corre verso il moro, intento a chiacchierare con Shakky, e, come sente la sua voce, Rufy si gira e lo afferra facendogli fare l’aeroplanino in aria.
Quando verrà il giorno sarà un ottimo padre.
Rido divertita dalla scena, spostando ancora gli occhi verso il tavolo a cui Sanji, Violet, Nami e Zoro sono seduti e ridono di una battuta di Ace, che ha appena finito di ballare con sua mamma, cedendo il posto a Rayleigh, e che viene colto da un attacco narcolettico proprio sotto i miei occhi.
È incredibile che siano tutti qui.
-Ed ora, la canzone della nostra bella coppia!- annuncia Brook dalla console, attendendo che Shanks e Makino raggiungano il centro della pista.
Un  attimo prima che la canzona abbia inizio, la sensazione di essere osservata mi obbliga a voltarmi e a incrociare un paio di occhi che conosco molto bene. Seduto comodo sulla sedia, la giacca abbandonata sul tavolo e la cravatta gialla allentata,Law mi osserva con una strana luce negli occhi.
 
[Sun on a black sky - The Baseballs]
 
Baby let me say
What you are to me
You're my penny lane
And the sweetest pain
Like heaven and hell
I'm caught in your spell
My lady love, love, love
 
Ti giri verso di me, sentendo addosso il mio sguardo, proprio mentre io mi sto sistemando meglio contro lo schienale della sedia e mi allento la cravatta. Questa assurda cravatta gialla che mi hai comprato, dicendo che era la sfumatura perfetta perché è giallo girasole.
Ma è davvero un colore il giallo girasole, poi?!
 
Baby let me say
What you do to me
Get my head to fly
Like an aero plane
Make me twist and shout
Singin' in the rain
My lady love, love, love
 
Shanks e Makino stanno ballando e, con la coda dell’occhio lo vedo abbassarsi su di lei e mormorarle qualcosa all’orecchio, facendola ridere, ma resto concentrato su di te.
Cerco di non perdere il contatto visivo mentre altre coppie ci passano davanti per raggiungere i due sposi sulla pista. Occhi di falco e la sua bambolina voodoo, il maniaco biondo insieme a Violet, il tipo narcolettico con una ragazza dai capelli azzurri. Vedo tutto questo ma non distolgo gli occhi dai tuoi.
Nemmeno quando sei tu a puntare lo sguardo per terra, un po’ in imbarazzo, portando una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Quando risollevi lo sguardo su di me sono ancora qui che ti fisso e tu mi rivolgi un sorriso interrogativo, scuotendo leggermente la testa come a chiedere che cosa c’è.
 
Girl you shine
Yeah you shine
Like a sun on a black sky
Girl you burnin' my heart blind
My lady love, love, love
Girl you shine
Yeah you shine
Like a sun on a black sky
You got me burning like a bonfire
My lady love, love, love
 
Cosa vuoi che ti dica, Margaret?!
Che sono rimasto folgorato quando ti ho visto stasera?
Sai che non lo farò mai. Però è la verità, perché, d’altra parte, non sono abituato a vederti senza il tuo grembiule informe.
Non è mai stato un segreto che fossi bella ma così, non me lo sarei mai aspettato.
E non è solo il colore e il taglio del vestito che ti donano. È anche la penombra, che sembra un po’ meno scura intorno a te, come se fossi tu a illuminarla.
Sei come una Bella di Notte, Margaret. Timida, modesta e del tutto inconsapevole della tua bellezza.
 
 
 
Perché devi fissarmi così?!
Dai, Law, piantala!
Se potessi, mi sposterei da qui, per sottrarmi al tuo sguardo ma è come se i piedi fossero inchiodati per terra, non so che mi prende. Devo fare qualcosa o finirò per andare a fuoco.
 
Baby you and me
We are meant to be
Living wild and free
In a perfect dream
You're my tnt
Yeah you're killing me
My lady love, love, love
My lady love, love, love
 
Cerco di fare un po’ di conversazione a distanza e appoggio due dita alla base delle clavicole, simulando il gesto di sistemare una cravatta immaginaria per poi alzare il pollice dell’altra mano, a ribadire quanto ti sta bene.
Tu capisci subito, perché tu mi capisci sempre, e ghigni scuotendo la testa.
Lo so cosa pensi, che lo faccio solo perché l’ho scelta io.
Ma quel colore ti dona davvero!
D’altra parte non c’è un fiore più adatto a te del girasole.
Simbolo di orgoglio e di allegria. Perché è così che mi sento quando ci sei tu. Allegra, felice. Sorrido, pensando a quanto la mia vita sia cambiata in meglio da quando ti conosco.
 
Girl you shine
Yeah you shine
Like a sun on a black sky
Girl you burnin' my heart blind
My lady love, love, love
Girl you shine
Yeah you shine
Like a sun on a black sky
You got me burning like a bonfire
My lady love, love, love
 
 
 
Non mi sono nemmeno accorto di essermi alzato in piedi.
Lo capisco più che altro dal cambio di prospettiva ma è come se le gambe si muovessero da sole.
Un girasole hai detto?! Questo è il fiore che ti ricordo.
Forse hai ragione perché non riesco proprio a staccare gli occhi da te, dannazione!
 
 
 
Deglutisco a vuoto quando ti vedo avanzare a passo deciso verso di me.
Continuo a sorridere, nonostante il tuo sguardo così penetrante e intenso mi stia rivoltando l’anima.
Per poco Hiiro non ti travolge, mentre corre verso i suoi genitori, che lo prendono in braccio e continuano a volteggiare tenendolo tra loro. Torno su di te, sperando di trovarti sorridente ora, ma niente.
Mi guardi ancora così e stavolta il sorriso mi si spegne del tutto.
 
You drive me crazy, wanna scream out loud
And i know i never really get you figured out
Such a dangerous combination of pleasure and pain
You sure know how to drive a man insane
 
Faccio un passo indietro aggrottando le sopracciglia mentre il cuore prende a battere all’impazzata, contro la gabbia toracica.
Cosa succede?!
I battiti sono troppo accelerati, mi gira la testa, le gambe mi reggono male e sento come dei tremiti che mi scuotono dentro. Questo non va bene. Non sto bene.
Ma cos’ho?!
Ti guardo di nuovo, ti trovo corrucciato. Hai notato anche tu che qualcosa non va. Ma per fortuna sei qui e mi basta questo pensiero per sentirmi al sicuro.
D’altra parte, sei un medico.
È normale che la tua presenza mi rassicuri, giusto?!
Giusto?!
 
Girl you shine
Yeah you shine
Like a sun on a black sky
Girl you burnin' my heart blind
My lady love, love, love
 
Con lo sguardo ti chiedo di avvicinarti più in fretta ed eccoti accelerare i passi, scartando tra la folla senza esitazione.
Mi arrivi di fronte, lo sguardo preoccupato.
-Che hai?!- mi domandi subito.
Ti guardo, buttando giù un po’ di saliva, e sorrido ma ora, sento anche caldo oltre a tutti gli altri sintomi e tu mi conosci troppo bene per farti ingannare.
-Margaret- mi chiami e posi le mani sulle mie spalle.
Ed è allora che succede.
 
Girl you shine
Yeah you shine
Like a sun on a black sky
Girl you burnin' my heart blind
My lady love, love, love
Girl you shine
Yeah you shine
Like a sun on a black sky
You got me burning like a bonfire
My lady love, love, love
 
Trattengo il fiato mentre una scarica elettrica mi attraversa, il cuore accelera ancora di più e finalmente capisco.
Capisco che sei tu.
Sei tu la causa delle mie gambe molli, la testa che gira e i tremiti!
Ti guardo incredula, ad occhi sgranati.
Sei tu!
Kami, allora è questo che si prova!
Certo che è normale che la tua presenza mi rassicuri!
Perfettamente normale se solo trovo il coraggio di ammetterlo.
Ammettere che sono innamorata di te.
E come formulo il pensiero, vedo un lampo di comprensione attraversare i tuoi occhi.  
 
 
 
Dannazione, Margaret, no!
Di me?! Sul serio?!
Perché proprio di me?!
Non sono fatto per queste cose!
Mi guardi incredula e felice e io so già che questo non porterà che guai, perché è tutto sbagliato.
È sbagliato il modo in cui una ragazza come te guarda uno come me. È sbagliato il tuo afferrarmi un polso e costringermi a posare un palmo al fianco del tuo collo. È sbagliato l’improvviso impulso che sento di piegarmi su di te e che mi fa trattenere il fiato.
 
Girl you shine
Yeah you shine
Like a sun on a black sky
You got me burning like a bonfire
My lady love, love, love
 
Ma ho bevuto, tu sei bella e io sono pur sempre un uomo.
E il tuo profumo poi…
La canzone sta finendo ed è perfettamente inutile mentire a me stesso.
Mentre attraversavo la pista la mia intenzione non è mai stata invitarti a ballare, nemmeno per un secondo.
Non mi aspettavo una simile rivelazione, però, e so che dovrei fermarmi.
Ma ormai è tardi e mi concedo solo un altro attimo di lucidità per maledirmi, prima di smettere di pensare e baciarti.
 
My lady love, love, love
 
 
 


 
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Bella di notte
Fioritura: Giugno-settembre.
Significato: Timidezza.
Storia e curiosità: La bella di notte è originaria del Sudamerica e fu introdotta nel continente europeo nel XVI secolo. La particolarità del fiore è che i suoi petali si schiudono solo al calar della sera, sprigionando un profumo molto intenso che risulta irresistibile per le farfalle notturne. Da qui il significato attribuitogli di timidezza. In Asia i suoi fiori sono impiegati nella produzione di coloranti alimentari, mentre i semi vengono utilizzati nella preparazione di cosmetici e tinture per tessuti.
 
 
 
 
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Girasole
Fioritura: Luglio-settembre.
Significato: Allegria e orgoglio.
Storia e curiosità: Anch’esso originario delle Americhe e introdotto in Europa a partire dal ‘500, il girasole era considerato sacro dai pellerossa. Lo usavano per ornare il capo delle vergini e gli venivano attribuite proprietà curative. Il significato di orgoglio deriva dalla sua somiglianza con un piccolo sole e dal fatto che il fiore, seguendo l’astro nel suo tragitto, sembra tenere sempre la testa alta. Nella cultura cinese rappresenta la longevità della vita ed è messaggio di vero amore. Infine, insieme alla bella di notte, è il fiore preferito di Piper_Parker.  XD

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Capitolo 11
*** Fa male ***


-Ehi sorella! Dove te le metto le rose gialle?!-
-Laggiù Franky, grazie-
Fa male.
-Lo sai che queste sono le più belle aquilegie che io abbia mai visto? Sono suuuuper!-
Sorrido tirata in risposta al commento entusiastico del mio fornitore.
Fa dannatamente male.
Qui al centro del petto.
Non vuole andarsene.
Franky si guarda intorno, le mani sui fianchi, prima di alzare un braccio tatuato a grattarsi la testa.
-C’è qualcosa di strano qui…- mormora corrugando le sopracciglia, mentre io mi asciugo veloce una lacrima sfuggita al mio controllo.
-In che senso?!- domando, cercando di sembrare spensierata come sempre.
Perché?!
Perché devo stare così male?!
Perché non passa?!
-C’è qualcosa di diverso dal solito! Per caso hai cambiato la disposizione dei mobili, sorella?!-
Scuoto la testa continuando a sorridere imperterrita, mentre cerco di ignorare l’angoscia che mi opprime il petto.
Stupida.
-È sempre tutto come al solito Franky!- gli dico, avvicinandomi a lui per pagargli il rifornimento di fiori -Quanto ti devo?!- gli domando, ma lui continua a grattarsi la nuca, riflettendo perplesso.
Stupida, cretina, illusa… ingenua.
Curiosità.
-Che giorno è oggi?!- mi domanda dopo un po’, ignorando i soldi. 
-Come?!- domando colta alla sprovvista.
Eri curiosa di sapere cosa si provasse?!
Brava scema!
Ti sei messa  a giocare con il fuoco per curiosità e ora?!
Eccoti servita!
Questo si prova.
Dolore.
-Che giorno è?!-
-Martedì, perché?!-
Mai più.
Mai, mai più.
-Ecco! Ora ho capito! Dov’è fratello chirurgo?! È sempre qui quando vengo a consegnarti i fiori di martedì!-
Lo fisso, interdetta.
Martedì.
È martedì.
Me n’ero dimenticata.
Sento gli occhi sgranati riempirsi di lacrime.
Cerco di trattenermi, di continuare a sorridere.
L’ho promesso.
Niente più lacrime.
L’ho promesso a me stessa.
-Sorella?! Tutto bene?!-
E qualcosa dentro di me si spezza.
Mi mordo il labbro inferiore, distogliendo lo sguardo e puntandolo altrove, mentre le prima gocce prendono a scorrere sulle mie guance.
È un attimo, e mi ritrovo a singhiozzare senza controllo, qui, nel retro del mio negozio, immobile davanti al mio fornitore che mi guarda sconvolto.
-Mi… mi di-dispiace… io… io…-
Non riesco a parlare.
Porto una mano alla bocca, nel vano tentativo di sopprimere i singhiozzi, e una al petto che si muove incontrollato, minacciando di esplodere.
Raggiungo l’apice della disperazione sotto lo sguardo attonito di Franky, sfogando e buttando fuori tutti i miei dolore, rabbia e frustrazione.
Con sollievo, sento il pianto diminuire in intensità e i sussulti che mi squassano il torace calmarsi.
Mi asciugo le guance, subito bagnate da una nuova pioggia di lacrime, che non smettono di scorrere, mentre faccio dei respiri profondi, faticando a soffocare gli spasmi residui dei singhiozzi.
-S-scusa, Franky…- mormoro, flebile, afferrando la  bottiglietta d’acqua sul tavolo delle aquilegie e bevendo una piccola sorsata.
Quando riporto la testa dritta, trovo il mio gigantesco fornitore a porgermi un fazzoletto con sguardo comprensivo. Gli sorrido triste mentre accetto il pezzo di stoffa e ci soffio dentro il naso rumorosamente.
-Facciamo che lo tengo io eh…- gli dico, la voce ancora afona, infilando il fazzoletto nella tasca del grembiule.
-Cosa è successo?!- domanda premuroso e mortificato, un’espressione che contrasta in modo impressionante con il suo aspetto, la sua stazza e il suo look da motociclista.
Alzo lo sguardo su di lui.
Conosco Franky da anni.
Ma si può dire che siamo abbastanza in confidenza da confidargli una cosa così personale?!
In fondo, l’ho detto solo a mia sorella Lindow e ad Aphelandra, la mia migliore amica.
Però mi rendo conto che una spiegazione se la merita anche.
E sono anche certa che lui mi ascolterebbe e permetterebbe di sfogarmi senza giudicare o lasciarsi andare a commenti indesiderati.
Faccio un respiro profondo prima di cominciare a raccontare.
 
***
 
Scendo dall’autobus, guardando verso l’alto e sorrido nel vedere le luci dell’appartamento accese, mentre stringo tra le mani il cappello leopardato.
Ci ho messo un bel po’ a decidermi a venire qui, dopo che mi sono accorta che se l’era dimenticato nel retro.
Avrei anche aspettato che venisse a riprenderselo lui ma, proprio oggi pomeriggio mi ha detto che nei prossimi giorni sarà così preso al lavoro da non riuscire a passare e so quanto per lui sia inseparabile questo assurdo cappello.
Non ho nessuna intenzione di disturbarlo. Oggi, quando è entrato al volo al chiosco giusto per un saluto e per avvisarmi che non ci saremmo potuti vedere per qualche giorno, gli ho chiesto se stasera aveva da fare e mi ha risposto di sì. Non so perché sono venuta fin qui con il rischio di non trovarlo a casa ma, visto che c’è, tanto meglio.
Probabilmente sarà impegnato in una di quelle serate tra uomini, tipo la partita settimanale a poker, con dei colleghi o degli amici.
Gli lascio il cappello e me ne vado.
Punto.
Sorrido tra me e me, emozionata all’idea di vederlo anche se solo per pochi attimi.
Mi sento quasi ridicola.
Come una ragazzina al suo primo amore. Che poi, a ben guardare, è quello che sono.
Ma anche così, mi sembra eccessivo. Davvero eccessivo il fatto di agitarmi così mentre mi avvicino al portone che trovo ancora aperto dal recente ingresso di un condomino.
E anche che il cuore mi batta all’impazzata rischiando di schizzare fuori dalla cassa toracica man mano che mi avvicino al suo appartamento, salendo a piedi per darmi un po’ più di tempo nella speranza di calmarmi.
Per non parlare delle mani che tremano quando sollevo un dito per suonare il campanello.
Non sto praticamente più nella pelle all’idea di rivederlo, anche se l’ho visto solo poche ore fa.
Dondolo da un piede all’altro, mentre aspetto che venga ad aprirmi, e intanto mi rigiro il cappello tra le mani, valutando se ficcarmelo in testa, così tanto per scherzare.
Sto ancora fissando la stoffa bianca maculata che la porta si apre, senza che nessuno da dentro abbia chiesto chi è o controllato dallo spioncino. Sorrido nel sentire lo scatto della serratura e alzo subito gli occhi, impaziente di incrociare le sue iride grigie.
Ma ciò che vedo mi fa congelare il sorriso sulla faccia.
Ciò che vedo fa defluire tutto il sangue che mi scorre nelle vene alla testa e mi mozza il fiato e le gambe.
Ciò che vedo, vorrei davvero non averlo visto.
Perché sulla porta dell’appartamento di Law, ad accogliermi e chiedermi chi sono, c’è una donna. Una bellissima donna.  Alta, prosperosa.
E nuda.
Deglutisco a vuoto, la testa e il cuore un vortice di emozioni indefinite.
-Come posso aiutarti, cara?!- mi domanda la donna, con finta cortesia.
Io sbatto le palpebre più volte, scuotendo leggermente la testa, cercando disperatamente di riprendermi dallo shock.
-Io… io…-
Serro le mani intorno al cappello, bisognosa di un appiglio, di qualcosa a cui aggrapparmi per non crollare.
-S-sono venuta a… riportare questo a Law- riesco finalmente ad articolare tutto d’un fiato, tendendole il cappello e sentendo le lacrime salirmi agli occhi quando lei, con un sorrisetto che sa tutto di scherno, lo afferra e me lo toglie di mano.
Fa male.
Fa male pronunciare il suo nome.
Fa dannatamente male.
Qui al centro del petto.
Vorrei che ci fosse una spiegazione alternativa.
Una qualsiasi. Mi andrebbe bene qualsiasi cosa, anche un minimo dubbio.
Ma la sorte non vuole venire in mio aiuto stasera e sento la sua voce, prima ancora di vederlo spuntare dalla porta della camera, con solo i boxer addosso.
-Monet?! Qualcosa non…-
Si interrompe quando mi vede, stravolta e delusa, le lacrime che hanno cominciato a scendere inesorabili.
Abbasso lo sguardo, lo riporto su di lui, mi mordo il labbro e annuisco, cominciando a indietreggiare verso le scale per poi girarmi e mettermi a correre verso l’uscita.
Voglio andarmene da qui.
Devo andarmene da qui.
Lontano da questo dolore.
Lontano da lui.
Continuo a scendere, veloce e incosciente, rischiando di inciampare a ogni passo con la vista offuscata dalle lacrime.
Non so a che piano sono quando una presa sul mio braccio mi blocca e mi fa voltare contro la mia volontà.
Non mi serve mettere a fuoco per sapere chi è e l’istinto di conservazione ha la meglio.
-Lasciami stronzo!!!- gli urlo in faccia, divincolandomi.
Non m’importa di essere sulle scale di un condominio.
Che sentano! Che sentano tutti cosa ho da dire!
-Cosa sei venuta a fare Margaret?!- mi domanda, senza lasciare la presa.
Il tono è calmo ma capisco che è incazzato.
Lui!
Che coraggio!
-Ero venuta a riportarti il cappello, ma avrei fatto meglio a dargli fuoco!- sibilo velenosa.
Restiamo a fissarci in silenzio qualche secondo, i respiri affannati.
Sento la mia determinazione venire meno, indebolita dal potere che, nonostante tutto, i suoi occhi hanno su di me.
Come può essere così vicino e così lontano al tempo stesso?!
Deglutisco a vuoto, conscia che mi sto perdendo.
Fa male anche solo guardarlo ma non riesco a distogliere gli occhi.
Baciami, ti prego!
-Margaret-
La sua voce mi riscuote e subito riprendo a divincolarmi.
-Ascolta…-
-No!!!- sputo fuori, riuscendo a sottrarmi alla sua presa -Non voglio stare ad ascoltarti! Sei solo un bastardo!!!-
-Porca puttana, Margaret!- esplode anche lui, non più in grado di contenersi - Ci siamo solo baciati una volta!!! Cosa pensavi, che ti avessi giurato fedeltà eterna?!?!-
Indietreggio, sconvolta e  a occhi sgranati, come se mi avesse appena colpito con uno schiaffo in piena faccia.
Il suo petto si alza e abbassa come un mantice, per la rabbia e l’urlo che ha appena liberato anche lui.
-Solo un bacio…- riesco a mormorare, flebile gli occhi di nuovo pieni di lacrime - È tutto qui per te? Tu pensi davvero che sia stato solo per il bacio che io… - non finisco la frase, bisognosa di deglutire.
Lui non risponde, continua a guardarmi glaciale e irremovibile.
Mi volto per andarmene, sapendo che stavolta non mi fermerà, non ci proverà nemmeno, nonostante una parte di me lo desideri disperatamente.
Muovo un passo ma subito mi blocco e mi rigiro verso di lui.
-Sai, avevi ragione a darmi dell’ingenua…- gli dico sempre sottovoce ma sostenendo fieramente il suo sguardo -Ma non avrei mai immaginato che, quando mi hai detto di fare attenzione alle persone che se ne approfittano dell’ingenuità altrui, mi stessi mettendo in guardia proprio da te…-
Per la prima volta da che lo conosco, lo vedo vacillare.
Vacillare sotto il peso della mia accusa.
Colpevole, distoglie lo sguardo da me, puntando gli occhi al pavimento.
Ma non mi basta. Non mi basta più. In pochi secondi mi sono svuotata di ogni sentimento che provo per lui.
Non è niente.
Non è più niente per me.
E non merita nemmeno che io sprechi ancora il mio fiato.
Ecco perché me ne vado senza dire più un’altra parola.
È solo quando sono di nuovo in strada, immersa nel buio della notte, lontano da lui e dalle sue orecchie, che mi concedo di scoppiare in un pianto dirotto e disperato, mentre mi  abbraccio il petto e sfrego le mani sulle braccia per scaldarmi da un gelo che sento solo io.
 
***
 
Sono passate due settimane.
Due settimane senza di lui nella mia vita.
Due settimane con il sole che non scalda, l’aria che non rinfresca e Foosha che non riesce più a farmi sorridere.
Due settimane a lottare contro le lacrime ogni volta che vedo qualcosa che me lo ricorda.
Una lotta costante considerato che qualsiasi cosa me lo ricorda.
E pensavo sinceramente che stesse cominciando ad andare meglio finché stamattina non ho dovuto chiedere una mano a Franky per scaricare i fiori, cosa che non avevo più dovuto fare perché, per un fortuito caso, da quando l’ho conosciuto fino a quindici giorni fa, Law è sempre stato presente a tutte le consegne di fiori e mi ha sempre aiutato lui.
Sorrido mesta e dispiaciuta mentre Franky si soffia sonoramente il naso in un po’ di carta assorbente, dato che il suo fazzoletto l’ho usato io. Avrei dovuto considerare la sua esagerata sensibilità. A metà racconto lui piangeva come una fontana e io cercavo di consolarlo inutilmente. Ma ha voluto a tutti i costi sentire com’era andata a finire.
-E quindi non senti fratello chirurgo da quindici giorni?- domanda, le enormi braccia incrociate al petto ampio.
Annuisco senza parlare.
-Forse se vi parlaste, riuscireste a chiarire…- suggerisce, guadagnandosi un’occhiataccia.
-E dovrei andare a cercarlo io?!- domando, indignata -Dopo quello che lui ha fatto a me?!-
-No!- si affretta subito a rispondere Franky, agitando le mani davanti al viso -No, no! Però forse lui ha solo avuto paura…-
-Paura?! E di cosa?! Che lo mangiassi?! Che gli succhiassi il sangue?! Ma fammi il favore!-
-Gli uomini, sorella, sono molto più fifoni in fatto di sentimenti!- mi dice, con fare saputo.
-Lui non si è comportato da fifone… Si è comportato da vigliacco…- affermo, implacabile, rendendomi conto solo ora di quanto ancora sono arrabbiata -Lo odio…- mormoro a denti stretti, più a me stessa che al mio fornitore.
Franky solleva un sopracciglio a commentare le mie parole prima di alzarsi e avviarsi verso l’uscita.
-Ora devo andare, Super-Franky ha una consegna dall’altra parte della città! Però sorella, se fossi in te io ci penserei prima di metterci del tutto una pietra sopra. A me non sembra proprio che lui non conti più niente per te- conclude lanciando uno sguardo eloquente ai fiori disseminati per tutto il retro del negozio, prima di andarsene salutandomi con una delle sue pose super e riuscendo a strapparmi una risata, la prima da giorni.
Mi rigiro a osservare con occhio più critico il mio ultimo ordine.
Anemoni e giacinti blu, rose, garofani e viole tutti rigorosamente gialli.
Un bel messaggio del mio subconscio per un’esperta come me.
L’indifferenza, non l’odio, è il contrario dell’amore.
Sospiro, lanciando un’occhiata alle aquilegie.
Ora basta.
Non ho intenzione di farmi condizionare oltre la vita da lui.
Lo dimenticherò e ricomincerò a vivere.
Tornerò la Margaret di sempre.
Esco dal retro, diretta verso la panchina sotto il glicine, bisognosa di aria e tranquillità, almeno qualche minuto.
Voglio smettere di stare male.
Voglio smettere di pensare a lui.
Mai più.
Mai, mai più.
 
 
 
 
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Anemone
Fioritura: Primavera-estate.
Significato: Abbandono, amore tradito.
Storia e curiosità: Conosciuto anche come “fiore del vento”, l’Anemone è legato a leggende sia mitologiche che cristiane. Al fiore vengono attribuite diverse proprietà curative per svariati problemi quali disturbi gastrointestinali, febbre, raffreddore, dolori addominali, ansia, depressione e problemi di natura sessuale.
 
 
 
 
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Giacinto (blu e porpora)
Fioritura: Primavera.
Significato: Dolore, avventatezza.
Storia e curiosità: Il giacinto è un fiore antichissimo, coltivato sia nell’Antica Grecia che a Roma. Il suo nome è legato alla leggenda mitologica che narra del giovane amato da Apollo, Giacinto appunto, e di come questi fu colpito a morte da un disco lanciato proprio dal dio sole, deviato per gelosia da Zefiro. Esiste una specie particolare che può essere coltivata anche in acqua ma a scopo puramente decorativo essendo molto invasiva.
 
 
 
 
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Rosa (gialla)
Fioritura: Primavera-estate.
Significato: Gelosia, infedeltà, dolore.
Storia e curiosità:  Nella civiltà romana, dedita all’edonismo e all’esaltazione dei beni materiali, le rose venivano largamente usate durante i banchetti, perché considerato oggetti di lusso. Nerone fece piovere petali di rosa durante un banchetto, Cleopatra fece cospargere il pavimento del suo palazzo per accogliere Marco Antonio, il sovrano babilonese Nabucodonosor le usava per ornare il proprio palazzo, gli imperatori Moghul del Kashmir le coltivavano in quantità e ne gettavano i petali nel fiume per celebrare il loro ritorno a casa, in Cina l’essenza di rose poteva essere utilizzata esclusivamente dai membri della famiglia imperiale e dagli alti dignitari. La guerra combattuta in Inghilterra tra la casata dei Lancaster e quella degli York, tra il 1455 e il 1485, conclusasi con l’ascesa al trono della famiglia Tudor, passò alla storia come “Guerra delle due rose” poiché le due famiglie avevano come simbolo, rispettivamente, una rosa rossa e una rosa bianca.
 
 
 
 
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Garofano (giallo)
Fioritura: Primavera.    
Significato: Sdegno.
Storia e curiosità: Il garofano, originario del bacino mediterraneo, fa parte della famiglia delle Caryophyllaceae ed è una pianta perenne erbacea con fioritura prevalentemente primaverile. “Garofano” è il nome del sedicesimo giorno del mese di Pratile del calendario rivoluzionario francese.
 
 
 
 
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Viola gialla
Fioritura: Maggio-agosto
Significato: sdegno
Storia e curiosità: Esistono vari tipi di viole, tra cui le viole mammole o viole del pensiero e le violeciocche. Il fiore si riproduce sia sessualmente, tramite autoimpollinazione, sia vegetativamente, aiutato dagli impollinatori. Si contano tra le 525 e le 600 specie.
 
 
 
 
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Aquilegia
Fioritura: Tarda primavera-inizio estate.
Significato: Sdegno, dolore.
Storia e curiosità: Originaria principalmente delle zone asiatiche, americane e alpine europee, esistono, tra le sue 70 specie, alcune varietà africane e altre che crescono spontaneamente sulle Alpi e gli Appennini italiani. È una pianta erbacea perenne che si può trovare nei colori bianco, azzurro, giallo, rosso, rosa, lilla, viole e avorio.

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Capitolo 12
*** Nuovi inizi ***


Ma naturalmente non ci riesco.
Seduta nel mio posto preferito, nonostante il sole inondi la panchina fuori dal mio negozio, io sento freddo e il mio sguardo è perso sulla piazza, senza realmente vederla.
Il mio sguardo è perso proprio come me.
Persa, spaesata, senza bussola.
Ripenso alle parole di Franky, al suo suggerimento.
Forse ha solo avuto paura.
Non sarebbe così strano, considerato il soggetto.
Ma è davvero un buon motivo per perdonarlo?
In fondo, se davvero fosse solo quella la ragione che ha guidato le sue azioni, avrebbe almeno potuto cercare di parlarmi.
Invece non si è più fatto vedere. E non solo da me. Ha smesso anche di prendere il caffè da Makino e sospetto che adesso scenda direttamente alla fermata di Drum con la metro.
Vigliacco.
Eppure…
Eppure una parte di me, desidera ardentemente di sentire la sua voce. Una parte di me sarebbe anche pronta ad accettare qualsiasi spiegazione.
La parte di me irrazionale ovviamente perché quella sensata e ancorata alla realtà non ha nessuna intenzione di perdonarlo ed è a lei che darò retta e ascolto.
Perché se lui è orgoglioso io sono testarda e mi ha fatto davvero troppo male.
Immagini confuse di quella sera riempiono la mia testa e mi accorgo che sto trattenendo il fiato insieme con nuovi singhiozzi.
Una lacrima mi bagna la guancia e io la asciugo con rabbia.
No!
Non voglio piangere di nuovo!
Ora basta!
Devo fare qualcosa, tenermi impegnata, pensare ad altro!
Devo…
-Ammetto che non è il migliore degli spettacoli ma non mi sembra nemmeno così tragico- afferma una voce accanto a me facendomi fare un salto alto così sulla panchina.
Mi giro verso il possessore di suddetta voce, una mano tra i seni e il cuore che sussulta per lo spavento.
-Kami!- dico, chiudendo gli occhi e respirando a fondo per calmarmi.
Che spavento!
-Mi spiace, non volevo spaventarla- mi dice, sinceramente dispiaciuto.
Lo studio un attimo, domandandomi dove potrei averlo già visto, dato che il suo viso mi sembra famigliare.
Avrà un o due anni più di me, capelli biondi e ondulati portati un po' lunghi, tratti regolari, occhi scuri. All’apparenza potrebbe sembrare un ragazzo come tanti, anche se molto bello. Eppure ho l’impressione che non sia affatto una persona qualunque.
-Non si preoccupi!- lo rassicuro sorridendo appena.
Mi giro nuovamente verso la piazza, respirando a pieni polmoni e corrugo le sopracciglia ripensando alla frase che ha appena detto.
-A cosa si riferiva?!- domando, tornando a scrutarlo, comodamente seduto accanto a me.
-In che senso?!- chiede lui, con sguardo interrogativo.
-Quello che ha detto sul tragico spettacolo-
-Oh quello! Beh mi riferivo a… lui… lei… esso!- conclude indicando un punto dritto di fronte a me, il punto in cui i miei occhi erano fissi nel vuoto.
Seguo il suo dito e la direzione in cui punta finché non incrocio una nota testa viola e decisamente troppo appariscente.
Sghignazzo nel riconoscere Emporio Ivankov, intenta a chiacchierare e firmare autografi per alcuni suoi fan che l’hanno placcata ai margini della piazza.
-Non so quale sia il suo concetto di tragico ma se non lo è quel body allora non so cosa lo sia!- commento convinta, senza distogliere gli occhi e incrociando le braccia sotto il seno.
Anche lui continua a fissare Iva, un braccio allungato sullo schienale della panchina e l’altro posato sulla sua gamba, coperta solo fino al ginocchio da un paio di bermuda grigi abbinati a un polo turchese a maniche corte.
-Sarà che tra mio padre e il suo lavoro sono abituato a vedere di peggio!-
-Peggio di così?! Condoglianze…-
Restiamo in silenzio ancora qualche secondo, gli occhi sempre fissi su Iva, finché non è lui a parlare di nuovo.
-Neanche lei riesce a smettere di fissarla, vero?!-
-Già!-
-Impressionante!- sussurra e, con la coda dell’occhio, lo vedo scuotere la testa mentre entrambi scoppiamo a ridere di gusto.
-Io comunque sono Margaret!- mi presento una volta ripreso il controllo, allungando una mano e continuando a sorridere.
-Molto piacere! Sabo!- risponde, stringendola e ricambiando il sorriso.
Sgrano gli occhi, momentaneamente senza parole.
Ecco perché mi sembrava di averlo già visto!
-S-Sabo?! Come Donquijote Sabo, il figlio del proprietario della Baroque Works?!- non riesco a trattenermi dal domandare non appena riprendo l’uso della parola.
-Eh… Già! Sono proprio lui… Cioè io… Cioè io sono lui… Insomma, ci siamo capiti!- conclude, tornando a sorridere.
Se non fossi sconvolta, scoppierei a ridere di fronte al suo incespicare. Ma non posso credere di essere veramente seduta qui, sulla panchina che decora l’esterno del mio negozio, stringendo la mano a e scherzando con il figlio di Donquijote Doflamingo, magnate della haute couture e proprietario della più importante rivista di moda di Raftel, edita e venduta in 20 paesi.
-Margaret?!- mi richiama dopo qualche istante e io mi riscuoto, diventando paonazza per l’imbarazzo quando realizzo che gli sto ancora stringendo la mano e lo fisso a occhi e bocca spalancati.
-M-mi scusi… io…-
-Non si preoccupi! In fondo è confortante sapere di risultare più interessanti di Iva, almeno nell’aspetto!-
Non riesco a trattenere un risata, mentre lo guardo di sottecchi, ancora troppo imbarazzata per riuscire a incrociare come si deve i suoi occhi, considerando che, visto il lavoro di suo padre, probabilmente la conosce e anche molto bene.
Un po’ per curiosità, un po’ per distogliere l’attenzione sulla mia reazione di poco fa glielo chiedo.
-Da quando sono bambino! È un bel soggetto eh?! Ma basta saperla prendere nel modo giusto! E comunque può darmi del tu!-
-Oh! D’accordo! Anche lei… cioè tu! A-anche tu puoi darmi del tu!- riesco ad articolare finalmente il pensiero.
Lo guardo in viso, sentendomi strana, come rigenerata.
Improvvisamente, non mi sembra più di muovermi per inerzia e il mio cervello è riuscito a uscire dallo stato di stand-by in cui versava da due settimane a questa parte.
Anche il sole mi sembra più caldo.
-Si è alzata di colpo la temperatura?!- chiedo lanciando un’occhiata al cielo.
Sabo aggrotta la fronte.
-Non mi sembra! Però ammetto che mi stavo domandando come facessi a stare in pantaloni lunghi con una giornata così e in pieno sole per di più!-
Lancio uno sguardo ai pantaloni che indosso, un paio di jeans a sigaretta che arrivano alla caviglia, ai piedi le mie fidate scarpe da ginnastica.
-Stamattina avevo freddo!- mi giustifico, sbrigativa.
Anche perché non posso mica mettermi a spiegare a un perfetto sconosciuto che nelle ultime due settimane mi sono vestita come se fosse autunno perché avevo freddo dentro.
E solo ora mi accorgo che il freddo è sparito e il dolore diminuito. Mi rendo anche conto che poco fa ho riso per davvero, come faceva la vecchia me.
Ci provo ancora, sorrido a Sabo.
Le labbra si piegano verso l’alto con naturalezza, senza sforzo e senza fatica.
Mi fa bene.
Mi fa tremendamente bene!
Anche lui mi sorride, e il mio cuore accelera un po’ i battiti, perché è bello il suo sorriso, è rassicurante.
Uno di quei sorrisi in cui potresti andare a dormire.
-Comunque non voglio disturbarti, perciò ora levo le tende…- dice a un certo punto, alzandosi in piedi.
-Non mi stai disturbando!- esclamo immediatamente, decisamente troppo agitata, alzandomi a mia volta, decisamente troppo in fretta.
Controllati Margaret, dannazione!
Mi fissa per un attimo, sorpreso, prima di regalarmi uno sguardo caloroso.
-Meglio così allora!-
Mio malgrado, mi ritrovo ad arrossire e portare una ciocca di capelli dietro l’orecchio, ma non distolgo lo sguardo stavolta.
-Senti… hai da fare stasera?!-
Sgrano leggermente gli occhi, colta un po’ alla sprovvista ma subito mi riscuoto e faccio segno di no con il capo.
-Beh c’è l’inaugurazione di un nuovo locale in città e volevamo provare ad andarci con alcuni amici. Ti va di unirti a noi?!-
Non oso immaginare di che calibro devono essere gli amici di Sabo.
Voglio dire, lui ha frequentato le scuole più prestigiose, è sicuramente membro di qualche club esclusivo e probabilmente gioca a golf, indossando con nonchalance stupide scarpette piene di tacchetti e coppole a quadri. Cosa c’entro io, una semplice fioraia, con quel mondo?!
-Non preoccuparti, sarà una serata tranquilla! Niente ex compagni di collegio, membri di club esclusivi o amici del golf! Solo i miei più cari amici! Promesso!-
Lo guardo stupita. Non so come abbia fatto a capire cosa mi passava per la testa così in fretta e con così tanta semplicità.
Ma so che conosco solo un’altra persona che ci riesce così bene e il solo ricordarmene mi fa stringere il cuore in una morsa.
Però adesso basta!
Stavolta non mi faccio condizionare da lui!
Annuisco, convinta e solare, ritrovando la mia antica verve.
-D’accordo allora! Dove ci troviamo?! A che ore?!-
-Sai come arrivare a Skypeia?!-
-M-mh!-
-Ottimo! Allora per le nove e mezza! Il locale si chiama Upper Yard! Aspetta, ti lascio…- si interrompe, estraendo il portafoglio dalla tasca posteriore e porgendomi poi un biglietto da visita -Ecco qua! Qui c’è il mio numero di cellulare! È imbarazzante, lo so! Mio padre mi obbliga a portarmeli in giro e ci vuole meno ad accontentarlo che discuterci!- aggiunge poi, parlando dei biglietti da visita e mandando gli occhi al cielo.
-Beh dai, stavolta ti è tornato utile!- gli dico, incoraggiante.
Ci salutiamo prima di dirigerci ognuno verso i propri doveri ma una volta sulla soglia del negozio mi giro, una domanda sulle labbra che non riesco a trattenere.
-Ehi Sabo!- lo richiamo e subito si gira -Come mai ti sei fermato prima?!-
-Non mi piacciono le ragazze con gli occhi tristi! Quando ne vedo una, è più forte di me, devo cercare di farla sorridere!- risponde con una semplicità e sincerità disarmanti prima di riavviarsi.
Questa sì, che è una signora risposta.
Rientro nel chiosco, sorridente ed euforica.
Ma una parte di me non vuole lasciarsi andare alle sensazioni positive che, finalmente, mi invadono.
Una parte di me mi obbliga a pensare a cosa sto facendo.
Un’ora fa piangevo disperata per Law e ora sono qui che quasi saltello per il locale per un ragazzo appena conosciuto?!
-Non voglio più avere niente a che fare con gli uomini! Mai più!-
-E invece secondo me un uomo è proprio quello che ti servirebbe! Chiodo scaccia chiodo, sorellina!-
La conversazione con mia sorella mi torna alla mente.
Non voglio usare Sabo per dimenticare Law.
Non sono il tipo di persona che fa queste cose.
Sospiro, lasciando vagare uno sguardo sconsolato sui miei fiori, quasi mi aspettassi un consiglio da loro.
I narcisi catturano la mia attenzione e mi soffermo a guardarli, ricordandomi di Nami e Zoro.
Più di una volta mi sono chiesta quanto ci avrebbero messo a dichiararsi i loro sentimenti senza quel piccolo incidente del bouquet per Robin.
E capisco che è sciocco da parte mia voler etichettare a tutti i costi l’uscita di stasera.
È sciocco comportarmi come se il mio voler ricominciare a stare bene rappresentasse un torto nei confronti di qualcuno.
È lui che ha deciso di non fare parte della mia vita.
Non so se Sabo sarà il mio “chiodo scaccia chiodo“.
Negli ultimi mesi ho acquisito una certa consapevolezza di me. Ora riesco a capire quando un uomo mi trova attraente e so di esserlo per Sabo, come lui lo è per me.
Quindi sì, è molto probabile che lo sarà, che sarà il mio “chiodo scaccia chiodo”.
Ma il bello della vita è che è imprevedibile. Può capitare che un giorno ti alzi per andare a ordinare un bouquet e finisci la giornata tra le braccia del ragazzo che hai sempre amato.
Sì, la vita è imprevedibile e, per quanto ne so, Sabo potrebbe non essere niente come anche essere un nuovo inizio.
Un potenziale nuovo inizio a cui non ho intenzione di rinunciare.
 
 
 
 
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Narciso
Fioritura: Febbraio-aprile.
Significato: Amore di sé, nuovi inizi.
Storia e curiosità: Prende il nome dalla leggenda mitologica greca. Il suo significato è differente nelle varie culture. In Cina è considerato simbolo di fortuna e prosperità. Per i druidi celti rappresentava la purezza. Nella cultura ebraica la bellezza e la fertilità femminile ed era il fiore prescelto nella celebrazione della pasqua. In Egitto veniva utilizzato nelle funzioni funerarie. In Grecia  il narciso era apprezzato per il suo profumo stordente e proprio dal fiore deriva il termine narcotico. 

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Capitolo 13
*** Piazza Gyoncorde ***


Alle mie Otaku alla riscossa
 
Finisco di applicare il lucidalabbra, esaminandomi allo specchio con aria critica.
Mi piace ciò che vedo.
Forse devo aggiungere un po’ di blush e un po’ di mascara ma, nel complesso, sono molto soddisfatta.
Il che è il minimo vista la giornata di shopping selvaggio a cui mi sono sottoposta ieri, in compagnia di Bibi e Koala.
Fortuna che negli anni sono diventata esperta nel farmi da sola manicure e pedicure impeccabili.
Fortuna che Caimie, la mia parrucchiera, è mia amica da anni e mi ha sempre fatto lo sconto e, anzi, stavolta non ha voluto neanche un berry quando ha saputo dove andavo stasera, tanto si è emozionata per me.
E fortuna anche che Bibi aveva una pochette perfetta con le scarpe che ho preso abbinate all’abito.
Altrimenti avrei speso un capitale per davvero.
Almeno ho trovato un look che, nonostante sia elegante e impegnativo, potrò sfruttare in altre occasioni.
L’ho scelto con cura anche per quello, questo abito lungo fino ai piedi, gonna verdeacqua e top bianco che si aggancia sul collo e mi lascia la schiena interamente scoperta. Così come anche i sandali con il tacco bianchi, impreziositi da una fascia satinata e argentata e arricchita con una fila di simil swarosky che attraversa la parte della scarpa che tiene ferme le dita dei piedi. Anche i trucchi li ho dovuti comprare, essendo sempre stata una ragazza acqua e sapone al cento per cento, fatta eccezione per il mascara e il fondotinta.
Gli accessori ce li avevo e ho optato per una parure discreta e in oro bianco, regalatami non so più né da chi né in che occasione.
E non so davvero come abbia fatto Caimie, visto la lunghezza non proprio esagerata dei miei capelli, ma l’elaborata treccia che mi decora la nuca, simile a quella di Makino quando si è sposata, è assolutamente perfetta.
Io sono assolutamente perfetta.
E non è mancanza di modestia la mia.
È una necessità.
Perché non avrei potuto presentarmi in nessun altro modo alla festa annuale della Baroque Works. Dovevo essere impeccabile! E, fortunatamente, lo sono.
Ma, ciò nonostante, qualcosa non va.
Non sono agitata, all’idea di incontrare il padre di Sabo né suo zio Crocodile o tutta quella gente famosa che ci sarà sicuramente. Perché dove ci sono i canapè c’è la gente famosa e questo è proprio il genere di festa dove i canapè non mancano.
Ma, come dicevo, non è quello il problema.
Quando sono uscita con loro per la prima volta, tre settimane fa, Sabo e i suoi amici hanno da subito fatto il possibile per farmi sentire a mio agio. Un paio di soggetti famosi c’erano, come Nefertari Bibi, futura erede dell’Alabasta&Co. e Kaku, uno dei soci più giovani della Galley L.A..
Mi sono trovata così bene da esserci uscita anche la sera dopo e quella dopo ancora. E non ci è voluto molto per legare con Bibi e Koala. Così come non ci è voluto molto perché io e Sabo diventassimo intimi.
Sto bene con lui.
È un bravo ragazzo, intelligente divertente, tiene a me.
Praticamente, è perfetto.
Lui è perfetto, io sono perfetta.
E qualcosa non va.
E so benissimo che cos’è.
Ed è che a me, la perfezione, non piace, non è mai piaciuta e mai mi piacerà.
Non dico che sia brutta in assoluto, però a me non piace.
E so anche che quello di stasera non è un semplice invito. C’è sotto molto di più.
C’è sotto che Sabo vuole portare il nostro rapporto al livello successivo. E c’è che a me cinque settimane sembrano poche.
Mi allontano dallo specchio e, sospirando, mi siedo sul letto, portandomi sulle gambe Momonosuke, il mio drago cinese di peluche di quando ero bambina.
Non so cosa fare.
Non è così male essere perfette una volta tanto. Ma so che una relazione più seria con Sabo implicherebbe esserlo sempre e non sono sicura di esserne in grado.
-Cosa devo fare, Momo?!- gli domando sollevandolo per incrociare i suo occhi vitrei.
Ma niente da fare.
Né lui né nessun altro può venirmi in aiuto nel prendere una decisione che è solo mia.
Il suono del telefono mi da un buon motivo per smettere di scervellarmi.
In un fruscio di seta mi alzo e raggiungo la pochette, posata sulla scrivania, estraggo il cellulare e aggrotto la fronte, perplessa, leggendo il nome di Makino sul display lampeggiante.
-Pronto?!-
-Margaret!- esclama e subito mi allarmo sentendo il suo tono preoccupato -Grazie ai kami hai risposto!-
-Makino! È successo qualcosa?! Hiiro o Shanks?!-
-No no! Noi stiamo bene!- si affretta a rassicurarmi, facendomi tirare un sospiro di sollievo.
Sollievo destinato a durare poco.
-Ma devi correre qui a Foosha subito! Un pazzo ha dato fuoco a tutti negozi di piazza Gyoncorde!-
 
§
 
Non ricordo neppure come ho fatto a recuperare un taxi.
Ero troppo sconvolta mentre mi precipitavo fuori di casa, giù in strada, decisa a raggiungere Foosha a piedi se necessario.
-Tenga il resto e grazie mille- dico sbrigativa al tassista, allungandogli un paio di banconote prima di scendere e sbattere la portiera con forza.
Mi giro vero il mio negozio, aspettandomi il delirio, sirene, fiamme e fumo, pompieri  e polizia in ogni dove.
Ma niente di tutto questo si presenta ai miei occhi.
Data la distanza a cui mi trovo e la prospettiva, il chiosco mi copre del tutto la visuale sulla piazza ma, anche così mi rendo conto che è tutto tranquillo e che non ci sono incendi in corso, né qui né più in là.
Cosa diavolo sta succedendo?!
Se questo è uno scherzo, è di pessimo gusto!
Mi avvicino al chiosco, non sapendo se essere contrariata o perplessa.
Makino non è il tipo da fare una cosa del genere.
Porto le mani sui fianchi, ferma di fronte alla porta del retro, esaminando il muro con occhio critico e trovando tutto intatto.
Comincio a girare intorno senza staccare gli occhi dalla struttura, non sapendo cosa pensare, finché non arrivo sul davanti del negozio, dove glicine panchina e tutto il resto si trova integro e al proprio posto.
Sempre con le mani sui fianchi e le sopracciglia corrugate mi volto per lanciare un’occhiata al resto della piazza, sapendo che tanto la troverò come sempre.
Ma non appena finisco di voltare le spalle alla mia attività, scopro di essermi sbagliata.
Perché davanti a me non c’è più piazza Gyoncorde.
 
[Unconditionally ]
 
Trattengo il fiato, scioccata.
Mi porto una mano alla bocca mentre una miriade di emozioni diverse mi attraversa.
No, questa non è piazza Gyoncorde.
Davanti a me c’è un’impressionante, meravigliosa, sconvolgente distesa di tulipani bianchi che occupano la piazza in ogni metro quadro tranne che per una strada che si apre tra i fiori, proprio davanti a me, invitandomi a imboccarla e percorrerla.
Non c’è bisogno che io mi chieda per arrivare da chi.
So chi è l’artefice di tutto questo.
E ora sta solo a me decidere.
Ma prima che io possa formulare un solo pensiero razionale, mi accorgo che le mia gambe hanno già preso a muoversi da sole.
 
Oh no, did I get too close?
Oh, did I almost see what's really on the inside?
 
Mentre il bordo della mia gonna accarezza le foglie nivee dei fiori, mi continuo a guardare intorno cercando di capire, senza riuscirci, dove hanno fine questi tulipani.
Kami!
Quanti sono?!
Devono essere costati una fortuna!
 
All your insecurities
All the dirty laundry
Never made me blink one time
 
Continuo a muovermi lungo il viale e, a metà strada, riesco a intravedere il centro della piazza, notando una macchia rossa tra la distesa candida.
Non mi fermo, non ci riesco, continuando imperterrita ad avanzare, il cuore che pompa come impazzito, lo stomaco stretto in una morsa e la testa completamente annebbiata.
Non riesco a pensare a niente.
A niente tranne che a lui e a questo folle gesto, che mi sta rivoltando l’anima.
 
Unconditional, unconditionally
I will love you unconditionally
 
Raggiungo il centro della piazza, insieme con la macchia cremisi, che non è altro che un gruppo di tulipani rossi.
Maledetto bastardo!
Guarda cosa si è inventato!
-Può aiutare a superare la paura o l’imbarazzo, a chiedere scusa, a farsi ascoltare da qualcuno che non vuole darci retta… Il linguaggio dei fiori può essere molto utile per tirarsi fuori da situazioni complicate!- 
La mia stessa voce mi rimbomba nella mente, riportandomi a quel giorno, il giorno in cui è entrato nella mia vita.
Ha imparato la lezione a quanto vedo.
 
There is no fear now
Let go and just be free
I will love you unconditionally
 
Ma non riesco a credere a ciò che vedo, a ciò che leggo in questi fiori.
Possibile che lui… che lui…
Così tanto?!
Sento le lacrime riempirmi gli occhi, senza sapere se sono di rabbia, di gioia o di sollievo.
 
Come just as you are to me
Don't need apologies
Know that you are worthy
 
Una presenza alle mie spalle mi fa voltare di scatto.
E, anche se me lo aspettavo, il cuore mi si ferma.
Mi si ferma quando incrocio i suoi occhi grigi, colpevoli e sofferenti.
È qui. Lui è qui.
E improvvisamente mi sento completa.
 
I'll take your bad days with your good
Walk through the storm I would
I do it all because I love you, I love you
 
Lo guardo senza parole, senza riuscire ad articolare alcunché.
Studio il suo viso tirato e pallido prima di notare una macchia colorata, che spicca contro la t-shirt  nera a maniche corte, indossata sopra i jeans.
 
Unconditional, unconditionally
I will love you unconditionally
 
Abbasso lo sguardo e non riesco più a trattenere le lacrime quando vedo che tiene tra le mani un tulipano giallo.
-Il tulipano giallo indica “amore disperato”-
-È una sottigliezza-
-Oh ma davvero?! La differenza tra “amore” e “amore disperato” è una sottigliezza? Vai a dirlo a qualcuno che non può stare con la persona che ama e ne riparliamo!-
Fa un passo verso di me, senza ancora dire nulla, incapace di trattenere il desiderio di stringermi a sé per consolarmi ma subito sollevo una mano per bloccarlo prima di puntargli contro l’indice.
-Tu… tu sei… u-un…-
 
There is no fear now
Let go and just be free
I will love you unconditionally
 
Ma non so cosa dire.
Perché è tante cose.
E perché ora che ho iniziato a singhiozzare non riesco a smettere.
 
So open up your heart and just let it begin
 
Tutto il mio dolore.
 
Open up your heart and just let it begin
 
Tutta la mia speranza.
 
Open up your heart and just let it begin
 
Tutto il mio sollievo.
 
Open up your heart
 
-Margaret…- mi chiama quando i gemiti diminuiscono ma non osa aggiungere altro quando torno a guardarlo, gli occhi due pozze salate e il volto contratto in una smorfia di dolore.
 
Acceptance is the key to be
 
Ci fissiamo per un lungo istante, nel quale riesco solo a pensare al suo viso sofferente.
Vedermi così lo sta uccidendo .
E vederlo così sta uccidendo me.
 
To be truly free
 
Faccio un passo verso di lui.
 
Will you do the same for me?
 
E, finalmente, smetto di pensare.
 
Unconditional, unconditionally

Lo afferro per il collo e mi butto sulle sue labbra.
Testardo.
 
I will love you unconditionally

Non c’è esitazione quando le sue mani si posano sulla mia schiena, attirandomi verso di lui, stringendomi e curandomi con un solo tocco.
Cocciuto.
 
And there is no fear now
 
Affondo le dita tra i suoi capelli, mordendogli le labbra, mentre qualche singhiozzo ancora mi sfugge.
Orgoglioso.
 
Let go and just be free
'Cause I will love you unconditionally
 
Mi passa il palmo aperto sulla schiena fino a raggiungere il mio collo che stringe con delicatezza, mentre con l’altro braccio mi cinge la vita, quasi avesse paura che io possa scappare.
Non vado da nessuna parte, Law.
Lo stringo forte a me, staccandomi solo un secondo per riprendere aria e poi ricomincio subito a rubargli il respiro.
Perché mi serve per vivere.
Ora lo so.
Lo so cosa c’era di sbagliato.
Non poteva essere giusto senza di lui, perché io sono sua.
 
 I will love you (unconditionally)

Disperatamente sua.
Ed è così che lo bacio.
Disperatamente.
Perché è così che lo amo.
Con tutti i suoi difetti e tutte le sue imperfezioni.
Anche se è cocciuto, testardo, orgoglioso e, quando vuole, un gran bastardo, irrispettoso per giunta.
Ma questa è solo una piccola parte di lui e non me ne frega niente.
 
I will love you
 
Perché lo amo.
Nonostante tutto, lo amo.
Lo amo da impazzire.
 
I will love you
 
-Se una persona ti fa innamorare davvero, lo fa con tutta se stessa, compresi i difetti! Cambiare i difetti dell’altro vuol dire cambiare la persona che si ama e io non lo vorrei mai!- 
Mai!
 
unconditionally
 
Mi stacco da lui, senza smettere di stringermi forte al suo petto, sorridendo tra le ultime lacrime che si stanno lentamente seccando.
Ma lui continua a guardarmi con sofferenza.
Basta, Law!
È tutto a posto! Ho capito!
So che non volevi tradirmi, so che hai avuto paura.
L’ho sempre saputo, prima ancora che fosse Franky a suggerirmelo.
E posso accettarlo perché ora so che mi ama e che non potrebbe mai farmi del male intenzionalmente.
Gli accarezzo il viso, sperando di riuscire a far scivolare via la sua maschera di tristezza.
-Io… sono un coglione…- sussurra.
-Va tutto bene- lo interrompo, sottovoce.
Mi fissa per alcuni istanti prima di posare la fronte sulla mia e circondarmi con entrambe le braccia, portandomi contro il suo torace e respirando a pieni polmoni.
Mi solleva da terra e si avvia verso la panchina sotto il glicine, attento a non schiacciare i tulipani, facendomi accomodare accanto a lui, senza smettere di stringermi. Porto le gambe a cavallo delle sue e la fronte contro la pelle calda del suo collo, abbandonandomi completamente tra le sue braccia.
Restiamo per un po’ in quella posizione, lasciando il tempo al tempo di portare via la nostra sofferenza, respirandoci a vicenda.
Mi sento rinata, di nuovo viva.
Solo ora che ha ricominciato mi rendo conto che il mio cuore non batteva da cinque settimane.
-Bastava una telefonata, lo sai, vero?!- mormoro dopo un po’, lo sguardo di entrambi ancora fisso sulla distesa di tulipani.
Mi allontana dall’incavo del suo collo per guardarmi.
-Mi è sembrato più… adatto- commenta, esitando appena.
Gli rivolgo un sorriso scettico e divertito. So che voleva dire “romantico”.
Si riconferma sempre un testardo orgoglioso.
-Come diavolo hai fatto?!-
-Beh mi sono fatto aiutare. Da Makino lo sai già… e da Franky-
-Franky?!?!?!- esclamo, sgranando gli occhi incredula. 
-Sì. Dovevi vedere come piangeva mentre gli spiegavo cosa volevo fare. Continuava a ripetere “quanto sei romantico, fratello” e a sostenere di non stare piangendo-
Scoppio a ridere immaginandomi Law, sempre serio e impassibile, alle prese con il mio sensibile e nerboruto fornitore.
-Tra l’altro, tra poco dovrebbe arrivare a riprendersi i tulipani- mentre parla mi passa le mani sulla schiena e le braccia, facendomi rabbrividire e accoccolare di più contro di lui. -Sai sono gli ordini per domani questi-
-Ah sì?!- domando perdendomi irrimediabilmente nei suoi occhi.
Annuisce prima di girarsi verso sinistra.
-Il quadrante est sono quelli che hai ordinato tu- dice indicando un punto della piazza.
Sghignazzo mentre mi sollevo un po’ per baciarlo proprio sotto lo spigolo della mandibola, facendolo fremere. Mi stringe di più per le spalle, posandomi un bacio tra i capelli.
-Andiamo a casa?!- propone senza staccare le labbra dalla mia testa.
-Mia o tua?!- chiedo posando una mano al lato del suo collo, chiudendo gli occhi per godermi le sue coccole.
Kami, voglio restare così per sempre!
-Dove vuoi tu-
-Prima però prendo le schede dei fiori… Conosco una versione del gioco che ti piacerà…- sussurro maliziosa, strofinandogli il naso sul collo e facendolo ghignare.
E mi sento incredibilmente bene, praticamente in paradiso, al pensiero che vedrò quel ghigno anche domani.
E il giorno dopo ancora.
E quello dopo ancora.
Perché lui è mio e io sono sua e da oggi in poi andrà tutto bene.
Mai avrei immaginato che un giorno di pioggia avrebbe potuto cambiare così tanto la mia vita.
 
Grazie mille, Vecchio Haredas.
 
 
 
 
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Tulipano bianco – Perdono
 
 
 
 
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Tulipano rosso – Amore
 
 
 
 
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Tulipano giallo - Amore disperato 


Fioritura: Marzo-maggio
Storia e curiosità: Il nome deriva dal turco tullband, che significa turbante e durante l’impero ottomano veniva largamente usato per ornare i giardini, in quanto simbolo di ricchezza e potere, tanto che venivano addirittura organizzate delle feste per celebrare la loro fioritura. Fu introdotto in Europa nel 1554 e veniva considerato talmente prezioso che i bulbi del fiori facevano parte delle doti delle ragazze. In Olanda nacque subito un vero e proprio culto per questo fiore, per il quale venne addirittura coniata un’unità di misura apposita per la valutazione della qualità dei bulbi.
 
 
Angolo dell’autrice:
Okay, non ho resistito ad aspettare fino a domani. Non ce l’ho fatta. Sono colpevole.
Ragazzi, vi devo confessare che mentre scrivevo questa storia ogni tanto mi fermavo e dicevo “ma chi me l’ha fatto fare”, soprattutto quando dovevo mettere le schede sui fiori. Però poi pensavo a voi Emy, Star, Soke, Zomi, Karter, ThatOneEyedFlamingo e LucyvanPlanet che mi avete sostenuta e incoraggiata per tutto il tempo, e la voglia tornava! Quindi grazie davvero! Siete eccezionali!
E ringrazio anche Giuggy3 e New Red Eyes!
E naturalmente tutti coloro che hanno seguito, preferito, ricordato o anche solo letto!
Mi spiace che sia finita ma nuove emozionanti avventure mi aspettano! E non è escluso che un giorno io non vi racconti anche cosa è successo durante l’uscita di Margaret con gli amici di Sabo, il matrimonio di Usop e Kaya e magari anche la festa aziendale della Baroque Works!
Insomma, a presto e grazie ancora per tutto!
Piper. 

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