Angelic Power

di Manhattan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1. ***
Capitolo 2: *** Chapter 2. ***
Capitolo 3: *** Chapter 3. ***
Capitolo 4: *** Chapter 4. ***
Capitolo 5: *** Chapter 5. ***
Capitolo 6: *** Chapter 6. ***
Capitolo 7: *** Chapter 7. ***
Capitolo 8: *** Chapter 8. ***



Capitolo 1
*** Chapter 1. ***



Lee Point Of View
Guardando tranquillamente la televisione nel nostro appartamento con Alex, sentimmo entrare per poi sbattere la porta d'ingresso Jace.
«Sta sera andiamo in discoteca, non si discute.» Disse.
«È la terza sera che andiamo in discoteca, Jace!» Rispose scocciata Alex. Andai a prepararmi senza discutere: non ci si poteva mettere contro Jace, se voleva una cosa faceva di tutto pur di convincerti. Ad Alex bastò uno sguardo per seguirmi. 
“Che noia!” pensai.“ Ma quanto può essere arrogante quella ragazza a volte? Vabbè, devo pensare a cosa mettermi ora.” pensai subito dopo.
Aprii la cabina armadio, tutte le nostre camere ne avevano una, essendo molto grande l'appartamento. Avevo l'imbarazzo della scelta, così tanti vestiti e nessuno che andasse bene per la discoteca. Optai per un corpetto corto nero senza bretelle, una gonna a vita alta color pesco, delle semplici scarpe nere col tacco 12 cm ed una catena come collana. Ci avevo messo mezz'ora per scegliere il vestito, ora il trucco. Decisi di fare un trucco abbastanza semplice: phard, matita nera, mascara ed un po' di rossetto rosa in modo da volumizzare le mie labbra. Aprii la porta e mi trovai davanti Alex e Jace. Alex aveva un semplicissimo vestito nero accollato e delle scarpe con il tacco 15 cm gialle fluo; era truccata con troppo eye liner ma stava benissimo, a volte mi sorprendevano i suoi abbinamenti. Jace si mise un vestitino cortissimo nero e un po' scollato con dei tacchi neri anche lei alti 15 cm, una collana ed un bracciale abbinati con delle spine, non so come definire quei cosi. Il suo trucco era semplice, in confronto al modo di vestire.
«Ma quanto cazzo di tempo stai per prepararti?» Mi chiese Jace, ma prima che potessi risponderle mi afferrò per il braccio e uscimmo di casa, chiuse la porta a chiave ed entrammo in ascensore. Usciti dal palazzo c'era già il taxi ad aspettarci. Ci avevo messo davvero così tanto tempo? Salimmo sul taxi e mi ritrovai tra lo sportello e Alex senza nemmeno accorgermene, ho la testa fra le nuvole oggi.
«Che discoteca hai scelto 'sta sera, Jace?» le chiese Alex.
«L'Alcatraz.» rispose lei in modo molto freddo.
«Carino il tuo abbinamento di oggi, Lee.» Mi disse sorridendo, ma non capii se era la sua solita ironia o pura sincerità.
«Grazie.» le dissi dandole un bacio sulla guancia. Jace mi guardò quasi schifata, a lei non piacevano molto i gesti d'affetto in pubblico, ma quando stava con il suo ragazzo faceva tutto in pubblico, ovviamente nei limiti.
Voltai la testa verso destra, in modo da poter guardare le luci della città. Mi incantava New York, nonostante ci vivessi da ormai due anni. Regnava il silenzio nel taxi, il che mi faceva sembrare tutto molto da film drammatico. Iniziai a giocare con il bordino della gonna, mi stavo annoiando. Le andate in taxi non erano mai così: Alex non la finiva mai di parlare, Jace cercava di ignorarla anche se a volte la riprendeva dicendole di stare zitta, in vano, poiché aveva sempre troppe cose da dire, o meglio, dirmi, visto che Jace non le dava retta. Arrivati alla grande discoteca, scendemmo dall'auto e Alex pagò il taxista, che solo dopo essersene andato si accorse di avergli dato cinque dollari in più. Posso immaginare Jace bestemmiarla nella mente; scontato da parte sua. E mentre Alex sistemava i soldi nella pochette, io e Jace ci dirigemmo verso l'entrata della discoteca.
C'era una fila, non molto lunga ma subito dopo di noi si aggregarono altre persone. Arrivati davanti all'entrata il buttafuori con una lista in mano ci chiese i nomi, ricevendo una risposta secca di Jace. Appena sorpassammo l'entrata, un odore disgustoso di fumo e alcool invase le mie narici, facendomi venire un leggero capogiro. Persi subito Alex e Jace.

“Saranno andate a ballare pensai immediatamente. Così mi diressi al bancone del bar. 
«Cosa desideri?» Mi chiese il barista appena mi vide arrivare.
«Una cola, grazie.» Gli risposi voltandomi per vedere tutte quelle persone ballare.
Ricevuta la mia cola, iniziai a berla a piccoli sorsi; era troppo fredda per i miei gusti. Vidi Alex avvicinarsi a me ridendo, mi trascinò in mezzo alla folla salterellando. Trovammo un buco al centro della sala ed iniziammo a ballare, finché un ragazzo non iniziò a strusciarsi contro il suo corpo e si allontanarono. Così decisi di andare a finire di bere la mia cola. Vidi un ragazzo ballare e seguirmi con gli occhi, poi lo vidi avvicinarsi.
«Hey bellezza, ti va di ballare?» Era molto carino, ma c'era qualcosa di malvagio in lui, i suoi occhi. Aveva un ghigno sul viso, avevo paura di rispondergli. Iniziò ad avvicinarsi di più ed io cercavo sempre più di allontanarmi, inutilmente, stando appoggiata al bancone. Mi afferrò per la vita, aveva una mano pesante. Iniziò ad allontanarmi dalla folla, iniziò a portarmi nel retro della discoteca. Vidi una porta e fu allora che iniziai ad urlare, ma nessuno mi sentì. Loro ballavano, si divertivano e a me stava per succedere il peggio. Aprì la porta, uscimmo su un veicolo chiuso. Era buio, c'erano dei sacchi della spazzatura, siringhe, che non volli immaginare a cosa sarebbero potute servire. Mi sbatté contro il muro ed iniziò a graffiarmi alla base del collo. Io gridavo, ma non c'era nessuno lì disposto a salvarmi. Sembrava interminabile e il dolore dei graffi era niente in confronto a come mi sentivo. Avvicinò le sue labbra al mio collo pieno di segni rossi. I suoi canini diventarono più sporgenti.  La mia vista iniziò ad offuscarsi. Chiusi gli occhi, mi ripetevo che sarebbe finita. Cosa voleva farmi? Un rumore. Aprii piano gli occhi. La vista offuscata. Il ragazzo era steso a terra e sopra di lui c'era un animale. Enorme. Non vidi nient'altro. Mi lasciai andare. 

Jace Point Of View
Stavo ballando insieme ad un ragazzo carino,era alto, aveva un fisico molto palestrato, molti tatuaggi un po' ovunque, ma era anche molto ubriaco, sicuramente me lo sarei portata a letto.
Tutto procedeva come avevo pianificato finché non venne correndo Alex, gridando e piangendo.

«JACE..JACE..JACE.. LEE È.. LEE STA....» disse Alex, ma non capì nulla, mi staccai da quel ragazzo e andai incontro ad Alex, per vedere cosa fosse successo, ma sicuramente saranno una delle sue solite stronzate.
«Adesso calmati e dimmi cosa è successo a Lee» le dissi con fare indifferente.
«Lee è stata ritrovata davanti alla discoteca..piena di graffi e... e lividi, il suo vestito era strappato..» mi disse Alex, subito dopo la presi per il polso e mi diressi verso l'entrata. Lee era per terra, sdraiata, corsi verso di lei abbassandomi per vedere cosa le era successo. Come aveva detto Alex era piena di graffi e ematomi sparsi per tutto il corpo, ma soprattutto vicino al collo e alle braccia dove erano più frequenti. I suoi occhi erano arrossati, sicuramente perché stava piangendo.
«AVETE CHIAMATO L'AMBULANZA?» dissi gridando e molto arrabbiata.
«Sta per arrivare..»  disse Alex che stava ancora piangendo.
Intanto mi abbassai all'altezza del suo petto. Feci un sospiro di sollievo, sentendo che era ancora viva. Dopo qualche minuto arrivo l'ambulanza che ci portò all'ospedale.

Lee Point Of View
Aprii gli occhi. Ero stesa su un lettino d'ospedale. La vista ancora leggermente offuscata. Alla mia destra c'era Jace, in piedi, indifferente. Alla mia sinistra, seduta su una sedia, Alex che mi teneva la mano. Alex sembrava più preoccupata di Jace. 

«Perché sono qui, cosa mi è successo?» Chiesi ad entrambe.
«I dottori dicono che ti ha aggredito un animale.» Mi risponde Jace, indifferente come sempre.
«No. È stato quel ragazzo non è stato un animale!» Risposi frettolosamente.
«Lee, calmati. Non puoi dare la colpa a quel ragazzo. Magari non aveva le migliori intenzioni ma non è di certo stato lui a farti tutto questo.» Mi rispose calma Alex. Mi alzai leggermente con il busto.
«Alex, devi fidarti di me, so cosa ho visto. Non potete saperlo meglio di me.»
«Andiamocene, i medici dicono che puoi tornare a casa, è stato solo uno svenimento dovuto allo shock. Alzati.» Mi disse Jace.
«Puoi preoccuparti almeno un po' per me, Jace?» Le chiesi, iniziai a diventare nervosa. E non era da me.
«L'ho fatto. Ora andiamocene, serve la stanza libera.» Mi disse dirigendosi verso la porta.
«Va bene.» Mi alzai dal lettino aiutata da Alex. Uscimmo dalla camera e trovammo un'infermiera che mi disse di stare tranquilla e che non era successo niente accompagnata da un sorriso.
Jace chiamò un taxi che ci raggiunse dopo poco. Le immagini di quella terribile scena mi ritornarono alla mente. Quell'animale non mi aveva fatto del male. Mi aveva salvata.

Jace Point Of View
Quando tornammo a casa furono quasi le tre di notte, nessuno aveva aperto bocca subito dopo che entrammo nel taxi. Mi diressi verso camera mia e chiusi la porta a chiave per non essere disturbata,così mi svesti e mi misi il mio pigiama preferito,era nero con teschi bianchi qua e la. Subito dopo presi il mio portatile e mi buttai sul letto, sospirai pensando alla giornata che mi aspettava domani, anzi ogni giorno che verrà. La mia vita era un falso, io ero falsa, potevo comportarmi soltanto com'ero veramente solo in presenza di Alex e Lee, davanti a tutti gli altri sono gentile, amichevole e comprensiva...tutto ciò che nella realtà non sono, non so perché mi comporto così, forse perché mi sono abituata a recitare o forse perché mi piaceva prendere in giro la gente o forse volevo sembrare una ragazza non molto diversa dalle altre...
Ero gelosa di Lee, lei non si sforzava ogni giorno a essere una ragazza socievole e gentile con tutti. Ma allo stesso tempo mi infastidiva il fatto che lei fosse così debole e incapace di proteggersi, anche se la giustifica il suo corpo esile e piccolo. Aveva capelli castani e lunghi fino ai fianchi, il suo viso era piccolo e carino con due occhi molto belli e la sue iride variava dal castano chiaro al verde.
Io ero diversa, ma dipende da come mi vestivo, ad esempio, quando fingevo la brava ragazza non mi truccavo, il mio viso sembrava quello di un angelo, e questo mi aiutava con la recita giornaliera, ma mi dava anche fastidio perché per sembrare un po' più "dura" dovevo mettermi chili di trucco sul viso.
Avevo capelli castano scuro che arrivano poco più in alto del fondo schiena, i miei occhi erano azzurri, quasi come l'acqua. Ero alta e snella, potevo anche dire che avevo delle buone curve proporzionate per il corpo, tutti i ragazzi mi prendono per la ragazza perfetta, pur non sapendo la mia vera natura.


Ashley Benson alias Alexis Ross


Emily Rudd alias Jace Hall


Madison Beer alias Lee Hemsworth


Il soggiorno 

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Capitolo 2
*** Chapter 2. ***


Lee Point Of View
Un raggio di sole che filtrava dalla finestra mi svegliò, la base del collo ancora dolente e gli occhi arrossati. Mi alzai, aprii la cabina armadio e mi guardai allo specchio: la canotta che indossavo lasciava liberi tutti i segni della sera precedente. Mi sentivo sporca, disgustata da quel ragazzo, così decisi di farmi una doccia calda. Presi l'intimo, un pantaloncino a vita alta di jeans e una canotta corta rossa con il numero 36; entrai nel bagno della mia camera e posai i vestiti sul mobiletto accanto al lavabo. Aprii l'acqua calda e mi spogliai. Entrai nella doccia e iniziai a lavarmi i capelli; nel frattempo le immagini di quel ragazzo che mi graffiava, che mi faceva del male, ritornarono alla mente, di nuovo. Non può essere stata la mia immaginazione, so benissimo cosa ho visto, so benissimo di non essere pazza. Decisi di rimandare le immagini di quel ragazzo a più tardi, così finii di lavarmi e chiusi l'acqua, avvolsi un telo da bagno in torno al mio piccolo corpo, andai vicino al lavabo, presi il phon e mi asciugai i capelli. Passai il telo su tutto il corpo in modo tale da asciugare le poche gocce di acqua rimaste, e mi vestii. Tornai in camera e mi infilai le coverse bianche, una catenina al collo e un bracciale. Andai in cucina, dove c'era Jace ai fornelli.
«Buon giorno, Jace.» Le dissi sedendomi ad una sedia del tavolo. Non mi rispose, andava di fretta, come sempre. Io e Jace lavoravamo entrambe a Starbucks, lei faceva il turno la mattina e io dopo pranzo, mentre Alex andava ancora a scuola.
Jace indossava una minigonna blu, che arrivava sulla vita, una camicetta bianca senza maniche e delle converse bianche a collo basso.
«Io vado, ciao.» Mi disse prendendo la sua borsa e uscendo di casa. Iniziai a mangiare quello che aveva preparato e poi decisi di uscire, così mi misi un golfino beige, chiamai un taxi e uscii di casa. Aspettai il taxi sotto al grande palazzo.
«Dove la porto, signorina?» Mi chiese il taxista.
«Ad una discoteca. L'Alcatraz, grazie.» Gli risposi.

Jace Point Of View
Mi stavo mettendo la mia uniforme nel camerino, mi misi anche i pattini, come sempre, per servire più velocemente.
Andai verso l'ingresso dove stavano entrando una coppia di sedicenni.
«Buongiorno, accomodatevi» dissi con un sorriso splendente. Mi seguirono fino al tavolo dove si sedettero. Il ragazzo mi continuava a fissare con una faccia da ebete, finché la ragazza non lo guardò con un pò di fastidio in volto, e gli diede un colpetto per farsi notare. Continuai a prendere ordinazioni, andando avanti e indietro sorridendo come sempre.
Vidi che stava entrando un ragazzo, così andai verso l'ingresso.
«Buongiorno, prego, si accomodi» dissi facendo un sorriso a trentadue denti.
«Grazie» mi rispose, con fare indifferente, quasi non notandomi. "Che strano" pensai "Nessuno mi ha mai ignorato in questo modo".
Lo accompagnai al suo tavolo e poco dopo andai a prendere le sue ordinazioni.
«Cosa desidera?» dissi con estrema gentilezza.
«Un caffè» disse indifferente.
«Solo un caffè?» dissi sorridendo.
«Sì» disse sempre con la stessa espressione indifferente, ma nella sua voce c'era un accenno di fastidio.
«Con permesso» e mi congedai. Pensai a quel ragazzo, doveva avere circa diciotto-diciannove anni, era bello, con dei lineamenti asiatici, aveva un corpo palestrato ma non troppo, aveva due brillantini come orecchini, ma c'era qualcosa di strano in lui, "Mà" pensai "Forse mi sta solo antipatico e viceversa".

Lee Point Of View
Pagai il taxista e mi diressi verso il retro della discoteca. Non c'era nessuno, nel veicolo non c'era niente. Restai ferma sul punto dove quel ragazzo ha iniziato a farmi del male. Mi inchinai leggermente per vedere se fosse rimasto un po' di sangue o almeno se fosse rimasto qualche cosa che si collegasse a lui. Ero sovrappensiero.
«Cerchi qualcosa?» Sentii una voce maschile alle mie spalle. Mi voltai velocemente per vedere a chi apparteneva quella voce. Ero spaventata e allo stesso tempo sorpresa. Era un ragazzo sui diciannove anni, alto, castano, era molto carino; indossava dei pantaloni neri consumati, una t-shirt bianca e un giubbotto di pelle nera. Mi sembrava di averlo già visto da qualche parte.
«Ieri qui c'è stata un'aggressione, credevo ci fossero delle tracce dell'aggressore.» Gli risposi un po' esitante.
«Mi dispiace ma non c'è niente, la zona è già stata controllata.» Mi disse con freddezza. Mi alzai.
«Ah okay, mi dispiace di averti disturbato, arrivederci.» Dissi andandomene, ma lo guardai un'ultima volta. Mi afferrò dal braccio,
«Come ti chiami?» Mi chiese freddamente.
«Lee.» Gli risposi esitante. Mi lasciò il braccio e se ne andò via.
«E tu come ti chiami?» chiesi velocemente, ma ormai si era volatilizzato.
Rimasi lì, ferma, per qualche secondo prima di dirigermi verso Starbucks per iniziare il mio turno.

Jace Point of View
Il mio turno era quasi finito, così andai nel camerino a cambiarmi. E così finì un'altra giornata. Usci dal retro per buttare la spazzatura, ma non c'ero solo io, c'era quel ragazzo strano, appoggiato al muro vicino ai cassonetti, che mi guardava indifferente.
«Se vuole un altro caffè basta che vada a chiedere alla mia collega» dissi, fingendomi sorpresa della sua presenza.
«Non ne ho bisogno, grazie» disse lui, con un'espressione fra il disinteressato e il divertito. Le persone come lui, mi infastidivano molto, ma lui mi faceva salire proprio il crimine, ma non lo diedi a vedere.
«Allora arrivederci» dissi sorridendo dolcemente. Camminai, e lo superai di poco.
«Non sei per niente brava a recitare la parte dell'angioletto» mi disse ancora con quella sfumatura di divertimento nella voce. Mi immobilizzai sentendo quelle parole. Possibile che un ragazzo con cui ho parlato per qualche minuto avesse scoperto com'ero veramente? no, dovevo mantenere la calma, come sempre, ma allo stesso tempo mi divertiva, per questo avrei giocato con lui un po'.
«Forse hai ragione, ecco perché mi hai scoperta» dissi girandomi verso di lui, sorridendo e con un lieve ghigno divertito in viso, «O forse sei un detective» dissi con un po' di divertimento.
«Per tua sfortuna non lo sono, cara Jace» mi disse. All'inizio mi sorpresi sentendo il mio nome, ma poi mi ricordai del cartellino dell'uniforme su cui c'era scritto il mio nome.
«Come ti chiami?» gli chiesi cambiando discorso. Lui esitò qualche momento.
«Caleb... Caleb Brooks» mi rispose.
«Io sono Jace Hall, piacere di conoscerti» dissi io porgendogli la mano con un sorriso divertito.
«È stato davvero interessante conoscerti» mi disse lui stringendomi la mano e con fare divertito. Non mi piaceva molto quel ragazzo, ma allo stesso tempo mi attraeva qualcosa in lui.

Lee Point Of View
Arrivo al posto di lavoro e vado nel retro per mettermi l'uniforme per poi andare alla cassa. Fu una giornata noiosa, sembrava non finire mai. Arrivate le sette di sera salutai le colleghe e mi avviai verso casa.
«Cosa ci fai qui?» Chiesi vedendo il ragazzo incontrato la mattina vicino alla discoteca.
«Niente, stavo facendo un giro.» Mi rispose freddamente.
«Come ti chiami?» Gli chiesi ricordandomi che lui sapeva il mio nome e io no.
«Austin.» Era freddo quel ragazzo.
«Vuoi salire a bere qualcosa, Austin?» Gli chiesi cercando di essere il più gentile possibile.
Non mi rispose. Si girò e se ne andò.

Jace's Outfit


Lee's Outfit


Francisco Lachowski alias Austin Blake


Ignoto alias Caleb Brooks


La cucina

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Capitolo 3
*** Chapter 3. ***


Alex Point of View
Mi svegliai sentendo dei rumori, così andai a prendere un bicchiere d'acqua dalla cucina. La porta della camera di Lee era aperta, e passandoci davanti intravidi un ragazzo fuori sul balcone,pensai che me lo fossi immaginato, ma lo rividi e per lo spavento gridai.
«Alex, perché gridi?» Disse Lee svegliandosi, e appoggiandosi sui gomiti senza togliersi le coperte.
«Sul...sul balcone c'è un ragazzo...» Dissi io ancora spaventata, indicando verso il balcone, ma lì non c'era più nessuno.
«Non c'è nessuno sul balcone, te lo sarai immaginato» Disse Lee comprensiva.
«Alex, che cazzo ti gridi alle tre del mattino!»Disse Jace furiosa, spuntando dalla porta.
«C'era un ragazzo sul balcone di Lee, e la fissava..» Dissi ancora un po' sconvolta.
«Per caso sei diventata schizofrenica!?, Và a dormire e non rompere il cazzo!» disse Jace furiosa, così si girò e andò verso camera sua. Lee si alzò dal letto e mi venne incontro.
«Dai và a dormire, la stanchezza ti avrà dato qualche allucinazione» Disse Lee gentilmente. Rimasi qualche istante guardando ancora il balcone, ma poi andai verso la porta della camera di Lee.
«Forse hai ragione» Dissi confusa, così mi diressi verso camera mia ancora un po' stordita.

Jace Point Of View
Stavo andando in camera mia ancora un po' arrabbiata, quando vidi un biglietto sul tavolo del soggiorno, 'Scendi' c'era scritto, ma lo ignorai pensando che fosse una presa per il culo di Alex. Poco dopo trovai un altro biglietto sull'isola della cucina, 'Non è una presa per il culo, scendi', mi pietrificai per qualche minuto, ma poi decisi di scendere. Arrivai all'ingresso del gran palazzo e vidi Caleb appoggiato al muro.
«Ho tre domande» Dissi indifferente, ma con una punta di curiosità nella voce.
«Prego» Disse lui con la più falsa gentilezza di questo mondo.
«Primo: Come fai a sapere dove abito? Secondo: Quei biglietti erano tuoi e come hai fatto a posizionarli lì? Terzo: Perché sei qui?» Chiesi spazientita. 
«Allora, ho le mie fonti, poi si, è un segreto, e sono qui perché dovevo parlarti» Disse lui con calma.
«Alle tre del mattino!» esclamai furiosa.
«Cosa ci faceva un Figlio della Luna sul vostro balcone?» Disse lui indicando verso il balcone di Lee, ignorando la mia domanda.
«Un cosa?» Chiesi io non capendo ciò che aveva detto.
«Un Figlio della Luna, un licantropo» Disse lui con tranquillità, sorridendo.
«Che... che cosa?» Rimasi pietrificata dalle sue parole, ma dovevo cercare di stare calma.
«Io sono uno stregone e tu una Shadowhunter, una cacciatrice di demoni, mezza umana e mezzo angelo» Disse lui come se fosse la cosa più normale di questo mondo e indietreggiai di poco.
«Ma di che diavolo stai parlando!?» Dissi spaventata, la mia voce tremava, ma cercavo di non darlo troppo a vedere."Fra tutte le persone di questo mondo proprio io dovevo conoscere un pazzo psicopatico!", pensai.
«Ti sto dicendo che sono uno stregone, anzi, precisamente sono il sommo stregone di Staten Island» Disse lui con serietà. Ero davvero spaventata, lui era davvero pazzo, squilibrato e delirante; ma dovevo solo assecondarlo, dopotutto, è così che si trattano gli psicopatici!
«Ma non esistono soltanto quelli, ci sono anche i Figli della Notte e il Popolo Fatato» Mi disse facendo finta di ricordare.
«I Figli della Notte?» Chiesi confusa.
«I vampiri» Disse lui. Questa fu la goccia che fece traboccare il vaso.                 
«Tu sei pazzo!» Dissi io entrando nel palazzo, corsi più veloce che potevo verso l'appartamento, e chiusi tutto; dopo qualche minuto mi sporsi sulla finestra per vedere se se ne era andato, feci un sospiro di sollievo quando non lo vidi, pensando che se ne fosse andato.
«Non puoi fuggire dalla realtà» Mi girai da dove proveniva la voce, era ancora Caleb.
«Come hai fatto?» Dissi indietreggiando, sbattendo contro il muro.
«Te l'ho detto, sono uno stregone, sai uno di quelli che fanno magie» Disse lui calmo ma con un pizzico di divertimento nella voce.
«Non... è possibile» Dissi, mi faceva male la testa, caddi per terra, e non vidi più nulla.

Lee Point Of View
Non riuscendo più a dormire, mi alzai e andai sul balcone per prendere una boccata d'aria fresca.
«Non riesci a dormire?» Chiese una voce da un lato, mi girai di scatto e vidi Austin.
«Che ci fai qui?» Chiesi sorpresa.
«Si sentiva puzza di cacciatori da chilometri di distanza» Disse lui guardando camera mia.
«Prego?» Dissi non riuscendo a capire di che cosa stava parlando.
«Le tue amiche sono Shadowhunters» Disse indifferente, guardandomi negli occhi.
«Ma...» Non riuscì a dire una parola.
«Devi stare attenta» Mi disse, così dopo qualche secondo saltò dal balcone. Io gridai, sapendo che il palazzo in cui vivevamo superava i venti piani. Così corsi fino all'entrata del palazzo, ma non vidi nessuno, e poco dopo ritornai nell'appartamento.

Jace Point Of View
Mi svegliai con un dolore martellante alla testa, e subito mi vennero in mente gli episodi della notte. "Fortunatamente era un sogno" pensai, così mi tolsi le coperte e mi sedetti sul letto.
«Buongiorno» Disse una voce non molto lontana dal letto. Saltai letteralmente fuori dal letto, in posizione di difesa, poiché frequentavo un corso di karate.
«Cosa ci fai ancora qui?» Chiesi cercando di fare l'espressione più minacciosa e cattiva che potevo.
«Stavo aspettando che ti svegliassi e così ho preparato la colazione» disse lui sorridendo.
«Non intendevo quello, perché sei ancora qui?» Dissi spazientita.
«Dobbiamo riepilogare sul discorso di ieri con più calma, le tue reazioni erano un po' diverse da come speravo che fossero, ma me lo aspettavo» Disse con calma, guardandomi negli occhi.
Mi sedetti con calma sul letto, chiusi gli occhi e feci un gran sospiro.
«Provamelo...» Dissi quasi sussurrando.
«Prego?» Mi chiese non capendo.
«Provami ciò che hai detto di essere!» Dissi con convinzione. Lui mi guardò negli occhi con serietà ma poi mi sorrise.
«Cioè? Non ti sei convinta quando mi sono materializzato nel tuo appartamento?» Disse con aria divertita. Mi alzai e andai verso di lui, lo spinsi e lo feci sbattere al muro, e lo tirai per il colletto della camicia che indossava.
«Senti stregone del cazzo,sei tu che sei venuto nel posto dove lavoro, sei tu che sei venuto sotto casa mia e sei sempre tu che mi dici che licantropi, vampiri e cazzi e mazzi esistono; quindi ti consiglio di convincermi bene altrimenti ti butto fuori da casa mia a furia di calci nel culo» Dissi io furiosa, fissandolo negli occhi. Lui mi guardava con indifferenza, poi prese il polso della mano con cui tiravo il colletto, e avviccinò il suo viso al mio, e mi guardò con un ghigno divertito.
«Allora cosa vuoi che faccia?» Mi domandò incuriosito e divertito. lo lo guardai per un momento un po' perplessa e poi sorrisi malignamente, andai a guardare che ore erano " Perfetto, sono le sette del mattino" pensai "Si può fare". Mi rigirai dalla parte di Caleb che mi guardava confuso e incuriosito. Feci segno a Caleb di seguirmi, e uscimmo da camera mia, e come mi aspettavo c'era Alex che faceva colazione sul piano di sotto.
«Voglio che tu faccia cadere dell'acqua sopra Alex» Disse a bassa voce. Lui sembrò pensarci per un momento e poi sorrise.
«Sarà divertente» Detto questo fece levitare l'acqua della caraffa dietro ad Alex, e con un movimento delle dita le fece cadere l'acqua addosso. Lei gridò per lo spavento e poco dopo andò in camera sua a cambiarsi. A quel punto non ce la feci più e scoppiai a ridere. Contagiai con la mia risata anche Caleb che cercava di rimanere serio. Qualche minuto dopo riuscii a fermarmi.
«Va bene, ti credo» Gli dissi prendendo un respiro.

Alex's bedroom


Lee's bedroom


Jace's bedroom


Cabine armadio [x3]

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Capitolo 4
*** Chapter 4. ***


Lee Point Of View
La sveglia suonò alle sei di mattina in punto, dovevo aprire Starbucks. Mi alzai contro voglia e andai subito a farmi una doccia senza capelli. Aprii la cabina armadio guardando tutti i vestiti che possedevo. Quella mattina tirava un po' di venticello, così optai per un top corto rosa, una maglietta leggermente corta trasparente a fasce, un leggings nero e delle scarpe nere a collo alto. Legai i capelli in una crocchia alta e misi solo un po' di mascara. Presi il cellulare e il mazzetto di chiavi e uscii di casa. Arrivata alla grande vetrata del bar, entrai e iniziai a sistemare un po' di cose, mi misi l'uniforme e aspettai qualche cliente. Fu la solita giornata, stavo sparecchiando un tavolino quando si sedette un ragazzo.
«Salve, cosa desidera?» Gli chiesi prima di alzare gli occhi e vedere di chi si trattava. «Austin!» Esclamai con un sorriso. «Cosa ci fai qui?» Gli chiesi sempre sorridente.
«Sono venuto a bere un espresso» Mi disse serio. Rimasi delusa, non sapevo perché, in fondo nemmeno lo conoscevo bene quel ragazzo. «Ma anche per vedere come stavi» Aggiunse dopo aver visto la mia reazione alla sua prima espressione. Sorrisi, un sorriso vero, sincero. Poi andai a dare le ordinazioni alla mia collega e andai un po' alla cassa. Portai il suo espressino a Austin.
«Quando finisce il tuo turno?» Mi chiese.
«Tra qualche minuto.» Gli risposi sorridendo, come sempre. Lo guardai pensierosa, poi mi sedetti di fronde a lui.
«Sai, due giorni fa, alla discoteca, un ragazzo mi ha aggredita, ma ad un certo punto è venuto un animale molto grande. Tutti credono che quell'animale mi abbia fatto del male, ma in realtà quell'animale mi ha salvata.» Non sapevo perché glielo dissi.
«Ah.» Si era pietrificato con la tazzina da caffè a mezz'aria, poi continuò a bere.
«Vabbè, il mio turno è finito, ci vediamo, Austin.» Gli dissi alzandomi per andare a cambiarmi. Lo vidi posare qualcosa sul tavolo e andarsene senza proferire parola. Aveva poggiato cinque dollari. Mi ero dimenticata di dargli il resto, non mi era mai capitato! Andai sul retro e mi cambiai, salutai le colleghe e uscii da Starbucks. dopo qualche minuto vidi un gruppetto di ragazzi venire dalla parte opposta alla mia. Iniziai a spaventarmi e accellerai il passo, pessima scelta. Più accelleravo il passo, e più mi avvicinavo a loro.
«Ma guarda, cosa ci fa una ragazza così carina tutta sola?» Disse un ragazzo avvicinandosi e portandomi in una stradina buia. "No, non di nuovo, ti prego." pensai. Perché dovevano capitare tutte a me?
«Cosa c'è, bellezza? Hai paura?» Mi chiese lo stesso ragazzo che parlò poco prima. Non gli risposi, sarebbe stato peggio e le lacrime già iniziarono a salire. Un ghigno. Ci voltammo tutti quanti. Era un animale, un grande animale. Era quell'animale. Ringhiò e i ragazzi scapparono via impauriti, io rimasi lì immobile a guardare quell'animale, era lo stesso della scorsa sera. Mi fissava, io fissavo lui. La sua forma iniziò a cambiare, diventò un uomo, o meglio, un ragazzo. Austin.
«Austin?» Gli chiesi incredula. «Mi hai salvata tu da quel ragazzo, l'altra sera?» Gli chiesi nuovamente. Non mi rispose, si avvicinò, mi prese il polso e mi portò al grande palazzo dove vivevo. Non aveva detto niente, si era limitato a portarmi per mano fino a casa.
«Mi hai salvata tu, l'altra sera?» Gli chiesi di nuovo, incredula. Volevo una risposta. Non mi rispose. Mi lasciò il polso e fece per andarsene, ma questa volta lo fermai io.
«Rispondimi» Gli dissi seria. Alzò gli occhi al cielo e sbuffò.
«Si, sono stato io» Mi disse.

Jace Point Of View
«Allora, tu ha detto di essere uno stregone, e ti credo, ma hai anche detto che io sono uno..una...» Dissi io cercando di ricordare ciò che mi disse che io ero.
«Una Shadowhunter, una cacciatrice di demoni.» Disse lui guardandomi.
«E come fai a esserne così sicuro?» Chiesi io incuriosita. 
«Bhe, non so come spiegarlo, ogni persona che appartiene al mondo invisibile, capisce chi o cos'è un'altra persona del mondo invisibile.» Disse lui cercando di spiegare.
«Mondo invisibile?» Dissi io perplessa.
«Tutto ciò che non sia mondano, come la corte seelie del Popolo Fatato, o Idris, che è la regione degli Shadowhunters ecc.» Disse lui sorseggiando un bicchiere d'acqua che prese facendolo levitare in aria. Io divenni ancora più confusa.
«Aspetta... Mondano? Corte seelie? Idris?... Non capisco niente!» Dissi io sbattendo le mani sul tavolo. Caleb sospirò per lo sfinimento.
«Quando si dice mondano ci si riferisce a qualcosa di umano, ad esempio gli Shadowhunters chiamano gli umani 'Mondani' e Idris è una regione che si trova fra Germania, Francia e Svizzera; ma è invisibile per i mondani...» Lo interruppi.
«Aspetta questa la so, la corte seelie è una specie di razza di fata che domina su tutte le altre.» Dissi io velocemente. Caleb mi guardò per un momento perplesso ma poi sorrise e annuì.
«Qualcosa del genere, ma adesso non capisco una cosa io, tu sei una Shadowhunter, come fai a non sapere queste cose?» Disse lui divertito.
«Io sono sempre stata con una famiglia umana, perché sono stata adottata.» Dissi io indifferente, poi lo guardai negli occhi; lui mi guardava incuriosito.
«E invece la tua famiglia?» Chiesi io incuriosita.
«Sai...» Disse con calma «Gli stregoni sono mezzi umani e mezzi demoni,...  Mia madre era spaventata da me, mi odiava, pensava fossi un demonio.» Non sorrise e non si arrabbiò, rimase indifferente. Diciamo che non sentivo pena, compassione o nient'altro, "Sono proprio insensibile" pensai, e non potevo nemmeno fingere di essere compassionevole, altrimenti poteva accorgersi che fingevo, quindi optai per la cosa più elementare.
«Ah» Dissi, ma poi gli chiesi «Ma tu... Tecnicamente sei un demonio.» Dissi io seriamente. Lui mi guardò molto sorpreso per qualche secondo e poi scoppio a ridere.
«Tu sei proprio strana! In questi casi si dovrebbe confortare una persona dicendo che sua madre non lo odiava o che non era un demonio!» Disse lui continuando a ridere. Io lo guardai un po' confusa poi si fermo e mi guardò.
«Bhe, tecnicamente sono una specie di demonio.» Disse lui sorridendomi. Io lo guardai ancora un po' confusa, ma poi mi venne un'idea. Mi avvicinai a lui e presi la sua testa con le mani, e gli diedi un bacio sulla fronte. Lui mi guardò sorpreso.
«Non devi fingere di essere felice quando non lo sei.» Dissi io guardandolo indifferente. Dopo quale secondo si riprese, mi prese una mano e mi sorrise.
«Queste cose non dovresti dirle a una persona così vecchia come me.» Disse lui. Non capivo di cosa stesse parlando.
«Bhe, non avrai più di vent'anni...» Dissi confusa.
«Sembro davvero così giovane?!» Sbottò lui. Lo guardai ancora perplessa.
«Ho sett..no..ott..» Lo interruppi di colpo.
«Hai settant'anni?» Dissi io incredula.
«No, ne ho settecento e qualcosa» Disse con calma. Io mi pietrificai, dopo qualche minuto mi ripresi e cercai di mantenere la calma.
«Wow» Fu l'unica cosa che riuscii a dire.

Lee Point Of View
«Dobbiamo parlare.» Gli dissi, lo presi delicatamente dall'avambraccio e lo portai in un piccolo bar dietro casa, ci sedemmo in un angolo molto riservato, prendemmo entrambi un bicchiere d'acqua: dovevamo solo parlare in quel bar.
«Chi era quella persona che mi ha aggredita la scorsa sera in discoteca?» Gli chiesi dopo vari minuti di silenzio. Lui stava ancora giocando con il suo bicchiere quando mi rispose.
«Un vampiro.» Mi rispose esitante fissando il bicchiere di fronte a lui.
«Ma i vampiri non esistono!» Dissi a bassa voce, in modo che nessun cameriere potesse sentirmi.
«Mi hai visto trasformarmi in un licantropo e non credi nei vampiri?» Più che una domanda sembrava un'affermazione.
«Già, hai ragione, scusami.» Decisi di credergli, era tutto surreale, ma c'era qualcosa in lui che mi diceva che era sincero. «Tu sei nato licantropo?» Gli chiesi dopo qualche secondo. Fu solo allora che mi guardò fisso negli occhi. Poteva sembrare banale ma i suoi occhi sembravano incantevoli alla mia vista, pur essendo semplicemente marroni.
«No, succede la stessa cosa sia coni vampiri che con i licantropi. Lo diventano quando vengono morsi da altri simili.» Mi spiegò, indifferente come sempre.
«E tu da... Da chi sei stato morso?» Gli chiesi incuriosita ma allo stesso tempo esitante.
«È stata la mia ex ragazza.» Mi informò abbassando nuovamente lo sguardo.
«Scusami.» Gli dissi.
«Non preoccuparti, è successo tanto tempo fa.» Mi rispose guardandomi.
«Mi hai detto che Alex e Jace sono Shadowhunters, cosa vuol dire?» Gli chiesi dopo qualche minuto di silenzio imbarazzante.
«Sono delle cacciatrici di demoni, Figli di Nephilim.» Mi disse.
«Nephilim?» Gli chiesi interrogativa.
«Figli degli Angeli, in lingua angelica.» Mi spiegò.
«Perché l'altra sera mi hai salvata da quel ragazzo?» Sbottai incuriosita, cambiando discorso.
«Volevo uccidere qualche vampiro.» Mi disse freddo.
«Ah, solo per questo.» Dissi sussurrando, delusa. Poi mi guardò e sospirò.
«Non mi hai fatto finire... Poi ho anche visto che eri in difficoltà e sono corso a salvarti.» Disse lui serio. Io rimasi all'inizio sorpresa, ma poi feci un sorriso a trentadue denti essendo contentissima di quello che mi aveva appena detto. Anche lui sorrise poco dopo, era un sorriso lieve ma dolce e ne fui contenta.

Jace Point Of View
Erano circa le due di pomeriggio quando Caleb se ne andò, mi aveva detto che sarebbe ritornato a trovarmi l'indomani portandomi una sorpresa. Intanto incominciai a preparare il pranzo per quando sarebbero tornate Lee ed Alex. Dopo poco tempo arrivò Alex, che sembrava sfinita.
«Brutta giornata?» Chiesi io girandomi verso di lei. Mi guardò confusa.
«Da quando in qua ti interessa sapere com'è andata la mia giornata?» Chiese Alex perplessa ma anche un po' divertita.
«Così..» Dissi girandomi da un'altra parte.
«Non ti credo, o mi prendi in giro o ti è successo qualcosa d bello!» Disse alzandosi dalla sedia e correndo verso di me.
«Nessuna delle due!» Dissi andando verso il bagno e chiudendo la porta a chiave. Restai qualche minuto osservandomi nel grande specchio, avevo ancora il pigiama addosso, così decisi di andare a farmi una doccia prima di andare a lavorare. Appena finii mi misi un'asciugamano intorno al corpo e andai in camera mia, intanto sentii la porta d'ingresso chiudersi, sicuramente Lee sarà tornata. Andai nella cabina armadio e mi misi una canotta bianca scollata sul petto, una gonna attillata nera con delle frange e delle All Star nere a collo basso. Presi la borsa e mi diressi verso la porta d'entrata.
«Ciao Jace» Dissero in coro Lee e Alex.

Lee's Outfit


Jace's Outfit


Bathroom

 

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Capitolo 5
*** Chapter 5. ***


Jace Point Of View
Stavo servendo il té freddo e un cappuccino al tavolo dove erano sedute due ragazze all'incirca di quindici anni, mi osservavano e mi guardavano con antipatia e superiorità, "Le solite bimbe minchia che non hanno da fare un cazzo se non criticare" pensai, gli avrei detto volentieri di farsi una vita sociale.
«Prego» Dissi io facendo un dolce sorriso a quelle due. Lasciai le bevande e me ne andai senza lasciarle parlare. Andai a prendere le ordinazioni ad un tavolo dove era appena arrivato un ragazzo, era bello, anzi era uno schianto, doveva avere circa diciannove anni. Stava guardando il menù con indifferenza.
«Dovete ordinare?» Dissi io gentilmente. Lui si girò verso di me e restò per un secondo sorpreso quando mi vide, poi ritornò alla sua espressione iniziale. Riguardò per un secondo il menù un po' perplesso.
«Si...un caffè...» Disse chiudendo il menù, poi mi guardò come se volesse chiedermi qualcosa.
«Ha bisogno di qualcos'altro?» Dissi io sorridendo. "Muoviti, non ho tempo da perdere!" Pensai spazientita, ma senza darlo a vedere.
«Conosci una certa Lee?» Sbottò all'improvviso. Restai sorpresa della domanda, "Conosce Lee?" pensai "Da quando Lee ha amici così belli!?".
«Si...come fai a conoscerla? E come ti chiami?» Dissi io confusa. 
«Mi chiamo Austin e l'ho conosciuta qualche giorno fa'»  Mi disse rivolgendomi di nuovo lo sguardo. Lo guardai negli occhi per un po' ancora perplessa, c'era qualcosa in lui diverso dai ragazzi qualsiasi, aveva quel qualcosa che anche Caleb aveva. Poi mi venne in mente quello che mi disse Caleb la scorsa notte.
«Tu non sei...» Cercai di dire.
«Mondano?» Mi chiese, «Nemmeno tu e la tua amica lo siete, mi sorprende che invece una mondana come Lee viva tra due cacciatrici» Disse con falsa perplessità.
«Quindi eri tu il licantropo di cui parlava Caleb...» Dissi seriamente.
«Chi?» Disse confuso.
«Caleb Brooks... il sommo stregone di Staten Island» Dissi. Lui mi guardò inizialmente confuso, poi fece una risata soffocata.
«Ti ha detto una cazzata, il suo vero nome è Almus Nabe» Disse lui cercando di non ridere. Questo comportamento mi fece incazzare... E non poco.
«Non è possibile, perché dovrebbe dirmi una cazzata?!» Dissi spazientita. 
«Sicuramente non si fida abbastanza di te per dirtelo» Disse lui con un ghigno in volto. "Arrogante, volgare e maleducato" pensai "Se non fossimo nel mio posto di lavoro gli avrei già dato un cazzotto". Ma come si permette quella sottospecie di cane rognoso per dirmi questo, ma mi ero stancata. Feci un dolce sorriso.
«Allora solo un caffè» Dissi dolcemente, mi girai e me ne andai.

Alex Point Of View
Erano circa le due e mezza del pomeriggio quando decisi di uscire, andai in camera mia senza avvisare Lee della mia idea. Aprii la cabina armadio e pensai subito a qualcosa di semplice, canotta corta bianca, pantaloncino di jeans abbastanza corto, vans bianche e un cardigan grigio; mi diressi verso il bagno e mi lavai velocemente, mi truccai con un po' di matita e mascara e mi diressi all'uscita dell'appartamento velocemente. Camminavo senza una meta, finché non vidi un cinema aperto e decisi di vedere un film d'azione, ad un certo punto vidi un ragazzo avvicinarsi alla locandina del cinema e guardarla con fare perplesso. Era molto più grande di me ma era carinissimo, era vestito in abito da sera e papillon, occhi azzurri come il cielo e capelli scuri. Una cosa mi sorprese, aveva lo stesso sguardo di Jace, freddo e distaccato. Mi avvicinai.
«C'è qualche problema?» Gli chiesi con un sorriso lieve. Mi guardò perplesso, ma con aria fredda nei suoi occhi.
«Non so quale film vedere.» Mi risponde freddamente voltandosi di nuovo verso la locanda del cinema.
«Io vado a vedere un film d'azione, vorresti vederlo insieme a me?» Gli domandai esitante. Sembrò pensarci su.
«Va bene.» Mi rispose. 
«Perfetto, vado a prendere i biglietti.» Dissi dirigendomi alla biglietteria del cinema. “Non gli ho chiesto che film desidera vedere.” pensai subito dopo essere entrata. Decisi di vedere l'ultimo film della saga di Fast & Furious. Ritornai fuori per porgergli il biglietto.
«Adoro Fast & Furious!» Gli dissi eccitata. «Come ti chiami?»
«Aaron.» sembrò pensarci su.
«Io sono Alex.» Gli dissi sorridendo. Lui prese il biglietto senza guardarlo e si diresse verso la sala, corsi per raggiungerlo e feci fatica a mantenere il suo passo. Vedemmo il film, e lui sembrava sempre meno interessato, era freddo. 

«Ti è piaciuto il film? Sembra di no.» Gli chiesi subito dopo che il film finì.
«Si è stato bello.» Mi disse freddo, uscendo dalla fila di sedie e dirigendosi verso l'uscita. "Di carattere assomiglia a Jace"pensai sorridendo.
«È stato bello vedere il film, ci sentiamo per fare qualcos'altro? Va bene?» Gli chiesi per poi girarmi e dirigermi verso casa, ma quello che disse mi colpì.
«Se vuoi vivere, dovresti tenere la distanza da me.» Mi voltai ma non lo vidi, era scomparso, rimasi confusa per qualche secondo, poi decisi di non pensarci più e mi diressi verso casa.

Jace Point Of View
Avevo finito di lavorare, quindi mi diressi verso casa, dovevo parlare con Lee. Quando arrivai vidi Lee seduta sul divano che mangiava il gelato mentre guardava la TV. Quando si accorse di me, si girò e mi sorrise.

«Bentornata» Mi disse gentilmente. Io buttai la borsa per terra e andai verso il divano, spensi la TV e mi sedetti guardando seriamente Lee.
«Hai fatto nuove amicizie ultimamente?» Chiesi con falsa curiosità. Lei mi guardò sorpresa e poi si girò verso la vaschetta di gelato che aveva in mano.
«Non proprio...» Disse esitante. Mi innervosii a sentire quelle parole.
«Allora chi è Austin?» Dissi fredda. Lei si girò di scatto appena senti quel nome, e mi guardò sorpresa. Non mi rispose.
«Tu sai chi... Anzi cos'è veramente?! Dovresti tenere le distanze da quella sottospecie di mostro!» Dissi io arrabbiata. Vidi Lee alzarsi di botto con un'espressione che è molto difficile da vedere sul suo viso: era arrabbiata.
«Non è vero! Lui è una persona, come me e te o come tutti gli altri!... Anzi, lui è la persona più gentile che abbia mai conosciuto, è stato proprio lui che quella notte alla discoteca mi ha salvata da quel vampiro!» Disse di colpo. La vidi calmarsi e risedersi sul divano. "Quel licantropo arrogante l'aveva salvata?" pensai " In effetti quella notte mi aveva detto che l'aveva salvata un animale..."
«Quindi sei sicura che quel ragazzo non ti possa fare del male?» Dissi freddamente. Non mi fidavo di quell'Austin, ma mi ha parlato di Caleb, o come diavolo si chiamava... Dovevo almeno credergli un po'. Lee mi guardò confusa, poi mi rivolse uno sguardo deciso.
«Si... Assolutamente!» Disse con molta convinzione. Io la guardai esausta di questa conversazione e sbuffai rumorosamente.
«E va bene! Puoi vederlo! Tanto morirai tu!» Dissi annoiata e riaccesi la TV. Lei mi guardò un po' confusa, poi mi fece un sorriso a trentadue denti.
«Grazie!» Disse felice. 
Di solito è Lee che si prende cura delle cose o delle persone, ma fra tutte e tre, io sono la più responsabile e protettrice, insomma, almeno cerco di proteggerle da pericoli fuori da questa casa. Dopo circa una buona mezzora sento la grande finestra in soggiorno aprirsi e stava entrando una persona: Austin. "Adesso capisco di chi parlava quella sera Caleb" pensai. Lui chiuse la finestra e si sedette sul divano.
«Fa come se fosse casa tua» Dissi ironica e innervosita ma senza darlo a vedere. Lui ghignò, poi guardò Lee che aveva un'espressione sorpresa.
«Come mai sei venuto qui?» Chiese Lee confusa.
«Non avevo nulla da fare così sono venuto per intromettermi nei vostri discorsi» Disse indifferente.
«Prego?» Chiesi io sorridendo, con una vena che stava incominciando a pulsare sulla fronte.
«Non gliel'hai ancora detto?» Chiese confuso rivolgendosi a me. 
«Di che diavolo stai parlando?» Dissi io spazientita. Lui fece un lieve ghigno.
«Che tu e l'altra tua amica siete shadowhunters» Disse facendo un falso sospiro di noia. Io alzai il sopracciglio in segno di confusione, ma poi capii.
«Ah... è vero» Dissi «Allora... Come posso iniziare...» Lee mi guardò confusa aspettando che continuassi.
«Qualche giorno fa ho conosciuto un ragazzo, che mi ha detto di essere uno stregone, mi disse anche che io ero una 'Shadowhunter', una cacciatrice di demoni, ma questo cane mannaro mi ha detto che anche Alex è una cacciatrice...Come me» Dissi subito, annoiata. Lee non aveva un viso molto sorpreso, sicuramente perché il cagnolino gli aveva già detto quasi tutto.
«Già, ma tu sei umana» Disse Austin rivolgendosi a Lee, ma poi si rivolse a me, «E tanto per la cronaca, sono un lupo mannaro» Disse, io alzai gli occhi al cielo ignorando la sua affermazione.
«Ma... Alex... Non sa niente...» Disse Lee esitante. Io la guardai per un po' pensierosa.
«E non gli diremo niente, nessuna di noi tre si intrometterà negli affari tra demoni, licantropi e altri di quel mondo... Ci siamo capiti?» Dissi seria. Non voglio che Lee e Alex si facciano del male, Lee è soltanto un'umana e Alex un'incosciente. Lee guardava in basso triste. 
«Però se vuoi essere amica del cagnolino, non te lo impedirò, purché non ti succeda qualcosa» Dissi freddamente. Lee mi sorrise, e Austin dopo aver sentito 'cagnolino' mi fulminò con lo sguardo, ma lo ignorai.
«E Almus Nabe?» Chiese Austin. "Già...è vero, c'è anche quello..." pensai.
«Non lo voglio frequentare, perché mi intrometterebbe troppo negli affari del mondo invisibile» Dissi seria. «Ma anche perché lui mi ha anche detto una bugia, e io non do' una seconda possibilità alle persone che mentono» Dissi convinta.
«Domani quando lo incontrerò glielo dirò» Dissi infine.


Alex's Outfit


Juan Carlos Exposito alias Aaron Carter
 

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Capitolo 6
*** Chapter 6. ***


Lee Point Of View
Aprii gli occhi e ancora assonnata rimasi a guardare il soffitto della mia camera per poi sbloccare il cellulare; erano esattamente le 7.33 AM così spostai le coperte e mi alzai dal letto, mi avviai verso la cabina armadio e scelsi una maglia nera dell'adidas e un pantaloncino nero semplicissimo. Mi andai a lavare, mi vestii e poi scesi le scale e andai in cucina, non c'era nessuno ma la colazione era pronta così presi un bicchiere dall'anta sopra al lavello e ci versai del succo d'ananas. Non mi piaceva molto l'anans, a dir la verità non mi piaceva per niente, ma era l'unico succo di frutta rimasto perché era il preferito di Jace e ne comprava tantissimo, ma bisognava andare a fare la spesa il più presto possibile. Finii di bere il succo e cercai il tutta la cucina qualcosa da mangiare, così trovai in fondo al freezer una vaschetta di gelato, la presi, presi anche un cucchiaino e mi sedetti sul divano del soggiorno, accesi la tv e iniziai a mangiare il gelato. Vidi Alex andare di fretta, come al solito, correva da una stanza all'altra per prendere le ultime cose da portare a scuola. Poi sentii una porta sbattere.
«Chi è stata l'ultima ad aver avuto il ciclo?!» Gridò infuriata Jace dal piano superiore. Alex si fermò di scatto, sbarrò gli occhi e mi guardò.
«Non lo dire a Jace!» Mi disse sottovoce. Risi, era così ogni volta.
«Guarda che ti ho sentita!» Gridò di nuovo Jace, poi sbattè la porta, probabilmente del bagno in comune, e scese velocemente; era ancora in pigiama. «Dopo la scuola vai a comprare gli assorbenti.» Disse rivolta ad Alex sempre con uno sguardo infuriato puntandole il dito contro, poi tornò calma e andò in cucina per fare colazione. Guardai Alex e le feci un sorrisino.
«Alex, potresti andare anche a fare la spesa?» Le dissi ridendo leggermente. 
«Cosa devo comprare?» Mi chiese annoiata.
«Ti mando un messaggio dopo» Le risposi sempre sorridendo, lei sbuffò e uscì di casa.

Dopo una mezz'oretta circa il mio cellulare vibrò e si illuminò così lo presi e vidi un numero a me sconosciuto. “Ci vediamo a Starbucks oggi pomeriggio presto. -Austin”  diceva il messaggio, sorrisi appena lessi il suo nome ma l'attimo dopo divenni perplessa, come faceva ad avere il mio numero?

Alex Point Of View
Uscii velocemente dal grande palazzo e iniziai a correre per non essere di nuovo in ritardo, ma per mia fortuna sbagliai a svoltare angolo e, essendomene resa conto troppo tardi, continuai a correre per quella strada che non conoscevo, era troppo affollata e cercavo di evitare ogni singola persona aiutandomi con le braccia e cercando di non far cadere la mia borsa e i libri che avevo in mano contemporaneamente, invano, poiché spingevo tutti e davo gomitate a chiunque. Svoltai a destra sperando di trovare una strada familiare e mi trovai direttamente la mia scuola di fronte, così con tutte le forze che mi erano rimaste corsi più veloce e riuscii ad entrare all'ultimo minuto, prima che il bidello chiudesse il grande cancello. Attraversai il vialetto del giardino della scuola ed entrai insieme agli ultimi studenti, mi diressi verso l'aula della prima ora e mi accorsi di aver trovato una scorciatoia confrontando i tempi. La giornata finì in fretta e appena uscita da scuola mi diressi verso casa, ma a metà strada mi ricordai che dovevo fare la spesa, così entrai nel supermercato più vicino e leggendo la lista che mi aveva inviato Lee qualche ora prima, comprai tutto, soprattutto gli assorbenti per Jace. Uscii dal supermercato e mi diressi con calma verso l'appartamento; ad un certo punto sentii delle urla in lontananza e mi accorsi che più camminavo e più sentivo le urla vicine, così accellerai il passo ma non vidi niente. Improvvisamente mi sentii afferrare una gamba e gridai per lo spavento, ma abbassando lo sguardo quello che vidi fu incredibile: in un vivolo c'erano tantissimi corpi a terra tra le fiamme, erano circa venti e la maggior parte di loro erano morti; la persona che mi aveva afferrato la gamba era una signora, aveva il viso rovinato dalle fiamme e mi chiedeva aiuto, gridava, ma io rimasi immobile, guardavo quello che stava succedendo e non sapevo cosa fare, ero spaventata. Stavo per aiutare quella povera signora ma appena mi abbassai i suoi occhi si chiusero e il suo corpo si accasciò a terra. Mi alzai di scatto e le mie mani lasciarono cadere le buste della spesa, mi sentivo male, non avevo fatto niente per aiutare quella signora e nel frattempo tutte le altre persone erano morte, erano morti tutti, e io non li ho aiutati. Sentii un rumore e guardai di fronte a me, la stradina era buia e vedevo solo degli occhi rossi cremisi con due fessure agghiaccianti che mi fissavano. Mi alzai di scatto spaventata e inorridita, il mio corpo divenne di marmo, non riuscivo a fare un passo, finché non vidi quell'essere fare un passo verso di me, così mi ripresi e feci qualche passo all'indietro e incominciai a correre, veloce, sempre più veloce, con una carica che non ho mai avuto prima in tutta la mia vita. Dopo un po' pensai che fossi abbastanza lontana da quel mostro, quindi mi girai ma non riuscii a focalizzare niente, se non un dolore lancinante sul petto, che mi fece accasciare per terra, perdendo coscienza.

Jace Point Of View
Mi trovavo in casa, erano circa le 3:00 P.M. e Alex non era ancora tornata, l'aspettavo da un pezzo, sa che quando ho il ciclo sono più irritata del solito. Nel frattempo leggo un libro, "Il ritratto di Dorian Gray" (secondo il mio parere, un romanzo di grande rispetto di Oscar Wilde), ormai questa sarà la tredicesima o quattordicesima volta che lo leggo. Lee era appena uscita per andare a lavoro, fortunatamente io ho la giornata libera e resto a casa a non fare una beata minchia. In effetti non dovevo fare niente quel giorno, la mattina mi alzai, lavai e mi misi, tanto per, una magliettina nera semplice, dei jeans poco più chiari con lo strappo al ginocchio e delle semplici Adidas bianche. Finché dopo qualche minuto squillò il telefono di casa così andai a rispondere annoiata.
«Pronto?» Feci io gentilmente.
«Salve, lei è Jocelyn Hall o Lee Hemsworth?» Jocelyn. Quanto odiavo quel nome, nessuno mi chiama così se non quell'insopportabile donna di mia madre, che in realtà nemmeno lo è. Dall'altro capo parlava una donna con una voce un po' rauca, probabilmente fumatrice.
«Hall, posso fare qualcosa per lei?» Continuai.
«Sono del pronto soccorso dell'ospedale, la signorina Ross si trova in condizioni critiche e l'hanno portata qui poco fa.» Disse la donna. Rimasi per un attimo confusa e un po' spaventata.
«Arrivo.» Dissi prima che potesse continuare a parlare. Mi girai per prendere la giacca di pelle e la borsa ma vidi Caleb che mi guardava perplesso.
«Ciao, che sta succ...» Stava dicendo.
«Non ho tempo.» Lo interruppi fredda. E andai avanti, sorpassandolo, verso la porta. Notai che lui rimase un po' basito, ma sinceramente poteva andare a farsi fottere per i miei gusti. Così uscii e chiamai un taxi. Uno si fermò e gli diedi l'indirizzo dell'ospedale, subito dopo mandai un messaggio a Lee avvertendola di Alex. Dopo una ventina di minuti arrivai davanti all'ospedale, pagai il tassista  e corsi dentro, mi diressi verso la segreteria.
«Alexis Ross, dov'è?» Dissi subito.
«Come scusi?» Chiese la segretaria interdetta.
«Alexis Ross!» Dissi furiosa, alzando un po' la voce. Così la segretaria sorpresa scrisse qualcosa sul computer velocemente.
«Stanza 103...» Disse sussurrando. Attraversai con passo veloce i corridoi, scostandomi tra la gente, finché vidi la stanza 103 e fortunatamente un dottore che stava scrivendo qualcosa sulla sua cartella clinica.
«Salve dottore, sono Jocelyn Hall mi hanno chiamato poco fa, sono un'amica di Alexis Ross, come sta? Mi hanno detto che si trova in fasi critiche.»
«Salve, sono il dottor Black, fortunatamente la signorina Ross si è ristabilita, adesso sta dormendo nella stanza 103.» Disse lui serio.
«Cosa le è successo?» Dissi confusa.
«Quattro squarci sul petto, non molto profondi, ma abbastanza per perdere molto sangue. Probabilmente un animale di stazza medio-grande.» Disse lui infine. Mi diressi verso la stanza e la vidi dalla finestra della sua stanza, stesa sul lettino immobile con uno sguardo esausto. 

Lee Point Of View
Arrivai a lavoro e essendo leggermente in ritardo andai nel retro del bar per indossare l'uniforme, poi iniziai a servire i clienti che durante la mia assenza si erano affollati. Dopo circa dieci minuti vidi Austin entrare, sorrisi involontariamente e dopo aver finito di servire un tavolo, ancora con il vassoio in mano, mi diressi verso di lui.
«Hey» Gli dissi sorridendo.
«Ciao» Mi rispose con un mezzo sorriso, ma sempre un po' distaccato.
«Mi hai mandato un messaggio?» Gli chiesi sarcasticamente ampliando il mio sorriso e riuscendo a farlo ridere leggermente.
«Si, così ti avrei vista anche oggi» Voleva sorridere ancora, ne ero certa, ma si tratteneva. Ero stupita da quello che stava dicendo.
«Ti va di uscire un giorno?» Gli chiesi abbassando lo sguardo e portando una chiocca di capelli dietro il mio orecchio destro.
«Mi porti un espresso?» Mi chiese non rispondendo alla mia domanda ma sempre sorridendo, allora interruppi i nostri sguardi e diedi la sua ordinazione alla barista. 
Appoggiai gli avambracci sul bancone del bar insieme al vassoio, aspettando la sua ordinazione, mi voltai e vedi che mi stava fissando, sorrideva, troppo in una sola giornata, ma sembrava veramente preso da me. Mi voltai imbarazzata per prendere il suo espressino e glielo portai, ma non me ne andai, mi sedetti di fronte a lui, sul piccolo tavolino apposta per due. Ci stavamo guardando e vedevo qualcosa di dolce in lui, era qualcosa di indescrivibile, fantastico, tanto da farmi sorridere ancora una volta. Regnava il silenzio tra di noi, ma durò poco poiché fu lui a interromperlo, sorprendendomi.
«Sai...» Stava iniziando a parlare ma il suono del mio telefono lo bloccò. Gli sorrisi in segno di scusa e sfilai il telefono dalla tasca dei pantaloni. Lessi il nome di Jace e mi fu subito strano, non mi mandava messaggi quasi mai. Quello che lessi mi fece venire l'ansia, iniziai a respirare affannosamente e i battiti del mio cuore accellerarono. Austin mi chiese subito cosa fosse successo, era preoccupato ed era evidente. 
«Dobbiamo correre... all'ospedale... Alex...» Dissi confusa, cosa aveva combinato? Austin mi afferrò il polso destro e mi portò fuori dal bar, senza dare spiegazioni al proprietario, né a nessun altro; iniziammo a correre, non prendemmo un taxi perché l'ospedale non era molto lontano dal mio posto di lavoro. Vidi il grande edificio dove si trovava Alex in quel momento e pensarla lì fece accelerare ulteriormente il mio cuore. Entrammo e mi diressi subito da una donna al computer seduta dietro un bancone.
«Dov'è Alexis Ross?!» Quasi urlai, me ne pentii subito, non era da me, dovevo restare calma, non è carino trattare in quel modo la gente.
«Scusi come dice?» "Ah ma allora questa ha dei problemi, e lavora in un ospedale! No, devo stare calma, cosa mi succede?" Pensai.
«Le ho chiesto dov'è Alexis Ross.» Non urlai, lo dissi con calma ma ero fredda.
«Ah, stanza 103, prego» Mi rispose divertita. "Ma cosa ride!" 
«Grazie e ora potrebbe dirmi dove si trova la stanza 103?!» Urlai, Austin mi teneva ancora il polso e lo accarezzava dolcemente. La signora digitò qualcosa al computer ma ci stava mettendo troppo così Austin mi trascinò in un corridoio, poi in un altro, e in un altro ancora; alla fine la trovammo, c'era Jace dietro la finestra della stanza e ci guardava attraverso, senza espressione.
«Jace! Cosa è successo?» Lei mi rispose, calma, come al solito, poi io e Austin entrammo nella stanza, avevo l'ansia, e Austin mi teneva ancora la mano, menomale che c'era lui.

Jace Point Of View
Vidi Romeo e Giulietta entrare nella stanza dove si trovava Alex, se non fosse che lei si trovasse in una stanza dell'ospedale e non l'avessi davanti a me avrei vomitato. Subito dopo qualche secondo mi sentii toccare la spalla e mi girai, era Cal...Almus. “Ah, tempismo perfetto." pensai.
«Ti devo parlare.» Mi disse lui, io rimasi un po' sorpresa, "Che coincidenza." pensai. Diedi un ultimo sguardo nella stanza e feci una smorfia di disgusto rivolta a quei due, e poi lo seguii. Ci chiudemmo in uno sgabuzzino e poi incominciò a parlare.
«Andrò dritto al punto, la tua amica non è stata attaccata da un animale ma da un demone.» Disse subito. Rimasi pietrificata da questa affermazione, ma in fondo, in qualche modo me lo aspettavo. Poi continuò.
«Ma stai tranquilla, io...» Stava dicendo. A quel punto scoppiai interrompendolo.
«STAI TRANQUILLA UN CORNO! MI HAI APPENA DETTO CHE UN DEMONE... UN FOTTUTO DEMONE HA TENTATO DI UCCIDE QUELLA STUPIDA, IDIOTA, INNOCENTE RAGAZZINA!» Mi accorsi che stavo gridando così cercai di abbassare la voce.
«Cazzo! Prima Lee, poi Alex e tanto lo so che prima o poi capiterà anche a me, ma cazzo! Non me ne fotte niente di me! Se ricapitasse una cosa del genere a una di loro due non saprei che cosa sarei capace di fare...» Dissi iraconda. «Ma io non voglio rischiare.» Dissi con estrema calma e serietà.
«Cosa vuoi dire?» Disse lui indifferente ma allo stesso tempo riuscivo a sentire nella sua voce un pizzico di rassegnazione.
«Tutti quelli che fanno parte di questo cavolo di mondo invisibile sono pericolosi! E se continuiamo soltanto a vederci saremo sempre in pericolo! Io, Alex e Lee.» Mi guardò con uno sguardo diverso dal solito, non indifferente, ma quasi... triste, e un po' di rassegnazione, probabilmente se lo aspettava questo discorso. E continuai.
«Non possiamo più vederci, tu e io... o Alex o Lee.» Dissi infine senza guardarlo negli occhi. Mi guardava ancora con quello sguardo, da... da... da uno che vuole essere preso a pugni in faccia.
«Tieni.» Mi prese la mano e mi mise in essa un bastoncino di un materiale non avevo mai visto prima, con dei segni strani attorno e un cristallo trasparente sulla punta; poi prese un foglio piegato e mi diede anche quello.
«Questo è uno stilo, lo usano gli Shadowhunters per disegnarsi le rune sul corpo, per la forza, difesa, vista eccetera, ma anche guarigione... Su questo foglio c'è la runa della guarigione disegnala sulla ferita della tua amica con lo stilo, si può fare solo perché lei è una shadowhunter, guarirà completamente dopo qualche minuto.» Disse lui indifferente. «Tutto qui.» Stava per andarsene ma si fermò sulla porta.
«Anche quel licantropo è del mondo invisibile...» Disse lui guardandomi. Stava parlando di Austin.
«In qualche modo, me lo toglierò dai piedi.» Dissi fredda. Così se ne andò.
"Sinceramente... non lo odiavo così tanto..." Pensai un po'... triste.

Jace's outfit


Lee's outfit


Alex's outfit





 



 

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Capitolo 7
*** Chapter 7. ***


Jace Point Of View
Uscii dallo sgabuzzino, presi un respiro, poi guardai se in un corridoio ci fosse l'ombra di Almus. Niente. Mi incamminai verso la stanza 103, pensando.
"Ho fatto tutto ciò che fosse necessario, ho tolto un impiccio. Non ho bisogno di lui, sono in grado di farcela da sola... Forse ho detto una o due parole di troppo... Forse ho davvero esagerato." Mi fermai e scossi il capo energicamente. "Certo che no! Ciò che ho fatto è giusto!" Mi dissi subito. "Sicuramente..." Aggiunsi poco dopo.
Entrai nella stanza e vidi Austin che si era avvicinato ad Alex e la guardava attentamente.
«Non immagini cosa Austin abbia scoperto appena adesso!» Disse Lee subito dopo essersi accorta di me.
«Lei non è stata aggredita da un animale, ma da...» Stava dicendo Austin.
«Da un demone. Lo so, lo so.» Dissi annoiata, Austin rimase esterrefatto.
«Ma noi, in questo caso possiamo applicare in questa situazione, due modi... o meglio possibilità.» Dissi subito.
«Cioè?» Chiese lui perplesso.
«La prima è la più semplice... per noi, e al 50% per lei. Vi spiego: Quando si sveglierà si ricorderà di essere stata attaccata da un mostro o demone o come lo vorrà chiamare al 49% delle possibilità, ma noi le faremo credere che invece è stata aggredita da un animale, e fin qui noi e lei siamo apposto... ma le complicazioni arrivano adesso, le ferite. Quelle ferite lasceranno sul suo petto delle cicatrici orribili, disgustose. E per lei sarebbe un imbarazzo avere quelle cicatrici per tutta la vita.» Dissi seriamente.
«Tuttavia nella seconda possibilità potresti toglierle quelle cicatrici però c'e un ma. Giusto?» Disse Austin seguendomi. Così tirai fuori lo stilo e il foglio con la runa che mi diede Almus. 
«Nella seconda le potrei guarire le ferite con questo, ma le lascerei un marchio, anzi una runa, che non tarderebbe nel notarla, quindi dovremmo dirgli tutto.» Dissi subito. Austin non aveva uno sguardò preciso, ma Lee era titubante.
«E le analisi?» Chiese Lee.
«La porteremo prima che i dottori possano farle delle analisi, così non scopriranno niente.» Dissi un pò scocciata.
«E come faremo a portarla a casa?» Chiese Lee ancora più confusa.
«Tu sai esattamente come fare. Ricordati chi siamo. Io, Jocelyn Mary-El Hall, faccio parte della famiglia Hall, che gestisce una delle aziende di medicina più importanti al mondo; tu, Lee Charlotte Hemsworth, sei la figlia di uno dei senatori più importanti Anglo-Sassoni. Credi veramente che portare fuori una paziente da un'ospedaletto ci dia qualche problema?!» Dissi esasperata.

Lee Point Of View
Ripensavo alla proposta di Jace, non potevamo lasciarla con tutte quelle cicatrici, ma non potevamo nemmeno metterla al corrente di quello che sapevamo, sarebbe stato troppo pericoloso, già io e Jace ne sapevamo fin troppo di questo mondo invisibile. La scelta era dura, ma non volevo mentirle, "è stato un animale ad attaccarti", si, come no; presi una scelta, decisi di usare lo stilo. Uscii dalla stanza lasciando Austin con Jace per chiamare mio padre, dovevamo far uscire Alex da lì, sentii squillare il telefono di mio padre.
*flashback*
Una bambina stava giocando nella sua stanza con dei giocattoli, delle bambole, era carinissima, due treccine le cadevano sulle spalle e il vestitino blu le risaltava gli occhi stupendi che aveva. Si diresse con alcuni giocattoli sul davanzale della finestra e ogni tanto mentre giocava dava un'occhiata li' fuori, c'era un enorme giardino, una fontana, tanto verde e dei vialetti molto larghi, stava aspettando l'arrivo di qualcuno. Improvvisamente il rumore della brecciolina la fece sorridere, era felice; lasciò le bambole sul davanzale e corse, più veloce che poteva, scese le scale, attraversò la grande entrata e vide una signora comparire dall'enorme portone, era una donna di classe, occhiali da sole neri, lenti scure, rossetto color carne, capelli legati perfettamente, borsa, vestito e scarpe costosissime.
“Mamma mamma, giochi con me?” Le chiese dolcemente la bambina.
“No tesoro mi dispiace non posso.” Quella che poteva sembrare la frase dolce di una mamma impegnata venne rovinata da quella donna che la pronunciò con indifferenza e crudeltà. La signora estrasse dalla borsa un oggetto tecnologico e mentre lo usava iniziò a camminare per la casa, a salire le scale.

“Dai mamma, solo un po'” Pregò la bambina che seguiva ogni passo della mamma. La richiesta della bambina continuò per tutta la scalinata, ricevendo sempre una risposta negativa.
“Lee! Ti ho detto no! E non mi seguire!” Era innervosita, scocciata dal comportamento della bambina, che si fermò lì dove finivano le scale e aspettò che la donna si allontanasse per poi scoppiare in un pianto e andare nella sua stanza. Era una bambina cresciuta con l'assenza della mamma, raramente c'era il padre, senatore; si può dire che alla mamma non importava niente della figlia, il padre invece, anche se molto impegnato a causa del lavoro, stravedeva per la figlia, l'amava con tutto sé stesso e le concedeva tutto, senza se e senza ma, senza mai chiedere il motivo. Se la figlia desiderava qualcosa, lui faceva di tutto pur di farglielo avere.
*
fine flashback*
«Avete chiamato il senatore Hemsworth, come posso aiutarla?» Una voce femminile non troppo squillante rispose al telefono.
«Ciao Sophie, sono Lee.» Sophie era la segretaria di mio padre, era una donna sulla cinquantina, ammiravo quella donna, per parecchi motivi.
«Signorina Hemswoth salve! Come sta?» La sua voce divenne squillante, potevo sentirla sorridere e risi leggermente.
«Bene grazie, puoi passarmi il senatore?» Dissi ironicamente.
«Certo! La collego sull'altra linea!» Aspettai di sentire la voce di mio padre.
«Lee! Cara, sono tre anni ormai che non ti fai sentire, come stai?» Rimasi pietrificata. Quella voce, insopportabile. Non rispose mio padre ma quella vipera, quella crudele donna che chiamavo 'mamma'. Aspettai qualche secondo prima di risponderle.
«Ciao, mamma, sto bene grazie, mi passi papà?» Fui fredda, distaccata. “Ah, cosa devo fare per parlare con mio padre!” pensai. 
«Certo cara.» Finalmente l'incubo era finito, avrei risentito mio padre. 
«Lee! Bambina mia, mi manchi tantissimo!» La sua voce mi diede sollievo, da quanto l'aspettavo!
«Ciao papà, anche tu mi manchi.» Gli dissi, ero emozionatissima.
«Dimmi pure!» Eccola, la frase che aspettavo.
«Mi serve un favore, potresti chiamare l'ospedale Saint Vincent di Brooklyn e dire di dimettere la signorina Ross?» Incrociai le dita, conoscendolo non avrebbe dovuto fare domande ma non si sa mai.
«Certo tesoro! Chiamo subito, ci sentiamo presto!» Per fortuna non era cambiato niente.
«Si, ciao papà.» Riattaccai, il cuore mi batteva fortissimo ma non era stato poi così difficile, Jace aveva ragiore.
Rientrai nella stanza e quando i due ragazzi mi guardarono gli feci segno con la testa di uscire dalla stanza e ci sedemmo nella sala d'attesa.
«Fatto.» Dissi rivolta verso Jace. Dopo non molto tempo arrivarono due dottori con una cartella clinica fra le mani.
«Potete riportare la signorina Ross a casa.» Disse uno di loro confuso. Non rispondemmo ed entrammo tutti e tre nella stanza, Jace prese lo stilo e iniziò a disegnare qualcosa sulle ferite di Alex che pian piano scomparvero. Restai zitta per tutto il tempo, prendemmo Alex, uscimmo dall'ospedale e Austin chiamò un taxi, ci entrammo e appoggiammo Alex sulle nostre gambe. Io ero seduta al centro, guardavo Alex e pensai di non voler essere nelle sue condizioni, ma per fortuna Austin mi tenne la mano per tutto il tragitto, il che mi rese più sicura e mi fece sentire veramente protetta.

Jace Point Of View
Ogni scusa era lecita. Quei due mi stavano facendo rabbrividire... Quasi come quella senzazione che ho provato nel disegnare la runa sulla ferita di Alex. Appena entrammo nella stanza Austin uscì per fare da palo, presi lo stilo in mano e aprii il foglio dove era disegnato un segno formato da tante linee intrecciate a case... o almeno così sembrava; rimasi a guardarlo per alcuni secondi... ma sembravano quasi ore, non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso... non aveva tutto questo fascino, ma era come se mi avessero fatto un incantesimo. Poi scoprii Alex, le tolsi le bende e vidi le ferite ancora fresche; fortunatamente riesco a vedere quanto è grave una ferita grazie alla famiglia da cui provengo... e infatti Alex sarebbe guarita, ma le ferite no. Mi avvicinai alla ferita con lo stilo, impressi nella menta l'immagine della runa e in quel momento il piccolo cristallo dello stilo si illuminò. Guardai Lee, ma sembrava che lei non vedesse niente, ma non fa niente. Quella luce era bellissima. Incominciai a disegnare la runa, era una senzazione davvero strana... non l'avevo mai provata prima.
«E così... siete ricche...» Disse Austin, interruppendo il mio piccolo ricordo. Mancavano ancora dieci minuti per arrivare a casa.
«A quanto pare.» Dissi estremamente scocciata.
«Ma ci sei nata così scontrosa?» Chiese Austin un pò arrabbiato.
«Ma ci sei nato così ritardato?» Risposi fulminandolo... Che idiota. Finimmo la conversazione così. Quando arrivammo a casa, Mister Muscolo portò in braccio Alex fino in camera sua, senza alcuno sforzo.
«Dovrei comprarmi una macchina...» Pensai ad alta voce. «Una bella Mercedes Classe A, rossa fuoco.» Dissi entusiasmata. Ed entrambi mi guardarono male per quello che avevo detto... Già, un po' fuori luogo. Scendemmo e ci sedemmo sul divano del soggiorno, guardai l'orologio... si erano fatte le 7:00 P.M. Feci un sospiro di stanchezza.
«Chi te l'ha dato lo stilo?» Mi chiese Austin dopo un po'.
«Caleb.» Dissi stanca. «Cioè Almus... Mi devo ancora abituare.» Mi corressi.
«L'hai incontrato all'ospedale?» Mi chiese lui.
«Già, e gli ho già detto tutto.» Dissi subito. Lui mi guardò per un momento perplesso e pensieroso.
«Che c'è?» Gli dissi fredda.
«Stavo pensando solo che le rune possono essere molto utili.» Disse lui. Io lo guardai confusa.
«Che vuoi dire?» Chiesi stranita.
«Voglio dire che anche se tu non volessi appartenere al mondo invisibile, potresti usare le rune in tuo favore, invece di usarle per combattere contro i demoni.» Si fermò un attimo. «Cioè, potresti chiedere a Nabe se possa darti uno dei libri grigio... dove raffigurano le rune di tutti i tipi e significati; potresti usarle per difenderti.» Disse infine lui. Non gli risposi ma per molto tempo ci pensai.
"A volte, da quella bocca escono frasi sensate."

Stilo


Angelina Jolie alias Ann Hemsworth (Lee's mom)


Linden Ashby alis Joseph Hemsworth (Lee's dad)


 

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Capitolo 8
*** Chapter 8. ***


Jace Point Of View
Ormai era passata una settimana dall'ultima volta che vidi Almus; stavo ancora pensando se andare da lui o meno... non sapevo proprio cosa fare. Inoltre quando Alex si svegliò, una settimana fa, le dicemmo tutto, dall'inizio alla fine; non sembrava spaventata o scioccata ma solo un po' perplessa, forse, grazie alla sua mente aperta ha potuto assimilare tutto senza troppa confusione; inoltre ci aveva detto che poco prima di essere stata attaccata, quel mostro aveva ricoperto di fiamme molte persone, lei ci accompagnò fino a quella stradina, ma non c'era niente, era deserta; dopotutto lei rimase pensierosa e incredula. Così infine siamo arrivati ad adesso; io che mi trovo in bilico tra due decisioni, Alex che è sempre pensierosa come se non mi avesse detto qualcosa di importante e Lee... Mi faceva venire la nausea, lei e Austin non la finivano di flirtare; appena posavo gli occhi su una qualsiasi parte li vedevo: in casa, sul divano del soggiorno, in cucina, a Starbucks; Per poi parlare degli sguardi, delle conversazioni e delle loro mani che stavano sempre, comunque e ovunque congiunte... non ce la facevo più, era molto irritante; ma la cosa che mi irritava di più, che mi faceva salire il cristo fino alla testa era che... quei due non erano fidanzati. Lee con la sua stramaledetta e insopportabile timidezza e Austin con la sua mancanza di espressione... Oddio quanto mi innervosivano! Ma faccio di tutto per non pensarci... pensando ad Almus. Così infinwe presi una decisione.
Oggi io e Lee abbiamo lo stesso turno a Starbucks, e come al solito, quando lei non ha niente da fare, si ferma per parlare con Austin, così ne aprofittai.
«Lee al tavolo 5 c'è una coppia che deve ordinare, vai.» Dissi indifferente. Lei mi guardò un attimo perplessa ma poi andò. Mi sedetti di fronte ad Austin.
«Devo parlarti.» Dissi con distacco.
«Sarebbe?» Disse lui sorpreso.
«Ci ho pensato, e... Devo avere quel libro grigio.» Dissi sicura.
«Oh, e cosa vuoi da me?» Chiese un po' confuso.
«Voglio che tu mi dica dove Almus Nabe abiti.» Dissi io.
«C'è un piccolo problema... cioè so dove abiti, ma anche se tu lo sapessi non servirebbe, la casa è protetta da un'incantesimo che non fa entrare gli intrusi.» Disse lui sicuro. Io abbassai gli ochi rassegnata, ma lui aggiunse subito dopo qualcosa. «Ma mi hanno detto che stasera fa una festa a casa sua, e potresti entrare grazie ad un invito.» Disse convinto.
«E tu ce l'hai?» Chiesi io sorpresa.
«No...» Dissi lui., e io lo guardai male, ma si sbrigò ad aggiungere: «Ma ce lo possiamo procurare, o almeno te lo posso procurare.» Disse lui sorridente. "Come può piacere a Lee un sorriso ebete e snervante!"
«Bene!» Gli risposi ricambiando il sorriso. Poi mi alzai per ritornare al bancone, ma mi girai un' ultima volta verso di lui ed era ancora seduto.
«Allora?! Ti vuoi muovere?!» Dissi subito. Lui mi guardò, come se stesse pensando "Come? Adesso?". «Muoviti! Dico io a Lee che sei andato via.» Dissi fredda. Lui si alzò e si diresse verso l'uscita ma lo farmai un secondo. «Ah e tu vieni con me alla festa.» Dissi come ordine. E lui se ne andò contrariato.

Alex Point Of View
Erano circa l'1:00 P.M. quano uscii da scuola, sempre stanca. Ero davvero annoiata dalla scuola, dagli amici o insegnanti, è come se si fossero messi in secondo piano; tutto quello a cui riuscivo a pensare era all'incidente di una settimana fa, non riuscivo a dimenticarlo. Mi ricordo che quando mi svegliai Jace e Lee mi dissero di questo mondo invisibile, dei nascosti e di noi, che adesso non ricordo il nome, ma dovremmo essere delle cacciatrici di demoni, io e Jace. All'inizio, quando cercavo di ricordare il fatto avvenuto in quel vicolo, non riuscivo a vedere con precisione il volto della cosa che ha ucciso quelle persone, ma poi ieri notte sognai il suo volto... Aaron, il ragazzo distaccato del cinema, era lui, l'unica differenza erano gli occhi cremisi. Così andai diretta verso il vicolo, non so per quale motivo preciso. Quando arrivai era vuoto, come l'ultima volta, quando sono andata con Jace, Lee e un'altro ragazzo... che dovrebbe essere un licantropo, "Penso di averlo già visto da qualche parte." pensai. Mi sedetti appoggiandomi su un muro del vicolo stanca morta, lottando per non addormentarmi ma chiusi un momento gli occhi. "Quello strano segno che Jace mi fece sul petto per guarire le ferite... è molto strano, quando mi osservo allo specchio, lo guardo, mi da una senzazione strana." pensai. Quando riaprii gli occhi vidi difronte a me Aaron, era in piedi che mi guardava freddo e quasi impressionato. Dalla sorpresa balzai in piedi. 
«Cosa ci fai qui?» Domanda scontata, ma presa dallo spavento venne naturale.
«Sono stato io a mandarti quel sogno, sapevo che saresti venuta qui.» Lui.. cosa? Ma non poteva mostrare le sue emozioni a volte? Era sempre così freddo, distaccato.. perennemente.
«Perché uccidi? Perché hai ucciso quelle persone?» Volevo una risposta, diretta, niente grigio, solo bianco o nero.
«Perché respiri?» Come non detto. Non era una risposta precisa ma aveva reso l'idea.
«Quindi tu sei..» Non riuscii a finire la frase, ero spaventata, mi piaceva quel ragazzo ma era un mostro ed eravamo soli in un vicolo.
«Un demone, mi chiamo Adramelech.» Tutto ciò non poteva essere vero, perché proprio io? Noi.. Jace? Pensavo, a tutto, ero spaventata, confusa, infastidita da tutto quello che stava accadendo. Rimasi per un po' con la bocca aperta, cercando di formulare una frase di senso compiuto ma improvvisamente mi ricordai delle ferite, delle cicatrici che ho rischiato di avere.
«Tu mi hai ferita!» Ero diventata furiosa, la paura verso di lui era svanita, non potevo credere che lui avesse fatto tutto quello a me. Lui.
«Ti sbagli.» Tutto qui? “Wow, bravo Aaron o come ti chiami, sei stato davvero chiaro!” pensai, mi irritava. Non riuscivo a capire cosa mi avesse attratta a lui così tanto da farmelo piacere. «Non sono stato io.» Continuò dopo poco.
«Ha ha, wow e chi sarebbe stato?! C'eravamo solo tu ed io lì, oltre a quelle persone in fiamme!» Ero ancora furiosa, gesticolavo, ma cercai di calmarmi fingendo una risata all'inizio della frase.
«E' stato un altro demone, era lì perché era attratto dalla mia aura, essenso io un demone superiore.» Cercai di seguire il suo discorso ma veramente, non riuscii a capire nulla.
«Io non so nemmeno di cosa tu stia parlando!» Dissi ridendo dal nervoso. “Mi trovo solo nel posto sbagliato, io non devo averci niente a che fare con questo strano mondo!” pensai.
«Tu sei una Shadowhunters. Centri in questo mondo come tutti noi.» Sembrava posse sentire i miei pensieri ma prima che potessi rispondergli il mio cellulare vibrò ripetutamente e senza vedere chi mi stesse chiamando, risposi. Era Jace, mi disse che sarebbe andata ad una festa quella sera a casa di Almus con Austin per il libro grigio e mi disse anche che sarebbe andata con loro Lee, poiché non voleva restare a casa da sola e soprattutto lasciare Austin con Jace. Le dissi che ci sarei andata anche io, infondo che senso ha restare a casa quando le tue migliori amiche vanno ad una festa? Senza darle il tempo di rispondermi, chiusi la chiamata per poter continuare il discorso con Aaron ma sfortunatamente non c'era più. Ah, quant'era strano quel ragazzo.

Jace Point Of View
Ero appena tornata a casa quando chiamai Alex, aveva un tono strano ma non ne diedi molta attenzione. Alla fine andremo tutti alla festa di Almus, Lee insisteva e non mi dava un attimo di pace, invece con Alex non avevo voglia di discutere... ero troppo stanca. Mi buttai letteralmente sul divano e mi addormentai. Dopo non so quanto tempo sentii coprirmi con una coperta o un lenzuolo, non so, probabilmente Lee. quando mi svegliai si erano fatte le 7:00 P.M., e Lee ed Austin... e anche Alex stavano chiaccherando in camera sua. Mi stropicciai gli occhi, e vidi la coperta che mi copriva, la tolsi, mi diressi verso la camera ed entrai. Appena mi videro si zittirono.
«Allora? Dov'è l'invito?» Chiesi a Austin fredda. Lui frugò nella tasca della giacca di pelle e tirò fuori un biglietto nero con delle scritte bianche.
«Ma non c'è scritto niente.» Disse Lee confusa.
«Probabilmente perchè sei umana.» Dissi indifferente e presi il biglietto.
«Andiamo.» Dissi e mi diressi verso la porta, dietro mi seguivano Alex e Lee; ma Austin si mise davanti a noi con una faccia sconcertata.
«Ehy, ehy, ehy, fermatevi.» Disse lui ridendo.
«Che c'è?» Dissi annoiata.
«Andrete veramente vestite così!? A una festa di Almus Nabe?! Se andremo così non riusciremo a sfiorarlo nemmeno con un dito.» Disse serio. Mi guardai, ero vestita con una maglia larga nera a maniche corte e dei jeans strappati qua e là con delle Vans bianche, invece Lee aveva una felpa grigia e pantaloni neri con le ciabatte e Alex aveva una tuta blu notte... Okey non eravamo da festa ma eravamo presentabili.
«E come dovremmo vestirci?» Dissi fredda. Lui mi guardò un po' imbarazzato e poi fece dei gesti strani, allora capii, tuttavia Alex e Lee non sebravano aver compreso. Lo fermai.
«Per entrare a una festa di Almus Nabe dovremmo vestirci come puttane.» Dissi a loro due indifferente; poi andai in camera mia per scegliere cosa mettere. Dopo mezz'ora di indecisione mi misi un vestito quasi inguinale nero, con due buchi sui fianchi e il seno sporgente, i tacchi a spillo 15 cm neri semplici; mi truccai pesantemente e poi scesi, vidi fortunatamente che Lee e Alex erano pronte. Lee si era messa una magliettina corta aderente con fantasie bianche e nere e una minigonna corta bianca che lasciava l'ombelico visibile e infine tacchi 12 cm anch'essi bianchi; Alex mise una gonna corta avanti e lunga indietro blu con un cinturino dorato, si mise come maglia una fascia incrociata bianca che lasciava scoperta un po' la pancia, con tacchi aperti dorati. "Perfetto." pensai decisa, ma Austin, guardando Lee, non sembrava molto contento. Ci dirigemmo fuori dal palazzo e prendemmo un taxi che ci portò davanti ad una villa gigantesca con un grandissimo giardino; tutte le persone erano lì... ma le guardai meglio, alcuni avevano il colore della pelle molto strano... Alcuni erano dorati, altri rosa e anche verdi! C'erano persone con delle corna o code o altre stranezze... ma c'erano anche persone normali, forse. Fortunatamente ho portato con me lo stilo... ma dopotutto so anche combattere. Anche Alex era sorpresa, ma Lee no...
Scendemmo dal taxi e ci siamo diretti verso il grande cancello dove trovammo un grosso uomo con particolar tatuaggi... ma non sembravano rune; gli mostrai il biglietto ed entrammo; ma Austin ci fermò subito.
«State attente, qui ci sono esseri di tutti i tipi: fantasmi, vampiri, licantropi, fate ecc. e forse anche demoni; state attente qui non sono ben accetti gli shadowhunters.» Ci disse subito. Poi prese Lee per una mano, le mise la sua giacca di pelle e Lee sorrise arrossendo, "Oh mio Dio... anche qui..." pensai allontanandomi. Alex rimase con Romeo e Giulietta. Vidi molti che mi guardavano interessarti, ma anche con un pizzico di malizia, ma non mi importava, stavo cercando solo Almus, finchè non sentii il braccio tirare; mi girai pensando fosse Almus ma era solo un ragazzo fastidioso.
«Ciao, cerchi qualcuno?» Disse sorridendo maliziosamente. Lo guardai in modo freddo, sinceramente non sapevo perchè non fingessi, ma stare fra tante persone che si mostrano come sono fatti veramente, forse mi influenza. Questo ragazzo era uno di quelli che apparentemente sembravano normali ma vidi subito quando sorrise un luccichio tra i denti, "Un vampiro probabilmente." pensai indifferente.
«Non sono affari che ti riguardano. Vattene.» Dissi annoiata, così cercai di andarmene ma lui aveva una presa d'acciaio sul mio braccio.
«Ehy, non fare così... Forse lui non ti merita, non lo cercare è tempo sprecato... Invece divertiti con me.» Disse ridendo maliziosamente e con un accento lievemente macabro, avvicinando il suo viso al mio. Ma con un movimento fulmineo fermai il suo viso con la mano, tenedoglielo fermo con molta forza e avvicinai il mio viso a qualche centimetro da lui.
«Ti ho appena detto di andartene. E se ti dico di andartene... non è un consiglio, ma un ordine. Quindi adesso se non vuoi un tacco 15 nel tuo fottuto buco del culo ti consiglio di girare le palle e andare a scopare qualcun altro.» Gli sussurai con un tono tra il glaciale e il sadico. Gli lasciai il viso e se ne andò stranito, ma subito dopo sentii una mano sulla spalla, "Un'altro!" pensai esasperata. Mi girai e vidi Almus che con un segnò mi disse di seguirlo. Entrammo in casa sua, fortunatamente più silenziosa. Poi si fermò e mi guardò serio; era vestito con un pantolone nero e una camicia bianca sbottonata da cui si vedevano gli addominali, aveva del gel sui capelli e i suoi occhi erano blu acceso con una fessura nera al centro, come quella dei gatti. 
«Perché sei qui? Pensavo non volessi avere a che fare con il mondo invisibile invece sei in una loro festa.» Disse freddo, sedendosi su una delle poltrone del gigantesco soggiorno. "E' arrabbiato?" pensai.
«Sono venuta a chiederti una cosa.» Gli risposi subito.
«Cioè?» Chiese lui sorpreso.
«Un libro grigio.» Dissi seria.
«Sei davvero assurda. Come fai a dire un momento prima di non voler far parte di questo mondo e poi chiedi un libro di rune degli shadowhunters?!» Chiese lui spregevole, ma non mi fece ne caldo ne freddo.
«Mi serve per proteggere Alex e Lee.» Dissi coincisa. Lui mi guardò negli occhi, "Erano davvero belli." pensai un momento.
«Anche se ti volessi dare quel libro, ha un prezzo.» Disse confusionalmente.
«Se si tratta di soldi non ho problemi.» Dissi subito.
«Non si tratta di soldi.» Disse lui un po' infastidito.
«E allora cosa vuoi?» Chiesi innervosita.
«Voglio delle scuse.» Disse. Era molto serio, "Scuse?! Ma che diavolo stava dicendo!" pensai contrariata. Ma poi ripensai "Basta solo dire 'scusa' e basta, prendo il libro e me ne vado."
«Scusa.» Dissi senza guardarlo negli occhi.
«Scuse sincere.» Disse lui alzando un po' la voce. Io rimasi basita ma poi mi infuriai.
«Scusa! Scusa di averti fatto incazzare! Scusa per averti insultato, tu, i tuoi e i miei simili e gli altri nascosti! Scusa se non sono capace di esprimermi e non averti detto tutto bene per filo e per segno! Scusa se sono una testa di cazzo insensibile! Mi dispiace! Per tutto! Okay?!» Dissi tutto d'un fiato. Lui mi guardò sorpreso, poi scoppiò a ridere; rimasi davvero offesa. Abbassai gli occhi, mi girai e mi icamminai verso la porta a passo svelto, prima che potessi per la prima volta piangere per la disperazione; lui smise di ridere e comparve davanti a me bloccandomi. «Togliti.» Dissi con una voce talmente incazzata che nemmeno io sapevo di avere.
«Non stavo ridendo di te, stavo ridendo del fatto che mi sono trattenuto fin dall'inizio, non ero arrabbiato con te, è normale ricevere uno shock quando vedi una delle tue amiche ridotte in quello stato.» Poi mi abbraccio e rimasi sorpresa. «Ognuno si sfoga in un modo proprio, dovevo darti solo un po' di tempo per stare da sola.» Disse lui comprensivo, io rimasi in silenzio. Poi con una mano fece comparire libro e me lo porse. «Questo è il libro grigio.» Lo presi.
«Sai, non eri invisibile alla festa, ti guardavano tutti... Dopotutto, sei dannatamente sexy.» Disse lui squadrandomi. Io rimasi compiaciuta, anche perchè era lui a farmi il complimento.
«Inoltre ti ho visto fuori parlare con un vampiro. Lo hai steso.» Disse lui ridendo. Sorrisi anch'io leggermente. «Non ti ricordavo così fredda!» Continuò.
«E' da solo una settinana che non ci vediamo!» Dissi con falsa sorpresa.
«In realtà io ti ho visto oggi...» Sussurrò lui. Io rimasi confusa, ma poi mi ricordai di oggi pomeriggio.
«Tu mi hai messo la coperta!» Dissi incredula. Lui si girò e camminò verso la porta fischiettando con un'espressione colpevole.

Jace's outfit


Lee's outfit


Alex's outfit

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