What I've Done

di sorita
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Odaiba 2014.
 
 
 
 
Il sole splendeva alto nel cielo, decorato da qualche soffice nuvola qua e là.
Era un Giugno caldo e afoso, e a renderlo ancora più insopportabile ci si metteva il forte rumore degli aerei, che atterravano e partivano di continuo.
Un bellissima e giovane ragazza dai capelli dorati e raccolti in una treccia che le ricadeva elegantemente di lato, camminava lentamente,trascinando una valigia, ma non era sola.
Per mano, teneva un altrettanto bel bambino, dai capelli dello stesso colore e raccolti in un codino.
Appena sbucarono fuori dall’aeroporto, la giovane si fermò, causando la confusione dell’ipotetico figlio.
Alzò il suo viso angelico verso quel cielo sereno, e, anche se i raggi del sole le causavano un po’ di fastidio alla vista, stette per un po’ a guardarlo malinconicamente.
Fu il delicato richiamo della piccola creatura al suo fianco a farle distogliere l’attenzione da quella immensità che osservava tanto tristemente.
 
-Mamma, siamo arrivati?
 
La bella ragazza abbassò lo sguardo, guardandolo teneramente e accennando ad un sorriso.
Lasciò per un attimo la valigia e lo prese in braccio, stampandogli un bel bacio sulla guancia e sistemandogli i capelli.
 
-Si, tesoro mio. Siamo a casa.
 
Sul viso del piccolo si formò un bel sorriso che scaldò largamente il cuore della donna.
L’abbracciò, entusiasta.
 
-Finalmente, mamma! Non ne potevo più!
 
Rise a quella sua lamentela, per poi alzare la mano e chiamare un taxi.
Dopo sei anni, aveva avuto finalmente il coraggio di tornare.
 
 
 
 
 
 
 
Odaiba 2008.
 
 
Sora era nella sala d’attesa dell’ospedale, con la testa china.
Era pensierosa e allo stesso tempo un po’ triste.
Per tutto il tempo di attesa , era stata così, immobile e impassibile.
Aspettava solo quella dottoressa che l’aveva visitata poco tempo prima.
Però, l’ansia non sentiva per niente l’ansia.
Vide all’improvviso delle eleganti scarpe nere con il tacco fermarsi proprio davanti a lei, così si decise di alzare quel bellissimo sguardo dorato e innocente verso chi evidentemente le si era fermata di fronte.
Una bella donna dal camice bianco, con dei bei e folti capelli scuri e gli occhi neri e dai riflessi blu, sorrideva teneramente, per poi porgerle la mano.
 
-Prego, vieni con me, Sora.
 
Esitò solo un istante, quello che bastava per fermare la sua mente colma di pensieri.
Poi sii alzò, accettando la calda mano della dottoressa.
L’accompagnò lentamente nel suo studio, oltrepassando un corridoio verde smeraldo.
Sora teneva la testa bassa, poichè aveva paura degli sguardi curiosi e di incrociare qualcuno che poteva conoscere.
La fece entrare, chiudendo la porta alle sue spalle.
Dopo essersi seduta dietro alla sua scrivania e dopo essersi assicurata che la giovane si fosse accomodata per bene, la dottoressa le prese nuovamente le mani, cercando di sorridere e rassicurarla.
La giovane Takenouchi capì subito quel gesto, comprese cosa le avrebbe detto e cominciò un po’ a tremare.
 
-Sora, ho analizzato il tutto e non ci sono dubbi a riguardo.
 
A quelle parole, la ragazza abbassò di nuovo il suo sguardo color miele per posarlo sulla sua pancia.
Appoggiò involontariamente entrambe le mani sopra di essa, accarezzandola delicatamente.
 
-Da quanto tempo?- chiese con coraggio e non distogliendo la sua attenzione dal suo ventre.
 
Prese un leggero respiro, per poi alzarsi e prendere dei fogli che dovevano essere i risultati di tutte le sue analisi.
 
-Due mesi , piccola.
 
-Non mi ero accorta proprio di niente.
 
La signora la guardò di nuovo: la sua paziente era ancora immersa a scrutarsi la pancia poco gonfia.
Si sedette di nuovo, stavolta al suo fianco e tirandole su il viso per parlarle a quattr’occhi.
 
-Ascoltami. Sono in dovere di metterti al corrente di tutto. Se tu volessi abortire, sei ancora in tempo, ma costa molto come operazione. E, probabilmente, servirà anche uno psicologo che dovrà seguirti in tutto ciò.
 
Notò lo sguardo della giovane farsi improvvisamente contrariato:
 
-Non ho alcuna intenzione di fare una cosa simile, dottoressa.
 
Sgranò gli occhi a quell’affermazione così decisa e che non ammetteva repliche.
Sbattè le palpebre due o tre volte, per schiarire l’immagine della fanciulla che aveva davanti:
 
-Davvero?
 
-Si, voglio tenerlo e su questo non ho mai avuto dubbi, neanche dai primi sospetti e pensieri.
 
Cercò di mantenere una certa calma, era raro avere delle pazienti così giovani e determinate a volere una certa cosa.
Di solito, le ragazze madre avevano sempre così tanta paura e vagavano nel dubbio fino alla fine, invece Sora le fece capire che di dubbi non ne aveva, ma qualche timore si.
 
-Cosa ti preoccupa, allora?
 
La guardò, con quegli occhi malinconici e tremando un poco:
 
-Di dirlo ai miei, e ai suoi. Abbiamo solo diciannove anni e dobbiamo iniziare l’università. Non abbiamo un lavoro e le nostre famiglie sono umili. Inoltre, qui le voci corrono con niente e mi addolora sapere di farli vergognare.
 
A quelle parole, la bella signora appoggiò la sua calda mano sopra alla sua spalla scoperta, accarezzandola con le dita per confortarla ancora:
 
-E’ normale una paura simile, Sora. Ma è anche normale una prima reazione negativa da parte dei vostri genitori, non devi averne così timore. In questi momenti, solo loro e il tuo ragazzo possono essere in grado di starti vicina, e devi far scorrere le dicerie. Sarà dura, ma sicuramente quando avrai il tuo bambino tra le braccia, il ricordo e le sensazioni di quei momenti svaniranno all’improvviso.
 
Finalmente sul volto di Sora, si formò un bel sorriso , ma contemporaneamente scesero delle lacrime che le rigarono le sue guance rosee.
La dottoressa era consapevole della maturità della sua paziente, ormai si conoscevano da tempo ed era sicura che se la sarebbe cavata.
 
-E dimmi, cosa pensi che direbbe il tuo ragazzo a tal proposito?
 
A quella domanda, che pensava facesse ammutolire per un attimo la paziente, la giovane la stupì di nuovo, sorridendole e facendola rabbrividire:
 
-Sicuramente, si metterà a piangere e comincerà a farsi dei problemi per il futuro di suo figlio, per i soldi per mantenere me e lui. E.. –stavolta si rattristò al pensiero.- …non inizierebbe l’università.
 
Si stupì un poco da quella risposta, non aveva dubitato neanche un secondo sul fatto che il suo compagno sarebbe stato contrario o scioccato da una notizia simile.
Quelle parole, pronunciate con decisione e sicurezza dalla giovane, fece capire che la sua paziente aveva accanto una persona che l’amava davvero e che conosceva fin troppo bene per dubitare di lui, così bene che già sapeva come avrebbe reagito.
 
-Sora, ci sono delle cose belle e delle cose brutte nella vita. Bisogna fare molti sacrifici a volte, non devi rattristarti, l’importante è che siate felici, e che qualunque scelta si prenda, la si faccia sempre insieme.
 
Sorrise debolmente.
Lei sapeva i progetti di colui che amava, sapeva cosa aveva in mente di fare da grande, lo desiderava tanto e per arrivarci doveva continuare gli studi.
Ma sapeva come era fatto lui, che se avesse saputo una cosa del genere avrebbe rinunciato a tutto.
Per lei avrebbe fatto qualunque cosa, c’era Sora al primo posto nella sua vita, e il suo bene, e poi, c’era lui.
 
 
 
 
 
 
 
 
La bellissima ragazza dalla chioma dorata camminava, con passo lento e incerto, per alcune vie di Odaiba.
Si guardava spesso intorno e quasi che teneva la testa più bassa possibile, come se volesse nascondersi o non farsi riconoscere.
Trasportava il solito trolley e, con l’altra mano, teneva il suo adorato bambino che si stava gustando un bel gelato, tutto contento.
Le cominciò a battere forte il cuore per l’ansia, davvero una tachicardia forte.
Cominciò a sentire ancora più caldo, e i dubbi cominciavano ad occuparle la testa e il cuore e a farla respirare a fatica.
Cominciarono anche a farla rallentare ancora di più, e sentire brividi per tutto il corpo.
La piccola creatura dagli occhi dorati sentì la mano della madre tremare, così da cogliere la sua ingenua attenzione:
 
-Mamma, hai freddo?
 
Lo guardò quasi spaventata, non doveva farsi vedere così dal suo angelo.
Intravide poco distante una cabina telefonica e non resistette alla voglia di sentire la voce dell’unica persona che era stata vicina a lei e a suo figlio in quegli anni.
 
-Devo fare una chiamata, Shinichi. Vieni.
 
Arrivarono in prossimità della cabina e, dopo aver raccomandato una decina di volte al piccolo di stare davanti alla porta vicino al suo trolley, digitò subito i numeri e aspettò con ansia di sentire una risposta.
Non mancò di certo, tanto da farle risollevare un poco il cuore.
 
-Zia ..sono io.
 
Ci fu un momento di silenzio in cui la ragazza mandò continui sguardi al figlio che le sorrideva con il gelato in mano.
 
-Che è successo, Sora?
 
Alla sua voce, la bella ragazza si appoggiò alle pareti vetrate, in evidente orlo di un pianto:
 
-Zia…non credo di potercela fare.
 
-No, Sora, ne abbiamo già parlato e stavolta non ti appoggio.
 
Cominciò a scenderle qualche lacrima e a respirare a fatica, come se volesse trattenerne altre, ma ogni parola che usciva dalla sua bocca era un via al diluvio dai suoi occhi.
 
-Mia madre non capirà. Gli altri mi odieranno e lui.. lui non mi vorrà più vedere.
 
-Ascolta Sora, mi stai facendo arrabbiare. Io non ti ho mai chiesto nulla, ti ho sempre aiutata volentieri. Mi avevi promesso che una volta terminati gli studi saresti tornata nel tuo paese e avresti affrontato tutti a testa alta. Me lo hai promesso. Tu sei forte, lo sei sempre stata.
 
-Non è vero, e il fatto che sono fuggita tempo fa conferma la mia fragilità e.. la mia vigliaccheria.- disse ormai nel bel mezzo di un pianto.
 
-Tesoro mio, lo hai fatto per il bene di tutti. Sicuramente dovrai resistere a qualche attacco isterico da parte lor, ma chi ti vuole davvero bene, capirà, credimi. Il tuo posto è lì, e anche quello del piccolo Shinichi. E’ ora di fargli conoscere le sue origini e… suo padre. Devi farlo per il suo bene, Sora. Pensa che lo fai per lui.
 
Mentre la giovane Takenouchi era al telefono, il piccolo aspettava ,come gli era stato ordinato, vicino alla valigia.
Ormai il suo gelato era quasi finito, ma non era ancora per niente sazio. Sicuramente avrebbe chiesto alla sua mamma un’altra cosa da mangiare più tardi.
Ad un tratto, sentì una piccola spinta e vide il trolley cadere a terra.
Lo guardò e cercò subito di alzarlo con la sua piccola mano libera, la mamma gli aveva dato il compito di controllarlo e lui voleva renderla felice e farle vedere che era stato bravo.
Ma una mano molto più grande e forte della sua, lo aiutò ad alzarlo.
Spostò così il suo sguardo color miele verso colui che gli stava dando una mano e incrociò un radioso sorriso da parte di un bel ragazzo dai capelli castani scuro e folti.
Ne rimase affascinato, non sapeva perché.
 
-Taichi, sei sempre il solito, tra poco non lo investivi a questo povero bambino.
 
Un bel giovane biondo, dagli occhi limpidi e azzurri, si avvicinò ai due, sorridendo a sua volta.
 
-Fratellone, tutto bene?
 
Avanzò con loro anche una bella ragazza dai capelli a caschetto e castani, come il primo ragazzo.
Il bambino si intimorì un poco vedendo tutte quelle persone attorno a lui, così il giovane Yagami cercò di tranquillizzarlo:
 
-Tranquillo! Sono i miei amici. Scusami, per quanto sei piccolo non ti avevo visto!- scherzò, facendolo sorridere.
 
-Non ti preoccupare, se ci saranno dei danni chiederò il risarcimento!
 
Rimasero tutti allibiti da quella risposta pronta e geniale da un bambino così piccolo, ma la risata di una bellissima ragazza dagli occhi cenere e i capelli lunghi e mossi li fecero voltare:
 
-Taichi, sembra più intelligente di te!
 
-Non sei affatto simpatica, Mimi.- le disse fulminandola un poco con il suo sguardo nocciola, per poi riportare l’attenzione sulla creatura di fronte, che li guardavano confusi.
 
Tutti osservarono il trolley, molto più alto di lui, e , non vedendo nessuno al suo fianco, Hikari chiese:
 
-Ma sei da solo, piccolo?
 
Scosse la testa, allegro:
 
-No no, aspetto la mia mamma! Sta facendo una telefonata! Io devo controllare la valigia!
 
-Ah, meno male, allora togliamo il disturbo e ti chiediamo scusa per la sbadataggine di questo individo.- fece Yamato pizzicando l’amico.
 
Il bambino rise a quella battuta, apertamente e radiosamente.
A quel caloroso gesto, Taichi si bloccò, irrigidendosi tutto.
La stessa reazione la ebbero gli altri tre presenti: quel sorriso, quell’espressione così bella e calorosa, quell’emozione che provarono tutti, loro l’avevano già vissuta.
Yamato spostò lo sguardo subito sull’amico castano, era pallido e aveva cominciato a tremare.
A guardarlo bene, i capelli erano dello stesso colore di una vecchia conoscenza, come anche quei due bellissimi occhi.
Il biondo non esitò a prendere il ragazzo per un braccio e, dopo aver salutato di nuovo il bimbo, lo trascinò via con sé, facendo fare lo stesso a Mimi con Hikari.
La giovane Yagami era sconvolta quanto il fratello e faticava a camminare.
 
-E’ uguale…- sussurrò ad un tratto Taichi che era evidentemente sconvolto e scombussolato e che guardava in pieno panico il pavimento.
 
-Non so di che parli, amico mio.- rispose sbrigativo e agitato anche lui.
 
Hikari non resistette e fece fermare anche Mimi, che lanciò subito uno sguardo di allarme verso Yamato.
 
-Gli occhi, il sorriso, è lei.- sussurrò in ansia la giovane dai capelli castani.
 
-Sciocchezze! Smettetevela! E’ sparita e non tornerà!- scoppiò il biondo ,nervoso.
 
Ma nessuno potè replicare.
Sentirono la dolce voce di quel bambino che esclamava felice la parola “mamma”.
Si voltarono tutti e quattro, non erano ancora tanto distanti a causa della lentezza dei fratelli Yagami.
Dalla cabina telefonica, che era poco distante dal bambino, uscì una bellissima e giovane donna dal viso pallido ma angelico, con gli occhi leggermente rossi ma che brillarono ugualmente alla vista della creatura di fronte a lei.
Molto esile, ma affascinate, e quella treccia, ben curata e tenuta di lato, poteva benissimo mostrare il suo dolce viso.
La vita dei quattro compagni si fermò all’istante.
Taichi sentì mancare il respiro e gli occhi ardere come non mai.
Hikari quasi che stava per svenire se non fu per la presa pronta di Mimi al suo fianco.
 
-Mamma! Ho protetto la valigia! Dei signori l’avevano fatta cadere!
 
Sora si abbassò lentamente, sorridendo apertamente al suo piccolo, abbracciandolo e accostandolo a sé.
Gli diede un dolce bacio e sorrisero entrambi, evidenziando l’intera somiglianza dei loro visi.
I capelli, gli occhi e i lineamenti, erano uguali e non poteva sorgere alcun dubbio a riguardo, lei era la madre.
 
-Tesoro mio, sono orgogliosa di te.
 
Rise ancora di più, era quello che voleva sentir dire.
 
-Quei signori laggiù l’hanno rovesciata e gli ho detto che se è rotto qualcosa devono risarcire!
 
L’innocente battuta del bambino fece ridere Sora, ma il suo dolce sorriso si spense in un istante appena posò lo sguardo in lontananza.
No, non doveva accadere così.
Non si sentì più il cuore e l’ossigeno non riusciva ad arrivarle ai polmoni.
Incrociò lo sguardo di ghiaccio di Yamato, sull’orlo di una scenata di rabbia, gli occhi scandalizzati della sua migliore amica Mimi che ormai stava per piangere, il viso sconvolto e rigato dalle lacrime di Hikari che spostava di continuo la sua attenzione da lei al bambino.
Infine, gli occhi rossi e nocciola di Taichi, pieni di tristezza, rabbia, sconvolgimento e dolore.
-Mamma! Mamma! Stai bene, mamma?!
Il piccolo Shinici, notando l’irrigidimento e il conseguente tremore della madre, si spaventò un poco e cominciò a chiamarla di continuo, evidenziando così inconsciamente il ruolo che aveva assunto da un po’ di anni a quella parte.
Sora si alzò, tenendolo e stringendolo tra le braccia ma non spostando il suo tenero sguardo verso i suoi vecchi amici.
Appena cercò di avanzare un passo, vide Taichi indietreggiare e, dopo averla guardata un altro poco, evidentemente ferito e lacerato, si voltò di scatto, fuggendo via tra la folla.
Hikari, a quel gesto, si alzò preoccupata, ma prima di andare anche lei gettò un’ultima occhiata alla bella ragazza, ma per la prima volta Sora la vide arrabbiata e furibonda, tanto da fuggire via inseguendo il fratello.
Non c’era alcun dubbio, ora come ora era meglio andarsene.
Erano rimasti solo loro, il gelido Yamato che non si faceva neanche uno scrupolo e la guardava con una esplicita rabbia, e la sua migliore amica, sinceramente commossa ed evidentemente sofferente.
Fece un passo indietro stavolta, con espressione alquanto bastonata.
Baciò il suo piccolo e accarezzò la sua bella testolina, tranquillizzandolo.
Prese il trolley con l’altra mano e se ne andò dalla direzione opposta, camminando più veloce di prima e dileguandosi dalla vista dei suoi due vecchi amici.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Era appena tornata a casa.
Stranamente, non c’era nessuno nel suo appartamento, neanche sua madre.
Forse era andata a fare la spesa.
Appoggiò le chiavi all’entrata e si avviò in camera, lentamente.
Accese la luce e , dopo aver osservato malinconicamente la sua stanza, si avvicinò al suo letto, fino a distendersi e cominciando a fissare il soffitto.
Involontariamente, cominciò ad accarezzarsi la pancia.
Chiuse gli occhi, tra non molto sarebbe diventata madre, e a soli diciannove anni.
Cercò di non pensare a ciò che poteva accadere di negativo, alle voci, alle reazioni e ai volti dei loro genitori.
Stava per avviarsi nei suoi pensieri quando sentì squillare il telefono.
Si voltò verso il comodino, aveva lasciato il cellulare a casa il pomeriggio e solo ora se ne rendeva conto.
Lo prese subito in mano, ovviamente era lui che la stava cercando.
Prima di rispondere, si maledì un po’ di volte, era stata davvero sbadata e di sicuro lo aveva fatto preoccupare.
 
-Pronto, Taichi.
 
-Sora, ma dove diavolo sei finita? E’ tre ore che ti chiamo! Stavo per chiamare la polizia, i carabinieri, la stradale, i pompieri, la C.I.A., l’FBI,  tutti!
 
Rise apertamente a tutte quelle parole, facendolo un poco innervosire e ricordandole che stava morendo dalla preoccupazione.
 
-Scusa, Taichi, sono andata a fare un giro e ho lasciato il telefono a casa.
 
Sbuffò un poco, si era davvero spaventato.
Dopo averla rimproverata un altro po’, le chiese dove fosse.
 
-Bè, se avevo lasciato il telefono a casa, dove pensi che sia?- scherzò lei.
 
-Non fare la simpatica e aprimi, che ci ero arrivato anche io. Era solo per conferma.
 
Non ci poteva credere, era già di fronte alla porta del suo appartamento.
Chiuse subito la chiamata, senza neanche salutarlo.
Si fiondò all’entrata e , senza esitare, aprì.
Gli sorrise calorosamente, anche se lo vedeva abbastanza imbronciato.
Lo prese delicatamente per mano e lo fece entrare, chiudendogli la porta e facendolo accomodare.
Cercò di fare ancora un poco l’offeso, incrociando le braccia e cercando di evitare il solito contatto che li faceva star bene.
 
-Allora, dove sei stata di preciso per dimenticarti di me?
 
Scosse la testa, divertita.
 
-A fare un giro, te l’ho spiegato. Mi avevi detto che oggi avevi un impegno, così sono uscita un poco.
 
-Neanche ti interessa dove sono andato? Ormai mi trascuri ogni giorno di più.
 
Sorrise a quella finta frase di vittimismo e si avvicinò, abbracciandolo contro la sua volontà.
 
-Mi fido ciecamente di te, Taichi, e se non me lo vuoi dire, un motivo ci sarà.
 
Non resistette neanche un minuto, e l’avvolse in un abbraccio, circondandole la vita e infilando le sue fresche mani sotto la sua larga maglietta, accarezzandole così la schiena.
-Te lo volevo dire una volta accertata la notizia.- disse stringendola ancora di più e avvicinando il viso al suo.
 
-Ebbene?- domandò lei, mentre giocava con il colletto della sua maglia.
 
-Mia cara, non ci crederai, ma mi hanno preso alla rinomata università di ingegneria meccanica di Tokyo! Ho passato il test di ammissione!
 
Sora sgranò gli occhi, stupefatta.
Era sempre stato il suo sogno, la facoltà di ingeneria di Tokyo era così rinomata da essere a numero chiuso.
Taichi si era preparato tanto, grazie all’aiuto di Sora e alla sua volontà, ed era riuscito nell’intento.
La prese in braccio e la fece roteare su se stesso, sorridendo apertamente e facendo emergere la sua felicità.
La ragazza si sentì davvero contenta della notizia, ma un magone la stoppò quasi subito.
Il bambino.
Il bel ragazzo notò l’esitazione della giovane, così da fermarsi.
Assunse un’espressione confusa, non capiva perché stesse reagendo così.
 
-Sora, stai bene? Hai capito cosa ho detto?
 
La giovane capì che stava esitando anche troppo così, dopo aver cercato di mandare giù quel magone improvviso, sorrise con tutte le sue forze e gli occhi lucidi:
 
-Sono davvero fiera di te, Taichi! Entrare a Tokyo, è davvero un’impresa ardua! E tu ci sei riuscito! Non ho parole per descriverti quanto sono orgogliosa di te e quanto sono felice.
 
Concluse, non riuscendo a trattenere le lacrime.
Il giovane Yagami rimase un po’ scosso da quella sua reazione, così le prese il viso e cominciò ad asciugarle le lacrime con le dita, cercando di sorridere:
 
-Perché piangi? Io avevo immaginato una reazione diversa…
 
Si mise le mani in viso, appoggiandole sopra a quelle forti del ragazzo, sorridendogli a sua volta:
 
-Piango perché sono felice per te, ti meriti questo ed altro.
 
Anche il bel ragazzo accennò un sorriso, ma non era del tutto convinto, così la giovane donna di fronte si slanciò, circondando il suo collo e baciandolo, togliendogli il fiato.
Non ci volle molto per far ricambiare subito la stretta e il gesto a Taichi, che se la strinse a sé e cominciò a spingerla in una certa direzione.
Si staccarono un attimo, ridendo un poco, e riprendendo fiato.
 
-Era esattamente questo quello che mi ero immaginato.- disse facendola ridere e prendendola in braccio.
 
La baciò di nuovo, portandola in camera e chiudendo con un calcio la porta alle spalle.
La distese lentamente sul letto, facendo scendere la sua canottiera e cominciando a baciarla sul collo.
 
-Taichi..- lo chiamò lei, riprendendo ancora fiato.
 
Ma lui non rispose e continuò a riempirla di teneri baci.
Sora decise di chiamare la sua attenzione, e infilò le sue mani in mezzo alla sua folta chioma, attirando così il suo sguardo.
 
-Mia madre potrebbe tornare da un momento all’altro.- disse decisa.
 
In tutta risposta, il ragazzo sorrise e la baciò teneramente sulle labbra.
Vedendola confusa, avanzò subito spiegazioni:                                           
 
-Se avessi risposto ad una delle trenta telefonate che ti ho fatto, lo sapresti. Stasera tu e tua madre cenate da noi, e Toshiko è andata a fare la spesa con mia madre ed Hikari. Ci aspettano direttamente nel mio appartamento, poichè cucineranno insieme dopo.
 
Scosse la testa, ridendo.
Si alzò di un poco e spinse il viso del ragazzo contro il suo, per baciarlo di nuovo:
 
-Sei proprio un calcolatore.
 
Prima di continuare a baciarla, rise per la battuta.
Stava davvero bene in sua compagnia, la amava tanto, e non riusciva a pensare a nient’altro che lei.
Era tutto il suo mondo, avere Sora al suo fianco significava essere inevitabilmente felice.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Sora camminava lenta con in braccio il piccolo Shinici che nel frattempo si era addormentato.
Trascinava il trolley, ormai era abituata a fare certi sforzi.
Suo figlio la teneva in perenne forma, la faceva correre tutto il giorno e fare sollevamento pesi.
Al contrario di molte neo mamme, aveva ripreso la sua forma ideale subito, anzi, era anche più magra di prima, ma questo era stata colpa anche dello stress universitario e delle sue perenni preoccupazioni.
Prese l’ascensore per arrivare a destinazione e ,con l’aumentare dei piani, saliva anche la tensione.
Avrebbe rivisto la madre, dopo tutti quegli anni.
L’aveva lasciata così, senza dirle di preciso dove sarebbe andata, con una sola chiamata da una cabina telefonica.
Pioveva quel giorno e Sora era in lacrime.
Quando Toshiko rispose, le chiese arrabbiata dove fosse, era sparita dalla mattina senza dare notizie né a lei, né a Taichi.
L’unica risposta che diede fu: “Me ne vado per un po’, mamma. Tornerò, non venite a cercarmi.”
Quella breve frase doveva riassumere il tutto.
Spaccò in due il cuore della giovane donna, che cercò di denunciarne la scomparsa ma Sora era maggiorenne e se aveva deciso di andarsene di testa sua, loro non potevano far niente.
Si aprirono le porte dell’ascensore e la ragazza, assieme a suo figlio, uscirono per trovarsi poi sul piano della loro meta.
Avanzò, leggendo i campanelli e finalmente lo trovò.
Toshiko Takenouchi.
Prese il respiro, era sicura di trovarla, la zia Harumi le aveva dato tutte le dritte, d’altronde era stata proprio lei a dirle che la madre aveva cambiato appartamento.
Suonò, ormai non poteva scappare.
E poi l’aveva promesso alla sua salvatrice.
L’ansia le stringeva il cuore e la gola.
Non sapeva come reagire, ma doveva  trattenere le lacrime e sapere che non sarebbe stato per niente facile.
Ecco, la porta si stava aprendo.
Davanti a lei si presentò una bella donna, dai capelli castani e raccolti, che non appena la vide, cambiò il suo sguardo color nocciola da sereno e tranquillo a qualcosa di indecifrabile.
Stettero in silenzio, ora erano una di fronte all’altra.
La mano della signora si era congelata sulla maniglia, come si era letteralmente fermato anche il suo respiro.
Era il momento, doveva mostrare di essere forte, la parola spettava a lei, non di certo alla sua povera madre.
 
-Ciao, mamma.
 
Salutò con tutta la calma che poteva esserci, causando il tremore degli occhi della donna di fronte ,che, a sua volta, si mise la mano sulla bocca.
Quella bellissima ragazza, era sua figlia.
 
-Sora..
 
Cominciò ad osservarla meglio, notò il bimbo sulle braccia, addormentato e il trolley al suo fianco.
Il viso della madre cominciò a farsi rosso, un misto tra rabbia e dolore.
Ma Sora doveva entrare in casa prima che si scatenasse il tutto, così chiese il permesso di entrare.
 
-Mamma, ti prego fammi entrare.
 
-Torni, torni all’improvviso dopo che sei fuggita di casa e pretendi anche che ti apra la porta?!
 
Quasi urlò, stava sull’orlo di un pianto, ma la giovane doveva entrare, anche solo per un attimo.
Doveva.
 
-Mamma, ti prego, solo per un attimo. Almeno nessuno ci sente urlare…
 
Sora sapeva che la madre odiava farsi sentire dai vicini e i pettegolezzi, sapeva come incalzarla e infatti la fece passare, chiudendo subito la porta.
Dopo aver osservato velocemente l’appartamento, la giovane madre si diresse verso il salone, poggiando delicatamente il figlio sopra al divano e accarezzandolo teneramente.
Toshiko assistette alla dolce scena, ma non si intenerì nemmeno un po’, anzi.
Non appena vide tutto quell’affetto nei confronti di quel bambino, un’ulteriore ansia e rabbia le salì fino ai capelli.
 
-Chi è quel bambino, Sora? Cosa ci fa con te?
 
La figlia continuò ad accarezzarlo mentre lo vedeva dormire beatamente.
Era davvero un amore quell’angioletto.
Ma aveva intuito il tono nervoso della madre, così, dopo un respiro, si sbrigò a rispondere:
 
-E’ tuo nipote, mamma.
 
Toshiko indietreggiò, scossa del tutto.
Non solo aveva appena incontrato la figlia dopo tutti quegli anni, ma si era presentata con un bambino.
 
-E’ mio figlio.
 
Sora precisò ancora, per evitare ulteriori domande di conferma.
Non sentendo risposta, neanche un urlo, si voltò a guardarla e ora si che vide quello che si aspettava: la rabbia e l’odio nei suoi confronti.
 
-Tuo figlio?! Ti presenti qui, dopo sei anni, con un bambino?! Ma cosa hai in mente?! Sei impazzita del tutto?! E di chi è questo figlio?! Non hai un minimo di rispetto nei confronti di Taichi?!!
 
La sfuriata era appena iniziata, ma era normale, era tutto calcolato, come era compreso il dolore di quelle acute parole.
 
-Taichi è stato malissimo, per una stupida come te! Ti amava, ti ha sempre amato con tutto se stesso, tanto da studiare notte e giorno ed entrare in quella diavolo di facoltà privata e costosa solo per sentirsi dire da te che ne eri orgogliosa! E ora che fai? Torni con un figlio? Con che coraggio sei venuta da me?
 
Si era promessa di non piangere, ma faceva più male del previsto e non riuscì a trattenere quelle enormi lacrime che cominciarono a solcarle il viso.
 
-Io amo Taichi come se fosse un figlio, mi è stato sempre accanto in questi anni, al contrario di te! Mi ha fatto sentire ancora utile in questa vita! Lo considero mio figlio più di quanto consideri te! Mi hai abbandonata, Sora! Mi hai abbandonata letteralmente! Hai tradito la mia fiducia, hai spezzato il cuore di quel povero ragazzo, e straziato i cuori di tutta la sua famiglia che ti consideravano parte integrante della loro. E ora, sei venuta qui, a darci il colpo di grazia con un figlio di non si sa chi!
 
-Posso spiegarti, mamma…- fece con voce rotta e cercando di asciugarsi le lacrime.
 
-Cosa vuoi che mi importi delle tue spiegazioni? Dopo sei anni non valgono a nulla. Ti voglio fuori dalla mia casa, sia te che quel bambino! Mai farò un torto simile alla famiglia Yagami, mai!
 
Cominciò a singhiozzare molto forte, segno che il suo cuore si stava facendo in mille pezzi.
 
-Ti prego, voglio parlati, voglio spiegarti..
 
-Vai fuori dalla mia casa!-urlò furibonda e con le lacrime piene di rabbia.
 
Non l’aveva mai vista così, in vita sua.
Toshiko stava prendendo il respiro, piano piano.
Non c’era verso, doveva andarsene, la sfuriata della madre era stata peggio del previsto.
Si chinò di più verso il bambino e lo baciò in fronte sussurrandogli e scuotendolo un poco:
 
-Shinichi, amore della mamma, sveglia, dobbiamo andare.
 
Il piccolo aprì gli occhi lentamente, strofinandoseli poco dopo e sorridendo apertamente appena vide il bellissimo viso di sua madre.
 
-Mamma…- sussurrò prima di abbracciarla.
 
-Dai, alzati piccolo. Non ce la faccio a portarti ancora in braccio.
 
Una volta in piedi, si guardò intorno confuso, non sapendo dove fosse.
Incrociò lo sguardo indecifrabile di una donna, poco distante da lui e, spaventandosi un poco, strinse la gonna del vestito della mamma.
Sora non poteva parlare, la madre le avrebbe urlato anche di fronte al suo bambino.
Così, se non poteva aprire bocca, c’era solo una cosa che poteva fare per farle conoscere indirettamente la verità.
 
-Shinichi, sciogliti il codino, tesoro.
 
La guardò, felice per quello che aveva detto:
 
-Davvero, mamma? Posso?!
 
Lei annuì, sorridendogli radiosamente e mettendogli una mano sopra alla testa.
Non se lo fece ripetere, e lo tolse immediatamente.
 
-Finalmente, mi tirava tanto il laccio, mamma!
 
Non appena sciolse la coda, la giovane Takenouchi gli scompigliò i capelli, e , quando ritrasse la mano, davanti a Toshiko si presentò un bellissimo bambino dalla folta chioma dorata.
Alla visione di quella creatura, da quei capelli indomabili, la madre di Sora cadde in ginocchio, letteralmente scandalizzata.
Era la sua copia, la signora lo aveva visto crescere assieme a sua figlia e poteva metterci una mano sul fuoco, era la copia di Taichi.
 
-Andiamo, tesoro?- propose lei prendendolo per mano.
 
-Si, ma dove? Non dovevamo andare dalla nonna?- chiese innocentemente accettando la presa.
 
La giovane Takenouchi posò il suo tenero sguardo sulla madre, che aveva cominciato a piangere silenziosamente.
Non era venuta ad Odaiba per mentire, stavolta era venuta solo per dire la verità.
 
-Tua nonna è li, Shinichi. Purtroppo, ora ha da fare e dobbiamo andare, però salutala prima di uscire.
 
-Nonna? Nonna!- esclamò ingenuamente il bambino, sciogliendo la presa con la madre e saltando addosso alla donna di fronte a loro.
 
Toshiko rimase per l’ennesima volta sotto shock e , non appena il bimbo l’abbracciò calorosamente, scoppiò in un pianto quasi isterico, come se si stesse liberando di un’enorme peso.
Ovviamente, il pargoletto voleva voltarsi verso la donna per vedere cosa le stava accadendo, ma lei lo strinse forte per non far vedere il suo stato e cercò subito di calmarsi.
Non appena vide che la madre aveva accettato suo figlio con quel gesto, a Sora cominciò a bruciarle gliocchi per la commozione.
Non ci sperava più, decisamente, ma non era detta ancora l’ultima parola, doveva rimanere in guardia e reggere la situazione con forza.
Se tutto sarebbe andato bene, poi avrebbe dovuto affrontare momenti peggiori, ossia gli amici ma soprattutto Taichi e la sua famiglia.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La sera erano tutti a cena a casa Yagami.
L’aria era piena di felicità e di risate, come in ogni incontro.
La famiglia di Taichi e di Hikari era sempre energica e piena di vita, tirava su qualsiasi persona, anche la più triste.
Sora riuscì a non pensare alla sua visita del pomeriggio quella sera, grazie alle battute di Susumo sul cibo cotto dalla moglie e agli insulti scherzosi dei figli.
Anche la mamma di Sora rideva di gusto, erano i suoi migliori amici e si conoscevano da una vita.
Quella a casa di Yagami ormai era diventata una riunione abituale di famiglia.
Da quando entrambe le parti avevano saputo che i rispettivi figli avevano finalmente formato una coppia fissa, come da sempre speravano, non si erano mai fatti mancare un incontro del genere.
La famiglia per loro era tutto, e doveva essere unita il più possibile.
Era inevitabile, però, che l’argomento principale della serata sarebbe stato il gran successo di Taichi: i suoi genitori, assieme a Toshiko, ne erano davvero fieri e felici.
Sapevano che il ragazzo si era impegnato tanto e avevano incrociato le dita fino a quel giorno, e finalmente ciò che si meritava era arrivato.
Hikari ne era fiera, suo fratello, grazie all’aiuto di Sora, era migliorato molto a livello scolastico e passare il test per entrare in quell’università prestigiosa era davvero un’impresa difficile, ma il suo grande fratellone ce l’aveva fatta.
 
-Mio figlio diventerà ingegnere! Ma ve lo immaginate?? Non ci avrei mai sperato!- esclamò quasi commossa la signora Yagami mentre stava per far scivolare un piatto per terra.
 
La figlia ,prontamente, salvò l’oggetto e sorrise a sua volta:
 
-Hai ragione, mamma. Non ce lo vedo proprio!
 
A quelle parole, Taichi si offese un poco, incrociando le braccia e alzando il sopracciglio:
 
-Ma che vorreste dire, scusate? Mi state trattando da somaro!
 
-Bè, dai, figliolo, bisogna ammettere che è tutto merito della nostra Sora!- esclamò Susumo, fiero della figlia acquisita e appoggiandole una mano sulla spalla.
 
L’interessata arrossì un poco, poi voltò la sua attenzione sull’uomo che amava e gli prese la mano, stringendola:
 
-Io non ho fatto quasi niente, Susumo. Il merito è solo suo. Ha grandi capacità, arriverà in alto.
 
Taichi le dedicò un radioso sorriso, per poi baciarla sulla tempia come ringraziamento.
 
-Bè, certo, ci vogliono molti soldi, le rate sono alte, poi i libri, il treno… ma vedrai,figliolo, ce la faremo! Abbiamo messo i soldi da parte!
 
Mentre l’intera famiglia continuava a parlare entusiasta del loro bel ragazzo, Sora si ammutolì.
E’ vero, quell’università era davvero cara e la famiglia Yagami avrebbe dovuto fare un bel po’ di sacrifici.
Inevitabilmente, le venne in testa la sua gravidanza.
Non aveva dubbi a proposito, quella notizia avrebbe distrutto tutto il futuro di Taichi e le speranze dei genitori.
Il suo Taichi, l’uomo che amava con tutta se stessa, era riuscito ad arrivare così in alto e lei si sentiva orgogliosa di lui, il cuore le voleva scoppiare di felicità.
Ma, allo stesso tempo, sentiva qualcosa che impediva questo scoppio, un’angoscia che si tramutava sempre più in agonia.
Era sicura che Taichi, dopo un primo sbalordimento iniziale, non avrebbe esitato ad accettare il loro bambino, ne era certa, lui lo avrebbe voluto e sarebbe stato, anche se giovane, da subito un buon padre.
Ma questo, gli avrebbe costato i suoi sogni e il suo futuro , che comunque si mostrava glorioso.
E allora, che fare? Sora non voleva abortire, ma ora più che mai, nemmeno voleva riferirgli una cosa del genere.
Mentre i dubbi la stavano pian piano divorando, si accorse che le due donne di casa avevano cambiato discorso.
L’orecchio si allungò non appena percepì l’argomento.
Sembrava che stesse accadendo proprio apposta una cosa del genere.
D’altronde, piove sempre sul bagnato.
 
-Si, non puoi capire! Quando l’ho saputo ci sono rimasta davvero male! A soli diciassette anni poi, davvero da irresponsabili!- esclamò Yuuko.
 
-Hai proprio ragione, amica mia. Ma io dico, sei una ragazza così giovane, fai ancora la scuola, e fa attenzione! Come si fa a rimanere incinta così presto!? Anche il ragazzo deve essere stato senza coscienza! Se ne sentono di tutti i colori.
 
A Sora le si fermò il cuore.
Tra tanti giorni, proprio quella sera le due signore si erano messe a parlare di certe cose, la vita era davvero assurda.
 
-Ovviamente i genitori quando l’hanno saputo si sono arrabbiati e hanno messo subito le cose in chiaro: i figli li devono mantenere loro, quindi ora il ragazzo deve trovarsi anche un lavoro dopo la scuola! Con questi tempi, mica quei poveri genitori possono badare anche alle loro spese! Certo, li aiuteranno, senza dubbio, ma la loro irresponsabilità deve essere recuperata subito. Avere un bambino non è semplice, anzi!
 
Alla povera giovane Takenouchi cominciarono a sudare le mani, questa non ci voleva, non voleva sapere cosa pensasse Yuuko a riguardo, un po’ se lo immaginava ma preferiva sentirselo dire dopo che avrebbe avuto il coraggio di annunciare la notizia.
Ma ora, era completamente spiazzata.
Sentire quei discorsi dalle sue due madri era stata come se una bomba le fosse scoppiata nel petto.
Già aveva le nausee per la sua gravidanza, e ora le sentiva ancora più acute.
Taichi si accorse presto dello stato pallido e strano della sua amata, così la svegliò dolcemente dai suoi pensieri cingendole una mano sopra alle spalle e avvicinandola a lui.
Le alzò il viso delicatamente con un dito e le diede un delicato bacio sulle labbra, facendola sorridere un poco.
 
-Che c’è, Sora? Sei strana.- chiese diretto, guardandola dritta negli occhi.
 
Il suo sguardo nocciola era maledettamente bello, ogni volta riusciva ad affascinarla.
 
-Niente, Taichi. Non mi sento bene, non ho ancora digerito.
 
-Questa è colpa delle brodaglie di mamma, di sicuro! Te l’avevamo detto di non mangiarle,Sora!!- esclamò la giovane Hikari che, nel frattempo, si era alzata e aveva abbracciato da dietro la sua amata amica.
 
Per quel gesto, aveva spostato il fratello, che, puntualmente, si arrabbiava con la sorellina:
 
-Hikari, stavo cercando un po’ di intimità con la mia ragazza! Quindi lasciamela!
 
Risero entrambe sia alla sua faccia che alle sue parole, ma Sora strinse le mani della ragazzina per farle capire di non mollare la presa.
 
-Appunto, fratellone, le stai perennemente addosso! Lasciala un pochino anche per noi! Anche perché alla fine sei pesante, poi ti lascerà!
 
E,puntualmente, andava a finire come al solito: i due fratelli cominciarono a rincorrersi per l’appartamento , ridendo e minacciandosi scherzosamente, facendo ridere i presenti.
Anche Sora rise, ma solo superficialmente.
Dentro, stava morendo lentamente.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Erano passate un paio d’ore da quando Sora era arrivata all’appartamento della madre.
Toshiko, dopo aver conosciuto il nipote, si era convinta a farla rimanere a casa per il momento.
Per fortuna, Shinichi si era addormentato e ora le due Takenouchi erano seduta l’una di fronte all’altra in cucina.
Regnava il silenzio, ma si poteva ben percepire non solo la tensione, ma soprattutto il dolore nei cuori delle due donne.
Sei anni, ben sei anni erano passati e Sora non si era mai fatta sentire.
La madre aveva tutte le ragioni del mondo per avercela con lei, assolutamente su questo non vi erano dubbi.
Sora aveva sbagliato, ma il suo comportamento era stato dettato da dei validi motivi e, naturalmente, dalla paura di una giovane ragazza.
La fanciulla non riusciva a guardare Toshiko negli occhi, si vergognava troppo.
L’aveva lasciata completamente sola, da quando si era divorziata con suo padre, erano rimaste solo loro due in casa.
Per Shinichi e per non far girare troppe voci, aveva deciso di andarsene ,sapendo che le avrebbe spaccato il cuore.
Per questo, se Toshiko avrebbe deciso di non perdonarla e cacciarla fuori dalla sua nuova dimora, lei non avrebbe detto una sola parola.
Le tornò in mente la sua salvatrice e le sue raccomandazioni, stava sbagliando di nuovo, era lei che doveva parlare e avere il coraggio di farsi avanti.
Non doveva aspettare nessuno, lei era sparita e lei doveva dare spiegazioni.
 
-Mamma…- la chiamò dopo essersi schiarita la voce.
 
Toshiko le prestò subito attenzione.
Sora non sapeva da dove iniziare, se da quel giorno o direttamente da un altro punto.
Non si rese conto, ma passarono un po’ di minuti, al che la signora esordì:
 
-E’ davvero splendido, Shinichi.
 
Quelle poche parole, quella breve frase ebbe un effetto devastante sull’esile ragazza.
Sentì una forte scossa partire dallo stomaco e trasformarsi velocemente in dolore, che arrivò subito al cuore.
Non appena la scossa arrivò in prossimità del cuore, lo sentì quasi infrangersi.
Tutto si sarebbe aspettata, ma non quelle parole.
Pensava che cominciasse con qualche insulto, o un’altra scenata, invece pronunciò quella frase anche con un altro tono, calmo e materno.
No, non ce la poteva fare, era troppo, così scoppiò in un pianto isterico, allungandosi sopra al tavolo e stringendosi il petto per il dolore.
Non riusciva neanche a trattenere i singhiozzi, che erano così forti che quasi rimbombavano per tutta la stanza.
Toshiko cominciò a piangere silenziosamente alla scena, la figlia era evidentemente distrutta, ma non se la sentiva di abbracciarla, non ancora.
Gliel’aveva fatta troppo grossa.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La notte non aveva chiuso occhio e aveva pianto fino all’ultima lacrima.
Le tornavano in mente le parole di Yuuko e di Toshiko, le si proiettava l’ipotetica e probabile scena futura di quando lo avrebbe annunciato, le voci e gli sguardi dei vicini e di tutta Odaiba.
Lei sarebbe entrata a far parte di quella categoria, “ragazze madre”, chiamate anche per i superficiali e i pettegoli “irresponsabili”, “incoscienti”, “stupide”.
A trascinarsi con lei alla deriva, ci sarebbe stato inevitabilmente il suo amore, Taichi.
Avrebbero distrutto la sua persona, la sua figura, e anche il suo futuro.
Già, il futuro del suo Taichi, sarebbe stato lacerato in un secondo.
 
“Egoista, Sora, sei un’egoista.”
 
Si era ripetuta questo insulto un miliardo di volte.
Perché doveva rovinare così la persona che amava con tutta se stessa? Perché?
Lo amava, avrebbe fatto qualsiasi cosa per renderlo felice,  ma la strada della felicità non è rettilinea, ma piena di curve, tornanti e salite.
Ragionò tutta la notte su cosa fosse meglio fare, tra attacchi di panico, di ansia, crisi di pianto.
Ma il suo fidanzato in quegli anni di storia aveva trasmesso un valore importante alla sua donna, ossia il coraggio, il coraggio di alzarsi sempre in piedi.
Una soluzione ci sarebbe stata, inevitabilmente con aspetti negativi, perciò non doveva piangersi addosso.
Tra le peggiori scelte, doveva valutare quella che poi avrebbe giovato di più ad entrambi, o meglio, a Taichi e al suo bambino.
E alle loro famiglie.
Sacrifici, ecco cosa doveva cominciare a fare, sacrifici.
Già da quella giovane età, si stava per battere con delle imprese che sembravano più grandi di lei, ma non doveva avere paura, doveva avere il coraggio del suo uomo.
Rischiare, la vita è fatta di rischi e anche quelli ne avrebbe corsi tanti.
Per la felicità di chi amava, avrebbe rischiato di lacerare se stessa, ma non importava.
La vera cosa importante era che loro, potevano essere felici.
Così, le venne in mente l’unica  cosa che poteva fare, e anche l’unica persona a cui poteva rivolgersi.
Toshiko, in realtà, aveva una sorella minore, Harumi, che però fuggì da Odaiba via da casa non appena finì le superiori.
Voleva girare il mondo, non voleva ereditare con la sorella la scuola di giardinaggio di famiglia, non ne era mai stata interessata.
Era ribelle e vivace, fece infuriare tutta la sua famiglia, compresa Toshiko.
Con il tempo, però, riuscirono a far pace, e all’inizio, dopo la nascita di Sora, veniva a trovare la sorella e lei, quando poteva.
Harumi adorava sua nipote e viceversa, si sentivano spesso tramite mail, ma era difficile rintracciare la zia, poiché ogni anno si spostava e cambiava meta.
Non riferiva alcuno spostamento neanche alla sorella, era stata abituata così poiché all’inizio sapeva che Toshiko avrebbe riferito ogni sua mossa ai genitori e, anche dopo la loro morte, si abituò a rimanere incognita.
La signora Takenouchi ci litigava spesso ed era convinta che Sora non la sentisse più da anni e anni ormai, invece Harumi adorava a tal punto la nipote che era riuscita a farsi convincere di rimanere in contatto segreto con lei.
Sora voleva sentirla spesso, anche perché, siccome le voleva un bene immenso, aveva paura che se le sarebbe successo  qualcosa poi loro non ne sarebbero venute a conoscenza.
Harumi, a quella motivazione, si sciolse completamente e accettò la proposta della nipote a patto che non dicesse nulla a Toshiko.
Questa zia, un po’ strana e pazza, era stata la prima persona che venne in mente a Sora, solo lei aveva le carte in regola per aiutarla.
Quella mattina presto, la ragazza dai capelli ramati riprese l’ultimo numero di telefono che sua zia le aveva scritto e, sperando con tutta se stessa che non lo avesse cambiato, chiamò.
 
-Sora?!Come mai mi chiami? Di solito mi mandi delle mail! E’ successo qualcosa? Tua madre come sta?- chiese abbastanza preoccupata.
 
-Zia... attualmente dove ti trovi? Sei ancora in Canada?
 
Harumi esitò un secondo, cercando di capire il perchè di quella chiamata, ma allo stesso tempo comprese che forse, se avrebbe risposto pian piano alle domande della nipote, lo avrebbe scoperto presto.
 
-No, tesoro, ormai mi sono stabilita in California con John, ci troviamo molto bene qui...
 
Aspettò la risposta di Sora, ma la sentì singhiozzare.
Al che, la pazza zia cominciò a preoccuparsi seriamente, ma prima che potesse chiederle di nuovo qualcosa, la giovane avanzò:
 
-Mi hai sempre detto che se mai avessi avuto bisogno di un consiglio o di un aiuto... mi avresti aiutata senza esitare... ricordo che addirittura mi dicesti che avresti fatto di tutto per rendermi felice... lo pensi ancora, zia?
 
Harumi riusciva a percepire la sua voce rotta ma anche il suo basso tono, evidentemente per non farsi sentire.
Ormai ne era certa, era successo qualcosa di grave e, cercando di mettere da parte l’ansia che l’avvolgeva, rispose:
 
-Certo Sora, per te qualsiasi cosa...
 
Era la frase che aveva sperato di sentire in quel momento, così, una volta che risprese fiato, disse decisa e fredda:
 
-Allora, fammi sparire dal Giappone, fammi venire da te.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-Ne siete davvero sicuri? Era lei?
 
Yuuko camminava su e giù per la cucina, non lasciando gli occhi di dosso dai suoi due figli.
Taichi era seduto sul divano e fissava inespressivo un punto indefinito del pavimento.
Era esplicitamente distrutto, i suoi occhi erano rossi e stanchi, e il viso pallido.
Hikari, dopo averlo guardato di nuovo, annuì verso la madre, che di conseguenza mise una mano davanti alla bocca, sconvolta.
Susumo Yagami si schiarì la voce, per poi alzarsi dalla sedia della cucina e avvicinarsi alla moglie:
 
-Bè.. sono abbastanza confuso e scosso ma... non capisco... è sempre stata quì? Non l’abbiamo mai vista per tutti questi sei anni.
 
Yamato, che era seduto al fianco dell’amico, si passò una mano fra i suoi biondi capelli e, dopo aver dato un’occhiata anche lui al ragazzo castano, disse:
 
-Nessuno ha un’idea, nessuno se lo spiega, nessuno sa, sicuramente neanche Toshiko. D’altronde come possiamo saperlo visto che se ne è andata via da quì con altrettanto mistero?
 
La voce del biondo era abbastanza nervosa.
Neanche lui aveva preso bene il gesto di Sora, ed era quello che aveva preso l’avvenimento con più rabbia, criticando, di conseguenza, amaramente ciò che la ragazza aveva fatto.
Mimi, seduta vicino al tavolo della cucina, lo guardò quasi contrariata: nonostante tutto, lei non era mai riuscita ad andarle contro.
La conosceva bene, sapeva che se aveva fatto qualcosa del genere era per un motivo valido.
Sora non era pazza, nè una poco di buono.
Ma l’idea che dominava la testa di tutti era proprio quella di un nuovo compagno con cui aveva costruito una vita in quegli anni.
E tutto questo lacerava ancora una volta i frammenti del cuore di Taichi.
 
-Ma lei.. lei quando ci ha visti...- cominciò a parlare Mimi-.. insomma, voleva venire verso di noi, ma si è intimorita quando siete fuggiti via...
 
-Mimi per favore, fattela finita!- sbottò Yamato.
 
-Quanti anni poteva avere quel bimbo?-cercò di sviare Susumo, per evitare una lite.
 
Si guardarono tutti, eccetto il bel prescelto del coraggio, che rimase ancora a scrutare il pavimento.
 
-Era davvero un bambino sveglio, parlava davvero bene, sicuramente tra i 4 e i 5 anni...- ragionò prontamente il giovane Ishida.
 
Rimasero di nuovo tutti in silenzio, pensando così anche al fatto che Sora poteva aver avuto una relazione con un altro uomo non tanto tempo dopo averli lasciati.
Ma Taichi in quel momento aveva focalizzato solo una figura in testa, lei, solamente lei, con quel suo bel sorriso che non aveva mai dimenticato, con quei suoi dolci lineamenti, con quella sua delicatezza, purezza, semplicità che la rendevano unica e affascinante. Era diventata splendida, più bella di quanto lo fosse anni prima. E lui lo sapeva, ne era certo, perchè la figura della sua Sora di sei anni prima non l’aveva mai cancellata dalla sua mente.
 
 
 
 
 
 
 
Nel frattempo, in casa Takenouchi era scoppiata una lite.
Un litigio tra le due donne, con toni di voce moderati per non svegliare il piccolo Shinichi.
Scoppiò nel momento in cui Toshiko chiese alla figlia come aveva fatto a sparire così.
Sua sorella Harumi, che assecondò la volontà della nipote, aveva comprato il biglietto aereo a Sora, usufruendo della procedura online della compagnia, e glielo aveva così spedito per mail, così che la fanciulla dovette solo stamparlo.
Quando la signora Takenouchi apprese che la complice era sua sorella, andò su tutte le furie.
Harumi non aveva neanche tentato di convincere Sora a farla rimanere, di trovare un’altra soluzione, poichè, dopo aver sentito le ragioni , a suo parere, valide della nipote, si era mobilitata immediatamente a farle avere ciò che le serviva, non badando ai prezzi aerei.
In meno di una settimana, grazie all’aiuto della donna, riuscì a partire.
In tutti quegli anni, Sora aveva vissuto con lei e il suo compagno, John, un simpatico metallaro.
Aveva, così, eseguito e terminato i suoi studi in ingegneria civile all’università della California.
Si era fatta in due, aveva cercato di non rimanere indietro nonostante la gravidanza, e allo stesso tempo, era riuscita a creare un equilibrio tra il tempo dell’università e quello da dedicare al proprio figlio.
Non lo aveva mai trascurato, lui veniva sempre prima di ogni cosa, anche dello studio, e talvolta, per questo, Sora dovette passare delle notti in bianco per fare entrambe le cose.
Ovviamente, per come era fatta la giovane, sentendosi già in colpa per aver usufruito della generosità della zia, trovò un lavoro a casa riguardante proprio il suo settore.
Degli studi le affidavano  elaborati progettuali e grafici, ricostruzioni di piante e sezioni di edifici, lavoretti molto pratici che poteva benissimo svolgere a casa.
Nessuno poteva capire quanto avesse dovuto soffrire e sacricarsi, solo Harumi e John l’avevano vista in quel periodo e solo loro potevano capire cosa aveva passato.
Infatti, Toshiko non volle neanche sapere della vita fatta li in California, quasi che neanche le interessasse che si fosse laureata a pieni voti, era davvero furibonda:
 
-Tu hai preso tutto da lei! Sei completamente uscita di senno! Con il tuo gesto hai spezzato la vita e il cuore di dieci o più persone! Hai preferito chiedere aiuto a lei che a tua madre!!! Ad una squilibrata come lei!
 
-Non riesci a capire il motivo di tutto ciò, mamma! L’ho fatto solamente per voi! Sarei tornata nel momento giusto! Nel momento in cui sarei stata certa che Taichi avesse raggiunto ciò che si meritava!
 
Toshiko si alzò dalla sedia, con le lascrime agli occhi:
 
-Lui non merita te! Non merita una stupida e incosciente come te! Tu non puoi capire come lo hai ridotto! E non capisco come hai fatto ad essere cosi certa che avrebbe continuato gli studi! In quel periodo avrebbe rinunciato a qualsiasi cosa pur di cercarti! Non si sa per quale miracolo si è deciso lo stesso di frequentare l’università! Ma tu stavi davvero rovinando la vita di Taichi! E te lo assicuro che lo hai comunque fatto! Cosa credi, che se vede vostro figlio, lui dimentichi tutto ciò che ci hai fatto passare? Davvero ti ritieni così importante? Siamo andati avanti senza di te e possiamo ancora farlo! Ovviamente quel bambino non ha alcuna colpa! E lo accetteremo tutti! Ma tu... tu non credere che la passerai liscia!
 
Quelle parole, tutto quel discorso, la ferì di nuovo, enormemente, perchè in fondo sua madre aveva ragione. Aveva rischiato di rovinare comunque la vita del ragazzo che amava.
Vide Toshiko riprendere fiato, evidentemente non aveva finito.
 
-Io sono disposta ad offrirti la mia casa, che ovviamente non è più tua da tempo! Ma sappi che è solo per quella piccola creatura e solo perchè Shinichi è il figlio di Taichi! Lo faccio solo per quel caro ragazzo che mi è stato vicino, come fosse mio figlio! Ti do il tempo di trovarti un lavoro e di cominciare a guadagnare qualcosa, ma poi ti voglio fuori da casa mia! Credi di essere autonoma? Bè allora non hai capito proprio nulla! Sono anche fin troppo buona con te!
 
Sapeva che avrebbe reagito così e che non l’avrebbe più voluta a casa sua, l’aveva messo in conto, era normale, conosceva fin troppo bene sua madre.
Annuì, silenziosamente, mandando giù l’ennesimo magone.
Era consapevole che se avessero accettato il bambino, non avrebbero fatto lo stesso con lei.
Sarebbe rimasta sola, davanti a tutti coloro che per una ragione o un’altra la odiavano.
Avrebbe dovuto affrontare il tutto in silenzio, perchè loro avevano ragione, e lei aveva sbagliato. Ma nonostante ciò, sapeva di aver fatto la cosa migliore.
Si, ora lei era distrutta, avrebbe passato il resto della vita da sola,solo Shinichi, Harumi e John l’avrebbero amata.
Aveva perso tutto, ma da quando era nato suo figlio e lo aveva visto crescere, ringraziava ogni secondo il fatto di essere rimasta incinta e di aver creato un bambino del genere.
Shinichi era diventato la sua nuova vita e ora lei stava vivendo per renderlo felice, per assicurargli un futuro.
Per lui avrebbe affrontato qualsiasi cosa, come un’intera famiglia e un gruppo di amici pieni di odio.
Bastava un suo sorriso o un suo richiamo per farla sorridere.
E ora, voleva soltanto un’altra cosa da tutti loro, ossia che accettassero effettivamente l’esistenza di Shinichi.
Sopratutto lui, il suo Taichi.
Era il suo desiderio più grande.
 
-Devi organizzarmi un incontro con la famiglia Yagami.- affermò decisa e all’improvviso, guardando la madre dritta nei suoi occhi castano scuro.
A Toshiko le venne un colpo, ma nello stesso istante si impietrì: non aveva mai visto la figlia così decisa e con quello sguardo.
 
-Devo presentare mio figlio anche a loro.-concluse.
 
Sora pensava di dover combattere di più su questo argomento, invece Toshiko stranamente annuì in silenzio per poi dire:
 
-Dammi un giorno o due, il tempo di riprendermi.
 
Detto ciò, la madre lasciò la cucina, lasciando la figlia sola con se stessa.
Ebbene, la battaglia era appena iniziata.
 
 
 
NOTA DELL’AUTRICE
Salve a tutti, volevo specificare subito delle cose:
  1. L’idea di questa fanfiction è nata anni ed anni fa. Nel lontano 2009, dopo aver cominciato a leggere la storia dell’autrice reby (Breathlessly), ci tenevo a dirlo perchè effettivamente l’immagine di Sora con un figlio non dichiarato mi è venuta proprio leggendo la sua storia (e ci tenevo a specificarlo anche per il fatto che stimo moltissimo questa autrice e ho sempre sognato un suo ritorno in questa sezione), ovviamente, chi l’ha letta, vedrà che la mia storia è totalmente diversa. L’idea, quindi, è molto vecchia, ma settimane fa mi è successa questa cosa strana, ossia di sognarmi tutta la storia in una notte... così l’ho buttata giù e segue, di conseguenza, il punto 2 delle mie note.
  2. La storia è già conclusa e consiste in 4 capitoli. Molti mi conoscono perchè sono l’autrice di
    Unbreakable bond, sospesa anni fa per il famoso blocco della scrittrice e anche per la mia grande sfortuna (avevo scritto ben 70 pagine del nuovo capitolo, ma il computer è morto e ho perso tutto, demoralizzandomi ancora di più). Siccome la cosa che mi dispiace di più è lasciare i miei lettori in sospeso, mi sono promessa che semmai dovessi pubblicare qualcosa, bè lo farò solo quando sarò giunta ad una conclusione, come questa fanfiction che ho già finito.
  3. Aggiornerò ogni 4-5 giorni, il tempo di far leggere la mia storia.
  4. Per i lettori di Unbreakable bond: ho scritto questa fanfiction anche con la speranza che mi tornasse l’ispirazione per concluderla e spero di riuscire a farlo. Giuro che mi impegnerò, ma sicuramente dovrò cambiare tutto il capitolo (non riesco a scrivere due volte le stesse storie, anche per questo, dopo la perdita di tutti i dati, non sono riuscita a mettermi di nuovo sulla storia con impegno).
Dopo queste note, spero che la storia vi sia piaciuta o vi abbia interessato un poco!
Ci vediamo nei prossimi capitoli!
 
 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Taichi era andato a fare spesa quel giorno.
Yuuko gli commissionò un pò di giri, così che potesse anche distrarsi.
Il giovane Yagami non si rifiutò.
Purtroppo , però, girava da quasi un’ora dentro al supermercato, come se non avesse una meta.
Aveva troppi pensieri in testa e ,ogni volta che si svegliava e tornava alla realtà, si trovava davanti al compartimento sbagliato.
Non era proprio giornata.
Perchè era così difficile?
Per quanto si sforzasse, per quanto avesse cercato di impedirlo, inevitabilmente il suo pensiero andava su di lei e su quel bel bambino.
Ogni volta le appariva nella mente la sua nuova figura, l’immagine di una Sora più adulta, bellissima e sorridente, l’immagine che lui sei anni prima si era sempre sognato di avere al suo fianco in un futuro.
Ma stava sbagliando, il suo pensiero ogni volta la elogiava.
Non doveva.
Lei ora aveva un bambino.
Lei ora era di un altro.
Lei lo aveva tradito ma, ancor prima, abbandonato.
Quante volte si chiese il perchè?
Quante volte si chiese se avesse mai fatto qualcosa di storto in tutto il tempo della loro relazione?
Si ricordò che era stato delle giornate intere ad esaminare tutta la sua vita, per cercare di scoprire quale fosse il tassello che non doveva essere inserito, ma non trovò mai nulla.
Era stato davvero male, era arrivato al punto di mollare tutto, di cercarla in ogni parte del mondo solo per chiederle “perchè?”.
Poi, la famiglia e gli amici lo avevano convinto a guardare avanti, a non sprecare tutto il suo tempo per quella ragazza, poichè la vita è da sempre un percorso tortuoso e lui ne doveva uscire vincitore.
E per far ciò, doveva dimenticarla.
Cercò di vivere non pensando a lei o, precisamente, facendo finta di non pensarci più.
In realtà, lui non era mai riuscito a dimenticarla.
Non c’era mai stato verso.
Ogni volta che andava a trovare Toshiko, poi, inevitabilmente passava davanti alla sua camera dove si poteva ben vedere sopra al comodino di Sora ancora il quadro con la foto che ritraeva loro due, felici.
Rendendosi conto che era di nuovo caduto in quel vortice di pensieri, Taichi scosse la testa e decise di fare, una volta per tutte, la spesa.
Doveva prendere due buste di latte, così andò spedito verso la meta.
Le prese e stava per avviarsi nel prossimo compartimento, quando intravide, con la coda dell’occhio, un bambino dalla chioma folta che cercava di prendere una confezione di yogurt.
Lo scaffale era troppo alto per lui, così il piccolo cercava di allungarsi stando sulle punte e tendendo in alto le braccia.
Taichi sorrise a quella buffa scena, così si avvicinò e prese la confezione di yogurt a cui stava puntando, per poi porgergliela.
Quando il bimbo si voltò, in un primo momento era confuso, poi sorrise ringraziando subito per l’aiuto.
Ma la scena si congelò.
Taichi sgranò inevitabilmente gli occhi e non sentì più battere il suo cuore.
Era il bambino di quasi due giorni prima, il suo sorriso lo poteva riconoscere lontano un miglio.
Non era quello che lo sconvolgeva, ma la sua chioma, incontrastata, senza un verso, ribelle e dorata.
Lo sguardo del bambino si tramutò dopo aver osservato bene il ragazzo che aveva davanti a sè.
Cominciò a grattarsi la testa, guardandolo curioso.
Da un primo congelamento iniziale, Taichi sentì ribollire il sangue e la testa rimbombare.
Si, non vi era dubbio sul sorriso e su quei delicati lineamenti, ma per il resto, poteva davvero affermare di essere di fronte alla sua copia.
 
-Shinichi, dove sei fin..
 
Le parole di Sora le morirono in bocca quando  vide girarsi contemporaneamente suo figlio e lui, la sua copia.
Dall’altra parte, Taichi si sentì sprofondare ancora di più alla vista della ragazza dagli occhi ramati, dai capelli ancora una volta raccolti in quell’elegante treccia, da quel corpo esile ma coperto da un vestito corto fino alle ginocchia, stretto in vita e di color rosa pallido, delicato quanto lei.
Ci fu un attimo in cui entrambi credettero che fosse solamente un sogno, non poteva essere, non stava accadendo davvero.
 
-Mamma... ho trovato finalmente qualcuno che ha i miei stessi capelli!- esclamò innocentemente il bambino, indicando la chioma di Taichi.
 
Gli occhi della bella ragazza si fecero lucidi, ma il castano notò subito che trattenne il tutto per poi avvicinarsi al bambino.
Lo prese per mano e, cercando di sembrare tranquilla, gli disse:
 
-Ora andiamo, si è fatto tardi, ci torneremo dopo pranzo al supermercato.
 
Ovviamente, il piccolo Shinichi si lamentò, non poteva capire la situazione.
Nell’istante in cui cominciarono a camminare verso l’uscita, Sora non riuscì ad evitare di guardarlo un’altra volta e lui era li, con gli occhi puntati su di lei e ancora evidentemente sconvolto.
Accelerò il passo, perchè non era cosi che doveva andare, no, nel modo più assoluto.
Aveva chiesto a tal proposito a sua madre di organizzarle un incontro con tutti loro, così che poteva anche prepararsi psicologicamente.
Ma questo incontro era stato davvero inaspettato.
Uscì velocemente da quel luogo, per poi avviarsi verso il parco posto davanti al supermercato.
Shinichi ancora si lamentava, come avrebbe fatto qualsiasi bambino normale, ma Sora non riusciva a sentirlo per quanto il cuore le batteva all’impazzata.
Quella scena, non l’avrebbe mai dimenticata.
Il suo amato figlio davanti a lui, come aveva sempre sognato.
Sentì le lacrime rigarle il viso e cominciò ad insultarsi da sola, non doveva farsi vedere così dal suo bambino.
Sentì una mano ferma, forte e decisa afferrare il suo esile braccio.
A quel tocco, sgranò di più gli occhi e il suo cuore si fermò.
 
-Sora...
 
Non appena sentì la sua voce pronunciare ancora una volta il suo nome, lasciò la mano di Shinichi per mettersela davanti alla bocca.
La sua dolce voce.
Quanto le era mancata.
Ma non era quello il momento per pensare a certe cose.
La situazione era tragica, sopratutto sbagliata.
Si voltò, con gli occhi che le tremavano, come il resto del suo corpo e lo vide di nuovo lì, davanti a lei.
Il suo sguardo era un misto tra la decisione , la rabbia e l’ansia.
Aveva anche il fiatone, aveva corso per raggiungerla.
 
-Mamma che succede?
 
La voce del figlio era sempre una sveglia.
Fece scivolare la presa di Taichi, delicatamente, e ,guardando Shinichi, gli ordinò:
 
-Tesoro, mi dai cinque minuti? La mamma deve parlare con questo ragazzo...puoi andare a giocare proprio lì, dove ti posso vedere.
 
Sora aveva capito che non poteva fuggire, ma di certo voleva evitare un’eventuale discussione col giovane Yagami proprio di fronte alla sua creatura.
Per fortuna che il parco davanti al supermercato era munito di un piccolo parco giochi, con tanto di scivolo e altalene.
Shinichi, dopo una prima esitazione, obbedì: non era la prima volta che la mamma gli ordinava una cosa del genere e  ormai aveva capito che quando faceva così era perchè doveva discutere di cose da adulti.
Quando fu abbastanza lontano, Sora si voltò verso il bel ragazzo dalla chioma castana, ma non riuscì a guardarlo in faccia.
Infatti, abbassò subito lo sguardo e trattenne le lacrime che con insistenza cercavano di salirle fino agli occhi.
Poteva ancora sentire benissimo l’affanno di Taichi e aveva capito che non era solo per la corsa, ma anche per l’agitazione.
Stettero un altro minuto in silenzio, la ragazza sentiva sempre più pesare la sua testa, ma non riusciva davvero ad alzarla.
Proprio nel momento in cui sentì innalzarsi un pò di vento, il giovane cominciò a parlare:
 
-Dimmi che non è come penso.
 
Il cuore di Sora cominciò a battere di nuovo, ma stavolta così forte che la mandò in panico.         
 
-Dimmi che è solo frutto della mia immaginazione!- continuò ancora più agitato e con una voce che era tra lo struggente e l’arrabbiato.
 
La Takenouchi pose entrambe le  mani sopra al petto, il cuore le faceva davvero male e ,inevitabilmente, non riuscì a trattenere qualche lacrima.
Taichi notò la sua esitazione, e ciò aggravava solo il suo pensiero.
 
-Quanti anni ha quel bambino?!!- chiese supplichevole.
 
Quella domanda, combinata a quel tono, scatenò un inferno dentro la ragazza.
Il suo Yagami aveva tutto il diritto di avere una risposta.
Si ricordò della sua promessa, di essere forte, di essere coraggiosa e di dire la verità.
In fondo, lei era tornata per quello.
Tolse le mani dal sopra al petto e alzò finalmente lo sguardo per incrociare di nuovo quegli occhi nocciola che amava tanto.
Taichi notò da subito lo sconvolgimento di lei, ma stavolta non si doveva assolutamente far commuovere, perciò non cambiò minimamente la sua espressione seria.
 
-5 anni e tre mesi.
 
Ci fu di nuovo un attimo di silenzio in cui Sora capì che il ragazzo stava facendo due conti.
E comprese anche quando arrivò alla conclusione del suo ragionamento, le sue espressioni erano un libro aperto per lei.
Vide che cercò di riprendere fiato e di trovare le parole giuste, ma era evidente che era in piena ansia.
 
-Sono esattamente sei anni o poco più che te ne sei andata via...- disse tutt’un fiato.-... noi...stavamo ancora...
 
-...si, noi stavamo ancora insieme..- concluse la sua frase cercando di non far caso alle lacrime che le solcavano il viso, una conferma ancora più evidente di quello che stava pensando Taichi.
 
-..non può essere...tu me lo avresti detto..- disse con un filo di voce.
 
-Io credo, che la sua figura parli da sola... ti assomiglia così tanto...- sussurrò per poi scoppiare in un pianto quasi isterico che cercò di soffocare tappandosi la bocca.
 
Se prima Taichi pensava di aver toccato il fondo, ora era convinto che si sbagliava.
Guardò in direzione di Shinichi e non c’era proprio alcun dubbio, era davvero lui da bambino.
Qualche minuto prima, quando si erano incrociati dentro al supermercato, uno di fronte all’altro, in un primo momento il giovane Yagami pensò di essere davanti ad uno specchio.
Quella chioma ribelle, poi.
Stavolta anche il prescelto del coraggio non riuscì a trattenere le lacrime, ma il sentimento che ardeva dentro di lui era totalmente diverso da quello di Sora.
Rabbia e delusione.
La riprese per un braccio, stavolta afferrandolo in maniera nervosa e, stringendo i denti , le chiese con altrettanta agitazione:
 
-Come hai potuto farmi questo? COME?! Perchè hai nascosto mio figlio?!! Davvero mi conosci così poco?!!
 
La bella Takenouchi cercò di sciogliere la presa del suo amato, ma era davvero salda.
Era consapevole che tra tuttw lw discussione cheavrebbe dovuto affrontare, quella con lui sarebbe stata la più tragica.
Ma non era assolutamente prevedibile tutta la sofferenza che le stava opprimendo il cuore e l’anima.
Neanche le parole riuscivano ad arrivarle in bocca, era come se il fiato le fosse svanito.
 
-Parla! Vedi di darmi una spiegazione sensata a tutto questo! Per quale diavolo di motivo l’hai fatto?! Pensavi che non fossi all’altezza? Che non lo avrei accettato? Che fossi troppo giovane e stupido per fare il padre?
 
Cominciò quasi ad urlare, ormai la rabbia aveva preso il sopravvento e, vedendola esitare, cominciò a scuoterla.
Voleva una risposta, dopo tutti quegli anni di silenzio la pretendeva.
Era anche questo il motivo per cui, dal supermercato, aveva deciso di rincorrerla.
Basta esitazioni o sconvolgimenti, c’era il bisogno di comunicazione.
 
-Come diavolo hai potuto rovinarmi la vita così?! Cosa mai ti ho fatto di male??? C’è stato qualcosa che ho fatto e non me ne sono reso conto? Ma cosa? Non riesco a capire cosa ti ha spinto a lasciarmi qui, da solo! Pensavi che non avessi le caratteristiche per fare il padre??! Che ero troppo infantile?! Hai preferito andare non so dove pur di stare lontano da me! Mi hai fatto morire! Sei anni fa sono morto e ho vissuto fino ad ora assecondando passivamente i tempi e gli avvenimenti! Non hai idea di cosa mi hai fatto!
 
Sora voleva reagire, ma come sempre lui aveva questo effetto devastante su di lei.
Sentirlo dire certe cose, che era stato male per lei, che era morto per le sue gesta, le faceva salire addirittura la nausea, era anche lei delusa da sè stessa.
Fino a quel momento non aveva avuto dubbi, aveva fatto la scelta migliore.
Ma ora, ora che sentiva tutte quelle parole, il dubbio aveva iniziato a scavarle la testa e il cuore.
Solo lui poteva abbattere il suo equilibrio e le sue idee, era sempre stato così.
Sentì ancora scuotersi e la mano di Taichi stringerla ancora più forte, tanto da farle male.
Voleva una risposta e lei stava facendo la figura della sciocca e della codarda.
Prese fiato, ma non riuscì a fermare le lacrime.
 
-Volevo solo farti ottenere ciò che meritavi.
 
Sentì la presa del ragazzo farsi più debole.
Gli aveva risposto con una frase secca e diretta, e con un tono abbastanza deciso, ma non era finita lì.
 
-Ho avuto la certezza di essere incinta lo stesso giorno in cui ti avevano accetto all’università di Tokyo. Il fatto che avremo avuto un bambino, avrebbe complicato tutto e tu, inevitabilmente, avresti rinunciato agli studi, a quell’università a cui ambivi. Avresti rinunciato a ciò che sei oggi e, pur di rendere felice me e il bambino, ti saresti sacrificato. E questo lo sai anche tu, lo avresti fatto. Se me ne sono andata, era solo perchè volevo il meglio per te, ti meritavi davvero tutto l’oro di questo mondo, ma non puoi nascondere che, se mai sarei rimasta al tuo fianco, avrei distrutto in parte la tua vita. Come quella delle nostre famiglie,  che a questi incidenti erano chiaramente contrarie! Sono stata molto combattuta, ma qualunque scelta avessi preso, sarei stata comunque un’egoista! Perchè dovevo trascinare anche a te in una simile situazione? Perchè? Ho sempre voluto il meglio per te... e prima che tu me lo chieda, il fatto di ritornare qui e presentarti tuo figlio era pianificato fin dall’inizio! Non te lo avrei mai nascosto!
 
Taichi non era confuso, aveva capito tutto per filo e per segno.
Doveva aspettarselo da lei, che cercava di agire sempre per il bene del mondo, lei che si preoccupava anche per le persone che non conosceva, lei, il buonismo fatto a persona.
Tutto quel discorso, invece di calmarlo, lo fece infuriare ancora di più:
 
-Credi che ora ti ringrazi? Ti sei sacrificata per la patria, è questo che stai cercando di dire? Credi che ora, siccome ho preso la famosa laurea in ingegneria meccanica nella prestigiosa università di Tokyo, io sia felice? COSA DIAVOLO MI IMPORTA DI QUEL CHE SONO APPARENTEMENTE ORA? Mi sono impegnato per entrare in quella stupida facoltà solo per te! Solo per vedere quanto potevi essere fiera di me! Solo questo mi rendeva felice! Credimi Sora, così hai solo distrutto la mia vita! Se davvero era alla mia felicità che puntavi, bè sei andata totalmente verso il lato opposto! Credi che la felicità si ottenga con un buon lavoro? La vita è fatta di problemi, ma se due persone si amano questi vengono affrontati insieme! Facendo qualche sacrificio per parte ma raggiungendo insieme la felicità e l’equilibrio! Io sarei stato felice con un lavoro più umile ma... con la mia famiglia al mio fianco! Ora guardami, sono una sagoma vuota! Volevi vedere questo?!
 
A parole era inutile, Taichi aveva ragione, ma lei voleva con tutta se stessa giurargli di aver fatto ciò tutto in buona fede, perchè lo amava davvero tanto.
La sua spiegazione ,in confronto alla controrisposta del ragazzo, era quasi zero.
Era vero, la felicità non dipende da un lavoro.
La felicità dipende dalle persone.
Quella che ai tempi era apparsa come la scelta migliore, ora, davanti a lui, era apparsa come quella peggiore e insensata.
 
-L’unica spiegazione, l’unica vera spiegazione a tutta questa tua pazzia è che non mi hai mai conosciuto davvero, per non parlare del tuo sentimento verso di me... se mi avessi davvero amato non te ne saresti andata, non avresti mai portato via mio figlio! Mi fai davvero venire la nausea.
 
Voleva dirgliene tante altre di cose, come il fatto che lei aveva dato troppe cose per scontato.
Chi mai avrebbe detto che, una volta tornata ad Odaiba, avrebbe trovato un Taichi ancora solo e senza un’altra partner?
Chi mai avrebbe detto che lui avrebbe accettato il bambino?
Quello che però il giovane Yagami non sapeva era che Sora aveva calcolato anche questo.
La zia Harumi si sentiva con Toshiko, una volta ogni due o tre mesi.
Da sempre la zia di Sora, quando la chiamava, chiedeva le novità su tutte le persone che conosceva, compresa la famiglia Yagami.
Harumi aveva conosciuto la migliore amica della sorella, Yuuko, la madre di Taichi e Hikari, quando ancora erano piccole e ci era andata sempre d’accordo.
Per questo non era mai sospetta quando chiedeva anche di lei e la sua famiglia, fin da quando era fuggita la donna chiedeva informazioni su ogni persona li ad Odaiba.
Se Sora avesse saputo che Taichi si era rifatto una nuova vita, non sarebbe mai andata li per distruggerla.
Ma aveva promesso alla zia che, se così non fosse stato, sarebbe dovuta andare.
Harumi sperava nella seconda possibilità, anche perchè non accettava il fatto di tenere nascosto a quel bravo ragazzo dalla folta chioma che aveva un figlio.
Ma Sora questo non riuscì a dirlo, già aveva fatto molto con quel discorso, alla fine non le importava cosa pensasse di lei, l’unica cosa che voleva era presentargli suo figlio.
 
-Io volevo presentartelo, se tu sei d’accordo.
 
Il totale cambiamento di discorso lo spiazzò.
Sora voleva anche nascondere il dolore di tutte quelle sue supposizioni fatte, quelle si che le avevano fatto male, ma non perse tempo e mirò subito all’obiettivo principale.
Anche perchè, se conosceva bene suo figlio, tra qualche minuto sarebbe corso di nuovo da lei e non poteva farsi vedere discutere con colui che doveva presentargli.
Tanto ormai era così, la vita della giovane dai capelli ramati era legata al bambino.
Dopo quella chiacchierata con Taichi, aveva capito che ormai lui non poteva più fidarsi di lei, che aveva una brutta opinione sul suo conto, palesemente irreversibile.
Dunque, perchè perdere tempo?
Doveva finalmente far chiarezza nella vita di suo figlio.
Dall’altra parte, Taichi rimase immobile.
Vide la bella giovane asciugarsi le lacrime e cercare di mandar via il rossore dagli occhi, cosa che ormai aveva capito facesse prima di guardare suo figlio.
Infine si sentì osservare da quei stupendi occhi miele, che aveva amato alla follia.
 
-Te lo chiedo per sapere cosa fare quando lui ora ci raggiungerà.- concluse con voce stanca.
 
Sora sapeva che era azzardata come cosa e che il ragazzo poteva non sentirsela al momento di conoscere il figlio.
Era normale se Taichi voleva del tempo, anche per assestare il colpo.
Insomma, aveva scoperto solo da una decina di minuti di avere un bambino!
Ma fu l’unica cosa che Sora pensò di dire, dettata dalla fretta: Shinichi stava per raggiungerli e doveva far capire in quelche modo che dovevano sospendere quella discussione.
Era convinta che il ragazzo di fronte a lei avrebbe rinunciato all’impresa, invece disse:
 
-Hai aspettato sei anni, se mi rifiutassi c’è il rischio che me lo presenterai tra altri sei.
 
Rispose in maniera acida, con tutto l’odio che stava provando verso di lei in quel momento.
Come aveva potuto? Questa domanda gli rimbombava in testa ogni secondo.
Sora, dall’altra parte, rimase ancora più spiazzata dalla risposta: così facendo era come se lo accettasse come figlio.
Ma non volle montarsi la testa, perchè, come previsto il piccolo angioletto corse verso di lei:
 
-Mamma!! Mamma!! Hai fatto?! Sento troppo caldo per giocare!!!! –esclamò con innocenza.
 
Dopo essersi scambiata un altro sguardo con il ragazzo davanti, si voltò verso di lui, per poi chinarsi e sorridergli dolcemente.
 
-Certo, tesoro, ma prima di tornare a casa vorrei presentarti una persona.
 
Taichi sentiva il cuore scalpitare.
Non sapeva perchè, non credeva che gli potesse fare quell’effetto.
Aveva appena scoperto di essere suo padre, non avrebbe dovuto sentire quell’attrazione così forte da subito.
Però gli ritornava in mente la scena del supermercato e il piccolo che innocentemente notava la somiglianza delle loro pettinature.
Era stata un’esplosione di emozioni.
Pensò che forse centrò anche il fatto che, fin da quando stava con Sora, aveva da sempre desiderato di creare, in un futuro, una famiglia con lei, e suo figlio lo aveva proprio immaginato così.
 
-Lo sai perchè siamo tornati in Giappone, no?- le chiese con dolcezza la giovane mamma, mentre gli toglieva quell’ammasso di capelli da davanti il viso.
Taichi non potè far altro che assistere alla scena e vedere come Sora lo avrebbe presentato a lui, era davvero curioso di assistere a come avrebbe risolto questa situazione.
 
-Si, mamma! Siamo tornati per conoscere finalmente i miei nonni, i miei zii e, sopratutto, il mio papà!
 
La risposta vivace della creatura, fece intuire al giovane Yagami che Sora gli aveva già detto tutto prima del loro arrivo nella loro terra.
Se lo doveva aspettare : la ragazza sosteneva di aver da sempre pianificato un ritorno e l’incontro tra il figlio e suo padre, e ,osservando le risposte del piccolo, notò che non mentiva affatto.
 
-Ok, bravo.- gli disse dandogli un bacio in fronte.- Allora, secondo te, chi potrebbe essere questa persona di fronte a noi?- chiese un pò con voce tremante, senza distogliere lo sguardo da Shinichi.
Il bambino si grattò la folta chioma, per qualche secondo, poi rispose:
 
-Ha i miei stessi capelli, mamma! Però li ha di un altro colore! Posso sapere come si chiama?
 
La domanda la rivolse direttamente a lui, al bel ragazzo dagli occhi nocciola, tanto da farlo un pò intimorire.
Ma cercò di non esitare troppo, e, con un pò di coraggio e imbarazzo, rispose:
 
-Taichi.
 
Vide il viso del bambino illuminarsi con un sorriso stupendo, che aveva ripreso totalmente dalla madre.
Il bimbo si buttò tra le braccia di Sora, ridendo e saltellando:
 
-Taichi fa rima con Shinichi! Mi avevi detto che avevi scelto il mio nome apposta, mamma! Un nome che fa rima con quello del mio papà! E poi ha la mia chioma!La mia stessa chioma! Mamma, è lui il mio papà!? Ti prego!!
 
La giovane Takenouchi cercò di risponderli ma le risultò difficile perchè il piccolo, per la felicità, la stava già riempiendo di baci e bracci, facendole quasi perdere l’equilibrio.
Taichi, che stava assistendo alla scena, era ancora più scosso.
Solo ora che il bambino glielo aveva fatto notare, studiò l’assonanza dei nomi.
L’aveva davvero scelto apposta?
Finalmente, la ragazza dagli occhi miele lo calmò:
 
-Prova a chiederglielo, che dici?
 
A quelle parole, il piccolo si fermò e spostò lo sguardo verso l’adulto che aveva davanti.
Si avvicinò e si piazzò a poca distanza da lui, alzando la sua buffa testolina e cercando di guardarlo in faccia.
Gli puntò il dito contro e, con l’innocenza di qualsiasi bambino, chiese:
 
-Sei tu il mio papà?
 
Quel bambino era davvero dolce e buffo, fu quello che pensò Taichi osservandolo così da vicino.
Anche Sora sparì in quell’istante dalla scena che gli si piazzava davanti.
Sentì le mani tremare, il cuore fremere e un magone alla gola.
Si inginocchiò improvvisamente a terra, per poi abbracciarlo e stringerlo a lui.
Gli cominciò a scendere qualche lacrima.
Come aveva potuto Sora nascondergli una creatura del genere? Come aveva potuto minimamente pensare che quel bambino gli avrebbe complicato la vita?
La gioia che provò nel sentirsi ricambiato in quel caloroso e piccolo abbraccio che il bimbo gli diede dopo la sua conferma, era indescrivibile.
Sora, che era poco distante, li vide distaccarsi un poco da quel gesto struggente.
Li vide ridere insieme non appena toccarono l’uno la chioma dell’altro.
Era questo ciò che voleva vedere, ciò che aveva desiderato con tutta se stessa.
Ora poteva anche rimanere da sola, essere odiata e disprezzata.
Ma era riuscita nel suo intento, il suo bambino era felice.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Nello stesso giorno, Sora e Taichi decisero di affrettare ciò che La Takenouchi aveva pianificato, ossia l’incontro con la famiglia Yagami e i loro amici.
Era arrivato il momento di far sapere a tutti la verità.
Ciò non stava a significare nulla, però.
Il giovane dagli occhi nocciola non l’avrebbe mai perdonata e quella decisione era stata presa con poche parole e con freddezza, sopratutto da parte sua.
L’attenzione del ragazzo era sempre puntata sul bambino, l’aveva guardata fin troppo.
Non le voleva più dare una certa importanza, non dopo tutto quello che aveva fatto.
A casa Yagami vi erano tutti, anche Toshiko che era stata appunto chiamata dalla figlia.
Ormai si trovavano tutti e tre li, davanti alla porta del nuovo appartamento dei genitori di Taichi.
Prima, infatti, abitavano nello stesso palazzo di Toshiko, poi in quegli anni, dopo la morte del loro nonno, la famiglia Yagami si trasferi nel suo appartamento, molto più grande e centrale del precedente, vendendo così la vecchia abitazione.
Sora era davvero tesa, aveva una nausea forte per l’agitazione.
Ma ormai lo scoglio più grande l’aveva superato, ora poteva affrontare tutto.
Il problema è che lì sarebbe stata soggetta a molti più sguardi curiosi, sprezzanti e sarebbe stata una contro tutti.
Senza neanche chiederle se fosse pronta, il neopapà aprì la porta.
L’entrata si affacciava subito al grande salone della casa, che conteneva anche la cucina e la sala da pranzo.
Trovarono tutti seduti lì, chi sul divano, chi sulle sedie della cucina e c’era chi stava in piedi.
Nessuno era assente.
Si erano immaginati tutti il motivo di quella riunione, che centrasse Sora, ma rimasero tutti sbalorditi e a bocca aperta quando videro entrare i tre insieme: Taichi teneva per mano il bambino, mentre la ragazza se ne stava più indietro e nascosta.
Yuuko si mise una mano davanti alla bocca, in evidente orlo di un pianto; Susumo, che era al suo fianco e in piedi dietro al divano, l’abbracciò da dietro ma non spostò lo sguardo dalla scena; Hikari, seduta sul divano al fianco del suo ragazzo Takeru, si impallidì e stritolò involontariamente la sua mano.
Yamato, seduto al fianco del fratello, cercò di non cambiare la sua espressione che di solito rimaneva impassibile, ma si notò lontano un miglio lo sgranarsi dei suoi occhi limpidi e azzurri.
Koushirou e Joe si alzarono dalle sedie della cucina, in contemporanea con Mimi ,che fu l’unica a posare poi lo sguardo sull’amica in secondo piano.
Toshiko seguiva la scena con la coda degli occhi e in silenzio, come se si vergognasse di tutto ciò che stava accadendo.
Taichi notò che nessuno riusciva a rompere il silenzio, ed era anche normale.
Ma ciò mise a disagio il piccolo, che cominciò a tirare il braccio del padre verso l’entrata, e a voltarsi verso la madre, chiamandola con un filo di voce, un pò imbarazzato.
Sora cercò di sorridergli ma era davvero difficile.
Così il bambino cercò di avvicinarsi a lei, ma la presa del papà era solida.
Si voltò verso di lui, per poi dirgli:
 
-Papà lasciami, voglio andare dalla mamma.
 
A quella innocente frase, Yuuko si sentì quasi svenire.
Hikari si alzò agitata dal divano, guardando prima il fratello e poi Sora.
Yamato aveva l’attenzione puntata sul piccolo, copia identica di Taichi.
Non l’avevano notato quel giorno a causa del codino che portava.
Ma ora che i suoi capelli erano sciolti e liberi non vi era alcun dubbio.
Susumo si voltò verso Toshiko, che era l’unica a stare ancora abbastanza calma:
 
-Non dirmelo, non può essere.
 
Ma sembrava stare in un’altra dimensione e rimase in silenzio.
Taichi vide lo sconvolgimento e l’agitazione accendersi in quel salone.
Shinichi ormai era tra le braccia della madre, in evidente disagio, così dovette richiamare l’ordine:
 
-Vi abbiamo fatti riunire tutti per un motivo.- cominciò in maniera diretta.- Volevamo presentarvi Shinichi.
 
Cercò di parlare al plurale, ma capirono tutti che era molto forzata la cosa, come intuirono che il perchè risiedeva proprio nel non far sentire a disagio il bambino.
Il giovane Yagami lanciò un’occhiata fredda a Sora, che capì che doveva far scendere dalle sue braccia il loro bambino.
Gli diede un bacio in fronte e, con tutta la dolcezza che aveva, gli disse:
 
-Rifacciamo il gioco di prima, dentro questa stanza ci sono tutte quelle persone di cui ti avevo parlato e che ti volevo far conoscere una volta arrivati quì. Per questo, non sentirti a disagio, tesoro mio. Fammi vedere quanto sei bravo. Inizia col presentarti.
 
Era incredibile come obbediva ciecamente alla madre.
Dopo averle sorriso, avanzò fino al fianco del padre, il quale gli scompigliò un pò i capelli, facendolo ridere.
Poi, guardò tutti i presenti della sala e, con coraggio ,disse:
 
-Sono Shinichi Takenouchi e ho 5 anni!
 
Taichi fece caso al cognome, ovviamente, non sapendo la sua esistenza, non aveva neanche potuto fare il riconoscimento del figlio, affidandogli così il proprio cognome.
 
-Come è successo a me proprio oggi.- iniziò a dire il giovane castano guardando tutti i presenti.- è importante che anche voi conosciate la verità che Sora ci ha nascosto.
 
Vide sua madre piangere silenziosamente, così come la sua amata sorella.
Tutti gli altri rimasero pallidi e in trepidante attesa di sentire effettivamente ciò che stavano pensando.
 
-Shinichi è il figlio di Sora, il figlio che ha concepito con me ma di cui io non ero a conoscenza.
 
Solo allora Yamato cominciò a guardare la sua ex amica, non riuscendo a capire il perchè di tutto quello.
Tutti loro sapevano ai tempi che la loro relazione andava a gonfie vele, per questo non riuscivano a capire perchè.
Ma Sora era diventata improvvisamente impassibile, le parole gelide del padre di suo figlio l’avevano colpita di nuovo.
Nessuno in sala riusciva ancora ad aprire bocca, così Taichi dovette avanzare di nuovo e, rivolgendosi al piccolo, gli disse sorridendogli:
 
-Hai conosciuto la nonna Toshiko, vero?
 
-Si si! E quella laggiù è l’altra nonna??- chiese mettendosi un dito sopra alle labbra e guardando curioso il papà.
 
Rise e cominciò a farlo camminare verso i suoi genitori:
 
-Si, lei è la nonna Yuuko e lui il nonno Susumo.
 
Al dolce sorriso del bambino, Yuuko iniziò ancora di più a piangere ma cercò comunque di parlargli, salutandolo come meglio poteva.
Anche Susumo cercò di togliere lo stupore e l’imbarazzo, insomma, non potevano mettere a disagio il bambino.
Koushirou, Joe e Mimi si trovavano li, vicino a loro e a quella scena di presentazione.
Sora non si era mossa dall’entrata, neanche di un solo millimetro e assisteva a tutto ciò cercando di evitare lo sguardo di Yamato, di Hikari e di Mimi.
Quest’ultima spostava i suoi occhi cenere da Taichi a lei e viceversa.
Sentiva il cuore correrle all’impazzata ma allo stesso tempo, un’angoscia e un’agonia che la massacravano dentro.
Arrivò il loro turno di presentazione e la Tachikawa se ne accorse solo quando sentì il suo nome pronunciato dal suo amico.
Si voltò e vide quella piccola e bella creatura sorridere al ragazzo occhialuto e al compagno dai capelli rossi.
Cercò anche lei di sorridere al bambino, cercando di soffocare quella malinconia che sentiva addosso.
Aveva addirittura cominciato a respirare a fatica e a pizzicarle gli occhi, quando poi si vide Shinichi andarle incontro ridendo e dicendo:
 
-Tu sei la zia Mimi!La mamma mi ha detto tante cose! Mi ha detto che eri bellissima!
 
Non sapeva se fosse stato per il nomignolo “zia” che gli aveva dato, o per il comlimento indiretto della sua migliore amica, fatto sta che le lacrime cominciarono finalmente a scendere copiose e a rigarle le guancie.
Alzò la testa e la puntò verso Sora, la quale sorrideva debolmente alla scena del suo bambino.
Mimi non resistette, non le importava nulla.
Superò velocemente il divano, per poi aumentare ancora il passo e fiondarsi su di lei.
L’abbracciò così stretta a sè per farle capire quanto le fosse mancata e attaccò in un pianto isterico e disperato.
Non riusciva neanche a prendere fiato.
Sora in un primo momento se ne stupì, era stata l’unica ad avvicinarsi e ad abbracciarla, nessuno l’aveva neanche salutata.
E invece lei, la sua migliore amica, nonostante tutto, era lì, tra le sue braccia, contro tutti anche lei.
La Takenouchi nascose il viso, chinando la testa e appoggiandola sulla sua forte spalla, ma non aveva neanche la forza di alzare le braccia e ricambiare il gesto affettuoso.
Era stanca, distrutta.
Mimi piangeva  senza alcun pudore, percependo ogni secondo la sofferenza dell’amica.
Shinichi era il figlio di Taichi e lei aveva portato questo fardello da sola.
La conosceva fin troppo bene, non sapeva il perchè del suo gesto, ma sicuramente la motivazione che l’aveva spinta a farlo doveva essere più che valida.
E la cosa che la distruggeva, era che aveva deciso di fare tutto ciò da sola.
Chissà quanto aveva sofferto!
Mimi non volle neanche immaginarlo, ora lei era finalmente lì e mai e poi mai l’avrebbe lasciata andare.
Sora era più di un’amica, era una sorella e un pezzo del suo cuore.
Anche se aveva compiuto un gesto che per tutti era palesemente sbagliato, lei non le sarebbe mai andata contro.
Sora non avrebbe mai fatto del male a qualcuno, sopratutto a Taichi, per questo si convinse che la soluzione che aveva scelto, doveva essere la migliore tra tante altre peggiori.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il giorno dopo, Sora si trovava a casa con suo figlio Shinichi.
Cercava di giocare assieme a lui e in quel momento avevano appena acceso la televisione.
Erano quasi le cinque di pomeriggio e stavano trasmettendo i cartoni che piacevano tanto al suo piccolo.
Fece finta di stare attenta al programma ma in realtà pensava a tutt’altro.
Se doveva fare un resoconto di tutto, bè alla fine aveva ottenuto quello che voleva, ossia l’accettazione di suo figlio da parte di tutti.
Il fatto che, a parte Mimi, nessuno le rivolse parola era tutto un altro conto.
I signori Yagami non le parlarono, ma non sembravano arrabbiati, ma molto imbarazzati, evidentemente non sapevano cosa dirle.
Nessuno le aveva posto qualche domanda, sul come e perchè.
Si aspettava quasi un terzo grado invece regnò l’indifferenza.
E, da una parte, l’odio.
Yamato era in prima fila su questo campo.
Quelle poche volte che aveva incrociato il suo sguardo di ghiaccio il giorno precedente, le aveva fatto capire quanto la disprezzasse per tutta quella situazione.
Il giovane Ishida parlava con gli occhi.
E poteva ben immaginare il perchè, era il migliore amico di Taichi, non l’avrebbe mai perdonata per un torto simile.
L’unica cosa che potè fare fu quella di rimanere in silenzio, ad assistere da lontano il suo bambino mentre faceva conoscenza con tutti loro.
Già, il suo bambino.
In realtà, durante quell’incontro, tutti lo trattavano come se fosse solo figlio di Taichi e non il suo.
Motivo in più per pensare quanto ce l’avessero tutti con lei.
Ma la cosa che le rimase ancora più impressa e che la ferì ancora una volta fu il comportamento di colui che ancora amava.
Dopo quella mattina non le rivolse più parola, e solo pochi ma freddi sguardi.
Le fece capire di star lontana da lui, di non rivolgergli altre parole, di aver sentito abbastanza da lei da poter decidere di non parlarle più.
Quel giorno non si fece nè vedere nè sentire.
Eppure pensava che volesse vedere il figlio, ma non lasciò detto niente neanche a Toshiko.
Ah, poi, sua madre.
Neanche lei le rivolgeva attenzioni, anche quando erano in cucina a pranzare o cenare, se doveva aprir bocca parlava solo con suo nipote.
Infondo era stata chiara anche lei, poteva restare lì in quella casa momentaneamente, ma era stata esplicita sul fatto che la sua presenza non era gradita.
Ebbene, era sola, come aveva immaginato.
Chissà quella povera Mimi cosa avrebbe dovuto passare solo per il fatto di averla abbracciata, Yamato sicuramente non gliela avrebbe fatta passar liscia.
Cominciò a squillare il suo telefono, non capiva chi potesse essere.
Forse sua madre Toshiko, era l’unica, assieme ad Harumi, ad avere ora quel suo numero nuovo.
Rispose, non muovendosi dal divano.
 
-Sono io.
 
Quasi che le cadde il telefono non appena riconobbe la voce.
Sicuramente aveva preso il numero dalla madre.
Si alzò dal divano, facendo cenno a Shinichi che sarebbe tornata dopo la telefonata.
Corse in cucina ma per quando chiuse la porta, sentì lui continuare a parlarle:
 
-Sono stato dal Notaio oggi, perchè ho intenzione di riconoscere mio figlio e dargli il mio cognome.
 
Sora cadde a terra, tremando, senza fiato e non trovando le parole da dirgli.
Poteva solo farlo continuare.
 
-Si farà la procedura standard, test del DNA e così via, servirà anche una tua firma, mi hai capito?
 
Lei annuì, ma ovviamente si rese conto che non la poteva vedere, quindi gli rispose con quel poco fiato che aveva.
Insomma, il fatto che lui volesse riconoscere il figlio era davvero una bella cosa, ma aveva paura che volesse far altro... e se glielo voleva portar via?
No, Taichi non era così meschino. Non poteva farlo.
 
-Da domani verrò a prenderlo ogni mattina, credo che io ne abbia diritto. Ci serve tempo per conoscerci, il tempo che tu ci hai gentilmente tolto, anche se non servirà a recuperare molto tutto il periodo che ha passato senza di me.
 
Sora sgranò gli occhi, si stava agitando, le andava bene il fatto che si dovevano vedere ogni tanto, ma detto così sembrava che glielo volesse portar via le giornate intere.
Shinichi era la sua vita, in quel modo sarebbe rimasta davvero completamente sola.
 
-D-dalla mattina fino a che ora?- riuscì a domandare.
 
-Sicuramente fino al pomeriggio, direi che sono libero di decidere anche questo o no?
 
Cosa poteva rispondergli? Aveva ragione, ma lei si sentiva sprofondare.
Ma d’altronde cosa importava? Ora doveva pagare ogni singolo torto che aveva fatto.
 
-Ok, va bene.
 
La loro conversazione era conclusa, l’aveva capito.
 
-Ah, un’altra cosa, non farti trovare davanti a me quando vengo a prendere Shinichi, non voglio neanche scorgerti.
 
Questa frase, piena di odio e risentimento, la pronunciò molto chiaramente prima di riagganciare.
Era l’ennesima volta che Sora scoppiava a piangere in sole ventiquattro ore.
Vederlo così disprezzante nei suoi confronti faceva davvero male.
Da lui aveva sempre ricevuto il meglio, l’aveva sempre trattata con riguardo.
Ma ora le cose erano cambiate.
E il fatto che sapeva che Taichi era un ragazzo davvero buono aggravava la sua posizione.
Doveva averlo ferito davvero molto.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Come annunciato, la mattina seguente Sora stava aiutando il figlio a prepararsi.
Faceva caldo, quell’estate era iniziata presto, così vestì suo figlio con tshirt e pantaloncini corti.
Shinichi era davvero felice.
Non appena la giovane gli disse che il papà sarebbe passato a prenderlo, si esaltò talmente tanto che poi era diventata un’impresa anche vestirlo.
E lei, nel frattempo, aveva un altro magone alla gola.
Non doveva farsi neanche vedere ai suoi occhi, ma ,così facendo, il bambino le stava complicando le cose.
Erano in ritardo con la preparazione, si era anche dilungato nel fare colazione.
A volte era davvero intrattabile!
E infatti, ben presto arrivò al suo udito il suono della porta.
Si irrigidì e andò un pò in panico.
In quel momento si trovava proprio in salone e aveva appena finito di allacciare le scarpe al bimbo.
Si alzò, guardando la madre che era sbucata fuori dal bagno.
Bastò uno sguardo per capire che doveva essere lei, Toshiko, ad aprire la porta.
Ma in quell’istante Sora stava andando in direzione della cucina, che si affacciava proprio sul salone, quindi pensò di cambiare rotta e andare verso la camera.
Lo sguardo era ben saldo sul pavimento, e sentì il rossore formarsi sulle sue guance, ma non proprio per l’imbarazzo, più che altro per l’agitazione.
Sentì la porta aprirsi e suo figlio salutare con entusiasmo il padre.
Eccolo, era entrato.
Sentiva lui rispondergli con altrettanta felicità.
Ormai si era salvata, era quasi entrata in camera sua, la cui porta, però, era ben visibile anche dall’entrata poichè era proprio in fondo al corridoio che divideva salone e camere da letto.
 
-Mamma!! Ma non vieni con noi??
 
L’esclamazione del bambino le fece prendere un altro colpo.
L’innocenza dei bambini ti metteva sempre nei guai.
Non poteva voltare le spalle a suo figlio, Shinichi ci sarebbe rimasto troppo male.
Era colpa sua che non si era spiegata abbastanza bene e non gli aveva detto esplicitamente che sarebbe uscito solo col padre.
Si dannò mille volte in un secondo per tutto quello, Taichi era stato chiaro nel fatto che non si doveva far vedere.
Ma ora che doveva fare?
In tutti quegli istanti persi a pensare, non si accorse che il figlio era già arrivato da lei.
Solo quando si sentì tirare la maglia se ne rese conto.
E li poteva solo voltarsi, pensando che tanto oramai la situazione era quella, peggio di così non poteva andare.
Lo guardò sorridendo e anche un pò imbarazzata.
Si chinò verso di lui, accarezzandogli le guancie.
 
-No, la mamma non può, tesoro... Lo sai, devo cercare un lavoro e fare tante altre cose...
 
Vide la delusione invadere il viso dolce del suo bambino, ma Sora continuò a sorridergli e a dirgli che comunque si sarebbero rivisti la sera.
Non riuscì ad evitare di guardare sullo sfondo Taichi, che in un primo momento aveva seguito la scena con la coda dell’occhio, poi, quando si accorse dello sguardo di Sora, si voltò infastidito, mettendosi a parlare con Toshiko.
Pensò che ormai tutta quell’ostilità le aveva polverizzato il cuore, così si sbrigò ad incitare il figlio ad andarsene per poi finalmente riuscirci.
E non appena si allontanò, Sora si rifugiò dentro la sua camera, chiudendo la porta alle sue spalle.
Era lì che doveva stare per far star bene tutti loro, lì ,dove nessuno poteva vederla.
 
 
 
 
 
 
 
Passarono così due settimane e si era arrivati ormai a fine Giugno.
Erano stati dei giorni difficili per Sora.
Si era data alla ricerca disperata di un lavoro.
Il problema in tutto ciò risiedeva nel trovare un posto raggiungibile attraverso i mezzi pubblici, poichè non aveva la macchina, e che , allo stesso tempo, le permettesse di lavorare part time o, comunque, di gestire da sola le ore di lavoro.
Non voleva assolutamente trascurare Shinichi.
A Settembre lo avrebbe mandato alla scuola materna, ma solo per metà giornata.
Ne aveva parlato anche con Taichi, ovviamente non direttamente, ma tramite Toshiko.
Ebbene, per tutti quei giorni, il giovane Yagami l’aveva sempre evitata, come le aveva promesso.
Per iniziativa di tutti i familiari, lei ovviamente esclusa, si era arrivati ad organizzare pranzi o cene di famiglia come i vecchi tempi, con Yuuko, Susumo, la signora Takenouchi ed Hikari.
Tutto questo per far integrare ancora di più il piccolo Shinichi.
Anche i nonni volevano recuperare il tempo perduto col nipote, e decisero, assieme al padre, che quella era una delle soluzioni migliori.
E lì veniva il bello.
Venivano spesso fatti a casa Takenouchi, ma ,durante tutte quelle ore, nessuno dava la minima attenzione a Sora, la quale rimaneva in silenzio tutto il tempo.
Toshiko la metteva ogni volta a lavare i piatti e a pulire poi la cucina, mentre tutti loro giocavano con Shinichi davanti ai suoi occhi.
Una volta finito a fare il suo dovere, la bella ragazza se ne tornava in camera, oppure si sedeva in cucina, lontano da tutti gli altri.
Taichi era riuscito ad isolarla anche in situazioni in cui poteva essere davvero difficile non rivolgersi la parola.
In realtà, Yuuko e Susumo la salutavano con educazione, e a volte le mandavano dei sorrisi.
I signori Yagami erano stati da sempre molto affettuosi nei suoi confronti e ,a volte, si notava la loro difficoltà nel cercare l’indifferenza.
Un altro palese segno che Taichi aveva parlato anche con loro.
Per carità, aveva da sempre compreso le sue ragioni, gli aveva nascosto un figlio, lo aveva abbandonato e aveva fatto sparire le sue tracce.
Da quello che aveva capito, anche parlando un pò con Mimi, la situazione agli inizi era davvero tragica, gli aveva arrecato davvero un grande dolore che si era riversato su ogni piano della sua vita.
Per questo, un comportamento del genere, che poteva essere visto da altri come esagerato, a lei stessa appariva normale.
Anche tutta quella indifferenza, se la meritava.
In quei giorni Sora aveva visto Mimi, l’unica persona con cui aveva avuto un dialogo vero e proprio lì ad Odaiba.
L’aveva vista un pomeriggio, dopo un colloquio di lavoro andato male.
Era davvero difficile trovare qualcuno che le venisse incontro per gli orari.
Inutile dire che, non appena si incontrarono, scoppiarono di nuovo in lacrime.
Stavolta erano sole e potevano dar sfogo a tutto ciò che avevano dentro.
Sora le chiese scusa un milione di volte, ma le spiegò che ai tempi aveva deciso di tener nascosta la cosa anche a lei, perchè sapeva come era fatta.
Mimi, essendo anche cara amica di Taichi, non avrebbe retto tutta quella situazione e quelle menzogne che avrebbe dovuto poi dire ma, sopratutto, non avrebbe retto gli eventuali insulti sulla reputazione dell’amica.
Per questo, la Takenouchi era convinta che la fanciulla avrebbe detto tutto.
La bella ragazza dai capelli lunghi e color cenere comprese ogni suo motivo ma, una domanda che le uscì spontanea fu:
 
-Ma tu, lo ami ancora?
 
E a quella domanda, con gli occhi lucidi, rispose decisa:
 
-Non ho mai smesso di amarlo, neanche ora.
 
Mimi la incitò a parlare con Taichi, le disse che non poteva andare avanti così, che non poteva vivere come un fantasma, ma Sora era davvero cocciuta.
Voleva rispettare la decisione del bel ragazzo castano, avrebbe fatto qualsiasi cosa dettata da lui, questo perchè ricordava per filo e per segno il discorso che fece quel giorno davanti al supermercato.
Lui aveva ragione, e anche il suo silenzio e la sua solitudine era un modo per espiare ciò che aveva fatto.
Parlare quel pomeriggio con la sua migliore amica, era stato davvero gratificante.
Sora era riuscita a tirarsi su moralmente e aveva ancora più forza di andare avanti nonostante la situazione.
Quella ragazza aveva davvero un cuore d’oro, e la giovane Takenouchi glielo disse almeno un centinaio di volte.
Era l’unica che aveva violato la legge del silenzio nei suoi confronti, era da sempre stata una pazza e una ribelle e anche quel suo comportamento ne era una prova.
Quel giorno, erano tutti a pranzo in casa Takenouchi.
Era un Giovedì ed erano tutti a tavola a mangiare.
Sora non spostava il suo sguardo miele dal piatto o, al massimo, dava attenzione a suo  figlio che era al suo fianco.
Dall’altra parte sedeva Toshiko, come se volesse creare una barriera tra lei e i signori Yagami.
Invece, vicino a Shinichi sedeva Taichi e poi Hikari.
Il tavolo era tondo, dunque se Sora avesse alzato lo sguardo avrebbe incontrato lo sguardoi di colei che un tempo chiamava sorella.
In quei giorni, quando pranzavano o cenavano assieme, gli argomenti trattati a tavola erano per la maggior parte concentrati sulla giornata di Shinichi, per renderlo così partecipe.
Quella volta, invece, emerse finalmente qualcosa su Taichi e sul suo lavoro.
In quel periodo non stava lavorando ma, da quello che aveva potuto capire, anche lui, come aveva fatto lei, aveva lavorato durante il periodo dell’università proprio sul suo campo di studi, attraverso tirocini  e cose simili, ed ora gli avevano proprosto un lavoro davvero importante nella stessa azienda per cui aveva svolto piccoli lavori negli anni precedenti.
Solo che lo avrebbero assunto nei mesi successivi, massimo Settembre poichè Taichi avrebbe rimpiazzato il posto di un dipendente che stava, per l’appunto, andando in pensione.
Per il momento, però, lui aveva messo un bel pò di soldi da parte, grazie a dei lavori extra e ai lavori estivi che aveva fatto fino a quel periodo.
Ed era solo così che Sora poteva scoprire delle cose su di lui, con questi “magnifici” pranzi.
Iniziò a pensare, cominciando a giocare involontariamente col cibo che aveva sul piatto attraverso la forchetta.
La persona che amava aveva un lavoro e lei no.
L’ultima cosa che avrebbe voluto era che iniziasse a pagare tutto lui ciò che riguardava Shinichi.
Al massimo gli avrebbe concesso di fare a metà.
I costi per la scuola materna, gli eventuali vestiti, tutto ciò che poteva servire a loro figlio lo dovevano pagare insieme e su questo Sora non voleva discutere.
Doveva assolutamente sbrigarsi a trovare questo impiego, a garantire il futuro del piccolo e non tanto per lei.
Se proprio non avrebbe trovato nulla, allora poteva pensare alla remota possibilità di un lavoro fulltime, ma quella era l’ultima spiaggia.
Non sarebbe rimasta lì a guardare suo figlio cresere con i soldi altrui, mai.
Mentre la bella fanciulla dai capelli ramati era immersa nei suoi pensieri, suo figlio cominciò ad osservarla per bene fino a che non notò il piatto ancora intatto, mentre tutti loro avevano già finito.
 
-Mamma, ma non ti piace?Perchè non mangi?
 
Al suo richiamo Sora si risvegliò, guardandolo in viso: aveva quella dolce espressione preoccupata che la faceva sempre sciogliere.
Notò che fissava la sua pietanza e, dopo averla osservata anche lei, prestò di nuovo attenzione a Shinichi.
Gli sorrise debolmente, per poi dargli un dolce bacio sulla fronte e infine alzarsi dal tavolo e andarsene verso la sua camera.
Ovviamente, il piccolo la voleva seguire ma Taichi fu rapido e lo fermò per un braccio:
 
-Shinichi, devi finire di mangiare, ora arriva la frutta.
 
Il piccolo prestò attenzione al padre, per poi guardare nella direzione dove era sparita la madre.
Tutti coloro che erano a tavola notarono la scena ma, per l’ennesima volta, fecero finta di niente e appoggiarono così il padre.
Ma si vedeva che il bel bambino dalla chioma dorata mandava giù a fatica quei bocconi, lanciando di continuo lo sguardo verso la camera di Sora.
 
Quest’ultima, appena entrò in camera, notò che sul suo telefono aveva una chiamata persa.
Leggendo il numero, si ricordò che poteva assomigliare vagamente ad un’azienda che aveva contattato, così non perse tempo.
 
-Salve, Sono Sora Takenouchi e ho trovato una chiamata persa su questo numero.
 
-Ah, si salve! Siamo l’azienda Tashibi. Volevamo dirle che abbiamo ricevuto il suo curriculum e lo abbiamo reputato interessante. E’ disposta a venire ad un colloquio domani mattina?
 
Sora prese velocemente l’agenda.
La mattina seguente aveva già un altro appuntamento, molto presto, in un altro ufficio che, se ben ricordava, era alquanto distante dalla Tashibi, così facendo due calcoli veloci sul tempo, rispose:
 
-Le va bene in tarda mattinata? Verso le 11?
 
-Certo, a quell’ora è perfetto! Allora a domani signorina Takenouchi.
 
-La ringrazio, a domani.
 
Bene, il giorno seguente aveva già due colloqui.
Sorrise, soddisfatta e speranzosa.
Sperava che almeno la sua ricerca andasse a buon fine.
Ma c’era una cosa che doveva risolvere, doveva dire a Taichi di venir a prendere loro figlio prima del solito, per appunto questi appuntamenti.
O meglio, doveva far riferire questa notizia visto che lui aveva costruito un muro invalicabile.
Stette altri minuti a leggere i nomi di tutte le aziende che aveva contattato, quali le avevano risposto e quali ancora no.
Ne aveva trovate davvero tante, in due settimane aveva fatto davvero un bel lavoro.
Poi, sua madre bussò alla porta, chiamandola:
 
-Dovresti venire a lavare i piatti.- disse inespressiva una volta affacciatasi nella sua camera.
 
Sora la guardò, e , prima di annuire, le disse:
 
-Quando puoi, potresti dire a Taichi di venire a prendere Shinichi alle otto e un quarto domani? Alle otto e mezza devo uscire di casa per dei colloqui.
 
Concluse il tutto, con un tono totalmente tranquillo.
Toshiko, all’inizio esitò, ma poi annuì.
Sora uscì dalla sua stanza qualche manciata dopo la signora Takenouchi, diretta subito alla postazione piatti.
Notò una cosa davvero strana, che in quel momento Taichi la guardava con la coda dell’occhio, per poi volgere la sua attenzione alla tv, al fianco di Shinichi.
Cercò di non dar peso alla cosa, poteva essere benissimo frutto della sua immaginazione e cominciò a fare il suo dovere.
Quello che non poteva notare dalla sua posizione, era il figlio che cercava di inquadrarla sempre.
Shinichi amava la madre e vederla non mangiare o essere semplicemente triste, rattristava anche lui e lo preoccupava.
E questo non sfuggi al padre, d’altronde tutti avevano notato che si era spento l’entusiasmo che lo caratterizzava.
Taichi spostò lo sguardo su Sora, che voltava a loro le spalle per lavare i piatti.
Era davvero incredibile.
Pensava che sarebbe scoppiata prima o poi invece se ne stava così, passiva e impassibile, estremamente servizievole con tutti.
Non si lamentava mai di nulla e non apriva mai bocca.
Il suo sguardo era sempre basso, o su Shinichi o puntato altrove, al di fuori di quelle stanze.
Si era reso conto di aver esagerato poco tempo prima nel dirle di sparire dalla sua vista, ma poi pensò che tanto non sarebbe riuscita a farlo.
E invece si stava comportando come lui le aveva implicitamente detto.
Come un fantasma.
Perchè alla fine le aveva detto proprio questo.
Che per lui era morta.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il mattino seguente, Taichi arrivò a casa Takenouchi prima rispetto agli altri giorni.
Toshiko gli aveva detto di presentarsi alle otto e un quarto ma, purtroppo, aveva incontrato un ingorgo per la strada e ora erano le otto e mezza.
Dentro di sè, in fondo, si stava sentendo un pò in colpa per quel ritardo.
Alla fine, da quanto aveva appreso, quell’anticipo era dovuto ad un colloquio di lavoro di Sora, quindi una buona motivazione.
Si stava accorgendo che ultimamente aveva cominciato a pensare di nuovo a lei e di preoccuparsi anche per queste cose banali.
Lui era fatto così, non era mai stato cattivo e le cose che stava facendo ora alla giovane madre non le aveva mai fatte in vita sua.
Neanche si immaginava che avrebbe potuto comportarsi così freddamente un giorno.
Ma la ferita che le aveva arrecato, aperta da sei anni a quella parte, e ampliata col suo ritorno, ancora faceva davvero male.
Voleva farle solamente capire quanto fosse brutta l’indifferenza.
Proprio quell’indifferenza che Sora era riuscita a mantenere per tutto quel tempo.
Invece lui non ce la stava facendo ed erano passate solo due settimane.
Era a questo che pensava quando vide aprire la porta di casa Takenouchi.
Entrò, salutando come sempre la padrona di casa, che gli sorrideva apertamente.
Si stava scusando per il ritardo quando poi vide sullo sfondo Shinichi che stava salutando Sora.
Rimase quasi folgorato nel vederla così: indossava una leggera e delicata camicietta bianca, leggermente trasparente e abbastanza aderente, abbinata con una gonna nera e stretta che le arrivava fino alle ginocchia.
Aveva i capelli raccolti con una pinza, pronti ad essere sciolti in seguito solo per i colloqui visto il caldo che faceva.
Le scarpe nere ,con un tacco non troppo alto, l’aiutavano comunque a slanciarsi, evidenziando ancora di più la sua snellezza.
Dopo aver dato un altro bacio al figlio si alzò, prendendo velocemente la borsa.
In quel momento Taichi notò anche il suo leggero trucco, che la rendeva ancora più bella e professionale.
Si accorse di essere rimasto alquanto scosso, ma quell’effetto glielo aveva sempre fatto, fin dai tempi in cui si accorse di avere una cotta per lei.
Dunque, cercò di scacciare via il tutto dalla sua testa, per concentrarsi sul saluto al figlio.
Non era riuscito neanche a pensare al fatto che Sora aveva infranto la sua regola, cosa che a quest’ultima non sfuggì per niente.
Purtroppo era tardi e non poteva fare altrimenti, doveva uscire per forza a quell’ora da casa per arrivare almeno con qualche minuto di anticipo al colloquio.
 
-Scusa, non volevo....ma è tardi...- si affrettò a dirgli una volta raggiunta la soglia della porta.
 
Solo in quel momento Taichi realizzò e la guardò una seconda volta, ma, per paura di ricevere uno sguardo freddo, Sora abbassò subito il capo e se ne andò via.
Il bel ragazzo castano si accorse di non essere riuscito a risponderle e quasi davvero si sentì in colpa per il suo ritardo.
Ma, nello stesso tempo, vederla lo aveva scombussolato abbastanza.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La mattinata proseguì come sempre.
Taichi aveva portato il figlio al parco e avevano giocato insieme a calcetto.
Shinichi era davvero portato, un piccolo campione.
Il giovane Yagami aveva per l’appunto pensato che sicuramente lo avrebbe inserito in una piccola squadra di calcio, come aveva fatto anche lui da piccolo.
Vedeva il suo bambino davvero entusiasta nel giocare con lui, e ancora più felice quando il padre gli faceva i complimenti.
Tanto che un giorno se ne uscì domandandogli come era nata la sua passione per il calcio.
Shinichi spiegò con altrettanto entusiasmo che la mamma gli aveva imparato a giocare un poco e gli aveva detto che poi suo padre lo avrebbe aiutato a diventare un vero campione.
Tutto si ricollegava sempre a lei.
Stando con il piccolo dalla testa folta, Taichi aveva appreso e scoperto molte cose della loro vita in California, e ,a volte, ne rimaneva davvero sorpreso.
Quello che emerse da tutti i suoi racconti fu che Sora aveva da sempre parlato di lui a suo figlio.
Shinichi, infatti, sembrava conoscesse il padre da una vita, sapeva tutto di lui.
I suoi piatti preferiti, gli hobby, gli sport, i suoi simpatici difetti,la giovane madre non aveva tralasciato nulla.
Ed emerse anche un altro fatto, che lei a Shinichi gli aveva detto che l’idea di andare in America era stata la sua.
Gli aveva detto che prima o poi gli avrebbe fatto conoscere il padre, che però lei li aveva separati per il bene di entrambi, per assicurare a tutti e due un glorioso futuro.
Gli aveva davvero raccontato tutto, aveva cercato di essere sempre sincera col figlio.
Taichi approfittò più volte di questi dialoghi per sapere anche cosa aveva fatto Sora tutto quel tempo, mentre lui cresceva giocando nella casa della zia Harumi e il famoso zio John.
E, con la sua solita sincerità, rispose apertamente anche a tutto ciò.
Sua madre studiava e lavorava tutto il giorno, ma spiegò che dedicava molte ore a lui.
Era la sua super mamma.
Al bambino non sfuggì di dire al padre anche che l’aveva vista spesso piangere, e lui puntualmente le chiedeva il perchè.
 
-Tante volte la mamma non mi rispondeva e si limitava a sorridermi! Ma poi altre mi diceva che era perchè gli mancavi tu, papà! E anche i nonni! E anche gli zii!
 
Lui raccontava tutto questo col sorriso e con entusiasmo, in realtà tutto ciò scombussolava dentro il povero Taichi.
Avevano sofferto entrambi, non c’erano dubbi.
Però ognuno aveva le sue ragioni, lei da una parte poteva essere giustificata ma dall’altra no.
 
-Insomma, cosa pensi di fare?
 
La domanda secca e diretta del suo migliore amico lo fece svegliare da tutti i suoi pensieri.
Guardò Shinichi che stava giocando con altri bambini a poca distanza da lui.
Non appena arrivò Yamato, padre e figlio smisero di giocare insieme e Taichi si sedette al suo fianco in una panchina.
Guardavano entrambi il bambino divertirsi e scherzare con gli altri, aveva davvero preso da entrambi i genitori.
 
-Non credo che potete continuare così, non per lui.
 
Il giovane Yagami si guardò le mani anche se in realtà pensava a tutt’altro.
 
-Lo so, Yamato.
 
-Per ora avete la scusa del lavoro, ma poi si accorgerà delle vostre divergenze, se non l’ha già fatto. Inizierà il solito confronto con gli altri bambini e le altre famiglie e si sentirà inevitabilmente solo... fidati, io ci sono passato..
 
Il ragazzo biondo gli era da sempre stato vicino.
Lo aveva ripreso nel momento in cui voleva rinunciare ad ogni cosa e partire in un viaggio di follia solo per cercare lei.
Grazie a Yamato, il ragazzo dagli occhi nocciola aveva evitato di fare molti sbagli dettati dal dolore.
Per questo, vedendo Taichi in quello stato, lui stesso non riusciva a perdonare Sora.
Neanche ora che aveva riportato suo figlio in Giappone, gli bastava un vago ricordo dell’amico totalmente distrutto a fargli tornare il disprezzo per lei.
Ma sapeva anche che non potevano continuare così, per il bene del bambino.
 
-Vedrò... la sua infelicità è l’ultima cosa che voglio. Sono disposto anche ad un dialogo con lei se questo lo rende felice. Lui non merita tutto questo, deve avere solo il meglio.
 
Annuì, non sapendo che altro aggiungere.
In effetti, aveva ancora tempo per pensare al da farsi, perciò perchè mettergli fretta?
Taichi era diventato davvero maturo, qualunque scelta avrebbe fatto, sicuramente sarebbe stata quella giusta.
Dopo un poco, Yamato se ne andò.
Ormai era mezzogiorno, quasi l’ora di pranzo.
Così il piccolo si avvicinò al padre, lamentandosi per la fame.
Sorrise a quel suo lamento, così propose subito di andare a mangiare in un locale poco distante.
Poi vide un attimo il bambino esitare, si ammutolì un poco.
Si buttò sulle gambe del padre e lo guardò con quei stupendi occhi color miele.
 
-Papà... può venire anche la mamma a pranzo?
 
Taichi sgranò gli occhi, abbastanza confuso e spiazzato.
Non si aspettava una domanda del genere.
Shinichi, vedendo il padre silenzioso, avanzò spiegazioni.
 
-La mamma mangia poco! Io la devo proteggere! La devo controllare, come lei fa con me! Ti prego, papà!
 
Il giovane cercò di assemblare il tutto, cercando di sembrare il più naturale possibile.
Lo aveva notato anche lui, non toccava mai cibo quando erano tutti insieme, ma sperava che al di fuori mangiasse.
La preghiera di suo figlio, però, lo scosse un poco, così si affrettò nel rispondergli:
 
-Tua madre adesso sta facendo dei colloqui, e io non so dove sia...
 
-L’ultimo colloquio della mattinata lo aveva alle undici e mezza alla Tashibi e mi ha detto che per mezzogiorno e qualcosa avrebbe finito!
 
Taichi scosse la testa, come se si volesse risvegliare:
 
-Ma come fai a sapere tutte queste cose?
 
-Me lo ha detto la mamma! Io ricordo sempre tutto quello che mi dice la mamma!
 
-E sai anche l’indirizzo?- chiese quasi divertito.
 
-Via Hokitawa, numero ventitre!
 
Incredibile, la memoria l’aveva presa proprio da lei.
Quel bambino, per avere solo cinque anni, era davvero troppo intelligente.
E lui lo adorava.
In quelle settimane si erano legati molto, quasi non sperava in un risultato del genere.
Ma doveva ammettere che se tutto andava per quel verso era merito anche di Sora, che lo aveva davvero preparato a quell’incontro.
E, sopratutto, era riuscita a creare questo amore platonico che Shinichi provava per il padre anche se non lo aveva mai conosciuto.
Si alzò in piedi, prendendolo poi agilmente in braccio.
In realtà, scherzosamente, lo prese a “sacco”, appoggiandolo su una sua spalla e facendolo stare a testa in giù.
Shinichi iniziò a ridere, gli piaceva tanto quando il padre ci giocava così.
 
-Come tu desideri, piccolo.- disse infine, dirigendosi verso la macchina.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Sora aveva appena finito di parlare col capo reparto.
La Tashibi era una grande azienda e ,per capirlo, bastava guardare la struttura su cui era posta.
Era un palazzo fatto di vetro e acciaio.
La “hall” era davvero lussuosa e la si poteva ammirare anche da fuori a causa della trasparenza della struttura.
Ed era proprio lì che Sora era attualmente.
Aveva appena finito il colloquio che sembrava essere andato benissimo.
Il capo reparto si dimostrava molto interessato a lei e al suo curriculum.
Avevano discusso anche delle ore, forse le sarebbe venuto incontro per un lavoro part time oppure nel gestire lei stessa le otto ore lavorative giornaliere che doveva fare.
Le stava dicendo che, se voleva, poteva fare orario continuato e lavorare dalle 7:00 alle 15:00 del pomeriggio.
Insomma, alla fine poteva andare, sembrava davvero perfetto.
C’era, in realtà, una cosa che non andava davvero bene per lei.
Ed era proprio lui, il suo capo.
Da quando si era presentata fino ad a quel momento, aveva cercato sempre un contatto con lei, le accarezzava la schiena, a volte accorciava troppo le distanze dei loro visi, per non parlare di quando le sfiorava i fianchi.
Era davvero imbarazzante.
E la cosa che l’agitava un poco era che lui le aveva detto che , se mai fosse stata presa, avrebbe lavorato al suo fianco, nella sua stessa stanza.
Cercò di chiuderla lì, salutandolo, ci avrebbe ragionato meglio a casa.
Si offrì di accompagnarla alla hall, cosa che Sora, dentro di lei, non gradì affatto, ma , per quanto era cortese, alla fine accettò.
Proprio in quell’istante, erano arrivati Taichi e suo figlio, che stavano per l’appunto ammirando lo splendore di quella struttura.
Nell’osservare quei vetri splendenti, Shinichi riuscì a scorgere la figura della madre, l’avrebbe riconosciuta anche lontana un miglio.
 
-Guarda papà! C’è la mamma! Siamo arrivati in tempo!
 
Ma quando Taichi alzò lo sguardo vide, affiancato al figlio, una certa scena.
Sembrava che quel signore non la volesse mandar via e vedeva quasi l’affanno della giovane nel staccarselo di dosso; era palese che se ne voleva andare, il ragazzo dalla folta chioma la conosceva fin troppo bene.
Sentì Shinichi parlargli ma non ascoltò neanche una parola perchè quello che vide lo fece abbastanza agitare: il signore le stava dando un abbraccio come segno di saluto, ma le sue mani scivolarono inevitabilmente sul lato B della ragazza.
Quest’ultima, in un primo momento, si irrigidì, poi, con la sua solita delicatezza, sciolse quelle sue sporche mani e si sbrigò a salutare il capo velocemente.
La scena venne notata anche dal piccolo, che si impietrì quanto il padre.
Avevano assunto entrambi la stessa espressione, abbastanza sconvolta, e si erano inizialmente ammutoliti.
Shinichi, poi, ebbe il coraggio di parlare, dettato dalla sua solita innocenza:
 
-Papà... ma quello lì ha toccato il sedere della mamma...
 
L’osservazione del piccolo era stata fatta con una calma apparente, non si scompose neanche un poco dalla sua posizione pietrificata, la stessa che aveva Taichi.
 
-Lo hai visto anche tu...-riuscì a rispondere senza muoversi.
 
Ci fu un altro attimo di silenzio, e ,nel mentr,e  Sora riuscì finalmente ad allontanarsi da quell’uomo.
 
-Papà, ma non si tocca il sedere della mamma!
 
Il figlio marcava ancora di più quell’atto che lo aveva fatto alquanto agitare, ma nello stesso tempo impietrire.
Non si rese conto neanche di parlare col figlio di quell’argomento, credeva che fosse addirittura la sua coscienza.
 
-Certo che non si tocca!
 
-Neanche tu ti permetti di farlo, papà! Perchè quello lì l’ha fatto?
 
Dopo qualche secondo, quando vide  Sora approssimarsi all’uscita della Tashibi, si rese conto dei discorsi allucinanti che stavano facendo.
Si voltò di scatto, guardando suo figlio dritto negli occhi: aveva un’espressione alquanto contrariata, anche più della sua.
 
-Ma davvero io e te stiamo parlando di certe cose??!!!- chiese alquanto agitato e diventando un pò rosso in viso, rendendosi conto del discorso appena fatto.
 
-Ma papà! La mamma non si tocca!!
 
Si chinò subito verso di lui, mettendogli le mani sulle spalle e appoggiando la sua fronte su quella del piccolo.
 
-Sono d’accordo, ma che rimanga tra noi ciò che abbiamo visto! Siamo intesi?!
 
-Ma perchè?!! Io non voglio mentire alla mamma! Io la devo proteggere!
 
-La metterai in imbarazzo! E’ questo che vuoi?! No di certo!
 
-Ho capito, ma non si fa!
 
-Ho capito anche io, ci pensa papà! Ma per favore, non dire nulla! Se no non ti aiuto a diventare un campione di calcio!
 
A quel ricatto, Shinichi fece subito cenno al padre che avrebbe mantenuto la bocca chiusa, e proprio per tempo, perchè Sora era appena uscita da quella struttura.
Si era fermata proprio davanti all’entrata, facendo un grande sospiro.
Taichi si alzò lentamente, non staccandole gli occhi di dosso.
La vide mettersi una mano in fronte, evidentemente stanca e stressata.
Stava proprio pensando che capitavano tutte a lei quando si sentì chiamare da una voce che conosceva fin troppo bene.
Si voltò prima dalla parte opposta e, non vedendo nessuno, puntò l’attenzione sull’altra.
Non fece in tempo a focalizzare la scena che Shinichi le saltò sopra, salutandola amorevolmente.
Sora era davvero confusa, cercava di ragionare ma il figlio le stava parlando alla velocità della luce.
Riuscì a pensare che il piccoletto non poteva essere lì da solo, così alzò lo sguardo e incrociò proprio lui, che stava camminando lentamente verso di loro, con le mani in tasca.
Sentì il cuore sobbalzare e cominciare a battere forte, ma sopratutto cominciò ad agitarsi, non sapendo cosa fare.
Insomma, la regola era di sparire dalla sua vista, non aveva assolutamente previsto situazioni del genere e non sapeva neanche come affrontarle.
Poi ,sopratutto, in quella mattinata era l’ultima cosa a cui pensava di imbattersi.
Abbassò lo sguardo, evidentemente in imbarazzo, e abbracciò il figlio, baciandolo teneramente:
 
-C-che sorpresa! Che ci fai quì?- riuscì a chiedere al piccolo.
 
-Siamo venuti a prenderti per andare a pranzo insieme!!!- esclamò il figlio allargando le braccia per poi gettarsi di nuovo su di lei.
 
A quella risposta, non riuscì ad evitare di guardare in viso Taichi, per capire se era vero, non ci poteva davvero credere.
Lui la stava tranquillamente fissando dritta nei suoi occhi mielati, annuendo poi con la testa.
Dopo essersi persa in quello sguardo nocciola, cercò di riprendersi e si rivolse ancora al figlio:
 
-Come mi hai trovata?Non mi dire che ieri hai memorizzato l’indirizzo.
 
Annuì, tutto contento e fiero:
 
-Io non dimentico mai dove va la mia mamma!
 
Era così dolce, lei lo amava con tutta sè stessa e non potè evitare di coccolarselo un pò per quello che aveva detto.
Ma aveva di fronte a sè l’altro uomo che amava, e ancora non credeva a tutto ciò, così cercò di chiedere conferma in un modo:
 
-Ma, ecco, non dovevate disturbarvi, sarei tornata a casa... noi possiamo vederci stasera, tesoro..- disse infine guardando il suo piccolo.
 
Ancor prima che quest’ultimo potesse lamentarsi, arrivò la risposta del padre:
 
-Shinichi ci tiene molto, abbiamo anche deciso dove andare, seguimi, la mia macchina è laggiù.
 
Era davvero convinta di aver capito male.
Quasi che si sarebbe aspettata un’altra risposta, che appoggiasse la sua idea, prendesse suo figlio e la lasciasse tornare a casa.
Invece parlò proprio come se ormai era tutto deciso, come se lei non avesse altra alternativa.
Quando lo vide avanzare e farle cenno di seguirlo, quasi che voleva svenire.
Ma si rese conto di star esagerando.
Lo stava facendo per Shinichi.
“ci tiene molto”.
Suo figlio sicuramente aveva chiesto di lei.
Non potè far altro che seguirlo ma dentro la sua testa iniziò quasi una battaglia per capire come doveva comportarsi.
Non aveva alcuna dritta.
Ma proprio in quel momento doveva capitare?
Era già confusa per tutto quello che era successo, non era pronta ad affrontare un enigmatico pranzo con lui.
Ma per il figlio, alla fine, avrebbe fatto questo ed altro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Sora era ancora più stupita.
Taichi li aveva portati proprio lì, in un piccolo ristorante/pub dove andavano spesso quando stavano insieme.
Insomma, perchè?
Quel luogo era pieno di ricordi.
Mai avrebbe pensato che la potesse portare proprio lì.
Già si sentiva a disagio, in più lui rendeva ancora più enigmatica la situazione.
Ma dovette sospendere anche questo pensiero, poichè era arrivata l’ora di sedersi.
Gli riservarono un piccolo tavolo quadrato, accanto alla vetrata.
Shinichi si mise al fianco della madre, mentre Taichi di fronte a lei.
Quest’ultimo notò l’imbarazzo della bella ragazza, per non parlare del suo disagio.
Anche lui non si sentiva poi così sereno, ma cercò di dominarsi.
Sora si concentrò sul loro bambino, dicendogli di sedere composto e di non giocare come al suo solito con le posate.
Lo aiutarono a scegliere cosa mangiare, poi , di nuovo Taichi si rivolse a lei, stavolta facendo finta di leggere il menù:
 
-Prendi il solito?
 
Lei lo guardò abbastanza allibita, è vero, quando andavano lì prendevano sempre le stesse cose e la sua domanda le fece capire prima di tutto che quel locale non era cambiato in quegli anni, e seconda cosa che lui non aveva dimenticato per niente i suoi gusti.
Sentì di nuovo rimbombare il cuore, ma era inevitabile, ogni forma di contatto con lui la emozionava come la prima volta.
Si decise a rispondere con un semplice “si”, fino a che non arrivò la cameriera, una donna sulla quarantina che conosceva bene i due ragazzi.
Dalla faccia di Taichi, Sora potè intuire che non si aspettava di trovarsela proprio lì, e sembrò alquanto scocciato.
E come non dargli torto?
Appena riconobbe la giovane Takenouchi, cominciò subito a chiederle che fine avesse fatto, per poi chiedere ad entrambi come mai si trovassero di nuovo lì dopo tanto tempo.
E infine notò il bambino e la sua straordinaria somiglianza con entrambi.
E lì non si trattenne:
 
-Non ditemi che questo bellissimo fanciullo è vostro figlio! Non ci posso credere!
 
Sora rimase in silenzio, e ,per la prima volta ,guardò il giovane davanti a lei come se gli volesse chiedere un grande aiuto.
Il bello è che le rivolse lo stesso sguardo, entrambi non avevano intenzione di risponderle, quella donna era davvero una pettegola.
 
-Ma questa è davvero una splendida notizia! Ma è grande questo bambino! Possibile che non sapevamo niente?! Tua madre, Taichi, non mi ha detto nulla! Ma quanti anni ha?!!!
 
L’interessato cercò di deviare dicendole che era una storia lunga e che volevano ordinare e, dopo averlo fatto, la donna non si arrese e ,siccome vedeva l’impassibilità dei genitori, si rivolse direttamente al bambino:
 
-Allora, piccolo, quanti anni hai??!
 
I due ragazzi guardarono entrambi Shinichi, essendo certi che, per educazione, rispondesse alla signora.
Il piccolo, prima guardò i suoi genitori, poi pose di nuovo attenzione sulla donna.
Aveva notato che non avevano voglia di parlare con lei, così disse:
 
-Mia zia Harumi dice sempre: “chi si fa i fatti suoi, campa cent’anni! Chi si fa i fatti miei, va in ospedale!”
 
Sora sgranò gli occhi a quella risposta scortese e impallidì, chiedendosi quando mai sua zia avesse detto una cosa del genere a suo figlio.
Ma il suo stupore e la sua vergogna quasi fu soffocata dalla risata di colui che aveva di fronte.
Taichi era scoppiato a ridere per quella risposta pronta, che aveva totalmente spiazzato la cameriera.
La ragazza dai capelli ramati venne spontaneo guardarlo storto, con una palese espressione che voleva dire :” ma che stai facendo?!”.
Taichi, ricevendo il messaggio, si fermò, e cominciò a schiarirsi la voce.
Guardando il figlio, poi, disse:
 
-Shinichi, chiedi subito scusa! Non si risponde così.
 
Dopo aver obbedito, la donna si decise di continuare il suo lavoro.
Sora si mise di nuovo la mano in fronte, guardando il piccolo al suo fianco:
 
-Ma ti pare il modo? Quando sentirò Harumi gliene dirò di tutti i colori...
 
 -Ma mamma!
 
A Taichi veniva ancora da ridere, quanto era buffo! E sveglio!
A suo parere, aveva davvero fatto bene.
E poi, era riuscito nell’intento, ossia zittirla e mandarla via.
Doveva ammettere, però, che questa sfacciataggine l’aveva presa proprio da lui.
E fu quello che pensò anche Sora ma che non disse, ovviamente.
Arrivarono le pietanze, così iniziarono a mangiare.
Come al suo solito, la giovane mangiava lentamente, anche perchè le tornarono dei ragionamenti sul lavoro in testa.
Come se Taichi avesse intuito cosa stesse facendo, avanzò delle domande, anche per chiacchierare e per non creare una situazione di disagio col bambino.
 
-Allora... come è andata stamattina?
 
Inutile dire l’altro colpo che le venne non appena il castano le rivolse la domanda.
In tutto quel tempo, forse quello sarebbe stato il primo giorno in cui potevano avere una conversazione normale.
Notò che pure il figlio la guardava interessato, anche lui voleva sapere.
Si sentiva così al centro delle loro attenzioni e ciò non la faceva star bene, anzi, non era più abituata.
 
-Emh.. insomma.. ci sto lavorando.- cercò di chiuderla in maniera veloce, facendo finta di fare un boccone, in realtà neanche quel giorno aveva fame.
 
-Non è andata?- insistette Taichi, mentre faceva un sorso d’acqua.
 
Lei lo guardò, non riusciva a capire se fosse effettivamente interessato oppure lo faceva per alleviare la situazione.
Nel dubbio, cercò di non rimanere zitta:
 
-No cioè... in realtà molti cercano... solo che io cerco un lavoro part time o qualcuno che mi offra l’occasione di gestire le ore come voglio..
 
Notò il ragazzo fermarsi nel bere, stava ragionando.
Aveva capito che voleva lasciarsi il tempo da dedicare a Shinichi e questa cosa spiegò molto anche la lentezza delle sue ricerche.
Era difficile trovare qualcosa part-time.
 
-Il primo di stamattina...-continuò prestando attenzione al suo piatto-.. voleva che lavorassi tutto il giorno, dalle 8:30 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 18:30. Data la sua posizione, dovrei fare sempre pranzo fuori casa e tornerei la sera per cena.
Sora evitò di dire che uno dei suoi problemi nelle sue ricerche era anche la mancanza di un mezzo di trasporto, già le era pesato ammettere che cercava un lavoro part-time.
Taichi seguiva per filo per segno il suo discorso, come anche il bambino.
 
-L’ultimo ,alla Tashibi, anche mi vorrebbe full time, ma mi permette di gestire le ore e di fare un orario continuato per poter staccare alle 15:00. Però...
 
Sora si fermò, ripensando al probabile futuro capo reparto e alle sue manie da maniaco.
Lei non era di certo un tipo da riuscir a reggere tutti quei gesti, si sentiva a disagio con qualsiasi cosa.
 
-..però, ecco, devo vedere... finisco i colloqui e poi decido...
 
Fece intendere chiaramente che, se sarebbe stato necessario, avrebbe accettato anche tutto ciò.
La fanciulla non sapeva di essere stata vista dai suoi due ometti e che in realtà Taichi sapeva di quel capo schifoso che aveva osato sfiorarla.
Notò lo sguardo di Shinichi, evidente segno di incitazione verso il papà.
Dopo aver recepito il messaggio da parte del figlio, Taichi posò il bicchiere e disse deciso:
 
-Evita la Tashibi, troverai di meglio.
 
Lei alzò lo sguardo, davvero confusa:
 
-Perchè? La conosci?
 
A pensarci, quella cosa gli aveva dato davvero fastidio.
Se fosse stato più vicino, pensò che un pugno glielo avrebbe lanciato volentieri.
La sola immagine di quell’uomo che la sfiorava gli faceva bollire il sangue, per non parlare di un ipotetico pensiero di lei che lavora al fianco di un individuo del genere.
Nessuno doveva importunarla, nessuno si doveva permettere di sfiorarla.
 
-No...-disse infine deciso-...ma non sopporto il proprietario... lo prenderei a pugni.
 
Sora sgranò gli occhi, cercando di capire il perchè.
Possibile che l’avesse vista e avesse questa rabbia per lei?
No, non poteva essere. Di sicuro lo aveva conosciuto in altre occasioni, in fondo lui era entrato in contatto con numerose aziende.
 
-Neanche a me piace, mamma!
 
Entrambi i genitori si voltarono verso il loro bambino, che aveva la forchetta con tanto di boccone alzata in su.
 
-E poi quell’edificio ha troppi vetri! E se decidessero di farteli pulire? Non torneresti più a casa!
 
Sora non sapeva se ridere, ma quell’incertezza scomparve sentendo di nuovo Taichi immerso in una risata.
Risero insieme, per poi vedere il giovane Yagami dare il cinque al figlio, in segno di vittoria sulla questione.
La ragazza guardò allibita entrambi, sembravano davvero conoscersi da una vita.
Avevano un’affinità incredibile, e questo solo in due settimane.
Non poteva che esserne felice.
 
-E ora finisci di mangiare, Shinichi. Lo sai qual è la regola no?
 
La giovane dagli occhi miele era un pò confusa, se ne stavano inventando di tutti i colori.
 
-Certo papà, non ci si alza da tavola finchè i piatti non sono tutti puliti!
 
-Esatto.- confermò il padre per poi prestare attenzione alla bellissima ragazza che aveva davanti.- E se tua madre non si sbriga, credo che staremo qui fino all’ora di cena.
 
Il bambino rise e gli diede ragione.
Lei era ancora scossa da tutte le scene a cui stava assistendo.
Scene davvero belle, di complicità e affetto.
Si rese anche conto che vi era un messaggio nascosto da entrambi, quei due si erano coalizzati per farla finire di mangiare.
Fosse stata una situazione leggermente diversa, avrebbe risposto ad entrambi.
Ma ancora aveva paura a scherzare assieme a lui.
Non si sentiva assolutamente pronta a cercare di nuovo la complicità di un tempo.
 
 
 
 
 
 
 
NOTA DELL’AUTRICE
Ovviamente, i nomi delle aziende sono inventati, come anche quelli delle vie!
Volevo ringraziare chi mi sta seguendo e incitando, mi ha fatto davvero piacere leggere i vostri commenti! ( e ritrovare vecchi fan, davvero ne sono felice!)
Volevo chiedervi una cosa, vi sembrano troppo lunghi questi capitoli? Preferite che li spezzi in più parti la prossima volta?
A volte potrebbe risultare faticoso leggere una cosa così lunga, ditemi voi come preferite!
Con la speranza di ritrovarvi anche nei prossimi capitoli, vi saluto!
Alla prossima cari!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


 
 
Era una settimana che Taichi non riusciva a prendere sonno.
Dormiva male.
A volte sentiva caldo.
A volte aveva troppi pensieri nella testa.
Ce ne era uno in particolare che lo tormentava.
Cercava di scacciarlo in ogni modo dalla sua testa ma, puntualmente, tornava lì, in prima linea.
Era davvero preoccupato.
Ogni volta gli appariva di fronte la scena di quell’uomo che la importunava.
Ed era davvero una cosa che lo faceva innervosire.
In generale, non sopportava che le donne venissero infastidite con certi gesti.
Se poi aggiungevi che la vittima era la madre di suo figlio, proprio non gli andava giù.
Tutto questo lo aveva portato a mobilitarsi.
Sora era stata chiara, se non riusciva a trovare nulla di meglio, la sua scelta sarebbe caduta sulla Tashibi.
E per niente al mondo l’avrebbe lasciata lavorare in un luogo del genere.
In quegli anni era entrato in contatto con numerose aziende, uno degli aspetti positivi delle università prestigiose e a numero chiuso.
Effettivamente, doveva ringraziare Sora e Yamato per questo: la prima per averlo aiutato a raggiungere un livello tale da passare i test, il secondo per averlo convinto a svolgerla, nonostante la distruzione del suo cuore.
Fatto sta che , in uno degli incontri con le aziende maggiori, aveva conosciuto e fatto amicizia anche con esponenti del settore di Sora, ossia quello dell’ingegneria civile.
Gli venne subito in mente Benji Keritomo, con cui aveva riso e scherzato una sera intera.
Mesi prima gli aveva detto che cercava qualche dipendente che fosse all’altezza dei suoi uffici, qualcuno che avesse già un pò di esperienza nel settore.
Alla fine Sora aveva lavorato durante gli studi, e ciò glielo aveva confidato una volta suo figlio.
Decise di chiamarlo, sperando con tutto se stesso che quell’uomo cercasse ancora nuovi dipendenti, e per una volta ebbe fortuna.
Dopo la conferma, Taichi spiegò a Keritomo che conosceva una ragazza che potesse essere interessata a quel posto.
Ovviamente, al signor Benji serviva un curriculum e aveva anche espresso il desiderio di contattarla per un colloquio, per parlarle di persona ed esaminare, così, tutte le sue caratteristiche.
Un’altra cosa positiva di questa azienda scovata da Taichi, si basava sul fatto che essa non risultava troppo lontana dalla casa di Sora, e che fosse raggiungebile comodamente attraverso la metro.
Taichi era consapevole anche che la Keritomo’s Agency non risultava sicuramente nella lista delle aziende trovate dalla fanciulla, questo perchè Benji non aveva mai messo effettivamente degli annunci online, era davvero un tipo strano.
Dunque, ormai era fatta, si era accertato che il capo dell’azienda accettasse un eventuale incontro, ma ora il giovane Yagami doveva fare l’ultimo passo: doveva riferire tutto ciò a Sora, e ,anche se poteva sembrare lo step più facile, in realtà non lo era.
Aveva innanzitutto paura di far la figura dell’impiccione, non sapeva se poteva effettivamente apprezzarlo come gesto oppure vederlo sotto un altro punto di vista, come, per esempio, intendere implicitamente che fosse incapace di trovare un lavoro da sola.
Ma lui mai avrebbe pensato una cosa del genere, anzi.
Sapeva delle sue capacità, e tutti quei colloqui fatti finora dimostravano quanto potesse valere.
La disoccupazione momentanea di Sora era dovuta alla sua idea di non voler sacrificare il tempo che avrebbe voluto passare con suo figlio, e questo Taichi lo aveva capito.
Alla fine disse a sè stesso che doveva rischiare, nel caso avrebbe cercato di chiarirsi.
 
Erano al solito pranzo di famiglia della Domenica.
Avevano appena finito di pranzare e, come sempre, Sora era l’addetta a lavaggio dei piatti.
In realtà, era da sempre stata abituata a fare così, ad aiutare la madre nel pulire la cucina e nel liberare la tavola appena pranzato.
E, come ormai si era abituata, lavava i piatti in silenzio, mentre i nonni e gli zii strapazzavano suo figlio.
Quel giorno c’era anche lo zio Takeru, che si divertiva ad abbracciarlo e fargli fare l’aereoplano.
Hikari rideva divertita alla scena, si erano affezionati anche loro a quel piccolo tesoro.
Rispetto a tutti i pranzi passati, qualcosa era cambiato.
Taichi osservava senza problemi Sora affaccendarsi a sistemare la cucina e a fare tutto il resto.
Aveva cominciato anche a salutarla quando arrivava a casa Takenouchi per le riunioni familiari.
Per il resto, ossia nei giorni in cui veniva a prender il figlio per trascorrere il tempo con lui, la ragazza aveva da sempre rispettato i patti : non si faceva mai trovare la mattina, e neanche la sera quando Taichi riportava a casa la loro creatura.
Toshiko aveva notato da circa una settimana che, a volte, l’attenzione di Taichi ricadeva sulla porta della camera della figlia, dove lei si rifugiava sempre.
La verità era che Sora aveva messo in pratica tutto ciò che le era stato ordinato.
Anche il fatto di non darsi troppa importanza.
Dopo aver pranzato da sola con Shinichi e l’uomo che amava in quel ristorante, quasi che le si accese un pizzico di speranza, ma lo spense presto ripensando alle parole delle settimane prima di sua madre e anche di lui.
Quel pranzo non significava nulla per loro due, era stato fatto unicamente per il bene di Shinichi.
La questione l’aveva chiusa li, non voleva illudersi.
Per questo continuò ad obbedire a quelle leggi implicite della casa.
Quello che non sapeva, era che Taichi aveva rivalutato quel pranzo.
Era stata un’occasione per stare solo con la sua vera famiglia, inoltre vedere Shinichi così felice gli aveva fatto provare delle sensazioni indescrivibili.
Sora continuò, però, ad eseguire e rispettare queste leggi anche nelle riunioni familiari.
Puntualmente, infatti, ogni volta che finiva di lavare i piatti, se ne andava in camera sua.
Ormai si era abituata, riusciva a reggere meglio quella situazione che prima sembrava molto più pesante.
Ad alleggerirla , in realtà, fu un insieme di cambiamenti.
Il primo interessava sua madre: Toshiko non reggeva più quella situazione di freddezza e non riusciva più a nascondere la felicità interiore che aveva da sempre provato nel riaverla a casa.
Ormai pranzavano e cenavano sempre insieme e Sora si accorse che i loro dialoghi si facevano sempre più ampi.
Sua madre si dimostrò molto interessata nelle sue ricerche lavorative e ,a volte, era anche emersa della preoccupazione nei confronti della figlia nel vederla stanca e un pò triste.
Ovviamente, ancora si frenava in certe cose, ma vederla così interessata riscaldava un poco il cuore della giovane figlia.
Il secondo riguardava la famiglia Yagami.
In realtà, i genitori di Taichi non le avevano mai detto nulla di male da quando era tornata ad Odaiba, anzi, le avevano sempre sorriso.
Negli ultimi giorni, si interessarono anche loro alla sua vita, facendole delle domande sulla sua giornata o semplicemente raccontando qualche scena buffa di Shinichi.
Anche quì, i dialoghi non duravano molto, ma stavano davvero migliorando.
E poi c’era lei, la dolce Hikari, che a volte si proponeva anche di aiutarla nel lavare i piatti.
Come i suoi genitori, anche lei dal primo giorno in cui conobbe la verità, non smise di sorridere alla bella ragazza.
Era vero che a volte si trovava nel dubbio per come comportarsi, questo perchè non sapeva cosa ne pensava il suo amato fratello.
Non poteva nascondere di essere stata arrabbiata con lei negli anni passati, aveva ferito il suo amato Taichi, lo aveva lacerato come aveva spaccato il cuore anche a lei stessa, ma vederla tornare con il loro bambino le aveva lasciato una sensazione strana dentro.
Come per il fratello, anche per Hikari Sora era da sempre stata essenziale per la sua vita, erano cresciute insieme e l’aveva sempre protetta.
E la giovane Takenouchi  aveva amato la sua piccola sorella acquisita fin dalla sua nascita, e vederla approcciare con lei o semplicemente cercare di aiutarla, le metteva il sorriso in viso oltre che le colmava in parte il vuoto che aveva nel cuore.
 
Quel giorno, Taichi si era deciso di parlare a Sora di quel lavoro.
In quel momento, il bel giovane si trovava seduto sul divano, al fianco del figlio, e più volte aveva gettato delle occhiate verso la neo-mamma.
Dopo che incitò se stesso almeno dieci volte, prese il bicchiere da dove il piccolo Shinichi aveva mangiato il gelato e lo portò nel retro cucina.
Sua sorella lo intravide con la coda dell’occhio e cercò di seguire tutta la scena.
Arrivò, così, in cucina e notò che Sora aveva quasi finito di lavare tutti i piatti.
Quando la bella fanciulla lo intravide, il suo cuore aumentò all’improvviso il battito.
Le capitava sempre così, alla sua vista il cuore cominciava a correre all’impazzata e lei non poteva far niente, solo evitare di farlo notare.
Il giovane dalla chioma castana, che quel giorno indossava una semplice maglia bianca che gli risaltava sia il bel fisico che l’abbronzatura del suo corpo, le porse il bicchiere.
Lei rispose solo con un sorriso, prendendolo senza esitazione, per poi riconcentrarsi nel finire il suo lavoro.
Notò con la coda dell’occhio ,però, che Taichi era rimasto fermo, lì di fianco.
Così, gli prestò di nuovo attenzione, chiedendosi come mai non se ne tornava in salone.
Lo vide grattarsi il capo, come faceva anche suo figlio.
Erano sempre più uguali, sia fisicamente che nei modi.
 
-Ecco, volevo parlarti...
 
Quasi che Sora sentì il cuore andarle in gola.
Le cominciò a salire l’ansia, non capendo cosa potesse essere.
Non era mai più andato da lei con il solo scopo di parlarle, il pranzo era stata una situazione a parte, ora le stava dicendo che voleva parlare, solo con lei.
Taichi osservò che era rimasta immobile, quasi pallida, con le mani sotto l’acqua fredda del rubinetto.
Si affrettò a specificarsi, capendo che forse stava andando nella direzione sbagliata:
 
-Conosco una persona che cerca una dipendente nella sua azienda e, visto che mi hai detto che cercavi, ho pensato di dirtelo... non è neanche lontano da qui, ed è disponibile per un colloquio... ho anche il suo numero e indirizzo, se ti interessa.
 
Dopo aver compreso e assemblato tutte le informazioni contenute in quella piccola sentenza, Sora chiuse il rubinetto, lasciando insaponati ancora quattro bicchieri.
Si asciugò velocemente le mani e , nel frattempo, Taichi quasi pensò che fosse la volta buona che si arrabbiasse con lui per il suo fastidioso interessamento.
 
-Puoi fornirmi tutti questi dati anche ora? Ovviamente chiamerei domani, che è Lunedì.
 
Capì che si era fatto troppi film mentali, che quasi avesse apprezzato quel gesto:
 
-Certo, posso anche mostrarti la strada col computer.
 
Lei annuì e gli fece capire che potevano usare il computer della sua camera.
Era così disperata che in quel momento quasi lo volesse abbracciare per ringraziarlo dell’interessamento.
Gli disse di precederla e di andare in camera sua, che lei doveva andare ad attivare il modem per navigare in internet, posto nel salone, vicino al telefono.
Obbedì, senza pensare agli occhi indiscreti di tutta la famiglia verso i due.
Entrò nella sua camera, ordinata e precisa come i vecchi tempi.
Nulla era cambiato, neanche la posizione del quadretto che ritraeva loro due negli anni precedenti.
Era la prima cosa che notò ma pensò,poi, di far finta di nulla.
Si sedette davanti al computer, che era già acceso.
Notò dei fogli scritti sopra a quella stessa scrivania, ma l’occhio gli cadde su uno di essi,pieno di conti.
Cercò di studiarlo velocemente, vi erano dei numeri e ,a loro fianco,per ognuno di essi, una scritta.
Poteva benissimo leggere le parole “scuola materna”, “affitto”, “bollette”, “fondo Shinichi”,”alimentari quotidiani”.
Mettendo assieme un pò di idee, concluse che quelli erano i conti che stava facendo con un ipotetico stipendio.
Sopra vi era cerchiato la parola “fulltime riorganizzato” con una specie di “v” a fianco di quella scritta per indicare che la scelta ricadeva su quella colonna.
Sora aveva più o meno fatto i conti delle spese mensili ,tenendo conto di uno stipendio recepito per otto ore di lavoro.
Sicuramente, la frase “Full time riorganizzato” alludeva proprio quello, di gestire le otto ore lavorative come voleva lei.
Da quel valore andava a togliere tutte le somme relative alle altre parole.
Le cifre più alte erano quelle relative alle voci “fondo Shinichi” e “affitto”.
Probabilmente, come “fondo” intendeva i soldi da mettere da parte per il futuro del bambino, e aveva intenzione di lasciarnegliene davvero tanti.
Alla fine di quel conto restava poco niente, ossia non aveva mai tenuto conto delle esigenze o svaghi per lei.
Non si sarebbe tenuta niente per se stessa, il tutto andava a lui, suo figlio.
Quasi che si agitò ancor di più pensando ,poi, anche alla parola “affitto”.
Aveva davvero intenzione di andarsene dalla casa della madre?
I suoi ragionamenti si dovettero fermare quando sentì aprire la porta.
Fece finta di non aver letto niente, anche se ormai quel foglio gli era entrato nella mente.
Sora, facendo finta di nulla, tolse tutte quelle carte scritte e indicò a Taichi il segnale sullo schermo del computer, segno che potevano, così, accedere ad internet.
Successivamente, il ragazzo le indicò, attraverso la mappa satellitare, come raggiungere l’azienda e la giovane madre capì tutto al volo.
Poi, si fece lasciare il numero di Benji e Taichi le spiegò che poteva chiamarlo in qualsiasi ora della giornata.
Una volta concluso, Sora lo ringraziò nuovamente e si sedette a bordo del letto, sospirando involontariamente.
Il bel giovane pensò che quel foglio di poco prima era un’ulteriore conferma dei suoi sospetti, ossia che la bella Takenouchi stava pensando davvero di andare alla Tashibi.
Questo scatenò dentro di lui una grande ansia, così da farlo sudare, vederla là dentro era davvero l’ultima cosa che voleva.
 
-Vedrai, che ce la farai.- disse all’improvviso, attirando la sua attenzione.
 
Lo fissò coi suoi occhi abbastanza stanchi, cercando di accennare ad un sorriso che, però, gli morì in bocca.
Poi, cominciò a pensare che lui forse si stava preoccupando per lei, e il fatto che la stesse incitando a non mollare la emozionò e non poco.
Cercò di nascondere gli occhi lucidi, era davvero difficile, ogni giorno correva e si impegnava per trovare nuovi annunci.
E la notte sognava un futuro in cui lei non era in grado di proteggere e garantire un futuro al figlio.
Realizzò solo dopo che ,in tutto quel tempo, loro due erano rimasti soli, in quella stanza, in cui non stava più regnando il disagio, ma si stava creando un’atmosfera di tranquillità.
Taichi non sapeva se alzarsi dalla sedia e andarsene, forse perchè ,in realtà, non voleva farlo.
Sora si pensò di ringraziarlo di nuovo ma, ancor prima di aprir bocca, entrò correndo loro figlio, che si buttò sulle gambe del papà.
Quest’ultimo si voltò un secondo verso la direzione da cui era entrato, vedendo sullo sfondo sua sorella alzare le spalle: non era riuscita a trattenerlo.
Girandosi, incrociò il sorriso di Sora, leggermente divertita da quell’entrata in scena.                                             
 
-Papà!!! Mamma! Perchè non mi avete chiamato! Io anche voglio stare con voi!!
 
Taichi lo guardò abbastanza perplesso, Sora si affrettò a rispondergli, non spostandosi dal letto:
 
-Il tuo papà ha aiutato la mamma a trovare altri annunci di lavoro, tesoro.
 
Shinichi, alla notizia, allargò la bocca in un sorriso, e abbracciò di più il papà.
Il giovane Yagami guardò la madre che gli sorrideva grata, era quello il suo ringraziamento.
 
-Papà!! Sei il migliore! Così la mamma non lavorerà in quel posto brutto, con tanti vetri e quell’uom....
 
Ma Taichi fu pronto a fermarlo prima che potesse dire qualcosa di compromettente, prendendolo in braccio e mettendolo a testa in giù:
 
-Ah Shinichi! Mi assomigli troppo!- esclamò ridendo e portandolo fuori dalla camera di Sora.
 
Quest’ultima non capì molto la scena a cui aveva assistito, ma sorrise apertamente quando uscirono dalla sua stanza.
Quanto erano belli insieme.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Erano passate altre due settimane.
Era sempre più caldo ad Odaiba e la gente cominciava a migrare verso le rive marittime per un pò di sollievo.
Durante tutti quei giorni, Sora era riuscita ad avere un colloquio con il signor Benji Keritomo, ed era andato bene.
Il capo dell’azienda specificò alla ragazza che in realtà esigeva anche una minima esperienza e un’ottima conoscneza dell’inglese.
Su quest’ultima non poteva aver dubbi, aveva vissuto sei anni in California ed effettuato tutti gli esami in inglese, ormai era la sua seconda lingua.
Ciò costituì un ulteriore vantaggio.
Per quanto riguardava l’esperienza lavorativa, Sora affrontò a testa alta anche quella: Keritomo la mise alla prova, facendola cimentare dai lavori più semplici a quelli più complicati.
Taichi le aveva accennato che era un tipo molto buono ma esigente, ma lei era determinata, tanto che, alla fine, Sora ottenne finalmente ciò che voleva.
Benji le propose un contratto a tutti gli effetti, ma da Settembre, dopo le ferie.
Nel frattempo, per quel mese e mezzo, avrebbe fatto una specie di stage, così per prepararla al meglio e inserirla effettivamente nell’azienda.
Il signor Keritomo le aveva dato, inoltre, la possibilità di gestire il tempo, eseguendo un’orario continuato dalle 7:00 alle 15:00 o ,comunque, distrinuendo le otto ore lavorative come meglio voleva, iniziando anche un’ora prima.
Per Sora tutto ciò era perfetto, avrebbe preso uno stipendio pieno.
Certo, la mattina avrebbe avuto bisogno di Taichi per accompagnare Shinichi alla scuola materna, ma su questo si era dimostrato da sempre disponibile.
Poteva davvero dire che tutto ciò era merito suo, dell’uomo che amava con tutta se stessa.
E quel gesto poteva solo incrementare il sentimento che provava da sempre per lui.
Dunque, Sora ora era impegnata nello stage, che però, per il momento, era solo part time.
Partiva la mattina e tornava per l’ora di pranzo, solo occasionalmente era capitato che restasse anche il pomeriggio, ma tanto Shinichi era con Taichi tutto il giorno.
Quindi era rimasto solo da sistemare alcune cose, di organizzarsi per il meglio e di abituarsi.
L’unica pecca in tutto ciò che la preoccupava era che, quando sarebbe andata a vivere da sola, in un appartamento in affitto, Shinichi non avrebbe potuto dormire con lei.
Se doveva andare a lavoro per le Sette, significava che doveva partire prima, non lo poteva lasciar solo.
Doveva cosi inevitabilmente dormire col padre.
Oppure avrebbe dovuto trovare un altro modo, mettendosi d’accordo con Taichi sul fatto che il week end Shinichi potesse restare a dormire da lei e durante la settimana da lui.
Era abbastanza complicata come situazione, ma prima di Ottobre non avrebbe potuto affittare nulla,sia per una questione di accumulo di soldi, sia per il fatto che ora non aveva trovato nulla, quindi pensò che poteva aver tempo per elaborare altre soluzioni.
 
Quel Venerdì sera, Sora si trovava davanti al suo computer, a leggere articoli riguardanti il risparmio energetico.
Voleva tenersi informata, voleva far vedere a Benji di meritarsi quel posto, quindi ogni sera, mentre aspettava il ritorno del figlio, cercava aggiornamenti o articoli inerenti al suo settore.
Mentre sfogliava le pagine digitali di ciò che stava leggendo, per non si sa quale motivo, le ritornò in mente la scena di quasi due settimane prima.
Doveva andare a fare il colloquio di lavoro dal signor Hakitomo e ,mentre si preparava, come al suo solito, poi chiedeva un parere al figlio.
Era sempre stato un modo per renderlo partecipe, oltre al fatto che a volte si divertiva a sentire i suoi commenti innocenti.
Quasi che aveva optato per lo stesso abbigliamento quasi professionale della volta della Tashibi, ma, quando cominciò a provarsi di nuovo le stesse cose, Shinichi la fermò:
 
-No, mamma! Così no!
 
Aveva inizialmente riso, poi, curiosa, gli chiese cosa non gli piacesse.
 
-No no, mi piace, sei davvero bella così! Però papà non vuole!
 
A quella risposta, Sora divenne confusa:
 
-Scusa, ma come fai a saperlo? Mica è qui!
 
Scosse la testa, scompigliandosi ulteriormente la sua folta chioma:
 
-No me lo ha detto l’altra volta! Ha detto che eri troppo bella e di non farti più conciare così se no poi qualcuno ti porta via!
 
Ricordò il rossore che le pervase tutto il viso.
Pensò che suo figlio stesse esagerando, ma Shinichi era davvero sincero e poteva anche credere che gli fosse sfuggito qualcosa che non doveva dire.
Ricordò il cuore batterle all’impazzata e il suo immediato cambio d’abito con qualcosa di più semplice abbinato ad un leggerissimo trucco.
Cercò di pensare per l’ennesima volta di non farsi idee sbagliate, che tanto poi avrebbe ricevuto una delusione e si promise di non ripensare a quelle cose dette da Shinichi.
Ma ogni tanto riaffioravano alla mente, chissà, forse perchè ormai era arrivata l’ora in cui Taichi doveva riportare il figlio a casa.
Ed infatti, poco dopo, sentì il campanello suonare, dovevano essere loro.
Udì la madre salutarli e la voce squillante del suo bambino.
Sorrise all’idea che tra qualche minuto avrebbe rivisto il figlio.
Dall’altra parte, all’entrata, Taichi salutò cortesemente la signora Takenouchi, la quale subito chiese al nipote cosa avesse fatto di bello quel giorno.
Mentre il piccolo le rispondeva, notò ancora una volta il ragazzo castano fissare la camera di Sora, puntualmente chiusa.
Toshiko notò l’espressione mista tra il serio e una leggera malinconia.
Dopo qualche minuto, si voltò verso suo figlio e la bella donna dai capelli raccolti e color castano scuro.
 
-Toshiko, devo parlare con Sora, puoi tenerlo un attimo?- disse riferendosi al bambino.
 
L’interessata cercò di rispondere in maniera serena, ma non riuscì a nascondere quel piccolo stato di shock che provò sentendo quelle parole.
Taichi si diresse con apparente calma verso la stanza della ragazza e, prendendo fiato, alla fine bussò.
Sora, che era con le spalle verso la porta, si tolse gli occhiali da riposo e si girò con la sedia invitando ad entrare.
Si aspettava decisamente di trovare la madre così, quando apparì lui, si sentì quasi morire.
Se avesse avuto il cuore debole, non avrebbe di sicuro retto quel forte colpo che ricevette per la sorpresa.
Ci fu il solito attimo di silenzio, mentre lui entrava e accostava la porta dietro di sè.
Lei era alquanto imbarazzata, non si aspettava di certo una sua visita e lo si poteva benissimo capire dal fatto che indossasse già la sua vestaglia da notte che consisteva in un vestitino semplice e bianco.
 
-...scusa ,io non sapevo...- cercò di giustificarsi la fanciulla,alzandosi in piedi e vergognandosi di come stava messa in quel momento.
 
-No, figurati, è colpa mia... è che volevo solo dirti che domani volevo portare Shinichi ad un parco divertimenti che è ad un’ora di distanza da quì.
 
Susseguì un altro momento in cui Sora cercò di asscociare la sua entrata in camera con ciò che le stava dicendo.
Di solito queste cose le mandava dette da sua madre, non riusciva a capire perchè ci teneva tanto a dirglielo lui di persona.
Cercò comunque di rispondere, sempre per evitare la pesantezza della situazione:
 
-Ah, si, va bene. A che ora lo passi a prendere? Così da fartelo trovare pronto quando arrivi.
 
Vide di nuovo lui grattarsi la sua folta chioma,segno che era in difficoltà, ma Sora proprio non riusciva a capirlo in quel momento.
 
-Alle nove, il parco apre alle dieci...
 
-Ah ok, perfetto. Serve anche un costume per i giochi d’acqua?
 
Si limitò ad annuire, così la bella Takenouchi pensò che avessero finito la conversazione, ma in realtà sembro che lui non volesse muoversi.
Cercò qualcos’altro da dire e, quando lo trovò, fu preceduta da Taichi:
 
-In realtà volevo chiederti se ti va di venire con noi, Shinichi ne sarebbe felice...
 
Ora si che Sora si stava chiedendo se stesse sognando.
Aveva davvero voglia di darsi un pizzicotto, ma ,se fosse stata la realtà, l’avrebbe vista di sicuro.
La stava invitando ad andare con loro.
Lui stava invitando lei.
Si rese conto ,successivamente, che probabilmente era diventata rossa in viso, così ,per cercare di farlo notare di meno, si affrettò a rispondere:
 
-Certo, volentieri, perchè no...
 
Lo vide sorridere, quel suo bel sorriso che poteva farla svenire da un istante all’altro.
 
-Bene, allora passo alle nove domattina.- fece , infine, il resoconto aprendo la porta alle sue spalle e inizando ad uscire con qualche passo all’indietro.
La bella ramata annuì, sorridendo a sua volta.
La salutò definitivamente, per poi andarsene dopo aver salutato nuovamente Toshiko e Shinichi.
Sora lo aveva seguito con lo sguardo dalla soglia della sua porta fino a che non sparì.
La testa le pulsava e le guancie scottavano.
Nenche quando erano adolescenti i suoi inviti le facevano questo effetto.
Notò sullo sfondo lo sguardo stupito di Toshiko, diretto proprio su di lei e, sentendosi un pò sotto pressione, ritornò dentro la sua camera e si sedette sul letto.
Poteva sembrare una sciocchezza.
Minimo lo aveva fatto solo per il figlio, come quel pranzo ormai passato.
Ma lei si sentiva stranamente felice.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La mattina dopo, la giovane famiglia partì, come era stato organizzato.
Taichi ,fin dall’inizio, si mostrò davvero gentile nei confronti di Sora, cosa che a quest’ultima aveva da sempre accelerato il cuore.
Durante il tragitto, Shinichi scherzò tutto il tempo col papà, facendo ridere anche la fanciulla che era con loro.
Il piccolo era davvero entusiasta, non solo per la gita in sè per sè, ma anche per il fatto che finalmente stava facendo qualcosa coi suoi genitori.
Era davvero felice e quest’allegria la trasmetteva a tutti.
Arrivati al parco divertimenti, dopo aver pagato il ticket d’entrata, non si perse tempo.
Iniziarono dalle giostre più banali, ma ,ovviamente, adatte ad un bambino come Shinichi, per poi andare su quelle un pò più divertenti e, perchè no, adatte anche a degli adulti come loro.
Taichi lo accompagnò su di una montagna russa fatta per i bambini, però, in realtà, vi era qualche discesa “pericolosa” che i due non si aspettavano proprio, come l’ultima di quel giro.
La maggior parte delle attrazioni era dotata della fotocamera, per scattare una foto durante il giro della giostra.
E in questo gioco era proprio posizionata sull’ultima discesa, posta immediatamente dopo una curva a gomito.
Fu quest’ultima cosa a spiazzare completamente i due maschietti, creandogli, di conseguenza delle espressioni indescrivibili e buffe durante la discesa.
A Sora non sfuggi la proiezione della loro foto nello stand accanto, dove ,se si voleva, potevano essere acquistate le immagini catturate durante il giro e, dopo aver riso di gusto, senza farsi vedere, la comprò prima che i due la potessero raggiungere.
Quando i due interessati, scesi dalla giostra, arrivarono allo stand, videro la foto: all’inizio si misero a ridere ,poi, ognuno ebbe una reazione diversa:
 
-Papà, io la voglio! E’ buffa! E’ carina! E’ divertente!
 
Taichi lo guardò subito storto, allibito proprio dalla sua volontà:
 
-No no, ti concedo al massimo di rifarne un’altra ma questa proprio no! E’ orrenda!
 
Vide il figlio insistere, ma Taichi la fece cancellare dall’uomo dello stand, divertito anche lui dalla scena.
Shinichi corse dalla madre poco distante, lamentandosi apertamente.
 
-Mamma, uffà! Non è giusto! Io la volevo! Papà ha cancellato la foto!
 
Il bel giovane si avvicinò, sorridendo e alzando le spalle, come per dire che ormai non c’era più nulla da fare.
Ma vide Sora ridere molto più di lui, e scoprì presto il perchè.
 
-Amore della mamma, lo sai che io penso sempre a te...- disse chinandosi verso il figlio e facendo apparire magicamente la loro orrenda foto.
Taichi si scompose completamente, spiazzato, mentre il bambino rise e abbracciò calorosamente la madre:
 
-Mamma tu sei la numero uno! Ti voglio bene!
 
Il ragazzo dalla folta chioma allargò le braccia, stava per iniziare a lamentarsi:
 
-Ehi, ci sono io in quella foto! Potrei denunciarti!
 
Sora gli sorrise di nuovo, dolcemente, per poi baciare la fronte del bambino e dirgli:
 
-Più in là ho visto la casa stregata, quelle che piacciono tanto a te. Non è vietata ai bambini, vogliamo andarci?
 
Inutile dire il suo entusiasmo.
Dopo aver consegnato la foto di nuovo alla mamma, pronta a metterla al sicuro nella sua borsa, i tre si avviarono.
Taichi, in realtà, non era molto sicuro dell’attrazione in cui volevano andare, e se loro figlio si spaventasse?
Non esitò a esprimere il suo dubbio e vide di nuovo la ragazza sorridergli tranquillamente:
 
-Oh, bè, in California lo zio John lo portava in case peggiori, quì si farà di sicuro una risata. E poi gli piacciono tanto!
 
Il padre non fece in tempo a rispondere che anche Shinichi disse la sua:
 
-Esatto! A me piacciono! Io sono coraggioso! E lì difenderò la mamma! Vedrai papà! Sarai fiero di me!
 
Sora lo guardò di nuovo, con quell’espressione che voleva dire “ ha preso anche questo da te, il coraggio”.
Tra i due ragazzi vi era da sempre stata la complicità, capirsi era stato sempre facile, quindi Taichi era abituato a leggere certe sue espressioni e viceversa.
Arrivarono in questa casa stregata.
Il gioco si basava in una specie di tour ,all’interno dell’attrazione, con un carrello.
Acconsentirono di farli salire in tre, in realtà erano proprio fatti apposta per tre persone, considerando un ipotetico figlio di una coppia che andava messo al centro, tra i due genitori.
E così fu, per un primo momento.
La specie di macchina ,dove erano saliti, aveva iniziato a vagare in quell’edificio immerso nel buio e in suoni strani.
Era anche leggermente freddo, e tirava un pò di vento, sicuramente erano effetti speciali.
Nel mentre giravano in questo percorso, notarono le pareti arredate proprio come una casa vecchia, piena di finte ragnatele, scheletri, ragni giganti e streghe.
 
-Ah bè, dai, niente di che!- esclamò il giovane Yagami.
 
Neanche a dirlo, Sora si sentì improvvisamente toccare un braccio e, voltandosi di scatto, vide di fronte a sè un uomo travestito da zombie urlarle in faccia.
A lei, ovviamente uscì un grido, e Shinichi si mise a ridere, scacciando via quell’attore della casa.
Sora aveva la mano sopra al petto, no quello proprio non se lo aspettava.
Era sbucato all’improvviso e le aveva fatto salire il cuore in gola.
Sentì Taichi ridere, sicuramente di lei, così lo guardò un pò storto:
 
-Stai ridendo di me?
 
Lui cercò di negare, ma era evidente.
 
-Mamma, tranquilla! Mettiti in mezzo! Così stai ben protetta da me e papà!
 
Il bel ragazzo dalla folta chioma vide che non se lo fece ripetere un’altra volta e scambiarono velocemente i posti, così che passasse proprio vicino a lui.
Non riuscì a trattenersi e le disse:
 
-Da quanto hai paura di queste cose?
 
Sora lo guardò, abbastanza indispettita:
 
-Mi ha preso alla sprovvista!- si giustificò.- e poi guarda, mi ha lasciato il braccio appiccicoso...-disse infine indicandogli la sostanza strana che le aveva lasciato.
Stava di nuovo per replicare quando la giovane Takenouchi vide anche Taichi sobbalzare dal suo posto: una mano, sbucata dal buio, gli aveva stretto improvvisamente la spalla, urlandogli poi nell’orecchio.
Il ragazzo si era impallidito e poteva benissimo sentire il suo cuore accelerato, aveva spiazzato anche lui.
Dall’altra parte sentirono, invece, Shinichi urlare:
 
-Via!! Non mi fai paura!!! Ti combatterò!
 
Era l’unico che non si faceva scomporre da queste entrate in scena.
Dopo aver cacciato l’attore, si voltò verso i genitori e rise:
 
-Papà, ma che fai? Devi proteggere la mamma! Qui dovrò proteggere entrambi!
 
Stavolta fu Sora a scoppiare a ridere, indispettendo a sua volta il padre.
Finalmente finirono il giro e, puntualmente, Shinichi si fermava allo stand delle foto.
Per l’ennesima volta, erano stati ritratti in una scena buffa, in cui il piccolo cercava di scacciare il finto zombie, Sora aveva una mano davanti alla bocca e guardava suo figlio; Taichi osservava anche lui il suo bambino con un’espressione strana, e si poteva intravedere dietro i due genitori un altro attore che stava andando a spaventarli.
Chiese ai genitori di comprargli anche quella foto.
 
-Ma no Shinichi! E’ davvero brutta!- esclamò la madre, ridendo.
 
Il castano, a quel punto, guardò Sora, mettendosi le mani sui fianchi:
 
-Ah davvero? Signore, ne voglio due copie!
 
L’interessata gli prestò attenzione, sgranando un pò gli occhi:
 
-Due?!
 
-Una per Shinichi e una per me, così da ripagare la vera foto orrenda che tu hai gentilmente acquistato!
 
Solo in quel momento la ragazza si rese conto che i due, da quando erano entrati in quell’atmosfera del parco divertimenti, scherzavano di continuo e senza farsi troppi problemi.
In realtà, il grande aiuto veniva proprio dalla loro creatura, che sapeva coinvolgere entrambi così perfettamente da far dimenticare tutto ciò che avevano in sospeso.
E così proseguirono la loro gita.
Sora propose di fare i giochi d’acqua prima dell’ora di pranzo, e Shinichi prontamente capì che era per il fatto della digestione.
Il padre rise, era davvero intelligente, e alla fine entrambi acconsentirono all’idea di Sora.
Fecero una specie di piccola montagna russa: in realtà, dovevano salire su di una canoa, uno dietro l’altro, che, a sua volta, avrebbe viaggiato in un canale d’acqua lungo e stretto.
Era inevitabile il bagno d’acqua quando si facevano quelle discese del percorso poichè la canoa, presa dalla velocità per la ripidità del percorso, quando arrivava a valle, scatenava una specie di tsunami che andava contro ai tre.
Inutile dire quante volte il piccolo volle fare quel gioco.
Alla fine erano bagnati fradici, per fortuna era davvero caldo, e quella freschezza era davvero gratificante.
I due maschietti cercavano di sistemarsi la loro chioma ribelle, che con l’acqua era diventata ancora più indomabile.
Sora, si era allontanata un attimo, ma i due non capirono perchè.
Taichi nel frattempo stava cercando di asciugare un pò i capelli del figlio con l’asciugamano, tra le risate di entrambi sentendo il resoconto del figlio di quel gioco.
Vide, poi,con la coda dell’occhio, la bella fanciulla tornare.
Anche lei aveva i capelli tutti bagnati e le gocce d’acqua continuavano a cadere da essi.
Il bel Yagami alzò lo sguardo, mentre ancora era affaccendato nell’asciugare i capelli del bambino e la vide lì di fronte a lui, sorridere di nuovo alla loro scenetta.
Era leggermente abbronzata e ciò risaltava la brillantezza dei suoi occhi dorati, mentre la delicatezza del suo viso era esaltata dai capelli ramati,bagnati e lunghi fino a più giù delle spalle.
Quasi che ne rimase incantato.
Infatti, non riuscì a notare che teneva qualcosa in mano.
 
-Ho trovato dei negozi dove vendono gadjet del parco divertimenti, quindi non lamentatevi per ora e tenetevi queste.
 
Taichi non comprese da subito cosa intendesse.
La vide avvicinarsi al figlio, che aveva i capelli abbastanza asciutti, così fece cenno al padre di smettere di strofinargli l’asciugamano.
Notò che Sora gli infilò, successivamente, una specie di fascia da sopra la testa, mettendogliela inizialmente a “collana” attorno al collo.
Fu solo momentaneo, poichè osservò la ragazza sistemare i capelli del bambino per poi tirare su quella fascia fino alla fronte e sistemargli, infine, i vari ciuffi della sua chioma.
Non fece in tempo a realizzare, che Sora si voltò anche verso di lui, facendogli cenno di sedersi.
Non si rese neanche conto di obbedirle, poichè era intento ad osservarla.
La giovane Takenouchi prese l’asciugamano e cercò di rendere più asciutti anche i capelli del padre, o almeno di renderli umidi.
Fece ,poi, la stessa operazione fatta poco prima al figlio.
La vide avvicinarsi a lui, mentre cercava di sistemargli i ciuffi che, ribelli, uscivano di qua e di là, per poi, una volta finito, incrociare il suo dolce sguardo.
Sorrise nuovamente, e si alzò, osservando con soddisfazione il suo lavoro.
Anche Taichi si affiancò a lei, puntando l’attenzione su Shinichi: con quella fascia sui capelli, il padre pensò , ancora una volta, quanto fosse identico a lui.
 
-Gli mancano solo gli occhialetti...
 
Sentì le parole di Sora dette con un filo di voce, come se fosse un sussurro e, quando si accorse che lui la stesse guardando, prese l’asciugamano e cominciò ad asciugare anche i suoi capelli, facendo finta di nulla.
Taichi osservò di nuovo suo figlio con quella fascia blue ,che portava il simbolo della mascotte di quel parco.
Sora, vedendoli in difficoltà coi loro capelli, era partita alla ricerca di due fascette e quelle erano le uniche che aveva trovato.
Si voltò di nuovo verso di lei, impegnata a farsi un ciuffo alto, che evidenziava ancora di più la perfezione del suo viso.
Vedendo i suoi maschietti ammutoliti, dopo aver messo apposto tutto l’occorrente che aveva cacciato, propose di andar a far pranzo.
L’idea fu apprezzata da tutto il gruppetto, così partirono tutti in direzione di uno dei ristoranti di quel luogo.
E, nel mentre, Taichi si sentì ancora una volta scombussolare dentro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Passarono così altre ore al parco: salirono su altre giostre, videro un film di una ventina di minuti in 3D, e assistettero anche a degli spettacoli organizzati per intrattenere i bambini.
E ,nel frattempo, erano anche riusciti a farsi una foto stupenda, che li ritraeva felici.
Il bambino dalla folta chioma insistette nel farsi una di quelle foto con sopra la scritta “wanted” ,ma non da solo, ovviamente con la mamma e col papà.
I due accettarono ed entrarono nella cabina all’interno della quale doveva essere scattata quella foto.
Nel momento in cui iniziò il conto alla rovescia, Sora chiese innocentemente che pose dovevano fare, se da ricercati oppure no, e ,prontamente, Shinichi se ne uscì con una sua perla:
 
-No, no! Dobbiamo sorridere!Non voglio una foto in cui imitiamo la solita faccia imbronciata dello zio Yamato...
 
A quella frase, scoppiarono a ridere tutti e tre e il risultato fu una bellissima foto familiare, piena di sorrisi.
Ne fecero addirittura due copie, Taichi se ne voleva tenere una per sè, così da spiegare al suo migliore amico come erano arrivati a ridere cosi tanto.
Ormai era arrivata quasi l’ora di andare, ma Shinichi aveva insistito nel voler giocare in un grande parco giochi pieno di scivoli e altalene, messo a posta per far divertire i bambini.
Ma era davvero grande e, sopratutto, pieno di bambini e genitori.
All’inizio lo assecondarono, e Shinichi iniziò subito a giocare e fare amicizia con altri bambini, ma, per quanta gente ci fosse, era davvero difficile tenerlo sott’occhio.
E ciò Sora non lo nascose:
 
-C’è tanta gente, fatico a seguirlo... tu lo vedi da lì, si?
 
-Si, ma sono d’accordo. Lo abbiamo fatto giocare abbastanza, tra massimo cinque minuti lo richiamiamo, ok?
 
Lei annuì, accennando ad un sorriso ma non scostando lo sguardo da Shinichi.
Taichi si accorse della sua apprensione.
Se ne era sempre accorto, anche durante le loro riunioni familiari, quando per esempio Takeru  lo lanciava in alto, per giocare, vedeva la faccia della ragazza impallidirsi.
Evidentemente, se fosse stata un’altra situazione, gli avrebbe detto di smettere e di non farlo, ma in quelle occasioni non apriva mai bocca.
I due non stavano seduti, ma entrambi erano rimasti in piedi perchè così lo vedevano meglio.
Osservavano in silenzio il piccolo giocare, ma non era imbarazzante, era, anzi, dettato dalla loro concentrazione nel controllarlo.
A Taichi venne in mente le parole di Sora, ogni volta che poteva le usciva sempre detto che era la sua copia, lui da piccolo.
E questo gli veniva in mente ogni volta che lo guardava, la somiglianza c’era ,eccome, ed era stata proprio quella l’input per il quale lui aveva sospettato che quel bambino fosse suo.
E ormai era appurato, per riconoscerlo come figlio aveva anche fatto il test del dna e coincideva perfettamente.
Ma il fatto che lei ci tenesse ogni volta a specificare quella somiglianza, lo colpiva e non poco.
Si ricordò di una volta in cui il figlio gli raccontò senza problemi di alcune scene con la madre quando viveva in California.
 
“La mamma diceva sempre che a lei non serviva la tua foto, papà, perchè aveva me, che sono la tua copia! E poi, mi diceva che la tua immagine non l’avrebbe mai cancellata dalla sua memoria. La mamma ti vuole tanto bene! Io lo so, lei me lo dice sempre!”
 
Tante volte, doveva ammettere, che anche lui si approfittava di quella innocenza per scoprire un pò di cose su di lei.
Certo, non andava bene, ma era difficile far finta di nulla e chiedere direttamente a Sora, sopratutto in quella situazione di tensione che si era creata.
Solo ora si stava sbloccando qualcosa, lentamente, ma si stava sbloccando e lui, in fondo, ne era felice.
 
-Non ci posso credere!
 
Una voce squillante e forte fece un attimo svegliare i due genitori dal proprio compito.
Si voltarono per capire da dove venisse e si trovarono una giovane coppia, lei alta e snella, dai capelli lunghi e corvini, come i suoi occhi, e lui alto quanto lei, castano chiaro e occhi scuri.
 
-Sora?!Taichi?! Ma ho le allucinazioni?!
 
La giovane Takenouchi guardò il suo compagno, un pò impallidita.
Quei due erano Yukino e Kenzo, una vecchia coppia di amici conosciuta tramite i cugini di Taichi.
Dunque, lei non li aveva più rivisti e non sapeva neanche quanto sapessero di loro due.
Il giovane Yagami capì la situazione e cercò di rispondere, iniziando con un saluto.
La coppia si avvicinò, molto eccitata dalla loro vista.
 
-Oddio Sora, stai benissimo! All’inizio non ti avevo proprio riconosciuta, ma vedendo la chioma di Taichi, poi, ho associato! E’ una vita che non ci si vede!! Ma che vi è successo?
 
Yukino si era avvicinata a lei, prendendole le mani.
La ragazza dagli occhi dorati pensò che Taichi non avesse mai raccontato nulla di tutto ciò che era accaduto, se no avrebbe reagito in modo diverso.
Diede un’occhiata a lui, poi dietro di lei: ancora riusciva a vedere suo figlio, ma la visuale stava peggiorando a causa di altri bambini che correvano su e giù e dei presunti genitori che si piazzavano proprio lungo la direzione in cui poteva vedere il suo bambino.
Decise di sbrigarsi e chiudere l’incontro.
 
-Ehi, come state...come mai qui?- cercò di sviare.
 
Taichi le si affiancò, in evidente accorso di aiuto.
 
-Siamo venuti a spassarcela un poco, e voi? Ma allora state ancora insieme!- esclamò Kenzo, dando una pacca sulla spalla all’altro ragazzo che aveva di fronte.
 
Non sapeva come rispondere, ma anche lui voleva chiuderla lì:
 
-Si, cioè, è una storia lunga, ora abbiamo un pò di fretta, potremo vederci prossimamente.
 
Sora lo guardò, capendo il piano.
 
-Già, è tardi per noi, dobbiamo ripartire.
 
-Ma dai! Ma che fretta avete! Non vi corre dietro nessuno!- insistette la mora, vogliosa di scoprire cosa ci fosse dietro alla loro storia.
 
Quei due erano da sempre stati così, leggermente pettegoli, sopratutto con le coppie d’amici.
E il fatto che Taichi era riuscito a tenere nascosta loro una cosa del genere, significava che ci aveva lavorato molto.
 
-No guarda, davvero, siamo seri, dobbiamo andare, ci incontreremo un’altra sera in un bar, ma adesso proprio dobbiamo scappare.- insistette il bel ragazzo dagli occhi nocciola.
 
Ma i due non volevano proprio capire.
Sora si voltò, nel frattempo, per vedere se suo figlio fosse sempre lì, ma non lo trovò più.
Cercò di osservare meglio la zona da quella posizione, guardando a destra e a sinistra, cercando di vedere anche se si fosse allontanato solo un poco.
Ma niente.
Sentì l’ansia pervaderla,così tanto che la testa cominciò a formicolare e il fiato accorciarsi.
L’unica cosa che riuscì a sussurrare fu il suo nome:
 
-Shinichi..
 
Tacihi la sentì, ma non fece in tempo a voltarsi verso di lei, che era già partita in direzione dei giochi per cercarlo meglio.
Percependo subito la situazione, si affrettò a salutare i due, lasciandoli spiazzati e delusi dai loro comportamenti.
Ma, sinceramente, a loro non importava nulla.
Vide da lontanto Sora impegnarsi a scrutare all’interno di ogni gioco, osservare ogni angolo e ogni bambino.
Ma non riusciva a vederlo.
Cominciò a maledirsi non appena sentì gli occhi bruciare, quello era davvero il momento più sbagliato per piangere, non l’avrebbe aiutata a cercarlo, anzi, l’avrebbe solo rallentata.
Doveva mantenere il sangue freddo e cominciò a dire a sè stessa che sicuramente era dietro all’angolo, ma neanche lì lo vide.
Quando la raggiunse, Taichi notò il suo stato quasi di shock : stava tremando vistosamente.
Il cuore della ragazza stava sprofondando.
Si sentiva vuota e sospesa, e se si fosse perso? E se lo avesse portato via qualcuno?
Con quei pensieri, cominciò a scendere qualche lacrima e sentì le gambe quasi cedere.
Poi, una mano ferma e sicura la prese e la incitò a voltarsi in una certa direzione.
Se lo trovò davanti, un pò pallido e con i suoi occhi nocciola impregnati di preoccupazione.
 
-Sora...- cercò di richiamarla.
 
Ma ,quando sentì lui pronunciare il suo nome, scoppiò solamente a piangere e ad agitarsi ancora di più.
Cercò di fargli mollare la presa, per  fargli capire che non dovevano perdere tempo, che loro figlio era perso e che lo dovevano ritrovare.
Ma Taichi capì anche che doveva innanzitutto calmarla, che così si sarebbe sentita solamente male.
La prese per le spalle e con la sua forza la irrigidì, costringendola a guardarlo negli occhi:
 
-Sora, calmati! Va bene? Ora con calma lo cerchiamo, sicuramente è quì in giro... – ma la vide solo abbassare il capo e singhiozzare.
 
Non sapeva perchè, ma quella scena lo stava angosciando e spezzando il cuore.
Riusciva a percepire tutti i sentimenti che la stavano lacerando, ma prima che potesse dire altro, la vide avvicinarsi a lui, appoggiare la sua bellissima testa sul suo torace e le mani stringere la sua tshirt bianca.
Neanche ci pensò, che la strinse a sè, cercando di farla sentire al sicuro.
La sentì piangere per un attimo, accucciarsi a lui e stritolare la sua maglietta nel momento in cui sentiva le fitte al cuore.
La stava per richiamare quando vide alzare la testa verso di lui, e guardarlo con quei suoi occhi stupendi ma rossi e pieni di lascrime.
 
-Ti prego, Taichi...
 
Cominciò a parlargli con voce rotta e distrutta.
 
-Ti prego... trova il nostro bambino, trova il nostro Shinichi...-Disse per poi scoppiare di nuovo in lacrime.
 
Sentiva un’esplosione dentro di lei, con un sottofondo di liberazione, perchè finalmente stava chiedendo aiuto a qualcuno.
 
-...lui..lui è la mia vita, ti prego Taichi! Senza lui...
 
Taichi era distrutto da quella scena.
Sora era riuscita a fargli capire che Shinichi era la sua linfa vitale, la sua anima, ciò che la teneva in vita.
Senza di lui era morta.
La strinse con forza a sè, per farle capire che era lì.
Con una mano, forte e delicata allo stesso tempo, le asciugò le lacrime, o almeno cercò, per poi tirarle su il viso, verso di lui.
Appoggiò la fronte su quella di lei e la guardò decisa.
 
-Ritroveremo nostro figlio, devi stare tranquilla.
 
Entrambi avevano usato la parola “nostro”.
Era il loro bambino, ciò che li legava, in realtà era anche il simbolo del loro amore passato, o, perchè no, anche del loro amore attuale.
Vederlo così deciso e forte, fece calmare per una buona parte l’animo della ragazza, la quale si sforzò di non piangere , non le sarebbe servito a nulla in quel momento.
E questo era quello che avrebbe voluto dirle anche Taichi.
Ma non aveva finito.
 
-Ora, prima che tu me lo chieda, non ci separeremo. Ho paura che tu vada in panico. Andremo insieme, non ti lascio sola.
 
Dopo un primo istante in cui ci fu solo uno scambio di sguardi, Sora annuì, si fidava di lui.
La prese per mano, e cominciarono le ricerche.
Iniziarono a perlustrare la zona, dapprima ogni gioco per bambini, poi le zone adiacenti.
La bella fanciulla vide Taichi chiedere informazioni ai passanti, descrivendo il loro bambino.
Così, Sora sciolse la mano che la legava a lui, creandogli in un primo momento confusione, ma vide successivamente che, con coraggio, cominciò a fare lo stesso.
Passarono a setaccio la zona, e solo dopo mezz’ora riuscirono a trovare qualcuno che lo avesse visto.
Gli indicarono la direzione, e dopo averli ringraziati almeno cento volte, Taichi la tirò per mano verso la destinazione.
Si fermarono, impietriti e stanchi: Shinichi era li, su di un campetto d’erba a giocare a calcetto con altri bambini.
Sentì Sora quasi svenire dal sollievo, così la prese per un fianco, reggendola.
Dopo una prima sensazione di felicità iniziale, salì ovviamente la rabbia dentro Taichi.
 
-Ora mi sente.
 
La giovane lo guardò scossa, con gli occhi ancora rossi e qualche lacrima sulle guance.
Lui ricambiò lo sguardo,togliendole di nuovo quelle lacrime:
 
-Deve imparare, Sora. Trattieniti dal coccolarlo.
 
Aveva ragione e lei in quel momento si sentiva stanca e distrutta.
Annuì, acconsentendo così alla sua decisione.
La prese di nuovo per mano, non l’aveva mai lasciata in quella situazione, e ciò le aveva dato forza.
Si avvicinarono, e lo chiamarono.
Lui si voltò, sorridendo apertamente e molto entusiasta.
Non si era reso minimamente conto di cosa aveva fatto e della situazione che aveva creato.
Anzi, cominciò a raccontare tutto divertito cosa gli era successo nel frattempo.
 
-Non potete crederci! Mi aveva sfidato a calcetto e ho vinto! Allora quel bambino mi ha dato il permesso di fare una partita con tutti loro! E lo sai che ho anche segnato, papà?!
 
Il bimbo, ben presto, si accorse dello stato dei genitori.
Vide la madre completamente stanca che lo guardava silenziosa e, per la prima volta, senza un sorriso.
Il padre, invece, sembrava quasi arrabbiato ,così la domanda fu spontanea e chiese innocentemente cosa fosse successo.
 
-Cosa ti avevamo detto di fare? Quale era la condizione per cui ti abbiamo concesso di giocare al parco giochi?
 
Osservò di nuovo le facce di entrambi, con un dito sopra le labbra.
Poi arrivò timidamente alla risposta:
 
-Potevo giocare ma non dovevo allontanarmi da voi...- fece sentendosi un pò in colpa.- .. ma è che quel bambino mi aveva sfidato! E io l’ho battuto! E allora lui...-cominciò a giustificarsi con il suo solito entusiasmo, ma Taichi non glielo concesse.
 
-Hai disobbedito ai tuoi genitori, ecco cosa è successo! Ti sei allontanato senza dirci nulla! Tua madre è quasi morta per lo spavento! E’ questo che volevi? L’hai fatta piangere per la preoccupazione! E’ mezz’ora che ti cerchiamo, mezz’ora! Lo sai cosa poteva capitarti? Lo sai cosa accade quando un bambino si allontana da solo? Tu sei stato fortunato che ti abbiamo ritrovato! Ma se non ci fossimo riusciti? Cosa sarebbe successo? Che avresti fatto? Ti rendi conto di tutto questo, Shinichi?! Ci voleva tanto venire a chiedere il permesso???!
 
Il bambino si rese conto della gravità del suo innocente gesto.
E ad aiutarlo a realizzare tutto ciò fu vedere la mamma cercare di trattenere qualche lacrima e il papà, che era da sempre stato buono e comprensivo, furibondo.
Non li aveva mai visti così, quindi significava che l’aveva davvero fatta grossa e che aveva recato loro un dispiacere enorme.
Non potè far altro che iniziare a piangere, vedendoli in quello stato.
Sora non riusciva a vederlo così, ma non doveva intenerirsi, così cercò di rimanere immobile nella sua posizione, come fece anche il bel ragazzo.
Ma Shinichi voleva essere perdonato, voleva che lo abbracciassero come facevano sempre, così avvolse le gambe della madre, piangendo e chiedendo scusa.
Taichi vide la fanciulla mettersi una mano davanti alla bocca, stava cercando di riprendersi.
Ormai era tutto finito e lei stava realizzando che aveva fatto la figura della stupida.
Agitarsi fin dall’inizio era stato assurdo, poi farlo in quel modo, scoppiando in lacrime tanto da far pena.
Che stupida che era stata, si sentiva una debole e sopratutto non si sentiva in grado di badare al proprio figlio e gestire situazioni di quel genere.
Pensò che da sola non l’avrebbe mai portato in posti simili, solo se ci fosse stato Taichi avrebbe potuto farlo, lui era una garanzia, lui li aveva protetti e salvati.
 
-Tuo padre ha perfettamente ragione.- iniziò a dire con coraggio.- Devi ringraziarlo e non venire da me, è grazie a lui che ti abbiamo ritrovato.
 
Taichi la guardò, lei cercava di non farsi vedere ma la sua voce rotta era un evidente segno che stava per ricadere in un pianto.
 
-Se non ci fosse stato tuo padre..io...
 
Vedere Sora e suo figlio così, gli provocò dentro una sensazione assurda e strana.
Non sapeva se era sofferenza, tenerezza o qualcos’altro.
Si rese solamente conto che quella che aveva di fronte era la sua famiglia e che lui, spontaneamente, l’aveva protetta.
Così, prese per mano la ragazza.
Si abbassò, facendo così chinare anche lei, che lo guardava confusa e con le lacrime agli occhi.
Alzò con l’altra mano libera il viso del suo bambino e li guardò entrambi con la dolcezza di un padre.
 
-Venite quì...tutti e due...
 
Circondò tutti e due con le sue braccia forti, unendoli in un unico abbraccio.
Li strinse forte a sè, mentre entrambi piangevano a dirotto.
Sora non se lo fece ripetere e si accucciò anche lei, nascondendo il viso, ancora una volta avvolto da qualche lacrima; Shinichi abbracciò forte il suo papà, davvero dispiaciuto di averlo deluso.
Ora Taichi si sentiva davvero il loro punto di riferimento, sentiva di doverli proteggere, di dovergli stare accanto.
Ma non solo per un senso del dovere, perchè era padre, ma perchè non sopportava vederli entrambi così.
Renderli felici, come era successo durante la giornata e prima di quell’evento, rassenerava anche lui.
E lo rendeva inevitabilmente felice.
 
 
 
 
NOTA DELL’AUTRICE
Ok, ammetto che questo capitolo non mi piace per niente, sopratutto per come l’ho scritto.
Ho provato ad aggiustarlo, ma non chiedetemi perchè è uscito lo stesso così!
Inoltre, involontariamente, dovrebbe essere più corto dei precedenti! Non l’ho fatto apposta!
Questo è il penultimo capitolo, la settimana prossima ( verso Giovedì o Venerdì, se ce la faccio anche prima) arriverà l’ultimo.
Vi avverto, sarà abbastanza lungo, ma ho deciso di pubblicarlo tutto in una sola volta perchè sinceramente non sapevo neanche dove tagliarlo!
Mi dispiace di avervi un pò deluso, e speriamo che l’idea che ho deciso di prendere per concludere questa Taiora vi piaccia!
Ah, ecco, come una lettrice ha notato, gli altri personaggi fungono solo da contorno in questa storia, non gli ho dato rilevanza (mi sono concentrata principalmene sulla giovane famiglia, infatti poi nei personaggi della storia ho inserito solo Taichi e Sora).
Cercherò di recuperare lo spazio tolto al resto del gruppetto nel capitolo (che sto scrivendo) di Unbreakable bond!
Grazie a tutti voi, miei cari sostenitori, alla prossima!
 
Baci baci.
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


 
Una goccia, poi un’altra e un’altra ancora.
Taichi poteva benissimo sentirle dalla sua camera.
Era disteso sul letto e fissava il soffitto della sua stanza.
Nonostante la posizione, riusciva benissimo a sentire il rimbombo delle gocce del rubinetto del bagno.
Finalmente a casa sua regnava il silenzio.
Era da solo, i suoi ed Hikari non c’erano.
Erano passate altre due settimane dalla gita al parco divertimenti ed erano arrivati a fine Luglio.
Quell’uscita che, tolto quel brutto episodio alla fine, era stata davvero bella.
Erano successe un pò di cose da quella volta.
La sera stessa, andarono a cena fuori, per sdramatizzare ciò che era accaduto.
Con Sora parlarono del fatto se raccontare o meno ciò che era successo ai propri genitori: lei propose di evitare, lui invece il contrario.
Ma la bella ragazza risultò avere ragione: al racconto, susseguì una grande litigata con i signori Yagami e con Toshiko.
I nonni si erano affezionati a Shinichi, e sopratutto amavano l’idea di avere un nipote e un  bambino piccolo da accudire.
Come la maggior parte dei neo nonni, a volte si lasciavano troppo prendere dal ruolo che avevano assunto da pochi mesi e dall’esperienza di genitore che vantavano di avere.
Così, alla sola notizia della perdita breve di Shinichi, non si trattennero dal rimproverare entrambi i genitori, persino Sora.
Ciò fece infuriare a dir poco Taichi, il quale cominciò a ricordare qual era il loro posto e che Shinichi non era loro figlio.
In realtà, lo scoppio di Taichi verso i suoi genitori e a volte verso Toshiko, era dovuto anche ad altri fatti.
Le riunioni di famiglia stavano diventando davvero pesanti, ma non più per la situazione tra lui e la madre del suo bambino.
I nonni avevano cominciato fin troppo a strapazzare Shinichi, per non parlare dei regali che gli facevano ogni volta, ormai Sora non entrava più neanche nella sua camera per tutti quei giocattoli.
Inoltre, lo viziavano, accontentando ogni sua voglia o capriccio e questo a Taichi non andava giù.
Dapprima, queste specie di pranzi o cene familiari venivano fatte anche tre o quattro volte a settimana, ora il bel giovane dalla chioma castana le aveva limitate solo nel weekend.
Più volte erano usciti dei litigi, anche di fronte a Sora e al piccolo, in cui il figlio dei Yagami rimproverava i genitori.
Questi ultimi replicavano sempre con la loro solita scusa, ossia che avevano cresciuto per bene loro, quindi ogni decisione che prendevano sul nipote non doveva poi essere così sbagliata come sosteneva il figlio.
Ma secondo Taichi, un conto era un figlio e un conto un nipote, si sapeva che quest’ultimo veniva trattato diversamente.
A volte si chiedeva cosa pensasse la giovane Takenouchi, ma vista ancora la situazione di tensione e di colpa che provava, non si sbilanciava molto e se ne restava in silenzio, rispettando la solita legge che le era stata dettata.
Solo una volta scoppiò anche lei, ma a modo suo.
Non urlando o facendo sceneggiate.
Suo figlio aveva appena finito di mangiare il gelato e ,siccome non era molto grande, i nonni gliene offrirono un altro.
Cosa che evidentemente alla madre non andò giù.
Lei ci aveva lavorato tanto su questi aspetti, per esempio lo aveva abituato a mangiare il gelato solo nel periodo estivo e al massimo tre volte a settimana, non di più.
Così, spiazzando tutti, per la prima volta aprì la bocca davanti ai presenti, ma sirivolse direttamente al figlio, con sguardo deciso e severo:
-Shinichi! That’s enough!
Una semplice e breve frase in inglese che però fece immobilizzare il bimbo e rifiutare subito l’altro gelato.
Il bambino sapeva che quando la madre gli parlava in inglese davanti ai nonni era perchè aveva raggiunto un certo limite e farla arrabbiare era l’ultima cosa che voleva.
Taichi rimase alquanto sorpreso dall’obbedienza che il piccolo mostrava verso la madre, Sora lo aveva cresciuto bene, cercando di limitargli i vizi e riuscendo a fargli capire che doveva obbedire ai genitori.
Per questo il giovane Yagami si infastidiva ancora di più quando vedeva i genitori cercare di sabotare tutti gli sforzi della ragazza.
Per carità, lui amava con tutto se stesso la sua famiglia e Toshiko, ma a volte lo facevano davvero infuriare.
 
Ma c’era un’altra cosa che lo turbava, un’immagine che gli appariva spesso da quella giornata al parco divertimenti, ed era lei che piangeva disperata tra le sue braccia.
Lei che lo stringeva e gli chiedeva di trovare il loro bambino.
Quel momento era stato pieno di emozioni: da una parte sentiva la disperazione e la sofferenza della fanciulla, dall’altra il suo calore.
 
Finalmente spostò lo sguardo, dal soffitto al suo comodino.
Lì, Taichi aveva esposto le foto fatte durante quella giornata, tra cui quella che ritraeva loro tre insieme, tutti sorridenti.
Dopo averla osservata per bene, allungò il braccio e la prese, mettendosi poi a sedere sul letto.
La esaminò ancora meglio.
Ultimamente aveva desiderato più volte di passare dei momenti da solo con loro due, in tranquillità, senza nonni e zii che quasi litigavano nel contendersi e tenere il loro bambino.
Purtroppo, era cosa rara ultimamente.
Lui aveva avuto da fare.
Una sera li aveva invitati a cena ed erano andati fuori, lontano dalla famiglia.
E anche quella volta fu davvero piacevole.
Ma in quelle due settimane, Taichi stava con  Shinichi solo fino a pranzo, poi lo riportava a casa Takenouchi.
Lo teneva durante le ore dello stage di Sora, non passava tutta la giornata con lui come era solito fare fin dagli inizi.
Ciò, fece preoccupare proprio il piccolo che innocenetemente gli chiese se fosse arrabbiato con lui per via del parco divertimenti, e gli promise per l’ennesima volta di non fare mai più una cosa del genere.
Shinichi era davvero agitato all’idea che il padre lo volesse vedere solo metà giornata, ma Taichi cercò di rassicurarlo, dicendogli che era solo perchè aveva delle commissioni da sbrigare.
Non era l’unico, però, a preoccuparsi.
L’altra fu prorpio Sora, che cominciò ad imparanoiarsi anche lei.
Ne pensò di tutti i colori, cercò di trovare il perchè di quel comportamento ipotizzando qualsiasi cosa.
All’inizio pensava che gli avesse dato fastidio tutto ciò che era accaduto, dalla perdita del piccolo al suo comportamento fragile per il quale Sora stessa si era odiata.
Poi ipotizzò che aveva deciso di non voler vedere più Shinichi perchè forse si era stufato.
Insomma, aveva passato notti intere a pensare anche lei.
Era davvero preoccupata per lui.
Lo aveva visto cambiare e ammutolirsi alle riunioni familiari, ormai era l’unica occasione dove si potevano vedere.
Era diventato davvero strano da dopo la loro ultima gita, ed era ovvio così che lei cominciasse a pensare di aver fatto qualcosa di male o comunque che gli stesse accadendo qualcosa.
Anche per questo, lei a quelle riunioni continuava a non importunarlo, nè con lo sguardo nè a parole, ma solo col pensiero, che era fisso su di lui.
Perchè non solo Taichi era stato bene quelle volte, ma anche lei aveva trovato bellissime quelle uscite.
 
Il giovane Yagami osservò quella foto per una mezz’ora buona, senza neanche accorgersene.
Solo il rumore di apertura della porta di casa lo fece risvegliare.
Capì subito che erano i suoi genitori poichè riconobbe la voce della madre.
Guardò l’orologio, era già arrivata l’ora di cena.
Infatti, poco dopo, vide affacciarsi in camera Yuuko che gli sorrise:
 
-Noi siamo pronti, andiamo?
 
Quel Mercoledì sera, non si sa per quale motivo, Taichi aveva concesso di fare una cena di famiglia, ovviamente a casa Takenouchi.
I suoi genitori non lo trovarono strano, pensavano solo che gli era passato il suo nervosismo di quelle settimane e che finalmente si ritornava a mangiare insieme spesso come una volta, e non solo nel weekend.
Il bel ragazzo si alzò, annuendo e posando delicatamente quella bellissima foto sopra il comodino, gli piaceva davvero molto.
Quasi che l’accarezzò prima di uscire dalla sua stanza.
 
Partirono tutti insieme e arrivarono subito a destinazione.
Ad aprire fu proprio Toshiko, che li salutò col suo solito sorriso.
Taichi non fece in tempo ad entrare che suo figlio gli saltò sopra, ma ormai ci era abituato, così lo prese agilmente, scoccandogli un bacio.
Il suo sguardo andò poi a cercare Sora, la quale era indaffarata ai fornelli poichè era stata lasciata sola dalla madre.
Portava un bellissimo e semplice vestito rosa e i capelli legati in quella treccia così elegante.
La guardò un altro poco, per vedere se si sarebbe girata, ma aveva davvero da fare, così fece scendere il figlio dalle braccia e cominciò a chiedergli cosa avesse fatto.
 
-Oggi pomeriggio la mamma mi ha portato in giro per negozi e mi ha comprato dei vestiti nuovi! E ha detto che ero bellissimo! Li vuoi vedere?!
 
-Certo, ma dopo aver mangiato!- rispose sorridendogli e pizzicandogli la guancia.
 
-Oh, ma non avevi detto che non gli serviva nulla e che aveva tutto?- la domanda spontanea di Yuuko fece voltare Sora che la guardò perplessa.
 
Ovvio che le aveva detto una cosa del genere, voleva pensare lei a queste cose. Era lei la madre, mai e poi mai avrebbe rinunciato a provvedere al suo angelo.
Ma tutto ciò lo pensò solamente, per poi voltarsi e continuare il suo lavoro. Non voleva essere scortese con Yuuko, lei era solo troppo gentile e troppo buona, il problema era che esagerava col nipote, voleva comprargli di tutto.
E poi, se glielo avesse lasciato fare, Toshiko, giustamente, l’avrebbe rimproverata.
Taichi capì ogni cosa e pensò che Sora avesse proprio ragione e che non risponderle era stato davvero saggio, infondo parlare con sua madre era come parlare con un muro.
Fu tutto pronto in una decina di minuti, così si sedettero a tavola.
Mentre La giovane madre andava a prendere posto, incrociò finalmente lo sguardo di lui e si salutarono con un sorriso, limitandosi, però, solo a quello.
Si sedette al solito posto, tra la signora Takenouchi e suo figlio, il quale era seguito da Taichi.
Ovviamente, in quel periodo, quella specie di riavvicinamento era stato notato da tutta la famiglia.
Toshiko aveva confidato a Susumo e Yuuko che, ogni volta che Taichi riportava il bambino a casa loro, lanciava sguardi verso la porta della camera di Sora, e aveva raccontato anche di quando lui era andato di sua spontanea volontà a parlare con lei in camera sua.
Per non parlare poi di quando discutevano tutti insieme, anche con Hikari e Takeru, di quelle loro uscite a tre.
Insomma, erano terribilmente pettegoli e, anche se non lo davano a vedere in loro presenza, speravano davvero in un ritorno di fiamma dei loro ragazzi.
 
Cominciarono a mangiare e Sora si chiedeva quale sarebbe stato l’argomento della serata.
Iniziarono parlando della giornata di Shinichi, che raccontò cosa avesse fatto la mattina col papà e il pomeriggio con la mamma.
Non sapeva perchè, ma quando erano tutti insieme, a Sora la fame passava subito.
Cominciò un pò a spizzicare con la forchetta la pietanza che aveva sul piatto, non alzando dunque lo sguardo da lì.
Taichi la guardava con la coda dell’occhio, per poi fissare anche lui ciò che aveva davanti.
Neanche il giovane padre aveva molto appetito in quel periodo.
Entrambi quasi si estraniarono da quella conversazione, per un bel pò, fino a quando Susumo fece una proposta generale.
 
-Che ne dite di andare a pranzo fuori Domenica? Una bella uscita in famiglia.
 
Sora lo guardò un pò sorpresa, ma non stava a lei decidere, quindi non si scompose.
 
-Caro, è una bellissima idea! Potremo andare fuori città, così da fare una piccola gita!- intervenne sua moglie.
 
-Bè, potrebbe essere carina come idea, papà.- disse poi timidamente Hikari, non sapendo con certezza cosa ne pensasse il fratello.
 
Ma quest’ultimo ancora non rispondeva, così, per evitare qualche momento silenzioso, cominciarono a chiedersi tra di loro dove potessero andare.
Non udendo alcuna reazione di Taichi, Sora ebbe coraggio di posare lo sguardo su di lui, tenendo sempre la testa un pò chinata.
Lo vide sospirare e, dopo un sorso d’acqua, fermò la conversazione:
 
-Questo week end no, non ci siamo.
 
A quella risposta, non solo Sora ma tutti i presenti lo guardarono dubbiosi.
Il bel ragazzo dagli occhi nocciola si voltò verso Shinichi, accarezzandogli la testa e sorridendo:
 
-Andiamo al mare, ti va?
 
Il bambino, in tutta risposta, sorrise a trecentosessanta gradi  e lo abbracciò entusiasta, gridando felice che non vedeva l’ora.
Amava il mare, la spiaggia e il sole.
Sora riportò l’attenzione sul suo piatto, poi gli avrebbe chiesto a che ora lo avrebbe passato a prendere.
 
-Bè, state fuori tutti e due i giorni?
 
-Si, e dormiamo anche fuori, tutti e tre, quindi non ci siamo neanche Sabato.
 
A quella frase tutti si ammutolirono, ma chi si sconvolse di più fu proprio lei, la quale si impietrì, rimanendo immobile nella sua posizione.
Poteva così benissimo sentire il forte battito del suo cuore, ma stava davvero intendendo anche lei?
 
-Sabato sera c’è una cena organizzata dalla mia azienda in un bell’hotel in riva al mare, e ci hanno dato la possibilità di portare ognuno la propria famiglia e, visto che a Shinichi piace tanto l’estate e farsi il bagno, ho anche prenotato una camera nello stesso hotel, ovviamente se per te va bene, Sora.
 
Credeva di sognare, o di svenire da un momento all’altro.
Alzò finalmente lo sguardo, per incrociare il suo: era davvero serio, non stava scherzando e si stava rivolgendo direttamente a lei.
Per quanto si sentisse totalmente in un’altra dimensione, non riusciva nenche a sentire suo figlio incitarla ad accettare la proposta del padre.
Hikari non si stava perdendo per niente al mondo quella scena, era così felice dentro per la proposta del fratello!
Sapeva quanto l’aveva amata, e credeva che davvero non sarebbe riuscito più ad amare nessun’altra.
Yuuko diede più gomitate al marito, senza togliere la sua attenzione da ciò che aveva davanti.
L’ennesimo abbraccio del figlio le ricordò di essere nel bel mezzo di una conversazione, e che tutti stavano aspettando la sua risposta:
 
-V-va bene, Taichi.
 
Lo vide sorriderle, per poi sedersi di nuovo per bene e continuare a mangiare e a bere.
Ecco perchè la cena intrasettimanale, era tutto studiato.
Mentre i presenti cercavano di riprendere la conversazione per creare di nuovo quella apparente normalità che vi era stata fino a qualche minuto prima, Sora si sentiva totalmente persa e disorientata.
Non spostò lo sguardo dal suo solito piatto, intatto.
Faticava quasi a respirare per tutto ciò che era accaduto.
Insomma, sarebbero stati lei, Shinichi e lui, solo loro tre, un intero week end, e , da come aveva compreso, in una sola camera.
Quello che sentiva dentro, era un’esplosione, ma non negativa, quasi di felicità.
Le apparì in mente l’immagine che aveva da sempre voluto, di una famiglia serena e felice.
E perchè no? Perchè non fantasticare su tutto ciò? Se poi sarebbe uscito fuori che era tutto fatto per il figlio, avrebbe sofferto solo un pò di più, ma ne aveva passate così tante che non aveva più paura di ricevere delusioni.
Quasi che le veniva da piangere per la felicità, per quei brividi che aveva dentro.
Davvero, non vedeva l’ora che arrivasse quel week end.
 
 
 
 
 
 
 
 
E arrivò davvero in fretta.
La mattina, Taichi li andò a prendere presto, e per le otto partirono.
Sora raccontò che Shinichi era così entusiasta a tal punto di alzarsi alle sei e mezza.
Il bel Yagami notò infatti un pò di stanchezza negli occhi della ragazza, chissà come l’aveva torturata, e senza pensarci le chiese scusa.
Non immaginava che il loro bambino si emozionasse così tanto per una loro gita.
La fanciulla intervenne subito dicendogli che non era affatto colpa sua.
Shinichi amava il mare, e in California faceva più o meno lo stesso.
In realtà non era proprio così; si, era sempre felice di andare in spiaggia, ma quella volta era davvero euforico, tanto da far capire alla madre quanto ci tenesse a stare da solo coi suoi genitori.
Tante volte il piccolo aveva chiesto innocentemente perchè dovevano vivere separati, perchè non potevano stare sempre insieme come facevano altre famiglie.
L’intelligenza di Shinichi non era sempre un lato positivo, anche per questo fatto.
Si accorgeva delle minime cose, osservava silenziosamente altre famiglie e bambini e riusciva a captare le differenze.
Sora doveva sempre trovare scuse su scuse, in realtà con la storia del lavoro si era appigliata sul fatto che non avessero abbastanza soldi , momentaneamente, per avere una casa tutta loro e che doveva aspettare.
E ciò non era del tutto falso.
La giovane Takenouchi stava aspettando, per l’appunto, di accumulare un pò di soldi per poi andare in affitto in un altro appartamento.
Quindi, poi, avrebbe dovuto trovare un’altra scusa.
Per il momento, poteva anche non pensarci.
Arrivati a destinazione, non si perse tempo e la giovane famiglia cominciò ad accamparsi in un pezzettino di spiaggia.
Erano le dieci ormai, avevano fatto due ore di viaggio, contando anche una piccola sosta.
La prima cosa che Sora fece, fu quella di mettere la crema solare al piccolo, ma le servì l’aiuto di Taichi, era davvero irrefrenabile.
 
-Su, Shinichi, sta buono, non fugge via il mare.- cercò di calmarlo il papà.
 
-E’ tardi, papà! Guarda, c’è già tanta gente! E Tanti bambini sono a farsi il bagno! E io sono ancora qui! Vedi mamma?! Dovevamo partire prima.
 
L’interessata rise divertita, non smettendo però di finire la sua operazione.
Una volta terminata, si alzò assieme al figlio e, nel mentre raccoglieva i suoi capelli dorati in una coda, si rivolse a Taichi:
 
-Lo accompagno alla riva se no non ci parla più...
 
Il ragazzo rise e si alzò anche lui:
 
-Io vado a portare le borse in hotel, ma faccio subito e vi raggiungo, ok?
 
Non fece neanche in tempo a sorridergli, che Shinichi prese per mano la mamma e cominciò a tirarla verso la riva.
Per quanto avesse fretta, non avevano potuto depositare con calma i bagagli nella loro camera prenotata, così Taichi propose di dividersi questi compiti provvisori: lui avrebbe pensato ai bagagli e lei avrebbe iniziato la giornata al mare col piccolo.
Sora riuscì a prendere al volo i braccioli per il figlio, ma era davvero tremendo.
Non appena si avvicinarono alla riva, cercò di buttarsi in acqua, ma era davvero gelida, anche per lui, così ci volle un pò prima di abituarsi a quella temperatura.
Sora rise tutto il tempo, suo figlio era davvero buffo.
Ogni passo che faceva dentro a quell’acqua gelida, gli provocava un’espressione in viso di quasi sofferenza, ma voleva combatterla, doveva farsi il bagno!
Nel mentre, aveva già conosciuto due bambini che erano già immersi in acqua, motivo in più per sbrigarsi.
Quando Sora notò che ormai si era abituato a quella temperatura, gli fece mettere i braccioli, per stare più sicuro.
Fu così che conobbe la madre di quei due piccoli che avevano fatto già amicizia con il suo Shinichi.
Scherzarono un poco, come fanno due madri, sui giochi che si stavano inventando per passare il tempo.
Passò velocemente anche un’oretta, in cui Sora non ebbe neanche coraggio di farsi il bagno.
Aveva sempre sofferto per l’acqua gelida e, in quei casi, si era sempre accontentata di bagnarsi un poco per rinfrescarsi.
Non aveva fatto caso dell’ora passata , solo quando la signora che aveva appena conosciuto chiese dell’ora al marito se ne rese conto.
Così, spontaneamente, si voltò verso il punto in cui vi era il loro ombrellone e intravide subito Taichi.
Il bel ragazzo dal fisico quasi scolpito era fermo, un pò distante da lei, e stava chiacchierando con due belle ragazze.
Esatto, due bellissime fanciulle.
Si voltò subito, col cuore che le batteva a mille.
Col sottofondo del pulsare del suo sangue sulla tempia, fece finta di guardare suo figlio, che stava facendo finta di combattere contro le piccole onde assieme ai suoi nuovi amici.
Ma ciò che le cominciò a frullare in testa, era l’idea di essere una stupida, di nuovo.
Aveva pensato molte volte, in tutti quegli anni, e anche da quando era approdata di nuovo ad Odaiba, del fatto che Taichi potesse aver conosciuto altre donne.
Insomma, alla fine era anche normale.
Lei era davvero sparita dalla sua vita per sei anni, perchè doveva ancora pensare a lei?
Si, avevano ora questo figlio che li legavano, ma non obbligavano entrambe le parti ad amarsi.
Aveva ragione sua madre, era una perfetta egoista.
In realtà Sora non  era mai stata convinta del fatto che, una volta tornata, lui si sarebbe riconciliato con lei, anzi, il contrario.
Ma, come Toshiko le aveva detto nei primi giorni del suo ritorno, il suo comportamento faceva capire tutt’altro, che sembrasse essere tornata con la grande convinzione di ottenere tutto quello che aveva prima.
Non era affatto così, lei era tornata decisa, col solo scopo di spiegare la verità e sopratutto di rendere felice e meno misteriosa la vita di suo figlio.
Lei lo aveva fatto solo per lui, e anche per il futuro di Taichi.
Ma ora più che mai, si sentiva davvero stupida.
Si allontanò un poco dalla signora appena conosciuta, in quel momento aveva davvero bisogno di calmarsi per non rovinare tutto.
Ovviamente, teneva sott’occhio suo figlio, che sembrava si stesse divertendo tantissimo.
Nel mentre la sua testa era immersa da mille pensieri, si sentì accarezzare la schiena e contemporaneamente una mano sulla spalla.
Quella stessa mano la fece voltare con forza e Sora si trovò subito davanti un ragazzo alto, dai capelli corti e scuri e gli occhi castani.
Notò un secondo accanto a lui, dai capelli castani chiaro e poco più lunghi dell’altro.
La fanciulla li osservò, non capendo subito la situazione.
 
-Che ci fa una bella ragazzina quì tutta sola?- Fece il primo, allungando il braccio fino a circondarle tutte le spalle.
 
La giovane Takenouchi capì che erano solo due stupidi ragazzi, così sciolse subito la presa e mise le cose in chiaro:
 
-Non sono da sola, sono con mio figlio.
 
Quello che si aspettava era una facile arresa, ma li vide scoppiare a ridere.
 
-Tu? Un figlio? Avrai vent’anni!- esclamò il ragazzo dai capelli castani.
 
-Questa scusa non l’abbiamo mai sentita!-fece l’altro.
 
Ma Sora non si scompose e non cambiò la sua espressione contrariata.
Ci mancava solo quei due, ancora nella mente navigava l’immagine di Taichi e delle due donne.
I due arrivati si accorsero della serietà di colei che avevano di fronte.
 
-Ho venticinque anni ed ho un figlio, perchè non andate a divertirvi con gente del vostro calibro?
 
Si era davvero innervosita, non tanto per quei due, ma per l’idea che il bel Yagami fosse dietro di lei con altre persone.
Però, i due fanciulli non si mossero di un millimetro da quella posizione, anzi, il moro le mise di nuovo il braccio attorno alle spalle:
 
-A noi piacciono le ragazze madre, sono “facili da gestire”.
 
Da lontano, ad intravedere la scena c’era proprio Taichi.
Aveva da subito notato l’avvicinamento dei due a Sora, così cominciò a troncare il discorso che aveva iniziato con le due ragazze attualmente di fronte a lui.
 
Il giovane Yagami, non appena tornò dall’albergo, incontrò casualmente proprio Makino e la sua amica.
Makino era la nipote del suo futuro capo, e aveva un anno meno di lui.
L’aveva conosciuta ai tempi dei vari tirocini; la sua futura azienda organizzava spesso eventi per i dipendenti e l’aveva conosciuta ad uno di quelli.
Lei non lavorava per suo zio, ma era sempre presente alle sue feste.
E si vedeva lontano un miglio che si era invaghita del bel ragazzo dalla folta chioma; ogni volta che lo incontrava gli saltava sopra e lo salutava calorosamente.
Taichi, per educazione, restava a parlare con lei, ma tutte le volte che cercava di chiudere il discorso, la ragazzina trovava un modo per non farlo andare via.
Ma ora c’era una situazione che lo agitava alquanto.
Vedeva Sora staccare di continuo il braccio di uno di quegli individui, evidente segno che la stava importunando.
Vedere poi l’altro individuo accarezzarle di continuo la schien,  gli fece crescere il nervosismo.
 
-Si, scusa Makino, ma ora devo proprio andare, tanto ci vediamo stasera.- cercò di concludere alla svelta.
 
Ma la bella ragazza dai capelli platinati continuò con le battute pur di evitare di salutarlo.
Non fu di certo un problema per Taichi, poichè appena vide il ragazzo castano e dai capelli corti afferrare con forza il braccio esile di Sora e cercare di trascinarla con lui, la salutò di nuovo, lasciandola lì con la sua amica.
 
Dall’altra parte, Sora stava pregando il ragazzo di lasciarla andare, con calma e senza alzare la voce, tutto ciò per non attirare attenzioni, soprattutto del figlio.
 
-Guarda come si lascia pregare! Dai che ci divertiremo! Vieni con noi! E’ uno spreco lasciarti qui!
 
-Ho detto di no! Non voglio venire con voi, e devo stare con mio figlio.
 
-Di solito quelle difficili come te, alla fine sono le peggio! Minimo avrà altri tre figli da tre ragazzi diversi!
 
La “battuta” infastidì tantissimo la ragazza, tanto che stava per dargli un ceffone, e per far perdere la pazienza a lei che ne aveva molta, significava che stavano oltrepassando il limite.
Ma un’irritazione peggiore per tutto ciò avvolse un’altra persona.
La Takenouchi vide un braccio forte e deciso liberarla dalla presa, ma non si limitò a questo.
La stessa persona che la liberò prese quello stesso ragazzo per il braccio, con rabbia e nervosismo, e gli puntò un pugno in faccia, dicendogli con cattiveria:
 
-Prova a ripeterlo ora, se hai il coraggio!
 
L’amico si spaventò e fece qualche passo indietro:aveva paura di avvicinarsi perchè vedeva il nuovo arrivato davvero furibondo.
Colui che invece era stato preso, cercò di ribellarsi, ma la fortissima presa che lo aveva mantenuto fermo, lo immobilizzò di nuovo, arrecandogli anche del dolore.
Taichi era fuori di sè, tanto che aveva cominciato ad attirare l’attenzione di qualche passante.
 
-Lei sta con me, se non l’hai capito! Prova a toccarla di nuovo o a fiatare ancora, e ti rovino la faccia che hai!
 
Sora rimase impietrita dalla scena, non se l’aspettava proprio.
Ma percepì anche che stava degenerando.
Si voltò verso il mare e vide Shinichi andarle incontro.
Ritornò su ciò che stava accadendo e, dopo aver preso fiato, cercò di richiamarlo con tutta calma:
 
-Taichi...
 
L’interessato si voltò subito, e la vide guardarlo con uno sguardo un pò emblematico.
Notò che con il suo delicato viso gli fece cenno di spostare l’attenzione in un’altra direzione: il loro bambino stava accorrendo verso di loro.
Capì subito il messaggio che voleva mandargli, così cercò di calmarsi.
Prese con forza il ragazzo che aveva davanti e lo raddrizzò, poi gli mise le mani sulle spalle e gli sussurrò:
 
-Sparisci da questa spiaggia, immediatamente.
 
I due ragazzi, sparirono immediatamente, vergognandosi a morte della scena e dicendosi  l’uno all’altro che non sapevano che il suo fidanzato fosse lì.
Taichi si voltò subito verso Sora, e andò a passo svelto verso di lei, prendendole l’esile braccio: per quanto avevano stretto la presa, le avevano lasciato un rossore sulla pelle.
Ma la bella fanciulla ritrasse subito la mano e si voltò immediatamente verso Shinichi, che ormai era arrivato da loro.
 
-Mamma!! Che è successo!? Papà, stai bene?!
 
Sora si chinò subito, sorridendo allegramente, proprio come se non fosse successo niente, il che stupì il giovane padre.
 
-Ma non è successo niente!Un piccolo bisticcio del tuo papà! Ma vedi, siamo quì!
 
Vide il piccolo assolutamente non convinto dalla situazione, anche perchè Taichi ancora non partecipava alla piccola scena di sdramatizzazione che la Takenouchi stava improvvisando.
Così, la madre lo prese in braccio, sorridendo nuovamente e camminando verso l’acqua, come se volesse entrare.
 
-Allora, quante onde hai abbattuto fino ad ora?? Hai già vinto la guerra contro il mare?
 
Il bel padre capì tardi che la sua compagna stava cercando in tutti i modi di far dimenticare la scena al figlio.
E doveva ammetterlo, era davvero forte come ragazza.
Non era la prima volta che faceva così, anzi, da quando era li ad Odaiba, nonostante i maltrattamenti da parte di tutti loro, Sora non aveva mai smesso di sorridere e scherzare col figlio.
Ormai aveva compreso che Shinichi era tutto per lei e che l’ultima cosa che avrebbe voluto era creargli un dispiacere o renderlo triste o farlo preoccupare.
Tutto ciò che faceva, era solo per rendere felice suo figlio.
Notò che con niente era riuscita nel suo intento; sapeva anche come incalzare il bimbo, bastava parlare di qualcosa che lo entusiasmava per fargli sparire il malumore.
 
-Si, mamma! Adesso siamo in pausa! Ma Kintama e Kenzo stanno tornando in acqua! Erano andati a bere!
 
Sicuramente Shinichi si riferiva ai due bambini appena conosciuti, che non tardarono, infatti, a tornare in acqua.
Così, il piccolo ricominciò a giocare, poco distante dalla madre.
Taichi si era affiancato a Sora, ancora con un pò di fiatone addosso.
Stava cercando di smaltire la rabbia che gli era salita, e così, vedendola ancora attenta a ciò che stava facendo il loro bambino, le chiese:
 
-Come stai? Ti fa male?
 
A quella domanda, si voltò subito.
La cosa assurda di tutto ciò, era che, nonostante la situazione che stava per sfociare sul tragico, nonostante la brutta scena appena accaduta, Sora stava ancora pensando a lui e a quelle due donne.
Realizzò piano piano ciò che era accaduto ,che lui l’aveva protetta e che ora era preoccupato per lei.
 
-Ah, emh, no no, sto bene...- gli rispose, cercando di sorridergli.
 
Il ragazzo dagli occhi nocciola cercò di trovare le parole adatte per parlare, ciò che le era successo non era per niente una bella cosa, a suo parere:
 
-Mi dispiace, sono arrivato in ritardo...ti hanno detto delle cose davvero cattive... io...
 
Voleva dirle che non riusciva a mandarle giù.
L’avevano trattata malissimo, come una poco di buono, una ragazza facile.
E ciò, non appena arrivò alle sue orecchie, gli fece scattare la scintilla e non lo fece ragionare più.
Ma come si erano permessi? Gli avrebbe dato volentieri un pugno in faccia.
Ma non riuscì a spiegare nulla di tutto ciò, poichè vide Sora sorridergli di nuovo.
 
-Ah, guarda, davvero, non preoccuparti. Ho subìto di peggio in California.
 
Vide lo sguardo di Taichi totalmente scioccato dalla notizia appena appresa, doveva assolutamente spiegarsi meglio prima che si facesse brutte idee.
 
-No no, nel senso, che non era la prima volta. Sai, in California sono stata presa molte volte di mira per il fatto di avere un bambino a quest’età... all’inizio ci rimanevo molto male, ma poi ho visto che lì criticare il prossimo è un passatempo. Non ero l’unica ad essere ragazza madre, e c’erano  decine di ragazze più giovani di me, quindicenni, sedicenni e così via. Col viverci ho capito che in America le persone criticano un pò tutto, c’erano per esempio ragazze che venivano prese in giro per il loro aspetto, per essere in carne, o per essere delle cervellone. Lì c’è l’etichetta del “loser” che può essere messa a chiunque, per questo devi star tranquillo, non sono rimasta sconvolta.
 
Ma Sora non lo vedeva calmarsi, anzi.
Vide il ragazzo fissare l’acqua limpida, intento evidentemente a ragionare.
Era consapevole della forza della bella ramata, ma ora questa idea si stava rafforzando sempre più.
E chissà quante cose aveva subìto e che lui non sapeva.
 
-Ma...ma ti hanno mai fatto del male? Sii sincera, ti prego...lo voglio sapere...
 
Taichi aveva stretto i pugni e continuava a vedere la sua immagine riflessa nell’acqua.
Quello che chiedeva era una cosa davvero grave,c osì rispose subito:
 
-Di questo non devi preoccuparti, non sono mai stata sfiorata con un dito. Mio zio John era la mia guardia del corpo, e mi accompagnava sempre in ogni posto, non mi lasciava mai da sola. All’università tutti lo conoscevano, è abbastanza famoso...
 
Sora ne approfittò per raccontargli un pò della sua vita in America.
Il famoso zio John era un noto camionista, ed era famoso non per il suo mestiere ma per il suo hobby, suonare in una band metal.
Era un uomo alto, molto robusto,dai capelli lunghi , raccolti in una coda, e una barba altrettanto lunga e raccolta in una treccia.
Il racconto del compagno di sua zia Harumi riuscì a cambiargli umore e farlo un pò ridere.
E con la sua descrizione capì anche le ragioni per cui le persone temevano di aver a che fare con lui, doveva mettere davvero paura.
Così, Sora riuscì a sdramatizzare la situazione.
Parlarono senza rendersi conto tutta la mattina della sua vita in America, facendo svanire per un attimo la preoccupazione del ragazzo.
 
Il pomeriggio, Sora e Shinichi rimasero a riposarsi nella camera dell’hotel, avevano dormito poco la notte prima, in più la mezza giornata al mare li aveva un pò stancati.
A prendere questa decisione fu anche il fatto che Taichi disse loro di dover  fare un giro nel centro poco lontano da quell’hotel, lasciandoli così soli a dormire.
Quell’uscita, però, aveva uno scopo ben chiaro.
Era un pò di tempo che gli balenava quell’idea in testa, e, dopo gli eventi di quella mattina, ormai non aveva più dubbi sul da farsi.
Doveva trovarli entro la sera, prima dell’aperitivo-cena della sua azienda.
E ci riuscì anche per tempo.
Tornò per le sei e trovarono il figlio e la sua mamma svegli.
Avevano già fatto entrambi la doccia e iniziato i preparativi.
Sora stava vestendo il figlio per la serata: Taichi le aveva fatto capire che dovevano essere abbastanza eleganti, così fece indossare a Shinichi una camicetta bianca a maniche corte con tanto di papillion e dei pantaloncini neri eleganti.
Era davvero bellissimo.
 
-Secondo te, glieli lego questi capelli?- chiese la giovane al compagno, riferendosi alla folta chioma del piccolo.
 
Taichi rise e guardò suo figlio: aveva due occhioni grandi, evidente segno che sperasse il padre dicesse di farglieli lasciare sciolti.
E così fu:
 
-No no, ribelli come quelli del papà, almeno non potranno criticare solo me!
 
Sora lo guardò, scuotendo la testa.
Lei aveva sperato le dicesse il contrario, sarebbe sembrato più elegante, ma erano due contro una, così sospirò:
 
-Ah, voi due, sempre d’accordo...
 
Shinichi corse dal padre, dandogli un cinque e poi un bacio sulla guancia per ringraziarlo.
Poi, il giovane disse ai due che sarebbe andato a farsi una doccia, in modo che anche Sora potesse cambiarsi e prepararsi.
Taichi poteva sentirli bene anche da sotto l’acqua: sentiva suo figlio consigliare la madre sul vestirsi, sentiva dirgli che un vestito era troppo semplice e addirittura un altro troppo accollato.
Scoppiò a ridere, non ci poteva davvero credere!
Era davvero una piccola peste.
Per semplificare le cose e non creare troppo imbarazzo, il giovane Yagami cercò di vestirsi e prepararsi dentro il bagno e, una volta fatto, chiese a Sora se poteva uscire e se fosse pronta anche lei.
Quest’ultima acconsentì, dicendo che ormai si era anche truccata ed era pronta.
Quando Taichi uscì, rimase bloccato sulla soglia della porta: Sora era intenta a ridere e a parlare col figlio, che la stava ancora bacchettando sul come doveva sistemarsi i capelli.
Ma rimase totalmente perso per la bellezza della ragazza, poco distante da lui: indossava un vestito bianco e corto fino a metà gamba.
Era un vestito stretto, che risaltava la sua snellezza e le sue forme perfette.
Abbinati, aveva indossato dei tacchi non troppo alti ma che l’aiutavano a slanciarsi un poco.
Quel vestito la rendeva davvero affascinante, grazie anche al bel contrastocreato dal bianco del vestito e l’abbronzatura.
Rimase immobile e incantato, pensando più volte a quanto fosse bella e non riuscendo a capire su cosa stavano discutendo, fino a che non fu chiamato in causa.
 
-No, mamma! Lascia la treccia! Ti sta meglio! Papà!! Diglielo anche tu!!
 
Sora si era fatta la sua solita treccia morbida, che le ricadeva di lato e che evidenziava il suo delicato viso, reso ancora più bello da quel leggero trucco che si era fatta.
 
-Ma sembro una bambina! Non mi pare il caso!- protestò la mamma, cercando di non ridere.
 
-Ma no mamma! Io ti voglio così! Papàààà! Papàà! Per favore, diglielo anche tu!
 
A quel punto, anche la ragazza si voltò verso il giovane, ma lo trovò fermo ,immobile, e fissava proprio lei con uno sguardo indecifrabile.
Vedendo l’attenzione puntata su di lui, Taichi decise di rispondere, ma quello che disse gli venne del tutto spontaneo:
 
-Sei davvero stupenda.
 
Sora avvampò in un istante, per non parlare del suo cuore che scalpitò così forte da farle male.
Per fortuna, a sdramatizzare la scena e a renderla un pò più leggera, fu la risata vittoriosa del loro bambino, mentre i due genitori ancora non riuscivano a distogliere lo sguardo l’uno dall’altra.
Taichi ,poi, si rese conto di essere stato fin troppo diretto, così, facendo finta di mettere apposto alcune cose, si spostò, scostando lo sguardo da Sora e correggendosi un poco:
 
-Ti sta bene, ha ragione Shinichi, quindi non preoccuparti.
 
Sora non ce la faceva più a reggere il calore che provava addosso, per questo si alzò anche lei e fece finta di mettere in ordine i suoi oggetti personali, ringraziandolo del complimento.
Non si era mai imbarazzata a tal punto.
 
-Visto che siamo pronti, possiamo andare, vero papà?!- chiese energico il piccolo dagli occhi mielati.
 
Gli sorrise, dicendo di avere ragione e di prendere la sua giacchietta.
Neanche a farlo apposta, padre e figlio sembravano essere vestiti uguali, solo che Taichi rinunciò al papillion e anche alla cravatta, erano due cose che gli davano fastidio e che lo soffocavano.
Teneva ,dunque, la sua camicia bianca un pò aperta in sommità e lunga sopra i pantaloni.
Sora prese la sua borsetta e fece cenno a Shinichi di avvicinarsi alla porta perchè stavano per uscire, quando ,però, fu richiamata da Taichi:
 
-Puoi venire un attimo...
 
Lo vide abbastanza serio, ma non la guardava in viso, quasi che si preoccupò inizialmente.
 
-Dimmi, che c’è?- gli chiese curiosa.
 
Sentì prendersi delicatamente la mano sinistra, con quelle sue mani calde e forti, e, ovviamente, per l’improvviso del contatto, sentì sussultare di nuovo il cuore e arrossire leggermente, per poi quasi morire nel vedere cosa fece successivamente.
Taichi alzò la sua mano fino ad una certa altezza e ,senza esitar,e le infilò un anello argentato sull’anulare.
Inutile dire che si sentì completamente svenire.
 
-Vorrei evitare situazioni spiacevoli come quelle di oggi...
 
Glielo disse guardandola dritta negli occhi e accarezzandole la mano, per poi stringerla.
Sora non riuscì a rispondergli, non ce la faceva, le mancava davvero il fiato, così si limitò solo a guardarlo.
E quel contatto, lui che le stringeva ancora la mano e non mollava la presa, era un motivo in più per non smettere di osservare il suo bellissimo viso.
Anche Taichi sembrò voler fermare il tempo, ma la loro piccola sveglia suonò, come sempre.
 
-Mamma! Papààààà! Andiamo!! Ho fame!
 
A quel richiamo, sciolsero la presa, ma la Takenouchi si sentiva ancora scottare.
In due minuti aveva rischiato l’infarto, fu questo che pensò prima di raggiungere suo figlio e uscire dalla stanza.
 
 
 
 
 
 
 
Raggiunsero il rinfresco verso le sette e mezza.
C’era veramente un bel pò di gente, tanto che  Shinichi e Sora si intimorirono un poco.
Ma Taichi cercò di metterli subito a loro agio, e a questo lo aiutò il suo capo.
Yusuke Hokitomo, un signore sulla cinquantina, non esitò ad accogliere il suo futuro dipendente e la sua famiglia.
Notò subito il piccolo, e la sua grande somiglianza col padre:
 
-Oh Taichi, è davvero tuo figlio allora! Dovevo vederlo per credere che tu fossi padre!
 
Shinichi si presentò, facendo sorridere il capo dell’azienda.
Poi fu la volta di Sora, che ,come al suo solito, diede l’impressione di una ragazza estremamente dolce ed educata.
 
-Davvero, sono incantato dalla vostra bellezza!-esclamò per poi guardare  il giovanotto al suo fianco.- Ora ho capito perchè ne hai parlato davvero poco, giovanotto! Una rarità, senza dubbio.
 
Dai discorsi successivi del signor Yusuke,  la giovane madre capì che Taichi aveva già accennato di loro due al suo capo, e ,addirittura, che gli avesse spiegato un pò la situazione.
Ma fu solo un bene, perchè così evitarono eventuali situazioni imbarazzanti e di disagio.
Parlarono e scherzarono una decina di minuti , e Sora pensò che era davvero un uomo gentile e affabile.
Ad interrompere la situazione fu la voce di una ragazza che chiamò a gran voce proprio lui, il giovane Yagami.
Nessuno dei presenti fece in tempo a voltarsi che se la ritrovarono tra le braccia di Taichi.
Sora la riconobbe subito, del resto come poter non riconoscerla?
I suoi capelli platinati potevano riconoscersi ovunque.
Era la bella giovane che stava parlando con Taichi proprio quella mattina.
Era in quelle situazioni che Sora si sentiva davvero stupida.
Quasi le veniva da ridere: dapprima le accadeva qualcosa che poteva farle pensare di avere ancora un posto nel cuore del ragazzo, e subito doposi verificava un evento in grado di distruggere questa credenza.
Si guardò l’anello che aveva in dito, quasi malinconica, ma non poteva farsi vedere così, erano in mezzo a delle persone, che figura ci avrebbe fatto?
Quando alzò lo sguardo, vide il giovane cercare di distaccarsi da quella donna che aveva anche dei stupendi occhi azzurri.
 
-Makino, suvvia, ti sembrano i modi?- la rimproverò lo zio.
 
Quell’intervento, fece capire alla Takenouchi che dovevano conoscersi tutti e tre, e chissà da quanto tempo.
Sentendosi un pò estranea, si accostò al figlio, che nel frattempo era rimasto allibito e alquanto deluso dalla scena di quella donna che era saltata sopra al padre.
Quest’ultima, non si era affatto accorta delle due nuove presenze, perchè aveva gli occhi solo per colui che aveva di fronte:
 
-Ah Taichi! Come promesso, sei venuto!
 
Altra frase che non andò per niente giù alla fanciulla dai capelli ramati, che guardò così altrove.
Addirittura una promessa?
Taichi si imbarazzò, era consapevole che alla scena stava assistendo anche la sua famiglia, ma davvero non riusciva a staccarsi quella ragazza di dosso.
 
-Si, Makino, ma non sono da solo.- cercò subito di chiudere il discorso,mentre cercava di sciogliere quell’abbraccio.
 
-Stasera ci sarà da divertirsi! Ci sarà anche la musica e i balli!
 
Niente, non lo ascoltava proprio.
Nel mentre, Sora notò lo stato del suo bambino, il quale non spostava la sua attenzione dalla scena, così cercò di distrarlo:
 
-Emh, signor Hokitomo, è vero che ci sono degli intrattenimenti per i bambini? Mi hanno detto anche degli spettacoli coi maghi..
 
-Oh, certo cara! Vostro figlio sicuramente gradirà! Guardi, laggiù ci sono gli animatori, può affidare tranquillamente il suo bambino a loro! Ogni anno è un successo per i bambini dei nostri dipendenti, si divertirà!
 
Certo, era una bella occasione per portar via Shinichi da quella scena deludente.
Ma Taichi vide che Sora voleva allontanarsi, in evidente imbarazzo per tutta quella situazione, così, con decisione , staccò la ragazza platinata, e richiamò lei.
Solo in quel momento, Makino si accorse della presenza dei due e si immobilizzò, scrutandoli.
Sora aveva, intanto, già chiesto a suo figlio se voleva raggiungere gli animatori, ma lo vide lanciare sguardi dubbiosi prima al padre e poi a lei stessa:
 
-Perchè papà si fa abbracciare da un’altra donna, mamma?!- chiese indicando col suo piccolo dito la fanciulla dagli occhi celesti.
 
Sora avvampò per l’ennesima volta, ma perchè Shinichi doveva farle fare sempre delle figuracce?
Il signor Yusuke rise apertamente, mentre Taichi si avvicinò al figlio:
 
-Ma che dici, piccolo!
 
Vide il bambino dalla folta chioma dorata guardarlo arrabbiato, non lo aveva mai fatto:
 
-Non abbracci neanche la mamma... perchè?
 
A quel punto, intervenne Sora, abbassandosi verso di lui e sorridendogli.
 
-Tesoro mio, è un semplice saluto. C’è chi saluta stringendosi la mano e chi abbracciandosi, dipende dalla confidenza che hai con una persona, si vede che è una cara amica di papà...
 
Taichi si accorse della situazione assurda che si stava creando, e il tutto per Makino.
Ma quest’ultima era più sconvolta di tutti loro:
 
-P-papà?!
 
Vide che erano due gocce d’acqua e impallidì alla sola idea, ma ognuno reagisce agli shock a modo suo e lei scoppiò a ridere.
A quel punto, tutte le prestarono attenzione, sembrava davvero presa da una risata isterica.
 
-Ma vuoi davvero dirmi che è tuo figlio? Ma...ma è impossibile! E’ davvero... è grande! Insomma, non è possibile!
 
Fu la volta del signor Yusuke ad imbarazzarsi per il comportamento della nipote, li stava implicitamente offendendo.
Si avvicinò a Taichi e lo incitò ad andare verso i tavoli, che avrebbe pensato lui a spiegare la storia alla ragazza.
Il giovane obbedì.
Notò che Sora era propensa a prortare loro figlio verso gli animatori, per fargli dimenticare l’accaduto, ma lui non si era dimenticato la giustificazione della mamma, così cercò di fermarla e risponderle.
Dopo essersi impuntato, ottenendo così l’attenzione dei suoi genitori, disse:
 
-Se quella lì è un’amica di papà perchè lo ha abbracciato, allora tu sei una grande amica del capo della Tashibi visto che ti ha toccato il sedere!
 
Inutile dire l’assoluto silenzio e spiazzamento dei due adulti di fronte ad una risposta così.
Ma ,sopratutto, la Takenouchi sgranò gli occhi ,davvero sorpresa e, perchè no, anche un pò sconvolta.
Ciò significava che suo figlio l’aveva vista, ma quindi, anche lui aveva assistito alla scena.
Con questa idea in testa, cominciò a voltarsi verso il castano accanto, ma Taichi si fiondò sul figlio prendendolo in braccio e ridendo forzatamente:
 
-La mamma si è sbagliata! Non è un fatto di confidenza! Ognuno saluta a modo suo! Sai, per esempio, gli italiani quando si salutano si danno anche dei baci sulla guancia! Dipende anche dal carattere di una persona!
 
Shinichi, finalmente, sembrò quasi convincersi con la versione del papà.
Quest’ultimo diede un’occhiata veloce alla ragazza poco distante, che li guardava ancora con gli occhi sgranati, quei due non gliela raccontavano giusta.
Allora il giovane Yagami propose di portare lui stesso il figlio verso gli intrattenitori di bambini e, non appena Sora espresse la volontà di accompagnarli, i due ometti si voltarono verso di lei dicendole che “dovevano anche parlare di cose tra maschi”.
Al che, l’interessata rimase ancora più spiazzata, non riuscendo neanche a replicare.
Durante il breve tragitto, in effetti, padre e figlio si rimproverarono delle cose a vicenda:
 
-Insomma, Shinichi! Mi avevi promesso di non parlare di quella cosa con la mamma! Invece l’hai cacciata fuori!
 
-Era per capire, papà! Voi adulti dite una cosa e ne fate un’altra!
 
Per l’ennesima volta, il bel giovane dagli occhi nocciola si chiese il perchè di quell’assurda intelligenza e accortezza del piccolo, stava superando anche la madre.
 
-Quando crescerai, capirai, ma per ora fidati dei tuoi genitori!
 
-Io non voglio vederti con un’altra, papà, la mamma ci soffre! Poi piange!
 
A quelle parole, si fermò completamente, guardandolo dritto negli occhi color miele, e, prima che potesse chiedergli spiegazioni, il bimbo, aiutandosi anche coi gesti delle braccia, continuò:
 
-Quando eravamo in California, la mamma piangeva ogni sera per te! Io la vedevo piangere e la zia Harumi mi confidò che era perchè le mancavi! Ora che siamo quì, lei non piange più come prima perchè possiamo finalmente vederti ogni giorno! Però se tu abbracci un’altra, lei piange! E io non voglio!
 
Rimase a bocca aperta per le parole del figlio, per poi scuotere la testa e infine sorridergli dolcemente.
Gli mise una mano tra i capelli folti, scompigliandoglieli un poco:
 
-Non devi preoccuparti, figlio mio. Per me c’è sempre stata solo lei nel mio cuore. Non c’è spazio per altre.
 
Lo vide sorridere come non mai, lo abbracciò così forte da trasmettergli tutta la sua felicità.
Ora si che poteva andare a giocare tranquillamente con gli animatori e gli altri bambini.
 
Una volta lasciato andare, Taichi sapeva di dover affrontare lei.
Sperava tanto che non gli chiedesse giustificazioni, ma infondo sentiva di doverle spiegare qualcosa, almeno a riguardo di quella ragazza.
Quando arrivò davanti alla fanciulla, quasi che si incantò di nuovo, era davvero bella quella sera.
 
-Avete finito il confessionale?- chiese scherzando.
 
Lui rise un poco, per poi passarsi una mano tra i capelli, certo che quella giornata stava diventando faticosa.
La vide voltarsi per andare verso il buffet e i rispettivi tavoli, ma , involontariamente, la fermò:
 
-Ecco, Sora... mi dispiace per tutta quella situazione... ecco..
 
L’interessata lo fissò, guardandolo un pò interrogativa e scrutandolo per bene, era in imbarazzo.
 
-Quella ragazza, Makino, è la nipote del mio capo e... insomma, lei mi saluta così ma.. non abbiamo assolutamente confidenza, cioè... io...
 
Stava palesemente cercando di giustificare l’accaduto, e non riusciva a trovare le parole giuste, tanto che a Sora fece davvero tenerezza.
La vide sorridere dolcemente e ciò lo mandò ancor di più in difficoltà.
 
-Che ne dici se andiamo a bere qualcosa?
 
L’invito improvviso della dolce ragazza fece capire a Taichi che aveva già dimenticato tutta la scena e di proseguire la serata.
Lei era così, non aveva mai intenzione di rovinare qualcosa, quindi cercava sempre di rimediare e di non far sentire a disagio il prossimo.
Così, accettò senza problemi, era l’idea più giusta e sensata.
Stava per l’appunto pensando di dover recuperare un pò la serata quando si sentì di nuovo salutare, stavolta da due voci maschili.
Taichi si voltò, assieme alla giovane madre al suo fianco, e si trovarono davanti un ragazzo bassetto e occhialuto, dai capelli corti e i riflessi blu, e un altro giovane un pò più alto, dai capelli dritti e castani, come i suoi occhi.
Quest’ultimo salutò il giovane Yagami ridendo e dandogli una pacca sulle spalle.
 
-Kenta, Kenji, come state?!- chiese subito il bel ragazzo dagli occhi nocciola, ridendo a sua volta.
 
Sora rimase un pò indietro, non li conosceva e si sentiva sempre di troppo in quelle occasioni.
Capì dai loro discorsi che anche quelle due persone avevano a che fare con l’azienda di Taichi, dovevano essere poco più grandi di loro e già dipendenti del posto.
Però, anche lì, il bel giovane non esitò nel presentare la fanciulla, facendola  avanzare con coraggio e con l’aiuto della sua delicata mano dietro alla nuda schiena di lei.
 
-Sora, ti presento Kenta- disse indicandogli il ragazzo che indossava gli occhiali- e lui è Kenji. Lavorano già da due anni per Yusuke e sono due cari amici.
 
Lei sorrise con tutta la sua dolcezza, tanto da incantare i compagni di Taichi così tanto che rimasero imbambolati a guardarla e a squadrarla dalla testa ai piedi, nonostante lei avesse proteso la mano per presentarsi.
Entrambi i neo genitori si accorsero del loro sguardo sognante, tanto che Sora aveva pensato di ritrarre la mano.
Ma ,poi, fu presa da Kenta, che ,addirittura, gliela baciò:
 
-Davvero molto piacere... un grande piacere... enorme...- fece non staccandole gli occhi di dosso.
 
La Takenouchi non sapeva cosa fare, così cercò di sorridere di nuovo.
Kenji notò che l’amico non voleva mollare la presa, così fu costretto ad intervenire e prendere la mano della ragazza, per stringerla e salutarla anche lui.
 
-Non ti abbiamo mai vista dalle parti di Odaiba... ce ne saremo ricordati insomma, di dove sei?
 
-E’ di Odaiba anche lei.- rispose subito Taichi affiancandosi ancora di più a lei.
 
Quei due erano davvero simpatici, li trovava davvero divertenti, ma proprio non stava pensando al fatto che ,in realtà, gli piacevano molto le donne.
 
-Ah, emh, che ci fai quì? Sarai una futura dipendente della nostra azienda?- chiese Kenji molto interessato.
 
-Dì di si!- esclamò subito l’altro speranzoso.
 
Sora guardò entrambi, era leggermente imbarazzata, ma non voleva che rispondesse Taichi al suo posto, così disse:
 
-Io sto con lui...ho accompagnato Taichi a questo evento...- fece un pò imbarazzata e guardando anche verso l’interessato.
 
L’imbarazzo della ragazza era dovuto anche al fatto che non aveva la benchè minima idea di come presentarsi, se come amica, se come ex fidanzata, se come madre di suo figlio, insomma, non sapeva darsi un ruolo.
E Taichi non l’aveva aiutata in questo, non le aveva fatto capire chi dovesse essere lì.
 
-Non dirmi che questo schianto è la tua ragazza!- fece di nuovo Kenta con la sua solità spontaneità e sincerità, tanto da far arrossire l’interessata.
Questo ragazzo, molto intelligente e un genio nel suo mestiere, in realtà aveva un piccolo difetto: quasi sempre non riusciva a mantenere una sua opinione nella propria testa e la esponeva subito senza pensarci, anche se ciò poteva metterlo in una situazione di assoluto disagio.
 
-Per forza, insomma, se non è una dipendente, e sta con lui....- ragionò ad alta voce l’altro- Taichi, ma non ci hai detto nulla!!! Mai nulla!
 
Sora non sapeva dove guardare, se quei due strani ragazzi, o se l’uomo con cui stava o direttamente altrove.
Che razza di situazione!
Taichi non stava messo meglio, dentro di sè avrebbe voluto prenderli per le orecchie e fargli una ramanzina lunga un chilometro, ma ora erano lì, e doveva affrontare la cosa.
 
-Cosa avrei dovuto dire a due perversi come voi?-disse incrociando le braccia e cercando di far capire loro di smetterla di comportarsi in quel modo di fronte a lei.
 
Ma vide Kenji confrontarsi con l’amico e parlare col solito tono alto:
 
-Ah ecco, non ci ha mai detto niente perchè la voleva tenere tutta per sè,minimo aveva deciso di presentarcela quando ormai la storia fosse conclusa e l’avesse definitivamente conquistata.
 
-Eh, ci credo... anche io avrei nascosto una così... e la nasconderei tutt’ora.
 
Kenta era davvero impossibile, non si faceva nessun problema nello squadrarla di continuo, al che Taichi si innervosì talmente tanto, che prese Sora per mano e l’accostò ancora di più a sè.
Inutile dire il grande rossore di quest’ultima,sia per il gesto del ragazzo, sia per le cose dette; dentro di sè ringraziò il fatto che le luci erano abbastanza soffuse e che non si vedesse molto il colore del suo viso.
 
-La cosa non è affatto recente, abbiamo anche un meraviglioso bambino di cinque anni, ecco perchè lei sta ora qui con me, perchè ho portato la mia famiglia.
 
Le facce dei due erano totalmente sconvolte.
In tutto quel tempo che si conoscevano, non avevano mai intuito che avesse un bambino e una ragazza, e ciò lo dissero apertamente.
Sora rimase piacevolmente sorpresa, e cominciò a pensare al fatto che Taichi fosse consapevole che quella sera avrebbe dovuto affrontare tutto ciò.
Insomma, poteva anche andare da solo a quell’incontro così da evitare tutti quei fastidi.
Invece quel gesto le faceva capire che in realtà stava proprio approfittando dell’evento per mostrare a tutti la verità, il fatto che lui avesse una famiglia già avviata.
Forse lo doveva considerare come un segno positivo?
 
-Ma, mia dolce e splendida Sora, ci confermi davvero di avere un bambino e di averlo concepito da questo ammasso di capelli?
 
Lei rise, sia per la domanda di Kenta, sia per la sua espressione.
Strinse di più la mano del ragazzo al suo fianco, per poi prenderlo sotto braccio e appoggiare delicatamente la sua testa su di lui:
 
-Si, proprio così... e nostro figlio ha lo stesso “ammasso di capelli”, poi ve lo faremo conoscere.
 
Con la conferma della ragazza, che appariva davvero sincera ai loro occhi, capirono che i due non stavano scherzando.
Taichi sorrise a Sora, ma lo fece sopratutto per quel dolce gesto che fece.
 
-Cioè, tu hai avuto un bambino, e hai quel fisico così perfetto?!
 
Kenta insisteva nello squadrarla, nonostante ormai Taichi gli avesse detto che era intoccabile, così ,proprio lui lo cacciò via e portò in salvo la ragazza, era davvero impossibile coprirla da tutti quegli sguardi curiosi.
Si sedettero al loro tavolo, lui era totalmente stravolto.
Non pensava che gestire tutta quella situazione lo rendeva così stanco!
 
-Ah Sora, dovrei dire a Shinichi di farti buttare questi vestiti!- esclamò esausto e passandosi una mano tra i capelli castani.
 
A quell’espressione, Sora lo guardò di nuovo allibita, non capendo più nulla su ciò che stava accadendo.
Ultimamente, quando stavano insieme, senza la loro famiglia alle spalle, i due avevano ripreso confidenza, e lui aveva cancellato totalmente la freddezza iniziale.
Ed ora erano addirittura arrivati a quei livelli, non che la cosa le dispiacesse, ma se prima non sapeva come comportarsi, ora davvero non sapeva cosa fare.
Non sentendo la sua risposta, la guardò e notò la stessa faccia scossa di qualche minuto prima.
 
-Attiri troppe attenzioni, difficili da gestire.- concluse prendendo il suo bicchiere e riempendolo di quel vino bianco che aveva davanti.
 
Voleva rispondergli, ma davvero nonsapeva cosa dirgli.
Insomma, tra lui e Shinichi non sapeva più neanche come presentarsi.
Cosi, fece la stessa cosa, e prese da bere anche lei.
Stettero in silenzio per qualche minuto, osservando un pò la folla in generale, c’era davvero tanta gente.
Poi, Taichi se ne uscì con un’altra frase:
 
-Che disastro, mi dispiace di averti messo in imbarazzo e in situazioni difficili...da quando siamo arrivati stamattina. Giuro, non era mia intenzione... volevo davvero passare un pò di tempo con voi...
 
Pensò che fosse davvero tenero: lei sapeva che quello che stava accadendo non era assolutamente voluto.
In fondo, non era neanche la prima volta.
Sorrise pensando a ciò che stava per dirgli, per poi guardarlo negli occhi:
 
-Non sarà mai un disastro paragonabile a quella volta...
 
A quel punto, Taichi cominciò a perdersi nell’oro di quei occhi, riuscendo ad intuire, forse, a cosa si riferisse:
 
-Quale volta?- chiese per conferma.
 
-La sera in cui ci siamo messi insieme.- rispose subito, facendo poi un sorso di vino.
 
Posò il bicchiere sul tavolo, e appoggiò la sua nuda schiena sullo schienale della sedia, era evidente che si stava immergendo nei ricordi, grazie anche a quel sorriso nostalgico che le spuntò in viso.
 
-Ricordi? Mi avevi inizialmente portato a cena da Sishima, il più noto ristorante di Odaiba, ma quando arrivammo lì, risultò non esserci la tua prenotazione.
 
Lui rise a quelle immagini vecchie che gli apparirono in testa:
 
-Davvero, da dimenticare. Che poi, per rimediare, avevo cercato di portarti nell’altro ristorante, il Tokeita, ma siccome era Sabato, era tutto pieno, nessun tavolo disponibile.
 
-A quel punto, avevi deciso di portarmi in un altro posto, che però era fuori città, ma avevi lo scooter, così iniziammo lo stesso il viaggio.
 
-.. e a metà percorso iniziò il diluvio universale...risultato: bagnati fradici e con una fame da lupi.
 
Rise alla scena: si ricordò di lui e i suoi lunghi capelli zuppi d’acqua e lei col vestito nuovo completamente bagnato.
 
-Alla fine ci siamo fermati al solito pub, l’unico posto che ci poteva accogliere in quelle condizioni perchè ci conoscevano..- continuò lei ormai immersa di nuovo in quella sera.
 
-E’ vero... che poi, anche per tornare a casa fu un’impresa perchè iniziò un’acquazzone... quando arrivammo nel nostro palazzo, avevamo già beccato il raffreddore...davvero.. un disastro totale...
 
Ma vide Sora fissare pensierosa il suo bicchiere di vino, per poi accennare ad un sorriso:
 
-Apparentemente... in realtà, è stata la serata più bella della mia vita...
 
Non aveva mai dimenticato quella sera, neanche un solo secondo.
Si ricordò che una volta arrivati davanti alla porta di casa sua, Taichi si scusò della malriuscita di tutto ciò, ne era davvero affranto.
Aveva perso tempo non solo per organizzare il tutto, ma anche per prepararsi lui stesso, e tutto ciò lei lo aveva capito ai tempi, come tutti del resto.
Così, non lo fece neanche finire di parlare che lei lo abbracciò delicatamente e lo baciò con un’enorme dolcezza, tanto da scioglierlo.
E quel loro bacio non lo avrebbero mai dimenticato.
Entrambi pensarono ,contemporaneamente, alla conclusione di quella serata e Taichi non potè non accorgersi che l’aveva appena definita “la serata più bella della sua vita”.
Sentì un calore piacevole al cuore, ed ebbe anche una strana sensazione.
Nonostante fosse diventata ancora più bella e una donna, averla lì, proprio in quel momento in cui ricordavano certe cose, gli dava l’impressione che non fosse passato poi così tanto tempo.
E che le cose tra di loro non fossero mai cambiate, nonostante tutto.
 
-Mamma, papà!!
 
La voce di Shinichi ruppe l’atmosfera.
Il bambino, accompagnato dal personale addetto, corse verso i suoi e si mise a sedere: era entusiasta, gli animatori gli avevano promesso degli spettacoli dopo cena, ed era corso da loro per poter mangiare velocemente.
I genitori risero per quanto era buffo, e cercarono di spiegargli che l’inizio di quello spettacolo non dipendeva dalla sua velocità nel mangiare, ma dai camerieri e dalle portate della cena.
Così, la serata continuò in assoluta tranquillità, tra le risate dei tre, altre conoscenze dei futuri colleghi di Taichi, e vari spettacoli.
Arrivò mezzanotte e la giovane famiglia si ritirò in Hotel.
Erano davvero stanchi, la giornata era stata piena di avvenimenti e cose nuove, sopratutto per Shinichi.
Si divertì molto anche grazie agli spettacoli organizzati ed era rimasto impressionato dai maghi e dagli illusionisti.
Infatti, anche quando si adagiarono tuti e tre sul letto,  non smise di parlare di quello che aveva visto.
Il piccoletto si piazzò in mezzo ai due e cominciò a gesticolare preso dal suo solito entusiasmo.
Sora rise, e lo abbracciò, baciandogli la nuca e dicendo che ora doveva dormire, così che poi si sarebbero svegliati presto per tornare al mare.
Anche quest’ultima notizia lo esaltò, dando un piccolo pugno involontario sul viso del padre, che era dall’altra parte.
Risero ancora per un pò,poi Taichi spense la luce, cercando di convincere il figlio a chiudere gli occhi.
Si posizionò su di un fianco, verso Shinichi, e lo abbracciò anche lui, baciandolo a sua volta per dargli la buonanotte.
Successivamente, fece scivolare la mano su quella della ragazza e l’accarezzò.
Potè benissimo notare in quella notte limpida i suoi occhi brillare.
Sentì che, a quel tocco, Sora gli prese la mano e la strinse.
Che bella sensazione che provarono entrambi, un bel calore con un gradevole brivido.
Stavano davvero bene così, sentivano una serenità e tranquillità interiore che da tempo mancava in loro.
Continuarono a stringersi e ad accarezzarsi la mano, fino a che non si addormentarono col sorriso.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Shinichi era davanti alla sveglia digitale.
Si era alzato dal letto e stava cercando di capire se il primo numero che leggeva era un sei o un sette.
Si ricordò che la mamma gli aveva spiegato che il sette negli orologi digitali era formato da due linee ortogonali tra loro, una “L” rovesciata, e ciò gli fece capire che ancora non era arrivata l’ora di svegliare i suoi.
Per questo, si sedette a terra, davanti al comodino, cercando di capire i numeri seguenti al sei, chissà quanto mancava!
Cercò di capirlo ragionando numero per numero, come gli aveva insegnato la mamma.
Nel mentre, per l’assenza del piccolo, Taichi e Sora si erano davvero avvicinati involontariamente l’uno all’altra.
Il bel ragazzo l’abbracciava teneramente, mentre lei si era accucciata su di lui.
Erano davvero teneri.
In realtà, Taichi si era accorto di quando Shinichi si era alzato, e, vedendo il viso angelico di Sora davanti a lui immerso nel sonno, non seppe resistere, e si avvicinò.
Quest’ultima riconobbe subito il gesto dolce di Taichi, avevano dormito tante di quelle volte insieme che era difficile dimenticare il suo tocco, così si accucciò subito a lui e si riaddormentarono serenamente, non pensando proprio a dove fosse finito il loro bambino.
Arrivarono le sette, e Shinichi si emozionò.
Si accertò che quel numero che vedeva fosse effettivamente un sette, scrutando per bene l’ora, poi, trovandosi dal lato del letto del papà, gli saltò subito sopra, urlando:
 
-Sveglia!!! Sveglia!!!! Svegliateviii! Dobbiamo andare al mare!! Papàààà! Mammaaa! Su!!!
 
A Taichi prese un colpo, un risveglio così traumatico, causato non solo dal gesto di Shinichi ma anche dalle urla, gli aveva fatto salire il cuore in gola.
Sora invece non si scompose dalla sua posizione e nè aprì gli occhi, anzi, si accucciò ancora di più su Taichi, ridendo un poco.
Il ragazzo dagli occhi nocciola, si girò un poco, per guardare dapprima suo figlio che nel frattempo si era seduto al suo fianco,e poi la sveglia.
Posò di nuovo lo sguardo, quasi sconvolto , sul piccolo che aveva una faccia davvero furba e gli occhi brillanti.
 
-Shinichi....sono le sette!!!- esclamò.
 
-Si!! Lo so!!! Ma dobbiamo andare al mare!!! Se no ci rubano il posto!- disse allargando le braccia, come se la cosa fosse ovvia.
 
Taichi cercò di guardare Sora, ma lei aveva nascosto il viso su di lui.
 
-Shinichi...ora al mare non c’è nessuno...neanche i pesci!!!
 
-Non è vero!!! Ieri Kintama e Kenzo mi hanno detto che erano arrivati alle sette e mezza! E mi hanno preso in giro perchè sono arrivato alle dieci!
 
Sora capì che si stava riferendo ai due bambini conosciuti il giorno prima, così sussurrò il suggerimento al padre.
 
-Ah...Shinichi, siamo distanti dieci minuti a piedi dalla spiaggia... e al mare si va alle otto, ora torna a dormire.
 
Ma il bambino non ne voleva proprio sapere.
Appena il padre cercò di accucciarsi di nuovo con la madre, gli prese la testa e la voltò verso di lui.
Con le sue piccole manine cercò di aprirgli gli occhi:
 
-No papà, basta dormire! Ci vogliono dieci minuti? Più devi considerare il tempo per il vestirsi e per la colazione... così arriveremo alle nove!
 
Si guardarono negli occhi per qualche minuto, poi Taichi si voltò verso Sora e le alzò dolcemente il viso:
 
-Tuo figlio fa sempre così la mattina? E’ peggio di te quando venivi a svegliarmi per andare a scuola... e poi questa sua intelligenza...a volta è davvero fastidiosa! Ha preso tutto da te..
 
Lei aprì i suoi occhi assonnati e rise apertamente:
 
-Ora è solo figlio mio? E credimi...che in realtà è la tua copia in tutto e per tutto...
 
Ormai si era arreso, lo stava davvero torurando e il fatto che neanche Sora riuscisse a farlo ragionare, lo demoralizzò ancora di più.
Così gli disse di prepararsi il costume e i vestiti da mettere, tanto da farlo scattare con entusiasmo.
Appoggiò di nuovo la testa sul cuscino, guardando ancora una volta lo splendido viso di Sora, poco distante dal suo.
Lo accarezzò, scostandole i capelli, e pensando che avrebbe voluto stare davvero un altro pò sul letto con lei.
Stavolta Sora non esitò nell’abbracciarlo, aveva voglia di avere un contatto molto più lungo con lui ed ora, per quella piccola peste, dovevano alzarsi.
Ma neanche fecero in tempo ad accucciarsi di nuovo, che videro Shinichi alla fine del letto posare dei vestiti proprio sopra alle lenzuola, con aria trionfante:
 
-Questi sono i vostri vestiti e costumi, ve li ho portati! Mamma, ho scelto per te quel vestito bello, quello rosa pallido e con la gonna larga, quello che ti fa sembrare un fiore! Tanto c’è papà che ti protegge.
 
Lo guardarono allibiti, di nuovo.
Era davvero tremendo, ma alla fine vinceva sempre.
 
-Il vestito della mamma lo decido io stavolta! – fece Taichi mettendosi a sedere sul letto ed esaminandolo.
 
Scoppiarono tutti a ridere: si era creato un quadro familiare strano e divertente, erano davvero bellissimi insieme.
 
Guidati e diretti dal piccolo Shinichi, arrivarono al mare.
Si accamparono stavolta molto più vicini alla riva, anche perchè la gente a quell’ora era davvero poca.
Alle 8:15 erano già operativi e Shinichi stava cercando di entrare in acqua, stavolta munito sia di braccioli che di salvagente.
Ma come al solito il mare era gelido, tanto che Sora disse che sarebbe andata a prendere un pò di sole e li avrebbe raggiunti più tardi.
Dopo essersi scambiati uno sguardo complice tra padre e figlio, Taichi la fermò per un braccio.
La tirò a sè, prendendola poi per la vita e cominciando a trascinarla piano piano verso l’acqua.
Sora si agitò, non aveva proprio voglia di farsi il bagno:
 
-Taichi! Fermati! Lasciami! Lo sai che soffro l’acqua fredda! Lo sai che non la sopporto! Lo sai che la odio!! Ti prego...dai... non è divertente!
 
Shinichi rideva come un matto e ,invece di aiutare la mamma, incitava il padre a buttarla dentro.
Sora lo fulminò e gli disse che l’avrebbe pagata anche lui.
Ogni volta era così, quei due si mettevano d’accordo su una cosa e fino a che non la facevano non erano contenti.
Entrati a fatica in acqua, per facilitarsi nell’impresa, Taichi bloccò Sora in un abbraccio.
Quest’ultima non riuscì a liberarsi, quella presa era davvero impossibile da sciogliere, così si aggrappò a lui, mettendogli le braccia intorno al collo e cominciando a lamentarsi di quanto fosse gelida l’acqua.
 
-Taichi...giuro che me la paghi... non potevi farmi un dispetto più grande...- disse sofferente, appoggiando il viso sulla forte spalla del ragazzo nel mentre, ormai ,l’aveva fatta bagnare fino alla vita.
 
Lui rise di gusto, ogni volta era così quando andava al mare con lei, e lo era stata fin da piccola, non era cambiata per niente.
Lo aveva sempre riempito di simpatiche minacce, ma alla fine non gli faceva mai nulla.
Se la strinse a sè, accarezzandole la schiena abbronzata e avvicinando la bocca al suo orecchio:
 
-Non c’è cosa che mi rende più rilassato e felice...- le sussurrò, provocandole un brivido che partì dall’orecchio e andò lungo la schiena.
 
Alzò la testa per guardarlo in viso, mantenendo una poca distanza tra i loro visi.
Lei aveva le braccia attorno al suo collo, e lui attorno alla sua schiena, e insieme si strinsero ancora di più per poi appoggiare la fronte , l’una sull’altra, e guardarsi negli occhi.
A Sora salì letteralmente la voglia di baciarlo, di riassaporare quei dolci gesti di un tempo.
Taichi sembrò volesse davvero farlo, accorciando ancor di più le distanze, ma poi sentirono un rumore strano verso una certa direzione, così si voltarono e videro Shinichi poco distante andare verso di loro.
Una scena davvero buffa gli si mostrò davanti: il piccolo, dotato di braccioli e anche di salvagente, sbatteva i piedi provocando così dei grandi schizzi d’acqua al suo seguito.
Le persone che erano attorno a lui vennero così bagnate, ma Sora e Taichi avevano cominciato a ridere per la sua espressione soddisfatta e felice.
Arrivò di fronte a loro e li guardò con quel suo sguardo furbo e mielato, tanto da far allentare la presa dei due genitori.
 
-Ciao!- salutò sorridendo.- Volevo solo venirvi a salutare!- disse poi voltandosi col suo salvagente per tornare a nuotare nella direzione da cui era venuto.
 
Non fecero in tempo a ridere che Shinichi, sbattendo i piedi sulla superficie dell’acqua per nuotare, li inondò letteralmente, bagnandogli viso e capelli.
Non riuscirono a capire se lo avesse fatto apposta o no, ma Taichi lo prese per il salvagente e lo avvicinò a loro:
 
-Mi hai fatto bere un litro di acqua salata!!!!- protestò davanti al figlio che rideva di gusto.
 
Sora aveva le mani sui fianchi, le azioni combinate di quei due l’avevano letteralmente bagnata tutta.
Si avvicinò a quella scena divertente, e, inizialmente, parve prendere le difese del figlio, allontanandolo dal padre.
Ma Shinichi ,poi, vide la madre che ,con un’agile mossa, fece perdere l’equilibrio del padre, facendolo ricadere e andare sott’acqua.
Poi si voltò verso il figlio dicendogli che era il suo turno, e cominciò a schizzarlo bagnandogli così la sua folta chioma.
Ovviamente, protestò, cercando di scappare nuotando, ma era davvero lento e la madre, prendendo il salvagente lo riportava sempre a sè.
Nel frattempo, il giovane papà era riemerso, completamente spiazzato dal gesto di Sora.
Si avvicinò a lei, prendendola in braccio all’improvviso e lanciandola un pò in aria verso il largo .
Shinichi esultò col padre, lo aveva salvato.
Quando Sora riemerse , guardò allibita entrambi e fece finta di essere offesa:
 
-La mettete così? Bè  allora d’ora in poi cavatevela senza di me!-disse infine dandogli le spalle e incrociando le braccia.
 
Ma si voltò ben presto perchè cominciò a sentire entrambi lamentarsi.
Infatti vide che, a quella minaccia, i due si puntarono un dito contro l’altro dandosi la colpa a vicenda, prorpio come due bambini.
E Sora non potè che scoppiare a ridere.
 
La giornata andò così, meravigliosamente bene.
Si divertirono da matti, tutti e tre, e giocarono anche tutto il tempo, prima con le racchette, poi con la palla, poi coi tuffi, insomma, non si erano fermati un secondo.
Fecero anche cena fuori prima di tornare a casa, durante la quale fecero un riassunto dei momenti più belli di quella gita.
La cosa che rese davvero magnifico tutto ciò fu proprio l’ultimo commento di Shinichi che disse ai suoi che era stata la gita più bella della sua vita e che voleva stare sempre con loro.
Taichi aveva addirittura pensato di prolungarla, ma il lunedì mattina seguente Sora aveva lo stage, quindi non poteva.
 
Per quando tornarono a casa era quasi mezzanotte.
Shinichi si era addormentato in macchina, era davveron stanco anche perchè, sopratutto lui, non si era mai fermato.
Così, il papà aiutò Sora a portarlo in camera sua.
Toshiko ovviamente stava dormendo, per questo cercarono di far piano e adagiarono il piccolo a letto.
Taichi accarezzò il bimbo, per poi dargli un bacio in fronte.
Sora sorrise alla dolce scena, quanto era felice di tutto ciò.
Poi, la ragazza accompagnò il bel giovane alla porta e cominciò a ringraziarlo di tutto.
Mentre lo faceva, le venne un leggero imbarazzo dovuto al fatto che ,osservandolo per bene, pensò che era davvero diventato un bel ragazzo.
Abbassò ,così, lo sguardo e notò che, involontariamene, stava giocando con l’anello da lui regalato.
In quei due giorni lo aveva fissato spesso, abbastanza sbalordita, perchè non le sembrava neanche un anello d’argento, ma d’oro bianco.
Poi, le venne in mente che forse doveva restituirglielo, così se lo sfilò e glielo porse:
 
-Quasi che stavo per dimenticarlo...
 
Taichi guardò prima lei e poi la sua mano.
Glielo prese, ma solo per rimetterlo sull’anulare.
Senza guardarla e stringendole poi la mano, disse:
 
-Voglio che tu lo tenga... ci tengo molto...
 
A quel punto, fissò i suoi occhi nocciola proprio in quelli dorati di lei.
C’era un’atmosfera magica in quel momento, la quale non riusciva a farli allontanare l’uno dall’altra, anzi, senza accorgersene ognuno di loro aveva fatto un passo verso l’altro.
Dopo aver inspirato per bene, Sora riuscì a sussurrargli:
 
-E’ stata davvero una bella gita, sono stata benissimo..
 
Sentì le mani di Taichi scivolarle fino a dietro la schiena , avvicinandola così di più a lui.
 
-Dovremo rifarle più spesso..- disse lui, mentre avvicinava il viso e mentre lei fece finta di sistemargli il colletto della maglia.
 
Stettero in silenzio, in quella serata limpida e illuminata solo dalla luna e dalle stelle.
Nessuno dei due riusciva a pensare , era come se si fosse congelato tutto attorno a loro, come se si fosse fermato il tempo.
E Sora non resistette nello scoccargli un lieve bacio sulla guancia, ma quel gesto fece solo scattare la reazione di Taichi.
Fece pressione sulla bella scheina di lei, spingendola e contemporaneamente alzandola verso di lui e costringendola a baciarlo.
Fu un bacio assolutamente passionale, voluto da non si sa quanto tempo, nessuno voleva staccarsi, anzi.
Sora si aiutò ad alzarsi mettendogli le mani attorno al collo, premendo ancora di più la testa folta del ragazzo contro la sua.
Lui continuò a stringerla, cominciando poi ad accarezzarla e ad infilarle le mani sotto al vestito per sentire la sua nuda pelle.
Erano così presi dal momento che Taichi la sollevò per portarla verso il divano, ma non fece molta attenzione e il gesto lo spostò di un poco, causando del rumore.
All’inizio non ci fecero caso, e Sora , mentre continuava a baciarlo, cominciò a sbottonargli la camicia.
Era un miscuglio di emozioni, dalle quali nessuno dei due riusciva a scappare.
E non riusciva neanche a farli ragionare.
 
-Sora, sei tu?
 
La voce improvvisa di Toshiko li fece fermare e staccare l’uno dall’altra.
Si guardarono a vicenda, cercando di prendere fiato, poi sentirono aprirsi una porta, evidentemente la signora stava uscendo dalla sua camera.
 
-Ma siete tornati a quest’o...- le parole le morirono in bocca quando vide che c’era anche Taichi, o meglio, quando notò che stavano da soli in sala.
 
Si creò una situazione molto imbarazzante per i due giovani, che cominciarono a guardarsi a vicenda.
 
-Ah..emh.. si Toshiko, colpa mia che ho voluto farli cenare fuori.- disse subito Taichi per non creare ulteriore disagio.
 
-Ci stavamo salutando...- fece lei, non riuscendo a smettere di guardarlo.
 
-Si..esatto..scusa se ti abbiamo svegliata.
 
-Oh..no no! Figuratevi!! Mi ero solo preoccupata...sapete, avevo sentito dei rumori...
 
Si scusò di nuovo ma la situazione era davvero pesante, e così decise che forse era ora di andare.
 
-Allora... ci sentiamo domani...- fece lei, molto imbarazzata.
 
-Si.. ci vediamo domani..- disse lui, correggendola e facendole capire che si sarebbero visti, causando un’ulteriore accelerazione del battito della ragazza.
 
Annuì sorridendo, poi , visto che ormai avevano notato Toshiko squadrarli entrambi, si velocizzò verso la camera, oltrepassandola e augurando la buonanotte anche a lei.
Taichi, dopo aver fatto lo stesso con Toshiko, si avviò verso la porta per poi voltarsi di nuovo nella direzione delle camere da letto e incrociare un’ultima volta lo sguardo bellissimo di Sora, che ancora esitava nell’entrare in camera.
Ma, sempre per la presenza della signora Takenouchi, i due dovettero andare ognuno nella direzione opposta.
Sora, non appena chiuse la porta dietro di sè, scivolò a terra, ancora non credendo a cosa fosse successo.
Non riusciva neanche a materializzarlo nella testa, sentiva solo il cuore battere all’impazzata e ardere come non mai.
Il fiato si era accorciato per quanto il sangue le pulsava velocemente e l’unica cosa che riuscì a fare fu sfiorarsi le labbra con le dita.
Si erano davvero baciati? Era davvero accaduto tutto quello o l’immaginazione le stava giocando brutti scherzi?
Fatto stava che quella notte, rimase seduta per terra per delle ore intere.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Sora non aveva chiuso occhio, era stata questa la conclusione di quella notte.
Ad ogni tentativo, gli appariva la sua bella immagine, o riprovava quella sensazione indescrivibile che sentì quando l’aveva presa e baciata.
La mattina era dovuta andare a fare lo stage, ma non appena la mente si liberava un secondo, le ritornava lui in mente, ormai era impossibile viverla quella giornata.
Aveva voglia di rivederlo, di avere un contatto con lui, ma allo stesso tempo si aggiunsero nella sua testa mille dubbi, ad esempio come avrebbe dovuto comportarsi nei suoi confronti, se avrebbe dovuto scrivergli o telefonargli.
E sicuramente lo avrebbe fatto appena pranzo.
 
Sora quella mattina avrebbe lavorato solo mezza giornata, per poi tornare a casa Takenouchi per mangiare.
Quel giorno, come avevano già prestabilito ancor prima dell’accaduto, Taichi non sarebbe andato a prendere il figlio la mattina, come era solito fare normalmente gli altri giorni, proprio per farlo riposare.
Perciò non aveva neanche avuto modo di incrociarlo, ma alla fine fu un bene, poi sicuramente a lavoro non avrebbe combinato nulla.
Tornò finalmente a casa, non vedeva l’ora di stendersi un secondo a letto, ma non appena aprì la porta, Shinichi le saltò sopra per salutarla.
Non fece in tempo neanche a sorridergli che notò che vi erano più persone in quella casa: i signori Kamiya, che la salutarono gentilmente, Hikari che le sorrise dolcemente e infine lui, che la mandò direttamente all’altro mondo.
Fece un saluto generale, facendo capire che fosse abbastanza stupita nel ritrovarli tutti li, e, facendo finta di mettere apposto la borsa, si voltò un attimo,dando ai presenti le spalle.
Era stupìta, allibita, sconvolta, disorientata, spiazzata.
E quel pranzo quando lo avevano organizzato?
 
-Vieni Sora, è tutto pronto.- fece Toshiko mentre serviva a tavola.
 
Siccome ancora lei non si decideva a voltarsi, Shinichi la prese per mano, sorridendo:
 
-Dai mamma, ho fame! Sai, ho giocato di nuovo tantissimo oggi! E’ venuto papà in tarda mattinata e poi abbiamo deciso di fare pranzo, tutti insieme!
 
Di certo, sapere ciò non l’aiutò affatto.
Si sentì solo ancora più in imbarazzo, dunque era stata idea sua?
Si fece trascinare, incrociando, così il suo sguardo che le mandò il cuore alle stelle.
Lui era inevitabilmente calmo e si comportava come sempre, parlando con tutti normalmente e rispondendo alle domande sulla loro gita appena passata.
In realtà, poi , prese il sopravvento il racconto di Shinichi, il più entusiasta tra i tre per ciò che avevano passato, causando così tantissime risate durante il pranzo.
Nel prestare attenzione al piccolo, la giovane coppia si lanciò non si sa quanti sguardi,ma erano come una droga, sembrava che non potessero farne a meno.
Non appena finirono di mangiare, Sora come al solito era l’addetta al lavaggio piatti, così si alzò e cominciò a liberare la tavola.
Ma stavolta, qualcosa andò diversamente.
 
-Toshiko.
 
Il richiamo di Taichi fece voltare un pò tutti.
Il ragazzo si era alzato e si era avvicinato alle due Takenouchi, che erano rimaste con qualche piatto in mano.
 
-Potresti finire tu in cucina per oggi? Io e Sora dobbiamo andare in un posto ora.
 
Ci fu un silenzio generale e, non si sa per quale miracolo,la bella ragazza riuscì a non far cadere i piatti a terra.
La signora riuscì solo ad annuire, abbastanza sconcertata quanto la figlia.
Il giovane Yagami tolse dolcemente i piatti sporchi dalle mani delicate di Sora e la invitò ad andare verso l’uscita di casa sua.
Nonostante lo scombussolamento, Sora riuscì a notare il sorriso di Shinichi al padre, come se sapesse qualcosa,infatti non protestò quando il padre specificò che lui sarebbe rimasto momentaneamente con i nonni e la zia.
Non appena la coppia uscì da casa, inutile dire le chiacchiere che cominciarono a susseguirsi, sopratutto tra le due madri.
 
-Vedi? Che ti avevo detto! Deve essere successo qualcosa!- esclamò Toshiko.
 
-Si, ma dove la porta ora? Oddio, sono troppo agitata!- rispose Yuuko.
 
-Ragazze...se la sbrigheranno da soli, non credete? Sono abbastanza grandi...- fece Susumo esausto.
 
Continuarono a chiedersi mille cose e a farsi domande su domande, Hikari cercò di farle smettere ma sembrò inutile.
Solo lui poteva farli zittire e ci riuscì:
 
-La zia Harumi diceva sempre: : “chi si fa i fatti suoi, campa cent’anni! Chi si fa i fatti miei, va in ospedale!”
 
Sentendo quelle parole dette dall’ amato nipote, capirono che forse parlare di certe cose davanti a lui non era l’ideale e che, in fondo, aveva davvero ragione.
 
 
 
 
 
 
 
 
Taichi aveva preso la macchina, ma non ci volle molto per arrivare a destinazione.
Sora cercò di domandargli dove stessero andando, ma lui ,sorridendo, le rispose che tanto avrebbe avuto presto la risposta.
Il suo atteggiamento estremamente sereno l’aveva tranquillizzata molto: alla fine l’imbarazzo era dovuto anche agli occhi dei familiari, puntati implicitamente su di loro.
Quando erano soli, c’era tutt’altra situazione.
Anche se non poteva nascondere di avere un pò d’ansia, sapeva che prima o poi dovevano cacciar fuori di nuovo il discorso.
 
La fece scendere di fronte ad una bella e nuova palazzina.
Capì che era proprio quella la loro destinazione.
Salirono fino al quarto piano, ed entrarono dentro un appartamento: era davvero nuovo, con un arredo moderno.
Vi era una grande sala annessa ad una spaziosa cucina colorata.
Sentì Taichi poggiarle la mano sulla schiena, facendo intendere di proseguire con lui verso un largo e lungo corridoio.
Nel fondo, vi era un spazioso bagno e ,invece, lungo esso, vi erano 4 porte, due per lato.
Taichi ne aprì una che rivelò nascondere una stanza già arredata: era una cameretta, con un letto pieno di peluche e un bell’armadio attaccato al muro.
 
-A Shinichi è piaciuta molto, sopratutto quando ha visto l’angolo giochi.-disse ridendo.
 
Ma Sora non rise affatto, perchè le stava sorgendo un’idea che non riusciva a concretizzare, perchè era assurda e impossibile.
Taichi notò il suo stato, così continuò quella specie di tour.
Due stanze erano senza arredo, vuote e l’ultima che le mostrò era una grande e bellissima stanza matrimoniale.
A quel punto Sora iniziò quasi a tremare, sopratutto quando vide sul comodino lo stesso quadretto di loro due che teneva in camera sua.
Le stava salendo le lacrime, ma volle fermarle, no, non era possibile, impossibile che Taichi avesse pensato a tutto quello.
 
-All’inizio, ero davvero furioso con te, Sora.
 
Si voltò verso di lui non appena lo sentì parlare.
Gli occhi di lei erano palesemente lucidi e si poteva sentire il battito del suo cuore anche a quella distanza.
 
-Anzi, la parola “Furioso” neanche rende l’idea. Sentivo più emozioni negative messe insieme verso di te. Delusione, rabbia, sfiducia, anche odio. Non capivo perchè mai mi avessi fatto una cosa del genere, tu che mi conosci da una vita e sai come reagirei ad ogni situazione. Sono sicuro che sapevi che l’idea di avere un bambino l’avrei accettata con gioia anche a quei tempi,perchè ti amavo alla follia. Per questo ho cominciato a pensare che la tua scusa fosse davvero banale, non giustificabile, stupida. Alla fine, la felicità è stare insieme alle persone giuste, avremmo sofferto un pò, certo, ma ce l’avremmo comunque fatta e questo lo sai. Perciò non riuscivo ad accettarti all’inizio. Per sei lunghissimi anni eri riuscita a non farti viva, io non ce l’avrei mai fatta... per questo avevo cominciato anche a pensare che non mi avessi mai amato.
 
Vide Sora sforzarsi di guardarlo in faccia e contemporaneamente non piangere, si era da sempre sforzata di essere forte, di non crollare, e ci era quasi sempre riuscita.
 
-Il fatto che ciò non lo pensai solo io, mi fece capire che forse avevo davvero ragione. Ma ,con il passare delle settimane, capii anche una cosa, che nessuno di noi ti aveva davvero lasciata esporre seriamente la tua versione dei fatti.Nessuno di noi aveva preso seriamente le tue motivazioni, questo perchè ci hai recato un così grande dolore che non te l’abbiamo neanche voluto concedere. Ma, pensandoci bene, tu non hai mai protestato, neanche una sola volta, su come ti abbiamo trattata. Mi chiedevo spesso: “ma perchè non reagisce? Perchè non dice la sua? Lo so che non le stanno bene molte cose, e allora perchè non fa nulla per cambiarle?” Non l’avevo mai capito... e lo sai chi mi ha illuminato? Solo lui, il nostro splendido bambino. Il nostro innocente e sincero Shinichi.
 
Si avvicinò di più a lei, che ormai tremava come non mai, non per la paura, ma per quell’esplosione che sentiva dentro di lei.
 
-Quante volte a quella piccola peste sono uscite fuori le cose che avete passato in California? Quasi che mi ha raccontato tutta la vostra vita, facendomi ricordare uno dei tuoi difetti più grandi, ossia che metti sempre al primo posto il bene del prossimo e non te stessa. L’hai sempre fatto, basta anche pensare alla nostra avventura a Digiworld in cui tutti ti consideravano la mamma del gruppo. Tu agisci pensando prima al bene delle persone che ami, e vai contro ogni cosa per loro, anche se significa sacrificare la propria felicità, ed è proprio questo quello che hai fatto. Pur di rendere felice Shinichi e farmi ottenere un futuro glorioso, hai ucciso te stessa e ciò che il tuo cuore voleva, e questo è dimostrato dal tuo comportamento di qui... pur di non darci fastidio con la tua presenza, ti sei ridotta ad un fantasma... ed è incredibile come sei riuscita a gestire il tutto.
 
Le cominciò ad accarezzare le braccia, come per calmarla e rassicurarla.
 
-In questo tempo, passato con Shinichi e anche con te, sono riuscito a comprenderti e a capire quanto tu non sia cambiata affatto. Anzi, sei diventata ancora più straordinaria... se io e mio figlio abbiamo questo rapporto è solo merito tuo... che lo hai cresciuto tenendogli sempre in testa la mia immagine.
 
Fece una pausa, abbracciandola di più a se e accarezzandole il bellissimo viso.
 
-E ti sembrerà assurdo, ma io in questi anni non ho mai smesso di pensarti...Ogni giorno mi chiedevo dove fossi, e ti detestavo per quello che mi stavi facendo, ma la sera.. a letto... pregavo non so chi per riportarti da me, che avrei fatto di tutto per rivederti un solo secondo della mia vita. Non ti ho regalato questo anello a caso, non ti ho portato qui per osservare questo appartamento, quello che voglio dirti è che ti amo, ti ho sempre amata e che tutto quello che abbiamo passato mi ha fatto solamente capire quanto ti voglia al mio fianco. Non riesco più a starti distante, non riesco più a non toccarti, ti prego...Sora... vieni a vivere con me, qui, insieme a Shinichi... ti prego... sposami e legati per sempre a me.
 
Non riuscì più a trattenere l’emozione e le lacrime cominciarono a scivolarle via, copiose, dagli occhi che brillavano come non mai.
Tutto quel discorso, tutte quelle parole, la toccarono totalmente e la fecero rinascere.
Non credeva di aver mai provato una simile felicità dentro di sè.
Aveva da sempre voluto costruirsi una vita assieme a loro, sapeva che sarebbe stato difficile anzi, quasi non ci sperava più.
Si aggrappò al ragazzo che aveva di fronte e lo baciò,facendogli capire che non desiderava altro che lui e una vita al suo fianco.
Quanto lo amava, nessuno poteva immaginarlo.
Per Taichi avrebbe scalato le montagne, per lui avrebbe dato la sua vita.
Pe r tutto ciò che aveva detto, non riusciva davvero a staccarsi da lui e stavolta nessuno li avrebbe interrotti.
E questo lo sapeva anche Taichi, che cominciò a spingerla proprio verso il letto.
Risero insieme all’idea, per poi sentire il giovane Yagami dirle:
 
-Quelle due stanze vuote, sono state studiate anche quelle...ne voglio altri due.- disse ridendo assieme a lei mentre si adagiavano sul letto.
 
Lei gli prese il viso per baciarlo ,un’altra volta, lo sapeva, lo aveva sempre saputo, lui gleilo aveva sempre detto.
Con lei avrebbe costruito una famiglia numerosa, sia perchè doveva dimostrare al mondo che l’amava a tal punto, sia perchè voleva mostrare la meraviglia che poteva concepire con una ragazza splendida come lei.
Alla fine, i suoi sacrifici non erano stati vani.
Alla fine, il loro dolore era stato ripagato.
Ora, potevano essere felici.
Perchè la felicità dipende dalle persone, e dal loro amore.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
THIS IS THE END!
 
 
 
 
Lo so, ho detto che avrei aggiornato domani o dopodomani, ma meglio così, no? (sto migliorando eh? Ahahah)
 
Ok, forse avevate altre aspettative da questo capitolo, me ne rendo conto.
 
Ovviamente, (penso che non capiti solo a me) ci sono delle parti che non mi convincono e degli aspetti che, invece, ho io stessa apprezzato della mia storia.
 
Io, il figlio di questi due personaggi che amo alla follia, l’ho proprio immaginato così, e non nascondo che in questa storia l’ho adorato, e, chissà, in un futuro lo potrei inserire in qualche altra fiction! Mah!
 
Ringrazio a chi mi ha seguito, chi mi ha incitata, chi ha apprezzato la mia idea, chi commenterà in futuro e anche chi mi criticherà.
 
Voi lettori siete fonte di ispirazione, grazie a voi ho trovato il coraggio di proseguire vecchie storie.
 
Con la speranza che vi sia piaciuto almeno in minima parte l’ultimo capitolo di What I’ve done, ci rivedremo prossimamente (tra una settimana se tutto va bene) con l’aggiornamento epico di Unbreakable bond (scenderanno tutti i Santi del calendario, lo so...).
 
Ciao cari, tanti baci per voi.
 
Alla prossima J
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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