Fading capillary lights di Apalapucian_HP (/viewuser.php?uid=655121)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fascination ***
Capitolo 2: *** Stay ***
Capitolo 3: *** Bullseye ***
Capitolo 4: *** Bees and robins ***
Capitolo 5: *** Timely, untimely ***
Capitolo 6: *** Are you scared? ***
Capitolo 7: *** Sunday morning moon ***
Capitolo 8: *** Pocket ***
Capitolo 9: *** Quidditch shirt ***
Capitolo 10: *** Indigo ***
Capitolo 1 *** Fascination ***
Fading
capillary lights
I.
Fascination
Just
a passing glance, just a brief romance
Lily
guida.
Guida
lei perché nessuno starebbe dietro con lei e James, non importa
quanto entrambi abbiano insistito che non sarebbe stato un problema
per nessuno. Che promettono che terranno le coccole al minimo. O le
pomiciate. O le risatine sussurrate. Il solito. Ma sembrava che
avrebbe piovuto, ed era molto probabile che lei avrebbe avuto bisogno
delle braccia di lui attorno a lei, e lui avrebbe avuto bisogno delle
labbra di lei sul suo collo; quindi anche a loro quelle promesse
suonano incerte. Nessuno se l'è bevute. Sirius e Peter stavano
praticamente avendo un incontro di wrestling sul ciglio della strada
per il dannato posto del passeggero. Molto maturo, vero? Alla fine,
Remus si è girato verso James e Lily, ha sospirato, mostrato il suo
più esasperato sguardo da “Sono davvero esausto quindi per
favore
fate qualcosa riguardo questi stupidi” - e loro hanno ceduto.
Guida
lei anche perché Remus è stanco; non è riuscito a liberarsi ieri
sera come previsto, e ha detto che avrebbe dormito in macchina.
Perché non ci si può fidare di Sirius e delle sue preferenze
musicali. Perché James ha bisogno di essere costantemente ricordato
di non uccidere l'acceleratore. Perché l'ultima volta che Peter era
al volante, sono finiti in un canale poco profondo. Limitata soglia
dell'attenzione. Non riusciva ad evitare di togliere gli occhi dalla
strada ogni volta che vedevano e indicavano qualcosa di remotamente
interessante, cosa che James e Sirius, sfortunatamente, facevano
spesso.
Lily
ha notato da un po' quanta troppa energia repressa abbiano per stare
in uno spazio così stretto per un tempo relativamente lungo. È
divertente, per lei, come non possano distribuire tutta
quell'agitazione in parti uguali durante il viaggio. Consumano tutta
l'eccitazione nelle prime ore – il cantare stonato e ad alta voce,
i giochi da macchina, le litigate per lo stereo, gli entusiasti
racconti degli scherzi, completi con aggiunte esagerate e le
correzioni mormorate di Remus, le sciarade, l'infinito crepitio delle
confezioni di patatine aperte – e poi la testa di Remus è
appoggiata contro il finestrino annebbiato, Sirius sta accasciandosi
sulla spalla di Remus, e Peter sta crollando dietro al sedile di
James.
“Chi
è?” domanda sottovoce James quando inizia una nuova canzone,
raddrizzandosi e stropicciandosi gli occhi. Incrocia le braccia al
petto e guarda la strada. Sta facendo buio, i boschetti a entrambi i
lati stanno diventando ora un muro più fitto e irregolare, più nero
che verde, mentre il cielo fatica a mostrare i resti di un pittoresco
tramonto che loro non riescono a vedere da questo tratto di
autostrada.
“Nat
King Cole,” risponde Lily. Sorride. Era solita ballare questa
canzone con suo papà. Natale, biscotti alla cannella, piedi sulle
punte che tengono il passo sul pavimento del salotto coperto dal
tappeto. Si immagina, si chiede se sua figlia danzerebbe così anche
con James, un giorno. Spera di sì. “Ti piace?”
“Sì.”
E poi lui sogghigna, si morde il labbro per smorzare il compiaciuto
sospiro, anche se lei non lo può vedere, e aggiunge “E' piacevole
per pomiciare, immagino.”
Lei
sbuffa, tendendo il braccio alla cieca per colpirlo.
Peter
è sorpreso, russa particolarmente forte a quel suono. Sirius salta
al baccano di Peter, da' accidentalmente una gomitata a Remus, la cui
testa colpisce il finestrino. Dura tutto circa tre secondi, e nessuno
si sveglia.
“Idioti,”
dice James, allungando il collo per guardarli. E poi sbadiglia
ancora.
“Puoi
dormire se vuoi, sai.” esclama Lily.
“Nah,
sto bene.”
“D'accordo,
allora.”
“Ehi,
Evans?”
“Hm?”
“Mi...
piace molto, questa canzone.”
“Anche
a me.”
Il
Sole è tramontato del tutto. Inizia a piovigginare. Lily si sposta
per rilassare di più la schiena, sentendosi perfettamente contenta
con il mormorio della macchina, l'asfalto che corre davanti a lei, e
la compagnia dei suoi idioti preferiti al mondo.
“Pensi
che potremmo ballarla al nostro matrimonio?” borbotta James, e lei
deve stringere forte il volante per non sterzare nell'altra corsia.
Si
azzarda a guardarlo con gli occhi sgranati – James Potter in quel
colorato maglione a righe con ricami a forma di cervo che lei gli ha
regalato per il compleanno, con le braccia ancora sul petto, gli
occhiali che stanno per cadere, e... oh, ma
che diavolo
– gli occhi chiusi, la bocca aperta, la testa piegata e che si
muove verso la finestra, dannatamente addormentato
dopo una tale... ridicola, grandiosa, totalmente inaspettata
affermazione...
I
suoi occhi si riportano controvoglia sulla strada. Scuote la testa e
ride tra sé e sé.
Addormentato!
Santo cielo. Che idiota.
Il
suo
idiota.
Canticchia
il resto della canzone e sorride per il resto del viaggio.
It
was fascination, I know,
Seeing
you alone with the moonlight above
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Stay ***
II.
Stay
Lui
continua a sussurrare il suo nome.
Lei
non dorme, non subito, siede accanto al letto e gli tiene la mano, fa
scorrere le dita tra i suoi capelli ogni cinque minuti. È arrabbiata
con lui. Doppio turno per l'Ordine, lui ha insistito, praticamente
incespicando sulla porta la notte scorsa. Pallido, contuso, un taglio
sul labbro inferiore. Non c'era nessun altro nella zona quando hanno
ricevuto la soffiata. Naturalmente, lui si è offerto di
controllarla. Fradicio di pioggia, senza aver dormito, senza pasti
per ore. Adesso trema e delira e borbotta nel sonno.
“Sei
un idiota,” gli dice, spostandogli la frangia testarda in su “Ho
sposato un idiota.”
Eppure,
quando si muove e geme una confusa protesta verso un invisibile
avversario nei suoi sogni, Lily lo zittisce e si alza dalla sedia per
baciarlo sulla guancia, finché è il suo nome che capitombola ancora
una volta fuori dalle sue labbra.
Lei
ritorna dal bagno e lui è sceso dal letto, appoggiato all'armadio,
ad abbottonarsi una camicia nuova.
Lei,
dalla porta, sospira. “James.”
“Hm?”
le sue dita annaspano sui bottoni, tremando, e ha indossato male le
pantofole.
“Dove
stai andando?”
“Vado
a costruire quel sedile sotto la finestra.”
“Cosa?”
“Ti
avevo promesso che... oh, merda, scusa.” è inciampato di lato,
faticando tutto questo tempo per rimanere in piedi, facendo cadere la
lampada sul comodino. I frammenti scintillano nella luce del tardo
pomeriggio, aspettando sul pavimento i suoi piedi goffi. “Io... lo
aggiusterò. Promesso. Più tardi. Io... dov'è la mia bacchetta?”
Lily
gli si avvicina, mette giù gli asciugamani sul tavolino. Attenta a
non pestare i vetri, lo guida silenziosamente per un braccio verso il
letto.
“Lily-”
“Taci.”
Gli
occhi di lui si chiudono non appena si stende. Lily gli tira le
coperte sotto al mento.
“Sei
arrabbiata con me.” borbotta.
“Lo
sono, già.”
Lei
si alza per prendere degli asciugamani puliti dalla cucina, ma si
ferma sulla soglia quando lo sente muoversi nel letto e
sussurrare-gemere: “Resta.”
Perciò
torna indietro e siede di fianco a lui, stringendogli la mano
tremante finché non si addormenta.
Lei
si sveglia a dita che gentilmente le carezzano i capelli; si è
addormentata seduta accanto al letto. Sono passate solo due ore o più
da quando è crollata. Il collo e le braccia sono doloranti... ma non
importa; suo marito è sveglio, gli occhi illuminati. Il sorriso è
di scuse. È seduto, appoggiato ai cuscini contro alla testiera.
È
mattina, e lui sembra star meglio. Sembra se stesso.
“Ancora
arrabbiata?” le chiede piano, la voce ancora roca.
“Sì,”
risponde lei, contraendo le labbra, stringendo gli occhi. “Molto
arrabbiata.”
Lui
annuisce. Il sorriso non lascia il suo volto quando allarga le
braccia per lei.
Lei
non aspetta un secondo. Sale sul letto e gattona nel suo abbraccio.
L'esaustione li raggiunge nel momento in cui lui la stringe,
dirigendosi verso le sue membra e annebbiandole la mente, e il
battiti del cuore di lui subito iniziano a cullarla nel sonno. In
qualche modo, lei sa che lui sapeva che sarebbe successo.
“Mi
dispiace,” mormora, ritornando a passare le dita tra i suoi
capelli.
“E'
tutto a posto.”
“Non
andrò là fuori per un po', okay?” promette.
“Farai
meglio.” gli occhi di lei stanno già chiudendosi.
Le
labbra di James sulla sommità della sua testa sono l'ultima cosa che
avverte prima di sognare.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Bullseye ***
III.
Bullseye
E'
quasi divertente come il suo viso sia contorto in massima
concentrazione. Occhi stretti, la lingua tra i denti, le dita salde
mentre testano la freccetta avanti e indietro. Lui la tira, e lei
giura di sentire un fruscio mentre essa vola nell'aria. E invece no.
Ci vuole solo una frazione di secondo, dopo tutto, solo metà
di un
battito – prima che ci sia un rumore sordo e lui stia urlando
e le
stia mettendo un braccio attorno alle spalle. Lui sorride. Gli occhi
di lei ritornano alla freccetta, al luminoso casino rosa attorno ad
essa, piatto e floscio nel mezzo di palloncini colorati.
“Come
fai a farlo?”
“Ho
una buona mira,” le risponde, facendole l'occhiolino. L'uomo
dietro
al bancone porge loro, a denti stretti, un peluche, ed entrambi
scoppiano a ridere quando notano le corna. “To', guarda
lì.”
Più
tardi, le si avvicina e le prende il viso tra le mani, e lei giura di
sentire dei violini suonare. Ci vuole solo una frazione di secondo,
metà di un battito con il nome di lui che vacilla sulla
punta della
sua lingua – prima che ci sia un rantolo e labbra di lui
siano
sulle sue e (accidenti) lei sia innamorata.
To',
guarda lì. Questo ragazzo ha sicuramente una buona mira.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Bees and robins ***
IV.
Bees and robins
“Non
ha cenato,” annunciò Lily quando entrò
nella Sala Comune. Si
lasciò cadere sul divano vicino al camino, appoggiando la
testa alla
mano. “Di
nuovo.”
“Succede,
Evans,” rispose distrattamente Sirius, gli occhi determinati
sulla
scacchiera babbana poggiata davanti a lui sul pavimento.
“Ma
sono passati due giorni,” gemette Lily.
Sirius
fece la sua mossa. Remus, che sedeva di fronte a lui, piegò
la testa
da un lato per avere un angolo migliore della scacchiera. “E'
così
che fa James, Lily,” borbottò
“Tornerà in sé.”
“Non
mi ha voluto dire cosa c'è che non va,
però,” Lily insistette
“Insomma, sono la sua ragazza, si penserebbe che
lui...”
Sirius
e Remus si scambiarono un'occhiata, e Lily, che non se lo fece
scappare, suppose che non ne avessero intenzione dal modo in cui
immediatamente spostarono lo sguardo. Strinse gli occhi e in fretta
si sedette sul pavimento accanto a Remus.
“Sputa.”
gli ordinò, dandogli una gomitata.
“Pete
è nelle cucine,” rispose questi, dopo averla
guardata a lungo in
riflessione. “Ha lui il dovere della cioccolata.”
“Marshmallows
e panini alla canella, sì,” affermò
Sirius “Ecco dov'è. Ci hai
beccati, hai vinto, scusaci. Fai la tua mossa, Moony.”
“Non
sto parlando di Peter e lo sapete entrambi.”
Remus
cercò Sirius, che alzò solo un sopracciglio.
“Sapete
che ho il diritto di sapere!” esclamò Lily.
Remus
sospirò. “D'accordo... Padfoot?”
“Oh,
no, amico. O è James stesso o qualcun altro che non si
chiama Sirius
Black, temo.”
Remus
alzò gli occhi al cielo e si arrese. “Domenica
è stato rifiutato
dalle Gazze Ladre.” disse a Lily, piegandosi e finalmente
facendo
la propria mossa.
“Gazze
Ladre? Ovvero... gli uccelli?” l'espressione di Lily
s'inacidì.
“E' un codice Malandrino per qualcosa?”
“Montrose,”
rispose Sirius. Lily, comunque, ancora sembrava interdetta, e lui
sospirò esasperato. “Squadra Nazionale di
Quidditch. Le Gazze
Ladre di Montrose? No? Merlino, Evans. Non sono i migliori, a parer
mio. Un gruppo di mezzi matti, in realtà. E le loro tattiche
sono
molto prevedibili in questi giorni, ma hanno più vittorie
consecutive nella storia della lega, quindi penso di capire da dove
venga il fascino...”
“La
lettera diceva specificamente che non era perché pensassero
che non
sia bravo, ma non si sentivano a proprio agio ad ammettere qualcuno
senza esperienza fuori dalle leghe scolastiche,”
spiegò Remus “Non
era niente di personale. Nessun altro diciassettenne sarebbe entrato.
In ogni caso, Prongs l'ha presa davvero male.”
“Oh,
James...”
“Dagli
tempo,” suggerì Sirius “E' il mio turno,
giusto, Moony?”
“Sì,
tuo – Lily, senti, starà bene. È il
Quidditch. È solo un po'
super-sensibile riguardo ciò. Ma starà
bene.”
“Ma
perché non me l'ha detto?”
“E'
solo-” incominciò Remus, ma Sirius lo interruppe:
“E'
imbarazzato.”
Guardò
Lily con una espressione curiosa. “Pensa che tu lo riterresti
futile.”
La
rossa apparve leggermente offesa. “E' ovvio che io non
penserei –
voi
credete che lo riterrei futile?”
Nessuno
rispose.
“Perché
non lo farei,” disse risoluta Lily, ma continuò ad
avere in
risposta del silenzio. “Oi! Non
lo farei!”
“Certo,
non lo faresti,” ammise Sirius “Anche se
– voglio dire, solo se
vuoi, ovvio – c'è
qualcosa che puoi fare per tirarlo su di morale...”
“C'è?”
domandò Remus, lanciando all'amico un'occhiata eloquente.
Lily,
sfortunatamente, questa volta se la perse.
“Sì,”
rispose Sirius impaziente “Sai, il nostro James è
un Pungiglione.”
“E'
un che?” chiese Lily, mentre Remus riportava l'attenzione
sulla
scacchiera.
“La
sua seconda squadra preferita sono le Vespe – per te
è Wimbourne,
ignorante del Quidditch,” continuò Sirius
“Ha mandato una
domanda anche a loro, e sono quasi certo che avrà una
risposta tra
pochi giorni. Occasionalmente cerchiamo di dargli... sai, supporto e
cose varie, ma vista la cosa con le Gazze, non ne ha voluto sapere.
Almeno non da noi. Schiva il discorso, l'idiota. Ma ovviamente ne ha
bisogno.”
Lily
ponderò su questa informazione. Si voltò verso
l'altro Malandrino.
“Remus?”
“Ne
ha bisogno, sì,” disse sottovoce questi.
Lily
si morse il labbro pensierosa, prese un respiro profondo, e strinse
le labbra. “Giusto. Le Vespe. Allora cosa faccio?”
Un
sorriso si allargò sul volto di Sirius.
Le
mani di James trovarono le tasche mentre girava l'angolo. Le dita
avvertirono subito il bordo di una busta, e lui prese a
giocherellarci mentre camminava verso la Sala Comune, le labbra
appena rivolte all'insù. Sapeva che ultimamente si era
comportato da
stupido, e non avrebbe potuto evitarlo neanche se avesse provato, ma
pensò che probabilmente ancora dovesse ai suoi amici
– e a Lily,
specialmente
Lily
– una scusa.
Stava
scegliendo come meglio formulare quella conversazione con la sua
ragazza, quando si accorse che qualcuno stava alla fine del
corridoio, e lui non riusciva bene a capire chi... aspetta, cosa
fosse. Aveva taglia umana, d'accordo, ma troppo grosso e dalla forma
strana per essere davvero umano. Rallentò ed estrasse la
bacchetta,
per ogni eventualità, strizzando gli occhi nel buio.
“Scusami,”
esclamò con l'autorità del Caposcuola.
“Ehi, cosa pensi di
star...”
La
voce si affievolì mentre riconosceva (o no?) chi fosse.
“Lily?”
domandò, il viso che esprimeva totale confusione
“Che stai...
facendo?”
Lei
indossava un costume a righe gialle e nere, così imbottito
da essere
tre volte la sua taglia, e aveva un cerchietto con delle antenne
coordinate sopra i capelli scandalosamente rossi. Stava arrossendo.
“Io...
che succede?” chiese James per riempire l'imbarazzante
silenzio.
“Ciao.”
“Ehm
– sei un'ape.” osservò debolmente lui,
perplesso.
“Sono
una vespa,”
lo corresse Lily, accigliandosi. “Con la W maiuscola... so
dei
Pettirossi.”
“Cosa
– oh. Le Gazze Ladre?”
“Ehm,
sì. Volevo dire quello. Perciò...
sorpresa!” gli sorrise e lanciò
in aria le mani per esibire il completo, ma a James sembrava
più una
smorfia imbarazzata. “Mi hanno detto che avevi bisogno di...
beh,
supporto. E in ogni caso, non credo davvero che ci sia più
supporto
di così. Quindi farai meglio a stare bene adesso, James
Potter.”
Lui
aprì la bocca, ma la chiuse di nuovo perché non
riusciva a pensare
a nulla da dire.
“Smettila
di guardarmi così!” disse Lily “Ho solo
pensato... okay, è
stata una cattiva idea, vero? È solo... sono una
vespa!”
Fu
lì che lui scoppiò a ridere. Forte. Infatti,
stava ridendo così
dannatamente tanto che dovette appoggiarsi al muro e tenersi la
pancia.
“Smettila,”
lo sgridò Lily, gli occhi come pugnali, ma le guance rosse
come i
capelli. “La vuoi piantare? James!”
“Sì.
Okay. Okay. Sì... giusto,” riuscì a
dire lui tra gli attacchi di
risa, raddrizzandosi “Sei pazza, lo sapevi?”
“Sono
di
supporto,”
replicò Lily “E ti odio.”
“No,
non mi odi,” disse James, sorridendo “E io non sono
fan delle
Vespe.”
L'espressione
di Lily si trasformò. “Cosa?”
“Puddlemere
United. Sicuro. Non so da dove tu abbia tratto la cosa delle Vespe,
ma l'apprezzo.” fece un cenno al suo aspetto generale
“Sei sexy.”
“Oh,
taci.”
“No,
ma davvero.”
“Basta.”
Lui
non poteva averne abbastanza della sua espressione. “Godric,
ti
amo,
Lily Evans.” borbottò, scuotendo la testa e
ridacchiando.
“Di
questo non
si parlerà mai più, mi hai sentito?”
“Non
posso credere che ti abbiano fatto indossare un dannato costume da
vespa...”
“Io
non – potresti smettere di ridere ora, per favore?”
“Okay,
okay...” lui fece un respiro profondo e spostò lo
sguardo per un
istante, ricomponendosi. “Allora chi te l'ha detto? Delle
Gazze
Ladre?”
“I
tuoi amici,” rispose Lily scorbuticamente “E sono
arrabbiata con
te per quello, tra l'altro.”
“Scusa,”
disse subito James. Non poteva togliere gli occhi da Lily, e non
poteva fare ciò senza ridere, quindi si distrasse prendendo
la
lettera e porgendogliela. “Guarda.”
Lily
la prese.
Era
una lettera d'accettazione dal Puddlemere United. “Sei
entrato?”
“L'hai
saputo per prima e da me ora, okay?” James appariva
estremamente
compiaciuto di sé “Non giocherò ancora,
ma... già. Circa.”
Lily
gli sorrise affettuosamente. “Ecco il nostro
Capitano...” Fece
per baciarlo (non poteva proprio evitarlo quando lui aveva quello
spensierato, infantile ghigno in volto), e lui si ravvivò
subito –
ma poi il davanti da vespa imbottito non glielo permise.
James
stava ridendo di nuovo prima che lei potesse guardarlo storto.
“Ucciderò
Sirius Black.”
A/N:
Stavolta ho deciso di lasciare i soprannomi nella forma originale
perché mi piacciono di più xD
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Timely, untimely ***
V.
Timely, untimely
Lily
stava impazzendo.
Assolutamente
impazzendo.
Fino
a quel momento nelle ultime ventiquattro ore era riuscita a
rovesciare una boccetta di inchiostro, sbagliare circa tre parole nel
suo tema di Trasfigurazione, capire male più di una dozzina
di cose,
e ora mancare la scadenza di Alice e Caradoc per il resoconto della
ronda dei prefetti. Era in ritardo di solo mezz'ora, certo, e Marlene
aveva alzato gli occhi al cielo a quanto esageratamente atterrita
fosse per esserselo dimenticata, ma lei non aveva mai –
nemmeno una
volta, badate bene – mancato una scadenza per gli stupidi
resoconti. Quello e i cumulativi piccoli eventi scemi, e forse il
fatto che la ragione di tutti quegli abbagli era un ragazzo –
era
quel
ragazzo,
niente meno – la rendevano agitata e scocciata.
Ritornò verso
l'ufficio dei Capiscuola (il pensiero di consegnare i documenti
durante
la riunione dei prefetti le era scappato di mente, Merlino), furiosa.
Era
così persa nei propri pensieri, che in qualche modo non si
era
accorta delle voci sommesse facilmente udibili già ad una
certa
distanza dall'ufficio. Quando ormai si rese conto che, in effetti,
avrebbe dovuto notarle, era già sull'uscio della stanza poco
illuminata. Oh, quanto intempestiva e immischiata fosse la sua
presenza, se ne sarebbe accorta dopo un attimo.
Furono
soltanto tre secondi, come succede, ma ci fu un sacco da dire al
riguardo.
Frank
Longbottom e Alice Fortescue, se Lily avesse dovuto giudicare dalle
loro posizioni (e più tardi dalle scuse affrettate e le
guance
colorate), stavano per baciarsi.
Lily
sbatté le palpebre, combattuta tra lo schiarirsi la gola e
fuggire
il più silenziosamente possibile. Prima che potesse
decidere, il
fuoco scoppiettò nel camino, svegliando i tre studenti dalla
loro
trance.
Frank
notò per primo Lily sulla soglia. Prima che lei potesse
scuotere la
testa e andarsene, Frank era saltato via da Alice come se fosse stato
bruciato dalle lingue di fuoco emesse dal caminetto. Si
massaggiò la
base del collo e sorrise impacciato a Lily.
“Stavo
solo...”
“Lily!”
la salutò Alice, egualmente arrossita. “Io
– Ciao.
Cosa
stai... ti serve qualcosa?”
“Ehm...”
“Io
vado,” mormorò subito Frank, lanciando ad Alice
un'occhiata di
scuse e avviandosi verso la porta.
Lily
gli bloccò l'uscita. “No!”
esclamò un po' troppo veemente.
“Voglio dire – scusa. Non devi andartene. Volevo
solo dare alla
nostra Caposcuola questi documenti – scusa, Alice, prima li
avevo
dimenticati – e poi me ne vado, e voi due... potete fingere
che io
non sia mai comparsa.”
Frank
spostò lo sguardo, improvvisamente interessato al divano
nell'angolo; Alice si morse il labbro e si schiarì la gola.
“No,
Lil. Frank se ne stava comunque andando,” annunciò.
Frank
le sorrise brevemente, apparve sul punto di dire (fare?) qualcosa ma
poi decise di no, annuì cordialmente a Lily, e se ne
andò.
Lily
aggrottò la fronte. “Oh, mi dispiace tanto,
Alice!” iniziò “Non
credevo che qualcun altro sarebbe stato qui. Pensavo che Doc
sarebbe-”
“E'
tutto okay, Lily.”
“-stato
qui con te, se qualcuno
avesse dovuto esserci, ma davvero ho pensato-”
“Va
tutto perfettamente bene.”
“-che
saresti stata solo tu, perché Doc ha finito la ronda
più tarda la
settimana scorsa, no? È stato la settimana scorsa, giusto?
Quando
rimaneva indietro? Perciò non sapevo-”
“Oi...”
“-che
saresti stata con qualcuno, infatti ho anche quasi pensato che
l'ufficio sarebbe stato vuoto e io avrei lasciato il resoconto sul
tavolo o qualco-”
Alice
prese Lily per le spalle e allineò gli occhi ai suoi, le
sopracciglia arcuate e le labbra in un sorriso sottile.
“Giusto,”
disse Lily, capendo.
Alice
annuì, ridacchiando mentre la lasciava andare.
“Mi
dispiace!” ripeté Lily, e l'altra
sospirò.
“Va
tutto bene.”
“Ma
voi-”
“Lily.”
Lei
si forzò a tacere. Offrì le carte, che Alice
prese con un sorriso
comprensivo e vi si tenette occupata per qualche silenzioso secondo.
“Alice...”
procedette Lily cauta.
“Hm?”
“Lo
stavi per baciare, vero?”
“Shhh,
Lily,” la sgridò, ma i suoi occhi si strinsero
appena e si
fissarono su un punto.
“Stai
arrossendo.”
“Invece
no.”
Alice si spostò di lato e sollevò i fogli fino al
viso.
“Ma
li stai leggendo? Perché sono tutti dei 'non
incidenti'.”
Alice
lasciò cadere i documenti e guardò la
più giovane con uno sguardo
forzatamente malevolo. “Se non la smetti-”
“Vi
stavate già baciando?”
“Lily!”
“Le
sue mani erano suoi tuoi fianchi.”
Alice
si voltò del tutto verso di lei, le sue
mani
sui fianchi. Le guance erano di un rosso furioso, e le sopracciglia
si incontravano a metà, ma le labbra si contorcevano in un
sorriso.
“Allora?”
esigette Lily, e il suo ghigno non avrebbe potuto essere più
grande,
la scema.
Alice
sembrò decidere su qualcosa, gli occhi che si stringevano e
la testa
piegata da una parte – e poi sospirò.
Riguardò i resoconti e
sporse il labbro inferiore.
“Oh,
no. Cosa c'è che non va?”
“Non
posso stare con lui, Lils.”
“Cosa
– perché?”
Alice
fece spallucce. “E'... la guerra che incombe e il resto. Non
penso
sia una buona idea.”
Lily
si avvicinò all'amica. “Ma quella è
ancora di più la ragione per
fare il salto! Voi due siete ovviamente
l'uno pazzo per l'altra-” Alice alzò gli occhi al
cielo, ma stava
combattendo per allontanare il sorriso dalle labbra “- e non
so
come diavolo faccio a saperlo ma sento
che
lui è quello giusto per te, e-”
“Ma
è pericoloso, entrare in questo tipo di attaccamento emotivo
di
questi tempi...”
“Forse,
ma è anche abbastanza pericoloso da far sì che le
persone cerchino
qualcosa – abbiano qualcuno,
Alice, a cui sorreggersi!”
“Ma
non sono nemmeno certa di piacergli...”
“Ma
certo che gli piaci; è Frank! E tu sei Alice! E vi stavate
per
baciare, se io non fossi stata così distratta-”
“Non
lo so, ho ancora un po' paura di tutto...”
“Cosa
c'è di cui aver paura? Abbiamo diciassette
anni,
siamo giovani e liberi e innamorati – beh, almeno fino a
quanto
questo mondo ci permette di essere...”
Alice,
in realtà, aveva diciotto anni, pronta al diploma, e
notò
istantaneamente l'errore di Lily. Ma non si affrettò a
correggerlo,
né fu condizionata in modo negativo – infatti,
guardò l'amica con
divertiti, addirittura trionfanti occhi.
“-
e con le cose nel modo in cui stanno penso che sarebbe bello avere
qualcuno a cui rivolgerti quando diventa tutto troppo, sai?”
“Anche
se lui è un po' ridicolo?”
Lily
annuì convinta. “Anche quando è la
persona più ridicola del
mondo.”
“Anche
se si arruffa i capelli il novanta percento del tempo?”
“Anche
se ha il sorriso più stupido e la risata più
forte-”
“Anche
se c'è una guerra che sta per scoppiare, e tu hai paura, e
lui è la
persona più assurda, l'ultima di cui mai sogneresti di
innamorarti?”
“Esatto!”
“Quindi
sei innamorata di James Potter?”
“Beh, non lo so! Mi piace
davvero, davvero tanto e-” Lily sgranò gli occhi,
il verde
stupefatto e non credente contro il fuoco scoppiettante, le mani che
le tapparono la bocca. Abbassò il capo lentamente, fissando
il
pavimento e facendo una smorfia.
Alice
stava sorridendo, tenendo i resoconti di Lily e qualche altro
documento da Caposcuola contro il petto, pronta ad andare.
“Io e
Frank stiamo insieme da una settimana,” disse a Lily,
sogghignando
“Ma dovresti davvero dire tutte quelle cose a
James.”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Are you scared? ***
VI.
Are you scared?
Lei
non sa come o quando esattamente sia finita con lui. C'era stata
un'esplosione improvvisa dalla strada davanti ai Tre Manici di Scopa,
un collettivo silenzio scioccato, e poi una caotica massa di sedie
che grattavano frenetiche, torrenziali passi, e urla spaventate.
E
poi lei stava scagliando incantesimi per salvarsi la vita, e da
qualche parte là dentro sapeva che anche lui doveva esserci.
In
qualche modo, si erano trovati nel mezzo del pandemonio. Lei non si
ricorda chi aveva condotto chi dove. Ma non si sta lamentando.
Nemmeno lui.
Stanno
in silenzio a parte per i loro respiri, che entrambi non hanno ancora
calmato. Sono l'uno di fronte all'altra ai lati del vicolo, il misero
pezzo di terreno tra di loro umido, ruvido e sporco. Lily si
affloscia un po' per l'esaustione, ma allunga il collo per rischiare
un'occhiatina alla strada e controllare se qualcuno li ha seguiti.
Stringe forte la bacchetta, ma non c'è segno di nessuno che
si stia
avvicinando. Sollevata, chiude gli occhi brevemente, fa un respiro
profondo, e ordina ai suoi nervi di calmarsi.
“Tutto
bene?” chiede James, la testa anch'essa in sorveglianza
ancora
rivolta verso la strada, ma gli occhi diffidenti sono già
fissi su
di lei. Anche la sua bacchetta è fuori, e c'è
qualcosa riguardo
quella forte, a nocche bianche stretta che inaspettatamente la
colpisce, le punge un po' il cuore, le fa voler fare qualcosa per
allentarla.
“Sì,
sto bene,” risponde. Sa che dovrebbe chiedergli come sta
anche lui,
e vorrebbe, davvero, ma... ma forse perché lei
è terrorizzata e non può evitarlo, qualcos'altro
le scivola sulla
lingua, qualcosa di agitato, curioso: “Hai paura?”
“No,”
dice subito James, ma veloce quanto la risposta è lo
spostarsi dei
suoi occhi nocciola.
“Lo
eri?”
Lui
non dice nulla per un momento. Solo quando Lily conclude che lui
debba aver deciso semplicemente di non rispondere alla domanda, lui
borbotta: “Sì.”
Lei
studia il suo viso. Sta cercando qualcosa, ma non può dire
cosa.
“Non l'avrei detto, sai.”
Le
sopracciglia di James si inarcano in una domanda.
“Che
avevi paura, intendo.”
E'
di nuovo silenzioso. Ma stavolta lei capisce che è del tipo
agitato.
“Beh, lo ero.”
E
visto che lei non vuole innervosirlo ulteriormente con le sue
assurdità, annuisce e lascia perdere.
“Okay.”
Ma
lui era in fiamme là dentro, Lily ripensa in ogni modo. Non
ha
mancato un incantesimo, li ha tirati entrambi fuori, e in tutto
ciò,
finché non hanno raggiunto questo sperduto angolo del
villaggio, non
le ha mai lasciato la mano. Non si è trattenuto, ha lottato
con
tutto se stesso. Anche ora, dal modo in cui il suo corpo sembra
essere così teso attorno alla bacchetta, dal modo in cui non
può
star fermo, Lily ha la sensazione che lui correrebbe di nuovo nel
cuore del tumulto se lei lo lasciasse solo e lo lasciasse andare.
“Lily.”
Lei
alza la testa per fargli capire di aver sentito, ma qualunque cosa si
sia aspettata di vedere quando lo avrebbe guardato, non era questa
espressione sul suo viso. Non gliel'ha mai vista prima; ardente,
anche un po' disperata, così intensa che lei vorrebbe nello
stesso
momento scappare e chiudere la distanza tra di loro...
“Avevo
paura che ti saresti ferita.”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Sunday morning moon ***
VII.
Sunday morning moon
Apri
gli occhi e i ricordi arrivano in fretta, veloci ma gentili quanto la
luce della luna che ieri sera colpiva i tappeti del pavimento.
Li
chiudi di nuovo e avverti il tuo cuore unirsi all'irregolare danza
dei granelli di polvere sotto il bagliore della triste mattina. C'è
molto da affrontare per una coscienza così disorientata, ma
soprattutto ricordi la sensazione del suo corpo sotto quella felpa
che gli hai regalato per il suo ultimo compleanno... duro e liscio e
definito sotto il sottile tessuto, con le tue dita che si prendevano
il loro tempo dal suo stomaco al suo petto. La tua capacità di
respirare era stata da tempo messa da parte insieme al fiocco blu che
fino a pochi secondi prima aveva trattenuto i tuoi capelli rossi in
una coda di cavallo trasandata.
Lui
era molto, molto caldo.
Stava
là, fermo e silenzioso in tutta la sua spettinata, occhialuta
gloria, guardandoti dall'alto con un sopracciglio alzato e un quarto
di quel caratteristico sorrisetto.
“Te
lo togli o lo devo fare io?”
Lo
hai guardato male e gli hai colpito il braccio. “Tu devi seriamente
essere educato su come non rovinare un momento.”
“Tu
devi seriamente smetterla di uccidermi.”
E
poi ti ha tirata verso di sé e ti ha fatto dimenticare tutti i nomi
tranne il suo.
Ora
ti avvolge con un braccio, e i tuoi occhi si aprono di scatto. Lui
appoggia le labbra contro la base del tuo collo. I cuscini e le
lenzuola sono fredde ed inizia a piovere, ma il suo caldo... tutto
si muove dietro di te e si avvicina ancora di più. Tu sorridi e
intrecci le dita con le sue, guardando le goccioline d'acqua
inseguirsi sul vetro della finestra.
Sai
che là fuori il Sole sorge con la guerra, ma non importa. Ora tu sei
qui, e lui è qui, ed anche se sarà solo fino a che la pioggia
smette e la mattina se ne va, siete entrambi giovani, innamorati e a
posto.
Lui
sussurra buongiorno, e puoi udire
il suo sorriso, il tuo nome nella sua voce il testo perfetto per la
melodia della pioggia.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Pocket ***
VIII.
Pocket [AU
in una caffetteria babbana]
Un
giorno, oggi, lui entra, questo ragazzo – questo James
Potter – e
lei segue la sua andatura, lo fissa a lungo e intensamente. Non nota
nemmeno di starlo facendo.
Indossa
una camicia bianca, le maniche arrotolate indolentemente fino ai
gomiti. Tutto di lui urla appena
sceso dal letto, scusate
– i capelli ribelli, i passi sicuri, le lente occhiate
guizzanti –
e Lily è attirata dalla leggera curva all'insù di
solo un lato
della sua bocca. Il ragazzo però doveva
indossare gli occhiali, e Lily pensa che ciò pareggi
ingiustamente
il disordine.
Più
tardi, in un clima totalmente diverso in un posto lontano da questo
negozio, Lily sarebbe stata stesa nel letto con la maglietta di lui
(e nient'altro, se lo volete sapere) con le sue braccia attorno a
lei, pensando ad oggi, alle altre teste che si erano girate al suono
del campanello. Sarebbe stata curiosa delle altre persone che gli
avevano lanciato un'occhiata quando era entrato, di quante altre paia
di occhi si erano soffermate sul suo viso quanto lei.
Ma
in questo momento c'è solo lui dall'altra parte del balcone
che si
morde il labbro come se a lei servisse qualcos'altro da adocchiare.
Riesce appena a riprendersi. Lui è alto. E che mascella.
“Ciao,”
lui fa un cenno, poi subito mette quella mano in tasca. Lei vuole
ridere. O abbracciarlo. È stato il peggior saluto con la
mano di
sempre.
“Giorno,”
con un sorriso un po' generico, lei allunga un braccio dietro di
sé
per prendere il menù sopra lo scaffale dei dolci.
Lo
sguardo di lui scorre fino alla carta laminata che lei gli porge, ma
non la prende. Si gratta la testa. “C'è
Dorcas?”
Si
dà il caso che Dorcas sia in ritardo. Cosa che è
strana, ora che
Lily ci pensa, perché quella ragazza non è mai in
ritardo. “No.
C'è Mary, però. È la dietro che
controlla delle cose... e io. Ci
sono io.”
Il
suo sorriso è appena imbarazzato. “Sì,
ho notato.”
“Bene.
Quindi ti posso aiutare? La posizione di Meadowes a parte –
voglio
dire, Dorcas.”
“Nah,
conosco Dorcas Meadowes. Siamo familiari.”
“Oh,
okay.”
Lui
annuisce.
Lei
non può farne a meno: “Sei il suo ragazzo
allora?”
“E'
mia cugina.” la domanda sembra divertirlo.
“Giusto.”
“Lily,”
dice, e le sopracciglia di lei scattano in alto, ma lui indica la sua
targhetta prima che lei possa parlare “Bel nome.”
“Tasca,”
risponde lei debolmente, indicando il petto di lui e alla tasca
della camicia, santo cielo, e vuole pugnalarsi con una forchetta.
Lui
annuisce solennemente, le labbra che tremano.
“Già. Un po'
disgraziato.”
Lei
sposta lo sguardo per soffocare una risata. E poi si schiarisce la
gola, notando una giovane donna al tavolo quattro che allunga il
collo per fissarli minacciosamente. Un altro membro dell'odierna
squadra di occhiatine lascive. Tre sono troppi, pensa Lily, e
continua per scioglierli. “Allora. Qualcos'altro con cui ti
posso
assistere?”
“Sì,
ehm...”
Per
sua sorpresa, lui aggira la cassa fino al suo lato del bancone.
Sorride quando la raggiunge, massaggiandosi la base del collo e
osservando cauto la postazione di lavoro. “Ho un grembiule?
Dovrei
iniziare oggi. Scusa per il ritardo.”
“Inizia
oggi,” sibila Lily, trascinando Mary nella dispensa non molto
dopo
che ne era uscita. Mary non ha nemmeno finito di legarsi il
grembiule. “Cosa intende dicendo che inizia
oggi?”
“Oh,
quello è James Potter!” risponde Mary dopo una
svelta occhiata al
nuovo arrivato, lasciandosi trascinare. È confusa allo
sguardo
scandalizzato di Lily.
“E'
Tasca!” esclama James Potter, che apparentemente
può sentirle da
dove sta. Si sta indicando il petto; ora ha appuntata una targhetta
ora – che dice “Tasca”, il piccolo figlio
di un budino – e ha
un grembiule nero simile a quello di Mary e Lily. Controlla il suo
riflesso nelle porte scorrevoli dello scaffale dei dolci, si aggiusta
gli occhiali, e sorride contento a se stesso.
Mary
ridacchia. Da' una gomitata a Lily, dice
“Guardalo!”, e Lily
schiocca le dita irata davanti al viso dell'amica.
“Chi
diavolo è James Potter?” chiede, la voce
più bassa. Porta Mary
ancora più dentro la stanza, solo in caso.
Mary
alza gli occhi al cielo. “Dio, Lily. È il figlio
del grande capo!”
Lily
sbatte le palpebre. “Il figlio...?”
“James
Potter.”
“Be',
non è che vado in giro a memorizzare i nomi di tutti,
sai!”
Mary
le dà un secondo.
“Già,
probabilmente dovrei cambiarlo.”
“Sì,
dovresti.”
“Allora
perché è qui?” Lily ruba un'altra
occhiata a James. Sta
aspettando i clienti ora; si guarda intorno, le mani sul bancone, il
sorriso ampio. Ma oggi non ci sono molte persone. I giovedì
sono
sempre i più lenti.
“Oh,
non lo so,” risponde Mary “Suo papà
voleva che avesse esperienza
diretta nella gestione delle avventure della compagnia, immagino?
Dorcas mi ha detto che oggi avrebbe coperto per lei.”
“Perché
non me l'hai detto allora?”
“Pensavo
che te l'avesse detto Dorcas.”
“No.”
Mary
fa spallucce: “E' carino.”
“Perché
è qui?”
“Perché ti dà così
fastidio?”
“Non
posso lavorare con tutta la... distrazione.”
Mary
annuisce, un sorriso scaltro che lentamente si spande sul suo viso.
“E' il sedere, vero? È distraente?”
“No,
idiota.”
La
risata di Mary è smorzata dalle sue nocche. “Non
lo so. Forse deve
sovrintendere a come funziona il negozio.”
“Ma
la società di suo padre ha un sacco di rami! Dovrebbe andare
a
sovrintendere la proprietà o qualcosa del genere. Il
Greenfields
Hotel! Non questo misero caffè.”
“Ma
sarebbe tedioso, non pensi? La proprietà?” domanda
Mary. Piega la
testa, da sopra la spalla di Lily guarda James aspettare in
entusiasta trepidazione. “Magari è
annoiato.”
“Annoiato.”
“Sì.”
“Non
può venire qui a intromettersi perché -”
“Salve,
buongiorno!” James esclama dal bancone, e Lily riporta la sua
attenzione su di lui. Lei e Mary lo osservano mentre prende l'ordine
della donna – le fa dei complimenti, le augura una buona
giornata,
stringe gli occhi alla lavagna con le specialità e annuisce.
Non
male.
Quando
si avvicina allo scaffale, Mary afferra il gomito di Lily e la spinge
fuori da quella stanzetta. “Credo che tu voglia
aiutarlo...”
“Cosa?”
domanda Lily, distratta. James si sta mordendo la lingua mentre
taglia meticolosamente una fetta di torta al cioccolata e ciliegia.
“Perché?”
“Beh,
Dorcas mi ha circa avvisato riguardo-”
E'
lì che James fa cadere il vassoio.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Quidditch shirt ***
IX.
Quidditch Shirt
“COSA
SIGNIFICA
CHE NON E' TUA?”
“Significa...
che non la possiedo?”
“Cosa
significa
che...” Lily si sedette sul letto opposto, spostandosi una
ciocca
di capelli dal viso. Lanciò un'occhiataccia a Marlene, che
la
guardava come se temesse per la sua salute mentale – e Lily
pensò
che ne avrebbe potuto avere il motivo. “Non
puoi
essere seria, McKinnon,” sibilò.
“Ehm,
in realtà sì. L'ho presa per sbaglio due
settimane fa negli
spogliatoi dopo allenamento,” spiegò Marlene.
“Non me ne sono
accorta finché non l'ha chiesto alla squadra, e volevo
ridarla. Ma
poi tu l'hai presa, e...”
“Perché
non me l'hai detto subito?”
Marlene
alzò le sopracciglia. “Due sere fa, eri in Sala
Comune, e io-”
“Tu
mi hai detto, 'Ehi, Lily, bella maglia'!”
“Sì!”
“Pensavo
che fossi fiera di me per avere indossato una larghissima maglietta
da Quidditch! La tua
larghissima maglietta da Quidditch! Da quando quello è un
sinonimo
di 'Ehi, Lily, non
è mia?”
“D'accordo,
Lil, tutto ciò è ridicolo,”
esclamò Marlene, mettendosi sulla
difensiva “Avrebbe potuto essere benissimo un sinonimo di
'Ehi,
Lily – wow,
indossi la maglietta di James Potter!”
Lily
la fissò, incredula. “In quale universo
ciò giustifica un wow?”
“Immagino
in quello in cui finalmente capisci che provi qualcosa per
lui.”
“Nel
nome del – okay, no.
Stai scherzando. Devi star scherzando. Nemmeno per idea.
C'è... oh
mio Dio, lui era lì! L'altra sera in Sala Comune... mi ha vista!
E io...” Lily fece un respiro profondo e strinse le labbra.
“No,,
non ci casco. Mi stai stressando.”
Marlene
sbuffò. “Ovviamente,”
borbottò. “Ma senti, davvero non è
mia.”
“Solo
– perché me l'hai detto solo ora?”
“Perché
la prima notte ho pensato – oh, è davvero tenera!
Stavi cercando
di catturare la sua attenzione indossando la sua maglietta!”
“Scusami?”
“-
E poi quando sono arrivata qui ieri sera eri decisamente
crollata
quindi non sono riuscita a chiedertelo.” si strinse nelle
spalle
“Ma poi tre notti di fila – voglio dire, ho pensato
che fosse
troppo anche per qualcuno innamorato. Ho dovuto chiedertelo.”
Lily
considerò tutto ciò, facendo una smorfia e
mordendosi il labbro
inferiore. Spostò lo sguardo da Marlene. Il proprio riflesso
nella
finestra del dormitorio la salutò, e lei lo
fissò, mortificata.
“Non posso crederci,”
mormorò, guardandosi scuotere la testa meravigliata
“Tre notti!”
Marlene
le lanciò un'occhiata e ghignò: “Ha un
odore così buono, eh?”
Lily
si voltò. “E' molto... comoda.
Ecco tutto.”
“Mmmhmm,”
rispose Marlene, stendendosi nel letto. “L'ha indossata ad
alcuni
degli allenamenti più leggeri, sai...”
“Oh,
taci.”
“Un
sacco di volte, in realtà,” Marlene procedette
comunque. “Sai
come può diventare faticoso? L'allenamento? Ed è
sempre James che
lavora di più-”
Lily
afferrò un cuscino e glielo scagliò contro.
“Potter.”
“Hm?”
lui non alzò nemmeno lo sguardo. Lily fece un passo avanti,
osservandolo scribacchiare qualche riga in più sulla
pergamena.
Grazie a Godric non c'erano più molte persone lì
attorno.
“Sono
venuta a ridarti questa.”
Lui
spostò gli occhi dal tavolo, e benché lei si
stesse aspettando
quello stupido sorrisetto soddisfatto, non poté non esserne
irritata. Si aspettava anche una domanda sul perché fosse lei
a riportarla e non Marlene, e aveva preparato un discorso riguardo al
non volere che lui pensasse che fosse chissà cosa, ecc ecc
– ma il
cretino aveva altre idee. “Sei sicura?”
domandò. Si stava
mordendo la guancia per trattenere una risata.
Lei
alzò gli occhi al cielo. “Non fare
così, sono arrabbiata con te,”
lo rimproverò “L'altra sera mi hai
vista!”
James
sporse il labbro inferiore e annuì:
“Sì, infatti.”
“E
non ti è venuto in mente per niente di informarmi che stavo
indossando qualcosa di tuo?”
Lui
annuì ancora. “No, infatti.”
Lily
strinse gli occhi, non riuscendo a trattenersi dall'innervosirsi
così
velocemente. “Mi stavi solo... sorridendo!”
Lui
si lasciò scappare una risatina. “Ma io ti sto
sempre sorridendo.”
“Sembravi
stupido.”
“Sembravi
sexy.”
Lily
incrociò le braccia. Non importava aver piegato
ordinatamente la
maglietta; si spiegazzò e accartocciò sotto le
sue dita. “Che sia
chiaro che non avrei nemmeno considerato
indossarla se avessi saputo che era tua, e non – come ho
molto
erroneamente, tragicamente
ritenuto – della mia cara amica Marlene.”
James
apparve pensieroso, alzando un congratulante dito per puntarlo a
Lily. “Discorso appassionato, Evans,”
dichiarò in modo ipocrita.
“Gli darei un nove, ma è un po' troppo prolisso.
Lo capisco. Hai
dei problemi con me. Concetto afferrato.”
“Davvero?”
replicò Lily. “Perché per me
è essenziale essere molto chiari.”
James
si prese il suo tempo per spostarsi sulla sedia e appoggiarsi
all'indietro. “E' due volte la taglia di McKinnon.”
“Beh,
a me piace dormire in magliette di due taglie più grandi!
Alcune
ragazze lo fanno. Non è poco comune.”
“Giusto.
Preso nota.”
“Sì.
Quindi...”
“Non
pensi che sia un po' presto per parlare di abitudini del sonno? Non
ti ho ancora nemmeno fatto la proposta.”
Lily
si allungò per prendere un libro dal tavolo e con esso
colpirlo.
“Whoa,
domati, Rossa!” lui catturò il volume dalla
copertina rigida e
glielo prese, corrucciandosi e massaggiandosi la testa
“Godric,
quand'è che non sei un petardo impazzito?”
“Quando
smetti di comportarti da cretino, ecco quando,”
scattò lei. Gli
lanciò un'occhiata di disapprovazione prima di voltarsi con
uno
sbuffo e incamminarsi verso il dormitorio.
“Ehi,
Evans!”
Lily
sospirò, fermandosi alla base delle scale. Lo
guardò ancora non
divertita. “Cosa?”
“Hai
ancora la mia maglietta.”
Decisamente
rossa in volto, gli scagliò contro quella maledettissima
cosa.
Benché non abbastanza veloce da sfuggire alla sua sonora e
sempre
così infantile risata, se ne andò di
lì rapida, senza fermarsi a
vederlo afferrare la maglia senza difficoltà (e sorridere
come un
dannato idiota per il resto della notte).
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Indigo ***
X. Indigo [Prima
persona, POV Mangiamorte, fic sperimentale]
Devo riconoscerglielo a questo
Potter; ha un gran
cuore. Una gran anima. È tanto dannatamente testardo quanto
quell’odiosa
zazzera di capelli.
Legato ad una sedia e ridotto ad
una biascicante
mappa di isole di lividi viola, malmenato in tutti i modi che tutti i
mondi
esistenti si possono inventare, e ancora riesce a trovare il coraggio
di
guardarmi negli occhi e ghignare.
Da dove arriva? Da dove diavolo lo
prende? Il
pensiero di lei è per caso non ancora morto nella sua testa?
Ma come potrebbe? Dopo tutto quel
tempo sotto la
Cruciatus?
Non importa. Tutto il tempo del
mondo. Si
spezzerà. O morirà. O entrambi.
La mia bacchetta spinge a fondo nel
suo petto.
Lui sussulta, una, due volte, cerca di spostarsi per istinto. E poi si
ferma.
Le sue mani legate si aggrappano agli stretti, rovinati braccioli della
poltrona, polsi adornati da tagli che si sforzano contro i loro
legacci. Mi
chiedo come diavolo possa ancora muoversi così, le sue braccia sono un
macello.
Brutti tagli sanguinanti sul destro, frattura a sinistra. Non si
muoverebbe se
potesse evitarlo, lo so. Ma dubito che ora possa, non quando solo mezzo
centimetro in più e la mia bacchetta trapasserà la sua maglietta
stracciata e
la pelle maciullata. Non quando la punta della mia bacchetta sfiorerà
il suo
cuore, se continuassi; soffice e crudo e pulsante, quel secondo di
contatto che
fa infiammare ogni sua singola ostinata vena. Il lento, arduo sforzo di
una
bacchetta smussata sicuramente deve fare più male del veloce taglio di
un
pugnale? È evidente sul suo viso. Gli occhiali storti, la fronte
coperta di
sudore, la mascella rotta. Linee affossate abbondanti mentre strema
ogni
muscolo, ogni lembo di pelle, per resistere. Ma crolla. Certo che lo
fa. Tutto di
lui si sottomette al dolore, a me,
tutto di lui tranne la sua forza di volontà. Ogni volta che apre la
bocca la
mia anticipazione cresce per l’inevitabile pregare, i pianti di no, per
favore,
basta – ad ogni momento ora; mi accontenterà, sicuro – ma non arriva.
Lui è
tutto urla crude che lasciano profondi, cicatrizzanti graffi nella sua
gola ed
un incessante trillo nelle mie orecchie.
“Ti ucciderò.”
Nessuna risposta. James Potter,
ghiacciato e
rassegnato, spezzato irrimediabilmente alla fine.
“Ma non preoccuparti, il tuo sporco
giochetto
mezzosangue non ci metterà molto a seguirti.”
Si muove.
Respira; veloci, corti, tremanti
anche nei pochi
secondi in cui i polmoni gli permettono di esalare. Le sue labbra
fremono, ma è
difficile vederlo sotto tutti quei tagli. Denti stretti, mascella
bloccata,
pugni stretti. Un sottile fiume rosso rincorre la sporcizia e raggiunge
il suo
mento, gocciola sul petto – uno, due, tre – solo ad un respiro dalla
mia
bacchetta. Le sue nocche pallide e tirate sono bianche, curiosamente
attraenti,
contro la ridotta luce tremolante. Lui alza la testa. Immagino che le
parole
ora siano difficili da trovare, con la testa schiacciata da infinite
onde di
dolore e la gola che vanta un intricato motivo di profondi tagli, ma
non devo
cercare molto per riconoscere un atteggiamento di sfida sotto gli
occhiali
scheggiati.
Lui è ancora qua. E lei è ancora
con lui.
Molto bene.
Spingo la bacchetta più a fondo. Il
suo sterno
scrocchia, e il suo gemito è secco, forte contro la buia stanza vuota.
Io giro
la dannata cosa e lui urla come il matto che voglio che sia.
“Crucio.”
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=2724580
|