You Found Me di DocHL (/viewuser.php?uid=90918)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
You Found me
"Sticks
and stones may break my bones
But
your words break my heart
I'm
not as strong as you think I am
I'm
no superman"
(IM5-Superman)
Pioggia.
Pioggia
scrosciante che cade.
Cosa strana, dato che ci troviamo a Los Angeles, ma come si dice?
Non può piovere per sempre, ecco, qui non può
esserci sempre il sole. Tempo
adatto se si pensa a cosa succederà tra poco. Nuvole nere,
come se si fossero
stancate del bianco, gocce di pioggia che continuano imperterrite a
bagnare la
terra, come se ci fosse stato per troppo tempo il sole. Scrosciante. Un
rumore
che culla chi, a quell’ora, è già a
letto, che tranquillizza i lettori di libri
troppo consumati e che innervosisce chi ancora è per strada,
con l’unica
intenzione di arrivare a casa e trovare riposo.
Questo è il caso di Robert.
Robert ama la pioggia, davvero. Dice che non c’è
niente di meglio che
addormentarsi con quella strana sinfonia ovattata nelle orecchie, sotto
le
coperte e con la persona che ama. Già.
Ha preso il volo più veloce per arrivare da lei,
così da poterla stringere per
il resto della notte. Pochi minuti e sarebbe arrivato a destinazione.
Mezzanotte e quindici minuti, non troppo tardi se ci si pensa, ma,
conoscendola, sarà a letto da un pezzo. Poco importa.
Farà attenzione a non
svegliarla, e, magari, domani mattina le preparerà la
colazione.
Arrivato a destinazione. Mezzanotte e ventiquattro.
Entra nella casa stravolta dal silenzio. Pochi gradini e
potrà finalmente
riposare. Poi, un rumore. Si blocca chiedendosi mentalmente se fosse
ancora
sveglia. Strano. Continua il cammino imperterrito.
Oh Robert, se solo sapessi, se solo tu fossi lo scrittore di questa
storia, non
entreresti mai in quella stanza, avresti preso un volo più
tardi e tutto ti
sarebbe sembrato così normale. Non te lo meriti tutto questo
e ti do ragione se
te la prenderai con me, ma non posso farci nulla. Arriva alla porta e
l’unica
cosa che sente sono dei profondi sospiri. No. Non vuole crederci, non
può
essere così. E’ la tv, è
senz’altro la tv.
Apre e lo sguardo, invece di andare al centro del letto, si spinge
verso
l’enorme display. Spento. Solo allora la verità
gli si getta addosso come una
doccia fredda. Guarda il letto. Sospiri e lamenti continuano
imperterriti, come
se non esistesse, come se fosse un fantasma, come se si fosse dimentica
che
esiste anche lui.
“Susan…”
Riesce solo a pronunciare, e allora se ne accorge. Il silenzio cale
nella
stanza e le coperte si spostano rivelando due corpi nudi.
“Robert! Dovevi essere qui domani mattina.”
Lo dice come se fosse sola in quel letto, come se quella fosse una
totalmente
normale. Cambia discorso e lui lo odia e lei lo sa, ma dire qualcosa di
diverso, in quel momento, le è sembrato impossibile. Solo
allora nota i pugni
di Robert stretti, le nocche diventate bianche.
“Qualche problema amico?”
Oh no. Ti prego. Non può davvero aver parlato
l’altro, vero? Uno sconosciuto
che si fa padrone in casa sua, altra cosa che odia. Lui è
bello, più giovane
con uno sgradevole accento inglese e l’unica cosa che Robert
si chiede è come
possa essere accaduto. Un insospettabile tradimento. Imprevedibile
anche ai
suoi occhi. Il giorno prima che partisse, una settimana fa,
c’era lui in quel
letto con lei e i sospiri di Susan erano solamente per lui.
“N- Non è come sembra.”
Ah. Nega. Terza cosa che odia, chi nega davanti l’evidenza.
Sente il mondo
distruggersi, i suoi anni di matrimonio sgretolarsi, l’amore
donatole svanire e
non se lo merita. E lei lo sa ma resta ancora lì, stretta a
lui e allora anche
lei diventa estranea ai suoi occhi. Chi ha amato per tutti questi anni?
Un amore che pensava fosse vero, a tratti perfetto, era solo frutto
della sua
immaginazione. Sei troppo sentimentale ed emotivo Rob, lo sai, ma non
fartene
una colpa. Sente la rabbia dentro le vene, come se non avesse
più sangue e sia
rimasta a regnare il suo corpo solo quella. Allora è
così che ci si sente.
Sconfitti dentro e fuori. Furiosi con lei e l’altro ma
soprattutto con se
stessi per non averlo saputo prevedere. Stupidi. Inutili. Fuori luogo.
“Fuori da casa mia. Ora.”
Dice guardando negli occhi l’inglese che sembra aver capito
solamente ora la
situazione. Complimenti Sherlock. In due minuti è
già fuori di casa. Lei ancora
continua a guardarlo, non sapendo giustificare un gesto così
subdolo.
“Anche tu.”
“Cosa?”
“Fuori. Da. Casa. Mia.”
E allora diventa furiosa anche lei.
“Questa è anche casa mia!”
“Oh! Non secondo il notaio!”
Dice buttandogli dei vestiti addosso e prendendole la valigia.
Si veste in religioso silenzio, ma in quel momento, in quella stanza,
la
religione era scomparsa.
Arrivano alla porta di ingresso, fa un passo fuori dall’uscio
per poi voltarsi.
“Robert, io…”
Un sorriso amaro gli compare sul volto prima di bloccarla.
“Vaffanculo.”
La porta ora è chiusa. Lei è fuori fisicamente,
ma lui non è pronto a lasciarla
andare. Non per uno come quello. Non per un inglesino. Si butta a
terra,
schiena contro il muro, ginocchia piegate e testa tra le mani, mentre
le
lacrime gli rigano il volto. Lui non piange mai. Non lo ha mai fatto.
Non lo ha
mai permesso a sé stesso, perché di pianti ne ha
fatti fin troppi eppure non
riesce a farne a meno.
Quarta cosa che odia, piangere dal dolore, come se avessero preso il
suo cuore
e l’avessero ripetutamente preso a calci. Non riesce a
fermare le lacrime che
continuano a scendere come la pioggia. Si alza in piedi e in un attimo
è fuori.
Sotto di essa. Testa bassa e pugni stretti, così che nessuno
possa vederlo o
notare la differenza. Susan non c’è. E’
andata via e non tornerà.
Mezzanotte e quarantasette.
Ed in quel momento si sente perso e solo contro tutti.
Hello People! :)
Dopo la maturità ho deciso di darmi ad una fanfiction su
Robert che avevo in mente da un po'.
Ovviamente questo primo capitolo è molto corto, giusto per
far capire cosa succede al nostro Rob. Gli altri saranno molto
più lunghi. Tengo a precisare che in questo storia Robert
non ha figli, né con Susan né con nessun altro.
Tengo anche a precisare che non ce l'ho con Susan e non la reputo
così stronza, è solamente una storia inventata.
Posso definirla "What if?"...? Non lo so.
Comunque, recensite e ditemi se questo piccolo pezzo vi ha incuriosito
un po'.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
"Maybe
one day i'll come back here,
maybe
one day i'll be able to love you like a should."
Tyler Ward - "Dashes"
Ci
ha pensato tutta la notte e forse, l’unica cosa che
potrebbe farla tornare sarebbe la gelosia. Perché lei lo
ama, ma non lo ha
chiamato e non lo farà neanche domani. Lei non ha scuse, ma
non pensa di aver
sbagliato.
E’ l’alba e uno spiraglio di sole gli illumina il
viso, ma avrebbe preferito la
pioggia. Il suo umore non è come quella bella giornata che
sta nascendo. Ha il
vuoto dentro e l’unica cosa che può riempirlo
è andata via ieri sera. Deve
tornare. Deve chiamare. Il suo telefono è silenzioso,
troppo, così tanto che
per un attimo gli è passata in mente l’idea che
fosse rotto, ma quando un
messaggio da parte di Jude lo ha destato dai suoi pensieri ha capito
che,
purtroppo, funzionava benissimo. Non gli avrebbe risposto. Non avrebbe
risposto
a nessuno, tranne a lei. Una promessa fatta durante la notte.
Indossa un paio di occhiali da sole, alza il cappuccio della felpa ed
esce da
quella casa troppo stretta per i suoi gusti.
Testa bassa e destinazione ignota.
Ascolta quello che lo circonda.
Risate di bambini che lui ama e che avrebbe voluto sentire ogni mattina
senza
alzarsi dal letto, donne che parlano di cose fatte e di sogni
incompiuti,
uccelli che spiccano il volo e il rumore del battito delle loro ali
sembra un
applauso a quella bellissima giornata di sole dopo la tempesta della
sera
prima. Sbuffa.
Il rumore di una penna fin troppo usata che scrive su un taccuino di
fortuna,
contente fogli di diversi tipi, alcuni anche usati. Odore di uova e
pancetta e
caffè appena fatto. Il motivo per cui così tanta
gente si presenta lì ogni
mattina. E’ odore di casa. Questo è quello che
pensa Alex ogni volta che un
cliente entra dalla porta con un sorriso sul viso. Prende
l’ordine, lo porta in
cucina, serve i piatti e il giro ricomincia. Abbastanza monotono si
potrebbe
dire, ma è pur sempre un lavoro, il lavoro da soldi e a lei
servono. E’ in
ritardo nel pagare Betty, la Baby-sitter di Cole e lei odia non
rispettare le
date e gli orari. Sarebbe anche un lavoro tranquillo il suo, se non
fosse per i
soliti uomini che ci provano spudoratamente con lei e che addobbano il
tutto
con commenti poco ortodossi. Quindi, ricapitolando, lavoro monotono,
clienti al
limite dell’eccitazione e un bambino da sfamare, ogni giorno.
Non proprio la
vita che volevi, vero? Tranquilla,
sei
giovane, hai una vita davanti, verrà il tempo anche per te.
Eppure quella mattina c’era qualcosa di diverso, qualcuno. Un
uomo seduto al
tavolo all’angolo da solo, ma ad Alex sembra che non abbia
idea neanche di cosa
ci faccia qui.
“Salve, desidera ordinare?”
Silenzio. Lui ha lo sguardo fisso. Ha il cappuccio e grandi occhiali da
sole,
ma qui a Los Angeles non è anomalo, anzi. Sembra pensieroso,
fin troppo. La
ragazza di schiarisce la gola e allora lui sembra notarla, la guarda e
si
toglie gli occhiali da sole scuotendo la
testa come ad intendere di non aver capito.
“Desidera qualcosa?”
“Oh. Giusto. Un caffè nero, lungo.”
Le rivolge un sorriso fin troppo forzato e lei lo nota. Ha lo sguardo
pensieroso, triste e in un momento si trova a pensare quanto sia
ingiusto
vederlo così, per poi rendersi conto di trovarsi di fronte
ad una persona che
non conosce.
Robert
neanche sapeva come fosse arrivato lì, voleva un
caffè ed eccolo, ad isolati da casa in un bar mai visto
prima. Dio, doveva
riprendersi, persino la cameriera si era accorta di quanto fosse
strano. Una
giovane cameriera, e bella. Troppo per lavorare in un posto del genere.
Solo
dopo alcuni secondo se la ritrova davanti gli occhi mentre gli porge il
caffè e
una tazza di latte.
“Grazie ma, avevo chiesto solamente il
caffè.”
“La vita è troppo bella per viverla solamente in
nero, non crede? Ogni tanto ci
vuole un po’ di bianco. Il latte lo offre la casa.”
Gli dice sfoggiando un bellissimo sorriso per capire in un secondo
momento che
quelle parole potevano riferirsi a sé stessa. Dai consigli
agli altri ma non a
te stessa? Sei seria, Alex?
Robert ricambia con un sorriso, questa volta sincero.
“Io sono Robert.”
Dice porgendole la mano.
“Alex.”
Gliela stringe e per un attimo pensa che abbia un sorriso perfetto, da
far
sciogliere.
“Lavori da tanto qui?”
“Da un mese, ma non so fino a quanto posso resistere, non
sono una persona che
sopporta ripetere sempre le stesse azioni ogni giorno della sua
vita.”
Dice alzando gli occhi al cielo e gli lascia scappare una piccola
risata.
“Hai bisogno anche tu di un po’ di
bianco?”
“Già.”
“Consola il fatto di non essere l’unico.”
Dice finendo l’ultimo sorso di latte macchiato, lascia il
soldi sul tavolo e se
ne va augurandole buona giornata.
Lunedì, vuol dire solamente una cosa agli occhi di Alex, il
suo lavoro
terminava dopo pranzo e poteva prendersi un po’ di tempo per
lei. Saluta tutti,
prende la sua borsa ed esce fuori, incomincia ad incamminarsi verso il
centro,
ma si blocca alla vista di qualcosa.
Robert sta tranquillamente fumando con la schiena contro il muro,
ancora il
cappuccio che gli copre la faccia e gli immancabili occhiali. Si volta
e la
vede. Potrebbe dirle che si trovava lì per caso, di nuovo, o
che stesse
solamente facendo un giro, ma la verità è che la
stava aspettando. Tornare a
casa e passare tutta la giornata da solo non è
un’offerta così allettante,
vero?
Per non parlare del fatto che Alex, quella mattina, era stata il suo
unico
spiraglio di luce nonostante fuori ci fosse il sole. Le sorride.
“Hey.”
“Ciao.”
Gli risponde confusa pensando, però, che non esista sorriso
più bello. Butta la
sigaretta e la raggiunge con le mani in tasca.
“Volevo ringraziarti per quel poco di bianco che mi hai dato
ma che ha
eliminato la maggior parte del nero, per un po’…
Posso offrirti un gelato?”
Un appuntamento. Quell’uomo dalla faccia così
familiare l’ha appena invitata a
prendere un gelato. Betty sarebbe rimasta con Cole ancora per sei ore,
quindi il problema
più grande non
persiste. Ma lei? Diamine, è così arrugginita con
gli uomini. Non è mai uscita
con nessuno dopo il padre di Cole, il che equivale a… due
anni fa. Non per
colpa del bambino, né per i troppi impegni, ma per paura.
Paura di ritrovarsi
con le spalle al muro e il mondo addosso ancora una volta e a dover
uscire
dalle macerie da sola senza una mano che la trascini fuori di
lì. Ci era riuscita
una volta, ma è convinta che se fosse successo di nuovo non
avrebbe ottenuto lo
stesso risultato, anzi.
Alex, ti ha chiesto di prendere un gelato, non vi sposate domani.
Ah. Giusto.
“Va bene.”
Una cosa Alex ha capito durante quella breve passeggiata per arrivare
al parco
più vicino, il fatto di essere circondati entrambi da un
buio perpetuo, di
essersi sentiti sulla cima del mondo per un tempo relativamente lungo e
di
essersi ritrovati, da un momento all’altro, nel baratro
più totale. Circondati
da persone che amavano e che si sono rivelate distruttive e senza
sentimenti.
Parlarono per ore delle loro relazioni andate in briciole.
“Posso
perdonargli tutto, davvero.
Potrei passare sopra alle offese, alle mani alzate, alle urla. Potrei
passare
sopra alle notti passate in bianco, agli occhi sempre lucidi. Ma non
gli perdonerò
mai la paura di amare che mi ha trasmesso. Ora quando qualcuno mi
guarda negli
occhi e prova a baciarmi non riesco a non pensare che prima o poi se ne
andrà
proprio come ha fatto lui. Perché ho imparato che nessuno
resta se non ne vale
la pena, e io non sono il genere di ragazza per cui ne vale la pena.”
“Sai,
noi due,
io e Susan, eravamo follemente innamorati. Io di lei. Lei di lui. E la
prima
cosa che ho pensato quando l’ho vista lì, con lui,
ieri sera, è stata: Mio Dio,
ed ora come glielo dico al mio cuore?.”
Le dice guardandola ed alzando entrambe le sopracciglia.
“Evidentemente non siamo fatti per essere felici.”
“Già ma, una persona non può smettere
di amare un’ altra nel giro di una
settimana. Io non penso che lei si sia dimenticata di me, che non provi
più
nulla con tutto quello che abbiamo passato.”
Si togli occhiali e cappuccio. Stava iniziando decisamente a fare
caldo, ma lei
resta immobile mentre lo guarda con la bocca aperta.
Robert, posso ricordarti che sei uno degli attori più famosi
in tutto il mondo,
che non le hai detto il tuo nome per intero e che gli occhiali e il
cappuccio
ti hanno coperto la faccia per tutto questo tempo?
“Oh, ecco cosa mi sono dimenticato di dirti.”
“Come puoi dimenticare di essere Robert Downey Jr?”
Si passa una mano tra i capelli e le sorride.
“Mi capita quando mi sento a mio agio con una persona, quindi
ritieniti
fortunata.”
Lei alza le mani ridendo.
“Quindi, da quel che ho capito, vuoi farla
ingelosire?”
“Già, ma nessuno sa di questa
‘separazione’ e in questi casi non ci si
può
fidare di nessuno, sai com’è?”
“E allora perché me ne hai parlato
subito?”
“Te l’ho detto, mi sento a mio agio con
t…”
Rimane per un attimo con lo sguardo fisso, a riflettere.
No. Non starai pensando veramente a quello che credo? Vero?
Sì, okay, ha
bisogno di soldi, ma così la metterai in una situazione
più grande di lei. Sai
come possono essere i paparazzi alcune volte. Ovviamente non mi stai
ascoltando.
“..,Ho avuto un’idea.”
“Spara…”
“Tu hai un figlio da mantenere ed hai bisogno di soldi. Io ho
i soldi. Io ho
bisogno di una finta ragazza che si mostri insieme a me di fronte alle
telecamere, che faccia ingelosire Susan e che sappia mantenere la
sceneggiata.
Tu sei una ragazza e non hai l’aria di una che corre in giro
urlando cosa fa
Robert Downey Jr. Sbaglio?”
Sorride mentre ascolta l’ultima frase, ma poi si rende conto
della proposta.
Avrebbe avuto una vita assurda, paparazzi ovunque e domande continue
sulla sua
vita privata, ma avrebbe avuto così tanti soldi da poter
avere una vita normale
sia per lei che per Cole.
“Io… devo pensarci.”
Lui annuisce, prende il telefono della ragazza, che aveva lasciato sul
tavolo
in caso di una chiamata da parte di Betty, preme qualche pulsante e
glielo
porge.
“Hai il mio numero ora. Quando avrai preso una decisione
chiamami, okay?”
Si alza in piedi, le da una bacio sulla guancia per poi allontanarsi.
In che guaio si stava cacciando?
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Son Tornata! Scusate il piccolo ritardo ma
ho avuto qualche problemino. Comunque, son qui. Perdonatemi se il
capitolo è corto ma è un "Capitolo di passaggio",
nel senso che serve per entrare nella vera storia, infatti, dal
prossimo Alex e Robert cominceranno ad uscire fingendosi una coppia.
Insomma, la situazione diventerà interessante. Qui ho messo
un po' dei loro pensieri, specialmente quelli di Alex. Spero che vi
piaccia.
Recensite per farvi sapere se la storia via piace, se c'è
qualche parte che non vi convince, anche per qualche consiglio, mi
farebbe piacere! :)
Al prossimo capitolo!
"Sing me to sleep, sing me to sleep,
I don't want to wake up
On my own anymore."
Asleep - The Smith
Notte.
Questa volta la notte affondava la città, lasciandola nel
completo silenzio.
Uno spicchio di luna in alto nel cielo e un contorno di stelle
così
appariscenti che permettevano di osservare le costellazioni. Notte
buona per
gli astrologi. Notte bella per gli innamorati che passeggiano lungo le
strade
di Los Angeles. Notte bella per quel senzatetto che potrà
fare a meno di
ripararsi in posti più oscuri.
Notte bella anche per Robert. Poco prima aveva ricevuto un messaggio.
“Okay, ci sto.”
Insieme ad un indirizzo di una strada non troppo lontana da casa sua.
Sorride mentre guida verso la destinazione, musica alta, qualche parola
accennata dalla sua bocca.
Si ferma e si trova ad osservare un palazzo maledicendosi per aver
indossato
una camicia invece che una felpa e sperando che nessuno lo riconosca.
Ma è
notte, e la notte gioca a favore di chi vuole restare
nell’ombra. Chiude la
macchina e abbassa lo sguardo incamminandosi.
Quarto piano, ascensore che potrebbe darti di tutto, tranne che la
fiducia.
Opta per le scale.
E’
un attimo, il suono del campanello, la porta che si apre
e lui che si rende conto solo ora di quanto sia bella. Non lo aveva
notato. Non
perché quel giorno non lo fosse, era solamente una giornata
no, come questa,
solo che questa volta era diverso per qualche strano motivo.
“Hey…”
“Hey…”
Sorridono e per un attimo il silenzio regna, troppo impegnati a
guardarsi negli
occhi.
“Io… ho portato il caffè.”
Dice alzando una busta di carta, ma prima che lei possa rispondere un
altro
paio di occhi iniziano ad osservarlo. Guarda a terra e, aggrappato alle
gambe
di lei, c’è un bambino.
“Ciao.”
Gli sorride e abbassa alla sua altezza. Il bambino si nasconde dietro
le gambe
della mamma per poi correre dentro.
“Bhè, è andata meglio di quello che mi
aspettassi!”
Dice rialzandosi facendo ridere Alex.
“Entra..”
L’appartamento sembra abbastanza spazioso, qualche giocattolo
lasciato a terra,
come è giusto che sia. Fa qualche passo inoltrandosi nel
soggiorno e sente
qualcosa sotto i piedi. Un piccolo Iron Man giocattolo senza maschera
che
lascia intravedere la faccia più o meno uguale alla sua.
“Mio dio, ho calpestato me stesso!”
Alex ride ancora dandogli una pacca amichevole, mentre lui raccoglie il
gioco.
“Ho dimenticato di dirti che Cole ti adora. Cioè,
adora Iron Man, ma nei film
ci sei tu, quindi…”
Si avvicina al bambino seduto sul divano glielo porge.
“Io sono Robert. Tu?”
Il bambino sorride prendendo il giocattolo.
“Cole!”
“Passi avanti Alex!”
“Quindi
ci stai?”
“Sì, ma a tre condizioni!”
Dice alzando tre dita. Lui annuisce.
Non era stato difficile decidere. Robert l’avrebbe pagata,
tanto, forse anche
troppo, ma così avrebbe permesso a lei e a Cole di vivere
meglio e di non
arrangiarsi alla giornata. In cambio, avrebbe solamente dovuto fingere
di
essere la sua nuova fiamma ed essere presente nelle serate importanti,
così da
poter essere ripresa dai paparazzi. Avrebbe avuto una vita
più difficile,
senz’altro, ma una volta finito il tutto, si sarebbero
dimenticati di lei. Ne
valeva la pena.
“Uno… Baci solo ed esclusivamente davanti alle
telecamere. Due… Niente sesso,
anche nelle situazioni peggiori che possano capitare. Tre…
Devi pagarmi ogni 7
del mese.”
“Perché proprio il 7?”
“Il giorno dopo il proprietario del condominio vuole essere
pagato…”
Robert annuisce, sta per risponderle quando qualcosa lo frena. Di nuovo
un altro
paio di occhi lo osserva. Abbassa lo sguardo.
“In braccio?”
Chiede il bambino con fare incerto.
“Cole…”
Lo rimprovera lei, ma, in men che non si dica, è
già seduto sulle gambe di un
sorridente Robert.
“No, va bene. Io adoro i bambini.”
E per un attimo Alex si ritrova a pensare al passato. A quella frase
detta
anche lui, quello che doveva essere l’amore della sua vita,
quello giusto. E’
stato un amore forte, non si può negare, neanche lui
può, erano una cosa sola.
Troppo giusti per essere divisi.
Si ricorda il parlare nella notte fino a vedere l’alba,
brindare al chiaro di
luna, prendersi il loro tempo per vivere senza fretta. Avevano quel
qualcosa
che li faceva brillare, me lo hanno lasciato andare. Lui lo ha lasciato
andare.
E non capisce cosa l’abbia fatto andare via. Non gli ha mai
detto che quello
che avevano era buono. Forse un giorno sarebbe tornata da lui, forse un
giorno
sarebbe stata capace di amarlo come avrebbe dovuto. Ma lei lo sa,
è andato via
per qualcosa di nuovo e l’ha lasciata aggrappata al nulla in
bilico su una
nuvola, perché è sempre riuscito a portarla in
alto e lei l’aveva seguito
inconsapevole del fatto che, se l’avesse lasciata andare e se
si fosse trovata
troppo in alto, si sarebbe rotta. Rotta in miliardi di pezzi che ha
dovuto raccogliere
e rimettere insieme come se fosse un puzzle. E lei che pesava di essere
invincibile, e lei che pensava di essere indistruttibile, si era
ritrovata a
raccogliersi nel buio più totale sperando che qualcuno
trovasse un interruttore
per accendere di nuovo la luce. Ma una volta arrivato Cole, una volta
averlo
visto negli occhi, una volta aver versato altre lacrime, per essersi
trovata
così impreparata in un momento del genere, si era rialzata,
aveva brancolato
nel buio fino a trovarlo lei l’interruttore.
Se prima di allora un’idea si era fatta largo nella sua
testa, appena lo aveva
visto, appena la sua piccola mano aveva circondato il suo dito, aveva
sussurrato: “Mai, non potrei mai lasciarlo.”
Si desta dai pensieri e vede Robert giocare assieme a Cole per terra,
come se i
bambini fossero improvvisamente diventati due.
Poi i bambini erano improvvisamente diventati tre, impegnati in lotte
assurde
con ogni tipo di giocattolo, finché il più
piccolo non si era addormentato,
esausto.
“Grazie per essere rimasto un po’. E’ da
tanto che Cole non si divertiva così
tanto.”
“Oh figurati, mi sono divertito anche io, mi serviva un
po’ di svago.”
“Già… Anche a me.”
Si sorridono.
“Allora… Domani ti passo a prendere a
lavoro.”
“Okay… Finalmente ho un passaggio per andare a
casa!”
Lui scoppia a ridere. Per tutta la sera si era meravigliata di quel
sorriso e
di quella risata e per un attimo si trova a pensare di voler farlo
ridere
sempre. Lo hai pensato veramente? Avevi detto di non volere altri
uomini nella
tua vita tranne Cole.
Scaccia quel pensiero dalla testa. Lei vuole stare sola e ci
resterà, Robert è
solamente un amico che la sta aiutando e lei sta aiutando lui. Stop.
Quando
tutto questo finirà lui tornerà da sua moglie e
scomparirà come fanno tutti.
“Grazie ancora.”
Le dice abbracciandola. Qualcuno potrebbe dire che quello sia un
abbraccio di
gratitudine, ma Robert era quasi certo che non fosse quello il motivo.
Aveva
solamente voglia di farlo, non ne comprendeva bene il motivo, ma era
così. E lei
per un attimo si sente più protetta, ma non dovrebbe, sta
iniziando a fidarsi
troppo e la cosa non va.
“Buonanotte.”
Dice e le da un bacio sulla guancia per poi sciogliere
l’abbraccio.
“’Notte.”
Monta in macchina e
il silenzio lo
circonda. E lui lo odia.
Perché riporta nella sua testa i pensieri e non sai mai se
saranno pensieri
tristi o felici e fa paura perché non puoi fare nulla. Si
resta inermi davanti
al silenzio. Ma lui, in qualche modo, ha imparato a controllarlo e a
conoscerlo
negli anni, soprattutto in quelli più bui. Si può
dire che il silenzio sia il
suo più vecchio miglior nemico. Un rapporto strano il loro.
Si concentra su pensieri belli mentre guida verso casa e la prima cosa
che gli
viene in mente è Alex e Cole. E’ strano, ma almeno
loro hanno portato un
pizzico di felicità dopo queste giornate buie. Adora quel
bambino. E adora lei
quando per un attimo si estranea dal mondo,
perché troppo
impegnata dai suoi pensieri. Oppure quando si tocca i capelli quando
è a
disagio.
Si trova a pensarla e nota che sulla sua faccia è comparso
un sorriso quasi
involontario.
Oh no.
Non dirmelo.
Te l’ho detto. Mai affezionarsi alle persone. Mai.
E tu cosa hai fatto?
“Mi sono affezionato…”
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