You Found Me

di DocHL
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


You Found me




"Sticks and stones may break my bones
But your words break my heart
I'm not as strong as you think I am
I'm no superman"
(IM5-Superman)


Pioggia.
Pioggia scrosciante che cade.
Cosa strana, dato che ci troviamo a Los Angeles, ma come si dice?
Non può piovere per sempre, ecco, qui non può esserci sempre il sole. Tempo adatto se si pensa a cosa succederà tra poco. Nuvole nere, come se si fossero stancate del bianco, gocce di pioggia che continuano imperterrite a bagnare la terra, come se ci fosse stato per troppo tempo il sole. Scrosciante. Un rumore che culla chi, a quell’ora, è già a letto, che tranquillizza i lettori di libri troppo consumati e che innervosisce chi ancora è per strada, con l’unica intenzione di arrivare a casa e trovare riposo.
Questo è il caso di Robert.
Robert ama la pioggia, davvero. Dice che non c’è niente di meglio che addormentarsi con quella strana sinfonia ovattata nelle orecchie, sotto le coperte e con la persona che ama. Già.
Ha preso il volo più veloce per arrivare da lei, così da poterla stringere per il resto della notte. Pochi minuti e sarebbe arrivato a destinazione.
Mezzanotte e quindici minuti, non troppo tardi se ci si pensa, ma, conoscendola, sarà a letto da un pezzo. Poco importa. Farà attenzione a non svegliarla, e, magari, domani mattina le preparerà la colazione.
Arrivato a destinazione. Mezzanotte e ventiquattro.
Entra nella casa stravolta dal silenzio. Pochi gradini e potrà finalmente riposare. Poi, un rumore. Si blocca chiedendosi mentalmente se fosse ancora sveglia. Strano. Continua il cammino imperterrito.
Oh Robert, se solo sapessi, se solo tu fossi lo scrittore di questa storia, non entreresti mai in quella stanza, avresti preso un volo più tardi e tutto ti sarebbe sembrato così normale. Non te lo meriti tutto questo e ti do ragione se te la prenderai con me, ma non posso farci nulla. Arriva alla porta e l’unica cosa che sente sono dei profondi sospiri. No. Non vuole crederci, non può essere così. E’ la tv, è senz’altro la tv.
Apre e lo sguardo, invece di andare al centro del letto, si spinge verso l’enorme display. Spento. Solo allora la verità gli si getta addosso come una doccia fredda. Guarda il letto. Sospiri e lamenti continuano imperterriti, come se non esistesse, come se fosse un fantasma, come se si fosse dimentica che esiste anche lui.
“Susan…”
Riesce solo a pronunciare, e allora se ne accorge. Il silenzio cale nella stanza e le coperte si spostano rivelando due corpi nudi.
“Robert! Dovevi essere qui domani mattina.”
Lo dice come se fosse sola in quel letto, come se quella fosse una totalmente normale. Cambia discorso e lui lo odia e lei lo sa, ma dire qualcosa di diverso, in quel momento, le è sembrato impossibile. Solo allora nota i pugni di Robert stretti, le nocche diventate bianche.
“Qualche problema amico?”
Oh no. Ti prego. Non può davvero aver parlato l’altro, vero? Uno sconosciuto che si fa padrone in casa sua, altra cosa che odia. Lui è bello, più giovane con uno sgradevole accento inglese e l’unica cosa che Robert si chiede è come possa essere accaduto. Un insospettabile tradimento. Imprevedibile anche ai suoi occhi. Il giorno prima che partisse, una settimana fa, c’era lui in quel letto con lei e i sospiri di Susan erano solamente per lui.
“N- Non è come sembra.”
Ah. Nega. Terza cosa che odia, chi nega davanti l’evidenza. Sente il mondo distruggersi, i suoi anni di matrimonio sgretolarsi, l’amore donatole svanire e non se lo merita. E lei lo sa ma resta ancora lì, stretta a lui e allora anche lei diventa estranea ai suoi occhi. Chi ha amato per tutti questi anni?
Un amore che pensava fosse vero, a tratti perfetto, era solo frutto della sua immaginazione. Sei troppo sentimentale ed emotivo Rob, lo sai, ma non fartene una colpa. Sente la rabbia dentro le vene, come se non avesse più sangue e sia rimasta a regnare il suo corpo solo quella. Allora è così che ci si sente. Sconfitti dentro e fuori. Furiosi con lei e l’altro ma soprattutto con se stessi per non averlo saputo prevedere. Stupidi. Inutili. Fuori luogo.
“Fuori da casa mia. Ora.”
Dice guardando negli occhi l’inglese che sembra aver capito solamente ora la situazione. Complimenti Sherlock. In due minuti è già fuori di casa. Lei ancora continua a guardarlo, non sapendo giustificare un gesto così subdolo.
“Anche tu.”
“Cosa?”
“Fuori. Da. Casa. Mia.”
E allora diventa furiosa anche lei.
“Questa è anche casa mia!”
“Oh! Non secondo il notaio!”
Dice buttandogli dei vestiti addosso e prendendole la valigia.
Si veste in religioso silenzio, ma in quel momento, in quella stanza, la religione era scomparsa.
Arrivano alla porta di ingresso, fa un passo fuori dall’uscio per poi voltarsi.
“Robert, io…”
Un sorriso amaro gli compare sul volto prima di bloccarla.
“Vaffanculo.”
La porta ora è chiusa. Lei è fuori fisicamente, ma lui non è pronto a lasciarla andare. Non per uno come quello. Non per un inglesino. Si butta a terra, schiena contro il muro, ginocchia piegate e testa tra le mani, mentre le lacrime gli rigano il volto. Lui non piange mai. Non lo ha mai fatto. Non lo ha mai permesso a sé stesso, perché di pianti ne ha fatti fin troppi eppure non riesce a farne a meno.
Quarta cosa che odia, piangere dal dolore, come se avessero preso il suo cuore e l’avessero ripetutamente preso a calci. Non riesce a fermare le lacrime che continuano a scendere come la pioggia. Si alza in piedi e in un attimo è fuori. Sotto di essa. Testa bassa e pugni stretti, così che nessuno possa vederlo o notare la differenza. Susan non c’è. E’ andata via e non tornerà.
Mezzanotte e quarantasette.
Ed in quel momento si sente perso e solo contro tutti.





Hello People! :)

Dopo la maturità ho deciso di darmi ad una fanfiction su Robert che avevo in mente da un po'.
Ovviamente questo primo capitolo è molto corto, giusto per far capire cosa succede al nostro Rob. Gli altri saranno molto più lunghi. Tengo a precisare che in questo storia Robert non ha figli, né con Susan né con nessun altro. Tengo anche a precisare che non ce l'ho con Susan e non la reputo così stronza, è solamente una storia inventata. Posso definirla "What if?"...? Non lo so.
Comunque, recensite e ditemi se questo piccolo pezzo vi ha incuriosito un po'.


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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


"Maybe one day i'll come back here, 

maybe one day i'll be able to love you like a should."
Tyler Ward - "Dashes"

Ci ha pensato tutta la notte e forse, l’unica cosa che potrebbe farla tornare sarebbe la gelosia. Perché lei lo ama, ma non lo ha chiamato e non lo farà neanche domani. Lei non ha scuse, ma non pensa di aver sbagliato.
E’ l’alba e uno spiraglio di sole gli illumina il viso, ma avrebbe preferito la pioggia. Il suo umore non è come quella bella giornata che sta nascendo. Ha il vuoto dentro e l’unica cosa che può riempirlo è andata via ieri sera. Deve tornare. Deve chiamare. Il suo telefono è silenzioso, troppo, così tanto che per un attimo gli è passata in mente l’idea che fosse rotto, ma quando un messaggio da parte di Jude lo ha destato dai suoi pensieri ha capito che, purtroppo, funzionava benissimo. Non gli avrebbe risposto. Non avrebbe risposto a nessuno, tranne a lei. Una promessa fatta durante la notte.
Indossa un paio di occhiali da sole, alza il cappuccio della felpa ed esce da quella casa troppo stretta per i suoi gusti.
Testa bassa e destinazione ignota.
Ascolta quello che lo circonda.
Risate di bambini che lui ama e che avrebbe voluto sentire ogni mattina senza alzarsi dal letto, donne che parlano di cose fatte e di sogni incompiuti, uccelli che spiccano il volo e il rumore del battito delle loro ali sembra un applauso a quella bellissima giornata di sole dopo la tempesta della sera prima. Sbuffa.

Il rumore di una penna fin troppo usata che scrive su un taccuino di fortuna, contente fogli di diversi tipi, alcuni anche usati. Odore di uova e pancetta e caffè appena fatto. Il motivo per cui così tanta gente si presenta lì ogni mattina. E’ odore di casa. Questo è quello che pensa Alex ogni volta che un cliente entra dalla porta con un sorriso sul viso. Prende l’ordine, lo porta in cucina, serve i piatti e il giro ricomincia. Abbastanza monotono si potrebbe dire, ma è pur sempre un lavoro, il lavoro da soldi e a lei servono. E’ in ritardo nel pagare Betty, la Baby-sitter di Cole e lei odia non rispettare le date e gli orari. Sarebbe anche un lavoro tranquillo il suo, se non fosse per i soliti uomini che ci provano spudoratamente con lei e che addobbano il tutto con commenti poco ortodossi. Quindi, ricapitolando, lavoro monotono, clienti al limite dell’eccitazione e un bambino da sfamare, ogni giorno. Non proprio la vita che volevi, vero?  Tranquilla, sei giovane, hai una vita davanti, verrà il tempo anche per te.
Eppure quella mattina c’era qualcosa di diverso, qualcuno. Un uomo seduto al tavolo all’angolo da solo, ma ad Alex sembra che non abbia idea neanche di cosa ci faccia qui.
“Salve, desidera ordinare?”
Silenzio. Lui ha lo sguardo fisso. Ha il cappuccio e grandi occhiali da sole, ma qui a Los Angeles non è anomalo, anzi. Sembra pensieroso, fin troppo. La ragazza di schiarisce la gola e allora lui sembra notarla, la guarda e si toglie gli occhiali da sole scuotendo la  testa come ad intendere di non aver capito.
“Desidera qualcosa?”
“Oh. Giusto. Un caffè nero, lungo.”
Le rivolge un sorriso fin troppo forzato e lei lo nota. Ha lo sguardo pensieroso, triste e in un momento si trova a pensare quanto sia ingiusto vederlo così, per poi rendersi conto di trovarsi di fronte ad una persona che non conosce.

Robert neanche sapeva come fosse arrivato lì, voleva un caffè ed eccolo, ad isolati da casa in un bar mai visto prima. Dio, doveva riprendersi, persino la cameriera si era accorta di quanto fosse strano. Una giovane cameriera, e bella. Troppo per lavorare in un posto del genere. Solo dopo alcuni secondo se la ritrova davanti gli occhi mentre gli porge il caffè e una tazza di latte.
“Grazie ma, avevo chiesto solamente il caffè.”
“La vita è troppo bella per viverla solamente in nero, non crede? Ogni tanto ci vuole un po’ di bianco. Il latte lo offre la casa.”
Gli dice sfoggiando un bellissimo sorriso per capire in un secondo momento che quelle parole potevano riferirsi a sé stessa. Dai consigli agli altri ma non a te stessa? Sei seria, Alex?
Robert ricambia con un sorriso, questa volta sincero.
“Io sono Robert.”
Dice porgendole la mano.
“Alex.”
Gliela stringe e per un attimo pensa che abbia un sorriso perfetto, da far sciogliere.
“Lavori da tanto qui?”
“Da un mese, ma non so fino a quanto posso resistere, non sono una persona che sopporta ripetere sempre le stesse azioni ogni giorno della sua vita.”
Dice alzando gli occhi al cielo e gli lascia scappare una piccola risata.
“Hai bisogno anche tu di un po’ di bianco?”
“Già.”
“Consola il fatto di non essere l’unico.”
Dice finendo l’ultimo sorso di latte macchiato, lascia il soldi sul tavolo e se ne va augurandole buona giornata.

Lunedì, vuol dire solamente una cosa agli occhi di Alex, il suo lavoro terminava dopo pranzo e poteva prendersi un po’ di tempo per lei. Saluta tutti, prende la sua borsa ed esce fuori, incomincia ad incamminarsi verso il centro, ma si blocca alla vista di qualcosa.
Robert sta tranquillamente fumando con la schiena contro il muro, ancora il cappuccio che gli copre la faccia e gli immancabili occhiali. Si volta e la vede. Potrebbe dirle che si trovava lì per caso, di nuovo, o che stesse solamente facendo un giro, ma la verità è che la stava aspettando. Tornare a casa e passare tutta la giornata da solo non è un’offerta così allettante, vero?
Per non parlare del fatto che Alex, quella mattina, era stata il suo unico spiraglio di luce nonostante fuori ci fosse il sole. Le sorride.
“Hey.”
“Ciao.”
Gli risponde confusa pensando, però, che non esista sorriso più bello. Butta la sigaretta e la raggiunge con le mani in tasca.
“Volevo ringraziarti per quel poco di bianco che mi hai dato ma che ha eliminato la maggior parte del nero, per un po’… Posso offrirti un gelato?”
Un appuntamento. Quell’uomo dalla faccia così familiare l’ha appena invitata a prendere un gelato. Betty sarebbe rimasta con Cole ancora per sei ore, quindi  il problema più grande non persiste. Ma lei? Diamine, è così arrugginita con gli uomini. Non è mai uscita con nessuno dopo il padre di Cole, il che equivale a… due anni fa. Non per colpa del bambino, né per i troppi impegni, ma per paura. Paura di ritrovarsi con le spalle al muro e il mondo addosso ancora una volta e a dover uscire dalle macerie da sola senza una mano che la trascini fuori di lì. Ci era riuscita una volta, ma è convinta che se fosse successo di nuovo non avrebbe ottenuto lo stesso risultato, anzi.
Alex, ti ha chiesto di prendere un gelato, non vi sposate domani.
Ah. Giusto.
“Va bene.”

Una cosa Alex ha capito durante quella breve passeggiata per arrivare al parco più vicino, il fatto di essere circondati entrambi da un buio perpetuo, di essersi sentiti sulla cima del mondo per un tempo relativamente lungo e di essersi ritrovati, da un momento all’altro, nel baratro più totale. Circondati da persone che amavano e che si sono rivelate distruttive e senza sentimenti.
Parlarono per ore delle loro relazioni andate in briciole.
Posso perdonargli tutto, davvero. Potrei passare sopra alle offese, alle mani alzate, alle urla. Potrei passare sopra alle notti passate in bianco, agli occhi sempre lucidi. Ma non gli perdonerò mai la paura di amare che mi ha trasmesso. Ora quando qualcuno mi guarda negli occhi e prova a baciarmi non riesco a non pensare che prima o poi se ne andrà proprio come ha fatto lui. Perché ho imparato che nessuno resta se non ne vale la pena, e io non sono il genere di ragazza per cui ne vale la pena.
“Sai, noi due, io e Susan, eravamo follemente innamorati. Io di lei. Lei di lui. E la prima cosa che ho pensato quando l’ho vista lì, con lui, ieri sera, è stata: Mio Dio, ed ora come glielo dico al mio cuore?.”
Le dice guardandola ed alzando entrambe le sopracciglia.
“Evidentemente non siamo fatti per essere felici.”
“Già ma, una persona non può smettere di amare un’ altra nel giro di una settimana. Io non penso che lei si sia dimenticata di me, che non provi più nulla con tutto quello che abbiamo passato.”
Si togli occhiali e cappuccio. Stava iniziando decisamente a fare caldo, ma lei resta immobile mentre lo guarda con la bocca aperta.
Robert, posso ricordarti che sei uno degli attori più famosi in tutto il mondo, che non le hai detto il tuo nome per intero e che gli occhiali e il cappuccio ti hanno coperto la faccia per tutto questo tempo?
“Oh, ecco cosa mi sono dimenticato di dirti.”
“Come puoi dimenticare di essere Robert Downey Jr?”
Si passa una mano tra i capelli e le sorride.
“Mi capita quando mi sento a mio agio con una persona, quindi ritieniti fortunata.”
Lei alza le mani ridendo.
“Quindi, da quel che ho capito, vuoi farla ingelosire?”
“Già, ma nessuno sa di questa ‘separazione’ e in questi casi non ci si può fidare di nessuno, sai com’è?”
“E allora perché me ne hai parlato subito?”
“Te l’ho detto, mi sento a mio agio con t…”
Rimane per un attimo con lo sguardo fisso, a riflettere.
No. Non starai pensando veramente a quello che credo? Vero? Sì, okay, ha bisogno di soldi, ma così la metterai in una situazione più grande di lei. Sai come possono essere i paparazzi alcune volte. Ovviamente non mi stai ascoltando.
“..,Ho avuto un’idea.”
“Spara…”
“Tu hai un figlio da mantenere ed hai bisogno di soldi. Io ho i soldi. Io ho bisogno di una finta ragazza che si mostri insieme a me di fronte alle telecamere, che faccia ingelosire Susan e che sappia mantenere la sceneggiata. Tu sei una ragazza e non hai l’aria di una che corre in giro urlando cosa fa Robert Downey Jr. Sbaglio?”
Sorride mentre ascolta l’ultima frase, ma poi si rende conto della proposta.
Avrebbe avuto una vita assurda, paparazzi ovunque e domande continue sulla sua vita privata, ma avrebbe avuto così tanti soldi da poter avere una vita normale sia per lei che per Cole.
“Io… devo pensarci.”
Lui annuisce, prende il telefono della ragazza, che aveva lasciato sul tavolo in caso di una chiamata da parte di Betty, preme qualche pulsante e glielo porge.
“Hai il mio numero ora. Quando avrai preso una decisione chiamami, okay?”
Si alza in piedi, le da una bacio sulla guancia per poi allontanarsi.
In che guaio si stava cacciando?

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Son Tornata! Scusate il piccolo ritardo ma ho avuto qualche problemino. Comunque, son qui. Perdonatemi se il capitolo è corto ma è un "Capitolo di passaggio", nel senso che serve per entrare nella vera storia, infatti, dal prossimo Alex e Robert cominceranno ad uscire fingendosi una coppia. Insomma, la situazione diventerà interessante. Qui ho messo un po' dei loro pensieri, specialmente quelli di Alex. Spero che vi piaccia.
Recensite per farvi sapere se la storia via piace, se c'è qualche parte che non vi convince, anche per qualche consiglio, mi farebbe piacere! :)
Al prossimo capitolo!

"Sing me to sleep, sing me to sleep,
I don't want to wake up
On my own anymore."
Asleep - The Smith

Notte.
Questa volta la notte affondava la città, lasciandola nel completo silenzio. Uno spicchio di luna in alto nel cielo e un contorno di stelle così appariscenti che permettevano di osservare le costellazioni. Notte buona per gli astrologi. Notte bella per gli innamorati che passeggiano lungo le strade di Los Angeles. Notte bella per quel senzatetto che potrà fare a meno di ripararsi in posti più oscuri.
Notte bella anche per Robert. Poco prima aveva ricevuto un messaggio.
“Okay, ci sto.”
Insieme ad un indirizzo di una strada non troppo lontana da casa sua.
Sorride mentre guida verso la destinazione, musica alta, qualche parola accennata dalla sua bocca.
Si ferma e si trova ad osservare un palazzo maledicendosi per aver indossato una camicia invece che una felpa e sperando che nessuno lo riconosca. Ma è notte, e la notte gioca a favore di chi vuole restare nell’ombra. Chiude la macchina e abbassa lo sguardo incamminandosi.
Quarto piano, ascensore che potrebbe darti di tutto, tranne che la fiducia. Opta per le scale.

E’ un attimo, il suono del campanello, la porta che si apre e lui che si rende conto solo ora di quanto sia bella. Non lo aveva notato. Non perché quel giorno non lo fosse, era solamente una giornata no, come questa, solo che questa volta era diverso per qualche strano motivo.
“Hey…”
“Hey…”
Sorridono e per un attimo il silenzio regna, troppo impegnati a guardarsi negli occhi.
“Io… ho portato il caffè.”
Dice alzando una busta di carta, ma prima che lei possa rispondere un altro paio di occhi iniziano ad osservarlo. Guarda a terra e, aggrappato alle gambe di lei, c’è un bambino.
“Ciao.”
Gli sorride e abbassa alla sua altezza. Il bambino si nasconde dietro le gambe della mamma per poi correre dentro.
“Bhè, è andata meglio di quello che mi aspettassi!”
Dice rialzandosi facendo ridere Alex.
“Entra..”
L’appartamento sembra abbastanza spazioso, qualche giocattolo lasciato a terra, come è giusto che sia. Fa qualche passo inoltrandosi nel soggiorno e sente qualcosa sotto i piedi. Un piccolo Iron Man giocattolo senza maschera che lascia intravedere la faccia più o meno uguale alla sua.
“Mio dio, ho calpestato me stesso!”
Alex ride ancora dandogli una pacca amichevole, mentre lui raccoglie il gioco.
“Ho dimenticato di dirti che Cole ti adora. Cioè, adora Iron Man, ma nei film ci sei tu, quindi…”
Si avvicina al bambino seduto sul divano glielo porge.
“Io sono Robert. Tu?”
Il bambino sorride prendendo il giocattolo.
“Cole!”
“Passi avanti Alex!”

 

“Quindi ci stai?”
“Sì, ma a tre condizioni!”
Dice alzando tre dita. Lui annuisce.
Non era stato difficile decidere. Robert l’avrebbe pagata, tanto, forse anche troppo, ma così avrebbe permesso a lei e a Cole di vivere meglio e di non arrangiarsi alla giornata. In cambio, avrebbe solamente dovuto fingere di essere la sua nuova fiamma ed essere presente nelle serate importanti, così da poter essere ripresa dai paparazzi. Avrebbe avuto una vita più difficile, senz’altro, ma una volta finito il tutto, si sarebbero dimenticati di lei. Ne valeva la pena.
“Uno… Baci solo ed esclusivamente davanti alle telecamere. Due… Niente sesso, anche nelle situazioni peggiori che possano capitare. Tre… Devi pagarmi ogni 7 del mese.”
“Perché proprio il 7?”
“Il giorno dopo il proprietario del condominio vuole essere pagato…”
Robert annuisce, sta per risponderle quando qualcosa lo frena. Di nuovo un altro paio di occhi lo osserva. Abbassa lo sguardo.
“In braccio?”
Chiede il bambino con fare incerto.
“Cole…”
Lo rimprovera lei, ma, in men che non si dica, è già seduto sulle gambe di un sorridente Robert.
“No, va bene. Io adoro i bambini.”
E per un attimo Alex si ritrova a pensare al passato. A quella frase detta anche lui, quello che doveva essere l’amore della sua vita, quello giusto. E’ stato un amore forte, non si può negare, neanche lui può, erano una cosa sola. Troppo giusti per essere divisi.
Si ricorda il parlare nella notte fino a vedere l’alba, brindare al chiaro di luna, prendersi il loro tempo per vivere senza fretta. Avevano quel qualcosa che li faceva brillare, me lo hanno lasciato andare. Lui lo ha lasciato andare.
E non capisce cosa l’abbia fatto andare via. Non gli ha mai detto che quello che avevano era buono. Forse un giorno sarebbe tornata da lui, forse un giorno sarebbe stata capace di amarlo come avrebbe dovuto. Ma lei lo sa, è andato via per qualcosa di nuovo e l’ha lasciata aggrappata al nulla in bilico su una nuvola, perché è sempre riuscito a portarla in alto e lei l’aveva seguito inconsapevole del fatto che, se l’avesse lasciata andare e se si fosse trovata troppo in alto, si sarebbe rotta. Rotta in miliardi di pezzi che ha dovuto raccogliere e rimettere insieme come se fosse un puzzle. E lei che pesava di essere invincibile, e lei che pensava di essere indistruttibile, si era ritrovata a raccogliersi nel buio più totale sperando che qualcuno trovasse un interruttore per accendere di nuovo la luce. Ma una volta arrivato Cole, una volta averlo visto negli occhi, una volta aver versato altre lacrime, per essersi trovata così impreparata in un momento del genere, si era rialzata, aveva brancolato nel buio fino a trovarlo lei l’interruttore.
Se prima di allora un’idea si era fatta largo nella sua testa, appena lo aveva visto, appena la sua piccola mano aveva circondato il suo dito, aveva sussurrato: “Mai, non potrei mai lasciarlo.”
Si desta dai pensieri e vede Robert giocare assieme a Cole per terra, come se i bambini fossero improvvisamente diventati due.
Poi i bambini erano improvvisamente diventati tre, impegnati in lotte assurde con ogni tipo di giocattolo, finché il più piccolo non si era addormentato, esausto.
“Grazie per essere rimasto un po’. E’ da tanto che Cole non si divertiva così tanto.”
“Oh figurati, mi sono divertito anche io, mi serviva un po’ di svago.”
“Già… Anche a me.”
Si sorridono.
“Allora… Domani ti passo a prendere a lavoro.”
“Okay… Finalmente ho un passaggio per andare a casa!”
Lui scoppia a ridere. Per tutta la sera si era meravigliata di quel sorriso e di quella risata e per un attimo si trova a pensare di voler farlo ridere sempre. Lo hai pensato veramente? Avevi detto di non volere altri uomini nella tua vita tranne Cole.
Scaccia quel pensiero dalla testa. Lei vuole stare sola e ci resterà, Robert è solamente un amico che la sta aiutando e lei sta aiutando lui. Stop. Quando tutto questo finirà lui tornerà da sua moglie e scomparirà come fanno tutti.
“Grazie ancora.”
Le dice abbracciandola. Qualcuno potrebbe dire che quello sia un abbraccio di gratitudine, ma Robert era quasi certo che non fosse quello il motivo. Aveva solamente voglia di farlo, non ne comprendeva bene il motivo, ma era così. E lei per un attimo si sente più protetta, ma non dovrebbe, sta iniziando a fidarsi troppo e la cosa non va.
“Buonanotte.”
Dice e le da un bacio sulla guancia per poi sciogliere l’abbraccio.
“’Notte.”
 Monta in macchina e il silenzio lo circonda. E lui lo odia.
Perché riporta nella sua testa i pensieri e non sai mai se saranno pensieri tristi o felici e fa paura perché non puoi fare nulla. Si resta inermi davanti al silenzio. Ma lui, in qualche modo, ha imparato a controllarlo e a conoscerlo negli anni, soprattutto in quelli più bui. Si può dire che il silenzio sia il suo più vecchio miglior nemico. Un rapporto strano il loro.
Si concentra su pensieri belli mentre guida verso casa e la prima cosa che gli viene in mente è Alex e Cole. E’ strano, ma almeno loro hanno portato un pizzico di felicità dopo queste giornate buie. Adora quel bambino. E adora lei quando per un attimo si estranea dal mondo, perché troppo impegnata dai suoi pensieri. Oppure quando si tocca i capelli quando è a disagio.
Si trova a pensarla e nota che sulla sua faccia è comparso un sorriso quasi involontario.
Oh no.
Non dirmelo.
Te l’ho detto. Mai affezionarsi alle persone. Mai.
E tu cosa hai fatto?
“Mi sono affezionato…”

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