Luxor's Shadow

di feli_007
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: tu sei speciale ***
Capitolo 2: *** "Sei adorabile" -Cit. Ely ***
Capitolo 3: *** "Siamo già passati alla domande imbarazzanti?" -Cit. Luxor ***
Capitolo 4: *** "Non può essere quel Luxor" -Cit. Mirko ***
Capitolo 5: *** "Cappuccetto rosso vieni, vieni qua..." -Cit. Vector ***
Capitolo 6: *** “Si. La Terra è un luogo davvero strano.” -Cit. Mizael ***
Capitolo 7: *** "Ne ero sicuro. Tu sei come me." -Cit. Vector ***
Capitolo 8: *** "Sono felice di rivederti oggi a scuola." -Cit. Luxor ***
Capitolo 9: *** "La vita è come una ruota. Gira sempre e prima o poi…ti schiaccia." -Cit. Mirko ***
Capitolo 10: *** "Mmh...no. Non mi fido" -Cit. Arito ***
Capitolo 11: *** "Noi proviamo sentimenti con la mente." -Cit. Ike ***
Capitolo 12: *** "Sto impazzendo..." -Cit. Luxor ***
Capitolo 13: *** "Sei fiera di me, mamma?" -Cit Luxor ***
Capitolo 14: *** "Sei un aborto mancato" -Cit Mizael ***
Capitolo 15: *** "E sto per commettere un Mirkocidio" -Cit. Ely ***
Capitolo 16: *** "Mi stai bloccando la circolazione sanguigna" -Cit. Mirko ***
Capitolo 17: *** "Quando vuoi, stronzetta" -Cit. Ely ***



Capitolo 1
*** Prologo: tu sei speciale ***


Le nuvole avevano ricoperto quello che, fino a qualche istante prima, era un cielo limpido e azzurro. La pioggia cadeva lenta ma continua per le strade di Heartland, bagnando le macchine e i poveri malcapitati senza ombrello. Heartland. Era davvero tornato in quella città. Quella città che gli aveva riempito gli occhi e il cuore di odio e rancore. La città doveva aveva visto morire i suoi genitori. Non voleva più pensarci. Ogni volta che il pensiero dei suoi genitori sfiorava la sua mente, gli veniva da piangere. E lui non poteva certo permettersi di piangere. Lui, che aveva sofferto tanto nella vita, non piangeva mai. “Le lacrime sono per i deboli”.
Luxor sedeva sul divano della sua nuova casa, concentrato nella lettura di un nuovo libro. Era così che si teneva compagnia: leggendo. I libri erano la sua unica compagnia. Erano come amici, per lui. Ogni libro lo sorprendeva, spalancandosi come uno scrigno davanti ai suoi occhi estasiati.
Luxor Tokidoi. Sedici anni, ma sofferenze alle spalle che lo avevano fatto maturare più del dovuto. Non un sorriso, non un sentimento si leggevano sul suo viso. Una maschera di ferro che si era fabbricato con il passare degli anni. Una maschera che aveva indurito anche il suo cuore. “Se ne possiedo ancora uno”. Pensò, sfogliando pagina. Soffiò via una ciocca di capelli castani che gli impediva la corretta lettura. I suoi bellissimi -e freddi- occhi verde smeraldo erano fissi sulla pagina. Con un rapido scatto, chiuse il libro e lo poggiò sul comodino accanto a sé. Il giorno dopo avrebbe iniziato a frequentare una nuova scuola. Nuova scuola=nuovi compagni. E nuovi compagni significava nuovi bulli, pronti a deriderlo e pestarlo. Solo perché era diverso dagli altri. Solo perché lui era speciale. Speciale. La parola che gli ripeteva sempre sua madre.
Tu sei speciale, tesoro. Sei nato così per poter ascoltare meglio tutte le frasi del mondo, tutti i racconti senza voce nascosti nelle piante e nei pesci, sulla sabbia o sugli alberi.”
Questo era uno dei momenti in cui avrebbe pianto. Ricordare la propria madre gli faceva male. “Sei nato così…” Com’era nato, Luxor Tokidoi?
Era nato sordo.


Angolo deficiente autrice:
Allooora. Se siete arrivati sin qui con ancora gli occhi attaccati al viso è un buon segno. Essendo la mia prima storia su yu-gi-oh zexal, non è il massimo ma...ci tenevo a provare. Recensite, anche recensioni negative, ho bisogno del parere altrui per migliorare. (Si, il prologo è minuscolo. Devo impegnarmi a scrivere capitoli più lunghi.) ^^
 

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Capitolo 2
*** "Sei adorabile" -Cit. Ely ***


Ed eccola, la sua nuova scuola. Dopotutto, non era così malaccio. Luxor si allentò il nodo della cravatta blu elettrico. Quanto odiava quel colore. Avrebbe preferito un colore come il rosso fuoco. Invece no. Blu elettrico. Il colore del mare. Si, odiava anche il mare. Odiava tutto, lui. Per questo non permetteva a nessuno di entrare a fondo nella sua vita: presto o tardi, avrebbe odiato anche chi gli stava più vicino e gli voleva bene. Mentre percorreva i lunghi corridoi, osservava i ragazzi. Non sembravano affatto i soliti studenti che lo deridevano. Ma non avrebbe commesso lo stesso errore: stavolta non avrebbe rivelato a nessuno di essere sordo. Almeno avrebbe evitato la tortura giornaliera da parte dei compagni. Diede una rapida occhiata all’orologio. Mancavano ancora una decina di  minuti all’inizio delle lezioni. “Tanto vale farsi un giro della scuola.” Pensò il ragazzo.
Era davvero una bella struttura, doveva ammetterlo. Un po’ troppo grande per i suoi gusti, ma forse era solo una sua impressione: dopo aver passato anni a vivere in collegi minuscoli, quella scuola poteva essere paragonata alla reggia di Versailles. Beh…forse un po’ più piccola. Era così preso dai suoi pensieri che non si era accorto di essere seguito.
Una presa ferrea cinse il suo braccio. Sorpreso da quel gesto così avventato, Luxor si girò di scatto, ritrovandosi a pochi centimetri dal suo viso, una ragazza.
-Ehy, ti sei perduto nel bosco incantato?- chiese ridacchiando. Fortunatamente era così vicina, che riusciva a leggerle sulle labbra. Aveva imparato a farlo sin da piccolo, tanto da riuscire a comprendere perfettamente chi gli stava vicino.
-Tu saresti?- domandò Luxor sospettoso.
-Giusto! Sono proprio maleducata, scusami. Mi chiamo Elanna, ma puoi chiamarmi Ely-  Il ragazzo la squadrò attentamente. Indossava una divisa del suo stesso colore, dedusse quindi che aveva la sua stessa età. I capelli erano corvini, con diverse ciocche blu che le cadevano sulle spalle. Gli occhi, dello stesso colore, spiccavano sulla carnagione pallida. Si, va bene, lo ammetteva, era molto carina. Ma in quel momento voleva solo andarsene.
-Andiamo, Luxor, non fare tanto il difficile!- Disse Elanna. Fu come se un fulmine lo avesse colpito in pieno.
-Come…come sai il mio nome?- Il viso della ragazza si oscurò per un attimo. Poi riprese a sorridere.
-Le voci girano in fretta, qui! Vuoi che ti accompagni in classe? Tanto siamo nella stessa sezione.- Luxor inarcò un sopracciglio. In realtà, aveva bisogno di una guida, si era davvero perso, ma non era solito accettare l’aiuto degli altri. Specialmente da una ragazza. –Va bene.- disse infine. Dubitava che Elanna si fosse resa conto di avere davanti un sordo. Era piuttosto distratta, tanto da inciampare sui suoi stessi piedi. Se Luxor non l’avesse afferrata in tempo, avrebbe visto la ragazza su un volo diretto per Dolore. –Grazie, Luxy!- disse Elanna. “Luxy?” pensò il ragazzo. Probabilmente aveva capito male. Ogni tanto la sua abilità nel leggere le parole sulle labbra faceva cilecca. –Come mi hai chiamato?- domandò confuso. Elanna sorrise, mettendo in evidenza la sua perfetta dentatura.  –Luxy! Non è carino?- rispose. A quanto pare aveva capito benissimo
-No, per niente.-
-Io lo trovo adorabile. Tu sei adorabile.- e gli pizzicò una guancia. Luxor parve leggermente infastidito da quel gesto. Ma era ancor più infastidito dal fatto che l’avesse definito adorabile. Lui non era adorabile.
-Non sono adorabile.- replicò.
-Si che lo sei.-
-No, non lo sono.- Elanna liquidò la faccenda con un gesto della mano.
-Lasciamo stare. Piuttosto…vuoi sederti accanto a me, a lezione?-
Luxor esitò un attimo. Poi annuì. Se lei lo voleva vicino, poco male. Anzi, meglio. Almeno aveva qualcuno con cui parlare. Si, dopotutto era felice di questo incontro. Sebbene Elanna potesse essere un po’strana e distratta, le sembrava simpatica. E poi, ingenua com’era, non si sarebbe mai accorta del suo handicap. O almeno ci sperava. Luxor non aveva mai creduto che le persone ingenue fossero stupide, come dicevano la maggior parte delle persone. Anzi, pensava che proprio perché vedevano il mondo con occhi diversi, erano capaci di scoprire e di capire meglio gli altri. Intanto Elanna continuava a parlare. Era anche una gran chiacchierona. Ogni tanto ringraziava di essere nato sordo.
-Alla prima ora abbiamo matematica. Io la odio. I numeri non mi entrano proprio in testa. Soffro di discalculia, sai?-
-Soffri di…cosa?- chiese Luxor, che aveva capito quella parola ma non sapeva cosa fosse. Elanna sospirò, perdendo per un attimo il sorriso.
-La discalculia è un disturbo dell’apprendimento legato alla matematica. In pratica è una forma di dislessia applicata ai numeri. Mi è stata diagnosticata ufficialmente in terza media, e adesso, dopo circa tre anni, non ne ho ancora parlato con i prof.- Parlava così veloce, che Luxor faticò a comprendere tutto ciò che aveva detto. Ma il succo del discorso era chiaro.
-Perché non ne hai mai parlato con i prof? Potresti essere sottoposta a test facilitati.- Elanna fece una smorfia.
-Appunto. Non voglio essere trattata diversamente dagli altri. Anche se numerose volte sono stata tentata. Davvero, chi non vorrebbe un compito più facile?-
-Tu.- rispose Luxor. La ragazza sorrise.
-Si, in effetti. Forse sono l’unica.-  Sorrise di nuovo. Un sorriso che si spense subito. Davanti ai due studenti, si erano fermate tre ragazze. Elanna mormorò qualcosa, stringendo i pugni. Una delle ragazze si fece avanti. Era magra e alta, i lunghi capelli biondi erano raccolti una coda alta e gli occhi azzurri fissavano Elanna con disprezzo.
-Guarda chi si rivede…la dislessica è ancora in vita. Che peccato, mio padre ti avrebbe preparato un fantastico funerale.-
-Taci, Ginevra! E io non sono dislessica! - rispose Elanna. Era rossa in viso. Le altre due ragazze le giravano intorno, osservandole ora i vestiti e ora i capelli. Una era alta e magra come la bionda che aveva parlato, ma aveva i capelli castani sciolti sulle spalle e gli occhi dello stesso colore. La terza era piuttosto robusta, aveva i capelli neri a caschetto e il viso ricoperto di lentiggini. Luxor non capiva esattamente cosa stavano dicendo, perché parlavano tutte insieme e non poteva fare zapping da un viso all’altro. Avrebbe attirato troppo l’attenzione. Qualche frammento di discorso riusciva a comprenderlo ed era qualcosa tipo “Ma sai cos’è lo shampoo?” e “Ti sei guardata allo specchio prima di uscire fuori di casa? Penso di no, altrimenti ti saresti fatta una grande risata.” Accompagnate altre frasi offensive.
-Siete tutte delle figlie di papà troppo viziate.- gridò Elanna. Aveva gli occhi luci. Luxor si avvicinò alle tre ragazze. –Lasciatela in pace- disse. Non sapeva come avesse pronunciato quelle parole, ma doveva essere stato piuttosto convincente. Quelle, infatti, si girarono con aria altezzosa e si allontanarono impettite. Gli era sembrato che una di loro l’avesse chiamato “Bastardo”. Ma poco gli importava. Aveva subito di peggio, lui. Si rivolse ad Elanna, che teneva la testa bassa, come se si vergognasse.     –Tutto okay?- chiese. Lei annuì, rialzando lo sguardo. –Chi sono quelle?-
La ragazza tirò su col naso. –Ginevra, Leyla e Cristina. Sono solo delle ragazzine viziate. Si credono più importanti solo perché i loro genitori sono ricchissimi.  Mi prendono in giro sin dal primo anno.- Era la prima volta che Luxor vedeva bullismo tra delle studentesse. Quando capitava a lui, erano sempre e solo ragazzi. Pensava, quindi, che tra femmine non facessero cose del genere. –So come ti senti.- disse. Elanna lo guardò stranita.
-Dici…dici davvero? Ma tu non sei come me…tu…-
-Hanno preso in giro anche me.- la interruppe. Ed era vero. Capiva benissimo come si sentiva la sua…amica? Si. Dopotutto Elanna era diventata sua amica. Non era mai entrato subito in confidenza con gli altri. Questa volta, invece, era felice di avere qualcuno con cui condividere i propri pensieri. Per un attimo, anche Luxor si era sentito…felice? Forse perché quella ragazza era più simile a lui di quanto pensasse. Ed era così. Si, ne era sicuro. Elanna era davvero sua amica. A distrarlo da quei pensieri fu proprio quest’ultima, che lo prese per mano e lo trascinò in aula. Si era scordato che per entrare in classe, bisognava aspettare il suono della campana. Doveva ricordarsi di essere sempre in compagnia di Elanna, se non voleva arrivare in ritardo.
“Segnatelo a mente, questo”. Pensò, mentre varcava la soglia della sua nuova aula.

  Angolo autrice:
Ecco qua il capitolo! Questo è arrivato subito dopo il precedente, ma non penso che i prossimi saranno così frequenti (Per me le vacanze sono finite, sigh.)
 

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Capitolo 3
*** "Siamo già passati alla domande imbarazzanti?" -Cit. Luxor ***


La lezione di matematica era davvero noiosa. La professoressa Kazefuyu , una donna che pareva centenaria se non più vecchia, per non parlare del cognome assurdo, stava rispiegando per “rinfrescare la mente” agli studenti. Elanna diede un’ occhiata  a Luxor, Il suo compagno di banco. Stava scarabocchiando qualcosa su un quadernetto, alzando ogni tanto la testa e fingendosi interessato alla lezione. Era proprio un bel ragazzo, doveva ammetterlo. Anche se sembrava nascondere qualcosa, qualcosa di molto importante. –Elanna Castelli!- chiamò la professoressa.
-Castelli, sto parlando con te!- disse ancora. L’interpellata scattò in piedi come una molla, rovesciando la sedia e scatenando le risate generali. Luxor tirò su la sedia, per poi mormorare – Quella ha brutte intenzioni, occhio.-  Elanna annuì. –Prof, io stavo ascoltando.- disse sicura.
-Ah sì? Bene, in tal caso non avrai problemi a risolvere la disequazione di cui parlavamo.- La ragazza si avviò verso la lavagna, prese tra le mani il gesso e si accorse che riusciva a comprendere ciò che vi era scritto. O almeno così le pareva prima di cominciare a leggerla attentamente. In quel momento i numeri cominciarono a ruotarle sotto gli occhi e nella sua testa. D’improvviso la disequazione divenne impossibile da risolvere. “Oh no!” pensò, cadendo nel panico “Non di nuovo!”, ma più lei si innervosiva più le operazioni si confondevano fra loro, impedendole di riflettere lucidamente. “Calmati” disse a se stessa, facendo forza a tutta la sua volontà. Tentò di ricordare le regole che aveva studiato il giorno prima, ma anche la somma più stupida, di quelle che si fanno alle elementari, le risultava faticosa. “Andiamo, Elanna. Puoi farcela, puoi…no. Non puoi.”
La professoressa Kazefuyu la osservava tranquillamente, mentre lei arrossiva vistosamente. – In difficoltà, Castelli?- chiese l’ insegnante, in finto tono comprensivo.
-S-Si, professoressa.- balbettò la ragazza.
-Bene, allora torna a posto e segui attentamente la mia spiegazione. Solo perché siamo ancora all’inizio dell’anno scolastico, ti risparmio un’insufficienza.-
Elanna annuì, tornando lentamente al suo posto. –E’ andata male…-mormorò.
-Sei stata fortunata.- replicò Luxor, continuando a scrivere sul suo quaderno. La ragazza lo guardò incuriosita. –Cosa scrivi?- domandò. Luxor chiuse di scatto il quaderno. –Niente.- rispose. Ma stava mentendo, era ovvio. Elanna non demordeva. –Se sono gli appunti di matematica, puoi farmeli copiare?- chiese.
-Non sono appunti di matematica.-
-E allora cosa…?-
-Lascia stare.-
-Ma lo voglio sapere!-
-Non è importante.-
-Se non è importante, perché non vuoi farmi leggere?- Luxor sbattè un paio di volte il piede a terra. –Ti ho detto di lasciar stare. Stop.-
Elanna sospirò. -D’accordo, come vuoi tu.- disse, iniziando a guardare con finto interesse la lavagna. Sentiva quelle stupide oche di Ginevra e Leyla, sedute un paio di banchi dietro di lei, ridacchiare come delle sceme.
-Hai visto che faccia ha fatto, quando è tornata a posto?- diceva Ginevra
-Già, povera Ely!- si finse dispiaciuta Leyla.
Cristina, invece, le lanciava occhiate di commiserazione mentre parlottava con un ragazzo, seduto al suo fianco.
Elanna doveva fregarsene dei loro commenti pungenti e delle loro occhiate velenose. Come aveva sempre fatto, dopotutto. Eppure era difficile farlo, nonostante potesse sembrare facile. Meno male che c’era Luxor. L’unico ragazzo che le dicesse la verità quando le parlava. No, aspetta. L’unico ragazzo che le rivolgesse la parola. Generalmente, i ragazzi la ignoravano completamente. Lui no. E poi era così carino…con quei bellissimi occhi verdi e i capelli castani scompigliati, come se si fosse svegliato da poco.  Se solo sorridesse un pochino più spesso. Era curiosa di vedere un sorriso sincero sul viso. Sarebbe stato ancora più bello di prima, ne era certa. La campanella che segnava la fine dell’ora, la riscosse dai suoi pensieri. Elanna si alzò dal suo posto, stiracchiandosi leggermente e prendendo la sua cartella. Dopo due pesantissime ore di matematica, aveva voglia di andare subito a casa. “Peccato! Ci sono altre quattro, lunghissime e pesanti ore.”
-Ehy, Luxy!- chiamò con voce squillante. Lui non la sentì. Che strano. Eppure erano molto vicini. Gli fece un paio di volte toc-toc sulla testa. –Hmm? Che c’è?- chiese il ragazzo con aria distratta. Lei sorrise. –Le due ore di matematica sono terminate, bello addormentato sul bosco.- Luxor strizzò gli occhi un paio di volte. –Oh. Giusto. Cosa c’è, adesso?- Elanna sorrise. –Chimica.- Il ragazzo roteò gli occhi, per poi sbattere la testa sul banco. –Ehy, Luxy! Tutto okay?- chiese l’amica, preoccupata dalla reazione del ragazzo. Luxor rialzò la testa. –Odio chimica.- Elanna sgranò gli occhi, sorpresa.
-Come puoi odiare la chimica? Io la amo!- gli occhi le brillavano dall’entusiasmo.
-Evidentemente abbiamo gusti diversi. Io, personalmente, detesto la chimica quanto detesto questa città.- Elanna inarcò un sopracciglio.
-Tu…odi Heartland City?- domandò. Luxor non rispose. –Va…va tutto bene?- chiese titubante. Il ragazzo annuì. Elanna non diede molto peso all’accaduto. –Chimica, chimica!- ripeteva, saltellando per il corridoio. Luxor roteò gli occhi. –La smetti di saltare? Sembri una bambina di sei anni.- protestò. La ragazza si avvicinò a lui. –Forse ho davvero sei anni. Lo sai che guardo ancora i Disney?- Lui sembrò perplesso. –I…Disney?-
-Si! Adoro i Disney! Hanno praticamente formato la mia infanzia. Il mio classico preferito in assoluto è La Sirenetta. Però mi piace tantissimo anche Aladdin. E il Gobbo di Notre Dame? Le musiche sono fantastiche! E poi c’è…- non finì la frase, che finì a sbattere contro qualcuno. I due studenti, Elanna e il ragazzo sconosciuto, finirono a gambe all’aria. –Guarda dove vai!- protestò Elanna infastidita. Il ragazzo contro con cui era andato a sbattere si rialzò. –Scusami, ma sei tu ad essermi venuta addosso! E…ti sei fatta male?-
-No.- rispose la ragazza, rialzandosi da terra e ripulendosi la gonna della divisa.
-Yuma!!-urlò una ragazza in divisa rosa, accompagnata da un ragazzino dai capelli color carota. –Tori! Rei!- Gli altri due studenti si avvicinarono.
-Cosa ti è successo, Yuma? Scommetto che sei caduto addosso a quella povera ragazza.- Disse la ragazza con i capelli verdi smeraldo. Yuma, così l’aveva chiamato la ragazzina, alzò le mani, come per difendersi da un’accusa. –No, no, no! Io non ho fatto niente!- si discolpò in tutta fretta. Il ragazzo dai capelli color carota, si avvicinò a Yuma e lo abbracciò così forte che sembrava lo stesse strozzando. –Rei…non…respiro!- ansimò. Lui lasciò la presa. –Oh, Yuma! Perché non sei venuto con me? C’era una scorciatoia vicino all’infermeria che…-
-Zitto, tu!- lo ammonì Tori. –Tu e le tue scorciatoie siete pericolosi.-
-Confermo.- si intromise Yuma.
-Stai zitto anche tu! Per colpa tua abbiamo girato mezza scuola e abbiamo fatto tardi a lezione!-
-Non ho chiesto io di essere cercato.-
-Ma allora sei proprio cretino?!- gridò Tori.
-E tu adesso l’hai scoperto?- s’intromise un ragazzo che sembrava avere un armadio incorporato.
-Ciao, Bronk!- salutò Yuma allegro. Bronk non ricambiò il saluto. –Chi sono i due?- chiese, indicando con il dito indice Elanna e Luxor. Yuma squadrò la ragazza. –Lui non lo so. Lei è quella che mi è venuta addosso.-
-Semmai sei tu ad essere andato addosso a lei.- disse un ragazzino alto quanto un nano da giardino.
-Flip? Anche tu qui? E ve lo ripeto: è stata lei a venirmi addosso!-
-Io ti credo, Yuma!- esclamò una ragazza con orecchie e coda da gatto.
-Visto? Lei mi crede!- replicò Yuma, incrociando le braccia al petto.
-Scusate!- gridò Elanna. Tutti si fermarono a guardarla. –Innanzitutto sono stata io a cadere addosso a Yuma: ma è stato un incidente! Stavo camminando e non mi ero accorta di lui.-
-Stavi saltellando. – la corresse Luxor.
-Oh...sta un po’ zitto, Luxy!- Lui ridacchiò.
-Fermi tutti! Non muovete un solo muscolo.- continuò Elanna. –Facciamo le persone civilizzate e presentiamoci!-
-Yuma. Yuma Tskumo. Nonché grande duellante imbattuto, vincitore del Carnevale Mondiale di Duelli…-
-…mago della modestia…- aggiunse il nano da giardino. –Ehy!- protestò Yuma.
-Comunque, io sono Flip. Anche io sono un duellante. Ma molto più bravo di Yuma, ovvio.-
-Si, nei tuoi sogni.- replicò l’interpellato.
-Piacere mio, Bronk.- si presentò l’armadio. Un armadio a due ante.
-Io sono Tori!- disse la ragazza dai capelli verdi. La ragazza/gatto la spinse lontano da Yuma.
–E io sono Cathy!- L’ultimo a presentarsi fu Pel di Carota.
-Rei Shingestu.- Elanna sorrise.
-Mi chiamo Elanna Castelli. Ma chiamatemi pure Ely.-  Rei le prese la mano e la strinse forte. –E’ un piacere conoscerti, Ely!- disse sorridendo. “Sembra un angioletto” pensò la ragazza, fissando gli occhi viola del ragazzino. Elanna si liberò dalla stretta di Rei. Poi prese per un polso Luxor, tirandolo vicino a sé. –Questo qui, invece, è Luxor Tokidoi.-
Luxor aggrottò le sopracciglia. –So presentarmi da solo.-
-No, avevi bisogno di una spintarella.- replicò la ragazza.
-Siete più grandi di noi, giusto?- chiese Tori, guardando le divise blu elettrico dei due ragazzi.
-Si, ma non di molto. Solo un paio di anni.- rispose Elanna. Yuma, intanto, sembrava stesse osservando una partita di ping pong: il suo sguardo scorreva da Luxor ad Elanna.
-Siete fidanzati?- domandò, senza rendersi conto di quanto la domanda fosse imbarazzante. Luxor guardò Yuma, poi l’amica, per poi tornare a fissare Yuma.
-Siamo già partiti con le domande imbarazzanti?-

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Capitolo 4
*** "Non può essere quel Luxor" -Cit. Mirko ***


Chissà come, ma l’ora di chimica era passata in fretta. Anche tutte le altre ore, in realtà. Forse perché aveva pensato per quasi tutto il tempo a quei ragazzini incontrati nel corridoio. Strambi e simpatici allo stesso tempo. Proprio come Elanna. Anche se era rimasto di sasso quando Yuma aveva chiesto se fossero fidanzati. Era davvero quella l’impressione iniziale? Probabilmente no. Quel ragazzino era soltanto un po’ stupido. Giusto un po’. Il suo pensiero si era soffermato in particolare su di lui. Aveva affermato di essere un grande duellante e, per quanto tonto apparisse, di avere vinto il Carnevale Mondiale di Heartland. “E io sono Michelangelo Buonarroti” aveva pensato. Solo in un secondo momento, aveva notato qualcosa di strano. Vicino al ragazzo, o forse un pochino più sopra, c’era una specie di forma umanoide che volteggiava sopra la testa di Yuma. Aveva pensato di essere ammattito di colpo o di star diventando anche cieco (il che sarebbe stata una vera e propria sfiga). Ma era più che sicuro di aver visto benissimo. C’era qualcosa ,o qualcuno, lì. Solo non sapeva cosa fosse.
Era addossato alla cantonata di un palazzo, mentre pensava a tutto questo. Il primo giorno di scuola era passato piuttosto in fretta.
-Luxor…- chiamò Elanna, affianco a lui. –Luxor…- ripeté la ragazza. Niente, l’amico non gli rispondeva. Lo afferrò per un braccio e iniziò a scuoterlo violentemente. –Ma stai dormendo o cosa? Sei diventato sordo, per caso?!- strillò la ragazza, non sapendo quanto si fosse avvicinata alla realtà. –Si? Che c’è?- chiese Luxor in tono non curante, girandosi in direzione dell’amica. –Dobbiamo tornare a casa. Sai cos’è una casa? E’ quella struttura in cui…-
-So benissimo cos’è una casa, non fare la stupida.- replicò freddo il ragazzo. Elanna non parve indispettita dal tono scostante dell’amico.        –Dove abiti?- chiese.
-Qui vicino…cioè, non molto vicino. Diciamo che è una via di mezzo. Nel senso che…non è che abito in una via in mezzo. Ma nel senso che…-
-Lascia stare. Ho capito.- lo interruppe lei. Susseguirono un paio di secondi di silenzio. –No. Non ho capito.-
-Piuttosto…tu dove abiti?- domandò Luxor. Elanna sorrise. Sorrideva sempre quella ragazza. –Oh, non molto lontano. E’ proprio dietro l’angolo, il primo edificio dopo l’incrocio. Sesto piano. Vuoi venire da me, oggi?-
-Ehm…no, grazie. Declino l’invito.-
-Va bene, riformulo: devi venire a casa mia. Oggi.- Luxor inarcò un sopracciglio.
-Mi stai obbligando?-
-Sono sempre da sola…vorrei qualcuno che mi faccia compagnia.-
-Sei sempre sola? Anche a casa? E non hai genitori o fratelli, cugini, zii…?- Lei scosse la testa. –Sono rimasta orfana quando ero molto piccola. Non ricordo neanche il volto di mia madre. E si, ho un fratello. Si chiama Arthur. Ma non lo vedo mai. Ritorna solo la sera, completamente ubriaco.-
-Ubriaco?- chiese Luxor confuso. Elanna annuì.
-Non è esattamente il prototipo di fratello perfetto. Non so neanche se considerarlo un fratello maggiore. Avrà pure vent’anni, ma io sono molto più matura di lui. Sono io a badare a tutto, in casa. Io cucino, io faccio la spesa, io pulisco…Lui si limita a non perdere il lavoro.-
Pensare ad Elanna come una ragazza matura e responsabile, era un po’ strano per Luxor. Eppure sapeva che quanto aveva detto era solo la semplice verità. La capiva, dopotutto. Le loro vite erano molto simili. Ma Elanna, a differenza sua, non aveva un enorme patrimonio a disposizione. E lui, almeno, ricordava il viso di sua madre. Lei non aveva neanche quello.
Elanna lo punzecchiò con un dito sul braccio destro. Luxor si girò a guardarla –Vuoi assaggiare?- chiese la ragazza, sorridendo. In mano aveva una fetta di crostata. –L’ho fatta io. E’ la mia specialità.-
-Beh…grazie.- rispose Luxor, leggermente impacciato. Era la prima volta che qualcuno gli si rivolgesse con così tanta gentilezza.
-Tranquillo. Non ti avveleno mica.-
-Non è questo…nessuno è mai stato gentile con me. Tu sei la prima.-
-Io sono sempre stata gentile con tutti. E poi…siamo amici, no?- Luxor annuì.
-Adesso mangia. A casa ne ho una intera.-
-E’ troppa…- protestò il ragazzo.
-Mangia, mangia…tra pochi giorni sarà il mio compleanno e ne preparerò una di ciliegie.-
-Quando compi gli anni?-
-Il ventitré settembre.-
-Sei nata sotto il segno della bilancia, allora.-
-Credi nei segni zodiacali?- domandò Elanna, aggrottando le sopracciglia in modo così buffo, da far sorridere Luxor.
-Non più di tanto, in realtà. Io, ad esempio, sono dell’acquario.-
-Quando sei nato?-
-Il due febbraio.-
Seguì un lungo silenzio. Luxor aveva già terminato la sua crostata. “Almeno gli è piaciuta” pensò la ragazza, allegra.
-Allora…- iniziò Elanna, rompendo il silenzio che era calato fra i due. -…Hai cambiato idea?- Luxor la guardò stranito.
-Su cosa?-
-Ti piacerebbe venire a casa mia? Lui sembrò rifletterci un po’.
-Quando?- chiese infine.
-Anche oggi pomeriggio, non ho niente da fare.-
-Nemmeno io.-
-Ti…ti va bene alle cinque?-
Luxor annuì. Con un rapido scatto, si girò, dando le spalle all’amica. –Ci vediamo…Ely.- disse, prima di dirigersi dall’altra parte della strada. Elanna lo fissò finché non scomparve dalla sua vista. “Mi ha chiamata…Ely.” Pensò la ragazza, stupita. Sorrise sorniona. –Ci vediamo questo pomeriggio…Luxy- mormorò la ragazza.


Elanna corse a perdifiato fino a casa sua. Non prese neanche l’ascensore, salì tutte le scale a piedi. Si fermò stremata davanti alla porta del suo appartamento, mentre cercava le chiavi per entrare.
-Dannazione! Le ho dimenticate.- esclamò irritata. Suo fratello sicuramente non c’era, ma forse…
-Mirko!- urlò la ragazza, infischiandosene del fastidio che dava ai suoi vicini. –Mirko!- chiamò ancora. Niente. Aspettò qualche minuto, fino a quando un ragazzo non venne ad aprire la porta.
-Ma per l’amor del cielo, lo sai che in questo secolo esistono le chiavi?- la riprese il ragazzo. Aveva i capelli biondi bagnati ed era coperto in vita solo da un asciugamano. –Non si può neanche fare una doccia in pace, adesso!- borbottò, mentre entrava in casa, seguito a ruota da Elanna.
-Mi spieghi come facevo a sapere che stavi facendo la doccia?- chiese la ragazza, chiudendosi la porta alle spalle.
-Hai dimenticato le chiavi. E’ la settima volta che ti succede, questo mese. Non posso venire ad aprirti ogni volta che rimani chiusa fuori.- replicò il ragazzo.
-Sono il tuo coinquilino, non tua madre.- finì, prima di chiudersi a chiave dentro il bagno. –E adesso non disturbarmi più!-
Elanna roteò gli occhi. –Vedi di sbrigarti. Verrà un mio amico alle cinque.-
-L’hai invitato senza il mio permesso?-
-Si. E non vedo quale sia il problema, dato che tu ogni sera ti porti a casa una ragazza diversa.-
-Oh…sta zitta.- rispose debolmente.
-Come ti pare.- replicò Elanna, avviandosi verso la sua stanza. La riordinò da cima a fondo: sistemò il letto, cosa che faceva una volta al mese se riusciva a ricordarselo, ordinò i libri sugli scaffali e spolverò la sua collezione di civette, composta da quasi quaranta statuine di pochi centimetri. Poi si tolse la divisa della scuola e indossò al suo posto i suoi jeans neri strappati e la sua maglia preferita, quella nera con disegnati gli scheletri che brindano allegramente.
-Sei rossa come un pomodoro, Ely.- osservò Mirko, entrando nella sua stanza. Lei si girò a guardarlo. Adesso era vestito, ma i capelli erano ancora bagnati. –Non sono rossa!- protestò la ragazza.
-So di avere un fisico da dio…ma trattieniti.- Mirko ridacchiò. Gli piaceva fare lo spaccone. Ma, nonostante tutto, era simpatico. Beh…non più di tanto, in realtà.
Mirko Calleran era un amico d’infanzia di Arthur, si erano conosciuti a soli sette anni e non si erano mai lasciati. Adesso lavoravano anche nello stesso ristorante, come camerieri. Da un paio di anni, viveva insieme a loro. Il passato di Mirko era un buco vuoto. Non sapeva neanche il giorno della sua nascita. Ma nonostante questo, era sempre di buon’umore.
-Come si chiama?- chiese Mirko.
-Chi?-
-Il ragazzo che hai invitato, genia.-
-Ah…giusto. Luxor.-
Un brivido percorse la schiena di Mirko. Perse all’istante il sorriso. Non succedeva mai. “Luxor…quel nome l’ho già sentito. Si, ne sono sicuro. Ho già sentito quel nome.” Pensò il ragazzo.
-Ehy? Mirko? Stai dormendo in piedi?- chiese Elanna, rendendosi conto dell’improvviso cambio d’umore del biondo. Gli occhi azzurri di Mirko la fissavano distanti. “No, Mirko, cosa pensi. Non può essere quel Luxor. Non può essere il Luxor del tuo incubo.” Continuò a pensare.
In quel momento, qualcuno bussò alla porta. Elanna controllò l’orologio appeso alla parete: erano le cinque precise. “Wow…puntualissimo.” Pensò la ragazza, andando ad aprire la porta.
-Ehy, Luxy!- salutò Elanna felice. –Sei stato puntualissimo.-
-Io sono sempre in perfetto orario, Ely.- sorrise Luxor.
-Vieni, entra pure!- disse lei, facendolo accomodare nel salotto.
“Certo che è molto piccola come casa.” Pensò Luxor.
-Chi è il ragazzo biondo?- domandò.
-Oh…giusto, devo presentarvi.- Elanna prese Mirko per un polso e lo trascinò davanti a Luxor.
-Luxor Tokidoi, Mirko Calleran. Mirko Calleran, Luxor Tokidoi.- li presentò Elanna. I due si guardarono a lungo.
 “E’ lui. E’ il ragazzo del mio incubo...” Pensò Mirko.
“…Ho l’impressione di averlo già visto” pensò a sua volta Luxor.

Certo che lo aveva già visto. Si erano già conosciuti…in un incubo.

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Capitolo 5
*** "Cappuccetto rosso vieni, vieni qua..." -Cit. Vector ***


Nonostante la tensione iniziale tra Luxor e Mirko, il resto del pomeriggio passò tranquillo. Più o meno. Elanna fu felice di vedere l’amico mangiare quasi la metà della crostata.
-Vuoi portare a casa il resto?- chiese la ragazza, in tono gentile.
-No…temo di aver esagerato.-
-Ma dai! Se vuoi te la incarto e la mangi domani mattina per colazione.-
-Ehm…va bene, se insisti tanto…-
Lei annuì, per poi alzarsi da tavola. –Vado un attimo in camera mia.- e corse via. Mirko lanciò un’occhiata penetrante in direzione di Luxor.
-Adesso…dimmi la verità.- incominciò, incrociando le braccia al petto. Luxor, inizialmente, non capì quelle parole.
-Non fare il finto tonto. Hai capito benissimo a cosa mi riferisco.- continuò Mirko, ignorando lo sguardo smarrito dell’altro ragazzo.
“E se avesse capito che io sono…”
-Sordo.- disse infine. Luxor scattò in piedi.
-Non dirlo ad Elanna, ti prego!- implorò. Poi una domanda gli si affacciò nella mente. –Come hai…-
-Sono molto intelligente…o molto attento. Quando qualcuno parla, ti giri in direzione di quella persona. Altrimenti non riesci a capire quello che ti si dice.- 
-Dubito sia solo per questo.- Il biondo annuì.
-Hai un viso conosciuto. E se io vedo il volto di qualcuno non lo dimentico mai più. Io e te ci siamo già incontrati.-
-E’ la stessa sensazione che ho avuto io!- esclamò Luxor.
-Si, il problema è: dove?- In realtà, Mirko sapeva benissimo dove lo aveva incontrato per la prima volta. Aveva solo bisogno di un conferma.
-Quando due…- non riuscì a terminare la frase. Un urlo, proveniente da una delle camere. Mirko scattò in piedi, correndo verso la stanza di Elanna, seguito a ruota da Luxor. 
-Cosa succede, Ely?- chiese Mirko, facendo irruzione nella stanza.
-H-ho visto…c’era un…e poi era lì e…- balbettò Elanna terrorizzata. Era pallida come un fantasma e tremava dalla paura.
-Cosa hai visto?- domandò Luxor, aiutandola ad alzarsi in piedi.
-C’era…c’era…-  Elanna indicò tremante lo specchio, che adesso era in frantumi per terra.
-Era lì...era proprio lì!- gridò la ragazza, nascondendo il viso tra le mani.
-Chi era lì?- chiese Mirko, accarezzandole dolcemente il viso.
-Era orribile…aveva le ali e…gli artigli e… - Elanna scoppiò a piangere.
-Mi ha obbligata…mi ha minacciata…- balbettò ancora.
-Cosa ti ha detto?- chiese Luxor. La ragazza alzò lo sguardo per guardarlo negli occhi.
-Ha detto che io… devo ucciderti.-
 


-No! Mi rifiuto categoricamente di farlo.- urlò.
-Sarà per poco tempo, Mizael!- protestò Durbe.
-No, Durbe. Ti ho sempre sostenuto, lo sai meglio di me.  Ma non mi abbasserò mai ai livelli di un essere umano.-
-E’ per il bene di Barian, cerca di capire!-
-Bastano Vector, Arito e Gilag.-
-No, Mizael. Io ho bisogno di te. Solo tu puoi trovare quei due ragazzi.-
-Ti ho detto di no. Perché non ci vai tu, piuttosto?-
-Verrò con te. Ma non posso farlo da solo. Neanche  a me va a genio l’idea di comportarmi da umano. Ma dobbiamo farlo se vogliamo entrare in possesso dei due guardiani.-
Mizael sembrò rifletterci su.
-Lo faccio solo per il Mondo Bariano.- disse infine.
-Sapevo che non ti saresti tirato indietro.-
-Sei sempre il solito, Miza.- commentò una voce alle spalle dei due.
-Taci, Vector.- replicò Mizael in tono freddo.
-A chi hai detto taci, Miza?-
-A te, sciocco!-
-Mi dispiace, Miza, non riesco a sentirti.-
-Quanto sei idiota!- gridò Mizael irritato.
Durbe roteò gli occhi. “E’ mai possibile che la sola presenza di Vector lo faccia diventare così infantile?” pensò.
-Piantatela. Vector, hai qualcosa di importante da dire? Dubito tu abbia compiuto l’enorme sacrificio di presentarti su Barian solo per infastidire Mizael.-
-No, infatti. Ma anche quello era estremamente importante.-
-Parla, prima che qualcuno perda la pazienza.- 
-Sii veloce..- lo esortò Mizael, trattenendosi a stento dall’istinto di picchiarlo. L’altro annuì. 
-Ho individuato i due guardiani: si sono riuniti e presto si distruggeranno a vicenda…-
-Il guardiano di Barian ci serve vivo. Almeno per il momento.- lo interruppe Durbe. Vector si strinse nelle spalle.
-A lui ci penserò io personalmente. Per l’altro…ho già fatto tutto io. Potete fidarvi.-
-Fidarsi? Di te?E io sono cappuccetto rosso.- intervenne in tono sarcastico Mizael.
-Cappuccetto rosso vieni, vieni qua. Arriva il lupo che ti mangerà…- canticchiò Vector.
-Quanto sei infantile.- commentò Durbe.
-…io non ho paura, io non ho paura…-
-E piantala!- esclamò Mizael esasperato, prima di scomparire in un portale.
Gli altri due bariani fecero lo stesso.
 


-Quindi…questo strano tizio con gli artigli e le ali da pipistrello ti ha detto che devi uccidere i due guardiani, che guarda caso siamo io e Luxor.- riassunse Mirko.
-Beh…così ha detto quel tipo.- mormorò Elanna, che aveva lentamente ripreso il suo normale colorito.
-Si, ma…guardiani di cosa?- domandò Luxor, visibilmente confuso.
Mirko tamburellò le dita sul tavolo della cucina. Faceva sempre così quando era nervoso.
-Supponendo che voi due siate i guardiani di non-so-che-cosa, perché questa specie di alieno ha contatto me?- intervenne Elanna.
-E poi…ho una cosa da rivelarvi.- aggiunse Mirko, teso.
-Qualche giorno prima che…ehm…- il ragazzo lanciò un’occhiata imbarazzata ad Elanna. Lei arrossì vistosamente, chinando il capo ed evitando così lo sguardo del biondo. Questo atteggiamento non sfuggì all’occhio attento di Luxor, che però preferì far finta di niente. “Quei due mi stanno nascondendo qualcosa” pensò.
-…Comunque. Ho fatto un incubo. C’era…un tizio…molto simile a quello che mi ha descritto Elanna. E diceva “Distruggi il guardiano del Mondo Astrale. O non rivedrai mai più la tua patria.” O una cosa del genere.-
-Anche io ho fatto lo stesso incubo!- esclamò Luxor. –Cioè, non proprio lo stesso. C’era lo stesso tizio e diceva una cosa simile “Portami il guardiano del Mondo Bariano. O non rivedrai più la tua patria.” E’ quasi la stessa cosa.-
-Quasi, hai detto bene.- intervenne Elanna. –Ma cosa sono il Mondo Astrale…e quello Bariano?-
-Dei mondi, no?- intervenne Mirko.
-Grazie, Einstein.- sbuffò Luxor, per poi dare una rapida occhiata al suo orologio da polso.
-Cavoli, è tardi. Devo ancora finire i compiti.- esclamò, alzandosi dalla sedia.
-Ne parleremo domani, ci si vede!- gridò in tutta fretta, prima di uscire di casa.
-Un tipo strano…ed interessante, il tuo amico.- osservò Mirko.
Elanna rimase impassibile a quel commento. Si alzò in silenzio e si affacciò alla finestra, incrociando le braccia all’altezza del seno.
-Perché hai tirato fuori quella storia?- chiese seria.
-Quale storia?- finse di non capire il ragazzo. Lei si girò e gli lanciò un’occhiataccia. –Sai benissimo a cosa mi sto riferendo.- replicò fredda. Mirko ridacchiò.
-Ti riferisci a quel fatto.-
-Si, Calleran. Mi riferisco a quel fatto.- Elanna lo chiamava per cognome solo quando era irritata. Il biondo si avvicinò pericolosamente alle labbra della ragazza. Lei cercò di indietreggiare di un passo, ma lui continuava la sua inesorabile avanzata.
-Avevamo detto che…sarebbe finita lì- sussurrò, prima di ritrovarsi schiacciata contro la parete. Mirko poggiò le sue labbra su quelle fredde della ragazza. “Di nuovo. Lo sta facendo di nuovo.” Pensò Elanna, non riuscendo ad opporsi a quella dolce sensazione che lui le stava donando.
-Fermati…avevi detto che non l’avresti rifatto.- mormorò.
-Mi tenti troppo, Ely…- sussurrò Mirko al suo orecchio. Con un rapido scatto, il biondo si allontanò dalla ragazza.
-Io vado. Salutami Arthur, appena torna.- disse, prima di chiudere violentemente la porta di casa. Elanna, si accasciò sul divano. “Perché deve sempre giocare con me?” pensò la ragazza, affossando la faccia nel cuscino. Pur essendo molto presto, si addormentò immediatamente. Non voleva pensare a niente e l’unico modo era dormire.
Ma non immaginava, però, che con il sonno, sarebbero arrivati anche gli incubi.

 

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Capitolo 6
*** “Si. La Terra è un luogo davvero strano.” -Cit. Mizael ***


-Certo, potrai vederlo presto. Si. Ci vediamo fra cinque minuti. Ti aspettiamo.- disse l’uomo, concludendo la lunga telefonata. Si guardò intorno. Tutti i registri e le foto erano chiusi negli scatoloni di cartone. Erano pronti.
-Tra qualche minuto sarà qui.- annunciò l’uomo alla moglie. Lei lo guardò sorridente. –Il piccolo ne resterà sorpreso.- esclamò.
-Abbiamo fatto la scelta migliore. Per lui…e soprattutto per noi.-
In quel momento, il bambino si presentò nella stanza, ormai spoglia da ogni mobile. Il pigiama azzurro ancora indosso, i capelli castani scompigliati e le pantofole a forma di coniglietto ai piedi. Gli occhi verdi, però, tradivano la sua tenerezza: erano carichi di odio e rancore.
-Mi avete tradito…avete infranto la nostra promessa…- balbettò il ragazzino. La voce era rotta dal pianto e il volto rigato di lacrime.
-Mi avete mentito…le vostre erano tutte bugie!- gridò, puntando il dito contro i due.
-Non mi volete bene!- urlò sconvolto.
-No, tesoro…noi ti vogliamo bene.- protestò la donna, avvicinandosi al ragazzino. Ma lui sentiva solo rabbia, nel suo cuore. Solo rabbia e nient’altro.
-Mi renderete un fenomeno da baraccone. Solo per i vostri interessi! Non vi è mai importato nulla di me, a voi importavano solo le mie capacità!- urlò.
-Hai frainteso, piccolo. Noi non vogliamo…-
-Sta zitta! Sono stanco delle vostre bugie…sono stanco di essere trattato come cavia per esperimenti…sono stanco di voi. Metterò fine a tutto questo…- La presa sul coltello da cucina che aveva in mano si fece ferrea.
-…e lo farò adesso.-
Urla. Suppliche. Dolore.
Questo aleggiava nell’aria tetra.
E il sangue.
Il sangue rosso che imbrattava le pareti, i pavimenti, le scatole.
E il pigiama azzurro di un bambino.


Elanna si svegliò di colpo. “Che orribile incubo. Non riuscirò a dormire per settimane.” Pensò, alzandosi dal divano. Diede un’ occhiata all’orologio appeso alla parete: 05.45
Era decisamente presto per andare a scuola. Si affacciò dalla finestra e osservò attentamente il quartiere e la strada dove abitava: era la prima volta che lo vedeva a quell’ora. Il sole sorgeva lentamente, arrossando le spalle dei grandi palazzi di Heartland e diradando sempre più le ombre della notte. Gli autobus si arrestavano alla fermata, dove vi era in attesa un solo passeggero che sbadigliava e si stropicciava gli occhi, ancora assonnato. “Chissà se ci sono altre ragazze come me che osservano l’alba dalla loro finestra.” Pensò Elanna, mentre guardava rapita la città ancora addormentata. Heartland era davvero bellissima. Non capiva come Luxor potesse odiare quella città. Richiuse la finestra, dirigendosi poi verso la camera del fratello. “Non c’è. Si sarà addormentato in un cassonetto della spazzatura. Come l’ultima volta” pensò la ragazza, mentre usciva dalla stanza. Si avviò verso la sua di camera. I frammenti dello specchio giacevano ancora a terra. “Meglio se sistemo, prima che qualcuno schiacci uno dei vetri rotti.”
Dopo qualche minuto, aveva risistemato tutto. Beh, più o meno. Doveva ricordarsi di comprare un nuovo specchio. “Sette anni di sfortuna. Che sfiga tremenda”. Elanna credeva alle superstizioni. Molti le dicevano che era una stupida ed una credulona. Ma lei sapeva che quelle storie erano più vere di quanto si pensasse. Ed erano molto più vere di quelle cretinate che era solita sentire. Quando aveva sentito Mirko e Luxor parlare di guardiani, le era venuta in mente una delle storie che le raccontava sua madre da bambina. Una sola storia che l’aveva colpita in particolare, quando era molto piccola…

-Mamma, mamma! Mi racconti una delle tue storie?- domandò una bambina di otto anni dai lunghi capelli corvini, correndo incontro alla madre. Lei sorrise dolcemente. -Certo tesoro.- le due si accomodarono sul divano nero del salone.
-In un luogo…-
-Ma no! Non puoi iniziare così una storia.- protestò la bambina. –Devi iniziare con ‘C’era una volta…’-
-Questa non è una leggenda umana, lo sai? E’ molto più antica e viene da un altro mondo…-
-Quale mondo?- chiese la piccola Elanna, guardando con occhi pieni di curiosità la madre. Lei sorrise.
-Lo scoprirai quando sarai grande…comunque, tornando alla nostra storia…-
-Si, si! Torniamo alla storia!- la sollecitò la bambina.
-In un luogo molto, molto lontano da qui…un mondo lontano dal nostro…c’era una bellissima ragazza.
Una ragazza dai lunghi capelli neri, la carnagione bianca come l’alabastro e gli occhi grigi come le nuvole che popolano il cielo. Questa bellissima ragazza possedeva  lo straordinario potere di leggere il passato…il presente e…-
-il futuro.- intuì la piccola Ely. Sua madre annuì, accarezzandole i capelli corvini.
-Il nome di questa ragazza è a noi sconosciuto, poiché gli imperatori del mondo volevano conservare per loro i poteri profetici della ragazza. Si racconta di una profezia che quest’oracolo aveva pronunciato. Nessuno era riuscito a capirne il significato:
“I due guardiani
In uno solo si uniranno,
se i tre coraggiosi
il cuore dell’oracolo scioglieranno.
Ciò che è stato ingiustamente diviso
unire sapranno:
due cuori innamorati
due fratelli da tempo separati;
i tre mondi la pace raggiungeranno
e contro la minaccia maggiore si uniranno.”
La piccola Elanna si arrampicò sulle gambe della madre e la guardò negli occhi. –E’ una storia vera, secondo te?- chiese la bambina.
-Tutte le storie che ti racconto, Ely, hanno un fondo di verità.-


“Tutte le storie che ti racconto, Ely, hanno un fondo di verità” pensò la ragazza. La frase che le diceva sempre sua madre, dopo averle raccontato una delle sue storie. I guardiani di due mondi…quello Bariano e quello Astrale. I due ondi che avevano citato Mirko e Luxor. Però poi recitava “i tre coraggiosi”. Forse era lei la terza persona…lei? No, ma cosa le veniva in mente! Lei doveva essere una ragazza in grado di salvare tre mondi? No… forse erano solo stupide coincidenze. Ma Elanna non aveva mai creduto alle coincidenze.


Durbe stava leggendo l’ennesimo libro, alla ricerca di qualche informazione utile alla sua ricerca. “Possibile che in cinquecentocinquant’anni nessuno abbia trovato il luogo in cui si trova quell’oracolo?” pensò, mentre chiudeva il quarantasettesimo libro. 
Si, li aveva contati ed era il quarantasettesimo libro che leggeva. Ne prese un altro e iniziò a sfogliarlo “Quarantottesimo.”
Aveva preferito non parlare a nessuno del percorso che doveva seguire. Se Mizael l’avesse saputo, si sarebbe impuntato di venire anche lui e, testardo com’era,  non si sarebbe arreso facilmente. L’avrebbe seguito più che altro per non immischiarsi con gli esseri umani: provava un forte ribrezzo per loro.
“Basta pensare, Durbe. Ti verrà il mal di testa.” Si disse mentalmente. E poi, oltre a dover trovare la ragazza dai fatidici poteri profetici, aveva altri problemi da risolvere
Ovviamente, dopo la morte/scomparsa di Nash e Merag , a chi era toccato il pesante fardello di risolvere tutti i problemi di Barian? A lui. Oltre alle questioni tra astrali e bariani, doveva occuparsi anche di un minuscolo e insignificante dettaglino riguardante la nuova generazione bariana. Molti bariani, infatti, trovano difficile e molto doloroso avere una discendenza completamente bariana. Per intenderci, con ‘completamente bariana’ s’intende chi ha entrambi i genitori di razza bariana. Sono in molti quelli che preferiscono avere figli con gli esseri umani. E quali sono i frutti nati da questa unione?
I semi bariani. O mezzi bariani, che dir si voglia. Un incrocio tra terrestre e bariano. Questi, oltre al fatto di possedere poteri fuori dal comune e decisamente non indifferenti, non sono in grado di utilizzare le proprie abilità, finendo per uscire fuori controllo e devastando tutto ciò che trovano sul proprio cammino. Come se non bastasse, perché la vita è fatta piena di gioie, i semi bariani sono al 90% sterili. Questo dato, sfortunatamente, sfugge a più della metà della popolazione bariana. A lungo andare, questo rischia di portare all’estinzione.
“Basta, Durbe. Tu pensi troppo.” Si rimproverò mentalmente.
“Con tutti i problemi che mi ronzano in testa, è impossibile pensare poco.” Si disse, poi. In poche parole i suoi attuali problemi erano:
-Trovare il rifugio dell’oracolo per sfruttare i suoi poteri profetici.
-Convincere l’oracolo a parteggiare per Barian e non rimanere neutrale.
-Scovare il guardiano del mondo astrale e ucciderlo.
-Trovare anche il guardiano di Barian e utilizzare i suoi poteri contro gli astrali.
-Progettare un attacco efficiente contro il Mondo Astrale.
-Evitare l’estinzione della razza bariana.
Una cosa semplice, dopotutto. Niente di così complicato. Soprattutto considerando che tutti i punti doveva svolgerli da solo o supportato soltanto da Mizael. Beh…meglio di così non poteva andare.

Terra, Heartland City. Circa tre ore dopo…
-Ti raggiungerò presto…stai tranquillo Mizael, non ti lascerò tutto il tempo da solo con gli umani…- ripeté il bariano biondo, alzando più del dovuto la voce. Camminava nervosamente per i corridoi della scuola da almeno venti minuti, fermandosi ogni tanto per sistemare al meglio la cravatta blu della divisa. Gli seccava il fatto di trovarsi circondato da esseri nettamente inferiori a lui come gli esseri umani. Ma lo irritava ancora di più sapere che Vector era lì. “Poteva pensarci lui ai due guardiani…invece no! Devo scendere anche io su questo pianeta. Immischiarmi con i terrestri, fingermi uno di loro e frequentare una…scuola.” Era davvero irritato. Vector lo irritava più di qualsiasi alta cosa. Nonostante se la cavasse bene nei panni del ragazzino tenero e svampito –cosa che non avrebbe mai ammesso ad alta voce, neanche sotto tortura- non riusciva a togliersi dalla mente il vero Vector. Il Vector falso, manipolatore, menefreghista…una perfetta serpe.
-Spostatevi, spostatevi, spostatevi!- sentì gridare. Si risvegliò dai suoi pensieri, udendo quella voce acuta che ancora strillava –Spostatevi, vi ho detto!- urlò una ragazza, mentre correva nella sua direzione. Mizael si scansò appena in tempo, prima che la studentessa lo travolgesse. “Umane…” pensò, mentre un misto di disappunto e disgusto gli si dipingeva sul volto.
-Aspetta, Ely, non correre!- sentì gridare ancora.
-Sei tu lento, Luxy!- urlò da lontano la ragazza di prima.
“Ma strillano tutti come mocciosetti, qui?!” si domandò il bariano mentalmente. Un altro ragazzo, con la sua stessa divisa, gli veniva incontro. Stava per spostarsi anche stavolta, ma non ne ebbe il bisogno. Il ragazzo cadde a terra, scivolando proprio davanti ai suoi piedi. –Oh, scusa!- disse il ragazzo, rialzandosi imbarazzato. Si spazzolò la camicia bianca con la mano sinistra, mentre con l’altra si massaggiava il fondoschiena. –Mi dispiace,  sono inciampato su…non so che cosa.- continuò a scusarsi. Mizael osservò attentamente il ragazzo, soffermandosi su ogni singolo dettaglio: i capelli castani, gli occhi verde smeraldo, il fisico atletico e…su quella strana aura che sembrava circondarlo. “Lui…ha qualcosa di diverso.” Pensò il bariano, fissandolo impassibile. L’aura che emanava era diversa da quella che possedeva lui…o quella che possedevano gli altri bariani. Era azzurra, chiara e limpida…pura. “Se fosse lui il Guardiano Astrale…avrei già risolto tutto.” Pensò Mizael. –Luxy!- chiamò ancora la ragazza, avvicinandosi a ‘Luxy’  –Hai perso anche stav…oh.- Elanna perse un battito quando vide il ragazzo biondo davanti a Luxor. Era praticamente identico a Mirko, lunghi capelli a parte. Lo stesso sguardo, gli stessi tratti somatici, la stessa carnagione, lo stesso fisico. Mizael sembrò notare il brusco cambiamento d’umore dell’umana. –Luxor…andiamo via.- disse la ragazza con voce soffocata, prendendo l’amico per mano e trascinandolo lontano dal bariano.
Mizael si soffermò a lungo a pensare ai due ragazzi che aveva appena incontrato, fissando il corridoio in cui erano spariti di corsa. “Quei due sono strani. Sarà meglio tenerli d’occhio. Ho il vago sospetto che siano un frammento importante di…” Il suono di una campana lo distolse dai suoi pensieri. Il bariano sobbalzò a quel rumore inaspettato. Su Barian, dove tutto era rigorosamente silenzioso, rumori del genere significavano orribili presagi. E lui poteva confermarlo per esperienza personale.
“Si. La Terra è un luogo davvero strano.” Pensò, ricomponendosi prima di avviarsi in uno dei corridoi.

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Capitolo 7
*** "Ne ero sicuro. Tu sei come me." -Cit. Vector ***


Mizael odiava quel posto.
Seduto su uno degli ultimi banchi, accanto ad un’umana che blaterava in continuazione e davanti due ragazzi che discutevano sulle curve delle studentesse, aveva passato i peggiori momenti della sua vita.
-Come hai detto che ti chiami?- chiese la ragazza, giocherellando con una ciocca dei lunghi capelli castani.
-Mizael.- rispose con freddezza il biondo, senza degnarle di una sola occhiata. Lei serrò le labbra indispettita, per poi sorridere accattivante.
-Io sono Leyla.- disse, sistemandosi la gonna dell’uniforme.
-Mmh.- fece Mizael, disinteressato. Leyla roteò gli occhi, visibilmente infastidita. Nessun ragazzo si era mai comportato così davanti a lei.
-Dimmi un po’, Mizael…- pronunciò il suo nome in tono talmente suadente, che la metà dei ragazzi della scuola sarebbe svenuta all’istante.
-…da dove vieni?- Lui continuò a non guardarla.
-Cosa può importartene?- chiese in tono pacato. Leyla sbuffò. “Come osa…” pensò la ragazza. Passò qualche minuto di silenzio, tanto che Mizael pensava di essersela tolta di torno. Ma a quanto pare non conosceva bene le umane.
-Sei fidanzato?- domandò Leyla, riacquisendo la sua solita aria spavalda.
-Anche se lo fossi, non andrei a dirlo alla prima che passa. Soprattutto se quella che passa in quel momento è una come te.- replicò Mizael, mentre un ghigno gli si era stampato in viso.
A quella risposta, la ragazza era davvero furiosa. Poggiò entrambi i gomiti sul banco e girò la testa in direzione opposta a quella del bariano. Non gli rivolse più la parola. “Finalmente.” Pensò, quando vide la reazione dell’umana. Sentì ridacchiare da un altro banco. –Ha avuto quel che si merita, quella vipera.- disse la voce di una ragazza. Mizael, avvantaggiato dal fatto che i lunghi capelli biondi gli celavano gli occhi, osservò la ragazza che aveva parlato. Era la stessa che aveva incontrato in corridoio, quella che si era dileguata in tutta fretta con l’amico. E lui era lì accanto. Aveva ancora quell’aura azzurra intorno a sé, ma probabilmente era inconsapevole del forte potere che emanava.
-Hai ragione. Il biondino l’ha mandata davvero male.- confermò il ragazzo.
-Nuovo arrivato: 1; Leyla: 0- disse l’amica, portando dietro l’orecchio una ciocca di capelli. Mizael, anche se per pochi secondi, riuscì ad intravedere qualcosa sul collo dell’umana. Un segno che lui ben conosceva.
“E se fosse lei la Guardiana di Barian?” pensò, senza staccare gli occhi dall’esile figura della terrestre. Poi scosse la testa. “No. Dovrebbe emanare lo stesso potere di un bariano.”
-Mizael!- lo richiamò la voce della professoressa. Il bariano si voltò in direzione della donna.
-Mmh?-
-Stavi ascoltando?- domandò, incrociando le braccia al petto.
-Certo. Per chi mi hai preso…-
-Dammi del lei, Mizael.- lo interruppe la professoressa. Il bariano fece una smorfia.
-Come vuole…- disse, strascicando le parole, in modo che il suo orgoglio non potesse risentirne. “Devo dare del lei…ad un’umana.” Pensò il bariano, quasi infastidito. Il suono squillante della campana  risuonò nell’aula. Tutti gli studenti si defilarono in fretta. Tutti tranne uno…
-Luxor, tu non vieni?- chiese Elanna, guardando l’amico.
-No…ti raggiungo tra un attimo. Devo fare solo…una cosa.- rispose lui.
-D’accordo. Io ti aspetto fuori in cortile.- La ragazza corse via, lasciando Luxor da solo. “Fai buon viso a cattivo gioco. Se ci è riuscito Vector, puoi riuscirci anche tu” pensò Mizael, avvicinandosi silenziosamente al ragazzo.
-Luxor Tokidoi, nevvero?-  
L’umano sobbalzò, tanto il bariano si era avvicinato silenzioso. Si girò in direzione del biondo, che lo guardava con fredda curiosità.
-Si, sono io. Tu sei…?-
-Mizael.- gli rispose prontamente,
-Sai…assomigli a un mio quasi amico.- disse Luxor, pensando a Mirko. Non poteva dire che erano amici…erano conoscenti. E molto probabilmente, presto, sarebbero diventati nemici.
-Quasi?- chiese il bariano, fingendosi incuriosito. Assomigliava davvero ad un umano?
-Lascia stare, è una lunga storia.- Luxor non aveva voglia di parlarne. Quando aveva visto Mirko, una vocina nella sua testa gli aveva urlato: “Scappare! Scappare!”.
E la stessa identica cosa stava accadendo con Mizael. Anzi, quella vocina gridava anche più forte: “Pericolo! Pericolo!”
-Siediti, o mi verrà il torcicollo a tenere la testa alta per parlarti.- disse Luxor, che dalla sua posizione non riusciva a scorgere ogni singolo movimento delle labbra dell’altro. “Sarà lui che le schiude appena, ma è complicato capire cosa dice.” Pensò.
Mizael sorrise appena, avvicinandosi al ragazzo e sedendosi sul banco vuoto davanti a lui. ‘Sorrise’ non era il termine corretto: somigliava di più a un ghigno, come se avesse in mente un piano subdolo e che lo stava lentamente attuando. A Luxor non piacque per niente. Strinse forte il quaderno rosso che aveva in mano, tanto da far sbiancare le nocche.
“E’ nervoso”. notò Mizael. Il bariano fece finta di niente.
-Come mai usi un quaderno? E’ solo un peso in più, non ti pare?- disse, invece. La sua non era una domanda buttata a caso: si era accorto che Luxor era l’unico della classe a scrivere su un quaderno.
-Oh…niente, niente…- si affrettò a rispondere l’altro. –E’ un regalo dei miei genitori e… ci tengo a portarlo con me.-
-Mmh…si, certo. – Era poco convinto della versione dell’umano, ma tentò di non darglielo a vedere. Probabilmente non ci riuscì molto bene.
-Dico davvero.- sottolineò Luxor, poggiando sul banco il quaderno.
-Si, Si…ti credo, vai tranquillo. Piuttosto…- tentò di cambiare discorso.
-La ragazza mora che ti stava accanto…-
-…si, è mia amica. Si chiama Elanna- lo interruppe Luxor. –La conoscerai presto.-
Mizael inarcò un sopracciglio dorato.
-Ah, si?- Chiese. Luxor annuì, mentre un sorrisino divertito gli si stampava in faccia.
-Immagino verrà a ringraziarti.-
-Ringraziarmi di cosa?- domandò il bariano. L’altro ridacchiò.
-Hai mandato male la ragazza più snob della scuola. Anche se sono in molti i ragazzi che le sbavano dietro, io non la sopporto proprio. Lo stesso vale per Elanna.-
-Se quella ragazza è una delle più desiderate…non immagino che genere di persone le vengano dietro.- osservò Mizael, ripensando alla conversazione che aveva avuto con Leyla. Le labbra di Luxor s’incrinarono in sorrisino.
-Concordo. Difatti non riesco a trovare una sola persona che condivida la mia opinione. In questa classe, la mia unica amica è Elanna.-
-Perché hai specificato ‘in questa classe’?-
-Beh…c’è un ragazzino…Yuma Tsukumo. E’ un paio di anni più piccolo, ma non m’importa molto dell’età. Stamattina mi ha sfidato a duello senza neanche sapere se sono un duellante…è un po’ stupido.-
-Yuma…Tsukumo?-  “Ma certo, il ragazzino con cui gira Vector…no, scusate. Lui non è Vector…lui è Rei Shingestu.”
-Si. Però ho rifiutato… al posto mio si batterà Elanna. Io non ho voglia di duellare. Non di questi tempi.-
“Peccato.” Pensò Mizael. “Mi sarebbe piaciuto vedere come duellava. Magari avrei capito qualcosa in più su di lui.” Luxor sospirò. Non gli piaceva per niente quel ragazzo biondo. Aveva qualcosa che lo faceva tremare. E, anche se tentava di non darlo a vedere, lo inquietava. Sentiva che c’era qualcosa, dietro tutte le domande che gli rivolgeva. Aveva bisogno di sviarlo. Ma come…?
-Il quaderno.- disse infine. Inizialmente, il bariano non capì cosa volesse dire.
-Mi ha chiesto perché scrivo su un quaderno.- spiegò Luxor.
-Quando in classe parlano tutti...io sento solo una specie di rumore dal quale, però, di tanto in tanto affiora qualche parola comprensibile. Queste parole io le scrivo in questo quaderno. Le leggo e le…cucio insieme in una storia. Così mi sembra che quelle parole mi raccontino ciò che è accaduto in classe e io non ho capito.-
Mizael aggrottò le sopracciglia.
-Sei sordo?- domandò. Luxor annuì. “Se ho fatto almeno una cosa buona nella mia vita…oh sacrosanto Elthiel, fai in modo che ci creda!” pregò mentalmente.
-Come fai a sentirmi?- domandò Mizael.
-Non ti sento, infatti. Leggo sulle tue labbra.-
-Quindi…- iniziò Mizael, venendo interrotto da un ragazzino dai capelli color carota.
-Luxor, Luxor! Stanno per iniziare il duello!- gridò, afferrandolo per un braccio. –Presto! Così lo vediam…oh, ciao Miza-Chan!- esclamò, appena vide il biondo. “Eccolo…” pensò Mizael.
-Ho interrotto qualcosa?- chiese Rei sorridendo.
-No, ma…vi conoscete?- domandò Luxor confuso, alzandosi dal suo posto. Rei annuì, continuando a sorridere. –Miza-Chan è un mio carissimo amico.-
“Si…certo. Carissimi amici…”
-Beh…è una bella coincidenza ritrovarvi entrambi qui, no?-
-Già…non vedi quanto sono felice?.- fece Mizael, schiudendo appena le labbra. Gli era costato davvero tanto pronunciare quelle parole.
-Ehy, Miza-Chan, perché non vieni a vedere anche tu il duello?!- chiese Rei, guardandolo con occhioni supplicanti.
-Scordatelo, Ve…Rei- disse, prima di andarsene.
-Ve…Rei?- chiese Luxor, quando Mizael era ormai uscito dall’aula. Rei si strinse nelle spalle  -Si, si. Il mio nome completo è: Verenzio Venattus Vettore Veronius Vemarlus Vercole Rei…Shingestu. Tutti mi chiamano Rei, ma Mizael è un tipino preciso è mi chiama: Verenzio Venattus…-
-Si, Si! Ho capito, non ripetermelo!- lo interruppe  Luxor. “Questa è una delle volte in cui ringrazio di essere nato sordo.”
-Beh, allora andiamo! Così vedremo il duello dall’inizio.-

-Allora, Elanna, sei pronta?- chiese Yuma.
-Io sono nata pronta, Yuma.- confermò la ragazza.
-Siamo…arrivati in…tempo?- ansimò Luxor, appoggiandosi alla spalla di Rei.
-Dimmi di si o…questa corsa…sarà stata inutile.- aggiunse quest’ultimo.
-Si, tranquilli.- confermò Flip. 
–Vai Yuma, puoi batterla!-  gridò Cathy, battendo le mani estasiata.
Luxor si guardò intorno. –Chi è la pseudo seppia appoggiata alla ringhiera?- chiese il ragazzo.
-Al massimo pseudo piovra. Comunque è mio fratello.- gli rispose una ragazza, comparendo al suo fianco.
-Non…credo di sapere il tuo nome.-
La ragazza annuì, tendendo la mano verso di lui. –Rio Kamishiro. E la pseudo piovra è mio fratello Shark.-
-Luxor Tokidoi.- le rispose , stringendo la mano della ragazza. Lei sorrise.
-Sharky, vieni a conoscere Luxor!- disse Rio, chiamando il fratello.
-Quante volte ti ho detto che non devi chiamarmi Sharky?!- protestò il ragazzo.
-Almeno vieni a vedere il duello-
-Ci vedo benissimo da qui.-
-Andiamo, Sharky!-
-Non chiamarmi…-
-…Sharky? –
-Si. E tanto per la cronaca, so già chi vincerà.-
Yuma annuì. –Infatti. Vincerò io. Vero Astra...ehy, dov’è Astral?-
-Chi è Astral?- domandò Luxor.
-L’amico invisibile di Yuma.- spiegò Flip.
-Non è…-
-Eddai, vogliamo cominciare!?- protestò Elanna.
-Sissignora!- gridò Yuma. In quel momento, Astral comparve al suo fianco.
Tutti i presenti indossarono il loro duel gazer. Tutti tranne Elanna e Luxor. L’occhio sinistro della ragazza passò dal blu elettrico al rosso sangue. L’iride di Luxor divenne color oro.
Il che fece sobbalzare il numero originale. Aveva avuto, sin dalla prima volta che aveva incontrato Luxor, l’impressione di averlo già conosciuto. Con Elanna, invece, provava un’inspiegabile paura. Come se quella ragazza potesse fargli del male. “Vedendola combattere capirai di più su di lei.” Pensò Astral. –Yuma, stai in guardia.- lo raccomandò.
-Oh, andiamo, Astral. Non abbiamo ancora iniziato e già ti preoccupi?-
L’altro non ebbe il tempo di controbattere: il duello iniziò.

Elanna Castelli: 4000- Yuma Tsukumo: 4000

-Pes…-
-Pesco!- gridò Elanna, intercettando Yuma. La ragazza estrasse una carta dal suo deck. Guardò le sei carte in mano e iniziò a formulare una strategia funzionante. Le avevano detto che Yuma aveva vinto il Duel Carnival e, benché il ragazzino sembrasse privo di un minimo di materia grigia, non doveva sottovalutarlo.
-Evoco Cavaliere Dei Cristalli in posizione di attacco.- Un cavaliere in  armatura medievale comparve sul terreno, brandendo la lancia di cristallo.
-Ha solo 200 punti di attacco...- notò Tori.
-Quando questo mostro viene evocato in posizione di attacco, posso evocare un altro Cavaliere dei Cristalli direttamente dalla mia mano.- continuò Elanna.
Un altro cavaliere apparve sul terreno, questo, però, armato di una spada di cristallo. “Ha due mostri di livello quattro sul terreno…adesso potrebbe sovrapporli e…” pensò Astral.
-Posiziono tre carte coperte sul terreno e termino il mio turno!- annunciò Elanna.
-E’ il mio turno, pesco!- gridò Yuma. Guardò di striscio la carta pescata.
-Tanto per cominciare, evoco Mago Gagaga in posizione di attacco.-
-Ma che bel maghetto!- commentò Elanna ironica.
-I tuoi cavalieri di cristallo si frantumeranno presto, vedrai!- ribatté Yuma. –E adesso…-
-NO!- urlò Elanna.
-C-cosa…?- domandò Yuma confuso.
-N-non ho fatto…niente…- ansimò Elanna. Luxor corse verso di lei. –Ely, cosa ti succede?- chiese preoccupato. Lei iniziò a piangere, lasciando cadere a terra l’unica carta che le era rimasta in mano. –Non ho fatto niente, lasciami!- urlò sconvolta.
-Nessuno ti sta incolpando di niente, Ely!-
-Non farmi del male, Merag!- urlò, prima di svenire tra le braccia di Luxor.
“Merag…ha detto Merag.” Pensò Rei, raccogliendo la carta che le era caduta a terra.

-Cosa le è successo?- chiese Luxor al medico.
-Avrà avuto un mancamento. Forse era molto stanca e il corpo non ha retto lo sforzo di un duello.-
-Ma…ha iniziato a delirale.- ricordò Yuma.
-Sarà un sintomo della stanchezza, state tranquilli. Vorrei parlare con i genitori della ragazza, però.- disse il medico. Luxor scosse la testa.
-Vive sola con il fratello. E adesso lui è a lavoro.- spiegò il ragazzo.
-Dovrà rimanere qui, allora.-
-Posso…posso rimanere da solo con lei?- chiese Luxor. Il medico annuì, facendo poi cenno a Rei e Yuma di uscire.
-Rei, io vado alla macchinetta del cibo. Quello che è appena successo mi ha fatto venire fame. Vieni con me?- disse Yuma. Shingestu scosse la testa.
-Ti raggiungo dopo.-
Rei si avvicinò alla porta, poggiando l’orecchio contro di essa, nel tentativo di ascoltare
-…Elanna…Ti voglio bene.- sentì dire. Rei sbirciò dalla serratura, giusto il tempo di vedere Luxor poggiare le sue labbra sulla fronte della ragazza.
“Ah-ah!” pensò Rei, ridacchiando. Si allontanò dalla porta, poco prima Luxor uscisse.
-Yuma dov’è?- chiese, guardandosi intorno.
-E’ giù alla macchinetta.- gli rispose Shingestu. L’altro annuì. Rei entrò nella camera di soppiatto, appena vide il ragazzo dileguarsi. Si avvicinò al letto di Elanna
-Io lo so che non sei umana. Non fingere, con me.- mormorò.
-Questa carta…può appartenere solo ed esclusivamente ad un bariano.- disse sottovoce, infilando sotto il cuscino della ragazza la carta che le era caduta. Scostò con una mano una ciocca dei capelli corvini di Elanna, rivelando un tatuaggio sul suo collo. Vector ghignò.

-Ne ero sicuro. Tu sei come me.-

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Capitolo 8
*** "Sono felice di rivederti oggi a scuola." -Cit. Luxor ***


Quel giorno sarebbe tornata a scuola. Si era annoiata in ospedale, ma il medico non voleva lasciarla andare.
Una settimana. Aveva praticamente perso una settimana di vita. Ed era decisamente troppo per Elanna. Soprattutto pensando che aveva passato ogni notte a…incubare? Esisteva quel verbo? Non lo sapeva .
Un incubo dietro l’altro: non aveva il tempo di svegliarsi che ne faceva un altro. In media faceva tre incubi ogni notte. Ed erano sempre gli stessi:

-Due ragazzi di nome Zelda ed Ike che annullavano il proprio fidanzamento
 -Un bambino di più o meno dieci anni che uccideva a coltellate i propri genitori.
-Una ragazza di nome Merag che tentava di ucciderla.

Tre sogni fantastici, davvero.  Evviva.
Tra l’altro, quei nomi non le dicevano niente. Non conosceva nessun Ike, nessuna Zelda…e nessuna Merag. Anche se l’ultimo nome era sicura di averlo già sentito, nonostante non riuscisse ad associarlo ad un volto. “Smettila di pensare, Ely.” Si disse mentalmente. Sollevò il cuscino, tirando fuori la carta che aveva trovato. Era sua, la stava usando nel duello contro Yuma. Sorrise appena. Sperava di poter riprendere quel duello, prima o poi.
-Alza-Rango-Magico Forza di Barian.-  lesse Elanna. “Barian…” pensò, stendendosi nuovamente sul letto d’ospedale e poggiando la carta sul suo petto. “Barian…” ripeté mentalmente, sospirando.
-Dove hai trovato quella carta?- chiese una voce. Una voce conosciuta. Elanna sobbalzò, alzandosi immediatamente da letto, e afferrò per la camicia il ragazzo che aveva parlato.
-Dimmi chi sei o ti faccio fuori!- esclamò la ragazza, mostrando il pugno al ragazzino davanti a lei. Lui alzò le mani, in segno di arresa.
-Alt! Non voglio farti del male.- si difese . Elanna sospirò.
-Rei…cosa ci fai qui?- chiese la ragazza, liberandolo dalla stretta. Lui sorrise, raddrizzando la cravatta rossa della divisa scolastica. Si sedette sul letto a gambe incrociate. Elanna tornò a sedersi, raccogliendo le gambe al petto e guardando il ragazzino. Si era seduta davanti a lui soltanto per guardarlo negli occhi. Due bellissimi occhi viola.
 –Non è orario di visite, questo.- gli fece notare.
-Si, si…lo so. Ma…-
-Ma?- ripeté la ragazza. Rei fece le spallucce.
-Ti ho visto così abbattuta quando io, Yuma e Luxor siamo a venuti a trovarti, ieri mattina. Mi dispiaceva vederti così triste. Anche se ti conosco da poco, mi stai simpatica.- poi sorrise.
“E anche perché quando sei svenuta hai nominato la cara Merag…e forse anche perché hai una carta Alza-Rango-Magico Forza di Barian.” pensò, ma ovviamente non lo disse.
-E’ stato un pensiero molto carino da parte tua…- ringraziò Elanna, muovendo appena le labbra. Rei sorrise e le diede un paio di buffetti sulla spalla.
-Ma di niente, Ely.- guardò prima la ragazza, poi la carta che ancora stringeva in mano.
-Dove hai trovato quella carta?- domandò ancora. –E’ molto particolare.-
Elanna giocherellò con una delle tante ciocche blu che aveva tra i capelli, separandola dal resto della sua aggrovigliata chioma corvina. Doveva ricordarsi di pettinarsi, prima di ritrovare della paglia nera al posto dei capelli.
-Allora?- domandò di nuovo Rei. Elanna sospirò, smettendo di torturare con le dita la ciocca blu.
-Non lo so. In realtà, so ben poco della provenienza del mio deck e soprattutto…- la ragazza sospirò nuovamente, chinando la testa ed evitando così lo sguardo del ragazzino.
-…non so neanche la mia provenienza.- concluse, rialzando il capo.
-Oh.- fece Rei. –Beh, se proprio non sai la tua provenienza, se vuoi posso spiegarti io.-
Elanna s’illuminò improvvisamente. –Davvero?- chiese speranzosa. Lui annuì. Poi si schiarì la voce, come se stesse dichiarando qualcosa di importante, e si diede qualche colpetto con il dorso della mano sul petto.
-Allora…quando un uomo e una donna si vogliono tanto, tanto, tanto, tanto bene…-
-Rei!- lo riprese Elanna. Lui la fissò smarrita, non riuscendo a capire cosa la ragazza avesse da protestare.
-…si?-
-Non intendevo provenienza in quel senso!- esclamò.
-Ah…davvero? E in che senso, allora?-
Elanna roteò gli occhi. “Maschi…tutti uguali”.
-Intendevo…non so praticamente niente della mia vita. Zero. Non so chi sia la mia vera madre…il mio vero padre. Non so nulla.- Spiegò paziente, battendo l’indice sul letto, nervosa.
-Io ti stavo spiegando come sei nata…non è la stessa cosa?- domandò Rei ingenuo, poggiando un dito sul labbro inferiore e fingendo di pensarci su.
-No. Non è la stessa cosa.- Elanna si alzò dal letto, stiracchiandosi leggermente. Rei continuò a fissare la ragazza.
-Posso farti una domanda?-
-L’hai già fatta.- gli fece notare Elanna, sorridendo appena.
-Mi racconti del tuo passato? Cioè…cosa ti ricordi.- Lei sospirò. Non aveva mai raccontato a nessuno la sua storia: un po’ perché nessuno si era mai interessato a lei, un po’ perché non aveva mai voluto parlare a nessuno delle sue esperienze. “Dai, Ely.” Si disse mentalmente. “Dopotutto, quale ragazzo verrebbe a trovarti in ospedale alle sette di mattina? Se l’ha fatto ci tiene a te.”
-D’accordo…sarò il più sintetica possibile - rispose Elanna. –Inizio a dirti che sono stata adottata quando avevo sei anni. Due anni dopo i miei genitori adottivi sono morti in un incidente stradale. E da allora vivo con mio fratello adottivo Arthur e con un ragazzo…Mirko Calleran. Il nostro coinquilino.-
-Sei stata molto sintetica, perché devo dire.- commentò Rei.
Elanna sorrise amaramente. –Non c’è molto da raccontare. La mia vita è come un libro senza il suo prologo…e probabilmente senza il suo epilogo.-
-Diciamo che la tua vita non è iniziata con ‘C’era una volta una principessa…’ e dubiti finirà con  ‘E vissero felici e contenti’.- spiegò Rei. Lei annuì, abbassando la testa.
-Ehy, pensa positivo!- la rincuorò Rei, vedendola così abbattuta. Le accarezzò delicatamente i capelli con la mano sinistra. Elanna rialzò il capo, sorridendo al gentile gesto del ragazzino. Lui aggrottò le sopracciglia. –Sai…dovresti pettinarti, ogni tanto.- commentò ridacchiando. La ragazza sbuffò appena, scostando una ciocca di capelli dall’occhio. –Tra poco vado a fare una doccia e mi sistemo.- esclamò, incrociando le braccia al petto. –Allora...ti lascio in pace. Ma prima voglio chiederti un’ultima cosa.- le disse Rei. Elanna inarcò un sopracciglio, leggermente incuriosita ma allo stesso tempo perplessa. –Prima o poi…voglio vederti duellare contro Luxor.-
-Cosa?!- esclamò la ragazza stupita. Rei annuì sorridendo. –Il tuo amico mi incuriosisce. Mi piacerebbe molto vedervi duellare. Chissà come andrebbe a finire.- Elanna sorrise. –Magari qualche volta…ma non oggi. Il medico mi ha consigliato di  evitare i duelli. Almeno per questa settimana.-
-Io vado! Ci vediamo a scuola, Ely!- salutò il ragazzino, correndo fuori dalla stanza. “E’ adorabile.” pensò Elanna. Attorcigliò una ciocca di capelli intorno all’indice. Forse era stata imprudente a rivelargli, anche se sinteticamente, la sua storia. “No, tranquilla. Puoi fidarti di lui.” Si disse mentalmente.
-AHIA!-
Sentì gridare dal corridoio. –Ma c’era questo armadio, prima?!- gridò ancora Rei. La ragazza sorrise, al pensiero dell’amico che sbatteva la testa contro un armadio, per poi rialzarsi e continuare a correre allegro. Cavoli, Shingestu era davvero particolare. Le aveva fatto bene vedere il suo sorriso contagioso. Ma in quel momento, aveva bisogno solo di una cosa: una doccia.
 Si chiuse in bagno, chiudendosi a chiave. Iniziò a spogliarsi, per poi entrare nella cabina doccia. Aprì l’acqua e un getto di acqua calda la investì. Chissà perché, ma le migliori idee le venivano sotto la doccia. Effettivamente, sarebbe piaciuto anche a lei duellare contro Luxor. Chissà chi avrebbe vinto…
 Luxor era molto più riflessivo rispetto a lei, pensava due o più volte su quello che faceva. Dietro ogni sua azione si nascondeva un ragionamento sensato e logico. Lo conosceva da poco tempo, ma questa sua caratteristica era ben visibile. Quando sarebbe stata in condizione di farlo, avrebbe sfidato a duello Luxor. E l’avrebbe battuto.
O almeno…ci sperava. E poi avrebbe dovuto riprendere il duello contro Yuma. In oltre doveva vendicarsi di un biondo di sua conoscenza…un certo ragazzo che conviveva con lei e con suo fratello. Davvero, aveva bisogno di sfidare il più persone possibili.
Sospirò, mentre richiudeva l’acqua. Uscendo, avvolse l’esile corpo in un asciugamano nero.
In quel momento, il display del suo cellulare si illuminò. “Ecco, te pareva. Le persone ti inviano i messaggi sempre nei momenti più inopportuni!” pensò irritata.

1 Nuovo Messaggio
“E’ da mezzanotte che non riesco a dormire. Non smetto di pensarti. Lo so che dopo aver letto questo messaggio a quest’ora mi ammazzerai. E’ solo che mi manchi molto. Sono felice di rivederti oggi a scuola.”
LT.


Elanna sorrise e arrossì leggermente, dopo aver letto il messaggio.
“LT…Luxor Tokidoi.” Pensò la ragazza. Fosse stato un altro, avrebbe risposto urlando come una pazza. Ma…era Luxor. Ed era rimasta molto stupita dall’aver ricevuto un messaggio proprio da lui. Una sorpresa inaspettata ma allo stesso tempo gradita. Piacevole.
“Aspetta un attimo…ma io non gli ho mai dato il mio numero”.
Scosse la testa. Gliel’avrebbe chiesto a scuola. Indossò la divisa scolastica, troppo corta per i suoi gusti, e raccolse i capelli, ancora leggermente bagnati, in una disordinata treccia laterale, lasciando cadere sull’occhio destro una ciocca blu. Si guardò allo specchio. Se non fosse stato per le scure occhiaie, si sarebbe reputata carina.
“Andiamo, Ely.” Si disse. “A Luxor non importa come tu possa apparire a gli occhi degli altri. E soprattutto non importa a te.”
                                                      

***

Quella settimana l’aveva passata tra ritardi, visite in ospedale e inseguimenti. Quest’ultimi tutti in gentile concessione Shingestu-Tsukumo.
Aveva preferito unirsi a Yuma &Company, piuttosto che rimanere da solo come un cane bastonato. Non l’avesse mai fatto.
-Luxor!- gridò Elanna, placcando al volo l’amico appena lo vide. Rimase sorpreso dall’arrivo della ragazza. Perse l’equilibrio e cadde all’indietro, trascinando con sé l’amica. I loro visi si sfiorarono, facendo arrossire entrambi i ragazzi.
-Mi sei mancato, Luxy.- mormorò Elanna, abbracciandolo. Lui sorrise, prima di rendersi conto di trovarsi ancora a terra e con la sua migliore amica stesa sopra di lui. Se possibile, arrossirono ancora di più.
“Queste dannatissime gonne corte!” imprecò mentalmente a ragazza, tentando in ogni modo di coprirsi. Luxor, dal canto suo, vedeva fin troppo da quella posizione. Per quanto la cosa, in altre occasioni, non gli sarebbe dispiaciuta più di tanto, in quel momento era estremamente…
-…imbarazzante.- commentò Elanna, ormai così rossa in viso da far invidia ad un pomodoro.
-Molto.- confermò il ragazzo. –Potresti…alzarti?- chiese gentilmente. Elanna annuì, alzandosi in tutta fretta. Si spolverò la gonna con una mano, mentre con l’altra allentava il colletto della divisa. Luxor si rialzò da terra.
-Ely…per il messaggio…- iniziò il ragazzo. Lei appoggiò un dito contro le sue labbra, impedendogli di parlare. –Non preoccuparti. Vorrei solo sapere come fai a sapere il mio numero.-  Luxor si strinse nelle spalle. Elanna tolse il dito dalle sue labbra.
-E invece devi dirmelo!- esclamò, alzandosi sulle punte per guardarlo negli occhi. Tentò di assumere un’espressione arrabbiata, ma con Luxor proprio non ci riusciva.
-Va bene, Ely. Io…- In quel momento suonò la campanella. La ragazza scosse la testa, prendendo poi per mano Luxor.
-Andiamo, me ne parlerai dopo.-
-Che succede?- domandò lui, inarcando un sopracciglio.
-E’ suonata la campana. Dai, che alla prima ora abbiamo musica!-
“Ah, giusto. La campana. Meno male che è tornata lei. I professori non  avrebbero accettato un altro mio ritardo.”
                                                           
Mirko sospirò. –Non ho intenzione di seguire i tuoi ordini. Non sono un assassino.-
-Mmh…concedimi questo favore. Devi solo togliere di mezzo questo ragazzo. Ike…devi ucciderlo.- Rispose lei, intrecciando le dita in quelle del ragazzo. Il viso era coperto da un pesante mantello nero, e dal cappuccio fuoriuscivano solo due ciocche biondo cenere.
-Cosa ti ha fatto di male, questo Ike?- chiese Mirko confuso. La ragazza gli strinse più forte la mano.
-Lo vuoi rivedere tuo fratello, vero Mirko? Vero?- domandò lei, usando la voce più seducente che conoscesse. Il ragazzo parve interdetto.
-Mio…fratello…- biascicò, perdendo del tutto la lucidità. La ragazza annuì, sorridendo appena. Aveva capito di aver toccato un tasto dolente. L’unico punto debole di Mirko.
-Mi prometti che…rivedrò mio fratello minore?- Chiese, sbiancando all’ improvviso.
-Lo giuro. Se uccidi Ike…ti farò ritrovare tuo fratello minore. Te lo giuro, Mirko.-
Il biondo sospirò, tendando di ritrovare il controllo di se stesso. Erano anni che non vedeva suo fratello, da quando erano stati separati, anni prima. Avrebbe fatto di tutto per rivederlo. Qualsiasi cosa.
-Giuralo. Giuralo sulla tua vita!- esclamò Mirko, scattando in piedi. Lei lo tranquillizzò, posando una mano sul petto del ragazzo.
-Allora? Lo ucciderai?-
Mirko rimase in silenzio per diversi secondi.
Uno.
Due.
Tre.
-Accetto, Zelda. Ucciderò questo Ike. E tu mi farai rivedere mio fratello.-


Angolo Autrice:
Allooora. Pubblico adesso il nuovo capitolo, anche se l’avevo finito da un paio di giorni, perché sono stata tempestata da compiti di vario genere. Domani ho quello di matematica e se vado male, i miei mi tolgono il computer T.T
Quindi se passeranno secoli da questo capitolo al prossimo, significa che sono andata malissimo. Detto questo…ciau!

 

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Capitolo 9
*** "La vita è come una ruota. Gira sempre e prima o poi…ti schiaccia." -Cit. Mirko ***


L’auditorium era enorme. Il più grande che Luxor avesse mai visto. “Ovvio. La miglior scuola di Heartland. Cosa ti aspettavi? Un auditorium da quattro soldi?” pensò. Non mancava l’enorme palco in legno, ai cui lati pendevano due eleganti tende in velluto rosso, che stonava un po’ con il resto della struttura moderna. Davanti al palco, erano disposte più di quattrocento sedie. Addossata alla parete sinistra vi erano diverse gradinate, i posti per il coro, mentre sulla parete destra c’era l’orchestra.
-Non è strano?- Chiese Elanna, mentre cercava un posto in cui sedersi. Luxor la guardò incuriosito. –Strano cosa, Ely?-
-Per la prima volta ho voglia di stare a scuola.- rispose lei sorridendo.
-Ovvio. Dopo aver passato una settimana in ospedale…immagino ti sia annoiata.-
Elanna annuì. Tentò di prendere per mano Luxor, ma lui si scansò appena. La ragazza sbuffò. –Fai il bravo bambino, Luxy, rendimi felice. Almeno oggi.- disse, tentando di afferrargli di nuovo la mano. Il ragazzo la ritrasse nuovamente. –Preferisco di no…non voglio sembrare il tuo fidanzato.-
Lei ridacchiò. –Non sarebbe male, carino come sei…-
Le parole uscirono dalla sua bocca senza che potesse fermarle. “La mia. Maledettissima. Stupidissima. Lingua. Lunga.” Pensò, maledicendosi da sola. Luxor la guardò stranito, chiaramente sorpreso dalla frase pronunciata dall’amica.
-Ma cosa…?-
-Lo sai cosa mi ha chiesto Rei stamattina? Vuole vederci duellare. Io e te, capisci?- tentò di sviare il discorso Elanna.
-Si, ma…-
-Oh, guarda! C’è la nuova chitarrista!- esclamò la ragazza, correndo verso una studentessa che imbracciava una chitarra in legno.
-Aspetta, Ely!- la chiamò Luxor, prima di venire afferrato per un braccio. Dei lunghi capelli biondi svolazzarono davanti a gli occhi del ragazzo. –Lasciala stare, quella sfigata! Tu meriti qualcosa di più…una come me, per esempio.- disse Ginevra, una di quella ragazza che prendeva in giro Elanna. –Lasciami in pace, Ginevra.- esclamò il ragazzo. Lei non prestò minimamente attenzione alla protesta di Luxor, anzi, lo obbligò a sedersi al suo fianco per tutta la durata dell’ora di musica.
“Ti prego, fa che il tempo passi in fretta!” scongiurò mentalmente, mentre la professoressa si accingeva a suonare il pianoforte.

***

Camminano per la strada in silenzio, andando a scuola fianco a fianco. Nonostante fossero in grande ritardo, non erano minimamente preoccupati della reazione dei prof.
Era la prima volta che facevano quel percorso insieme. Avrebbe preferito avere accanto Gilag. Con lui, almeno, aveva qualcosa di cui parlare.
 Ike giocherellava in continuazione con le ciocche argentee che gli incorniciavano il volto pallido. La sua carnagione era in netto contrasto con quella del ragazzo che lo fiancheggiava.
-Allora?- domandò, guardandolo con i suoi occhi violetti, cerchiati da pesanti occhiaie nere. Arito si voltò verso di lui, incrociando i suoi occhi verde smeraldo con quelli magnetici del ragazzo.
-Vuoi che ti aiuti con la tua donzella?- chiese, sorridendo sornione. Arito sbuffò, ma Ike gli diede un paio di buffetti incoraggianti sulla spalla.
-Tranquillo, playboy! Con il mio aiuto avrai la tua dolce metà ai tuoi piedi!- esclamò Ike divertito, strizzando un occhio. Arito si sistemò la cravatta rossa, mentre si sedeva su una delle panchine. L’altro rimase in piedi di fronte a lui, arricciando una ciocca di capelli davanti agli occhi. Lo faceva sempre quando doveva farsi venire in mente delle idee. Delle buone idee. Non come quella volta che aveva infilato il suo coniglietto bianco nel frigorifero per congelarlo e farlo vivere per sempre.
-Allora…questa è la tattica.- Spiegò. -Io tento di farla incappare in qualche pericolo e mentre sta per morire…arrivi tu, SuperArito, pronto a salvare la sua principessa e a conquistare il suo cuore, ormai ardente per te!-
-Preferirei qualcosa di più classico. Non so, esattamente…- replicò Arito.
Ike sembrò rifletterci su, poggiando il mento tra l’indice e il pollice.
-Le regali un mazzo di fiori! Si, tanti fiori! Rose, tulipani, orchidee, primule, gigli, ortensie, pervinche e chi più ne ha ne metta! Di tutti i colori, ovvio.- esclamò, allargando le braccia, come se fosse ovvio.
Arito inarcò un sopracciglio.
-Dove li trovo tutti quei fiori?- domandò. Ike sorrise, dando un’amichevole pacca sulla spalla sinistra dell’amico.
-Tranquillo, conosco una fioraia che ci farà un prezzo ottimo! Ha qualsiasi tipo di fiore. Vedrai, farai un figurone con Tori!-
Arito sembrava entusiasta. –Allora andiamo, cosa stiamo aspettando?- 
Ike annuì. -Però dobbiamo fare presto: siamo già in ultra-super-mega ritardo! Ci scuoieranno vivi.-
-Saremo velocissimi.- promise il castano.

I due si avviarono, prendendo una strada diversa da quella per la scuola. Il vento soffiava per le strade, facendo svolazzare le foglie brune e scompigliando i capelli bianchi di Ike. Erano bianchi naturali, non usava mica shampoo con candeggina, lui!
-Ma hai i soldi?- chiese Arito, guardando l’amico. L’altro annuì.
-Caro Arito, si vede che sai poco di me! Io ho girato tutto il mondo umano e ho qualsiasi tipo di soldo tu possa desiderare! Yen, euro, dollari, sterline, franchi svizzeri, corone svedesi, fiorini ungheresi, lats, litas, zloty, kune, lek, rubli e…-
Inclinò la testa e si diede qualche colpetto sull’orecchio destro. Dall’orecchio sinistro uscì , o almeno così sembrava, una moneta.
-To’ guarda, anche una lira!- esclamò sorridendo. Arito ridacchiò, nonostante non conoscesse quasi nessuna delle monete citate dall’altro.
-Siamo arrivati.- annunciò Ike.
Si fermarono davanti ad un negozio. La saracinesca era abbassata e i vasi in terracotta poggiati sul marciapiede erano vuoti. Il cartello con scritto in verde “Da Kiki” cigolava e dondolava al soffio del vento.
-Sei…sicuro?- domandò Arito, raccogliendo una rosa bianca da terra. Le mancavano quasi tutti i petali e quelli rimasti erano rovinati. La fragranza era rimasta, però, inalterata e facilmente riconoscibile. Ike aggrottò le sopracciglia. –A quest’ora…dovrebbe aver già aperto. E Kiki non lascerebbe mai un fiore a terra. Sarebbe un sacrilegio per lei.-
-Ho un pessimo presentimento…- mormorò infine Ike. Arito annuì. Anche lui sapeva che stava per succedere qualcosa. Qualcosa di estremamente spiacevole. I due sentirono dei passi. Si girarono contemporaneamente. Una donna dai lunghi capelli castani, raccolti in una coda alta. La testa era china, ma si poteva scorgere un sorrisetto dipinto sul suo volto.
-Kiki!- chiamò Ike sollevato, correndole incontro. Lei sollevò il capo. Gli occhi azzurri non lasciavano trasparire emozioni.
-Salve.- salutò con voce neutra. Alla vista del viso della donna, Ike fece un passò indietro, mettendosi sulla difensiva.
-Una fioraia posseduta! Adesso le ho davvero viste tutte!- esclamò Arito, avvicinandosi anche lui. La fronte di Kiki era coperta da un emblema che i due bariani ben conoscevano.
-E’ sotto il controllo di Barian!-
-Allora possiamo stare tranquilli. Non si rivolterà contro di noi.- notò Arito, rimanendo piuttosto indifferente alla scena. –Magari ci fa uno sconto sui fiori.-
Kiki tese un braccio ed un raggio verde partì dal bracciale che portava al polso, stringendo saldamente quello di Ike, per poi diventare invisibile.
-Cosa diamine sta facendo?!- esclamò il giovane bariano, stupito dalla mossa della donna.
-Bah…Forse quello è uno stemma taroccato…- ipotizzò Arito.
Ike tentò di liberarsi dalla presa, ma era impossibile: il gancio dei duelli si sarebbe sciolto solo quando Kiki l’avrebbe voluto.
-Cosa vuoi da me?- chiese a denti stretti. Lei sorrise. Un sorriso sadico.
Assomigliava un po’ alla versione femminile di Vector.
-Solo duellare. Chi vince vive…chi perde…-
-…muore.- terminò Arito, adesso più inquietato dalla presenza di quella fioraia posseduta. “Volevo solo dei fiori, dannazione!” pensò.
Kiki indossò il suo duel-disk. Un normalissimo duel-disk verde. La sua iride sinistra passò dall’azzurro cielo al verde smeraldo.
-Un duello, eh? Sono stato addestrato dal più grande Galaxy-Master della storia, riuscirò a batterti in meno di tre turni!-  dichiarò Ike in tono beffardo, riacquisendo il controllo di se stesso.
Arito sgranò gli occhi. –Mizael è stato il tuo maestro?!- L’altro non gli rispose, si limitò ad annuire serio.
Un rovo di ossa avvolse l’esile braccio di Ike, tramutandosi nel duel-disk più inquietante che Arito avesse mai visto in tutta la sua vita da duellante.
-Tenebroso…ma figo!- esclamò entusiasta, indicando con l’indice il duel disk dell’amico.
L’occhio sinistro di Ike cambiò colore: dal viola al nero ossidiana.
Ike: 4000- Kiki: 4000
Il ragazzo fece un piccolo inchino, posando una mano sul petto e socchiudendo gli occhi. L’eleganza di quel gesto avrebbe spiazzato anche il più colto ed elegante imperatore di Barian.
-Prima le signore!- dichiarò. Kiki non se lo fece ripetere due volte
-Pesco.- disse, estraendo una carta dal deck.
-Evoco in posizione d’attacco Margherita Dispettosa.-
Una piccola fatina verde comparve sul terreno. Il vestito era fatto di petali bianchi e in mano aveva una fionda.
-Solo cento punti d’attacco!- commentò Ike, deridendo l’avversaria.
Lei non parve ascoltare la frase pronunciata dal ragazzo.
-Attivo il suo effetto speciale: quando questo mostro viene evocato in posizione d’attacco, posso evocarne un altro che abbia ‘Margherita’ nel proprio nome. Evoco direttamente dalla mia mano Margherita Dolcefiore.-
Un’altra fatina verde apparve sul campo di gioco, vestita nello stesso modo della prima, ma in mano stringeva un fiore dai petali dei colori dell’arcobaleno.
-Ha due mostri di livello tre…- sussurrò Arito, che stava osservando a braccia incrociate il duello.
-Sovrappongo Margherita Dispettosa e Margherita Dolcefiore per creare la rete di sovrapposizione. Evocazione xyz! Fatti avanti, Rosa Nera!-
Una grande rosa nera umanoide con un teschio in mano fece la sua comparsa, circondata da un aura nera e rossa.
Ike batté le mani con fare teatrale.
-La rosa è la regina dei fiori e il nero è il mio colore preferito…in sostanza, il tuo mostro è fantastico. Il suo unico problema è avere solo mille scarsi punti d’attacco…ma mi va benissimo così.-
-Termino qui il mio turno.- concluse Kiki.
Ike non era per niente spaventato dal mostro xyz evocato dalla sua avversaria. Avrebbe voluto evocare il suo numero, ma gli pareva ingiusto farlo contro di lei, che non ne aveva neanche uno.
-Pesco!- annunciò. La sua mente aveva già formulato una strategia perfettamente funzionante. –Innanzitutto evoco il mostro Cadavere Guerriero in posizione di difesa. Attivo subito il suo potere speciale: quando viene evocato con successo posso chiedere l’intervento dal mio deck di un altro Cadavere Guerriero.-
Due cavalieri d’osso, coperti solo da un misero pettorale ed un elmo ammaccato, erano schierati davanti al bariano, armati entrambi di una lunga spada.
-Attivo direttamente dalla mia mano la carta magia Primo Girone di Livello, che permette di aumentare di un livello tutti i miei mostri.-
I due Cadaveri Guerrieri salirono a livello cinque. “Perfetto.” Pensò Ike.
-Con questi due mostri creo la rete di sovrapposizione necessaria per un’evocazione xyz. Mostrati a noi, Ombra della Morte!-
Un fitta nebbia nera impedì per qualche secondo la visuale. Un’ombra umanoide comparve sul campo di gioco. Il corpo era ricoperto da segni tribali e disegni inquietanti, aveva sei braccia e serpenti al posto dei capelli. Gli occhi cremisi brillavano come inquietanti fuochi ardenti.
-Quel mostro è…spaventoso.- commentò Arito.  Ike annuì. –E’ un regalo di mio padre. Ci sono molto affezionato.- Poi tornò a concentrarsi sul duello.
-Quando Cadavere Guerriero viene usato come unità sovrapposta, aggiunge i propri punti d’attacco a quelli del mostro a cui è sovrapposto. Siccome ho ben due Cadaveri Guerrieri come unità sovrapposte, ognuno con mille punti d’attacco, Ombra della Morte guadagna duemila punti d’attacco e sale a tremila. E sai cosa fa, adesso, il mio bel mostriciattolo? Attacca la tua Rosa Nera!-
L’ xyz di Ike partì all’attacco contro quello di Kiki. Lei venne violentemente scaraventata a terra, mentre il suo mostro si dissolveva.
-A-ahia…- bisbigliò, rialzandosi lentamente.
Ike: 4000- Kiki: 1000
-Termino il mio turno posizionando una carta coperta.-
-E’ il mio turno, pesco!- disse, ma la voce della donna tremava.
Kiki mandò una carta mostro al cimitero. –Mandando Principessa Tulipano nel mio cimitero, posso attivare la carta magia Mazzo di Fiori:  tramite l’effetto di questa carta, io guadagno millecinquecento life points e tu ne perdi mille!-
Ike si riparò con un braccio dal tornado di fiori che si prese mille dei suoi life points.
Ike: 3000- Kiki: 2500
-Niente male come mossa…ma io posso fare di meglio.- commentò il bariano.
-Non ho finito: attivando la carta magia Fiore Appassito posso resuscitare un mostro dal mio cimitero. Faccio ritornare sul mio campo di gioco Principessa Tulipano.-
Un piccolo fiorellino umanoide comparve sul terreno: aveva una corona di petali rossi in testa e in mano stringeva un cesto in vimini, colmo di fiori di ogni genere.
-Quando questo mostro viene evocato dal cimitero, posso attivare il suo effetto speciale. Per ogni carta che ha in mano il mio avversario, tu subisci cinquecento punti di danno. Hai tre carte, a quanto vedo!-
La Principessa Tulipano fece una piroetta in aria, lasciando volteggiare i fiori che aveva nel cestino. Tre di questi colpirono Ike in pieno petto, facendolo indietreggiare di un paio di passi.
“E’ riuscito a rimanere in piedi nonostante l’avversaria gli avesse inflitto ben millecinquecento danni.” Penso Arito, meravigliato dalla fermezza dell’amico.
Ike: 1500- Kiki: 2500
-Non ti ricordavo così brava…ma stai certa che non sono così facile da battere.-  commentò Ike.
-Scherza pure. Intanto hai meno life points di me.-
-E qui ti sbagli…- mormorò il ragazzo, sogghignando. –Ho ancora una carta coperta, ricordi, cara?- Lei fece un passo indietro, quasi intimorita da quella che poteva essere la tecnica dell’avversario.
-Attivo la carta coperta Condanna a Morte. Questa carta trappola può essere attivata solo se subisco dei danni superiori a mille life points e mi consente di distruggere un mostro sul mio terreno. Io  guadagno tanti life points quanti i punti d’attacco del mostro che ho appena mandato al cimitero. Ed io mando al cimitero Ombra della Morte, che ha ben tremila punti d’attacco.-
-Caspita! Questo significa che sali a…quattromilacinquecento life points!- esclamò Arito.
-Maledetto…- sussurrò tra i denti la fioraia. Non pensava che Ike fosse così forte. –Termino qui il mio turno.-
-Dunque tocca a me!- esclamò beffardo il bariano. –Pesco dal deck!-
-Sai, cara Kiki, c’è una cosa che non ti ho detto sul mio bellissimo mostro… Il potere speciale di Ombra della Morte può essere attivato solo se l’xyz è al cimitero. Usando un unità sovrapposta, posso infliggerti dei danni pari alla metà dei miei life points! Vediamo un po’… la metà di 4500 è… 2250. E tu hai...oh…2500 life points.- Ike si finse dispiaciuto, posando una mano sulla fronte con fare drammatico. –Oh, ma quale tragedia!-
Anche questa volta, la fioraia venne scaraventata violentemente a terra.
Ike: 4500- Kiki: 250
-E, ci terrei a ricordarti, Ombra della Morte ha ancora un’unità sovrapposta. Utilizzo anche quella. Dopotutto, non posso non sprecarla!- continuò, mentre Kiki, ormai sicura della sua disfatta, veniva sbalzata un’ultima volta in aria.
Ike: WIN
Mentre la realtà aumentata si dissolveva, il duel gazer e il duel disk del bariano erano completamente spariti. Così come il gancio che gli cingeva il polso.
La fioraia, ancora distesa a terra, aveva ancora il suo equipaggiamento. Ad eccezione del emblema bariano, totalmente scomparso dalla sua fronte. Sbattè un paio di volte le palpebre, prima di mettersi a sedere, portando una mano alla testa. –A-ah…la smettete di far girare la strada?- balbettò. Ike si chinò verso di lei, aiutandola a rialzarsi.
-…Tu? Che ci fai qui?- domandò Kiki. Il ragazzo sorrise. –Io e il mio amico eravamo venuti a chiederti dei fiori. Ma quando siamo arrivati hai sbattuto la testa contro la saracinesca e sei svenuta.- spiegò con sicurezza.
Lei aggrottò le sopracciglia. –E perché ho indosso il duel disk?- chiese confusa.
-E’ una lunga storia.- rispose. Lei si diede qualche colpetto sulla testa.
-Eppure…ho la vaga impressione di aver duellato.- Ike scosse la testa, fingendo di ridere. Se la cavava come attore.
-Sarà stato un sogno.- Lei si spolverò i jeans e la camicetta bianca, per poi risistemare i lunghi capelli castani. –Per questo la saracinesca è chiusa? Ho sbattuto la testa ed è caduta?- Arito annuì.
-Bah…comunque. Avete detto che volete dei fiori, no? Siccome mi avete soccorsa, ve ne darò quanti volete. Gratis.-
-Non è necessa…- intervenne subito Ike. Arito posò una mano sulla bocca dell’amico, impedendogli di finire la frase . –Si, grazie mille!- rispose. Kiki sorrise. -Bene. Cinque minuti e avrete tutto.-
Mentre la donna apriva il negozio e si occupava dei fiori, Arito si voltò verso l’altro bariano.
-…non sei stato così male, durante quel duello.- commentò. L’altro si strinse nelle spalle.
-Mizael è stato il mio mentore. E’ ovvio che io sia così bravo. Anzi, prima o poi vorrei sfidarlo.-
-Non ti conviene.- replicò Arito, poco convinto. Aveva visto Ike in azione, era un bravo duellante, ma contro Mizael era tutta un’altra storia.
-Lo dici solo perché non ho dato il massimo contro di lei. Non volevo farle troppo male. Piuttosto…non ti sembra strano?-
-Strano cosa?- domandò Arito.
-Nonostante fosse sotto il controllo di Barian…mi ha attaccato.- L’amico fece le spallucce. –L’ho detto, io. Era uno stemma taroccato. Mai fidarsi dei cinesi!-
-Tu ci fai la battuta sopra, ma io mi preoccupo davvero.- mormorò Ike, sistemandosi i capelli, rimasti scompigliati a causa del duello.
-Lo sai che il Mondo Bariano è messo male…non mi preoccuperei più di tanto. E’ una cosa che può capitare, no?-
-Tu ti preoccupi troppo poco, Arito.-
-Sempre meglio che preoccuparsi troppo. Dovresti rilassarti, pensare ad altro e magari…rimorchiare qualche bella ragazza umana. Quella scuola ne è piena!-
Gli occhi violetti di Ike saettarono lontano da quelli smeraldini di Arito, fissando con sguardo perso l’orizzonte. –C’è solo una ragazza che desidero ardentemente. E quella ragazza non mi vuole più vedere.-
-Oh. Ma quindi tu…?-
-Pronti!- esclamò Kiki, sbucando fuori dal nulla. Reggeva in mano un enorme mazzo di fiori.
Arito, quasi strappandoglieli di mano, disse allegro:  –Con questi, Tori cadrà sicuramente ai miei piedi.-
Ike ridacchiò, portando una mano davanti alla bocca. –Io starei attento ai tuoi di piedi, se non vuoi cadere a terra. Con tutti quei fiori sarà impossibile vedere correttamente.-
-Sono giusto un po’ ingombranti. Ma, ehy, per amore si fa di tutto!-
“Già…per amore si fa di tutto. Anche la più grande pazzia. E poi, quando l’amore t’abbandona, quella pazzia è la cosa più intelligente che tu abbia mai fatto.” Pensò Ike, mentre i ricordi di Zelda gli si affacciavano di nuovo nella mente.
-Ehy, ma voi due non dovreste essere a scuola?- chiese Kiki, con la sua solita voce squillante. Arito e Ike si guardarono per qualche secondo. Si erano completamente scordati della scuola!
-Ci ammazzeranno!- gridò Arito, rischiando quasi di far cadere i fiori che reggeva in mano.
-Abbiamo praticamente saltato la prima ora!- rincarò la dose Ike. Kiki si batté una mano in fronte. –Che idioti…forza, correte! Su, su, su! VIA!- urlò, brandendo un crisantemo a mo’ di spada. I due bariani scattarono come molle, prima di iniziare a correre per raggiungere il loro adorato luogo d’istruzione.
-Siamo…- iniziò Arito, ansimando per la lunga corsa.
-…fottuti!*- terminò Ike, tossendo un paio di volte.

Ad Arito sarebbe bastato dare una rapida occhiata all’edificio dietro di se, per sorgere una figura intenta a ad osservare nei minimi dettagli il duello.
-Dannazione!- Imprecò Mirko. –E’ ancora vivo.- Sperava di poter risolvere la faccenda in una sola volta, ma, ovviamente, la ruota della fortuna non era girata a suo favore.
-Per rivedere mio fratello farò qualsiasi cosa, Ike. Stanne certo. La tua morte sarà per me un trionfo.- Mirko estrasse una foto bruciacchiata e macchiata di sangue dalla tasca. Passò le dita sui volti dei due bambini rappresentati all’interno dell’immagine. Gli sembrava passato un secolo da quando avevano scattato quella fotografia. Lui e suo fratello erano così uniti, così felici…e poi era finito tutto. Era diventato un incubo per entrambi, fino a quando non vennero separati definitivamente.
-Oggi sei stato semplicemente fortunato, Ike.- disse atono. –Ma ricorda: la vita è come una ruota. Gira sempre e prima o poi…ti schiaccia.-
Il ragazzo scomparve in un portale.


Angolo autrice:
Ho aggiornato, eh? Nove al compito di matematica, yeah! Fuck you, prof! Comunque…che Yu-Gi-Oh è senza duelli? Credetemi, ci ho passato notti per scrivere sto duello. (ed è pure venuto male…) Siate clementi, per pietà! Per chi non conoscesse le monete citate da Ike, appartengono ai seguenti paesi:
lats: Lettonia
litas: Lituania
zloty: Polonia
kune: Croazia
lek: Albania
rubli: Russia
(Le altre dovreste conoscerle, altrimenti chiedete pure)
*Aspettatevi un linguaggio leggermente colorito da parte di Ike. Niente di esagerato, per carità, ma qualche parola volgare gli scapperà, ogni tanto. Ci tenevo ad avvisarvi, nel caso a qualcuno desse fastidio rimuoverò questo genere di termini e cambierò un po’ la personalità del caro Ike…mi son dilungata anche troppo, ciao e alla prossima!

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Capitolo 10
*** "Mmh...no. Non mi fido" -Cit. Arito ***


-Drago Tachionico Occhi Galattici! Distruggi il suo mostro numero!-
Il ragazzo venne sbalzato violentemente a metri di distanza, volteggiando in aria come un foglio di carta. L’urto contro il freddo cristallo di Barian gli fece più male di quanto si sarebbe aspettato.  Una risatina soddisfatta aleggiò nell’aria, mentre la realtà aumentata si dissolveva intorno ai due bariani.
-Mi sono annoiato molto. Mi aspettavo qualcosa di più da te, considerando la nobile famiglia da cui provieni.- commentò, con il suo solito tono di voce beffardo. Sentì Mizael avvicinarsi lentamente. Non si rialzò da terra, continuò a tenere la testa china: non voleva incrociare lo sguardo freddo del bariano.
-Tutta fortuna.- dichiarò il ragazzino, continuando a fissare il cristallo rosso sotto il suo corpo. Mizael si inginocchiò davanti a lui e gli afferrò il mento fra due dita, costringendolo a guardarlo negli occhi. –Sei debole, Ike. Non sopravvivresti un solo minuto sulla terra.-
-Non…non è vero!- balbettò, tentando di evitare lo sguardo del biondo. Mizael lo trattenne più forte, impedendogli qualsiasi altro movimento.
-Sei un essere inutile. Quelli come te, qui nel Mondo Bariano, non servono a niente.-
Ike non voleva mostrarsi debole, davanti a quel così forte duellante. Debole davanti ad un imperatore. Davanti ad un Galaxy-Master. Davanti al suo maestro.
-Sei come una nuvola a ciel sereno: nessuno vuole una cupa nuvola davanti al sole splendente, vero?-
-I-io…- balbettò ancora il ragazzino.
-Cosa hai promesso a tuo padre, Ike?- gli ricordo Mizael.
-…che sarei diventato un bravo duellante, come lui. Che avrei portato alto il nome della famiglia…- rispose tremante.
-Esatto. E se continui così, riuscirai mai a tener fede alle tue promesse?-
-N-no, Mizael. Ma io non sono come papà…io non sono forte come lui.- tentò di giustificarsi.
Il biondo si rialzò, come se nulla fosse successo.
-Ricordati, Ike: una rosa è sempre una rosa anche se essa è bianca o rossa. Una rosa non potrà mai diventare un altro fiore.*-
Dopo aver fatto un paio di passi, si fermò all’improvviso.
-Per diventare un bravo duellante bisogna sudare sangue. A causa di questa sconfitta, ti toccherà allenarti fino a domani mattina.-
Ike rimase perplesso qualche istante, per poi annuire un paio di volte.
-Sissignore.- Guardò Mizael allontanarsi, prima di estrarre dal deck la sua carta preferita. Ombra della Morte. Gli veniva da piangere ogni volta che la guardava.
-Mi dispiace, papà. Non ti renderò mai fiero di me. Mi manchi tanto…- sussurrò, accarezzando con la punta delle dita l’immagine inquietante del mostro raffigurato.
-Ti voglio bene, papà.- mormorò ancora, prima di tornare ad allenarsi.


Battè un paio di volte gli occhi per risvegliarsi da quel flashback.
-Allora vado?- gli chiese Arito, scuotendogli un braccio.
-Chi? Cosa? Dove? Come? Quando? Perché?- chiese Ike,  ancora confuso.
-Vado a darle i fiori?- domandò ancora l’amico. Ike si prese tre secondi per riprendersi completamente. Guardò Arito, gli diede un’aggiustata ai capelli e si gli sistemò la cravatta della divisa.
-Vai. Se hai bisogno di aiuto, io sono qua dietro.- L’avvisò il ragazzo, nascondendosi dietro il muro. Arito prese fiato, dirigendosi poi verso Tori.

-Allora, Tori?- chiese la ragazza dai lunghi capelli castani, guardando l’amica.
-Si, raccontaci di te e Yuma! Lui si è dichiarato?-  esclamò l’altra, guardando Tori con gli occhi colmi di curiosità.
La ragazzina dai capelli verdi arrossì vistosamente.
-Ma cosa dite? Io e Yuma siamo solo amici.- replicò lei.
-Dicono tutti così…e poi so io come finisce.- intervenne la prima, strizzando un occhio.
-Come?- domandò Tori, ingenua, temendo già la risposta delle sue amiche. Prima che una delle due potesse risponderle, qualcosa sbarrò la strada delle tre studentesse. Tori percepì un intenso odore. Impossibile sbagliarsi. Il profumo della rosa, del garofano, del gelsomino.
Rimase stupita quando si ritrovò davanti un gigantesco mazzo di fiori. Fiori di ogni genere, di ogni colore.

-Come la pioggia
può farsi diluvio,
così può dilagare
l’affetto che provo per te.
Non spaventarti, mia bella.-


Declamò la voce del ragazzo che le stava offrendo il mazzo. I fiori permettevano di scorgere solo due occhi smeraldini, fissi su di lei.
Tori era stupita, confusa e sentiva il cuore battere all’impazzata.
-G-grazie.- balbettò, arrossendo. Arito sorrise.
-Li ho presi solo per te.-
Ike, da dietro il suo nascondiglio, storse il naso. “Ho combattuto io, per quei fiori…e i meriti se li prende tutti lui. Bah.” Pensò, osservando la scena. “Tra l’altro, la poesia italiana gliel’ho suggerita io.”
-Oh, com’è romantico!-  commentò una delle amiche, battendo un paio di volte la mano sul petto, come per accertarsi che il cuore battesse ancora.
Tori prese una rosa bianca, incapace com’era di prendere tutti i boccioli offerti dal suo corteggiatore. Non voleva dargli un dispiacere, ma non poteva prendere tutti i fiori. Arito non parve offeso, anzi sorrise nuovamente.
-Ti piace quella?-
Tori annuì, sorridendo. –Grazie. Sei stato molto gentile.-
“Sta andando tutto alla grande…” pensò Ike, che stava osservando compiaciuto. Diede un’occhiata alle sue spalle e ciò che vide lo fece sussultare.
Due ragazzi si avvicinavano correndo e…se si fossero schiantati contro Arito?
“Tutto il mio lavoro sprecato…non posso permetterlo! E poi, questa è la volta che potrò fare ciò che desidero da quando avevo sei anni…” pensò il ragazzo. “Mi servirebbe una scopa o…qualcosa come un bastone…Ma figurati se in una scuola futuristica c’è qualcosa del genere!”
Intanto, i due ragazzi si avvicinavano sempre di più. “Ah…al diavolo il bastone. Io uso la cartella!”
Si gettò in avanti, tese le braccia e portò la cartella all’altezza del petto.
-Tu. Non puoi. Passare!- urlò e chiuse gli occhi, aspettando l’impatto.
I tre studenti finirono a gambe all’aria, fortunatamente lontano da Arito e da Tori.
L a situazione, due secondi dopo, era la seguente:
Ike, schiacciato dal peso dei due ragazzi, con la cartella ancora stretta in mano, era steso schiena a terra, mezzo dolorante;
i due ragazzi in divisa rossa erano stesi sopra di lui,  uno con il viso a pochi centimetri da quello di Ike, l’altro con la testa appoggiata contro il fianco del primo.
-Erano anni che volevo farlo!- esclamò Ike divertito.
-Ehy, Yuma-kun? Tutto okay?- chiese il ragazzo dai capelli color carota.
-…A-ah…- balbettò l’altro.
-Lo prendo  come un no.-
-Ehy, io non sono un cuscino!- protestò Ike. –Scusami, pel di carota, quella è la mia gamba e non la tua.-
-Non mi sento più la schiena!- implorò l’altro ragazzo.
-Yuma, Rei!- chiamò Tori, avvicinandosi ai due. Loro alzarono lo sguardo.
-Ci…ci dareste una mano?- farfugliò Ike, che si sentiva i polmoni chiusi in una scatola. Arito afferrò con una mano la cinghia della cartella dell’amico, trascinandolo lontano dal peso degli altri due ragazzi.
-Tutto okay, Ike?- domandò, mentre l’altro si alzava, massaggiandosi il fondoschiena.
-Non riuscirò a sedermi per tipo…una settimana, ma per il resto va bene.- rispose. Diede un’occhiata ai due studenti, ancora stesi a terra.
Si avvicinò ai due e porse la mano al ragazzino dai capelli color carota.
-Ti aiuto io, coso.- disse. L’altro si rialzò, aiutato da Ike.
-Coso?- domandò. Ike si strinse nelle spalle.
-Scusa, è una mia abitudine chiamare ‘coso’ o ‘cosa’ le persone di cui non conosco il nome.- rispose. –Piuttosto…stai bene?-
-Si, benissimo. Comunque chiamami Rei.-
-Perché a nessuna importa di me!- si lagnò a gran voce l’altro ragazzo. Tori roteò gli occhi.
-Se continui a fare il bambino così, non cambierà nulla.- esclamò, afferrandolo per un orecchio.
-AHYA!- urlò lui. Rei gli si avvicinò e lo prese a braccetto.
-Yuma-Kun, io mi preoccupo per te!- esclamò. –Forza, andiamo! - Lo trascinò lontano, tirandolo per la cravatta della divisa. “Ma sono fatti di gomma, quei due? Sembra che non si siano fatti niente” pensò Ike.
-Beh…Tori, andiamo! O arriviamo tardi a lezione.- esclamò una studentessa, prendendo l’amica per un braccio.
Arito rivolse un ultimo sorriso alla ragazza, prima che lei se ne andasse.
-Credo tu abbia fatto colpo!- esclamò Ike, dando una pacca alla spalla dell’amico.
-Cosa ne farai di tutti quegli altri fiori?- domandò poi, guardando l’immenso mazzo che ancora reggeva. Arito glieli lanciò contro, iniziando poi a correre.
-Pensaci tu!- gridò, mentre già era ormai lontano. Ike, anche grazie ai suoi riflessi, era riuscito a raccogliere i fiori, ma non a fermare Arito.
-Ehy! Fermo, sottorazza di bariano malriuscito!- urlò il ragazzo, correndogli dietro, inciampando nei suoi stessi piedi e fermandosi ogni tanto per raccogliere i fiori che cadevano dalle sue braccia.
-Appena ti prendo… ti infilo in una scatoletta di tonno!- gridò ancora, mentre gli sguardi perplessi degli altri studenti erano fissi tutti su di lui: effettivamente, un ragazzo che corre come un matto, urlando imprecazioni insensate, con almeno un centinaio di fiori in mano doveva essere piuttosto strano.
Arito non aveva paura della reazione di Ike. Voleva soltanto divertirsi un po’. Dopotutto…dopo mezz’ora di ramanzina da parte dei prof per l’enorme ritardo e bla, bla, bla…chiunque sentirebbe il bisogno di divertirsi. Soprattutto se quel qualcuno era come Arito.
-Stai fermo, così ti prendo prima!- urlò Ike, riprendendo fiato dalla lunga corsa che lo stava portando in giro per la scuola. “Ma tipo…neanche la reggia a Barian è così grande.” Pensò, dopo aver lasciato i fiori alla prima ragazza che le era capitata sotto mano. “Almeno così vedo dove metto i piedi ed evito di fratturarmi un altro osso…”
Erano arrivati in giardino. Ciò significava che i due bariani avevano perso, come minimo, due chili ciascuno.
“Diamine! Un vicolo cieco!” pensò Arito, a metà tra l’irritato e l’insana idea di voler sfidare Ike.
-Finalmente! Adesso stai fermo, così mi rendi le cose più facili.-
Tre secondi dopo, il castano era spalle al muro, con un piede poggiato al petto dell’amico, nel tentativo di allontanarlo da sé. Una posizione del genere, avrebbe spezzato le ossa a qualcun altro, ma non a lui. Sicuramente non a lui.

-Ehy. Perché mi hai messo un piede sul petto?- chiese Ike, sogghignando.
-Beh…hai detto che vuoi chiudermi in una scatoletta di tonno.- spiegò Arito, strofinando il piede sinistro contro la camicia immacolata dell’amico.
-Mi stai sporcando tutta la divisa.- finse di lagnarsi il ragazzo.
-La prossima volta non mi insegui come uno sclerato per più metà scuola- replicò Arito. –E se la cosa non ti va giù, possiamo benissimo vedercela io e te in un duello.-
Ike sorrise sadico all’idea di poter duellare contro Arito. Poggiò il gomito sulla caviglia del ragazzo, che ancora teneva le distanze tra i due tendendo la gamba, e ci pensò su un paio di secondi.
-Perché no…però, adesso, togli il piede dalla mia camicia.- esclamò, risollevando lo sguardo sul castano.
-Mmh…no. Non mi fido.-
-Fallo. O mi costringi a chiuderti seriamente in una scatoletta  di tonno.- disse Ike, mentre un sorrisino beffardo compariva sulla quella faccia da schiaffi che Iddio gli aveva donato.
Arito ridacchiò.
-Sei proprio un pazzo sclerato…tale e quale a Mizael. Si vede che il biondino è stato il tuo maestro.-
Ike avrebbe voluto rispondere per difendere il suo mentore, ma qualcuno lo precedette.
“Toh, guarda…parli del Diavolo e quello compare.” Pensò il castano.
-Chi sarebbe il pazzo sclerato, Arito?- domandò una voce fredda e inalterata. Ike sentì il sangue gelarsi nelle vene. Gli succedeva ogni volta che lo sentiva parlare.
-Tu no di certo.- rispose, deglutendo rumorosamente.
-Mmh…ho notato.- disse Mizael poco convinto, avvicinandosi composto ai due.
Dopo tanti anni che aveva passato con lui, Ike sapeva riconoscere quando il suo maestro era nervoso e quando era semplicemente intrattabile.
E quella volta, stranamente, non era nessuno dei due. Ciò poteva significare solo una cosa: non era nervoso o intrattabile, ma semplicemente…preoccupato. E l’unica persona di cui si preoccupava seriamente era Durbe.
-Sei il mio sclerato preferito, Miza-Miza.- sorrise Ike, tendando di strappare un sorrisino anche al biondo.
Tentativo palesemente fallito.
Arito sbuffò.
-Sempre a rompere, tu!- esclamò infastidito. In altre occasioni, Mizael gli avrebbe volentieri risposto a mali parole.
“Riuscirai a tenere le redini, mentre non ci sono?” gli aveva chiesto Durbe, prima di partire.
Ike si guardò intorno. –Oh, guardate. C’è un gattino!- esclamò, correndo verso un gatto nero.
-Ma quanto sei carino? Cucci, cucci…- disse, accarezzando la testolina dell’animale. Per qualche secondo, Arito e Mizael assunsero la stessa espressione. Qualcosa della serie: ‘Ma sta dicendo sul serio?!’
-E’ un tizio strano.- decretò Arito, dopo aver passato un po’ di tempo a guardare la scena.
-Se ci è arrivato uno come te…- aggiunse Mizael. Il castano gli rivolse un’occhiata assassina, stringendo i pugni per trattenersi dall’istinto di deturpare per sempre il viso angelico del biondo.
-Qui, micio, micio…- chiamò Ike, attirando vicino a sé un gattino bianco.
Arito sospirò.
-Beh…io vado. Devo beccarmi un’altra ramanzina dal prof di storia. A quanto pare, non è felice dei miei risultati nella sua materia. Solo perché all’ultima interrogazione ho detto che vengo da un altro mondo e che quindi non potevo conoscere la storia di un certo…Ainù…-
-Gli Ainù erano l’unica popolazione di razza bianca, di probabili origini europee, che abitavano l’arcipelago giapponese sin dal 660 a.C.- intervenne Mizael, incrociando le braccia al petto e socchiudendo gli occhi. –Ignorante.- aggiunse.
-Sta zitto, tu! Credi di essere il migliore?!- esclamò Arito, che stava perdendo quel poco di pazienza che aveva.
-Io non credo di essere il migliore…io so di essere il migliore.- rispose il biondo, mentre gli angoli della bocca s’incurvarono in uno dei suoi soliti  sorrisini canzonatori.
-Ringrazia che adesso sono occupato, o ti strappavo i denti uno e li usavo come orecchini.- esclamò Arito, prima di andare via correndo.
Mizael si avvicinò a passo felpato al suo allievo, che ancora accarezzava le testoline dei due gattini. Posò la mano sinistra sul capo di Ike, scompigliandogli leggermente i capelli.
Sarebbe anche stato un gesto carino, se non fosse stato fatto nella totale indifferenza. Una statua di marmo avrebbe emanato più affetto.
-E così usi le tue capacità di duellante per aiutare Arito nelle sue conquiste…- osservò freddo. Ike si rialzò da terra e prese in braccio i due gattini, stringendoli forte al petto. Quello nero miagolò un paio di volte.
-Non c’è niente di male ad aiutare un amico, no?- 
Mizael rimase qualche secondo a riflettere sulla frase pronunciata .
-…Sai che giorno è oggi?- domandò il biondo, guardando con i suoi occhi glaciali Ike. Quest’ultimo sospirò. Non poteva non ricordarsi il giorno in cui aveva perso i suoi genitori.
Il gatto bianco scese dalle braccia del ragazzo, correndo lontano. Solo il gattino nero rimase accoccolato tra le braccia del ragazzo. Ike continuò ad accarezzarlo.
-Mi ci accompagni tu, vero?- chiese. Mizael annuì appena. Non che gli importasse qualcosa, ma non poteva lasciarlo da solo. Lo aveva giurato sulla vita.
-Ahia!- esclamò Ike, mentre il gatto che stringeva al petto si accovacciava ai suoi piedi.
-Mmh…?- fece Mizael, posando i sui freddi occhi azzurri sull’altro.
Ike gemette. –Mi…mi ha morso-  disse, guardandosi il palmo della mano.
Il gatto si strofinò sulla gamba destra di Mizael.
-Dopo aver passato anni ad addestrarti ti lasci ferire da un piccolo animale terrestre?- domandò scettico.
-Beh…andiamo, stupido gatto! Hai morso me, ora graffia lui!- esclamò Ike. Il gattino lo guardò con i suoi grandi occhi caleidoscopici. Poi scomparve, diventando polvere nera. 
“Questa è la cosa più strana che io abbia mai visto!” pensò
-E’…esploso?- chiese, seriamente turbato il ragazzo. Mizael guardò per qualche secondo la polverina nera, che il vento aveva quasi completamente portato via.
-Forse i gatti terrestri sono così.- osservò neutro.
-Nessun gatto, terrestre o alieno che sia, esplode in quel modo. A meno che…-
Ike sentì una forte fitta al cuore. Fece qualche passo indietro, barcollando come se fosse ubriaco. Strinse forte il tessuto della camicia, prima di cadere a terra.
-Ike!- chiamò Mizael, chinandosi verso di lui.
La mano dove era stato morso, iniziò a scomparire, dissolvendosi lentamente. Il corpo del ragazzo ebbe un tremito, prima di scomporsi allo stesso modo del gatto nero.
Mizael gli toccò la mano un’ultima volta, prima che Ike si dissolvesse completamente, lasciando cadere a terra una carta:
Ombra della Morte. Rimase un po’ di tempo a guardare l’immagine del mostro raffigurato, per poi alzare il capo verso il cielo.
-Ike.- disse in tono piatto. –Qualcuno ti odia così tanto da mandarti nelle mani di Lui.  Prega che vada tutto bene.-

 

Angolo Autrice:
Buonsalve, lettori ^^
Ebbene si, ecco il nuovo! Qui, ho preferito lasciar perdere un attimo Luxor & Company, per approfondire l’amicizia tra Ike e Arito e il sottospecie di rapporto creatosi tra il primo e Miza-Chan.
‘Lui’ è l’amatissimo odioso dio Barians, che  non si fa mai i cavoli suoi.
Qualcuno che odia così tanto Ike da mandarlo nelle mani di Donny! Immagino abbiate capito di chi si parla.
A parer mio è il capitolo peggio uscito fino ad ora, ma boh…ditemi voi.
Comunque, adesso che sono in vacanza mi dedicherò di più ai capitoli! Per la vostra gioia, spero ^^

*Questa frase, pronunciata da Mizael è presa dall'anime di Lady Oscar (un cartone che mi ha insegnato tutto sulla rivoluzione francese, altro che libri di storia!)

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Capitolo 11
*** "Noi proviamo sentimenti con la mente." -Cit. Ike ***


Ike si guardò intorno.
Niente. Assolutamente niente.
Era immerso nel nulla. Nel vuoto più oscuro.
La sua solita, stramaledettissima fortuna.
-Ricordavo bene, allora…- disse una voce flautata che il ragazzo ben conosceva. –Ti piacciono ancora i gatti neri, tesoro?-
-Z-Zelda…-  mormorò, avvicinandosi a lei. La ragazza sorrise. Non quel sorriso tanto rassicurante che Ike ben conosceva, ma un sorriso sadico e crudele.
-Che bello rivederti.- disse accarezzandogli il viso. Lui si diede un paio di pizzichi sul braccio, come se volesse accertarsi di non essere in un incubo.
-Quel gatto nero…aveva i tuoi stessi occhi.- Lei lo guardò stranita, inarcando un sopracciglio biondo.
-Ti sembro una gatta?- chiese.
-Hai certe unghie affilate…- notò Ike, mentre l’espressione stupita della ragazza veniva sostituita da un ghigno.
-E anche denti aguzzi, se è per questo.- Stavolta era Ike quello perplesso.
-Non gli ho mai notati.- replicò confuso.
-Se vuoi…adesso te li faccio vedere.- disse lei, in tono suadente. Ike si diede qualche colpetto in testa, come per accertarsi che il cervello funzionasse ancora. Gli faceva sempre quell’effetto, quando sentiva parlare Zelda. Aveva quel tono di voce che ti scombussolava la testa, con quelle parole ben dosate che ti entravano nella mente e non ne uscivano più. Quella voce che ammaliava più del canto di una sirena.
-Dove siamo?- domandò Ike, rendendosi conto i non riconoscere il luogo in cui era arrivato. Era chiaramente nel Mondo Bariano, ma non riusciva a associare un nome o un ricordo a quel posto.
Zelda sorrise ancora.
-Siamo nel Suo tempio.- rispose.
Il ragazzo si grattò la testa, piuttosto confuso.
-Suo…di chi?
La bariana posò una mano sulla testa del ragazzo, guidando lo sguardo verso un grande tempio in stile greco, l’unico cristallo di colore nero su tutta Barian.
-Non…non ho mai visto questo tempio.- Era piuttosto strano non vedere quella struttura architettonica così imponente. Zelda annuì.
-Certo, tesoro. Questo tempio è visibile solo per coloro che credono.-
-Credono in cosa?- domandò Ike, torcendosi il capelli nervoso. Gli occhi azzurri della ragazza s’illuminarono.
-…nel potere dell’oracolo.- disse. Ike sgranò gli occhi e fece qualche passo indietro.
-Solo mia madre possedeva quel potere, lo sai.- rispose. Zelda ridacchiò
-Tesoro mio, probabilmente non sai tutto sui poteri profetici della tua cara mamma…-
-C-cosa?-domandò lui. La ragazza annuì, mentre un sorrisetto sadico le compariva sul volto.
-Il potere di tua madre era racchiuso nel suo cuore, Ike. E non fare quella faccia: so benissimo che i bariani non hanno un cuore vero e proprio, ma solo un cristallo centrale che lo sostituisce, impedendo ai sentimenti di essere trasmessi.-
-Noi proviamo sentimenti con la mente… - commentò Ike sottovoce. Zelda non lo sentì.
Quanto era stato detto era vero: nessun bariano aveva un cuore. O, perlomeno, non un cuore come quello che intendono gli esseri umani.
I bariani sono dotati di un cristallo centrale che ha le stesse funzioni di un cuore umano, ma capace di bloccare qualsiasi tipo di sentimento. Per questo motivo i bariani non provano emozioni: semplicemente, non ne hanno.
Un esempio su mille sarebbe la coppia tra un umana ed un bariano: quest’ultimo, nella sua vera forma, ‘ama’ la ragazza con la mente; ricorda, cioè, che in forma umana le vuole bene e quindi la ‘ama’ anche in forma bariana. Lo stesso ragionamento vale per tutti gli altri sentimenti conosciuti sulla faccia della Terra.
Ovviamente, esistono le eccezioni: se si nasce senza cervello…eh. Cazzi loro. Come si dice? L’eccezione conferma la regola.
-Ma tua madre era diversa.- continuò Zelda. -Lei provava sentimenti perché nel suo cuore, nel suo cristallo centrale, dimorava lo spirito dell’Oracolo. Questo potere può esistere solo un quel punto e non può essere cambiato con nessun’altro in nessun modo…a meno che…-
Ike rabbrividì, mentre le immagini della madre gli affacciavano nella mente.
-A meno che…il suo cuore non passi a qualcun altro.-
Ike sgranò gli occhi, comprendendo cosa fosse successo.  –T-tu…come hai potuto fare una cosa tanto raccapricciante?!-  esclamò. Zelda sorrise.
-Mi ha fatto ribrezzo dover strappare il cuore alla tua cara mammina, nonché mia quasi ex-suocera, ma per i poteri profetici avrei fatto qualsiasi cosa.
Chiunque, per potere, farebbe qualsiasi cosa.-
Ike scosse la testa, disgustato da quanto aveva appena sentito.
-Io non farei qualsiasi cosa per il potere.-
Lei lo guardò con aria di superiorità, un po’ come avrebbe fatto un nazista con un ebreo, e gli disse: -Tu, Ike, non saresti capace di fare niente per potere. Non saresti capace di far del male a nessuno. Sei ingenuo, debole e fragile. Per questo ti ho lasciato.-
Ike strinse i pugni, mentre diventava rosso dalla rabbia.
-Perché sei una stronza, per questo mi hai lasciato!- urlò con tutto il fiato che aveva in corpo. Zelda fece una smorfia indispettita, indietreggiando di un paio di passi.
-Se la pensi così…perché hai continuato a cercarmi anche dopo che ti ho abbandonato?- domandò inviperita.
-Perché…perché ti amavo davvero. Soltanto adesso ho capito chi sei veramente. Se pensi che il potere ti darà la felicità, hai sbagliato i tuoi calcoli. Ma hai ragione su una cosa: i bariani non hanno un cuore e adesso capisco il perché.-
Ike strinse il tessuto della camicia, nell’esatto punto in cui pulsava il cuore umano. Quel fragile organo che poteva essere devastato in pochi attimi
-In questa semplice veste da essere umano…provo un dolore inimmaginabile.-
Un lampo di luce lo avvolse per qualche secondo, impedendo la visuale alla ragazza. Ike aveva assunto la sua forma bariana.
-Ma quando sono nelle mie vere sembianze…la mente mi dice che non sei degna neanche di parlarmi. Sei solo una lurida assassina e manipolatrice!- gridò, mentre i cristalli bianchi che aveva sul corpo, diventavano color rosso sangue.
Zelda strinse i denti, per poi correre all’interno del tempio.
-E anche una codarda!- urlò ancora, vedendo la reazione della ragazza. Lei si fermò all’entrata del tempio, per poi girarsi a guardare Ike.
-Lui mi proteggerà! Lui me l’ha giurato! E finché sarà con me, io nulla temo!-
Anche Zelda assunse la sua forma bariana.
-E sono pronta a dimostrartelo!- terminò la frase.
-Dimostrami, dunque!- esclamò Ike beffardo. Se avesse avuto una bocca, probabilmente avrebbe sorriso.
-Ti sfido a duello. E stavolta non chiederò a nessuno il favore di ucciderti. La profezia non deve compiersi.- disse in tono solenne la ragazza.
-Di quale profezia parli?- Domandò Ike.

-I due guardiani
In uno solo si uniranno,
se i tre coraggiosi
il cuore dell’oracolo scioglieranno.
Ciò che è stato ingiustamente diviso
Unire sapranno:
due cuori innamorati
due fratelli da tempo separati;
i tre mondi la pace raggiungeranno
e contro la minaccia maggiore si uniranno.-

Declamò Zelda.
-Cosa significa tutto questo?- chiese Ike.
-La profezia si potrà compiere solo se i tre coraggiosi riusciranno a unire due fratelli e due innamorati. Non so chi siano i primi ma…è chiaro che siamo noi i due innamorati, se così ci possiamo definire. Il compimento della profezia sarebbe un gran problema per il mio Signore, così mi ha ordinato di impedire che si compia. E per farlo dovrò ucciderti.
Così esaudirò non solo il desiderio di Lui ma potrò anche eliminarti. Due fave con un piccione.-
-Si dice ‘Due piccioni con una fava’- la corresse Ike, incrociando le braccia al petto e fingendo di non interessarsi a quanto Zelda gli aveva detto.
Quel ‘Lui’ lo metteva in soggezione. Non sapeva chi fosse, ma doveva averle fatto un vero e proprio lavaggio di cervello se l’aveva convinta a duellare contro di lui.
-Sei pazza.- mormorò il ragazzo. Guardandola un’ultima volta prima di indossare il suo inquietante duel disk.
Zelda lo imitò, attivando il suo duel disk caleidoscopico, a forma di ala di aquila. Il suo occhio sinistro passò dal grigio tempesta al rosso sangue.
Ike: 4000- Zelda: 4000
-A te la prima mossa.- sentenziò la ragazza, guardando fredda il suo avversario. La voce era diventata piatta, come il mare nei giorni senza vento. Sembrava quasi…posseduta. E forse lo era per davvero.
-Pesco dal deck!- esclamò lui, estraendo una carta e guardandola attentamente. Non aveva mai avuto l’occasione di sfidare Zelda ma, nonostante fosse sicuro delle proprie capacità, non avrebbe commesso l’errore di sottovalutarla.
-Evoco in posizione di difesa Sacerdote di Ade.-  disse.
Un uomo vestito di una mantella nera e con un libro d’argento stretto in mano comparve sul terreno.
-Usando il suo potere speciale, posso farlo salire o scendere di un livello!- esclamò, mentre il Sacerdote di Ade apriva il libro. Il mostro pronunciò qualche frase in latino e il suo livello scese a tre.
-A questo punto, uso la magia Serial Killer Fortunato. Grazie a questa carta, ho l’opportunità di lanciare un dado: i mostri sul mio terreno si sdoppiano tante volte quanto il numero che mi è uscito, purché questo sia compreso tra l’uno e il tre. Se esce un numero maggiore a tre, perdo tanti life points quanto la cifra uscita, moltiplicata per cento.
“Se mi va male…rischio di perdere tra i quattrocento e i seicento life points. Se sono fortunato, potrò evocare il mio mostro numero.” Pensò Ike, mentre si apprestava al lancio del dado.
“Ti prego, ti prego, ti prego!” supplicò mentalmente.




Il dado roteò su stesso un paio di volte.




Due.
“Perfetto!” pensò sollevato.
-Sul mio terreno ci sono, adesso, ben tre Sacerdoti. Ora si arriva al punto critico…sovrappongo tutti i mostri, di livello tre, per creare la rete di sovrapposizione necessaria ad una evocazione xyz!-
-Mostrati a noi, sovrano della morte e di ogni anima sperduta nel Tartaro!
Distruggi la vita con la forza di ciò che è inevitabile: mostrati a noi,  numero 207 Falciatore di Anime!-
Se Ombra della Morte era spaventoso, il numero appena evocato di Ike lo era ancora di più.
Il mostro era completamente vestito di nero, con una sola maschera d’oro a forma di teschio sul volto. Lunghe catene, zavorrate ciascuna da pesanti palle di piombo, gli cingevano le caviglie e i polsi, scontrandosi tra di loro e provocando un tintinnio inquietante che si diffondeva nell’aria. Al collo portava una specie di collare, su cui erano infilate quattro spine in metallo. Queste ultime gli si conficcavano nel collo e fuoriuscivano dalla parte opposta. Era dotato di grandi e possenti ali nere, simili a quelle di un pipistrello, ma bucate e strappate in più punti.
Nella mano sinistra stringeva tre carte dal dorso nero, in quella destra una lunga falce.
-Termino il mio turno mettendo una carta coperta.- concluse Ike.
Zelda non era minimante intimorita dal mostro numero dell’avversario, nonostante fosse terribilmente inquietante.
-Pesco!- annunciò lei, estraendo una carta dal deck. Non guardò le carte che aveva in mano, non aveva in mente nessuna strategia. Ma non le importava. Perché Lui era al suo fianco. E ci avrebbe pensato Lui al duello.
Zelda doveva soltanto agire. Doveva soltanto contenere la Sua anima…lei era solo una pedina.
-Evoco Strega Pericolosa in posizione di difesa.- annunciò. –Mando questo mostro al cimitero per evocare Strega della Malasorte.-
Una donna dai lunghi capelli verdi comparve sul campo di combattimento, svolazzando qualche secondo sulla scopa. Il cappello a punta le copriva gli occhi, mentre un lungo mantello viola le occultava il corpo.
-Quando questo mostro viene evocato, tu perdi cinquecento life points.-
La strega di Zelda si avvicinò ad Ike, colpendolo in pieno petto con il manico della scopa. Lui fece qualche passo indietro: se fosse stato in forma umana, sarebbe volato in aria, ma da bariano non si era fatto male. Non tanto, perlomeno.
Ike: 3500- Zelda: 4000
Il tempio sembrò avere un tremito, mentre si inabissava di diversi metri.
-Ma cosa diavolo…- iniziò Ike, scivolando per l’improvvisa inclinazione del pavimento cristallizzato. Zelda ridacchiò malefica, vedendo la reazione del ragazzo. –Ogni volta che perdi life points…il tempio di Don Thousand sprofonda sempre più nel Grande Mare Bariano…fino a raggiungere la Sua prigione.-
-Don Thousand? Sua prigione? Ma di che diamine stai parlando?!- esclamò lui, rialzandosi.
-Oh, capirai tutto!- rispose la ragazza. –Una volta tanto, starai tu sotto! Termino il mio turno posizionando tre carte coperte.-
-Pesco!- annunciò Ike, estraendo una carta dal deck. –Attivo il potere speciale di Falciatore di Anime. Per ogni unità sovrapposta utilizzata, posso attaccarti direttamente: le uso tutte! Ciò significa che posso attaccarti ben tre volte.-
Falciatore di Anime strappò con la falce tutte le carte nere che aveva in mano. L’aura intorno al mostro si fece sempre più cupa, fino a quando non attaccò Zelda tre volte di seguito. La ragazza venne sbalzata di diversi metri all’indietro, sbattendo la schiena contro una colonna del tempio.
Ike: 3500- Zelda: 1000
Il ragazzo scoppiò a ridere. –Chi sta sotto, adesso?- esclamò, ammiccando in direzione della bionda. Zelda si rialzò lentamente, tremila danni in una sola volta non erano pochi, e guardò assassina Ike.
-Non farmi ricordare quando…- iniziò. Lui la zittì con un cenno noncurante della mano.
-Come si dice? La prima volta non si scorda mai.- 
-Piantala di girare il dito nella piaga!- sbottò Zelda, infastidita dai ricordi che stavano tornando a galla. Ike strizzò un occhio, guardandola malizioso. –Però ammetti che ci sapevo fare.- disse.
-Stai zitto!- gridò la ragazza. Se fosse stata in forma umana, sarebbe già diventata un pomodoro.
-Intanto ti ricordo che numero 207 può attaccare la tua Strega della Malasorte! Vai, Falciatore di Anime attacca!-
Ike: 3500- Zelda: 500
Il mostro della ragazza si dissolse, mentre lei veniva scaraventata un’altra volta contro il tempio.
-Non pensare di aver vinto-  esclamò Zelda. –Attivo la carta coperta ‘Al Rogo.’ Questa carta può essere attivata solo se non ho mostri sul mio terreno e ti impedisce di attaccarmi direttamente.-
Un grande cerchio fuoco circondò Falciatore di Anime, impedendogli di attraversarlo. Ike emise un grugnito infastidito.
-Concludo qui il mio turno.-
Zelda estrasse una carta dal deck. –Tocca a me, dunque!-
–Attivo l’altra carta coperta: Strega Fortuna Cieca. Quando ho meno di mille life points, questa carta dimezza i tuoi e li aggiunge ai miei.
Ike: 1750- Zelda: 2250
Il tempio s’inclinò ancora, scendendo sempre più in basso. Stavolta, però, entrambi riuscirono a rimanere in piedi.
-Attivo anche l’ultima trappola coperta, Stregoneria. Quando evochi un mostro, perdi mille life points e tale mostro non può attaccare. E adesso…ti passo la mano.- concluse la ragazza.
-Pesco!- esclamò lui.
“Dannazione” pensò Ike. “Falciatore di Anime non può attaccarla direttamente e lei non ha mostri sul terreno. Non posso evocare altri mostri, né specialmente né normalmente, o perderei mille life points…e se anche lo facessi, scenderei a 750 per niente: non posso attaccare.”
Ike guardò le carte che stringeva in mano, sperando che gli venisse qualche brillante idea in mente. “Sforzati, sforzati di pensare!”

-E’ tutto inutile, non puoi battermi.- lo derise Zelda.
-Ngh… bastarda.- sussurrò il ragazzo –La fortuna gira sempre, ricordalo!- gridò, stringendo un pugno. Lei ridacchiò.
-Certo. E stavolta gira dalla mia parte.-


Spazio Autrice:
Ci ho messo tanto adaggiornare, ma ho avuto vari problemi con il pc (si rifiutava di accendersi, quel bastardo!) Spero almeno che sia venuto bene ^^
La prossima volta ci metterò di meno a scrivere, lo giuro!

 

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Capitolo 12
*** "Sto impazzendo..." -Cit. Luxor ***


-Ehy, dov’è finito Ike?- domandò Arito, guardando Mizael con aria interrogativa. Si alzò dalla sedia, piantandosi davanti a lui. Il biondo non lo degnò di un’occhiata, rimanendo seduto al suo posto e con la testa china.
–Si è polverizzato con un gatto nero.- rispose piatto, apparendo tranquillo agli occhi straniti del castano.
-Che significa ‘Polverizzato’?- chiese Arito, confuso. Mizael sospirò.
-Significa…che è diventato come quella cosa che, dopo tanti anni, si è formata sul tuo cervello. Vuol dire che è diventato polvere! Usa quei pochi neuroni che hai, almeno per capire cosa dicono gli altri.-  disse, leggermente infastidito dalla tanta stupidità dell’altro. Arito strinse i pugni. “Quanto diamine è idiota! E meno male che si dice che i biondi hanno un’anima pura!” pensò, per poi andarsene irritato.
Mizael incrociò le braccia al petto e socchiuse gli occhi, cercando di concentrarsi. Anche se era piuttosto difficile, con tutti quelli studenti che gli ronzavano intorno. E poi, anche se non lo dava a dimostrare, era in pensiero per Ike. Aveva passato anni in compagnia di quel ragazzino e, anche se non lo avrebbe mai ammesso, ci si era affezionato. Era una specie di fratello minore, per lui. In fondo, ci teneva alla sua vita/sanità mentale. Ma molto in fondo.
-Spero che i miei insegnamenti ti siano serviti a qualcosa, Ike…- sussurrò, riaprendo gli occhi. Sentì qualcuno picchiettargli un dito sulla spalla sinistra, distogliendolo dai suoi pensieri. Rialzò il viso, trovandosi davanti una ragazza dai particolari occhi blu elettrico.
-Senti, scusami, non voglio interrompere le tue riflessioni ma…per caso hai visto il mio flauto? Tra poco mi viene a prendere un mio amico e io non l’ho ancora trovato…-
Il biondo la guardò in silenzio per qualche secondo. Aveva visto una ragazza correre via con un flauto in mano, ma poteva benissimo appartenere a quell’umana e non alla studentessa che aveva avanti.
–Non ho visto niente.- Disse infine, tentando di alzarsi per andare via. La ragazza lo fermò prima che potesse mettersi in piedi.
-Puoi aiutarmi, per favore?- chiese, guardandolo con occhioni da cerbiatto.  –Ti prego, Mizael!- implorò lei. Il biondo inarcò un sopracciglio.
-Come sai il mio nome?- domandò sospettoso. La ragazza sorrise.
-Siamo nella stessa classe, biondino. Mi chiamo Elanna.-
Mizael fece una smorfia infastidita appena udì il soprannome ‘biondino’.
-Si…Elanna.- disse, muovendo appena le labbra. –Ma non posso aiutarti, ho da fare adesso.-
La ragazza congiunse le mani, in segno di scongiuro.
-Ti preeego!- supplicò, sfoderando i suoi migliori occhioni da cerbiatto. –Se non lo ritrovo mio fratello dovrà sprecare tutti i soldi che aveva messo da parte per comprarne un altro…per piacere, puoi aiutarmi?  Poi non ti rompo più, giuro!- disse Elanna, posando una mano sul petto mentre con l’altra si torturava l’orlo della gonna.
-…Ti prego…- sussurrò alla fine. Mizael la guardò per qualche istante. Sospirò, socchiudendo gli occhi.
-Prima è passata una ragazza. Stringeva in mano un flauto. Forse era il tuo, non ne sono sicuro.-  disse piatto. Elanna ebbe un sussulto.
-Puoi descriverla? Intendo…quella ragazza?- domandò.
-Mmh. Era piuttosto robusta. Aveva i capelli neri a caschetto e il viso macchiato di lentiggini.- Appena udita la descrizione, Elanna strinse i pugni e digrignò i denti.
-Quella stupida di Cristina…- mormorò irritata. –Me l’ha rubato, quella stron…-
-Modera i termini.- la riprese Mizael in tono calmo. –Odio dover parlare con ragazze sboccate.-
 L’unica cosa che Elanna riuscì a proferire fu un ‘Oh’ appena accennato. Era diventata rossa, un po’ dalla vergona di essere stata ripresa da un suo compagno di classe, un po’ perché tutte le altre studentesse, che da giorni avevano invano tentato di avere una conversazione con Mizael, la guardavano con gli occhi carichi gelosia.
-Mi scusi… imperatore.- disse umilmente la ragazza, non sapendo perché l’avesse definito tale, ma sentendo che era la cosa giusta da dire.
Di slancio, senza neanche pensarci due volte, abbracciò il bariano. Mizael stava per staccarsi dalla ragazza, quando poi notò qualcosa sul suo collo. Un marchio che aveva già notato, diversi giorni prima.
-Grazie.- mormorò lei, per poi correre lontano, senza voltarsi mai indietro.
Mizael rimase fermo, ripensando a quello che era successo in pochi attimi.
Non sapeva se essere irritato per tutta la confidenza che Elanna si era presa nei suoi confronti; arrabbiato con se stesso per non essere stato in grado di reagire velocemente; scioccato perché era stato chiamato ‘imperatore’ da un’umana o doppiamente scioccato dal fatto che Elanna aveva l’emblema di Barian marchiato, come se fosse un tatuaggio, sul collo.
Qualcosa lo distrasse dai suoi pensieri: una carta che s’illuminava improvvisamente. Ma non era un suo mostro.
“Ombra della Morte…Ike è nei guai.” Pensò Mizael, fissando l’xyz circondato da un alone di luce bianca.

***


Zelda: 2250- Ike: 100
-Te l’ho detto, non puoi battermi!- esclamò la bariana, fissando malevola il suo ex ragazzo. Lui tentò di rialzarsi, ma si sentiva troppo debole… così tanto che non riusciva a formulare neanche una frase completa con cui reagire alla provocazione di Zelda
Era talmente stanco che non riusciva neanche a sprecare energie sotto la sua vera forma. Stava nuovamente usando il corpo umano, per duellare.
-Ngh…- biasciò il ragazzo, mentre si asciugava con il polso il sangue che aveva preso a gocciolargli dall’angolo sinistro della bocca. Alle sue spalle si ergeva il Grande Mare Bariano. Se perdeva anche quegli ultimi cento life points rimasti…ci sarebbe finito dentro. E non era il massimo sentire la propria anima risucchiata all’interno del Mare che conteneva l’essenza del ‘grande’ e ‘potente’ Dio bariano. Seriamente, Ike voleva tutto tranne che morire come un perfetto idiota facendosi battere da un ragazza e mangiare da un dio rinchiuso da secoli in una prigione.
Guardò le due carte che aveva in mano e l’unico mostro presente sul suo terreno, Killer Notturno.
Numero 207 era finito al cimitero il turno precedente e non poteva rievocarlo. Non in quel momento, per lo meno.
In poche parole: era spacciato. Zelda aveva innalzato una muraglia intorno ai suoi mostri impossibile da superare. Ike non poteva attaccare o avrebbe perso il duello; non poteva attivare carte magia o lei gli avrebbe sottratto ben 500 life points, dunque avrebbe comunque fallito; non poteva evocare altri mostri o perdeva 100 life points e se, miracolosamente, riusciva a salvarsi…non sarebbe riuscito ad attaccare. Non aveva neanche carte coperte sul terreno.
“Quanto vorrei che Mizael fosse qui…” implorò mentalmente, pur sapendo che nessuno avrebbe risposto alle sue preghiere.
Ma non avrebbe perso da pappamolle o da schiappa. No.
Aveva ormai perso lucidità, non ragionava più.
E fece la cosa più stupida di tutte…
-Vai, Killer Notturno, attacca Strega Guerriera.- esclamò, mentre cadeva in ginocchio per lo sforzo. Ansimava.
-Povero sciocco!- disse beffarda Zelda, mentre ammirava estasiata l’effetto del suo mostro demolire gli ultimi life points rimasti al povero Ike.
Quest’ultimo, tanto era stremato, che venne sbalzato in aria come una leggiadra foglia autunnale.
Zelda: 2250- Ike: 0
Il ragazzo iniziò a precipitare, ormai incosciente di quello che stava succedendo intorno a sé e sentendo solo la risata malvagia di Zelda riecheggiare nella sua testa.
E cadde nel Mare. Era nelle Sue mani.
Non sentiva più niente. Non ricordava più niente. Sentì una poderosa stretta afferrarlo, ma non era più sicuro di tutto quello che stava accadendo.
Avrebbe voluto svegliarsi nel suo letto, scoprire che tutto quello che era successo era un brutto sogno, uno stupido incubo…
E invece era la realtà.
-Mi servi vivo, Ike…per ora.- aveva mormorato una voce profonda e cupa, afferrando quell’anima tanto pura che il bariano conservava all’interno del suo corpo.
-…E poi toccherà agli altri. Ed io potrò liberarmi…- continuò il dio, pur sapendo che Ike non avrebbe risposto. Non poteva più farlo.
-Dovresti essere onorato di poter essere…la prima vittima del mio risveglio. Hai offerto a Don Thousand, la tua anima.
E non la rivedrai mai più-
Ike non ascoltava, non parlava, non reagiva.
Perché? Perché non aveva più un anima. Ed era diventato un giocattolo, una marionetta, nelle mani di quell’essere meschino ed avido…
Un divertimento per il dio bariano, una semplice conquista. Una piccola valvola di sfogo.
Non era più padrone della sua vita, ma era comandato, come un burattino, dalle abili mani tessitrici d’imbrogli di Don Thousand.

***
 

Per un motivo o per l’altro, Rei e Luxor si erano ritrovati da soli. Inizialmente avevano deciso di ritrovarsi tutti insieme e invece…Yuma era stato trascinato a forza dalla sorella Kari per motivi di lavoro. Tori doveva uscire con sua madre e Cathy andava dal veterinario perché uno dei suoi micetti stava male. Flip e Bronk non avevano specificato i loro impegni, ma probabilmente erano solo una scusa per non presentarsi all’appuntamento. Persino Elanna aveva detto di essere estremamente occupata, quel pomeriggio. ‘Le otto pagine non si trovano da sole. Alla faccia di quello spilungone coi tentacoli dello Slender!’ aveva detto. Anche se Luxor non aveva ancora capito come potesse piacere il gioco ‘Slender The Arrival’ ad una ragazza.
-Peccato che gli altri non siano venuti, eh?- iniziò il discorso Rei, rompendo il silenzio d’imbarazzo tra i due.
-Non mi importa avere amici al mio fianco.- rispose tranquillo Luxor, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni.
-Dai, non fare l’asociale!- esclamò Rei, prendendolo a braccetto. L’altro tentò di scrollarselo di dosso.
-Io non sono asociale. Sono diversamente sociale.-
-E quale sarebbe la differenza?- chiese Rei perplesso. –E’ la stessa cosa!-
Luxor scosse la testa. –No, non è la stessa cosa.-
-Allora spiegami la differenza.-
-Ah…lascia perdere.- tentò di chiudere il discorso Luxor. Camminarono in silenzio per un altro po’, quando Rei incominciò nuovamente a parlare.
-Sai duellare?- domandò. Il castano scosse la testa.
-Ho abbandonato i duelli…tempo fa.-
-Quanto tempo fa? E per quale motivo?- chiese. Luxor inarcò un sopracciglio, mentre guardava stranito il ragazzino accanto a lui
-I tuoi genitori sono nella polizia, per caso?- chiese.
Rei rimase piuttosto basito alla domanda.
-No…perché lo chiedi?-
Il castano ridacchiò. –Siccome fai tante domande…ho pensato che i tuoi fossero abituati a fare interrogatori alle persone.-
-Beh…allora facciamo una domanda ciascuno. Io chiedo qualcosa a te, tu chiedi qualcosa a me. A turno.-
Luxor rimase in silenzio, riflettendo sulla proposta dell’amico.
-Va bene. Ma inizio io.- Rei annuì, aspettando la domanda a cui rispondere.
-Ti piace Rio?-  Chiese, sorridendo sornione.
-Che?? La sorella di Shark?! Ma neanche lontanamente! Come ti è venuto in mente?- esclamò Rei sorpreso, dopo aver borbottato parole senza senso.
-Da come la guardi…non so, il tuo sguardo mi è sembrato così…interessato, a lei.- fu la vaga risposta di Luxor. Posò il suo sguardo all’orizzonte,  guardando il sole che tramontava.
-Adesso tocca a me!- disse Rei, guardando il ragazzo con aria di sfida. –Come ti sei fatto quella cicatrice sul braccio sinistro?- domandò.
Luxor si coprì con la manica della camicia il braccio. Non gli andava di parlarne e, anzi, non capiva come Rei avesse fatto a vederla.
-Devi rispondere, sei obbligato!- gli ricordò l’altro.
Luxor sospirò.
-E’ stato mio padre… cioè…non il mio vero padre, perché non l’ho mai conosciuto. Il mio padre adottivo mi ha fatto questa cicatrice. Mi stava iniettando non so quale sostanza, ma io mi sono mosso e l’ago ha percorso tutto il braccio. Deve essere andato molto in profondità, perché sono sei anni che mi porto dietro questo segno.-

-Non ti muovere, Luxor! O ti farà ancora più male e dovremo rifarlo anche domani- Una lacrima percorse la guancia del bambino.
-Ma io sono stanco, papà! Voglio andare a dormire, voglio stare con la mamma.- aveva tentato di protestare, beccandosi in risposta solo uno schiaffo in pieno volto. –Stai zitto e fammi lavorare!- gli aveva urlato, riprendendo poi il lavoro che aveva lasciato incompleto.


-Ehy, Luxor! Tocca a te farmi una domanda.- lo risvegliò dai ricordi Rei, stringendogli forte il braccio. Il ragazzo scosse la testa, come per risvegliarsi da un incubo.
-Oh. Si, certo. Dunque...cosa mi sai dire di quel ragazzo biondo…Mizael. Mi sembrato vi conosceste.-
 Rei annuì.
-Si, ci conosciamo.- “Sfortunatamente…” aggiunse mentalmente.
–Comunque non so dirti molto. E’ un tipo piuttosto…
“Antipatico, egocentrico, superbo, altezzoso e…”
-…strano. Molto strano. E io non gli vado a genio. Perché ti interessa?-
Luxor si sistemò il risvolto della camicia, fingendosi occupato.
-Mi ricorda un… amico di Elanna.-
“Perché Mirko non è mio amico…è un Don Giovanni e si capisce subito. Non l’ho sopportato sin dal primo istante in cui l’ho visto. E poi, ogni volta che gli sto vicino, sento una voce che mi dice ‘Pericolo, alla larga!’ A dir la verità provo la stessa sensazione con Mizael…perfino con Rei ed Elanna”
Rei puntellò col gomito il fianco di Luxor, strizzando un occhio con fare malizioso. –Geloso, neh?- lo prese in giro, notando la smorfia infastidita che aveva fatto il ragazzo appena nominato il nome ‘amico’.
-No! Dannazione, perché pensate tutti che io ed Elanna siamo…-
Rei posò una mano sulla spalla di Luxor, guardandolo con aria professionale.
-Luxy, Luxy, Luxy...l’ho già detto, Luxy? Si vede lontano un miglio che ti piace. E poi siete fatti l’uno per l’altra! Cioè…tu sei noioso e antipatico, Elanna è divertente e simpatica.-
Luxor gli lanciò un’occhiataccia, ma Rei sembrò non notarlo.
-…Insomma…vi completate!- terminò, unendo le dita delle mani a formare un cuore. L’altro ragazzo gli diede un amichevole pugno sulla spalla. Tecnicamente doveva essere un pugno amichevole, ma Luxor aveva esagerato con la forza, tanto che Rei barcollò come fosse ubriaco.
-Questa è una vera botta per la mia autostima, lo sai, pel di carota?- disse, nonostante sul suo volto si leggesse un sorrisino.
-Si, immagino. Peggio della friendzone. A proposito, sei mai stato friendzonato?-
Luxor lo guardò stranito, per poi scuotere la testa. –Mai.-
-Io invece…- iniziò Rei, prima di inciampare e cadere a terra. Il ruzzolone sollevò diversò terreno, svelando, anche se solo per qualche istante, un lieve luccichio metallico –Ma che diamine…- iniziò, mentre si massaggiava il fondoschiena.
-Chi è il genio che lascia le lattine per strada a rischio di far cadere i poveri passanti?!- esclamò infastidito, mentre afferrava la mano che gli stava porgendo Luxor.
-Non è una lattina.- disse in tono pacato il ragazzo, piegandosi nel punto in cui aveva notato un bagliore.
-E cosa allora?- domandò Rei avvicinandosi. Luxor estrasse dal terreno un piccolo cofanetto in legno, guardandolo attentamente. Aveva perso un po’ della sua lucidità, e la terra si era incastrata nelle parti sagomate, ma sembrava intatto.
“Non ci posso credere…dopo sei dannatissimi anni è ancora integro. Pensavo di essermene sbarazzato!” imprecò mentalmente, mentre Rei glielo sfilava di mano e lo avvicinava all’orecchio. Dopo averlo scosso leggermente, disse:
-C’è qualcosa dentro. Lo apriamo e vediamo se troviamo qualcosa di interessante?- chiese. Luxor si limitò a strapparglielo dalle mani.
-La serratura è vecchia e arrugginita. Non riusciremo ad aprirla senza qualche attrezzo. Porto lo scrigno a casa mia e lo apro da solo, domani ti dico cosa c’è dentro, okay?- disse tutto d’un fiato, rendendosi nervoso agli occhi di Rei.
-Se lavoriamo insieme riusciamo ad aprirlo anche ora.- disse semplicemente.
-NO!- esclamò Luxor, stringendo tra le mani il cofanetto, quasi sperando che si rompesse da un momento all’altro Non sapeva quale tono avesse usato, ma era stato evidentemente troppo preoccupato, da come poteva dedurre dal volto sorpreso di Rei.
-C-cioè…- tentò di riformulare la frase con diverso tono -è troppo vecchio, si vede. Ci penserò da solo e…domani ti faccio sapere!- disse, prima di correre via.
-Aspetta, Lu…-  tentò di chiamarlo l’altro, ma ormai Luxor era troppo lontano per…sentirlo.
-Mi nasconde qualcosa…e qualcosa di molto grosso.- borbottò fra sé e sé.


Entrò in camera sua, sbattendo così forte la porta da far cadere uno dei dipinti in corridoio. Chiuse la porta a chiave e gettò quel maledetto scrigno per terra.
-Sono sei, STRAMALEDETTI anni che mi perseguiti!!- urlò, calciando il piccolo baule con tutta la forza che aveva in corpo.
-Lo so…io lo so che tu vuoi vedermi in crisi. Stupidissimo scrigno…ho cercato di celarti in tutti i modi possibili e tu…torni da me ogni volta.-
Un altro calcio.
-Ti ho gettato in mare…e dopo una settimana ti ho ritrovato…-
Altro calcio, più forte di quelli precedenti.
-Ti ho nascosto in quella vecchia casa di periferia…e dopo tre giorni sei ritornato.-
L’ennesimo calcio.
-Ti ho venduto a dei mercanti francesi…e dopo sei mesi eri di nuovo davanti al portone della mia casa.-
L’ultimo calcio. Il cofanetto si aprì.
-Ti ho celato per due anni nelle cantine della mia casa…ma tu tornavi sempre indietro.-
Dopo l’ultima frase, si chinò a raccogliere il contenuto del bauletto. Raccolse i suoi vecchi occhiali da vista. Erano ancora macchiati di sangue. Con un colpo secco, li spezzò a metà, gettandoli poi a terra e calpestando le lenti.
Riprese il suo vecchio pigiamino azzurro, quello che indossava sempre quando era bambino. Anche quello era sporco di sangue.
Luxor lo gettò a terra, passandoci sopra come fosse uno zerbino.
Ed infine, quel grande coltellaccio da cucina. Lo raccolse lentamente, quasi temendo di rompere quell’arma che aveva distrutto due vite innocenti. Quell’arma con cui aveva ucciso i suoi genitori adottivi.
La lama macchiata da sangue innocente…tanto sangue innocente…
Luxor pensava di essersi liberato di tutti quei ricordi…di quel peccato che incombeva nella sua anima…
Il coltello gli cadde dalle mani. Indietreggiò di qualche passo, andando a sbattere contro la porta.
-Sto diventando pazzo… sto diventando pazzo…- sussurrò, mentre lentamente si accasciava a terra. Sentiva le voci dei suoi genitori adottivi…sentiva i loro gemiti, le loro urla…

‘Basta, Luxor, noi ti vogliamo bene!’
‘Lasciaci in pace, ti prego…’
‘Volevamo solo farti una sorpresa...una bella sorpresa.’

‘Il mio bambino…ti supplico, fermati!’
‘Metti fine a questa tortura.’

-LASCIATEMI! VOI SIETE MORTI…E I MORTI NON PARLANO!- gridò Luxor, tenendosi la testa fra le mani e raccogliendo le ginocchia al petto.
-BASTA!- Urlò, mentre fredde lacrime iniziavano a solcargli il viso.

-Sto impazzendo…STO IMPAZZENDO!-

 

Angolino di Feli la pazza
Mmh.
Cos’è sta’ schifezza? Ah, giusto…il mio nuovo capitolo.
Penso sia un po’ confusionario, ma se siete degli angeli scesi sulla terra dovreste capirci qualcosa.
Duuunque. Abbiamo Mizael leggermente preoccupato dalla scomparsa di Ike, Elanna che si scopre sa suonare il flauto (anche se la cosa non è importante…) e che ha tatuato sul collo il simbolo dei Barianz. (Anche se già Vector aveva notato qualcosa, mmh.)
Intanto Ike, dopo un’azione disperata,  perde il duello contro quella tro-AEHM Zelda e il suo corpo precipita nel Mare Bariano, mentre la sua anima viene divorata da un certo Don Thousand.
E poi abbiamo Rei e Luxor che passeggiano per strada come due fidanzatini…no. Scambiano qualche chiacchiera (anche qualcosa di divertente, altrimenti il capitolo è troppo drammatico.) E si scopre che, quando aveva dieci anni, Luxy ha ammazzato madre e pare adottivi (per motivi che, se sarò clemente, spiegherò nel prossimo capitolo.)
In oltre, uno dei sogni di Elanna è finalmente rivelato! (Ricordate che lei aveva sognato un bambino che ammazzava i propri genitori a coltellate…?)
Vabbe, vi ho rotto abbastanza. Vado e forse torno.

 

 

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Capitolo 13
*** "Sei fiera di me, mamma?" -Cit Luxor ***


Luxor si era addormentato con la schiena poggiata contro la porta della sua camera, ancora chiusa a chiave, la camicia e i jeans blu stropicciati ancora indosso e il coltello insanguinato tra le mani. “Eppure ero sicuro di averlo lanciato lontano da qui…perché è di nuovo tra le mie mani? Mi perseguita…si, mi perseguita, questo stupido coltello…”
Aveva passato una notte orribile, tra incubi e ricordi del suo passato. Probabilmente aveva anche urlato. Sospirò tremante. –Hai passato…sei anni della tua dannatissima vita…tentando di dimenticare…adesso però, Luxor, ricorda. Ricorda tutto, Luxor, ogni singolo particolare del tuo passato. Non tralasciare nessun dettaglio. Nessun particolare. Ricorda tutto, Luxor.
Non. Scordare. Più. Niente.-

Luxor afferrò carta e penna. Si sedette alla scrivania e iniziò a scrivere di getto, prima che i particolari gli sfuggissero di mente. E iniziò a mettere per iscritto ogni singolo dettaglio della sua vita. Non doveva più dimenticare .
Sono pazzo, mamma, lo so. È una lettera per il Paradiso, questa. Perché tu sei lassù in Paradiso, vero? Ho provato a dimenticare tutto, ma non ne sono capace. Così…ho pensato che rivolgermi a te è stata la cosa migliore. Tu sei così saggia. Ti scrivo questa lettera…così saprai aiutarmi. Anche se, in fondo, so che non riceverò alcuna risposta. Scrivendo tutto questo, forse, non dimenticherò più niente e sarò finalmente libero. Libero da tutto.
“Non mi risponderai, io lo so…ma devo sfogarmi e tu sei sempre stata il mio mito, il mio idolo. E gli idoli non deludono mai i propri fan, vero? Tu non mi deluderai e di questo sono certo.”
Continuava a muovere la penna nel sul foglio, riempiendolo di ogni aneddoto della sua vita.

Ti voglio bene, mamma. Non mi abbandonare mai.- disse Luxor, abbracciando la madre. Lei lo accarezzò dolcemente, scompigliandogli i capelli castani. -Ci sarò sempre per te, Luxy. Ricordalo: non ti lascerò mai.
“E invece mi hai abbandonato…ti ricordi? Eri nella polizia, io lo ricordo bene, anche se ho tentato di dimenticare. Stavi tentando di sventare una rapina, con altri due agenti. Era il tuo lavoro, il vostro lavoro. Ma i rapinatori erano armati. E tu ti eri avvicinata troppo. Un colpo solo ed eri a terra. Hanno fatto di tutto. Ma era una ferita mortale. E sai cosa  mi diedero, per colmare il vuoto della tua perdita? Una stupida medaglia d’oro. La conservo ancora, sai, mamma? E mi ricorda che sei morta per una buona causa. Forse non era così stupida, dopotutto.”

-Piccolo…io mi chiamo Daphne. Ti abbiamo adottato, così non sarai più solo.- Luxor guardò la donna dai caldi occhi castani davanti a lui.
-Cosa vuol dire ‘adottato’?- domandò titubante il bambino. Daphne sorrise, tentando di infondere coraggio nel cuore del piccolo.
-Vuol dire che…io sono la tua nuova mamma.- spiegò la donna, accarezzando lievemente la testa del bimbo. Lui strinse forte la medaglia d’oro che gli era stata data in memoria della sua vera madre. L’aveva conservata nella tasca destra del suo giubbottino grigio.
-Io non voglio un’altra mamma. Non ho bisogno di una nuova mamma. La mia unica mamma…è andata in cielo.- aveva affermato con sicurezza, lasciando sorpresa Daphne.

“La mia unica mamma sei tu. E lo sarai sempre. Daphne mi ha sempre riservato l’affetto di una vera madre ma…non sono mai riuscito a chiamarla mamma. Nonostante lei mi chiamasse ‘figlio’, io non potevo chiamarla ‘mamma’. Chissà, forse ti saresti sentita…abbandonata? Se avessi chiamato qualche altra donna ‘mamma’, tu ti saresti arrabbiata?

-Nikandros, lui è…- iniziò Daphne. Il marito, però, la zittì con un cenno seccato della mano.
-Taci, sono molto occupato!- esclamò, non degnandola di un’occhiata. Il piccolo Luxor storse il naso, non apprezzando il comportamento del suo…nuovo ‘Papà’. Daphne posò la mano sulla spalla del bambino.
-È solo molto preso dal lavoro da scienziato…stai tranquillo, è felice di accoglierti nella nostra famiglia.-
“Ma Nikandros non mi voleva bene, mamma. Non me ne ha mai voluto. Un giorno rovesciò, per sbaglio, una provetta di mercurio. Io ne ingoia qualche goccia. Daphne era terrorizzata, pensava che mi sarebbe successo chissà cosa. E invece io ero sano e salvo. Nikandros ne rimase talmente stupito, che da allora iniziò a farmi esperimenti su esperimenti, tenendomi sveglio anche intere notti e iniettandomi qualsiasi di tipo materiale dannoso per l’uomo. Dopo diversi mesi di esami e analisi, scoprì che il mio sangue era anomalo. Disse anche che il mio DNA era solo al 50% umano, che l’altro 50% apparteneva a chissà quale razza aliena. E questo lo metteva in paranoia”.

-Ti rendi conto, Daphne? Abbiamo scoperto un ragazzino per metà umano, la cui altra metà appartiene ad una razza sconosciuta. Con questo potremo diventare famosi e ricchi e…-
-No.- lo interruppe Daphne, incrociando le braccia al petto, contrariata.
-Cosa vuol dire ‘no’?- domandò stupito Nikandros. –Hai idea della sciocchezza che hai appena detto? Tu non vuoi rendere pubblica una scoperta del genere?!- continuò, tra lo scioccato e l’irritato.
-Luxor non vuole. Non vuole diventare un fenomeno da baraccone alla mercé degli scienziati. Lui vuole solo una famiglia che gli voglia bene.- spiegò Daphne.
-Non mi interessa cosa vuole quel moccioso! Io ho intenzione di dirlo a tutti e…-
-NO!-  urlò Luxor, che da dietro la porta della camera dei due aveva capito, almeno in parte, il discorso dei genitori adottivi.
-Non voglio diventare oggetto di studio solo perché…sono speciale. E se questo argomento verrà toccato ancora una volta, giuro che scappo di casa!- gridò il bambino, correndo poi a chiudersi in camera sua.
Daphne guardò irata il marito, che rispose con una delle sue migliori occhiatacce.

“Non sono mai scappato di casa, perché, infondo sapevo che Daphne mi voleva bene. Ed era lei che mi consolava quando piangevo. Era lei che mi cullava quando non riuscivo a dormire. Era lei ad opporsi ai desideri del marito per salvaguardare la mia identità. Ma, alla fine, mi tradì anche lei.
Da qualche giorno, Nikandros era diventato più gentile nei miei confronti. Speravo si fosse tolto l’idea di rendere pubblica la mia…’scoperta’. Aveva iniziato a inscatolare tutti i registri che mi riguardavano e tutti i risultati dei miei esperimenti. Ma poi quella telefonata rovinò tutto.”

-Certo, potrai vederlo presto. Si. Ci vediamo fra cinque minuti. Ti aspettiamo.- disse Nikandros, concludendo la lunga telefonata. Si guardò intorno. Tutti i registri e le foto erano chiusi negli scatoloni di cartone. Erano pronti.
-Tra qualche minuto sarà qui.- annunciò l’uomo alla moglie. Daphne lo guardò sorridente. –Il piccolo ne resterà sorpreso.- esclamò.
-Abbiamo fatto la scelta migliore. Per lui…e soprattutto per noi.-
Luxor non aveva capito, a causa della sua sordità, tutto il discorso fatto dai genitori adottivi al telefono. E pensava che quell’uomo fosse qualche scienziato venuto a vederlo. Immaginava che Daphne fosse d’accordo col marito, perché non aveva opposto resistenza. E Luxor si sentì tradito.

“Presi quel grande coltello che tenevano nascosto in cucina. Lo nascosi dietro la mia schiena e mi avvicinai a loro. Daphne mi venne incontro, sorridendo, stava per aprire bocca per dirmi qualcosa. Ma ciò che aveva da dire non fu mai proferito.
Una coltellata dritta al cuore. Cadde a terra senza fiatare. E Nikandros fece la stessa fine. Se la mia idea iniziale era ucciderli, distruggere tutte le prove e i test su di me e poi scappare…cambiai idea molto in fretta. Non so perché, ma provai l’impulso di…di far loro ancora del male. Sentivo il desiderio di deturpare così tanto i loro volti da renderli irriconoscibili; di farli in pezzi così piccoli che ci sarebbero voluti anni solo per capire la differenza fra una parte di cuore e quella di un rene…
Mamma, se il solo mio pensiero ti può far rabbrividire, prova a pensare quando quel desiderio si è tramutato in realtà. Perché si, deturpai i loro volti al punto di renderli irriconoscibili e distrussi i loro cadaveri in pezzi così piccoli da poter sembrare dei puzzle.
E scappai lontano, nascondendo le prove: il coltello, i miei occhiali e il mio pigiama azzurro macchiati di sangue. Se penso alla faccia dell’uomo con cui Nikandros e Daphne stavano parlando cinque minuti prima, che entrava e trovava quello spettacolo…mi viene da ridere.
Si, mi viene da ridere!  E sto ridendo anche adesso che ci penso. Sto ridendo perché ancora oggi, nessuno è riuscito a ricomporre i cadaveri.”

La calligrafia di Luxor si faceva tremante, per le risate sadiche che continuavano ad uscire dalla sua bocca.
“Sai, mamma. Dopo essere fuggito venni accolto in casa da un’anziana e ricca donna di nome Keiko. Mi ha cresciuto fino all’anno scorso, data in cui è morta. Ma non l’ho uccisa io, mamma. Anche se il pensiero di farlo, ogni tanto, mi aveva sfiorato la mente. Oggi vivo con Caleb, l’unica figlia di Keiko, e condivido con lei e la servitù l’enorme villa. 
Sei fiera di me, mamma?”

Luxor non riusciva più a scrivere. Era stesso a terra, battendo i pugni contro il pavimento e rotolandosi come un dannato. Per le risate.
-Sei fiera di me, mamma?!- urlò il ragazzo, mentre quell’inquietante risata maniaca usciva dalla sua bocca senza freno.
La sveglia, in quel momento, suonò le sette precise. Ma neanche quel trillo acuto riusciva a coprire le folli risate di Luxor.
 

 

***

“Perché Luxor non è venuto a scuola?! Significa che dovrò passare sei ore da sola?!” pensò Elanna, non vedendo arrivare il suo amico.
“Spero abbia una buona motivazione, per quest’assenza!”
Il preside aveva chiamato gli studenti di tutte le classi, perché doveva dare un annuncio importante. Molto importante. E l’Auditorium era pieno a scoppiare. Si riunivano sempre lì, quando il preside doveva comunicare qualcosa.
Elanna era seduta su una delle sedie dell’ Auditorium, con gli auricolari nelle orecchie e la musica al massimo. Si stava annoiando tantissimo, senza Luxor. Non sapeva per quale motivo, ma il suo amico si era assentato. E dire che lui sembrava tutto tranne il ragazzo che saltava un giorno di lezione! Aveva anche tentato di chiamarlo, ma inutilmente.
 “Forse sta male…ma Rei mi ha detto che ieri era sano come un pesce. Bah…” aveva pensato Elanna, mentre selezionava la canzone da ascoltare.
Dopo qualche minuto, aveva perso la percezione della realtà, ritrovandosi immersa nelle note della melodia.
Stava sentendo la canzone di un certo…Eugenio Bennato. ‘Ritmo di Contrabbando’.
Non era la prima volta che l’ascoltava, le piaceva, nonostante non capisse niente di quello che si cantava. La lingua era un misto tra italiano e vari dialetti meridionali. O almeno, così le era sembrato di capire. Aveva un ritmo coinvolgente e bello da sentire. Dopo aver cercato su Internet aveva scoperto che quel genere di musica si chiamava ‘Tarantella’ e che era un ballo popolare nato in Puglia, una regione d’Italia.
Senza rendersene conto, aveva iniziato a cantare sottovoce alcune strofe della canzone.
-…Quando sona la tammorra
è il mio sud che sta partendo
come parte Don Chisciotte
contro i mulini a vento…-

Rei la distrasse da quella canzone così bella quanto complicata, strappandole l’auricolare sinistro.
-Ehy, ma che fai?! Non vedi che sto ascoltando…?- esclamò la ragazza, sgranando gli occhi blu elettrico e guardandolo leggermente irritata.
-Ascolta! È importante quello che sta dicendo il preside.- rispose Rei. Elanna sbuffò, togliendo anche l’altro auricolare  e infilando tutto in tasca.

-…Mezzo secolo di vita per una scuola non è tanto, ma neanche poco. Nelle aule che oggi occupate voi hanno studiato altre generazione di ragazzi e hanno insegnato professori che oggi, sfortunatamente, non ci sono più…-
Stava dicendo il preside, ma Elanna non aveva sentito il discorso dall’inizio e non riusciva a capire il senso logico di quanto si stava dicendo.
Si avvicinò a Tori, che sedeva alla sua destra, e le chiese sottovoce.
-Ma di cosa diamine sta parlando, quello?!- domandò confusa. Tori ridacchiò, avvicinandosi a sua volta all’amica.
-La scuola compie cinquant’anni e il preside a in mente di organizzare una festa in maschera per studenti e insegnanti.-
-Una festa in maschera? Dici sul serio?- chiese Elanna, mentre Tori annuiva energicamente e tornava a concentrarsi sul discorso del dirigente scolastico. Elanna fece lo stesso, nonostante la voce strascicata di quell’uomo l’avrebbe fatta addormentare da un momento all’altro.

Il discorso era terminato qualcosa tipo un’ora dopo. La nota positiva:
Aveva saltato la lezione di matematica. Il lato negativo:
Yuma era stato costretto a portarla di peso fuori, perché si era appisolata sulla sedia. E non c’è cosa peggiore che stare vicino a Yuma per più di cinque minuti. Difatti Elanna si era guadagnata un graffio sul ginocchio.
-Mi dispiace, non volevo! Sono inciampato e…- si stava scusando il ragazzino, mentre lei applicava un cerotto sul piccolo taglio.
La ragazza lo zittì con un cenno della mano, sorridendo per rassicurarlo.
-Tranquillo. Non devi preoccuparti, non mi fa tanto male. E poi io cado già da sola, ci sono abituata.- disse Elanna, scompigliandoli i capelli.
Yuma sorrise, mentre l’amica si dava una ripulita all’uniforme scolastica.
“Se avessi avuto i pantaloni non sarebbe successo niente…chissà, forse posso chiedere al preside se mi permette di indossare la divisa maschile.”
-Dovrai spiegarmelo, un giorno.- iniziò a parlare Elanna, rompendo il silenzio creatosi tra i due studenti. Yuma la guardò confuso, non riuscendo a capire a cosa si riferisse l’amica.
-Spiegarti cosa?- domandò infatti. Lei ridacchiò, nascondendo il sorrisino dietro la mano sinistra.
-Come diamine fai a tenere i capelli così? Mi sembrano gli aculei di un porcospino!- esclamò, mentre indicava con l’indice la capigliatura di Yuma. Quest’ultimo si toccò un ciuffo di capelli, come per controllare cosa ci fosse di così strano. –A me sembrano normali!- disse infine, allargando le braccia. Elanna scosse la testa divertita, mentre rideva.
-Se i tuoi capelli sono normali, io non mi chiamo Elanna!- continuò lei, mentre districava i nodi dei suoi capelli neri.
-Beh, allora io giudico anormale…ehm.- Yuma cercò qualcosa di strano nella ragazza davanti a lei, ma non trovava niente di anomalo. Si grattò la testa per qualche secondo, mentre tentava di farsi venire un idea. Poi indicò con un cenno del mento il collo della ragazza.
-…io giudico anormale quel tatuaggio che hai sul collo.- disse, incrociando le braccia al petto e guardandola con aria trionfante.
Il sorriso di Elanna si spense all’istante.
-Tatuaggio? Quale tatuaggio?- chiese, realmente stupita. Yuma indicò il segno che aveva sul collo. –Quello.-
La ragazza si toccò con la punta delle dita il simbolo impresso sulla sua pelle. Aggrottò le sopracciglia, confusa.
-Non…non ricordavo di questo…coso. Non sapevo nemmeno di averlo.- mormorò, tentando di ricordare come si era ‘guadagnata’ quel simbolo marchiato sul suo corpo.
Intanto Astral era comparso al fianco di Yuma e osservava serio la situazione. Una situazione che non gli piaceva per niente.
 –Yuma.- lo chiamò, richiamando l’attenzione del ragazzo.
-Che c’è?- domandò l’altro. L’espressione dell’essere astrale rimase impassibile, nonostante avesse seriamente paura della vera identità della ragazza, che ancora guardava allibita il tatuaggio sul suo collo.
-Quel marchio…non lo riconosci?-
Lo sguardo di Yuma si fece più acuto, nel tentativo di capire cosa volesse dire Astral. Poi, una volta tanto, un barlume di intelligenza sembrò riscuoterlo. –Non è lo stesso emblema che usano i bariani per prendere sotto controllo le menti degli umani?- chiese. Il fantasma annuì appena, mentre Yuma impallidiva.
-Vuol dire che Elanna…?- Non riuscì a terminare la frase che un ceffone lo fece girare due volte su se stesso.  –Ma che diamine…- iniziò, fissando Elanna. –Perché mi hai colpito?!- chiese, alzando il pugno chiuso in direzione dell’amica. Lei ridacchiò.
-Stavi parlando da solo, così ho pensato che uno schiaffo poteva farti tornare alla realtà.- disse, sorridendo maliziosa.
-Momento, momento, momento!- esclamò Yuma, portando  le mani all’altezza del petto, come se volesse difendersi da un’accusa. –Significa che tu non vedi Astral??-
Elanna lo guardò perplessa. –Astral…?- poi tornò a sorridere, convinta di aver capito la situazione. –Ah, è il tuo amico immaginario! Ma…non pensi di essere un po’ troppo grande per degli amici invisibili?-
Yuma si portò le mani ai capelli, ormai totalmente confuso, e iniziò a sbattere i piedi per terra. –Ma io non ci capisco niente!- urlò.
-I bariani dovrebbero vederlo! Solitamente è così!-
Un altro ceffone lo fece calmare. –La pianti? Adesso ho la guancia che mi fa male!- aveva protestato il ragazzino.
-Devi piantarla di piagnucolare come un bambino, capito? Tu sei un uomo e non un bambinetto dell’asilo, quindi smettila di essere così infantile. Altrimenti ti tiro un altro schiaffo.-
-No, no, no! Non ci tengo.- esclamò Yuma. Appena terminata la frase, una mano si posò sulla spalla sinistra del giovane studente, tirandolo lontano da Elanna di qualche passo.
-Quella è una violenta, si sa.- disse la falsa voce flautata di Leyla. Somigliava tanto ad una raccomandazione della ragazza per Yuma, ma allo stesso tempo un’offesa per Elanna. La corvina stringeva i pugni talmente forte che le unghie le stavano lasciando dei segni sui palmi delle mani. Probabilmente si stava trattenendo dall’istinto di picchiare quella ragazza.
Ragazza che, tra l’altro, Yuma neanche conosceva.
-Ma guarda un po’, lo ignoravo!- ironizzò Elanna. –Comunque, se ho questa fama, buono a sapersi.-
-Non provare ad alzare le mani su di noi!- è intervenuta una studentessa bionda, poggiando una mano sulla spalla destra di Yuma.
-Alzare le mani? Su di voi? Non lo farei mai! Me le imbratterei con tutto il trucco che vi spalmate addosso.- ribadì Elanna, mentre un gruppetto di studenti curiosi si era formato intorno alle ragazze. Alcuni incitavano la rissa, battendo le mani e fischiando.
-Sei solo una mocciosa!- aveva gridato Cristina, avvicinatasi alle sue due odiose amiche.
-E voi, allora, delle stupide che vanno dietro ad una mocciosa.- si impuntò Elanna, guardando le tre ragazze con gli occhi blu carichi di odio.
-A chi hai dato della stupida?!- aveva gracchiato Ginevra, pronta a colpire la ragazza con uno schiaffo. I capelli biondi si mossero attorno a lei. Sembrò rallentare tutto, per un instante. La folla trattenne il fiato.
Yuma si parò davanti all’amica, allargando le braccia per difenderla.
-Non la toccare, stupida oca-  aveva detto arrabbiato: non sopportava che qualcuno facesse del male ai suoi amici. Strinse i denti, mentre aspettava di ricevere il terzo ceffone in meno di un’ora. Ma la sberla non arrivò mai.
Fu Ginevra ad urlare di dolore e girandosi capì meglio il perché. Strabuzzò gli occhi, incredula. Elanna le teneva saldamente il polso, con una forza che non credeva umana. –Lasciami!- gridò la bionda, tentando inutilmente di liberarsi dalla stretta di ferro della corvina. Né Leyla né Cristina avevano il coraggio di farsi avanti.
-Non ci provare, lurida stronza.- aveva mormorato Elanna, in modo che solo Ginevra potesse sentirla. –Se volevi picchiare qualcuno…- continuò, guardando la bionda minacciosa, ma alzando la voce. -…hai sbagliato i tuoi calcoli.-  Gli occhi della ragazza brillavano di una luce talmente strana, tanto da diventare di un innaturale colore rosso sangue.
-Io non volevo…- tentò di difendersi Ginevra, ma non riuscì a terminare la frase che un urlo acuto le partì dalla gola. Elanna le aveva velocemente cambiato la posizione del braccio e poi, con più lentezza, gli stava facendo assumere un aspetto innaturale.
-Ma che fai??- gridarono in coro Ginevra e Yuma; con una piccola differenza: lei lo gridò, facendosi sentire da tutti mentre il ragazzino, che ormai non ci stava capendo più niente, quasi lo sussurrò.
Mizael, che aveva osservato impassibile e silenzioso il litigio dall’inizio ebbe la cortezza di rispondere a entrambi. –Non è ovvio? Vuol romperle il braccio.-

Yuma strabuzzò gli occhi all’affermazione del ragazzo biondo.
Vuole spezzarle il braccio.
Ma stava scherzando?! Per quanto quella ragazza potesse essere antipatica e odiosa non poteva certo lasciare che Elanna compisse un gesto del genere! Si mosse non appena le urla di Ginevra si fecero più acute. –No!- gridò Yuma. –Non farlo!-
Afferrò un braccio della corvina per fermarla ma non pensò minimamente ad una reazione di quest'ultima. Accade tutto così velocemente che non ebbe nemmeno il tempo di capire cosa fosse successo. Si ritrovò solo con un forte dolore al naso e la testa che girava.
Elanna l'aveva colpito sul setto nasale con il gomito. La ragazza, appena si rese conto di aver fatto male al suo amico, sentì la rabbia svanire. Ginevra , lasciata libera e dolorante, cadde drammaticamente a terra, raggiunta subito dalle due amiche che le facevano da ombra. Venne allontanata prontamente, mentre Yuma si inginocchiava a terra tenendosi il naso. Tra le dita scorrevano rivoli rossi, incontrollati.
Nel frattempo, il baccano aveva richiamato l'attenzione del preside, accorso prontamente sulla "scena del crimine". Tutti gli studenti che si erano fermati a guardare, si defilarono in fretta. Mizael escluso, che rimase a guardare cosa sarebbe successo.
-È intollerabile un comportamento del genere nella mia scuola!- urlò infuriato. Guardò con gli occhi carichi d’odio i ragazzi presenti, per poi soffermarsi su Yuma. –Vai in infermeria.- disse semplicemente, mentre lui si defilava in fretta. Il dirigente rimase a guardare come un falco  gli studenti davanti a sé. Il suo sguardò passò da Elanna a Ginevra, da Mizael a Cristina e Leyla.
La ramanzina del preside fu lunga quanto noiosa: Elanna venne aspramente rimproverata per aver quasi spezzato il braccio alla compagna, ma lei rimase piuttosto indifferente alle parole dell’uomo.
Ginevra e le sue due amiche si erano sorbite un lungo discorso sul bullismo e questioni simili. Ma talmente lungo che Elanna aveva quasi provato pena per loro. Quasi.
Il dirigente scolastico non aveva ben capito il ruolo di Mizael in tutta quella faccenda, in realtà neanche Elanna era riuscita a comprendere perché fosse rimasto lì e non se ne fosse andato come gli altri studenti, e si era limitato a dirgli, scocciato: “Saresti dovuto intervenire subito o chiamare qualcuno per fermare il tutto, invece di rimanere a guardare.”
Mizael aveva incrociato le braccia al petto, la lavata di testa dell’umano non gli faceva né caldo né freddo,  e si era limitato a rispondere: -C’erano una dozzina di studenti che non hanno mosso un dito, non vedo il motivo per cui io non avrei dovuto fare lo stesso.-
La risposta sfacciata del bariano non fece altro che aumentare la collera del preside. E probabilmente sarebbe esploso se qualcuno non l’avesse chiamato.
-Signor Preside! Signor Preside!- gridò uno studente dalla divisa verde acqua. –C’è un ragazzo che si diverte a picchiare gli studenti di una delle classi.- Il dirigente sbuffò, scocciato. –Lo farò sospendere immediatamente!- esclamò, aggiustandosi il papillon rosso che portava al collo. Lo studente, però, riprese a parlare. –Ehm…non può, preside. Questo ragazzo non frequenta questa scuola!-

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Capitolo 14
*** "Sei un aborto mancato" -Cit Mizael ***


-TU!- Urlò il preside, guardando con i suoi freddi occhi grigi tutti gli studenti presenti nel cortile. Aveva il fiatone per la corsa che aveva dovuto farsi pur di raggiungere il teppistello che stava picchiando studenti a caso. Perché, giustamente, un ragazzo la mattina si sveglia e pensa: ‘Che noia, non ho proprio niente da fare. Mah. Andiamo a picchiare qualche studente in una scuola qualunque…’
Mai una gioia.
-Non provare ad alzare le mani su un altro solo di questi studenti. Giuro che ti faccio arrestare!-
Il ragazzo si girò, abbassando il cappuccio nero della felpa. I capelli biondi gli incorniciavano il viso serio, coprendo anche uno degli occhi azzurri. Profonde occhiaie cerchiavano questi ultimi, lasciando intendere che avesse dormito molto poco in quelle notti. Elanna, che aveva inseguito insieme a Mizael il preside, si lasciò sfuggire dalla bocca un gridolino sorpreso appena vide il viso del ragazzo, mentre un’espressione scioccata si dipingeva sul volto suo volto.
Mizael lanciò un’occhiataccia alla ragazza. –Cos’è quella faccia?- domandò, incrociando le braccia al petto. Lei non lo ascoltò neanche.
-Mirko?!- gridò incredula, correndo incontro al ragazzo e afferrandogli il braccio destro.
-Cosa diamine ci fai qui?!- domandò, stringendo la presa e guardandolo con occhi arrabbiati. Lui la fissò a sua volta. I freddi occhi azzurri di Mirko contro quelli blu elettrico di Elanna.
-Ti cercavo.- disse solamente, come se fosse una cosa normale. Lei storse il naso a quella affermazione, leggermente infastidita.
-Picchiando i miei compagni di classe?-
Mirko fece le spallucce, riacquisendo la sua solita aria arrogante.
-Non mi dicevano dov’eri. Se lo sono meritati.-
Dio, quanto Elanna lo odiava quando faceva così.
Roteò gli occhi. –Sei sempre il solito manesco.- osservò seria. –E adesso ripetimi perché sei qui.-
-Per metterti in guardia.- rispose Mirko, tentando di poggiare la sua mano sulla spalla della ragazza, ma lei si scansò immediatamente.
-Spiegami cosa vuoi davvero, Calleran! Tu tieni a me almeno quanto ci tieni a pulire la tua camera.- Il biondo fece per protestare, ma Elanna non gli lasciò neanche iniziare la frase . –E l’ultima volta che sono entrata nella tua stanza c’erano un paio di calzini sul lampadario.-
-Si, ma…- iniziò Mirko, tentando di parlare.
-E poi questo non ti da l’autorizzazione di venire qui a far quel che cavolo di pare!-
-Certo, però…-
-E soprattutto mi devi spiegare il vero motivo per cui sei qui!-
-Se mi lasci parlare…-
Elanna avrebbe voluto continuare, ma la voce del preside la riscosse dai suoi pensieri, facendole dimenticare ciò che stava per dire.
-Castelli!- la richiamò. –Tu conosci questo…questo teppista?- la voce leggermente incredula. Lei si girò, fissando seria il dirigente scolastico.
-Si. Sfortunatamente.-
Mirko fece un passo in avanti, mentre afferrava per un braccio Elanna. La corvina tentò invano di staccarsi da lui.
 –Adesso mi son rotto a sentire tutte ste’ storie. Se questi mocciosi mi avessero detto subito dove si trovava lei- indicò con un cenno del mento la ragazza che teneva stretta accanto a sé. -…non avrei fatto niente di tutto ciò. E poi…-
Il biondo portò una mano davanti al viso e schioccò le dita.
-Tornate a dormire.- sussurrò appena.
E poi successe tutto in attimo.


Il vento smise di soffiare, gli uccelli di volare. Il silenzio tombale calò tra loro, interrotto ogni tanto solo dal respiro irregolare di Elanna.
Tutti i presenti sembravano essere pietrificati. Nessuno si muoveva. Gli studenti erano bloccati in una singola posizione: chi con la bocca spalancata, chi con l’indice puntato contro Mirko, alcuni addirittura fermi a mezz’aria. Il tempo sembrava essersi fermato.
-Come hai fatto?- domandò Elanna sbalordita. –E poi…'Tornate a dormire?’ Poi sono io la fissata con le Creepypasta!-
Il ragazzo rimase in silenzio. Gli occhi che fissavano un punto imprecisato, come quello di un’aquila alla ricerca di una preda.
Un’aura rossastra iniziò ad avvolgere il corpo di Mirko.
-Hai bloccato il tempo e adesso…cosa stai facendo?-
Nessuna risposta. Non da parte di Mirko, perlomeno.
-Cosa sei?-
La fredda voce di Mizael.
Elanna lo guardò attentamente. Anche lui era circondato dalla stessa aura rossastra.
-Potrei farti la stessa domanda.- replicò Mirko. –Dovresti essere bloccato. Come tutti gli altri.-
-Quelli come me non sono soggetti a questo genere di poteri.-
I due si fissarono a lungo e se gli sguardi potessero uccidere, entrambi sarebbero già morti. Elanna tossicchiò, tentando di attirare l’attenzione dei due.
-Beh…Mizael, Mirko. Mirko, Mizael.-
Pensava di rompere il silenzio, lei, la povera e ingenua Elanna.
-Non sei umano.- sentenziò Mirko.
-Neanche tu.- rispose Mizael serio. L’altro ghignò.
-Solo per metà.-
Lo sguardo di Elanna passava rapidamente da un ragazzo all’altro, non capendo però di cosa stessero parlando. Preferì rimanere in silenzio, per una volta, e ascoltare come il discorso tra i due.
Mizael si avvicinò lentamente, come se avesse a sua disposizione tutto il tempo del mondo. Beh, la cosa, effettivamente, aveva senso dato che Mirko aveva fermato lo scorrere del tempo.
-Sei un bariano.- disse Mizael, talmente serio che anche un morto avrebbe sorriso un pochino di più.
-Ribadisco: solo per metà.- fu la risposta che ricevette. Storse il naso, come se fosse disgustato.
-Sei un aborto mancato.- disse Mizael.
-Lo so.-
Elanna s’illuminò improvvisamente. –Visto? L’ho sempre detto che eri un aborto mancato!- esclamò la ragazza, contenta. Poi le venne un dubbio. –Aspetta…e perché lo saresti? Cioè…io l’ho sempre detto per scherzare e ti sei arrabbiato e adesso arriva lui e te lo lasci dire. E poi cos’è un bariano? Non si dice ‘barese’?-
Mirko scosse la testa.
-I bariani non sono esseri umani, Ely. Provengono dal Mondo Bariano, non dalla città di Bari.-
-Quindi sei un alieno? Forte!- esclamò Elanna avvicinandosi a Mizael, come per osservarlo meglio. Lui rimase impassibile, gli occhi azzurri fissi in quelli di Mirko.
-Tu sei un…mezzosangue.- replicò Mizael, facendo una smorfia.
-Esattamente.- confermò Mirko.
-Mezzosangue? Come quelli di Harry Potter? O come quelli di Percy Jackson?- intervenne Elanna, sempre più confusa dalla situazione.
-Sono per metà umano e per metà bariano. Quindi un mezzosangue.-
-Quindi un aborto mancato.- Aggiunse Mizael. –Nel Mondo Bariano, è a noi vietato avere rapporti con gli esseri umani. I mezzi bariani sono inutili alla specie, ma provocano grandi danni a causa dei loro poteri incontrollabili. L’esistenza di Mirko è praticamente inutile. Ed estremamente pericolosa. Almeno per noi bariani puri.-
Elanna incrociò le braccia al petto, infastidita dall’atteggiamento di Mizael. Non era spaventata dall’idea di essere tra un alieno dall’atteggiamento odioso e un mezzo alieno altrettanto odioso.
-Ora si che sembri Draco Malfoy.- Sbuffò la ragazza, alzando gli occhi al cielo. I due erano troppo presi a guardarsi negli occhi per ascoltare le sue parole. Anche lo sguardo di Elanna si alternò tra i due.
Erano incredibilmente somiglianti, tanto che potevano essere scambiati per fratelli. Solo che Mirko superava di diversi centimetri Mizael e quest’ultimo non andava dal parrucchiere, probabilmente, da molto tempo.
-Quindi. Siete un bariano e un mezzo bariano…e io perché non mi sono bloccata come gli altri?-
-Perché neanche tu sei umana.- rispose Mirko. -Per questo ero venuto a cercarti.-
Elanna rimase basita. –I-Io…non…s-sono…umana?- balbettò. Mizael afferrò la ragazza per i capelli e la avvicinò a sé. Lei si ritrovò con il viso premuto contro il petto del bariano e arrossì vistosamente.
-Questo.- il ragazzo indicò il marchio sul collo della ragazza. –Nel Mondo Bariano solo gli schiavi e i servi vengono marchiati con questo segno. Significa che non hai diritti ed appartieni solo a chi ti ha impresso quel simbolo.- spiegò serio.
-Sarei una schiava? E poi…non so chi sia stato a marchiarmi. Ma non ci tengo a scoprirlo!- sentenziò Elanna. Mirko riavvicinò la ragazza a sé.
-È per questo che ti cercavo. Voglio aiutarti.-
-A farmi ritrovare la mia forma bariana?- chiese lei.
-Si, anche per quello. Non so per quale motivo, ma non sei più in grado di tornare alla tua vera forma.-
-Che significa ‘Anche per quello’?
Mizael incrociò le braccia al petto e richiamò l’attenzione dei due, tossicchiando.
-Cosa c’è?- domando Elanna. Lo sguardo del bariano era gelido.
-Se vi azzardate a dire in giro la mia vera identità potreste non risvegliarvi più- li avvisò.
-Se diciamo in giro che sei un alieno, ci prendono per pazzi.- lo tranquillizzò Elanna, sorridendo. Aver appena scoperto di essere una bariana non sembrava averla turbata. Almeno all’apparenza.
Mizael si girò, fece qualche passo, per poi fermarsi. –Mirko.- chiamò.
-È un tuo potere bloccare il tempo o…?-
-Un tempo avevo un mostro numero. Era un drago. È stato lui a influenzarmi e darmi tale potere.-
Mizael rimase in silenzio qualche secondo.
-Adesso non è più in tuo possesso.- non era una domanda, ma un’affermazione.
-No. Ho preferito affidarlo a… qualcun altro.-
-Mmh.-
Mizael aprì un portale, per poi scomparire.
Un drago capace di bloccare il tempo? Sarebbe stato l’ideale, per lui. Peccato non fosse più nelle mani di quel mezzo bariano.
“Già. Peccato.”
Mirko ed Elanna rimasero lì, in silenzio, per un po’.
-Puoi far tornare il tempo normale?- chiese lei.
Il ragazzo annuì, schioccò le dita.
 E il tempo tornò a scorrere.

Le schioccò una seconda volta.
E i due scomparvero.

 

Oh, Mizael, perché non capisci?
Perché vorresti un drago che già possiedi?

Al destino non si sfugge, Mizael, la profezia ti riguarda. Non puoi sfuggire.
Non ne hai la forza. Ricorda.

“I due guardiani
In uno solo si uniranno,
se i tre coraggiosi
il cuore dell’oracolo scioglieranno.
Ciò che è stato ingiustamente diviso
unire sapranno:
due cuori innamorati
due fratelli da tempo separati;
i tre mondi la pace raggiungeranno
e contro la minaccia maggiore si uniranno.”

I due guardiani si uniranno, e presto. Luxor e Mirko lo sentono.
I tre coraggiosi sono pronti. Elanna è con loro.
Il cuore dell’oracolo lo conosci anche tu, Mizael.
‘Ingiustamente diviso’. Tutto è ingiusto di questi tempi, vero?
I cuori dei due innamorati non sono persi, Mizael. Zelda e Ike lo sanno.

I due fratelli sono ancora separati, ma tu puoi riunirli.
Dopotutto….

Mizael, non hai forse voglia di rivedere tuo fratello?


Angolo Autrice:
Si, trucidatemi. Cioè, cos’è sto capitoletto? Non è esattamente la perfezione…
DarkFeli: fa schifo.
Grazie, mi sei molto d’aiuto.
DarkFeli: l’hai detto anche tu che fa schifo, no?
Grazie, dico sul serio. Comunque…a parte queste stupidaggini vorrei ringraziare tutti quelli che stanno seguendo questa storia:
chi legge in silenzio, chi l’ha messa tra le preferite/seguite/ricordate e soprattutto tutti quelli che hanno recensito.
Davvero, grazie a tutti quelli che stanno seguendo questa storia. Grazie
DarkFeli: la smetti di ringraziare? Hai rotto.
Rovini sempre questi momenti, tu.
Comunque…vi saluto e alla prossima!

PS: si, sono una fissata delle creepypasta.

 

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Capitolo 15
*** "E sto per commettere un Mirkocidio" -Cit. Ely ***


-Quindi…come faccio a diventare una bariana?- domandò Elanna, accasciandosi sul divano di casa sua. Sperava che il Preside non si facesse domande su come avesse fatto a tornare a casa e soprattutto non la sospendesse per essersene andata prima da scuola, senza alcun permesso. Ma ovviamente era solo un desiderio. E poi aveva problemi ben peggiori, in quel momento.
Si era finta tranquilla quando Mirko le aveva detto di non essere umana. Ma in realtà era abbastanza spaventata. Okay, molto spaventata. E chi non lo sarebbe?
Insomma…peggio di quella volta che aveva giocato per la prima volta a ‘Slender: The Arrival’ ed era caduta dalla sedia alla prima interferenza.
Aveva dormito nel letto di suo fratello per una settimana quando quel maledetto spilungone senza faccia le era comparso davanti all’improvviso.
 E adesso che aveva scoperto di essere un’aliena, una schiava aliena, come avrebbe dovuto agire? Avrebbe dovuto dormire abbracciata a Mirko?
Le vennero i brividi al solo pensiero
“NO. Non pensarlo neanche, Ely. Non dire ca…volate. Cavolate. Ma cosa ti viene in mente quando sei sottopressione?”  si rimproverò mentalmente.
E suo fratello…come avrebbe fatto a dirgli che era una bariana? Cioè, sapeva di essere stata adottata ma…nessuno le aveva mai detto di essere un’aliena. In effetti, se non lo sapeva lei di essere un’aliena, non vedeva il motivo per cui avrebbero potuto sapere gli altri. Ma allora Mirko come aveva fatto a capire…?E Mizael? Forse per via del tatuaggio sul collo…ma se neanche lei l’aveva mai notato? E come aveva fatto a non farci mai caso?
E, soprattutto, perché non era ancora precipitata una navicella spaziale in testa a farle smettere di farsi così tante domande?
“Basta pensare, Ely, tanto non cambia niente. Mi scoppierà la testa se continuo a pensare.” Pensò, portandosi le mani al capo e stringendo tra le dita i capelli corvini. Anche se non voleva più pensarci, le domande che le ronzavano in testa non la lasciavano.
E se nel Mondo Bariano qualcuno la riconosceva come schiava? E se quel qualcuno era uno psicopatico sadico? E se…
-Elanna!- la chiamò Mirko. –Stai dormendo? Ti sto parlando di cose importanti, lo sto dicendo per il tuo bene!-
Lei annuì svogliatamente –Ti sto ascoltando, stai tranquillo.- tentò di rassicurarlo. Ma non era mai stata brava a mentire.
-Mmh…allora sei pronta.- disse il ragazzo, ghignando. Elanna si agitò leggermente, sbattendo le palpebre, confusa.
-…pronta per cosa?- domandò titubante. Mirko sospirò, socchiudendo gli occhi.
-Non stavi ascoltando. Ho detto che prima di usare a pieno tutti i tuoi poteri hai bisogno di sapere come trasformarti e devi imparare a spostarti da un mondo all’altro.- spiegò, incrociando le braccia dietro la schiena e avvicinandosi ad Elanna.
-Spostarmi? Intendi come ha fatto Mizael per andarsene…? In quel coso sbrilluccicante?- chiese lei , grattandosi la testa.
-Quel coso sbrilluccicante, come lo chiami tu, si chiama portale. Ed è la prima cosa che dovrai imparare a manipolare…senza finire a Parigi o a New York.-
-A me piacerebbe finire a Parigi o a New York…-  fece notare timidamente Elanna. Mirko scosse la testa.
-Non è questo il nostro obiettivo. Devi riuscire a creare un portale  per il Mondo Bariano.-
-M-ma…come? È troppo difficile per me! Non so come si fa!- esclamò la ragazza, allargando le braccia e abbassando la testa.
Mirko si chinò su di lei e le prese il mento con due dita, alzandole il viso.
-Senti, so che non è facile…ma se non provi è sicuro che non ci riuscirai mai. Ci impegneremo e…insieme riusciremo a farti ritrovare la tua vera forma. Ma dobbiamo provarci. D’accordo?-
Elanna, che era arrossita vistosamente quando il ragazzo le si era avvicinato, annuì. Non aveva mai negato che Mirko fosse un bel ragazzo, certo che no. Anzi. Solo non sopportava il suo carattere e quei suoi sbalzi umorali peggiori di una donna mestruata.
“Stai divagando” si rimproverò mentalmente.
-C-ci proverò.- confermò la ragazza, mentre Mirko si allontanava da lei.
-Bene. Allora iniziamo a incanalare i tuoi poteri.-
La faccia di Elanna era qualcosa tipo ‘Eh?’
-Se avessi ascoltato quello che ti ho detto poco fa, sapresti di cosa sto parlando. Adesso ti spiego…-
Il biondo si sedette accanto all’amica.
-Vedi, quello che ti sto per dire…accade soprattutto per i mezzi bariani come me, ma può succedere anche a bariani inesperti.-
-Come me.- intervenne Elanna.
-Esatto. Per usare i propri poteri e per assumere la propria forma, i più esperti si affidano al cristallo principale del loro corpo, quello che funge anche da cuore umano.-
-Mi stai dicendo che i bariani non hanno un cuore ma…un cristallo principale che lo sostituisce? Un cristallo…?Sul corpo..?- domandò Elanna. Era piuttosto confusa, non ci stava capendo molto di quello che le stava dicendo Mirko.
-…Ricordati, stiamo parlando di alieni. Dopo averti spiegato come trasformarti e farti aprire dei portali, ti farò capire anche qualcosa di anatomia. Ma adesso, in nome di Don Thousand, fammi parlare.-
-Chi sarebbe Don Thousand?- domandò lei. Era inutile provarci, non si poteva fermare la curiosità di quella ragazza.
-Ti spiegherò anche chi è Don Thousand, ma dopo. Adesso, non farmi bestemmiare, ma ascolta quello che ti devo dire.- rispose Mirko, sospirando. Elanna annuì.
-Stavamo dicendo…i bariani attingono i loro poteri dal cristallo centrale. Ma nel tuo caso, non riuscendo a trasformati, puoi fare conto su un altro punto forte. Puoi trasformati facendo forza sui tuoi sentimenti.-
-I miei sentimenti?- cercò conferma lei.
-Si. Ma ricorda: puoi farlo solo quando sei umana e vuoi trasformati in bariana, non il contrario.-
-Perché?- chiese Elanna.
-I bariani non provano sentimenti come gli esseri umani…ma questo te lo spiegherò più avanti.- fu la vaga risposta di Mirko.
La corvina accavallò le gambe, dimenticandosi di avere ancora indosso quella corta uniforme scolastica, e prese a sbattere ripetutamente il piede sinistro contro il divano su cui era seduta. Era palesemente nervosa.
-Quindi…dovrei concentrarmi sui miei sentimenti, per trasformarmi? E incanalarli in un unico punto?-
-Non su emozioni qualsiasi. Odio, rancore, gelosia, invidia…questo genere di sentimenti.- Rispose Mirko, tentando di puntare il suo sguardo in qualsiasi punto che non fosse la minigonna di Elanna.
Seriamente, Mirko non sapeva se doveva ringraziare o maledire il Preside che aveva fatto mettere alle studentesse uniformi così corte, che lasciavano ben molto spazio alla fantasia maschile.
“Forse è per questo che viene considerata una delle migliori scuole di Heartland.” Pensò. Scosse la testa, evitando di farsi altri strani pensieri.
-Come faccio a concentrarmi su emozioni che non provo?- chiese Elanna perplessa.
-Oh, ma stai tranquilla…a quello ci penso io.- rispose Mirko, ghignando. A volte non poteva proprio fare a meno di comportarsi come un bastardo.
Ad Elanna non piacque per niente l’espressione del biondo.
-P-perché fai quella faccia?- chiese titubante, non sapendo bene cosa aspettarsi.
Mirko le afferrò i polsi, non troppo forte da farle male, solo per tenerla ferma qualche secondo.
-Cosa diamine stai facendo?!- strillò lei, mentre il viso del ragazzo si faceva sempre più vicino al suo.
-Fermo, non…- tentò di protestare, prima che le labbra di Mirko si poggiassero su quelle di Elanna. Lei spalancò gli occhi, tentando di liberarsi dalla presa del ragazzo, ma inutilmente.
Era un bacio diverso da tutti quelli che Mirko le aveva dato, era…era più intimo. E non le piacque per niente.
-Scollati, cleptomane perverso!- urlò, appena Mirko si staccò per qualche secondo. Stranamente, lui fece quanto chiesto.
-Come ti senti?- chiese, sorridendo maliziosamente. Lei stinse i pugni, mentre tratteneva a stento l’istinto di uccidere un certo ragazzo biondo di sua conoscenza.
-Mi sta salendo il crimine. E il razzismo. E il nazismo. E sto per commettere un Mirkocidio.-
-Quindi sei arrabbiata?- chiese lui, pur sapendo perfettamente che Elanna era molto più che arrabbiata.
-E lo chiedi pure?!- strillò la ragazza.
-Bene. Concentrati su quella rabbia, forzandola in un unico punto.
La ragazza digrignò i denti. –Questa non la passi liscia, sappilo.- gli ricordò, iniziando poi a concentrarsi. Stava incanalando tutta la sua rabbia in unico punto: la sua mano.
Si sentiva strana. Come se stesse bruciando lentamente. Ma allo stesso tempo si sentiva più forte. Molto più forte.
-Ecco, si. Così. Se riesci a colpirmi…- disse Mirko, soddisfatto della reazione della ragazza.
Gli occhi di Elanna erano passati dal blu al rosso sangue.
-Tu…- aveva detto lei, prima di sferrare un pugno in direzione del biondo.
-Perfetto.- osservò il ragazzo, schivando all’ultimo momento il colpo. –Adesso dovresti…-
Dalla mano di Elanna scaturì un fascio di energia scura, che si allargò fino a raggiungere le grandezze di un essere umano.
-Ci sei riuscita al primo colpo!- esclamò Mirko, guardando soddisfatto il portale appena creato. Non era perfetto, anzi, era piuttosto asimmetrico e di un colore più rossastro del normale, ma era comunque un portale dimensionale.
Mirko afferrò il polso della ragazza. –Ferma, stai tranquilla. Mi picchi dopo.- disse, ridacchiando.
Elanna scosse la testa, mentre il  colore degli occhi tornava ad essere blu.
-Che? Cosa?- fece confusa.
-Quando usi i tuoi sentimenti per manipolare i poteri bariani, rischi di perdere il controllo.-
Elanna annuì, fissando poi con interesse il portale che aveva aperto.
-Beh…è una figata pazzesca.- esclamò la ragazza, alzandosi dal divano e avvicinandosi lentamente.
-Vedrai, sarà ancora più divertente quando lo attraverserai.- le disse Mirko, fermandosi alle spalle
-Ehy, cosa stai facendo?- domandò la corvina, sussultando quando sentì le mani del biondo poggiarsi sulla sue spalle.
-Ti do una mano. O meglio…due.- rispose il ragazzo, ghignando, mentre la spingeva all’interno del portale.
-Tu…!- strillò Elanna , mentre cadeva.
-Tranquilla, adesso arrivo anche io!- esclamò lui, tra le risate, entrando a sua volta.
Per quanto Elanna fosse arrabbiata con Mirko, per svariati motivi, tra i quali il fatto che fosse nato, dove dargli ragione su una sola cosa:
era una sensazione fantastica viaggiare in quei…come si chiamavano?
Ah, giusto! Portali dimensionali. Erano davvero…non esisteva un termine per descrivere la sensazione che provava. E poi era anche curiosa di vedere com’era il Mondo Bariano. Molto curiosa.
Lo sapeva già che probabilmente non era un luogo tutto rosa e fiori, dove gli unicorni arcobaleno volavano e le caprette saltano allegre e felice per i prati. Magari in compagnia di Heidi e Peter.

Lo spettacolo che Elanna si ritrovò davanti, però, andava ben oltre la sua immaginazione. E lei ne aveva davvero tanta.

 

Spazio della sottoscritta:
Bene, ecco il…capitolo?
DarkFeli: a quanto pare si.
Beh, spero che vi sia piaciuto perché…a me non convince più di tanto.
DarkFeli: neanche a me.
A te non convince proprio niente di quello che scrivo. Cooomunque. Domani parto e non potrò scrivere, aggiornare, leggere o fare niente che riguardi Internet. Solo per cinque giorni, tranquilli! ^^
E poi il dieci agosto riparto per una vacanza in barca a vela e, ovviamente, in mare non c’è la connessione! Yeah. Tre settimane senza capitoli nuovi.
Quindi, cercherò di poter scrivere ma mi sarà molto difficile aggiornare. Mi dispiace, ma anche io sono in vacanza. Detto questo…ciao!

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Capitolo 16
*** "Mi stai bloccando la circolazione sanguigna" -Cit. Mirko ***


Il Mondo Bariano si ergeva in tutta la sua tetra bellezza davanti agli occhi blu di Elanna. I cristalli scarlatti che, riflettendo la cupa luce del sole, la illuminavano come dei riflettori naturali. Il cielo di quel rosso innaturale, il vento caldo che le scompigliava i capelli corvini.
E quelle sfere di energia oscura, riusciva a percepirlo, che le volteggiavano attorno la facevano sentire stranamente bene.
Aveva sempre sognato mondi straordinari, di creature fantastiche e di ambienti idilliaci, nei quali ci si potesse perdere fantasticando.
Ma Barian era qualcosa che superava di gran lunga qualsiasi aspettativa della ragazza.

-È…è bellissimo- sussurrò, rapita dallo spettacolo che aveva davanti.
Mirko ghignò. –Sapevo che ti sarebbe piaciuto.-
Elanna annuì, estasiata, per poi puntare l’indice contro il viso del biondo, fino a sfiorargli il naso.
-Si. Ma sappi che te la farò comunque pagare cara.- lo minacciò la corvina, guardandolo torvo. E lei non dimenticava molto facilmente.
Il mezzo bariano spostò con due dita l’indice della ragazza.
-Pff. Piuttosto, le vedi quelle sfere di energia che volteggiano in aria?-  cambiò discorso il ragazzo. Elanna annuì energicamente.
-Sembrano lucciole obese.- notò la bariana. Mirko inarcò un sopracciglio e la guardò stranito.
-E dopo questa similitudine, posso anche dirti che hai un futuro come poetessa.- la derise il biondo, ridacchiando.
-Sei sempre il solito rompiscatole, tu…-  sbuffò la ragazza, incrociando le braccia al petto e mettendo il broncio.
-Non fare la bimbetta e ascolta ciò che ti devo dire: queste ‘lucciole obese’ emanano potenti scariche di energia oscura che vanno ad influenzare il sistema nervoso dei bariani. In questo modo si possono trasformare senza evitare di perdere il controllo, cosa che succede, invece se ti trasformi usando i tuoi sentimenti.- spiegò.
Elanna non ci aveva capito molto: si era persa, più o meno, a ‘energia oscura’. Se non prima.
-…che vuol dire?- domandò confusa, grattandosi la testa con la mano sinistra. Mirko sospirò, ormai rassegnato.
-Certo che sei proprio ottusa. Significa che devi toccare le ‘lucciole obese’. Genia.-
Lei sfiorò con un dito una sfera di energia che le stava accanto. Questa si fermò al gentile tocco della ragazza.
-E poi?- chiese.
-Niente. Aspetti che quell’energia entri dentro di te e trasformi il tuo corpo da umana a bariana.- spiegò il biondo in tono pacato.
-Come sarò in forma bariana…?- si domandò Elanna, anche se a voce un po’ troppo alta, dato che Mirko la sentì chiaramente. Il ragazzo ghignò, come suo solito.
-Non ci sperare. Porterai lo stesso una terza.- disse in tono derisorio, mentre allungava una mano in direzione del petto della ragazza.
Lei lo fermò, trattenendogli il polso in una morsa dolorosa.
-Idiota.- sentenziò solamente.
Mirko trattenne a stento una smorfia di dolore. Socchiuse gli occhi per qualche secondo ma, quando li riaprì, non si aspettava di vedere ciò che aveva davanti.
-Beh. Complimenti.- fece, anche se parlava a stento. –Ora…potresti lasciarmi? Mi stai bloccando la circolazione sanguigna.-
Elanna lo liberò dalla sua morsa, per poi guardarsi le mani. Per poco non cadde a terra, tanto era scioccata.
Le sue dita affusolate erano celate da dei guanti in pizzo nero
-…cosa mi è successo?- chiese, passandosi poi le mani sui fianchi. –Non avevo la divisa scolastica addosso? Cosa sarebbe questo?!- esclamò, riferendosi al vestito gotico che indossava. Era lungo fino al ginocchio, con una scollatura a V talmente profonda da farla morire di vergona. E, per amor di qualsiasi divinità esistente, perché indossava delle scarpe col tacco a spillo? Lei odiava li odiava, non aveva neanche un paio di scarpe, a casa, con il tacco. Perfino i suoi capelli, prima lasciati cadere ribelli sulle spalle, erano pettinati in una ordinata treccia laterale, a cui era appesa una piuma di pavone.
-Ely.- la richiamò Mirko. Lei puntò i suoi occhi, diventati rossi, in quelli azzurri del ragazzo.
-Che c’è?-
-Non ti offendi se ti dico che sei una bariana molto sexy?-
-…lasciamo perdere, che è meglio…-
Elanna scosse la testa, rassegnata: ormai lo sapeva che era inutile tentare di nascondere la vena perversa di Mirko. Anche se, infondo, quello che le aveva detto era un complimento
-Posso vedere la tua forma bariana?- chiese la corvina, mentre ancora osservava la sua carnagione, divenuta grigio perla.
-Se proprio ci tieni…- le aveva risposto lui. –Ma non ti spaventare, eh.-
-Sei così brutto? Guarda che sono abituata a vedere la tua orribile faccia, ogni dannatissimo giorno.-
Stava mentendo. Di Mirko si poteva dire tutto, un perverso, manipolatore, calcolatore, maschilista, talvolta nervoso e isterico, ma non si poteva dire che fosse un brutto ragazzo. Si poteva dire qualsiasi cosa sul suo conto ma non che non avesse fascino.
Ed Elanna ben lo sapeva.
-Daaaai. Sono sicurissima che sei figo anche da bariano.- tentò di incoraggiarlo, poggiandogli le mani sulle spalle. Mirko inarcò un sopracciglio, perplesso.
-Quanto hai bevuto, Ely? Da sobria non mi avresti mai detto qualcosa del genere.-
-Uffa, era per farti trasformare. Sono solo curiosa. E per tua informazione, non ho mai bevuto in tutta la mia vita.- lo rimbeccò la ragazza, incrociando le braccia al petto e alzando gli occhi al cielo.
Mirko avvicinò l’indice della mano sinistra ad una delle sfere di energia. Era diventato improvvisamente serio.
-Un tempo…non avevo bisogno di queste per trasformarmi.- mormorò, in modo che Elanna non lo potesse sentire. Dolorosi ricordi avevano preso a navigargli nella mente. Tentò di scacciarli al più presto, mentre il suo corpo riprendeva lentamente le sembianze di un bariano. Si sentiva molto più a suo agio, in quel corpo, molto più sicuro.
Quando era più piccolo, suo padre gli aveva regalato una…come si chiamava? Barian Lapis. Si, gli aveva regalato una Barian Lapis. Una specie di ciondolo dorato, con al centro una pietra scarlatta che gli permetteva di trasformarsi senza alcuna difficoltà. Soltanto che, poi, Mirko l’aveva regalata al suo fratellino. Aveva preferito l’avesse lui, al posto suo.
Tirò un sospiro di sollievo quando, guardandosi le mani, si rese conto di non essere più in forma umana. Erano mesi che non si trasformava e sentiva le ali sulla sua schiena di pietra. Si stiracchiò sotto lo sguardo confuso di Elanna.
-Perché sei senza bocca?- domandò.
-Tu pensi di averla?- replicò Mirko, mentre la ragazza posava incredula le mani nel punto dove, ipoteticamente, ci sarebbe dovuta essere la sua bocca.
-Ma…- iniziò la corvina, chiedendosi come facesse a parlare pur non avendo niente per farlo. -…d’accordo, è meglio se non faccio domande.- cambiò subito discorso.
-Mi spieghi, piuttosto, perché indossi una gonna? E perché tu hai le ali e io no?-
Mirko sospirò.
-Qualche problema sul mio vestiario? Non posso girare solo con una gonna indosso? Non credo muoia qualcuno per questo. E per quanto riguarda queste…-
Indicò con il pollice le ali bianche sulla sua schiena.
-Non credere sia una bella cosa averle. Anzi. I bariani con le ali non sono bene accetti dalla società. Vengono visti come dei vagabondi inutili. E sono trattati peggio degli appestati. È per questo motivo che le mie visite su Barian durano poco e niente-
Elanna ridacchiò, portandosi una mano alla fronte e sollevando un ciuffo di capelli neri.
-Certo che sei proprio sfigato! Cioè, sei un mezzo bariano e quindi già ti vedono come un aborto, ma poi hai anche le ali! Sei la sfiga fatta persona.- commentò, tra le risate.
-Questa è la cosa più sadica che io abbia mai sentito da parte tua.-
I due camminarono per un po’, mentre Elanna tempestava di domande Mirko. “Come fanno i bariani a parlare e mangiare se non hanno la bocca?”; “Perché chi possiede un paio di ali viene trattato come un appestato?”; “Ma se il Mondo Bariano è fatto di cristallo, con un martello gigante lo potrei distruggere?”.
E andò avanti così almeno per tre quarti d’ora, ovvero fino a quando i due non si ritrovarono di fronte ad un immenso mare. Dalle acque rosso sangue, ovviamente.
-Che figo!- esclamò Elanna. –Secondo te avrà il sapore di vino?-
Mirko scosse la testa. Gli stava esplodendo il cervello. Si promise mentalmente che se avesse mai trovato la lampada di qualche genio magico, il suo primo desiderio sarebbe stato di zittire una volta per tutte quella ragazza.
-Riflette semplicemente il sole, che qui ha un colore rossastro. Dubito abbia un sapore diverso dall’acqua umana.- rispose, socchiudendo gli occhi e accasciandosi a terra. Nascose le braccia dietro la nuca, poggiandoci poi comodamente la testa –Io…sono un po’ stanco, Ely. Possiamo fermarci qui?- domandò con voce strascicata, senza però aspettare una risposta: si era già appisolato.
-Mirko…? Mirko? MIRKO! No, non mi lasciare!- Urlò lei, scuotendo violentemente una gamba del ragazzo. –Svegliati, Mirko!!- strillò ancora, sperando che l’altro si svegliasse. Niente. Aveva il sonno pesante.
“Mmh. E se ne approfittassi…?” pensò Elanna, mentre una piccola vendetta si stava formando nella sua mente. Se fosse stata in forma umana, probabilmente avrebbe ghignato. Ridacchiò. Forse la sua mentalità, da bariana, era più malefica.
Quella specie di mare rosso era due passi…e Mirko dormiva profondamente…
Si, era diventata decisamente più malefica.
Mentre dormiva, sembrava quasi un angelo. Ma non per questo avrebbe rinunciato a quella piccola soddisfazione.
-Dimmi, poi, se l’acqua è fredda…- mormorò, mentre spingeva il corpo del Bel Barian Addormentato verso il mare. Sentendo quella lieve spinta, il biondo sussultò. Ebbe appena il tempo di aprire gli occhi che finì in acqua.
Qualche schizzo finì sul vestito nero di Elanna, ma a lei non importò più di tanto
Scoppiò a ridere, appena vide corpo del mezzo bariano cadere in quel mare rossastro. Era tremendamente soddisfatta del suo operato.
-Così impari, cleptomane perverso!- urlò da riva la ragazza, appena lo vide riemergere. La voce era tremante, ma solo per le risate.
Mirko si guardò intorno un paio di volte, sbattendo le palpebre per capire cosa fosse successo. La spiegazione gli arrivò veloce come un fulmine quando sentì la frase pronunciata da Elanna.
-Tu..- mormorò tra i denti, rischiando quasi di mordersi la lingua.
-Stronza!- urlò il ragazzo, agitando un pugno all’aria. Si riavvicinò a riva, nuotando il più in fretta possibile. Le ali lo appesantivano non poco, ma Mirko se la cavava piuttosto bene a nuotare. Tese un braccio in direzione di Elanna, che intanto si era avvicinata, e la guardò con uno sguardo stranamente calmo.
-Almeno…mi aiuti a risalire?- sembrava si stesse sforzando di controllare la rabbia. La tranquillità non era, evidentemente, uno dei pregi del ragazzo. A sua volta, lei tese una mano in direzione di Mirko.
-Okay.- disse solamente.
“Troppo ingenua, la ragazza.” Pensò il biondo, afferrando il polso di Elanna e strattonandola violentemente in acqua. Era tanto sorpresa da quel gesto avventato che non era riuscita a reagire in tempo: si era limitata ad urlare per la sorpresa, prima di cadere in mare. Appena riemerse, si rese conto di essere abbracciata a Mirko, emise uno strano verso di disgusto.
Si allontanò immediatamente, schifata.
-Idiota.- sentenziò. –L’acqua è gelata!- 
-Te la sei cercata., dolcezza.-
-Mi hai tirata in acqua con l’inganno. E non chiamarmi dolcezza.-
-Perché?-
-Perché mi reca fastidio-
-Allora continuerò a farlo.-
-…Bastardo.-
I due si guardarono in silenzio per diversi attimi, fino a quando Elanna non schizzò un po’ di acqua rossastra in direzione del biondo. Lui si coprì la vista con una mano, per poi contraccambiare l’attacco della ragazza.
Dopo qualche secondo, si era trasformata in una vera e propria guerra: gli schizzi si sollevavano di quasi mezzo metro, scagliandosi sui due e costringendoli a voltare la testa per non bagnarsi anche gli occhi.
Ridevano, palesemente divertiti da quella situazione. E, per almeno un paio di minuti, le loro preoccupazioni sembrarono sparire.
Fu quando Elanna si immerse per qualche secondo che notò, sul fondo del mare scarlatto, una specie di tempio in cristallo nero.
“Che figo!” pensò meravigliata, lasciando scappare verso l’alto diverse bollicine d’aria. Scattò subito in superficie, prendendo una boccata di ossigeno.
-C’è una cosa fortissima, là sotto!- esclamò, guardando Mirko con gli occhi ricchi di curiosità.
-Cosa?- domandò il ragazzo, improvvisamente incuriosito, abbassando le mani, già pronte ad un nuovo attacco contro la bariana.
-C’è un tempio greco, tutto nero! Posso andare a dare un’occhiata da vicino?- implorò, tentando di convincere Mirko. Lui alzò le spalle con indifferenza, anche se credeva che un po’ d’acqua doveva aver inondato il cervello di Elanna per farle vedere un tempio sommerso.
-Vai.- disse semplicemente, mentre usciva dal mare gelido che lo circondava. Si strizzò la gonna, nel tentativo di eliminare almeno un po’ di acqua. –Io ti aspetterò qui.- aggiunse, ma lei non lo sentì: si era già immersa.
Quel tempio l’attirava, Elanna aveva sempre adorato lo stile greco-romano. E poi era fatto tutto di cristallo nero, l’unico di quel colore su tutta Barian. Doveva per forza contenere qualcosa interessante, no?
Però più si avvicinava al fondale, più l’ambiente intorno a lei diventava più scuro. Qualche altro minuto di buio pesto, fino a quando non vide una luce rossiccia: era quasi arrivata. Qualche secondo dopo, si ritrovò sulla terra ferma, fuori dall’acqua, con una guancia sul freddo cristallo nero. I capelli corvini, bagnati, erano sciolti e aveva perso anche la piuma di pavone legata ad essi. Elanna non riusciva a capire come, pur essendo entrata in tempio sommerso, il pavimento fosse asciutto.
“Lasciamo perdere. In questo mondo, non mi aspetto certo cose normali.” Si guardò intorno. L’interno del tempio era diverso da quello che si aspettava: sembrava un misto di tante culture e tante epoche umane diverse. Al centro della sala vi era un’ara sacrificale, di quelle che usavano gli antichi per sacrificare animali e persone agli dei. A dispetto del resto del tempio, era fatta in marmo bianco, così lucente da apparire nuovo di zecca. Le pareti erano ricoperte di affreschi, o almeno, avrebbero dovuto esserlo: erano così rovinati da essere irriconoscibili. Elanna camminò sul pavimento, perfettamente lucido, guardandosi intorno meravigliata. Se avesse avuto la macchina fotografica, avrebbe fatto così tante foto da riempire tutta la memoria.
Superò l’ara sacrificale, circumnavigandola con attenzione, e continuò per la sua strada, quando sentì qualcosa di freddo afferrarle la caviglia. Un brivido percorse la sua schiena. Si voltò, spaventata, quando vide un ragazzo che la teneva ferreamente. Fece un salto all’indietro , cadendo di sedere a terra.
 -È la versione maschile della tizia di The Grudge!- strillò in preda dal panico. Il ragazzo umano che l’aveva afferrata sembrava uno zombie: gli occhi viola erano persi nel vuoto, alcune ciocche dei capelli bianchi erano diventate grigie, forse per uno spavento o simile, e della bava gli colava dall’angolo desto della bocca. I vestiti erano strappati in più punti e delle ferite erano aperte sul suo corpo.
-A-a-iu-t-o…- balbettò, con voce rotta dal pianto. Aveva le labbra screpolate. Elanna provò pietà per lui. Senza neanche volerlo, riacquisì la sua forma terrestre.
-Poverino…- sussurrò, avvicinandosi a quel povero Cristo. Doveva essere proprio un bel ragazzo, un tempo.
-L-Lui-i…- iniziò a dire. –L-la…m-mia…a-a-anima…-
Era chiaramente sotto shock. Elanna gli sollevò lentamente il busto da terra, mettendolo a sedere, con la schiena poggiata contro l’ara sacrificale.
- A-a-iu-t-o…- Ripeté con un fil di voce. La ragazza strappò una parte del vestito gotico che ancora indossa. Non era molto lungo e la stoffa era ancora bagnata, ma non aveva altro da usare per tamponare le ferite.
-Farà un po’ male.- lo avvertì. Lentamente, bendò tutti i tagli che il ragazzo aveva sul corpo, senza che lui emettesse un lamento o un gemito di dolore. Quando lo vide chiudere gli occhi, Elanna temette fosse morto. Ma, sentendolo tossire un paio di volte, emise un sospiro di sollievo.
Il vestito nero che indossava, ormai le arrivava appena a metà coscia. Ma almeno, il ragazzo aveva smesso di sanguinare. La guardava ancora con quell’aria smarrita, come se fosse ubriaco. Ma le sembrava stesse un po’ meglio.
-Come ti chiami?- chiese Elanna, appena finì di medicarlo al meglio delle sue capacità.
Lui la guardò negli occhi e, per un attimo, alla ragazza sembrò di vedere un barlume di tristezza in quelle due iridi violette.
-Io…sono Elanna.- si presentò per prima, poggiando una mano sul petto.
-I...I-k-e.- rispose il ragazzo dai capelli grigio-argentei. –M-mi…mi c-chia-mo…Ike.

 

 


Spazio me Spazio in cui DarkFeli e Benjamin Drowned mi prendono per il culo

DarkFeli: su, forza, esci!
No!
DarkFeli: non fare la rincoglionita! Esci da dentro l’armadio e vieni qua.
Sono secoli che non aggiorno! Come potrei uscire a testa alta? E se qualcuno mi sparasse..?
DarkFeli: farebbe bene. 
Ah beh…grazie.
DarkFeli: di niente
Comunque…AEHM…il nuovo capitolo! *palle di fieno e grilli*
Almeno potreste far finta.
Ben: a me non interessa
Perché sei uno stronzo, Drowned!
Ben: in realtà sono la versione più figa di Link…ed essendoci una che si chiama Zelda mi sento tirato in ballo.
Immagino che da oggi chiamerò lo spazio autrice ‘Lo spazio in cui DarkFeli e Benjamin Drowned mi prendono per il culo’
DarkFeli: a me piacerebbe
Ben: a me anche
Va bene, allora lo chiamerò così. Comunque, io DarkFeli e Ben vi salutiamo e…al prossimo aggiornamento! (sperando più veloce di questo)

 

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Capitolo 17
*** "Quando vuoi, stronzetta" -Cit. Ely ***


Yuma continuava a camminare, con il cuore in gola e il sudore che gli colava per la fronte. Era troppo buio, intorno a lui, e le ombre minacciose degli alberi non lo rassicuravano affatto. La telecamera che stringeva nella mano sinistra, ogni tanto mandava interferenze.
Aveva sempre più paura, non sapeva qual era l’uscita di quella dannata foresta e le gambe si facevano sempre più tremanti ad ogni passo: si sentiva perseguitato. Sapeva che qualcuno lo osservava e stava impazzendo.
Avrebbe voluto mettersi a piangere, come un bambino piccolo. Non sapeva più che fare, si sentiva soppresso. Non aveva neanche il coraggio di urlare e chiedere aiuto. Forse perché, dopotutto, sapeva che non sarebbe servito a qualcosa: non si poteva fuggire.
Ogni secondo che passava, gli sembrava che la luce della sua torcia divenisse sempre più fioca. Si avvicinò ad un albero. Una pagina bianca, stropicciata, era attaccata alla corteccia.

‘Can’t run’
“No…io posso ancora correre.” Pensò Yuma, stringendo più forte la presa sulla torcia. Continuò a camminare, guardandosi intorno con circospezione. Sia mai gli fosse sbucato qualcosa di orribile davanti agli occhi cremisi. L’ambiente sembrò farsi più cupo.
Aveva la gola secca. Ed era accaldato. Fece un paio di passi in avanti, quando un’interferenza lo fece sussultare. Iniziò a correre, senza sapere neanche dove stava andando, tanto era preso dal panico. Si fermò soltanto quando fu immerso nel silenzio, poggiando placidamente la schiena contro un albero, riprendendo fiato. Si sporcò la maglia di resina, ma non gli importava: voleva solo scappare da quel bosco così tetro. O magari svegliarsi da quell’incubo.
Qualcosa di leggero cadde ai suoi piedi. Si chinò lentamente, sempre sospettoso. Scostò diverse foglie brune, per poi raccogliere un foglio. Su un lato era bianco, sull’altro era scribacchiata una frase.
'Leave me alone'
“No, non voglio stare qui da solo…” Si disse mentalmente Yuma. Ricominciò a camminare, stavolta a passo più svelto. Le braccia, così come le gambe, si facevano sempre più deboli e tremanti. Se per la stanchezza o lo spavento, non si capiva.
Quanta strada aveva percorso? Non ne aveva idea. Ma suppose tanta.
Una seconda interferenza, questa più lunga, gli fece fare un salto per la paura. –N-no…no!- balbettò, ormai bianco in volto. –NO!- Strillò, portandosi le mani agli occhi, tentando vanamente di non guardare ciò che gli era comparso davanti…
Un uomo alto, troppo alto per essere umano, vestito in nero. Giacca e cravatta impeccabili. Le gambe e le braccia sproporzionatamente lunghe. Ed il volto…non c’era alcun volto. Solo una pallida e orribile faccia, senza bocca, occhi e naso...

HAI PERSO

 

-No, dannazione!- esclamò Yuma, infastidito, togliendosi le cuffie. Le lanciò distrattamente sulla sua amaca, senza preoccuparsi di romperle o altro.  –Avevo preso due pagine, non è giusto!- gridò, guardando arrabbiato lo schermo nero del pc, su cui campeggiava la scritta bianca “Hai perso”
-Ma perché ho ascoltato Elanna quando mi ha consigliato questo gioco horror?!- si chiese ad alta voce, mentre chiudeva ‘Slender Anxiety’ e si portava le mani ai capelli, disperato. –Avrò gli incubi, stanotte!- aggiunse, incrociando le braccia al petto.
Ma cosa diamine stava pensando quando aveva deciso di giocare ad un gioco di quella portata? (Nda: prova Outlast o Ju-On: The Grudge e poi ne riparliamo, Yuma -.-)
Astral comparve al suo fianco, guardandolo serio come sempre, ma con un pizzico di curiosità negli occhi dorati. Le gambe incrociate, il gomito poggiato su un ginocchio e la testa pigramente posata sulle nocche della mano destra.
-Cosa ti sta succedendo, Yuma?- domandò, mentre guardava l’umano agitarsi.
-Cosa succede? Succede che è la quinta volta che faccio una partita a ‘Slender Anxiety’ ma arrivo sempre a due pagine prima che Slenderman mi prenda!- rispose Yuma, alzando le braccia al cielo e scuotendole in aria. Lo spirito astrale non aveva ben capito di cosa il ragazzino stesse parlando.
-Cos’è Slenderman?- chiese, fissando serio lo schermo nero del pc. Yuma puntò i suoi occhi su Astral.
-È un tizio molto alto, molto brutto e molto cattivo che vuole ammazzarmi.- spiegò frettolosamente, agitando una mano, come per liquidare la faccenda.
-Elanna mi aveva detto che a lei quel gioco era piaciuto tanto…così ho deciso di provarci.- aggiunse l’umano, stiracchiandosi un po’.
Astral continuava a non capire granché di quello…Slenderman. Ma se era veramente come gliel’aveva descritto Yuma, forse doveva preoccuparsi.
-E può essere un pericolo per noi?- si azzardò a chiedere lo spirito astrale. L’altro lo guardò per qualche secondo, con dipinta sul volto un’espressione perplessa. Dopo diversi attimi di silenzio, la fragorosa risata di Yuma si diffuse nella piccola stanza.
-Ma…ma cosa dici?!- riuscì a dire, tra le risate, asciugandosi una lacrimuccia dagli occhi. –Slender non esiste!  È soltanto il personaggio di un videogioco, non è una persona reale!- esclamò.
Yuma saltò in piedi, dondolandosi un po’ sui talloni, per poi riprendere le cuffie nere che aveva malamente poggiato sull’amaca. Se le rigirò tra le mani, fissandole con interesse, per poi puntare i suoi occhi sulla luna. Era quasi impossibile da vedere, sottile com’era, ma anche se nascosta da una nuvola grigiastra, ne si riconosceva il pallido bagliore. Anche le stelle, quella sera meno visibili del solito, emettevano una fioca luce chiara. Non si era mai concentrato più di tanto sul cielo notturno, forse perché in una città luminosa come Heartland era raro vedere qualcosa di interessante. Ed il venticello fresco che entrava dalla finestra aperta, scompigliando lievemente i capelli mori del ragazzino, rendeva quella serata molto più bella. Yuma si fece appunto, mentalmente, di chiudere bene quella finestra, nel caso qualche Slender di passaggio decidesse di ucciderlo nel sonno. Si rigirò tra le mani la chiave dell’imperatore, guardandola sottecchi. Poggiò i gomiti sul davanzale, per poi posare il capo sulle nocche. Sospirò pensieroso.
Una voce lo fece ritornare alla realtà.
-Lo sai, Yuma, che esiste una teoria, chiamata della Tulpa, secondo la quale se tante persone credono in una sola cosa, quella cosa esiste veramente? Per quanto è ormai conosciuto lo Slenderman…dubito sia ancora una fantasia.-
Quella voce calda, pacata, che però metteva i brividi, non era certamente di Astral. Ma di sicuro il tono di voce apparteneva a qualcuno che Yuma ben conosceva. Alzò gli occhi cremisi, per perdersi nelle iridi verde smeraldo di un sedicenne.
L’ultima persona che avrebbe immaginato di vedere a casa sua, era proprio quella che aveva davanti.
In piedi, sul davanzale della finestra, con le mani incrociate dietro la schiena, gli occhi puntati in quelli di Yuma e il busto chino, c’era il soggetto dei continui pensieri negativi di Astral. Quest’ultimo, non sembrava molto sorpreso della comparsa di quel misterioso ragazzo.
-…Luxor? Che ci fai in camera mia?-
Un sorrisino malizioso si formò sul volto del sedicenne.
Non rispose. Non a Yuma, perlomeno.

-Ciao, Astral.-  Salutò Luxor.

 

                                                                                                                                  ***
Mirko non sembrava felice del nuovo arrivato. Non che prima fosse più contento, ma Ike gli dava sui nervi. Forse era per la parlata da balbuziente, forse era per la faccia di qualcuno che sembrava sopravvissuto alla Terza Guerra Mondiale, o forse perché aveva avuto al suo fianco Elanna per molto tempo. Troppo tempo. Probabilmente era l’ultima. La sua vista non poteva sopportare un qualsiasi ragazzo che non fosse lui, vicino ad Elanna. Così come il suo cervello non poteva accettare l’idea che i due fossero rimasti da soli più tempo del necessario.
Ed ora, vedendo Ike steso sul divano in pietose condizioni, doveva sforzarsi di non sorridere. E, almeno per lui, la cosa era piuttosto complicata: non era il suo forte mascherare le sue emozioni. Si costrinse a voltarsi di spalle, pur di non farsi vedere ridacchiare. Doveva anche ricordarsi di non dire che era stato lui a ipnotizzare quella fioraia, Kiki, in modo che lo sconfiggesse a duello. Anche se non aveva idea di chi fosse quella bionda che gliel’aveva chiesto. Ma vabbè: ciò che era stato fatto, era stato fatto, non si poteva tornare indietro.
Nonostante questo, Mirko dovette ammettere che, come infermiera, Elanna se la doveva cavare piuttosto bene: appena ritornata sulla terra, si era prodigata subito nel curare al meglio le ferite di Ike. Precedentemente, si era limitata solo a fermare la fuoriuscita eccessiva di sangue.
E mentre la ragazza disinfettava i tagli, Mirko si era voltato per osservare al meglio il suo lavoro. Lei lanciò un’occhiata alle sue spalle: il gesto furtivo la ritardò soltanto di un attimo mentre bendava la mano sinistra del ragazzo ferito.
Con quell’espressione seria, gli occhi azzurri gelidi come il ghiaccio e lo sguardo altezzoso, Elanna quasi non l’aveva scambiato per Mizael.
L’unica cosa che stonava era la maglia nera che il mezzo bariano indossava. Una freccia bianca disegnata vicino alla scollatura, indicava il viso di Mirko, con su scritto:
A Man
Un’altra freccia bianca, questa vicina all’orlo inferiore della t-shirt, indicava il cavallo dei pantaloni, con su scritto:
A Legend
Elanna roteò gli occhi. “Maschi: tutti uguali” pensò, mentre si rialzava. Era rimasta inginocchiata per quasi mezz’ora, pur di aiutare Ike.
-Finito.- disse, sorridendo, mentre si stiracchiava leggermente. Si sentiva tutta anchilosata. Anche se leggermente, il ragazzo dai capelli argentei aveva ricambiato il sorriso, sincero. –…G-g-grazie…- mormorò. Tentò di allungare una mano, per sfiorare quella della corvina, ma l’aveva ripoggiata immediatamente sul divanetto su cui era steso, mentre il viso si contraeva in una smorfia di dolore.
-Non fare movimenti azzardati.- lo avvisò Elanna, poggiandogli una mano sulla fronte, scostandogli un paio di ciocche grigie. Mirko, dietro i due, non era riuscito a trattenere uno sbuffo infastidito. La ragazza gli aveva lanciato un’occhiataccia, a cui il biondo aveva risposto prontamente, ma Ike sembrò non accorgersi degli sguardi tra i due.
O forse aveva preferito non badarci.
Elanna gli porse un bicchiere d’acqua fresca.
-Cosa ti è successo, per ridurti così?- domandò, preoccupata. Lui afferrò lentamente il bicchiere di plastica che gli era stato dato, bevendo, finalmente, dopo giorni che aveva passato a morire di sete. Dopo aver bevuto quel goccio, ed essersi inumidito le labbra, aveva risposto.
-La…la m-mia…ragazza. L-lei…ha v-vend-duto la…mia…a-anima.- balbettò. Ma non era stupido: sapeva che si capiva ben poco delle sue parole. Tentò di alzarsi, ma Elanna lo bloccò prontamente.
-Non muoverti: dimmi solo cosa vuoi e io ti aiuterò.- disse. Ike annuì.
“È gentile…con un completo sconosciuto.” Pensò, mentre chiedeva alla giovane bariana una matita ed un block notes. Lei corse in camera sua, per prendere quanto le era stato chiesto. Mirko e Ike rimasero da soli. Evitarono di guardarsi, almeno per diversi secondi. Il mezzo bariano aveva ben capito che, come lui non sopportava la presenza di quel ragazzo, l’altro provava la stessa identica cosa nei suoi confronti. Anche se l’espressione ingenua e la tristezza che trapelava dalle iridi viola, faceva pensare ad un ragazzino innocuo e incapace di provare sentimenti negativi. Come, Elanna più o meno. Ma Mirko aveva imparato a riconoscere le maschere che portavano gli altri per nascondere il proprio carattere. E riusciva a vedere un lato oscuro e tremendamente pericoloso in Ike, nonostante questo fosse molto bravo a nascondere i suoi sentimenti. Ogni tanto, vedeva uno strano luccichio negli occhi violetti. Odio? Rancore? Rabbia? Forse tutti questi tre sentimenti messi assieme?
Il biondo emise un sospiro, guardando il bracciale bariano che cingeva il polso del ragazzo steso sul divano.
-M-Mizael…?- ruppe il silenzio Ike, puntando gli occhi su Mirko.
 Quest’ultimo dovette sbattere le palpebre un paio di volte, prima di rendersi conto che era stato chiamato come quel superbo imperatore che gli aveva dato dell’aborto mancato. Non che non lo sapesse, solo gliel’avevano ripetuto così tante volte che, era ovvio, gli stavano girando le palle a sentirselo dire da ogni bariano puro che incontrava.
-...Mirko…- si limitò a correggerlo, evitando di afferrarlo per la collottola e sbatterlo ripetutamente al muro, fino a rompergli l’osso del collo. Anche se, forse, non era necessario. Chissà chi lo aveva ridotto in quelle condizioni…
Ike si coprì fino al naso con la coperta di Hello Kitty che gli aveva dato Elanna, lasciano intravedere solo i due occhi color ametista. Il mezzo bariano lo trovo buffo, avvolto in quelle coperte rosa confetto al profumo di rosa, piene di cuori e di stelline.
-S-scu…sa. Solo…mi r-ricordi…il…mio m-maestro.-
“Maestro?” Ripeté, confuso, nella sua mente Mirko. Ah.
Mizael quindi lo aveva istruito nell’arte del duellare? Probabilmente.
-Non lo nominare più.- lo avvisò il biondo ma, quando ricevette uno sguardo vacuo come risposta, aggiunse: –Mi fa girare le palle.-
Si aspettava che Ike utilizzasse le sue ultime deboli forse per ammazzarlo/pestarlo o qualsiasi altra cosa…
-…A-anche a me…o-ogni tan-to…- disse, sorridendo appena.
“Sta guadagnando qualche punto a suo favore, per questo” pensò Mirko, ricambiando il sorriso.
-Credo che, almeno su questo, andremo d’accordo.-
I due si fissarono qualche altro secondo, prima che una qualche bariana a caso piombasse in salotto, con un taccuino in pelle nera ed una matita in mano, quasi inciampando sui suoi stessi piedi e nel tappeto colorato a terra.
-Tadaaah!- esclamò Elanna, contenta in viso, porgendo i due oggetti al bariano disteso sul divanetto.
-…g-grazie…- fece educatamente, prendendo con la mano destra il Bloch notes e con la sinistra la matita. Iniziò a scribacchiare lentamente su uno dei fogli bianchi. Disegnò del duello contro Zelda davanti al tempio dedicato a Don Thousand, di come avesse perso e di come si fosse inabissato in mare in compagnia dello stesso luogo di culto in cui aveva combattuto. E, soprattutto, disegnò quando il Dio Bariano gli avesse dolorosamente strappato l’anima, lasciandolo poi morire lentamente.
Anche se il verbo ‘disegnare’ non era il più corretto. Ike non era mai stato un asso in arte. E i suoi schizzi lasciavano lievemente a desiderare…erano decisamente un disegno da bambino di seconda elementare.

Mirko ed Elanna fissarono perplessi il foglio, tentando di capire cosa ci fosse disegnato. Ah, e ‘disegnato’, per modo di dire.
-…è un duello, giusto?- si azzardò ad affermare Mirko, sbattendo un paio di volte le palpebre. Ike annuì, per poi indicare con la matita uno dei due personaggi, quello sulla sinistra, che per la lunghezza dei capelli si poteva supporre fosse una ragazza.
-Zelda.-  disse fermamente il bariano. Era riuscito a pronunciare perfettamente quel nome, a differenza di tutte le altre parole precedentemente pronunciate, ma con una punta di freddezza nella voce. Quella Zelda non doveva essere propriamente una brava persona, supposero gli altri due.
-Se non erro...- iniziò Mirko. –Nella tradizione cristiana, il nome di Zelda apparteneva alla figlia di Satana.- non che fosse un grande credente, ma sua madre era una cattolica ferrata, di quelle che ogni mattina recitavano il rosario, quindi qualcosa gli era rimasto impresso.
Elanna sembrò risvegliarsi da una trance.
-Zelda? Majora’Mask? Benjamin Drowned!- esclamò tutto d’un fiato, mentre Mirko le dava uno spintone.
-Pianatala di pensare alle Creepypasta, e aiutami a capire chi è questa Zelda.-
Ike girò pagina, per poter disegnare un grande cuore. Almeno quello, gli era venuto bene.
-Aaaah.- fece Elanna. -È la tua ragazza!-
Il bariano tagliò, con una linea diagonale, il cuore a metà, scuotendo la testa.
-Mmh. Direi ex-ragazza.- la corresse Mirko. –Poverino.- aggiunse.
Anche se mestamente, Ike si ritrovò ad annuire. Cambiò nuovamente pagina, lasciando frusciare tra le dita i candidi fogli di carta. Riprese a muovere la matita sul bianco del foglio, per poi mostrare un altro capolavoro.

“Quella risata malefica è un tocco di classe” pensò Elanna, ridacchiando, ma nascondendo la risatina dietro la mano sinistra.
-…Quindi…- iniziò a formulare una frase Mirko, pur non sapendo bene cosa dire. -…Hai perso, sei caduto in mare e quella specie di tempio là dietro…è caduto con te?- domandò confuso, grattandosi la testa con il dito indice della mano destra. Ike annuì.
-Ma certo! È il tempio sottomarino dove ti ho trovato.- s’illuminò improvvisamente la corvina, battendo le mani tra loro.
-Quindi l’hai visto per davvero il tempio.- notò Mirko.
-Certo che l’ho visto davvero! Non sono mica pazza!-
-Su questo avrei dei dubbi…-
-Idiota.-
I due ottennero, come risposta, un’occhiataccia di Ike. Entrambi si zittirono immediatamente. Cambiò ancora foglio, disegnando un ultimo aneddoto di quanto gli fosse successo. Questa volta, sia Elanna che Mirko, impiegarono un po’ a capire cosa fosse rappresentato.

-Ehm…- biascicò Elanna, Non capiva seriamente cosa fosse quel…coso.
Non ne aveva la minima idea.
-Cosa sarebbe?- chiese. Ike sospirò, come se già sapesse che sarebbe stato difficile da capire cosa avesse scarabocchiato. Indicò quella specie di mostro orribile con le corna da cervo e la chiave dell’imperatore di Yuma attaccata alla gonna…
“Ehy, aspetta un attimo!” pensò Elanna. “Ma quello sembra davvero il ciondolo di Yuma! Stilizzato, ma è pur sempre quello!”
-La chiave dell’imperatore!- esclamò, indicandola col dito. Mirko aggrottò le sopracciglia bionde, confuso.
-Ely, di cosa parli?- chiese, guardandola stranito.
-Quella è la chiave dell’imperatore! Il ciondolo di Yuma, insomma!-
-Chi è Yuma?-
-Te ne ho parlato, qualche volta.- spiegò la corvina. –Ma evidentemente tu non ricordi molto bene.-
Ike si prese un’altra pagina per disegnare. O meglio, stavolta per scrivere:
Yuma Tsukumo
Le lettere che componevano nome e cognome di quel ragazzino, erano chiare e limpide. Facilmente leggibili.
-Si, proprio lui.- confermò Elanna. Strappò il taccuino dalle mani di Ike, attenta a non sfiorare le ferite di quest’ultimo, e cerchiò con il dito quella specie di mostro disegnato sulla carta.
-Questo…coso…io l’ho già visto. Cioè…- lanciò un’occhiata imbarazzata in direzione del bariano, che intanto si era seduto sul divanetto a gambe incrociate.
-…Era fatto un po’ meglio, ma era comunque un tizio brutto e con un pessimo gusto di vestire. C’era un suo disegno all’interno del tempio in cui ti ho trovato. Vero, Ike?-
Questo annuì, riprendendo il Block notes tra le mani.
Mirko lanciò un altro rapido sguardo allo schizzo.
-Effettivamente…adesso che ci penso, mi ricorda molto Don Thousand. Solo un pochino più brutto. E poi gli mancano le braccia. Diciamo che non hai un futuro come disegnatore. -  Diede una lieve pacca sulla spalla di Ike, stando però attento a non beccare il punto cui era stato fasciato.
-Don Thousand? Ah, si. Mirko, mi avevi detto che me ne avresti parlato, prima o poi.-
Il mezzo bariano tirò un lungo sospiro.
-…Si. L’avevo detto. In poche parole: è un dio. Ma è stato sigillato in una gabbia moltissimi anni fa.-
-D-dagli…Astrali.- aggiunse Ike.
Mirko annuì.
-Si, esatto. Don Thousand fu imprigionato dagli astrali, una specie aliena che si può considerare l’esatto opposta di quella bariana. Ma Don Thousand, prima di venire rilegato in quella che è attualmente la sua prigione…-
-La…maledizione.- intervenne il bariano, ricevendo una risposta affermativa da parte di Mirko.
-La stessa che mi raccontava mia madre da piccola. Quella dei due innamorati e dei guardiani…Ma lei diceva che era stato un oracolo a pronunciarla, non lo stesso dio. E che era una profezia, non una maledizione.- disse Elanna.
Ike intervenne immediatamente: -L’oracolo…era…mia m-madre. Don Thousand…comunica-va…attraverso di lei…fino a quando…n-non è…morta. E quando un…oracolo muore…vuol dire che la profezia…si sta per…avverare. Solo che…si deve essere reso conto…che dalla sua prigione…le maledizione funzionavano al…c-contrario.-
-Ciò significa che la profezia che conosciamo noi, è i realtà il contrario della maledizione. I due guardiani dovrebbero morire, così come il terzo eroe e…la coppia che doveva riunirsi non avrebbe dovuto farlo, così come i due fratelli separati. Motivo per cui Zelda ti aveva fatto…ehm…ti aveva gettato in mare.-
-Però.- commentò Mirko, guardando Ike–Stai riacquisendo la facoltà del parlare.-
Il bariano non badò alla frase pronunciata dal biondo.
-Quindi: tu e questa fantomatica Zelda dovreste essere i neo promessi sposi.- riassunse Elanna. Ike annuì, per poi aggiungere:
-…S-sarà difficile…Don Thousand…mi ha…rubato…l’anima.-
La reazione di Mirko e di Elanna fu quasi la stessa: sgranarono gli occhi, mentre lei copriva la bocca con entrambe le mani. Fecero per parlare, ma un voce femminile interruppe qualsiasi loro frase.
-Ma sei immortale, o cosa? Pensavo di averti tolto di mezzo!- Mirko ed Elanna si girarono contemporaneamente, per avere davanti agli occhi una ragazza bionda dagli occhi eterocromi: uno turchese-azzurro, l’altro grigio. Entrambi sembravano emettere lampi. Ike non ebbe bisogno di voltasi per riconoscere quella voce
-Vai…via.- mormorò il bariano, stringendo i denti.
Zelda fece una smorfia indispettita. –Mi cacci così, tesoro?-
-S-scusa…- fece in finto tono dispiaciuto. -…Se vuoi che io ti mani a fanculo direttamente, devi semplicemente chiedere!-
Suonava come il ringhio di un cane. E gli occhi viola erano carichi di odio e rancore. Anche se per una sola frase…Ike sembrò essere riuscito a tornare a parlare normalmente.
-Tsk.- Zelda si limitò a sbuffare. Elanna, intanto, non era riuscita a star
In silenzio davanti a quella scena. Si era avvicinata alla bariana dai biondi capelli, per prenderla dalla maglia bianca che indossava.
-Senti, non so tu chi ti credi di essere, ma non entri in casa mia come se niente fosse e ti permetti di fare la stronzetta come ti pare e piacere. Tu non hai capito proprio niente se pensi di comandare le persone a bacchetta. E se così non t’ingozza, possiamo vedercela anche io e te in duello!-
Mirko e Ike avevano fissato con interesse fino a quel momento, quando il primo aveva esclamato: -Duello al femminile? Ci sto!-
Manco fosse lui a duellare.
-N-no…Elanna…lascia perdere.- balbettò invece Ike.
Ma era troppo tardi: la sfida ormai era stata lanciata.
-Accetto.- disse Zelda. –Iniziamo subito.-
-Quando vuoi, stronzetta-

 


Angolo in cui DarkFeli e Benjamin Drowned mi prendono per il culo:
O.o
DarkFeli: O.o
Ben: O.o
Ho aggiornato subito…non è fottutamente possibile.
DarkFeli: infatti. È un sogno, vero?
Ben: questo è il mio capitolo preferito. Ma solo perché vengo citato.
Grazie, Ben. Ti voglio bene anche io.
Coooomunque. Tipo: qualche giorno fa sono andata rileggermi la Creepypasta di Homicidial Liu (il fratello maggiore di Jeff The Killer) e ho pensato: “Cazzo! Ma Liu è identico a Luxor!- e ho pensato…e se usassi Liu come presta volto?
Liu: giuro…che se lo fai ti mando in casa mio fratello.
Come potete vedere, lui è perfettamente d’accordo, quindi…Vai Luxor/Liu!

 

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