Champ de Mars

di sunflowers_in_summer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***



Champ de Mars

CAPITOLO I

Dovrei essere abituato a perdere le persone in questo modo. Scivolano via in atti di coraggio o di disperazione. Alcuni lo fanno cercando la gloria, e a volte la ottengono, senza potersela godere. Altri cadono per proteggere la famiglia, la patria o l’onore.
Cadono in guerra, sotto i colpi di spade, fucili, frecce. Ma soprattutto sotto i miei occhi.
Dovrei esserci abituato, io, Marte, dio Romano della guerra, a perdere le persone in questo modo. Ma quelle che mi sono più care, quelle che ho amato… non ho mai accettato davvero il fatto che possa perderle da un momento all’altro.

 
Emily Zhang posò il borsone mimetico sulla piccola valigia dello stesso colore, ritta accanto alla porta di casa. Un tuono la riscosse dal vortice di pensieri in cui era caduta nelle ultime ore e portò la sua attenzione sulla grossa pendola che troneggiava in salotto.
Erano le cinque e dieci di una mattina invernale che non avrebbe conosciuto l’alba per via dei grossi nuvoloni che si erano riuniti in cielo già dal pomeriggio del giorno prima
Ezra, il suo migliore amico, sarebbe passato a prenderla con la sua Smart gialla nel giro di pochi minuti per raggiungere insieme l’aeroporto militare, come avevano fatto innumerevoli volte durante le loro carriere.
Eppure quella mattina Emily aveva un brutto presentimento: i lampi fuori dalle finestre gettavano ombre grottesche sui muri, ed Emily cercava di sfuggire dal desiderio di trasformarsi in uno scarafaggio e nascondersi in una fessura del parquet per sempre.
Sentiva che quella volta non doveva partire.
Di scatto prese una vecchia foto incorniciata sul muretto accanto alla porta, dove di solito lasciava le chiavi di casa, e la guardò angosciata.
La foto raffigurava me, Marte, che abbracciavo lei, la mia Emily, molto prima che nascesse Frank. Molto prima che iniziassero i nostri guai.
«Ti prego» sussurrò mentre una lacrima le scendeva sulla guancia e si infrangeva sul vetro della foto «Ti prego, dimmi tu cosa devo fare.»
Non le diedi una risposta, non ancora. Dopo qualche minuto di attesa, ripose la foto al suo posto e si mise a osservare le altre che campeggiavano sul muretto: sua madre in Cina da giovane assieme a suo padre, lei con delle amiche delle superiori, lei il suo primo giorno di accademia, Frank a sei mesi…
«Frank» sussurrò a fior di labbra Emily e, colta dalla nostalgia, salì le scale che conducevano al piano di sopra, attenta che nessun’asse sotto il pesante tappeto scricchiolasse.
Aprì la pesante porta di ciliegio della camera di nostro figlio e, in punta di piedi, si avvicinò al suo letto.
Il giovane Frank dormiva con un braccio fuori dalle coperte e i capelli neri ritti in testa. L’altra mano era poggiata sul muro di fianco al letto, come se fosse pronto ad acchiappare l’arco che pendeva sopra di lui, appeso al muro.
Emily si sedette a bordo del letto, ricoprì con un lembo di piumone il braccio scoperto e si mise a fissarlo con un sorriso tenero dipinto sulle labbra, che subito si spense mentre ripensava al duro destino che spettava al suo bambino.
E se lei fosse morta in quella guerra, chi lo avrebbe protetto? Chi gli avrebbe parlato di suo padre, del Campo di Giove?
Emily fu scossa da un fremito. No, non poteva abbandonare suo figlio proprio ora, quando si avvicinava il momento di fargli conoscere il suo destino.
Fuori dalla finestra il clacson della macchina di Ezra suonò ad intermittenza riproducendo in modo terribile una vecchia canzoncina imparata in accademia.
Emily diede un bacio frettoloso sulla fronte di Frank e corse via, senza dimenticare di guardarlo ancora un attimo prima di accostare la porta.
Scese di fretta le scale, si mise il borsone in spalla e stava per afferrare la maniglia della valigia quando una voce secca come lo strofinio di due fogli di carta la sorprese da dietro.
«Te ne vai senza salutare tua madre, Mei-Lien?» chiese sua madre Yuxin.
Emily si girò, irritata come sempre dal suo nome cinese, e catturò l’immagine di sua madre, ritta al centro della stanza con una compostezza possibile solo a lei e due occhi severi che la scrutavano catturando ogni singolo dettaglio di sua figlia, dai capelli a caschetto compressi sotto il cappello con il suo nome canadese ricamato sopra alla manica della tuta militare leggermente tirata sul polso, dove campeggiavano i tatuaggi del nome “Frank” in corsivo e di un piccolo delfino.
Yuxin Zhang sospirò davanti allo sguardo vagamente terrorizzato della figlia e si avvicinò con passo lento e misurato, come quello di un fiero leone.
«Se non fosse per quell’idiota del padre di Fai…» borbottò l’anziana gettando uno sguardo di disprezzo alla foto sul muretto.
«Se non fosse per Marte» la interruppe Emily rimarcando il mio nome «ora non avresti un bel nipote come Frank.»
«…e tu non partiresti per la semplice speranza di ritrovartelo in mezzo alla guerra, mettendo a repentaglio la tua sicurezza e quella di tuo figlio.» concluse imperterrita Yuxin.
Quella donna mi ha sempre odiato, sin da quando ho conosciuto Emily, quando frequentava ancora l’accademia, e non credo ci fosse alcun modo di porre rimedio al suo odio nei miei confronti.
Emily sospirò a sua volta. Non voleva darla vinta a sua madre, ma era ben cosciente del fatto che così facendo metteva la sua stessa vita in pericolo, solo con la speranza che io fossi già al campo militare a cui era destinata, ad aspettarla a braccia aperte, come era successo tutte le volte che era partita.
Yuxin, incurante dello sguardo impaziente che le rivolse la figlia al nuovo motivetto suonato da Ezra con il clacson, prese il tessuto della tuta in corrispondenza del cuore di Emily tra le dita della mano sinistra e infilò nella stoffa una spilla di vetro colorato a forma di fiore di loto, come ogni volta che sua figlia partiva verso un campo di battaglia.
«Vedi di non perderla» raccomandò alla figlia mentre stendeva delicatamente la stoffa «è pur sempre un regalo dei tuoi antenati, mio bel fiore di loto.»
Emily abbozzò un sorriso accarezzando la spilla e ricordandosi che era il suo portafortuna e simboleggiava anche il significato del suo nome cinese: Mei-Lien, bel fiore di loto.
Le due donne si fissarono a lungo negli occhi, ma una terza canzoncina di Ezra sancì il limite di sopportazione di Yuxin Zhang, la quale spinse la figlia oltre la porta di casa e, prima che potesse sfuggirle, la abbracciò stretta e le sussurrò: «Torna tutta intera Mei-Lien.»
Emily annuì e corse verso la macchina gialla sballottando la valigia e il borsone, Yuxin la guardava ancora dal portico, avvolta nella vestaglia di seta rossa.
Il temporale appena iniziato faceva gorgogliare il tubo che dal tetto scendeva all’erba del piccolo giardino dove campeggiavano solo un ciliegio e un minuscolo laghetto.
Ezra mise in moto la macchina, ma prima che potesse partire il finestrino dal lato del passeggero si abbassò e comparve il viso di Emily, che gridò: «Prenditi cura di Frank!»
«Fai è al sicuro» disse tra sé Yuxin annuendo.
Mentre Emily richiudeva il finestrino prima che la pioggia entrasse in macchina, Yuxin Zhang fu colta dalla certezza che quella era l’ultima volta che vedeva partire sua figlia.



 
Ella’s corner.
Ho finito questa storia giusto in tempo, anche se questo capitolo lo tenevo pronto da molto tempo. Ma che ci posso fare se sono capace di cambiare tutta una storia per intero una volta arrivata all’ultimo capitolo?
Stavolta mi chiedo davvero a cosa serva questa storia. Appagamento personale? Non sono nemmeno molto soddisfatta di quello che ho scritto, quindi no. Temporeggiare per finire le mie due long? Probabile.
La verità è che dovrei usare quest’angolo per spiegare qualcosa di più sulla storia ma sto facendo tutt’altro. Cool.
Questa è una storia di guerra, ma visto che ci sono innumerevoli momenti romantici, non sono sicura di poterla definire così. Visto che l’ambientazione è nel bel mezzo della guerra mi devo scusare se quello che ho scritto non è preciso, visto che, come al solito, sento di essermi documentata troppo poco.
Questo è un prequel, parla della madre di Frank Zhang e dei suoi ultimi giorni. Tutti i capitoli dopo di questo saranno strutturati in modo tale che c’è una prima parte con un flashback e una seconda ambientata pochi giorni prima della morte di Emily Zhang.
Il nome Mei Lien esiste davvero e significa proprio “bel fiore di loto”. Il punto è che il fatto che nonna Zhang insistesse sul nome di Frank mi ha portato a pensare che facesse la stessa cosa con sua figlia.
Il nome Yuxin significa pioggia. È più che altro un nome scelto a caso, ma ha influenzato il tempo atmosferico di questo capitolo, credo.
Il nome Ezra significa “Dio aiuta” in ebraico ed Ezra stesso sarà di grande aiuto per Emily…
Tutta la vicenda è narrata dal punto di vista di Marte, causa dell’avvertimento OOC: in molti punti mi sono trovata in difficoltà con la sua molteplice natura.
Scappo e mi dileguo. Un bacio,
Ella.

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Champ de Mars
CAPITOLO II

Léon Chavelier era il generale più rubicondo, allegro e patriottico che l’esercito canadese avesse mai avuto.
E con patriottico non intendo che fosse un francese trasferitosi in Canada che amava ancora la Francia e la venerava come un sogno proibito. No. Léon si svegliava ogni giorno della sua vita, orgoglioso di essere un cittadino canadese che difendeva la sua patria con orgoglio. Neanche ci pensava più alla Francia, sua terra natale, sebbene raccontasse ancora meraviglie dei luoghi della sua infanzia.
Era un uomo alto e robusto, sempre con una postura dritta ma mai severa, con i capelli un tempo color grano ma ormai quasi completamente grigi e due vispi occhi azzurri.
Giunto alla fine della sua carriera (quella per cui era partito era infatti la sua ultima missione), il generale Chavelier poteva affermare che la soddisfazione più grande della vita era sicuramente Ezra, il suo unico figlio, avuto da Mary, la sua devota e pacifica moglie canadese.
Ezra Chavelier aveva ereditato dalla madre solamente i riccioli neri come la pece, per il resto era del tutto uguale a suo padre: alto, dalla fronte larga ricoperta di riccioli, i vispi occhi azzurri, il naso lungo e sottile, le labbra piene.
Sfoggiando i suoi muscoli attirava ragazze nei pub i venerdì sera come api all’alveare, con il suo umorismo pungente le faceva cadere ai suoi piedi. Tutte, ma proprio tutte le ragazze dell’accademia erano state in relazioni decisamente intime con lui.
Be’, tutte tranne Emily, sua migliore amica da quando ancora non sapeva montare un fucile. Il che, riguardo al figlio di un generale, la dice tutta.
Ezra e suo padre erano nello stesso reggimento, ma a nessuno dei due era mai venuto in mente che fosse stato un qualche segno del destino che indicava Ezra come diretto successore di suo padre, né mai nessuno dei due uomini in casa Chavelier aveva mai pensato al proprio lavoro in questi termini.
Semplicemente Léon difendeva la patria ed Ezra cercava di colpire quanti più nemici fosse possibile con quanta più precisione gli fosse possibile. Infantile, è vero, ma in quanto a dio della guerra devo ammettere che aveva un’ottima mira…


Il reggimento partì in due gruppi. Alcuni giorni prima della partenza di Emily il generale Chavelier aveva già radunato alcuni tra veterani e nuove reclute ed era partito con loro per un’avanguardia alla base che gli avevano indicato come sicura e facile da raggiungere.
In questo primo gruppo c’ero anch’io e, come tutte le altre volte, divenni subito un punto di riferimento per la squadra, persino per il generale. Dicevano tutti che di me c’era da fidarsi, che davo sempre ottimi consigli a tutti, in guerra. Ovviamente.
La base era comoda e confortevole, per quanto possa esserlo una base militare: situata al centro di una pianura deserta circondata da monti bianchi, ma comunque ben fortificata. A nord c’era un minuscolo villaggio di pastori, troppo lontano perché ci importasse di loro, e troppo piccolo per essere un punto di incontro di talebani, secondo il parere dei miei uomini e del generale.
No, era molto più probabile che i nemici armati si nascondessero sulle montagne…
Il cuoco, un simpatico ometto di etnia hazara, trovò una bella cucina pulita e, finché le provviste migliori durarono, i miei compagni mangiarono divinamente. Io avevo le mie scorte nascoste di nettare e ambrosia.
Il generale Chavelier, non appena arrivò alla base la rinominò Champ de Mars.
«Come a Parigi, mio caro Marcus» mi spiegò pulendo la pipa nel minuscolo salotto che avevamo a disposizione, chiamandomi con il nome con cui mi conoscevano i miei compagni di reggimento. «Che quella canaglia del Marte degli antichi ci protegga tutti!» aveva aggiunto poi scoppiando in una fragorosa risata, alla quale non potei fare a meno di aggregarmi, colto dalla comicità della situazione.
Qualche giorno dopo che ci fummo stanziati nella nuova base, il generale si svegliò molto prima degli altri, indossò la divisa e il berretto, colse il fucile e uscì nel cortile comune. Io lo aspettavo già lì, spalle al muro e fucile in spalla.
«Immagino che tu voglia venire con me» disse dandomi una forte pacca sulla spalla e sorridendo sotto i baffetti color argento.
La jeep che ci portò all’aeroporto militare fu guidata dal generale e, sebbene ci mettessi di continuo i miei trucchetti da dio per farla andare più veloce, il viaggio mi sembrò comunque infinito. Il generale mi aveva accennato che Emily era su quell’aereo: a distanza di settimane dal nostro ultimo incontro, morivo dalla voglia di vederla ancora, come un uomo nel deserto che chiede acqua per sopravvivere.
L’aereo arrivò con un ritardo di quaranta minuti per dei problemi meteorologici e interpretai la cosa come un cattivo segno. L’ennesimo, da quando eravamo partiti.
Emily scese dall’aereo con un braccio di Ezra sulla spalla, poggiando un piede alla volta su ogni scalino, come se fosse pronta a risalire nell’aereo da un momento all’altro. Strano, per una donna coraggiosa come lei.
Circa a metà scaletta mi notò e si bloccò. Ezra, che evidentemente stava chiacchierando allegramente, si fermò di botto e seguì la direzione del suo sguardo. Quando i suoi occhi vivaci incontrarono i miei, quegli occhi neri che la Foschia faceva vedere ai miei compagni, persero giusto un pizzico della loro usuale allegria.
Emily piegò le labbra in un sorriso e, veloce come un fulmine, si liberò dalla stretta di Ezra e scese gli scalini a due a due, quasi rotolando giù. Mossi passi sempre più veloci verso di lei mentre lasciava cadere il borsone mimetico ai piedi della scalinata e correva verso di me.
Quando l’uomo nel deserto trova l’acqua che tanto ha desiderato, non può fare a meno di berne quanta più può, perde il senno, il senso del tempo e della realtà.
Presi Emily al volo e la strinsi tra le braccia senza curarmi degli sguardi curiosi dei nostri compagni o di quello divertito del generale o di quello dolcemente deluso ma subito pieno di simulata allegria di Ezra.
Cercai le sue labbra nel momento stesso in cui lei cercò le mie e nient’altro non aveva importanza, nemmeno la guerra che si svolgeva accanitamente fuori dall’aeroporto fortificato.
«Sei qui» sussurrò Emily staccandosi dalle mie labbra.
«Come sempre» risposi con un sorriso.

Sulla jeep con cui raggiungemmo la base eravamo in quattro: io alla guida, Ezra sul lato del passeggero, Emily e una recluta di nome John sul retro.
Ezra passò tutto il viaggio con quel sorriso forzato che si dipingeva sul suo viso ogni volta che io ed Emily eravamo insieme.
Quando arrivammo alla base, il generale Chavelier ci accolse con il viso più rosso e più allegro del solito e, allargando le braccia, salutò i nuovi arrivati schierati nel cortile con un allegro: «Benvenuti allo Champ de Mars!». Emily, accanto a me, mi guardò e represse una risata.
«E se vi state chiedendo cosa significhi questo bel nome che ho trovato per la nostra base…» continuò il generale «Ebbene, siamo qui, oggi, come tanti altri prima di noi in tutte le epoche, per dimostrare il nostro coraggio nelle prossime settimane. Per difendere l’onore, la patria, le nostre famiglie, i nostri cari!»
Le urla di approvazione arrivarono dai nuovi arrivati e dal resto del reggimento, che si era radunato in cortile.
«Tutti voi sapete cosa c’è fuori dallo Champ. La guerra.» il generale guardò nella direzione di me ed Emily e, non visto dai nostri compagni, passai un braccio dietro la schiena di lei in un gesto protettivo.
«E sarà una dura missione questa. Ma noi non dobbiamo arrenderci mai. Per i nostri cari, per la guerra che stiamo combattendo!» concluse il generale tra militari che cantavano canzoni da accademia e altri che urlavano: «Viva il generale!».
Emily, invece, mi guardò con un sopracciglio sollevato, gesto che, come avevo imparato a comprendere, indicava preoccupazione.
«Marte» sussurrò nel mio orecchio «Promettimi che andrà tutto bene»
Ma io non potevo prometterglielo. Sospirai e scossi la testa, ed Emily si aggiustò la cinghia del fucile sulla spalla e si diresse verso gli allenamenti del primo pomeriggio senza voltarsi.

 

Ella’s corner
Ho realizzato che ieri era domenica quando sono andata a dormire. Penso che sia uno dei tanti effetti collaterali dell’estate. (Siamo tutti effetti collaterali. Ok, citazione di TFIOS delle 15.15)
Ma ora sono qui è ho pubblicato il secondo capitolo di questa storia, che è più che altro un capitolo di presentazioni, tranne per quei pezzi romantici finali.
Per chi non lo avesse capito, il nostro friendzonato Ezra è bellissimo. E non è un semidio, cosa importante, come non lo è suo padre e nemmeno quel John della macchina (il cui nome non è ispirato al libro/film, no…).
Lo Champ de Mars è il grande giardino pubblico che si trova a Parigi nei pressi della Tour Effeil. Prese il nome dal Campo Marzio di Roma (e Nuova Roma,a quanto pare) e veniva usato per volere di Luigi XV per le manovre militari dell’esercito francese.
Non ho nient’altro da dire, credo, ma per qualunque cosa non esitate a chiedere tramite recensione :)
Un bacio,
Ella.

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Champ de Mars

CAPITOLO III
 
Avevo conosciuto Emily pochi mesi dopo che era entrata in accademia.
All’epoca avevo deciso di prendermi una piccola pausa dall’Olimpo e di passare un po’ di tempo con i mortali, per vedere come se la passavano in campo militare.
Ezra diventò subito una sorta di migliore amico per me e fu lui a presentarmi Emily, un’amica per cui aveva una cotta da tanto tempo.
Dal primo momento in cui la vidi decisi che era l’essere più coraggioso sulla faccia della terra. Leggeva “L’arte della guerra” durante la pausa pranzo, strizzando i piccoli occhi a mandorla sotto la luce blu del neon.
E, ad uno sguardo più attento, notai che aveva qualcosa che tutti quelli intorno a me non avrebbero mai immaginato: l’aura di una semidea. O meglio, della discendente di un semidio.
Qualche giorno dopo che Ezra ci ebbe presentati l’un l’altra, la portai in un angolo solitario dell’accademia e le rivelai il mio segreto e lei, con un sorriso furbo, mi rivelò la sua più grande abilità.
«Posso essere qualunque cosa» si pavoneggiò riprendendo la forma umana dopo quella di una colomba.
«Allora immagino che tu possa essere anche mia…» le dissi con un tiepido sorriso.
Emily si rabbuiò.
«Marte» disse con calma. Era l’unica a cui avevo rivelato il mio nome, quindi l’unica in accademia a chiamarmi così, quando nessuno la sentiva. «­So come fate voi antenati: ve ne andate sempre»
«Ma…» cercai di giustificarmi.
«Shh» disse posandomi un dito sulle labbra «La sai una cosa, però? Sono talmente innamorata di te che non mi importa se sparirai per sempre, i miei sentimenti verso di te non cambieranno mai. Lo giuro sullo Stige.»
Molti metri sopra di noi rimbombò un tuono.
Passai un braccio dietro la schiena di Emily e l’attirai a me.
«Allora io non ti lascerò mai del tutto, anche quando non mi vedrai io ci sarò, e tornerò sempre da te. Lo giuro sullo Stige.»
Un tuono gemello al primo sancì il patto e ci legò l’uno all’altra.
 
Allo Champ de Mars dividevo il letto a castello con Ezra Chavelier - quello che in un modo o nell’altro era rimasto un mio caro amico nei momenti in cui prendevo l’aspetto di un mortale - lui nel letto di sotto ed io in quello di sopra.
La prima notte dopo l’arrivo di Emily, però, nessuno dei due riusciva a dormire. Ezra impiegò il tempo raccontandomi delle ragazze che aveva conquistato dall’ultima volta che ci eravamo visti, un paio di mesi prima. Le elencava una ad una sulle dita, le descriveva confondendole spesso e dando poca importanza a ciascuna di loro.
«Frank» chiesi interrompendolo quando entrambi ormai avevamo perso l’interesse per la lista delle ragazze «L’hai visto, di recente?»
«Ooh» disse il mio amico sollevando la testa dal cuscino e puntellandosi sui gomiti «Dovresti vederlo. Ormai è quasi un uomo, mio dio, alto così» disse sollevandosi ancora di più sul materasso e indicando l’altezza di Frank. «E la cosa più bella è che somiglia del tutto a sua madre: stessi occhi, stessi capelli…
«Stesso carattere coraggioso» sussurrai tra me e me. La verità era che sapevo benissimo l’aspetto che avesse mio figlio: anche i padri divini hanno i loro modi di vedere i proprio figli senza farsi notare.
«Che hai detto?» chiese Ezra.
«Niente» mi affrettai a rispondere. «E dimmi, tira ancora con l’arco che gli ho fatto regalare?»
«Certo» rispose Ezra con orgoglio, come se stesse parlando di suo figlio, «Non sbaglia mai un tiro. Quel ragazzo ci renderà tutti fieri di lui in accademia…
Le sue parole mi irritarono un po’. Certo, Ezra era stato sempre più vicino a Frank di quanto lo fossi mai stato io, che, da quando mio figlio potesse ricordare, non mi ero mai avvicinato a lui.
Solo che Ezra Chavelier non poteva nemmeno immaginare cosa spettava a Frank, e che mai sarebbe entrato in accademia.
«Sai una cosa, Ezra?» dissi fissando il soffitto «Emily ed io abbiamo deciso di mandarlo per qualche tempo a un campo militare per ragazzi, quando questa missione sarà finita. Si chiama Campo di Giove.»
«Non potrà fargli che bene» approvò il mio amico «E poi, guarda che coincidenza, si chiama più o meno come questo posto, no?»
«Esatto» risposi. «Vedrai, quando ne uscirà fuori, saremo tutti orgogliosi di lui: io, tu, Yuxin Zhang, Emily… Credimi, quel ragazzo farà grandi cose nella vita.»
«Amico, io sono già orgoglioso di lui» sottolineò Ezra.
Rimanemmo in silenzio per alcuni minuti, ognuno immerso nei suoi pensieri.
«Marcus?» mi richiamò Ezra titubante.
«Dimmi» risposi.
«Mi… devi fare una promessa» disse con un’insolita timidezza, come se stesse per sganciare una bomba in un centro affollato. «Devi promettermi che se succede qualcosa durante questa missione… Ecco, voglio che tu mi prometta che semmai mi dovesse accadere qualcosa di grave baderai a Emily.»
«Ci bado già ad Emily…» borbottai.
«Intendo che la smetterai di scomparire ad ogni fine missione e ti presenterai a Frank per una buona volta, e andrai a vivere con loro. Promettimi che la sposerai, che riconoscerai Frank come tuo figlio, che comprerai una bella casa e vi ci trasferirete…»
«Ma dico, tu lo sai che Yuxin Zhang non si muoverà mai da casa sua, no?» lo interruppi scoppiando in una risata forzata.
«Marcus, sono serio» disse gelidamente Ezra «Se io muoio qui, nel giro di qualche settimana, tu devi promettermi che renderai Emily felice una volta per tutte.»
Il silenzio calò di nuovo per qualche minuto, nella paziente attesa di Ezra.
«Amico, perché vuoi che ti prometta queste cose?» chiesi ad un tratto.
«Perché me lo sento. Da quando siamo partiti per questa missione sento che succederanno cose brutte e che non tutti torneremo vivi a casa. E tu sai bene quanto abbia protetto Emily e il bambino in questi anni solo perché me lo hai chiesto, ma qualche volta vorrei che la smettessi di fare l’amante della madre di tuo figlio. Diamine, Marcus, sono passati, quanti?... Diciassette anni, da quando ci siamo conosciuti, e tu non le hai mai chiesto di sposarla, per quanto ne so…»
«E tu che ne sai?»
«Oh, credimi. Emily mi dice sempre tutto, in qualità di migliore amica. Adesso promettimi che farai quello che ti ho chiesto, altrimenti è la volta buona che ti riempio di pallottole e do il cadavere in pasto agli avvoltoi.»
«Prometto» dissi in un sospiro. Peccato che non avessi giurato sullo Stige…





Ella’s corner
So che vorreste picchiarmi come se non ci fosse un domani per la mia scarsa puntualità, ma il punto è che passare un’estate cercando di fare un po’ di vita sociale non lascia molto spazio alla mia creatività e agli aggiornamenti. Manca solo un mese a settembre e da allora le cose torneranno nella norma, credo.
Comunque, il rapporto tra Marte ed Ezra è quello di due ottimi amici, e anche quello tra Ezra ed Emily. Ma volevo qualcuno che fosse una figura marginale nella vita di Frank, che fosse semplicemente l’amico della madre, di cui magari è anche un po’ geloso.
Non credo di aver molto altro da aggiungere, se non che ho pensato che l’assenza di Marte nelle vite di Emily ed Ezra fosse resa una cosa quasi normale anche per via di Foschia e vari poteri del dio, in modo che quest’ultimo non si ponesse troppe domande.
Un bacio,
Ella.

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