Figli degli Eroi

di Emelyee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Luke Frederick Jackson ***
Capitolo 2: *** Marco Augustus Grace ***
Capitolo 3: *** Emily Marie Zhang ***
Capitolo 4: *** Simon Lucas ed Esperanza Calypso Valdez ***
Capitolo 5: *** Di amore, figli e matrimoni ***
Capitolo 6: *** Bianca Elisa Di Angelo ***
Capitolo 7: *** Zoe Sophia Jackson ***
Capitolo 8: *** Fabian e Daphne ***
Capitolo 9: *** Arianna Elizabeth Zhang ***
Capitolo 10: *** You are my Christmas desire ***



Capitolo 1
*** Luke Frederick Jackson ***


 
Luke Frederick Jackson - 21 luglio


Annabeth aveva i capelli appiccicati alla fronte, le guance rosse e umide, le labbra tagliate e gli occhi lucidi, eppure non era mai stata così bella prima di allora, nemmeno al loro matrimonio. Percy le stringeva una mano e la guardava quasi adorante tergendole il sudore dal viso e incoraggiandola incurante degli insulti che lei gli stava lanciando in preda al dolore. Jason si era raccomandato perché, in quel particolare momento, il semidio non se ne uscisse con qualche battuta di pessimo gusto che sarebbe potuta costargli la mobilità delle dita, perciò in quel momento si limitava a dire «Coraggio tesoro, sei bravissima» e ad ignorare le sue parole molto poco lusinghiere. I medici la guardavano tranquilli e le dicevano di spingere ogni dieci secondi.
Percy era convinto che sua moglie li stesse odiando con tutta sé stessa.
«Forza piccola, tra poco conosceremo nostro figlio» mormorò il figlio di Poseidone per cercare di distrarla, ma lei si voltò verso il marito con occhi fiammeggianti.
«Smettila di essere così maschilista. Potrebbe essere una bambina» urlò e a Percy si strinse lo stomaco. Le strinse forte la mano.
«Vedo la testa! Avanti signora Jackson, tra poco conoscerà suo figlio!» il giovane uomo temette che Annabeth li uccidesse seduta stante, ma probabilmente era troppo concentrata sul dolore per fare caso a quel che diceva l’ostetrica. Erano in sala parto da almeno un’ora e lei era esausta.
L’ennesimo urlo fu seguito da un vagito e un pianto disperato.
«Complimenti, è un bellissimo maschietto»
Tutto quel che venne dopo si susseguì molto velocemente e Percy si ritrovò con suo figlio tra le braccia senza nemmeno sapere come. Era veramente meraviglioso; grinzoso come tutti i neonati, piccolissimo, talmente fragile che il semidio temette di fargli del male anche solo sfiorandolo. Aveva gli occhi chiusi e urlava come una sirena. Sul capo aveva una delicata peluria bionda. Era presto per dirlo ma Percy era convinto che somigliasse incredibilmente ad Annabeth che in quel momento tendeva le braccia per tenerlo.
Non appena sfiorò la madre il piccolo smise di piangere e aprì gli occhi, grigi come quelli di lei. Percy si innamorò una seconda volta e baciò delicatamente sua moglie sulle labbra.
«Ti amo» sospirò sulle sue guance, estasiato.
«Scusate, avete scelto il nome per il bambino?» l’infermiera si accostò alla famiglia felice e Percy si girò verso di lei ridacchiando, seguito a ruota da Annabeth.
 
«Mio figlio non si chiamerà Archimede!» sbottò il giovane uomo alzandosi dal divano color avorio del loro salotto e andando in cucina, esasperato. La moglie lo seguì decisa sebbene fosse appesantita dal pancione e incrociò le braccia sotto il seno, accigliata.
«Sei proprio testardo! È un nome antico e importante, perché non lo capisci?» non aveva intenzione di arrendersi di fronte ai rifiuti di Percy.
«Anche Ercole e Achille lo sono. Perché non lo vuoi chiamare così, scusa?» chiese, sul piede di guerra. Erano settimane che discutevano il nome per il loro bambino e ancora non avevano trovato un accordo su quello da maschietto.
«Perché» iniziò Annabeth facendo un passo avanti e allargando le braccia «sono eroi boriosi e pieni di sé. Non intendo chiamare mio figlio come uno di loro, con tutto il rispetto per le loro imprese»
Percy la guardò in quegli occhi grigi come il cielo in tempesta e ricordò la prima volta che l’aveva vista, al Campo Mezzosangue, alla prima volta che si erano baciati, a quando aveva rinunciato all’immortalità per lei, sull’Olimpo, a quando si era risvegliato senza altri ricordi che non fossero il suo nome e a quando l’aveva chiesta in sposa. Sorrise e mise fine a quella conversazione dicendo di avere trovato il nome perfetto.
 
Percy guardò di nuovo sua moglie e suo figlio e disse, sicuro: «Luke Frederick Jackson» poi sembrò ripensarci e aggiunse: «Sempre se la mamma è d’accordo» Annabeth aveva le lacrime agli occhi.
Anche lei aveva pensato di chiamare il bambino proprio come il suo migliore amico, ma poi aveva pensato che Percy avrebbe rifiutato per via di quello che lui aveva fatto. Era commossa dalla scelta del marito. In risposta diede una bacio sulla fronte a suo figlio e disse: «Ciao, Luke»
 
 

Spazio Autore:
Eccomi con una nuova storia. Questa volta si tratta di una raccolta di nascite, nell'ordine in cui le immagino. Vi presento quindi il piccolo Luke, il primo a fare la sua comparsa nella nostra grande famiglia di semidei. I prossimi fortunati genitori saranno Jason e Piper! Suggerimenti per il nome?

Elena.

 

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Capitolo 2
*** Marco Augustus Grace ***


 
Marco Augustus Grace - 13 maggio

 
Quel giorno pioveva e i due genitori divini, così come era accaduto per la nascita di Luke, si trovavano in sala d’attesa, camuffati da perfetti esseri umani. Quando Piper aveva saputo che sua madre era presente era scoppiata in lacrime davanti all’intero team di medici che l’assistevano e aveva stretto forte la mano a Jason, sorridendo felice.
Quel parto si stava rivelando difficile perché, oltre ad essere prematuro di tre settimane e mezzo, il bambino era podalico e si presentava con il sederino. Il semidio si era sentito svenire appena aveva appreso la notizia, tuttavia aveva dovuto riprendersi in fretta perché né Piper né suo figlio potevano aspettare lui e le sue crisi di panico. L’ostetrica voleva provare ad evitare un cesareo, ma per poterlo fare Piper doveva essere calma.
Chi era stato quel cane infernale che aveva detto che gli uomini avevano la parte più facile durante un parto? Jason decise che l’avrebbe trovato e fatto a pezzi per la sciocchezza che era uscita dalla sua bocca. Contrasse la mascella concentrandosi su sua moglie. Era sudata, accaldata, preoccupata e decisamente isterica.
«Jason! Smettila di fissare il vuoto e fai qualcosa di utile, maledizione!» urlò appena ebbe finito di parlare e riprese poco dopo «Ma chi me l’ha fatto fare! Rispondi Jason! Tu non stai facendo ni...» interruppe la frase in preda ai dolori di una contrazione. Il figlio di Giove pensò che se avessero continuato così avrebbe perso una mano prima della nascita del bambino.
«Lo so, Piper, lo so. Stai andando benissimo, amore» la figlia di Afrodite imprecò e fece un respiro profondo prima di spingere di nuovo. Lo stava letteralmente riempiendo di insulti come, del resto, aveva fatto ogni volta che aveva avuto una nausea, il mal di schiena, un’improbabile voglia di panna acida o che le persone l’avevano guardata storto per strada per via della sua giovane età. Lui aveva sopportato tutto senza dire una parola perché l’unica volta che aveva provato a replicare lei era scoppiata a piangere disperata chiedendogli scusa per essere stata insopportabile. E Jason odiava vederla in lacrime.
 
«Credi che sia la cosa giusta dire tutto a papà?» la giovane semidea si torceva le mani in grembo, in ansia per quello che avrebbe fatto di lì a poco. Lui non fece in tempo a rispondere che Tristan McLean entrò nel salotto del suo appartamento di lusso con un sorriso che avrebbe fatto invidia a Narciso. Abbracciò la figlia diciannovenne e si sedette su una poltrona.
«Piper, tesoro, a cosa devo la visita?» la ragazza abbassò lo sguardo e prese la mano di Jason. Poi iniziò a raccontare tutto. Non guardò mai suo padre negli occhi e lui non interruppe il racconto, con un’espressione sempre più incredula sul volto.
«E tu mi hai nascosto tutto questo per tre anni? Tre anni, Piper?» sbottò Tristan alla fine del racconto, alzandosi di scatto e iniziando a passeggiare per la stanza. Sua figlia trasalì. «E tua madre poi! Quella donna avrebbe anche potuto dirmi qualcosa, quando scoprì di essere incinta!» il cielo tuonò: ad Afrodite non piaceva quel che stava dicendo il signor McLean. Non volle sentire ragioni; mandò i due ragazzi fuori di casa e non volle vedere né sentire la figlia per due settimane. Piper passò un’intera settimana a piangere nella loro stanza senza che Jason potesse fare nulla per consolarla.
 
«Coraggio signora Grace, vedo la testa!» l’incitamento dell’infermiera riportò il semidio alla realtà e strinse più forte la mano di sua moglie. Pochi minuti dopo il pianto di suo figlio ruppe la tensione.
«Ecco qui il nostro piccolo guerriero» disse l’ostetrica. I due genitori si guardarono, estasiati.
«Jason, è un maschio...» risero sottovoce e si baciarono. Il figlio di Giove pensò che nulla avrebbe potuto rendere quel momento più perfetto di così.
Quando prese tra le braccia suo figlio gli vennero le lacrime agli occhi. Era così perfetto... Aveva pochi capelli scuri sul capo, gli occhi di un azzurro sorprendente bene aperti sul mondo, le labbra piccole e rosee e le manine chiuse a pugno. Non piangeva e sembrava stare benissimo.
«Il bambino è in perfetta salute. Avete già scelto il nome?» quando accennò a quell’argomento Jason guardò Piper, lasciandole totale libertà di scelta; avevano litigato fin troppo per decidere come chiamare il piccolo e non voleva rovinare quel momento dicendo qualcosa di sbagliato. Lei si fece dare il bambino e lo guardò con una dolcezza infinita, quella che si può incontrare solo negli occhi di una madre, poi alzò gli occhi su Jason e sorrise.
«Marco Augustus Grace, se al padre va bene, ovviamente» al giovane uomo si illuminarono gli occhi e baciò sua moglie, grato di quella scelta che portava avanti la tradizione romana.
«Diventerai un ragazzo molto coraggioso, Marco. Vi amo, ora e sempre»
 
 

Spazio Autore:
Eccomi con un nuovo capitolo dei felici genitori Jason e Piper! Ebbene sì, gli dei partecipano alle nascite dei loro nipotini speciali... in sala d'attesa con tutti gli altri! Ecco, dunque, il nostro secondo arrivato: diamo il benvenuto a Marco Augustus Grace, che porta il nome di due grandi imperatori di Roma, per gentile concessione della moglie, Piper. I prossimi fortunatissimi neogenitori saranno i nostri bellissimi Frank e Hazel. Nel prossimo capitolo verranno anche svelati i nomi delle compagne di Leo e Nico!
Un grazie e tutti coloro che hanno recensito, messo la storia tra le preferite e le seguite e anche a chi ha semplicemente letto, grazie di cuore!
Elena.

 

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Capitolo 3
*** Emily Marie Zhang ***


 
 
 
Emily Marie Zhang - 14 febbraio


Hazel aveva appena compiuto vent’anni quando era rimasta incinta; era la più giovane della grande famiglia di semidei che erano ma, sotto certi aspetti, anche la più vecchia.
Era morta per salvare sua madre e poi era tornata in vita, aveva liberato Thanatos e affrontato i giganti figli di Gea, chi avrebbe mai detto che sarebbe stata spaventata di dare alla luce un bambino? Eppure era così. Nessun mostro l’aveva mai terrorizzata tanto. In fondo, per far andare nel panico una madre basta mettere in pericolo suo figlio.
Frank era al suo fianco e le avvolgeva una mano tra le sue cercando, senza molto successo, di confortarla. Nella sala d’attesa Plutone, Persefone, Marte e Poseidone sedevano insieme a Leo, Nico, Pauline, Emma, Annabeth, Percy e Jason. Piper era a casa con Marco e aveva detto che li avrebbe raggiunti il giorno dopo con Luke, affidato alle cure di Sally Jackson, per far conoscere i cuginetti. Tutta quella folla avrebbe messo agitazione a Frank ma sembrava tranquillizzare la sua futura moglie, che respirava con più calma da quando aveva saputo quante persone stavano aspettando la nascita del suo bambino. Persefone in particolare non vedeva l’ora di conoscere suo nipote.
«Frank...» la voce di Hazel lo spinse a stringerle più forte la mano.
«Sono qui, amore mio. Non me ne andrò» la rassicurò. I suoi occhi scuri brillavano fieri e innamorati mentre la guardava. La sua pelle era imperlata di sudore e i lunghi capelli ricci si appiccicavano alla fronte e al collo, la bocca distorta in una smorfia di dolore, lo sguardo deciso. Frank pensò al giorno in cui le aveva chiesto di sposarlo, una settimana prima di scoprire che lei era incinta.
 
Hazel teneva il piccolo Luke tra le braccia e gli faceva strane smorfie per farlo ridere. Il bambino di quasi un anno batteva le manine e le toccava il naso e le guance, affascinato dalla zia. Annabeth e Percy l’avevano affidato a loro per un paio di giorni perché Chirone gli aveva affidato una rapida missione a Washington con Jason, neopapà, e Pauline, figlia di Demetra e fidanzata di Leo. Frank aveva deciso che quello sarebbe stato il momento perfetto per chiederglielo.
«Hazel» la ragazza, che teneva ancora il piccolo Luke in piedi sulle sue ginocchia, si voltò sorridente verso il suo ragazzo. Luke protestò perché aveva perso l’attenzione della zia e le tirò piano i capelli.
«Dimmi» poi prese delicatamente la manina del bambino e, dandogli un bacio sulla fronte, lo fece scendere e lo mandò a giocare nell’altra stanza. Frank prese un respiro profondo e si avvicinò, inginocchiandosi e prendendole le mani. Hazel sgranò gli occhi.
«Hazel Levesque, dal primo momento in cui ti ho vista al Campo Giove sapevo che saresti stata importante per me, e lo sei diventata, per mia fortuna. Mi hai reso l’uomo più felice del mondo, mi hai dato nuova vita, sei diventata la mia ancora in periodo in cui non avevo idea di cosa fare. Tu hai la mia vita in mano, letteralmente, ma vorrei che il nostro amore fosse ufficiale, che tutti sapessero che tu sei mia e di nessun altro. Ti prometto di amarti sempre, ogni giorno della mia vita e che l’unica che mi ruberà il cuore dopo di te sarà nostra figlia. Hazel, mi vuoi sposare?» la ragazza lo guardava con le lacrime agli occhi e la bocca spalancata dalla sorpresa. Pochi secondi dopo, quando Frank iniziava a pensare che probabilmente non aveva il coraggio di rispondere di no, gli si buttò tra le braccia sussurrando: «Certo che sì».
 
Quando, una settimana dopo, scoprirono che lei era incinta, la loro gioia fu totale e iniziarono immediatamente a discutere per il nome e, soprattutto, per il sesso del bambino.
«Frank, non ce la faccio più...» ansimò la figlia di Plutone. Uno zaffiro grosso come un pugno emerse con un leggero plop, dall’altro lato della stanza e Frank si preoccupò per un momento della persona che l’avrebbe raccolto.
«Shh, manca poco e poi conosceremo il nostro bambino tesoro mio, coraggio» lei si voltò accigliata.
«Ti dico che è una bambina» poi urlò per la prima volta da quando erano entrati in sala parto e Frank rischiò di fare a pezzi qualcosa.
«Avanti signorina Levesque, un ultimo sforzo e potrà conoscere il suo bambino» Hazel prese un respiro profondo e con un urlo disumano fece nascere la creatura che portava in grembo.
«Complimenti signori, è una femminuccia» la ragazza rise piano, ancora scossa dal dolore, e Frank le si avvicinò preoccupato ma felicissimo.
«Te lo avevo detto» mormorò lei sulle sue labbra quando la baciò. Lui annuì e quando si fu allontanato gli misero in braccio la sua piccola. Era davvero minuscola, con i capelli scuri, la pelle ambrata e gli occhi lievemente a mandorla stretti forte mentre piangeva disperata. Frank la cullò dolcemente e quando l’infermiera chiese il nome che volevano darle lui rispose, orgoglioso: «Emily Marie Zhang».
Hazel gli sorrise e guardò con occhi colmi d’amore la sua famiglia.



Spazio Autore:
Ben ritrovati con un nuovo lietissimo evento! Diamo il nostro benvenuto alla piccola Emily Marie Zhang, la nuova arrivata. In questo capitolo avete scoperto i nomi delle compagne di Leo e Nico (che, per coloro che shippavano una PercyxNico, non è omossessuale, mi dispiace per voi): Pauline, una figlia di Demetra, ed Emma, una figlia di Eos (dea minore dell'Aurora). Per il primo nome della bellissima figlia di Hazel e Frank ringrazio Scilotta78 del consiglio e, per chi non lo sapesse, Marie è il nome della madre di Hazel. La prossima puerpera sarà proprio Pauline, la fidanzata di Leo (per gli amanti delle CalypsoxLeo vi sarà una spiegazione nel prossimo capitolo di com'è andata la storia dal mio punto di vista).
Ringrazio le 10 persone che hanno inserito la storia tra le seguite, i 3 che l'hanno inserita tra le preferite e tutto coloro che si sono fermati anche un solo momento per recensire; grazie di cuore a tutti♥
Alla prossima, 
Elena.

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Capitolo 4
*** Simon Lucas ed Esperanza Calypso Valdez ***


 

 
Simon Lucas ed Esperanza Calypso Valdez - 3 agosto


«Gemelli, Leo Valdez! Gemelli!» Pauline imprecava come un’ossessa tra una contrazione e l’altra rifiutando un qualsiasi contatto con colui che quel giorno sarebbe dovuto diventare suo marito, invece i bambini avevano deciso di arrivare in anticipo di due settimane, interrompendo il matrimonio e costringendo tutti ad una folle corsa in ospedale. Il padre di Pauline, Kyle, si trovava in sala parto con la coppia e stringeva la mano di sua figlia, incoraggiandola. Leo si sentiva davvero inutile e la situazione peggiorò ulteriormente quando Pauline disse di non volerlo più vedere dopo quello che le stava facendo passare per mettere al mondo i suoi figli. Il giovane semidio non resistette e uscì come una furia dalla sala parto.
Una volta fuori trovò i volti ansiosi degli amici che, vestiti eleganti, distraevano Luke, Marco ed Emily. Nessuno aveva voluto lasciarli a casa, così li avevano portati con loro, fiduciosi che il reparto maternità avrebbe avuto delle ottime distrazioni per i piccoli. Appena Percy, Jason, Frank e Nico lo videro avvicinarsi rimasero perplessi per la sua espressione e si avvicinarono in fretta.
«Ehi, amico, che succede? Pauline i bambini stanno bene?» chiese Nico appoggiandogli una mano sul braccio. Leo annuì e una lacrima rotolò dai suoi occhi. I quattro amici si guardarono.
«I bambini non... Non sono ancora nati e Pauline soffre, dice di non volermi più vedere e io...» Percy gli si avvicinò e sorrise, sereno.
«Non ti preoccupare di questo, Leo; le passerà non appena vedrà i vostri figli, sul serio. Si sentirà talmente in colpa da farti scegliere i nomi, vedrai» ridacchiò guardando sua moglie che faceva il solletico a Luke. «Il parto è sempre il momento peggiore. Appena entrerai probabilmente la troverai pentita e in lacrime, quindi sbrigati» gli diedero una vigorosa spinta e lo rimandarono da dove era venuto. Come avevano predetto i suoi amici, la sua quasi moglie piangeva disperata da quando si era resa conto della sua assenza e, anche se era il momento di far nascere il primo piccolo, si rifiutava di farlo se prima Leo non l’avesse perdonata di quello che gli aveva detto.
«Amore, amore, tranquilla, va tutto bene, sono qui, Poppy, non me ne vado. Ti perdono, tesoro mio, ti perdono, va tutto bene, davvero. Ora però fai un ultimo sforzo e fai nascere i nostri figli così potrò raccontargli di quanto la loro mammina sia pazza e isterica, eh?» Pauline rise, chiese a Leo un bacio e ricominciò a spingere stringendo spasmodicamente la mano del suo fidanzato. I bambini ci misero poco nascere; un maschio e una femmina, bellissimi.
Per loro due, a differenza di tutte le altre coppie, i nomi non erano stati affatto un problema; perciò, quando l’infermiera chiese: «Avete già scelto i nomi?» Leo non ebbe nessun dubbio nel rispondere: «Simon Lucas Valdez ed Esperanza Calypso Valdez».
 
Dopo che ebbe salvato la ninfa dall’isola di Ogigia, Leo e Calypso si fidanzarono. Erano felici insieme, facevano sorridere chiunque fosse vicino a loro e il loro amore era facilmente percepibile nei gesti di tutti i giorni. Tutti credevano che avrebbero vissuto insieme per tutta la vita. Purtroppo era proprio la vita il grande problema di quella bellissima coppia; Calypso era una ninfa e, in quanto tale, era immortale, gli anni per lei non sarebbero mai passati e, alla fine, sarebbe stata costretta a veder morire il ragazzo che amava. Fu proprio per questo che i due decisero di lasciarsi. Pochi anni dopo Leo conobbe Pauline, una figlia di Demetra con i capelli rossi e gli occhi azzurri come il cielo in primavera, e se ne innamorò irrimediabilmente fregandosene del suo pessimo carattere. La ninfa accolse la notizia con velato dispiacere ma si congratulò con il suo amato e minacciò la semidea che se la sarebbe vista con lei se l’avesse fatto soffrire.
«Ti vedo felice, mio Leo» gli disse un giorno Calypso mentre passeggiavano tra i campi di fragole del Campo Mezzosangue. Lei vi abitava stabilmente da quando Leo l’aveva liberata e lui non perdeva occasione per farle visita.
«Lo sono. Pauline rallegra le mie giornate, amica mia» le sorrise quasi scusandosi per quel che aveva detto, ma la ninfa gli sfiorò la guancia, serena.
«Se le cose stanno così allora deve essere proprio la ragazza giusta per te» sospirò e lo guardò negli occhi «Sei un ragazzo fantastico, Leo. Ti ho amato come pochi ma forse avevi ragione tu nel dire che le nostre strade non sono fatte per dispiegarsi insieme. Addio, mio giovane amore» gli lasciò un breve bacio sulle labbra e gli sorrise prima di andarsene.
 
«Calypso, dunque?» chiese Pauline prendendo in braccio la figlia che aveva delicati ciuffi rossi sul capo e accarezzandole una guancia rosea. Leo sorrise e le prese la mano, tenendo Simon con l’altro braccio.
«Glielo devo, se non fosse per lei non sarei qui con la mia splendida famiglia».
 
Quando la ninfa, anni dopo, seppe di quelle parole, sorrise con gli occhi lucidi e abbracciò lo spirito della Tempesta che aveva scoperto di amare più di quanto avesse creduto possibile.




Spazio Autore:
Buon pomeriggio tesori miei e benvenuti a questo nuovo capitolo di "Figli degli Eroi". Salutiamo tutti Simon Lucas Valdez ed Esperanza Calypso Valdez. Ebbene sì, Pauline è lievemente isterica (lo ès empre stata, a dir la verità, un po' come sua madre Demetra) ma è davvero davvero davvero innamorata di Leo. Beh, che ne dite della mia brevissima versione dei fatti? Troppo flash? Non lo so, a dir la verità il capitolo non mi sembra un granché rispetto agli altri ma non ho mai creduto che il nostro Leo fosse bravo a trattare con le donne.
Ah! Il prossimo capitolo sarà di passaggio, per vedere come se la cavano i nostri amici con i loro pargoletti e per approfondire le new entry come si deve, quindi nessuna nascita, mi dispiace.
Una cosa che avevo dimenticato negli scorsi capitoli e che avrete notato è la data di nascita dei bambini. Luke è nato il 21 luglio, Marco il 13 maggio dell'anno successivo ed Emily il 14 febbraio. Alla nascita dei gemelli i bambini hanno quattro, tre e due anni. Ringrazio, come sempre, tutti coloro che leggono la storia, la recensiscono e la inseriscono tra preferite e seguite♥ Alla prossima,
Elena


 

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Capitolo 5
*** Di amore, figli e matrimoni ***


 

 
Di amore, figli e matrimoni


Il Campo Mezzosangue era in subbuglio quel giorno.
Da mesi e mesi erano in corso i preparativi per il matrimonio di Nico ed Emma, rispettivamente l’unico figlio di Ade e l’unica figlia di Eos in vita, e finalmente era giunto il momento tanto atteso. I due semidei avevano deciso di celebrare le nozze all’interno dei confini del Campo Mezzosangue, più precisamente nella Casa di Era. C’erano voluti due mesi per convincere la dea ad ospitare la cerimonia in quel luogo a lei dedicato ma, alla fine, forse complice il fatto che lei fosse la dea del matrimonio, accettò il lieto evento.
Emma e Nico si erano conosciuti durante una sua missione; era stato mandato a Chihuahua, in Messico, insieme a Grover per via di alcuni disordini provocati da diversi ciclopi attirati da una strana forma di energia. L’avevano trovata nascosta in mezzo alla folla, spaventata da ciò che vedeva attorno a sé e l’avevano immediatamente accompagnata a Long Island da Chirone che si disse sorpreso dall’età della ragazza che, ormai, aveva superato da un bel po’ i dodici anni contrattati da Percy al termine della guerra contro il titano Crono.
Il Signor D, direttore del Campo, si era mobilitato per informare gli dei di quella misteriosa comparsa. La ragazza disse di chiamarsi Emma Seyfield, di avere diciotto anni e di vivere da sola ormai da uno, da quando suo padre, Mason Seyfield, era morto per via di un attacco di cuore. Per mesi la ragazza visse al Campo senza essere riconosciuta e legò particolarmente con Nico e i suoi amici; poi, una mattina in cui tutti i semidei erano stati svegliati all’alba dai lamenti di Festus, il drago di metallo riparato da Leo, un’intensa luce rosata si propagò da Emma e sul suo capo galleggiò il simbolo della dea Eos: una cicala dorata.
«Ti diamo il benvenuto al Campo Mezzosangue Emma Seyfield, figlia di Eos, dea dell’aurora» la voce chiara e forte di Chirone aveva sbloccato i semidei che si inchinarono lasciando la ragazza non poco sorpresa e dandole il benvenuto. Non ci volle molto perché fosse costruita una nuova Casa dedicata alla dea e fosse annunciato un fidanzamento.
«Percy, ricordi dove ho appoggiato le fedi?» chiese Nico passandosi una mano tra i capelli neri, agitato. L’amico fece capolino nella stanza con Luke, di ormai quattro anni, tra le braccia. Il semidio aveva avuto ragione a pensare che suo figlio somigliasse in maniera impressionante alla madre; il bambino era relativamente calmo, riflessivo e curioso. Si toccava i capelli biondi quando pensava a qualcosa di difficile e alzava sempre gli occhi al cielo.
«Sono sul tavolino in salotto, vicino al bouquet» lasciò andare Luke che corse immediatamente dai cuginetti di pochi mesi, Simon ed Esperanza, e da Marco. «Nervoso?» chiese mettendosi dietro di lui e osservando il loro riflesso nello specchio. Erano cambiati così tanto in dodici anni, tutti quanti, tanto che Percy si disse che se non ci avesse passato così tanto tempo insieme avrebbe detto che erano sempre stati così. Vicino alle loro compagne avevano smussato i lati più spigolosi del loro carattere. A volte capitava che Percy dicesse a Frank «Ehi, tu. Chi sei? Che ne hai fatto di quel gelosone mutaforma di Zhang?» e lui rispondeva, stando al gioco «Mh... Non ne ho idea. Ma tu cosa ne hai fatto dell’orgoglioso Jackson?» a quel punto scoppiavano a ridere mentre Hazel e Annabeth li guardavano e scuotevano il capo.
«Mai quanto te. Ehi, ricordi quando ti sei sposato quante camomille hai dovuto bere?» Nico rise ripensando a quel giorno. Avevano dovuto chiamare un ragazzo della casa di Ipno per calmare un po’ Percy. Il ragazzo fece una smorfia divertita.
«Ricordo perfettamente. Però Emma è molto meno esigente di Annabeth, non credi?» Nico annuì sistemando il nodo della cravatta nera. Effettivamente la figlia di Eos non aveva chiesto un matrimonio in grande, erano state Piper, Pauline, Hazel ed Annabeth a spingerla ad organizzare qualcosa di più sfarzoso ed esagerato come era stato anche per loro. Avrebbero partecipato anche alcuni dei tra cui Era, Poseidone, Afrodite, Atena, Efesto, Ade e la quasi sconosciuta Eos.
«Credi che verranno tutti?» chiese Nico voltandosi a guardare Percy.
«Suppongo di sì» rispose lui uscendo dalla stanza seguito dall’amico «nessuno degli invitati ha chiamato per dire che non ci sarebbe stato, nemmeno gli dei» continuò entrando in salotto, dove stavano i bambini.
«Papà! La mamma ha detto che zia Poppy viene tra poco a portare i fiori» urlò Luke correndo tra le braccia del padre. Percy lo sollevò facendolo ridere e si disse che lui era la cosa migliore che avesse fatto in tutta la sua vita. Nico li guardò e sorrise, sognante; anche lui avrebbe tanto voluto un bambino da accudire ma, purtroppo, non era ancora arrivato.
«Va bene, campione» disse il figlio del dio del mare riappoggiando Luke a terra «Torna pure a giocare con Marco» il piccolo non se lo fece ripetere due volte e corse sul divano rosso di casa Di Angelo, dove lo aspettava il figlio di Jason e Piper «E fai attenzione!» aggiunse divertito.
«Non lo prepari?» chiese Nico osservando i jeans e la maglietta del campo mezzosangue che indossava Luke.
«Mancano ancora due ore, amico» rispose Percy «Sarebbe capace di combinare qualsiasi cosa in due ore. Lo vestirò venti minuti prima di andare» poi sembrò riflettere su una cosa per qualche istante e disse: «Ora però vado a farmi un panino».
 
Nel frattempo, a casa Jackson le donne stavano terminando gli ultimi preparativi prima della cerimonia. Piper e Hazel pensavano a truccare e pettinare Emma, la cui pelle lattea era ancora più pallida del solito per l’agitazione, e le raccontavano dei rispettivi matrimoni. Annabeth aveva mandato Frank e Jason alla Casa di Era per aiutare i figli di Efesto a sistemare le sedie e spostare i letti e si era occupata anche di Leo e Pauline affidandogli il compito di ritirare i fiori freschi dal fioraio, in città. Lei, dal canto suo, stava spuntando diversi punti da una lunghissima lista e dava un’occhiata ad Emily, seduta sul divano a giocare con una bambola, per evitare che se ne andasse in giro da sola come aveva già fatto parecchie volte.
Quando ricevette il messaggio-Iride, Annabeth stava proprio cercando di evitare una delle fughe della bambina.
«Ehi, Ann... Ma che stai facendo?» chiese la voce stupita di Leo. La giovane donna alzò gli occhi e si scontrò con il volto dell’amico sospeso a mezz’aria sopra di lei che teneva Emily stretta al fianco, la lista nella mano libera e la matita tra le labbra. Mise la bambina a sedere sul divano e si ricompose mentre lui si sbellicava dalle risate.
«Smettila!» sbottò mentre Emily cercava di sfruttare il momento di distrazione per fuggire dalla zia che, prontamente, la riacciuffò facendole il solletico e cercando di seguire la conversazione. «Dove diavolo siete? Dovevate tornare almeno mezz’ora fa e... Ehi, piccoletta, piano!... E invece mi mandate un messaggio-Iride!» la bambina rideva stretta tra le braccia di Annabeth e si dimenava come un’anguilla.
«Siamo rimasti bloccati nel traffico della domenica mattina, ma stiamo arrivando» rispose Pauline inserendosi nella chiamata e sorridendo serena alla figlia di Atena.
«L’importante è che vi sbrighiate! C’è ancora molto da fare qui!» dall’altra parte arrivarono due diverse risposte date in contemporanea dai due sposi: «Arriviamo subito» e «Non ti preoccupare, Annie, che fretta c’è?» Annabeth guardò l’immagine sbiadita di Leo, infastidita.
«Non chiamarmi Annie!» non seppe se l’aveva sentita o meno perché la chiamata s’interruppe e lei ne approfittò per chiamare Hazel.
«Emily, amore, non starai cercando di andare dagli zii, vero?» chiese alla figlia appena vide l’intreccio di braccia in cui era rinchiusa. La bambina, per tutta risposta, si liberò e le si buttò tra le braccia, docile come un agnellino.
«Hazel, se non sapessi per certo che quella è figlia tua e di Frank direi proprio che somiglia incredibilmente a Percy!» disse Annabeth puntando un dito contro la piccola dalla pelle color caffelatte che si nascondeva tra i ricci della madre. Hazel rise e mandò Emily in bagno a lavarsi le mani.
«A volte nemmeno io riesco a capire da chi abbia preso» affermò.
«Mami! Papà dice che zia Piper deve venire a prendere Marco perché distrugge casa!» urlò Luke entrando saltellando e accomodandosi sul tappeto del salotto, di fronte ad Annabeth.
«Possibile che non ci sia mai un attimo di pace?!» chiese, esasperata. «Arrivo subito, Luke. Va’ in bagno a giocare con l’acqua insieme ad Emily» lui obbedì e la donna si alzò dal divano per andare a dire a Piper che doveva andare a prendere Marco e portarlo lì ma ebbe un capogiro e fu costretta e sedersi di nuovo. Hazel si avvicinò, preoccupata.
«Annabeth, tutto bene?» chiese posandole le dita sul polso.
«Sì, tutto okay. Potresti andare con Luke a recuperare Marco prima che faccia troppi danni da Nico? Forse è stato tutto questo stress... Anche al mio matrimonio è successo» nessuna delle due volle dire ad alta voce che quella volta aveva scoperto di essere incinta ma sorrisero, complici.
 
Un’ora e mezza dopo la situazione stava degenerando.
Simon ed Esperanza non facevano altro che piangere e Leo dovette portarli a casa di Percy, insieme a tutti gli altri bambini. Pauline cercava di tenerli calmi senza successo e, nel frattempo, impartiva ordini per la sistemazione dei fiori nella Casa di Era. Annabeth, guardandoli insieme ai loro figli, pensò che la loro fosse una coppia strana, ma di quella stranezza che ti fa sorridere e pensare “Ma come hanno fatto a trovarsi questi due?”. Il loro incontro era stato semplicemente un caso. Tre anni dopo la guerra in Grecia Leo e Pauline capeggiavano le rispettive Case e avevano il compito di istruire i nuovi arrivati sulle regole del Campo e di farli ambientare il più velocemente possibile, oltre che a badare che non combinassero guai. Era proprio per evitare che Dylan e Stefan, i due nuovi ragazzi delle Case di Efesto e Demetra, si picchiassero che si erano ritrovati a parlare. Leo non l’aveva mai notata prima e in quel momento si era chiesto come avesse potuto non farlo.
I suoi capelli rossi mettevano in risalto il colore vivido degli occhi e quando sorrideva si illuminava. Fu un colpo di fulmine (o forse qualche figlio di Apollo aveva lanciato qualche freccia nella direzione sbagliata) e nemmeno le risposte acide di Pauline riuscirono a distoglierlo da quella cotta che divenne presto qualcosa di più serio.
«Poppy, Simon ha fame!» gridò Leo mentre cercava di sistemarsi la cravatta tenendo in braccio suo figlio.
«Anche Esperanza. Non posso fare miracoli, Leo» replicò lei dall’altra stanza mentre allattava la piccola.
Tutti i semidei si erano accorti, dopo la nascita di Emily, che badare a molti bambini iperattivi non era un gioco da ragazzi, nemmeno se si era dotati di poteri speciali come i loro. Tuttavia avevano sviluppato una straordinaria capacità ideare distrazioni di ogni genere e per ognuno di loro. A Luke, il più tranquillo, bastava dare un libro illustrato e per almeno mezz’ora se ne sarebbe stato buono; Marco, invece, dovevano portarlo al poligono di tiro con l’arco o nell’arena ad osservare i giovani semidei allenarsi e lasciarlo alle cure degli istruttori che, di solito, erano figli di Apollo o di Ares. Emily era incredibilmente attratta dall’acqua e dalle pietre e i ragazzi avevano scoperto che il laghetto delle canoe era il suo posto preferito e, lasciata lì a giocare, non avrebbe dato problemi. I gemelli, purtroppo, erano ancora un dilemma e per il momento tutti si limitavano a provarle tutte finché non si tranquillizzavano, anche se Pauline sosteneva che a Simon piacessero molto i papaveri.
«MARCO!» si sentì urlare nell’altra stanza da Piper e Jason «Adesso basta, vai con papà da zio Percy e zio Nico» la porta sbatté indicando l’uscita dei due.
«Mami, anche io voglio andare con Marco da papà» Luke si attaccò alle gambe di Annabeth e lei lo prese in braccio sorridendo a suo figlio.
«Facciamo una cosa: adesso i bambini e i papà vanno tutti a casa di zio Nico così qui finiremo di preparare zia Emma, va bene?» pochi minuti dopo stavano tutti uscendo da casa Jackson lasciando sole le donne.
 
La luce illuminava i piccoli cristalli applicati sui suoi capelli oltrepassando il tulle leggero del velo. La ragazza strinse più forte il bouquet di gigli bianchi tra le sue mani e fece un respiro profondo. Le braccia fasciate fino al gomito dai guanti candidi sembravano molli come gelatina, incapaci di fare alcun movimento, così come le gambe, il cui tremolio era camuffato dalla larghezza della gonna ampia.
I capelli, lunghissimi e biondi, le scendevano sulla schiena in morbidi boccoli. Non aveva voluto che fossero raccolti in un’acconciatura complicata, voleva che almeno quello fosse semplice, in lei, quel giorno. Si era fatta trascinare dalle sue amiche e alla fine aveva evitato un sacco di scelte; tanto da poter attendere il giorno del suo matrimonio senza preoccuparsi dello stress per i preparativi. Piper, Annabeth, Hazel e Pauline erano state a dir poco fantastiche nell’organizzare quell’evento: tutto era al suo posto: le composizioni di alissi, biancospino e camelie spuntavano in ogni angolo della stanza dando alla Casa di Era un’aria romantica e ufficiale, i veli in tulle rosa pallido pendevano dal soffitto ammorbidendo gli angoli spigolosi che caratterizzavano il luogo. Era celebrava la funzione e si presentava fiera e altezzosa come solo lei poteva essere.
C’erano così tante cose su cui soffermare lo sguardo che Emma quasi non si accorse del momento in cui la dea disse che era arrivato il momento di scambiarsi le promesse.
A quel punto guardò Nico negli occhi scuri come ossidiana e sorrise timida mentre lui iniziava a parlare.
«Io, Nico Di Angelo, prendo te, Emma Seyfield, come mia legittima sposa e prometto di amarti e onorarti sempre; nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, tutti i giorni della mia vita» si bloccò un momento prima di continuare «Quando ti ho conosciuta, Emma, nel mio cuore non c’era spazio per alcun sentimento che non fosse il dolore per la morte di mia sorella e non credevo certo di potermi innamorare. Ma poi sei arrivata tu con quegli occhi che sembrano raccogliere tutta la luce del mondo e con quel sorriso che mi ha fatto sentire una stretta allo stomaco fin dal primo momento e con la tua voce, i tuoi modi gentili e delicati e io... Io ho capito di aver trovato quella persona che poteva salvarmi da me stesso con una semplice carezza. Ho capito che ti amavo e che ti avrei amata per sempre. Prometto di essere sempre al tuo fianco e di non offuscare mai la luce della tua anima con la sofferenza perché ti amo e non voglio vivere senza di te»
Emma aveva gli occhi lucidi e dovette trattenersi per non buttare le braccia al collo di Nico quando le infilò l’anello al dito. Prese invece un respiro profondo e iniziò a pronunciare la sua promessa.
«Io, Emma Seyfield, prendo te, Nico Di Angelo, come mio legittimo sposo e prometto di amarti e onorarti sempre; nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, tutti i giorni della mia vita» la giovane donna teneva l’anello di Nico stretto fra il pollice e l’indice e si guardò intorno prima di continuare a parlare. Vide le persone che erano diventate la sua nuova famiglia che attendevano con sorrisi radiosi sul viso che ne entrasse a far parte a tutti gli effetti. Quelle persone l’avevano accolta quando nessun altro l’aveva fatto, quando nemmeno lei sapeva più chi era, quando aveva bisogno di un rifugio o di un consiglio o semplicemente di un abbraccio loro c’erano e credeva fosse giusto ringraziare anche loro.
«Ci sono molte persone in questa stanza alle quali devo tanto: i Jackson che sono sempre riusciti a farmi sorridere e sono sempre stati pronti ad accogliermi nella loro casa, i Grace che non hanno mai smesso di infondermi coraggio e tirarmi su di morale ogni volta che perdevo la speranza, gli Zhang che avevano sempre un consiglio per ogni evenienza e preparano la migliore torta alle mandorle del mondo e i Valdez che vedono un lato positivo in ogni situazione e sanno affrontare tutto con un sorriso sulle labbra. Voglio ringraziare tutti loro perché non mi hanno mai lasciata sola da quando sono entrata al Campo Mezzosangue confusa, disorientata e a dir poco sconvolta. Ma c’è un’altra persona che ha contribuito a rendere la mia vita il sogno che è ora ed è proprio di fronte a me: Nico, grazie. Non ero più riuscita a sorridere dalla morte di mio padre e tu, con la tua gentilezza e la tua pazienza, sei riuscito a risollevarmi. Non esistono abbastanza parole per poterti dire quando ti amo, ma spero di riuscire a dimostrartelo nel corso della nostra vita insieme. Spero di riuscire a farti sorridere come tu hai fatto con me, spero di riuscire a farti dimenticare tutti i momenti in cui sei stato infelice e di far sempre brillare i tuoi occhi di quella determinazione di cui mi sono innamorata appena ti ho conosciuto. Ti ho amato, ti amo e sempre ti amerò; anche se dovesse cadere il mondo ricordati che tu ed io cadremo insieme o non cadremo affatto» infilò l’anello all’anulare di Nico che la guardava sorpreso, ammirato, fiero ma soprattutto innamorato.
«Con i poteri a me conferitimi io vi dichiaro marito e moglie. Può baciare la sposa» disse Era felice.
Il semidio si avvicinò lentamente ad Emma e sussurrò: «Solo tu ed io, amore mio» ma lei fece un sorrisetto furbo e lo corresse.
«Solo tu, io e il nostro bambino. Sorpresa» disse prendendogli la mano. Lui spalancò gli occhi e la baciò, felice come non ricordava di essere mai stato. Fu con quel bacio davanti agli dei e ai loro amici che iniziò, finalmente, la loro vita insieme.
 
 
 

Spazio autore:
Salve a tutti, ragazzi! Ecco a voi il capitolo di passaggio che vi avevo promesso; vi piace? Scusatemi immensamente per il ritardo e spero davvero che il capitolo compensi questa mia mancanza. Ma veniamo noi: boom! Due gravidanze nuove: Annabeth ed Emma sono in dolce attesa! Personalmente trovo che Nico sia dolcissimo in questo capitolo e che i bimbi siano delle piccole pesti dal viso d'angelo, soprattutto la dolce Emily. Non ho molto da dirvi, spero solo che vi paiccia leggere il capitolo quanto è piaciuto a me scriverlo.  
Come sempre ringrazio tutti coloro che hanno recensito, inserito la storia tra le preferite e le seguite e anche chi è solo passato.
Ah, a proposito! Se volete la foto del vestito indossato da Emma al suo matrimonio fatemelo sapere e inserirò il link alla fine del prossimo capitolo. Au revoir!
Elena.



 

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Capitolo 6
*** Bianca Elisa Di Angelo ***



 
Bianca Elisa Di Angelo - 1 Novembre


Mentre suo figlio nasceva accompagnato dalle urla di sua moglie, Nico pensava a Bianca. Non si era mai soffermato troppo a pensare al momento della sua morte per evitare di soffrire più del necessario, eppure mentre stringeva la mano di Emma e la incoraggiava non poteva fare a meno di immaginare un altro luogo, un altro viso, un altro nome e un’altra storia. Si chiese se anche lei avesse sofferto in quel modo e strinse più forte la mano della donna che amava. Quando era morta Bianca lui non aveva potuto esserci, non era lì a dirle che sarebbe andato tutto bene, non era lì ad abbracciarla né ad ad evitare che succedesse il peggio; non se l’era mai perdonato, non era passato giorno senza che si sentisse terribilmente in colpa.
«Nico, per favore» la voce sottile di Emma lo distolse dai suoi pensieri e si concentrò di nuovo su di lei. Forse non aveva potuto salvare Bianca, ma non avrebbe permesso che sua moglie soffrisse in quel modo senza averlo completamente accanto a sé.
«Sono qui amore, sono qui. Avanti, tra poco conosceremo Mason» i due coniugi avevano voluto sapere il sesso del loro bambino prima della nascita, senza curarsi dello scetticismo dei loro amici che sostenevano che non ci si potesse fidare completamente di quelle diavolerie da dottori. Già da quattro mesi sapevano che avrebbero avuto un maschietto e che lo avrebbero chiamato Mason Isaac Di Angelo, come il padre di Emma. Tuttavia i dubbi e le insistenze dei loro compagni di avventure erano riusciti ad insinuarsi sotto la pelle dei giovani che avevano evitato di comprare oggetti e vestiti prettamente maschili e di arredare la camera di azzurro.
«Mason... il mio piccolo cucciolo...» sussurrò Emma con un sorriso tirato sulle labbra. Il suo viso si contrasse in una smorfia di dolore all’ennesima contrazione. «Credi che starà bene? Credi che non ci saranno problemi?» Nico le strinse la mano e cercò di rassicurarla con un sorriso, ma non funzionò molto bene perché anche lui era preoccupato come sua moglie per la salute del piccolo guerriero.
 
Pioveva il giorno in cui Emma si sentì male; grosse gocce di pioggia bagnavano il Campo e nella zona dedicata alle famiglie il silenzio era interrotto solamente dalle grida e dai pianti dei bambini che giocavano. Percy ed Annabeth erano andati a trovare Sally per farle vedere il suo nipotino e permetterle di preoccuparsi della gravidanza della moglie del figlio. Pauline e Leo avevano una visita di controllo per i piccoli che avevano da poco avuto una brutta influenza e Piper aveva deciso di accompagnarli perché temeva che Marco avesse la varicella. Jason e Frank dovevano lavorare al campo ed Hazel era di turno in una gioielleria dove aveva fatto richiesta di assunzione per guadagnare anche denaro normale. La piccola Emily era stata lasciata con Nico ed Emma che erano ben felici di tenerla per poter fare pratica per il loro bambino. Stava tifando assieme a Nico per una goccia d’acqua che colava sul vetro del salotto quando Emma urlò dalla loro stanza. Lui corse da lei e la trovò in una pozza di sangue. La portò all’ospedale e chiamò Frank perché prendesse Emily.
I dottori dissero che la donna doveva aver avuto un forte capogiro o una contrazione più dolorosa di altre e questo doveva averle fatto perdere l’equilibrio facendola sbattere contro il comodino di fianco al letto. Il problema era che Emma si era sbilanciata in avanti finendo inevitabilmente per pesare sul pancione. la semidea scoppiò a piangere disperatamente quando seppe che il Mason poteva aver subito danni non visibili con una semplice ecografia e quella paura era rimasta dentro di lei fino al giorno del parto senza che nessuno potesse farci nulla.

 
«Credo che il bambino starà benissimo, tesoro» Nico non capiva se stava rassicurando sua moglie o sé stesso, ma la cosa pareva funzionare almeno un po’ perché Emma respirava con più calma. «Sarà il bambino più bello del mondo e ci darà un sacco di preoccupazioni come Luke, Marco, Emily e i gemelli, vedrai. Lo adoreranno tutti» la semidea sorrise sentendo quelle parole e chiese a suo marito un bacio subito prima che l’ostetrica la invitasse a spingere per dare alla luce suo figlio Mason.
«Avanti signora Di Angelo, vedo la testa. Fra non molto conoscerete vostro figlio» Emma fece un respiro profondo e spinse più forte che poteva per una, due, tre volte, finché non sentirono il suono del primo vagito del loro bambino. La loro felicità non sembrò destinata a durare molto perché la signora Mellow, l’ostetrica, aveva un’espressione a dir poco sconcertata quando prese il bambino tra le braccia. Poi alzò lo sguardo verso di loro e sorrise.
«Spero per voi che non foste troppo convinti di avere una maschietto e che abbiate preso anche qualcosa di neutro perché è una bellissima femminuccia»
Emma e Nico si guardarono allibiti e si sorrisero. Il semidio si avvicinò a sua moglie e la baciò sulla fronte, sul naso, sulle guance e sulle labbra sussurrando ogni volta «Una bambina, una femmina» con un amore e una felicità che non avrebbe mai creduto di poter provare. Quando gliela misero in braccio ci mancò poco che gli venisse un colpo pe via della somiglianza con la defunta sorella, Bianca. Aveva i capelli neri dritti sul capo, gli occhi scuri e la pelle chiara; era stupenda. Le sfiorò la guancia con un dito e lei lo prese con la manina e lo strinse.
«Amore?» la voce di Emma lo distolse dal suo miracolo personale e si voltò per sorriderle, estasiato. Lei tendeva le braccia verso la bambina e lui gliela diede.
«Ciao piccola, sono la tua mamma» bisbigliò guardandola negli occhi grandi come perle ancora lucidi per il pianto. Quella era la loro bambina e lei la amava con tutta sé stessa.
«Scusatemi, avete già deciso come chiamare vostra figlia?» chiese la signora Mellow. I due si guardarono per un breve istante per poi rispondere all’unisono: «Bianca» e «Elisa». Scoppiarono a ridere e poi Emma disse: «Bianca Elisa Di Angelo, allora»
Nico si sporse verso di lei e la baciò sulle labbra. «Ti amo, Emma» sussurrò.
«Ti amo anch’io, Nico».
 
Quello che i due neogenitori ignoravano era che proprio in quel momento Annabeth si trovava in un'altra sala parto e stava dando alla luce il suo secondo figlio.

 
 
 Spazio Autore:
Allors, giovani amici di "Figli degli Eroi", eccoci qui alla nascita che ha destato più preoccupazione ai nostri semidei (almeno finora). Date tutti un caloroso benvenuto alla piccola Bianca Elisa Di Angelo! Non è meravigliosa? Nella storia non c'è nessun cenno a questo fatto, ma sappiate che la piccola Bianca nasce lo stesso giorno del compleanno di suo padre (almeno secondo me dato che non ho trovato nessuna data). Quindi Buon compleanno, Nico! Come avretye notato il capitolo termina con l'annuncio che Annabeth sta dando alla luce il nuovo arrivato della famiglia Jackson. Non si sa ancora se sarà maschio o femmina, quindi sono aperta a tutti i suggerimenti.
Lo scorso capitolo avevo chiesto se volevate vedere il vestito di Emma e grazie a Its Ellie che ha espresso curiosità, ecco a voi le foto non solo dell'abito che, personalmente, trovo molto adatto a lei, ma anche come io immagino Emma e Pauline, le due nuove arrivate:
http://www.craibox.it/images/l/a1275.jpg Il VESTITO
http://2.bp.blogspot.com/-5ZpaRIyL0xg/Ui4ruVYuvdI/AAAAAAAAAHM/_ntOldvUdjk/s1600/600full-blake-lively.jpg EMMA (Blake Lively)
http://imageserver.moviepilot.com/emma-stone-18-snow-white-rose-red-fan-casting.jpeg?width=1920&height=1200 PAULINE (Emma Stone)
Ringrazio molto le 10 persone che hanno inserito la storia tra le preferite, le 15 che l'hanno inserita tra le seguite, chi commenta e anche chi legge solamente. Grazie davvero!
Alla prossima,
Elena.




 

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Capitolo 7
*** Zoe Sophia Jackson ***





 
 
Zoe Sophia Jackson - 1 Novembre


Luke, Marco e il piccolo Simon erano attorno ad Annabeth e saltellavano impazienti di vedere quali giochi aveva nascosto la donna nella sua borsa. Lei faceva le cose con calma e sorrideva benché fosse preoccupata per Emma; la poverina era al primo parto e il bambino avrebbe potuto avere qualche problema per via della brutta caduta di pochi mesi prima. Suo figlio non la smetteva un momento di scalciare da almeno un paio d’ore e la cosa non contribuiva a calmarla. Passava lentamente una mano sul grosso pancione e con l’altra tirava fuori camion, pastelli colorati, fogli, macchinine, soldatini e pupazzi di ogni tipo dall’enorme borsa al suo fianco. Fu mentre porgeva a Luke un blocco da disegno che sentì un calcio più forte al basso ventre che la costrinse a piegarsi in due con un gemito sotto gli sguardi perplessi dei tre bambini. Pauline, Frank e Piper, al suo fianco, smisero di mostrare barbie e orsetti di peluche a Emily ed Esperanza e le si avvicinarono.
«Annabeth, tutto bene?» lei annuì e fece un respiro profondo.
«Credo che mi si siano rotte le acque. Chiamate Percy» Piper si voltò in direzione dell’uomo e Pauline e Frank iniziarono a distrarre i bambini con l’aiuto di Hazel che era appena tornata dal bagno. Percy arrivò correndo con espressione ansiosa negli occhi seguito dalla ginecologa di Annabeth.
Mezz’ora, un pianto isterico e due morsi dopo si trovavano in sala parto con una preoccupante diagnosi tra le mani: il bambino era in insufficienza respiratoria per via del cordone ombelicale che si era avvolto attorno al suo collo. La donna temette di svenire quando ricevette la notizia e iniziò automaticamente a respirare a fatica con il solo risultato di rendere Percy ancora più nervoso. I medici avevano detto che il bambino poteva nascere anche senza bisogno del parto cesareo ma che Annabeth doveva stare calma e respirare. La cosa peggiorò ulteriormente quando lui dovette allontanarsi pochi minuti per chiamare sua madre Sally, che li avrebbe presto raggiunti con il marito Paul, e il padre di Annabeth, Frederick. Al suo ritorno era il caos: sua moglie non riusciva a respirare e le avevano messo una mascherina per evitare che avesse un arresto respiratorio.
«Amore calmati, va tutto bene. Nostro figlio sta bene, devi solo tranquillizzarti e spingere come hai fatto l’altra volta, ricordi?» Percy le parlava cercando di distrarla da quello che dicevano i dottori al suo fianco e le stringeva forte la mano. «Ricordi quando abbiamo portato a casa Luke e lui piangeva sempre senza lasciarci dormire o riposare per più di due ore di seguito? E ricordi la prima volta che abbiamo provato a farlo mangiare un omogeneizzato e abbiamo finito per esserne ricoperti dalla testa ai piedi? Ricordi quanto eri felice quando hai scoperto che ti somiglia così tanto e adora leggere e imparare sempre cose nuove? E ricordi quanto ero irritato dal fatto che non avesse preso nulla da me a parte l’affascinante capacità di parlare con i cavalli? Te lo ricordi, amore mio?» Annabeth sorrise dolcemente e accarezzò la guancia di Percy con la mano libera. Iniziò a respirare più lentamente e con regolarità e le infermiere smisero di muoversi freneticamente attorno a lei osservando la dolcezza infinita con cui si stavano guardando i due.
«E ti ricordi anche il giorno in cui ti ho chiesto di sposarmi?» ridacchiò lievemente prima di continuare «Hai rischiato di mandare a monte tutto con la tua mania del controllo eppure eccoci qui a far nascere il nostro secondo bambino con le mani strette e gli occhi incatenati, fianco a fianco come sempre. Ricordati che tu sei stata, sei e sarai sempre il motivo per il quale posso rinunciare all’immortalità, perché una vita senza di te è come immaginare un sole che non scalda, acqua che non disseta, un pozzo senza fondo. Ricordati che io posso vivere senza di te, Annabeth, solo che non voglio. Quindi ora respira, sorridi e fammi innamorare di mio figlio» la donna si scostò la mascherina dal viso e lo guardò con gli occhi lucidi.
«Ecco perché ti amo, Testa d’Alghe» si baciarono per pochi secondi, un semplice sfioramento di labbra, eppure sembrò che la Terra smettesse di girare per qualche secondo. Esistevano solo loro e i loro bellissimi bambini e quell’amore sarebbe bastato a distruggere Crono se fosse stato necessario, ne erano certi.
 
Annabeth teneva le mani dietro la schiena e sorrideva a suo marito. Aveva mandato Luke a dormire da Jason e Piper per rimanere un po’ da soli e potersi godere quella magnifica notizia in santa pace. Percy la guardava perplesso ma adorava le sorprese, soprattutto quelle che comprendevano una casa vuota e Annabeth.
«Cosa succede?» chiese avvicinandosi e lei. Sua moglie, però, lo fermò e gli disse di mettersi seduto.
«Devo dirti una cosa» continuava a tenere le mani dietro la schiena e la cosa cominciava ad insospettirlo parecchio. Di solito Annabeth non esitava se doveva fargli sapere qualcosa, anzi, gliela diceva il prima possibile. Alzò un sopracciglio, confuso.
«Puoi dirmi tutto, lo sai» fece per alzarsi ma lei gli fece segno di rimanere dov’era. Si mise ad osservarla, allora: i capelli erano lunghi e biondi come quando si erano conosciuti ed erano spostati sulla spalla destra, morbidi e sciolti, i suoi occhi che nascondevano la forza delle tempeste non lo stavano guardando e si soffermavano su qualsiasi dettaglio che non fosse lui, aveva la pelle più pallida del solito, le vene del collo esile lievemente gonfie e una spalla lasciata scoperta dalla maglia larga che portava. Era bella come il primo giorno, forse di più.
«Sono incinta» disse porgendogli ciò che prima teneva dietro la schiena: un test di gravidanza. Percy non si preoccupò di sincerarsi del risultato, si alzò, prese sua moglie tra le braccia e la fece volteggiare per tutto il salotto, felice da morire. La baciò dolcemente e lei allacciò le braccia al suo collo infilando le mani tra i suoi capelli.
Al termine di quella serata Annabeth riuscì solo a pensare che era stato un bene mandare via Luke per una notte e godersi quel momento da soli, esattamente come avevano fatto quattro anni prima.
 
Dopo che si fu calmata le cose procedettero molto in fretta a differenza della prima volta. Bastarono poche spinte perché l’ostetrica gridasse: «Vedo la testa, signora Jackson! Continui così, è bravissima!» e Percy le stringesse un po’ più forte la mano. Non c’era stato tempo per gli insulti, quella volta; Annabeth era ancora totalmente incantata dalle parole di suo marito e riusciva solo a pensare che lo amava con tutta sé stessa, indipendentemente da tutto e tutti, e che doveva riuscire a mettere al mondo il loro secondo piccolo miracolo d’amore. Spinse, spinse forte finché non le sembrò di spezzarsi in due per lo sforzo, finché il pianto del loro bambino non si fece sentire per la prima volta. A quel punto la preoccupazione per il loro bambino divenne più importate di qualsiasi alta cosa; più importante del suo sesso, più importante del suo viso, più importante di vederlo e tenerlo in braccio. Percy abbracciò le spalle di Annabeth e le lasciò un bacio sulla tempia per tranquillizzarla.
Ci vollero parecchi minuti prima che un’infermiera si avvicinasse a loro con un fagotto tra le braccia e glielo porgesse con un grosso sorriso stampato sulle labbra.
«Sta benissimo, signori; nessun danno per via dell’insufficienza respiratoria, sembra quasi che sia intervenuto un dio a sistemare tutto» i due si guardarono e sorrisero divertiti. «È una bellissima e sanissima bambina»
Percy la prese in braccio per primo e rimase di nuovo affascinato da quella creaturina rosea che agitava i pugnetti tra le sue braccia. Aveva i capelli biondi di Annabeth e gli occhi verde mare spalancati sul mondo di suo padre; tendeva le manine verso di lui e gorgogliava serena. Non piangeva ed era bellissima: il suo piccolo miracolo.
Annabeth li osservava dal lettino con le lacrime agli occhi e il sorriso sulle labbra.
«Che nome devo segnare?» chiese l’infermiera avvicinandosi. I sue sorrisero e dissero, all’unisono: «Zoe Sophia Jackson» Percy si chinò su sua moglie e le lasciò un bacio sulle labbra. Era felice da morire, felice da vivere.


Spazio Autore:
Eccoci qui a dare il benvenuto alla piccola Zoe Sophia Jackson. Scusate ma oggi vado di fretta e non possos crivere molto. Qualsiasi domanda potete farmale nelle recensioni. Come sempre ringrazio tutti coloro che seguono la storia e la commentano, senza di voi "Figli degli Eroi" non esisterebbe. Grazie di cuore. Alla prossima,
Elena.




 

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Capitolo 8
*** Fabian e Daphne ***


 
 
Fabian e Daphne


L’orfanotrofio si trovava nella periferia di New York e dava l’impressione di dover subire diversi interventi di ristrutturazione per poter essere definito a norma. Era un grosso edificio cadente in mattoni rossi, le imposte un tempo dovevano essere state azzurro acceso, ma di quel colore non rimaneva che qualche macchia qua e là; la targa all’entrata lo indicava come: “Orfanotrofio Santa Caterina – accoglie bambini e ragazzi in difficoltà dal 1765” ed era diretto da un gruppo di suore e da eventuali volontari.
Proprio in quel momento la direttrice, suor Mafalda, stava interrogando la giovane coppia seduta di fronte a lei. Quei due non le piacevano per nulla e non avrebbe di certo affidato uno dei loro bambini a delle persone che avevano l’espressione di chi si aspetta di dover combattere da un momento all’altro. Li stava osservando da parecchio tempo cercando qualcosa che potesse convincerla che non erano dei genitori responsabili, eppure non aveva ancora trovato nulla; nessun precedente penale, nessuna multa per eccesso di velocità o divieto si sosta, scuole prestigiose, un conto in banca stratosferico e dei lavori rispettabili in un’agenzia di consegne lui e poliziotta lei. L’unica piccola stranezza era che non avevano nessun recapito telefonico e vivevano in un posto che, apparentemente, si trovava nel bel mezzo di una foresta.
«Dunque signori, se volete seguirmi vi porterei a fare un giro per conoscere i bambini» disse suor Mafalda a malincuore dopo aver confermato per l’ennesima volta che non c’era nulla di strano nei documenti. La donna si accigliò e incrociò le braccia.
«Noi sappiamo già chi vogliamo, non abbiamo bisogno di fare visita a tutti i...» suo marito le posò un mano sulla spalla e bloccò le sue parole prima che potesse dire qualcosa di sconveniente.
«Tesoro, potremmo conoscere qualche altro ragazzo che ci piace, non essere così precipitosa» lei sorrise e annuì alzandosi mano nella mano con lui, pronta per seguire suor Mafalda che aveva ascoltato quello scambio con malcelato interesse. Aprì la porta del suo ufficio e iniziò a guidare i due attraverso i corridoi dell’orfanotrofio. Le pareti erano tappezzate di fotografie di bambini di tutte le età, dai neonati agli adolescenti, alla donna parve di riconoscere un ragazzino dalla pelle scura e i capelli ricci raffigurato in una di esse ma fece finta di nulla e continuò ad osservare tutto ciò che le stava intorno. Diverse porte si aprivano su delle stanze che a giudicare dall’arredamento spartano che consisteva in dieci letti a castello, altrettanti comodini e una scrivania nell’angolo, dovevano essere le camere da letto.
«I bambini sono stati avvisati del vostro arrivo ed è stato concesso loro un pomeriggio libero in modo che possiate fare conoscenza in tutta tranquillità» spiegò suor Mafalda svoltando a destra e lanciando un’occhiata alla coppia che camminava dietro di lei e annuiva alle sue parole.
«Quanto tempo avremo a disposizione?» chiese lui, probabilmente il più tranquillo dei due, allungando il collo per vedere oltre una porta socchiusa che nascondeva il bagno dei ragazzi. Suor Mafalda la chiuse con un colpo secco e sorrise tesa.
«Tre ore, più o meno» disse proseguendo «Poi i bambini dovranno tornare ai loro compiti» non li guardò nemmeno mentre pronunciava quelle parole, ma percepì il loro sguardo bucarle la schiena.
Giunti di fronte ad una porta di legno con due ovali di vetro decorato che lasciavano intendere cosa ci fosse dietro di essa, la direttrice si fermò e incrociò le mani davanti a sé.
«Eccoci, questa è la nostra sala ricreativa; i bambini vi trascorrono il loro tempo libero giocando o facendo i compiti quando fuori c’è troppo freddo o piove. Mi raccomando, non illudete troppi di loro: consolarli dopo che non sono stati scelti è la parte più difficile» di due si guardarono e annuirono. Suor Mafalda si voltò e li fece entrare nella grande stanza luminosa. Tutti gli orfani al suo interno si voltarono immediatamente ad osservare coloro che, forse, li avrebbero portati via da quel luogo e sorrisero entusiasti. La coppia si sentiva un po’ a disagio con tutti quegli occhi puntati addosso, ma ricambiarono i sorrisi e si separarono, avvicinandosi a due piccoli diversi e iniziando a parlargli.
Ci vollero due ore prima che riuscissero a trovare il bambino che stavano cercando; se ne stava seduto in un angolo della stanza con un libro illustrato sulle ginocchia in compagnia di una ragazzina bionda non smetteva un momento di parlare. Lui non sembrava ascoltare, ma ad ogni respiro alzava lo sguardo per controllare che rimanesse dov’era e non si allontanasse. Aveva i capelli neri e corti, gli occhi scuri e la pelle lievemente abbronzata, esattamente come sua sorella Corinne, venuta a mancare due anni prima; ci avevano messo molto prima di riuscire a sapere in quale orfanotrofio era stato portato e, a quel punto, avevano iniziato a preparare tutti i documenti necessari per l’adozione. La donna si avvicinò ai bambini e si inginocchiò guardando negli occhi il piccolo.
«Ciao, Fabian» gli sorrise «Ti ricordi di me? Sono tua zia, zia Clarisse» il piccolo si limitò ad osservarla senza dire una parola. «Sono venuta per portarti a casa con me, va bene? Rivedrai la nonna e conoscerai tante nuove persone, compreso tuo zio Chris: ti avevo parlato di lui, ricordi?» Fabian continuò a guardare la semidea senza nessuna reazione apparente e Clarisse iniziò a temere di aver sbagliato ad andare a riprenderlo, che forse stava bene lì dov’era.
«Fabi non parla» intervenne allora la bambina bionda al suo fianco. Fabian si voltò immediatamente verso di lei come attirato dal suono della sua voce.
«Non parla? Cosa significa che non parla?» chiese la figlia di Ares, stupita. Lei ricordava suo nipote come un bambino chiacchierone, iperattivo come tutti i semidei e un po’ rompiscatole; certo, era capitato che decidesse di non parlare per qualche ora perché era arrabbiato con qualcuno, ma nulla di più.
«All’inizio lo faceva, raccontava di strane donne-uccello che volavano attorno alla scuola e di nebbia e di grossi mostri. Nessuno gli credeva, così ha smesso e ora non dice più una parola» spiegò lei un po’ accigliata, come se la infastidisse ricordare quel periodo.
«E tu? Tu gli credi?» Chris si era avvicinato a sua moglie e guardava la bambina curioso.
«Certo! Anche io li vedo!» annuì per confermare quel che stava dicendo. Clarisse e Chris si lanciarono un’occhiata un po’ stranita mentre la bambina tornava a raccontare a Fabian di come il giorno prima fosse riuscita ad evitare di mangiare il pesce. Il piccolo semidio era tornato con lo sguardo sulle pagine del libro, ma seguiva le sue parole con maggiore attenzione, preoccupato di non riuscire più a sentire quel che gli stava dicendo.
«Chris, potrebbe...»
«Lo so, che facciamo? Non possiamo mandare qui qualcuno, quella non lo accetterebbe mai» indicò suor Mafalda con un cenno del capo, pensieroso. Lasciarla lì da sola, con i soli ciechi umani a difenderla in caso di pericolo, era del tutto impensabile. Se era davvero figlia di un dio o di una dea come credevano non sarebbe stata al sciuro ancora per molto, esattamente come Fabian, figlio di Apollo.
«E se... Se la adottassimo? Non abbiamo ancora avuto figli, lo spazio a casa c’è e sarà al sicuro da tutto e tutti» poi guardò suo nipote e sorrise dolcemente «E renderemo felice Fabian»
Chris osservò l’espressione speranzosa di sua moglie e poi i due bambini seduti di fronte a loro che giocavano sereni. Clarisse aveva passato un periodo così brutto quando aveva saputo che sua sorella era morta e che suo nipote era stato allontanato dalla sua famiglia, che vedendo tutta quella felicità e quella speranza nei suoi occhi non riusciva a dirle di no. Si voltò verso la piccola e le disse: «Come ti chiami?» lei alzò lo sguardo e sorrise radiosa.
«Daphne Pearson, ma potete chiamarmi Daffy»
 
«Allora, avete deciso?» suor Mafalda, di nuovo seduta nel suo ufficio, sembrava più a suo agio con i Rodriguez di quanto lo fosse mentre uscivano dalla sala ricreativa.
«Abbiamo deciso» rispose Chris stringendo la mano della moglie.
«Vogliamo Fabian La Rue e Daphne Pearson» si guardarono, sicuri che la scelta che stavano facendo fosse la migliore per tutti.
 
 
 
 Spazio Autore:
Eccomi eccomi eccomi! Ecco a voi il nuovo capitolo di "Figli degli Eroi"! Diamo il benvenuto in famiglia (anche se in modo un po' diverso) a Fabian e Daphne Rodriguez, i figli adottivi di Clarisse e Chris! Ho voluto farvi una piccola sorpresa, per questo ho tenuto nascosta l'identità dei due genitori più che ho potuto evitando di inserire iol cognoome della happy family nell'introduzione. Allora? Sorpresa riuscita? Vi è piaciuto? Commentate qi sotto e fatemelo sapere, mi raccomando! Ma veniamo alla storia; già, Clarisse aveva una sorella, Corinne. Visto che non ci sono molte informazioni sul suo passato ho deciso di inventarmi qualcosa io e perchè non una sorella che compare dal nulla? Nel caso in cui ve lo steste chiedendo, Corinne è umana. Sì insomma, la madre di Clarisse ha avuto un'altra figlia con un uomo normale che poi è magicamente scomparso (ed è per questo che ha il cognome 'La Rue'). Per quanto riguarda Daphne, fate pure congetture ma non indovinerete mai cosa ha partorito la mia mente contorta a riguardo! 
A proposito, nel caso vi interessasse ho aperto un contest sul forum: http://freeforumzone.leonardo.it/d/10913622/Rose-rosse-canon-e-fanon-fatemi-innamorare-Multifandom/discussione.aspx, se volete partecipare siete i benvenuti!
Ringrazio come sempre i 17 che hanno inserito la storia tra le preferite, i 3 che l'hanno inserita tra le ricordate e i 25 che l'hnno inserita tra le seguite, e poi tutti coloro che commentano capitolo dopo capitolo e che seguono la mia storia, vi ringrazio tantissimo! Alla prossima,
Elena.

P.S. Non ho la minima idea di che cosa parlerà il prossimo capitolo, lo annuncio pubblicamente, quindi non so nemmeno quando arriverà. Abbiate pazienza.



 

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Capitolo 9
*** Arianna Elizabeth Zhang ***



 
 
Arianna Elizabeth Zhang - 27 aprile


«Mamma, quando torna papà?» Hazel smise per un momento di pettinare i capelli scuri della figlia ed ebbe un lieve sussulto nel sentire nominare suo marito. Erano giorni che non tornava a casa con la scusa delle molte missioni ma, in realtà, voleva solo evitare un nuovo scontro diretto con sua moglie dopo che la settimana prima avevano litigato.
«Non lo so, tesoro» le rispose riprendendo a spazzolare i lunghi boccoli. L’espressione di Emily si fece delusa e strinse forte le labbra per non dare sfogo ai suoi pensieri. Hazel sospirò e si alzò dal grande letto che occupava la sua stanza dirigendosi verso la finestra e scostando appena le tende bianche per guardare fuori. Da dove si trovava poteva vedere che a casa Grace le luci erano accese ed erano tutti svegli, pronti ad iniziare una nuova giornata allegra e spensierata.
«Mamma, perché papà è andato via?» la donna si voltò di scatto verso la figlia con gli occhi spalancati per la sorpresa di aver udito quelle parole; Emily se ne stava seduta in un angolo del letto con il mento appoggiato sulle ginocchia e guardava la madre triste e preoccupata. Hazel le si avvicinò e si accomodò al suo fianco, sorridendole.
«Papà non se n’è andato, amore, è solo più impegnato del solito» una fitta allo stomaco le fece fare una smorfia prima di continuare «Come hai potuto pensare che papà se ne fosse andato?» le accarezzò i capelli con dolcezza e la abbracciò sentendola rilassarsi sotto la sua stretta, rassicurata da quelle parole. Un’altra fitta costrinse a mordersi la lingua, ma non disse nulla e le propose di andare a trovare Marco per distrarla dalla conversazione appena avvenuta.
«Ma se papà torna mi chiami, vero?» chiese prima di lasciare la stanza con sguardo deciso.
«Certo, tesoro. Ora vai e non ti preoccupare»                                                                     
Non ci volle molto prima che Hazel si piegasse in due con un gemito per via di una nuova fitta allo stomaco. Erano giorni che si sentiva stranamente gonfia come un palloncino pieno d’aria e sentiva un lieve fastidio al bassoventre, ma aveva attribuito tutto ad un sintomo dell’arrivo imminente del ciclo; ora, invece, iniziava davvero a temere che si trattasse di qualcosa di estremamente più grave di una banale sindrome premestruale. Lanciò un urletto quando il dolore la investì per l’ennesima volta e si coricò sul letto sperando che passasse in fretta.
 
Fu Leo a trovarla, due ore dopo, svenuta in un bagno di sudore e lacrime e a chiamare i soccorsi.
«Andiamo, Hazel, svegliati» sussurrava tenendole la mano mentre aspettava che Chirone e i suoi amici avvisassero i figli di Apollo che lavoravano all’ospedale di raggiungere il Campo con un’ambulanza il più presto possibile. Pauline si era occupata di informare Frank e mai compito era stato più difficile da portare a termine: l’uomo entrò immediatamente nel panico chiedendo maggiori dettagli sulle condizioni di salute della moglie e agitando convulsamente la spada che stringeva tra le mani rischiando di decapitare Thomas, un giovane semidio figlio di Ares che sedeva di fianco a lui.
«Frank, adesso calmati e sbrigati a tornare a casa. Noi la portiamo all’ospedale e vedremo di scoprire che cose le è successo, ok? Andrà tutto bene, fidati» quando la chiamata si interruppe la donna ci mise ore per dimenticare l’espressione tormentata dell’amico.
 
Frank volava senza sosta da ore per raggiungere sua moglie il prima possibile ma, per quando si spingesse allo stremo delle forze, gli sembrava sempre di andare troppo lentamente, che l’acqua sotto di lui scorresse al rallentatore e i minuti si accavallassero l’uno sull’altro, implacabili. Respirava a fatica, ormai, ma non poteva fermarsi: Hazel lo aspettava. Non riusciva più a vedere il paesaggio attorno a sé, ciò che aveva davanti agli occhi era il giorno del loro litigio.
 
«Come hai potuto presentare quella donna a mia figlia, Frank?!» la donna sbraitava da almeno mezz’ora lanciando addosso al marito qualsiasi cosa le capitasse sottomano, infuriata.
«Andiamo, Roxy è solo un’amica, come puoi pensare che ci sia qualcosa di più tra di noi?!» ribatté il semidio evitando per un soffio un piatto di ceramica e guardando esterrefatto sua moglie accusarlo di averla tradita con un’altra. Lo sguardo di Hazel si fece, se possibile, ancora più iracondo all’udire quelle parole.
«Terence vi ha visti, maledizione! Vi ha visti, capisci?!» pietre preziose di ogni genere sbucavano da ogni angolo con un sonoro ‘plop’ richiamate dalla furia della figlia di Plutone.
«Visti cosa? Cosa ha visto, Hazel? Cosa?! Ha visto che l’abbracciavo dopo che mi aveva raccontato del suo amore non ricambiato proprio per Terence?! Oppure ha visto che Emily si avvicinava a lei per imparare qualche trucchetto da una figlia di Ecate?!» Frank allargò le braccia, esasperato da quella discussione senza senso «Eh, Hazel? Cos’è che ha visto?!»
Lei aveva le lacrime agli occhi per la rabbia e il dolore che quella scoperta le aveva provocato ma non esitò a rispondere alla provocazione di suo marito. «Smettila di negare di fronte all’evidenza, Frank! Smettila!» la semidea gli si avvicinò puntandogli un dito contro «Vattene. Non ti voglio più vedere» sibilò.
 
Quando raggiunse l’ospedale, quattro ore dopo, i suoi amici sorridevano.
«Ma cosa succede adesso? Perché ridete? Come sta Hazel? Dov’è?» fu Leo a guidarlo fino al reparto maternità dell’ospedale e a farlo entrare nella stanza di sua moglie mentre ancora aveva gli occhi spalancati e un mucchio di domande per la testa, ma gli bastò guardala negli occhi perché tutto scomparisse.
Era seduta sul lettino e gli sorrideva debolmente, stravolta. Aveva raccolto i capelli in una coda spettinata in modo da tenere i ricci ribelli lontani dal viso ancora pallido e sudato ed era scompigliata come solo chi ha appena vissuto l’unica cosa che mai si sarebbe aspettato potrebbe essere, ma i suoi occhi erano luminosi come li aveva visti una sola volta prima di allora e lo guardavano con un amore che credeva non avrebbe mai più rivisto. Frank non osava muoversi per paura di rompere quell’incantesimo ed essere catapultato di nuovo in quella dimensione in cui non poteva nemmeno sfiorarla.
«Roxy è venuta a trovarmi poco fa» esordì, serena, mentre a lui si gelava il sangue nelle vene. «Mi ha detto tutto e... Ecco, io credo di dovermi scusare per tutte le cose orribili che ti ho detto quella sera. Non avrei mai dovuto credere alle parole di Terence, mai, eppure l’ho fatto e sono riuscita a distruggere la pace che c’era nella nostra casa da così tanto tempo. Mi dispiace così tanto, Frank; io ti amo, non ho mai voluto che tu te ne andassi e...»
«Dillo di nuovo» la interruppe lui, con le lacrime agli occhi «Dì che mi ami» Hazel sorrise.
«Ti amo, Frank Zhang, non sai quanto» le si avvicinò con cautela, ancora timoroso di rompere quella fragile bolla di felicità in cui si era rinchiuso assieme alla sua ragione di vita. Quando fu abbastanza vicino si abbasso e le lasciò un bacio sulle labbra.
«Ti amo anche io» sospirò, rialzandosi «Ma ora vorresti spiegarmi che cos’è successo? Credo che il mio cuore abbia a stento sopportato il colpo quando Pauline mi ha detto che ti sei sentita male e che ti stavano portando all’ospedale» lei lo guardò e sorrise facendogli perdere un battito, come le prime volte. Gli fece cenno di avvicinarsi e gli sussurrò, piano: «Spero che tu sia pronto a diventare di nuovo papà perché di là c’è una bellissima bambina che aspetta di conoscerti»
«Una bambina? Ma cosa... Come... insomma tu eri incinta? Ma da quando? E perché non me lo hai detto? Io... Sono papà e...» Hazel ridacchiava dello sconcerto di suo marito, consapevole dell’effetto che quella notizia aveva avuto su di lui.
«Avrei un’idea per il nome, se non ti spiace» disse prendendogli la mano.
«Non ha ancora un nome?» Hazel scosse il capo e fece per parlare proprio mentre l’infermiera entrava nella stanza con la loro bambina. Frank notò che la piccola aveva la pelle lievemente più chiara rispetto a quella della sorella ma che condividevano gli occhi mandorla e i capelli scuri e che era meravigliosa come pochi. Non la prese in braccio, si limitò ad osservarla dall’alto, estasiato.
«Allora, come volevi chiamarla?» chiese sfiorando la guancia morbida di sua figlia con un dito.
«Arianna Elizabeth Zhang. Cosa ne pensi?» Hazel si era sporta per vedere il suo piccolo miracolo che dormiva serena e felice nella sua culla.
«Trovo che sia perfetto, come lei»



Angolo Autore:
Venghino venghino siore e siori, venghino a festeggiare la nascita di una piccola e inaspettata Arianna Elizabeth Zhang! Allora, evidentemente Hazel non sapeva di essere incinta e, per quelle che non lo sanno, sì, è davvero possibile partorire senza saperlo. Tanto che più o meno il 20% delle donne partoriscono senza essere a conoscenza del proprio stato. Tutto ciò è possibile perchè il ciclo può presentarsi comunque grazie al cervello che impedisce al corpo un cambio di abitudini, ad un 'gonfiore' estrmamente ridotto che può essere scambiato, apputo, per un semplice gonfiore, il tutto aiutato dal fatto che il bambino potrebbe non muoversi. Finita le lezione, niente complimenti, grazie. In ogni caso, Hazel rientra perfettamente in questa categoria. Passiamo ora al nostro Frank. Ha veramente tradito Hazel con Roxy, l'avvenenete figlia di Ecate? Assolutamente no, gente! Il giovane Terence, innamorato della semidea, ha semplicemente avuto un forte attacco di gelosia e, per allontanare i due, ha deciso di... ehm... intervenire in modo poco ortodosso. In realtà, Frank e Roxy hanno in comune solamente le missioni che gli vengono affidate.
Ringraziatemi per questo meraviglioso capitolo che hos critto alle 2:00 perchè l'ispirazione è arrivata a quell'ora grazie alla canzone 'Da capo' di Giada Agasucci (facciamo pubblicità alle mie fonti di ispirazione u.u) che personalmente trovo bellissima. In ogni caso, ecco qui il capitolo che, se fa schifo... beh... siate crudeli! Ah, giusto! Arianna arriva due anni dopo l'arrivo al Campo di Fabian e Daphne che, al loro volta, sono arrivati due anni dopo la nascita di Bianca e Zoe. I compleanni di Fabian e Daphne, se vi interessano, sono il 7 settembr e il 26 dicembre.
Credo di aver detto tutto... Ringrazio tutti coloro che seguono la storia, la recensiscono e la inseriscono tra preferite, seguite e ricordate. Vi amo tutti, ragazzi! Il prossimo cpaitolo sarà di passaggio, come la volta scorsa. Potete chiedere che inserisca determinati dettagli, se volete, e cercherò di seguire i vostri desideri. Detto questo, alla prossima,
Elena.

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Capitolo 10
*** You are my Christmas desire ***


 
You are my Christmas desire



 
I primi ad arrivare furono i Jackson. Luke e Zoe corsero immediatamente nella camera di Marco che si stava ancora preparando per quella cena tanto importante per sua madre; il bambino era, però, in crisi con il papillon rosso che Piper aveva insistito per fargli indossare.
«Ehi, perché ti metti questo coso?» chiese Luke afferrando l’oggetto e osservandolo più da vicino con aria critica. Il piccolo Grace sospirò e si sedette sul letto; quella cena della Vigilia aveva quasi fatto impazzire sua madre e Jason, per starle dietro, aveva fatto la stessa fine.
«Mamma ci tiene tanto» rispose sconsolato mentre Zoe si sedeva al suo fianco con i ricci biondi che le ballonzolavano sulle spalle e gli sorrideva.
«Zia Piper che obbliga la sua famiglia a vestirsi in questo modo? Sicuro che vada tutto bene?» alzò stupito un sopracciglio spostando rapidamente lo sguardo dal papillon che teneva ancora tra le mani e il suo migliore amico che aveva cominciato a fare il solletico a sua sorella.
«Papà dice che dobbiamo assecondarla perché non si stressi troppo... Ehi, Zoe, piano!» la bambina rideva e scalciava divertita chiedendo aiuto al fratello maggiore. Quando Marco la lasciò andare lei scese dal letto e corse in salotto dai suoi genitori. Luke prese il suo posto a fianco dell’amico.
«Stressarsi? Mamma faceva di peggio quando aspettava Zoe! Non ricordi quella volta che decise di testare le sue capacità scalando il muro d’arrampicata? Papà ha rischiato l’infarto quando è venuto a saperlo! Di cosa ha paura zio Jason?» il piccolo Jackson cercò di immedesimarsi nel padre di Marco, senza molto successo; continuava a pensare a sua madre e a quello che lei combinava in gravidanza. Un po’ di stress cosa poteva mai essere per un bambino?
Quello che i due non sapevano era che da un po’ di tempo Piper si sentiva inutile per la sua famiglia e per il Campo e, per questo, cercava di fare più cose possibili, sfinendosi al punto di non riuscire a stare in piedi da sola. L’ultima esempio di quella sua follia era proprio quella cena, alla quale aveva invitato quasi tutti quelli che conosceva, compresi Giove, Afrodite, suo padre Tristan, i Rodriguez, Talia, Rachel e Reyna con suo marito e ex pretore, Luan. Jason aveva cercato di limitare sua moglie in quella follia, ma lei non aveva voluto sentire ragioni e, appesantita dal pancione di ormai sette mesi, si era messa a cucinare quantità industriali di dolcetti di ogni genere. i loro amici avevano aiutato il figlio di Giove in ogni modo, proponendo di portare qualcosa, rifiutando l’invito per alleggerire la mole di lavoro di Piper e anche indicandosi come cuochi, camerieri e babysitter provetti. Purtroppo tutto ciò non faceva altro che mandare nel panico la povera semidea che si sentiva ancora più inutile e incapace, sommersa da tutte quelle proposte, così avevano semplicemente cercato di non pressarla e lasciarle fare ciò che preferiva.
«Luke, Marco! Venite a salutare Simon ed Esperanza!» urlò Annabeth dal salotto mentre i padroni di casa accoglievano i bambini, Leo e una Pauline lievemente appesantita dalla seconda gravidanza.
«Simon!» urlò Luke prendendo per mano l’amichetto di soli cinque anni mentre Marco salutava la gemellina con un «Ciao Essy!» entusiasta. Zoe, felice della presenza dei nuovi arrivati, li seguì nuovamente nella loro stanzetta.
«Piper, tesoro, non credi di aver invitato troppa gente?» chiese Jason mentre aiutava la moglie a terminare di apparecchiare l’enorme tavolo che faceva bella mostra di sé nel salotto. Lei lo guardò storto e rifletté sula possibilità di rompergli uno dei bicchieri che teneva in mano in testa.
«No, Jason. Va benissimo così, non è un problema» in fondo anche lei sapeva quanto suo marito fosse preoccupato per quella gravidanza che le stava portando molte stranezze a livello emotivo. Gli passò due bicchieri  e lui non poté fare altro che sospirare mentre Annabeth apriva la porta a Hazel e Frank che portavano un’Emily che si precipitò immediatamente nella camera di Marco all’urlo di «Non mi avevate detto che arrivavate così presto! Cattivi!» e una piccola Arianna che, appena posata sul divano, inizò a gattonare in giro.
La casa iniziava ad essere troppo affollata per i gusti di Jason che, però, evitò di fare commenti di alcun genere a riguardo per non irritare ulteriormente Piper.
Mentre Leo, Percy e Annabeth si occupavano, a turno, di aprire la porta, fecero il loro ingresso Emma e Nico con Bianca che, diversamente dagli altri, chiese il permesso a Piper prima di dirigersi calma verso la camera del maggiore dei Grace, dove i bambini erano intenti a saltare sul letto e a rincorrersi in giro per la stanza. Subito dopo arrivarono Clarisse e Chris con Fabian e Daphne, che seguirono l’esempio degli altri prima di loro e si diressero nella camera di Marco, che stava diventando quasi più affollata del salotto.
Un’ora dopo, quando ormai credevano che non sarebbe arrivato più nessuno, bussarono alla porta e si trovarono di fronte una Rachel parecchio emozionata.
«Ragazzi, buona Vigilia di Natale!» urlò scrollandosi di dosso la neve che aveva cominciato a cadere e buttandosi tra le braccia del suo migliore amico. Percy sorrise dell’allegria di Rachel e la strinse. Da quando aveva avuto due bambini era raro che si vedessero al Campo, soprattutto perché lei frequentava una scuola privata e tornava solo d’estate ad abitare la sua grotta ai confini del bosco.
«Rachel, ti trovo bene!» disse sciogliendo l’abbraccio e notando che Annabeth era andata in cucina per dare una mano a Piper con gli ultimi dettagli, probabilmente per non interrompere il loro momento d’affetto.
«Anch’io! Fare il padre ti dona, Percy» gli diede una vigorosa pacca sulla spalla e puntò i suoi splendidi occhi verdi in quelli altrettanto luminosi dell’amico. «Guardate un po’ chi vi ho portato» fece l’occhiolino ai presenti e si fece più vicina al figlio di Poseidone per lasciar entrare Luan, Reyna e il suo pancione.
Il loro arrivo fu festeggiato soprattutto da Jason che, nonostante la distanza, era riuscito a rimanere in ottimi rapporti con l’ex pretore di Nuova Roma e non vedeva l’ora di conoscere suo marito, nonché colui che era riuscito, dopo Percy, a spodestarlo dal suo ruolo tra i Romani.
«Reyna! Ora sì che siamo veramente al completo, gente» disse il figlio di Giove passandole un braccio attorno alle spalle, felice di rivederla dopo tanti anni. Aveva fatto visita a New York in occasione della nascita di suo figlio Marco ed era rimasta per un mese, ospite nella sua casa, ma da allora non l’aveva più vista se non tramite Messaggio-Iride. Per i minuti successivi i saluti e le congratulazioni feceero da padroni alla scena, fino a che i bambini non decisero di interropere quel momento.
«Papà, Zoe e Bianca hanno fame!» urlò Luke correndo verso Percy senza notare i nuovi arrivati. Il padre sorrise e, dopoa vergli scompigliato i capelli, lo rassicurò del fatto che non mancava molto alla cena.
«Luke! Come sei cresciuto, piccolo. Eri così minuscolo l’ultima volta che ti ho visto che non mi sembri nemmeno tu» Rachel e Reyna, che avevano avuto poche occasioni di vedere i bambini della grande famiglia di semidei, si avvicinarono al bambino biondo che, innervosito da tante attenzioni, andò a nascondersi dietro le gambe della madre.
«Mamma...»
«Va bene, gente, tutti a tavola!» gridò Piper per sovrastare il chiacchiericcio dei suoi ospiti mentre portava a tavola formaggi e salumi di ogni genere. Le sedie non ci misero molto ad essere occupate da genitori e figli allegri e curiosi delle rispettive vite, soprattutto di quelli che non incontravano da tempo. Così, mentre i bambini si lanciavano addosso la metà del cibo che avevano nel piatto, gli adulti discutevano sui miglioramenti apportati al Campo Mezzosangue e a Nuova Roma e delle loro vite private.
«Allora, Luan, raccontaci qualcosa di te» fece Pauline lanciando un’occhiataccia a suo figlio quando capì che voleva disfare la treccia della gemella.
Il marito di Reyna, Luan Lucco, era di origini brasiliane da parte di madre. Era alto, con la pelle olivastra e le spalle larghe, i capelli scuri e gli occhi nocciola chiaro, un bell’uomo con un carattere dolce e simpatico; il tipo di uomo adatto a Reyna. Raccontò di essere figlio di Mercurio, cosa che lo fece entrare nelle grazie di Leo, e che da ragazzo viveva con sua madre sulle coste del Brasile. Raccontò che sua madre, Anne Marie Lucco, lo aveva portato via dalla sua patria quando aveva compiuto undici anni per portarlo al campo di Nuova Roma dove, in poco tempo, si era conquistato una certa fama tra le ragazze.
«Ed è stato proprio perché ero così conosciuto dell’universo femminile di Nuova Roma che la mia dolce mogliettina mi si è avvicinata e... Boom! Non ha potuto resistere al mio fascino» i semidei scoppiarono a ridere all’udire quella stramba versione del loro incontro. Reyna, al contrario, non lo trovò esilarante quanto i suoi amici e tirò un pugno sul braccio di Luan.
«Non credetegli, è solo un montato. Ha paura di ammettere che ci siamo conosciuti perché dovevamo discutere una sua punizione per aver messo a soqquadro la Casa di Cerere» a quelle parole scoppiarono nuove risata nella tavolata. Jason lanciò un’occhiata a Piper e sorrise, felice di vederla scherzare serena e rilassata dopo tanti mesi di nervosismo in cui nessuno riusciva quasi ad avvicinarla. Le strinse una mano sotto il tavolo e, quando lei si voltò un po’ perplessa per quel gesto, le lasciò un rapido bacio sulle labbra che la fece arrossire e abbassare lo sguardo.
«Ehi, Grace, non vorrai mettere in cantiere il terzo quando il secondo non ha ancora visto la luce, vero?» Jason ridacchiò alla battutina di Leo ma continuò a guardare negli occhi Piper, ignorando il fatto che cambiavano colore più rapidamente di quanto avessero mai fatto.
«Sai che ti amo, vero?» sussurrò sul suo collo facendo correre un brivido lungo la schiena della moglie che rispose lasciandogli un bacio sul capo che valeva più di qualsiasi risposta.
 
«Quando dovrebbe nascere?» chiese Clarisse tornando dalla camera di Marco con un cerchietto e una collana rosa tra le mani.
Non ci era voluto molto perché i bambini crollassero addormentati negli angoli più strani della camera di Marco, sfiniti. I genitori li avevano muniti di cuscini e coperte e li avevano lasciati dov’erano, godendosi la tranquillità di quella nottata tra amici. Percy si era offerto di preparare una cioccolata calda con marshmallow e panna per tutti e in quel momenti si trovava in cucina assistito da Leo, che aveva il compito di ammorbidire i dolcetti, e Chris, che era troppo goloso per poter voltare le spalle a qualche cucchiaio di cioccolata calda rubato dal pentolino ancora fumante. Le donne, Jason, Nico e Luan, sedevano invece sul divano e le poltrone del salotto e conversavano amabilmente attendendo la mezzanotte.
L’atmosfera natalizia saturava ogni angolo della grande casa dei Grace; un abete di due metri faceva bella mostra di sé di fianco alla parete delle foto di famiglia, illuminato e decorato fino all’ultimo centimetro, rametti di agrifoglio e vischio pendevano dai lampadari e dalle pareti assieme a bastoncini di zucchero, mentre sul camino tre calze rosse pendevano in attesa di essere riempite di dolci.
«Fra poco più di due settimane» rispose Reyna accarezzandosi il pancione. «I medici dicono che è una femmina e vorremmo chiamarla Anne Marie, come la madre di Luan» risatine soffocate si levarono intorno a loro e i Lucco si guardarono intorno confusi. Emma si affrettò a rassicurarla.
«Non ti preoccupare, è solo che anche io e Nico avevamo creduto ai medici che dicevano avremmo avuto un maschio, invece è arrivata la nostra Bianca» Nico abbracciò sua moglie e la guardò pieno di amore. Reyna annuì e sorrise a quella spiegazione.
«Credo, quindi, di non dovermi fidare troppo delle previsioni mediche» disse appoggiando una mano sul ginocchio del marito.
Mancavano solo dieci minuti alla mezzanotte quando Percy, Leo e Chris fecero il loro ingresso portando vassoi pieni di tazze di cioccolata calda che appoggiarono sul tavolino al centro del salotto. Si avvicinarono alle loro rispettive mogli e lasciarono loro un bacio sulle labbra che fece sorridere tutti i presenti.
«Allora, amici miei, manca poco a Natale e, di conseguenza, alla mezzanotte magica» esordì Percy, abbracciato ad Annabeth. «Volevo solo fare un breve discorso prima che tutti voi esprimiate il vostro desiderio di Natale. Ecco, sono passati tanti anni da quando ci siamo conosciuti per colpa – o grazie – alla profezia dei sette e volevo ingraziarvi per tutti i momenti che abbiamo passato insieme in tutto questo tempo. Se non fosse per ognuno di voi non sarei qui, oggi, e non farei parte di questa splendida famiglia allargata che tanto amo. Non mi rimane molto tempo prima che oggi diventi ieri; l’unica cosa che volevo ancora farvi sapere è che qualsiasi cosa succeda, sono sicuro che noi rimarremo sempre qui, tutti insieme».
Quando calò il silenzio tutti guardarono la persona amata come se fosse la prima volta, tutti pensarono che quel momento non poteva essere più perfetto di così e quando un lieve suono i campanelli annunciò che era arrivato il Natale ognuno espresse un desiderio che veniva dal profondo del cuore.
Fu un desiderio di cui si ricorda l’eco ancora oggi, un desiderio pronunciato con tanta decisione e speranza che la dea dell’Amore, segretamente seduta tra i bambini nella stanza accanto, non poté fare a meno di rabbrividire.
Il mio desiderio di Natale... sei tu.
 
 

Spazio Autrice

Mi scuso immensamente per il ritardo e spero che il capitolo valga l'attesa! Annunciati i prossimi 3 parti, nell'ordine: Reyna, Piper e Pauline. Maschietti? Femminucce? Gemelli? Sorprese? Tutto è ancora da vedere, le vie del Signore sono infinite! Piaciuto l'ingresso di Reyna nella storia? Fatemi sapere cosa ne pensate di Luan e quale scena del loro passao preferireste vedere nel mio classico flashback da storie d'amore.  I bambini crescono bellissimi e pestiferi, come da copione, e tocca ai genitori star dietro alle loro marachelle. Come se la cavano? Non male, vero? Afrodite e Giove, alla fine, non sono andati alla cena per non contrariare Era che ci teneva antissimo a festeggiare la Vigilia con la sua divina famiglia. Efesto avrà gradito? Mh...
Ringrazio, come sempre, chi recensisce, chi passa e chi inserisce la storia tra preferite, seguite e ricordate. Vi amo tutti alla follia! 
Per farmi predonare, le foto della case dei nostri beniamini!

Casa Grace
Casa Jackson
Casa Zhang
Casa Di Angelo

Alla prossima, 
Elena.

 

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