Un'estate da dimenticare

di Dagyr
(/viewuser.php?uid=724303)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


                                                                                         Prologo

Lo sguardo della giovane Stefy Kern vagava estasiata sulle quattro imponenti statue di Ramsete II che stavano a guardia dello spettacolare tempio di Abu Simbel, ai piedi di esse si ergevano, non meno imponenti le statue della regina madre, Nefertari,  sposa prediletta di Ramses e dei suoi figli. Lo scenario era fiabesco agli occhi verde castani di Stefy, le statue sembravano emergere dalla roccia dorata stagliandosi  verso il cielo terso, e lei ne fotografava avida ogni minimo dettaglio con la sua  digitale super computerizzata, avuta per l'occasione prima di partire. Le venne da sorridere mentre immortalava il monumento e il paesaggio desertico, e ripensò alla fatica che le era costata convincere il suo capo ad ottenere un'attrezzatura decente. Era stato faticoso, ma alla fine l'aveva spuntata, ricevendo ciò che aveva richiesto. Quando entrò precipitosamente nell'ufficio del comandante quel giorno, sei paia di occhi si volsero sorpresi. Stefy sorrise imbarazzata, posando lo sguardo sui due uomini seduti uno accanto all'altro sulle poltroncine in finta pelle, davanti alla scrivania di mogano invasa, come sempre, dagli innumerevoli fascicoli pieni di verbali, e rapporti di omicidi e persone scomparse, così chiudendosi la porta alle spalle, si accomodò sull'unica poltroncina libera nei pressi della porta. Per lei entrare e basta  era routin, e il capo non era mai riuscito a correggerle questo difettuccio, che gli aveva provocato con il tempo, non pochi richiami disciplinari, ma con il passare degli anni, Kurt si era abituato ai suoi modi bizzarri. Con finto cipiglio e cercando di assumere un'espressione severa egli si alzò poggiando rumorosamente le mani sul piano ingombro della scrivania.
“ Alla buon'ora!!” le apostrofò seccamente, indicando con il mento verso l'orologio appeso alla parete di fronte.
Stefy seguì con lo sguardo quel gesto e vide l'ora, erano le dieci e trenta, era in ritardo di un'ora e mezza.
“ Colpa del traffico.” Cinguettò allegra alzando le spalle e facendo il più innocente dei sorrisi sapendo di mentire.
“ Bhè, il minimo che tu possa fare è chiedere scusa,” Kurt fece una pausa guardandola e indicando con la mano grassoccia gli uomini seduti di fronte a lui ” i colleghi hanno aspettato proprio perchè ho detto loro che, in questo campo, tu sei la migliore.”
Lei volse ora lo sguardo verso i due uomini, che, fino ad allora non avevano aperto bocca, e con un grazioso cenno del capo dai capelli corti e rossi li ringraziò.
“Grazie, sono davvero lusingata,“ disse loro senza sarcasmo nella voce e arrossendo impercettibilmente, “ ma forse il mio capo esagera.”
 Kurt scosse la testa canuta, e si sedette nuovamente, poi passò a presentarle i giovani colleghi.
“ Stefy, ti presento gli agenti speciali Tarek Rashid e Maximilian Engel.”
I due si voltarono verso la donna e alzandosi a turno le strinsero la mano con decisione , “ è un piacere “ mormorarono entrambi.
Lei rimase sorpresa per la differenza che c'era fra i due, uno era scuro di carnagione, con  capelli e occhi neri come la notte, di bell'aspetto, e quando le sorrise una fila di denti bianchi spiccò dalle labbra rosa scuro e poco carnose. L'altro era chiaro di carnagione, anche lui aveva i capelli neri e corti, ma quello che attirò Stefy furono gli occhi, erano verdissimi come due smeraldi.
“ Mmm...” mormorò ipnotizzata da quegli occhi, “ il piacere è tutto mio! “ finì poi civettuola allungando la mano e porgendola prima all'uno, poi all'altro ricambiandone il saluto, lasciando nella mano di Maximilian la propria più del dovuto.
Il comandante alzò gli occhi celesti sbiaditi dall'età al soffitto, pensando che Stefy non sarebbe cambiata mai.
Tossì con forza.
“ Cosa c'è? “ domandò a Kurt  lasciando a malincuore la presa  stringendosi poi nelle spalle,
“ Stavo scherzando!!”
Tutti scoppiarono a ridere alle sue parole e il comandante scuotendo la testa li invitò a sedere per riprendere la piccola riunione.
“Partire per l'Egitto??” esclamò sorpresa Stefy.
“ Si, e con te verranno Rashid e Max...” riprese perentorio Kurt.
“ Ma lo sai che mi piace lavorare da sola...e poi ho tante cose in sospeso....non mi puoi avvisare così all'ultimo minuto...devo...” il comandante la zittì con un gesto della mano.
“ Ora è diverso...” continuò lui serio, “ c'è in gioco la vita di giovani donne che sono scomparse, e non è una cosa che puoi fare da sola, questa volta la posta in gioco è alta e hai bisogno di gente in gamba al tuo fianco...” guardò gli uomini che aveva di fronte, “ e loro, come te, sono i migliori...”
Anche Stefy guardò Max e Rashid, poi sospirò rumorosamente.
“ Come vuoi capo, e il piano?” Era seccata per la situazione, ma non lo diede a vedere, le dava fastidio non poco avere collaboratori, era come avere un cane al guinzaglio , una limitazione di azione e libertà.
“ Vi ho prenotato il volo e l'albergo...” cercò fra le carte che ingombravano la scrivania i fogli delle prenotazioni poi li porse ai tre detective...” una volta lì riceverete istruzioni...”
“ E l'equipaggiamento? “ Stefy alzò le spalle e le braccia con sorpresa..” come faccio la turista? Non ho  niente che mi faccia apparire come tale...ho solo una piccola digitale!”
“Credo possa bastare...” sbottò il capitano.
“ Col piffero che basta...” gridò Stefy, Max e Rashid assistevano con divertimento allo scambio di battute fra i due, e si accomodarono meglio sulle poltrone aspettando l'esito della lite.
“Ma cosa pretendi? Il nostro budget è limitato...”
“ Non parto se non sono bene equipaggiata...” incrociò le braccia sul petto mettendo il broncio...” Ne va della vita, no? Quindi...” lasciò la frase in sospeso e attese guardandolo con sfida.
Kurt sospirò forte scuotendo il capo, mai discutere con una donna, specialmente caparbia come lei, pensò, poi si sedette pesantemente nella sua poltrona facendo uscire fuori rumorosamente l'aria dall'imbottitura, alzò la cornetta del telefono e chiamò la sezione tecnica del comando. Gli occhi verde castani di Stefy si illuminarono nel sentire il capitano  che ordinava la sua attrezzatura, aveva vinto e sorrise soddisfatta.  
Il suo sguardo acuto e sveglio ora osservava attenta il gruppo di turisti con il quale era arrivata lì. Durante la crociera sul Nilo, aveva notato un paio di uomini che aveva tenuto costantemente sotto controllo, scattando a loro insaputa delle foto che poi mandava alla sua fonte, in modo da avere dei riscontri e scartarli dai sospetti facendo una lista ben accurata con nomi e foto, che poi chiudeva in un beauty case con il doppio fondo.
Si tolse il cappello di paglia e si asciugò il sudore dalla fronte chiara, e dopo aver riposto il fazzoletto in tasca, riprese la macchina fotografica che aveva lasciato appesa al collo e la puntò sul tempio di Ramesse. Nell'obiettivo apparve l'enorme statua del faraone e dietro al suo basamento Stefy notò qualcosa di strano che la insospettì, qualcuno si muoveva con circospezione cercando di nascondersi alla vista degli altri. Lei rimase in posizione e pronta a scattare. Non dovette attendere molto, infatti da dietro la grande base fece capolino la testa dell' uomo. Stefy zummò con l'obiettivo della macchina digitale e  trasalì, primo  perchè notò che l'uomo la stava osservando e fotografando a sua volta, secondo, era una delle persone sospette di cui ancora doveva avere notizie, e dal suo atteggiamento credette di aver trovato il suo uomo. La giovane donna si mosse fingendo interesse per le opere così da avvicinarsi ulteriormente alla base dell'enorme statua, e si accorse che lo sconosciuto si era nascosto di scatto alla sua vista, questo diede a Stefy ulteriore conferma dei suoi sospetti e alzando la macchina fotografica scattò foto alle statue, aspettando che l'uomo le mostrasse il viso. Scattò come una forsennata quando egli si mise in mostra convinto di non essere notato dalla ragazza, e soddisfatta di aver preso dei bei primi piani, si allontanò in direzione dell'altro tempio. Si diresse verso lo scalone del tempio dedicato a Nefertari e vi si sedette, poggiò la borsa sulle ginocchia, prese il cavetto e lo  collegò dalla macchina digitale al suo palmare. Subito una serie di foto illuminò il piccolo video della macchina e lei dopo averle controllate le copiò sul palmare. Alzò uno sguardo fugace dal suo operato, lasciò vagare gli occhi sui tanti gruppi di turisti che sostavano poco distanti da lei e si mise di spalle continuando ciò che stava facendo. Scrisse un sms e lo lanciò. Dopo pochi istanti il palmare emise uno squillo acuto,  lei lesse la risposta “ottimo lavoro...” lo sguardo di Stefy si illuminò e subito si adoperò a cancellare foto e messaggi, almeno quelle che non le interessava più tenere. Si alzò rimettendosi la borsa a tracolla e si mescolò alla folla colorata finendo la sua visita ai templi.
Sotto la doccia Max udì il trillo del cellulare, chiuse l'acqua e avvoltosi in un candido accappatoio si diresse alla piccola scrivania in stile antico Egitto, lasciando le impronte bagnate nella morbida moquette color crema. Lesse il messaggio appena ricevuto poi prese il portatile, lo accese e si collegò con il dipartimento di polizia a Berlino mandando al comandante Kurt le notizie e le foto che Stefy gli aveva inviato in albergo. Lui faceva da tramite con Berlino, mentre Rashid era sulla nave da crociera sotto copertura come cameriere, aiutava Stefy. Tutto era stato minuziosamente pianificato, anche Rashid nella sua cabina a bordo aveva l'attrezzatura necessaria per il controllo dei sospetti, lui  procurava a Stefy la lista con i nomi e le piccole foto da collegare ad essi, lei le mandava poi a Max in albergo, che a sua volta controllava la zona del Cairo. Dopo aver ricevuto la notizia che gli interessava rimandò un  sms di conferma alla ragazza chiudendo tutti i collegamenti. Si asciugò e si vestì, ripose tutto accuratamente nel doppio fondo di una valigia e la rimise nell'armadio, un ultimo sguardo alla stanza e chiudendosi la porta alle spalle scese a cena.
Sulla nave quella sera tutti erano in fermento per la festa in maschera ovviamente a tema, che il comandante aveva organizzato per i vacanzieri. Stefy nella sua cabina si preparò con cura, aveva comprato quando era scesa ad Abu Simbel da una bancarella ricca di ogni genere di mercanzia una moltitudine di bracciali egizi in argento e turchese e varie collane, che mise ai polsi per poi indossare il costume da faraona, splendido e di magnifica fattura nonostante fosse solo un costume di scena. La veste bianco avorio e plissettata le scendeva a pennello fino alle caviglie modellandole le forme, si guardò allo specchio ammirando se stessa con soddisfazione. Mise i calzari fatti di semplici suole fermati da lacci dorati che passavano intrecciandosi sul piede sino alle caviglie, e poi su, che si intrecciavano al polpaccio. Si sedette alla toletta e si truccò traendo spunto da un ritratto dell'antica regina d'Egitto Nefertari, una bellissima parrucca dai capelli lisci e neri, coprì la sua testa dai capelli rossi, come ultimo tocco, una corona a fascia per la fronte  e cinture dorate. Perfetto, nessuno avrebbe sospettato mai aveva preso tutto in prestito dal camerino dell'animazione della nave. Uscì dalla cabina non prima di aver nascosto tutta la sua documentazione e la sua attrezzatura. Durante il tragitto al salone un cameriere le venne incontro e la urtò.
“ ma stia attento...” lo rimproverò Stefy regalandogli un occhiataccia piena di disapprovazione.
“ mi scusi signorina...mi scusi tanto...” mormorò in modo servile l'uomo mentre si chinava per raccogliere la borsetta caduta nell'urto, “ questa è sua...” continuò il cameriere restituendole la borsa.
“ Grazie...” disse poi  Stefy con gentilezza allungando il braccio  per prendere la sua borsetta, e con gesto deciso e rapido pose nella mano dell'uomo un minuscolo oggetto quadrato, che egli prontamente strinse nel palmo.
“ ancora perdono per l'inconveniente madame...” e inchinatosi galantemente si inoltrò nel corridoio fischiettando sparendo poi alla vista della donna.
Stefy sospirò, e rimessasi in ordine continuò a camminare verso il salone, con il passare dei giorni aveva cominciato ad andare daccordo con Maximilian e Rashid e li considerava ora i suoi più cari amici. La festa era appena iniziata, e al suo ingresso nell' ampia sala sguardi ammirati si soffermarono sulla sua persona, sorrise con soddisfazione e si gettò subito fra le danze sfrenate. Il lavoro quella giornata era andato a buon fine, e lei era euforica, la scheda del palmare che aveva passato a Raschid, conteneva informazioni preziose che avrebbero dato una svolta alle indagini. Si avvicinò a ritmo di musica al suo tavolo e sorseggiò il suo succo di frutta, dato che non beveva alcolici, poi si rituffò nella mischia. Le portarono un altro succo di frutta al tavolo, e lei assetata continuò a bere. Improvvisamente le sembrò che le mancasse l'aria, la testa le girava eppure non aveva bevuto nulla, solo liquidi innocui. Dette la colpa al caldo umido, così si diresse fuori e la frescura della sera la colpì in viso come uno schiaffo, barcollando si mantenne a stento sulla balaustra poi scivolò in terra, in ginocchio con una mano appoggiata alla balaustra e la fronte sulle sbarre orizzontali della ringhiera, si sentiva stordita come....un pensiero le attraversò la mente come un fulmine: narcotico, non c'era altra spiegazione. In un attimo ancora di lucidità cercò il palmare nella sua borsetta, e premette il tasto per la composizione veloce. Uno scatto improvviso, qualcuno le aveva strappato da mano il palmare lanciandolo lontano, Stefy alzò lo sguardo confuso e impallidì, in piedi davanti a lei c'era l'uomo del tempio che le sorrideva sardonicamente. Aprendo e chiudendo le labbra senza che da esse fuoriuscisse alcun suono Stefy strabuzzò gli occhi e nella sua testa fu tutto buio.       
 Il cellulare di Rashid  trillò silenzioso più volte ed egli lasciò la sua postazione di lavoro per andare a rispondere...Stefy...sgranò gli occhi neri, quello era un segnale che avrebbero dovuto usare solo in caso di pericolo ed era collegato con entrambi i telefoni. Si scaraventò fuori dalla cucina dirigendosi al salone dove la festa era ancora in pieno svolgimento. Si diresse al tavolo di Stefy e notò diversi bicchieri ormai vuoti, li prese uno ad uno e li annusò, all' ultimo  arricciò il naso scostando da se il bicchiere, “narcotico, dannazione!” Imprecò e corse fuori sul ponte, si guardò attorno, nulla. Poi qualcosa che luccicava attirò la sua attenzione, si avvicino e in un angolo trovò la borsetta di Stefy e la parrucca, il suo palmare poco lontano ormai inutilizzabile. Si avvicinò ai pezzi del telefono poi cadde sulle ginocchia maledicendo la sua inefficienza.
Un barcone dall'aspetto malmesso si staccò silenzioso dall'altro lato della nave scivolando poi veloce sul fiume, nascosto da una notte senza luna. Un lento e languido dondolìo risvegliò Stefy provocandole un forte senso di malessere, scosse la testa per scacciare la nausea e il torpore che l'invadeva, mentre a fatica riusciva a tenere gli occhi aperti intontita com'era dal narcotico che le era stato somministrato. Voleva massaggiarsi le tempie che le pulsavano,  ma con orrore si rese conto di avere le mani legate dietro la schiena. Cercò di abituare gli occhi all'oscurità che la circondava per capire dove fosse, all'improvviso un portello si aprì dall'alto e una folata di vento la investì assieme al fetore di vomito e di morte e svenne di nuovo.
Nello stesso istante anche Max ricevette gli squilli e traendo il cellulare dalla tasca dei pantaloni restò a fissare inebetito il richiamo d'aiuto. Come scosso da una mano invisibile si alzò dal tavolo precipitandosi nella sua stanza, prese la valigia dall'armadio, prese il computer e lo accese con mani tremanti; si collegò con il comando di Berlino via skype e senza curarsi dell'ora informò con voce mesta il comandante Kurt dell'accaduto.
“non so cosa sia accaduto, è successo all'improvviso sotto il naso di Rashid...” Max parlava  nel piccolo microfono della cuffietta mentre nel monitor del computer sul  viso del capitano si faceva largo un espressione angosciata.
“ ...trovatela e portatela di nuovo a casa.” furono secche e perentorie le parole di Kurt “ non è una preghiera...è un ordine...siamo intesi??” poi un pugno dato con rabbia sul piano della scrivania fece trasalire Max che annuì ancora incredulo per quanto era successo.
“ la riporteremo a casa capitano...” staccò la comunicazione richiuse tutto, poi gettò le sue cose in valigia e verso le ventitrè lasciò l'albergo dirigendosi con un piccolo taxi all'aereoporto del Cairo, e facendosi aiutare dalle autorità locali decollò con  un piccolo Piper – PA 18. Arrivò dopo 4 strazianti ore di volo senza avere nessuna notizia di Stefy da parte di Rashid, dall'alto vide la sagoma del battello e cominciava ad albeggiare. Il velivolo si abbassò e lentamente planò sul Nilo, i galleggianti  ne solcarono dolcemente le acque e si avvicinò a pochi metri dalla nave poi spense i motori. Una piccola barca a motore si diresse verso il piccolo aereo andando a prendere Max, sopra di essa Rashid lo aspettava impaziente,
Una volta a bordo del piccolo battello i due si abbracciarono a lungo senza dirsi una parola, l'egiziano aveva il viso tirato, poi Max lo lasciò e si sedette di peso sulla panchetta interna della barca facendola dondolare pericolosamente mentre Rashid si aggrappò con una mano al bordo per evitare di cadere in acqua. Si sedette anch'egli e avviò il piccolo motore del natante dirigendosi verso la “ Regina del Nilo “ la nave da crociera dove avevano alloggiato sino ad allora lui e Stefy. Saliti a bordo si diressero subito al ponte dove la ragazza era sparita, parecchi ospiti della nave si erano  raggruppati sul piazzale, erano ancora in maschera e incuriositi si spingevano per guardare  parlavando concitatamente, per capire cosa fosse successo, il capitano aiutato dall'equipaggio cercava di tranquillizare gli ospiti e mantenere una parvenza di ordine. Davanti agli occhi di Max si presentò una scena dolorosa, in terra c'erano ancora le cose di Stefy...la borsetta, il cellulare fatto a pezzi...la parrucca che aveva indossato quella sera per la festa in maschera...una scarpa...un groppo in gola lo assalì, si inginocchiò presso i resti del cellulare prese dalla tasca una matita e con essa cominciò a rovistare fra i pezzi sparsi. Una mano gli strinse improvvisamente  la spalla e lui alzò gli occhi incrociando lo sguardo nero e significativo di Rashid, Max prese dalla sacca una busta trasparente e con il fazzoletto recuperò uno ad uno i pezzi del palmare e la sigillò, poi prese la parrucca e gli altri oggetti della collega e li ripose nella sacca, poggiò la mano a terra e sospingendosi si alzò, afferrò la valigia e seguì l'egiziano nella cabina della giovane collega sparita .
“ Ma che cazzo è successo? “ sbotto alla fine Max gettando con rabbia la valigia in terra  camminando nervosamente per la cabina come un leone in gabbia.
Rashid lo guardò mestamente “ Non lo so...” mormorò con tono velato di tristezza “ avevo incontrato Stefy nel corridoio prima della festa e come pattuito ci siamo scontrati, lei mi ha passato la scheda di memoria del palmare con tutti i dati che aveva raccolto in mattinata...” si mise una mano in tasca  tirò fuori una piccola scatolina trasparente e gliela porse, “ Era questa che cercavi?” gli domandò infine.
Max si avvicinò e si soffermò a guardare l'oggetto annuendo con il capo, allungò la mano e la prese stringendola nel pugno.
“ Brava Stefy... sei una ragazza in gamba vedrai che riusciremo a toglierti dai pasticci...” mormorò a bassa voce.
“ dovevano essere già a bordo..” ipotizzò Rashid...” mimetizzati fra i turisti o addirittura a servizio, eppure ho controllato tutto il personale di bordo...erano a posto.” poi si diresse verso l'armadio della ragazza e lo sguardo gli si illuminò per un attimo “ le sue cose ci sono ancora..non hanno toccato nulla! Quindi non sospettano niente...almeno spero...”  tirò fuori il beauty case, lo aprì svuotandone il contenuto sul letto e aprì il doppio fondo. Prelevò i documenti e le foto, le stesse che lei  aveva mandato  Max.
Max fessurizzò lo sguardo verde sulla foto di un uomo che pareva fissarlo da dietro una colonna
“ é il nostro uomo...” indicò il soggetto nella foto e Rashid si piegò per fissare anch'egli.
“ Si...” disse con enfasi, “...queste sono le foto che Stefy ha scattato oggi...Tu le avevi già?” domandò sorpreso.
“ me le aveva mandate direttamente da Abu Simbel ed io le ho spedite poi via mail a Berlino ricevendone la conferma.”
“Ecco perchè io non avevo nulla su quest'uomo.” Rashid sospirò rumorosamente “ E' colpa mia se Stefy è stata rapita...mi sono accorto troppo tardi che...” non riuscì a completare la frase, era troppo sconvolto dall'accaduto e si sentiva in colpa per non essere stato più vigile.
Anche Max sospirò e gli poggiò una mano sulla spalla in segno di solidarietà.
“ no, non è stata colpa di nessuno, le avevo detto che fare da esca era pericoloso...ma lei è così...”
All'improvviso Rashid si rianimò e quasi urlò. “ il localizzatore.....”
“ Cosa??” chiese Max sorpreso.
“ Il localizzatore...lo avevo messo nel bracciale di Stefy!”
“ Rashid se non fossi un uomo ti bacerei...” disse scherzosamente Max poggiando  entrambe le mani sulle spalle del collega scuotendolo lievemente...” dov'è il computer ? “
“ nella mia cabina, andiamo...” il giovane egiziano recuperò tutte le cose di Stefy gettandole alla rinfusa nelle valige e aprendo la porta della cabina corse via seguito da Max. Giunti presso il suo alloggio aprì febbrilmente l'uscio e vi spinse dentro il collega, si assicurò che nessuno li avesse seguiti e richiuse la porta dietro di se a chiave. Si diresse al suo armadio estraendo una piccola ventiquattr'ore che in realtà era un piccolo computer satellitare, appena l'accese un piccolo puntino luminescente cominciò a muoversi sulla mappa disegnata sul monitor. Max e Rashid si guardarono, e  per la prima volta, dopo quelle strazianti ore apparve sui loro visi un filo di speranza.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo I ***


1
Era una bellissima giornata d’inizio luglio, e Lilli, scesa dall'affollata funicolare, tirò un bel sospiro di sollievo. Con passo svelto si diresse alla terrazza del belvedere di Capri, contornata da sottili e candide colonnine, unite fra loro da tramezzi di legno scuro, che formavano una piccola tettoia spiovente sulle quali si arrampicavano piante di Bouganville dal colore rosa sgargiante. La terrazza, che si apriva sulla famosa piazza Umberto I, era il punto focale della società bene dell’isola, ed era chiamata dagli abitanti del luogo affettuosamente “ la piazzetta ”. Quella mattina era affollatissima, più del solito, e la gente era costretta a passare fra gli stretti spazi liberi lasciati dai tavolini dei Gran Caffè, dove vips, turisti e gli abitanti stessi, si ritrovavano a fare colazione o solo per star seduti a chiacchierare, oppure, a leggere il giornale al riparo dal sole e dalla calura sotto gli ombrelloni. Lilli volse lo sguardo attorno, “ tutte le estati così. ” Pensò, sorrise divertita scuotendo la testa mentre osservava le persone fare contorsionismo per farsi spazio fra sedie e tavolini. Con un gesto lento si scostò la massa di capelli biondi e lisci dal collo sudato, pentendosi quella mattina, di non essersi fatta una treccia e li lasciò poi ricadere sul davanti. Arrivata alla terrazza, si appoggiò alla ringhiera, il viso rivolto verso il mare, allargò le braccia e con le mani cominciò ad accarezzare la balaustra di ferro, stringendola poi saldamente. Era calda, scottava quasi per il calore del sole, ma lei non ci fece caso, e rimase ad ammirare lo splendido panorama che da li si godeva. Con il suo sguardo dorato avvolse quello spettacolo spettacolo mozzafiato, da un lato il verdeggiante Monte Solaro, che svettava rigoglioso verso il cielo azzurro e terso, e dall’altro l’immensa distesa blu del mare, che, come un grosso diamante, emanava riflessi di mille colori. La fresca brezza che spirava dal belvedere, la rinfrescò, asciugando il sudore dalla sua pelle chiara, che contrastava con il turchese del suo abitino di cotone leggero e senza maniche. Il rosa acceso delle piante attorcigliate alla colonna che le stava accanto creava un simpatico contrasto di colori e il lieve profumo dei suoi fiori si mescolava alla brezza marina donandole un delicato aroma. Lilli inspirò a pieni polmoni la dolce e tenue fragranza di quel venticello che l’accarezzava e sospirò. Come le piaceva stare lì, lontano da tutti i pensieri. Lo sguardo corse distrattamente al piccolo orologio colorato che aveva al polso sottile, portò la mano alla bocca gridando mentalmente. “ Accidenti, com’è tardi… ” si disse “ …dovevo passare in farmacia, spero di fare ancora in tempo. ”
Fece per girarsi e sobbalzò, Salvio era lì, di fronte a lei, e sorrideva.
" Ciao bellissima, cosa fai qui tutta sola? "
Lilli mezza spaventata, si portò una mano al petto per calmare i battiti impazziti del suo cuore. Lo guardò dritto negli occhi neri, che in quel momento, avevano verso di lei un’espressione adorante.
“ Maledizione Salvio, mi hai spaventata da morire! “ gli gridò quasi addosso.
“ Cosa vuoi? ” Rispose sgarbata, poi si rigirò nuovamente verso il mare per evitare il suo sguardo, era seccata, molto, così sbuffò rumorosamente.
Il sorriso morì sulle labbra sottili del giovane, e un moto di stizza gli montò nell’animo. Si accarezzò con gesto nervoso i capelli cortissimi e neri, l’amava, in maniera quasi morbosa, ossessiva, ma lei lo evitava, e questo lo feriva immensamente.
" Perché mi tratti così male? " sospirò forte, ” e poi, lo sai cosa voglio. ” finì quasi sussurrando. Lilli si rigirò nuovamente verso di lui guardandolo in viso. Salvio aveva tratti irregolari, ma non era brutto, era quel suo essere schivo, solitario e silenzioso a renderlo in qualche modo affascinante. Salvio lavorava come cameriere nella pensione di suo padre, da quando lo conosceva, non l’aveva mai visto frequentare nessuno, a parte il personale della pensione. Questo l'aveva stupita molto, tanto che un giorno l'avvicinò chiedendogli di far parte della sua piccola comitiva di amici. Sembrava che lui non aspettasse altro, accettò con gioia quell'invito integrandosi quasi subito con tutti. Salvio aveva anche cominciato ad uscire con la sua amica Giovanna, e questo l’aveva un po’ sollevata, dato che lui, ultimamente, era diventato nei suoi confronti appiccicoso e insopportabile. Ora, era pentita di essersi lasciata coinvolgere dai suoi problemi di solitudine.
Sospirando esasperata, alzò al cielo i suoi occhi dorati, non ne poteva più, se lo trovava dappertutto, era diventato un incubo.
" Davvero?? “ lo guardò meravigliata, sbattendo più volte le lunghe ciglia,
“ questa mi giunge nuova, perché dovrei sapere cosa vuoi? ” Assunse un’espressione seria e annoiata, “ lasciami in pace, per favore. Va via! “ disse aspra, scacciandolo con un gesto della mano, come fosse un insetto fastidioso, “ sei diventato ossessivo, lo sai? Non ti sopporto più! "
" Strano, pensavo il contrario… sembravi così… ” fece una pausa ad effetto, ” …così disponibile l’altra sera... " Si accarezzò la guancia, sapeva che non era così, voleva solo ferirla, gli scottava ancora lo schiaffo che gli aveva dato quando aveva cercato di baciarla dietro la siepe dello chalet.
" Hai frainteso, io non ho mai provato nulla per te, rassegnati, e ringrazia Dio che non ho detto nulla a Giovanna, e soprattutto a mio fratello di quello che hai fatto, " rispose lei interrompendo i suoi pensieri, " Altrimenti ora non saresti qui a rompermi l’anima! ”
  Salvio scoppiò in una sonora e sguaiata risata.
“ Che hai da ridere?  Trovi divertente il fatto che mio fratello possa romperti quel brutto muso che ti ritrovi? ”
"Di Giovanna e di tuo fratello me ne strafotto!! “ le urlò in faccia.” Credi che abbia paura? Bhè ti sbagli mia cara!” Con il viso stravolto dalla rabbia si avvicinò a lei. “Ho sempre amato te, della tua fottutissima amica non me n’ è mai importato nulla. “ Vagò con gli occhi neri sul viso di Lilli in cerca di una sua reazione.
” E’ stato solo un passatempo, una botta e via, “ il tono della voce si fece basso,
” e visto che tu non eri ben disposta nei miei confronti, con qualcuno dovevo pur sfogarmi, no? Sono un essere umano anch' io, non sono mica fatto di pietra, e la tua amichetta è stata un bel bocconcino!" finì Salvio con cattiveria.
  A quelle parole, il viso le divenne rosso per collera, ” sei un bastardo!” gli gridò fra i denti, con gesto rapido alzò la mano e lo schiaffeggiò con tutta la forza che aveva. I passanti sul belvedere, si soffermarono ad osservare la scena scuotendo la testa.
" Come ti permetti di parlarmi in questo modo? E di offendere  Giovanna? “ la voce le tremava e il tono le divenne più acuto; si voltarono in molti ma nessuno si avvicinò ai due ragazzi che litigavano.
“ Come hai solo potuto pensare che provassi qualcosa per te? " storse le labbra, nauseata da quello che Salvio le aveva confessato, poi sibilò “ da te questo non me lo aspettavo, mi fai schifo!  Povera Giovanna … non  si merita quello che le hai fatto, e nemmeno io!”
Fece per andarsene, allungò il passo, voleva fuggire via da quella bestia che aveva sembianze umane, ma Salvio, con la guancia in fiamme per lo schiaffo e l’umiliazione subita ringhiò, e improvvisamente le prese il polso stringendolo convulsamente.
“ Dove credi di andare?” le disse fra i denti attirandola a sé.
Lilli gemette per il dolore, e strattonandolo gli intimò di lasciarla immediatamente, ma lui le torse il braccio; i loro sguardi si incrociarono, lei lo guardò con disprezzo, e Salvio, con gli occhi neri che scintillavano per l'ira, avvicinò il suo viso a quello ansante di Lilli, era furioso e ansimava, osservò i lineamenti dolci della ragazza lasciare il posto al terrore, e capì di averla spaventata abbastanza, una sensazione di soddisfazione lo pervase e la lasciò andare in malo modo, spingendola indietro, tanto che lei vacillò e si aggrappò alla balaustra per non cadere. Lentamente si lasciò scivolare a terra tremando, mentre grosse lacrime  le solcavano il viso, era stravolta, non si sarebbe mai aspettata una reazione tanto brutale da parte di Salvio.
Il ragazzo se ne andò senza voltarsi indietro, attraversò a passo svelto la piazzetta, passando fra una lunga fila di vacanzieri che si era creata davanti all’ufficio informazioni del turismo. Un coro di proteste in varie lingue si alzò dalle persone che Salvio aveva spinto in malo modo, ma egli non se ne fregò più di tanto, nella sua mente riecheggiavano solo le parole di Lilli “… Mi fai schifo!”
“Perché maledizione, le ho detto tutte quelle cose orribili ?? “Disse a sé stesso dandosi dello stronzo, “Perché devo distruggere sempre tutto quello che di bello mi accade nella vita?? “
La rabbia gli montò violenta in petto, e strinse i pugni tanto forte, da farsi sbiancare le nocche delle mani. S’ infilò svelto in via Acquaviva, un antica stradina fatta di larghi gradini, che in passato veniva utilizzata dagli isolani per portare le merci a dorso di muli al piccolo paesello di Capri, e che conduceva a Marina Grande. Salvio saltò i gradoni larghi e bassi della viuzza a due a due, sentiva le lacrime che, rabbiose gli pungevano gli occhi, ma le ricacciò indietro, non aveva mai pianto e non avrebbe cominciato ora. Aveva esagerato, lo sapeva, ma lei era così…così indifferente, e lontana anni luce da lui. E ora sapeva di aver ormai irrimediabilmente perso tutto, ma se non l'avesse potuta avere lui, si giurò, non l'avrebbe avuta mai nessuno! Mentre camminava, i pensieri cominciarono ad affollargli la mente, e ricordò quando, per la prima volta, era sbarcato a Capri l’anno prima, pieno di aspettative e con una lettera di raccomandazione nella tasca. Era un lavoro che il suo ex datore gli aveva procurato; Poi la vide. Era seduta al tavolino di uno chalet con due persone, un ragazzo biondo ed una ragazza molto carina con i capelli corti e castani. Ridevano, e lei, la ragazza bionda che aveva attirato la sua attenzione aveva una risata così allegra e contagiosa, che si ritrovò a sorridere anche lui senza volerlo…Le piacque subito, poi vedendola allungare il braccio per accarezzare amorevolmente il ragazzo che le era accanto, un moto di gelosia gli attanagliò il cuore e il sorriso scomparve dalle sue labbra facendogli contrarre nervosamente la mascella. Alzò il mento, mise le mani in tasca e con passo svelto e spavaldo si diresse verso il gruppetto.  
“Scusatemi…”  chiese con tono sicuro e aspro,  “ sapreste dirmi dove si trova la pensione  Stella Maris?”
I tre alzarono all’unisono lo sguardo sullo sconosciuto, squadrandolo da capo a piedi, poi il ragazzo biondo alzò il braccio indicando con l’indice un punto dietro di lui “ Certo, guarda  è lì! Proprio a pochi metri dal porticciolo. All'incrocio fra via Cristoforo Colombo e via Troglio,” gli sorrise “ Ci sei passato davanti e non te ne sei accorto! “ Continuò il giovane in tono un pò canzonatorio, le ragazze soffocarono una risata e Salvio le fulminò con un’occhiataccia, poi volse il capo e seguì con lo sguardo la direzione indicatagli, non rispose al sorriso e nemmeno ringraziò per l’informazione, volse le spalle ai tre ragazzi e  si avviò verso la pensione. Sentiva le loro risatine di scherno e i loro sguardi  puntati sulla sua schiena mentre un sentimento di astio cominciava a farsi strada nel suo animo, affrettò il passo fino all'inizio  di via Troglio che continuava in salita con una dolce pendenza, individuata la pensione sparì poi oltre la porta di vetro.
Con sua grande sorpresa Salvio, dopo qualche ora, la rivide nella hall della pensione, era sola. “Che fortuna,” pensò stropicciandosi le mani soddisfatto, non poteva crederci, così prese il coraggio a due mani e l’ avvicinò.
“ Ciao…” il tono era cordiale e sorrideva, “ Posso aiutarti? Ti servono le chiavi della camera?” e fece per girare dietro al bancone della reception, dove, al centro della parete decorata a doghe in legno verniciate di blu, troneggiava la riproduzione di una grande stella marina colorata con varie sfumature di arancione, ripiena di ganci, sui quali erano appese le chiavi delle stanze,  anch'esse con un portachiavi con una stella marina di legno in miniatura.
 Lilli riconobbe il ragazzo che poco prima aveva chiesto loro della pensione e lo guardò incredula  “ Ma cosa fai?? ”  lo rimproverò,  “ esci subito da lì…!”
Lui la guardò meravigliato.
“ Perché !?”
“ Perché quello è il mio posto, quando il direttore è impegnato. “ esclamò seria,
” ed ora per favore esci! ” allungò il braccio indicando con l’indice della mano l’apertura della reception.
Salvio alzò le mani in segno di resa e sorrise ancora più affabilmente uscendo fuori e parandosi dinanzi a lei, ”Hei, calma… niente paura,” le parlò con tono rassicurante, ” anche io lavoro qui, sono stato assunto oggi… “ notando lo sguardo confuso di lei, si colpì lievemente la fronte con la mano, “… scusami ..che idiota sono, mi chiamo Salvio, Salvio Dominaci, piacere…e tu? “ Le tese la mano in segno di saluto. Lei corrugò la fronte, guardando prima lui, poi la  sua mano, che aspettava di essere stretta.
“ Liliana Roncalli, il direttore è mio fratello, noi siamo i proprietari della pensione.“ tenne a precisare. “ Devi perdonarmi, non volevo essere scortese, ma mio fratello non  mi aveva avvisata di questa nuova assunzione.” esclamò “ e quando ho visto che facevi il fesso io….”
Non riuscì a finire la frase  che lui la interruppe.
“No problem! Nessuna offesa madamigella.“ con gesto teatrale, Salvio fece roteare il braccio avanti a sè e si inchinò come un gentiluomo del secolo scorso riuscendo a strappare un sorriso alla ragazza illuminandone il viso dai lineamenti dolci e delicati.
Rilassatasi, Lilli gli porse lentamente la mano e lui la strinse forte nella sua. A quel contatto il cuore del ragazzo  accellerò i battiti.
Imbarazzata dal gesto di Salvio, cercò di riavere la sua mano senza sembrare sgarbata, “ hemm …me la ridaresti per favore? “ con un risolino nervoso  gli indicò la mano ancora prigioniera nella sua.
Salvio rise a sua volta lasciando a malincuore la presa, ” Scusa, ma era così…morbida! ”
Lei garbatamente ritirò la mano nascondendola assieme all'altra dietro la schiena, accennando un piccolo sorriso a mezza bocca, scuotendo la testa per quella frase tanto sfacciata, poi  indietreggiò di alcuni passi, e voltandogli le spalle sparì nella cucina della pensione. Lui la seguì con lo sguardo, sospirando rumorosamente e piegando di lato la testa fece scorrere lo sguardo ammirato sul corpo sinuoso della ragazza, soffermandosi sul fondoschiena, nascosto da un abitino a fiori colorati di cotone leggero e corto che le scopriva le gambe ben proporzionate.
“ E' bella, vero?” il commento, arrivato improvvisamente, fece sobbalzare e voltare Salvio di scatto trovandosi faccia a faccia  con Antonio, suo nuovo collega di lavoro che lo guardava divertito.
“ Già! “
Salvio sospirò nuovamente.
Antonio avvicinò il faccione rubicondo dalle labbra tumide e rosate all’orecchio di Salvio,
“ però s'io foss' a  te ci starei attento…” sussurrò ,”…tene nu frat assaje, assaje protettivo…” fece una pausa ad effetto, “… nun  sacce se mi spiego…” strinse  la manona a pugno dondolandola sotto il naso di Salvio.
“ Tzè!” per tutta risposta, apparve sulle labbra di Salvio un sorriso sghembo.
“ Vedremo…” poi si allontanò con aria sorniona, lasciando Antonio sbigottito alla reception.
Il vociare allegro dei bambini che giocavano sulla spiaggia riportò Salvio alla realtà, senza avvedersene era giunto al porto, non aveva voglia di tornare alla pensione, non in quello stato, e cominciò a vagare per la strada  senza meta, si ritrovò di fronte ad una piattaforma in legno  costruita su di un vecchio moletto in disuso ma restaurato di recente. Era molto caratteristica con i suoi arredi fatti in legno grezzo che richiamavano le barche dei pescatori, e reti, ricche di stelle marine dalle forme più svariate, il locale pricipale era di fronte a pochi metri ed i camerieri andavano e venivano per servire i tavoli esterni quasi tutti occupati dai turisti affamati.  
Salvio, con lo sguardo ancora fisso sull’osteria  camminò all’indietro fino a quando non toccò con la schiena i grandi vasi in pietra che facevano da separè tra la strada, la piattaforma e l’osteria, si appoggiò ai vasi nascondendosi fra gli oleandri colorati, si sentiva svuotato, così si prese la testa fra le mani e senza volerlo cominciò a piangere sommessamente.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


2
Lilli, seduta a terra, si appoggiò con la schiena alla ringhiera del belvedere asciugandosi con rabbia le lacrime dal viso, respirò più volte per riuscire a calmarsi, tentò di alzarsi, ma sembrava che le gambe non le rispondessero. Una donna anziana, vedendola in difficoltà le si avvicinò, e le tese una mano per aiutarla, Lilli, notandone l’aspetto gracile, le sorrise debolmente declinando con gentilezza l’aiuto, poi aggrappandosi con forza alla ringhiera riuscì finalmente a rimettersi in piedi. Con le mani si lisciò nervosamente il vestitino di cotone turchese, poi raccolse la borsetta che durante il litigio con Salvio le era caduta. Nel frattempo la donna, aveva preso dallo zainetto che portava a tracolla, un fazzolettino di carta, glielo porse rispondendo mestamente al suo sorriso; il suo viso, devastato dalla vecchiaia, le esprimeva tutta la sua comprensione, Lilli la guardò con riconoscenza, prese il fazzoletto e la donna, approfittando di quel gesto, si protese verso di lei accarezzandole il viso triste rivolgendole parole in una lingua incomprensibile ma dal tono molto dolce. Lilli non capì cosa le avesse detto, ma erano state sicuramente parole affettuose, così la ringraziò in inglese. Ella scosse affermativamente la testa dai bianchi capelli ben curati e acconciati, segno che aveva compreso, allungò nuovamente la mano rugosa e le diede colpetti leggerie affettuosi sulla spalla, poi, appoggiandosi al suo bastone da passeggio la salutò, allontanandosi con la sua andatura insicura e lenta. Anche lei si incamminò, asciugandosi gli occhi e soffiandosi di tanto in tanto il naso, voleva tornare a casa, scappare da quel luogo che non sentiva più suo. Si lasciò travolgere dal mare di umanità che affollava la piazza, e che la trascinò, suo malgrado, nella via delle Botteghe, piena fino all'inverosimile di bancarelle, colme di ogni genere di indumenti multicolori e souvenir, ma lei sembrava non vederle nemmeno, camminava come un automa, e durante il tragitto maledì Salvio più volte.

Non sapeva ancora dove avesse trovato il coraggio per affrontarlo, era sconvolta per l'accaduto, ma in fin dei conti un po’ se l'era cercata, la colpa era anche sua se quell’imbecille aveva reagito così, la sua disponibilità lui l’aveva scambiata per qualcos’altro. Maledetto il giorno in cui ebbe la brillante idea di fare amicizia con quell’animale; in principio le gentilezze di Salvio le erano sembrate innocenti e senza secondi fini, ma alla lunga, erano divenute pressanti, ossessive e a volte ne aveva quasi avuto paura. Così decise, una volta per tutte di parlargli chiaro, e, quando un giorno lo vide nel corridoio del piano superiore della pensione che portava via dalle stanze la biancheria sporca, lo chiamò.

Nel sentirne la voce, lui abbandonò lesto il carrello della biancheria e le corse incontro come se avesse le ali ai piedi, e in un attimo le fu davanti con un sorriso ebete stampato sulla faccia, ma che gli morì ben presto sulle labbra notando l’ espressione seria di Lilli.

“ Cosa c’è? “ le chiese preoccupato, ”Ho fatto qualcosa di sbagliato?”

“No, no…è tutto a posto, per quanto riguarda il lavoro almeno.” gli rispose giocherellando nervosamente con una ciocca di capelli dorati, “ciò che devo dirti è un'altra cosa..." Fece una pausa e respirò a fondo.

"Senti Salvio…io….” Lilli sembrava parlare con difficoltà, non era facile per lei, non si era mai trovata in una situazione del genere,”…a me fa piacere che siamo amici e tutto il resto,ma…”

“ Ma ? “ le fece eco, fissandola con lo sguardo nero come la pece.

“ Ma tu… ecco… ti aspetti da me qualcosa di più dell'amicizia, e io….bhè…sappi che…per te io non provo nulla...per me sei solo un amico e basta.“ Finì così debolmente che Salvio a stento riuscì a capire.

Il ragazzo aprì varie volte la bocca come per parlare, ma non riuscì a dire nulla, aveva la morte nel cuore e si torceva nervosamente le mani.

“Mi dispiace.” Gli disse sentendosi un po' in colpa ma sperando così che Salvio si mettesse l’animo in pace.

"No....” mormorò “... non può essere," il tono di Salvio era quasi supplichevole, " ti prego, non farmi questo...io..” degluttì varie volte prima di riuscire a parlare,

“ Io ti amo.” le sussurrò con straziante dolcezza.

Lei lo guardò con rammarico “ Mi dispiace, ma io no,” si abbracciò le spalle come se volesse proteggersi, poi continuò, quasi parlasse a se stessa, con lo sguardo perso nel vuoto “ io no.”

Impulsivamente e con un grido che la fece rabbrividire, Salvio scagliò un pugno nel muro ferendosi a sangue.

Lilli sobbalzò per quello scatto improvviso; intimorita si allontanò veloce da Salvio lasciandolo lì, da solo con la sua cocente delusione e a guardarsi inebetito la mano ferita.

Con questa inquietante immagine nella mente, Lilli cominciò a camminare più speditamente per la stradina ripida, poi, il suo passo si trasformò in corsa.

Sceso dalla funicolare Max si diresse al belvedere, nonostante le borse pesanti aveva deciso di ripercorrere il passato...Posò le valige in terra e poggiato le mani alla ringhiera lasciò vagare lo sguardo e la mente. Quanto tempo era passato...dieci? dodici anni? La nostalgia e il rammarico gli ferirono il cuore, già straziato per quello che era successo a Stefy al Cairo, non sarebbe mai dovuto accadere, era stato tutto così minuziosamente pianificato, ma no, lei doveva fare da esca...Strinse forte il bordo della ringhiera, mentre un senso di rabbia e frustrazione si impossessavano di lui. Il segnale del bracciale localizzatore della ragazza, avevano condotto lui e Rashid a Capri, Stefy era lì da qualche parte e aspettava solo di essere salvata pregando in cuor suo che non fosse già tardi. Riprese le valige e si avviò in cerca del suo albergo dove il collega egiziano già l'aspettava, durante il percorso gli ritornò prepotente la visione di Lilli che lo salutava dal molo dei vaporetti che l'avrebbero riportato a Napoli e da lì sarebbe partito nuovamente per Berlino per avviare i suoi studi universitari, le era mancata immensamente e si dette dell'idiota per essere sparito per così tanto tempo dalla sua vita. “Chissà come sarà diventata e dove sarà...” si ritrovò a pensare. Scosse la testa come per scacciare quel pensiero assurdo dalla testa, non era venuto a Capri per questo.

A Lilli sembrava di partecipare ad una gara di slalom gigante nella piccola strada di Capri, era un continuo urtare e chiedere scusa; l'aria era afosa e cominciava anche a farle male la testa, si sentiva intontita, e correndo a testa bassa scontrò violentemente una persona. Soffocando un grido cadde in avanti spingendo involontariamente il malcapitato, che, come una colonna cadde all'indietro trascinandosi appresso la ragazza. Istintivamente l’uomo trattenne forte Lilli con le braccia stringendosela al petto, lasciò andare le sue valige, una delle quali si aprì non appena toccò terra rovesciando tutto intorno il suo contenuto. Sbattè con la schiena sui sampietrini caldi della strada e l’urto, gli tolse quasi il respiro, restò immobile e senza fiato per pochi secondi, stringendo gli occhi e serrando la mascella per il dolore. Dopo alcuni istanti che a lui parvero secoli, si decise di guardare chi aveva salvato da quella rovinosa caduta. Aprì piano gli occhi guardando davanti a sé, e si ritrovò a vagare con lo sguardo su un mare di capelli biondi.

“Ti sei fatta male?” chiese preoccupato e con la voce arrochita dalla mancanza di fiato dovuta all’urto.

Lilli, stesa sulla pancia del suo salvatore, non riusciva a parlare, e a testa bassa cercò di alzarsi da quella posizione alquanto imbarazzante, ma le mani tremanti per la tensione nervosa persero la presa e la fecero scivolare, mandandola a sbattere con il mento sul petto dello sconosciuto, che imprecò per il nuovo dolore infertogli.

L’uomo la lasciò andare, e abbracciandosi il petto si mise steso sul fianco farfugliando parole incomprensibili. Lilli si allontanò da lui strisciando, poi si mise ginocchio sulla strada, lo fissava con le lacrime agli occhi, stringeva le mani indecisa sul da farsi, mentre dalle sue labbra uscivano confuse parole di scuse.

" Serve aiuto, ragazzi? "

Le parole improvvise di un vigile fece alzare di scatto lo sguardo di Lilli.

“Io… lui… cioè…” non finì di parlare e coprendosi il viso con le mani scoppiò a piangere. Era stato troppo per lei, prima Salvio, poi questo incidente…E dire che voleva solo tornare a casa!

L' agente le accarezzò il capo come per consolarla poi si dedicò al malcapitato che ancora giaceva per terra respirando a malapena.

“Signore…” il vigile toccò leggermente sulla spalla l’uomo, ” Si è fatto male? “ gli occhi preoccupati dell'uomo vagarono sul giovane soffermandosi sul viso dolorante, ”Su, mi dia la mano, l’aiuto a rialzarsi.”

Il giovane uomo lo guardò con gratitudine e allungando a sua volta il braccio afferrò la mano che il vigile gli aveva teso. Riuscì a tirarsi su con non poco sforzo, stringendo i denti per il dolore che il movimento brusco gli aveva provocato, e una volta in piedi barcollò appena, facendo in tempo ad aggrapparsi alla divisa del vigile che prontamente lo sostenne.

“ Grazie, grazie tante.” Disse in tono garbato e con accento straniero, poi volse lo sguardo verso il basso, dove Lilli ancora inginocchiata e a viso coperto, piangeva in silenzio, distrutta dagli ultimi inaspettati eventi, e questo gli provocò una stretta al cuore.

“ Vuole che l’accompagni da un medico?” chiese ancora il vigile preoccupato, notando le chiazze di sangue sulla camicia stracciata dell’uomo.

" No, no grazie, " Egli ridacchiò faticosamente " non è così grave, sono ancora tutto intero per fortuna, vede? " continuò tastandosi il busto coperto da una camicia bianca ormai sporca di sangue e polvere, e stracciata dietro la schiena all’altezza della spalla.

Lilli non aveva il coraggio di guardare, si vergognava immensamente per l’accaduto e restò inginocchiata a terra fissandosi le mani che, ora, stringevano nervosamente il bordo del suo vestito turchese; poi davanti ai suoi occhi si materializzò una mano tesa che la invitava a rialzarsi.

Finalmente si decise, e facendosi coraggio, alzò la testa e lo sguardo, e il cuore le si fermò di botto. Quegli occhi, verdi come due smeraldi li avrebbe riconosciuti ovunque, anche se erano passati decenni.

Imbambolata e incredula si lasciò tirare su, aprì varie volte la bocca, ma dalle sue labbra non uscì alcun suono.

" Ti sei fatta male? " ripetè nuovamente lo sconosciuto, che ora la guardava con più attenzione, cercando di ricordare dove avesse già visto quel viso e quello sguardo, lei scosse la testa energicamente, era ancora intontita e sorpresa.

“M…Max?” riuscì poi ad articolare con voce flebile e incerta.

L’uomo sgranò gli occhi verdi allontanandosi di qualche passo, sorpreso che quella ragazza sapesse il suo nome, poi all’improvviso come se una scossa elettrica gli avesse trapassato il cervello, la riconobbe, la prese per le spalle scuotendola piano, mentre sul suo viso dalla pelle chiara si allargò un grande sorriso.

“Lilli !?” domandò sorpreso, poi la squadrò da capo a piedi, “ Mein Gott…Lilli, sei proprio tu?”

“Si…” mormorò ridendo piano per la sua reazione.

“Io…io non posso crederci…” la guardò ancora, incredulo, l’aveva lasciata ragazzina, ed ora la ritrovava donna, una bellissima donna. L’abbracciò con trasporto, tanto che a lei mancò il respiro mentre ricambiava l’abbraccio.

Il vigile sgranò gli occhi sorpreso per quella scena curiosa, si sarebbe aspettato tutto ma non quello, sorrise divertito.

“Andrea impazzirà quando gli dirò che sei a Capri!”

Max la scostò delicatamente da se,” No, non dirgli nulla, voglio che sia una sorpresa, ok?”

Lei lo guardò in quegli occhi verdi che non aveva mai dimenticato.

“ Ci sei mancato un casino, sai? Specialmente ad Andrea.”

Se sapessi quanto tu a me” disse a se stesso mentre le mani scivolavano sulle braccia di Lilli catturando e stringendole le mani piccole e affusolate.

Un imbarazzato colpo di tosse riportò i giovani alla realtà, si erano proprio dimenticati del vigile, che, un po’ stupito e poi imbarazzato aveva assistito alla scena.

“ Oh, mi perdoni agente,” Sorridendo Max lasciò una mano di Lilli per prendere quella del vigile “ e grazie, grazie ancora per l’aiuto.” Disse ridendo e scuotendo energicamente su e giù la mano dell’uomo.

“E’ proprio sicuro di star bene e di non volersi far dare un’occhiata da un dottore?”

" No, no davvero, " rispose il giovane,” e la ringrazio per la solerzia e la cortesia con la quale è intervenuto, ma ora sono in buone mani,”

fece l’occhiolino a Lilli “ io e questa signorina siamo amici di vecchia data.” Concluse orgogliosamente.

" Bene, mi fa piacere, “ disse sorridendo sornionamente ai due ragazzi, “ e visto che non è successo nulla, non vi dispiacerà se riprendo il mio giro, sa con tanta gente non si sa mai quello che può succedere.” Il vigile ammiccò verso i due ragazzi ridendo apertamente, poi portò la mano tesa alla fronte e con un gesto militare e poco deciso li salutò.

” Allora arrivederci signorina, signore .."

Il vigile girandosi sparì veloce fra la folla che si era assiepata per guardare l'accaduto e che ora piano piano si disperdeva; i due rimasero l'uno di fronte all'altro, con le mani ancora strette fra loro, e Lilli arrossì.

" io…ti chiedo perdono per l'accaduto. Sei sicuro di star bene? " Gli chiese ansiosamente liberando la mano dalla sua stretta.

" Certo che sto bene, come vedi cammino ancora." Max le sorrise, si era accorto del suo nervosismo e per allentare la tensione fece qualche passo di danza tribale, scatenando l' ilarità fra i pochi curiosi che ancora erano rimasti ad assistere al piccolo incidente.

Anche Lilli rise, ora si sentiva più distesa, non riusciva a credere che fosse tornato, era come lo ricordava…incredibilmente bello.

Si fermò di botto davanti a lei, il sorriso ancora stampato sul viso,

“Mein Gott... come sono felice di averti incontrata...non avrei mai sperato che potesse accadere.” Le disse con dolcezza.

In quel momento sembrò che il suo cuore si fermasse, tutto di lui le riportava alla mente un lontano ricordo. Scosse la testa, come per allontanare ciò che la mente aveva riportato a galla. Con gentilezza si allontanò di qualche passo mentre aspettava che il cuore ritornasse a battere normalmente.

Poi il suo sguardo si soffermò sulla strada, e sul mare di fogli sparsi attorno a loro.

Anche Max si guardò attorno, all'inizio non capì, poi sussultò imprecando e lasciando le mani di Lilli si precipitò a raccogliere tutti i documenti che la valigetta aprendosi aveva parso in terra.

" Mi...mi dispiace…mi dispiace !!” continuò a ripetere costernata cercando di aiutarlo a recuperare le sue carte.

" Dai, non pensarci, “ la guardò sorridendo cercando di rassicurarla, “ sono solo carte, tranquilla!” Finirono di raccogliere i documenti buttandoli alla rinfusa nella valigetta, poi con uno scatto secco la richiuse, era stata una fortuna che avesse lasciato a Rashid il portatile e le documentazioni importanti.

“ Ecco fatto!” esclamò rimettendosi in piedi.

Max le sorrise di nuovo e le tese la mano per farla rialzare, lei esitò, troppi erano i ricordi che quel semplice gesto le provocava, sentimenti che aveva cercato di soffocare in questi anni, e che ora prepotenti riesplodevano. In un attimo si rivide ragazzina, sedici anni appena compiuti, e lui era lì, assieme a suo fratello che seduti sul muretto di casa bevevano birra e scherzavano. Aveva preso una cotta tremenda per quel ragazzo, che estate dopo estate l’aveva vista crescere, e ogni volta che egli posava i suoi occhi verdi su di lei e le sorrideva il suo cuore batteva come impazzito, ma Andrea rubava sempre la sua attenzione, forse si era accorto che l’interesse di Max alle sue battute era calato ed era volato altrove. Una mattina, tornata dalla spesa, se lo trovò davanti al cancello di casa, era poggiato con la schiena alle sbarre mentre una gamba piegata all’indietro poggiava alla grata sottostante. Quando la vide si staccò dalla cancellata per andarle incontro, aveva un’espressione seria e lei si preoccupò, lui e Andrea erano inseparabili, quindi pensò fosse successo qualcosa al fratello e le buste le caddero da mano.

“ Max…” chiese con voce preoccupata, “ dov’è Andrea? Gli è successo qualcosa?”

Per tutta risposta Max le prese le mani, ma non rispose.

“ Ti prego Max…” la voce ora era quasi un sussurro e incrinata per il pianto.

“ Non tenermi sulle spine, cosa diavolo è successo? “ finì quasi con rabbia staccando di colpo le mani dalle sue e stringendole a pugno.

Lui le sorrise, le riprese le mani e se le portò al cuore stringendole fra le sue.

Lei rimase sbigottita e confusa da quel gesto e istintivamente cercò di tirarle via, ma lui le strinse ancora di più avvicinando il viso al suo.

“ Shhhh…” la zittì con dolcezza riempiendole il viso di piccoli baci. ” Andrea sta bene… è andato a fare una commissione per tuo padre.”

Lilli era stravolta, credeva di sognare, non sapeva cosa fare, Max si comportava in modo strano e forse per lui era solo un gioco, un gioco molto crudele.

Lo spinse via con forza, “ Cosa fai Max? “ gli gridò contro, “ non giocare con i sentimenti delle persone! Non giocare con i miei di sentimenti! “ ora le lacrime le scorrevano per il viso dall’espressione adirata.

“ Nein, ich spiele nicht mit dir!” disse con tono severo e dolce allo tempo stesso, ma lei non capì e si arrabbiò ancora di più.

“ Parla italiano!” gridò pestando con rabbia un piede a terra “ non ti permetto di prendermi in giro ulteriormente!”

Max le si avvicinò e l’abbracciò cullandola lasciando che si sfogasse, poi con la mano le accarezzò la testa.

“ io..io non sto giocando Lilli,” disse imbarazzato,” tu…tu mi piaci, davvero…e…”

“ Hey…tutto bene? “

Lilli sobbalzò e si ritrovò nel presente a fissare il viso di Max che la guardava con ansia.

“ Si, tutto bene…” gli rispose con un sorriso, “ mi ero solo persa per un attimo fra i ricordi…” poi cominciò lentamente ad incamminarsi incrociando di proposito le braccia dietro la schiena per evitare ulteriori contatti con lui.

Max sospirò rumorosamente, poi sbuffò passandosi una mano fra i neri capelli, aveva capito che Lilli stava lottando con se stessa, come poteva biasimarla? Erano passati anni dall'ultima volta che le aveva scritto,così pensò di darle tempo per perdonarlo.

“ I ricordi almeno erano belli?” ridacchiò Max e vedendo che si era avviata e stava scendendo i primi gradoni della stradina che scendeva al porto, prese veloce le sue borse e la raggiunse.

“Lilli, aspetta!! Nicht zu schnell laufen!“ disse parandosi dinanzi a lei bloccandole il cammino.

Lilli rise guardandolo in viso, “ Ancora questo viziaccio di parlare tedesco con me, lo sai che non lo capisco.”

Lui fece spallucce “ Sai com’è, le vecchie abitudini sono lente a morire.”

“ Ma smettila …!” lo riprese Lilli ridendo e contemporaneamente spingendolo all’indietro per la spalla con la mano.

“ hai!!” a Max sfuggì un’esclamazione di dolore che gli fece portare una mano alla spalla ferita.

“ Cavolo, scusa, scusa…” sussurrò con ansia,”… avevo dimenticato l’incidente.” Lilli si strinse nelle spalle sorridendogli debolmente.

“ Non preoccuparti, non è successo nulla.” Le rispose accarezzandosi la parte lesa.

“La tua camicia dice il contrario però! “ lei gli indicò con il dito una parte di camicia stracciata e macchiata appena di sangue, dalla quale si intravedeva una parte di pelle graffiata .

Lui allungò il braccio tastando dove il tessuto era irrimediabilmente stracciato.

“ Verdammt!!…” Quella parola fu detta con tanta serietà che Lilli si bloccò di colpo, stava già male per l’accaduto, non avrebbe retto ad un’ennesima sfuriata, “… ora morirò dissanguato! “ La guardò serio, poi scoppiò a ridere.

Lei sentì che i suoi nervi stavano per cedere e lo colpì di proposito sulla ferita, lui soffocò nuovamente un urlo.

“ Stupido! ”

“ Ma scherzavo! “ disse lui ammiccando con sofferenza notando il nervosismo dell’amica.

“ Bhè, te lo sei meritato, non sono in vena di scherzi oggi…” mise le braccia incrociate sul petto mettendo il broncio.

Max dette un’occhiata al suo orologio," Accidenti è l'una passata! Dai per farmi perdonare ti offro il pranzo, ti va?”

Lei lo guardò di traverso.

" Veramente avrei dovuto fare una commissione, ma ormai è tardi,” sospirò,” e poi dovrei tornare a casa, Andrea mi aspetta.”

" Bitte!!...." le disse congiungendo le mani guardandola con gli occhi verdi supplichevoli,

“ bitte!!”

Lei lo fissò, poi mise una mano davanti alla bocca per soffocare un risolino divertito, era una delle poche parole che conosceva..." Va bene, " disse poi, " però sappi che ti restituirò fino all'ultimo euro, non è nel mio stile scroccare pranzi. “

La tensione cominciò a sciogliersi e Lilli si tranquillizzò.

" D'accordo, come vuoi... e Andrea? " Chiese poi con finta ansia.

" Oh, lui ormai è grande, saprà cavarsela benissimo anche senza di me, no? "

" Giustissimo....Bene, bella signorina, " disse inchinandosi cortesemente

" andiamo? "

Lilli gli sfilò improvvisamente dalla spalla sana la sacca a tracolla, lasciando Max brontolare da solo su una teoria di come le donne, avevano ucciso la cavalleria degli uomini, lei corse avanti per non lasciargli riprendere il bagaglio, allora lui si arrese alla sua cocciutaggine e la raggiunse portando la valigetta e il borsone.

Scesero i larghi gradoni chiacchierando allegramente, Lilli era al settimo cielo, e arrivarono molto in fretta al porto.

“ Se non ricordo male, qui doveva esserci quel ristorante che da ragazzo mi piaceva tanto.”

“ Ma che bravo, te lo ricordi !!” disse sorpresa.

“ Certo, come potrei dimenticare il luogo nel quale ho passato tanti bei momenti con te?”

Lilli arrossì alle sue inaspettate parole, e pregò che lui non se ne accorgesse, si lasciò guidare verso la trattoria, era ancora sottosopra per l'accaduto, e la sua vicinanza non le rendeva certo le cose più facili. Guardò Max che la tirava per un braccio, e quel semplice contatto la fece sudare freddo, così delicatamente gli tolse la mano dal suo braccio. Lui si fermò e la guardò senza capire la ragione di quel gesto.

" Cosa c'è, non ti piace più lì? Se vuoi andiamo altrove. "

Lei si dette dello stupida, poi gli sorrise “ No, no, è che senza volerlo mi stringevi troppo il braccio.” mentì spudoratamente, poi intravidero tra la folla alcuni tavoli liberi e si avviarono velocemente sedendosi il più lontano possibile dalla folla. Max si guardò intorno, la trattoria era come la ricordava, a parte qualche modifica avvenuta nel tempo, il grande gazebo, ricoperto di foglie di palma e costruito su di un antico moletto era rimasto uguale. Sotto di loro il mare, che tranquillo rompeva le piccole onde provocate dai vaporetti e aliscafi in arrivo e in partenza, sulla battigia. Tutto intorno, erano appese reti di pescatori piene di conchiglie e granchi rossi essiccati dalle chele enormi. Sul tavolo c'erano dei fiori dai colori vivaci in un bel vasetto fatto di minuscole conchiglie. Posò la valigia e il borsone accanto al tavolo.

" E'sempre bello qui ! " esclamò Max, " mi è sempre piaciuto questo posto, sai? E con il caldo di questa giornata un bel posto all'ombra è proprio quello che ci vuole."

Si allungò sulla sedia stiracchiandosi, poi estrasse un bel fazzoletto candido e cominciò a detergersi il sudore dalla fronte e dal collo, Lilli lo guardò divertita scuotendo la testa, “sempre il solito” pensò fra sé.

Arrivò il cameriere con il menù e un cestino di pane, li posò sul tavolo e andò via.

Lilli si scusò un attimo, aveva bisogno di allontanarsi un momento; Max cortesemente si alzò e lei si diresse velocemente nella saletta per chiedere del bagno.

Trovato il locale vi entrò, si guardò allo specchio, dentro di sé aveva una strana inquietudine. Si toccò il bel viso arrossato dal caldo e dalle emozioni, aprì il rubinetto dell’acqua fredda e pose la faccia sotto il getto gelato. Voleva liberarsi da tutto ciò che aveva dentro l’anima. Si asciugò guardandosi nuovamente allo specchio, ma quella sensazione non l'aveva ancora abbandonata. Sospirando forte lasciò il bagno e ritornò al tavolo

" Sei tornata, credevo fossi scappata via." scherzò Max quando la vide ritornare.

" Sono solo andata a lavarmi le mani,” sbottò seccata ” e la faccia, avevo caldo! “

" Mmmm ...ok..” alzò le mani in segno di resa, poi si alzò scostando la sedia dal tavolo,” allora vado anch'io....torno subito! "

Lilli lo guardò allontanarsi, ancora non poteva credere che fosse tornato, poi allungò una mano verso il cestino del pane e preso un pezzetto cominciò a sgranocchiarlo mentre sfogliava distrattamente il menù.

" Guarda che così ti rovini l'appetito.”

Lei sobbalzò, era così persa nei suoi pensieri e nella lettura, che non si era accorta del suo ritorno.

" Mi hai spaventata." lo rimproverò.

" Scusami, non era mia intenzione.” La baciò sui capelli facendo avvampare Lilli all’istante, poi si sedette nuovamente.” Allora.." disse fregandosi le mani, "... cosa c'è di buono? Ho una fame..."

" Dunque....vediamo un po'.....c'è …c’è…” imbarazzata dal gesto di Max non riusciva più a parlare, e lui ridacchiando le tolse da mano il menù.

" Fa un po' vedere? "

Visto che non le ritornava più la voce, Max decise anche per lei, così prese due belle grigliate di pesce, insalata mista, del vino bianco per lui e acqua per Lilli.

Finalmente arrivò il cameriere per prendere le loro ordinazioni, e quando ritornò al tavolo con i piatti fumanti, i due si sorrisero soddisfatti, e cominciarono a mangiare.

Tra una portata e l'altra parlarono, e lui le spiegò il motivo della sua sparizione. Lilli lo ascoltava silenziosa scuotendo di tanto in tanto la testa.

Lui allungò una mano sul tavolo per poggiarla su quella di Lilli.

“ Quello che mi hai raccontato ...non giustifica il tuo silenzio,” gli disse mestamente

“ ho sofferto…io credevo in te, in noi…” Ritirò la mano da sotto quella di lui nascondendola in grembo.

“ Lo so, ho fatto promesse che non ho mantenuto, mi spiace…” tristemente lui abbassò lo sguardo sul tavolo, mentre con il pensiero ritornò indietro nel tempo. Vide egli stesso che abbracciava una Lilli di sedici anni, e le dichiarava il suo amore, che anno dopo anno cresceva, e, anche se finita l’estate lui ritornava in Germania, era un continuo scriversi, telefonarsi e tornare quando fosse stato possibile…poi il vuoto, l’università lo aveva assorbito totalmente, poi era arrivato il lavoro e Lilli aveva cominciato ad essere un bellissimo e nostalgico ricordo, anche se in fondo al cuore sapeva di amarla ancora, e quanto desiderio aveva di poterla riabbracciare.

“ Mi dispiace tanto, davvero…” riprese tornando alla realtà guardandola negli occhi.

“ Ti prego Lilli, perdonami, so che è passato del tempo e…”

“ …Saresti venuto a trovarci vero? “ finì lei sarcastica.

“ Anche se sono qui per lavoro sarebbe stata la prima cosa che avrei fatto,” le disse accigliato e con tono severo, “ prima che ti scontrassi stavo appunto andando in albergo a posare le borse per correre da te e da Andrea.”

“ Perché non sei venuto da noi a Stella Maris?”

“ Lilli, non ho deciso io, se avessi solo lontanamente saputo che ci assegnavano il caso e che ci spedivano qui io…”

Lilli alzò di scatto lo testa e lo guardò.

“ Caso? “ domandò stupita, “ Che caso? Con chi sei venuto? “

Max sospirò, si era spinto troppo oltre, ed ora gli toccava rimediare per non coinvolgere nessun’ altro.

“ Ecco, questo è uno dei motivi per cui non sono più venuto…”

“ Già, non ero degna, cioè non sono degna…” continuò aspramente, “ di far parte della tua vita!”

“ Ora sei cattiva, “ la rimproverò, “ Tu non sai…”

“ Allora spiegami…” Gridò battendo la mano sul tavolo e facendo sobbalzare le persone sedute poco più in la.

Max le riprese la mano, se avesse potuto le avrebbe confessato tutto, ma il farlo equivaleva mettere in pericolo la sua vita e quella di chi gli stava attorno. Mise la mano libera nella tasca dei calzoni, tirò fuori il portafogli e glielo porse.

“ Cos’è ?”

“ Aprilo, è l’unica spiegazione che posso darti.” Le disse sommessamente.

Con mano tremante Lilli aprì l’astuccio di pelle, e colpito da un obliquo raggio di sole un distintivo brillò sotto i suoi occhi.

“ Cosa significa? “ gli domando con un filo di voce avendo quasi timore della risposta.

“ Che sono uno sbirro, tutto qui.” Cercò di scherzare alzando le spalle.

Lilli richiuse di scatto l’astuccio e lo lasciò ricadere sul tavolo come se scottasse.

“ Perché non me ne hai mai parlato? Pensavi che sarei stata un ostacolo per il tuo avvenire? I tuoi progetti? Il tuo...lavoro?”

“ Ma cosa stai dicendo? Quello che dici non è affatto vero…” le strinse le mani convulsamente “ ti prego, abbi fiducia in me…” la voce di Max si ridusse quasi in sussurro.

Lei lo guardò fieramente negli occhi verdi “ L’ho già fatto una volta e mi hai ferita…”

“ lo so, e ti chiedo di averne ancora, vuoi? ” la supplicò, “ non voglio perderti di nuovo.”

Lei scosse la testa,” In verità, ho paura delle conseguenze…” gli occhi dorati le si riempirono di lacrime, “ …non…non voglio soffrire ancora.”

Max sospirò rumorosamente e volutamente lasciò cadere l'argomento, non aveva più voglia di rivangare il passato, ora che era lì con lei voleva pensare al futuro.

" Scusami Max…"sussurrò, " Ma credo che tu mi debba dare un po’ di tempo, non puoi ripiombare nella mia vita e credere che tutto possa tornare come prima.”

“ C'è qualcun' altro?” le chiese con angoscia repressa, “ lo capirei se...”

“ No....” rispose con foga non lasciandogli finire la frase...” no...nessuno”.

Max sorrise sollevato, ogni cipiglio era passato dal suo viso chiaro, poi la guardò con gli occhi verdi e profondi.

“ Tutto il tempo che vuoi, tesoro…tutto il tempo che vuoi…”sussurrò portandosi la mano di Lilli alle labbra baciandola.

A Lilli si fermò il cuore e non ebbe il coraggio di tirare via la mano, in fondo anche lei non aveva mai smesso di amarlo, ma non voleva dargli la soddisfazione di darglielo a vedere. Poi lo sguardo cadde sul suo orologio e sussultò.

“ Cosa c’è? “ chiese ansioso Max.

" Oh, è tardissimo. Avevo un appuntamento." Disse lei sbuffando, “ l’avevo dimenticato.”

“ Spero non con qualche giovanotto! " abbozzò lui con falso risentimento.

Lilli lo guardò torva.

" Giovanna, te la ricordi? “ disse seccata per l’inopportuno commento di Max, lui scosse affermativamente la testa…

“ Mmm…si, ” mugugnò lui pensoso, “ …Credo che sbavasse per me, lo si vedeva lontano un miglio!” scherzò poi.

Lilli rise finalmente, ” Ma non è vero!! Sei sempre il solito scemo! Sarei dovuta andare stamattina, ma mi è accaduto l’impossibile, non credo mi ammazzerà per un paio d'ore di ritardo....”

" Un paio d’ore…” lui scosse la testa divertito. “ Per farmi perdonare ti accompagnerò da lei, vogliamo andare?"

Max chiamò il cameriere e pagò il conto, poi le si avvicinò e titubante allungò la mano.

" Ti ringrazio."

Lilli mise la sua mano affusolata in quella di lui, un grande senso di protezione l'avvolse e si lasciò guidare verso l'uscita.

Anche qualcun’ altro, nascosto dietro gli oleandri assistette alla scena, gli occhi neri si dilatarono e la rabbia e la gelosia presero il sopravvento, le sue mani strinsero forte i rami delle piante che sotto quella pressione si spezzarono, poi si girò per non guardare oltre.

Gridò forte dentro di se, mentre le mani si stringevano alla testa, era come impazzito.

Poco lontano, due uomini che discorrevano tranquillamente lo guardarono pensando che stesse male. Improvvisamente Salvio gridando sferrò un violento calcio nella portiera di una panda parcheggiata lì accanto a lui, uno dei due uomini gridò e gli corse incontro imprecando. Salvio fuggì rincorso dal proprietario del veicolo che gli vomitava dietro tutte le bestemmie che conosceva, ma lui era giovane e più veloce così riuscì a distanziarlo e a sparire prima che l’uomo potesse raggiungerlo.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


3

 

Arrivarono davanti casa di Giovanna fianco a fianco, e il cuore di Lilli non aveva fatto altro che battere all’impazzata, Max la attirò a se e lei si ritrovò spiazzata per un momento dal suo gesto.

“ Io devo andare Lilli, se vuoi più tardi vengo da voi così saluto Andrea.”

“ Ma come, non vuoi vedere Giovanna? “ gli chiese sorpresa e con voce sommessa.

Lui scosse la testa “ Domani, forse...” le accarezzò lieve la guancia con il dorso della mano, “ora devo fare delle telefonate in albergo, devo avvisare i miei superiori che sono arrivato sano e salvo a destinazione…” si guardò i vestiti e pensò all’accaduto, “…o quasi! “ finì ridendo.

“ Va bene, come vuoi.” Il tono della sua voce era quasi deluso, si aspettava che rimanesse con lei, del resto lui mancava da Capri da dodici anni.

“ Allora a stasera e… grazie per la bellissima giornata.” sussurrò, l’attirò per le spalle e la baciò sulla fronte, a malincuore si allontanò, cominciò a camminare lentamente all’indietro una mano teneva le borse e l’altra alzata in un cenno di saluto verso di lei, poi si girò e sparì nel vicoletto. Lei suonò il campanello mentre con lo sguardo seguiva Max che si allontanava. Una forte emozione l’assalì, si sfiorò la guancia che lui le aveva accarezzato, alzò gli occhi al cielo e sussurrò mettendo una mano sul cuore, “ Grazie Signore…Grazie!!”

Era felice e gli avvenimenti della mattinata parvero scomparire all’istante.

L’attenzione ritornò alla porta ancora chiusa dell’amica, e suonò nuovamente il campanello, questa volta un pò più insistentemente, la porta si aprì e il viso assonnato di Giovanna sbucò dall’apertura.

“ Scusa il ritardo!!!” Esclamò Lilli ” ma ho avuto un contrattempo…” abbracciò l'amica scoccandole un sonoro bacione sulla guancia, “ santo cielo Giovanna, ma sei uno straccio!! ” sentenziò una volta entrata squadrandola da capo a piedi,

” come sta la nonna? ”

“Meglio ora, grazie”

Cercando nella sua borsetta Lilli consegnò all’amica un pacchetto.

“ Scusa se non sono venuta subito, ma mi è successo di tutto ” disse in tono mortificato.

“ E’ già tanto che tu l’abbia fatto, grazie.” Giovanna guardò Lilli con i suoi occhi marroni pieni di riconoscenza.

“ Che sciocchezza, a cosa servono le amiche altrimenti? ” Lilli ridacchiò mentre osservava l’amica dirigersi in cucina e la seguì.

“ Per fortuna le pillole per il cuore deve prenderle stasera. Ti va di bere qualcosa?” le chiese Giovanna mentre armeggiava con il frigorifero, ” Ho della coca cola bella ghiacciata.”

“ Magari, oggi fa un caldo pazzesco, e siamo solo a giugno! ”

Lilli si deterse il sudore della fronte con un angolo del vestito, lasciando scoperte una parte delle sue snelle gambe dalla nivea pelle, e sorrise a Giovanna che la guardava fintamente stupita.

“ Lo so, sono scandalosa... ” Cantilenò la ragazza all'amica, “ Ma fa caldo, e poi ho fatto tutta la strada di corsa per arrivare in tempo da te.” continuò poi con tono scherzoso.

“ Mmm…non è questo…le tue gambe sono bellissime ” ironizzò Giovanna poi aggrottò la fronte pensierosa mentre con il mento indicava la parte bassa dell'abitino turchese che Lilli indossava, “ …Cosa ti è successo al vestito? Sei venuta talmente di corsa che si è strappato? ” le disse soffocando una risata.

Lilli seguì lo sguardo dell’amica e gli occhi caddero su uno squarcio del quale non si era accorta.

“ Porca miseria! ” sbottò arrossendo all’improvviso, e pensare che tutto il tempo era stata in quella condizione disastrosa assieme a lui.

“ Già, e mi meraviglio di te Lillina... Andare in giro così conciata… che orrore!!!! ” La riprese giocando Giovanna, scoppiarono a ridere, erano amiche da sempre, si erano conosciute all'asilo e non si erano più lasciate. Ragazzine si erano trovate compagne di stanza nel collegio dove erano vissute fino alle medie, e non passava giorno senza che quelle monelle combinassero guai.

Erano la dannazione ma anche l'orgoglio delle suore, eccellevano in tutto e proprio per questo le sante donne facevano passaggio sui loro scherzi di bambine. Lei e Giovanna, accomunate dalla disgrazia una per la perdita prematura della madre, e l’altra per entrambi i genitori avevano deciso con l’ingenuità delle ragazzine di adottarsi a vicenda per non essere più sole, e così era stato.

Lilli, sorseggiando la coca e seduta di fronte a Giovanna le raccontò poi quello che le era accaduto nel pomeriggio, omettendo l'accaduto con Salvio.

Il viso dell’amica si illuminò di gioia.

“ Allora era questo il contrattempo!” Esclamò appena lei ebbe finito il racconto,

“ hai visto che è ritornato, io ne sono sempre stata sicura.”

“ Ma sono passati dodici anni ti rendi conto? “ sbottò demoralizzata alzando le braccia al cielo, “ in tutto questo tempo può essere accaduto di tutto, chi mi dice che non ha amato qualcun’altra o addirittura si è sposato…ha divorziato…ha…” non riusciva a finire la frase non aveva pensato a questo, ed ora solo il pensiero la terrorizzava.

“ Figli?? ” finì Giovanna per lei.

Lilli abbassò la testa angosciata, la felicità nel rivederlo non le aveva fatto considerare questa eventualità, del resto per lei poteva essere lo stesso, e forse anche lui ora si domandava cosa le fosse accaduto durante questi anni.

“ Oh Giò, cosa faccio? ” domandò con voce quasi lagnosa, vedendo sparire di colpo tutte le sue speranze.

“ Bhè, aspetti gli eventi “ Giovanna rise, le si avvicinò carezzandole maternamente le spalle e lei sbuffò.

“ Come se fosse facile.”

“ Sei fortunata,” ora l’amica non sorrideva più, l'affianco sedendo su una sedia accanto a lei, il suo sguardo si era rattristato all’improvviso,” Io e Salvio invece abbiamo litigato, e come se non bastasse mi si è interrotto il ciclo.”

Lilli la guardò stupita, ” No…non mi dire che ci sei stata assieme !!” Lilli la guardò severamente, “ con tutte le raccomandazioni che ti ho fatto.” Finì sbattendo le mani fra loro.

“ Dai, non angustiamoci, forse è solo un normale ritardo,“ le disse Giovanna poco convinta, “ Magari è stato lo stress, e in questo momento lo sono davvero per via della nonna“.

Lilli sospirò “E quando è successo? “

“ Cosa, l’infarto della nonna? “ chiese stupita Giovanna, “ ma lo sai ”.

“ Noo, il fatto!” sbottò Lilli.

“ un mese e mezzo fa … ” L’amica era imbarazzata, ”…sai eravamo andati a fare una passeggiata e...un bacio tira l'altro... l'atmosfera romantica e mille promesse..”

Lilli in quel momento sentì di odiare Salvio doppiamente, sospirò forte.

“ Su, non ci resta che aspettare qualche altro giorno, e poi se vuoi ripasso in farmacia e ti compro uno di quei test di gravidanza.” Con tono dolce la consolò accarezzandole il viso triste.

Giovanna la guardò, i suoi occhi erano velati di pianto, “va bene,” disse lisciandosi i corti capelli castani, ” te lo prometto, così mi assicurerò che sia solo stress, e per piacere non lasciarti sfuggire niente, per carità!” La supplicò.

Lilli si alzò dalla sedia e la rassicurò, poi la salutò e si avviò verso casa; camminava a passi veloci e pesanti e il sole era ormai calato sull'orizzonte, rosso come il fuoco e la rabbia che lei aveva dentro. Come aveva potuto Salvio fare una cosa così ignobile? Si era solo divertito con Giovanna, l'aveva ingannata, ed ora aveva lui aveva avuto la sua vendetta...Dio quanto lo odiava!

Corse attraverso il porto come una furia, il sole era ora uno spaccato sulla tavola del mare, dalle più svariate tonalità che passavano dal rosso all'arancio e nel quale si stagliava la sagoma di uno yatch enorme che lentamente gettava l'ancora fuori del piccolo porto di Marina Grande.

“ Andrea, sono a casa!!!” Gridò Lilli sbattendosi dietro la porta .

“ oh, sei tornata, finalmente !” sbottò il fratello visibilmente irritato, “ ma dove sei stata? Stavo cominciando a preoccuparmi. ”

“ Ti prego scusami, mi sono intrattenuta da Giovanna più del dovuto, sai nonna sta male ha avuto un attacco di cuore e Giovi voleva che le facessi compagnia.” gli rispose guardandolo con dolcezza. Le piaceva quando il fratello faceva il protettivo.

“ D'accordo, mi dispiace che la nonna stia male, ma questo nel pomeriggio e stamattina?”

“ Stamattina? Sono andata in farmacia!” Disse con innocenza, anche se non ci era proprio passata la mattina ma il primo pomeriggio.

“ E ci hai anche pranzato in farmacia?” continuò ironico Andrea.

A Lilli salì il sangue al viso “ Ma cos'è questo, un interrogatorio di terzo grado? Vuoi vedere che adesso per uscire devo fare una domanda in carta bollata e controfirmata? Guarda che se non te fossi accorto sono cresciuta, non ho più quindici anni! “ Finì con stizza.

Il fratello cercò di calmarla “ non volevo dire questo, Salvio....”

Con un gesto infastidito Lilli bloccò le sue parole.

“ Ah, Salvio....” disse irritata, avrebbe dovuto aspettarselo da uno come lui,

“ ....bene, bene, a quanto pare abbiamo le spie in paese!” finì poi ironicamente.

“ Ma dai, non è poi la fine del mondo...è solo che ho dovuto trovare chi mi sostituisse per aspettarti, ero preoccupato da morire dopo quello che mi aveva raccontato e ...” non finì di parlare, la sorella prese la prima cosa che le capitò in mano e gliela tirò. Lui agilmente si scansò, “ e dai Lillina, ci siamo sempre confidati tutto da bravi fratelli, lo so che questi argomenti sono un po delicati, però tu........”

“ Esatto fratello, hai detto bene, sono cose personali, e ne tu, ne quell'idiota di Salvio dovrete mettere più il naso. Non sono più una bambina, so badare a me stessa. Buona notte!” Esclamò irritata chiudendosi nella sua stanza sbattendo la porta e facendo tremare i vetri della casetta.

Andrea rimase da solo nel piccolo salottino; “Che le avrà preso? “Si domandò, non si era mai comportata così prima d'ora, erano sempre andati d'accordo. “ Almeno è bello? “ domandò sfottendola da dietro la porta chiusa della stanza dove Lilli si era rintanata. Allargò le braccia in segno di sconforto “ Mhà!!” esclamò buttandosi di colpo sul divano che scricchiolò pericolosamente sotto il suo peso; di lì a poco si addormentò.

In silenzio Lilli fece capolino dalla sua camera, poi uscì, si era resa conto di avere esagerato con Andrea, dopotutto le voleva bene, era normale che la proteggesse. Si avvicinò al divano, voleva chiedergli scusa ma lo trovò addormentato, lieve lo baciò teneramente sulla fronte poi spense il televisore che aveva lasciato acceso. Andrea bofonchiò qualcosa nel sonno e si girò di fianco. Lei gli accarezzò i capelli delicatamente, sembravano di seta dorata talmente erano lisci e sottili.

“ Domani ti racconterò tutto, promesso. “ Disse a bassa voce, poi preso un lenzuolo lo coprì e ritornò in camera.

Per un pò si rigirò nel letto aspettando notizie da Max che però non diede segno di sè...

” al solito...” mormorò Lilli delusa, poi piano piano scivolò fra le braccia di Morfeo.

“ Sei arrivato finalmente...” Max fu investito dalla collera di Rashid quando aprì la porta della stanza d'albergo, “ ti rendi conto di che ora sia ? Lo hai per bellezza il cellulare?”

“ ti chiedo scusa Rashid...” mormorò Maximilian gettando le valige in terra.

Notando il comportamento remissivo dell'amico si calmò, “ Dove sei stato? Sono ore che cerco di rintracciarti, ho localizzato Stefy...” Max si illuminò e Rashid si diresse al piccolo portatile con il localizzatore satellitare, seguito dal collega.

“ guarda ...” un sorriso soddisfatto increspò le labbra sottili e scure dell'egiziano che puntò il dito sottile verso il monitor sulla cui mappa riluceva un puntino che si illuminava ad intermittenza.

Max si avvicinò fissando la mappa lucente, “ sono qui..” mormorò senza stupore.

“ Esatto...sono da qualche parte qui intorno all'isola, sicuramente una nave” continuò Rashid con sicurezza, “ se batte bandiera di uno stato prestigioso è difficile che venga controllata, le barche dei guardiacoste nemmeno gli si avvicinano.”

“ Sei in gamba amico mio..” Max gli battè una mano sulla spalla soddisfatto.

Solo ora Rashid si accorse delle condizioni dell'amico e fessurizzò lo sguardo nero sulla camicia stracciata e macchiata di sangue.

“ Ma cosa diavolo ti è capitato si può sapere? “ gli domandò seriamente preoccupato mentre si avvicinava al letto dove Max si era gettato di peso.

“ un piccolo incidente, niente di grave...non preoccuparti” rispose evasivo ripensando all'accaduto. Un lieve sorriso gli increspò le labbra mentre si passava le mani dietro la testa per usarle come un cuscino.

Rashid lo guardò scuotendo il capo, “ tu non me la conti giusta...” si diresse al suo letto e si distese imitando il gesto del collega. Gli occhi neri erano fissi al monitor, il puntino era immobile segno che la prigione di Stefy non si stava muovendo...

” bene...” mormorò sbadigliando poi anche lui si arrese al sonno.

Lilli dormiva ancora quando il fratello si intrufolò nella stanza, guardò la sorella che beata sorrideva nel sonno. Si avvicinò al letto con passo felpato, e allungando il braccio prese il cuscino che lei aveva tra le braccia strappandoglielo via. Lilli si svegliò di soprassalto, e si guardò attorno intontita, i capelli biondi scompigliati e lo sguardo perso che poi fermò sul fratello, che in quel momento aveva sulle labbra un sorrisetto maligno e il suo cuscino tra le mani. La ragazza si svegliò completamente.

“ Ma sei ammattito?? “ gli gridò contro.

Andrea rise forte provocandola, gli piaceva farlo. ” Avanti sorellina, vieni a prenderlo!!” La sfidò.

Lilli non se lo fece ripetere due volte, si scostò il lenzuolo da dosso e con un balzo felino fu addosso al fratello. Il salto fu così improvviso che lui non riuscì a spostarsi per tempo e finirono entrambi sul pavimento. Andrea cominciò a ridere rumorosamente perchè lei gli era sulla pancia a cavalcioni e lo stava martoriando con il solletico,

“Così impari a disturbare chi dorme beatamente.” La camera risuonava di sonore risate quando improvviso squillò il telefono. I ragazzi si fermarono di botto nell'udire il telefono, si guardarono sorpresi, chi mai poteva cercarli a quell'ora di domenica mattina? Andrea si alzò e corse a rispondere, mentre lei raccoglieva i resti della loro battaglia ma nello stesso istante cercava di cogliere frammenti del colloquio telefonico di suo fratello, ma tutto ciò che riusciva a sentire erano frasi sorprese e balbettanti seguiti da monosillabi e poi un ciao.

“ Andrea, ma chi era? “ gli chiese preoccupata. Lui la guardò senza vederla e le rispose meccanicamente “ Un vecchio, vecchissimo amico che non sentivamo da anni.......ed ora sta venendo qui.” esclamò poi.

Guardò il fratello e mentalmente sorrise soddisfatta, la sorpresa che Max le aveva promesso di fare era riuscita “ meglio tardi che mai.” gli disse poi con la gioia nel cuore.

Andrea la guardò e parve riscuotersi, gli ritornò alla mente un ragazzino alto, della sua età, ben formato, dagli occhi verdissimi come smeraldi e i capelli neri. Figlio unico di una coppia di tedeschi che abitualmente prenotavano un appartamentino nella loro pensione per tutta l'estate. Maximilian, così si chiamava quel ragazzino che passeggiava sempre tutto solo e spaesato per la spiaggia adiacente al porto. Quel giorno s' imbattè in una bimbetta di circa sei anni, con due treccine biondissime che giocava con la sabbia. Lui si incantò a vederla giocare, era bellissima e quando il castello che stava costruendo le si ruppe cominciò a piangere chiamando il fratello. Il ragazzino le si avvicinò piano, si inginocchiò, e a gesti cercò di farle capire che glielo avrebbe rifatto lui. La bimba pianse più forte, e fu allora che si sentì prendere per una spalla e sbattuto in terra. “ Cos'hai fatto a mia sorella? Vattene!” Il nuovo arrivato lo guardava con astio, e lui non riusciva a capire le sue parole e a comprendere il significato di quel gesto, del resto voleva solo aiutare la bimba con il suo castello. Lentamente e tristemente scivolò via, guardando con tenerezza quel ragazzino così protettivo nei confronti della sorellina. li vide parlare animatamente, ogni tanto lui guardava nella sua direzione mentre la bambina scuoteva con vigore la testa facendo oscillare le treccine dorate mentre con il dito indicava nella sua direzione. Il fratello prese un fazzoletto dalla borsa e le asciugò le lacrime poi con fare sicuro si diresse verso di lui. Questa volta lo sguardo del ragazzo non era più astioso nei suoi confronti, ma caloroso e lo vide tendergli una mano in segno di aiuto a rialzarsi poiché tutto il tempo era rimasto seduto poco distante ad osservarli. Il ragazzetto lo guardò un po' intimorito, ma gli occhi celesti di quel bambino che poteva avere più o meno la sua età, erano così sinceri che gli sorrise e gli tese a sua volta la mano. Una volta in piedi cercò di scusarsi, ma il ragazzino biondo sorrideva e si batteva la mano sul petto dicendo il suo nome e invitandolo a fare altrettanto. Il viso d'egli si illuminò perchè aveva capito in quel gesto un segno di amicizia.

“ Ciao, “ disse in italiano stentato l'unica parola che conoscesse, “ Maximilian ! Max!” esclamò tutto contento.

“ Andrea, “ gli rispose l'altro, “ e questa...” gli disse piano indicando la piccola battendo delicatamente la mano sulla testa di lei, “... è la mia sorellina Lilli, dai saluta non fare la scorbutica! “ rimproverò la bambina che nel frattempo si era nascosta dietro di lui, e con gli occhi lucidi e celesti come quelli del fratello, fece capolino dalla sua schiena dicendo un timido ciao. Da quel giorno Andrea e Max non si lasciarono un istante. Max con Andrea imparò l'italiano e Andrea qualche parola di tedesco. I genitori di Maximilian erano al settimo cielo per il figlio, era sempre stato un bambino solitario e difficile, ma da quando aveva conosciuto quel ragazzino sembrava essere cambiato, e di questo ringraziarono Dio. Eleanor ed Alfred così si chiamavano i genitori di Max erano felici di avere nuovamente dei ragazzini rumorosi per casa.

“ Andrea, stai bene?” il ragazzo si sentì scuotere delicatamente, e piano ritornò alla realtà. Incrociò lo sguardo della sorella che lo osservava. Lui le accarezzò il viso affettuosamente e le sorrise.

“Andrea...ma chi era?” gli domandò fintamente sorpresa sapendo bene chi avesse chiamato.

“ Maximilian... te lo ricordi Lilli?”

Lei gli sorrise con tenerezza.

“ Certo che me lo ricordo...anche se è passata una vita dall'ultima volta che è venuto.”

Un ricordo non certo vago...quegli di occhi di smeraldo, quante volte li aveva sognati, “anche stanotte “si ritrovò a pensare e sospirò, poi si riscosse.

“ su, su...non vorrai farti trovare in mutande...” lo rimproverò Lilli spingendolo verso il bagno, “ vatti a lavare che puzzi...” finì prendendolo in giro.

Andrea rise e corse di filato in bagno ficcandosi sotto la doccia, comiciò a cantare a squarciagola e Lilli si tappò le orecchie arricciando il naso e gridando che di li a poco il tempo sarebbe cambiato per colpa sua, poi andò in camera a rifare il letto e riordinare il casino che lei e Andrea avevano combinato. Si diresse alla finestra e aprì le imposte spalancandole, era felice e nel suo cuore ne conosceva il motivo. Ci mise poco a mettere tutto a posto e dato che la sua camera aveva anche un piccolo bagnetto si lavò anche lei poi si diresse dall'armadio e prese un pantalone di tela indiana color sabbia ed una canotta della stessa tela ma celeste pallido con graziosi ricami a perline celesti e argento, ai piedi freschi sandali etnici. Si avvicinò allo specchio e si pettinò facendo con i suoi lunghi capelli biondi una treccia. Guardò la sua immagine riflessa e si sentì soddisfatta di ciò che vi vedeva riflesso. Si avvicinò nuovamente alla finestra per accostare le imposte ed evitare che la calura rendesse la sua stanza un forno e lo vide arrivare, si nascose d'istinto mentre il suo cuore batteva impazzito nel petto, respirò più volte nel tentativo di calmarsi.

Andrea intanto aveva finito in bagno e già vestito stava riordinando il divano sul quale aveva passato la notte, ripiegò con cura il lenzuolo portandolo nella sua stanza e in quell'istante il citofono suonò.

Lui con passo svelto andò a rispondere, schiacciò il pulsante per l'apertura del cancelletto esterno e aspettò impaziente sull'uscio di casa.

Max varcò il piccolo cancello spingendolo con poca forza, quanti ricordi gli riaffiorarono alla mente mentre ripercorreva dopo tanti anni quel vialetto, alzò lo sguardo e si ritrovò a pochi passi dall'amico, l'emozione era forte ed entrambi si buttarono l'uno nelle braccia dell'altro. Restarono così per parecchio tempo poi Andrea si staccò dall'amico lo guardò con gli occhi lucidi e lo abbracciò nuovamente, non poteva credere che dopo tanti anni era ritornato. Si staccarono e dopo amichevoli e innumerevoli pacche sulle spalle ed i lucciconi agli occhi per l’emozione, Andrea lo invitò ad entrare in casa. Era come Max la ricordava...pareti bianche piene di quadretti e foto incorniciate, che parlavano di loro e dei vari anni passati assieme lì a Capri, una in particolare lo colpì, era con Lilli, l'abbracciava, la teneva stretta per la spalla, lo ricordava bene mentre Andrea scattava la foto...era l'ultima che avevano fatto e si maledì per non aver approfittato quella volta ed esprimere quello che realmente provava per lei....tutti i sentimenti che lui pensava di aver soffocato in quegli anni di lontananza riaffiorarono.

Il flusso di ricordi fu bloccato dall'entrata di Lilli nel piccolo salottino, la guardò, era bellissima, anche lei lo guardò e gli sorrise debolmente.

“ Ciao Lilli, come stai? “ furono le uniche parole che gli uscirono.

“ Bene, grazie...” mormorò con malcelata sicurezza, “ e tu? Quanti anni sono passati vero?“ Gli domandò avvicinandosi poi ai due uomini.

“ Si, tanti...troppi...” disse con voce mesta “ e vi chiedo perdono per non essermi fatto più vivo con voi...mi spiace...”

“ su..dai..” lo rallegrò Andrea, “ ora sei qui...dai raccontami tutto, dobbiamo recuperare.”

Lo accompagnò al divano invitandolo a sedere, Lilli invece andò a rifugiarsi in cucina con la scusa del caffè, ma in realtà era un modo per fuggire da lui e per lasciare che il fratello recuperasse gli anni di lontananza, sapeva quanto gli era mancato, non passava giorno che ne parlasse.

Sentì i due che parlavano e ridevano in salotto e le sembrò che il tempo non fosse mai passato, sorrise fra se mentre metteva sul fuoco la macchinetta del caffè e preparava un vassoio con le tazzine del servizio buono della mamma. Accarezzò le piccole stoviglie ricordando quanto la mamma ci tenesse.

“ Cos'hai fatto dopo la scuola? “ chiese Max ad Andrea.

“ Ho rilevato l'azienda di famiglia, “ rispose all'amico mentre gli occhi si rattristavano,

“ dopo l'infarto di papà ho dovuto...era ...è la nostra unica fonte di lavoro e guadagno.”

Max gli poggiò una mano sulla spalla, “ mi dispiace per Giuseppe, e come sta ora?” gli chiese seriamente interessato.

Andrea si strinse nelle spalle, “ E' morto tre anni fa...non si è mai rassegnato alla morte della mamma e il dolore piano piano lo ha logorato.”

“ Dev'essere stato terribile per voi...”

“ Si, ma ce la siamo cavata...” Andrea gli sorrise apertamente, “ e tu uomo di mondo, cos'hai fatto in questi anni? Sposato, figli, amanti segrete?”

Max rise forte, “ niente di tutto questo...studio e lavoro, lavoro e studio...” incrociò le mani chiare fra loro poggiandole sul busto fasciato da una camicia di lino bianco aperta per metà e dalla quale si intravedeva il petto poco villoso, “ ...poi università e subito ancora lavoro.”

“ Ma femmine mai? “ gli domandò scherzosamente, “ non esistono a Berlino?”

“ Certo che ci sono...” rispose di rimando Max ridendo nuovamente, “ ma il mio lavoro non mi permette molti svaghi.”

“ Allora siamo pari amico...”

In quel momento riapparve Lilli con il vassoio e le tazze di caffè fumante e il discorso si interruppe.

Lei li guardò di traverso, “ che c'è vi siete ammutoliti di colpo? “ chiese loro ridendo.

“ Naaaa...” Andrea alzò la mano e scosse l'aria “ stavamo discutendo su quanto fossero impegnativi i nostri lavori...”

“ haa...” scappò dubbiosamente a Lilli mentre distribuiva le tazzine con il caffè.

“ Perchè non assumi un direttore? “ Azzardò Max “ così avresti più tempo libero.”

Alle parole di Maximilian Lilli rise forte, “ ma sei pazzo, “ disse fra le risate,

“ sapessi quante ragazze gli ronzano attorno, e non solo, vorresti levargli tutto questo? “

“ Hai capito il ragazzone.. e non diceva niente a nessuno, ” disse sorpreso Max ridendo.

Andrea guardò l'amico con affetto, “ sono felice che tu sia tornato.”

Lilli osservava i suoi uomini in silenzio.

“ Anche io, ma non sarà per sempre...” mormorò Max con voce mesta, “... e nemmeno per molto.” fissò prima Andrea poi Lilli con più intensità.

“ Ma abbastanza per riprendere un affare in sospeso, vero Max? “ disse con tono sornione guardandolo furbescamente.

La sorella arrossì fino alla punta dei capelli e svelta prese il vassoio riportandolo in cucina. Andrea aspettò di sentire lo scroscio dell'acqua nel lavabo.

“ Non sono uno stupido Max, ho notato prima come la guardavi, era palese...” gli sussurò facendogli l'occhiolino e voltandosi verso la cucina per tenere la situazione sottocontrollo.

“ Ma...” l'amico non fece in tempo a concludere la frase, Andrea lo interruppe quasi subito.

“ ...e poi l'ho sempre saputo, cosa credi? “ Il giovane lo spinse leggermente per la spalla notandone l'imbarazzo, “ ero un pò geloso di voi allora, credevi che non mi accorgessi che le tue attenzioni le rivolgevi altrove? eri distratto, sparivi, insomma eri diventato...nu fess..”

Max rise sommessamente scuotendo la testa senza dire una parola e Andrea ne approfittò per continuare, “... e comunque quando andasti via mi resi conto che

l' ostacolarti non giovò a nessuno e dovetti raccogliere i cocci del mio operato per giorni, settimane...”

L'amico alzò un sopracciglio nero guardandolo con aria interrogativa.

“ Lei...” continuò Andrea indicando la cucina con un cenno del capo, “ ...per giorni non faceva altro che piangere, credeva che non la sentissi chiusa nella camera che singhiozzava.” Andrea guardò Max con serietà, “ ora non siamo più ragazzini, siamo sui trenta e parlando da uomo a uomo Max se sei tornato per poi sparire nuovamente e dare a mia sorella false speranze e un nuovo dolore nonostante la nostra amicizia io...”

“ Tranquillo, Andrea...” l'amico gli poggiò una mano sul braccio e lo guardò sinceramente, “... io voglio davvero bene a Lilli, e Dio solo sa quanto mi sia mancata in questi anni...” sospirò rumorosamente, “...e so anche che non posso ripiombare nella sua vita e scombussolargliela, so cosa provava e cosa ancora prova per me, anche se fa finta di nulla.” Abbassò lo sguardo sulle mani giocherellando nervosamente con le dita.

“ Il fatto è che con il lavoro che svolgo...non so se sarei in grado di darle la serenità che cerca.”

Fu Anfrea ora che lo guardò interrogativamente e lui per tutta risposta si ficcò la mano nella tasca dei pantaloni tirando fuori una specie di custodia in pelle nera, e gliela porse. Il ragazzo la prese e l'aprì, uno sguardo stupito gli si dipinse sul bel viso.

Fece un lungo e prolungato fischio mentre osservava il distintivo che apparve innanzi ai suoi occhi celesti “ reparto speciale...” mormorò ammirato, “ ora capisco la tua titubanza, bhè lo sarei anche io se dovessi mettere la mia vita in gioco ogni giorno...” gli restituì l'oggetto,”...è per questo che sei qui allora.” più che una domanda era una constatazione.

“ E' stato un caso, poteva capitare ovunque, ma il destino ha voluto diversamente.”

“ Allora moscettoni, finito con le chiacchiere? “ Lilli era ritornata e li stava fissando accigliata con le mani poggiate ai fianchi, “ volete passare sul divano tutta la domenica?”

“ Eh, non sarebbe mica male l'idea. “ borbottò scherzosamente suo fratello.

“ ha ragione, su usciamo, così poi vi presento una persona.”

A Lilli si fermò di botto il cuore alle parole di Max, e sperò con tutta se stessa che non fosse una sua collega visto che il giorno prima le aveva detto di non essere venuto solo.

“ Eccolo lì...si è sgamato il pollo, “ disse scherzando Andrea dando una leggera pacca dietro la nuca all'amico, che arrossì impercettibilmente.

“ E' il mio collega, Rashid...” si affrettò a rispondere Max un pò seccato per quella battuta intuendo quali sarebbero stati i pensieri di Lilli.

Si alzarono avviandosi alla porta ridendo e scherzando,prendendosi in giro, sembravano tornati quelli di una volta, il piccolo branco si era riunito, anche se per poco, mancava solo Giovanna all'appello. Andrea chiuse a chiave la porta e tutti assieme si diressero al porto.

Rashid camminava nervosamente avanti e indietro ed ogni tanto si soffermava a guardare l'orologio, volse lo sguardo attorno per distrarsi, la folla che si accalcava sul molo per aspettare i vaporetti e la gente che ne scendeva era impressionante, tanta umanità lui l'aveva vista solo al Cairo. Scosse la testa corvina, con tutto quel via vai di persone sarebbe stato difficile o quanto meno improbabile riconoscere i loro uomini e Max sarebbe dovuto essere qui gìà da un bel pò, si ritrovò a pensare preoccupato e seccato, ma da quando erano sbarcati dalla motovedetta della guardiacostiera, lui aveva notato nel collega una certa ansia euforica che non era certo imputabile alla loro missione. Allargò le braccia sconsolato lasciandole ricadere di colpo all'altezza della mezza coscia, poi da lontano lo vide e gli andò incontro con passo svelto, era alquanto seccato e quando gli fu abbastanza vicino si accorse che non era da solo, lo accompagnavano un giovane uomo e una ragazza, entrambi biondi e molto belli, notò che Max di tanto in tanto lanciava verso la donna uno sgurdo rapito così comiciò a comprendere il motivo di tanta frenesia.

Giunto che fu dinanzi a loro guardò il collega con aria interrogativa, Maximilian per tutta risposta gli fece un ampio sorriso e passò a presentargli gli amici in inglese poichè Rashid non conosceva altra lingua oltre la sua.

Lilli rimase impressionata dalla padronanza della lingua inglese che Max parlava così fluentemente come fosse la sua, mentre lei a stento lo parlava nonostante l'avesse studiato a scuola.

L'egiziano educatamente strinse la mano ad Andrea mentre a Lilli fece un baciamano rimanendo incantato dalla sua bellezza. La ragazza arrossì a quel gesto per lei inusuale e ritrasse gentilmente la mano ringraziandolo.

Rashid prese poi Max per un braccio e mormorando un frettoloso sorry ai due ragazzi lo trascinò poco distante.

“ ma ti ha dato di volta il cervello?” gli disse molto seccatamente agitando le mani al cielo, “ Ti ricordo che dovevamo fare un appostamento, cosa ci fanno loro qui?”

“ Tranquillo “ rispose Max pacatamente poggiandogli le mani sulle spalle, “ non si tratterrano molto, abbiamo fatto solo un pezzo di strada assieme, “ gli mentì innocentemente, “ loro stanno andando al lavoro.”

Rashid lo guardò sospettoso, Maximilian scosse la testa ridendo e accennò con il mento ad una piccola insegna poco distante, “ Hanno una pensioncina da mandare avanti sai? Li sto solo accompagnando dato che erano anni che non li vedevo.”

Il collega sospirò sollevato e per la prima volta sorrise poi si volse verso i ragazzi che attendevano e che avevano assistito incuriositi alla scena. Fece loro un cenno con la mano come a voler significare che era tutto a posto. Max dopo avergli ordinato di tenere il molo sotto controllo, si diresse verso gli amici e insieme si avviarono per via Marina Grande alla loro pensione.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** capitolo 4 ***


4 Il forte e improvviso rumore dell'ancora che calava in mare fece sussultare Stefy. Le mani, legate dietro la schiena le impedivano qualsiasi movimento, ma una cosa positiva c'era, non si sentiva più stordita, l'effetto del narcotico era passato ma il senso di nausea no, quello era dovuto al fetore insopportabile che c'era in quella stiva, dove era stata rinchiusa assieme ad altre ragazze dalle etnie più svariate. La poca luce che filtrava dalle fessure le diede modo di osservarne la loro bellezza spenta per le condizioni disumane in cui versavano, erano sporche, altre ferite e se si aveva necessità di andare al bagno si era costretti a fare i bisogni per terra, in un angolo come gli animali. Di tanto in tanto i loro carcerieri scendevano e con un idrante spruzzavano un violento getto d'acqua marina e gelida sul pavimento, colpendo a volte anche le donne, che sbattevano contro la paratìa metallica dello scafo facendole perdere i sensi, e a nulla valevano le grida di disperazione e pietà, quelle bestie che avevano sembianze di uomini non battevano ciglio, anzi sembrava si divertissero nel procurare loro una sofferenza che non meritavano. La barca non si muoveva più così tanto, e Stefy sospirò sollevata, per il momento la tortura del rollìo era finita, lasciando il posto ad un lieve dondolìo, lamenti e pianti riempivano la stiva e lei cercava di avvicinarsi ad ognuna per dar loro un pò di consolazione, anche se sapeva che non sarebbe servito a nulla. Lo stomaco le doleva, aveva fame e la gola era riarsa dalla sete. La botola della stiva si aprì e per fortuna il sole era calato, così gli occhi di Stefy non si ferirono quando il fiotto della luce fioca entrò dall' apertura. Scesero due uomini con il capo coperto da uno strano copricapo che aveva già notato al Cairo e parte del loro volto era nascosto dalla gahfia, uno di essi aveva fra le mani un cesto che poi lanciò in terra tra le donne. Come bestie affamate tutte si gettarono sulla cesta e con la bocca cercavano gli avanzi di cibo, aggredendosi e persino mordendosi per conquistarsi un pezzetto di pane. Gli uomini ridevano additando quelle poverette che lottavano sopravvivere pur avendo le mani legate. Stefy li guardò con odio profondo rimanendo accovacciata in un angolo, non voleva abbassarsi a tanto, non era un animale, era un essere umano. Uno dei due si accorse che lei non si cibava e le si avvicinò minacciosamente, le gridò qualcosa in una lingua strana, lei non capì ma lo guardò ugualmente con sfida poi raschiò la sua gola secca cercando di far risalire la poca saliva che aveva e sputò contro l'uomo. Per tutta risposta il suo rapitore la schiaffeggiò tanto forte che finì distesa in terra, Stefy soffocò un grido e chiuse gli occhi per il forte dolore rinchiudendosi in posizione fetale, il silenzio calò nella stiva e le ragazze si fermarono di colpo assistendo alla scena piene di terrore. L'uomo le urlò di nuovo frasi incomprensibili, poi le sferrò un calcio nel ventre, alla giovane donna mancò di colpo il respiro e quasi svenne, boccheggiò alla ricerca d'aria che le bruciò nei polmoni poi cominciò a piangere silenziosamente, l'aguzzino rise con cattiveria volgendo lo sguardo crudele verso le altre ruggendo qualcosa in quella lingua strana additando la ragazza stesa sul pavimento. Le donne erano sgomente e quando l'aguzzino tirò fuori dalla cinta la pistola puntandola verso Stefy che ancora piangeva, urlarono tutte riunendosi in gruppo come per proteggersi l'una con l'altra. Gli uomini risero ancora, parlottando fra loro, poi risalirono nuovamente in coperta, richiusero la botola con un tonfo e tutto ripiombò nella penombra. Le giovani rimasero strette fra loro piangendo senza curarsi di Stefy, che, acciambellata per terra soffriva in silenzio aspettando che passasse un altro giorno, rinchiusa in quell'orrenda prigione aveva perso la cognizione del tempo. Rashid camminava avanti e indietro tenendo il molo di imbarco e sbarco sotto controllo, come gli era stato ordinato, mostrandosi in ansia come se aspettasse qualcuno, e ogni tanto gettava uno sguardo all'orologio e alla cartina che portava nella tasca del jeans, passandosi di tanto in tanto una mano fra i capelli neri e corti poi si appoggiò con fare indolente al muro incrociando le gambe fasciate da jeans scoloriti incrociando le braccia sul petto coperto da una polo di cotone celestina con il colletto alzato che contrastava con la sua carnagione scura. Qualche giovane donna lo fissava ammirata, ed egli ne ricambiava lo sguardo sorridendo mostrando una fila di denti curati e candidi. All'improvviso il viso noto di colui che aspettava fece capolino fra la folla, conosceva di fama lo sceicco appena sceso dal gommone accerchiato da guardie del corpo ben mimetizzate per non dare nell'occhio. Era il maggior trafficante di droga e non solo, dell'Arabia Saudita, ma nessuno mai era riuscito a contestargli quei reati, non si sporcava mai le mani personalmente, come tutti i pezzi grossi aveva i suoi mandanti, ed era assai difficile che si facesse vedere in pubblico. Rashid rimase sorpreso dalla cosa, doveva esserci qualcosa di grosso in ballo, prese il cellulare e voltatosi per non farsi notare chiamò subito Max. Poche parole e la conversazione si interruppe, dopo una quindicina di minuti il collega era al suo fianco. “ Max, ti presento lo sceicco Omar Shadiff Kadè...” mormorò con voce soddisfatta accennando con il mento scuro verso l'uomo al centro del gruppo che spiccava dagli altri per la kandoura, una tunica bianca ricamata con fregi in oro e sul capo la caratteristica tagia e un gutra, un lungo telo di cotone bianco sostenuto dall’igal, una treccia di filo nero e doppio. Max annuì compiaciuto, poi si incamminarono lentamente cercando di stare dietro al gruppo di arabi senza farsi notare, mischiandosi al fiume umano che affollava la via. Ogni tanto si fermavano per guardarsi attorno con finto interesse soffermandosi a studiare una cartina turistica. Notarono con quanto morboso interesse lo sceicco guardava le giovani donne che gli passavano accanto ed ogni tanto faceva segno a quello che doveva essere il suo segretario, di fotografare quelle che gli interessavano, per poi ordinare ad un paio delle sue guardie di seguirle a distanza. Max e Rashid si guardarono, annuendo con il capo, sincronizzarono gli orologi dandosi un appuntamento poi si separarono; Rashid seguì il gruppo fino a quando esso non si fermò in un ristorantino all'aperto, mentre Max sgattaiolò via cercando di stare dietro ai due scagnozzi dello sceicco. Assicuratosi che i sospettati erano fermi e ne avrebbero avuto per un bel pezzo, Rashid riprese la via del ritorno dirigendosi a passo svelto verso il luogo dell'appuntamento. Dopo circa mezz'ora anche Max si fece vivo ed insieme si arrampicarono sulla scogliera che costeggiava il molo, la percorsero sino alla fine, sotto di loro il mare cristallino infrangeva con calma le sue piccole onde sugli scogli. “ Lo vedi ? “ chiese Rashid lasciando vagare lo sguardo ai grandi battelli che erano ormeggiati in mare poco lontano dall'imbocco del porticciolo di Capri. “ No...” anche Maximilian si affannava a cercare, poi improvvisamente lo vide. “ Là, Rashid...guarda.” lo invitò a guardare nella sua direzione alzando il piccolo binocolo che aveva a tracolla, poi lo passò al collega che osservò a sua volta il natante, dal suo palo esterno sventolava dolcemente una bandiera con strisce orizzontali verde bianca e nera e lateralmente sulla sinistra una striscia verticale rossa. “ Emirati Arabi...” mormorò Rashid con gli occhi incollati al binocolo. “ Stanotte dovremo salire a bordo ” continuò con tono sicuro, “ anche se non ho alcun dubbio che sia la nostra nave, sarà un controllo veloce, solo noi due, di sicuro sarà super sorvegliata.” “ Perfetto...anche se non proprio idea di come faremo..” Mormorò Maximilian distrattattamente ancora intento ad osservare il grande panfilo ancorato al largo di Capri. Rashid fece spallcce “ qualcosa ci verrà in mente ...”. Max si volse poi verso il porto e notò con sorpresa che il gruppo era di ritorno e si stava imbarcando nuovamente sul gommone che li aveva condotti a terra, con il gomito urtò lievemente il collega per far in modo che si voltasse ad osservarli. “ Sono ritornati, hanno fatto presto...” osservò meglio il gruppetto e l'ansia si dipinse sul suo volto. “ Cazzo...mancano ancora quei due scagnozzi che ho seguito ... Dobbiamo avvisare Kurt delle novità.” Rashid annuì, prese dalla tasca dei jeans il palmare e con piccoli scatti immortalò il gommone che scivolava via diretti alla nave con tutti i suoi occupanti ed alla grande imbarcazione, poi spedì il tutto alla sezione criminale di Berlino via mail aggiungendo un messaggio per il capitano Kurt. “ abbiamo il bastardo...finalmente, lo dobbiamo solo incastrare” mormorò Rashid leggendo il messaggio ad alta voce. “ aspettiamo a cantare vittoria,” suggerì Max “ quello è molto furbo, ed è circondato dalla peggior feccia della mala araba.” Max prese nuovamente il binocolo dalle mani del collega per osservare gli uomini che ora erano arrivati al grande yatcht e uno ad uno sbarcavano assistiti dall'equipaggio di bordo. “ Sono agghindati...” mormorò Maximilian studiandoli, notando sotto i dishdasha, abiti tradizionali arabi, mitra e pistole nascoste fra le pieghe delle vesti. “Pensavi che ci avrebbero accolto con i fuochi artificiali?“ scherzò Rashid, “ su, andiamo, tanto da lì non si muove, la scelta non sarà facile, Capri è ricca di belle donne in questo periodo e avrà bisogno di tempo per decidere.” borbottò ironico e con passo deciso si avviò verso il centro di via Cristoforo Colombo alla pensioncina nella quale erano ospitati, Max dette un ultimo sguardo all'imbarcazione pregando che Stefy stesse bene, e fosse realmente a bordo di quella nave, poi seguì il collega che lo aveva distanziato di un bel pò. Il telefono della reception squillò improvvisamente e Lilli che era sovrappensiero sobbalzò, allungò una mano verso la cornetta e rispose, il suo viso annoiato si illuminò. “ Ciao, Gio...come stai? “ mormorò contenta di sentire l'amica, si voltò dando le spalle all'ingresso e cominciò a parlare con lei. Salvio passò di lì e rimase ad osservarla torvo per un pò, quello che aveva visto sabato l'aveva letteralmente distrutto, ed ora era più risoluto che mai nel voler scoprire chi fosse quel tizio con cui lei era stata. Si avvicinò al bancone in silenzio e poggiò i gomiti sul piano in cristallo aspettando che Lilli si girasse. Un ultimo saluto all'amica e la ragazza si girò per posare il telefono, per poco non le venne un colpo, Salvio era lì, fermo come una statua che la fissava stranamente. “ Cosa vuoi ? “ le chiese gelidamente. Il ragazzo alzò le spalle con indifferenza, “ io? Niente, guardavo...” mormorò acido, “ non credo sia vietato...” “ Bhè, ti consiglio di guardare altrove...” bisbigliò soffocando l'ira, “ Altrimenti ? “ la minacciò a bassa voce, “ cosa fai eh? Chiami il tuo amichetto per farmi spaccare la faccia? “ ora la rabbia di Salvio era evidente. “ Smettila, sei patetico, “ gli rispose di rimando, “ non devi impicciarti degli affari miei.” Salvio con uno scatto improvviso del braccio le afferrò il polso e lei soffocando un grido e memore dell'episodio del giorno prima cercò di divincolarsi. “ Lasciami immediatamente...” gli gridò sommessamente per non far accorrere Andrea, o chiunque potesse trovarsi nei paraggi in quel momento, avrebbe potuto benissimo gridare, ma non volle, voleva cavarsela da sola. Gli occhi neri di Salvio brillavano come due carboni ardenti e la tirò a se nonostante li dividesse il bancone. “ Tu....” le disse con la voce arrochita e sottile, “...sei un fatto mio.” Prima di lasciarla avvicinò lentamente il viso all'orecchio della ragazza bisbigliando, “ E nessuno ti porterà via da me, ti ucciderò se ti vedrò ancora con quello.” Lilli restò senza parole basita a quella rivelazione e per la vera natura di quell'uomo, si accarezzò il polso martoriato dopo che lui l'ebbe lasciata, aveva una voglia matta di cavargli gli occhi e si allontanò lentamente dal bordo del bancone per mettere ulteriore distanza fra di loro. Doveva parlare con qualcuno, la situazione stava diventando incontenibile quanto pericolosa, ma aveva una paura folle che Salvio attuasse la sua minaccia. Nascose le mani che le tremavano dietro la schiena mentre osservava il giovane andare via, sospirò sollevata quando lo vide sparire oltre la sala da pranzo. Notò Andrea mentre usciva dalla direzione, voleva chiamarlo per sapere se poteva sostituirlo alla reception, ma la voce le morì in gola ,come al solito fu circondato letteramente dalle ospiti di ogni età della pensione, che appena lo videro lo assalirono con le loro richieste impossibili per lui da soddisfare, pensò al il fratello come un incorregibile dongiovanni. “ Antò...” chiamò allora l'altro ragazzo che lavorava con loro che con un bel sorriso sul faccione rotondo si avvicinò a Lilli. “ Dimmi.” “ Puoi sostituirmi qui? “ gli domandò supplichevole, “ mio fratello al solito è impegnato a scansare le avance delle signore e io devo fare un servizio urgente.” Aveva bisogno d'aria, si sentiva opprimere. Antonio guardò quegli occhi dorati e supplichevoli e cadde come una pera cotta. “ E mi fai sempre fesso! “ mormorò lui sorridendo “ va buò, ma fa 'mbress ca teng che fà! ” le disse scherzoso ma gli piaceva la mansione del vice. “ Ti ringrazio “ cinguettò Lilli e scoccò sulla guancia paffuta del ragazzone un sonoro bacio, “ avvisa tu mio fratello, va bene? “ guardò in direzione di Andrea ancora impegnato con le signore, “ al momento è un pò impicciato.” Arricciò il naso indicando con il mento il folto gruppetto di donnette ciarlanti e in adorazione del bel giovannottone. Antonio seguì con lo sguardo la direzione indicata da Lilli e rise forte divertito. “ E mica è na novita! “ esclamò fra le risate, “ Va...va...l'avviso io..” e prese posto con la sua andatura dondolante e lenta dietro al bancone. Lilli scosse la testa sorridendo e si avviò all'uscita e una volta per strada si diresse verso casa di Giovanna. Salvio passò nuovamente per l'atrio la vide uscire, fessurizzò lo sguardo nero sulla figura della ragazza che si allontanava. Scattò una molla nei suoi pensieri e gettando in terra con rabbia lo straccio che aveva in mano si diresse verso la cucina, uscì dal retro e la seguì a distanza roso dalla gelosia. Seguendo una viuzza stretta Lilli arrivò da Giovanna, la trovò già fuori casa che dava disposizioni alla vicina affinchè badasse alla nonna. “ mi raccomando Giuseppina, “ le stava dicendo, “ la cena per la nonna è già pronta, sta nel microonde gliela devi solo scaldare , e poi ha le pillole sul comodino...ne deve prendere una dopo cena. ” “ EHHH....agg capito...guagliò! Va jesc...nun te preoccupà, mo vec'io...sta l'amica tua là....” e indicò Lilli con un dito. Giovanna si voltò e il suo viso si illuminò, poi si volse nuovamente verso la donna che stava sulla soglia di casa sua, la strinse con affetto per poi darle un bacio sulla guancia. “ Grazie Giusi, “ mormorò con riconoscenza, “ se non ci fossi stata tu mi sarei sentita persa.” La donna ricambiò l'abbraccio della ragazza con i lucciconi agli occhi marroni. “ Marò....nun dicer sti cose, io tagg vist' e nascere....te vogl' assaje bene, si a vita mia...” le rispose con la voce rotta, “ vaje mo...nun te preoccupà pe nonneta...” Giovanna le sorrise ancora, poi si voltò dirigendosi verso l'amica, si abbracciarono e Lilli le poggiò la mano sul braccio e assieme si diressero chiacchierando verso la fine del vicariello. Salvio continuò a seguire da lontano la ragazza, doveva assolutamente levarsi di torno Giovanna, era lei la causa per la quale Lilli era tanto restia, ma come poteva? Si lambiccò il cervello per trovare una soluzione, ma al momento agitato com'era non riusciva a connettere, era ossessionato da lei, e se lui non poteva averla non l'avrebbe avuta nessuno, su questo era fermamente deciso, anche di fare qualsiasi pazzia. Nascosto nell'ombra aspettò poggiato al muro che le ragazze uscissero dal vicolo, parlavano sommessamente mentre si dirigevano lentamente verso la strada principale che le avrebbero condotte in piazza. “ Mi accompagni in farmacia?” chiese improvvisamente Giovanna a Lilli. Lilli sgranò gli occhi dorati,” Ti sei decisa! “ “ Si, non posso vivere con questo dubbio un'altra settimana.” “ Va bene, andiamo. “ le circondò le spalle con il braccio e si avviarono alla farmacia. “ facciamo in fretta che rischiamo anche di trovarla chiusa” . Nessuna delle due si accorse dell'ombra che le seguiva. Max si fermò di colpo e trattenne Rashid per un braccio affiancandolo, da lontano aveva visto Lilli e Giovanna. “ Vieni... voglio presentarti due vecchie amiche ” indicò le ragazze e lo costrinse a seguirlo. “ Ma cosa...No...dai...” Rashid sospirò e si lasciò trasportare rassegnato, “ siamo in servizio... dobbiamo fare rapporto.“ “ E' questione di poco..” Raggiunsero le ragazze in un batter d'occhio. “ Lilli!!” La ragazza si voltò sentendosi chiamare e il cuore le si bloccò nel petto, Giovanna dal canto suo allargò le sue labbra rosa e carnose in un radioso sorriso colpendo lievemente l'amica nel fianco con il gomito. “ Caspita che meraviglia della natura...” mormorò a Lilli sottovoce squadrando ammirata Rashid da capo a piedi mentre si avvicinavano a loro. Lilli zittì l'amica e la spinse leggermente per la spalla. “ Ragazze...” gridò Max verso loro, “ ...aspettate.” Lilli e Giovanna si fermarono e quando gli furono davanti il giovane abbracciò con affetto Giò, e diede a Lilli un tenero bacio sulla guancia poi presentò il collega. Lilli accennò un timido saluto a Rashid che aveva già conosciuto in mattinata, mentre Giovanna gli strinse la mano tenendola nella sua un po' più del dovuto, era molto carina quel giorno con l' abitino rosa dalla stoffa leggera che metteva in risalto le sue graziose forme. Rashid le fece l'occhiolino e lei arrossì vistosamente mentre Lilli soffocò una piccola risata. “ Vi va un gelato ragazze ? “ domandò Max, guardò il collega e rivolse anche a lui la domanda ma in inglese. L'egiziano scosse la testa con un diniego vigoroso tossicchiando per far capire a Max il loro impegno poi vedendo da parte sua nessuna collaborazione cedette e annuì un po' seccato. Tutti e quattro allora si diressero alla gelateria, Salvio, fermo in lontananza restò pietrificato nel vedere la scena, le braccia scese lungo i fianchi fremevano dalla rabbia, la mascella si contrasse e le mani si strinsero convulsamente a pugno facendone sbiancare le nocche, mentre il respiro andò in iperventilazione. Non seppe quanto tempo rimase lì immobile come una statua, mentre le persone passavano indifferenti accanto a lui. Rashid scostò la sedia dal tavolino e con gesto cavalleresco fece cenno a Giovanna di sedere, poi prese posto accanto a lei fissandola di tanto in tanto. Max fece altrettanto con Lilli sedendosi poi al suo fianco. Giovanna si sentì alquanto imbarazzata da quello sguardo magnetico e penetrante, non si era mai sentita così viva, nemmeno con Salvio, così decise di lasciarsi andare e di godersi quel poco di giornata che ancora rimaneva. “ Allora, cosa avete fatto di bello ragazze? “ chiese Maximilian “ e soprattutto tu, Giovanna come stai? “ La ragazza staccò a malincuore gli occhi castani da Rashid per guardare l'amico che non vedeva da dodici anni. “ Bene grazie...e stasera ancora meglio...” arricciò il naso verso Lilli che le sorrideva, sembrava esser ritornata quella di una volta, allegra e solare. “ Davvero? “ le chiese Max ridendo, “ perchè stasera? “ “ Bhè, vedi tu...” mormorò maliziosamente Giò indicando i giovani uomini. Rashid alzò un nero sopracciglio interrogativamente, si sentiva a disagio, non capiva una parola e questo lo infastidiva un pò, Max gli tradusse la frase di Giovanna ed egli scoppiò a ridere seguito a ruota dagli altri. “ Tu...italiano...me? “ chiese rivolto a Giovanna strizzandole l'occhio, la ragazza rise sommessa e imbarazzata mentre Max dette una pacca sulla spalla all'amico. “ certo che non perde tempo il ragazzo...” sussurrò con un sorriso Giò a Lilli mentre annuiva a Rashid con la testa, “ Mi farebbe molto piacere...” rispose lentamente scandendo le parole per fargli capire ciò che diceva. “ Si...piacere...” ripetè lui allungando la mano credendo che lei lo stesse salutando. Giovanna soffocò a stento una risata e allungò anche lei la mano afferrando con delicatezza quella dell'egiziano, era morbida e calda e un brivido a quel contatto le percorse la spina dorsale. Rashid dal canto suo restò rapito dalla bellezza di Giovanna, poi portò alle labbra la sua mano e galantemente gliela baciò. Giovanna arrossì fino alla punta dei capelli e pensando che lui la stesse prendendo in giro cercò di ritirare la mano, ma lui non glielo permise. Lilli e Max osservarono in silenzio la scena divertiti. “ Credo sia nato un amore..” sussurrò Max all'orecchio di Lilli che sorrise lievemente sperando che si avverasse davvero, Giovanna non meritava di finire con uno come Salvio, e quell'uomo le piaceva. “ Lo spero tanto anche io...” bisbigliò lei di rimando, “ Giò ne ha davvero bisogno, si merita un pò di felicità...almeno lei.” mormorò queste ultime parole quasi a se stessa e Max la fissò con i suoi occhi verdi che in quel momento esprimevano tutto ciò che aveva nel cuore e nell'anima. Lilli si perse in quello sguardo e solo un HEMM mormorato forte da parte dell'altra coppietta li fece distogliere. Giovanna e Rashid scoppiarono a ridere e fu il turno di Lilli di arrossire. I giovani si alzarono e pagarono il conto, e continuarono la loro passeggiata serale. Rashid disse poi qualcosa a Max che con un grande sospiro annuì volgendosi nuovamente verso le ragazze. “ Portiamo Rashid ai giardini di Augusto “ propose Giovanna. “Un'altra volta forse “ mormorò Max con tono mesto “ ora dobbiamo andare, il dovere ci aspetta.” Lilli e Giovanna parvero deluse dalla cosa ed insieme presero la via del ritorno, durante il tragitto Max e Rashid si fermarono in un negozietto di artigianato e comprarono alle due ragazze un piccolo pensiero per farsi perdonare. Lilli e Giovanna rimasero senza parole per quel gesto gentile lasciando che, sia Rashid, che Max mettessero al loro collo la catenina d'argento con un pendente a cuoricino con al centro un brillantino. Giovanna credette di morire in quel momento, era totalmente in balìa del suo Rashid, perchè era così che lo considerava e Salvio passò nel dimenticatoio con tutti i suoi problemi, ora di lui non le importava più di nulla, non le importava nemmeno se Rashid provasse o meno quello che provava lei. Lilli dal canto suo accarezzava come in un sogno quel piccolo ciondolo non riuscendo a capire come doveva interpretare quel gesto. I due uomini poi le salutarono e loro si diressero verso la piazzetta voltandosi di tanto in tanto a salutarli con la mano sino a che scomparvero dalla loro vista. Giovanna emise un gran sospiro e sorrise beata alzando lo sguardo sognante verso il cielo che andava tingendosi di rosa e arancio. “ Andiamo, và...” mormorò Lilli prendendola per un braccio facendole affrettare il passo “ altrimenti tua nonna ti darà per dispersa e poi devi fare quella cosa.” Giovanna guardò la bustina della farmacia che aveva in mano e sospirò rumorosamente, aveva fatto tanto per far sparire dalla mente tutta quell'assurda situazione, ed ora ritornava prepotente a galla. “ Hai ragione Lillina...” mormorò mestamente, “ Però non sarebbe bello se potessi avere una storiella con quel dio greco?” Lilli ridacchiò “ Egiziano...” “ Si, quello che è...” scosse l'amica scherzosamente per il braccio “ lo so, lo so, era per il fisico statuario...” mugugnò “ ma l'hai visto? E quel sorriso....” “Lilli chiama Giovanna....” scherzò “ scendi sulla terra! “ “ Sei una guastafeste “ le disse Giò senza cattiveria nella voce “ però hai ragione, figurati se un tipo come quello mi si fila...” “ Ma dai...non fare così, non siamo mica da buttare? “ “ Hei, l'ho visto prima io! “ mormorò Giovanna divertita “ tu hai Max. “ Lilli sorrise mesta, poi il sorriso le si spense e l'amica se ne accorse, le avvolse le spalle con il braccio “ Su, non fare così, so che hai sofferto molto per lui in passato, chi meglio di me può saperlo? Ho raccolto pezzi del tuo cuore dappertutto.” L'amica la guardò con i lucciconi agli occhi dorati e le loro teste si unirono consolandosi a vicenda, Giovanna arrivò davanti casa, la salutò con un bacio sulla guancia ed una carezza affettuosa. Lilli fece altrettanto e allontanandosi da lei le disse “ poi fammi sapere “. 4 Il forte e improvviso rumore dell'ancora che calava in mare fece sussultare Stefy. Le mani, legate dietro la schiena le impedivano qualsiasi movimento, ma una cosa positiva c'era, non si sentiva più stordita, l'effetto del narcotico era passato ma il senso di nausea no, quello era dovuto al fetore insopportabile che c'era in quella stiva, dove era stata rinchiusa assieme ad altre ragazze dalle etnie più svariate. La poca luce che filtrava dalle fessure le diede modo di osservarne la loro bellezza spenta per le condizioni disumane in cui versavano, erano sporche, altre ferite e se si aveva necessità di andare al bagno si era costretti a fare i bisogni per terra, in un angolo come gli animali. Di tanto in tanto i loro carcerieri scendevano e con un idrante spruzzavano un violento getto d'acqua marina e gelida sul pavimento, colpendo a volte anche le donne, che sbattevano contro la paratìa metallica dello scafo facendole perdere i sensi, e a nulla valevano le grida di disperazione e pietà, quelle bestie che avevano sembianze di uomini non battevano ciglio, anzi sembrava si divertissero nel procurare loro una sofferenza che non meritavano. La barca non si muoveva più così tanto, e Stefy sospirò sollevata, per il momento la tortura del rollìo era finita, lasciando il posto ad un lieve dondolìo, lamenti e pianti riempivano la stiva e lei cercava di avvicinarsi ad ognuna per dar loro un pò di consolazione, anche se sapeva che non sarebbe servito a nulla. Lo stomaco le doleva, aveva fame e la gola era riarsa dalla sete. La botola della stiva si aprì e per fortuna il sole era calato, così gli occhi di Stefy non si ferirono quando il fiotto della luce fioca entrò dall' apertura. Scesero due uomini con il capo coperto da uno strano copricapo che aveva già notato al Cairo e parte del loro volto era nascosto dalla gahfia, uno di essi aveva fra le mani un cesto che poi lanciò in terra tra le donne. Come bestie affamate tutte si gettarono sulla cesta e con la bocca cercavano gli avanzi di cibo, aggredendosi e persino mordendosi per conquistarsi un pezzetto di pane. Gli uomini ridevano additando quelle poverette che lottavano sopravvivere pur avendo le mani legate. Stefy li guardò con odio profondo rimanendo accovacciata in un angolo, non voleva abbassarsi a tanto, non era un animale, era un essere umano. Uno dei due si accorse che lei non si cibava e le si avvicinò minacciosamente, le gridò qualcosa in una lingua strana, lei non capì ma lo guardò ugualmente con sfida poi raschiò la sua gola secca cercando di far risalire la poca saliva che aveva e sputò contro l'uomo. Per tutta risposta il suo rapitore la schiaffeggiò tanto forte che finì distesa in terra, Stefy soffocò un grido e chiuse gli occhi per il forte dolore rinchiudendosi in posizione fetale, il silenzio calò nella stiva e le ragazze si fermarono di colpo assistendo alla scena piene di terrore. L'uomo le urlò di nuovo frasi incomprensibili, poi le sferrò un calcio nel ventre, alla giovane donna mancò di colpo il respiro e quasi svenne, boccheggiò alla ricerca d'aria che le bruciò nei polmoni poi cominciò a piangere silenziosamente, l'aguzzino rise con cattiveria volgendo lo sguardo crudele verso le altre ruggendo qualcosa in quella lingua strana additando la ragazza stesa sul pavimento. Le donne erano sgomente e quando l'aguzzino tirò fuori dalla cinta la pistola puntandola verso Stefy che ancora piangeva, urlarono tutte riunendosi in gruppo come per proteggersi l'una con l'altra. Gli uomini risero ancora, parlottando fra loro, poi risalirono nuovamente in coperta, richiusero la botola con un tonfo e tutto ripiombò nella penombra. Le giovani rimasero strette fra loro piangendo senza curarsi di Stefy, che, acciambellata per terra soffriva in silenzio aspettando che passasse un altro giorno, rinchiusa in quell'orrenda prigione aveva perso la cognizione del tempo. Rashid camminava avanti e indietro tenendo il molo di imbarco e sbarco sotto controllo, come gli era stato ordinato, mostrandosi in ansia come se aspettasse qualcuno, e ogni tanto gettava uno sguardo all'orologio e alla cartina che portava nella tasca del jeans, passandosi di tanto in tanto una mano fra i capelli neri e corti poi si appoggiò con fare indolente al muro incrociando le gambe fasciate da jeans scoloriti incrociando le braccia sul petto coperto da una polo di cotone celestina con il colletto alzato che contrastava con la sua carnagione scura. Qualche giovane donna lo fissava ammirata, ed egli ne ricambiava lo sguardo sorridendo mostrando una fila di denti curati e candidi. All'improvviso il viso noto di colui che aspettava fece capolino fra la folla, conosceva di fama lo sceicco appena sceso dal gommone accerchiato da guardie del corpo ben mimetizzate per non dare nell'occhio. Era il maggior trafficante di droga e non solo, dell'Arabia Saudita, ma nessuno mai era riuscito a contestargli quei reati, non si sporcava mai le mani personalmente, come tutti i pezzi grossi aveva i suoi mandanti, ed era assai difficile che si facesse vedere in pubblico. Rashid rimase sorpreso dalla cosa, doveva esserci qualcosa di grosso in ballo, prese il cellulare e voltatosi per non farsi notare chiamò subito Max. Poche parole e la conversazione si interruppe, dopo una quindicina di minuti il collega era al suo fianco. “ Max, ti presento lo sceicco Omar Shadiff Kadè...” mormorò con voce soddisfatta accennando con il mento scuro verso l'uomo al centro del gruppo che spiccava dagli altri per la kandoura, una tunica bianca ricamata con fregi in oro e sul capo la caratteristica tagia e un gutra, un lungo telo di cotone bianco sostenuto dall’igal, una treccia di filo nero e doppio. Max annuì compiaciuto, poi si incamminarono lentamente cercando di stare dietro al gruppo di arabi senza farsi notare, mischiandosi al fiume umano che affollava la via. Ogni tanto si fermavano per guardarsi attorno con finto interesse soffermandosi a studiare una cartina turistica. Notarono con quanto morboso interesse lo sceicco guardava le giovani donne che gli passavano accanto ed ogni tanto faceva segno a quello che doveva essere il suo segretario, di fotografare quelle che gli interessavano, per poi ordinare ad un paio delle sue guardie di seguirle a distanza. Max e Rashid si guardarono, annuendo con il capo, sincronizzarono gli orologi dandosi un appuntamento poi si separarono; Rashid seguì il gruppo fino a quando esso non si fermò in un ristorantino all'aperto, mentre Max sgattaiolò via cercando di stare dietro ai due scagnozzi dello sceicco. Assicuratosi che i sospettati erano fermi e ne avrebbero avuto per un bel pezzo, Rashid riprese la via del ritorno dirigendosi a passo svelto verso il luogo dell'appuntamento. Dopo circa mezz'ora anche Max si fece vivo ed insieme si arrampicarono sulla scogliera che costeggiava il molo, la percorsero sino alla fine, sotto di loro il mare cristallino infrangeva con calma le sue piccole onde sugli scogli. “ Lo vedi ? “ chiese Rashid lasciando vagare lo sguardo ai grandi battelli che erano ormeggiati in mare poco lontano dall'imbocco del porticciolo di Capri. “ No...” anche Maximilian si affannava a cercare, poi improvvisamente lo vide. “ Là, Rashid...guarda.” lo invitò a guardare nella sua direzione alzando il piccolo binocolo che aveva a tracolla, poi lo passò al collega che osservò a sua volta il natante, dal suo palo esterno sventolava dolcemente una bandiera con strisce orizzontali verde bianca e nera e lateralmente sulla sinistra una striscia verticale rossa. “ Emirati Arabi...” mormorò Rashid con gli occhi incollati al binocolo. “ Stanotte dovremo salire a bordo ” continuò con tono sicuro, “ anche se non ho alcun dubbio che sia la nostra nave, sarà un controllo veloce, solo noi due, di sicuro sarà super sorvegliata.” “ Perfetto...anche se non proprio idea di come faremo..” Mormorò Maximilian distrattattamente ancora intento ad osservare il grande panfilo ancorato al largo di Capri. Rashid fece spallcce “ qualcosa ci verrà in mente ...”. Max si volse poi verso il porto e notò con sorpresa che il gruppo era di ritorno e si stava imbarcando nuovamente sul gommone che li aveva condotti a terra, con il gomito urtò lievemente il collega per far in modo che si voltasse ad osservarli. “ Sono ritornati, hanno fatto presto...” osservò meglio il gruppetto e l'ansia si dipinse sul suo volto. “ Cazzo...mancano ancora quei due scagnozzi che ho seguito ... Dobbiamo avvisare Kurt delle novità.” Rashid annuì, prese dalla tasca dei jeans il palmare e con piccoli scatti immortalò il gommone che scivolava via diretti alla nave con tutti i suoi occupanti ed alla grande imbarcazione, poi spedì il tutto alla sezione criminale di Berlino via mail aggiungendo un messaggio per il capitano Kurt. “ abbiamo il bastardo...finalmente, lo dobbiamo solo incastrare” mormorò Rashid leggendo il messaggio ad alta voce. “ aspettiamo a cantare vittoria,” suggerì Max “ quello è molto furbo, ed è circondato dalla peggior feccia della mala araba.” Max prese nuovamente il binocolo dalle mani del collega per osservare gli uomini che ora erano arrivati al grande yatcht e uno ad uno sbarcavano assistiti dall'equipaggio di bordo. “ Sono agghindati...” mormorò Maximilian studiandoli, notando sotto i dishdasha, abiti tradizionali arabi, mitra e pistole nascoste fra le pieghe delle vesti. “Pensavi che ci avrebbero accolto con i fuochi artificiali?“ scherzò Rashid, “ su, andiamo, tanto da lì non si muove, la scelta non sarà facile, Capri è ricca di belle donne in questo periodo e avrà bisogno di tempo per decidere.” borbottò ironico e con passo deciso si avviò verso il centro di via Cristoforo Colombo alla pensioncina nella quale erano ospitati, Max dette un ultimo sguardo all'imbarcazione pregando che Stefy stesse bene, e fosse realmente a bordo di quella nave, poi seguì il collega che lo aveva distanziato di un bel pò. Il telefono della reception squillò improvvisamente e Lilli che era sovrappensiero sobbalzò, allungò una mano verso la cornetta e rispose, il suo viso annoiato si illuminò. “ Ciao, Gio...come stai? “ mormorò contenta di sentire l'amica, si voltò dando le spalle all'ingresso e cominciò a parlare con lei. Salvio passò di lì e rimase ad osservarla torvo per un pò, quello che aveva visto sabato l'aveva letteralmente distrutto, ed ora era più risoluto che mai nel voler scoprire chi fosse quel tizio con cui lei era stata. Si avvicinò al bancone in silenzio e poggiò i gomiti sul piano in cristallo aspettando che Lilli si girasse. Un ultimo saluto all'amica e la ragazza si girò per posare il telefono, per poco non le venne un colpo, Salvio era lì, fermo come una statua che la fissava stranamente. “ Cosa vuoi ? “ le chiese gelidamente. Il ragazzo alzò le spalle con indifferenza, “ io? Niente, guardavo...” mormorò acido, “ non credo sia vietato...” “ Bhè, ti consiglio di guardare altrove...” bisbigliò soffocando l'ira, “ Altrimenti ? “ la minacciò a bassa voce, “ cosa fai eh? Chiami il tuo amichetto per farmi spaccare la faccia? “ ora la rabbia di Salvio era evidente. “ Smettila, sei patetico, “ gli rispose di rimando, “ non devi impicciarti degli affari miei.” Salvio con uno scatto improvviso del braccio le afferrò il polso e lei soffocando un grido e memore dell'episodio del giorno prima cercò di divincolarsi. “ Lasciami immediatamente...” gli gridò sommessamente per non far accorrere Andrea, o chiunque potesse trovarsi nei paraggi in quel momento, avrebbe potuto benissimo gridare, ma non volle, voleva cavarsela da sola. Gli occhi neri di Salvio brillavano come due carboni ardenti e la tirò a se nonostante li dividesse il bancone. “ Tu....” le disse con la voce arrochita e sottile, “...sei un fatto mio.” Prima di lasciarla avvicinò lentamente il viso all'orecchio della ragazza bisbigliando, “ E nessuno ti porterà via da me, ti ucciderò se ti vedrò ancora con quello.” Lilli restò senza parole basita a quella rivelazione e per la vera natura di quell'uomo, si accarezzò il polso martoriato dopo che lui l'ebbe lasciata, aveva una voglia matta di cavargli gli occhi e si allontanò lentamente dal bordo del bancone per mettere ulteriore distanza fra di loro. Doveva parlare con qualcuno, la situazione stava diventando incontenibile quanto pericolosa, ma aveva una paura folle che Salvio attuasse la sua minaccia. Nascose le mani che le tremavano dietro la schiena mentre osservava il giovane andare via, sospirò sollevata quando lo vide sparire oltre la sala da pranzo. Notò Andrea mentre usciva dalla direzione, voleva chiamarlo per sapere se poteva sostituirlo alla reception, ma la voce le morì in gola ,come al solito fu circondato letteramente dalle ospiti di ogni età della pensione, che appena lo videro lo assalirono con le loro richieste impossibili per lui da soddisfare, pensò al il fratello come un incorregibile dongiovanni. “ Antò...” chiamò allora l'altro ragazzo che lavorava con loro che con un bel sorriso sul faccione rotondo si avvicinò a Lilli. “ Dimmi.” “ Puoi sostituirmi qui? “ gli domandò supplichevole, “ mio fratello al solito è impegnato a scansare le avance delle signore e io devo fare un servizio urgente.” Aveva bisogno d'aria, si sentiva opprimere. Antonio guardò quegli occhi dorati e supplichevoli e cadde come una pera cotta. “ E mi fai sempre fesso! “ mormorò lui sorridendo “ va buò, ma fa 'mbress ca teng che fà! ” le disse scherzoso ma gli piaceva la mansione del vice. “ Ti ringrazio “ cinguettò Lilli e scoccò sulla guancia paffuta del ragazzone un sonoro bacio, “ avvisa tu mio fratello, va bene? “ guardò in direzione di Andrea ancora impegnato con le signore, “ al momento è un pò impicciato.” Arricciò il naso indicando con il mento il folto gruppetto di donnette ciarlanti e in adorazione del bel giovannottone. Antonio seguì con lo sguardo la direzione indicata da Lilli e rise forte divertito. “ E mica è na novita! “ esclamò fra le risate, “ Va...va...l'avviso io..” e prese posto con la sua andatura dondolante e lenta dietro al bancone. Lilli scosse la testa sorridendo e si avviò all'uscita e una volta per strada si diresse verso casa di Giovanna. Salvio passò nuovamente per l'atrio la vide uscire, fessurizzò lo sguardo nero sulla figura della ragazza che si allontanava. Scattò una molla nei suoi pensieri e gettando in terra con rabbia lo straccio che aveva in mano si diresse verso la cucina, uscì dal retro e la seguì a distanza roso dalla gelosia. Seguendo una viuzza stretta Lilli arrivò da Giovanna, la trovò già fuori casa che dava disposizioni alla vicina affinchè badasse alla nonna. “ mi raccomando Giuseppina, “ le stava dicendo, “ la cena per la nonna è già pronta, sta nel microonde gliela devi solo scaldare , e poi ha le pillole sul comodino...ne deve prendere una dopo cena. ” “ EHHH....agg capito...guagliò! Va jesc...nun te preoccupà, mo vec'io...sta l'amica tua là....” e indicò Lilli con un dito. Giovanna si voltò e il suo viso si illuminò, poi si volse nuovamente verso la donna che stava sulla soglia di casa sua, la strinse con affetto per poi darle un bacio sulla guancia. “ Grazie Giusi, “ mormorò con riconoscenza, “ se non ci fossi stata tu mi sarei sentita persa.” La donna ricambiò l'abbraccio della ragazza con i lucciconi agli occhi marroni. “ Marò....nun dicer sti cose, io tagg vist' e nascere....te vogl' assaje bene, si a vita mia...” le rispose con la voce rotta, “ vaje mo...nun te preoccupà pe nonneta...” Giovanna le sorrise ancora, poi si voltò dirigendosi verso l'amica, si abbracciarono e Lilli le poggiò la mano sul braccio e assieme si diressero chiacchierando verso la fine del vicariello. Salvio continuò a seguire da lontano la ragazza, doveva assolutamente levarsi di torno Giovanna, era lei la causa per la quale Lilli era tanto restia, ma come poteva? Si lambiccò il cervello per trovare una soluzione, ma al momento agitato com'era non riusciva a connettere, era ossessionato da lei, e se lui non poteva averla non l'avrebbe avuta nessuno, su questo era fermamente deciso, anche di fare qualsiasi pazzia. Nascosto nell'ombra aspettò poggiato al muro che le ragazze uscissero dal vicolo, parlavano sommessamente mentre si dirigevano lentamente verso la strada principale che le avrebbero condotte in piazza. “ Mi accompagni in farmacia?” chiese improvvisamente Giovanna a Lilli. Lilli sgranò gli occhi dorati,” Ti sei decisa! “ “ Si, non posso vivere con questo dubbio un'altra settimana.” “ Va bene, andiamo. “ le circondò le spalle con il braccio e si avviarono alla farmacia. “ facciamo in fretta che rischiamo anche di trovarla chiusa” . Nessuna delle due si accorse dell'ombra che le seguiva. Max si fermò di colpo e trattenne Rashid per un braccio affiancandolo, da lontano aveva visto Lilli e Giovanna. “ Vieni... voglio presentarti due vecchie amiche ” indicò le ragazze e lo costrinse a seguirlo. “ Ma cosa...No...dai...” Rashid sospirò e si lasciò trasportare rassegnato, “ siamo in servizio... dobbiamo fare rapporto.“ “ E' questione di poco..” Raggiunsero le ragazze in un batter d'occhio. “ Lilli!!” La ragazza si voltò sentendosi chiamare e il cuore le si bloccò nel petto, Giovanna dal canto suo allargò le sue labbra rosa e carnose in un radioso sorriso colpendo lievemente l'amica nel fianco con il gomito. “ Caspita che meraviglia della natura...” mormorò a Lilli sottovoce squadrando ammirata Rashid da capo a piedi mentre si avvicinavano a loro. Lilli zittì l'amica e la spinse leggermente per la spalla. “ Ragazze...” gridò Max verso loro, “ ...aspettate.” Lilli e Giovanna si fermarono e quando gli furono davanti il giovane abbracciò con affetto Giò, e diede a Lilli un tenero bacio sulla guancia poi presentò il collega. Lilli accennò un timido saluto a Rashid che aveva già conosciuto in mattinata, mentre Giovanna gli strinse la mano tenendola nella sua un po' più del dovuto, era molto carina quel giorno con l' abitino rosa dalla stoffa leggera che metteva in risalto le sue graziose forme. Rashid le fece l'occhiolino e lei arrossì vistosamente mentre Lilli soffocò una piccola risata. “ Vi va un gelato ragazze ? “ domandò Max, guardò il collega e rivolse anche a lui la domanda ma in inglese. L'egiziano scosse la testa con un diniego vigoroso tossicchiando per far capire a Max il loro impegno poi vedendo da parte sua nessuna collaborazione cedette e annuì un po' seccato. Tutti e quattro allora si diressero alla gelateria, Salvio, fermo in lontananza restò pietrificato nel vedere la scena, le braccia scese lungo i fianchi fremevano dalla rabbia, la mascella si contrasse e le mani si strinsero convulsamente a pugno facendone sbiancare le nocche, mentre il respiro andò in iperventilazione. Non seppe quanto tempo rimase lì immobile come una statua, mentre le persone passavano indifferenti accanto a lui. Rashid scostò la sedia dal tavolino e con gesto cavalleresco fece cenno a Giovanna di sedere, poi prese posto accanto a lei fissandola di tanto in tanto. Max fece altrettanto con Lilli sedendosi poi al suo fianco. Giovanna si sentì alquanto imbarazzata da quello sguardo magnetico e penetrante, non si era mai sentita così viva, nemmeno con Salvio, così decise di lasciarsi andare e di godersi quel poco di giornata che ancora rimaneva. “ Allora, cosa avete fatto di bello ragazze? “ chiese Maximilian “ e soprattutto tu, Giovanna come stai? “ La ragazza staccò a malincuore gli occhi castani da Rashid per guardare l'amico che non vedeva da dodici anni. “ Bene grazie...e stasera ancora meglio...” arricciò il naso verso Lilli che le sorrideva, sembrava esser ritornata quella di una volta, allegra e solare. “ Davvero? “ le chiese Max ridendo, “ perchè stasera? “ “ Bhè, vedi tu...” mormorò maliziosamente Giò indicando i giovani uomini. Rashid alzò un nero sopracciglio interrogativamente, si sentiva a disagio, non capiva una parola e questo lo infastidiva un pò, Max gli tradusse la frase di Giovanna ed egli scoppiò a ridere seguito a ruota dagli altri. “ Tu...italiano...me? “ chiese rivolto a Giovanna strizzandole l'occhio, la ragazza rise sommessa e imbarazzata mentre Max dette una pacca sulla spalla all'amico. “ certo che non perde tempo il ragazzo...” sussurrò con un sorriso Giò a Lilli mentre annuiva a Rashid con la testa, “ Mi farebbe molto piacere...” rispose lentamente scandendo le parole per fargli capire ciò che diceva. “ Si...piacere...” ripetè lui allungando la mano credendo che lei lo stesse salutando. Giovanna soffocò a stento una risata e allungò anche lei la mano afferrando con delicatezza quella dell'egiziano, era morbida e calda e un brivido a quel contatto le percorse la spina dorsale. Rashid dal canto suo restò rapito dalla bellezza di Giovanna, poi portò alle labbra la sua mano e galantemente gliela baciò. Giovanna arrossì fino alla punta dei capelli e pensando che lui la stesse prendendo in giro cercò di ritirare la mano, ma lui non glielo permise. Lilli e Max osservarono in silenzio la scena divertiti. “ Credo sia nato un amore..” sussurrò Max all'orecchio di Lilli che sorrise lievemente sperando che si avverasse davvero, Giovanna non meritava di finire con uno come Salvio, e quell'uomo le piaceva. “ Lo spero tanto anche io...” bisbigliò lei di rimando, “ Giò ne ha davvero bisogno, si merita un pò di felicità...almeno lei.” mormorò queste ultime parole quasi a se stessa e Max la fissò con i suoi occhi verdi che in quel momento esprimevano tutto ciò che aveva nel cuore e nell'anima. Lilli si perse in quello sguardo e solo un HEMM mormorato forte da parte dell'altra coppietta li fece distogliere. Giovanna e Rashid scoppiarono a ridere e fu il turno di Lilli di arrossire. I giovani si alzarono e pagarono il conto, e continuarono la loro passeggiata serale. Rashid disse poi qualcosa a Max che con un grande sospiro annuì volgendosi nuovamente verso le ragazze. “ Portiamo Rashid ai giardini di Augusto “ propose Giovanna. “Un'altra volta forse “ mormorò Max con tono mesto “ ora dobbiamo andare, il dovere ci aspetta.” Lilli e Giovanna parvero deluse dalla cosa ed insieme presero la via del ritorno, durante il tragitto Max e Rashid si fermarono in un negozietto di artigianato e comprarono alle due ragazze un piccolo pensiero per farsi perdonare. Lilli e Giovanna rimasero senza parole per quel gesto gentile lasciando che, sia Rashid, che Max mettessero al loro collo la catenina d'argento con un pendente a cuoricino con al centro un brillantino. Giovanna credette di morire in quel momento, era totalmente in balìa del suo Rashid, perchè era così che lo considerava e Salvio passò nel dimenticatoio con tutti i suoi problemi, ora di lui non le importava più di nulla, non le importava nemmeno se Rashid provasse o meno quello che provava lei. Lilli dal canto suo accarezzava come in un sogno quel piccolo ciondolo non riuscendo a capire come doveva interpretare quel gesto. I due uomini poi le salutarono e loro si diressero verso la piazzetta voltandosi di tanto in tanto a salutarli con la mano sino a che scomparvero dalla loro vista. Giovanna emise un gran sospiro e sorrise beata alzando lo sguardo sognante verso il cielo che andava tingendosi di rosa e arancio. “ Andiamo, và...” mormorò Lilli prendendola per un braccio facendole affrettare il passo “ altrimenti tua nonna ti darà per dispersa e poi devi fare quella cosa.” Giovanna guardò la bustina della farmacia che aveva in mano e sospirò rumorosamente, aveva fatto tanto per far sparire dalla mente tutta quell'assurda situazione, ed ora ritornava prepotente a galla. “ Hai ragione Lillina...” mormorò mestamente, “ Però non sarebbe bello se potessi avere una storiella con quel dio greco?” Lilli ridacchiò “ Egiziano...” “ Si, quello che è...” scosse l'amica scherzosamente per il braccio “ lo so, lo so, era per il fisico statuario...” mugugnò “ ma l'hai visto? E quel sorriso....” “Lilli chiama Giovanna....” scherzò “ scendi sulla terra! “ “ Sei una guastafeste “ le disse Giò senza cattiveria nella voce “ però hai ragione, figurati se un tipo come quello mi si fila...” “ Ma dai...non fare così, non siamo mica da buttare? “ “ Hei, l'ho visto prima io! “ mormorò Giovanna divertita “ tu hai Max. “ Lilli sorrise mesta, poi il sorriso le si spense e l'amica se ne accorse, le avvolse le spalle con il braccio “ Su, non fare così, so che hai sofferto molto per lui in passato, chi meglio di me può saperlo? Ho raccolto pezzi del tuo cuore dappertutto.” L'amica la guardò con i lucciconi agli occhi dorati e le loro teste si unirono consolandosi a vicenda, Giovanna arrivò davanti casa, la salutò con un bacio sulla guancia ed una carezza affettuosa. Lilli fece altrettanto e allontanandosi da lei le disse “ poi fammi sapere “. 4 Il forte e improvviso rumore dell'ancora che calava in mare fece sussultare Stefy. Le mani, legate dietro la schiena le impedivano qualsiasi movimento, ma una cosa positiva c'era, non si sentiva più stordita, l'effetto del narcotico era passato ma il senso di nausea no, quello era dovuto al fetore insopportabile che c'era in quella stiva, dove era stata rinchiusa assieme ad altre ragazze dalle etnie più svariate. La poca luce che filtrava dalle fessure le diede modo di osservarne la loro bellezza spenta per le condizioni disumane in cui versavano, erano sporche, altre ferite e se si aveva necessità di andare al bagno si era costretti a fare i bisogni per terra, in un angolo come gli animali. Di tanto in tanto i loro carcerieri scendevano e con un idrante spruzzavano un violento getto d'acqua marina e gelida sul pavimento, colpendo a volte anche le donne, che sbattevano contro la paratìa metallica dello scafo facendole perdere i sensi, e a nulla valevano le grida di disperazione e pietà, quelle bestie che avevano sembianze di uomini non battevano ciglio, anzi sembrava si divertissero nel procurare loro una sofferenza che non meritavano. La barca non si muoveva più così tanto, e Stefy sospirò sollevata, per il momento la tortura del rollìo era finita, lasciando il posto ad un lieve dondolìo, lamenti e pianti riempivano la stiva e lei cercava di avvicinarsi ad ognuna per dar loro un pò di consolazione, anche se sapeva che non sarebbe servito a nulla. Lo stomaco le doleva, aveva fame e la gola era riarsa dalla sete. La botola della stiva si aprì e per fortuna il sole era calato, così gli occhi di Stefy non si ferirono quando il fiotto della luce fioca entrò dall' apertura. Scesero due uomini con il capo coperto da uno strano copricapo che aveva già notato al Cairo e parte del loro volto era nascosto dalla gahfia, uno di essi aveva fra le mani un cesto che poi lanciò in terra tra le donne. Come bestie affamate tutte si gettarono sulla cesta e con la bocca cercavano gli avanzi di cibo, aggredendosi e persino mordendosi per conquistarsi un pezzetto di pane. Gli uomini ridevano additando quelle poverette che lottavano sopravvivere pur avendo le mani legate. Stefy li guardò con odio profondo rimanendo accovacciata in un angolo, non voleva abbassarsi a tanto, non era un animale, era un essere umano. Uno dei due si accorse che lei non si cibava e le si avvicinò minacciosamente, le gridò qualcosa in una lingua strana, lei non capì ma lo guardò ugualmente con sfida poi raschiò la sua gola secca cercando di far risalire la poca saliva che aveva e sputò contro l'uomo. Per tutta risposta il suo rapitore la schiaffeggiò tanto forte che finì distesa in terra, Stefy soffocò un grido e chiuse gli occhi per il forte dolore rinchiudendosi in posizione fetale, il silenzio calò nella stiva e le ragazze si fermarono di colpo assistendo alla scena piene di terrore. L'uomo le urlò di nuovo frasi incomprensibili, poi le sferrò un calcio nel ventre, alla giovane donna mancò di colpo il respiro e quasi svenne, boccheggiò alla ricerca d'aria che le bruciò nei polmoni poi cominciò a piangere silenziosamente, l'aguzzino rise con cattiveria volgendo lo sguardo crudele verso le altre ruggendo qualcosa in quella lingua strana additando la ragazza stesa sul pavimento. Le donne erano sgomente e quando l'aguzzino tirò fuori dalla cinta la pistola puntandola verso Stefy che ancora piangeva, urlarono tutte riunendosi in gruppo come per proteggersi l'una con l'altra. Gli uomini risero ancora, parlottando fra loro, poi risalirono nuovamente in coperta, richiusero la botola con un tonfo e tutto ripiombò nella penombra. Le giovani rimasero strette fra loro piangendo senza curarsi di Stefy, che, acciambellata per terra soffriva in silenzio aspettando che passasse un altro giorno, rinchiusa in quell'orrenda prigione aveva perso la cognizione del tempo. Rashid camminava avanti e indietro tenendo il molo di imbarco e sbarco sotto controllo, come gli era stato ordinato, mostrandosi in ansia come se aspettasse qualcuno, e ogni tanto gettava uno sguardo all'orologio e alla cartina che portava nella tasca del jeans, passandosi di tanto in tanto una mano fra i capelli neri e corti poi si appoggiò con fare indolente al muro incrociando le gambe fasciate da jeans scoloriti incrociando le braccia sul petto coperto da una polo di cotone celestina con il colletto alzato che contrastava con la sua carnagione scura. Qualche giovane donna lo fissava ammirata, ed egli ne ricambiava lo sguardo sorridendo mostrando una fila di denti curati e candidi. All'improvviso il viso noto di colui che aspettava fece capolino fra la folla, conosceva di fama lo sceicco appena sceso dal gommone accerchiato da guardie del corpo ben mimetizzate per non dare nell'occhio. Era il maggior trafficante di droga e non solo, dell'Arabia Saudita, ma nessuno mai era riuscito a contestargli quei reati, non si sporcava mai le mani personalmente, come tutti i pezzi grossi aveva i suoi mandanti, ed era assai difficile che si facesse vedere in pubblico. Rashid rimase sorpreso dalla cosa, doveva esserci qualcosa di grosso in ballo, prese il cellulare e voltatosi per non farsi notare chiamò subito Max. Poche parole e la conversazione si interruppe, dopo una quindicina di minuti il collega era al suo fianco. “ Max, ti presento lo sceicco Omar Shadiff Kadè...” mormorò con voce soddisfatta accennando con il mento scuro verso l'uomo al centro del gruppo che spiccava dagli altri per la kandoura, una tunica bianca ricamata con fregi in oro e sul capo la caratteristica tagia e un gutra, un lungo telo di cotone bianco sostenuto dall’igal, una treccia di filo nero e doppio. Max annuì compiaciuto, poi si incamminarono lentamente cercando di stare dietro al gruppo di arabi senza farsi notare, mischiandosi al fiume umano che affollava la via. Ogni tanto si fermavano per guardarsi attorno con finto interesse soffermandosi a studiare una cartina turistica. Notarono con quanto morboso interesse lo sceicco guardava le giovani donne che gli passavano accanto ed ogni tanto faceva segno a quello che doveva essere il suo segretario, di fotografare quelle che gli interessavano, per poi ordinare ad un paio delle sue guardie di seguirle a distanza. Max e Rashid si guardarono, annuendo con il capo, sincronizzarono gli orologi dandosi un appuntamento poi si separarono; Rashid seguì il gruppo fino a quando esso non si fermò in un ristorantino all'aperto, mentre Max sgattaiolò via cercando di stare dietro ai due scagnozzi dello sceicco. Assicuratosi che i sospettati erano fermi e ne avrebbero avuto per un bel pezzo, Rashid riprese la via del ritorno dirigendosi a passo svelto verso il luogo dell'appuntamento. Dopo circa mezz'ora anche Max si fece vivo ed insieme si arrampicarono sulla scogliera che costeggiava il molo, la percorsero sino alla fine, sotto di loro il mare cristallino infrangeva con calma le sue piccole onde sugli scogli. “ Lo vedi ? “ chiese Rashid lasciando vagare lo sguardo ai grandi battelli che erano ormeggiati in mare poco lontano dall'imbocco del porticciolo di Capri. “ No...” anche Maximilian si affannava a cercare, poi improvvisamente lo vide. “ Là, Rashid...guarda.” lo invitò a guardare nella sua direzione alzando il piccolo binocolo che aveva a tracolla, poi lo passò al collega che osservò a sua volta il natante, dal suo palo esterno sventolava dolcemente una bandiera con strisce orizzontali verde bianca e nera e lateralmente sulla sinistra una striscia verticale rossa. “ Emirati Arabi...” mormorò Rashid con gli occhi incollati al binocolo. “ Stanotte dovremo salire a bordo ” continuò con tono sicuro, “ anche se non ho alcun dubbio che sia la nostra nave, sarà un controllo veloce, solo noi due, di sicuro sarà super sorvegliata.” “ Perfetto...anche se non proprio idea di come faremo..” Mormorò Maximilian distrattattamente ancora intento ad osservare il grande panfilo ancorato al largo di Capri. Rashid fece spallcce “ qualcosa ci verrà in mente ...”. Max si volse poi verso il porto e notò con sorpresa che il gruppo era di ritorno e si stava imbarcando nuovamente sul gommone che li aveva condotti a terra, con il gomito urtò lievemente il collega per far in modo che si voltasse ad osservarli. “ Sono ritornati, hanno fatto presto...” osservò meglio il gruppetto e l'ansia si dipinse sul suo volto. “ Cazzo...mancano ancora quei due scagnozzi che ho seguito ... Dobbiamo avvisare Kurt delle novità.” Rashid annuì, prese dalla tasca dei jeans il palmare e con piccoli scatti immortalò il gommone che scivolava via diretti alla nave con tutti i suoi occupanti ed alla grande imbarcazione, poi spedì il tutto alla sezione criminale di Berlino via mail aggiungendo un messaggio per il capitano Kurt. “ abbiamo il bastardo...finalmente, lo dobbiamo solo incastrare” mormorò Rashid leggendo il messaggio ad alta voce. “ aspettiamo a cantare vittoria,” suggerì Max “ quello è molto furbo, ed è circondato dalla peggior feccia della mala araba.” Max prese nuovamente il binocolo dalle mani del collega per osservare gli uomini che ora erano arrivati al grande yatcht e uno ad uno sbarcavano assistiti dall'equipaggio di bordo. “ Sono agghindati...” mormorò Maximilian studiandoli, notando sotto i dishdasha, abiti tradizionali arabi, mitra e pistole nascoste fra le pieghe delle vesti. “Pensavi che ci avrebbero accolto con i fuochi artificiali?“ scherzò Rashid, “ su, andiamo, tanto da lì non si muove, la scelta non sarà facile, Capri è ricca di belle donne in questo periodo e avrà bisogno di tempo per decidere.” borbottò ironico e con passo deciso si avviò verso il centro di via Cristoforo Colombo alla pensioncina nella quale erano ospitati, Max dette un ultimo sguardo all'imbarcazione pregando che Stefy stesse bene, e fosse realmente a bordo di quella nave, poi seguì il collega che lo aveva distanziato di un bel pò. Il telefono della reception squillò improvvisamente e Lilli che era sovrappensiero sobbalzò, allungò una mano verso la cornetta e rispose, il suo viso annoiato si illuminò. “ Ciao, Gio...come stai? “ mormorò contenta di sentire l'amica, si voltò dando le spalle all'ingresso e cominciò a parlare con lei. Salvio passò di lì e rimase ad osservarla torvo per un pò, quello che aveva visto sabato l'aveva letteralmente distrutto, ed ora era più risoluto che mai nel voler scoprire chi fosse quel tizio con cui lei era stata. Si avvicinò al bancone in silenzio e poggiò i gomiti sul piano in cristallo aspettando che Lilli si girasse. Un ultimo saluto all'amica e la ragazza si girò per posare il telefono, per poco non le venne un colpo, Salvio era lì, fermo come una statua che la fissava stranamente. “ Cosa vuoi ? “ le chiese gelidamente. Il ragazzo alzò le spalle con indifferenza, “ io? Niente, guardavo...” mormorò acido, “ non credo sia vietato...” “ Bhè, ti consiglio di guardare altrove...” bisbigliò soffocando l'ira, “ Altrimenti ? “ la minacciò a bassa voce, “ cosa fai eh? Chiami il tuo amichetto per farmi spaccare la faccia? “ ora la rabbia di Salvio era evidente. “ Smettila, sei patetico, “ gli rispose di rimando, “ non devi impicciarti degli affari miei.” Salvio con uno scatto improvviso del braccio le afferrò il polso e lei soffocando un grido e memore dell'episodio del giorno prima cercò di divincolarsi. “ Lasciami immediatamente...” gli gridò sommessamente per non far accorrere Andrea, o chiunque potesse trovarsi nei paraggi in quel momento, avrebbe potuto benissimo gridare, ma non volle, voleva cavarsela da sola. Gli occhi neri di Salvio brillavano come due carboni ardenti e la tirò a se nonostante li dividesse il bancone. “ Tu....” le disse con la voce arrochita e sottile, “...sei un fatto mio.” Prima di lasciarla avvicinò lentamente il viso all'orecchio della ragazza bisbigliando, “ E nessuno ti porterà via da me, ti ucciderò se ti vedrò ancora con quello.” Lilli restò senza parole basita a quella rivelazione e per la vera natura di quell'uomo, si accarezzò il polso martoriato dopo che lui l'ebbe lasciata, aveva una voglia matta di cavargli gli occhi e si allontanò lentamente dal bordo del bancone per mettere ulteriore distanza fra di loro. Doveva parlare con qualcuno, la situazione stava diventando incontenibile quanto pericolosa, ma aveva una paura folle che Salvio attuasse la sua minaccia. Nascose le mani che le tremavano dietro la schiena mentre osservava il giovane andare via, sospirò sollevata quando lo vide sparire oltre la sala da pranzo. Notò Andrea mentre usciva dalla direzione, voleva chiamarlo per sapere se poteva sostituirlo alla reception, ma la voce le morì in gola ,come al solito fu circondato letteramente dalle ospiti di ogni età della pensione, che appena lo videro lo assalirono con le loro richieste impossibili per lui da soddisfare, pensò al il fratello come un incorregibile dongiovanni. “ Antò...” chiamò allora l'altro ragazzo che lavorava con loro che con un bel sorriso sul faccione rotondo si avvicinò a Lilli. “ Dimmi.” “ Puoi sostituirmi qui? “ gli domandò supplichevole, “ mio fratello al solito è impegnato a scansare le avance delle signore e io devo fare un servizio urgente.” Aveva bisogno d'aria, si sentiva opprimere. Antonio guardò quegli occhi dorati e supplichevoli e cadde come una pera cotta. “ E mi fai sempre fesso! “ mormorò lui sorridendo “ va buò, ma fa 'mbress ca teng che fà! ” le disse scherzoso ma gli piaceva la mansione del vice. “ Ti ringrazio “ cinguettò Lilli e scoccò sulla guancia paffuta del ragazzone un sonoro bacio, “ avvisa tu mio fratello, va bene? “ guardò in direzione di Andrea ancora impegnato con le signore, “ al momento è un pò impicciato.” Arricciò il naso indicando con il mento il folto gruppetto di donnette ciarlanti e in adorazione del bel giovannottone. Antonio seguì con lo sguardo la direzione indicata da Lilli e rise forte divertito. “ E mica è na novita! “ esclamò fra le risate, “ Va...va...l'avviso io..” e prese posto con la sua andatura dondolante e lenta dietro al bancone. Lilli scosse la testa sorridendo e si avviò all'uscita e una volta per strada si diresse verso casa di Giovanna. Salvio passò nuovamente per l'atrio la vide uscire, fessurizzò lo sguardo nero sulla figura della ragazza che si allontanava. Scattò una molla nei suoi pensieri e gettando in terra con rabbia lo straccio che aveva in mano si diresse verso la cucina, uscì dal retro e la seguì a distanza roso dalla gelosia. Seguendo una viuzza stretta Lilli arrivò da Giovanna, la trovò già fuori casa che dava disposizioni alla vicina affinchè badasse alla nonna. “ mi raccomando Giuseppina, “ le stava dicendo, “ la cena per la nonna è già pronta, sta nel microonde gliela devi solo scaldare , e poi ha le pillole sul comodino...ne deve prendere una dopo cena. ” “ EHHH....agg capito...guagliò! Va jesc...nun te preoccupà, mo vec'io...sta l'amica tua là....” e indicò Lilli con un dito. Giovanna si voltò e il suo viso si illuminò, poi si volse nuovamente verso la donna che stava sulla soglia di casa sua, la strinse con affetto per poi darle un bacio sulla guancia. “ Grazie Giusi, “ mormorò con riconoscenza, “ se non ci fossi stata tu mi sarei sentita persa.” La donna ricambiò l'abbraccio della ragazza con i lucciconi agli occhi marroni. “ Marò....nun dicer sti cose, io tagg vist' e nascere....te vogl' assaje bene, si a vita mia...” le rispose con la voce rotta, “ vaje mo...nun te preoccupà pe nonneta...” Giovanna le sorrise ancora, poi si voltò dirigendosi verso l'amica, si abbracciarono e Lilli le poggiò la mano sul braccio e assieme si diressero chiacchierando verso la fine del vicariello. Salvio continuò a seguire da lontano la ragazza, doveva assolutamente levarsi di torno Giovanna, era lei la causa per la quale Lilli era tanto restia, ma come poteva? Si lambiccò il cervello per trovare una soluzione, ma al momento agitato com'era non riusciva a connettere, era ossessionato da lei, e se lui non poteva averla non l'avrebbe avuta nessuno, su questo era fermamente deciso, anche di fare qualsiasi pazzia. Nascosto nell'ombra aspettò poggiato al muro che le ragazze uscissero dal vicolo, parlavano sommessamente mentre si dirigevano lentamente verso la strada principale che le avrebbero condotte in piazza. “ Mi accompagni in farmacia?” chiese improvvisamente Giovanna a Lilli. Lilli sgranò gli occhi dorati,” Ti sei decisa! “ “ Si, non posso vivere con questo dubbio un'altra settimana.” “ Va bene, andiamo. “ le circondò le spalle con il braccio e si avviarono alla farmacia. “ facciamo in fretta che rischiamo anche di trovarla chiusa” . Nessuna delle due si accorse dell'ombra che le seguiva. Max si fermò di colpo e trattenne Rashid per un braccio affiancandolo, da lontano aveva visto Lilli e Giovanna. “ Vieni... voglio presentarti due vecchie amiche ” indicò le ragazze e lo costrinse a seguirlo. “ Ma cosa...No...dai...” Rashid sospirò e si lasciò trasportare rassegnato, “ siamo in servizio... dobbiamo fare rapporto.“ “ E' questione di poco..” Raggiunsero le ragazze in un batter d'occhio. “ Lilli!!” La ragazza si voltò sentendosi chiamare e il cuore le si bloccò nel petto, Giovanna dal canto suo allargò le sue labbra rosa e carnose in un radioso sorriso colpendo lievemente l'amica nel fianco con il gomito. “ Caspita che meraviglia della natura...” mormorò a Lilli sottovoce squadrando ammirata Rashid da capo a piedi mentre si avvicinavano a loro. Lilli zittì l'amica e la spinse leggermente per la spalla. “ Ragazze...” gridò Max verso loro, “ ...aspettate.” Lilli e Giovanna si fermarono e quando gli furono davanti il giovane abbracciò con affetto Giò, e diede a Lilli un tenero bacio sulla guancia poi presentò il collega. Lilli accennò un timido saluto a Rashid che aveva già conosciuto in mattinata, mentre Giovanna gli strinse la mano tenendola nella sua un po' più del dovuto, era molto carina quel giorno con l' abitino rosa dalla stoffa leggera che metteva in risalto le sue graziose forme. Rashid le fece l'occhiolino e lei arrossì vistosamente mentre Lilli soffocò una piccola risata. “ Vi va un gelato ragazze ? “ domandò Max, guardò il collega e rivolse anche a lui la domanda ma in inglese. L'egiziano scosse la testa con un diniego vigoroso tossicchiando per far capire a Max il loro impegno poi vedendo da parte sua nessuna collaborazione cedette e annuì un po' seccato. Tutti e quattro allora si diressero alla gelateria, Salvio, fermo in lontananza restò pietrificato nel vedere la scena, le braccia scese lungo i fianchi fremevano dalla rabbia, la mascella si contrasse e le mani si strinsero convulsamente a pugno facendone sbiancare le nocche, mentre il respiro andò in iperventilazione. Non seppe quanto tempo rimase lì immobile come una statua, mentre le persone passavano indifferenti accanto a lui. Rashid scostò la sedia dal tavolino e con gesto cavalleresco fece cenno a Giovanna di sedere, poi prese posto accanto a lei fissandola di tanto in tanto. Max fece altrettanto con Lilli sedendosi poi al suo fianco. Giovanna si sentì alquanto imbarazzata da quello sguardo magnetico e penetrante, non si era mai sentita così viva, nemmeno con Salvio, così decise di lasciarsi andare e di godersi quel poco di giornata che ancora rimaneva. “ Allora, cosa avete fatto di bello ragazze? “ chiese Maximilian “ e soprattutto tu, Giovanna come stai? “ La ragazza staccò a malincuore gli occhi castani da Rashid per guardare l'amico che non vedeva da dodici anni. “ Bene grazie...e stasera ancora meglio...” arricciò il naso verso Lilli che le sorrideva, sembrava esser ritornata quella di una volta, allegra e solare. “ Davvero? “ le chiese Max ridendo, “ perchè stasera? “ “ Bhè, vedi tu...” mormorò maliziosamente Giò indicando i giovani uomini. Rashid alzò un nero sopracciglio interrogativamente, si sentiva a disagio, non capiva una parola e questo lo infastidiva un pò, Max gli tradusse la frase di Giovanna ed egli scoppiò a ridere seguito a ruota dagli altri. “ Tu...italiano...me? “ chiese rivolto a Giovanna strizzandole l'occhio, la ragazza rise sommessa e imbarazzata mentre Max dette una pacca sulla spalla all'amico. “ certo che non perde tempo il ragazzo...” sussurrò con un sorriso Giò a Lilli mentre annuiva a Rashid con la testa, “ Mi farebbe molto piacere...” rispose lentamente scandendo le parole per fargli capire ciò che diceva. “ Si...piacere...” ripetè lui allungando la mano credendo che lei lo stesse salutando. Giovanna soffocò a stento una risata e allungò anche lei la mano afferrando con delicatezza quella dell'egiziano, era morbida e calda e un brivido a quel contatto le percorse la spina dorsale. Rashid dal canto suo restò rapito dalla bellezza di Giovanna, poi portò alle labbra la sua mano e galantemente gliela baciò. Giovanna arrossì fino alla punta dei capelli e pensando che lui la stesse prendendo in giro cercò di ritirare la mano, ma lui non glielo permise. Lilli e Max osservarono in silenzio la scena divertiti. “ Credo sia nato un amore..” sussurrò Max all'orecchio di Lilli che sorrise lievemente sperando che si avverasse davvero, Giovanna non meritava di finire con uno come Salvio, e quell'uomo le piaceva. “ Lo spero tanto anche io...” bisbigliò lei di rimando, “ Giò ne ha davvero bisogno, si merita un pò di felicità...almeno lei.” mormorò queste ultime parole quasi a se stessa e Max la fissò con i suoi occhi verdi che in quel momento esprimevano tutto ciò che aveva nel cuore e nell'anima. Lilli si perse in quello sguardo e solo un HEMM mormorato forte da parte dell'altra coppietta li fece distogliere. Giovanna e Rashid scoppiarono a ridere e fu il turno di Lilli di arrossire. I giovani si alzarono e pagarono il conto, e continuarono la loro passeggiata serale. Rashid disse poi qualcosa a Max che con un grande sospiro annuì volgendosi nuovamente verso le ragazze. “ Portiamo Rashid ai giardini di Augusto “ propose Giovanna. “Un'altra volta forse “ mormorò Max con tono mesto “ ora dobbiamo andare, il dovere ci aspetta.” Lilli e Giovanna parvero deluse dalla cosa ed insieme presero la via del ritorno, durante il tragitto Max e Rashid si fermarono in un negozietto di artigianato e comprarono alle due ragazze un piccolo pensiero per farsi perdonare. Lilli e Giovanna rimasero senza parole per quel gesto gentile lasciando che, sia Rashid, che Max mettessero al loro collo la catenina d'argento con un pendente a cuoricino con al centro un brillantino. Giovanna credette di morire in quel momento, era totalmente in balìa del suo Rashid, perchè era così che lo considerava e Salvio passò nel dimenticatoio con tutti i suoi problemi, ora di lui non le importava più di nulla, non le importava nemmeno se Rashid provasse o meno quello che provava lei. Lilli dal canto suo accarezzava come in un sogno quel piccolo ciondolo non riuscendo a capire come doveva interpretare quel gesto. I due uomini poi le salutarono e loro si diressero verso la piazzetta voltandosi di tanto in tanto a salutarli con la mano sino a che scomparvero dalla loro vista. Giovanna emise un gran sospiro e sorrise beata alzando lo sguardo sognante verso il cielo che andava tingendosi di rosa e arancio. “ Andiamo, và...” mormorò Lilli prendendola per un braccio facendole affrettare il passo “ altrimenti tua nonna ti darà per dispersa e poi devi fare quella cosa.” Giovanna guardò la bustina della farmacia che aveva in mano e sospirò rumorosamente, aveva fatto tanto per far sparire dalla mente tutta quell'assurda situazione, ed ora ritornava prepotente a galla. “ Hai ragione Lillina...” mormorò mestamente, “ Però non sarebbe bello se potessi avere una storiella con quel dio greco?” Lilli ridacchiò “ Egiziano...” “ Si, quello che è...” scosse l'amica scherzosamente per il braccio “ lo so, lo so, era per il fisico statuario...” mugugnò “ ma l'hai visto? E quel sorriso....” “Lilli chiama Giovanna....” scherzò “ scendi sulla terra! “ “ Sei una guastafeste “ le disse Giò senza cattiveria nella voce “ però hai ragione, figurati se un tipo come quello mi si fila...” “ Ma dai...non fare così, non siamo mica da buttare? “ “ Hei, l'ho visto prima io! “ mormorò Giovanna divertita “ tu hai Max. “ Lilli sorrise mesta, poi il sorriso le si spense e l'amica se ne accorse, le avvolse le spalle con il braccio “ Su, non fare così, so che hai sofferto molto per lui in passato, chi meglio di me può saperlo? Ho raccolto pezzi del tuo cuore dappertutto.” L'amica la guardò con i lucciconi agli occhi dorati e le loro teste si unirono consolandosi a vicenda, Giovanna arrivò davanti casa, la salutò con un bacio sulla guancia ed una carezza affettuosa. Lilli fece altrettanto e allontanandosi da lei le disse “ poi fammi sapere “. 4 Il forte e improvviso rumore dell'ancora che calava in mare fece sussultare Stefy. Le mani, legate dietro la schiena le impedivano qualsiasi movimento, ma una cosa positiva c'era, non si sentiva più stordita, l'effetto del narcotico era passato ma il senso di nausea no, quello era dovuto al fetore insopportabile che c'era in quella stiva, dove era stata rinchiusa assieme ad altre ragazze dalle etnie più svariate. La poca luce che filtrava dalle fessure le diede modo di osservarne la loro bellezza spenta per le condizioni disumane in cui versavano, erano sporche, altre ferite e se si aveva necessità di andare al bagno si era costretti a fare i bisogni per terra, in un angolo come gli animali. Di tanto in tanto i loro carcerieri scendevano e con un idrante spruzzavano un violento getto d'acqua marina e gelida sul pavimento, colpendo a volte anche le donne, che sbattevano contro la paratìa metallica dello scafo facendole perdere i sensi, e a nulla valevano le grida di disperazione e pietà, quelle bestie che avevano sembianze di uomini non battevano ciglio, anzi sembrava si divertissero nel procurare loro una sofferenza che non meritavano. La barca non si muoveva più così tanto, e Stefy sospirò sollevata, per il momento la tortura del rollìo era finita, lasciando il posto ad un lieve dondolìo, lamenti e pianti riempivano la stiva e lei cercava di avvicinarsi ad ognuna per dar loro un pò di consolazione, anche se sapeva che non sarebbe servito a nulla. Lo stomaco le doleva, aveva fame e la gola era riarsa dalla sete. La botola della stiva si aprì e per fortuna il sole era calato, così gli occhi di Stefy non si ferirono quando il fiotto della luce fioca entrò dall' apertura. Scesero due uomini con il capo coperto da uno strano copricapo che aveva già notato al Cairo e parte del loro volto era nascosto dalla gahfia, uno di essi aveva fra le mani un cesto che poi lanciò in terra tra le donne. Come bestie affamate tutte si gettarono sulla cesta e con la bocca cercavano gli avanzi di cibo, aggredendosi e persino mordendosi per conquistarsi un pezzetto di pane. Gli uomini ridevano additando quelle poverette che lottavano sopravvivere pur avendo le mani legate. Stefy li guardò con odio profondo rimanendo accovacciata in un angolo, non voleva abbassarsi a tanto, non era un animale, era un essere umano. Uno dei due si accorse che lei non si cibava e le si avvicinò minacciosamente, le gridò qualcosa in una lingua strana, lei non capì ma lo guardò ugualmente con sfida poi raschiò la sua gola secca cercando di far risalire la poca saliva che aveva e sputò contro l'uomo. Per tutta risposta il suo rapitore la schiaffeggiò tanto forte che finì distesa in terra, Stefy soffocò un grido e chiuse gli occhi per il forte dolore rinchiudendosi in posizione fetale, il silenzio calò nella stiva e le ragazze si fermarono di colpo assistendo alla scena piene di terrore. L'uomo le urlò di nuovo frasi incomprensibili, poi le sferrò un calcio nel ventre, alla giovane donna mancò di colpo il respiro e quasi svenne, boccheggiò alla ricerca d'aria che le bruciò nei polmoni poi cominciò a piangere silenziosamente, l'aguzzino rise con cattiveria volgendo lo sguardo crudele verso le altre ruggendo qualcosa in quella lingua strana additando la ragazza stesa sul pavimento. Le donne erano sgomente e quando l'aguzzino tirò fuori dalla cinta la pistola puntandola verso Stefy che ancora piangeva, urlarono tutte riunendosi in gruppo come per proteggersi l'una con l'altra. Gli uomini risero ancora, parlottando fra loro, poi risalirono nuovamente in coperta, richiusero la botola con un tonfo e tutto ripiombò nella penombra. Le giovani rimasero strette fra loro piangendo senza curarsi di Stefy, che, acciambellata per terra soffriva in silenzio aspettando che passasse un altro giorno, rinchiusa in quell'orrenda prigione aveva perso la cognizione del tempo. Rashid camminava avanti e indietro tenendo il molo di imbarco e sbarco sotto controllo, come gli era stato ordinato, mostrandosi in ansia come se aspettasse qualcuno, e ogni tanto gettava uno sguardo all'orologio e alla cartina che portava nella tasca del jeans, passandosi di tanto in tanto una mano fra i capelli neri e corti poi si appoggiò con fare indolente al muro incrociando le gambe fasciate da jeans scoloriti incrociando le braccia sul petto coperto da una polo di cotone celestina con il colletto alzato che contrastava con la sua carnagione scura. Qualche giovane donna lo fissava ammirata, ed egli ne ricambiava lo sguardo sorridendo mostrando una fila di denti curati e candidi. All'improvviso il viso noto di colui che aspettava fece capolino fra la folla, conosceva di fama lo sceicco appena sceso dal gommone accerchiato da guardie del corpo ben mimetizzate per non dare nell'occhio. Era il maggior trafficante di droga e non solo, dell'Arabia Saudita, ma nessuno mai era riuscito a contestargli quei reati, non si sporcava mai le mani personalmente, come tutti i pezzi grossi aveva i suoi mandanti, ed era assai difficile che si facesse vedere in pubblico. Rashid rimase sorpreso dalla cosa, doveva esserci qualcosa di grosso in ballo, prese il cellulare e voltatosi per non farsi notare chiamò subito Max. Poche parole e la conversazione si interruppe, dopo una quindicina di minuti il collega era al suo fianco. “ Max, ti presento lo sceicco Omar Shadiff Kadè...” mormorò con voce soddisfatta accennando con il mento scuro verso l'uomo al centro del gruppo che spiccava dagli altri per la kandoura, una tunica bianca ricamata con fregi in oro e sul capo la caratteristica tagia e un gutra, un lungo telo di cotone bianco sostenuto dall’igal, una treccia di filo nero e doppio. Max annuì compiaciuto, poi si incamminarono lentamente cercando di stare dietro al gruppo di arabi senza farsi notare, mischiandosi al fiume umano che affollava la via. Ogni tanto si fermavano per guardarsi attorno con finto interesse soffermandosi a studiare una cartina turistica. Notarono con quanto morboso interesse lo sceicco guardava le giovani donne che gli passavano accanto ed ogni tanto faceva segno a quello che doveva essere il suo segretario, di fotografare quelle che gli interessavano, per poi ordinare ad un paio delle sue guardie di seguirle a distanza. Max e Rashid si guardarono, annuendo con il capo, sincronizzarono gli orologi dandosi un appuntamento poi si separarono; Rashid seguì il gruppo fino a quando esso non si fermò in un ristorantino all'aperto, mentre Max sgattaiolò via cercando di stare dietro ai due scagnozzi dello sceicco. Assicuratosi che i sospettati erano fermi e ne avrebbero avuto per un bel pezzo, Rashid riprese la via del ritorno dirigendosi a passo svelto verso il luogo dell'appuntamento. Dopo circa mezz'ora anche Max si fece vivo ed insieme si arrampicarono sulla scogliera che costeggiava il molo, la percorsero sino alla fine, sotto di loro il mare cristallino infrangeva con calma le sue piccole onde sugli scogli. “ Lo vedi ? “ chiese Rashid lasciando vagare lo sguardo ai grandi battelli che erano ormeggiati in mare poco lontano dall'imbocco del porticciolo di Capri. “ No...” anche Maximilian si affannava a cercare, poi improvvisamente lo vide. “ Là, Rashid...guarda.” lo invitò a guardare nella sua direzione alzando il piccolo binocolo che aveva a tracolla, poi lo passò al collega che osservò a sua volta il natante, dal suo palo esterno sventolava dolcemente una bandiera con strisce orizzontali verde bianca e nera e lateralmente sulla sinistra una striscia verticale rossa. “ Emirati Arabi...” mormorò Rashid con gli occhi incollati al binocolo. “ Stanotte dovremo salire a bordo ” continuò con tono sicuro, “ anche se non ho alcun dubbio che sia la nostra nave, sarà un controllo veloce, solo noi due, di sicuro sarà super sorvegliata.” “ Perfetto...anche se non proprio idea di come faremo..” Mormorò Maximilian distrattattamente ancora intento ad osservare il grande panfilo ancorato al largo di Capri. Rashid fece spallcce “ qualcosa ci verrà in mente ...”. Max si volse poi verso il porto e notò con sorpresa che il gruppo era di ritorno e si stava imbarcando nuovamente sul gommone che li aveva condotti a terra, con il gomito urtò lievemente il collega per far in modo che si voltasse ad osservarli. “ Sono ritornati, hanno fatto presto...” osservò meglio il gruppetto e l'ansia si dipinse sul suo volto. “ Cazzo...mancano ancora quei due scagnozzi che ho seguito ... Dobbiamo avvisare Kurt delle novità.” Rashid annuì, prese dalla tasca dei jeans il palmare e con piccoli scatti immortalò il gommone che scivolava via diretti alla nave con tutti i suoi occupanti ed alla grande imbarcazione, poi spedì il tutto alla sezione criminale di Berlino via mail aggiungendo un messaggio per il capitano Kurt. “ abbiamo il bastardo...finalmente, lo dobbiamo solo incastrare” mormorò Rashid leggendo il messaggio ad alta voce. “ aspettiamo a cantare vittoria,” suggerì Max “ quello è molto furbo, ed è circondato dalla peggior feccia della mala araba.” Max prese nuovamente il binocolo dalle mani del collega per osservare gli uomini che ora erano arrivati al grande yatcht e uno ad uno sbarcavano assistiti dall'equipaggio di bordo. “ Sono agghindati...” mormorò Maximilian studiandoli, notando sotto i dishdasha, abiti tradizionali arabi, mitra e pistole nascoste fra le pieghe delle vesti. “Pensavi che ci avrebbero accolto con i fuochi artificiali?“ scherzò Rashid, “ su, andiamo, tanto da lì non si muove, la scelta non sarà facile, Capri è ricca di belle donne in questo periodo e avrà bisogno di tempo per decidere.” borbottò ironico e con passo deciso si avviò verso il centro di via Cristoforo Colombo alla pensioncina nella quale erano ospitati, Max dette un ultimo sguardo all'imbarcazione pregando che Stefy stesse bene, e fosse realmente a bordo di quella nave, poi seguì il collega che lo aveva distanziato di un bel pò. Il telefono della reception squillò improvvisamente e Lilli che era sovrappensiero sobbalzò, allungò una mano verso la cornetta e rispose, il suo viso annoiato si illuminò. “ Ciao, Gio...come stai? “ mormorò contenta di sentire l'amica, si voltò dando le spalle all'ingresso e cominciò a parlare con lei. Salvio passò di lì e rimase ad osservarla torvo per un pò, quello che aveva visto sabato l'aveva letteralmente distrutto, ed ora era più risoluto che mai nel voler scoprire chi fosse quel tizio con cui lei era stata. Si avvicinò al bancone in silenzio e poggiò i gomiti sul piano in cristallo aspettando che Lilli si girasse. Un ultimo saluto all'amica e la ragazza si girò per posare il telefono, per poco non le venne un colpo, Salvio era lì, fermo come una statua che la fissava stranamente. “ Cosa vuoi ? “ le chiese gelidamente. Il ragazzo alzò le spalle con indifferenza, “ io? Niente, guardavo...” mormorò acido, “ non credo sia vietato...” “ Bhè, ti consiglio di guardare altrove...” bisbigliò soffocando l'ira, “ Altrimenti ? “ la minacciò a bassa voce, “ cosa fai eh? Chiami il tuo amichetto per farmi spaccare la faccia? “ ora la rabbia di Salvio era evidente. “ Smettila, sei patetico, “ gli rispose di rimando, “ non devi impicciarti degli affari miei.” Salvio con uno scatto improvviso del braccio le afferrò il polso e lei soffocando un grido e memore dell'episodio del giorno prima cercò di divincolarsi. “ Lasciami immediatamente...” gli gridò sommessamente per non far accorrere Andrea, o chiunque potesse trovarsi nei paraggi in quel momento, avrebbe potuto benissimo gridare, ma non volle, voleva cavarsela da sola. Gli occhi neri di Salvio brillavano come due carboni ardenti e la tirò a se nonostante li dividesse il bancone. “ Tu....” le disse con la voce arrochita e sottile, “...sei un fatto mio.” Prima di lasciarla avvicinò lentamente il viso all'orecchio della ragazza bisbigliando, “ E nessuno ti porterà via da me, ti ucciderò se ti vedrò ancora con quello.” Lilli restò senza parole basita a quella rivelazione e per la vera natura di quell'uomo, si accarezzò il polso martoriato dopo che lui l'ebbe lasciata, aveva una voglia matta di cavargli gli occhi e si allontanò lentamente dal bordo del bancone per mettere ulteriore distanza fra di loro. Doveva parlare con qualcuno, la situazione stava diventando incontenibile quanto pericolosa, ma aveva una paura folle che Salvio attuasse la sua minaccia. Nascose le mani che le tremavano dietro la schiena mentre osservava il giovane andare via, sospirò sollevata quando lo vide sparire oltre la sala da pranzo. Notò Andrea mentre usciva dalla direzione, voleva chiamarlo per sapere se poteva sostituirlo alla reception, ma la voce le morì in gola ,come al solito fu circondato letteramente dalle ospiti di ogni età della pensione, che appena lo videro lo assalirono con le loro richieste impossibili per lui da soddisfare, pensò al il fratello come un incorregibile dongiovanni. “ Antò...” chiamò allora l'altro ragazzo che lavorava con loro che con un bel sorriso sul faccione rotondo si avvicinò a Lilli. “ Dimmi.” “ Puoi sostituirmi qui? “ gli domandò supplichevole, “ mio fratello al solito è impegnato a scansare le avance delle signore e io devo fare un servizio urgente.” Aveva bisogno d'aria, si sentiva opprimere. Antonio guardò quegli occhi dorati e supplichevoli e cadde come una pera cotta. “ E mi fai sempre fesso! “ mormorò lui sorridendo “ va buò, ma fa 'mbress ca teng che fà! ” le disse scherzoso ma gli piaceva la mansione del vice. “ Ti ringrazio “ cinguettò Lilli e scoccò sulla guancia paffuta del ragazzone un sonoro bacio, “ avvisa tu mio fratello, va bene? “ guardò in direzione di Andrea ancora impegnato con le signore, “ al momento è un pò impicciato.” Arricciò il naso indicando con il mento il folto gruppetto di donnette ciarlanti e in adorazione del bel giovannottone. Antonio seguì con lo sguardo la direzione indicata da Lilli e rise forte divertito. “ E mica è na novita! “ esclamò fra le risate, “ Va...va...l'avviso io..” e prese posto con la sua andatura dondolante e lenta dietro al bancone. Lilli scosse la testa sorridendo e si avviò all'uscita e una volta per strada si diresse verso casa di Giovanna. Salvio passò nuovamente per l'atrio la vide uscire, fessurizzò lo sguardo nero sulla figura della ragazza che si allontanava. Scattò una molla nei suoi pensieri e gettando in terra con rabbia lo straccio che aveva in mano si diresse verso la cucina, uscì dal retro e la seguì a distanza roso dalla gelosia. Seguendo una viuzza stretta Lilli arrivò da Giovanna, la trovò già fuori casa che dava disposizioni alla vicina affinchè badasse alla nonna. “ mi raccomando Giuseppina, “ le stava dicendo, “ la cena per la nonna è già pronta, sta nel microonde gliela devi solo scaldare , e poi ha le pillole sul comodino...ne deve prendere una dopo cena. ” “ EHHH....agg capito...guagliò! Va jesc...nun te preoccupà, mo vec'io...sta l'amica tua là....” e indicò Lilli con un dito. Giovanna si voltò e il suo viso si illuminò, poi si volse nuovamente verso la donna che stava sulla soglia di casa sua, la strinse con affetto per poi darle un bacio sulla guancia. “ Grazie Giusi, “ mormorò con riconoscenza, “ se non ci fossi stata tu mi sarei sentita persa.” La donna ricambiò l'abbraccio della ragazza con i lucciconi agli occhi marroni. “ Marò....nun dicer sti cose, io tagg vist' e nascere....te vogl' assaje bene, si a vita mia...” le rispose con la voce rotta, “ vaje mo...nun te preoccupà pe nonneta...” Giovanna le sorrise ancora, poi si voltò dirigendosi verso l'amica, si abbracciarono e Lilli le poggiò la mano sul braccio e assieme si diressero chiacchierando verso la fine del vicariello. Salvio continuò a seguire da lontano la ragazza, doveva assolutamente levarsi di torno Giovanna, era lei la causa per la quale Lilli era tanto restia, ma come poteva? Si lambiccò il cervello per trovare una soluzione, ma al momento agitato com'era non riusciva a connettere, era ossessionato da lei, e se lui non poteva averla non l'avrebbe avuta nessuno, su questo era fermamente deciso, anche di fare qualsiasi pazzia. Nascosto nell'ombra aspettò poggiato al muro che le ragazze uscissero dal vicolo, parlavano sommessamente mentre si dirigevano lentamente verso la strada principale che le avrebbero condotte in piazza. “ Mi accompagni in farmacia?” chiese improvvisamente Giovanna a Lilli. Lilli sgranò gli occhi dorati,” Ti sei decisa! “ “ Si, non posso vivere con questo dubbio un'altra settimana.” “ Va bene, andiamo. “ le circondò le spalle con il braccio e si avviarono alla farmacia. “ facciamo in fretta che rischiamo anche di trovarla chiusa” . Nessuna delle due si accorse dell'ombra che le seguiva. Max si fermò di colpo e trattenne Rashid per un braccio affiancandolo, da lontano aveva visto Lilli e Giovanna. “ Vieni... voglio presentarti due vecchie amiche ” indicò le ragazze e lo costrinse a seguirlo. “ Ma cosa...No...dai...” Rashid sospirò e si lasciò trasportare rassegnato, “ siamo in servizio... dobbiamo fare rapporto.“ “ E' questione di poco..” Raggiunsero le ragazze in un batter d'occhio. “ Lilli!!” La ragazza si voltò sentendosi chiamare e il cuore le si bloccò nel petto, Giovanna dal canto suo allargò le sue labbra rosa e carnose in un radioso sorriso colpendo lievemente l'amica nel fianco con il gomito. “ Caspita che meraviglia della natura...” mormorò a Lilli sottovoce squadrando ammirata Rashid da capo a piedi mentre si avvicinavano a loro. Lilli zittì l'amica e la spinse leggermente per la spalla. “ Ragazze...” gridò Max verso loro, “ ...aspettate.” Lilli e Giovanna si fermarono e quando gli furono davanti il giovane abbracciò con affetto Giò, e diede a Lilli un tenero bacio sulla guancia poi presentò il collega. Lilli accennò un timido saluto a Rashid che aveva già conosciuto in mattinata, mentre Giovanna gli strinse la mano tenendola nella sua un po' più del dovuto, era molto carina quel giorno con l' abitino rosa dalla stoffa leggera che metteva in risalto le sue graziose forme. Rashid le fece l'occhiolino e lei arrossì vistosamente mentre Lilli soffocò una piccola risata. “ Vi va un gelato ragazze ? “ domandò Max, guardò il collega e rivolse anche a lui la domanda ma in inglese. L'egiziano scosse la testa con un diniego vigoroso tossicchiando per far capire a Max il loro impegno poi vedendo da parte sua nessuna collaborazione cedette e annuì un po' seccato. Tutti e quattro allora si diressero alla gelateria, Salvio, fermo in lontananza restò pietrificato nel vedere la scena, le braccia scese lungo i fianchi fremevano dalla rabbia, la mascella si contrasse e le mani si strinsero convulsamente a pugno facendone sbiancare le nocche, mentre il respiro andò in iperventilazione. Non seppe quanto tempo rimase lì immobile come una statua, mentre le persone passavano indifferenti accanto a lui. Rashid scostò la sedia dal tavolino e con gesto cavalleresco fece cenno a Giovanna di sedere, poi prese posto accanto a lei fissandola di tanto in tanto. Max fece altrettanto con Lilli sedendosi poi al suo fianco. Giovanna si sentì alquanto imbarazzata da quello sguardo magnetico e penetrante, non si era mai sentita così viva, nemmeno con Salvio, così decise di lasciarsi andare e di godersi quel poco di giornata che ancora rimaneva. “ Allora, cosa avete fatto di bello ragazze? “ chiese Maximilian “ e soprattutto tu, Giovanna come stai? “ La ragazza staccò a malincuore gli occhi castani da Rashid per guardare l'amico che non vedeva da dodici anni. “ Bene grazie...e stasera ancora meglio...” arricciò il naso verso Lilli che le sorrideva, sembrava esser ritornata quella di una volta, allegra e solare. “ Davvero? “ le chiese Max ridendo, “ perchè stasera? “ “ Bhè, vedi tu...” mormorò maliziosamente Giò indicando i giovani uomini. Rashid alzò un nero sopracciglio interrogativamente, si sentiva a disagio, non capiva una parola e questo lo infastidiva un pò, Max gli tradusse la frase di Giovanna ed egli scoppiò a ridere seguito a ruota dagli altri. “ Tu...italiano...me? “ chiese rivolto a Giovanna strizzandole l'occhio, la ragazza rise sommessa e imbarazzata mentre Max dette una pacca sulla spalla all'amico. “ certo che non perde tempo il ragazzo...” sussurrò con un sorriso Giò a Lilli mentre annuiva a Rashid con la testa, “ Mi farebbe molto piacere...” rispose lentamente scandendo le parole per fargli capire ciò che diceva. “ Si...piacere...” ripetè lui allungando la mano credendo che lei lo stesse salutando. Giovanna soffocò a stento una risata e allungò anche lei la mano afferrando con delicatezza quella dell'egiziano, era morbida e calda e un brivido a quel contatto le percorse la spina dorsale. Rashid dal canto suo restò rapito dalla bellezza di Giovanna, poi portò alle labbra la sua mano e galantemente gliela baciò. Giovanna arrossì fino alla punta dei capelli e pensando che lui la stesse prendendo in giro cercò di ritirare la mano, ma lui non glielo permise. Lilli e Max osservarono in silenzio la scena divertiti. “ Credo sia nato un amore..” sussurrò Max all'orecchio di Lilli che sorrise lievemente sperando che si avverasse davvero, Giovanna non meritava di finire con uno come Salvio, e quell'uomo le piaceva. “ Lo spero tanto anche io...” bisbigliò lei di rimando, “ Giò ne ha davvero bisogno, si merita un pò di felicità...almeno lei.” mormorò queste ultime parole quasi a se stessa e Max la fissò con i suoi occhi verdi che in quel momento esprimevano tutto ciò che aveva nel cuore e nell'anima. Lilli si perse in quello sguardo e solo un HEMM mormorato forte da parte dell'altra coppietta li fece distogliere. Giovanna e Rashid scoppiarono a ridere e fu il turno di Lilli di arrossire. I giovani si alzarono e pagarono il conto, e continuarono la loro passeggiata serale. Rashid disse poi qualcosa a Max che con un grande sospiro annuì volgendosi nuovamente verso le ragazze. “ Portiamo Rashid ai giardini di Augusto “ propose Giovanna. “Un'altra volta forse “ mormorò Max con tono mesto “ ora dobbiamo andare, il dovere ci aspetta.” Lilli e Giovanna parvero deluse dalla cosa ed insieme presero la via del ritorno, durante il tragitto Max e Rashid si fermarono in un negozietto di artigianato e comprarono alle due ragazze un piccolo pensiero per farsi perdonare. Lilli e Giovanna rimasero senza parole per quel gesto gentile lasciando che, sia Rashid, che Max mettessero al loro collo la catenina d'argento con un pendente a cuoricino con al centro un brillantino. Giovanna credette di morire in quel momento, era totalmente in balìa del suo Rashid, perchè era così che lo considerava e Salvio passò nel dimenticatoio con tutti i suoi problemi, ora di lui non le importava più di nulla, non le importava nemmeno se Rashid provasse o meno quello che provava lei. Lilli dal canto suo accarezzava come in un sogno quel piccolo ciondolo non riuscendo a capire come doveva interpretare quel gesto. I due uomini poi le salutarono e loro si diressero verso la piazzetta voltandosi di tanto in tanto a salutarli con la mano sino a che scomparvero dalla loro vista. Giovanna emise un gran sospiro e sorrise beata alzando lo sguardo sognante verso il cielo che andava tingendosi di rosa e arancio. “ Andiamo, và...” mormorò Lilli prendendola per un braccio facendole affrettare il passo “ altrimenti tua nonna ti darà per dispersa e poi devi fare quella cosa.” Giovanna guardò la bustina della farmacia che aveva in mano e sospirò rumorosamente, aveva fatto tanto per far sparire dalla mente tutta quell'assurda situazione, ed ora ritornava prepotente a galla. “ Hai ragione Lillina...” mormorò mestamente, “ Però non sarebbe bello se potessi avere una storiella con quel dio greco?” Lilli ridacchiò “ Egiziano...” “ Si, quello che è...” scosse l'amica scherzosamente per il braccio “ lo so, lo so, era per il fisico statuario...” mugugnò “ ma l'hai visto? E quel sorriso....” “Lilli chiama Giovanna....” scherzò “ scendi sulla terra! “ “ Sei una guastafeste “ le disse Giò senza cattiveria nella voce “ però hai ragione, figurati se un tipo come quello mi si fila...” “ Ma dai...non fare così, non siamo mica da buttare? “ “ Hei, l'ho visto prima io! “ mormorò Giovanna divertita “ tu hai Max. “ Lilli sorrise mesta, poi il sorriso le si spense e l'amica se ne accorse, le avvolse le spalle con il braccio “ Su, non fare così, so che hai sofferto molto per lui in passato, chi meglio di me può saperlo? Ho raccolto pezzi del tuo cuore dappertutto.” L'amica la guardò con i lucciconi agli occhi dorati e le loro teste si unirono consolandosi a vicenda, Giovanna arrivò davanti casa, la salutò con un bacio sulla guancia ed una carezza affettuosa. Lilli fece altrettanto e allontanandosi da lei le disse “ poi fammi sapere “. 4 Il forte e improvviso rumore dell'ancora che calava in mare fece sussultare Stefy. Le mani, legate dietro la schiena le impedivano qualsiasi movimento, ma una cosa positiva c'era, non si sentiva più stordita, l'effetto del narcotico era passato ma il senso di nausea no, quello era dovuto al fetore insopportabile che c'era in quella stiva, dove era stata rinchiusa assieme ad altre ragazze dalle etnie più svariate. La poca luce che filtrava dalle fessure le diede modo di osservarne la loro bellezza spenta per le condizioni disumane in cui versavano, erano sporche, altre ferite e se si aveva necessità di andare al bagno si era costretti a fare i bisogni per terra, in un angolo come gli animali. Di tanto in tanto i loro carcerieri scendevano e con un idrante spruzzavano un violento getto d'acqua marina e gelida sul pavimento, colpendo a volte anche le donne, che sbattevano contro la paratìa metallica dello scafo facendole perdere i sensi, e a nulla valevano le grida di disperazione e pietà, quelle bestie che avevano sembianze di uomini non battevano ciglio, anzi sembrava si divertissero nel procurare loro una sofferenza che non meritavano. La barca non si muoveva più così tanto, e Stefy sospirò sollevata, per il momento la tortura del rollìo era finita, lasciando il posto ad un lieve dondolìo, lamenti e pianti riempivano la stiva e lei cercava di avvicinarsi ad ognuna per dar loro un pò di consolazione, anche se sapeva che non sarebbe servito a nulla. Lo stomaco le doleva, aveva fame e la gola era riarsa dalla sete. La botola della stiva si aprì e per fortuna il sole era calato, così gli occhi di Stefy non si ferirono quando il fiotto della luce fioca entrò dall' apertura. Scesero due uomini con il capo coperto da uno strano copricapo che aveva già notato al Cairo e parte del loro volto era nascosto dalla gahfia, uno di essi aveva fra le mani un cesto che poi lanciò in terra tra le donne. Come bestie affamate tutte si gettarono sulla cesta e con la bocca cercavano gli avanzi di cibo, aggredendosi e persino mordendosi per conquistarsi un pezzetto di pane. Gli uomini ridevano additando quelle poverette che lottavano sopravvivere pur avendo le mani legate. Stefy li guardò con odio profondo rimanendo accovacciata in un angolo, non voleva abbassarsi a tanto, non era un animale, era un essere umano. Uno dei due si accorse che lei non si cibava e le si avvicinò minacciosamente, le gridò qualcosa in una lingua strana, lei non capì ma lo guardò ugualmente con sfida poi raschiò la sua gola secca cercando di far risalire la poca saliva che aveva e sputò contro l'uomo. Per tutta risposta il suo rapitore la schiaffeggiò tanto forte che finì distesa in terra, Stefy soffocò un grido e chiuse gli occhi per il forte dolore rinchiudendosi in posizione fetale, il silenzio calò nella stiva e le ragazze si fermarono di colpo assistendo alla scena piene di terrore. L'uomo le urlò di nuovo frasi incomprensibili, poi le sferrò un calcio nel ventre, alla giovane donna mancò di colpo il respiro e quasi svenne, boccheggiò alla ricerca d'aria che le bruciò nei polmoni poi cominciò a piangere silenziosamente, l'aguzzino rise con cattiveria volgendo lo sguardo crudele verso le altre ruggendo qualcosa in quella lingua strana additando la ragazza stesa sul pavimento. Le donne erano sgomente e quando l'aguzzino tirò fuori dalla cinta la pistola puntandola verso Stefy che ancora piangeva, urlarono tutte riunendosi in gruppo come per proteggersi l'una con l'altra. Gli uomini risero ancora, parlottando fra loro, poi risalirono nuovamente in coperta, richiusero la botola con un tonfo e tutto ripiombò nella penombra. Le giovani rimasero strette fra loro piangendo senza curarsi di Stefy, che, acciambellata per terra soffriva in silenzio aspettando che passasse un altro giorno, rinchiusa in quell'orrenda prigione aveva perso la cognizione del tempo. Rashid camminava avanti e indietro tenendo il molo di imbarco e sbarco sotto controllo, come gli era stato ordinato, mostrandosi in ansia come se aspettasse qualcuno, e ogni tanto gettava uno sguardo all'orologio e alla cartina che portava nella tasca del jeans, passandosi di tanto in tanto una mano fra i capelli neri e corti poi si appoggiò con fare indolente al muro incrociando le gambe fasciate da jeans scoloriti incrociando le braccia sul petto coperto da una polo di cotone celestina con il colletto alzato che contrastava con la sua carnagione scura. Qualche giovane donna lo fissava ammirata, ed egli ne ricambiava lo sguardo sorridendo mostrando una fila di denti curati e candidi. All'improvviso il viso noto di colui che aspettava fece capolino fra la folla, conosceva di fama lo sceicco appena sceso dal gommone accerchiato da guardie del corpo ben mimetizzate per non dare nell'occhio. Era il maggior trafficante di droga e non solo, dell'Arabia Saudita, ma nessuno mai era riuscito a contestargli quei reati, non si sporcava mai le mani personalmente, come tutti i pezzi grossi aveva i suoi mandanti, ed era assai difficile che si facesse vedere in pubblico. Rashid rimase sorpreso dalla cosa, doveva esserci qualcosa di grosso in ballo, prese il cellulare e voltatosi per non farsi notare chiamò subito Max. Poche parole e la conversazione si interruppe, dopo una quindicina di minuti il collega era al suo fianco. “ Max, ti presento lo sceicco Omar Shadiff Kadè...” mormorò con voce soddisfatta accennando con il mento scuro verso l'uomo al centro del gruppo che spiccava dagli altri per la kandoura, una tunica bianca ricamata con fregi in oro e sul capo la caratteristica tagia e un gutra, un lungo telo di cotone bianco sostenuto dall’igal, una treccia di filo nero e doppio. Max annuì compiaciuto, poi si incamminarono lentamente cercando di stare dietro al gruppo di arabi senza farsi notare, mischiandosi al fiume umano che affollava la via. Ogni tanto si fermavano per guardarsi attorno con finto interesse soffermandosi a studiare una cartina turistica. Notarono con quanto morboso interesse lo sceicco guardava le giovani donne che gli passavano accanto ed ogni tanto faceva segno a quello che doveva essere il suo segretario, di fotografare quelle che gli interessavano, per poi ordinare ad un paio delle sue guardie di seguirle a distanza. Max e Rashid si guardarono, annuendo con il capo, sincronizzarono gli orologi dandosi un appuntamento poi si separarono; Rashid seguì il gruppo fino a quando esso non si fermò in un ristorantino all'aperto, mentre Max sgattaiolò via cercando di stare dietro ai due scagnozzi dello sceicco. Assicuratosi che i sospettati erano fermi e ne avrebbero avuto per un bel pezzo, Rashid riprese la via del ritorno dirigendosi a passo svelto verso il luogo dell'appuntamento. Dopo circa mezz'ora anche Max si fece vivo ed insieme si arrampicarono sulla scogliera che costeggiava il molo, la percorsero sino alla fine, sotto di loro il mare cristallino infrangeva con calma le sue piccole onde sugli scogli. “ Lo vedi ? “ chiese Rashid lasciando vagare lo sguardo ai grandi battelli che erano ormeggiati in mare poco lontano dall'imbocco del porticciolo di Capri. “ No...” anche Maximilian si affannava a cercare, poi improvvisamente lo vide. “ Là, Rashid...guarda.” lo invitò a guardare nella sua direzione alzando il piccolo binocolo che aveva a tracolla, poi lo passò al collega che osservò a sua volta il natante, dal suo palo esterno sventolava dolcemente una bandiera con strisce orizzontali verde bianca e nera e lateralmente sulla sinistra una striscia verticale rossa. “ Emirati Arabi...” mormorò Rashid con gli occhi incollati al binocolo. “ Stanotte dovremo salire a bordo ” continuò con tono sicuro, “ anche se non ho alcun dubbio che sia la nostra nave, sarà un controllo veloce, solo noi due, di sicuro sarà super sorvegliata.” “ Perfetto...anche se non proprio idea di come faremo..” Mormorò Maximilian distrattattamente ancora intento ad osservare il grande panfilo ancorato al largo di Capri. Rashid fece spallcce “ qualcosa ci verrà in mente ...”. Max si volse poi verso il porto e notò con sorpresa che il gruppo era di ritorno e si stava imbarcando nuovamente sul gommone che li aveva condotti a terra, con il gomito urtò lievemente il collega per far in modo che si voltasse ad osservarli. “ Sono ritornati, hanno fatto presto...” osservò meglio il gruppetto e l'ansia si dipinse sul suo volto. “ Cazzo...mancano ancora quei due scagnozzi che ho seguito ... Dobbiamo avvisare Kurt delle novità.” Rashid annuì, prese dalla tasca dei jeans il palmare e con piccoli scatti immortalò il gommone che scivolava via diretti alla nave con tutti i suoi occupanti ed alla grande imbarcazione, poi spedì il tutto alla sezione criminale di Berlino via mail aggiungendo un messaggio per il capitano Kurt. “ abbiamo il bastardo...finalmente, lo dobbiamo solo incastrare” mormorò Rashid leggendo il messaggio ad alta voce. “ aspettiamo a cantare vittoria,” suggerì Max “ quello è molto furbo, ed è circondato dalla peggior feccia della mala araba.” Max prese nuovamente il binocolo dalle mani del collega per osservare gli uomini che ora erano arrivati al grande yatcht e uno ad uno sbarcavano assistiti dall'equipaggio di bordo. “ Sono agghindati...” mormorò Maximilian studiandoli, notando sotto i dishdasha, abiti tradizionali arabi, mitra e pistole nascoste fra le pieghe delle vesti. “Pensavi che ci avrebbero accolto con i fuochi artificiali?“ scherzò Rashid, “ su, andiamo, tanto da lì non si muove, la scelta non sarà facile, Capri è ricca di belle donne in questo periodo e avrà bisogno di tempo per decidere.” borbottò ironico e con passo deciso si avviò verso il centro di via Cristoforo Colombo alla pensioncina nella quale erano ospitati, Max dette un ultimo sguardo all'imbarcazione pregando che Stefy stesse bene, e fosse realmente a bordo di quella nave, poi seguì il collega che lo aveva distanziato di un bel pò. Il telefono della reception squillò improvvisamente e Lilli che era sovrappensiero sobbalzò, allungò una mano verso la cornetta e rispose, il suo viso annoiato si illuminò. “ Ciao, Gio...come stai? “ mormorò contenta di sentire l'amica, si voltò dando le spalle all'ingresso e cominciò a parlare con lei. Salvio passò di lì e rimase ad osservarla torvo per un pò, quello che aveva visto sabato l'aveva letteralmente distrutto, ed ora era più risoluto che mai nel voler scoprire chi fosse quel tizio con cui lei era stata. Si avvicinò al bancone in silenzio e poggiò i gomiti sul piano in cristallo aspettando che Lilli si girasse. Un ultimo saluto all'amica e la ragazza si girò per posare il telefono, per poco non le venne un colpo, Salvio era lì, fermo come una statua che la fissava stranamente. “ Cosa vuoi ? “ le chiese gelidamente. Il ragazzo alzò le spalle con indifferenza, “ io? Niente, guardavo...” mormorò acido, “ non credo sia vietato...” “ Bhè, ti consiglio di guardare altrove...” bisbigliò soffocando l'ira, “ Altrimenti ? “ la minacciò a bassa voce, “ cosa fai eh? Chiami il tuo amichetto per farmi spaccare la faccia? “ ora la rabbia di Salvio era evidente. “ Smettila, sei patetico, “ gli rispose di rimando, “ non devi impicciarti degli affari miei.” Salvio con uno scatto improvviso del braccio le afferrò il polso e lei soffocando un grido e memore dell'episodio del giorno prima cercò di divincolarsi. “ Lasciami immediatamente...” gli gridò sommessamente per non far accorrere Andrea, o chiunque potesse trovarsi nei paraggi in quel momento, avrebbe potuto benissimo gridare, ma non volle, voleva cavarsela da sola. Gli occhi neri di Salvio brillavano come due carboni ardenti e la tirò a se nonostante li dividesse il bancone. “ Tu....” le disse con la voce arrochita e sottile, “...sei un fatto mio.” Prima di lasciarla avvicinò lentamente il viso all'orecchio della ragazza bisbigliando, “ E nessuno ti porterà via da me, ti ucciderò se ti vedrò ancora con quello.” Lilli restò senza parole basita a quella rivelazione e per la vera natura di quell'uomo, si accarezzò il polso martoriato dopo che lui l'ebbe lasciata, aveva una voglia matta di cavargli gli occhi e si allontanò lentamente dal bordo del bancone per mettere ulteriore distanza fra di loro. Doveva parlare con qualcuno, la situazione stava diventando incontenibile quanto pericolosa, ma aveva una paura folle che Salvio attuasse la sua minaccia. Nascose le mani che le tremavano dietro la schiena mentre osservava il giovane andare via, sospirò sollevata quando lo vide sparire oltre la sala da pranzo. Notò Andrea mentre usciva dalla direzione, voleva chiamarlo per sapere se poteva sostituirlo alla reception, ma la voce le morì in gola ,come al solito fu circondato letteramente dalle ospiti di ogni età della pensione, che appena lo videro lo assalirono con le loro richieste impossibili per lui da soddisfare, pensò al il fratello come un incorregibile dongiovanni. “ Antò...” chiamò allora l'altro ragazzo che lavorava con loro che con un bel sorriso sul faccione rotondo si avvicinò a Lilli. “ Dimmi.” “ Puoi sostituirmi qui? “ gli domandò supplichevole, “ mio fratello al solito è impegnato a scansare le avance delle signore e io devo fare un servizio urgente.” Aveva bisogno d'aria, si sentiva opprimere. Antonio guardò quegli occhi dorati e supplichevoli e cadde come una pera cotta. “ E mi fai sempre fesso! “ mormorò lui sorridendo “ va buò, ma fa 'mbress ca teng che fà! ” le disse scherzoso ma gli piaceva la mansione del vice. “ Ti ringrazio “ cinguettò Lilli e scoccò sulla guancia paffuta del ragazzone un sonoro bacio, “ avvisa tu mio fratello, va bene? “ guardò in direzione di Andrea ancora impegnato con le signore, “ al momento è un pò impicciato.” Arricciò il naso indicando con il mento il folto gruppetto di donnette ciarlanti e in adorazione del bel giovannottone. Antonio seguì con lo sguardo la direzione indicata da Lilli e rise forte divertito. “ E mica è na novita! “ esclamò fra le risate, “ Va...va...l'avviso io..” e prese posto con la sua andatura dondolante e lenta dietro al bancone. Lilli scosse la testa sorridendo e si avviò all'uscita e una volta per strada si diresse verso casa di Giovanna. Salvio passò nuovamente per l'atrio la vide uscire, fessurizzò lo sguardo nero sulla figura della ragazza che si allontanava. Scattò una molla nei suoi pensieri e gettando in terra con rabbia lo straccio che aveva in mano si diresse verso la cucina, uscì dal retro e la seguì a distanza roso dalla gelosia. Seguendo una viuzza stretta Lilli arrivò da Giovanna, la trovò già fuori casa che dava disposizioni alla vicina affinchè badasse alla nonna. “ mi raccomando Giuseppina, “ le stava dicendo, “ la cena per la nonna è già pronta, sta nel microonde gliela devi solo scaldare , e poi ha le pillole sul comodino...ne deve prendere una dopo cena. ” “ EHHH....agg capito...guagliò! Va jesc...nun te preoccupà, mo vec'io...sta l'amica tua là....” e indicò Lilli con un dito. Giovanna si voltò e il suo viso si illuminò, poi si volse nuovamente verso la donna che stava sulla soglia di casa sua, la strinse con affetto per poi darle un bacio sulla guancia. “ Grazie Giusi, “ mormorò con riconoscenza, “ se non ci fossi stata tu mi sarei sentita persa.” La donna ricambiò l'abbraccio della ragazza con i lucciconi agli occhi marroni. “ Marò....nun dicer sti cose, io tagg vist' e nascere....te vogl' assaje bene, si a vita mia...” le rispose con la voce rotta, “ vaje mo...nun te preoccupà pe nonneta...” Giovanna le sorrise ancora, poi si voltò dirigendosi verso l'amica, si abbracciarono e Lilli le poggiò la mano sul braccio e assieme si diressero chiacchierando verso la fine del vicariello. Salvio continuò a seguire da lontano la ragazza, doveva assolutamente levarsi di torno Giovanna, era lei la causa per la quale Lilli era tanto restia, ma come poteva? Si lambiccò il cervello per trovare una soluzione, ma al momento agitato com'era non riusciva a connettere, era ossessionato da lei, e se lui non poteva averla non l'avrebbe avuta nessuno, su questo era fermamente deciso, anche di fare qualsiasi pazzia. Nascosto nell'ombra aspettò poggiato al muro che le ragazze uscissero dal vicolo, parlavano sommessamente mentre si dirigevano lentamente verso la strada principale che le avrebbero condotte in piazza. “ Mi accompagni in farmacia?” chiese improvvisamente Giovanna a Lilli. Lilli sgranò gli occhi dorati,” Ti sei decisa! “ “ Si, non posso vivere con questo dubbio un'altra settimana.” “ Va bene, andiamo. “ le circondò le spalle con il braccio e si avviarono alla farmacia. “ facciamo in fretta che rischiamo anche di trovarla chiusa” . Nessuna delle due si accorse dell'ombra che le seguiva. Max si fermò di colpo e trattenne Rashid per un braccio affiancandolo, da lontano aveva visto Lilli e Giovanna. “ Vieni... voglio presentarti due vecchie amiche ” indicò le ragazze e lo costrinse a seguirlo. “ Ma cosa...No...dai...” Rashid sospirò e si lasciò trasportare rassegnato, “ siamo in servizio... dobbiamo fare rapporto.“ “ E' questione di poco..” Raggiunsero le ragazze in un batter d'occhio. “ Lilli!!” La ragazza si voltò sentendosi chiamare e il cuore le si bloccò nel petto, Giovanna dal canto suo allargò le sue labbra rosa e carnose in un radioso sorriso colpendo lievemente l'amica nel fianco con il gomito. “ Caspita che meraviglia della natura...” mormorò a Lilli sottovoce squadrando ammirata Rashid da capo a piedi mentre si avvicinavano a loro. Lilli zittì l'amica e la spinse leggermente per la spalla. “ Ragazze...” gridò Max verso loro, “ ...aspettate.” Lilli e Giovanna si fermarono e quando gli furono davanti il giovane abbracciò con affetto Giò, e diede a Lilli un tenero bacio sulla guancia poi presentò il collega. Lilli accennò un timido saluto a Rashid che aveva già conosciuto in mattinata, mentre Giovanna gli strinse la mano tenendola nella sua un po' più del dovuto, era molto carina quel giorno con l' abitino rosa dalla stoffa leggera che metteva in risalto le sue graziose forme. Rashid le fece l'occhiolino e lei arrossì vistosamente mentre Lilli soffocò una piccola risata. “ Vi va un gelato ragazze ? “ domandò Max, guardò il collega e rivolse anche a lui la domanda ma in inglese. L'egiziano scosse la testa con un diniego vigoroso tossicchiando per far capire a Max il loro impegno poi vedendo da parte sua nessuna collaborazione cedette e annuì un po' seccato. Tutti e quattro allora si diressero alla gelateria, Salvio, fermo in lontananza restò pietrificato nel vedere la scena, le braccia scese lungo i fianchi fremevano dalla rabbia, la mascella si contrasse e le mani si strinsero convulsamente a pugno facendone sbiancare le nocche, mentre il respiro andò in iperventilazione. Non seppe quanto tempo rimase lì immobile come una statua, mentre le persone passavano indifferenti accanto a lui. Rashid scostò la sedia dal tavolino e con gesto cavalleresco fece cenno a Giovanna di sedere, poi prese posto accanto a lei fissandola di tanto in tanto. Max fece altrettanto con Lilli sedendosi poi al suo fianco. Giovanna si sentì alquanto imbarazzata da quello sguardo magnetico e penetrante, non si era mai sentita così viva, nemmeno con Salvio, così decise di lasciarsi andare e di godersi quel poco di giornata che ancora rimaneva. “ Allora, cosa avete fatto di bello ragazze? “ chiese Maximilian “ e soprattutto tu, Giovanna come stai? “ La ragazza staccò a malincuore gli occhi castani da Rashid per guardare l'amico che non vedeva da dodici anni. “ Bene grazie...e stasera ancora meglio...” arricciò il naso verso Lilli che le sorrideva, sembrava esser ritornata quella di una volta, allegra e solare. “ Davvero? “ le chiese Max ridendo, “ perchè stasera? “ “ Bhè, vedi tu...” mormorò maliziosamente Giò indicando i giovani uomini. Rashid alzò un nero sopracciglio interrogativamente, si sentiva a disagio, non capiva una parola e questo lo infastidiva un pò, Max gli tradusse la frase di Giovanna ed egli scoppiò a ridere seguito a ruota dagli altri. “ Tu...italiano...me? “ chiese rivolto a Giovanna strizzandole l'occhio, la ragazza rise sommessa e imbarazzata mentre Max dette una pacca sulla spalla all'amico. “ certo che non perde tempo il ragazzo...” sussurrò con un sorriso Giò a Lilli mentre annuiva a Rashid con la testa, “ Mi farebbe molto piacere...” rispose lentamente scandendo le parole per fargli capire ciò che diceva. “ Si...piacere...” ripetè lui allungando la mano credendo che lei lo stesse salutando. Giovanna soffocò a stento una risata e allungò anche lei la mano afferrando con delicatezza quella dell'egiziano, era morbida e calda e un brivido a quel contatto le percorse la spina dorsale. Rashid dal canto suo restò rapito dalla bellezza di Giovanna, poi portò alle labbra la sua mano e galantemente gliela baciò. Giovanna arrossì fino alla punta dei capelli e pensando che lui la stesse prendendo in giro cercò di ritirare la mano, ma lui non glielo permise. Lilli e Max osservarono in silenzio la scena divertiti. “ Credo sia nato un amore..” sussurrò Max all'orecchio di Lilli che sorrise lievemente sperando che si avverasse davvero, Giovanna non meritava di finire con uno come Salvio, e quell'uomo le piaceva. “ Lo spero tanto anche io...” bisbigliò lei di rimando, “ Giò ne ha davvero bisogno, si merita un pò di felicità...almeno lei.” mormorò queste ultime parole quasi a se stessa e Max la fissò con i suoi occhi verdi che in quel momento esprimevano tutto ciò che aveva nel cuore e nell'anima. Lilli si perse in quello sguardo e solo un HEMM mormorato forte da parte dell'altra coppietta li fece distogliere. Giovanna e Rashid scoppiarono a ridere e fu il turno di Lilli di arrossire. I giovani si alzarono e pagarono il conto, e continuarono la loro passeggiata serale. Rashid disse poi qualcosa a Max che con un grande sospiro annuì volgendosi nuovamente verso le ragazze. “ Portiamo Rashid ai giardini di Augusto “ propose Giovanna. “Un'altra volta forse “ mormorò Max con tono mesto “ ora dobbiamo andare, il dovere ci aspetta.” Lilli e Giovanna parvero deluse dalla cosa ed insieme presero la via del ritorno, durante il tragitto Max e Rashid si fermarono in un negozietto di artigianato e comprarono alle due ragazze un piccolo pensiero per farsi perdonare. Lilli e Giovanna rimasero senza parole per quel gesto gentile lasciando che, sia Rashid, che Max mettessero al loro collo la catenina d'argento con un pendente a cuoricino con al centro un brillantino. Giovanna credette di morire in quel momento, era totalmente in balìa del suo Rashid, perchè era così che lo considerava e Salvio passò nel dimenticatoio con tutti i suoi problemi, ora di lui non le importava più di nulla, non le importava nemmeno se Rashid provasse o meno quello che provava lei. Lilli dal canto suo accarezzava come in un sogno quel piccolo ciondolo non riuscendo a capire come doveva interpretare quel gesto. I due uomini poi le salutarono e loro si diressero verso la piazzetta voltandosi di tanto in tanto a salutarli con la mano sino a che scomparvero dalla loro vista. Giovanna emise un gran sospiro e sorrise beata alzando lo sguardo sognante verso il cielo che andava tingendosi di rosa e arancio. “ Andiamo, và...” mormorò Lilli prendendola per un braccio facendole affrettare il passo “ altrimenti tua nonna ti darà per dispersa e poi devi fare quella cosa.” Giovanna guardò la bustina della farmacia che aveva in mano e sospirò rumorosamente, aveva fatto tanto per far sparire dalla mente tutta quell'assurda situazione, ed ora ritornava prepotente a galla. “ Hai ragione Lillina...” mormorò mestamente, “ Però non sarebbe bello se potessi avere una storiella con quel dio greco?” Lilli ridacchiò “ Egiziano...” “ Si, quello che è...” scosse l'amica scherzosamente per il braccio “ lo so, lo so, era per il fisico statuario...” mugugnò “ ma l'hai visto? E quel sorriso....” “Lilli chiama Giovanna....” scherzò “ scendi sulla terra! “ “ Sei una guastafeste “ le disse Giò senza cattiveria nella voce “ però hai ragione, figurati se un tipo come quello mi si fila...” “ Ma dai...non fare così, non siamo mica da buttare? “ “ Hei, l'ho visto prima io! “ mormorò Giovanna divertita “ tu hai Max. “ Lilli sorrise mesta, poi il sorriso le si spense e l'amica se ne accorse, le avvolse le spalle con il braccio “ Su, non fare così, so che hai sofferto molto per lui in passato, chi meglio di me può saperlo? Ho raccolto pezzi del tuo cuore dappertutto.” L'amica la guardò con i lucciconi agli occhi dorati e le loro teste si unirono consolandosi a vicenda, Giovanna arrivò davanti casa, la salutò con un bacio sulla guancia ed una carezza affettuosa. Lilli fece altrettanto e allontanandosi da lei le disse “ poi fammi sapere “.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** capitolo 5 ***


5 Quella stessa sera Max e Rashid uscirono dall'albergo per dirigersi al molo, a tracolla uno zaino con l'attrezzatura. “ siamo sicuri di poterci fidare pienamente del nostro uomo e che abbia capito il luogo dell'appuntamento? “ mormorò Rashid apparentemente preoccupato. “ si, “ gli rispose Max di rimando,” ai colleghi carabinieri ho spiegato molto bene la situazione e chiesto espressamente di metterci a disposizione un collaboratore della sezione subaquea molto esperto, dovrebbe aspettarci già in mare, su un gommone anonimo alla banchina,” lo guardò sorridendo,” chi vuoi che sospetti di tre tizi che fanno pesca subacquea?” “ Hai preso tutto?” “ si, tranquillo Rash...” l'apostrofò Max affettuosamente, “ abbiamo tutto.” Arrivarono al molo, nonostante l'ora tarda c'era ancora gente per la strada, i negozi aperti traboccavano di turisti e i piccoli locali notturni e bar erano pieni di giovani in vena di divertirsi e passare la notte con con gli amici. Max gettò il sacco sul fondo del gommone e vi saltò dentro agilmente atterrando con leggerezza nonostante gli ottanta chili sparsi per il suo metro e ottanta. “ Salve..” salutò il collega che era già a bordo e li aspettava con il motore a folle. “ Salve..” l'uomo alla guida del motore ricambiò il saluto. Infine saltò Rashid e si posizionò in punta mentre il gommone lentamente faceva retromarcia e si posizionava per uscire dal piccolo porto di Capri. Con il motore al minimo si avviarono verso il mare aperto dov'era ancorata la piccola nave, e dove si pensava che Stefy fosse prigioniera. Mantenendo l'equilibrio si spogliarono gettando i vestiti nel sacco, Max si cinse la vita con una specie di marsupio impermeabile nel quale depose la sua pistola, lo stesso fece Rashid ma oltre la pistola portò anche una piccola ma robusta tronchese. Il collega lo guardò alzando un sopracciglio interrogativamente. “ Non si sa mai.” mormorò Rashid sorridendo e il suo sorriso contagiò anche gli altri due. Giunti nelle vicinanze della piccola nave il marinaio in vesti civili spense il motore e gettò l'ancora annodando la cima della fune alla punta del gommone. Lo sciabordio delle piccole onde si infrangeva sotto lo scafo producendo un rumore sordo e ritmato. Max scavalcò il bordo e scivolò lentamente in acqua per evitare qualsiasi rumore, Rashid lo seguì, mentre l'uomo rimasto sulla barca montò le canne da pesca e le fissò ai ganci del natante, in modo che, se qualcuno si fosse affacciato dalla nave avrebbe visto solo dei casuali pescatori, poi restò in attesa. I due uomini scesi in acqua invece, nuotavano uno al fianco dell'altro lentamente, dovevano assolutamente evitare qualsiasi forma di rumore. Dopo una mezz'ora circa giunsero alla prua della piccola nave e a turno si arrampicarono sulla catena dell'ancora. Arrivato in cima Rashid, che si era avviato per primo, posò le mani sul bordo e si issò quel tanto che bastava per far vagare lo sguardo sul ponte e assicurarsi che non fosse presidiato da sentinelle armate. Si guardò ancora attorno e assicuratosi di avere libero accesso al ponte si issò del tutto scavalcando il bordo e, acquattandosi velocemente sul pavimento, aspettò che Max lo raggiungesse. Strisciando piano e spostandosi sui gomiti e sulle ginocchia sul pavimento di ferro arrivarono quasi nelle vicinanze di una larga botola dal coperchio quadrato che a loro parve quella della stiva. Stavano per alzarsi quando dal buio apparvero due uomini che parlottavano e ridevano fra loro. Sul capo avevano il classico copricapo arabo, la gutra, un telo bianco tenuto fermo da l'igol, una doppia treccia di lana nera che si avvolgeva attorno alla testa, al collo portavano la gahfia, una sciarpa bianca a quadri neri con il quale coprivano il viso durante le visite nella stiva. Pendevano a tracolla dalle loro spalle dei PPSh-41 di fabbricazione sovietica, che sostenevano con una mano e poggiati contro il ventre, mentre con l'altra si passavano a turno la sigaretta. Alla vista delle armi sui due pirati, le mani degli agenti scivolarono istintivamente al marsupio estraendo le loro pistole, pregando di non doverle usare. Si schiacciarono sul fondo sfiorando con i nasi il freddo pavimento, i loro respiri parvero bloccarsi mentre i cuori battevano all'impazzata rilasciando scariche di adrenalina nel sangue. La paura di essere scoperti era grande ma per fortuna la serata era buia e senza luna e il ponte superiore era rischiarato solo da fredde luce al neon. Attesero con impazienza e con le armi strette in pugno, che le sentinelle si allontanassero, ma uno dei due cambiò improvvisamente direzione avvicinandosi al parapetto proprio nelle loro vicinanze, poggiò un piede sull'ultima sbarra della ringhiera in legno e ferro e si affacciò per scrutare il mare e tutta la fiancata, almeno fin dove poteva spaziare il suo sguardo. Diede un ultimo tiro alla sigaretta poi la lanciò fuori bordo, si raschiò la gola e sputò in mare. Max e Rashid nonostante la calda serata cominciarono a sudare freddo, poi la sentinella diede un leggero tocco sul braccio con il manico del mitra all'altro e i due ripresero la loro ronda. L'egiziano sospirò di sollievo poi alzò di pochi centimetri la testa, e gli occhi neri e attenti vagarono nuovamente per il ponte che ora era avvolto nel silenzio rotto solo dallo sciabordio delle onde che lievi si infrangevano sulla fiancata sottostante dello scafo. Max si rilassò e sbattè lievemente la fronte al pavimento del ponte. Rashid lo toccò leggermente sulla spalla e a gesti gli indicò la botola, si avviarono carponi e giunti nei suoi pressi notarono che essa era chiusa con un grosso piolo d'acciaio infilato in fori che si sovrapponevano. Mentre Rashid, seduto sulle ginocchia si guardava attorno con circospezione, Maximilian sfilò il piolo deponendolo con cura accanto alle sue ginocchia, prese una piccola torcia, l'accese e la fissò fra i denti. Alzò con entrambe le mani con non poca fatica il coperchio della botola, e un fetore disgustoso lo prese allo stomaco facendogli girare di scatto la testa dall'altro lato; la sua presa si indebolì momentaneamente e il pesante coperchio rischiò di ricadere se il compagno con prontezza di riflessi non si fosse accorto non della sua reazione e l'avesse aiutato. Anche Rashid fu preso dalla nausea nel sentire il forte puzzo che proveniva da sotto...puzzo di morte. Si fecero coraggio e alzando nuovamente il coperchio della botola diressero il fascio di luce all'interno. La scena che si presentò ai loro occhi fu straziante, c'erano almeno una ventina di giovani donne stese sul fondo, alcune di loro vedendo il fascio di luce si mossero e soffocarono un grido. Rashid con voce soffocata disse loro di non gridare e per farsi comprendere meglio mise il dito sulle proprie labbra mimando il silenzio. Entrambi poggiarono al pavimento del ponte il coperchio della botola. Poi l'egiziano si sporse oltre il buco e scese i ripidi scalini di ferro fino a che non si ritrovò nella stiva buia e puzzolente. Max rimase sopra a fare da palo, “ allora...c'è? “ domandò ansioso e sottovoce. Un mormorio sorpreso ed euforico si alzo fra le ragazze prigioniere poi una voce più alta delle altre e tremula si alzò dal gruppo. “ Rashid?? “chiamò stupita. Rashid volse lo sguardo nel buio senza riuscire a scorgere nulla, poi gli occhi si abituarono all'oscurità e nell'angolo più nascosto della stiva scorse la figura emaciata di Stefy. L'uomo si fece largo a gomitate fra le prigioniere che tentavano di afferrarlo, come se egli fosse la loro speranza di salvezza, ma lui incurante scostava le loro mani, voleva arrivare da Stefy e una volta davanti a lei l'abbracciò forte cominciando a piangere come un bambino. Poi si girò e cercò di far arrivare la sua voce verso la botola dove Max aspettava. “ E' qui...Max...L'abbiamo trovata!! “ Si asciugò le lacrime poi tirò fuori dal marsupietto la piccola tronchesina ringraziando la sua pignoleria. Afferrò le mani della ragazza e tagliò la fascia di plastica che le legavano i polsi che erano feriti a sangue. Una volta libera anche lei abbracciò il suo collega con trasporto. “ Rashid...” sussurrò con le lacrime agli occhi. “ Su dai ...” l'uomo l'afferrò per il braccio cercndo di condurla fuori da quel posto orribile, “...andiamo via da questo posto orribile.” Ma lei si trattenne guardando le altre ragazze, “ E loro? Non possiamo lasciarle qui!” “ Stefy..Non abbiamo tempo..” Rashid la guardò con ansia e gli occhi correvano da lei all'apertura. “ Ma...è terribile...ti prego libera anche loro.” Implorò con le lacrime agli occhi. “ Non posso...non abbiamo tempo...le liberemo non temere...ma ora andiamo.” Stefy fece qualche passo titubante mentre Rashid la trasportava di peso verso le scale, poi una ragazza uscì dal gruppo avvicinandosi e le sorrise “ vai tranquilla, il tuo amico ha detto che ci verranno a salvare...” guardò con speranza Rashid “ e io mi fido di lui, ti è venuto a prendere, non lascerà che marciamo in questo inferno.” L'uomo guardò con sorpresa la ragazza, era piccola di statura e nonostante fosse molto sciupata i suoi occhi azzurri erano vividi e facevano risplendere la sua bellezza sopita e il suo coraggio. Stefy fu colpita dalle sue parole si staccò dolcemente dalla presa del collega e abbracciò la ragazza baciandole la testa, calde lacrime rigava il volto di entrambe, poi la giovane la spinse via delicatamente “ và ora...scappa via da qui...” guardò Stefy intensamente con gli occhi azzurri e umidi di pianto, “ sei l'unica che può aiutarci...” Stefy guardò tutte le sue compagne di prigionia e un groppo in gola le fermò il respiro, poi Rashid la scosse e lei si affrettò ad arrampicarsi sulla scala di ferro. Quando la sua testa sbucò oltre l'apertura l'aria fresca e salmastra le bruciò i polmoni, chiuse con forza gli occhi verde castani e quando li riaprì si ritrovò davanti al viso sporco e sciupato, gli occhi verdi e ansiosi di Max. Gli sorrise con gioia soffocando un grido gettandogli le braccia al collo. “ Cazzo Stefy..non abbiamo tempo per le smancerie...” la rimproverò Rashid, la ragazza svelta si sciolse dall'abbraccio di Maximilian e camminando carponi si avviò seguita dai colleghi verso la prua della nave dove sarebbero discesi nuovamente dalla catena dell'ancora. La ragazza dagli occhi azzurri approfittando dell'apertura si affacciò oltre la botola, respirò avidamente l'aria fresca e notò l'avvicinarsi delle sentinelle, guardò verso il piccolo gruppo di fuggitivi e vide che uno di loro era ancora a bordo. Istintivamente prese una decisione, salì del tutto le scale e urlando per farsi notare scappò dal lato opposto. I due arabi che facevano la ronda corsero verso di lei tenendo stretti i loro mitra, cominciarono a gridare l'alt ma lei non si fermò. I due non presero nemmeno la mira e falciarono la ragazza senza pietà. Rashid si fermò a metà strada e si volse di scatto verso gli spari, la poca distanza gli permise di vedere appena la ragazza che senza un urlo aveva sacrificato la sua vita per salvare la loro, svelto si gettò oltre il parapetto cadendo a candela nell'acqua, e quando riemerse pochi secondi dopo urlò ai colleghi già in mare di nuotare velocemente. Gli arabi corsero verso prua sentendo il tonfo e si affacciarono, urlarono verso Max Stefy e Rashid che nuotavano veloci verso il gommone, poi cominciarono a sparare. I proiettili sfrecciavano in acqua, qualcuno fermò la sua traiettoria andandosi a conficcare nella spalla di Rashid che cominciò a sanguinare copiosamente. Stefy urlò richiamando l'attenzione di Max che tornò indietro e recuperò l'amico che ferito stava scendendo sott'acqua; I'uomo sul gommone sentendo le raffiche di mitra provenire dalla nave gettò in mare le canne e con un gesto rapido della mano riacese il motore e si diresse verso i colleghi che si trovavano in difficoltà, rallentò nei loro pressi e afferrò la donna che con fatica si arrampicò sullo scafo gommoso per poi lasciarsi scivolare sul fondo tremando come una foglia. Velocemente afferrò anche Rashid che privo di sensi veniva sorretto con grande fatica dall'amico in acqua, poi anch'egli si issò a bordo mentre un'altra scarica di proiettili gli fischiava pericolosamente attorno. Ora il ponte della nave brulicava di arabi urlanti. Michele, questo era il nome del collega italiano della sezione sub dei carabinieri volse l'imbarcazione verso terra e spinse il motore a manetta mentre con sguardo preoccupato guardava il collega egiziano che riverso sul fondo della barca era privo di conoscenza. Stefy gli teneva la testa sulle gambe, tremava e piangeva mentre delicata lo accarezzava e lo chiamava cercando di farlo riprendere. Max dal canto suo cercava di capire quanto grave fosse la ferita dell'amico incurante delle proprie procurate dall'ultima scarica di proiettili dei pirati arabi. “ Più veloce, più veloce ...” incitò Maximilian al collega che faceva del suo meglio per spingere il motore al massimo. “ sono già al massimo!” gli gridò di rimando il milite cercando di sovrastare il rombo del motore, “ ci siamo quasi, ora prendo la radiotrasmittente e chiamo un elicottero per Rashid.” Max gli alzò il pollice annuendo, e l'altro gesticolando con la mano lo invitò al suo posto di guida mentre armeggiava con la trasmittente per richiedere gli aiuti necessari. Stefy accarezzava il volto di Rashid esanime, mentre la macchia di sangue si allargava sul suo vestito. Il gommone entrò in porto, Max decellerò solo in prossimità del molo, tanto che lo scafo andò ad urtare con violenza contro la banchina scaraventando gli occupanti sul fondo. L'egiziano nell'incoscienza gemette, Max ,Stefy e Michele si guardarono per poi guardare l'amico ferito che avevano sepolto con i loro corpi. Sul molo era in attesa una piccola ambulanza dalla quale scesero veloci due medici che saltarono nella barca scostando con poca grazia gli altri occupanti per occuparsi del ferito. Gli dettero una rapida occhiata e dopo avergli oscultato il cuore con lo stetoscopio uno dei due risalì sulla terra ferma facendosi poi passare dagli altri l'uomo ferito che posò poi con delicatezza in terra. Anche gli altri salirono sul molo circondando il collega ferito. “ Su, fate spazio..lasciateci lavorare” gridarono i medici cercando di allontanarli, poi in due issarono Rashid sulla lettiga, gli scoprirono un braccio e dopo aver cercato e trovato la vena gli inserirono un ago che poi fermarono con un cerotto, dopo gli attaccarono il tubicino della flebo, lo coprirono con un lenzuolo e lo posero nella piccola ambulanza che lo portò via, conducendolo al piccolo pronto soccorso di Capri. Max circondò Stefy con le sue braccia. “ Non preoccuparti... è in buone mani.” cercò di tranquillizzarla, poi notò che stava facendosi una piccola folla di curiosi li sul moletto e la strinse a sè, poi afferrò la coperta che il paramedico gli aveva lasciato per la donna, poichè ella si era rifiutata di andare al piccolo ospedale per farsi dare un occhiata e gliela posò sulle spalle. Stefy guardò l'amico con gratitudine e si lasciò guidare lontano dalla folla stringendosi nella coperta. “ Ora ti porto al sicuro, “ mormorò Maximilian “ non farebbero mai l'errore di scoprirsi per venirti a cercare.” “ Ho sentito sparare Max ...” gli occhi della giovane donna si riempirono di lacrime ” Ho paura che sia successo qualcosa” “ Non preoccuparti vedrai che non è successo nulla.” Ma nemmeno lui era sicuro delle sue parole, però tenne per se il suo pensiero. Erano le cinque del mattino quando Lilli sentì nel sonno il bussare insistente del citofono, si rigirò nel letto pensando che quel sogno sembrava fin troppo vero. Aprì gli occhi e sospirò, poi li richiuse e il suono rimbombò nuovamente nel salottino e nella sua mente, si mise a sedere di scatto e questa volta il cicalare del citofono riempì la stanza senza sosta. Scese dal letto mise le ciabatte ed uscì dalla stanza per entrare in quella del fratello, lo scosse bruscamente. “ Andrea...Andrea...” “ Cosa c'è...” Il fratello la guardò assonnato e sorpreso. “ C'è qualcuno che bussa al citofono...” Lilli lo guardò con ansia. Andrea scostò le lenzuola e mise i piedi in terra, si diresse alla finestra e dischiuse un pò le imposte per vedere chi fosse, sussultò e sgranando gli occhi azzurri le spalancò del tutto, poggiò le mani al davanzale e si sporse. “ Max...” il suo tono era fra domanda e sorpresa e senza rendersene conto scavalcò il davanzale, e in mutande e a piedi scalzi corse al cancello. “ Max...ma cosa...” l'amico lo interruppe. “ Ho bisogno che nascondiate Stefy, potete ? “ Andrea guardò la ragazza che era in uno stato pietoso, annuì e aprì il cancello come un automa. Max spinse dentro il giardino la figura infagottata di Stefy mentre Andrea richiuse il cancello dietro di loro, nel frattempo Lilli era corsa alla porta e appoggiata allo stipite aspettò che entrassero in casa. Maximilian si soffermò appena sulla figura si Lilli avvolta nella leggera camiciola di cotone, lei se ne accorse, arrossì e le braccia si avvolsero istintivamente al busto per coprirsi, poi si allontanò dal terzetto dirigendosi nella sua stanza. Tornò poco dopo in canottiera e calzoncini e trovò il fratello ancora scalzo e in mutande seduto sul divano accanto a Max che stringeva forte a se la sconosciuta, che con la testa poggiata su egli piangeva copiosamente. Il cuore di Lilli era in tumulto e in lei si fece strada prepotentemente un moto di gelosia, strinse le mascelle mordendosi il labbro inferiore; si impose la calma poi chiudendo a pugno la mano la portò alla bocca tossendo forzatamente. Istantaneamente tre paia di occhi si voltarono verso di lei. Lilli con un cenno del capo fece notare al fratello la sua condizione. Andrea all'inizio non capì, ma guardando i cenni della sorella abbassò lo sguardo su di sé e arrossì violentemente. “ Porca miseria...” scattò in piedi strappando un mesto sorriso alla donna e all'amico, come un fulmine sparì nella sua stanza a mettersi qualcosa addosso. “ Vi preparo qualcosa di caldo? “ mormorò Lilli ai due sul divano, “ credo ne abbiate bisogno entrambi.” Stefy la guardò con gratitudine e lei non volle sentire altro, si diresse in cucina velocemente, la vista di Maximilian appiccicata a quella donna le dava fastidio. Con gesti stizzati cominciò a preparare del thè e del caffè, il rumore delle tazze che sbattevano si sentiva sin nella saletta. Stefy guardò il collega con aria interrogativa ed egli alzò le spalle con noncuranza scuotendo il capo. “ Rieccomi...” cinguettò Andrea tornando dai suoi ospiti, aveva addosso corti pantaloni blu e una maglia bianca. “ Allora Max, vuoi dirmi che cosa è successo? “ lo sguardo azzurro di Andrea si soffermò alla larga macchia di sangue che spiccava sulla camicia dell'amico che sospirò rumorosamente. Lilli tornò dalla cucina con il vassoio in mano e lo posò davanti a loro, versò nelle tazze il thè e il caffè e notò che la donna sconosciuta tremava vistosamente con le mani , tanto che si versò un po' del thè sull'abito sporco e lacero che un tempo doveva esser stato bellissimo. “ Mi...mi spiace tanto...” mormorò in inglese e con voce incrinata dal pianto. “ Non è nulla. “ Lilli cercò di sorriderle cercando di pulirle l'abito con una tovaglietta. La giovane donna sussultò scostandosi di scatto e Lilli la guardò sorpresa. “ Ho fatto qualcosa di sbagliato? “ domandò poi con ansia guardando Max, egli scosse il capo. “ No, è solo molto provata.” Poi cominciò a raccontare quello che era successo senza omettere nulla. Sulle facce dei due fratelli passarono le emozioni più svariate mentre le loro mani si cercarono intrecciando le dita fra loro. “ Santo Dio...” mormorò Andrea appena Max ebbe finito il suo racconto, poi gli occhi azzurri si posarono su Stefy. “ Mi dispiace davvero tanto per lei, se questo ti può far stare tranquillo lei potrà stare qui tutto il tempo che vorrà, io e Lilli ci prenderemo cura di lei...vero? “ Si volse a guardare la sorella con cipiglio severo, sapendo esattamente cosa le passava per la testa. Lilli abbassò lo sguardo sul vassoio e afferrò un biscotto tanto per fare qualcosa. “ Certamente...” mormorò con tono rassicurante abbozzando sorriso quasi sincero...” ci prenderemo cura della tua amica sino a quando non si rimetterà del tutto.” Il fratello annuì soddisfatto e le regalò un caldo sorriso. “ Vi sono immensamente grato...anzi vi siamo immensamente grati. “ “Ma che dici?? Lo faccio con piacere...e poi a che servono gli amici? “ Andrea ammiccò all'amico..” Stefy può dormire nella mia stanza...e tu Max ti puoi arrangiare sul divano per il momento “ lo squadrò da capo a piedi soffermandosi sul suo aspetto dismesso “ ...sembri una mappina...” lo canzonò poi. “ Ti ringrazio Andy...sei sempre gentile...” Risero assieme come non gli capitava da anni, poi si alzò e tradusse tutto a Stefy che era rimasta a guardare senza capire. “ Stefy chiede se può fare una doccia.” “ Certo che può ci mancherebbe.” Mormorò Lilli con un sorriso forzato “ ora le procuro tutto il necessario poi l'accompagno in bagno e le faccio il letto così potrà riposare.” “ Grazie Lilli...” mormorò con dolcezza Maximilian stringerndole una mano sul braccio. A quel contatto lei sussultò cercando di sottrarvisi. “ Ma ti pare.” Si allontanò da lui e si diresse verso un armadio basso per prendere degli asciugamani da dare a Stefy che aveva assistito quasi divertita alla scena fra Lilli e Max, e da donna si accorse di quanto quei due si amassero senza saperlo. Scosse la testa andando incontro a Lilli e la guardò con dolcezza. La ragazza non seppe come interpretare quello sguardo ma lo ricambiò timidamente. Con la mano fece il gesto di seguirla e la condusse al bagno, le diede gli asciugamani e un pigiama, poi le chiuse la porta alle spalle e andò a cambiare le lenzuola al letto di Andrea, affinchè Stefy potesse riposare tranquilla. Con il suo carico fra le braccia passò dal salottino dove Max e il fratello parlottavano ancora, quasi non li degnò di uno sguardo, poi si diresse in cucina e posò in terra il suo carico di biancheria.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2729995