A walk, an ice cream and a handshake

di B_Regal
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A walk, an ice cream and a handshake ***
Capitolo 2: *** Lips as yours ***
Capitolo 3: *** Ocean ***
Capitolo 4: *** Tell me you believe ***
Capitolo 5: *** Happy Halloween ***
Capitolo 6: *** Christmas Lights ***
Capitolo 7: *** Hope ***
Capitolo 8: *** Epifania ***
Capitolo 9: *** The Queen's secret ***
Capitolo 10: *** Kansas [Missing Moment] ***
Capitolo 11: *** Sand Castle ***
Capitolo 12: *** Scarpe con il tacco ***
Capitolo 13: *** Un pò alla volta [Traduzione] ***
Capitolo 14: *** Dreamcatcher [Missing Moment #5x05] ***
Capitolo 15: *** Talking It Out ***
Capitolo 16: *** Souls of the Departed ***



Capitolo 1
*** A walk, an ice cream and a handshake ***


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Regina Mills aspettava impaziente all’angolo della strada, il rumore del vento leggero e delle foglie che esso spazzava via come unica compagnia.  Aveva già controllato l’ orologio tre volte, ma chi doveva arrivare non era in ritardo, era stata lei ad anticiparsi; Credeva che l’avrebbe fatta stare più tranquilla e invece iniziava a ricredersi. Quei minuti le stavano dando l’opportunità di pensare, e i pensieri che le stavano attraversando la testa non erano certo del migliore tipo.
Forse non avrebbe dovuto accettare, forse era troppo presto.
Ma Robin aveva insistito così tanto.
 
“Voglio che Roland ti conosca..” le aveva detto quel pomeriggio, interrompendo l’ennesimo bacio furtivo che si stavano scambiando in uno degli stretti corridoi di Granny’s, quello che ormai era diventato ufficialmente il loro rifugio “Stasera!”
“Ma mi conosce già!” Aveva ribattuto lei, guardandolo perplessa e anche un po’ scocciata da quell’interruzione.
“Si, come conosce tutti gli altri qui a Storybrooke, ma io voglio che ti conosca davvero..” Le aveva preso le mani con foga, stringendogliele nelle sue “Voglio che sappia quello che rappresenti per me!”
A Regina non era sembrata una grande idea, ma aveva sorriso per dissimulare “Una specie di presentazione ufficiale? Come l’altro giorno con Henry?”
“Diciamo di si, ma per Roland va bene anche qualcosa di meno formale. Stasera, alla festa per il bambino!”
“Robin, io non so se..”
Lui aveva scosso la testa, prendendo quella di lei tra le sue mani “Non ti preoccupare, gli altri saranno così presi dal nuovo arrivato che neanche ci faranno caso. Ci vediamo prima e andiamo insieme alla festa, io tu e Roland!”
 
Non aveva voluto sentire ragioni, ma lui non capiva. Non capiva che lei non era una che piaceva alla gente, tantomeno ai bambini. Anzi, soprattutto ai bambini. Henry gliel’aveva detto chiaramente una volta.
Gli altri bambini non vengono a casa, loro hanno paura di te.
Non vedeva alcun motivo per cui per Roland sarebbe dovuto essere diverso.
 
Li vide arrivare dal fondo della strada illuminata dai lampioni, l’uomo stringeva la mano del bambino accanto a lui, in una presa che poteva percepire salda e rassicurante.  Trasmettevano una strana sensazione di tranquillità con quella camminata quasi sincronizzata, il passo deciso ma lento, che non mutò nemmeno quando lui la riconobbe.  Robin Hood era così, non perdeva mai la sua flemme.
Per un attimo sentì le gambe tremare e un nodo che le bloccava la gola, ma cercò di dissimulare quelle sensazione quando i due la raggiunsero. E poi Robin fu abbastanza vicino che lei lo vide. Vide quel sorriso rassicurante e l’ansia svanì improvvisamente come era arrivata. Lasciò che lui le sfiorasse velocemente una guancia a mò di saluto, poi concentrò la sua attenzione sul bambino che la stava guardando, pensieroso.
Non riuscì a decifrare lo sguardo che le stava riservando, così si limitò a un normale saluto, sperando di apparire quanto meno.. normale. “Ciao Roland!”
“Ciao. Lo sai che mi ricordo di te?” Lo disse con una sorta di orgoglio nella voce.
La tenerezza con cui pronunciò quelle parole fece sorridere Regina, che si inginocchiò alla sua altezza per poterlo guardare negli occhi “ah si?”
Roland annuì fiero “Si, sei la signora con il vestito elegante che ha trasformato la scimmia cattiva in un pupazzo!”
La donna annuì piano, intercettando lo sguardo di Robin, che in piedi davanti a loro si godeva la scena in silenzio.
Non ci aveva proprio pensato.  La rottura del sortilegio aveva restituito a tutti la memoria e il piccolo Hood non aveva fatto eccezione. Ed evidentemente l’episodio della scimmia voltante non era rimasto impresso solo a lei.
Quelle parole la riempirono di felicità. Era abituata ad essere riconosciuta, spesso la sua fama l’aveva preceduta e tante volte aveva visto uomini e donne spalancare gli occhi di paura alla sua comparsa. Ma era la prima volta che qualcuno si ricordava di lei per qualcosa di buono che aveva fatto.
“Si, sono proprio io!”
Roland sorrise soddisfatto, poi inaspettatamente allungò una mano verso di lei e le sfiorò una ciocca bruna “sei più bella con i capelli così!”
Gli occhi di Regina si spalancarono un po’ di più “grazie!” Balbettò, sentendosi presa completamente alla sprovvista da quel complimento innocente.
“Roland è un bambino molto sincero, dice tutto ciò che gli passa per la testa!” Spiegò Robin, probabilmente intuendo l’esitazione della donna. 
Regina tornò in piedi, e annuì lanciandogli uno sguardo divertito “come suo padre..”
Robin alzò le spalle, e lei sarebbe rimasta ore a osservare quell’espressione malandrina che era comparsa sul volto dell’ uomo. Fu solo perché si ricordò della presenza del bambino accanto a loro che si costrinse a distogliere lo sguardo che finì dritto sull’ insegna luminescente della gelateria di fronte al marciapiede.
“Ti va di mangiare un gelato, Roland?”
Quello alzò lo sguardo su di lei, perplesso “E che cos’è?”
“E’ qualcosa che solitamente ai bambini piace molto. Mio figlio ne va matto!”
“Tu hai un figlio?” chiese Roland, spalancando gli occhioni color nocciola “Posso giocare con lui qualche volta?”
“Certo che puoi!” Assicurò lei, mentre l’immagine di Henry e Roland che lottavano insieme con le spade di legno le attraverso gli occhi per un attimo “Lui è un po’ più grande di te, ma sono sicura che ne sarebbe contento!”
Il bambino sembrò felice di quelle parole, evidentemente essere l’unico bambino della comitiva di suo padre non lo rendeva particolarmente entusiasta “Anche io!”
“Allora, questo gelato lo vogliamo assaggiare o no?” Con un cenno della testa indicò l’ingresso della gelateria e Roland varcò la soglia senza esitazione, seguito dai due adulti.
L’ uomo dietro il bancone rivolse un sorriso incerto a Regina, ma lei non ci badò. Da quando aveva spezzato la maledizione era abituata agli strani atteggiamenti degli abitanti di Storybrooke, probabilmente confusi dagli eventi di cui era giunta loro voce,  e ancora indecisi se annoverarla tra i buoni o tra i cattivi.
“Un cono medio per questo bimbo qui..” chiese, posando una mano sulla spalla di Roland, che se ne stava con il naso schiacciato sul vetro del bancone, rapito da quell’ esplosione di colori “Cioccolato e panna dovrebbero andare bene!”
Robin fece qualche passo verso Regina e le sussurrò in un orecchio “Non stiamo facendo tardi alla festa?”
Regina annuì “Si, ma ti assicuro che non è questa grossa perdita!” replicò con una smorfia. Lui alzò gli occhi divertito e lei scrollò le spalle “Non è per il bambino, eh!” precisò lei “E’ che tu non conosci David e Mary Margaret.  A volte sono così.. plateali!”
“Forse, ma ci sarà anche Henry.. e lui non vorrebbe che tu mancassi ad un evento così importante per la vostra famiglia!” Rispose, sottolineando il vostra e senza perdere di vista Roland che si era sporto per afferrare il cono dalle mani grosse del gelataio.
Regina lasciò cadere delle monete sul bancone e si voltò verso Robin, le mani sui fianchi “Il fatto che tu adesso sappia qual è il mio punto debole, non ti da il diritto di usarlo a tuo piacimento contro di me!”
Robin ridacchiò e pensò bene di chiudere subito l’argomento. Scompigliò i capelli ricci del figlio mentre uscivano di nuovo all’aria aperta “Allora, com’è?”
Roland si stava appena riprendendo dall’impatto con quella sostanza ghiacciata sulla lingua. Arricciò il naso e si mise a ridere “E’ freddo!”
Quella risata contagiò anche i due adulti, che rimasero a osservarlo divertiti mentre il bambino si lanciava in un secondo assaggio, stavolta più consapevole e vigoroso.
“Sai, è così che deve essere.. “ Gli spiegò Regina piegandosi leggermente verso di lui “si chiama gelato proprio per questo!”
Roland annuì, senza alzare però gli occhi dal suo bottino “Mi piace!”
“Bene..  possiamo andare allora!” Esclamò la donna  lanciando un occhiata a Robin “Qualcuno qui è impaziente di mescolarsi tra la folla!”
Lui fece una smorfia e le prese un braccio, delicatamente, avvicinandola a sé “State forse insinuando che non mi piace stare da solo con voi, Maestà?”
“E’ quello che mi avete fatto capire..” Rispose lei a tono, con un lampo divertito negli occhi.
Robin arricciò la bocca “Allora ricordatemi di spiegarvi meglio come stanno le cose, appena avremo l’occasione di restare da soli. Soli io e voi, intendo!”
“Vedremo cosa siete capaci di fare!”
L’ uomo avrebbe voluto continuare quel gioco di battutine, ma fu distratto dal figlio che aveva preso a camminare davanti a loro e, troppo preso dal suo gelato, sembrava incapace di mantenere un tragitto lineare e per la seconda volta si era pericolosamente avvicinato al bordo della strada.
“Roland, ti ho già ripetuto che qui non è come la foresta e che devi fare attenzione a dove metti i piedi!” Allungò un braccio verso il figlio “Dammi la mano!”
Roland si voltò distrattamente, trovò Regina giusto dietro di lui e fu istintivo per lui afferrarle le dita fasciate dai guanti neri e stringergliele con la sua piccola mano sinistra, mentre con la destra tentava in ogni modo di tenere in equilibrio il gelato e di evitare che altre gocce  scivolassero via sul cono.
Regina fu presa alla sprovvista da quel gesto e per un momento alzò gli occhi su Robin, come se si aspettate un gesto da lui, come se si sentisse colpevole di aver usurpato un ruolo che non le spettava.
Ma lui le sorrise, un sorriso che sembrava felice, quasi orgoglioso. E che fece sorridere anche lei, mentre la presa attorno alla manina di Roland si faceva più stretta.
Sentì un calore che le avvolgeva il petto, che le arrivava fino a dentro al cuore.  Era una sensazione di benessere, che le sembrò molto simile a quella che aveva provato quando aveva preso per la prima volta Henry tra le sue braccia.  Non sapeva se essere felici significava sentirsi in quel modo, ma qualsiasi cosa fosse, le sarebbe piaciuto durasse per sempre.
Per un momento un brutto presentimento le scosse il corpo, come se quello che stava provando fosse sbagliato, quasi una vocina interiore che le diceva che non se lo meritava e che avrebbe perso tutto.
Che sarebbe finita male, come sempre.
Ma decise di ignorarla.
Era arrivato il momento di smetterla con i brutti pensieri, e di godersi quello che il destino le stava finalmente regalando. 

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Capitolo 2
*** Lips as yours ***


Una seconda One Shot non era prevista, l’idea mi è venuta all’improvviso e l’ho inserita in questa raccoltà per una questione – più che altro – di comodità.
E’ un altro Slice of life, che potrebbe essere considerato sia indipendente, sia legato alla prima Shot. Ai lettori la scelta.
Molto fluff. Come piace a me!
Buona lettura!
 
 ......
 
 
Era una serata d'estate e una leggera brezza filtrava dalla finestra semiaperta della camera da letto della casa n. 108 di Mifflin Street. Regina stava immobile, stesa sul letto, un braccio dietro la nuca a sorreggerle la testa e uno abbandonato sul lenzuolo, la mente libera da ogni pensiero.
Si godeva la presenza delle due persone che giacevano sullo stesso letto, entrambe a pancia in giù e con le teste sospese sul suo corpo, in una posizione estremamente simile. Robin e Roland si somigliavano in così tante cose.
Il bambino percorreva con aria perplessa  il ventre della donna con un ditino, sfiorando la stoffa della canotta blu che quella indossava "c'è davvero un bambino qui dentro?"
Regina sorrise tra sé e sé, lasciando che fosse Robin a rispondere a quella domanda che veniva posta loro per la terza volta, come fosse ancora troppo difficile da accettare.
"Si, adesso è piccolo piccolo e deve crescere fino a quando non sarà abbastanza forte per stare qui con noi!" Spiegò pazientemente il padre, posando a sua volta la mano sulla pancia della compagna.
Roland annuì, leggermente più convinto e con un sorriso quasi divertito dipinto in volto "È un maschio come me?"
Robin sollevò le spalle. A lui in realtà sarebbe piaciuto avere una bambina, ma tenne quel pensiero per sé "Non lo sappiamo, non potremo saperlo fino a quando non nascerà!"
Il bimbo annuì, senza mascherare il piccolo moto di delusione "E non sai nemmeno come si chiama?"
Stavolta fu Regina a rispondere, alzando gli occhi sul bambino e sorridendogli in maniera gentile "questo lo decideremo insieme!"
"La cosa più importante.." continuò Robin, afferrando una manina del figlio e posandola di nuovo sulla pancia di Regina "E' che questo bimbo sarà il tuo fratellino, o la tua sorellina.."
Roland sembrò riflettere su quelle parole "come Henry?"
Regina annuì, ripensando per un attimo a quando quel pomeriggio aveva dato la notizia a suo figlio "Si, esatto!"
Robin si mosse sul letto fronteggiando non più il corpo di Regina, ma il suo viso "A questo proposito, mi chiedevo.." Cominciò, arricciando le sopracciglia "Questo bambino sarà anche il fratellino di Biancaneve?"
La cuscinata lo colpì in pieno ma non abbastanza di sorpresa da impedirgli di proteggersi con le mani, Robin si era preparato ad ogni tipo di reazione nel momento stesso in cui aveva deciso di uscirsene con quell’ infelice battuta.
Regina gli puntò un dito contro e strinse gli occhi "Ti ho già detto un sacco di volte che nel momento in cui è finito il mio matrimonio con il re si é sciolto ogni legame di parentela con quella donna. Quindi no, non sará il fratellino di Biancaneve!" Rispose secca, una punta di fastidio – non tanto finta – nella voce "Non sono sua madre, nè la nonna di Emma nè tantomeno la bisnonna di Henry. E se non la smetti di darmi della vecchia finirai a dormire di sotto, Hood!"
"Era uno scherzo!" Si difese lui rimettendo al proprio posto il cuscino. Strisció un poco verso il suo viso e le parló a pochi centimetri da esso "Sei la futura mamma più giovane e bella del reame!"
Lei sorrise, i lineamenti del viso che si distendevano di colpo – Robin si stupiva ancora di come riuscisse in pochi istanti a cambiare completamente le proprie espressioni facciali - e chiuse gli occhi mentre lui le baciava la punta del naso "Sai sempre come salvarti all’ ultimo secondo!”
"sai.." Le sussurrò in un orecchio, dopo averle sfiorato una guancia con le labbra "l'ho imparato in anni e anni di duro lavoro di brigante!"
Regina rise prima di essere distratta dalla vocina squillante di Roland che se ne stava ancora con la faccia sospesa sulla sua pancia, a rimuginare su qualsiasi cosa essa dovesse contenere "Papà, come lo prendiamo da qui dentro?"
La donna soffocò una risata girando la testa,  mentre Robin balbettò una serie di "ehm" ed "ecco" sconnessi prima che la donna accorresse in suo aiuto.
"Un dottore farà un piccolo taglio qui.." spiegò alla fine, indicandosi la pancia "e lo tirerà fuori. Non farà male, hanno una specie di medicina che mi farà dormire per tutto il tempo!" Aggiunse quando vide gli occhi del bambino spalancarsi per l'orrore.
Vide Robin storcere il naso. Lei e Whale gli avevano spiegato tutto a proposito delle gravidanze in quel mondo ma a lui l'idea che le aprissero la pancia con una lama continuava a non piacere.
Al contrario Roland sembró soddisfatto di quella spiegazione, ma gli occhi continuavano a spostarsi  tra i due adulti. Roland a soli cinque anni di vita aveva già visto ombre che arrivavano dalle finestre, orribili scimmie volanti e giovani ragazze capaci di ghiacciare intere città, eppure l’idea di una nuova vita che cresceva all’interno di un altro essere umano sembrava mandarlo davvero in confusione. Regina pensò che dovesse essere normale per un bambino che aveva sempre vissuto in una foresta, in compagnia di soli uomini adulti.
"Sai che puoi vederlo?" La donna allungó una mano verso il suo comodino e ne prese una fotografia in bianco e nero che porse al bambino, forse quella poteva aiutare a rendere più realistica la situazione. Lei si era resa conto di aspettare davvero un figlio quando aveva sentito il suo cuoricino battere per la prima volta "Si chiama ecografia!"
Roland si rigirò quell'immagine tra le mani, perplesso, osservandola qualche secondo prima di scuotere la testa deluso "Io non lo vedo!"
"Ho avuto qualche difficoltà anche io.." Lo rassicurò suo padre, comprensivo. Robin non credeva fosse davvero possibile osservare l’interno del corpo di una persona, Regina gliene aveva parlato prima di recarsi in ospedale per la visita ma lui aveva persistito nel suo scetticismo fino a quando Whale, con una buona dose di impegno e pazienza, non era riuscito a fargli distinguere la figura, per quanto poco nitida, di un corpicino in quel groviglio di macchie bianche e nere. Aveva spalancato gli occhi per la sorpresa mentre Regina sorrideva divertita alla scena, ed era rimasto a fissare quell’immagine per il resto della giornata.
Prese l’ecografia dalle mani del figlio e gliela mise a pochi centimetri dal viso "Qui dovrebbe esserci la sua testa, vedi?” spiegò tracciandogli i contorni di quel cranio sproporzionatamente grande rispetto al resto del corpo del feto.
Roland osservò con attenzione i movimenti del dito di suo padre prima di annuire senza troppa convinzione "Mi sembra un pó bruttino!"
Regina scoppiò in una risata cristallina, riflettendo sul fatto che forse Roland era stato l’unico ad esprimere ciò che avevano pensato tutti e tre. Non era certo un esperta di ecografie e doveva ammettere di essersi preoccupata persino lei quando aveva riconosciuto la strana forma del suo bambino all’interno dello schermo. L’infermiera doveva aver notato la sua espressione perché le aveva spiegato che lo sviluppo dei feti non è omogeneo e che la testa è la prima che inizia a crescere “Hai ragione!” rispose, accarezzando la testolina riccia di Roland “ma vedrai che migliorerà!"
“E comunque non è cosi brutto..” Robin nel frattempo si era steso di fianco a lei e osservava di nuovo l’ecografia, gli occhi spalancati di fronte a quella specie di magia “Guarda Roland, ha il tuo naso. Si, ha proprio il profilo degli Hood!”
Roland gattonò verso il padre e infilò la testolina tra il suo braccio e la foto nel tentativo di avere la migliore visuale possibile dell’immagine. Inclinò la testa di lato e dopo un paio di secondi corrucciò le labbra in una smorfia “Io non lo vedo il naso!”
Regina alzò gli occhi verso l’alto e scosse la testa, senza però riuscire a reprimere un accenno di sorriso divertito “Infatti non si vede il naso, Roland. Non credere a tutto ciò che dice tuo padre..”
Robin le rispose con una piccola linguaccia prima di tornare a osservare l’ecografia “Invece secondo me si vede. E poi lo so, avrà il mio profilo. Ho un bel profilo, no?” Si girò su un fianco incontrando il viso di Regina che lo stava guardando divertita e perplessa “Però spero che abbia le tue labbra. Amo le tue labbra!” Disse un istante prima di catturargliele in un bacio.
Lei nascose un sorriso nell’incontro delle loro bocche, gli passò una mano nei capelli biondi e quando si staccarono, annuì “Il tuo profilo e le mie labbra allora. Può andare bene!”
Si voltarono tutti e due a guardare Roland che sembrava aver finalmente accettato l’idea di un bambino nella pancia di Regina e si era messo a saltare sul grosso letto, urlando e ridendo. Quando si lasciò cadere pesantemente proprio a pochi centimetri da Regina, Robin lo afferrò tra le braccia mettendo fine a quel gioco che rischiava di diventare pericoloso “Ehi piccolino, ti hanno per caso trasformato in un grillo mentre noi non guardavamo?”
Roland rise cercando di liberarsi dalle braccia possenti del padre “Non sono un grillo, io sono un arciere!”  rispose fingendo di scoccare una freccia dal suo invisibile arco dritta al viso del padre.
“Ah, e cosi saresti un arciere!” Finse di morderlo alla base del collo, con il solo effetto di procurare solletico al figlio che dopo pochi tentativi di rivolta si arrese immobilizzandosi “Ehi, a proposito di arcieri, sai che dovrai insegnare al fratellino a tirare con l’arco?”
Roland alzò lo sguardo sul padre, stupito “Io?”
L’ uomo annuì vigorosamente “Certo! Beh, se ne sei capace, ovvio!” aggiunse poi.
“Si, sono capace!” protestò Roland con convinzione “Dobbiamo trovare un arco per lui, allora!”
“Ne costruiremo uno insieme, io e te!”
“Oppure posso dargli il mio e ne costruiamo uno più grande per me!”
“Ah, certo.. sei furbo tu, eh!” Rise abbracciando un po’ di più il figlio, per poi voltarsi a guardare Regina che pur con gli occhi semichiusi aveva sorriso all’ ultima riflessione di Roland "Facciamo che riparliamo un altra volta, adesso lasciamo riposare Regina che è un pó stanca.."
Lei riaprì gli occhi di scatto e afferrò un polso di Robin, quello con il tatuaggio "No, restate. Non sono stanca, sono.." Cercò la parola giusta. Era in casa sua, al riparo dagli sguardi della gente che ancora la mettevano in difficoltà – Ancora c’era chi vedeva in lei la Regina Cattiva e se pure l’avevano perdonata, a lei restava il senso di colpa per aver fatto del male alla maggior parte dei suoi cittadini -, ma lì, in quella camera da letto, in casa sua, era in compagnia delle due persone che la facevano sentire incondizionatamente amata. Era dove avrebbe voluto essere ogni giorno, ogni ora della sua vita "sono.. rilassata!"
"Rilassata?"
"Si.." annuì lei. Forse Robin non poteva capire fino in fondo, ma lei che quell’ aria di familiarità non l’aveva mai provata, lei che non aveva mai avuto la possibilità di vivere una vita normale, che non si era mai sentita tranquilla nemmeno in casa propria, per lei quei momenti normali con le persone che amava valevano più di qualsiasi ballo a corte o proclamazione reale a cui avesse mai partecipato “Adoro avervi attorno!” Confessò, facendogli uno dei sorrisi più sinceri di cui era capace.
“E’ la cosa che ami di più?” Gli chiese lui di rimando “Più di tutto?” Lei annuì “Più del tuo lavoro?”
“Certo..” rispose lei confusa, domandandosi il perché di quelle domande improvvise.
“Mi fa piacere che tu lo dica, perché domani l’allegra brigata ci vuole a pranzo da loro per festeggiare l’evento e tu rinuncerai volentieri alla riunione per venire con noi, visto che.. beh, adori averci attorno..”
“Scordatelo!” Fu l’unica risposta della donna, che incrociò le braccia. Come al solito era riuscito a trovare il momento giusto per portarla a fare qualcosa che non voleva.
“Regina..”
“Adoro avere intorno te e Roland, non tutta la compagnia, per di più sono sicura che alcuni dei tuoi amici ancora non abbiano accettato la nostra relazione, a partire da quella specie di.. armadio!”
Robin sorrise, l’antipatia reciproca tra Regina e Little John era una delle cose che probabilmente non sarebbe mai cambiata “Credo che lui stia iniziando ad ammorbidirsi, adesso che sa che lo renderai zio!”
Lei sollevò di poco la testa dal cuscino, scandalizzata da quelle ultime parole “Mio figlio nipote di quello lì? Non credo proprio!”
“Ci vieni domani?”
“No!”
“Tanto ci verrai!”
“Vedremo..” Si fronteggiarono con gli occhi, sfidandosi per un paio di secondi prima di scoppiare a ridere entrambi. Lo sapevano entrambi che alla fine ci sarebbe andata.
“Robin?”
“si?”
“Visto che domani potrebbe attendermi una faticosa giornata nella foresta, che tra parentesi non è proprio l’ideale per una donna incinta, sarebbe meglio che mi riposassi e che tu andassi di sotto a preparare la cena!”
Lui si puntellò la testa sul gomito e le lanciò uno sguardo scocciato “E’ il prezzo che devo pagare, vero?”
Regina strinse le labbra in un piccolo sorriso “Ogni cosa ha un prezzo, non solo la magia!”
L’ uomo dovette annuire, ormai messo alle strette, come del resto capitava spesso. Chi aveva a che fare con Regina Mills, prima o poi ci si abituava, a sudarsela l'ultima parola. Lui piano piano stava imparando  “La vostra fortuna è che io vi ami, my lady!”
“E’ la vostra è che io ami voi!” Regina rispose con lo stesso tono, prima di sentire il sorriso di Robin - che aveva appena deciso di arrendersi - premere sulla sua bocca.
 
 
 

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Capitolo 3
*** Ocean ***


L’ispirazione per questa Shot mi è venuta al mare, ma non ero per niente sicura di volerla scrivere. Ho fatto un po’ fatica ad immaginare Regina e Robin, per la prima volta, al di fuori di Storybrooke e in un contesto decisamente diverso da quello a cui siamo abituati.
Non so cosa sia uscito fuori e non so quanto siano IC i personaggi. Probabilmente Robin appare un po’ più giocherellone di quello che è – o è stato -, ma a me piace immaginarlo così, soprattutto considerata l’inflessibilità della sua partner (Quella donna si deve sciogliere un po’, è l’unico che può riuscire nell’impressa senza essere incenerito è lui!XD)
E Regina, per quanto mi sforzi di renderla il più fluff possibile, beh… non è Regina se non è un po’ acidella! Tanto sa come farsi amare, comunque! :D
E poi.. se non shippo Charming ci sarà un motivo.. troppo dolce disgusta..  XD (I will always find you.. bla bla bla.. cioè, scherziaaamo?! U.U).. il pepe invece.. insaporisce! =P
Beh, premesso ciò vi lascio alla lettura.

Questo è quello che la mia testolina ha partorito in una domenica d’agosto spaparanzata su un lettino in riva al mare agitato! ;)
Baci, soprattutto a chi mi ha lasciato quelle meravigliose recensioni dei capitoli precedenti! *-*
 
 

Ocean

 
Un espressione dubbiosa era dipinta sul volto di Regina, che con lo sguardo passava in rassegna la costa lunga e maestosa che le si estendeva davanti "Non sono sicura che sia una buona idea.." esclamò arricciando le labbra alla vista dell’oceano agitato a pochi passi da loro.
"Dai, non avrai paura di un pó di onde?" Robin fece qualche passo in avanti stringendo la manina del figlio, che già fremeva all'idea di avvicinarsi all'acqua.
"Allora, premettendo che io non ho paura di niente.." cominciò lei, portandosi entrambe le mani ai fianchi, vagamente risentita "Dico solo che é pericoloso, noi siamo abituati ai laghi della foresta incantata ma qui è diverso, e so di che parlo visto che ho portato Henry al mare diverse volte, non si scherza con l’oceano!"
L’uomo continuò ad esplorare il posto con lo sguardo, l’aria tranquilla e lo gli occhi rivolti all’orizzonte "Non sarà tanto diverso dai ruscelli impetuosi di Sherwood!" Concluse, per nulla toccato dagli avvertimenti della compagna. Afferrò il polso di Regina con la mano libera e la trascinò lungo la spiaggia semideserta, fingendo di non fare caso all'espressione contrariata di lei, e si fermó a pochi passi dalla riva, lasciando finalmente la mano di un impaziente Roland che si sfiló le scarpe in pochi secondi prima di correre a immergere i piedi nell'acqua fredda.
"Roland, aspetta tuo padre!" Gli urló dietro Regina mentre stendeva sulla sabbia bianca un grosso telo lilla che aveva previdentemente portato da casa.
Robin corrugò la fronte "Aspetta me e tuo padre.." La corresse, con un ghigno divertito, già completamente nudo a parte il costume.
Regina scosse la testa mentre si sfilava via il vestito, per nulla intenzionata a fare un altro passo in avanti "Non credo proprio, io resto qui a godermi lo spettacolo!" sentenziò con decisione.
Robin piegò la testa, contrariato “Non erano questi i patti!”
"I patti erano che avremmo passato una giornata al mare, non ho mai detto che ci sarei entrata, nel mare!" Spiegò tranquillamente mentre si slacciava i sandali e li riponeva al sicuro dietro la borsa. Da quando Robin aveva imparato a portare l’auto – Regina ogni tanto malediceva di aver voluto insegnargli – non faceva che proporre continuamente gite fuori porta, sostenendo che da uomo abituato a spostarsi e a viaggiare qual’era non poteva non approfittare della comodità di quel nuovo mondo di poter percorrere lunghe distanze in poco tempo e senza fatica. Regina provava sempre a dissuaderlo, a lei l’idea di lasciare Storybrooke, che nonostante i pericoli le sembrava comunque più sicura di ciò che c’era nel resto del mondo, non entusiasmava poi tanto, ma stavolta Roland aveva esultato così tanto all’idea di andare al mare che lei non aveva avuto il coraggio di dire di no.
"Non dirmi che non sai nuotare.." Robin la scrutò con sguardo attento cercando di capire il motivo per cui fosse così riluttante all’ idea di entrare in acqua. Era abituato a doverla pregare, soprattutto se si trattava di coinvolgerla in qualsiasi pranzo o festino organizzassero Mary Margaret o Belle, ma solitamente quando erano solo loro tre aveva meno difficoltà a convincerla.
"So nuotare da quando avevo otto anni.." Rispose lei con un espressione quasi offesa, mentre per un istante tornava con la mente ai pomeriggi estivi con suo padre, nel lago vicino casa. E a quelli con Daniel, dopo. L'ultimo bagno della sua vita l'aveva fatto proprio con lui, così tanto tempo fa da averne solo ricordi sbiaditi.
"E allora qual'è il problema? Vieni!" Robin la riportò alla realtà, una mano già tesa verso di lei.
Regina lanciò a quella mano un’ occhiata poco convinta. Poi volse lo sguardo alle persone attorno a lei, che completamente assorte nelle proprie attività sembravano non averla nemmeno notata. Ma lei si sentiva comunque inquieta. Non era abituata a sentirsi una persona normale. Nella foresta incantata era la Regina, nella sua città il Sindaco e invece su quella spiaggia era solo una donna come tante. Eppure qualcosa dentro di lei non le permetteva di comportarsi come tale, sentiva il solito bisogno di mantenere il proprio contegno e la propria compostezza  "No Robin, non metterò piede in quella bolgia.." Sentenziò. E convinta di aver finalmente pronunciato le sue ultime parole, lo superó di qualche passo infilandosi gli occhiali da sole, rivolgendo lo sguardo attento a Roland che giocava sulla riva.
Robin la raggiunse, fermandosi proprio alle sue spalle con entrambe le mani sui fianchi "Regina?"
"Si?"
"La mia non era una richiesta.." la avvertì, pazientemente.
Regina incrociò le braccia e inclinò un po’ la testa, fissandolo "Ah no?"
Lui scosse la testa, mentre si portava davanti a lei. Ormai conosceva abbastanza Regina da sapere quando davvero non voleva fare una cosa, o quando metteva su la maschera da donna dura e inflessibile che era stata fino a poco tempo prima. Quello gli sembrava decisamente il secondo caso. E ormai da tempo aveva deciso che quella maschera doveva cadere una volta per tutte  "Ho fatto dei programmi per la giornata e non permetterò a nessuno di rovinarli.."
Regina non era preparata a difendersi e non riuscì a fare niente quando si sentì sollevare di peso dall'uomo, che senza troppe difficoltá se la lasció scivolare su una spalla mantenendola saldamente per le ginocchia. Nel giro di pochi secondi si ritrovò a testa in giù, completamente prigioniera e impossibilitata a fare alcun movimento, o quantomeno nessuno che la sollevasse dal rischio di farsi seriamente male. O di far male a lui.
"Robin!" Urlò iniziando ad assestare pugni sulla sua schiena, dopo aver inutilmente tentato di non perdere gli occhiali lungo il tragitto "mettimi giù immediatamente! Non osare fare quello che stai per fare.. Robin... Robin lasciami andare!"
Lui sembrava non recepire una parola, sapeva che con molte probabilità avrebbe pagato caro quella follia, ma ciò non gli avrebbe impedito di divertirsi un po’.  La trasportò fino alla riva sotto lo sguardo divertito di Roland che saltellava ridendo attorno ai due e per un attimo perse la presa, sconfitto dai tentativi di ribellione di lei.
Regina tentó di scappare ma lui fu più veloce, la bloccó per i fianchi e la sollevó di nuovo, fermamente intenzionato ad averla vinta.
"Se non mi lasci giuro che ti arrostisco!" Lo minacciò, posizionando saldamente l’unica mano che era in grado di muovere sulla natica dell’ uomo.
"Non lo faresti mai.." Rispose tranquillamente lui continuando a tenerla tra le braccia come se stesse trasportando un sacco di patate. Resistette ai pugni che gli arrivavano sulla schiena, schivò un calcio che minacció di arrivargli dritto sul naso e quando finalmente sentì l'acqua bagnargli i polpastrelli mise giù malamente la sua preda, lasciandola cadere in mare con un tonfo sordo.
Regina impiegó qualche minuto per alzarsi, il tempo di riprendersi dall'impatto con l'acqua gelida e di gettare uno sguardo infuriato all'uomo accanto a lei, avrebbe voluto urlargli contro ma non ci riuscì, troppo preoccupata a cercare di mantenersi in equilibrio in quel groviglio di onde.
Era pronta a tornare al suo angolino sicuro di sabbia quando un onda più grossa delle altre la investì in pieno, perse l'equilibrio e per qualche secondo anche la cognizione dello spazio. L'acqua la sommerse e lei si sentì fluttuare in mezzo al niente.
Poi due mani forti le afferrarono i fianchi e la riportarono in superficie. Emerse con il viso ancora contratto, avvilita e con una mano a mantenere il pezzo di sopra del suo costume nero, senza ancora sapere bene se si fosse spaventata di più per l'idea di morire affogata o di rimanere nuda in pubblico.
"Robin ti ammazzo!" Balbettó cercando di spostarsi i capelli bagnati che si erano incollati sul viso. Cercó di andare verso di lui ma la corrente li aveva giá portati più a largo di quanto pensasse, a stento riusciva a toccare il fondale e nuotare verso di lui sembrava più difficile del previsto.
Robin la osservava divertito, completamente a suo agio in quel groviglio di onde e per nulla spaventato dalla reazione di lei, seppur consapevole di averla fatta davvero grossa. Forse non sarebbe stato incenerito ma un paio di notti sul divano probabilmente non gliele toglieva nessuno. Tese un braccio verso di lei, in evidente segno di pace "dai, ti aiuto!"
Regina peró piuttosto che prendergli la mano si scostó accigliata, pronta a una nuova veloce fuga che fu peró presto stroncata da un' onda che la travolse, di nuovo. Imprecò, odiava sentirsi così imbranata.
Riemerse tossicchiando leggermente e cercando l'equilibrio, lanció uno sguardo di fuoco quando vide Robin poco distante ridere di gusto, ma il buon senso le disse comunque di raggiungerlo, sarebbe stato di certo più sicuro di un nuovo tentativo di tornare sulla spiaggia.
"Hai capito finalmente.." Fu il commento di lui mentre le afferrava l'avambraccio, aiutandola ad avvicinarsi.
"Tutto questo non è per niente decoroso.." Borbottó lei, senza peró riuscire a nascondere un sorriso nel momento in cui fu costretta ad aggrapparglisi al collo.
Robin scrollò le spalle "Sono un uomo delle foreste, non so cosa sia il decoro.." Le posó un bacio sulla spalla nuda e le spostò dietro le orecchie i capelli che le coprivano un occhio "anche se l'istinto mi dice che voi milady in questo momento siate tutto fuorchè decorosa.."
"L'istinto, eh?"
"Papà, papà posso venire?" La vocina di Robin si fece sentire dalla riva. Fino a quel momento il bambino si era goduto il divertente spettacolino messo su dal padre, ma ora era tornato impaziente di tuffarsi completamente in acqua.
"È troppo agitato per lui.." constatò preoccupata Regina, mentre osservava il piccolo togliersi in fretta la magliettina verde e lasciarla cadere abbandonata sulla sabbia.
"Ho immerso Roland nei ruscelli ancora prima che imparasse a camminare.." Fu la risposta tranquilla di Robin, mentre faceva segno al bambino di raggiungerli. Roland si lanciò correndo in mare e fece solo un paio di bracciate maldestre prima di ritrovarsi tra le braccia sicure del padre.
Il bambino allungó una mano sul viso di Regina e rise "Ti è piaciuto lo scherzo?"
"Molto Roland, davvero molto!" Fu la risposta ironica della donna, allo stesso tempo peró sollevata nel constatare che le onde sembravano star diminuendo d'intensità. E che forse stare in acqua non era così male. C'era stato un tempo in cui nuotare era stata una delle cose che le piaceva di più, e l'estate che aveva trascorso con Daniel era stata ricca di picnic in riva al lago, con i suoi genitori fuori da lontani parenti paterni e quel clima meraviglioso che aveva permesso loro bagni in quantità.
Poi le cose erano cambiate e dopo il matrimonio le uniche acque in cui aveva potuto immergere il proprio corpo erano state quelle della grossa vasca da bagno d’avorio.
Aveva finito per dimenticare quella sensazione di libertà e freschezza, di quando l’acqua ti avvolge e ti svuota la testa da ogni pensiero. Chiuse un secondo gli occhi immergendo tutto il viso sotto l’acqua e assaporandone il tocco delicato, nonostante l’incessante movimento provocato dalla corrente.
Quando riemerse Robin la stava osservando con aria di vittoria “Non mi dire che alla fine ti piace..”
Lei arricciò le labbra “Cosa dovrebbe piacermi?  Aver completamente rovinato una messa in piega appena fatta, e buttato all’aria i soldi del parrucchiere?”
“Sei bellissima anche con i capelli in quel modo..”
“Grazie, ma..” Poi il sorriso riconoscente che aveva si trasformò in una smorfia “Aspetta, in quel modo come?” Indagò spostandosi una ciocca bagnata dal naso.
“Il quel modo un po’ buffo..” e iniziò a ridere, mentre Roland gli nuotava attorno “Scusa ma sai, sono abituato a vederti sempre impeccabile e.. quei capelli, la tua espressione sconvolta.. sei irresistibile, davvero!”
Regina ridusse gli occhi a due fessure, come faceva sempre quando era arrabbiata – o quando fingeva di esserlo “Roland, credo che tuo padre si meriti una lezione..”
“si affoghiamolo!” Il bambino si arrampicò sulle spalle del padre fino a posare entrambe le mani sui suoi capelli e cercando goffamente di spingerlo in basso. Regina prese a fare lo stesso premendo con forza sulle grosse spalle dell’uomo, che sembrava però resistere senza problemi all’attacco.
“Roland, ma che fai, mi tradisci?” Robin si finse offeso mentre prendeva le mani di Regina facendole scivolare via dal suo corpo, i movimenti rallentati dalla pressione che il figlio esercitava sulla sua testa.
Alla fine ebbe comunque la meglio lui, era decisamente più grosso di Regina e non ebbe troppe difficoltà a staccarla da lui, girarla e stringerla da dietro in una morsa che era a metà tra un abbraccio e un tentativo di cattura. La mossa però si rivelò controproducente, non riusciva a resistere avendola così vicina e alla fine le posò un bacio sul collo bagnato.
“Non crederai di cavartela così, vero?” Sbottò Regina, ma senza fare nulla per liberarsi da quella stretta “Prima il danno, poi la beffa.. per farti perdonare devi come minimo portarmi fuori a cena!”
“Ti ci porto, a casa dei Charming!” Sorrise beffardo, contro una spalla di lei.
“Provaci e ti ci faccio ospitare, a casa dei Charming..” ribattè Regina con tono acido – forse troppo – “dopo che ti avrò cacciato dalla nostra!”
Robin soffocò un ghigno divertito “Sei la solita esagerata!”
“Non sei il primo che me lo dice!”
“Regina, sono bravo?”  Roland aveva cominciato a nuotare attorno a loro, muovendo freneticamente le braccia davanti a lui, la bocca serrata come suo padre gli aveva sempre detto di tenere.
“Sei perfetto, proprio un pesciolino!” Lo incoraggiò la donna guardandolo intenerita e lasciandosi completamente distrarre dalla performance.
Il bambino tentò di aumentare la velocità andando verso di loro “No, sono uno squalo!”
“Ah, scusa squalo!” si corresse, divertita “Senti potresti mangiare questo signore qui dietro?”
“Me? Perché me? Mangia lei, è più buona! Ultimamente ha anche messo su qualche chiletto che..”
“Ehi!!” Regina lo interruppe e si mosse nell’ acqua, per girarsi e gli diede un buffetto sul viso “Adesso stai esagerando Locksley!”
Intanto Roland si era avventato sul padre per mordergli, neanche troppo delicatamente, un braccio “Mangio te!!!!”
Robin alzò le braccia per provare a difendersi “Traditore!” Mugugnò mentre afferrava la vita sottile di Roland e se lo caricava su una spalla. Quel gesto però fu sapientemente sfruttato da Regina che, approfittando dell’attimo di distrazione, si allontanò con un paio di bracciate, con il preciso intento di tornare sulla terraferma.
“Roland, hai visto? L’hai fatta scappare!” Esclamò Robin quando si accorse di non averla più accanto.
Il bambino spalancò gli occhi, allarmato “Prendila papà, prendila!”
“Troppo tardi!” Regina era già per metà fuori dall’acqua quando si voltò verso i due con una linguaccia “Addio!”
“Non è finita qui, sai?” La voce di Robin giunse ben chiara nonostante la distanza che ormai li separava.
“Si, si, certo!” Il sindaco raggiunse l’asciugamano che aveva lasciato sulla sabbia ridendo tra sé e sé, afferrò un telo pulito e se lo sistemò addosso, asciugandosi come meglio poteva. Poi si sedette, lo sguardo rivolto verso il mare, a osservare Robin che senza alcuno sforzo lanciava Roland in aria, e il bambino che si lasciava sfuggire un gridolino entusiasta prima di finire sott’acqua.
 
Robin camminò sulla sabbia bagnata, suo figlio stretto tra le braccia, abbastanza riluttante all’idea di abbandonare il mare, e raggiunse Regina che  li aspettava appena dove l’acqua non arrivava. La donna avvolse il bambino nel grosso asciugamano che teneva in mano e iniziò a strofinarglielo sulla pelle, indifferente alle lamentele.  Crescere Henry l’aveva temprata a ogni genere di capriccio.
“Dai Roland, inizia a fare troppo freddo per stare in acqua..” Provò a spiegargli mentre gli frizionava i folti capelli ricci. Per quanto fosse estate piena erano pur sempre nel Maine e lì le temperature non erano mai troppo alte.
“Puoi giocare sulla sabbia!” Gli propose Robin, mettendolo cautamente a terra. Roland come previsto provò subito a correre via ma lui lo tenne prontamente per un braccio mentre Regina finiva di asciugarlo con cura “Puoi smetterla di dimenarti così?”
“Ecco, ho finito!” Regina allontanò l’asciugamano e Roland scattò via verso un punto non precisato della riva,  attirato da una conchiglia per metà sotterrata nella sabbia scura.
“Se il mare gli fa questo effetto non so se ce lo riporteremo..” Osservò Robin, lo sguardo ancora rivolto al figlio mentre si passava una mano tra i capelli bagnati.
Regina sorrise “Magari è solo la prima volta..” Alzò un sopracciglio quando un paio di gocce d’acqua la raggiunsero e si voltò a guardare il compagno “Non bagnarmi!” Lo avvertì, accigliata, passandogli l’asciugamano che aveva usato per Roland.
Robin le rispose con una smorfia, poi le prese il volto tra le mani e la baciò. Le accarezzò le braccia e scese fino al busto mentre le loro bocche continuavano a sfiorarsi e Regina sembrava gradire, così quando si staccarono sorrise, l’espressione malandrina “scusa, ti ho bagnata?”
Lei rimase in silenzio, avrebbe voluto rispondere a tono ma non sapeva in che modo. Robin era probabilmente l’unica persona al mondo che riusciva a lasciarla senza parole. E non solo metaforicamente.
“Pensi di essere simpatico?” Sbottò alla fine, non riuscendo a trovare nulla di meglio per controbattere.
“Sono certo di risultare simpatico a tutti quelli che con te non hanno mai avuto l’ultima parola!” Rispose lui che, tanto per cambiare, aveva intercettato al volo i pensieri della donna.
Lei gli lanciò uno sguardo omicida mentre raggiungevano il telo lasciato sulla sabbia, mano nella mano “Te l’hanno mai detto che sei un po’ troppo sicuro di te? Questa storia del ladro buono a lungo andare ti ha dato alla testa..”
Robin sorrise,  sedendosi e invitando la compagna a fare lo stesso. Lasciò che si accomodasse tra le sue gambe e fece aderire i loro copri, appoggiando il mento sulla sua spalla “Ho conquistato la donna più bella del reame, come potrei non esserlo?”
Regina nascose un sorriso compiaciuto e scosse la testa “Non ti credo più, mi hai detto che sono ingrassata!”
“Non ho detto che sei ingrassata, solo che hai messo qualche chiletto!”
“Che è la stessa cosa..” commentò piatta.
“Non è vero, la mia non era una critica, mi piaci così, prima eri un po’ troppo deperita, ugualmente bellissima e sexy ma, ora sei ancora meglio. Qualche chiletto non è male se si è un acciughina!”
Lei sorrise di nuovo, credeva a quelle parole e non si sentiva offesa, ma non poteva resistere dal dover dare la sua solita risposta a tono “E’ quello che è succede quando ti trovi a sfamare due persone con l’appetito di sei!”
C’era stato un periodo, più o meno da quando Henry aveva lasciato casa, in cui aveva perso l’entusiasmo di mettersi ai fornelli, del resto a che scopo se non c’era nessuno ad apprezzare ciò che cucinava? 
Si era ritrovata spesso a saltare i pasti e senza rendersene conto, troppo presa dai numerosi problemi e le continue preoccupazioni, era dimagrita a vista d’occhio. Poi Robin e Roland si erano trasferiti da lei e si erano rivelati dal primo momento due buongustai, per la gioia della donna che aveva ripreso il suo posto in cucina ed effettivamente anche un po’ di peso.
“A proposito di questo, che ci cucini stasera?”
La donna scrollò le spalle con fare innocente “Nulla, hai detto che andiamo dai Charming!”
“No, rettifico. Abbiamo tirato fuori il discorso sulla tua cucina e sai che io amo la tua cucina. E per quanto penso che Snow sia una donna piena di qualità, beh le sue zuppe non sono proprio il massimo!”
La gomitata sul fianco gli arrivò prima che potesse avere modo di schivare il colpo “Chi è una donna piena di qualità, scusa?”
L’uomo rise mentre si stendeva sul’asciugamano e trascinava giù anche lei “Non dirmi che sei ancora gelosa della tua figliastra!”
Regina si mosse per mettersi a pancia in giù, il viso pochi centimetri sopra quello di lui, lo sguardo quasi omicida  che le veniva ancora benissimo “E tu non dirmi che sei così sciocco da elogiare Biancaneve davanti alla Regina Cattiva!”
Robin rimase qualche istante ammaliato da quegli occhi – quello sguardo profondo l’aveva sempre colpito - aprì i palmi delle mani e chiuse gli occhi “Mi dichiaro colpevole Vostra Maestà, fate di me ciò che volete!”
La donna fece un breve cenno di assenso con il capo, poi annullò la distanza tra i loro visi catturandogli le labbra in una morsa famelica. Robin rispose con la stessa passione, passandole una mano tra i capelli ancora umidi, e quando si staccarono si ritrovò quasi senza fiato “Io e voi ci intendiamo alla grande, Maestà!” esclamò in un sussurro, un attimo prima di far toccare di nuovo le loro labbra.
Il rumore di qualcosa che schizzava li interruppe, Roland si era messo a rincorrere un gabbiano sulla riva, inciampando e finendo dritto in acqua con un tonfo sordo.
“Tesoro, ti sei fatto male?” Il bambino scosse la testa rialzandosi e riprendendo la sua rincorsa, mentre lei lo fissava arricciando le labbra “Adesso è di nuovo bagnato!”
Robin roteò gli occhi al pensiero di quel terremoto che appariva più instancabile del solito “Si, ma stavolta tu lo prendi e io lo asciugo. Trasportarti fino in acqua prima è stato più stancante di quanto pensassi.. sai, con tutta la tua ciccia.. ho la schiena a pezzi!”
Regina scosse la testa ma la risata che le uscì spontanea cancellò ogni tentativo di controbattere, almeno stavolta. Infondo anche quando la prendeva in giro, Robin riusciva sempre a farla sentire unica e speciale.
Gli schioccò un bacio sonoro sull’angolo della bocca, poi appoggiò la testa sul suo petto e tornò a guardare l’oceano e il bambino che vi sguazzava dentro.

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Capitolo 4
*** Tell me you believe ***


Cronologicamente, questa è una delle prime Shot che avevo abbozzato, e che poi avevo abbandonato per alcune incongruenze.  Avendola infatti progettata prima del finale di stagione, c’è un errore – vista la piega che hanno poi preso gli eventi, piuttosto rilevante – che riguarda la causa della morte di Marian e che alla fine ho deciso di lasciare, anche perché altrimenti la OS avrebbe perso buona parte del suo senso.
 Pazienza, vedere lo sneak peek della 4x01 mi ha devastata e avevo bisogno di tanto fluff OutlawQueen!
 
Ne approfitto per ringraziare chi legge, chi inserisce tra le storie preferite, o quelle seguite, e per chi recensisce, soprattutto.
Mi fate venire voglia di scrivere sempre!
 

 
 
Tell me you believe
 
 
Fece gli scalini a due a due e un attimo dopo la sua mano, l’intero palmo, pigiava con forza sul campanello d’ottone. Due, tre volte, consapevole che la persona all’interno della casa poteva già star dormendo – vista l’ora tarda - ma quella era un emergenza e sapeva che non gli avrebbe voltato le spalle.
La mano destra, stretta a pugno, era già pronta a bussare sul legno della porta, quando questa si spalancò mostrando chi lo accoglieva. Regina era  davanti a lui, il corpo avvolto in una vestaglia blu, le sopracciglia aggrottate e gli occhi un po’ stanchi, che si spalancarono di colpo quando mise a fuoco la persona che aveva davanti e che non si aspettava di trovare “Cosa ci fai qui?”
Robin parlò tutto d’un fiato, gli occhi spalancati e il viso contratto in una smorfia visibilmente preoccupata “Lo so che è tardi e non ti ho avvisata, ma sei la prima persona a cui ho pensato.. io non cosa fare e tu.. tu hai cresciuto un figlio.. e .. devo portarlo in ospedale?”
Regina lo fissò  prima sorpresa – la mente ancora un po’ offuscata dallo stato di dormiveglia in cui versava fino a pochi secondi prima - poi confusa e infine preoccupata quando si rese conto che stava stringendo una specie di fagotto tra le braccia, quello che riconobbe subito essere Roland avvolto in una serie di coperte.
“Che è successo?” Domandò, mentre gli faceva spazio per entrare; Si richiuse la porta alle spalle e lo seguì.
“Ha la febbre!” Robin camminò nella grande casa che ormai conosceva bene e che era immersa quasi nel buio, a eccezione di una lampada accesa, e arrivò fino al divano bianco del salone, dove depositò un Roland sonnecchiante e decisamente accaldato, a giudicare dal colorito roseo delle sue guance.
Regina gettò uno sguardo a Robin, quegli occhi chiari completamente spalancati e i lineamenti tirati, non l’aveva mai visto così spaventato, nemmeno quando avevano dovuto fronteggiare i più temibili nemici.
Un po’ lo capiva, era madre anche lei e sapeva bene che nulla ti terrorizza tanto quanto vedere il proprio figlio star male. Si avvicinò al bambino e gli tastò la fronte con la mano “Si, ha la febbre, ma non c’è motivo di spaventarsi, ora ce ne occupiamo!” Esclamò ostentando un tono il più rassicurante possibile.
 “E se invece fosse qualcosa di più grave?”  Robin si passò una mano tra i capelli, camminando avanti e indietro, quasi come un animale in gabbia “Forse dovremmo andare in ospedale, forse lì sapranno cosa fare!”
 “Anche io so cosa fare, è solo febbre!” Regina si era seduta sul divano ma aveva ancora lo sguardo rivolto a lui “Non ha senso portarlo fuori con il freddo che c’è!”
L’ uomo la guardò, incerto. Non che non si fidasse di lei, tutt’altro, ma da quando si trovava in quel nuovo mondo era stato in ospedale più volte e lì dentro gli erano sembrati tutti perfettamente addestrati per fronteggiare qualsiasi emergenza “Tu pensi.. ti potertene occupare?”
“Ovviamente. Ci sono passata con Henry, sai?” Accennò un sorriso, sperando che mostrarsi calma potesse tranquillizzare anche lui  “Per prima cosa dobbiamo spogliarlo, i bambini non vanno mai coperti quando hanno la febbre alta, altrimenti non possono disperdere il calore..” ..” Spiegò, iniziando a sfilare uno alla volta gli indumenti al bambino, che si lasciò andare a qualche lamento strozzato per i movimenti a cui stava venendo costretto “Resta qui, vicino a lui.. vado un attimo di sopra!”
Regina si allontanò e Robin prese posto accanto al figlio, esattamente dove Regina era stata seduta fino a pochi secondi prima.  Gli accarezzò il viso e lo vide aprire gli occhi, un po’ infastidito “Va tutto bene Roland, papà è qui!” Sussurrò portandosi alla bocca una manina del bambino e baciandogliela.  Non riusciva proprio a sopportare di vederlo così,  era stato già abbastanza difficile con sua moglie, ma il suo bambino.. era decisamente troppo. Quei pochi istanti in cui restò solo con lui gli sembrarono infiniti e quando Regina tornò con degli oggetti tra le mani, tra cui una bacinella piena d’acqua, tirò un sospiro di sollievo.
Cedette di nuovo il posto alla donna e rimase in piedi a guardarla, mentre tirava fuori un oggetto di vetro da un astuccio e lo sistemava sotto l’ascella del bambino. Roland si lamentò avvertendo il contatto con il vetro freddo e tentò di ribellarsi.  Regina lo prese in braccio e dovette stringerlo per mantenerglielo al proprio posto. Alzò lo sguardo su Robin mentre si dondolava cercando di calmare il piagnucolio “E’ un termometro, cosi possiamo misurargli la temperatura..”
Robin la guardò fare,  sembrava così sicura di ciò che diceva e faceva e questo iniziò a farlo sentire meglio. Regina si muoveva con sicurezza e praticità, come se avesse compiuto quei gesti un milione di volte e probabilmente era così. Era stata una delle prime cose che le aveva detto, quando erano ancora nella Foresta Incantata. Avete il tocco di una madre.  Era vero. Regina si prendeva cura di Roland come solo una madre avrebbe potuto fare. Come nemmeno lui, in realtà, era riuscito a fare.
Roland non si era mai ammalato da quando sua madre era morta, fatta eccezione per dei banali raffreddori e trovarlo così, nel suo lettino con il corpo bollente e sudato era stato veramente un colpo. Lui non era uno che si faceva prendere dal panico e di solito sapeva cavarsela in ogni situazione, ma in quel momento si era sentito maledettamente impotente e inutile. Per la seconda volta, nella sua vita.
“Cosa facciamo se è alta?” domandò, la voce incrinata dall'ansia.
“Facciamo in modo che scenda..” Esclamò secca Regina mentre sfilava via il termometro e se lo portava a pochi centimetri dagli occhi “39 e mezzo..”
“Che significa?” Da dove veniva lui la febbre c’era e basta. Nessuno sapeva dirti il perché e se sarebbe mai andata via, portandoti via con lei “E’ alta?”
“Niente di irrisolvibile!” Posò il termometro sul tavolino in vetro e sfiorò con l’indice le labbra secche del bambino “Puoi andare in cucina e prendere un bicchiere d’acqua? Non fredda e meglio se con un po’ di zucchero!”
Robin obbedì senza fiatare e corse in cucina svolgendo come un automa il compito che gli era stato affidato. Quando tornò in salone Roland era di nuovo sul divano ma era sveglio, la testa poggiata su un cuscino e gli occhi semi aperti, a fissare la donna che gli parlava con dolcezza mentre passava un asciugamano bagnata sulle sue piccole braccia nude, delicatamente “Va tutto bene tesoro, tra un po’ ti sentirai meglio..” la sentì sussurrare mentre con il telo bianco scendeva sulle gambe del bimbo “Hai ancora molto caldo?”
Roland scosse piano la testa e si stropicciò un occhio con la mano. Non sapeva se si stesse semplicemente lasciando condizionare, ma a Robin sembrava già di vederlo più in forma rispetto a pochi secondi prima.
Sentì la tensione scivolare via lentamente dal suo corpo, il terrore di poter perdere suo figlio scemare con la stessa velocità con la quale era arrivato. Si avvicinò e porse il bicchiere a Regina, che lo avvicinò lentamente alla bocca del bambino. Questo subito storse il naso e girò il viso, contrariato.
“Ti serve per stare meglio, tesoro.. coraggio, solo un sorso!” Provò ad insistere, fino a quando, con un po’ di pazienza e l’intervento di Robin non riuscì a somministrare a Roland almeno metà del bicchiere,  prima che il bambino cadesse di nuovo in uno stato di sonno, stavolta meno agitato “Tra pochi minuti dovrebbe abbassarsi, sembra stia già meglio!” Osservò,  tastando piano la fronte del bambino.
Robin annuì, soddisfatto e felice “Ho fatto bene a portarlo da te, io non avrei saputo davvero cosa fare!”
“Sono i vantaggi del mondo moderno, da dove veniamo noi certe cose non si sanno!” Rispose lei, sorridendogli. Poi  tornò seria e gli accarezzò il viso ricoperto da un sottile strato di barba “Eri davvero terrorizzato..”
“Da dove veniamo noi certe cose possono essere fatali!” Si giustificò lui, usando volutamente le stesse parole di lei, il pensiero rivolto di nuovo a Marian  “Pensavo fosse davvero grave!”
“Ma non lo era, i bambini si ammalano spesso. Le prime volte con Henry ero terrorizzata anche io, credo che Whale sia stata la persona che ha passato più tempo con mio figlio, dopo di me.. poi con gli anni ho imparato a gestire le emergenze!” Sorrisero entrambi prima di spostare lo sguardo su Roland, il respiro regolare e il petto che si abbassava e si alzava ritmicamente “Portalo su in camera di Henry, per stanotte è meglio se restate qui e su un letto vero starà più comodo!”
L’uomo annuì, le braccia già tese verso il corpicino addormentato del figlio. Lo sollevò con naturalezza e si avviò in direzione delle scale, Regina pochi passi dietro di lui. Entrarono nella cameretta di Henry e mentre Robin adagiava Roland sul letto, Regina si mise a frugare dentro un cassetto, fino a tirarne una maglietta a maniche corte “Cosi dovrebbe stare bene..” Osservò dopo averla fatta indossare al bambino, tirandogliela per bene fino alle ginocchia. Lo coprì con un lenzuolo leggero e accese la piccola lucina sul comodino. Fu un sollievo per entrambi notare il sonno tranquillo in cui versava il piccolo.
“Resto io un altro po’ con lui, tu va a letto..” Esclamò Regina appoggiando una mano sul ginocchio di Robin “Hai bisogno di riprenderti dallo spavento!” Aggiunse, provando a smorzare un po’ la tensione.
Robin scosse la testa, nonostante si sentisse veramente esausto. La tensione di quelle ultime ore doveva averlo sfinito “No, sto bene, resto a farti compagnia!”
Lei infatti non credette a quelle parole e continuò a insistere “Se la febbre risale non avrai molto tempo per riposare, approfittane ora!”  Per quanto riguardava se stessa, quel trambusto, che mancava in casa sua da tempo, l’aveva risvegliata completamente e avrebbe potuto rimanere sveglia accanto al bambino per l’intera nottata, anche se dubitava ce ne sarebbe stato bisogno.
L’uomo tentennò, spostando lo sguardo da Regina a Roland, restio non certo per mancanza di fiducia nei confronti di Regina, quanto perché si sentiva in colpa a lasciare solo lei a vegliare su suo figlio “Sei sicura che..”
“Sta bene!” Lo rassicurò invece lei “Guardalo, è tranquillo. Gli misuro di nuovo la temperatura e poi ti raggiungo!”
Robin si arrese e dopo essersi chinato a baciare la fronte del figlio si alzò, pronto a lasciare la camera.
 Prima di allontanarsi rimase qualche secondo fermo sull’ uscio, incerto.  Regina aveva preso di nuovo l’asciugamano, ancora umida, e la stava passando sulle braccia scoperte del bambino, con movimenti lenti e delicati. Robin la osservò e per un attimo desiderò che potessero vederla tutti, quella scena. Gli abitanti che ancora la guardavano con sospetto quando la incrociavano per strada, quelli che bisbigliavano seduti ai tavolini del Granny’s, i suoi stessi uomini che gli domandavano se si sentisse al sicuro, con lei. Avrebbe voluto che la vedessero adesso e che si rendessero conto di quanto di bello e buono c’era in quella donna.
Regina una volta gli aveva detto che lui riusciva a vedere in lei qualcosa che gli altri non vedevano, ma a lui non sembrava poi questo grande talento. Qualsiasi cosa fosse, quel qualcosa era lì, evidente.
Lanciò loro un ultimo sguardo carico d’amore e chiuse piano la porta.
 
 
 
 
 
 
Guardava il soffitto immacolato, immerso nel flusso di pensieri in cui si era perso da quando si era steso su quel letto e il profumo familiare dello shampoo di Regina gli aveva invaso le narici. Aveva preso l’abitudine, quando passava le notti con lei, di svegliarsi all’alba e perdersi per qualche minuto nel silenzio di quella grande camera, a godere di quell’ odore di avena e di quelle labbra ancora dipinte del rosso della sera prima. Restava a guardarle incantato - si soffermava su quella cicatrice deliziosa - fino a quando non resisteva più e le baciava, Regina apriva gli occhi e lui le dava il buongiorno,  la baciava di nuovo e poi scivolava via dalle coperte, per tornare all’ accampamento prima che Roland si svegliasse. Era diventata una routine, ma lui sapeva bene quanto poco di scontato ci fosse in quei momenti che poteva concedersi. Aveva creduto di aver perso per sempre quel tipo di felicità, di non averne più  diritto . E poi era arrivata lei, così inaspettata, l’ultima persona di cui avrebbe pensato di potersi innamorare. L’aveva travolto come un uragano.
Avvertì una presenza a pochi passi da lui che lo fece voltare. Regina era lì, in piedi accanto a letto, e lo fissava, un sorriso delicato dipinto sul volto “Inizio quasi ad abituarmi a vederti nel mio letto, sai?”
Robin le sorrise di rimando e si puntellò su un gomito. La osservò, le maniche del pigiama ancora arrotolate e le dita un po’ arrossate, probabilmente per essere state immerse a lungo nell’ acqua “Come sta?”
“Dorme, la febbre c’è ancora ma è scesa. Con questo possiamo sentire se si sveglia!” La donna gli mostrò un apparecchio elettronico colorato che teneva nella mano destra, quello che per anni aveva usato con Henry, quando si svegliava nel cuore della notte e prendeva a chiamarla singhiozzando “Tu? Sei ancora sveglio..”
“Non riesco a dormire..” Si giustificò, prima di allungare un braccio verso di lei e facendole un cenno con il capo “Vieni qui..”
Regina si andò a sedere accanto all’uomo e si lasciò afferrare la mano fredda  “Sei ancora preoccupato?”
“No, grazie a te non più!” Iniziò a giocherellare con le dita di lei “Pensavo a noi. Pensavo a quanto sia bello averti nelle nostre vite, quella mia e di Roland dico, e non mi riferisco solo a quello che è successo stasera. Io non credevo di potermi sentire ancora così..”
La donna sorrise, il cuore le batteva forte come ogni volta che Robin le diceva frasi del genere. Si frequentavano da così poco e lei non ci era ancora abituata “Lo sai che è lo stesso per me..”
Robin le baciò il dorso della mano prima di stringergliela “Vuoi sapere perché ero così preoccupato?”  Regina annuì e si sistemò meglio sul letto, aderendo al corpo di lui “Con Marian è iniziata così. I primi segnali di malessere, poi la febbre altissima e nel giro di pochi giorni è morta. Non ho avuto il tempo di capire, di provare a trovare una soluzione, mi sono sentito così inutile..” Fece una pausa prima di riprendere “Vedere Roland in quelle condizioni è stato.. come tornare indietro.. ho avuto così paura..  ho creduto che stavo per perdere tutto, proprio adesso che iniziavo ad essere di nuovo felice, che mi sentivo di nuovo in pace con la vita.. come se non fosse giusto che provassi tutta questa felicità, che avessi tutto ciò che desideravo.. non so se riesco a spiegarmi..”
 “Conosco questa sensazione..” Annuì Regina, accarezzandogli il viso “Ma tu non devi mai più provarla perché non c’è nessuno più di te che si meriti di essere felice..”
Lui sollevò un po’ la testa dal cuscino “Mentre tu no? E’ questo che vuoi dire? Regina ne abbiamo già parlato e..”
“No, no!” Gli posò un dito sulle labbra, sorridendogli gentile. Robin era sempre pronto a rassicurarla quando si faceva prendere dalle insicurezze, stavolta voleva invertire i ruoli, voleva essere lei a tranquillizzare lui “Volevo solo dire quello che ho detto. Che non succederà niente, che Roland sta bene e che noi possiamo essere felici. Me l’hai detto tante volte e adesso inizio a crederci sul serio, quindi non puoi dubitarne tu, ok?”
“E’ solo che qualche volta mi chiedo cosa ho fatto per meritarmi proprio te..”
A Regina venne quasi spontanea una risata a quelle parole “Come puoi pensarlo? Sappiamo bene chi sono stata e cosa ho fatto, non c’è nulla in me che tu debba meritarti!”
“Perché dici questo? Avrei voluto che ti vedessi prima, mentre ti prendevi cura di Roland. C’è così tanto amore dentro di te..”
Regina si limitò a fissarlo senza però dire nulla. Avrebbe voluto crederci, ma non era sicura che bastassero poche semplici azioni quotidiane, a oscurare chi era stata per tanto tempo. Comunque non disse nulla, non voleva passare per quella che faceva la vittima e poi quella sera Robin non sembrava la persona forte e ottimista di sempre. Forse  lo  spavento per la febbre di Roland l’aveva abbattuto o forse era semplicemente normale che ogni tanto cedesse anche lui a qualche debolezza, alla fine – per quanto apparisse sempre come un uomo tutto d’un pezzo – era un essere umano come gli altri.
Così gli baciò piano le labbra e gli accarezzò il viso, restando qualche secondo in più a guardarlo negli occhi.
Lui represse un brivido a quel tocco freddo – Regina aveva sempre le mani gelate – e posò il palmo della sua mano contro quella che Regina aveva sulla sua guancia, stringendola “Sai, credo che dovremmo iniziare a crederci davvero..”
“A che cosa?” domandò mentre si stendeva accanto a lui, la testa appoggiata alla sua spalla.
“Alla storia della seconda possibilità. Ce lo siamo detti un sacco di volte ma forse nessuno di noi due se ne è convinto davvero. Io ho paura di perderla di nuovo, tu di non esserne degna.”
“Dici che siamo un po’ carenti di autostima, ultimamente? Credevo che proprio quella non mi mancasse..” Lasciò andare una risatina a cui lui rispose allo stesso modo “E nemmeno a te!”
“Infatti non è un problema di autostima!” Concordò “E’ che non siamo più abituati ad essere felici. .”
“Ma io sono felice, con te..”
“Anche io lo sono. Ti amo. E sai una cosa? Credo che ce lo meritiamo, che è giusto, e che dobbiamo crederci. E’ la nostra seconda possibilità, la nostra vera seconda possibilità!” Si mosse facendo in modo di trovarsi con il viso sopra quello di lei “Dimmi che ci credi!”
 Ed eccolo, il suo Robin Hood, era già tornato. Arricciò le labbra nascondendo un sorriso “Ci credo!”
“Nah, non sei convinta..” Commentò l’uomo, decisamente poco soddisfatto dalla risposta ricevuta. Chinò la testa per schioccarle un bacio sulle labbra “Dimmi che ci credi davvero!”
La voce di lei fu un sussurro, stavolta serio “tu ci credi?”
“Io si!” Non c’era più ombra di insicurezza nella sua voce “Tu ci credi?”
Regina nascose un sorriso malizioso e sollevò una mano che infilò dritta nella maglia di lui “Sai, forse se tu fossi più convincente..”
Non se lo fece ripetere due volte. Le catturò di nuovo la bocca, in un bacio più lungo mentre si lasciava sfilare la maglietta e con le mani cercava di fare altrettanto con quella di lei.
La radiolina sul comodino non emetteva alcun suono. Roland riposava nella stanza accanto, senza accorgersi di nulla.
 

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Capitolo 5
*** Happy Halloween ***


Niente, con questa volevo solo augurarvi una felice notte delle streghe!
Io, in quanto devota a Regina, non potevo non dedicarle qualcosa! La più grande e meravigliosa strega della storia! <3

 
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Happy Halloween


"Allora, ripetimi di nuovo questa storia di.. Halloween?"
Il sindaco di Storybrooke alzó gli occhi al cielo mentre si appoggiava con i gomiti al tavolo, stando bene attenta a non sporcarsi con i resti di polpa arancione volati ormai dappertutto "Te l'ho detto, i bambini si mascherano da zombie, fantasmi e altre creature spaventose e bussano alle porte della città chiedendo dolcetti alle persone!"
".. E se non te ne danno si beccano uno scherzetto!" Precisó Roland, ridendo divertito e mettendosi in piedi sulla sedia, mentre si sporgeva per immergere di nuovo il suo cucchiaio.
Robin, comodamente seduto a capotavola, annuì senza mai staccare gli occhi dal suo operato "Fin qui ci sono, ma che senso ha?"
Il viso di Regina si contrasse in una smorfia, le braccia che si allargavano tradendo la pazienza che si stava sforzando di mantenere "E' un antica festa celtica Robin, una specie di celebrazione dei morti. Ma non chiedermi i dettagli perchè non ho studiato!"
L’ uomo non fece una piega ai segnali di insofferenza della compagna "E' solo che non vedo il nesso con questa cosa del mascherarsi!"
"Senti, non c’è bisogno che ti dica cosa pensi io di questa roba!” Rispose, sottolineando con il tono della voce il pronome personale “Ma i bambini si divertono e non posso bandire Halloween solo perché ho un trascorso da strega e non sono mai andata a chiedere caramelle in giro!” Spiegò, esasperata “Quindi potresti smetterla di farti problemi inutili e continuare a fare quello che stavi facendo?"
Robin soffocò una risata e scrolló le spalle "Stavo solo chiedendo, perché ti scaldi tanto?"
"E tu perchè non presti più attenzione a quello che stai facendo? Mi sembri un pó in difficoltà!" Constatò accennando con lo sguardo ai maldestri tentativi che l’uomo stava compiendo con il coltello.
L’ex ladro scrutò con attenzione la grossa zucca arancione che teneva davanti, due fessure triangolari a mó di occhi e una bocca solo accennata e un pó storta "Che dici! Sta venendo benissimo. Non trovi, Roland?”
Anche il bambino osservó la zucca, inclinando un poco la testa e sorrise "E' carina!"
Robin si inorgoglì a quella risposta "Hai visto?"
"Non deve essere carina, deve essere spaventosa! Ti fa paura?" Chiese Regina al bambino.
Roland scosse la testa.
"A parte che non è detto che debba essere spaventosa. E poi sull'espressione devo ancora lavorarci. Devo solo.. finire la bocca. E rifinire gli occhi, forse."
Regina sorrise divertita e con una punta di vittoria negli occhi "Cioè devi rifare tutto da capo!"
"Dovresti avere un pó più di comprensione, è la mia prima zucca intagliata! Provaci tu se sei così brava!"
"Io mi ero offerta infatti, sei tu che hai insistito!" Ribattè la donna, accigliata.
"Certo, perchè con la magia non vale. Roland vuole una vera zucca fatta a mano, vero?"
"La maestra ha detto così.." Si giustificò il bambino.
"Ma la maestra non verrebbe mai a sapere che.."
"Non se ne parla, Regina. Niente magia per la zucca di Halloween!" Concluse risoluto Robin.
"Ok, allora se non vuoi il mio aiuto non ti lamentare!"
"Non mi sto lamentando perchè non mi aiuti, ma perchè critichi il mio lavoro!"
"Lo faccio perchè ci tengo che Roland faccia bella figura a scuola!" Si difese Regina, lanciando l’ennesima occhiata scettica alla zucca sul tavolo.
"Farà bella figura anche con una zucca normale, come quella che porteranno i suoi compagni. Sai, non saró un esperto di Halloween, ma credo che lo scopo di tutto questo sia spronare i bambini a fare qualcosa di divertente con la loro famiglia.." Fece un cenno della testa verso di lei, spalancando gli occhi "la loro famiglia, Regina!"
La donna annuì ripetutamente "Ho capito!"
"Perchè allora tu non stai partecipando?" Domandò l’uomo come se fosse la domanda più scontata del mondo.
"Perchè tu non hai voluto!"
"Non ho voluto che usassi la magia, se prendessi un coltello e iniziassi a intagliare saresti la benvenuta nel gruppo di lavoro!"
Lei alzò le braccia, soffermandosi a guardare le mani e i vestiti macchiati di padre e figlio. Poteva giurare che a Roland fosse finita della polpa persino nei capelli. "No, grazie!"
"Hai paura di fare brutta figura? Eppure questo è il tuo campo, mi pare di ricordare che ti vanti di essere un ottima cuoca!"
"Appunto, io la zucca la faccio in forno, non ci disegno faccine sopra! E per la cronaca, ho intagliato zucche per Henry ogni anno e non ho usato la magia!"
"Allora ricordami di chiedergli se fossero davvero così belle. Anzi no..” Le fece il verso “Spaventose!"
Gli occhi di Regina si strinsero a due fessure, come facevano sempre quando si arrabbiava "Sei fortunato che non abbiamo un altra zucca a disposizione, altrimenti ti avrei sfidato davvero Hood!"
"Potresti sempre farla apparire con la magia!" Ribattè lui con una smorfia, tentando di nuovo di prenderla in giro.
"Papà, posso continuare io adesso?" Roland interruppe la discussione allungando la mano per ricevere il coltello. Il bambino aveva potuto svuotare l’interno della zucca con il cucchiaio ma arrivati al momento di intagliare Regina aveva preteso che fosse il padre a occuparsene, visto che non voleva che il primo Halloween di Roland fosse rovinato da una corsa al pronto soccorso.
Robin annuì, passandogli il coltello e poi prendendogli la mano con la quale il bambino lo aveva afferrato, per guidarlo “Però ti aiuto!”
“Sta attento, Roland!”
 “Sono bravo, non ti preoccupare!” Assicurò il bambino, impaziente di mettersi al lavoro “Deve essere spaventosa papà, mi raccomando!”
“Ah, adesso deve essere spaventosa? Quindi alla fine ci siamo fatti convincere, bravo!” Commentò l’uomo ostentando un tono offeso “Ma va bene, sarà spaventosa!”
Il bambino annuì soddisfatto e con la mano libera afferrò un altro coltello che allungò in direzione di Regina “Aiutaci, così sarà super spaventosissima!”
“Non abbiamo bisogno del suo aiuto Roland, dimostriamole cosa sappiamo fare da soli!” Alzò la testa dalla zucca verso Regina, regalandole una smorfia giocosa alla quale lei rispose allo stesso modo, arricciando il naso.
“Ma papà, Regina è più brava di te a fare i giochi di paura!” Spiegò Roland, alzando tranquillamente le spalle.
“Pure? Hai capito quante cose si scoprono a scolpire una zucca di Halloween! Qualcos’altro?”
Regina lasciò andare una risata decidendosi finalmente ad afferrare il coltello. Fece il giro del tavolo andando a sedersi su una gamba dell’arciere e squadrando con attenzione la zucca “Ci penso io, la tua zucca sarà così spaventosa da far scappare tutti i tuoi compagni dall’aula!”
 
 
Quando Roland scese le scale di corsa – un po’ troppo di corsa, a giudicare dagli ammonimenti di Regina dietro di lui – con una grossa tunica bianca che gli arrivava fino ai piedi e un cappuccio che gli copriva buona parte della testa, Robin non riuscì a trattenere una risata.
Il bambino iniziò a correre per il salone emettendo dei “buuu” sconnessi e agitando velocemente le braccia.
“Non senti anche tu questi rumori, Robin?” Regina si era fermata sulla soglia della porta e osservava la scena divertita “Non capisco da dove vengano!”
“Non ne ho idea, non vedo nessuno qui!”  L’ uomo le resse il gioco, guardandosi attorno con finta area preoccupata “Eppure sento anche io degli strani suoni!”
“Sono io papà!!” Nel momento esatto in cui si tolse il cappuccio dalla testa, Roland iniziò a ridere “Sono un fantasma!” Esclamò saltellando soddisfatto per la riuscita dello scherzo.
“Roland!” Robin si coprì le mani con la bocca “Sono scherzi da fare a papà, questo? Mi hai spaventato a morte!”
Le risate gioiose e fiere del bambino furono interrotte dal suono del campanello. Regina andò ad aprire e subito dopo un giovane ragazzino vestito di stracci e con dei finti tagli sul viso entrò nel salone dietro di lei “Hey Roland, sei pronto per andare a fare scorta di dolci?”
“Siiiii!” Il bambino corse nella direzione di Henry e gli prese la mano “Sono prontissimo!”
“Sei sicuro di volerlo portare con te Henry?” Robin si avvicinò ai due “Se ti è di peso posso accompagnarlo io!”
Il ragazzo scosse la testa “Non è un problema, anche due miei amici porteranno i loro fratelli minori. Poi tra un paio d’ore li riportiamo a casa e usciamo a fare un altro giro, da soli!”
Regina sorrise orgogliosa quando sentì Henry associare Roland all’idea di un fratellino e si scambiò uno sorriso con Robin, che subito colse il messaggio e ricambiò il sorriso.
“Va bene, allora divertitevi e portate qualcosa di buono anche a noi!”
“Mi raccomando Henry!” Fece Regina “Niente scherzi di cattivo gusto. Sicuramente domani sarò sommersa da lamentele formali per gli atti di vandalismo di questa notte e non voglio che ci sia pure tu di mezzo!”
Henry sorrise “Tranquilla mamma, solo qualche uova sui porticati!”
“E tornate prima che faccia buio!”
“Va bene!” Il ragazzino trattene un sospiro impaziente mentre afferrava la mano di Roland che lo seguì senza dire una parola “Ci vediamo dopo, buona serata!”
Regina e Robin aspettarono di sentire il rumore della porta che si chiudeva prima di guardarsi a vicenda.
“E’ perfetto..” Esclamò l’uomo accarezzando una ciocca di capelli di lei.
“Che cosa?”
“Tutto. Roland ha ricevuto un sacco di complimenti dalla maestra per la sua zucca e il suo vestito da fantasma l’ha reso felicissimo. Hai reso perfetto il suo primo Halloween, sei la madre migliore che potesse avere. Tu sei la cosa migliore che ci potesse capitare!”
Regina sorrise e nascose l’emozione che quelle parole gli avevano suscitato chiudendo gli occhi e avvicinandosi a lui per baciarlo. Robin rispose subito a quel contatto e gli catturò il viso tra le mani approfondendo il bacio. Poi si staccò mentre un sorriso malizioso faceva capolino sul suo viso.
“E noi come festeggiamo?”
“Gli adulti non festeggiano Halloween, non te l’avevo detto?” Ripose lei, soffiandosi quasi quelle parole sulle labbra.
“Gli adulti normali, ma Halloween è la notte delle streghe e tu devi proprio festeggiare!”
“Non sono più una strega, per tua fortuna Locksley!”
“Lo so. Dico solo che ogni tanto potresti tornare ad esserlo, solo quando siamo io e te. Non dico che devi uccidere qualcuno o preparare pozioni mortali ma sai, magari indossare uno di quegli abiti che portavi nella foresta incantata..”
Regina rise portando indietro la testa “E perché mai dovrei indossare quegli abiti?”
“Non far finta di non sapere quanto fossi incredibilmente sexy quando li indossavi..”
“Non credevo che facessi tanto caso al mio abbigliamento, durante l’anno dimenticato!”
“Non prestavi abbastanza attenzione, Milady! Sai..” Le circondò la vita con le braccia attirandola a sé e le baciò il collo “Non ho mai avuto l’opportunità di toglierteli e.. mi piacerebbe rimediare!”
La risata di Regina esplose contro la guancia di lui “L’atmosfera di Halloween ti ha risvegliato i sensi, Locksley?”
“Indossa uno di quegli abiti e lo scoprirai!”
Robin non credeva che l’avrebbe fatto davvero – Non che questo potesse distoglierlo dall’intenzione di approfittare di una rara serata da soli – e rimase un attimo stordito quando al posto del tallieur che indossava, Regina si manifestò davanti ai suoi occhi avvolta in uno stretto corpetto rosso fuoco rifinito, che le copriva le braccia ma le lasciava scoperta la scollatura e terminava in un tessuto morbido dello stesso colore che arrivava fino a terra.
“Sul serio?” Fu tutto quello che riuscì a dire, guardandola estasiato.
Regina sorrise compiaciuta “Adesso la magia va bene, no?”
Robin non rispose, un po’ perché era stato messo con le spalle al muro, un po’ perché non aveva più tanta voglia di parlare. Le passò un braccio dietro la schiena e la sollevò, facendosela scivolare tra le braccia “Permettete, Vostra Maestà?”
Era così serio che lei dovette faticare per reggergli il gioco senza mettersi a ridere. Contrasse le labbra cercando di assumere un espressione seria nonostante fossero i suoi occhi a sorridere per l’intero viso “Prego, fate pure!”
Aveva già percorso un paio di gradini quando si fermò un momento, combattuto “E se i bambini vengono a bussare alla porta?”
Regina scosse la testa divertita “Secondo te i bambini vengono a bussare alla porta della Regina Cattiva?”
Il sorriso di Robin si allargò ancora di più “Ecco perché ti amo!” 

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Capitolo 6
*** Christmas Lights ***


Una Shot tutta a tema natalizio, che mi è venuta in mente in questi giorni di addobbi e decorazioni.
E' solo un momento felice che condividono insieme, ho bisogno di tanti feels positivi perchè - nonostante ultimamente abbiamo avuto un sacco di momenti OQ meravigliosi - le previsioni a riguardo non sono delle migliori.
Se non riescono a essere felici nello show vero e proprio, allora lo saranno nelle mie storie. 
Punto e basta.
:D

Se non mi faccio viva prima, ne approfitto per augurare a tutti voi un Buon Natale! <3

 
Christmas Light 

Le quattro tazze fumanti erano già pronte sul vassoio d'argento quando il rumore assordate di qualcosa che si infrangeva contro il pavimento attiró l'attenzione di Regina. La donna alzó gli occhi al cielo mentre si sfilava il grembiule - era già la terza volta che sentiva un suono del genere nel giro di pochi minuti - e decise che avrebbe rimandato la pulizia della cucina, se ci teneva a non vedere la sua casa completamente distrutta.
Si diresse nel grande salone al pian terreno, stringendo il vassoio tra le mani e stando attenta a non inciampare nelle cianfrusaglie che giacevano per terra "Che cosa avete fatto cadere stavolta?"
Tutti si voltarono verso di lei, ma il primo a rispondere fu Robin "E' tuo figlio che ha le mani di ricotta!"
"Ah adesso è colpa mia?” Sbottò Henry, l’espressione che si modificava all’istante “Mi hai detto tu di lasciare!"
Regina non diede ascolto a nessuno dei due, e arricció le labbra osservando la situazione che le si presentava davanti.
La confusione sembrava raddoppiata nei dieci minuti che aveva passato in cucina, gli aghi del grosso abete si erano sparsi ovunque, le sue preziose palline di vetro giacevano disordinate sul pavimento, un paio di loro irrimediabilmente rotte e in un angolino accanto al divano il piccolo Roland cercava - con evidenti difficoltà - di liberarsi dal groviglio di luci e festoni nel quale si era ritrovato non si sa come incastrato.
Nè Robin nè Henry sembravano intenzionati ad aiutarlo, troppo impegnati a sorreggere un grosso quadro che Regina pensó dovesse essere integro per miracolo.
"Posso sapere perchè avete spostato il quadro?" domandò accigliata, tirando un sospiro di sollievo quando vide i due chinarsi contemporaneamente per appoggiare il prezioso ornamento a terra.
Il viso di Henry tornò raggiante come era stato fino a pochi secondi prima "Perchè con il natale non c'entra niente, mamma! Vogliamo addobbare la parete con qualcosa che sia a tema, guarda quante cose carine abbiamo trovato in questa scatola.." Rispose tirando fuori una piccola renna di legno cosparsa di neve finta e un quadretto di ceramica a forma di alberello di natale.
Regina fece una smorfia " Trent'anni di mercatini natalizi di beneficenza a cui come sindaco avevo il dovere di partecipare!" Spiegó, mentre si sedeva sul bordo del divano per sfilare un nastro dorato impigliato nei capelli di Roland "Non ricordavo neanche di averli! Dove li avete presi?"
"Li ha trovati Robin in soffitta. Sai, si è proprio fatto contagiare dalla febbre degli addobbi natalizi, credo che possa tranquillamente competere con mia nonna!"
"Andiamo bene!" Regina storse il naso al pensiero delle decorazioni decisamente poco sobrie di Mary Margaret. Si sporse un pó per cercare di sbirciare dietro l'abete dove un concentratissimo Robin Hood stava armeggiando con fili e luci, completamente assorto nel suo lavoro "Ehi, potresti stare attento con quelle lampadine? Non sei molto pratico di elettricità e non conosco incantesimi contro i danni da scossa!"
Robin alzó gli occhi dalla serie di lampadine colorate di cui stava testando l'integritá e aggrottó le sopracciglia "Stai dicendo che non ti fidi di me?"
"No, sto dicendo che il mese scorso ci hai fatti quasi saltare tutti in aria perchè avevi deciso di preparare dei toast!"
Robin rise al ricordo dell'incidente domestico che avevano appena sfiorato e di come Regina fosse andata completamente fuori di testa di fronte alla reazione tranquilla - o come diceva lei da incosciente - che aveva mantenuto lui, limitandosi a commentare divertito che sarebbe stato il colmo se alla fine la Regina Cattiva fosse morta per mano di un tostapane.
"Regina, stanotte posso dormire con loro?" Roland era riuscito a disfarsi del groviglio di fili, si era alzato per prendere due cuscini a forma di faccia di renna e di pupazzo di neve e li aveva portati sul divano per mostrarli alla donna. Al cenno di assenso di quella il suo viso si allargó in un sorriso entusiasta, sistemó con cura i due cuscini contro lo schienale, si sporse verso il tavolino per afferrare una tazza e cercó di arrampicarsi sul divano, traballando pericolosamente.
"Attenzione, il divano non ha voglia di cioccolata calda!" Regina gli tolse la tazza dalle mani prima che se ne rovesciasse il contenuto e gliela restituì solo quando lo vide accomodarsi con la schiena contro i suoi nuovi cuscini e incrociare le gambe a mó di indiano, pronto a godersi la sua bevanda.
Henry era alle prese con un quadretto da appendere quando si giró verso il bambino con le mani sui fianchi "Roland, non avevi detto che volevi aiutarci?"
"Io ora sono stanco!" Replicó il bambino con un tono più afflitto del dovuto tra un sorso e l'altro di cioccolato.
Regina rise mentre gli spostava una ciocca di capelli che era sul punto di intingersi nella tazza "Perchè invece non venite qui e fate una pausa anche voi due? La cioccolata si sta freddando!"
Henry scosse la testa all'invito della madre, ma andó comunque al tavolino a prendere due tazze, con l’intenzione di berle in piedi "Non possiamo fermarci, siamo già in ritardo sulla tabella di marcia, e poi un buon artista non lascia mai il lavoro a metà.. Giusto Robin?"
"Giusto!" Concordò l’uomo afferrando la tazza che il ragazzino gli aveva appena portato.
Regina inarcò le sopracciglia, perplessa "Come mai non sento mai questo tipo di discorso quando vieni a chiedermi la merenda mentre fai i compiti?"
"Ma mamma, questo non è un buon paragone.. Fare i compiti è noioso, lo sai!"
Quella annuì, sarcasticamente, fingendo di essere d'accordo "Certo!"
"Ok Henry, queste vanno bene, aiutami a sistemarle sull'albero!" Robin si era alzato stringendo tra le mani la serie di lampadine e stava già guardando con attenzione l'abete per capire da dove iniziare.
Henry lasciò subito andare il quadretto che aveva intenzione di appendere alla parete lasciata vuota e raggiunse l’uomo "Arrivo!"
"Papà le palline le metto io, ricordatelo!" Urló Roland, continuando a bere la sua cioccolata assieme a Regina.
"Mi ricordo piccolo, finisci la tua cioccolata e raggiungici!" Rispose Robin iniziando a sistemare le luci, e aggiunse "E lei signora vuole darci una mano o preferisce godersi lo spettacolo di questi affascinanti uomini a lavoro?"
La donna rise, stringendo gli occhi come faceva sempre quando pensava "Lo spettacolo non è affatto male, in effetti!"
"Questo lo so!” Concordò lui “Ma da vicino puó goderselo meglio, non trova?"
Henry guardò di sottecchi sua madre "Non ti preoccupare Robin che tra cinque minuti trova qualcosa che non le va bene e viene a bacchettarci, vedrai!"
"Chissà perchè me lo immaginavo!"
"Peró come vedete vi sto lasciando il beneficio del dubbio!" Replicó lei con aria tranquilla "Vediamo cosa siete capaci di fare da soli, se poi c'è bisogno del mio intervento.. allora verró in vostro soccorso!"
Robin guardó dubbioso Henry "Secondo te ci ha appena lanciato una sfida?"
"Secondo me si, ma rassegnati..” Rispose quello  “Il giudice è lei e in un modo o nell'altro siamo condannati a perdere!"
"Abbi fiducia Henry, vedrai che la sorprenderemo!"
"Vedrai che sarà lei a sorprendere te!" Replicó il ragazzino ridendo sotto i baffi.
La vocina di Roland sovrastò di nuovo tutte le altre "Posso mettere le palline adesso?"
"Non ancora Roland, quelle per ultime!" Gli spiegó pazientemente il padre "Ti chiamo io quando è il momento. Non vuoi aiutarci con le lampadine adesso?"
"No!" Rispose secco il bambino lasciandosi cadere con la testa sulle gambe di Regina "Fate presto che poi mi addormento!"
"Ok!" Esclamó perplesso Henry "Eccone un altro. Credo che la mamma abbia appena trovato un alleato!"
"Uno per ciascuno, no?" Replicò Regina, che aveva preso ad accarezzare la testa di Roland "E comunque state già sbagliando. Se le mettete così concentrate non arriverete alla cima!"
"Oh no, pessimo segno. Ha cominciato prima del previsto!"
Robin inarcò le sopracciglia, contrariato "Non e' vero. E poi se finisce prendiamo un altra serie!"
Regina annuì "Così poi vi trovate del filo in eccesso!"
Stavolta l’uomo alzó gli occhi al cielo "Vuoi vedere che andrà benissimo?"
"Vuoi vedere che dovrai rifare tutto da capo? E poi devono essere più nascoste, altrimenti si.." Una cuscinata la colpì in pieno viso impedendole di continuare "ROBIN!"
L’uomo non fece una piega a quel richiamo e continuò imperterrito"Non hai la cena da preparare o qualche documento che ti aspetta sulla scrivania?"
Il cuscino venne immediatamente rilanciato nella direzione in cui era arrivato "Non ho capito, mi stai cacciando?"
"Non me lo sognerei nemmeno!" Rispose lui con una risata.
Gli occhi di Regina si strinsero in due fessure "Ogni volta che dici questa frase poi mi fai ricredere!"
Lui annuì, la situazione lo stava chiaramente facendo divertire un mondo "Lo so. Te l'ho detta apposta!"
"Va bene, fai come vuoi!" Regina incroció le braccia al petto, stavolta seria "Non parlo più!"
Robin la squadrò, smettendo subito di ridere e iniziando a pensare che forse aveva esagerato. Del resto non bisognava mai tirare troppo la corda con Regina Mills. "Ti sei offesa?"
"Ovviamente no!"
L'espressione di lei peró la contraddiceva senza dubbi "Si è offesa?" Chiese allora a Henry.
Il ragazzo alzó le spalle, cercando di non ridere e peggiorare la situazione "Forse un pó. Sai, non ci è abituata. Nessuno prima di te ha mai osato tanto!"
"Ok allora devo farmi perdonare!" Decise l'uomo lasciando andare le lampadine e facendo per avvicinarsi a lei.
"Non fare un altro passo!" Lo avvisó lei, orgogliosa, puntandogli un dito contro "Tornatene dal tuo amato albero!"
"Adesso sei pure gelosa dell'albero?" Robin rise, afferrandole le mani che lei aveva messo davanti per difendersi e spostandogliele senza troppe difficoltà. Intuendo il pericolo, Roland alzó la testa dal grembo di Regina e si spostó dall'altro lato del divano e Robin ne approfittò per chinarsi ancora di più su di lei fino a bloccarla completamente. Regina cercò di sottrarsi più volte alle labbra di lui ma non fu abbastanza forte e alla fine se le ritrovò a premere sulle sue con una tale pressione da farla scivolare verso il basso. Muguló  versi di dissenso ma poi le venne quasi da ridere quando la voce scocciata di Henry le giunse alle orecchie "Ehi, scusate se interrompo il vostro momento romantico ma mi avete lasciato con questi fili in mano!"
Robin si staccó da Regina e tutti e due risero mentre lei si rimetteva seduta.
"Scusa Henry, dovevo farmi perdonare!" Guardó di nuovo Regina  e le sfioró la punta del naso con un dito "E comunque non essere gelosa, ti amo di più del mio amato albero!" Le disse baciandola di nuovo.
Lei spalancò gli occhi, con finta ammirazione "Questa è una bella consolazione!"
"Dove eravamo rimasti?" Chiese Robin tornando verso l'albero.
Henry mostró il groviglio di lampadine che teneva tra le braccia "A queste.. Inizia a essere un pó stancante, sai?"
"Ok!" Rise l'uomo "Se hai capito come fare facciamo cambio, io mantengo e tu sistemi, ti va?"
Henry annuì, raggiante "Si, credo di aver capito!" Disse mentre passava il mucchietto a Robin "Tu però tienimi d'occhio!"
"Tranquillo!" Lo rassicurò l'uomo, gettando uno sguardo alla compagna sul divano "Abbiamo giá chi supervisiona!"
Regina rispose con una linguaccia che si trasformò subito in un sorriso.
In realtà vedere i suoi due uomini collaborare in un momento così intimo per una famiglia le scaldava il cuore. Era felice che Henry avesse instaurato un così bel rapporto con Robin negli ultimi tempi: Il ragazzino aveva dimostrato dal primo momento una grande ammirazione nei confronti del famoso ladro gentiluomo ma solo quando la situazione sentimentale tra loro due si era stabilizzata aveva iniziato a vedere in lui qualcosa di più di un eroe delle favole, e Regina se ne era accorta proprio dai piccoli momenti quotidiani che avevano iniziato a condividere, come le gare alla play station o le lezioni con l'arco in giardino.
A parte la breve parentesi di Neal e la presenza costante negli ultimi anni di David, Henry non aveva mai avuto una figura paterna al proprio fianco e che questa potesse
essere Robin la riempiva di gioia. L' arciere era un padre presente, attento e affettuoso, voleva bene ad Henry ed era certamente un modello di comportamento più adatto del pirata con una mano sola.
Due braccia minute le circondarono il collo e la distrassero per un attimo da quei pensieri; Sorrise accarezzando la testa di Roland che si era poggiata sul suo petto.
Se il rapporto che avevano costruito Robin ed Henry era stato per lei motivo di felicità, quello che Roland aveva instaurato con lei la rendeva ancora più orgogliosa. Non sapeva cosa aveva fatto per meritarselo, ma il piccolo Hood si era legato a lei proprio come un figlio alla propria madre.
Roland era un bambino molto affettuoso e le manifestazioni d'affetto che le dedicava erano sempre così spontanee ed innocenti che la facevano sentire la persona più pura del mondo.
"R'gina!" Biascicò lui contro la sua spalla "Mettiamo le palline?"
Regina rise di fronte all’ insistenza del bambino, gettó uno sguardo a Henry e Robin che sembravano ancora nel pieno dell'allestimento delle luci, occupati com'erano a fare un lavoro impeccabile e fece incontrare le fronti sue e di Roland "Papà ed Henry ne avranno ancora per un pó, che ne dici se intanto iniziamo a scegliere le palline che vogliamo usare?"
Quelle parole fecero scattare Roland che rapidissimo scese dalle ginocchia di Regina e corse verso lo scatolone più vicino trascinandolo nella direzione di Regina, che nel frattempo si era alzata e lo aveva raggiunto.
Si inginocchió sul tappeto e Roland la imitò "Quelle che ci piacciono di più, e sopratutto quelle che non avete ancora distrutto, le mettiamo qui dentro.." Gli spiegò allungandosi a prendere una scatola vuota e più piccola "Le altre le lasciamo dove sono. D'accordo?"
"D'accordo!" Esclamò Roland, iniziando ad afferrare le prime palline e gettandole a casaccio nella scatola.
Regina arricciò le labbra, prendendo un paio delle palline prescelte e rigirandosele dubbiosa tra le mani "Tesoro, prima però guardiamole. E magari cerchiamo di non fare troppa confusione con i colori, che ne dici?"
Robin si giró a guardarli e rise tra sè e sè. Tra la testardaggine di Roland e la fissazione per il buon gusto di Regina, la selezione si preannunciava più ardua del previsto.


I respiri di Henry e Roland erano quasi sincronizzati mentre dormivano insieme sullo stesso divano, le teste poggiate ai due braccioli opposti e le gambe che si incrociavano tra di loro.
Robin stese una grossa coperta rossa sui loro corpi e sfilò il peluche del più piccolo da sotto il suo braccio, per poi appoggiarlo sullo schienale "Sono crollati, dovremmo coinvolgerli in questo tipo di lavori più spesso!" Esclamò divertito restando ad osservarli.
Regina alzò gli occhi dal pavimento su cui era china per mettere a posto "Dici che non dobbiamo svegliarli? Non hanno nemmeno cenato!"
"Hanno mangiato biscotti e bevuto cioccolata calda, sono a posto!"  lanciò ai ragazzi un ultimo sguardo attento e si andò a sedere sull'altro divano, ammirando soddisfatto l'effetto delle luci dell'albero che risaltavano nella stanza semi buia. Lo sguardo finì su Regina che, piegata sulle proprie ginocchia, stava raccogliendo dei cocci di plastica da terra, resti di qualcosa che doveva essersi rotto durante l'allestimento. Alla fine, lo spettacolo più bello era sempre lei. Persino con gli occhi stanchi, i capelli sul viso e le maniche della camicia arrotolate.
Lei probabilmente si accorse di essere osservata perché alzò lo sguardo e sorrise quando incontrò gli occhi di lui che la fissavano. Robin ne approfittò per battere due volte la mano sul posto accanto a lui e fare un cenno con il capo come a dirle di raggiungerlo. Regina non se lo fece ripetere due volte, lasciò andare i cocci e lo raggiunse, sedendoglisi accanto e lasciandosi avvolgere dalle sue braccia. Con la testa poggiata sul suo petto, si mise a guardare l'albero, e poi i visi di Henry e Roland rischiarati dalle lucine colorate e quella scena le parve così perfetta da sentirsi invadere da un insolito calore nel petto.
Sarebbe potuta restare intere ore così, a fissare il vuoto tra le braccia dell’uomo che amava, con i loro figli che riposavano sereni accanto. Momenti come quelli sembravano ripagarla di una vita intera in cui si era sentita sola e senza un futuro, di anni passati ad affogare sempre di più nell’oscurità perché credeva di non avere più speranza di tornare alla luce.
E poi la luce era arrivata da lei, lentamente e senza fare rumore. C’erano stati momenti in cui si era spenta, oscurata dalle tentazioni e dalle difficoltà incontrate sulla strada verso la redenzione, ma poi era tornata ed ora era proprio attorno a lei, più splendente che mai, così forte e così vicina da riuscire a far brillare di luce riflessa persino lei, che il buio ce l’aveva dentro. Ma ad illuminarla ci pensavano loro, quelle tre persone che le vivevano accanto e le riempivano le giornate di una gioia semplice e delicata, una gioia che non aveva mai conosciuto nemmeno con i suoi genitori.
Per un momento le si materializzò davanti agli occhi l’enorme albero di natale che troneggiava nella sala da pranzo della sua residenza da bambina, quello che compariva da un mattino all’altro nella grossa sala da pranzo della loro residenza -  probabilmente allestito dalla servitù - e a cui a lei non era permesso avvicinarsi.  
Solo un anno le era capitato di svegliarsi presto e di trovare alcuni dipendenti già all’opera, sotto le direttive di sua madre. Era rimasta ad osservare incantata quei fiocchetti rossi che venivano affissi al grosso albero e aveva chiesto a sua madre di poterne mettere qualcuno lei. Cora l’aveva guardata indignata e le aveva risposto che non era certo compito di una principessina occuparsi di quel genere di cose.
“A che pensi?” La voce di Robin la riportò alla realtà e si accorse solo in quel momento delle mani che lui aveva intrecciato nelle sue, placandole i movimenti incessanti delle dita.
“Al mio passato..” Rivelò con sincerità “Pensavo che non mi hanno mai dato il permesso di partecipare alle decorazioni natalizie. E’ bello che l’abbiamo fatto con i bambini, si sono divertiti e non vedevo Henry così entusiasta da un sacco di tempo!”
“E’ proprio questo il bello, no?” Rispose lui “Passare del tempo con loro, collaborare, divertirsi e vedere che anche loro si divertono. Dovrebbe essere questo lo spirito del Natale, giusto?”
Lei annuì "Per me ed Henry è stata la prima volta. La prima volta in questo modo intendo, come una famiglia vera!”
"E’ quello che siamo, adesso!” rispose lui, baciandole i capelli “Comunque, anche per me e Roland lo è. Come prova generale ce la siamo cavata bene, no?”
Un sorriso divertito increspò il viso della donna al pensiero delle ultime e concitate ore “Direi di si, ci abbiamo messo un intero pomeriggio ma il risultato è soddisfacente!”
“Il risultato è la cosa importante, per quanto riguarda il tempo possiamo migliorare, abbiamo ancora tanti Natali tra trascorrere insieme! E poi tra qualche anno, magari, può essere che abbiamo un po’ di forza lavoro in più!”
Regina si staccò dal petto di lui e si girò a guardarlo, chiedendosi se avesse capito bene cosa intendeva “Forza lavoro?”
“Lo so, detto così suona inquietante. Ma ci aiuterebbe volentieri!” Continuò lui con tranquillità, gli occhi rivolti verso il vuoto, come se stesse già immaginando la scena della sua mente  “Non subito, ovviamente. Ma già a tre anni potrebbe essere in grado di mettere qualche pallina sui rami. Non so quanto ne sarebbe felice Roland, visto che si è auto assunto il compito. Già mi immagino le discussioni!”
Regina ascoltava quello sproloquio senza  proferire parola, l’aria incredula. Quella era un’ idea che non l’aveva nemmeno mai sfiorata, credeva di aver ottenuto già il massimo dalla vita e non osava sperare altro, e invece Robin ne parlava con una tale naturalezza che all’improvviso anche a lei sembrò una prospettiva normale.
“Che c’è?” Esclamò Robin quando si rese conto del cambiamento di espressione della donna.
Lei sorrise, e si morse il labbro inferiore per impedire agli occhi di inumidirsi “Niente. Solo che.. credo che questo sarà il Natale più felice della mia vita. E ti amo!”
“L’atmosfera natalizia ci fa diventare proprio sentimentali, eh?” Rispose lui facendo sfiorare i loro nasi e poi baciandola delicatamente sulle labbra.
“Non è l’atmosfera natalizia, sei tu!” Ricambiò il bacio e sorrise contro la sua bocca “Devi smetterla di essere sempre così dannatamente perfetto!”
“E’ che.. non posso proprio farne a meno!” La sua voce fu appena un sussurro e fu subito seguita da una risata divertita. Regina gli diede uno spintone sulla spalla, scuotendo rassegnata la testa, e lui ne approfittò per allungarsi verso il tavolino e prendere i due bicchieri di cristallo ricolmi di vino rosso che aveva preparato poco prima.
“Questa situazione mi ricorda qualcosa!” Esclamò la donna mentre afferrava il calice con due dita.
“Dici io e te sul divano, il camino acceso e il vino rosso?” Sorrise, malizioso “Anche a me!”
Regina allungò il bicchiere nella sua direzione “A che cosa brindiamo, questa volta?”
“Al nostro primo Natale insieme!” Fu la risposta decisa di lui mentre faceva lo stesso.
“Al nostro primo Natale insieme!” Rispose la donna. E un tintinnio riempì il silenzio disturbato soltanto dallo scoppiettio del camino, il tintinnio di due calici che urtavano tra loro, e allo stesso tempo due mani si intrecciavano, illuminate soltanto dalle luci di Natale.

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Capitolo 7
*** Hope ***


HOPE

Emma Swan alzò la testa dal bicchiere d’acqua ormai vuoto rivolgendo lo sguardo verso la porta che dava sul retro del locale, che si era appena aperta per lasciar passare due sagome familiari "Dorme?"
Mary Margaret annuì sollevata, mentre lei e Regina si andavano a sedere ai posti che avevano lasciato poco più di mezz’ ora prima "Non è stato facile, ma alla fine ha ceduto al sonno. Voi avete ordinato?"
La bionda scosse la testa "Non ancora. David è appena uscito, ha ricevuto una segnalazione!"
"Una segnalazione?" chiese incuriosita sua madre.
“Già. Volevo seguirlo ma si è portato Killian, quei due iniziano ad andare troppo d’accordo per i miei gusti!”
Il tentativo di Emma di sviare il discorso fu stroncato da Mary Margaret, che ignara delle intenzioni della figlia sembrava decisa a saperne di più “Che tipo di segnalazione?”
Emma esitò qualche secondo, lo sguardo saettò da Henry a Regina prima di rendersi conto che non aveva più scelta "Pare stia succedendo qualcosa nei pressi del confine!"
Regina era rimasta in silenzio durante lo scambio di battute, completamente disinteressata a qualsiasi cosa stesse succedendo nella sua città, come del resto accadeva da un po’ di mesi a quella parte. Alla parola confine però aveva sobbalzato e i suoi occhi scuri e un po’ stanchi si erano inchiodati sulla bionda "Qualcosa di che tipo?"
"Non lo so!” Rispose Emma senza nascondere un pizzico di nervosismo “David è andato a vedere!"
"Dovremmo.." "Non dovremmo fare niente, Regina. Se e' importante, ce lo dirà lui!" Il tono pacato di Mary Margaret arrestò il tentativo di Regina, che annuì rassegnata. Un tempo non si sarebbe arresa così facilmente, soprattutto con Emma Swan e sua madre, ma in quel caso era diverso. C’era un unico motivo per cui il confine le interessava tanto e tutti a quel tavolo ne erano consapevoli, compreso Henry non aveva staccato gli occhi dal cellulare, fingendo di non aver ascoltato quello scambio di battute. Aveva cercato per mesi un modo per distruggere l'incantesimo senza alcun risultato e alla fine ci aveva rinunciato, troppo presa dal resto degli eventi che l’avevano coinvolta. Pensare che qualcosa stesse cambiando da sola equivaleva soltanto ad illudersi. E lei non aveva più tempo per le illusioni.

Il campanello del Granny's tintinnò che le tre donne ed Henry avevano quasi finito di cenare, e David e Killian entrarono uno dopo l'altro, le espressioni scure che non facevano presagire nulla di buono.
"Che e' successo?" Domandó Emma, intuendo subito che qualcosa non andasse.
David si ritrovò attorniato quasi subito da una piccola folla di curiosi oltre che dalla sua famiglia. Prese un respiro profondo preparandosi a dover spiegare tutto per filo e per segno "La barriera è stata distrutta, Storybrooke è di nuovo accessibile dall’esterno!"
Un brusio si sollevo nella sala mentre un confuso Henry faceva qualche passo verso il nonno "Perchè lo dite con quelle facce? E' una cosa bella! Questo vuol dire che possiamo andare a cercare Robin, e.."
"Non credo ce ne sia bisogno, ragazzino.." Lo interruppe Killian prendendo posto su uno sgabello.
"Che vuoi dire?" Emma fece per voltarsi verso il fidanzato ma il suo sguardo si bloccò prima che potesse posarsi sul pirata, attirato da un altro viso. Aggrottò le sopracciglia soffermandosi a osservare Regina, la cui espressione era mutata improvvisamente, il viso pallido e gli occhi spalancati, quasi avesse visto un fantasma. O peggio. E poi capì. Robin Hood era in piedi a pochi passi dalla porta, immobile, lo sguardo puntato su un solo paio di tutti gli occhi che si era ritrovato addosso. Indossava vestiti molto diversi da quelli con cui aveva lasciato Storybrooke, la giacca blu scuro e la camicia stridevano quasi con il giubbotto e la sciarpa che era solito usare una volta, ma il viso era rimasto identico, lo stesso modo di portare la barba e gli stessi occhi. Occhi che adesso sembravano smarriti e preoccupati. "Io..” Cominciò, balbettando quasi “Mi dispiace, so che spuntare così, all'improvviso.. E’ che.. avevo bisogno di rivederti!”
Nessuno si mosse. Regina continuava a fissarlo senza dire nulla, e Robin avrebbe voluto avvicinarsi ma non lo fece. La guardava sperando di ricevere un cenno di risposta, un qualcosa che non fosse solo quello sguardo quasi terrorizzato. Era così bella, come la ricordava o forse ancora di più. Aveva qualcosa di diverso, ma non sapeva dire cosa. E l’avrebbe abbracciata e baciata se non gli fosse sembrata così sconvolta. Doveva agire con più delicatezza, allora si limitò ad allungare una mano verso di lei, donandole un sorriso poco stabile “Regina..”
La donna allora scosse ripetutamente la testa, gli diede le spalle e scappò via, chiudendosi alle spalle la porta del retro con un tonfo secco.


Cercava di prendere respiri profondi, sforzandosi di regolarizzare i movimenti della sua gabbia toracica che al momento di alzava e si abbassava troppo velocemente per il suo normale ritmo. Si portò una mano sul petto imponendosi di tranquillizzarsi, di ritrovare la calma che l’aveva sempre caratterizzata. Non sapeva spiegarsi cosa e come fosse successo, perché lei che in pubblico non aveva mai lasciato andare nemmeno un colpo di tosse fosse fuggita via come una ragazzina spaventata. Semplicemente non era riuscita a controllarsi, i suoi occhi e le sue gambe si erano mossi indipendentemente dalla sua volontà e si era ritrovata senza nemmeno rendersene conto rannicchiata sul freddo pavimento del bagno del Granny’s, chiusa a chiave come la peggiore delle adolescenti. E aveva lasciato Robin di là senza dirgli nemmeno una parola, dopo che per più di sei mesi aveva tentato l’impossibile per avere solo una possibilità di rintracciarlo. Chissà che cosa stava pensando ora di lei. Chissà cosa stavano pensando tutti.
Un paio di colpi alla porta che a Regina erano ormai sin troppo familiari la portarono a staccare la testa dal muro e a sbuffare "Swan, vattene!"
"Non chiamarmi così, e apri per favore!" La voce le giunse forte e chiara nonostante la porta chiusa.
Alzò gli occhi al cielo, figuriamoci se Emma Swan le dava ascolto al primo tentativo "Ti ho detto di andartene, Emma!”
"Regina, ti giuro che la butto giù. E sai che lo faccio davvero!" Regina lo sapeva bene, la preziosa porta in legno pregiato della sua camera da letto portava ancora i segni dei calci della signorina Swan nonostante l’avesse riparata con la magia. Fece scattare la serratura con la magia e lasció che la bionda entrasse nel piccolo bagno “Sei diventata più invadente di tua madre!”
Emma non fece caso all’ennesimo tentativo di Regina di offenderla paragonandola alla sua ex nemica e si andò ad accucciare accanto a lei "Che succede?" Finalmente Regina staccò gli occhi dalla crepa del muro che si era ostinata a guardare dal primo momento in cui Emma le si era avvicinata e lasciò che i loro occhi si incontrassero "Ho bisogno di un momento.."
Lo sceriffo annuì, comprensivo "Lo capisco.."
"Credevo che avrei avuto modo di prepararmi, se mai fosse successo. Rivederlo così, all'improvviso.."
Emma concluse per lei "Non è facile, lo so. Te l'ho detto, posso capirti. Anche se non era proprio la stessa cosa, ci sono passata anche io, con Neal.."
"Non so come dirglielo!" Le confidò, passandosi una mano sul viso.
"Non ci sono molti modi.."
Regina alzó lo sguardo, consapevole della verità di quelle parole "Crede che sia arrabbiata con lui, non è vero?"
"No. Ha capito che è stato un bel colpo per te, i miei genitori gli stanno parlando e.."
Gli occhi della mora si spalancarono di colpo “Non gli staranno dicendo..”
"No!" la tranquillizzò l’altra, sorridendo appena "Quello spetta a te. Posso farlo venire?"
"No, aspetta.." Regina le afferrò il braccio, bloccandola "Perchè tuo padre e il pirata avevano quelle facce? E' successo qualcosa a Marian?"
Emma scosse la testa, quella era la parte più difficile "Lei e il bambino stanno bene, sono all'accampamento dei Marry Men. Robin ha chiesto a David dove ti trovassi ed è voluto venire qui da solo..”
"E allora qual'è il problema?" Insistette Regina.
Lo Sceriffo esitò, prima di rispondere "Robin e' stato aiutato a tornare qui. Da Gold, e non solo.." Aggiunse, ripensando a quel discorso sconnesso di Robin Hood a proposito di streghe e piani malvagi. A metà della spiegazione, quando all’ennesima occhiata di Robin alla porta si era resa conto che la mente dell’uomo era tutta da un'altra parte, aveva lasciato ai suoi genitori il difficile compito di cercare di ricavare qualcosa di utile da quel racconto che comunque non faceva presagire nulla di buono, assumendosi il compito di andare a recuperare Regina.
Nonostante la situazione già difficile, Regina non potè fare a meno di incuriosirsi a quella rivelazione "Perchè Gold avrebbe dovuto aiutarlo? E poi che significa non solo? Chi altro c’è di mezzo?"
"E' un discorso complicato Regina!” Rispose Emma con un sospiro “E non sono nemmeno sicura di aver capito bene. E comunque credo che tu debba affrontare una cosa alla volta!"
Regina annuì, senza insistere. Qualsiasi problema stessero per affrontare, non poteva essere più grande di quello che aveva lei in quel momento.
“Adesso posso chiamarlo? E’ così in ansia per come l’hai lasciato che a stento ricorda il proprio nome..” Il tentativo di sdrammatizzare non ebbe il risultato sperato ed Emma cambiò strategia, afferrando una mano di Regina e stringendogliela “Va tutto bene. E’ quello che volevamo ottenere, no? Ce l’abbiamo fatta!”
Regina fece una smorfia “Seriamente, Emma? Noi non abbiamo fatto proprio niente, è stato lui a tornare!”
“Beh? Meglio, no?” Rispose Emma, alzando le spalle “Credo che mia madre direbbe che è merito del destino, che le cose vanno sempre come devono andare..”
“Si, si.. la speranza e tutto il resto!” Aggiunse la mora, con un piccolo sorriso divertito, calcando l’accento sulla parola speranza.
“Esatto. Io invece dico che ci è semplicemente andata di lusso: meno fatica, stesso risultato!”
Regina rise di cuore “Sono colpita, Emma. Lo spirito dei Charming non ti ha ancora contagiato del tutto, c’è ancora un po’ della vecchia te stessa in te!”
La bocca di Emma si contorse in una piccola smorfia “Mi hai davvero fatto un complimento?”
Regina alzò gli occhi al cielo “Secondo te è un complimento dirti che sei la stessa insopportabile signorina Swan di qualche anno fa?”
Emma avrebbe voluto rispondere a tono, ma vide Regina alzare lo sguardo verso qualcosa dietro di  lei e poi una voce che la sovrastava “Posso?”
“Uhm, certo..” Si alzò, facendo posto a Robin e facendo un ultimo impercettibile sorriso di incoraggiamento a Regina sparì nel corridoio.
Il suo posto fu subito occupato dall’uomo, che si accucciò all’altezza di Regina facendo quasi toccare i loro visi. Non resistette oltre alla tentazione e portò la mano sul viso di lei, accarezzandole gli zigomi con il pollice in un gesto che aveva già fatto tante volte, in passato.
“Mi sei mancata così tanto..” Esclamò, soffiandole quelle parole sulle labbra. Avrebbe desiderato baciarla ma non voleva affrettare le cose, non prima di aver analizzato la sua reazione. Non doveva essere facile ritrovarselo davanti da un momento all’altro dopo quasi un anno di assenza ed era giusto che si prendesse tutto il tempo di cui sentiva il bisogno.
Vederla chiudere gli occhi a quella carezza e sorridere impercettibilmente fu per lui il segno che le cose non erano poi cambiate del tutto. Non era stato respinto e quello era già un inizio. Incoraggiato da ciò, si spinse un poco oltre e le posò un piccolo bacio sulla fronte, tra gli occhi “Mi dispiace di essere ricomparso in questo modo. Avrei dovuto immaginare che per te potesse essere difficile, ti chiedo scusa..” Esclamò, spostandole una ciocca di capelli dal viso.
Regina si lasciò cullare da quella voce, si perse nel conforto di quelle carezze dopo tanto tempo ancora così familiari e si sentì una stupida per essere scappata in quel modo, invece di godere subito dell’opportunità di poterlo abbracciare di nuovo “No, sono io che ti chiedo scusa..” Per la prima volta fu lei a parlare “Ci ho provato così tanto e senza risultati che.. mi ero rassegnata. Non credevo più che ci saremmo rivisti!”
"Credimi, Regina. Non c'è stato giorno da quando sono andato via che non abbia cercato un modo per tornare. Mi sono alleato con un uomo che in passato mi ha rinchiuso e quasi ucciso, pur di avere una possibilità.."
"Hai fatto un accordo con Gold?" Domandò lei, adesso allarmata "Non avresti mai dovuto, lui.."
"So cosa ho fatto, non ti preoccupare. Roland e Marian sono al sicuro, e io stavo impazzendo senza di te!”
Regina abbassò lo sguardo,annuendo "Non e' stato facile nemmeno per me.."
"Posso immaginarlo.."
Lei lasciò andare un piccolo sorriso ironico "Non credo.."
L’uomo ci rimase un po’ male per quella risposta ma cercò di non darlo a vedere "Capisco che tu sia arrabbiata e.."
"No Robin, non sono arrabbiata. Tra tutte le emozioni di quest’ultimo periodo, non c’è davvero spazio per la rabbia!”
"Che intendi?" Chiese, confuso.
Gli occhi scuri della donna lo scrutarono seri "Vorrei ci fosse un modo per dirtelo.."
"Dirmi che cosa?" Un dubbio si fece largo in lui, e la presa sulle mani di lei si allentò appena "Tu non.. Non mi ami più?"
Regina avrebbe voluto dirgli che lo amava, come e forse più di prima, ma non era ancora il momento di fare quel tipo di discorso. Prima dovevano affrontare una questione molto più grande "Devo mostrarti qualcosa, Robin. Vieni.."
L’ uomo si rimise in piedi e aiutò anche lei ad alzarsi “Devo preoccuparmi?”
Lei scosse la testa, sorridendo tra sé e sé ma con un moto d’ansia che le attanagliava lo stomaco “No!”


Regina aprì la porta del piccolo soggiorno e lo fece entrare per primo. L'uomo si guardó intorno, incerto su dove porre la sua attenzione. La stanza gli sembrava identica all’ ultima volta che l’aveva vista, quando vi si era rifugiato con lei per poterla salutare lontano da occhi indiscreti. La vide fare qualche passo verso la finestra e la seguì con lo sguardo, e fu solo in quel momento che si accorse di un dettaglio nuovo, che decisamente non aveva nulla a che fare con il resto dell’ arredamento: un carrozzino bianco parcheggiato accanto alla parete.
Il suo cuore prese ad accelerare e la scena che seguì gli sembró quasi di vederla al rallentatore: Regina che afferrava il maniglione del carrozzino e lo spostava in avanti, sollevava una serie di coperte e con delicatezza prendeva in braccio un esserino minuscolo e perfetto avvolto in una coperta lilla.
Se la sistemó meglio tra le braccia mentre faceva qualche passo verso di lui, che invece era rimasto pietrificato al proprio posto. Non aveva idea di come l’avrebbe presa, ma aveva deciso di seguire l’istinto, come aveva detto Emma c’erano ben pochi modi per dare una notizia del genere, e lei aveva optato per quella più diretta. Si portò proprio di fronte a Robin e lasciò che la copertina scivolasse per metà scoprendo il suo contenuto "Credo che sia arrivato il momento di conoscere il suo papá!" Esclamó, la voce rotta dall'emozione mentre si muoveva per cullare la bambina che, probabilmente infastidita dall'essere stata strappata al suo sonno, aveva emesso qualche vagito prima di tranquillizzarsi contro il petto della madre. Un viso tondo pieno di capelli neri e due manine minuscole che spuntavano appena dalle maniche di una tutina rosa fecero capolino dalla coperta che Regina aveva spostato e Robin sentì le gambe farsi molli e gli occhi pizzicare mentre la consapevolezza di quello che stava accadendo si faceva più radicata in lui.
"E' mia.. È.. nostra.." Balbettó, incapace di distogliere gli occhi da quello spettacolo. Regina stringeva tra le braccia bambina più bella che avesse mai visto, la loro bambina, sua figlia. Allungò un dito tremante verso di lei e le accarezzò appena la manina, senza nemmeno provare a placare il battito incessante del cuore che sembrava sul punto di esplodergli dal petto "Posso prenderla?"
Regina sorrise e non trovó necessario rispondere, passandogli direttamente la bambina, che non fece una piega a quel cambiamento e continuó a dormire tranquilla nella presa salda di Robin. Il tumulto di emozioni che lo aveva avvolto in quei minuti sembrò placarsi nel momento in cui strinse sua figlia tra le braccia, l’incredulità e lo sgomento scemarono lentamente fino a lasciargli un senso di tenerezza e felicità. Mai avrebbe immaginato di trovare tutto questo, era tornato a Storybrooke con la convinzione che rivedere la donna che amava sarebbe stato il massimo della gioia e invece ad attenderlo c’era molto di più.
Si sistemò sul divano al centro della stanza, un po’ per poter osservare meglio quel piccolo angelo e un po’ perché l’emozione iniziava a farsi sentire e le gambe sembravano meno stabili del solito.
"Si chiama Hope.." Gli disse Regina, sedendosi di fronte a lui e godendosi quel momento che aveva immaginato tante di quelle volte da averne perso il conto.
Robin sorrise senza staccare gli occhi dalla figlia, intuendo subito il significato di quel nome "Speranza. Perchè ho la sensazione che non sia una tua idea?"
Regina rispose con una smorfia divertita "Henry. Secondo me in accordo con sua nonna, anche se ancora entrambi si ostinano a negarlo. Diceva che sarebbe stato di buon auspicio, io non ci ho mai creduto ma non me la sono sentita di deluderlo, lui mi è stato così vicino durante la gravidanza.."
"Tipico di Henry!" Commentò l’uomo, grato della presenza del ragazzo che sicuramente aveva alleviato il dolore della madre.
"E a quanto pare anche stavolta aveva ragione. Tra quattro giorni Hope compirà un mese e tu sei qui.."
Robin annuì, l’espressione che si incupiva improvvisamente mentre accarezzava il palmo semi aperto della bambina che automaticamente si chiuse a pugno attorno al suo dito  "Adesso si.."
Lei si accorse del repentino cambiamento di umore "Che c'è?"
Robin alzò lo sguardo su di lei rivelando gli occhi tormentati "Avrei dovuto esserci, dall'inizio. Quando l'hai scoperto, quando la tua pancia ha iniziato a crescere, quando eri stanca e soprattutto quando hai partorito. Non mi perdoneró mai per averti lasciata sola ad affrontare tutto questo!"
Regina portò le dita sulla mano di lui, chiudendo la sua e quella della figlia in un'unica stretta "Non sono stata sola. Li conosci i Charming, no? Figurati se si lasciavano sfuggire l’occasione di sfoderare la loro irritante bontà. Sento ancora il disgustoso odore delle zuppe che Mary Margaret mi costringeva a mangiare e David mi avrà portato quintali di gelato sostenendo che migliora l’umore delle donne incinte. Per inciso, con me non ha mai funzionato. Ma non mi stupisco, qualsiasi sia stata la loro fonte di informazioni a proposito di gravidanze è chiaro che non fosse attendibile. Voglio dire, hanno assunto la Perfida Strega come levatrice. E il gelato ha solo contribuito a far aumentare Mary Margaret di sei taglie..”
Robin rise, riconoscendo finalmente nella donna che aveva di fronte la sua Regina. Quando l’aveva trovata rannicchiata nel bagno con gli occhi pieni di lacrime ed Emma come confidente, per un attimo aveva creduto di averla spezzata completamente. Dal primo momento in cui aveva letto la sua storia sul libro di Henry si era ripromesso di guarire tutte le cicatrici che la donna si portava dietro e invece aveva rischiato di riaprire quelle stesse ferite. Perché poi alla fine non si era comportato diversamente da tutti gli altri, abbandonandola nel momento del bisogno. Lei l’aveva subito rassicurato – Regina aveva strani modi di rincuorare le persone, che tuttavia risultavano efficaci lo stesso – ma non era stato sufficiente per alleviare i suoi sensi di colpa per non esserci stato. Conosceva abbastanza bene la donna da sapere che non doveva aver preso la notizia a cuor leggero, e lui avrebbe dovuto essere con lei a tranquillizzarla, a starle accanto durante le nausee e le ansie tipiche di chi sta per diventare genitore. Avrebbe dovuto esserle vicino a lei a stringerle la mano e a sussurrarle parole di incoraggiamento mentre soffriva per mettere al mondo la loro bambina.
Si chiese chi avesse preso il suo posto quel giorno, quando sua figlia era venuta al mondo senza il padre. Probabilmente Henry, da quel che ricordava loro due erano sempre stati gli unici in grado di calmare Regina.
“Robin, che c’è?” Regina allungò una mano sul viso dell’uomo e gli accarezzò la barba ispida “A che pensi?”
Lui alzò lo sguardo e solo allora si rese conto di essersi perso nei suoi pensieri e di averla probabilmente spaventata con il suo silenzio. Mosse un po’ la testa per baciarle il palmo della mano e poi glielo prese bloccandolo sulla sua guancia “Sono grato a David e alla sua famiglia per essersi presi cura di te, ma questo non cambia le cose. Era compito mio prepararti pranzi disgustosi e viziarti con il gelato e tutto il resto..”
“Sappiamo tutti e due perché sei dovuto andare via. Davvero, non puoi fartene una colpa..”
“Quindi non è per questo che sei scappata via quando mi hai visto?”
Regina scosse la testa “Sono scappata perché mi hai presa alla sprovvista e perché ti ho ritrovato prima che avessi il tempo di capire come dirti che mentre non c’eri avevo scoperto di essere incinta e che nella camera affianco c’era tua figlia. Ho immaginato così tante volte questo momento ma credevo che sarei venuta io a cercarti, che ti avrei trovato da qualche parte lì fuori e ti avrei detto tutto e invece mi sei piombato davanti senza che avessi nemmeno il tempo di realizzarlo e per di più quando avevo deciso di rinunciare..”
A quelle parole Robin ebbe un piccolo sussulto. Anche lui qualche volta aveva ceduto al senso di sconfitta pensando di smetterla di cercare un modo, senza mai avere il coraggio di farlo davvero, e adesso il solo pensiero di aver rischiato di non conoscere sua figlia gli faceva mancare l’aria. Ce l’aveva tra le braccia da pochi minuti e già credeva di non poterne più fare a meno “Davvero volevi rinunciare?”
Regina annuì, cercando le parole per spiegarsi “Non era giusto come mi stavo comportando. Fino al giorno prima del parto sono stata con la testa sui libri alla ricerca di qualcosa che mi aiutasse ma quando me l’hanno messa tra le braccia per la prima volta.. non ho mai voluto rinunciare a te.. ma lei meritava qualcosa di meglio di una madre troppo impegnata a cercare incantesimi impossibili per dedicarle il tempo che merita.. e poi..”
“E poi?” La spronò. Se aveva dovuto passare tutta la gravidanza in preda ad ansia e timori senza che lui fosse lì a sostenerla non poteva farci più niente ormai, ma poteva recuperare adesso.
“E poi c’era la possibilità che tu e Marian, e Roland, foste tornati a essere una famiglia..” Alzò le spalle, come a volersi giustificare per quei pensieri “Insomma, era passato così tanto tempo!”
Robin sorrise intenerito, accarezzandole il viso “Non ho fatto altro che pensare a te, ogni giorno in questi dieci mesi. Ti amavo quando ci siamo detti addio al confine e ti amo adesso, esattamente come prima, e nemmeno per un secondo ho rinunciato all’idea che prima o poi sarei tornato da te..” Spostò di nuovo lo sguardo su Hope e sul suo respiro pacato e regolare mentre dormiva “Fino a poche ore fa mi chiedevo se avessi fatto la cosa giusta ad accettare l’aiuto di Tremotino, se non mi fossi lasciato accecare dai miei sentimenti fidandomi di uno che so per certo non abbia buone intenzioni. Ora non ho dubbi, il mio posto è qui e sono felice di aver fatto qualsiasi cosa per esserci!”
“Quindi sei tornato per restare?”
Robin la guardò quasi sorpreso da quella domanda “Non farò mai più un passo senza di te e nostra figlia!”
Il sorriso felice di Regina durò solo qualche secondo prima di spegnersi sopraffatto dalle preoccupazioni “E la vostra vita a New York? Come la prenderà la tua famiglia?”
“Non esiste la mia famiglia!” La corresse l’uomo, scuotendo la testa “Esiste la nostra famiglia. Noi tre, Roland ed Henry. E poi Marian, i Marry Men, i Charming e tutti gli altri. La nostra vita è qui, quella di New York è stata solo una parentesi e te l’ho detto, noi vi lascio mai più!”
La guardò con una tale intensità mentre diceva quelle parole che Regina decise di credergli. Represse le lacrime che le pungevano le iridi con un sorriso e si sporse verso di lui lasciandosi accogliere dall’unico braccio libero dell’uomo e poggiando la testa sulla sua spalla. Per la prima volta dopo dieci mesi si sentì di nuovo leggera, al suo posto dopo mesi passati a cercare di sentirsi parte di una famiglia che nonostante tutto non sentiva sua fino in fondo. Se non si fosse ritrovata completamente impreparata e terrorizzata per quella nuova vita scoperta dentro di lei non avrebbe mai accettato la vicinanza di Emma e della sua famiglia, murandosi dietro le sue barriere come aveva sempre fatto. Ma non si pentiva di aver mostrato per una volta le sue debolezze, a dispetto della loro tipica invadenza e indiscrezione erano stati davvero in grado di colmare, seppure in parte, il vuoto enorme e devastante che la partenza di Robin le aveva lasciato. Il vuoto che quell’abbraccio aveva appena spazzato via, definitivamente.
Sentì un piccolo vagito della bambina che aveva percepito il movimento nonostante il tentativo di entrambi di non disturbarla. Quando posò gli occhi su di lei si accorse di quel piccolo paio di occhi scuri che fissavano un punto impreciso e di cui anche Robin sembrava essersi reso conto a giudicare dal suo sorriso ammaliato. Si staccarono e l’uomo sollevò la testolina della bambina con il palmo di una mano mentre con l’altra le sorreggeva il corpo. Se la portò davanti al viso e le baciò la fronte, lasciandosi invadere le narici dal profumo di neonato. Poi l’allontanò di qualche centimetro per poterla ammirare, Hope sembrò rendersi conto dello spazio vuoto intorno a sé perché prese a raggomitolarsi su se stessa, con le manine tirate su vicino alla bocca e le gambe flesse e corrucciò le labbra in una piccola smorfia.
“E’ perfetta!” Esclamò senza riuscire a distogliere lo sguardo da quello spettacolo. Regina annuì mentre gli spostava una mano dal viso per evitare che si graffiasse ancora con le unghie e le sistemò un piccolo ciuffo di capelli che si ostinava a stare alzato. Quando la piccola emise i primi segnali di pianto, Robin se la portò immediatamente sulla spalla e i vagiti cessarono.
“Sembra che gli piaccio..” Sussurrò posandole un delicato bacio sui capelli.
Regina annuì divertita, poggiando la copertina sul corpo della figlia “Si, gli piaci.. ha buon gusto!”
Robin sorrise trattenendo il polso della donna prima che si allontanasse troppo “Come suo padre!” Dichiarò con decisione, poi posò le labbra su quelle di lei e baciandola come ogni notte lontano da lei aveva sognato di fare.
 
 
Quando varcarono la soglia della porta e si ritrovarono nel piccolo locale, un esplosione di esclamazioni e battiti di mani li accolse e Robin istintivamente portò una mano accanto alla testa di Hope, come a volerla proteggere dai rumori.
“Ce ne avete messo di tempo, iniziavamo a preoccuparci..” Esclamò Mary Margaret alzandosi entusiasta.
“Veramente iniziavamo a credere che steste già recuperando il tempo perso!”
“Hook!” “Killian!” Lo ripresero contemporaneamente Regina ed Emma, la prima lanciandogli un occhiataccia mentre si scioglieva dall’abbraccio di Henry e la seconda passandogli malamente una bottiglia di champagne “Renditi utile e apri questo, invece di parlare a vuoto!”
Mary Margaret si avvicinò ai due, sorridendo con gioia “E’ stata una bella sorpresa, vero?”
“Meravigliosa!” Rispose l’ex ladro, riservando l’ennesimo sguardo alla bimba addormentata sulla sua spalla e protetta dalla copertina “E’ talmente incredibile che credo di dover ancora realizzare davvero!”
“Non è stato facile mantenere il segreto!” David si avvicinò all’uomo e gli diede una pacca affettuosa sulla spalla “Adesso posso farti gli auguri, papà!”
“Grazie!” Rispose lui con un sorriso, cingendo le spalle della compagna con il braccio libero “E non solo per gli auguri. Regina mi ha detto che le siete stati molto vicini in questa cosa e io vi sono grato per questo, per aver cercato di rimediare alla mia assenza..”
“Regina ti ha detto questo?” Domandò incredula Mary Margaret.
Il sindaco fece una smorfia chiudendo le braccia attorno al petto “Non mi pare proprio di averlo detto!”
Robin ridacchiò “Beh, non ha usato proprio queste parole ma.. il senso era questo!”
“Deve averci lavorato su parecchio perché il senso non era proprio questo!” Chiarì Regina, prima di voltarsi verso Killian “Hook, sei riuscito ad usare il tuo dannato uncino almeno per aprire quella bottiglia o nemmeno questo?”
Il tentativo poco velato di cambiare argomento fu chiaro a tutti ma nessuno fece commenti, limitandosi chi ad afferrare un bicchiere per farsi versare lo champagne chi a parlare con la persona accanto. La folla attorno a Robin e Regina si disperse e Killian iniziò a riempire i calici con l’unica mano che aveva.
“Ragazzino, per te solo un sorso o le tue madri mi scorticano vivo!” Esclamò il pirata quando Henry gli avvicinò il suo bicchiere.
Robin lo vide andare a sedersi al tavolo e fece per seguirlo, continuando a tenere Hope tra le braccia.
“Hey, Henry!” Esclamò, raggiungendolo sedendosi accanto a lui “Posso dirti due parole?”
Il ragazzo annuì, gettando un occhiata distratta al cellulare “Certo, dimmi!”
“Io e te non ci conosciamo ancora benissimo..” Cominciò l’uomo “Ma credo di aver capito che tipo di ragazzo sei e sono sicuro che la tua presenza in questi mesi sia stata molto importante per la mamma..”
“Io non ho fatto niente, davvero!”
“Tua madre non la pensa così e sinceramente nemmeno io. Non conosco i dettagli ma di una cosa sono sicuro, mia figlia è fortunata ad avere un fratello maggiore come te!”
Il viso di Henry si allargò in un sorriso sincero e fiero “Lo pensi davvero?”
“Ne sono convinto!”
L’abbraccio che ne seguì non sfuggì a Regina ed Emma, che avevano seguito la conversazione in disparte, attente a non farsi notare e con in mano i calici del loro champagne.
“Sembra che a Henry Robin piaccia..” commentò la bionda, sorridendo alla scena.
Regina annuì, orgogliosa “Meglio lui del pirata, senza offesa!”
La bionda alzò gli occhi al cielo “Come non detto..”
Il sindaco abbassò il viso per nascondere un sorriso divertito, poi si girò verso l’altra “Se non ti dispiace li raggiungo..”
“Vai, vai!” La spronò l’altra con una mano sul braccio “Ah, Regina?”
“Si?”
“Adesso hai il tuo lieto fine, sai che significa?”
“Swan, il discorso sulla speranza puoi risparmiartelo, ci ho chiamato mia figlia così, a te e tua madre dovrebbe bastare per una vita intera!”
Emma fece una smorfia contrariata “Volevo solo avvisarti che non sei più autorizzata a rispondermi male e a trattarmi come mi tratti di solito, intesi?”
La risata di Regina risuonò per metà sala “Fai quasi tenerezza Swan, continua pure a sperare!” Non fu un caso l’accento che pose sull’ultima parola, le posò una mano sulla spalla e le sorrise, un momento prima di congedarsi. Si sarebbe volentieri girata a godersi l’espressione delusa dell’altra donna, ma in quel momento non aveva occhi che per loro. Per lo sguardo scettico e divertito di Henry, le smorfie un po’ ridicole di Robin e gli occhi vispi e inconsapevoli della piccola Hope.
  
 
 
 
Non ho la minima idea di come Robin riuscirà a tornare - e' per questo che mi sono inventata qualcosa di abbastanza banale e arronzato - e poi a me basta che torni e renda felice quella cucciola di Regina. E tutte le voci presunte su questa fantomatica gravidanza mi stanno facendo fangirlare come una matta.. E così eccomi qui, con questa shot improvvisata in una sola giornata!
fatemi sapere se vi è piaciuta, e se come me siete a rischio infarto del miocardio se Regina fosse davvero incinta nella serie TV! *.* E anche se avete ipotesi sul ritorno di Robin! =)

BUON ANNO NUOVO  <3 

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Capitolo 8
*** Epifania ***


Epifania
 
Fuori dalla finestra nevicava e l’intero prato del loro giardino era stato ricoperto da un sottile manto bianco, reso ancora più evidente dal buio pesto che avvolgeva la città a quell’ora di sera.
Roland restò qualche altro secondo a osservare i candidi fiocchi di neve che cadevano, poi lasciò ricadere la tenda e corse a sedersi sul divano, dove Henry stava comodamente sfogliando il suo fumetto nuovo.
Lo osservò per qualche istante, come a capire se potesse disturbarlo, poi prese coraggio e gattonò vicino a lui "E così arriverà stanotte?"
Henry annuì e con uno scatto deciso richiuse il giornalino, posandolo sul tavolino "Te l’ho detto, quando staremo giá tutti dormendo. Scenderà proprio da questo camino e riempirà le nostre calze di dolci buonissimi!"
Roland si voltò a guardare verso il camino, dove Regina stava appendendo delle lunghe calze colorate lungo tutto il bordo. La donna quella mattina gliene aveva mostrate quattro chiedendogli di sceglierne una, e lui aveva optato senza indugio per quella che sembrava la più capiente, mentre suo padre si scambiava uno sguardo divertito con lei e le sussurrava qualcosa come ‘che ti avevo detto?’.  Fissò quella stessa calza immaginandosela piena e gli occhi gli si riempirono di gioia.
"Allora è proprio come Babbo Natale!" Concluse, sorridendo al pensiero dei doni ricevuti appena qualche giorno prima  "solo che è femmina!"
Henry intercettò lo sguardo divertito di sua madre e sorrise a sua volta, ricordandosi di come qualche anno prima fosse lei a spiegargli quelle stesse cose "Diciamo di si, ma attenzione, Babbo Natale non ha molti problemi a farsi vedere dai bambini, lei invece si!"
Roland arricciò le sopracciglia, confuso "perché?"
"Vedi Roland, lei è una vecchia signora davvero bruttina, dicono che abbia un aspetto orribile e che si vergogni di farsi vedere, è vestita di stracci e porta un fazzoletto a coprirle buona parte del volto, e se becca un bambino in piedi mentre è a far visita alla sua casa, lo colpisce in testa con la sua scopa e addio dolcetti!"
Roland spalancò gli occhi, inorridito da quei nuovi dettagli e quasi saltò su dal divano "ma allora è cattiva!"
Henry scosse la testa con decisione "No, non lo è. Ha un cuore d'oro in realtà, è molto povera eppure una notte all'anno salta in groppa alla sua vecchia scopa e porta dolci a tutti i bimbi del mondo, tutto ció che chiede in cambio è che loro non si mettano a piangere terrorizzati quando la vedono. Te lo immagini? Non deve essere una bella sensazione!"
Il bambino sembrò pensieroso, e dopo qualche istante annuì "E' davvero così brutta?"
Henry scrolló le spalle "Nessuno l'ha mai vista in faccia. Qualcuno racconta di aver notato la sua sagoma aggirarsi per le stanze, qualcun'altro giura di averla vista volare nel cielo con la sua scopa, ma nessuno è riuscito a stare più di qualche minuto in sua presenza. I bambini più avventati che hanno osato spiarla sono sempre finiti a piangere nelle stanze dei genitori con un bel bernoccolo in testa!"
“Ma io non voglio che mi dia la scopa in testa!” piagnucolò il bambino, voltandosi di nuovo verso Regina in cerca di conforto.
Quella rise e lasciò perdere l’ultima calza per raggiungere i bambini sul divano. Si sedette e Roland corse subito verso di lei per farsi abbracciare “Non voglio che venga a casa nostra!”
“Come non vuoi?” Esclamò lei, accarezzandogli i folti capelli castani “E rinunceresti a vedere la tua calza piena di caramelle e cioccolato?”
“Roland che rinuncia al cioccolato? Non credo proprio!” La voce di Robin che entrava nella stanza li fece voltare tutti e tre. L’ uomo si era appena tolto il giubbino e si stava strofinando con vigore le mani nel tentativo di riscaldarsi, confortato dal calore che emanava il caminetto accesso. Si avvicinò e salutò la compagna con un bacio sulle labbra prima di sedersi accanto a tutti loro “Che succede al mio ometto?”
“Ho paura della befana!” Piagnucolò il bambino, senza staccarsi dalle braccia di Regina. Robin annuì e istintivamente si scambiò uno sguardo complice con Henry, che gli aveva spiegato tutta la faccenda solo un paio di giorni prima.
“Perché hai paura?” Gli chiese calmo “A me è stato detto che viene a portare dolcetti!”
“Si, ma se ti trova sveglio ti colpisce con la sua scopa e io non voglio!”
Robin scrollò le spalle, cercando di rassicurare il figlio “E allora basta non farsi trovare svegli. Arriva di notte e di notte tu dormi, no?”
“Aspetta a dirlo!” Rise Henry, appoggiandosi alla spalliera del divano “Ti dico per esperienza personale che nessun bambino riesce a prendere sonno la notte dell’epifania, assicurato. Chiedi a mamma, lei ne sa qualcosa..”
Regina annuì mentre un largo sorriso le incorniciava di colpo il volto “Ogni volta credevo di essere riuscita a calmarlo e fatto addormentare e ogni volta puntualmente me lo ritrovavo in camera mia, con il suo orsetto a chiedere ospitalità nel lettone di mamma!”
“E poi mi nascondevo contro di lei e non osavo muovermi per nessuna ragione al mondo!” Continuò Henry, divertito.
“Mi sembra un buon compromesso per scongiurare la paura!” Osservò Robin, accarezzando un braccio di suo figlio. Vide un velo di nostalgia mista a commozione passare negli occhi di Regina e le sorrise, ripensando al travagliato rapporto che lei ed Henry avevano avuto e di cui lei gli aveva parlato una sera a cena. Poi tornò a rivolgersi al figlio, spostandogli una ciocca di capelli per poterlo vedere meglio, mentre con la coda dell’occhio guardava pure Regina  “Se per caso ti venisse voglia di fare la stessa cosa, ricordati di bussare prima, ok?”
Henry scoppiò a ridere mentre Regina avvampò immediatamente, strabuzzando gli occhi e portando in automatico una mano sull’ orecchio del bambino “Robin!”
“Cosa?” L’uomo alzò le spalle con aria innocente  “Cerco solo di insegnargli le buone maniere!”
“Certo!” Rispose lei, provando a lanciargli uno dei suoi sguardi minacciosi che ormai non le riuscivano più tanto bene. Allontanò Roland da sé per guardarlo negli occhi e gli sorrise “Sai che facciamo? Mandiamo papà a dormire in camera con Henry, e tu stai nel lettone con me! Ti va?”
Prima che Roland potesse rispondere, Robin iniziò a scuotere la testa con decisione “No, un attimo. A me questa non sembra per niente una buona idea. Roland è un bambino coraggioso, non ha mica paura di una vecchietta che si regge in piedi a stento, vero?”
Il bambino sembrò incerto prima di rispondere “Ma io..”
Suo padre gli accarezzò la spalla in un gesto di conforto "E poi non oserà toccarti, la Befana avrà anche la sua magia da quattro soldi ma scommetto che non si metterebbe mai contro la formidabile Strega che abbiamo noi in casa!"
Regina assottigliò gli occhi "Non ho capito se lo devo prendere come un complimento!"
Lui le lanciò uno sguardo vagamente malizioso “Tutto quello che ti dico lo devi prendere un complimento..”
Roland si voltò di nuovo verso la donna, che dovette abbassare la testa per nascondere il sorriso che le era sfuggito, e la guardò con i suoi occhioni grandi spalancati "Le fai un incantesimo R'gina?"
Lei rilassò il viso in un espressione divertita e annuì "Se osa colpire con quella vecchia scopa che si porta dietro uno dei miei tesori la trasformo in uno spaventapasseri!”
Robin lasciò andare una risata "Mi pareva di ricordare che non hai un buon rapporto con le tue colleghe che volano sulle scope!"
“Sono con quelle verdi!” Ribattè lei accigliata, e guardando il bambino aggiunse “E con quelle che vogliono spaventare Roland!”
Roland sorrise, più sereno, mentre Henry scompigliava affettuosamente i capelli del fratellastro “No mamma, non ti preoccupare, vedi che Roland non è spaventato. Ha capito e poi ci sono io a tenergli compagnia stanotte, no?”
“E se ti addormenti?” Chiese, scettico, il bambino più piccolo.
Henry scosse la testa “Ti prometto che resto sveglio fino a che non ti addormenti. E se vuoi possiamo avvicinare i letti, solo per stasera, se mamma ci da il permesso!”
Roland guardò speranzoso Regina che annuì “Va bene, solo per stasera!”
“Possiamo farlo adesso?”
Henry annuì “Si, andiamo!”
Roland scattò in piedi, pronto a correre verso le scale, ma subito si fermò, come se avesse dimenticato qualcosa “Papà?”
Robin si voltò mentre slittava al posto del figlio per avvicinarsi di più alla compagna “Che c’è?”
“Io sono stato buono quest’anno?”
“Mettiti l’anima in pace, Roland!” Rispose per lui il ragazzo più grande “Un po’ di carbone non riesce a evitarlo nessuno. Ma vedrai che alla fine non è così male, è zuccherato!”
Roland non sembrò convinto ma annuì, avviandosi a passo lento verso l’uscita dalla stanza.
Regina e Robin stavano assistendo divertiti alla scena quando videro un dito di Henry puntarsi verso l’arciere “guarda che mi devi un favore!”
Robin inarcò le sopracciglia “stai diventando peggio di tuo nonno, lo sai? Non mi piace questa cosa ragazzino!”
Henry si mise le mani sui fianchi “Vuoi dormire in cameretta in un letto troppo piccolo e senza la mamma?”
“Ok, ti devo un favore. Ma niente che comporti mentire alla mamma, sappilo. Non mi metterò più in quel tipo di casini!”
“Vedremo!” Fu il verdetto finale del ragazzo, prima che sparisse anche lui nel corridoio.
Robin si voltò verso Regina, che lo stava fissando seria, e alzò le spalle, assumendo la miglior espressione da vittima di cui era capace “Non è colpa mia! Sa che non posso starti lontano e se ne approfitta!”
Lei mosse la testa in una finta smorfia dispiaciuta “Povero cucciolo!” Esclamò mentre si avvicinava per baciarlo sulle labbra.
“Volevi davvero cacciarmi via dalla nostra camera? Relegarmi a un intera nottata senza poterti stringere tra le braccia?” Le chiese lui cingendola con un braccio e attirandola a sé fino a far sfiorare i loro visi.
“Beh, per la befana..” sussurrò lei contro le sue labbra, e lo baciò di nuovo “E comunque non cantare vittoria troppo presto, conosco Henry, scommetto che crollerà dopo dieci minuti e ci ritroveremo Roland nel letto prima di quanto crediamo!”
“Dici?”
Lei annuì “Fidati!”
“Allora dobbiamo portarci avanti con il lavoro..” Esclamò, serio.
“Dici per riempire le calze? Pensavo di mettere la sveglia un ora prima e..”
Robin scosse la testa, divertito “Non parlavo di quel tipo di lavoro!” Si spiegò, facendo scivolare una mano all’interno della sua camicetta.
“Oh.” Lei si perse solo un momento nella sorpresa, per poi mettersi a ridere “Robin!”
“Che c’è?” Esclamò mentre la baciava il collo.
“Devo preparare la cena!” Rispose, senza però fare nulla per fermare l’uomo.
“Usa la magia!”
Lei rise “Non vogliamo che io usi la magia se non è strettamente necessario, ricordi?”
La bocca di lui finì sotto il suo mento “E’ strettamente necessario!”
“Robin!”
“Diamogli i dolci della befana per cena, diciamo che è arrivata in anticipo!”
La risata di Regina fu ancora più cristallina, e stavolta trovò la forza di allontanarsi da lui e guardarlo in faccia “Locksley!” lo redarguì.
“Ti amo..” Esclamò lui per tutta risposta, prendendole il viso tra le mani e fissandola.
“Non guardarmi così, non vale!”
Ma Robin non smise di guardarla in quel modo, come se non desiderasse altro, e lei ci mise molto poco a cedere.  Si lasciò baciare di nuovo e stavolta rispose con la stessa intensità. Il rumore dei mobili che strisciavano sul pavimento al piano di sopra li rassicurava sul fatto che per il momento non sarebbero stati interrotti.
 
 
 
 
 
Negli stati uniti non festeggiano l’epifania, quindi mi rendo conto che questa one shot sia abbastanza improbabile. Ma non potevo davvero rinunciarci!
Sono napoletana e qui da noi la tradizione della Befana  è molto radicata, probabilmente ancora più che di quella di Babbo Natale.  Nella mia famiglia l’abbiamo sempre festeggiata, è un rito a cui non rinunciamo nemmeno adesso che abbiamo raggiunto una certa età.  L’ansia della sera prima, il timore di non essere stati abbastanza buoni, il non riuscire a dormire per la paura di svegliarsi e rischiare un colpo di scopa in testa. E le calze e i giocattoli la mattina, accanto al proprio letto, appena aperti gli occhi.
Per me è sempre stata una notte magica, più del Natale. Ogni anno puntualmente ero sicura di vedere qualcosa nel cielo, una scia, una traccia di quella scopa che volava tra le nuvole.  Ci ho creduto per tanto tempo e con tutta me stessa. E quindi volevo davvero regalare un momento così importante per me alla mia famiglia del cuore! :D
Me lo immagino così tanto quel cucciolo di Roland terrorizzato e Henry che da bravo fratello maggiore ne alimenta la paura! XD



Ah, altra precisazione. Quando Robin scherzosamente definisce Regina ‘Strega’ potrebbe apparire offensivo. Ma il mio immaginario di Strega corrisponde a quello di Harry Potter. Le streghe sono fighissime e meravigliose e adoro pensare che Regina sia una di loro.  E la invidio per questo! XD

Comunque, felice epifania a tutti! <3

 

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Capitolo 9
*** The Queen's secret ***



E’ la mia prima Shot ambientata nella foresta incantata, quindi mi scuso sin da subito se i personaggi non semberanno così IC.
Scrivere della regina cattiva mi viene decisamente più difficile rispetto allo scrivere di Regina.
In questo caso aiutata – per modo di dire – il fatto che volessi presentare una regina cattiva un po’ diversa, più vulnerabile e meno st*onza.
A Storybrooke abbiamo visto tante volte quanto lei e Robin possano essere dolci l’uno con l’altra, nella foresta incanta invece i due per la maggior parte del tempo non hanno fatto altro che punzecchiarsi e bisticciare, soprattutto per merito di una certa persona.
Ma sono sicura che, nonostante il “For some reason you are so much more likeable here in Storybrooke” di Regina (*.*), anche lì ci fosse qualcosa tra loro, solo che Regina era troppo nella sua versione odioilmondointerononguardatemioviuccido per darlo a vedere.
Quindi, ho dovuto fare in modo che non fosse proprio nella sua forma perfetta per farla scogliere un pochetto. Poco poco, eh. Parliamo sempre di quella grande badness della Evil Queen..
.. un po’ KO.


 




"Vostra Maestá?"
C’era il buio, attorno a lei e dentro di lei, nella sua mente.
Il suono di quelle parole le fu udibile appena, una specie di eco indistinto, come se arrivasse da lontano.
Probabilmente non era nemmeno reale.
"Mi sentite?"
Questa volta la voce sembrò più vicina, ma ancora non abbastanza da riuscire ad indentificarne la fonte. Di una cosa però poteva essere abbastanza certa: non se l’era immaginata.
Aprì gli occhi, lentamente, e la prima cosa che avvertì fu un dolore sordo che partiva dalla nuca per irradiarsi lungo il collo e l'intera colonna vertebrale. Strinse le palpebre cercando di placare quelle fitte insopportabili e allo stesso tempo provó a mettere a fuoco ciò che aveva davanti, ma con gli occhi ancora chiusi tutto ció che riusciva a registrare era il pavimento sul quale sedeva scomposta e il muro freddo alle sue spalle.
Poi  qualcosa che le sfiorava il braccio, un tocco delicato e di nuovo la stessa voce "Riuscite a parlare? Dove vi fa male?"
Dove le faceva male? Bella domanda. Al momento le faceva male praticamente tutto.
Ormai cosciente di una presenza accanto a lei, aprì gli occhi di nuovo e le fitte ripresero ma tentó di ignorarle, al momento la sua priorità era capire cosa fosse successo.
E improvvisamente ricordó. Ricordó le contrazioni premature e improvvise che Biancaneve aveva avvertito e che si erano rivelate un falso allarme. Ricordó la Perfida Strega che in qualche modo l'aveva saputo e si era precipitata al castello. Ricordó il pianto della figliastra, David che brandiva la sua spada e poi cadeva al suolo. E il loro scontro, incantesimi e palle di fuoco che si erano lanciate a vicenda per un tempo indeterminato, lei che si smaterializzava fuori dalla stanza di Snow, per proteggerla, e sua sorella che prevedibilmente la seguiva. E da quel momento i ricordi si facevano estremamente confusi. Quadri che cadevano, vasi che si frantumavano e quella botta tremenda che aveva sentito nel momento in cui veniva scagliata da qualche parte nella stanza. L'ultima cosa che aveva visto, prima che tutto diventasse buio, era stato lo sguardo soddisfatto di Zelena che si trasformava in una smorfia nel momento in cui una freccia d'oro le si conficcava nel braccio.
Una freccia d'oro arrivata dal nulla.
All'improvviso i pezzi andarono al proprio posto, e quella voce familiare ma non troppo ebbe finalmente un identità.
Il Fuorilegge.
Alzó la testa, quel poco che riuscì, e lo vide.  Se ne stava inginocchiato di fronte a lei,  una mano appoggiata al muro per sorreggersi,  sul volto la solita espressione gentile e fastidiosamente irritante.
'Che diavolo ci fate voi qua?" mormoró, reprimendo un ondata di nausea arrivata non appena aveva aperto bocca per parlare.  Cercò di convogliare l’ attenzione sul suo corpo, aveva bisogno di conoscere quali fossero stati i danni prima di fare movimenti azzardati, ma con lo sguardo di quell’ uomo su di sè faceva veramente fatica a concentrarsi.  Non voleva essere vista in quello stato, non voleva che pensasse che la Regina Cattiva avesse bisogno di aiuto.  E invece, più si imponeva di riprendersi velocemente più il dolore alla testa e la nausea sembravano aumentare.
Robin Hood, come era solito fare, ignoró deliberatamente il tono infastidito e le sorrise  "Quello che faccio sempre.. vi salvo la vita!"
Avrebbe voluto rispondere a tono ma era ancora troppo confusa per poter pensare di controbattere in maniera adeguata "Come mi avete trovata?" Domandó, non tanto perchè le interessasse quanto per prendere tempo, non era sicura di riuscire a rimettersi in piedi e questo mai e poi mai l'avrebbe fatto notare al ladro.
"Bella domanda. Vi ho cercata ovunque, non avreste dovuto trasportarvi qui sotto. Avete corso un grosso rischio, se avessi tardato ancora quella strega avrebbe anche potuto uccidervi!"
Regina contrasse il viso, infastidita  al solo pensiero di essersi lasciata mettere ko con tanta faciltà "Sai che perdita!"
"Beh, mi dispiace di aver sventato per la seconda volta le vostre imprese suicide!" Tentó di sdrammatizzare il ladro "Mi sembra evidente che sia un chiaro segno del fatto che dovreste smetterla di provarci.."
La donna gli lanció uno sguardo accigliato ma non rispose, troppo occupata a tastarsi la nuca indolenzita.
Robin notó il gesto e smise di sorridere, portó la sua mano nello stesso punto in cui l'aveva messa lei, lasciando inavvertitamente che le loro dita si sfiorassero "vi fa male qui?"
Regina sussultò, un po’ per il dolore e un po’ per quel contatto inaspettato "Non è niente!" Rispose, allontanando la mano dell’uomo con un gesto brusco.
Ancora una volta Robin non fece una piega all’atteggiamento ostile di lei "Non sanguina, ma avete preso lo stesso una brutta botta. Ce la fate ad alzarvi?"
"Ovviamente!" Rispose ostentando un tono sin troppo sicuro per essere preso sul serio, e facendo leva sulla mano destra cercò di alzarsi, non rendendosi nemmeno conto che nel farlo si era aggrappata al braccio che l’uomo le aveva offerto. Robin sorrise tra sé e sé notando come la regina avesse accettato il suo aiuto, e alla fine fu lui a sollevarla e non smise di sorreggerla finchè non su sicuro che lei si fosse effettivamente rimessa in piedi,  nonostante l'impiccio dell' elaborato abito blu che indossava.
Regina ignoró gli spasimi alla schiena e cercò di ritrovare l’equilibrio, ma forse lo fece troppo presto o troppo velocemente perchè riuscì solo a lisciarsi le pieghe del vestito prima di sentire la testa girare vorticosamente e le gambe cedere sotto il suo peso. Si aspettava di atterrare sul pavimento ma due braccia forti la sorressero e si ritrovò praticamente addosso al ladro.
"Sto bene!" Ebbe giusto la forza di sussurrare, mentre sentiva le forze abbandonarla inaspettatamente.
Robin inarcò un sopracciglio "Lo vedo!"  Esclamò, le parole della donna completamente smentite dal fatto che ne avesse ormai tutto il peso addosso, indice del fatto che sarebbe sicuramente crollata a terra se lui avesse lasciato la presa.  Si sistemò meglio l’arco dietro la schiena e avvolse anche il braccio sinistro attorno alla donna, sollevandola. Si era preparato a uno sforzo maggiore ma evidentemente l'abbigliamento sfarzoso della donna l'aveva tratto in inganno: era più piccola di quando credesse. E tra le sue braccia, con il trucco disfatto, gli occhi chiusi e i capelli sul viso, non appariva più tanto minacciosa.
Prese a camminare verso le scale e la donna in braccio a lui ebbe un breve momento di lucidità  "Mettetemi subito giú Locksley, sto bene!" Mugolò, eppure senza accorgersene gli aveva giá avvolto le braccia attorno al collo e appoggiato la testa contro la sua spalla, vinta dalla debolezza.
Robin Hood sorrise, riconoscendo persino in quel tono sin troppo debole quella punta di orgoglio che  caratterizzava la regina che stava imparando a conoscere  "Prima vi porto via da qui e poi vi metto giù Milady, promesso!"
Percorse a ritroso il tragitto che lo aveva condotto fino a lì, tenendo costantemente d'occhio le condizioni della donna. Il suo viso era ancora contratto ma sembrava più tranquilla, si era adattata al corpo di lui e si teneva saldamente al mantello, eppure non dava l'idea di aver paura di cadere.
Non sembrava aver bisogno di cure immediate, non era certamente un medico ma tante volte lui e i suoi compagni erano stati colpiti durante le loro scorribande e aveva imparato a conoscere i vari tipi di incidenti: quello della regina sembrava solo un brutto colpo alla testa che sarebbe passato in fretta con qualche ora di riposo e tranquillità.
Per un momento avvertì un moto d’ansia al pensiero che si stesse sbagliando e che la situazione potesse essere più grave di quanto credesse, ma nello stesso istante Regina riaprì gli occhi e incrociò i suoi. Quello che gli rivolse fu uno sguardo strano, diverso da quello a cui era abituato, uno sguardo in cui non c’era cenno della freddezza e dell’austerità che erano soliti aleggiare sul suo viso.  Per la prima volta quei due occhi scuri sembrarono in pace con il mondo, fu solo un secondo e poi si richiusero, ma Robin se ne sentì stranamente tranquillizzato.
Sarebbe stata bene e con quella certezza continuò a camminare verso l’uscita.
 
 
Quando giunse nella grande sala principale, Robin Hood trovó Biancaneve abbandonata su una grossa sedia, ancora visibilmente scossa, mentre il principe James le stava inginocchiato accanto, stringendole una mano.
La principessa sussultó vedendo la sua matrigna tra le braccia del ladro e scattò in piedi, nonostante i movimenti rallentati dalla pancia prominente "Che e'successo?"
"Sto bene.."  Quel sussurro arrivò a stento alle orecchie dei presenti,  ma fu sufficiente per tranquillizzare almeno un po’  Biancaneve. Sentirla rispondere era la dimostrazione che fosse ancora cosciente di ciò che stava accadendo attorno a lei.
Regina provò ad aprire gli occhi ma si rese conto ben presto di quanto invano fosse il tentativo. Si era resa conto di dove fosse stata portata ma non pensó nemmeno per un attimo a ricomporsi davanti a Biancaneve e al suo principe, per quanto odiasse mostrarsi debole sapeva che non sarebbe riuscita nemmeno a stare in piedi per più di una manciata di secondi e crollare sul pavimento sarebbe stato di certo più imbarazzante.
Teneva la testa rivolta verso il petto di Robin Hood e si non azzardava a muoverla, visto che il dolore sembrava essersi leggermente placato in quella posizione. E poi tutta quella luce nella stanza era così fastidiosa, e sentiva perdere e riacquistare il contatto con la realtà in maniera intermittente, come se fosse rinchiusa in una stanza buia le cui finestre venivano aperte e poi richiuse a intervalli irregolari.
Robin guardó prima la regina tra le sue braccia e poi la principessa "Continua a ripeterlo ma non è vero. La strega stavolta faceva sul serio.." Spiegó, ripensando a quel moto di paura che gli aveva attanagliato lo stomaco quando per un momento aveva creduto che l'avesse uccisa "C'è mancato davvero poco.."
"Lo immagino. Se non fosse stato per lei.." Sospiró Biancaneve, ben conscia di cosa sarebbe potuto accadere se Regina non fosse arrivata nella sua stanza a distogliere l'attenzione di Zelena da lei "E' ferita?" Domandò poi, scrutando con attenzione la sagoma della matrigna, preoccupata. Conosceva abbastanza bene la donna da sapere che se restava tra le braccia di quell'uomo senza battere ciglio doveva realmente non avere altra scelta.
Robin scosse la testa "Non sembra, ha solo preso un brutto colpo alla testa. Ha perso i sensi per qualche secondo ma poi grazie al cielo si è ripresa.." E abbassò anche lui lo sguardo sulla regina, che adesso sembrava essere in uno dei suoi momenti di incoscienza, o forse si era solo addormentata. Le sue labbra erano ancora contratte ma pensó che fosse un bene, se avvertiva dolore o fastidio allora non poteva essere svenuta di nuovo "Credo che abbia solo bisogno di riposare. Se permettete la porterei nelle sue stanze.."
"Certamente. E Brontolo.." Aggiunse Biancaneve rivolgendosi al nano, che era rimasto per tutto il tempo in silenzio in un angolo della stanza, assieme a Granny e al grillo parlante "sarebbe opportuno che almeno uno dei tuoi fratelli vegliasse su di lei, così da chiamarci se dovesse dare segni di malessere.."
"Stai scherzando?" Il nano sgranó gli occhi, apparentemente sconvolto da quella richiesta "Va bene vivere nello stesso castello ma stare da soli in una stanza con quella.. Non vi sembra di esagerare?"
"Non mi sembra così pericolosa adesso.." Sbottò Hood, rivolgendo al nano uno sguardo infastidito prima di tornare a parlare con i regnanti "Comunque non è necessario scomodare i vostri amici, resto io con lei!"
Gli occhi della principessa sembrarono illuminarsi "Lo fareste davvero?"
“L’avrei fatto anche se non me l’aveste chiesto!” Assicurò, per nulla intenzionato a lasciarla da sola con uno di quei nani, che piuttosto che vegliarla sarebbero stati capaci di darle il colpo di grazia.
Senza aggiungere altro si allontanò, percorrendo il lungo corridoio a passo veloce. Iniziava a stancarsi, la regina adesso stava immobile, abbandonata completamente su di lui e questo rendeva il peso più difficile da sostenere, oltre a sembrare estremamente preoccupante e solo il respiro irregolare che percepiva alla base del collo ricordava al ladro che non stava trasportando un corpo privo di vita.
Giunse di fronte a una grossa porta in rifiniture dorate, James gliel'aveva indicata come la stanza della regina quando gli aveva mostrato il castello e lui a memorizzare i dettagli di luoghi come quello era piuttosto bravo. Faceva parte del suo lavoro.
Con difficoltà riuscì a raggiungere la maniglia e ad abbassarla, entrando finalmente nella stanza.
Era un ambiente spoglio, e freddo, molto diverso da come se lo aspettava. Gli unici ornamenti erano un grosso letto a baldacchino e un angolo con uno specchio da toeletta.
Fece qualche passo verso il letto e si sistemò meglio la donna tra le braccia per poterla poi adagiare sul materasso con maggiore faciltà "Siamo arrivati milady, adesso potrete riposare!"
Fu probabilmente per quel movimento un po’ troppo brusco che Regina si riprese dal dormiveglia in cui era caduta, sollevò  testa per capire dove si trovassero ed ebbe la reazione più inaspettata che Robin potesse immaginare. Non aveva ancora sfiorato le lenzuola immacolate che ebbe una specie di sussulto, gli si aggrappó  con una forza che lui non credeva potesse possedere in quel momento e scosse la testa "No, non qui!"
Il ladro istintivamente fece un passo indietro, confuso, mentre sentiva le unghie della donna conficcarglisi nel collo "Non è.. Non sono queste le vostre stanze?"
"Non lasciatemi qui.."  Fu l’unica risposta e non smise di opporsi, continuando a balbettare poche frasi sconnesse in una specie di litania quasi infantile ma che avevano un significato preciso: la regina non avrebbe lasciato che il suo corpo sfiorasse quel letto.
Robin continuava a non capire, eppure non sembrava un delirio quello a cui stava assistendo,  c’era per forza una motivo per quella reazione e gli si strinse il cuore a vederla così. Sembrava talmente stonato rispetto al solito modo di porsi della donna che aveva conosciuto, e allo stesso tempo aveva perfettamente senso. Aveva già immaginato che potesse esserci molto di più dietro quella maschera di ghiaccio e ne stava avendo sempre più conferma.
 "Dove devo portarvi?" Chiese solo, alla fine.
"Via.." Fu l’unica risposta, che suonò decisa nonostante il tono di nuovo incerto e basso, segno che stava nuovamente per perdere i sensi "Non qui.."
Robin non sapeva cosa avesse quella stanza che non andava, ma lei sembrava così determinata a non volerci rimanere e lui avrebbe mai lasciato cadere quella richiesta nel vuoto.
Se la sistemò meglio tra le braccia e aiutandosi con il mento fece aderire il viso di lei contro la sua spalla "Va bene, vi porto via milady, state tranquilla. Vi porto via.."


La camera che i sovrani avevano concesso a lui e suo figlio era sullo stesso piano, non molto piú avanti.
Quando vi entró, Roland era seduto sul tappeto a giocare, esattamente nello stesso punto in cui suo padre l'aveva lasciato quando gli aveva ordinato di non uscire per nessuna ragione, prima di correre via attirato dai rumori della battaglia in corso.
"Papà!" Roland si alzó non appena si accorse che il padre stesse trasportando qualcuno e corse di lui con occhi curiosi "Che e' successo?"
"Shh Roland, non urlare.." Lo avvertì l'uomo, con tono pacato. Si chinó sul letto e vi depositó la sagoma di Regina, che stavolta non oppose resistenza, anzi lasció andare un sospiro di sollievo quando la sua schiena sfioró il tessuto morbido delle lenzuola. Robin si stiracchió le braccia formicolanti e si sedette sul bordo del letto, a osservarla.
"Che e' successo alla regina, papà?" Insistette il bambino, arrampicandosi sul letto per guardare meglio la scena.
"Non si sente molto bene ma le passerà presto, vedrai. Ha solo bisogno di dormire un pó!"
Gli occhi di Roland si posarono sul volto immobile della donna "Nel nostro letto?"
Robin annuì, sorridendogli appena "Ti dispiace?"
"No!" rispose lui scuotendo vigorosamente la testa  "Posso stare vicino a lei?"
Il padre sorrise "Si, ma non darle disturbo.."
"Le dó un bacino?"
Robin scrutó il volto della donna, finalmente rilassato, e annuì "Se ne hai voglia.."
Il bambino non se lo fece ripetere due volte, si sporse attentamente verso la donna e le posó un bacio rumoroso sulla guancia. Regina avvertì il contatto perchè le palpebre tremarono appena, ma non si destò.
Padre e figlio rimasero qualche altro secondo ad osservarla, prima che l’uomo si alzasse "Adesso peró lasciamola riposare, ok?" Prese una coperta e la stese delicatamente sul corpo della donna incosciente. Si chinó su di lei e le tastó di nuovo la nuca per controllare un ultima volta che non ci fosse nessuna ferita. Nel compiere quel gesto i loro visi si ritrovarono inevitabilmente vicini e anche stavolta Regina percepì il movimento sopra di lei.
"Locksley.." Lo chiamò, nell'esatto momento in cui lui si allontanava.
Robin tornò verso di lei e le accarezzò la fronte "Shh, non siete in quella stanza. Ho fatto come mi avete chiesto!"
"Forse non è cosí male.." fu però l’inaspettato e apparentemente primo di senso commento della donna semincosciente.
L’ uomo rimase in silenzio per un attimo, senza capire "Che cosa?"
"L'odore di foresta.."
Nonostante tutto Robin Hood non potè fare a meno di sorridere "Suppongo di no. Dormite ora..” Avvertì l’impulso di deporle un bacio sulla fronte, forse non solo sulla fronte, ma si trattenne. Non sapeva cosa avrebbe ricordato una volta che fosse stata meglio e non era il caso di tirare troppo la corda.
Le sistemò meglio le coperte e si alzò, andandosi a sedere sulla poltrona dall’altra parte della stanza.


La prima sensazione che la sua mente riuscì a registrare, quando si svegliò, fu il calore.
Un calore piacevole che le si irradiava in tutto il corpo e che era sicuramente dovuto a quella pesante coperta di morbido tessuto che teneva addosso e che non era certamente sua.
Non ricordava di averne una simile e poi aveva un odore diverso. Profumava di foresta.
Un ricordo le attraversò la mente e alzò la testa di scatto, procurandosi una fastidiosissima fitta di dolore.
"Stai bene tua maestá?"
Quella voce l’avrebbe riconosciuta tra mille. Si voltò alla sua destra e si trovò faccia a faccia con il figlio di Robin Hood, che seduto a gambe incrociate sul letto la guardava con due occhioni vispi e spalancati.
“Che.. che ci fai in camera mia, tu?” gli domandò, confusa.
“No, questa non è tua, è mia e del mio papà. Non ti ricordi? Il mio papà ti ha portato qui mentre dormivi. Lo fa anche con me, lo sai? Se mi addormento accanto al fuoco poi lui mi prende in braccio e mi porta nella nostra tenda. Se adesso stai meglio vuoi giocare con me?”  Camminò a gattoni sul materasso sporgendosi verso il pavimento, dal quale sollevò un peluche a lei familiare “E’ quella che mi hai regalato tu, era una scimmia cattiva e l’hai trasformata, adesso non fa paura. Ma possiamo fare finta che sia ancora la scimmia cattiva e ti vuole fare del male e io ti salvo! Puoi insegnarmi a fare le magie?”
“Roland!”  La porta della camera si spalancò e Robin Hood entrò portando con se una brocca d’acqua “Sbaglio o ti avevo detto di non svegliarla?”
“Non sono stato io papà, si è svegliata da sola! Le ho chiesto se voleva giocare con me..”
“Non credo che abbia voglia di giocare, adesso. Zio John ti sta aspettando in fondo al corridoio, non c’è più pericolo adesso e ti porta a fare un giro fuori, ti va?”
“Si!” Il bambino scese dal letto con un salto e corse ad afferrare il suo mantello prima di riversarsi fuori dalla stanza dimenticandosi di salutare.
Regina non ci aveva capito niente.  Si sentiva ancora confusa, il mal di testa per lo più era passato ma qualche fitta ancora si faceva sentire se azzardava movimenti troppo bruschi, e i muscoli della schiena e delle braccia erano ancora indolenziti. Per di più i ricordi erano confusi e sfocati, non sapeva come e perchè si trovasse lì dentro, quel bambino l’aveva riempita di chiacchiere e poi era arrivato lui, che adesso la stava fissando in silenzio.
“Roland è un bambino piuttosto vivace, spero che non sia stato lui a svegliarvi!”
"Perchè sono qui?" Domandò, ignorando il commento dell’ uomo mentre si massaggiava le tempie con le dita della mano.
"Non ve ne ricordate?" Chiese lui sedendosi sul bordo del letto.
Regina contorse il viso in una smorfia scocciata "Se me ne ricordassi non ve l'avrei chiesto, vi pare?"
Robin rimase un istante in silenzio, poi si lasciò scappare un sorrisetto ironico “Siete tornata quella di sempre, devo dedurre che sia un buon segno.. significa che state bene!”
“Che intendete dire con questo?” Rispose quella, infastidita  “E non avete risposto alla mia domanda.. Perché sono qui?”
"Vi avevo portato in camera vostra ma non avete voluto rimanerci..” Spiegò l’uomo, arrendendosi all’ atteggiamento ritornato ostile “Mi avete chiesto di portarvi via.."
Regina trasalì e non riuscì a nascondere lo stupore, per quanto cercò di mostrarsi impassibile "Ne siete sicuro?"
Robin alzò le spalle "Non credo di essermelo immaginato.."
“Beh, non mi stupirei!” Esclamò quella, distogliendo lo sguardo da lui. Non poteva credere di averlo fatto, non poteva credere di essere stata così stupida e così infantile da fare a quell’ uomo una richiesta del genere.
“Mi dispiace, so che vorreste credere di non averlo fatto ma è così. Mi avete chiesto di portarvi via e siete stata anche abbastanza insistente, mi avete quasi pregato di non lasciarvi lì dentro!”
Robin si pentì quasi subito del tono che aveva usato e soprattutto di averle sbattuto in faccia la verità in quel modo. Si accorse di aver esagerato quando la vide voltarsi dall’altro lato della stanza e poi scostare via le coperte con un gesto secco “Qualsiasi cosa abbia detto è evidente che non ero in me, adesso sto bene e se non vi dispiace vorrei andarmene!” 
Era una chiara richiesta a spostarsi e a lasciarle libero il passaggio, ma lui non l’assecondò, piuttosto le afferrò il polso che teneva ancora appoggiato sul materasso “Aspettate..”
Regina non gradì quel contatto perché ritirò subito la mano e non gli diede nemmeno tempo di concludere la frase “Come vi permettete? Avete sentito cosa ho detto? Lasciatemi passare immediatamente!”
Di nuovo Robin ignorò palesemente quello che aveva tutta l’aria di essere diventato un ordine e lei sentì l’irritazione crescere di fronte a quell’atteggiamento menefreghista. Avrebbe voluto sfoderare qualcuna delle sue minacce infallibili ma – a parte che sin dal primo momento quell’ uomo aveva dimostrato di non temerla affatto – adesso tutto ciò che desiderava era allontanarsi da lui ed evitare ogni confronto perché il pensiero di quanto potesse essersi mostrata vulnerabile le faceva odiare se stessa più che lui. Cercò di oltrepassarlo per scendere dal letto ma il movimento, già impacciato per via del vestito, le provocò un dolore acuto alla base del collo che si irradiò in tutta la schiena e la costrinse a immobilizzarsi a e lasciarsi ricadere sul cuscino.
“Non siete ancora nelle condizioni di alzarvi, dovete attendere per lo meno un giorno!”
Regina socchiuse gli occhi, lasciando andare un sospiro. Era in trappola. Non poteva nemmeno smaterializzarsi perché nelle sue condizioni decisamente non ottimali chissà dove rischiava di ritrovarsi.
Robin le sistemò meglio il cuscino e provò a tentare di nuovo un approccio. La reazione a cui aveva appena assistito gli aveva dato la conferma che non si era sbagliato su quella donna.
Aveva capito che c’era molto di più dietro quella corazza da Regina Cattiva già quando l’aveva accompagnata all’ interno del palazzo e aveva scoperto di suo figlio e della folle decisione di sottoporsi alla maledizione del sonno, ma quel giorno aveva scoperto che quello per la perdita del figlio non era l’unico dolore che si portava dietro. C’erano sicuramente altre ombre nel suo passato e lui sentiva il bisogno di conoscerla, di capirla e di aiutarla, anche.
"Perchè non volevate restare lì?" Le domandò, era giunto alla conclusione che non sarebbe servito a nulla cercare vie trasverse, quindi tanto valeva andare dritto al punto.
Regina incrociò le braccia e guardò verso il muro, impassibile "Sono affari miei.."
"Io credo che infondo vogliate parlarmene.." Insistette, deciso a invadere quelle maledette barriere in un modo o nell’altro.
Lei inarcò un sopracciglio "Cosa ve lo fa pensare?"
Il fuorilegge alzò le spalle, forse giocare di sfacciataggine, come faceva lei, poteva essere un punto di incontro "Per esempio il fatto che non mi avete ancora incenerito..”
La donna alzò gli occhi al cielo “Siete fortunato che sto cercando di recuperare le forze!”
Robin rise, annuendo “allora, adesso me lo dite?”
La donna rimase in silenzio per diversi secondi, indecisa se parlare o meno. Incrociò i suoi occhi, sembravano sinceri, lui sembrava realmente interessato, ma non come tutte quelle dame di corte avide di curiosità e pettegolezzi che negli anni avevano cercato inutilmente di diventarle amiche, lui sembrava realmente interessato a lei. E per quanto non ne capisse il motivo, era una sensazione che aveva dimenticato – forse che non aveva nemmeno mai provato – e un po’ le piaceva.
Alla fine, inaspettatamente, rispose "Non mi piace quel posto, evoca ricordi spiacevoli.."
L’arciere annuì,  le sue ipotesi stavano trovando conferma e temeva di aver già capito tutto "Erano le vostre stanze quando eravate sposata con il re.."
"Infatti. Non so cosa si dicesse in giro ma non era esattamente un matrimonio felice.." Esclamò, abbassando lo sguardo sul lembo della coperta che stava torturando con le mani. Non seppe spiegarsi perché lo fece, perché decise di confidare qualcosa di così personale a quel ladro presuntuoso che conosceva da appena pochi giorni. Forse perché le aveva salvato la vita, forse perché per qualche strano motivo le ispirava fiducia, forse perché non aveva più senso nascondere il suo lato vulnerabile a qualcuno che ormai l’aveva già visto.
O forse perché lui era diverso. Lui non la temeva, e non la temeva non perché fosse un incosciente ma perché semplicemente non vedeva in lei quello che vedevano gli altri, non vedeva la Regina Cattiva ma una persona qualunque, e la trattava come una persona qualunque.
O forse anche qualcosa in più.
Robin esitò prima di spingersi oltre con la successiva domanda "E' stato un matrimonio combinato?"
Regina stavolta rise sarcasticamente, ma era una risata palesemente nervosa "Oh, è stato molto più che un matrimonio combinato. Voi non me lo immaginate neanche.."
Ma Robin lo immaginava, e per un attimo l’immagine di quello che succedeva in quelle stanze gli passò davanti agli occhi e fu orribile. Senza rendersene conto strinse le mani a pugno e incrinò il tono della voce, come se non potesse sopportarne nemmeno il pensiero e parlò prima che potesse pensare a ciò che stava dicendo "Se non riuscite nemmeno a sfiorare il vostro letto nuziale posso immaginare cosa debba essere stato.."
Gli occhi di Regina sembrarono quasi accendersi e l’espressione mutò improvvisamente "Non vedo motivo per il quale dovrei parlare con voi di questo, Locksley."
Fine dei giochi. Aveva commesso uno sbaglio grosso quanto una casa. Stava andando bene, lentamente era riuscito ad aprirsi un varco in quel muro impenetrabile che aveva davanti,  poi si era fatto prendere dalle emozioni e aveva fatto un passo falso, perché Regina doveva aver interpretato quell’atteggiamento come una manifestazione di pietà o qualcosa del genere e aveva immediatamente rimesso le distanze, lo poteva notare dal modo in cui si era irrigidita e dai tratti del viso che si erano induriti di nuovo.  Avrebbe voluto mordersi la lingua per quell’errore, ma decise di non insistere, o avrebbe rischiato di fare peggio.
 "Lo capisco, si tratta del vostro privato. Vi chiedo perdono per aver insistito!”
Regina annuì "Infatti, come ho già detto sono affari miei..”
Robin capì che era arrivato il momento di darle il suo spazio e si alzò, allontanandosi  dal letto.  La donna spostò di nuovo la coperta e stavolta, con maggiore attenzione e lentezza, riuscì a mettersi in piedi senza troppe difficoltà, si sistemò le pieghe del vestito e si passò le mani nei capelli cercando di ritrovare la propria compostezza.
Lui la fissava da lontano, avrebbe tanto voluto fermarla ma sapeva che sarebbe stato inutile  “Siete sicura di stare bene?”
Regina annuì, raggiungendo la porta senza mai voltarsi. Aveva già la mano posata sulla maniglia quando si immobilizzò, lasciò andare un sospirò e girò metà del busto verso l’uomo.
“Immagino sia superfluo ricordarvi che quanto accaduto in realtà non è mai accaduto, giusto?”
“Sarà il nostro segreto, giuro sul mio onore!” Rispose portandosi una mano sul cuore.
“Molto bene. E per quanto riguarda ciò che avete fatto..  non era necessario. Me la sarei cavata perfettamente anche da sola!”
Robin Hood incrociò le braccia e le sorrise, mentre si esibiva in un piccolo inchino  “Non c’è di che, Maestà!”
Regina uscì svelta dalla stanza e richiuse la porta dietro di sè, e solo allora un sorriso appena accennato fece capolino anche sul suo volto.
 
Il pensiero della regina e dei suoi misteri occupò la mente del ladro per tutta la notte.
Il profumo dei suoi capelli era ancora sul suo cuscino e tra le sue mani la spilla d’oro ritrovata tra le lenzuola risplendeva nella stanza buia.
Non si sarebbe arreso. Aveva scoperto che c’erano delle crepe in quel muro impenetrabile che la donna aveva eretto attorno a sé stessa e a lui non restava altro da fare che trovarle, e partendo da quelle avrebbe finalmente buttato giù il muro, mattone per mattone e avrebbe scoperto chi si celava veramente dietro.
La sua esperienza di ladro gli insegnava che i tesori nascosti erano sempre quelli più preziosi.
Doveva solo attendere. Ma lui era una persona paziente.
 





N.B.
 
  • Per la questione della stanza, ho sempre pensato che Regina, una volta sposato il re, abbia dovuto in qualche modo assolvere ai suoi 'doveri' di moglie e beh..  non credo che Leopold abbia fatto voto di castità. E Regina era poco più che una ragazzina e non credo avesse fatto quel tipo di esperienza con Daniel quindi..  deve essere decisamente stato traumatico, per lei. Avevo intenzione di tirare fuori l’argomento in un'altra shot, ma avevo bisogno di qualcosa che rendesse la Regina più ‘umana’ e ho sfruttato l’idea della stanza dove avveniva il fatto.
 
 
  • C’è un punto in cui riprendo vagamente lo scambio di battute “secondo me volete parlarmi di quella lettera..”. E’ fatto apposta! (:

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Capitolo 10
*** Kansas [Missing Moment] ***


Quando ho l'episodio 3x20, in particolare quel momento in cui Henry e Robin cercano di convincere Regina che può fermare Zelena, mi sono completamente liquefatta sul pavimento.
Consideriamo che Regina si è sempre sentita sola, le hanno sempre fatto credere di non essere abbastanza, e in quel momento invece c'erano i suoi due uomini accanto a supportarla e a incoraggiarla, mi sono sentita troppo felice per lei e ho dovuto ammettere che, tra i tanti guai che combinano, Adam ed Eddy ogni tanto una cosa giusta la fanno!
Però.. ovviamente c'è un però..  sarà che avevano già troppe cose da inserire, sarà che a me le le scene OQ non bastano mai... secondo me li abbiamo visti insieme troppo poco! v.v
Cioè.. ma avete notato che Regina sprigiona la magia bianca mentre il suo cuore è nelle mani di Robin? ç__ç  Non può essere un caso, e non mi potevano liquidare l'importanza che Robin ha avuto nel cambiamento di Regina in dieci secondi dieci.
E quindi ho deciso che deve per forza essere successo qualcos'altro nel mentre e visto che non me l'hanno fatto vedere, me lo sono creata da sola! =)






La sala d’aspetto dell’ospedale era completamente deserta e lei ne aveva approfittato per concedersi cinque minuti in solitudine, lontana dalla confusione e dal panico  che si era generato all’interno dell’intera struttura, dopo il disastroso attacco di Zelena e il rapimento del piccolo principe.
Sapeva che Emma e David in quel momento erano con Mary Margaret, a spiegarle il nuovo piano e a tranquillizzarla che tutto sarebbe andato bene e che presto avrebbe riavuto il suo bambino. Ci avrebbe sicuramente creduto, Biancaneve non perdeva mai la speranza.
 Ma lei non era come loro, lei non era una Charming e non aveva il cuore del vero credente,  a essere precisi in quel momento non ce l’aveva proprio un cuore, e come aveva già detto alla stessa Mary Margaret sperare le risultava davvero difficile.
Che poi sperare cosa? Che sarebbe riuscita a sconfiggere Zelena con la magia bianca? Lei, che ormai era stata marchiata indelebilmente dall’oscurità?
L’idea le sembrava talmente assurda da farla quasi ridere, voleva lasciar perdere, voleva urlare a tutti che stavano prendendo una cantonata e che non sarebbe mai riuscita nell’impresa che le avevano affidato.
E l’avrebbe fatto davvero se solo non fosse stato per Henry, per quegli occhi pieni di fede che l’avevano l’incoraggiata e spronata. Il suo bambino non mostrava tanta fiducia nei suoi confronti da tantissimo tempo,  da quando la considerava la sua unica famiglia e il suo unico punto di riferimento e lei non voleva deluderlo proprio adesso, non di nuovo e non dopo aver tradito la sua fiducia già troppe volte.
Ma non poteva fare a meno di pensare che si trovava praticamente in un vicolo cieco. Non poteva tirarsi indietro ma non poteva nemmeno intraprendere quella folle impresa. Se avesse fallito, se non fosse riuscita a sconfiggere Zelena avrebbe mostrato definitivamente ad Henry la sua reale natura, quella di cattiva. Ed era così ingiusto che questo dovesse accadere adesso che finalmente iniziava a sentirsi più Regina e meno la regina cattiva, adesso che aveva scoperto la sensazione meravigliosa di sentirsi accettati e amati, che aveva ottenuto la felicità bramata per anni, con suo figlio che finalmente si ricordava di lei e le voleva bene e un uomo meraviglioso che aveva saputo  capirla e amarla, proprio lei, che a quel tipo di amore credeva di aver rinunciato per sempre.  E invece era arrivato, e con lui il suo Henry, e fallire probabilmente avrebbe significato perderli entrambi.
“Che cosa c’è di così interessante fuori quella finestra da meritare tanta attenzione?”
Neanche  l’avesse invocato, Robin era proprio lì, dietro di lei. Le bastò la voce per riconoscerlo, si voltò lentamente e si sforzò di sorridere, ma quello che ne venne fuori fu poco più di una smorfia. Fece qualche passo verso di lui, le braccia incrociate al petto, e provò a sviare la domanda  “Come stanno i tuoi uomini?”
“Bene, si sono ripresi tutti..” Rispose soddisfatto, poi le guardò il ventre e glielo sfiorò con la mano “Fa ancora male?”
Lei scosse la testa allontanando la mano che lui aveva appoggiato sul punto che aveva urtato quando Zelena l’aveva  lanciata contro la parete, ma fu tradita dalla smorfia di dolore che le sfuggì quando entrambi presero posto sulle sedie di plastica blu.
“No, eh?” Le fece eco Robin, preoccupato “Dovresti farti controllare..”
La donna scosse la testa,  tra tutti vedere un medico era l’ultimo dei suoi pensieri “Ho altri problemi in questo momento..”
Robin la guardò a lungo, pensieroso ma non sorpreso, come se si aspettate qualcosa del genere. Le accarezzò il viso con due dita e guardò dritto in quelle iridi scure e inquiete “Che succede, Regina?”
Lei lasciò andare un sospiro, avrebbe preferito liquidare la cosa con un ‘niente’ ma sapeva che l’uomo non avrebbe desistito facilmente, non l’aveva fatto quando si erano appena conosciuti figuriamoci adesso che si poteva dire avessero una..  storia?  “Non posso fare quello che mi stanno chiedendo, Robin!”
Lui si lasciò sfuggire una smorfia di disappunto “Certo che puoi, tu sei l’unica che può farlo!”
“No, quella è Emma..” Insistette la donna “E’ lei la salvatrice, lei ha la magia bianca.  Io.. io sono diversa..”
“Emma è la salvatrice perché ha spezzato il sortilegio la prima volta, e tu l’hai fatto adesso. Forse non siete così diverse come credi..”
“Non è cosi semplice, la mia magia è oscura, lo è sempre stata.  Per quanto vorrei crederlo aver spezzato il sortilegio non mi rende una specie di nuova salvatrice o un eroina,  ma solo una madre che ama suo figlio..”
“E ti pare poco? L’amore che provi nei confronti di tuo figlio è immenso, io l’ho visto, per Henry hai  rinunciato alla tua felicità,  sei quasi arrivata a maledirti e una persona che ama in questo modo non può  non essere in grado di usare la magia buona..”   Le prese entrambe le mani e gliele strinse ancora più forte quando la vide abbassare lo sguardo, non convinta di quelle parole “Dio, Regina,  se solo potessi vederti come ti vedo io..”
Regina alzò gli occhi su di lui e gli sorrise, mentre sentiva gli occhi inumidirsi. Robin era così sicuro delle sue parole e lei avrebbe voluto davvero potersi vedere come la vedeva lui. Perché conosceva bene i suoi sguardi, l’avevano sempre colpita perché la facevano sentire accettata, desiderata e amata. Nessuno la guardava così da tempo, ma forse il punto era proprio quello. Robin aveva conosciuto la nuova Regina, non aveva idea di chi fosse stata in passato e per questo si fidava tanto ciecamente di lei.
“Lo sai che hanno perso Emma per colpa mia? L’hanno mandata via per proteggerla dal mio sortilegio, per salvare il regno dalla mia vendetta..”
Robin scosse subito la testa come a dirle di non continuare “Non mi  importa di quello che hai fatto in passato,  sei diversa adesso!”
“Si ma.. sono stata io!” Sbottò, alzandosi di scatto e mettendosi a camminare per la sala con le mani tra i capelli “E ora succederà di nuovo, perderanno di nuovo un figlio perché io non sarò in grado di fermare mia sorella!”
Lui scosse la testa di nuovo, stavolta più vigorosamente “Smettila, Regina. Questo non è da te,  non ti ho mai vista arrenderti,  non ti sei mai fermata di fronte a nulla. Dov’è  finita quella donna testarda che non voleva il mio aiuto perché era certa di poter sconfiggere la strega da sola?”
“Beh è stata messa KO un bel po’ di volte e ha iniziato a guardare in faccia la verità..” Alzò le spalle, rassegnata “E’ scritto anche nella lettera, lei è più forte di me..”
Si alzò anche lui, raggiungendola accanto alla finestra “Ti ho già detto che quella lettera non ha alcun significato, non farti condizionare da uno che forse non ti conosce nemmeno così bene come crede! Dai, Regina, davvero quello che pensa quell’uomo ha più importanza di quello che pensano le persone che ti amano?  Di quello che pensa Henry, di quello che penso io?”
Regina sorrise impercettibilmente, non le era sfuggito come Robin si fosse implicitamente inserito nella lista – decisamente non lunga – delle persone che l’amavano  “Tu sei sicuro di non sopravvalutarmi?”
“Non ti sopravvaluto, ti conosco. E ricordati che sono un ladro, sono piuttosto bravo a riconoscere il valore delle cose.. ” Si interruppe, felice di  vedere finalmente un accenno di sorriso sul volto della donna “Basta con i dubbi, ce la farai. E poi ricordati che non sei sola, avrai un sacco di persone a guardarti le spalle, a cominciare da me!”
 Lei inarcò le sopracciglia “Vieni anche tu?”
“Beh, cos’è questo tono sorpreso? David non è l’unico che deve recuperare qualcosa di importante.. ti ricordi che ti ho promesso che mi sarei ripreso il tuo cuore?”
Regina annuì, sorridendo “Mi ricordo!”
“E poi non ti lascerei mai andare senza di me!” le sorrise, l’abbracciò stretta e le baciò una tempia “Stai tranquilla, andrà tutto bene!”
Lei si lasciò stringere, crogiolandosi nel calore di quell’abbraccio e cercando di trovarne la fiducia e il coraggio che le mancavano.  Nascose la testa nell’incavo del collo di lui e chiuse gli occhi,  non era ancora certa di potercela fare ma adesso iniziava a pensare di avere qualche possibilità. E forse aveva ragione lui, forse lei non era forte quanto sua sorella, ma non era nemmeno sola come sua sorella, questa volta lei avrebbe avuto qualcuno a combattere al suo fianco. Sorrise contro la sua spalla e aprì gli occhi che stavolta brillarono di determinazione  “Andrà tutto bene..”
 
 
[….]
 
 
Robin scattò in piedi quando li vide arrivare, Regina circondava le spalle di Henry con un braccio e sembrava serena, il suo viso era rilassato, luminoso, e lui si sentì  immensamente felice di vederla così.
Allungò un braccio quando gli furono vicini e intrecciò la sua mano con quella libera della donna “Com’è andata?”
Regina annuì,  composta e controllata come al solito, ogni traccia di incertezza sembrava completamente sparita dal suo volto “ Mary Margaret è felicissima, direi anche troppo felice per i miei gusti.  Non mi lasciava più andare e se fossi rimasta un altro minuto a sentire i suoi monologhi fastidiosi avrei iniziato a considerare l’idea di toglierle di nuovo quella bestiolina dalle braccia!”
Robin rise e guardò Henry con una smorfia “Ora si che riconosco tua madre!”
“Ora la riconosco anche io..” concordò il ragazzino rispondendo all’occhiata complice dell’arciere.
Regina si portò entrambe le mani sui fianchi, stringendo le palpebre “Beh, che sono queste facce?”
 “Quali facce?”  Chiese Henry, vado “Io vado ai distributori a prendere una merendina, mi è venuta fame!”
Regina e Robin lo osservarono divertiti mentre si dileguava, quando poi i loro occhi si incrociarono di nuovo la donna si accorse che Robin teneva un sacchettino rosso tra le mani “Credo sia arrivato il momento che questo torni al suo posto..”
Regina smise di sorridere e prese l’oggetto, rigirandoselo tra le mani ma senza mai distogliere lo sguardo da lui  “Alla fine avevo fatto bene ad affidartelo..”
“Pare di si..” La guardò aprire il sacchetto e tirare fuori il cuore, rimanendo in un rispettoso silenzio, quando poi la vide alzare di nuovo lo sguardo continuò “Te l’ ho restituito, ma sappi che ormai lo considero un po’ anche mio!”
Regina sorrise sarcasticamente soppesandosi il cuore su una mano, senza riuscire a fare a meno di soffermarsi su quelle macchie scure che sembravano indelebili “Non è poi questo grande guadagno..”
“Non dirlo neanche per scherzo..” Rispose lui, più che mai serio,  mettendo entrambe le mani su quella di lei e portandogliele sul petto “E’ ciò che di meglio potevo desiderare. E ora rimettilo dove deve stare..”
Regina annuì, chiudendo gli occhi e facendo una leggera pressione per far entrare il cuore nella sua cavità toracica. Sentì il respiro mancarle per qualche secondo e contrasse il viso, stringendo la mano di Robin che era rimasta poggiata sul suo petto.
Quando poi gli occhi e incrociò quelli dell’uomo di fronte a lei, capì subito che c’era qualcosa di diverso. Ogni volta che aveva rimesso a posto il suo cuore dopo averlo tenuto fuori dal petto la prima percezione era quella di un dolore familiare, quello che l’accompagnava perennemente, che si amplificava e si irradiava lungo tutto il corpo  fino a entrarle nella testa.  Questa volta c’erano stati pochi secondi di fastidio e poi era arrivata una sensazione nuova, se si fosse ricordata cosa si provava, avrebbe detto che si era sentita bene.  Come se solo in quel momento si stesse rendendo conto di quanto fosse cambiata la sua vita, e del futuro roseo che probabilmente l’attendeva. Perchè adesso, con Zelena fuori gioco ed Henry e Robin accanto a lei non poteva più desiderare altro e ciò che aveva cercato per anni era finalmente lì, a portata di mano.
“Ti senti bene?” Le domandò Robin, che era rimasto in attesa, un po’ preoccupato.
Regina sorrise, un sorriso ampio e luminoso e invece di rispondere gli gettò le braccia al collo e gli catturò le labbra, baciandolo con dolcezza. Lui non se lo aspettava ma non si fece cogliere impreparato, lasciò correre le mani tra i suoi capelli e rispose al bacio, staccandosi solo per sfiorarle il naso con il suo e poi riprendendo a baciarla, stavolta di sua iniziativa.
Fu lei a staccarsi, quando si rese conto di quel gesto istintivo a cui si era lasciata andare e si guardò furtivamente in giro per assicurarsi che nessuno li avesse notati.
“Lo prendo come un si!” Rise Robin, accogliendola con gioia tra le sue braccia. Lei sorrise contro la sua spalla e fece per dire qualcosa ma si interruppe quando lo sentì lasciarla andare improvvisamente, e non fece in tempo a chiedersi il motivo perché si voltò e vide le ultime persone che avrebbe voluto vedere in quel momento.
“Noi.. il bambino deve tornare alla nursery e.. l’infermiera mi ha lasciato.. insomma, lo stavamo accompagnando.. e.. comunque non volevamo interrompervi..” Una imbarazzata Mary Margaret era a pochi metri da loro, seduta su una sedia a rotelle con il figlio tra le braccia, mentre David la spingeva da dietro, un espressione sfacciatamente divertita dipinta in viso.
L’altra donna fece qualche passo indietro, allontanandosi da Robin e prese a guardare l’aria, cercando di apparire indifferente e sperando che la sua espressione non tradisse il suo imbarazzo. Per fortuna negli anni era diventata brava a dissimulare “Non avete interrotto niente infatti..  stavamo solo..”  Stavamo cosa?  Per la prima volta Regina non aveva la più pallida idea di cosa dire per giustificarsi. Se non fosse sembrato decisamente patetico e poco elegante, si sarebbe smaterializzata all’istante, piuttosto che dover rimediare a quanto appena accaduto. Lanciò a Robin uno sguardo che sembrava una richiesta d’aiuto, lui comprese al volo e cercò di continuare la frase, per quanto non vedesse alcun motivo per mentire.  Così alla fine optò per una mezza verità  “Il suo cuore!” Esclamò,  con un tono fin troppo sicuro per sembrare naturale, il turbamento di Regina aveva finito per contagiare anche lui che in realtà non aveva alcun problema con quanto accaduto “L’avevo preso alla fattoria e gliel’ho restituito..”
Soddisfatto della spiegazione, guardò la donna in cerca di approvazione e la trovò, Regina sembrava soddisfatta e nessuno dei due si accorse che in realtà quell’affermazione aveva rincarato la dose fino a quando non si accorsero che Mary Margaret stava annuendo con sorriso vistoso “Il suo cuore, certo. Adesso si spiega..”
Bastò quel lieve accenno ironico per far riacquistare a Regina la sua abituale autorità: Inarcò le sopracciglia e strinse le labbra, infastidita “Si spiega che cosa?”
“Beh, che tu e Robin Hood..”
“E tu che fai lì impalato?”  Non finse nemmeno di prestare attenzione alle parole della figliastra e alzò lo sguardo su David che, da perfetto idiota quale Regina l’ aveva sempre considerato, stava ancora immobile con le mani sulle maniglie della sedia a rotelle e un ghigno divertito sul viso“Tuo figlio prende freddo, spingi quel coso e portalo via, che aspetti?”
“Sei poco credibile con quelle guance che stanno per andarti a fuoco!” La prese in giro il principe “Piuttosto, Robin, non avevo dubbi su Regina ma da te mi sarei aspettato che  me lo dicessi, credevo fossimo amici!” aggiunse, fingendosi offeso.
Robin alzò le spalle con aria colpevole, poi circondò con un braccio le spalle di Regina,  che stranamente non oppose resistenza “Diciamo che non c’è stato il tempo, è stato tutto piuttosto veloce e con tutto quello che è successo è già stato un miracolo che abbiamo trovato un po’ di spazio per noi..” Spiegò, rivolgendo uno sguardo innamorato alla donna accanto a lei.
“In effetti non credevo che tra quella pazza di tua sorella e la maledizione e il problema di Henry avessi anche il tempo per queste cose..” Osservò Mary Margaret guardando ammiccante la sua matrigna  “Sei stata brava a tenercelo nascosto Regina!”
Regina però non sembrava per nulla felice di quelle confidenze tra amici e alzò gli occhi al cielo, visibilmente irritata e sul punto di perdere la pazienza “Sparite, adesso!”
David si mise a ridere di nuovo ma pensò bene di non tirare troppo la corda, e Mary Margaret si voltò indietro un ultima volta quando il marito riprese a spingerla “Ok, fà pure la solita antipatica, tanto mi racconterai tutto!”
“Certo cara, mentre lavoreremo d’uncinetto e daremo da mangiare agli uccellini!” Le rispose l’altra con un sorriso palesemente forzato. Quando guardò di nuovo davanti a sé incrociò lo sguardo divertito e un po’ preoccupato di Robin – e quello di Henry, che si era avvicinato per assistere al siparietto - e sbuffò “La storia si ripete, continua a capitarmi tra i piedi nei momenti meno opportuni..” Si lamentò, portandosi le mani sui fianchi.
Robin le sorrise, massaggiandole la schiena “Dai, che vuoi che sia, prima o poi l’avrebbero scoperto, no?”
 “Prima o poi l’avrebbero scoperto è un conto, essere colti in flagrante come due ragazzini è un altro!”
“Ma dai, ci stavamo solo abbracciando.." Replicò, cercando di minimizzare quella che Regina faceva sembrare una tale tragedia. Lo capiva, per lei era tutto talmente nuovo che aveva bisogno dei suoi tempi, ma lui era lì proprio per aiutarla, per fare in modo che la smettesse di sentirsi a disagio o spaventata e che cominciasse a vivere una vita normale, libera e serena "Inizi ad abituarsi a queste pubbliche manifestazioni d’affetto sindaco Mills, questo gentiluomo qui potrebbe avere qualche difficoltà a controllarsi, ogni tanto!”
L’espressione scocciata di Regina si tramutò in una smorfia divertita “Qualche difficoltà a controllarsi?”
“Esatto, sa, tipo baciarla all’ improvviso o cose così..” Esclamò, fingendo di restare sul vago per poi sporgersi e porle un bacio sonoro sull’angolo della bocca, al quale lei rispose con un sorriso un po’ rassegnato e un po’ felice. Non lo disse, ma sapere che Robin non si vergognasse di farsi vedere assieme alla regina cattiva la riempiva di gioia e l’idea di ufficializzare la loro relazione iniziava a farle meno paura.
“Adesso che ne dite di andare? In tutto questo caos non ci siamo accorti che l’ora di cena è passata da un pezzo.. Giovane,  hai saziato la tua fame o ti va ancora un hamburger con patatine fritte?”
 Il ragazzo spalancò gli occhi, entusiasta “Non dico mai di no alle patatine fritte!”
“Perfetto, nemmeno io. Passiamo a prendere Roland e andiamo da Granny’s, vi va?”
Henry e Regina annuirono in contemporanea, e Robin appoggiò una mano sulla spalla del ragazzo e l’altra sulla schiena della donna, scortandoli entrambi verso l’uscita dell’ ospedale.

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Capitolo 11
*** Sand Castle ***


Ciaooo!
Sono tornata e avevo tanta voglia di festeggiare i -30 all'inizio della Season five (Finalmente vedo la luce! *.*) con una nuova shot!
Come tutte le altre della raccolta, è di fondo una os outlawqueen, ma mi sono volutamente soffermata su un altro rapporto di Regina, quello con un personaggio che probabilmente avremo molto presto nella serie e io vorrei che le cose andassero più o meno come le ho descritte.
Ma spiegherò meglio alla fine del racconto, per non rovinare la sorpresa.. spero vi piaccia, buona lettura e un abbraccio! <3 


"Sand Castle"


La spiaggia quel giorno non era affollata, l’estate era agli sgoccioli ed erano pochi i cittadini di Storybrooke che si concedevano ancora delle mattinate al mare; Regina scrutò attentamente lo spazio attorno a sé e osservo i pochi bagnanti presenti: Tre adolescenti che chiacchieravano immerse nell’acqua, una coppia di signori di mezz’età seduti su un telo di paglia e due ragazzini che si lanciavano l’un l’altro una palla, due ragazzini fin troppo familiari. Li osservò giocare, sorridendo, fino a quando si rese conto di essere proprio nella traiettoria di un tiro di Roland e solo un rapido movimento verso sinistra le impedì di beccarsi una pallonata in pieno viso.
 “Henry, Roland, vi ho già detto di fare attenzione con quel pallone!” Li rimproverò, lanciando un occhiataccia a entrambi. Roland si era coperto la bocca con le mani ed Henry aveva aggrottato le sopracciglia, preoccupato.
“Scusa, mamma!” Rispose Henry, alzando una mano in segno di scuse mentre correva a recuperare la palla.
Regina annuì, troppo occupata a godersi la giornata per arrabbiarsi, e spostò lo sguardo verso la riva.


Una scricciolina di poco più di mezzo metro di altezza, avvolta in un costumino rosso a pois bianchi, sgambettava sulla riva, ridendo divertita al rumore che i suoi piedini facevano a contatto con l'acqua. Robin da dietro la sorreggeva per i polsi, guidandola e sostenendola ogni volta che perdeva l'equilibrio. Quando si accorse che la bambina l'aveva notata, allargó le braccia facendole segno di raggiungerla e gli occhietti di quella si illuminarono, cambió goffamente direzione e sempre aiutata dal padre mosse i suoi passi incerti fino ad arrivare a lei. Robin lasció la presa e la bambina cadde tra le braccia di Regina,  che prontamente l'afferró per i fianchi e la sollevó sul suo viso.
"La mia bimba cammina!" Esclamó, stringendola e baciandole ripetutamente una guancia.
"Hai visto come scappa? Tra poco avremo bisogno di un guinzaglio!" Osservó Robin, divertito, sedendosi accanto a lei.
Regina annuì, orgogliosa, senza staccare gli occhi da Scarlett "E' bravissima la mia scimmietta, è proprio brava!"
La bació ancora una volta e la mise a sedere davanti a loro, lei si guardó attorno per qualche secondo, curiosa, prima di sporgersi ad afferrare un paio di sassolini e a rigirarseli tra le mani.
Robin si stese sulla schiena, lasciandosi sfuggire un verso di sollievo e Regina si giró a guardarlo, ridendo "Sei giá stanco?"
"Non è così facile starle dietro, sai? Ho la schiena a pezzi!"
"Stai perdendo il tuo smalto, Robin Hood!" Lo prese in giro, accarezzandogli una gamba "La verità è che il mondo moderno ti sta rammollendo!"
Robin le afferró un braccio facendola cadere su di lui "Stanotte non eri di questo parere, da come mi è sembrato di capire!” Le sussurrò in un orecchio, sorridendo malizioso.
"Robin!" Lo rimproverò, ridendo ma guardandosi attorno per assicurarsi che nessuno a parte lei avesse sentito l’ultima battuta. Si lasciò baciare il collo un paio di volte e poi cercò di rimettersi seduta, per recuperare la visuale della bambina, lottando contro il braccio di lui che la teneva per la vita "Robin, dai, se mette una pietra in bocca.."
Robin si mise seduto, allungò un braccio per prendere il ciuccio di Scarlett dalla borsa di Regina e lo diede alla figlia, che lo accettò con gusto, poi tornó a stendersi, lasciando aderire la moglie al suo fianco.
"Avevamo deciso che dovevamo farle togliere il vizio!" Si lamentó lei, appoggiando la testa sulla sua spalla.
"La settimana prossima!"
"L'hai detto anche la settimana scorsa!"
"Lo so.." Le diede un bacio sulla fronte "La verità è che mi sembra ieri che l’ho presa in braccio per la prima volta e ora già dobbiamo toglierle il cuccio!"
Regina alzó la testa, divertita "Debole e pure sentimentale? Vedi che ho ragione? Ti stai davvero rammollendo!"
"Sentimentale? La parola giusta è romantico. E tu ami il mio lato romantico!"
Lei sorrise, schioccandogli un bacio sulle labbra, per poi poggiarsi di nuovo su di lui. Non rispose, sapeva che infondo lui aveva ragione.
Robin si giró su un fianco per poterla guardare in faccia, non potendo fare a meno di notare quanto fosse bella in quel modo, con i capelli spettinati che ricadevano sul telo, il viso privo di trucco e il costume bianco che le fasciava il seno. Le posó prima un bacio sul braccio, poi uno sulla spalla e stava per arrivare alla bocca, quando sentì due manine farsi leva sulle sue gambe e si giró giusto in tempo per vedere Scarlett arrampicarsi su di lui. La prese cercando di farla stendere tra lui e Regina, ma la bambina non gradì e dimenandosi si mise a pancia in sotto cercando poi di gattonare via.
"No, cosí decisamente non le piace!" Osservó Regina, divertita.
"Che fai, scappi da papà?" Robin la afferró per la vita e mettendosi sulla schiena la sollevó, facendola volteggiare per aria “Eh? Scappi dal tuo papà?”
La bimba prese a ridere divertita e lo stesso fecero i suoi genitori, poi Robin inizió a farla planare sul suo viso per baciarle una guancia e a sollevarla di nuovo, per poi avvicinarla ancora per un bacio e così via, beandosi dei gridolini divertiti della figlia.
Quando poi la fece cadere sul petto di Regina, Scarlett scoppió in una vera e propria fragorosa risata che contagió anche loro due, Regina la strinse contro di sè schioccandole dei baci sotto il collo, fino a quando la bimba non tentó di liberarsi, allora sciolse l'abbraccio lasciandola libera di gattonare verso i suoi giochi.
"Dov'é l'interruttore?" Rise mentre assieme a Robin la guardava scappare via.
Robin alzó le spalle, poi si sporse di nuovo verso Regina, facendole poggiare la testa sul telo e sfiorandole la bocca "Dov'eravamo rimasti?"
Lei si limitó a un sorrisino accogliendolo tra le sue labbra e lasciando finalmente le loro lingue sfiorarsi.
"Papà!"
Robin alzó gli occhi al cielo mentre Regina si staccava da lui, alzandosi per cercare Roland con lo sguardo. Lo vide pochi metri più avanti, si stava sbracciando con le mani sporche di sabbia mentre Henry, accanto a lui, cercava di dare forma a un castello.
"Papà, non riusciamo a fare il ponte! Vieni ad aiutarci!"
Anche Robin si alzó, girandosi verso la moglie "Per la prossima volta ricordami di lasciarli a Will!"
"Dai, vai ad aiutarli!" Lo spronó, passandogli una mano tra i capelli "Scarlett forse toglierá il ciuccio, ma tra poco Roland smetterá di aver bisogno di te e non ti vorrá più tra i piedi!"
Robin inarcó le sopracciglia "Questo non accadrà mai!" Esclamó, perentorio, mentre si alzava per raggiungere i ragazzi.
Regina rise, sapeva bene quanto Robin tenesse ad essere presente nella vita dei figli e l'idea che un giorno questi sarebbero cresciuti lo terrorizzava, era stato difficile per lui persino abituarsi all'idea che iscrivere Roland a scuola avrebbe significato non vederlo per circa otto ore al giorno, cinque volte a settimana.
Ma lei amava che fosse sempre così attento e premuroso nei confronti della sua famiglia, aveva cresciuto Henry da sola ed era stato difficile per quanto bellissimo, e adesso avere affianco il padre dei suoi figli le permetteva di godersi la maternità molto più di quanto avesse fatto in passato.


Rimase qualche secondo a osservare i suoi ragazzi, impegnati nella realizzazione del castello di sabbia: Robin stava spiegando a Henry un qualche articolato progetto architettonico e il ragazzo ascoltava con attenzione, mentre Roland girava attorno alla costruzione impaziente di lavorarci ancora sopra, probabilmente avrebbe finito per distruggerlo ancora prima che gli altri due potessero mettere in atto il loro piano.
Distolse lo sguardo da quella scena per posarlo su Scarlett quando la sentì iniziare a piangere: la bimba era scivolata nel tentativo di mettersi in piedi sorreggendosi solo sullo zaino di Henry, che non ne aveva retto il peso. La prese e dopo essersi assicurata che non si fosse fatta nulla di serio se la portó contro il petto, iniziando a dondolare su se stessa "Shh, non è successo niente!" Le bació la testa piena di riccioli rossicci e quando la sentì calmarsi si sporse verso la borsa e ne tiró fuori un lenzuolino bianco con il quale la coprì, il sole stava iniziando a calare e si era alzata una leggera brezza. L'avvolse per bene e la strinse un pó di piú contro di se.
Quando la teneva stretta in quel modo, inevitabilmente finiva sempre per pensare a tutte le volte in cui aveva desiderato che quella gravidanza non fosse mai esistita, che Zelena sparisse e portasse con sè quel pancione che diventava giorno per giorno sempre più grande e che sembrava pesare come un macigno sulla relazione tra lei e Robin.
Poi era arrivato il momento del parto, Robin era entrato in sala parto con Zelena e lei era rimasta fuori, da sola, sentendosi come si era sentita per tutta la sua vita, inadeguata e superflua.
Fino a quando le porte non si erano spalancate e Robin non era uscito stringendo un fagottino rosa, emozionato, era andato dritto verso di lei e le aveva messo in braccio la bambina. Lei per un attimo non aveva saputo cosa fare, il suo corpo completamente rigido e a disagio mentre la teneva meccanicamente tra le braccia, ma quando Robin aveva stretto entrambe in un abbraccio qualcosa era cambiato: la piccola aveva smesso di piangere, sistemando la testolina nell’incavo del suo collo e afferrandole una ciocca di capelli nella minuscola mano, e lei aveva cominciato a sentirsi parte di ciò che stava accadendo, e mentre Robin le accarezzava la schiena e la bimba si addormentava contro di lei una lacrima le aveva solcato il viso.
Quel giorno Scarlett era diventata la sua bambina e Regina non poteva più immaginare una vita senza di lei.


Scarlett aveva una mollettina rossa fissata in testa e Regina gliela tolse quando la vide iniziare a chiudere e a riaprire gli occhietti, preda della stanchezza, immaginando  che si sentisse più comoda con i capelli sciolti.
Capelli che ricordavano così tanto quelli della sua madre biologica, rossi e ribelli.
Per i primi mesi si era tormentata su qualche fosse la cosa più giusta da fare, con Zelena. Robin non voleva sentire ragioni, non voleva avere nulla a che fare con quella donna ed era dell’idea che dovesse stare il più possibile lontana da loro e dalla bambina, soprattutto. Regina capiva le sue ragioni ed era d’accordo, ma qualcosa in fondo all’anima la tormentava e lei sapeva bene cosa: C’era stato un periodo in cui tutti l’avevano giudicata cattiva e inadatta a fare la madre e avevano tentato di portarle via Henry, lei aveva sofferto così tanto la lontananza da suo figlio, era come se le avessero tolto l’aria da respirare e si chiedeva se per caso anche Zelena stesse provando lo stesso.
Alla fine l’aveva convinto, avevano provato a dare una possibilità alla donna e avevano portato Scarlett, che all’epoca  aveva solo quattro mesi di vita, all’ospedale psichiatrico: Regina si era seduta sul letto cercando di stabilire una conversazione con la sorella, mentre Robin si era tenuto in disparte, stringendo protettivamente la bimba tra le braccia. Zelena si era mostrata completamente disinteressata alla figlia, nominandola soltanto per sputare cattiverie che potessero ferire Regina. Da quel giorno non vi erano più stati dubbi, e Regina si era ripromessa che avrebbe fatto di tutto per tenere la sua bambina il più lontano possibile da quella strega.
Sarebbe stata lei, la sua mamma.
 
 
La bimba allungò una mano sulla bocca della madre e prese a giocare con le sue labbra, Regina ne approfittò per baciarle il palmo, quella dimostrò gradire il gesto e infatti distese un po’ di più la manina, aspettando un nuovo bacino e ridendo ogni volta che ne riceveva uno.
Era come se le si gonfiasse il cuore ogni volta che la vedeva ridere in quel modo.
Scarlett era una bambina felice, stava crescendo circondata dall'amore della sua famiglia e dei loro amici, coccolata e adorata da tutti, e Regina aveva giurato che avrebbe fatto in modo che fosse sempre così, voleva dare a Scarlett quello che non aveva avuto lei, un’ infanzia serena e piena di gioia, una vita degna di una bambina, spensierata e priva di dolore.
Una volta – e si sarebbe sempre vergognata di quel pensiero – aveva pensato che sarebbe potuto essere tutto così facile se avessero semplicemente lasciato Zelena a New York, dimenticandosi per sempre di lei e della gravidanza. Ma infondo sapeva che non l’avrebbe mai permesso, perché quel bambino non aveva nessuna colpa, se non quella di essere stato concepito da una madre senza cuore.
Come lo era stata Cora.
A un certo punto aveva realizzato che lei e quella creatura non ancora nata condividevano lo stesso destino, che entrambe erano state messe al mondo con uno scopo ben preciso: per Cora, sua figlia era stata un biglietto d’ingresso nella famiglia reale, per Zelena, quello per ottenere ciò che desiderava, la rovina di sua sorella.
Regina non aveva potuto cambiare il suo destino, e nessuno l’aveva fatto per lei, si era ritrovata sola, piccola e innocente in balia di una madre che l’aveva usata, manipolata e poi gettata via, in pasto ai leoni. Non aveva potuto fare nulla per sfuggire all’oscurità a cui l’avevano destinata, ma non avrebbe lasciato che lo stesso accadesse alla figlia di Robin, a sua nipote.
Poteva garantire a Scarlett una vita diversa, una famiglia che l’amasse, un buon futuro.
 
 
“Mamma ti proteggerà sempre, capito?” Sussurrò in un orecchio della sua bimba, che aveva preso a guardarla con gli occhioni azzurri spalancati “Mamma ci sarà sempre per te!”
Quasi come se l’avesse capita, o semplicemente perché si era accorta che la madre si stesse rivolgendo a lei, Scarlett sorrise e Regina si chinò su di lei per baciarle la punta del nasino “Mamma ti ama tanto, piccolina!”
Robin le diceva spesso che lei e Scarlett avevano un legame speciale, a volte Regina aveva il sospetto che lo facesse per rassicurarla e non farle pesare il fatto che non fosse la sua madre biologica, ma doveva ammettere che la bambina era davvero legata a lei come a nessun altro, nemmeno suo padre.
Regina non la lasciava mai, Scarlett era abituata ad averla intorno e piangeva quando si accorgeva della sua assenza. Non aveva voluto lasciarla a una baby sitter, lei era stata cresciuta da tre balie diverse e non desiderava lo stesso per i suoi figli, la portava a lavoro con lei così come aveva fatto con Henry, e solo da pochi mesi si era decisa a concedersi di lasciarla per qualche ora a Mary Margaret, quando proprio non poteva farne a meno.
A volte finiva per essere iperprotettiva e se ne rendeva conto, ma il bisogno di assicurarsi il benessere della bambina era troppo forte e la sola idea che potesse aver bisogno di lei e non esserci la terrorizzava.
Di una cosa era certa, avrebbe combattuto con tutte le sue forze per fare in modo che nessuno dei suoi figli, né Scarlett, né Henry, né Roland, si potesse sentire solo, o non amato o non voluto, come si era sentita lei durante tutta l’infanzia.
 
 
“Mamma! Mamma! Vieni a vedere il castello! Vieni!”
Scarlett scattò alla voce del fratello e cercò di mettersi seduta, Regina l’assecondò guardando poi nella direzione di Roland, che stava correndo verso di lei.
Era così bello sentirsi chiamare in quel modo anche da lui, aveva iniziato appena dopo la nascita di Scarlett ed aveva reso felicissimi sia lei che Robin, entrambi preoccupati che il nuovo arrivo avrebbe potuto minare la stabilità del bambino, già minata dai numerosi cambiamenti che aveva dovuto affrontare in pochi mesi.
“Vieni a vederlo, l’abbiamo fatto grandissimo.. vieni, vieni!” Il bambino gli afferrò la mano libera e lei si alzò alla meglio che potè, stando attenta a non far male alla piccola. Se la sistemò sul fianco e guidata da Roland raggiunse Robin ed Henry, che stavano rifinendo gli ultimi dettagli.
“Roland, è bellissimo!” Esclamò, quando fu vicina alla suddetta costruzione “L’avete davvero fatto voi? Sono senza parole!”
Roland annuì, soddisfatto “L’hanno fatto di più papà ed Henry, ma io li ho aiutati!”
“E hai fatto un ottimo lavoro!” Esclamò Robin affettuosamente, scompigliandogli i capelli.
“Si, infatti, avete fatto tutti e tre un ottimo lavoro! Sono molto orgogliosa di voi..” Si complimentò, stando attenta a mantenere Scarlett che si stava già sporgendo verso il basso per mettere le mani sul castello.
“Ti piace, Scarlett?” Henry se ne accorse e la sfilò dalle braccia della madre, inginocchiandosi per permettere alla sorellina di avvicinarsi a quel nuovo gioco.
“Henry, attento, non farglielo rompere!” Si allarmò Roland, avvicinandosi ai due “Puoi guardarlo Scarlett ma non toccarlo, va bene?”
Regina e Robin si erano seduti sulla sabbia, lei tra le gambe di lui, godendosi quel momento di interazione dei loro tre figli, Henry che teneva attentamente Scarlett in piedi accanto al castello e Roland che le manteneva le manine per impedirle di distruggerlo, ma con delicatezza, attento a non infastidirla.
Erano uno spettacolo, tutti e tre insieme.
Poi il bambino si alzò e si andò a sedere accanto ai genitori “mamma?”
“Che c’è tesoro?”
“Tu sei una regina, allora perché non vivi in un castello?”
Regina sorrise a quell’ingenuità “In effetti Roland, io ci vivo in un castello!”
“Davvero? E dov’è?” Domandò quello, confuso.
“E’ casa nostra..” Rispose, prima che Henry le rimettesse di nuovo Scarlett tra le braccia “Casa nostra dove ci sono tutte le mie ricchezze!”
“Le tue ricchezze?”
Regina annuì “La mia famiglia. Il tuo papà, tuo fratello, tua sorella e te!” Gli spiegò, toccandogli la punta del naso con l’indice “Ho un castello che tutte le regine degli altri reami mi invidierebbero!”
“Anche se non ha un ponte levatoio?”
Lei annuì, mentre Robin gli baciava una guancia da dietro “Anche se non ha un ponte levatoio, si!”
Roland annuì, pensieroso “Però possiamo costruirlo!”
“Ci hai preso gusto a costruire castelli, eh Roland?” Rise il padre “Non credo che sia una buona idea mettere un ponte levatoio a casa, però magari potremmo costruire un piccolo castello per Scarlett, in giardino, che ne dite?” Propose, guardando entrambi i suoi ragazzi.
“Sii!” Rispose entusiasta Roland, battendo le mani.
“Si, grande idea, mi piace!” Concordò Henry, strisciando un po’ di più vicino ai due adulti e quindi alla sorella “Che ne pensi, Scarlett? Lo vuoi un castello tutto tuo?”
“Si Scarlett, lo vuoi un castello? Lo vuoi?” Aggiunse Roland, che imitava attentamente tutti gli atteggiamenti che Henry aveva nei confronti della sorellina, come a voler rimarcare il ruolo di fratello maggiore.
Scarlett guardò entrambi i suoi fratelli e dopo qualche secondo di silenzio scoppiò in un’allegra risata, che immediatamente contagiò tutta la sua famiglia.



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La questione del figlio di Zelena e Robin - che pare nascerà in questa stagione - ha diviso il fandom in diverse fazioni, e tra queste c'è chi pensa che il bambino debba restare con la propria madre, che magari possa essere la spinta adatta per Zelena verso la redenzione.
Mi rendo conto che potrebbe esserci questa possibilità, ma al momento io non vedo Zelena in grado di fare la madre, è evidente che non ha alcun interesse per il bambino (se non appunto quello di usarlo contro la sorella) e non vedo che tipo di vita potrebbe avere rinchiusa in una cella assieme alla madre.
Per cui, basandomi anche su alcune indicrezioni secondo le quali Zelena resterà cattiva, credo che la migliore soluzione che si possa trovare per questo bambino/a sia crescere con Regina che è la persona più vicina alla figura di madre e che le può garantire una famiglia (più o meno) normale. 
Poi, andrà come andrà, questo è quello che io vorrei.

Grazie per aver letto! <3 <3

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Capitolo 12
*** Scarpe con il tacco ***


Questa OneShot è un pò diversa da quelle che ho scritto fin'ora, è un pò meno fluff e verte più sul tono della commedia. E' un esperimento che ho voluto fare prendendo spunto da una fantastica serie tv che seguo e che consiglio a tutti, Modern Family. La situazione e alcune battute sono completamente riprese da un episodio della terza serie (3x22, per chi volesse vederla), io ho cambiato i personaggi e apportato un pò di modifiche qua e là, oltre ad aver aggiunto dei dialoghi e delle scene nuove.
E' che quando ho visto l'episodio non ho potuto fare a meno di pensare a Robin e a Regina sopratutto, mi piacerebbe tanto assistere a qualche momento leggero e simpatico tra loro (sopratutto visti gli ultimi eventi) e questo l'ho subito trovato perfetto per loro.

La dedico a Valentina, un pò perchè il "comedy" è il suo genere, un pò perchè ieri è stato il suo compleanno e questo è un piccolissimo pensierino. <3 






Regina guardò soddisfatta il tavolo del salone, finalmente certa – dopo l’ennesimo controllo -  di aver preparato tutto il necessario: La sua borsa, quella di Hope, bibite,  qualche merendina, lo spray anti zanzare, un ricambio di vestiti per i bambini, la macchina fotografica.
Mancava solo la sua famiglia.
 
Si mosse verso l’atrio, fino alle scale e guardò verso l’alto, cercando di scorgere almeno uno di loro. Come al solito era lei, dopo aver pensato alla casa, ai bagagli e ai bambini, a dover aspettare tutti gli altri.
 “Siete pronti???”
 
“Eccoci!” Il rumore di passi veloci anticipò l’apparizione di Robin, che stava scendendo le scale di corsa, stringendo saldamente sua figlia di tre anni sul fianco destro  “Roland, Henry, sbrigatevi!!” Gridò guardandosi indietro, mentre Hope sventolava divertita la sua bambola di pezza nell’aria.
 
“Che stanno facendo?” Domandò impaziente Regina, avvicinandosi per sistemare i capelli di Hope, che come ogni volta che passava più di qualche minuto nella braccia del padre, tra coccole, areoplanini nell’aria e saltelli, erano spettinati e le cadevano sul viso.  Le rifece le codine e le lisciò le pieghe del vestitino, mentre la bambina protestava avvinghiandosi sempre di più attorno al collo del padre.
 
“Henry stava spegnendo il computer, Roland sta cercando Buzz Lightyear!” Le spiegò Robin, gettando un'altra occhiata verso il piano di sopra.
 
“Prima o poi glielo sequestro quel computer!” Sbuffò lei, guardando impaziente l’orologio che portava al polso “E riguardo Roland, gli avevamo detto che non doveva portarsi giocattoli!”  
 
“Lo so, ma abbiamo fatto un patto, solo Buzz..” Poi Robin guardò in basso, soffermandosi sulle scarpe di Regina:  un paio di decolletè di vernice nera con un tacco di almeno 12 centimetri “E tu? Quelle scarpe?”
 
“Perché?” Osservò Regina guardandosi anche lei i piedi. Indossava un pantalone nero stretto sulle caviglie e quelle scarpe gli si abbinavano alla perfezione, non vedeva motivo per cui non avrebbe dovuto metterle.
 
“Sai quanto si cammina durante una giornata a Disneyland?” Robin sapeva bene quanto Regina amasse portare scarpe alte e ormai non ci faceva neanche più troppo caso, ma indossarle a lavoro o nelle loro normali giornate a Storybrooke era diverso dal farlo quando avevano in programma una gita come quella.
 
Lei comunque non sembrava dello stesso avviso, e si limitò ad alzare le spalle “Mi piace indossare i tacchi alti, sto bene!”
 
“E’ come quando non vuoi portare una giacca quando io ti consiglio di farlo.. ‘Non dirmi cosa devo fare, sto bene!’,  e non stai bene, tremi dal freddo,  e io sembro l’idiota che non vuole dare alla moglie la sua giacca, quindi lo faccio, e poi tremo io dal freddo.. e la giacca l’avevo portata!” Concluse lui, il tipico sorrisetto di chi la sapeva lunga.
 
Regina si appoggiò al tavolino, l’aria scocciata per quella predica che infondo sapeva di meritare “E’ finita questa brutta e noiosa storia della giacca? Perché ci sarà molto traffico!” E mettendo fine alla questione, afferrò le borse sul tavolo e si avviò verso l’esterno.
 
“Fa come vuoi!” Si arrese Robin, guardandola andare via “Ma non ti presto le mie scarpe!” Gli urlò dietro. Scosse la testa rassegnato, girandosi a guardare Hope che per tutto il tempo era stata intenta a giocare con il bottone della camicia del padre “Tua madre è impossibile!” Le disse, poi guardò di nuovo verso il piano di sopra, sbuffando  “Roland!  Henry! Se non siete giù entro tre secondi vi lascio qui!”
                                                                ……………………………………………………
 
L’ingresso di Disneyland era affollato e pieno di bambini che correvano da tutte le parti, inseguendo i pupazzi viventi che vagavano per il parco.  Erano arrivati da pochi minuti e Regina iniziava già a pentirsi di essersi lasciata convincere dal marito a partecipare a quella gita di famiglia. Stavano già iniziando tutti a innervosirla: Mary Margaret e David, tanto per cambiare, erano totalmente presi dal loro principino, gli parlavano con vocine stridule e gli indicavano qualsiasi cosa gli capitasse sotto gli occhi per poi esultare entusiasti a ogni cenno del bambino. 
Emma, al contrario, era già sull’orlo di una crisi di nervi, mentre con il carrozzino faceva avanti e indietro sperando di calmare il pianto disperato del piccolo Liam, due anni appena compiuti; Invece di aiutarla, Killian, probabilmente convinto di essere ancora a bordo della sua nave,  studiava attentamente la mappa del parco neanche fossero finiti sull’isola che non c’è, e Robin, che in quelle occasioni sembrava lasciarsi irrimediabilmente contagiare dallo spirito Charming, giocava con Hope sollevandola in aria e facendola volteggiare, completamente disattento a ciò che gli accadeva attorno. Solo Henry  - Regina era sempre più fiera di come l’aveva cresciuto, uguale a lei – sembrava desideroso di smuovere quella situazione di torpore in cui erano caduti tutti, e annuiva pazientemente alla parlantina inarrestabile Roland lanciandole ogni tanto delle occhiate impazienti.
 
Esasperata, Regina battè un paio di volte le mani sperando di riportare tutti all’attenzione “Allora, da dove iniziamo?” Esclamò, non preoccupandosi di celare più di tanto la sua insofferenza.
 
Ognuno cominciò a dire la sua e ben presto fu evidente che sarebbe stato impossibile giungere a una decisione comune. Emma propose di dividersi, almeno in due gruppi: Lei, Mary Margaret e Regina avrebbero portato Neal, Hope e Liam nella zona dedicata ai più piccoli, gli uomini sarebbero andati con Roland ed Henry a cercare qualcosa di più adatto alla loro età.
 
Il piano sembrava mettere d’accordo tutti, così Robin mise a terra Hope per lasciarla a Regina, la quale però non fece in tempo a prenderla che la bambina iniziò a correre verso uno stand di palloncini.
“Scarlett!”
 
“Oddio..” Regina alzò gli occhi al cielo mentre Robin si precipitava a rincorrerla “Ci risiamo!”

Emma guardò confusa la scena “Cosa?”
 
Regina allargò le braccia e alzò le spalle “Ultimamente sta attraversando questa fase, non fa che scappare, scappa via appena ne ha l’occasione!”

“Sarà l’età..” Ipotizzò Mary Margaret “Anche Neal l’ha fatto qualche volta, vedrai che le passerà!”
 
“Lo spero!” Allungò le braccia per prendere la figlia dalle braccia di Robin, che era tornato vicino al gruppo tenendo saldamente la figlia su una spalla, come se stesse trasportando un sacco di patate, mentre quella rideva e urlava divertita “Per il momento, ci mettiamo qui dentro, eh tesoro? Così stiamo tutti tranquilli!” Esclamò, mentre la infilava nel carrozzino e le allacciava le cinture.
 
“Mamma, andiamo lì!” Urlò Hope, indicando la grossa ruota panoramica con la faccia di topolino.
 
“Si amore, adesso mamma ti porta!” Si scambiò uno sguardo d’intesa con Emma e insieme iniziarono a spingere i passeggini nella direzione della ruota.
 
 
                                                                                  ……………………………….
 

Era ora di pranzo e il gruppo si era riunito con l’intenzione di raggiungere il ristorante più vicino per mangiare qualcosa.
“E’ a circa 100 metri da qui!” Osservò Killian, consultando la sua ormai inseparabile cartina.
Il gruppo si mosse, Robin prese il controllo del passeggino di Hope e rise guardando Regina camminare davanti a lui, stringendo la mano di Roland: Il suo passo non era più deciso come prima, era evidente che stesse iniziando a dare i primi cenni di stanchezza.  
Si portò accanto a lei, avvicinandosi per poterle sussurrare in un orecchio “Sei stanca di camminare con i tacchi?”
 
Regina sussultò “No. Tu sei stanco di stare con una moglie sexy?” Gli lanciò un occhiata arrabbiata – chiaro segno del suo disappunto per essere stata colta in flagrante - prima di accelerare il passo, tirandosi Roland dietro di lei.
 

                                                                                  ……………………….…..
 

Dopo pranzo si erano divisi di nuovo, i bambini avevano esigenze diverse così avevano stabilito di separarsi per poter accontentare tutti. Regina stavolta aveva lasciato Hope a Robin, la bambina continuava a scappare in ogni direzione ed era il turno di suo padre di correrle dietro, così lei aveva preso Roland ed Henry e li aveva portati alle cascate d’acqua.
Robin invece era stato con sua figlia alla giostra dei cavalli, ci avevano fatto almeno quattro giri e poi, quando la bambina si era finalmente scocciata, l’aveva convinta ad andare a cercare la mamma e i fratelli, rigorosamente bloccata nel suo passeggino.
 
Quando varcò la soglia dell’uscita dall’attrazione – i ragazzi dietro di lei - Regina lo vide appoggiato a una ringhiera, un espressione soddisfatta sul viso che fu chiarita dalla prima cosa che gli disse, quando si trovarono a faccia a faccia “Non vedevi l’ora di toglierti quelle scarpe, vero?”
 
“Non so di cosa stai parlando!” Rispose Regina, fingendo di non capire.
 
“Nulla, faccio solo conversazione..” Poi inaspettatamente tirò fuori qualcosa dalla giacca, un foglio rettangolare, e lo sventolò trionfante dell’aria  “Guarda qua, ho comprato una di quelle foto ricordo di te e i ragazzi alla cascata!” L’immagine ritraeva Regina seduta in un finto tronco, Roland ed Henry davanti a lei con le braccia in alto, e un paio di scarpe appena visibili nelle sue mani “Sembra proprio che vi siate divertendo un mondo.. ma, aspetta un momento, che cos’hai in mano? Sono le tue scarpe?” Domandò, fingendosi sorpreso.

“Non sono sicura che quelli siamo noi!” Rispose, un attimo prima di accorgersi che stava iniziando a rendersi ridicola, cercando di negare l’evidenza. Ma non voleva cedere, lei non cedeva mai e non avrebbe iniziato quel giorno.
 
Robin alzò gli occhi al cielo, rassegnato “Ma perché vuoi soffrire tanto? Ammetti che quelle scarpe sono una pessima idea!”
 
“Non sto soffrendo per niente, solo che non volevo che le mie scarpe preferite si rovinassero con l’acqua!”
 
Era più testarda di un mulo, ma questa volta Robin non aveva intenzione di dargliela vinta “Ok,  errore mio. Dobbiamo raggiungere gli altri a Tomorrowland, sarà meglio muoverci, perché è lontano, dall’altra parte del parco!”
 
La sola idea le metteva la nausea, ma non l’avrebbe mai fatto notare a Robin quindi annuì, cercando di sembrare indifferente “Io sto bene, tu cerca solo di non restare indietro!”
 
Robin la guardò allontanarsi, quasi zoppicando su quelle scarpe infernali “Non la posso guardare!” Sussurrò tra sé e sé. La verità era che gli dispiaceva vederla stare male, soprattutto per un motivo talmente banale. Doveva fare qualcosa, perché così nessuno dei due si stava godendo la giornata, nemmeno lui che non faceva che pensare a lei che soffriva  su quegli strumenti di tortura.
 
Si girò verso Henry che era rimasto fermo assieme a Roland e gli fece cenno di prendere il suo posto con il passeggino “Ho un’ idea, avviatevi con vostra madre, ci vediamo lì!”
 

                                                                                    …………………………..…
 

Robin camminava per la grande via principale cercando di individuare sua moglie. Aveva raggiunto gli altri al bar dove si erano dati appuntamento ma non l’aveva trovata, Henry gli aveva spiegato che si era allontanata con Hope per portarla a fare qualche altro giro sulle giostre, visto che la bambina proprio non ne voleva sapere di starsene ferma nel passeggino. Così era andato a cercarla e dopo aver girato per un buon quarto d’ora, la vide proprio quando aveva perso la speranza e iniziava a considerare l’idea di telefonarle.
 
“Regina!” Urlò il suo nome. Lei si voltò, prima di riprendere a camminare come se non avesse sentito. Di certo Robin voleva lanciarle l’ennesima frecciatina e lei non aveva voglia di discutere ancora, non dopo che Hope l’aveva fatta correre da una giostra all’altra e giusto in quel momento si stava finalmente addormentando. Era esausta e voleva solo mettere fine a quella giornata.
 
Intanto Robin  l’aveva raggiunta e aveva preso a camminare accanto a lei “Regina, siediti un secondo!” La invitò, indicando una panchina a pochi passi da loro.
 
“Sto bene Robin!”

“Ti prego!” La prese gentilmente per un braccio facendole lasciare la presa sul passeggino, lei obbedì rassegnata, si sedette e alzò gli occhi su di lui, aveva una busta in mano ma non ci prestò attenzione più di tanto, era distrutta, le facevano male i piedi, e la schiena e non era certa di poterlo nascondere a Robin ancora per molto, ma nemmeno voleva dargli la soddisfazione di ammettere di aver commesso un errore.
 
 “Senti, magari non stai soffrendo, ma soffro io a pensare che stai soffrendo, quindi fammi contento un minuto..” Esclamò intanto lui, e solo allora Regina si rese conto che si era inginocchiato accanto a lei e aveva tirato fuori dalla busta delle strane pantofole gialle a forma di scarpe di Minnie.
 
“E quelle cosa sono?” Domandò, confusa.
 
“Non c’era una grande scelta, alla bibidi bodidi boutique!” Si giustificò, mentre le toglieva le scarpe e le infilava quella strane pantofole.
 
“Sei pazzo?” Regina si guardò entrambi i piedi, inorridita “Io non posso andare in giro con queste cose così gialle, e così brutte e…” All’improvviso si rese conto che non facevano più male, si era così abituata a quel dolore ai piedi da non farci più nemmeno caso ma ora non poteva non notare la differenza, era un vero e proprio sollievo “e.. e così morbide e così comode.. oddio, che sensazione meravigliosa!” Esclamò alla fine, chiudendo gli occhi e godendosi la possibilità di poter finalmente muovere le dita, per ore costrette nelle sue scomode scarpe con il tacco.
 
Robin si era rimesso in piedi e la guardava con aria soddisfatta, le braccia incrociate ma un sorriso sul volto.
Vide il viso della moglie ammorbidirsi, le sue labbra piegarsi in un sorriso commosso  “Grazie per aver fatto spese per me ed esserti preoccupato dei miei piedi, grazie per avermi dato la tua giacca quando avevo freddo, sei un uomo meraviglioso!” Esclamò, appoggiando la testa sulla sua spalla e circondandogli il torace con le braccia.
 
Robin la strinse di rimando, si aspettava del risentimento da parte della moglie per essere stata portata ad ammettere di aver avuto torto, e invece non gliene importava, ne sembrava addirittura felice  “Accidenti, non pensavo che reagissi in un modo.. così gentile!”

“Perché sei così sorpreso?” Rispose lei, un po’ offesa ma senza staccarsi dal suo abbraccio.
 
“Ti prego, non fare una scenata ora che ti dico questo.. E’ possibile.. che tu ti arrabbi – di tanto in tanto – perché indossi sempre delle scarpe scomode?”
 
Lei si guardò di nuovo i piedi, comodamente avvolti in quelle morbide pantofole “Può darsi..” Si guardarono, sorridendosi a vicenda “Ne possiamo andare a prendere un altro paio? Magari le hanno anche nere!”
 
Robin rise, circondandole le spalle con un braccio mentre con l’altro afferrava le maniglie del passeggino “Tutto quello che vuoi, amore mio!”
 

                                                                              …………………………………
 

Quando raggiunsero il resto del gruppo, fu impossibile per loro non notare le strane calzature che indossava Regina, ma bastò un suo sguardo perché tutti capissero che non era il caso di fare commenti.
Tutti tranne Roland.
 
“Mamma, perché hai quelle strane scarpe?” Domandò il bambino, ridendo.
 
Regina stava pensando a cosa rispondere, quando Robin lo fece per lei “Una delle scarpe della mamma si è rotta, piccolo. Non ne avevamo altre e così abbiamo dovuto comprare queste.. le stanno bene, non trovi?”
 
“Si, sei bella mamma!” Annuì Roland.
 
L’espressione tesa di lei si ammorbidì all’istante, mentre si abbassava per baciare la testa riccioluta di Roland “Grazie, tesoro!”
 
“E’ bello vederti senza tacchi, lo sai?” Aggiunse Henry, facendo qualche passo verso di lei “Sono più alto di te!”
 
“Si, ma evita di farmelo notare, almeno..” Obiettò Regina contrariata, spingendo bonariamente il figlio un po’ più lontano.
 
“In effetti Regina sei più bassa di quanto credessi!” Osservò David “Che diavolo mettevi ai piedi nella foresta incantata?”
 
Regina alzò gli occhi al cielo, adesso iniziava ad irritarsi “Ok, smettetela tutti adesso!”
 
“E poi come vi permettete? Mia moglie non è bassa!” Esclamò Robin, fintamente indignato, circondando con un braccio le spalle di Regina, per evidenziare ancora di più la loro differenza di statura.
 
“Ti diverti, eh?” Gli rispose la donna, piantandogli una gomitata nel fianco “Poi a casa ti faccio ridere io!”
 
A salvare Regina da quella situazione imbarazzante – E Robin dalla sete di vendetta della moglie – fu Hope che probabilmente disturbata da quel vociare aprì gli occhi e si mise seduta, guardandosi attorno.
 
Robin le si avvicinò e si inginocchiò alla sua altezza “Ben svegliata, principessa!”
 
La bimba alzò le braccia per essere presa in braccio ma Regina scosse la testa, fermando Robin prima che le slacciasse la cintura di sicurezza “No amore, devi restare seduta lì!”
 
“Non mi piace questo!” Esclamò contrariata la bambina, indicando il passeggino.
 
“Ah si?” Esclamò la madre, stavolta decisa a non dargliela vinta “E a me non piace correre per tutta Disneyland per rincorrerti!”
 
“Il passeggino non è la soluzione, forse posso sistemare le cose..”  Robin slacciò la cintura, e allungò le braccia verso la figlia “Forza principessa vieni con me!”
 

                                                                      …………………………………………………

 
Quando li vide tornare, insieme, mezz’ora dopo, Regina non potè fare a meno di scoppiare in una fragorosa risata.
Robin camminava lentamente, girandosi ogni tanto per assicurarsi che Hope fosse dietro di lui: la bambina gli stava dietro con difficoltà, muovendo passi piccoli e incerti su delle finte scarpette di cristallo luccicanti, che però ostentava con grande orgoglio.
 
“Le scarpe con i tacchi?” Inarcò un sopracciglio, portandosi le mani sui fianchi.
 
“Mi piacciono!” Esclamò Hope entusiasta, sgambettando senza staccare gli occhi dalle sue scarpe nuove.

“Sei bellissima tesoro!” Le disse, inginocchiandosi alla sua altezza quando la bimba la raggiunse.
 
“Guardala!” Esclamò Robin, fiero del suo operato “Riesce a stento a muoversi!”
 
“Già, ma non starà scomoda?” Si preoccupò, osservando la sua bambina avanzare con difficoltà verso lo zio David che le aveva appena fatto cenno di raggiungerlo.
 
Robin aggrottò le sopracciglia “Tua figlia? C’ è stata nove mesi sui tacchi, fanno parte di lei praticamente dalla nascita!”
 
Regina rise, finalmente convinta a lasciare sua figlia con quelle scarpette da principessa ai piedi:  la bambina sembrava adorarle e lei era felice di non dover più correrle dietro con il continuo terrore di perderla.
“Sei un uomo dalle mille risorse, te l’hanno mai detto Locklesy?”
 
“Mhh, si, molte volte a dire la verità!” Rispose lui, circondandole le spalle con un braccio “Ma puoi dirmelo ancora, se vuoi, al mio ego piace sentirlo, soprattutto da te!”
 
“Solo per questa volta, perché hai salvato i miei piedi, la mia schiena, il mio umore e soprattutto hai scongiurato il rischio di dover andare a recuperare nostra figlia all’ufficio oggetti smarriti!”
 
“Mi merito un premio, non trovi?” Escalmò, facendo sfiorare le loro fronti.
 
Lei si sporse per schioccargli un bacio sulle labbra “Va bene?”
 
“Così poco?”
 
Regina sorrise, avvicinandosi di nuovo per parlargli in un orecchio “Prendilo come un anticipo, a casa posso fare di meglio!”
 
“Non ho dubbi, però ho una condizione..”
 
“Sentiamo!”
 
Lui la portò un po’ più vicino s sè, circondandole la vita “Devi indossare un vestito rosso a pois e un grosso fiocco in testa, le orecchie da topo e queste scarpe. E se magari ti disegnassi anche un paio di baffi con un pennarello..”
 
Regina scosse la testa con decisione, prima che lui potesse terminare “Te lo puoi sognare!” Rise, mentre gli pestava scherzosamente un piede con la sua comoda e morbida scarpa di Minnie.





Adesso, provate a immaginare Regina con queste al piede..
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Capitolo 13
*** Un pò alla volta [Traduzione] ***


Ho trovato questa OneShot su Tumblr - precisamente qui: http://gray-autumn-sky.tumblr.com/post/130241436426/one-day-at-a-time - e mi ha colpito perchè, se i sentimeti di Regina vengono spesso analizzati e approfonditi - quelli di Robin tendono a essere per lo più ignorati, messi in secondo piano.
L'autrice di questa storia invece si è soffermata proprio su di lui e mi piace il modo in cui l'ha fatto, perchè giudicarlo è stato facile - e nessuno vuole negare che ha commesso degli sbagli - ma abbiamo dimenticato che anche lui è stato una vittima, in questa storia.
Leggete la versione originale se potete, in ogni caso ho voluto tradurla perchè mi sembra giusto che la sua visione delle cose - secondo me molto coerente - venga diffusa il più possibile.

One day at a time 
  By gray-autmn-sky



Regina si ferma sull’ uscio della porta, sorridendo malinconicamente mentre osserva la scena tra Henry e Robin. Non riesce a sentire cosa si dicono, ma ha una buona visuale e può notare il modo in cui Robin sta guardando suo figlio. I suoi occhi sono dolci e il suo sorriso sincero, mentre raggiunge Henry e gli circonda le spalle. Sente il respiro fermarsi nella gola quando Henry si protende verso Robin e lo abbraccia, e lui ricambia.

Restano così per un momento troppo breve prima che Henry si tiri indietro e scivoli via dal bordo del letto. Lei si nasconde nell’ombra, per lasciar loro quel momento da soli.

Non ci sono state molte opportunità per Robin ed Henry di conoscersi l’un l’altro, di creare un rapporto – tra maledizioni e perdite di memoria, l’inganno di Zelena e ora questa nuova missione per trovare Merlino, hanno avuto poco tempo per stare assieme, per essere una famiglia, solo una famiglia. Ma in qualche modo è successo lo stesso, e lei è grata per questo.

Aspetta fino a quando Henry non scompare in fondo al corridoio prima di apparire, avanzando nella loro camera da letto nel castello di Artù. All’inizio Robin non la nota e ha uno sguardo spento negli occhi – preoccupato e forse anche sofferente. Il pavimento scricchiola e lui si gira, sorridendo mentre lei entra nel suo campo visivo.
“Per che cos’era quello?” Gli chiede, sedendosi sul bordo del letto accanto a lui, appoggiando la mano sulla sua coscia “Sembrava.. piuttosto intenso!”

Un sorriso incrina le labbra di Robin “Ci stavi spiando?”

“No!” Ridacchia. Rotea gli occhi e allora sorride maliziosamente “Ok, si!”

Lui ride “Saresti semplicemente potuta entrare!”

“Non volevo interrompervi!” Strofina la mano sulla gamba di lui “Mi piace che stiate legando così!”

A queste parole Robin sorride “E’ un bravo ragazzo!”

“Si, lo è.” Concorda Regina.

Robin prende un respiro e per una frazione di secondo quello sguardo preoccupato, quasi desolato, ritorna. “Lui.. voleva scusarsi.” Inizia “Per aver aiutato Hook a far scappare Zelena.” Regina inclina la testa, in qualche modo sorpresa “Ha detto che non stava pensando ad altro che ad aiutare Emma. E’ stato solo quando lei è scappata che ha pensato alle.. altre conseguenze.”

“Visione a tunnel, un'altra meravigliosa caratteristica che ha ereditato da me.” Fa una smorfia “Mi dispiace. Sai, hai tutto il diritto di essere arrabbiato per quello che ha fatto.”

“Ma non lo sono.” Risponde Robin con un sospiro. Intanto lei osserva come le dita di lui si allacciano alle sue “Henry è solo un tredicenne con una vena impulsiva, indipendente e un po’ avventata, e un debole per l’eroismo.” Sorride “Vuoi sapere cos’altro ha detto?”

“Voglio saperlo?”

“Mi ha detto che, anche se pensava che Zelena fosse pericolosa e avrebbe provato a fare qualcosa di brutto, lui sapeva che tu saresti stata in grado di fermarla.”

Lei sentì un piccolo sorriso incurvarle gli angoli della bocca “Ha detto così?”

“Si!” Le rispose, mentre si portava il suo palmo alle labbra “Lui crede in te con tutto il cuore. Proprio come ci credo io.”

C’è un'altra lunga pausa e ancora una volta, in quel silenzio, quello sguardo riempie i suoi occhi. Regina lo osserva mentre si lascia andare sui cuscini e sospira pesantemente. Si chiede cosa sta pensando, cosa sta provando, cosa sta vivendo.

“Robin..” Dice dolcemente mentre si avvicina a lui, facendo scorrere le dita contro la sua guancia “Hey.. che cos’hai?”

I suoi occhi si aprono e di nuovo lo sguardo preoccupato scompare. Si rilassa sotto il suo tocco, sporgendosi un po’ verso di lei. Regina odia non poter sistemare tutto ciò – non poter cancellare il suo dolore. Ma la rincuora sapere di poterlo almeno lenire e rendergli le cose un po’ più semplici.

L’uomo scuote la testa, ma lei gli fa girare il viso, costringendolo a guardarla “Lascia che ti aiuti, lasciami starti accanto!”

“Tu mi stai già accanto.”

Regina sorride dolcemente, esitando per un momento, una parte di lei si chiede se lui la terrà fuori da questa parte della sua vita. Non vuole parlarne. Lei si rende conto che è probabilmente una questione di giorni, che sta ancora cercando di venire a patti con ciò che è successo, che la renderà partecipe quando sarà pronto. Ma vuole che lui sappia che lei c’è, per lui. Prende un respiro profondo e prova a cambiare l’impostazione del discorso “Quando siamo andati a fare quella passeggiata.. credevo che la nostra serata avrebbe preso una piega diversa.”

“Tipo?” Ridacchia, anche se c’è ancora un po’ di sofferenza nei suoi occhi “Intendi che non immaginavi che saremmo stati risucchiati in un altro mondo, in cerca di un potente mago?”

“Non proprio!” Inizia con un leggero sorriso “Mi immaginavo che saremmo tornati da Granny’s, avremmo preso i ragazzi e saremmo andati a casa. Magari avremmo mangiato gelato e non ci sarebbero stati cattivi da sconfiggere o maledizioni da spezzare, solo noi quattro, insieme.” Fa una pausa, passandogli una mano tra i capelli “E Zelena sarebbe stata in prigione, dove non avrebbe potuto farti di nuovo del male.”

E’ solo un attimo e, alla menzione del nome di Zelena, quello sguardo ritorna. E le spezza il cuore.

“Per favore, non tenermi fuori..” Sussurra di nuovo “Non devi avere a che fare con tutto questo da solo.”

Lui esita un momento e poi annuisce. Può vederlo alle prese con i suoi pensieri, mentre volta il viso nella sua mano e le bacia il palmo “Continuo a pensare a come.. A come sono stato assieme a lei e..  e non avevo idea che..” I suoi occhi incontrano quelli di lei “Non ho mai sentito tutta questa rabbia e tutto questo disgusto che sento ogni volta che la guardo o che sento la sua voce.. e questo mi fa sentire.. questa rabbia.. mi rende..”

La sua voce trema e distoglie lo guardo. Regina vede la sua mascella irrigidirsi, e le si stringe il cuore. Forse tutto questo è stato un errore “Va tutto bene, non devi..”

 Robin la guarda “Mi fa sentire piccolo..”

“Che cosa?”

“Vederla, ascoltarla mentre si fa beffe di me.. Mi fa sentire piccolo e impotente, e..” Lascia andare un sospiro pesante e Regina sente il suo stesso respiro mancare “Ho paura che non amerò il bambino che porta in grembo!”

“Robin.” Lo interrompe Regina “Sei un padre meraviglioso!”

 “Per Roland…”

“E per Henry” Aggiunge lei con un sorriso “Lui non ha mai avuto una figura paterna nella sua vita, e avere te accanto significa tanto per lui.” Fa una pausa “Questo bambino è fortunato ad averti!”

“Forse.”

“Robin, sei premuroso e generoso, e sei un padre naturale. Essere padre non è qualcosa che fai, è qualcosa che sei. E tu lo sei. Saresti rimasto a New York per questo bambino!”

“Perché mi sentivo obbligato, non perché sentivo amore!” Ammette tranquillamente, abbassando lo sguardo mentre inspira profondamente “E se ogni volta che lo guarderò, vedrò sua madre? Se ogni volta che lo guarderò, proverò la rabbia e il disgusto che provo quando vedo sua madre?”

Regina deglutisce “Hai visto me. Non mi hai mai vista come la Regina Cattiva. Non hai mai visto cattiveria in me, tu riesci sempre a vedere il buono.”
“E’ diverso.”

“Davvero?” Chiede, abbassando la testa per cercare di continuare a mantenere il suo sguardo “Io non credo. Credo che tu non ti stia dando abbastanza credito.” Robin aggrotta la fronte “Abbiamo tutto il tempo per risolverlo, per capire come dobbiamo gestire tutto questo. Zelena potrebbe aver controllato una piccola parte del nostro passato, ma non controllerà il nostro futuro”. Delicatamente, lei sorride e lo guarda, sicura che quello che ha appena detto non siano solo parole di conforto e pensieri positivi. Lo conosce e conosce il suo cuore, e sa che al di là di tutto il loro amore è vero e può attraversare qualsiasi cosa “Dobbiamo solo prendere le cose un pò alla volta.”

Lui si alza così da ritrovarsi faccia a faccia con lei, e nonostante l’argomento doloroso della loro conversazione, le sorride “E’ qualcosa che possiamo superare, insieme.” Prende un respiro intenso e chiude gli occhi per un momento, lasciando sfiorare le loro fronti, come se stesse cercando di attingere dalla sua forza, dalla sua sicurezza.

Si stacca da lei e nei suoi occhi c’è una calma che prima non c’era “Sai..” inizia, mantenendo un tono di voce morbido “In qualche modo, sono grato che Zelena sia scappata.”

Le sue sopracciglia si aggrottano “Ah si?”

Robin annuisce, sposandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio “Perché adesso so che non potrà mai mettersi tra noi due.” Fa una pausa “Regina, mi sentivo così uno stupido prima – Ho vissuto con lei per mesi, ogni notte ho dormito accanto a lei, e mi sono lasciato ingannare.”

“Tu non sapevi..”

“E’ proprio questo, non sapevo.” Sorride, gentilmente “Ma non potrà farlo di nuovo.”

“No, con quel bracciale non può.”

“Non intendo questo” Le dice, scuotendo la testa mentre continua a sorridere “Vedi, quando è venuta a casa dei Charming, non è venuta con le sue sembianze.” Regina sussulta, ricordandosi in quel momento della collana che Zelena aveva usato per aprire il portale “E’ venuta con le tue.”

“Si è trasformata di nuovo?”

“Si!” Conferma Robin.

Regina sente la mascella irrigidirsi, odia l’idea che Zelena possa usarla per ferire le persone che ama, ma lo lascia continuare perché c’è sollievo nei suoi occhi, un sollievo che non aveva visto dalla notte in cui Zelena era tornata a Storybrooke nel corpo di Marian e aveva messo sotto sopra le loro vite.

“Ma vedi, sono felice che l’abbia fatto perché ora so che non può prendermi in giro di nuovo, che non potrà allontanarci come ha fatto una volta, e questo è talmente rassicurante..”

“Come fai a esserne certo?” Gli chiede Regina, che non desidera niente di più che le sue parole siano vere.

“L’ho baciata – L’ho baciata pensando che fossi tu e..” Sorride, scrollando le spalle “E appena le mie labbra hanno sfiorato le sue, lo sapevo. Poteva avere il tuo aspetto, la tua voce, ma non era come te.” Regina sente il suo respiro fermarsi e non può fare a meno di sorridere “Era così ovvio che non fossi tu.”

“Come?” Sente il suo cuore gonfiarsi e le guance arrossarsi un po’ “Come facevi a saperlo?”

“Era facile.” Le dice, un sorriso sulle labbra “So come un’ anima gemella ti fa sentire, e non era così.” Questa volta lei arrossisce, incapace di nasconderlo. Il suo sguardo si abbassa e la sua testa cede in avanti. A volte l’amore che lui le dimostra ancora la coglie alla sprovvista. Sente la punta delle sue dita sollevarle il mento e gli occhi si spostano verso l'alto per incontrare i suoi. "E questo non cancella il dolore del passato, ma mi fa andare avanti molto più facilmente, perché ora so che non importa quanto ci provi, non sarà mai in grado di separarci, non di nuovo."

C'è una lunga pausa, mentre lei incamera e fa i conti con quelle parole. C'era stato un tempo in cui credeva che nessuno l'avrebbe amata, soprattutto non nel modo in cui lui la ama, così a pieno, con tutta l’ anima. E anche quando sapeva che lui l’amasse, quando ancora non erano stati in grado di dirsele quelle parole, non aveva mai creduto che avrebbe scelto lei. E c'era stato un tempo ancora più lungo in cui non credeva di essere capace di amore. Eppure, di volta in volta, lui le aveva dimostrato che si sbagliava e le aveva fatto credere non solo in loro, ma in se stessa.

Fa scivolare la mano sulla guancia, accarezzando la sua pelle ispida, "Ti amo. Lo sai questo, vero?”

Il suo sorriso è istantaneo, e la sua risposta arriva velocemente e con faciltà “Lo so, Regina. Lo so da tanto tempo.” Si protende verso di lei e preme le labbra sulla sua fronte. La sua mano scivola alla base del collo e lei esala un respiro che non aveva nemmeno realizzato di star trattenendo. “E, Regina.” I loro occhi si incontrano e il cuore di lei ricomincia a battere naturalmente “Ti amo anche io- E sono tanto, tanto fortunato ad avere il tuo amore e il tuo supporto, ad averti al mio fianco- Perché per quanto possa essere difficile accettare quello che è successo in questi mesi, avere te, avere il tuo amore, rende molto più semplice guardare avanti invece che indietro.”

Regina sente una lacrima calda scivolarle sul viso – c’è così tanto che vorrebbe dire, che vorrebbe dirgli. Ma in quel momento non riesce a trovare le parole e tutto ciò che le viene in mente sembra troppo poco. Il suo cuore si scalda al pensiero di poter alleviare i suoi tormenti, di poter rendere la preoccupazione e la rabbia più semplici da gestire e di poterlo aiutare a vivere il presente, a pensare al futuro e a lasciare andare il passato. Lui le ha dato così tanto – l’amore che non credeva che avrebbe avuto, la famiglia che non si era nemmeno permessa di sognare, il supporto e la fiducia che nessuno era mai stato disposto a darle – ed è grata di avere la possibilità di fare lo stesso per lui.

Si sporge verso di lui, e facendo sfiorare le loro bocche, chiude gli occhi e sorride prima che le sue labbra si posino su quelle di lui, tirandole delicatamente fra le sue e baciandolo dolcemente. Lui la attira verso di lui e lei si sente afferrare e stringere con forza. La loro vita insieme è tutt'altro che perfetta, ma in quel momento le sembra quasi che lo sia.

Robin interrompe il bacio solo per il tempo di mormorare un tranquillo grazie- e anche se la parola è piuttosto semplice, significa tanto per entrambi. Lei sorride e annuisce mentre lui la tira di nuovo verso di lui, ricordandole ancora una volta come un anima gemella dovrebbe farti sentire.

Sa che non è finita, che questo è solo una delle tante discussioni che avranno riguardo Zelena e il dolore che quella donna ha causato, e spera che lui continuerà a confidarsi con lei, a prendere da lei la forza ed andare avanti, prendendo le cose un po’ alla volta.

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Capitolo 14
*** Dreamcatcher [Missing Moment #5x05] ***


E' semplicemente come ho immaginato le cose dopo l'episodio 'Dreamcatcher', quando Regina ha quella discussione con Emma sull'uscio di casa che si conclude con una porta sbattuta in faccia.
Insomma, in casa c'erano Robin ed Henry e probabilmente anche Roland.. che gli costava farceli vedere tutti almeno due secondi? 
Ma visto che siamo il fandom maiunagioia ci dobbiamo arrangiare da soli..
buona lettura! <3 




Chiude la porta con un movimento secco, lasciando fuori Emma e tutta la discussione che hanno appena avuto.
Le dita delle mani le formicolano per la rabbia, sente la magia agitarsi dentro di lei, la stessa magia che per tanto tempo è stata alimentata proprio dalla rabbia ma che adesso non può aiutarla, perché neanche fare un cuore a pezzi servirebbe a rimediare a quello che è accaduto. Encora una volta, c’è la spaventosa consapevolezza che quella situazione le sta sempre più sfuggendo di mano.
Si era immaginata tante cose, da quando si erano ritrovati a Storybrooke senza alcun ricordo di cosa fosse successo a Camelot, aveva pensato a tantissimi motivi che potessero aver portato Emma a cedere all’oscurità e si era giurata che avrebbe tollerato tutto.
Del resto aveva messo in conto che la figlia di Biancaneve - la madre biologica di Henry – avrebbe potuto trovare mille modi per ferirla, e si era ripromessa che non si sarebbe arresa, che avrebbe dimostrato di poter ripagare il gesto che quella donna aveva compiuto.
Ma ferire Henry, spezzare il cuore di loro figlio, è qualcosa che supera ogni aspettativa.
E nonostante voglia disperatamente giustificarla, questa volta non ci riesce, perché lei sa bene come ci si sente ad essere traditi in quel modo dalla propria madre e non può nemmeno lontanamente accettare che Henry viva lo stesso dolore che ha vissuto lei.
Non riesce a sopportarlo, e detesta non avere gli altri ricordi.
Vuole sapere se poi quella ragazzina ha davvero spezzato il cuore ad Henry, se è stata in grado di lenire il dolore di suo figlio.
Ma non lo sa, e non si può trovare soluzione a un problema che non si conosce.
 
Torna nel salone e trova Robin sul divano, lo sguardo distrattamente rivolto a Roland, che gioca sul tappeto con dei vecchi lego di Henry, concentrato e ignaro di tutto quello che sta accadendo accanto a lui.
E’ un immagine così calda e familiare che le basterebbe per dimenticare ogni preoccupazione, se solo non fosse per l’assenza di una persona indispensabile a completare quel quadro.
Henry si è chiuso in camera dopo aver assistito a quella scena nell’acchiappasogni, è non si è fatto né vedere né sentire per un’ora buona, e Regina ha preferito lasciargli il tempo di metabolizzare, lottando contro l’impulso di correre a confortarlo. Ha provato a distrarsi Roland, giocando con lui fino a quando Robin non è apparso dalla cucina portando su un vassoio due tazze di cioccolata calda, con l’intenzione di portarne una ad Henry. Era ancora in attesa del suo ritorno quando Emma aveva bussato alla sua porta.
I loro occhi si incontrano e Regina ha un solo pensiero “Sei riuscito a parlargli?”
Robin scuote la testa, dispiaciuto “No, mi ha chiesto di lasciare la tazza sulla scrivania e ho preferito non forzarlo. Credo che abbia bisogno di te, adesso.”
Lei annuisce, non c’è nulla di più che voglia in questo momento che assicurarsi che suo figlio stia bene “Vado subito!”
Si è già voltata per raggiungere le scale quando Robin parla di nuovo “Ma non adesso, non puoi essergli d’aiuto se prima non ti calmi tu..”
Regina si gira verso di lui, alza le spalle ma il suo corpo è rigido “Sono calma!”
Lo sguardo scettico di Robin non ha bisogno di chiarimenti, non la contraddice ma sa che non è vero “Era Emma alla porta, vero?”
Allora Regina si arrende, fa una smorfia e sospira, andandosi a sedere sul bracciolo del divano “Voleva pure vederlo, che faccia tosta! Dopo quello che ha fatto..”
“Ne avete parlato?” Chiede lui. Vuole capire, prima di esprimere la sua opinione.
La donna non perde tempo nemmeno ad annuire, arriva dritta al punto, a quello che l’ha colpita più di tutte le cose che si sono dette, perché le ha sentite fin troppe volte quelle parole “Lo sai cosa mi ha detto? Che l’ha fatto per il suo bene..” Si lascia andare a una risata nervosa “E’ la stessa giustificazione che mi diede mia madre quando ha ucciso Daniel!”
Robin rimane un attimo in silenzio prima di rispondere, come a voler trovare le parole. Sa che questo è un tasto delicato per Regina, e non vuole ferirla o innervosirla, ma non condivide a pieno quelle parole e non può fare a meno di farglielo notare “Regina, so che sei arrabbiata, e hai ragione” Inizia, lentamente, come a voler sondare il terreno “Ma Emma non è Cora, lo sai no?”
Come previsto, lei scatta subito sulla difensiva “Che vorresti dire? Che mi sto facendo condizionare?”
Se lo aspettava, lui. Ma non rimpiange di essere stato sincero, è convinto di esprimerle più rispetto così che non assecondandola come se fosse una bambina piccola o una pazza. Regina ha tutto il diritto di non essere totalmente lucida sull’argomento, ma ha anche il diritto che qualcuno l’aiuti a ragionare, e spetta a lui questo compito “No, solo che hai i tuoi motivi per essere particolarmente toccata da quello che è successo ma non dovresti paragonare il gesto di Emma a..allo schifo che ti ha fatto tua madre. Lei non ha ucciso quella ragazza..”
Nemmeno a lui è piaciuto ciò che ha visto, ma Cora – conosce la storia di Regina e quanto spregevole e crudele sia stata sua madre – ed è convinto che nessun’altro possa arrivare a tanto, a distruggere volontariamente la vita del proprio figlio come ha fatto quella donna, tantomeno Emma Swan.
Regina non risponde subito, sa che lui ha ragione, Emma non ha distrutto il cuore della ragazza e non sembrava averne l’intenzione, da quello che l’acchiappasogni ha mostrato. Ma questo non riesce a rendere la cosa più digeribile “Questo no, ma ha comunque lasciato che facesse soffrire Henry. Anzi, gliel’ha ordinato lei!”
“Non sappiamo come siano andate le cose, forse davvero non aveva altra scelta!”
Lei annuisce, ma sembra rassegnata, e il disappunto è evidente sul suo viso “La stai difendendo, Robin. Da che parte stai?”
Robin scuote la testa, sospirando, quando si accorge che la discussione sta prendendo proprio la piega che lui non voleva prendesse “Regina, ti prego, non iniziamo con questa cosa delle parti. Sai che sono con te, sono sempre con te, ma qui non si tratta di prendere una posizione, non c’è qualcuno che deve vincere e qualcuno che deve perdere, il punto è salvare Emma, è su questo che dobbiamo rimanere concentrati!”
“E’ quello che sto cercando di fare, Robin!” Sbotta lei, incrociando le braccia. Getta un occhiata veloce a Roland per assicurarsi che non li stia ascoltando, non vuole turbare  anche lui “Ma è difficile, e lei non ci aiuta!”
“Lo so, è per questo che non dobbiamo mollare..” Robin allunga un braccio verso di lei, che quindi si sposta dal bracciolo al cuscino del divano. Lui le prende entrambi le mani e le accarezza teneramente i polsi “Durante l’anno dimenticato, te lo ricordi quante volte mi hai risposto male, quante volte sei stata brusca con me, quante volte hai cercato di allontanarmi e di respingermi?”
Nonostante lo stato d’animo, Regina non può fare a meno di sorridere al ricordo di quei mesi, all’epoca il dolore per la mancanza di Henry le dilaniava l’animo ma ora che ha ritrovato suo figlio non le sembrano più così terribili e ripensa con piacere ai suoi primi momenti con Robin e con Roland “Sono stata insopportabile, lo so!”
Sorride anche lui, per lo stesso motivo “Si, lo sei stata. Ma in qualche modo sapevo che non era tutto, avevo visto la vera te quando avevi salvato Roland ed era quella la donna che volevo, e l’ho cercata sotto quel mantello di freddezza e cinismo e alla fine l’ho trovata. Se mi fossi arreso, se mi fossi limitato a vederti come.. come la Regina Cattiva, come facevano gli altri.. non avrei mai avuto il privilegio di conoscere la donna meravigliosa che sei.”  
Il sorriso della donna diventa più ampio, più luminoso, mentre allunga una mano per accarezzargli il viso coperto da un sottile strato di barba. Quelle parole le riscaldano l’animo, potrà sentirglielo dire ancora un milione di volte ma non si abituerà mai a quel senso di felicità dato dalla consapevolezza di come lui la vede. Avvicina la testa a quella di lui e fa sfiorare le loro fronti, lo bacia e lui risponde a quel contatto, poi le sorride e gli prende il viso tra le mani per posarle un altro bacio sulle labbra.
 “La vera Emma non è questa, la vera Emma è la donna che ti ha liberata da quel vortice e che mi ha permesso di non perderti un'altra volta” Le dice, continuando a tenerle il viso e a guardarla negli occhi “Salvando te ha salvato anche me e io le sono in debito per questo, e me lo ripeto ogni volta che penso a lei come il Signore Oscuro. Non potrò mai ringraziarla abbastanza per averci concesso di restare insieme.”
Regina gli avvolge le braccia attorno al collo e poggia il mento sulla sua spalla, stringendolo e lasciandosi stringere. Invidia questo aspetto del carattere di Robin, la sua capacità di trovare sempre il lato positivo di ogni situazione, il suo essere sempre fiducioso e ottimista. E’ praticamente l’opposto di lei, in questo. “Non sono tutti bravi come te a vedere il buono nelle persone, lo sai?”Gli sussurra, in un orecchio.
“Ma tu lo vedi in Emma” Replica lui con sicurezza, iniziando ad accarezzarle i capelli sciolti “Puoi ingannare tutti gli altri con il tuo atteggiamento da donna di ghiaccio, ma non me. So perfettamente che ci tieni a lei e so che questa situazione ti fa soffrire più di quanto vuoi mostrare..”
Lei sospira, non è sorpresa da quelle parole, è consapevole di essere piuttosto trasparente per Robin.
E l’idea, che un tempo l’avrebbe spaventata, adesso la conforta.
Si stacca da quell’abbraccio ma solo per appoggiare la testa sul suo petto, mentre con il resto del corpo si stende sul divano e piega le gambe in posizione fetale. Ora che Robin ha fatto scemare la rabbia inizia a sopraggiungere l’impotenza, quella situazione pesa su di lei come un macigno sulla schiena e la fa sentire così stanca.
“La verità è che è tutta colpa mia.” Sussurra, chiudendo gli occhi.
“Abbiamo affrontato questo discorso già un milione di volte..” Risponde pazientemente Robin, circondandole il corpo con il braccio fino a far incontrare di nuovo le loro mani “Non è colpa tua!”
“L’hai detto anche tu, che sei in debito con lei. Parliamoci chiaro, Emma è in questa situazione perché l’ha evitata a me, solo per questo.”
“Questo ci fa essere in debito con lei, ma non ti rende colpevole, e comunque le cose non sarebbero andate meglio se fossi stata tu il Signore Oscuro, avremmo comunque dovuto fare quello che stiamo facendo adesso per liberarti. Te l’ho detto, stiamo combattendo tutti la stessa battaglia.”
Lei non risponde. Un paio di volte se lo è domandata come sarebbe stato se l’oscurità avesse preso lei.
Gli altri avrebbero fatto quello che stavano facendo adesso per Emma? Robin ed Henry probabilmente, forse Emma, ma David e Snow? Belle? Il pirata? I nani?
Una piccola parte di lei non riesce a non pensare che forse non ne sarebbe valsa la pena.
Non per l’ex Regina Cattiva.
“R’gina?” Una vocina la distrae dai suoi pensieri e alza gli occhi, incrociando lo sguardo di Roland. E’ la personificazione della tenerezza con i capelli scompigliati e il suo pigiama con i dinosauri e non può fare a meno di sorridergli.
“Che c’è, tesoro?” Gli domanda, mentre si rilassa alla sensazione delle dita di Robin tra i suoi capelli.
“Sei triste?”
Roland è un bambino molto più attento e perspicace degli altri della sua età e l’ha dimostrato in diverse occasioni, e Regina non si stupisce più di come riesca a cogliere i suoi stati d’animo. Era una cosa che faceva sempre anche nella foresta incantata, all’inizio mentiva ma poi aveva capito che parlargli sinceramente era più facile che ingannarlo. “Solo un pò, ma sai una cosa? Scommetto che se mi dai un bacino mi passa!”
Roland sorride, entusiasta di poter essere d’aiuto e si china su di lei per schioccarle un bacio sulla guancia “E’ passato?” Domanda, e aspetta con ansia la risposta.
“Va molto meglio adesso, grazie!” Regina gli prende una manina e gliela bacia, mentre si solleva un po’ – senza staccarsi però dal calore dell’abbraccio di Robin “E tu, hai sonno?”
Il bambino annuisce, stropicciandosi gli occhi con i pugni “Mi porti da Henry?”
Regina esita un attimo ed è Robin a rispondere “Stasera è un po’ diverso, Regina ha bisogno di parlare un po’ da sola con Henry, quindi che ne pensi  se io e te ci avviamo in camera da letto e l’aspettiamo?”
“Nel letto grande?” Domanda Roland con entusiasmo.
“Nel letto grande!” Gli conferma Regina, alzandosi a malincuore dal divano assieme a Robin, che prende in braccio il figlio e si avvia verso le scale.
Regina spegne le luci con un movimento della mano – solitamente non usa la magia a casa, ma ora questioni più urgenti richiedono la sua attenzione – e segue Robin al piano di sopra.
 
Roland inizia a saltare sul materasso non appena ci si ritrova sopra, e smette solo quando Regina ha già tirato via le coperte e il padre lo invita a infilarcisi sotto.
“Papà, stai vicino a me?”
“Arrivo subito scimmietta!” Lo rassicura il padre, prima di raggiungere Regina che è già quasi fuori la porta  “Ehi, amore!” Le afferra un braccio e si mette davanti a lei, accarezzandole il viso “Sono certo che qualsiasi cosa abbia fatto quella ragazzina per spezzargli il cuore, tu avrai sicuramente trovato il modo di rimettere a posto i pezzi.”
“Lo spero, il solo pensiero che lui soffra..”
Robin non le lascia finire la frase “Lo so, ma non devi preoccuparti troppo per lui. Anche questa storia di Emma, è stata un brutto colpo  ma ha la sua famiglia accanto, questo lo aiuterà!”
Lei lo guarda negli occhi, ha bisogno di una risposta sincera alla domanda che sta per porgli “Basterà?”
“Sei sua madre, certo che basterà. Finchè ha te niente lo può spezzare!” Le bacia la fronte e la abbraccia un ultima volta, prima di lasciarla andare.
Era quello che voleva sentire, ed è più tranquilla mentre percorre il corridoio che conduce alla cameretta di Henry.
Forse è così, forse deve solo fargli sapere che è lì, che tutti loro sono lì.
Del resto anche a lei – da quando sa di avere Robin e i ragazzi accanto – gli ostacoli sembrano essere diventati un po’ più semplici da affrontare, ed Henry si è appoggiato tanto ad Emma e ai Charming, in passato quando erano iniziati i problemi nel loro rapporto.
Adesso può essere il contrario, può essere lei il conforto di Henry, assieme a Robin e a Roland possono fare quello che fa una famiglia normale.
E lei deve solo fare la madre.
 
La sveglia sul comodino riporta le 2.37 quando Robin apre gli occhi. E’ ancora vestito, Roland dorme rannicchiato accanto a lui e il posto di Regina è ancora vuoto.
Si alza facendo attenzione a non svegliare il bambino, cammina fino alla stanza di Robin da cui proviene ancora una luce soffusa, e quando apre la porta un sorriso gli sorge spontaneo sul viso. Madre e figlio sono entrambi addormentati, accoccolati l’uno contro l’altro, anche loro con gli abiti del giorno prima ma entrambi a piedi scalzi. Sembrano sereni, non c’è traccia di preoccupazione sui loro visi e a lui non va di disturbarli. Afferra una coperta dalla sedia dietro la scrivania e la stende sui loro corpi, spegne la luce e torna in camera da letto, da Roland. Per stanotte farà a meno del corpo di Regina addormentato contro il suo, per stanotte c’è qualcuno che ne ha più bisogno di lui. Tanto hanno tutta la vita per dormire insieme.
 
 
 

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Capitolo 15
*** Talking It Out ***


Un'altra traduzione, di un'altra deliziosa shot che ho trovato su tumblr e che ho tradotto con piacere perchè lo spazio che stanno dedicando a Robin e Regina è sempre più poco, e la nascita del bambino si avvicina e ancora non li abbiamo visti affrontare veramente quello che gli sta capitando.
Per fortuna ci pensano i fan, a rimediare, offrendoci quelle che potrebbero essere scene mai mandate in onda.
Questa si colloca nell'episodio che vedremo domenica, ed è stata ispirata dalle stills degli eroi legati agli alberi nella foresta.
Che sia il momento buono per un confronto?



Poteva leggergliela negli occhi, la frustrazione. Filtrava da ogni poro del suo viso mentre si contorceva e lottava contro le funi che la incatenavano all’albero davanti a lui.
Avrebbe voluto dirle che era inutile, ma sapeva che sarebbe solo uno spreco di tempo. Erano stati lì per ore da quando Merlino era stato intrappolato sotto il controllo di Arthur. Li aveva mandati da qualche parte nel profondo della foresta, cosa che normalmente avrebbe fatto Robin sentire al sicuro, se non fosse stato per il fatto che quelli non erano i suoi boschi. Non li conosceva e non era così sicuro di potervi scappare, anche se fosse riuscito a liberarsi dalle corde che lo intrappolavano dolorosamente contro l’albero. Non si era mai sentito così inutile in tutta la sua vita. Tutto quello che poteva fare era fissare davanti a lui la sua anima gemella ugualmente intrappolata. I suoi capelli scuri oscillavano contro le spalle e un altro ringhio scappò dalla sua bocca mentre tentava inutilmente di torcere le spalle sotto la corda.
“Regina” Disse, gentilmente “Devi smetterla, non funziona.”
La disperazione colorò i suoi occhi mentre lo guardava, senza fiato “Lo so, Robin. Ma i nostri figli sono ancora là fuori e la loro unica protezione è un lupo di 65 anni che non ha neanche una vista decente, figuriamoci prendere una mira. Quindi se lottare contro queste corde è l’unico modo che ho per aiutarli allora immagino che dovrò continuare a farlo!”
“Granny li terrà al sicuro!” Rispose Robin, fiducioso “Può fiutare il pericolo a miglia di distanza, lo sai.”
In tutta onestà, la sicurezza di Henry e Robin pesava nei pensieri di Robin da quando erano stati catturati ma sapeva che avrebbe solo aumentato la preoccupazione di Regina se gliel’avesse detto. Doveva credere che Granny sarebbe stata in grado di tenerli al sicuro. Non voleva neanche pensare alle alternative.
Regina si appoggiò al tronco dell’albero con un respiro tremante “Sono davvero un’idiota!”
Lui la guardò confuso “Regina..”
“Io l’ho portata qui!” Rispose, stancamente “E’ stata una mia scelta portarla, ed è stata una mia scelta lasciarle mettere in atto il suo piano. Avrei dovuto sapere che ci avrebbe fregati alla prima occasione, sono stata una stupida a credere di avere il controllo su di lei dopo tutto quello che ha fatto!”
Robin sentì un mattone di senso di colpa scendergli dritto nello stomaco, guardandola sbattere gli occhi contro le lacrime e la frustrazione “Mi dispiace!”
Lei lo fissò con gli occhi colmi di confusione.
“Mi dispiace che lei sia ancora nelle nostre vite per colpa mia.” Sospirò solennemente “Ero così concentrato sul mio onore che non sono stato in grado di smascherare il suo inganno.”
Regina chiuse gli occhi e scosse la testa, dolorosamente “Oh, per favore Robin no. Non adesso..”
“Perché non adesso?” Rispose alzando le spalle quel tanto che poteva con le corde “Lo eviti ogni volta che cerco di tirare fuori l’argomento. Ogni volta che provo a parlarne tu mi distrai, o scappi o trovi qualche scusa per non dirmi una parola. Quindi perché non adesso?”
Lei guardò in un'altra direzione sospirando. Era vero che alla tavola calda gli aveva detto che avrebbero trovato un modo per affrontare la situazione insieme, ma le cose erano andate troppo velocemente da allora. Emma era diventata il signore oscuro e loro si erano precipitati a Camelot per salvarla. Ogni volta che Robin l’avvicinava per parlare della questione del bambino lei sentiva come un blocco di cemento sul petto. Non voleva affrontarlo. Non ancora, almeno.
Robin sospirò pesantemente contro l’albero mentre sussurrava quelle sei parole che l’avevano tormentato per settimane “Vorrei che fossi tu..”
“Cosa?”
“Vorrei che fossi tu a portare in grembo mio figlio.” Rivelò con aria colpevole “L’ho desiderato dal momento in cui ho scoperto di questo bambino e mi odio per questo. Mi odio per non essere in grado di pensare a mio figlio senza pensare ai modi in cui avrei potuto impedire la sua esistenza o cambiare le cose in qualche modo. Ogni volta che ci penso tutto quello a cui riesco a pensare è a quanto vorrei che fosse tuo e non suo.”
Quelle parole erano un pugno nello stomaco e lei non poteva che rispondere che con il silenzio.
Lui aggrottò le sopracciglia “Potresti dirmi qualcosa, per favore?”
Ancora una volta lei sfuggì al tuo sguardo “Cosa vuoi che ti dica Robin? Che non sto male per quello che è successo? Che questa situazione è semplice per me? Che vedere lei darti l’unica cosa che non posso darti io non mi strazi? Perché lo fa!”
La corteccia dell’albero le punse la schiena mentre prendeva un respiro profondo per tenere sotto controllo le emozioni “Ogni singolo giorno, da quando ho saputo di questo bambino, ho desiderato di essere la persona che te lo stava dando. Credevo che tu avresti potuto avere questo bambino ed essere felice e non sentirti in colpa, che io avrei potuto cancellare un po’ del tuo dolore per quello che ti è successo a New York ma.. non ci riesco. La situazione in cui siamo è dolorosa.. per entrambi. E io sto cercando di tenere a freno tutti i miei istinti e concentrarmi sui sentimenti positivi e non quelli negativi finchè non sarà finita.”
“Ma non finirà mai, Regina” Sottolineò Robin “Questo bambino è per sempre. Mi hai raccontato di come crescere Snow ti abbia distrutto. Come vederla ogni giorno e ricordare e cosa ti aveva fatto ti ha tormentato fino a farti impazzire. Ho paura che quando ti porterò questo bambino e te lo metterò tra le braccia tutto ciò che proverai è il dolore che ti ho causato più e più volte e non è quello che voglio.”
Lei sospirò pesantemente a quelle parole e lui la guardò con gli occhi pieni di lacrime “Se volessi lasciar perdere.. io capirei.”
I suoi occhi si spalancarono “Che?”
“Se tutto questo è troppo difficile per te.. puoi lasciarmi.” Ripetè tristemente, fissando il suolo della foresta “Non sarei arrabbiato, non potrei biasimarti. Capirei..”
Lei lo fissò serrando la mascella “Sei un idiota!”
Lui notò la scintilla di rabbia nei suoi occhi e non rispose.
“Pensi che ti lascerei?” Sputò allora Regina, con rabbia “Robin io ti amo! Amo ogni parte di te e questo significa che non ho intenzione di andare da nessuna parte. Pensi che non possa amare tuo figlio? Lo amo già! Ed è questo che mi spaventa!”
“Perché ti spaventa?”
“Perché qualcosa che amo è.. è nelle mani di qualcuno che non vuole fare altro che farmi del male.” Rispose disperatamente “Ogni volta che penso a tutto il potere che ha adesso per ferirci quasi desidero che fosse stata la vera Marian ad attraversare il portale, almeno adesso non sarei così terrorizzata dall’idea che possa fare del male al bambino o scappare con lui o dio solo sa cos’altro!”
I timori di Regina si riversavano dalla sua bocca come un fiume su una scogliera e dovette prendere un respiro profondo per calmarsi. «Dicevo davvero quel giorno all’ospedale. Non voglio stare più essere d’ostacolo alla mia felicità. Tutto quello che desidero per noi è poter essere una famiglia con i nostri figli, senza la minaccia di quella donna costantemente appesa sopra le nostre teste. "
"E’ ciò che desidero anche io", esclamò Robin con un piccolo sorriso. "Non voglio niente di più che tu riesca a sconfiggerla e mi dispiace che stia usando il nostro bambino come scudo per fermarti."
"Beh, non sarà protetta per sempre"  ringhiò Regina. "Il bambino nascerà prima o poi e allora non credo che sarà ancora in grado di trattenermi!”
"Non credo che avrò ancora intenzione di chiedertelo" borbottò Robin. "Penso che tutti noi vogliamo solo che sparisca.”
Lei lasciò andare una piccola risatina, prima di voltarsi, di nuovo seria "Mi dispiace aver permesso che ti accadesse questo.”
Scosse la testa verso di lei. "Nulla di ciò che è successo è stata colpa tua."
"Ha usato te per colpa mia."
"Ha usato me perché è una psicopatica", replicò Robin con forza. "Le hai offerto la possibilità per migliorarsi, per trovare ciò di cui aveva bisogno e l’ ha rifiutata. E’ stata una sua decisione. Stava cercando di distruggere tutto ciò che ami e francamente sono contento abbia iniziato con me, piuttosto che con Henry. Non ti ho mai ritenuta responsabile di tutto ciò che è successo e non lo farò mai."
Lei gli sorrise mentre gli occhi le si velavano di lacrime. Nel suo cuore sapeva che non le avrebbe mai attribuito la colpa per le azioni di Zelena, ma sentirglielo dire lo rendeva più facile da credere. Lo avrebbe baciato se non avesse avuto quelle maledette corde a imprigionarla.
"Troveremo un modo per liberarci da queste corde” Esclamò Robin, incoraggiante. "E poi sconfiggeremo Arthur e Zelena e finalmente libereremo Emma dall’oscurità."
"Sembri proprio sicuro che ce la faremo" mormorò.
“Certo che lo sono" rispose con un sorriso. "Posso fare qualsiasi cosa fino a quando ho te."
Regina sorrise di nuovo, ma il sorriso si spense quando sentì dei passi avvicinarsi da dietro l'albero. Merlin apparve con uno sguardo torvo sul suo volto. “È qui”
 
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Capitolo 16
*** Souls of the Departed ***


Buonaseraaaa!
Era davvero tanto che non prendevo in mano questa raccolta, devo dire che la 5A non mi ha particolarmente entusiasmata e quindi anche la voglia di scrivere mi aveva un pò abbandonata.. Ma questo ritorno in grande stile, con un episodio epico per quanto riguarda il percorso di Regina, come poteva lasciarmi indifferente?
Un episodio perfetto, tranne che per un motivo.. la quasi totale assenza di Robin. 
Si, fisicamente era lì, ma cosa ha fatto? Perchè non era al fianco di Regina? Perchè i due non si sono scambiati nemmeno una parola su quanto stava accadendo Dopotutto si trattava di decidere anche per la sua sorte, era lui a dover andar via o restare, eppure tutti hanno messo bocca nella questione tranne lui.
Avrebbe potuto conoscere Henry Sr, quante volte l'uomo ha sperato che la figlia tornasse ad amare, dopo Daniel? Sarebbe stato un incontro toccante almeno quanto quello con il nipote.
O almeno.. almeno un abbraccio sul finale, quando Regina ed Henry si ricongiugono agli altri. Almeno un "come stai". 
No nulla. Gli autori non si smentiscono mai.
E nemmeno io.. che ormai a crearmi da sola i momenti OQ che vorrei ci ho un pò fatto il callo. 
E niente, è uscito questo. Buona lettura!



L’aria è fredda, in quel posto, più fredda di Storybrooke.  C’è vento, l’unico rumore che disturba quella quiete irreale e le viene quasi da sorridere quando l’unico aggettivo che le viene in mente per descrivere quel posto è spettrale. Molto originale, commenta tra sé e sè.
E si chiede se non sia l’atmosfera che la circonda ad alimentare quel senso di angoscia che le sta attanagliando l’anima.
Quando è arrivato?
Aver permesso a suo padre di trovare la pace, essere stata per la prima volta in grado di opporsi a sua madre, aver preso la decisione giusta scegliendo di aiutare la sua famiglia l’avevano fatta sentire sicura e forte, ma quell’aurea di ottimismo e speranza che aveva spinto tutti a fermarsi da Granny per una cena veloce – come se fossero stati a casa loro, aveva detto Snow – e qualche ora di riposo si era dissolta dopo appena pochi minuti, era calato il silenzio e l’incertezza si era nuovamente impossessata di loro.
Ormai è  quasi certa che sia un effetto di quel posto, non poter essere sereni.
Non che la sensazione le sia nuova, ma gli eventi di quella giornata sono stati duri persino per una come lei e ora ne sente il peso tutto insieme, come un grosso macigno sul petto che le mozza il respiro.
 E’ lì fuori già da un po’ quando avverte una presenza dietro di lei e per un momento si irrigidisce, ma poi una mano calda le sfiora la guancia e quel tocco lo riconoscerebbe ovunque.
E non sa bene come succede, ma un istante dopo sta singhiozzando contro il suo petto.
Lui non dice nulla, non un suono esce dalla sua bocca. Robin è di poche parole ma ha altri modi di comunicare, il modo in cui la stringe per esempio, le dita che scivolano nei suoi capelli, le labbra premute sulla sua fronte e l’altra mano che  le strofina la schiena con un movimento regolare che lentamente la rilassa un poco.
Quando si stacca – non sa quanto tempo sia passato, ma sa che sarebbe restata ancora volentieri tra le sue braccia – si sente un pò meglio, ma l’angoscia non è andata via.
“Scusa..” Sussurra, asciugandosi il viso con la manica del cappotto, come una bambina “Non so cosa mi succeda!”
Lui scuote la testa e le sorride, ma è un sorriso spento “E’ normale, è questo posto che ci fa sentire così. E tu hai avuto una giornata difficile..” Le ricorda, spostandole una ciocca di capelli dal viso.
Regina lo fissa per un po’, stringendosi le braccia contro il petto nel tentativo di placare il tremolio delle sue mani; Non ha una bella cera nemmeno lui, e non è difficile capire perché.
“Ti mancano?” Gli chiede con un filo di voce, inspirando per cacciare indietro le lacrime.
“Certo che mi mancano, sono così piccoli e hanno bisogno di me..” Guarda da un'altra parte mentre lo dice, come se abbia voglia di piangere anche lui e stia lottando contro le sue emozioni.
Regina odia quel posto ogni secondo di più.
Gli sfiora il braccio con una mano, mentre si rende conto che non gli ha nemmeno chiesto cosa ne pensasse di quella storia. E’ cos’ abituata a stare da sola, ad essere l’unica responsabile delle proprie scelte che ogni tanto dimentica che adesso ha qualcuno con cui condividerle “Avresti voluto che ce ne andassimo? Che accettassi il consiglio di mia madre?”
Robin scuote la testa, mentre si lascia cadere su una delle sedie dei tavolini esterni del Granny’s e invita la donna a sedersi sulle sue gambe.
“Non me ne vado da qui finchè non abbiamo recuperato Hook.” Esclama con decisione, circondandole la vita con le braccia mentre lei si sistema meglio su di lui “Ho ancora un debito con Emma e intendo pagarlo. Hai fatto la scelta giusta e io non avevo alcun dubbio su questo. E sono molto, molto orgoglioso di te!”
Fa sfiorare i loro nasi e Regina sorride mentre si lascia baciare delicatamente le labbra. Poi si fa cadere contro di lui e appoggia la testa sulla sua spalla, chiudendo gli occhi.
“Me l’ha detto anche mio padre, lo sai?”
“Che è orgoglioso di te?” Regina annuisce contro il suo collo “Certo che lo è. Chi non lo sarebbe?”
“Perché lo date tutti per scontato? Io l’ho ucciso. Ha detto che era pieno di rimpianti, ma perché? Io ho sbagliato, lui.. lui ha sempre cercato di aiutarmi!”
 “Probabilmente perché non è riuscito a proteggerti come voleva..”
Senza muoversi da quella confortevole posizione che ha trovato tra le sue braccia, Regina rimugina su quelle parole, che si sovrappongono al discorso che suo padre le ha fatto prima di andare via sempre.
Tante immagini della sua infanzia le scorrono in un attimo davanti agli occhi, come in un film.
“Lui ha fatto tutto il possibile, mia madre..” Sospira, cercando di trovare le parole giuste, sua madre era – o forse dovrebbe dire è -  così tante cose che non sa da dove iniziare “Nessuno poteva fermarla..”
“Questo non conta, per lui.” Ribatte Robin, iniziando ad accarezzarle ritmicamente un braccio “So di non avere molte possibilità contro Zelena, ma questo non mi impedirebbe di sentirmi responsabile se facesse del male alla nostra bambina, perché sono suo padre ed è mio dovere proteggerla, a qualsiasi costo.”
Regina si sofferma un attimo su quelle parole, pensierosa. Non può negare che ci siano stati dei momenti nella sua vita in cui irrazionalmente ha incolpato anche suo padre, per non aver avuto la forza di difenderla. Un’infanzia di tormenti e costrizioni e lui c’era sempre, per sussurrarle parole di conforto, per abbracciarla e ricordarle di essere forte. Ma non l’aveva mai difesa apertamente, non aveva detto una parola a Cora quando aveva ucciso Daniel e poi l’aveva costretta a sposare il Re, era rimasto in prima fila al matrimonio in silenzio ad assistere alla condanna all’infelicità di sua figlia.
E per quanto cosciente che l’uomo non potesse nulla contro sua madre, non aveva potuto fare a meno di sperare fino all’ultimo che il suo papà la prendesse per mano e la portasse via da quella chiesa.
“Hai sbagliato ad ucciderlo..” Le dice ancora Robin, continuando ad accarezzarla e a sussurrarle nell’orecchio con un tono di voce basso e costante, che la tranquillizza nonostante  quelle parole le rimbombano dritte nel petto  “Ma da padre sono certo che vederti felice, vedere che sei diventata la donna che lui voleva che fossi, l’ha ripagato di tutto il resto. E sono anche certo che se tornasse indietro e sapesse che l’unico modo per farti trovare la tua felicità è scagliare quella maledizione, ti darebbe il suo cuore volentieri, perché è questo che fanno i genitori, sacrificano la loro stessa vita per i propri figli e nessuno dovrebbe saperlo meglio di te, questo.”
E mentre il pensiero vola al suo Henry, Regina non può che dargli ragione.
Questo non la fa sentire meglio, suo padre gli manca, vorrebbe riabbracciarlo ancora una volta e vorrebbe averlo potuto portare con sé a casa, vorrebbe che avesse potuto conoscere Robin e i suoi figli e vedere Storybrooke, la sua città, il posto in cui si sente finalmente a casa.
Ma non è possibile e tutto ciò che può fare è stringersi un altro po’ a Robin, affidarsi a lui per provare a riempire quel vuoto nello stomaco.
“Mancano anche a me, comunque!” E’ tutto quello che le viene da dire in quel momento, un po’ perché vuole fargli sapere che lo capisce, che lui può condividere i suoi sentimenti con lei come lei ha appena fatto con lui, ma anche perché davvero gli mancano. La vita è strana, a volte. Poche settimane prima non aveva idea di come venire a patti con quella nuova presenza nelle loro vite e adesso non vorrebbe altro che essere a casa sua, a bere whisky con Robin mentre i bambini  riposano al piano di sopra.
“Lo so, lo so che ti mancano!” le sussurra Robin nell’orecchio, stringendola un po’ più forte.
“Grazie per oggi, per aver capito che avevo bisogno di affrontare questa cosa da sola con i miei genitori, per avermi lasciato il mio spazio..”
“Non c’è di che!” Le schiocca un bacio sulla testa “Torniamo dentro? Qui si gela e non mi sembra nemmeno troppo sicuro!”
Regina annuisce, è stanca, ha voglia di abbracciare suo figlio e di spegnere il cervello per qualche minuto. Afferra la mano di Robin e insieme camminano verso l’interno del locale, lasciandosi dietro gli strascichi di quella giornata.
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