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di NurJahan98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo- La Notte ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1- I suoi occhi ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 2- Nuove conoscenze ***



Capitolo 1
*** Prologo- La Notte ***


AVVERTENZA: La ff potrebbe contenere citazioni prese da alcuni libri, film o canzoni. Detto questo, buona lettura! Se vi va, lasciate qualche commento :3


Prologo - La Notte

Chiudeva gli occhi, alla ricerca del buio. Nella piccola stanza ogni luce era stata meticolosamente spenta  e nessun raggio di sole, al mattino, sarebbe penetrato dalla finestra e dalla porta, entrambe sigillate.
Così voleva.
Ma quello, quello non era ancora buio.
Quella era notte.
Molti avrebbero trovato quell'atmosfera quasi claustrofobica, ma  non tutti possono comprendere l'importanza del buio.
Il suo buio, era qualcosa di silenzioso, uniforme...tranquillo.
Un assenza completa di colori, pensieri e sensazioni, dove potevi guardare.
Ma guardare è già una parola troppo forte.
Era vedere senza chiedere -vedere e basta- qualcosa come due cose che si toccano -gli occhi e l'immagine- uno sguardo che non prende ma riceve, nel silenzio più assoluto della mente.
Uno sguardo nel buio, ecco tutto.
Ma adesso, la notte se la stava portando via, nei suoi colori iridescenti che guizzano sullo sfondo nero di occhi chiusi.
Occhi chiusi con forza, in cerca di riposo.
E mille cose rompevano il silenzio, ed il silenzio stesso iniziava a diventare il rumore più assordante. Poteva sentire il suo respiro farsi sempre più pesante, cadere lentamente preda della paura, ed il battito del suo cuore accelerare.
Ma c'era qualcos'altro.
Qualcosa di debole in quel frastuono che è la notte, debole come un frullare d'ali leggere.
Ma non erano ali.
Proprio sulla parete che dava di fronte al letto, urlavano delle lancette.
Un orologio.
Poteva intravederne la forma, se osservava con attenzione.
Ma un' idea di quale dovesse essere l'aspetto originale dell'oggetto, era tutto ciò che poteva arrivare ad immaginare.
Avrebbe detto che esso avesse avuto una forma circolare e bene articolata, ricca di decorazioni, ma non poteva esserne certa.
Dopotutto, a differenza del buio che annulla, la notte deforma qualsiasi cosa.
Così si limitò a sentire.
Sentire ed immaginare di vedere, poichè ogni suono, lo ricordava bene, era scandito da un preciso movimento.
Ed ogni movimento, aveva il potere di scandire il tempo.
Tic, tac.
Ed un secondo entrava a far parte del passato, di ciò che ormai è già accaduto.
Tic, tac.
Ed in un battito di ciglia volavano venti minuti.
Tic, tac.
Ed in quella stanza restavano soltanto lei, la notte e il tempo.
Lei.
La notte.
Il tempo.
Le sembrava adesso qualcosa di incomprensibile,quello strano concetto, come qualcosa che se provi ad afferrarla è già sparita.
Qualcosa di sfuggente, così sfuggente che  qualsiasi nome sarebbe stato troppo forte per descriverlo.
Il tempo adesso, per la sua mente ormai catturata dai colori, era come camminare sulla spiaggia, purgatorio che non è più terra ma neanche mare.
Tu sei lì in quel momento, a marchiare la sabbia con le tue orme, e basta un onda -una sola piccola onda- per cancellare tutto.
Come se non fossi mai passata di lì.
Come se non fossi mai esistita.
Si ritrovò a pensare che la maggior parte della gente tende invece a percepire il tempo paragonandolo a quella poca quantità che ce ne viene concessa, immaginandone la forma, potendolo percepire ma non vedere, nè sentire, nè toccare.
Immaginare.
Percepire.
Percepire e basta.
Pian piano, i colori prima nitidi iniziarono ad offuscarsi, finchè le sue palpebre finalmente smisero di lottare con i suoi pensieri.
Così, Victorique si abbandonò finalmente al sonno.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1- I suoi occhi ***


CAPITOLO 1- I SUOI OCCHI


La mattina seguente si svegliò molto presto.
In verità, aveva dormito al massimo un paio d'ore ed i segni della sua insonnia erano ben visibili sul suo volto, che scarno lo era già di suo.
Diede uno sguardo alla sua immagine riflessa sullo specchio, era come mamma l'aveva fatta.
Si vide brutta.
Un cadavere.
Un ammasso di carne.
Vuota non è la parola esatta, ma è la prima che viene in mente.
In realtà era fin troppo piena.
O meglio, la sua testa lo era.
Osservò a lungo il suo colorito pallido, gli occhi neri dallo sguardo vitreo, i capelli rossi, poi arancioni, poi biondi.
Il fisico leggermente tozzo a causa della sua altezza.
I seni piccoli, due palline perfette.
La pancia un po' sporgente, come gonfia.
Le cicatrici sulle gambe.
Ed avrebbe potuto continuare all'infinito, non fosse che non aveva voglia di soffermarsi su ogni piccola imperfezione, quelle evidenti erano già abbastanza. In realtà, non le importava poi molto dei suoi difetti: tutti ne hanno.
Solo, le piaceva ripetersi chi fosse e com'era, ogni mattina.
Tutti dovrebbero farlo.

Ciao, sono John, imprenditore americano e padre di famiglia di giorno, stupratore di bimbette di notte. Un inguaribile pezzo di merda.

Sì, il mondo sarebbe decisamente un posto migliore.

Così, dopo aver infilato pantaloncini e maglietta decise di truccarsi.
Quando ebbe finito, le occhiaie erano solo un lontano ricordo sotto il correttore e l'eyeliner nero.
Non sono io, pensò
E le andava bene così.
Prese "Il giovane Holden" ed uscì di casa.
Non aveva una meta.
Semplicemente, voleva perdersi.
Guardarsi intorno e non conoscere nessuno.
Stare un po' da sola.
Non ci volle molto prima che si perdesse del tutto, il suo senso dell'orientamento non era dei migliori ma a sua discolpa quella zona non la conosceva ancora bene. Erano trascorsi pochi mesi dal trasloco, prima abitava dall'altra parte della città e non è roba da poco, quando si parla di una grande città.
Camminava da un bel po' quando sentì un odore salmastro, a lei già familiare.
Sorridendo tra sè e sè svoltò l'angolo, quella sarebbe stata l'ultima viuzza che avrebbe percorso per quel giorno.
Sapeva già quello che avrebbe visto.
Ma poi lo vide, e fu mille volte meglio.
Il blu.
Le onde.
Il sole.
Un mantello azzurro.
Cristallino.
Infinito.
Il Mare.
Per un breve istante, qualcosa sembrò illuminarsi nel suo sguardo, ma subito si spense.
A parte qualche famigliola non c'era molta gente in spiaggia a quell'ora del mattino, ma preferì comunque cercare un posto più isolato.
Passeggiò sul lungomare per un po', fino a notare che proseguendo per qualche metro tutto iniziò a diventare più grigio, più logoro.
Era evidente che quella parte era stata costruita in un periodo antecedente all'altra, e nemmeno di poco.
Persino le spiagge sembravano farsi sempre più deserte, più strette, divorate dall'acqua, abbandonate.
Iniziò a scendere quelle che ormai erano soltanto uno scheletro di ferro arrugginito e cemento grezzo, finchè per poco non si ritrovò in mare.
La superficie cristallina ne lasciava intravedere il fondale roccioso, era abbastanza profondo.
Della sabbia che presumibilmente prima occupava quello spazio, non restava neppure il fantasma.
Era stata completamente inghiottita, ma in compenso regalava una vista che seppur deprimente risultava poetica.
Le piaceva quel posto.
Una volta liberatasi delle scarpe, si adagiò sulle scalette lise dalle troppe mareggiate, i piedi a mollo.
Il cielo si inscurì di colpo e le nubi cariche d'acqua sovrastarono la spiaggia. I raggi cercavano di divincolarsi ed alcuni sfuggivano alla presa, dando vita ad una splendida luminescenza. Sembrava di trovarsi all'interno di un' icona sacra, ma probabilmente di lì a poco sarebbe arrivato un tremendo temporale estivo.
Estrasse il libro dallo zainetto, poi continuò a frugare finchè non trovò un tritino ed una bustina di plastica. Prese il filtrino e le cartine lunghe e si rollò una canna. L'accese e cominciò a fumare.
Non lo faceva spesso, anzi, quella probabilmente era la terza o quarta volta volta che provava. Dopotutto, che male c'è a rilassarsi ogni tanto?
Poi c'erano quel posto e quel paesaggio così bello, e lei voleva guardare.
Era il suo nuovo chiodo fisso.
Voleva guardare il mare e voleva guardare le nuvole, ma per davvero.
Senza pensare alle fogne o all'inquinamento, alla pesca illegale nelle zone protette, alle scorie radioattive, alla formula H2O, alle scie chimiche, al ciclo dell'acqua, ai nembi ed ai cirrocumoli, agli altostrati, all'atmosfera o a qualsiasi altra merda le avessero ficcato in testa.
Anzi, voleva guardare il mare senza pensare nemmeno che fosse mare.
E ci stava riuscendo.
Sentì delle voci lontane farsi sempre più vicine, riuscì a distinguere delle risate e dei saluti, in mezzo a tante parole che apparivano confuse e senza senso.
Poi vide che un gruppetto stava proseguendo oltre continunando la conversazione, mentre un ragazzo si staccò dalla comitiva e sedette sul muretto sopra di lei, strimpellando qualcosa alla chitarra.
Presumibilmente attirato dall'odore d'erba troppo forte, non ci mise molto prima di girarsi verso Victorique.
Aveva i capelli rossi, ma non fu quello a colpirla.
Perchè, nel momento in cui i loro sguardi si incrociarono  notò che i suoi occhi erano color antracite, la stessa tonalità di quel cielo plumbeo sopra le loro teste.
Proprio come quel cielo, ebbe la stupida impressione che un tempo fossero azzurri, ma adesso carichi di lacrime e pronti per la tempesta.
Un giorno sicuramente si sarebbero  rischiarati.
Mica come i miei, pensò.
Intanto continuava a sostenere calma quel contatto visivo.

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 2- Nuove conoscenze ***


CAPITOLO 2 - NUOVE CONOSCENZE

In Giappone si credeva che, quando due maestri delle arti marziali di pari forza davano il via ad una sfida, il tempo per loro potesse distorcersi ed in un'unica mossa potessero intrattenere interi dialoghi tra loro, senza che qualcuno degli spettatori li sentisse effettivamente parlare.
Forse per questo improbabile motivo, ai due il loro scambio di sguardi sembrò perdurare per un lasso infinito di tempo.
Erano trascorsi esattamente 5 secondi.
Al sesto secondo, entrambi sussultarono.
Un tuono.
Approssimatamente tra questo ed il settimo secondo, l'acqua cominciò a scendere " come se dio stesse liberando una pisciata di proporzioni bibliche" avrebbe pensato Victorique, se soltanto lo scorrere degli eventi gliene avesse dato il tempo.
All'ottavo secondo, il ragazzo distolse bruscamente lo sguardo rivolgendolo verso il cielo, si affrettò a riporre la chitarra nella sua custodia perchè non si bagnasse troppo e borbottando qualche imprecazione si defilò prendendo la direzione che poco prima avevano imboccato anche i suoi amici.
In realtà tutto questo avvenne nell'arco di qualche minuto, voglio dire il giusto tempo necessario al poveraccio perchè destasse la sua mente rincoglionita da quella tipa. Il tempo di capire che c'era qualcosa di terribilmente sbagliato nella scena che gli si presentava davanti, in quel corpicino esile e quel visino da bambolina e quelle mani così piccole, mani piccole e affusolate che reggevano tra le dita un tozzo enorme ed il puzzo d'erba tutt'intorno. Il tempo necessario perchè realizzasse di essere ancora vivo, dopo che il cuore gli aveva mancato un battito o due per quel tuono del cazzo. Il giusto tempo perchè mettesse la chitarra a posto, che di bagnare s'era già bagnata. Il tempo di alzarsi e riprendere la sua vita, se una vita ce l'aveva. Giusto il tempo di andarsene a fanculo, insomma.
Ma a Victorique tutto ciò sembrò avvenire in pochissimo, si sentì quasi il cuore pesante, come se fosse andata troppo in fretta in un momento in cui avrebbe dovuto fare attenzione.
Ma dopotutto, lei era fatta.
Era così fatta che quando pensò che forse sarebbe stato meglio cercare un riparo dalla pioggia era già bagnata fradicia e stava camminando in strada da un po', con il vento in faccia e negli occhi ed il trucco che anche fradicio di colare non colava ma se ne restava lì proprio come una di quelle maschere teatrali, come se neanche l'apocalisse potesse cancellargliela dal viso.
Cosa non si inventano oggi le case di prodotti cosmetici...
Iniziava a recuperare parte della sua lucidità, tanto da chiedersi che cazzo stesse facendo e dove fosse finita la sua cicca, che ciò che ne rimaneva il mare se l'era ingoiato tempo prima senza che lei nemmeno se ne accorgesse.
Come se quella situazione non fosse già abbastanza degradante, una macchina le passò a fianco sfrecciando sull'asfalto e buttandole altra acqua addosso. E fango.
E ancora ne passò un'altra, che però rallentò quasi frenando di colpo appena entrò nella sua visuale. Si sentivano la musica a palla e  degli schiamazzi provenire dall'interno.
Ed il guidatore abbassò il finestrino, rivelando il sorriso malizioso e la pelle abbronzata. Puntò gli occhi su di lei, scostandosi un ciuffo ribelle sfuggito al codino biondo. Tolse fuori il braccio per farle cenno di avvicinarsi e la canotta scollata rivelò un tatuaggio tribale che gli partiva dalla spalla.
- Hey piccola, che ci fai qui fuori sotto la pioggia? Dai, salta su! -
- Dake, dai! Avrà si e no 15 anni... -
L'ammonì il moro alla sua destra, più divertito che altro.
L'aspetto di Dake ed il suo nome tradivano la sua pronuncia altrimenti perfetta: era chiaro che non fosse francese.
La ragazza in risposta all'invito fece finta di non aver sentito nulla, continuando a camminare senza concedergli neppure la soddisfazione di guardarlo.
Ma il biondo non sembrava intenzionato a lasciarla andare via tanto facilmente e rimettendo in moto cominciò a seguirla a passo d'uomo.
- Bella, non rispondi? Non dirmi che qualcuno ti ha mangiato la lingua prima di me...-
Sporgendosi ancora di più dal finestrino, le afferrò il braccio.
Victorique lo congelò con lo sguardo, già pronta a scostarsi e ad assestargli un colpo, ma qualcuno la battè sul tempo.
Un altro ragazzo sbucò dal nulla, aveva lasciato cadere a terra l'ombrello e con presa decisa aveva afferrato il braccio di Dake.
- Lasciala, ti ha già detto che non vuole venire con te e le stai facendo male!-
Sebbene il tono di voce fosse calmo e caldo, quasi sensuale e nonostante il sorriso cordiale che continuava ad esibire i suoi occhi felini e taglienti lasciavano trasparire la sua freddezza, goffamente mascherata da una finta irritazione. Come un attore ancora inesperto, era chiaro che se anche si era calato alla perfezione nella parte si trovava nella fase in cui ancora non riusciva a controllare i piccoli gesti, come uno sguardo o il movimento delle mani.
Victorique non faceva difficoltà a figurarselo, il cameramen invisibile alle sue spalle:
Dammi più dramma.
Flash.
Dammi preoccupazione.
Flash.
Dammi dolcezza.
Flash.
Doveva essere una di quelle persone che sentono di poter sentirsi vive, di poter fare qualcosa soltanto quando c'è un pubblico a guardarle.
L'altro biondo, in risposta a tanta teatralità da romanzo rosa, era visibilmente seccato. Ricambiò lo sguardo di sfida quasi come se volesse dire "Hey, hai vinto la battaglia ma non la guerra!" e rimise in moto.
Così, senza dire niente.
Probabilmente anche lui aveva accettato il suo ruolo da antagonista cattivo, in quella farsa.
Ed il giovane che ancora non aveva un nome, recuperò l'ombrello da terra si voltò per porgerlo alla ragazzina indifesa sfoggiando il sorriso più sincero che poteva, che sincero poi non lo era nemmeno.
- Va tutto bene?-
Era bagnata fradicia, con le gambe sporche di fango e se anche perdersi era stato il suo obiettivo iniziale, si era persa troppo.
Converrete anche voi che "Va tutto bene?" era una domanda stupida. Come se uno poi potesse rispondere che va una merda.
Quindi l'interlocutrice annuì con la testa svogliatamente, in segno che "Sì, va tutto bene."
- Io sono Nathaniel piacere di conoscerti, puoi chiamarmi Nath!-
- Victorique.-
La sua voce era bassa, a malapena udibile e torbida, quasi come se non fosse stata lei a parlare.
Ma non è questo l'importante.
Ciò che conta è che lei gli strappò l'ombrello dalle mani lasciando che si bagnasse ed entrambi, fianco a fianco, cominciarono a camminare in direzione di un locale dove ripararsi con "Nath" che le faceva da guida.


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Ciao ragazze! Scusatemi per la poca fantasia nello scegliere i titoli dei capitoli (sono una frana lol) ma soprattutto per il ritardo nel pubblicare questo capitolo... Il fatto è che anche se l'avevo già in testa non riuscivo a scriverlo decentemente xD
Devo dire che ancora adesso non ne sono pienamente convinta, voi che ne dite? E soprattutto, che idea vi siete fatta di Victorique? Vi sta piacendo come si stanno evolvendo le cose?
In sintesi vipregoditemicosanepensateeee ;w;
Un bacio, NurJahan98!

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