Capitolo 2: Batteriologicamente
sterilizzato.
Da
quando
la Macchina della Morte aveva sputato il suo cartellino, entrare in
casa di
Loki era diventato molto difficile.
Non
che
fosse colpa del responso in sé, quanto piuttosto del suo
destinatario. Era uno
degli effetti collaterali più diffusi, quello che aveva
colpito Loki. Cioè…
Prendere talmente sul serio una predizione da studiarle tutte, ma
proprio
tutte, per evitare che si realizzi.
Ovviamente
il carattere di Loki non aveva permesso che le cose arrivassero subito
al punto
di non ritorno. Non aveva dato peso al cartellino fino alla prima
occasione in
cui gli eventi della sua vita si erano incrociati con la predizione
della sua
fine.
Dopo
quel
giorno aveva fatto un raid al supermercato della durata di quattro ore,
e si
era chiuso in casa spezzando i contatti con tutti quelli che conosceva.
Ormai,
dicevamo, entrare in casa sua era diventata un’impresa ardua.
Ma
non impossibile.
Con
le
dovute precauzioni.
-Non
capisco proprio perché ci dobbiamo andare-
protestò Tony, stringendosi al petto
i lembi della giacca a vento. Era Aprile ma cavolo se faceva freddo.
–A me Loki
neanche piace.-
Steve
gli
calcò sulla testa la cuffia di lana, che scese sulla sua
fronte lasciando solo
qualche ciocca scura a coprirgli parzialmente la vista.
-Thor
ha
insistito tanto. Pensa che a suo fratello non faccia bene evitare del
tutto il
contatto umano.-
Tony
scostò
la mano del biondo dalla sua testa. Il fatto che avesse ottimi motivi
per non
beccarsi uno dei tanti malanni stagionali non era una buona ragione per
essere
trattato come un bambino.
-Lui
vuole evitare il contatto umano,
ecco
perché si è chiuso in casa e non esce mai. Con la
predizione che si ritrova,
qualcuno potrebbe dire che fa anche bene.-
Una
nuvoletta di vapore bianco uscì dalla bocca di Steve dopo
che questi si ritrovò
a sospirare. Non gli piaceva quell’attitudine pessimistica.
-Nessuno
dovrebbe essere schiavo di questi stupidi cartellini come Loki lo
è del suo.
Cercando di evitare la morte ha smesso di vivere la sua vita.-
-Non
è
colpa mia se è un idiota. Dovrebbe imparare ad accettare le
cose che non può
cambiare- disse Tony, infilandosi le mani in tasca e tirando fuori una
sigaretta. Tempo qualche minuto e sarebbero arrivati
all’appartamento di Loki,
là poteva anche scordarsi di fumare.
Steve
gliela levò dalla bocca prima che la rotella
dell’accendino nell’altra sua mano
producesse il caratteristico clic.
-Ehi!-
-Ti
ho già
detto che non voglio che tu ti metta a fumare. Vuoi proprio che i
globuli
bianchi si azzerino prima del tempo?-
-Tanto
non
cambia nulla- borbottò Tony stringendosi nelle spalle.
Steve
odiava quando Tony si comportava in questo modo, come se dovesse morire
domani.
Sapeva che con la loro malattia non avrebbero vissuto in eterno, ma non
voleva
pensare alla morte, non quando c’erano ancora così
tante cose che potevano fare
insieme. Forse era troppo ottimista, ma da tempo si era convinto che la
loro
storia avesse bisogno di qualcuno che li mantenesse con i piedi per
terra e
vedesse anche il lato positivo delle cose. Sapeva che Tony usava il
sarcasmo
per difendersi dal senso di oppressione che la conoscenza della propria
morte
gli dava (e in effetti, visto il modo in cui si era ammalato, chi
poteva
fargliene una colpa?), ma delle volte questo suo atteggiamento arrivava
ai
limiti dell’autodistruzione. Come quando, neanche un mese
prima, era rimasto
sotto un gelido acquazzone con indosso solo una maglietta di cotone e
gli
shorts perché, in ogni caso, sarebbe dovuto morire presto.
Spesso fumava come i
malati di cancro che pensano che tanto, ormai, non hanno più
cellule sane da
rovinare.
-Tu
sei
l’opposto di Loki, sei fin troppo fatalista. Non
c’è da sorprendersi che non ti
sopporti.-
Tony
giocherellò con l’accendino, lasciando che una
debole fiammella illuminasse a
tratti il suo sorriso.
-Non
mi
sopporta perché sono malato. Se non fosse per
l’insistenza tua e di Thor non mi
farebbe neanche entrare in casa.-
Questo
Steve doveva riconoscerlo. Non era da tutti ricevere un cartellino con
su
scritto GERMI, ma sicuramente a tutti i destinatari con un briciolo di
autoconservazione sarebbe venuto spontaneo cercare di evitare i virus.
E
Tony
aveva IL virus.
Ma
non si
poteva neanche dare tutta la colpa a Loki. In principio quel biglietto
era stato
molto più leggero, e Loki non sospettava neanche il peso che
avrebbe raggiunto di
lì a poco. I germi sono dappertutto, è
praticamente impossibile evitarli, ma un
giovane uomo in piena salute aveva di certo tutte le armi a sua
disposizione
per riuscire ad evitare quella onnipresente microminaccia. Il
cartellino della
Macchina della Morte era stato dimenticato in un cassetto sotto una
pila di
vestiti vecchi, con l’intenzione di fungere da dessert per le
tarme.
Poi
però
Loki aveva avuto un incidente. Una sciocchezza, si era tagliato con una
forbice.
La
cosa
grave fu che le lame erano sporche, e lui si prese
un’infezione coi
controfiocchi. Aveva la mano talmente gonfia da sembrare uno di quei
guanti di
lattice dentro cui i medici soffiano per farli assomigliare a un
palloncino e
regalarli ai pazienti più piccoli. Tony aveva tentato di
disegnare uno smile
sopra le bende con un pennarello, prima di essere sbattuto a calci
fuori dalla
camera d’ospedale da un Loki fuori di sé e
potenzialmente omicida. Nonostante
la febbre alta e la flebo nel braccio, Loki con la mano sana e le gambe
sapeva
ancora cacciare eventuali seccatori.
Aveva
passato due giorni in un letto a riflettere in un bagno di sudore
freddo dentro
il suo corpo che bruciava a quaranta gradi, con suo fratello a
vegliarlo senza
che lui se ne accorgesse. Era troppo impegnato a realizzare quanto
vicino si
fosse trovato alla morte.
Aveva
capito che poteva arrivare prima di quanto pensasse.
Ma
aveva la
soluzione: sarebbe bastato creare un ambiente ostile ai germi,
riempirlo di
tutto ciò che poteva servirgli, colonizzarlo e lasciare che
il mondo esterno
suppurasse in tutte le malattie orribili che quei microscopici
assassini si
portavano dietro. Ma senza di lui.
Appena
si
sentì meglio si comprò un computer nuovo,
andò al supermercato e fece incetta
di detersivi, aspirapolveri, profumi per ambienti, insetticidi, alcool
denaturato. Quindi visitò una farmacia, e la
svuotò di ogni prodotto che poté
comprare senza ricetta, inclusi disinfettanti, mascherine, guanti,
antibatterici, medicine per ogni disturbo conosciuto
all’uomo.
Con
tutta
la sua spesa si chiuse la porta alle spalle, e nessuno sentì
più la sua voce se
non attraverso il crepitio del citofono. Andava avanti così
da un anno.
-Chi
lo sa,
magari si sente un po’ meglio- considerò Steve,
spezzando la sigaretta che
aveva rubato al suo ragazzo e spargendo tabacco come Hansel che si
lasciava
dietro briciole di pane.
-Non
credo.
Secondo me è partito di testa- obiettò Tony,
dandosi un colpetto alla cuffia
per sottolineare il suo punto di vista. Steve non gli rispose,
perché,
avvicinandosi al complesso di appartamenti in cui abitava Loki, vide
Thor sul
pianerottolo, e gli fece un cenno di saluto. Lui rispose agitando
entrambe le
braccia con un sorriso esagerato, come un naufrago che cerca di
attirare
l’attenzione di una nave di passaggio.
-Ma
che ha
sempre da ridere?- si chiese il moro, mordendosi le labbra e sentendo
la
mancanza della sua sigaretta.
-Sarà
contento di essere venuto a trovare suo fratello in compagnia dei suoi
amici-
ipotizzò Steve.
Iniziarono
a salire le scale per raggiungere Thor. –Io penso che sia
andato pure lui. Dopo
il responso ridicolo che ha ricevuto i suoi attacchi di allegra idiozia
sono
peggiorati.-
Steve
gli
diede uno schiaffo sulla nuca, facendogli cadere la cuffia sugli occhi.
–Smettila, che siamo quasi arrivati. E non parlare
più dei cartellini della Macchina.-
-Steven!
Anthony!-
Thor
era
sempre felice di vedere tutti, abbracciava tutti, sorrideva sempre. Non
l’avrebbe detto nessuno che pure lui avesse fatto il test
della Macchina della
Morte. Avrebbero potuto pensare che avesse ricevuto NEL PROPRIO LETTO,
AD
UN’ETA’ AVANZATISSIMA. Di sicuro non aveva AIDS,
perché strinse forte Tony
esattamente come aveva fatto con Steve un attimo prima.
-Vacci
piano!- disse il moretto, massaggiandosi le spalle che aveva sentito
scrocchiare.
-Scusa-
fece Thor, grattandosi la nuca.
Thor
era un
ragazzone altissimo e fortissimo, ma ben proporzionato e molto carino,
con
occhi color ghiaccio e capelli biondi e lunghi, selvaggi esattamente
come la
sua barba incolta. Sapeva rompere le ossa con un sorriso e senza
neanche
accorgersene, ecco perché Steve (che aveva abbastanza
muscoli da contrastare il
suo affetto) non vedeva nulla di male nel farsi abbracciare mentre Tony
(che
era più basso e più debole) cercava di ridurre i
contatti al minimo.
-Hai
già
suonato il campanello?- domandò Steve. Faceva piuttosto
freddo fuori, e
sapevano tutti e tre che Loki ci avrebbe messo molto ad aprire.
-No,
vi
aspettavo. Lo sapete che non gli piacciono le sorprese, è
meglio esserci
tutti.-
Tony
roteò
gli occhi e spostò il peso da un piede all’altro.
-Va bene, ma diamoci una
mossa, mi sto gelando il culo qua fuori.-
Thor
premette il campanello e dopo un minuto infinito una voce
crepitò
all’interfono.
-Sì?-
-Loki,
sono
Thor- salutò il ragazzo, con un cenno della mano. Il cerchio
violetto del
videocitofono sembrò stringersi sui tre ospiti in attesa.
-Andatevene
via, non voglio vedere nessuno. Soprattutto lui- disse la voce di Loki.
Tony
aggrottò le sopracciglia e la cuffia si increspò.
Sapeva già che il fratello di
Thor si stava riferendo a lui.
-Se
può
consolarti neanch’io voglio vedere te. Sono venuto solo
perché questi due mi
hanno costretto.-
-Tony!-
lo
rimproverò Steve.
-Andiamo,
Loki!- insistette Thor. –Ti ho portato anche le caramelle
alla menta che ti
piacciono tanto.-
Il
biondone
sollevò un pacchettino di caramelle balsamiche con il
marchio della farmacia.
Le aveva prese sicuro che Loki, amante della menta e sapendole
provenire da un
luogo sano e pulito, le avrebbe accettate.
Ci
fu una
pausa durante la quale il padrone di casa stava, presumibilmente,
riflettendo.
-Vi
metto
le mascherine davanti alla porta.-
-No!
Io non
me la metto quella roba!- protestò Tony.
-Allora
resti fuori- fece la voce.
-Bene!-
-Non
dargli
retta. Dacci tutto quello che vuoi, basta che ci fai entrare. Qua fuori
si
gela- disse Steve, che non ne poteva più. Era tanto buono e
caro ma anche lui
rischiava di esaurire le sue scorte di pazienza.
Si
sentì un
rumore al di là della porta: un giro di chiavi, qualcosa che
veniva posato a
terra, un altro giro di chiavi. Loki aveva una doppia porta, e nello
spazio che
le separava poteva appoggiare tutto ciò che sarebbe servito
ad eventuali e
sempre più rari ospiti.
-Entrate-
disse la sua voce, che stavolta sembrava appartenere a un vero corpo,
avendo
parlato attraverso la porta e non l’interfono.
Steve
aprì
l’uscio e notò il tavolinetto con sopra tre
mascherine. Ne afferrò una e diede
l’altra a Tony. Thor prese la sua.
-Non
posso
credere che mi tocchi prestarmi a questa pazzia- si lamentò
il moretto. –E
tutto per andare a trovare un tizio che per di più mi sta
sulle palle.-
-Io
penso
che tu a Loki stia molto simpatico- disse Thor, sistemandosi la
maschera sulla
bocca. –Se non fossi malato accetterebbe di vederti
più spesso.-
Grazie
al
cielo, pensò Steve, non aveva detto a nessuno di avere anche
lui l’AIDS; Loki avrebbe
dato in escandescenze.
Alla
fine
anche la seconda porta si aprì.
-Levatevi
quei cappotti e chiudete tutto- ordinò in lontananza il
padrone di casa.
Lasciarono
le giacche sugli appendiabiti e si ritrovarono
nell’appartamento più lindo e
pulito che avessero mai visto. I pavimenti avevano piastrelle bianche
talmente
lucide che sembrava di pattinare su un lago ghiacciato, i muri erano
immacolati, le tende rigide di amido e profumate…
Nell’aria aleggiava un
persistente, stordente odore di disinfettante che non se ne andava mai,
perché le
finestre erano sempre chiuse. L’abitazione di Loki sembrava
la versione pulita
di “Sepolti in casa”.
A
Tony
venne un capogiro, e Steve socchiuse gli occhi che avevano preso a
lacrimare.
Soltanto Thor sembrava a suo agio, immune a quelle esalazioni grazie
forse
all’allegria che si portava addosso come
un’armatura.
-Non
ce la
faccio. Non riesco a respirare- tossì Tony, diventando rosso
dietro la
mascherina. Steve gli diede una pacca sulla schiena.
-Resisti.
Un paio di minuti e ti ci abituerai.-
-Hai
mai
pensato che la causa della sua morte possa essere l’assenza di germi? Prima o poi
verserà talmente tanto detersivo da
soffocarsi con le esalazioni tossiche.-
In
fondo al
corridoio comparve un ragazzo che con Thor aveva in comune
l’altezza e poco
altro. Era scuro di capelli, con due occhi verdi gelati piazzati in
mezzo a un
viso smunto e sciupato come il resto del suo corpo, che sembrava
fluttuare
senza peso in quell’atmosfera asettica da ospedale.
-Cosa
volete?- domandò, la voce che tradiva un certo astio. Da
quando la sua mania
per i germi era cominciava, Loki aveva azzerato i suoi rapporti
sociali, e
odiava dover far fronte alla possibile minaccia biologica che
costituiva una
visita di cortesia. Se uno di loro avesse starnutito, probabilmente
sarebbe stato
ammazzato. Beh, no, ammazzato no, meglio evitare spargimenti di sangue.
Ma
gettato da una finestra magari sì. E lui fissava Tony in
particolare con questa
idea nella mente, pronto a prendere provvedimenti perché non
spargesse il suo
pericolosissimo virus neanche per sbaglio.
Thor
dondolò il sacchetto di caramelle davanti al suo naso.
-Siamo
solo
venuti a trovarti. Volevo assicurarmi che stessi bene; da un
po’ hai smesso
persino di telefonare.-
Loki
agguantò le caramelle si diresse verso la cucina. Lo
raggiunsero in uno spazio
dai muri decorati da uno sfavillio argenteo di utensili, certamente mai
utilizzati ma molto spesso lucidati.
-Possiamo
avere una tazza di caffè, o preferisci fare il pessimo
padrone di casa e lasciarci
marinare nel disinfettante con cui hai impregnato questo posto?- chiese
Tony,
tormentandosi i legacci della mascherina.
Loki
lo
guardò con occhi che brillavano di una luce assassina.
-Mettiti
le
mani in tasca se non sai cosa fare, Stark.-
Steve
era
passato del tutto inosservato. Loki tendeva a dimenticarsi di quelli
verso cui
non provava rancore.
-Ti
trovo
bene, Loki.-
Il
ragazzo
sbuffò. –Sì, sì, come no.
Starei benissimo se la gente smettesse di venire a
farmi visita.-
Prese
da un
armadietto delle tazzine di vetro profumate e trasparenti e accese la
macchina
del caffè, che si mise al lavoro con un ronzio meccanico.
-Ma
non puoi
isolarti dal mondo intero- sostenne Thor, che si arrischiò a
strisciare una
sedia sul pavimento, allontanandola dal tavolo per sedervisi sopra.
–Non sai
quanto mi dispiaccia che tu non mi permetta più di portarti
la spesa.-
Raramente
Loki usciva di casa. Aveva fatto del suo appartamento un santuario
completamente sterilizzato, in cui dormiva, mangiava e lavorava.
Comprava cibo,
medicine, libri e vestiti su Internet e si faceva consegnare tutto a
casa.
All’inizio Thor si era offerto di fare lui le sue
commissioni, e a Loki era
andato bene avere un fattorino disposto a servire gratis la sua
persona.
Finché
non
aveva capito che Thor usava questo espediente per venirlo a trovare
molto più spesso.
Adorava il suo fratellino, e si preoccupava per lui talmente tanto da
fare
addirittura invidia a Jane, la sua fidanzata.
-Sei
noioso- grugnì Loki. –E poi scommetto che vieni
qui solo perché così sarai al
sicuro dalla tua predizione.-
-Ma
non è
vero.-
A
Tony
scappò una risata, e Steve gli lanciò
un’occhiataccia, ma non poteva proprio
farne a meno.
Avevano
fatto almeno cinque tentativi, e la Macchina della Morte aveva giurato
e
spergiurato che Thor sarebbe morto SCIVOLANDO SU UNA BUCCIA DI BANANA.
Steve
doveva perdonare Tony per il fatto di trovarlo comico.
Loki
si era
liberato non solo di tutto lo sporco che lo circondava, ma anche di
tutti i
suoi possibili portatori (insetti, topi, scarafaggi) spruzzando veleno
in ogni
angolo della casa, e coprendo poi la puzza con un deodorante per
ambienti. Ma
aveva anche buttato tutti i possibili cibi in grado di causare
allergia, forse
per questo era così magro.
In
casa sua
indubbiamente non si sarebbe trovata neanche l’ombra di una
banana. Thor era in
una botte di ferro.
Ma
non era
per quello che veniva a trovarlo, lui a Loki ci teneva davvero.
Solo
Steve
riusciva a capirlo appieno, specialmente quando lo vedeva fare quella
faccia da
cucciolo bastonato sopra il caffè che Loki gli offriva.
-Possiamo
toglierci la mascherina per berlo o dobbiamo assorbirlo attraverso il
filtro?-
chiese Tony sarcastico, alzando le sopracciglia.
Loki
sbuffò. –Ho già visto che nessuno di
voi tossisce o starnutisce. Non sarete del
tutto puliti ma mi accontenterò, e tanto poi disinfetto
tutto.-
Tony
si
levò la mascherina e la gettò sul tavolo, subito
imitato da Steve e Thor.
–Finalmente!-
Senza
quell’affare l’odore di prodotti chimici era
persino peggiore. Tony sorseggiò
il suo caffè per superare lo shock. Fece una smorfia.
-Ma
che
schifo. Questa roba sa di detersivo per i piatti.-
E
qui Steve
dovette dargli ragione. Loki schiacciò la sua tazzina sul
tavolo con un sonoro toc.
-Se
non ti va
bene, tu e il tuo virus potete andare a prendere il caffè
nel bar dall’altra
parte della strada.-
-Quasi
quasi…-
-Andiamo,
smettetela. Loki, in realtà sono venuto qui per chiederti se
ti piacerebbe
passare le vacanze invernali da me e Jane- fece Thor, giocherellando
con il suo
cucchiaino.
Il
viso
algido del fratello non cambiò espressione mentre incrociava
le braccia al
petto. -Non se ne parla.-
-Oppure
possiamo venire noi da te- insistette il biondone, quasi supplicando.
Le
avrebbe provate tutte per tirare fuori Loki da quell’eremo
asettico che si era
costruito, per lui non era affatto salutare come credeva. Ma non voleva
forzare
la mano. Con suo fratello ogni cosa andava fatta con i guanti di
velluto.
-Venire
qui! La tua ragazza potrebbe mandarmi a fuoco la casa, o nella migliore
delle
ipotesi rovinarmi l’impianto elettrico.-
Il
cartellino di Jane diceva FULMINATA. Poteva capitare
all’aperto come al chiuso,
ma certamente Loki non voleva che succedesse in casa sua.
-Avanti,
te
lo chiedo per favore.- Thor si piegò sul tavolo, la sua
tazzina si rovesciò,
riversando un’onda nera di caffè sulla superficie
immacolata del tavolo.
-Guarda
che
cosa hai combinato! Sei uno scimmione rozzo e senza grazia, non
c’è da stupirsi
che tu muoia per colpa delle banane!- gridò Loki. Stavolta
di germi non ce ne
sarebbe stata traccia, ma vivere in una casa perfetta lo aveva portato
ad
odiare persino il disordine e lo sporco.
Si
affaccendò con una spugna a contenere il laghetto nero.
-Se
possiamo aiutarti…- tentò Steve.
-No!
Faccio
da solo.-
Una
volta
raccolto tutto il caffè Loki prese una bottiglia di plastica
rosa, e cominciò a
strizzarla spruzzando alcool su tutta la superficie del tavolo. I
vapori erano
talmente forti da risultare nauseanti.
Era
pronto
ad asciugare il tutto con uno straccio quando Tony starnutì.
Non
era
stata colpa sua, con tutta quella puzza che pizzicava le narici non era
riuscito proprio a trattenersi.
-Aaachooo!
Scusate.- Tirò fuori un fazzolettino di carta dalla tasca
dei pantaloni e si
soffiò il naso. –Questo dove lo butto?-
Steve
osservò la scena preoccupato. Era come se il tempo si fosse
fermato: Loki con
lo straccio ancora umido di alcool immobile sopra il tavolo, Thor che
faceva
vagare lo sguardo nervosamente ora sull’uno ora
sull’altro, e Tony che si
rendeva conto solo ora di avere commesso un grosso errore.
-Oh,
oh…-
Si rimise in tasca il fazzoletto.
Loki
divenne viola. Gettò lo straccio da una parte e
tirò con violenza Tony su dalla
sedia, quindi lo spinse in corridoio.
-Fuori
da
casa mia!- urlò. –Tutti quanti!-
Percorsero
in un millisecondo lo spazio che li separava dalle doppie porte.
Tony
cercò
di spiegargli con parole sue che l’AIDS non avrebbe potuto
attaccargliela
semplicemente starnutendo, ma Loki era livido, e non lo ascoltava.
-Andatevene
via subito!-
Sbatté
fuori tutti e tre insieme ai loro cappotti. I ragazzi si ritrovarono
sul
pianerottolo con le giacche in mano, ad ascoltare le porte che
sbattevano e gli
spruzzi furiosi di chissà quale germifugo.
-E
non
tornate!-
Thor
bussò
un paio di volte. -Ti prenoto degli esami del sangue?-
Era
praticamente certo che dopo quell’incidente Loki avrebbe
fatto venire qualcuno
per farsi fare un check-up completo.
-Fottiti!-
disse la voce tra gli spruzzi al di là della porta.
-Come
siamo
volgari. Di certo i germi non ti entreranno dentro dalla bocca- fece
Tony,
allacciandosi la giacca. Loki poteva essere strano finché
voleva, ma quel
trattamento cominciava ad irritarlo parecchio.
Ancora
urla.
-Se
mi hai
attaccato l’HIV giuro su Dio che ti uccido con le mie mani!-
-Sempre
che
tu riesca ad uscire di casa!-
-Lo
farò
dopo che avrò sterilizzato ogni cosa che hai toccato!-
-Ti
auguro
di affogarci in quel disinfettante!-
-Ok,
adesso
andiamo, mmh?- Steve lo trascinò per un braccio fino al
marciapiede sottostante,
con Thor che li seguiva mogio.
-Eppure
sembrava che stesse migliorando…- ponderò il
biondone dando un calcio a un
sassolino. –Vorrei davvero che mi permettesse di portargli di
nuovo la spesa.
Magari riesco a convincerlo ad uscire.-
-Tuo
fratello è completamente suonato, fidati di me-
brontolò Tony. –Ci morirà in
quella casa.-
-Tony,
lo
so che non è stato gentile con te, ma non è tutta
colpa sua. Se non avesse
fatto quello stupido test non si sarebbe ridotto così- gli
disse Steve,
sentendosi un po’ in colpa. Avrebbe potuto condividere la
stessa sorte del suo
fidanzato se solo si fosse deciso a rivelargli che aveva fatto in modo
che lui
lo contagiasse.
-Non
è
neanche colpa mia se lui, al contrario di suo fratello, non riesce ad
accettare
l’idea della propria morte. Magari non saranno i miei germi
ad ucciderlo,
eppure ti dico che quando fa così mi viene voglia di
tagliarmi un dito e
sventolargli il sangue in faccia.-
Steve
decise di cambiare argomento.
-A
proposito Thor, tu sembri averla presa molto bene. La tua predizione,
intendo.
Vorrei che Tony mettesse da parte il suo sarcasmo e avesse il tuo
ottimismo.-
Il
ragazzo
fece una risatina. –Ah, beh… Non è da
tutti ricevere SCIVOLANDO SU UNA BUCCIA
DI BANANA. Il più delle volte cerco di non pensarci
perché non c’è niente che
io possa fare. Dopotutto, la Macchina non sbaglia mai, vero? A che
scopo
preoccuparsi? Inoltre non specifica quando accadrà, potrebbe
capitare tra un
mese o tra ottant’anni…-
Di
colpo
Thor smise di parlare. Steve si era accorto che era persino
impallidito.
Seguì
il
suo sguardo con un movimento della testa.
Si
trovavano davanti alla vetrina di un fruttivendolo, dove stava esposta,
straordinariamente bella per essere fuori stagione, una montagnola di
banane;
una ragazzina a fianco della madre ne stava giusto sbucciando una. La
madre
pagava alla cassa.
-Thor?-
Steve non sapeva se preoccuparsi per l’innaturale
staticità dell’amico o meno.
Non faceva niente di strano, stava solo immobile a fissare le banane.
Tony
gli
diede un colpetto sul braccio, e il ragazzo sussultò come se
una scossa
elettrica l’avesse attraversato.
-Stai
bene?-
-Certo,
certo. Mai stato meglio. Vi dispiace se vi lascio, adesso? Dovrei
andare a
casa, Jane mi aspetta.- Thor disse tutto questo gesticolando
nervosamente,
mentre le sue gambe lo trasportavano lontano, un passo incerto dopo
l’altro.
Dimenticò persino di salutare.
Tony
si
alzò sulle punte dei piedi per poggiare il mento sulla
spalla di Steve.
-Secondo
me
non l’ha presa poi così bene.-
Che
palle,
pensò Steve. Queste predizioni stavano mandando tutti quanti
al manicomio;
maledisse chiunque avesse avuto l’idea di inventare quella
stupida Macchina
della Morte.
________________________________
Dopo
una
settimana la situazione sembrava essersi calmata, e Thor era tornato di
buon
umore.
Aveva
chiamato per dire che persino Loki si era tranquillizzato, e che i test
risultavano più puliti della sua casa, anche se doveva
credergli sulla parola,
perché da allora Thor non era più stato
autorizzato ad entrare. Loki aveva
bisogno di tempo per metabolizzare le sensazioni di pericolo a cui era
scampato.
Steve
aveva
appreso la notizia con molta calma. In verità gli
interessava di più sapere se
Thor stesse bene piuttosto che venire a sapere lo stato
d’animo di Loki, primo
perché non gli andava giù quella sua antipatia
per il suo fidanzato, e poi
perché ormai c’erano buone possibilità
che il fratello di Thor fosse bello che
andato, e Steve di problemi ne aveva già in abbondanza.
Così
fu
felice di trascorrere delle serate tranquille a casa.
In
quel
momento Tony era seduto sul divano a testa in giù, con le
gambe appoggiate alla
spalliera e i capelli che scivolavano sui cuscini, intento
chissà come a
giocare a un videogioco.
-Finito-
annunciò, gettando il joystick da una parte. Come riuscisse
a giocare in quelle
condizioni e a concludere con una tale rapidità Steve non lo
sapeva.
-Tanto
non
te ne compri uno nuovo.-
Tony
sbuffò. Steve gli si sedette accanto e gli passò
le dita tra i capelli, tirando
la frangia ancora più indietro. Gli occhi ambrati
dell’altro guardarono la sua
immagine capovolta.
-Non
ti
viene mal di testa, così?- domandò Steve
sorridendo.
-Si
possono
fare tante cose in questa posizione- gli rispose, accarezzandogli le
cosce con
una mano. Il biondino si piegò per baciarlo in quella posa
impossibile.
-Stavo
pensando che era da un po’ che non avevamo del tempo tutto
per noi, e volevo…-
Il
telefono
squillò interrompendo le sue parole.
-Lascialo
suonare- sbuffò Tony, allungando le braccia per trattenerlo,
ma Steve si stava
già alzando.
-Potrebbe
essere importante.-
Il
ragazzo
scivolò sul pavimento con una smorfia di delusione.
-Pronto?-
-Fate
qualcosa, non ne posso più!- gridò una voce di
donna al telefono, con una forza
tale da far sì che persino Tony se ne accorgesse; infatti si
sedette per terra
in ascolto. Steve ci mise un po’ a identificare la voce.
-Jane?
E’
successo qualcosa?-
Ecco
chi
era. Jane, la fidanzata di Thor, la FULMINATA.
-Non
ne
posso più! Va bene non farsi condizionare dalle predizioni
della Macchina, ma
questa… Questa è follia! Io non ci sto
più, Steven; devi dire a Thor di darsi
una regolata, perché io non riesco a ragionarci. Se continua
così giuro che me
ne vado!-
Il
biondo
era parecchio confuso. Jane era una ragazza intelligente e posata,
raramente
dava fuori di matto. In più Thor non era il tipo da
abbandonarsi a colpi di
testa; amava davvero Jane e non avrebbe mai fatto nulla per farla
soffrire,
quindi cosa poteva essere capitato di così grave da indurre
la ragazza a
chiamare in soccorso gli amici del suo fidanzato?
-Che
cos’ha
la FULMINATA?- chiese Tony, improvvisamente più interessato,
spegnendo la tv
per sentire meglio.
-Jane,
calmati e dimmi cos’è successo- insistette Steve,
con una mano sul ricevitore
perché Jane non sentisse la voce di Tony in sottofondo.
-Cos’è
successo? Cos’è successo?! E’ successo
che non posso vivere così un istante di
più, vieni a vedere di persona come Thor ha conciato il
nostro appartamento!-
Poi, con una vocina più bassa e più debole, come
se si fosse sfinita a forza di
gridare, -Steven, Anthony, fate qualcosa, convincetelo che questa
è pazzia
pura.-
Detto
questo posò il ricevitore.
Steve
rimase spiazzato con il telefono in mano, dopodiché decise
di cominciare a
vestirsi. -Credo che sia opportuno andare a casa di Thor e Jane.-
-No,
dài!-
supplicò Tony. –E il nostro tempo di
qualità? Non possiamo fare finta che non
sia successo niente?-
Le
labbra
del biondino si stirarono in un piccolo sorriso che non voleva essere
contraddetto. –Temo di no. Jane sembrava davvero
preoccupata.-
Tony
sapeva
che sarebbe stato inutile convincere Steve, e si ritrovò a
infilarsi le scarpe
prima di subito. –Lo sapevo che non dovevi rispondere-
biascicò.
Il
suo ragazzo
gli si avvicinò e gli lasciò un bacio a stampo
sulla guancia. –Recupereremo
stasera il nostro tempo di qualità, promesso.- Ma non era
poi tanto sicuro di
essere rimasto
deluso dall’interruzione.
Confessare di essersi lasciato contagiare dall’AIDS si stava
dimostrando più
difficile di una dichiarazione d’amore vera e propria.
Thor
e Jane
abitavano al primo piano di una palazzina color crema vicino a Central
Park. Un
posto carino che non aveva mai avuto niente di strano, se non fosse che
proprio
quel giorno Steve e Tony notarono qualcosa di insolito.
Le
finestre
sembravano essere chiuse, ma le tendine avevano qualcosa di diverso,
come delle
macchie o dei disegni… Thor doveva averle cambiate. La cosa
più strana comunque
era la quantità di banane spiaccicate che occupavano il
marciapiedi sotto le
finestre e davanti alla porta, come se qualcuno ne avesse rovesciato un
secchio
intero appena oltre in davanzale.
-Pensi
anche tu che ci sia qualcosa che non va?- domandò Tony,
salendo gli scalini di
ingresso attento a non pestare banane.
Steve
non
se ne capacitava. Scostò un paio di banane mezze marce con i
piedi e si pulì le
scarpe su uno zerbino con il disegno di un’altra banana
sorridente stampato
sopra. Quindi fece per suonare il campanello senza sapere che cosa lo
avrebbe atteso
oltre la soglia, ma prima che potesse riuscirci la porta si
aprì con un botto,
rivelando una donna dall’aria stravolta, con i capelli lunghi
sciolti e
scompigliati sulle spalle. Reggeva un cesto di banane con
un’aria spiritata.
-Jane,
no!
Rimettile a posto!- si sentì gridare da dentro.
La
ragazza
parve non essersi accorta subito di Steve e Tony, e lanciò
il cesto facendo
piovere frutta dappertutto. Tony fece appena in tempo a schivarla.
–Ma che
cazzo…?!-
Jane
gridò:
-Non voglio questa roba in casa mia!- Poi si rese conto degli ospiti.
-Steven,
Anthony, grazie al cielo!-
Tony
diede
di gomito a Steve. –Ma perché quelli che
conosciamo noi sono tutti matti?-
Steve
gli
fece cenno di stare un attimo zitto, e si lasciò trascinare
in casa da Jane.
-Allora
qual è il problema?- chiese.
-Questo!
Questo è il problema!- gridò la donna, chiudendo
la porta e abbracciando con un
gesto della mano l’intero appartamento.
I
due
ragazzi si lasciarono travolgere dall’intenso odore
dolciastro e dalla vista
spettacolare e… completamente gialla.
Banane,
banane, banane dappertutto. Ogni contenitore, ogni ciotola, ogni
superficie
disponibile era ricoperta di esemplari più o meno sani del
frutto, alcuni
ancora verdi altri con delle macchie stile giraffa, altre ancora
decisamente
sulla via della decomposizione.
E
non era
finita lì.
Le
pareti
erano ricoperte di carta da parati decorata con un motivo a banane
sbucciate,
quelle che sembravano macchie sulle tendine erano stampe di frutta, e
c’erano soprammobili
di plastica autocelebrativi di indovinate cosa?
Thor
fece
capolino tra tutto quel giallo.
-Ciao
Steve. Ciao Tony, cosa vi porta qui?- Sembrava assolutamente ignaro
della crisi
di nervi a cui stava andando incontro la sua ragazza.
-Ecco…-
tentò Steve, guardandosi intorno inquieto e cominciando a
chiedersi se Tony non
avesse ragione: quelli che conoscevano stavano diventando tutti pazzi.
–Jane ci
ha chiamato, e volevamo accertarci… che stessi bene. Tu stai
bene, vero?-
Il
viso di
Thor non sembrava quello di un esaltato. Sorrise con il suo solito
calore e
fece cenno di accomodarsi. –Benissimo. Posso offrirvi
qualcosa? Sedetevi pure.-
Tony
raggiunse il soggiorno e prima di sedersi spostò una
manciata di banane dal
divano. Non sapendo dove metterle le poggiò sul tavolino da
caffè a fare
compagnia alle altre.
-Queste
sono anche un po’ nere- osservò. –Non
è male il tuo nuovo mobilio, Thor, un po’
deperibile, magari…-
-Jane
non è
così entusiasta…- fece il ragazzo, aprendo una
credenza e tirandone fuori una
ciotola piena di qualcosa che Steve non riuscì a
identificare.
La
ragazza
perse la testa. Buttò a terra una zuppiera di banane
macchiate con una manata.
-Voglio
questo schifo fuori da casa mia! Ti avverto Thor, se non ti liberi di
tutta
questa robaccia, tra noi è finita!-
Se
ne andò
sbattendo la porta e schiacciando un paio delle banane che aveva
gettato sul
pavimento.
Thor
raggiunse i suoi amici in salotto e mise la ciotola sul tavolino da
caffè:
sembrava piena di patatine.
-Tornerà-
li rassicurò, -Deve solo abituarsi all’idea.-
-Quale
idea?- domandò Steve, afferrando una patatina. –Ha
a che fare con tutto
questo?-
Appena
se
la mise in bocca gli si strinsero le labbra. Quella roba era salata e
dolciastra insieme, ma di certo non aveva niente in comune con una
patatina.
-Banane
fritte- spiegò Thor con un sorriso. –Le ho fatte
io. Buone, vero? Se volete vi
posso fare anche un ottimo milk-shake.-
Tony
si
prese una banana sana e se la sbucciò, pensando che oltre a
far parte
dell’arredamento si potessero anche mangiare, e fregandosene
del resto. Come
dire, se vai in Inghilterra fai come gli inglesi, se vai in
manicomio… –Mi
accontento di un assaggino di queste. Odio la dieta monotona.-
-Insomma,
cos’è questa storia delle banane?- volle sapere
Steve, che posò la fettina di
frutta fritta nella ciotola; le situazioni surreali in cui si stava
cacciando
cominciavano ad innervosirlo. Thor avrebbe dovuto essere terrorizzato
alla sola
idea di vivere in un posto del genere, non si spiegava il
perché del suo
atteggiamento allegro.
-Sapete
che
il mio cartellino dice: SCIVOLANDO SU UNA BUCCIA DI BANANA, vero?- fece
Thor.
-Sì…-
sibilò Steve.
-Ebbene.
La
settimana scorsa ho realizzato che non ho mai completamente accettato
il mio
destino. Ho ripensato a Loki, e a come si è ridotto cercando
in tutti i modi di
evitare che il suo pronostico si realizzasse. Ebbene, ho deciso che io
non
vivrò così. Mi sono detto che ormai era giunto il
momento di superare la mia
paura, e ho creduto che il modo migliore per farlo fosse circondarmi
della cosa
che avevo cominciato a temere.-
-Banane…-
disse Tony, con la bocca piena, lanciando a Steve un’occhiata
che diceva:
“Usciamo immediatamente da qui.”
Thor
annuì.
–Già. Banane. Capite? Se riesco a vivere in questa
casa, con tutto quello che c’è
dentro, non avrò più paura di niente.-
-Non
avrai
un tantino esagerato? Jane sembrava furiosa. Spero che tu non abbia
riempito in
questo modo anche la camera da letto.-
Il
padrone
di casa congiunse le mani e assunse un’aria da pecora, ma
ebbe la decenza di
non negare l’innegabile. –Non riesce ancora a
capire quanto bene mi abbia
fatto. Adesso non ho più paura di quello che mi riserva il
futuro. Se fosse
possibile vorrei fare una cosa del genere anche per lei e Loki.-
Steve
si
mise la mani sotto le gambe per impedirsi di svegliare a suon di
schiaffi il
suo amico, mentre Tony sputacchiò un po’ di
banana. Visto il cartellino di Jane
era meglio non fare esperimenti che avrebbero potuto rivelarsi letali,
in
quanto a Loki non erano sicuri che avrebbe gradito un intervento di
Thor nella
sua vita privata e microbiologicamente sterilizzata.
Fu
Steve a
porre la domanda decisiva. –Ma se adesso stai meglio
perché non te ne liberi?
Di tutte queste banane, intendo.-
Thor
si
morse le labbra, incerto. –E se poi mi torna
l’ansia? Finché vivo circondato da
tutto quello che una volta mi terrorizzava mi sembra che il mondo sia
tornato
normale, non me la sento ancora di buttarle via.-
-Normale…-
Questo lo diceva Tony.
-E
poi…-
continuò Thor. –Si tratta di cibo ancora buono,
pieno di potassio e vitamine.-
Steve
si
alzò dal divano. Ne aveva avuto abbastanza di quelle manie
che la Macchina
instillava nei suoi conoscenti. Soprattutto non era sicuro di che
effetto
avessero su Tony. Meglio andare via.
-Beh,
adesso noi dobbiamo proprio andare. Grazie delle… dello
snack. Se però potessi
ridurre un po’ la quantità di frutta che ti porti
in casa… O magari non
attaccare ai muri questa carta da parati con le banane… Per
il bene di Jane,
sai. Lei ti vuole bene, ma l’esagerazione mette a dura prova
i nervi di
chiunque.-
Thor
annuì,
pensandoci su.
-Ok,
ci
proverò. Magari le preparo una bella cena intima e ne
parliamo.-
-Magari
potresti portarla fuori- suggerì Tony, mentre prendeva la
sua giacca e apriva
la porta. Sembrava proprio che l’unico cibo disponibile in
quella casa fossero
banane, e Jane non avrebbe accettato che l’argomento della
discussione
diventasse anche la sua cena. –Ci vediamo presto, Thor.-
Lui
salutò
i ragazzi con una mano, impugnando una scopa per spazzare il
pianerottolo
ingombro delle banane che Jane aveva gettato e calpestato. –A
presto!-
Appena
furono al sicuro da occhi indiscreti, Tony scoppiò a ridere.
-L’ho
sempre detto che quel ragazzo ha le banane al posto del cervello*.-
-Non
è
divertente Tony- lo rimproverò Steve, che ancora non si
capacitava della scena
a cui aveva assistito.
L’altro
gli
batté una mano sulla schiena. -Avanti! Cheer up, Stevie boy.
Non dirmi che non
ci hai trovato niente di comico.-
Il
biondino
osservò gli occhioni scuri di Tony, sorridenti e lucidi di
gioia come delle
gemme appena lustrate. Si lasciò trasportare. Magari era
meschino a ridere
delle disgrazie altrui, ma si fece scappare un sorriso.
-Ok,
era
divertente. Dio, tutte quelle banane…-
-Potrebbe
donarne un po’ allo zoo locale, gli scimpanzé ne
sarebbero entusiasti!-
-Di
sicuro
più di Jane!-
-Cazzo,
era
isterica! Tu non mi hai mai fatto una scenata così!-
Si
mise a
ridere più forte, e Tony si unì a lui,
sostenendosi legando le loro braccia
insieme. Agli occhi dei passanti erano semplicemente una coppia di
fidanzati
molto allegra, intenta a godersi la vita.
Steve
espresse il desiderio che fosse così per sempre, e se ne
infischiò di tutte le
Macchine e delle loro predizioni. Magari la loro vita non sarebbe stata
lunga,
ma di certo si sarebbero impegnati per renderla felice.
N.d.A.
Siccome il primo capitolo mi era
uscito un po’ serioso, il secondo è stato
più leggero.
SCIVOLANDO SU UNA BUCCIA DI BANANA
doveva uscire nel test di qualcuno, e siccome tutti gli altri avevano
già il
loro destino segnato, ecco che ho pensato a Thor. Che fareste con una
predizione così? A me probabilmente verrebbe uno di quegli
attacchi di risa del
tutto fuori luogo, e non riuscirei a fermarmi, perché pur
essendo tragica la
cosa ha un lato ironico, è molto stupida in
verità.
GERMI è più consona al buon
gusto.
Forse.
Loki ha un caratterino niente male,
non credo che abbia paura della morte. E’ pur vero
però che quando ci si trova
di fronte alla fine, quella vera, le chiacchiere servono a poco, e la
gente la
paura la prova lo stesso, lo so, è inutile. Se non avesse
ricevuto un responso
simile probabilmente anche di fronte alla possibilità di
morire per
un’infezione non si sarebbe così spaventato, ma la
probabilità concreta di
essere arrivati alla vera conclusione è un’altra
cosa. Ho voluto concretizzare
uno shock di questo tipo.
Jane è una FULMINATA. Non ce
l’ho
con lei, poveretta, mi piaceva solo come suonava la parola. Mi piace
anche
“Fulmicotone”.
Scommetto che invece non
indovinerete mai il destino che ho riservato a Brock Rumlow^^ Spero che
vi farà
sorridere, dopotutto questa è nata come fic grottesca, e il
grottesco lascia
spazio a un po’ di sarcasmo ed ironia.
*In inglese “Going
bananas”
significa dare fuori di matto. Ho voluto giocare un po’ con
le parole.
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