La Risposta alla Felicità.

di Frashton_Drew
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** -Prologo- ***
Capitolo 2: *** Chapter One ***
Capitolo 3: *** Chapter Two ***
Capitolo 4: *** Chapter Three ***
Capitolo 5: *** Chapter 4 ***



Capitolo 1
*** -Prologo- ***


 
Londra, 3 Novembre 2013


Cara Alex,
 Sono passati ben 65 giorni, 2 mesi e 3 giorni, da quando ho lasciato l'Australia per raggiungere Londra.
Sai, conto ogni giorno sul calendario, conto il tempo che ci divide, quello che ci lasciamo alle spalle ogni volta che tramonta il sole e il tempo che ci aspetta, quello da affrontare, 179 giorni, 7 mesi.
 Di tutti questi giorni non ce n'é uno in cui io non pensi a te, perché quando una persona è una parte essenziale e costante della tua vita non riuscirai mai ad abituarti alla sua assenza.
Come ti ho già detto nell'ultima lettera l'Inghilterra è un posto fantastico, sono riuscito ad integrarmi facilmente ed ho perfino acquisito un certo accento che ti farà impazzire.
Ricordo ancora quegli interi pomeriggi d'estate in camera tua su youtube a cercare video per imparare un corretto accento inglese e tu non facevi altro che ridermi dietro dicendo che ero ridicolo e che mi avrebbero preso per un disagiato.
Notizia dell'ultimo minuto cara mia, quando sei Australiano fino al midollo é difficile parlare inglese.
 Comunque, parlavamo della bellezza di questo posto. Sai, qui é tutto diverso, voglio dire, la gente e il loro modo di vivere, così frenetico ed ordinario.
 Sono sicuro che tu non sopravvivresti neanche un giorno qua, senza la tua tavola da surf poi. Io ho provato a surfare nella fontana di Trafalgar Square...okay, non l'ho fatto davvero.
 Qua a Londra vivono tutto in modo così superficiale, ho come l'impressione che non si godino davvero la vita come facciamo noi. Qualche giorno fa io ed alcuni ragazzi siamo andati in Scozia, volevo vedere dal vivo quei paesaggi che vedevamo nelle foto.
 Beh, sono fantastici. Certo, fa un po’ freddo, ma quei prati verdi immensi con quella lieve nebbiolina infondono tanta tranquillità.  Mentre osservavo quei paesaggi mi sono venuti in mente alcuni nostri ricordi.
 Fra questi mi é tornata in mente la nostra lista delle domande, ti ricordi?
Penso che abbiamo speso questi ultimi 3 anni ad aggiungere domande e dubbi a quella lista, tipo:" E' possibile innamorarsi a prima vista?" o "Si può essere amici tra maschio e femmina?" e anche "Il principe azzurro esiste?" Ho la lista con me nella valigia, ci ho dato un'occhiata e ho contato ben 39 domande con la promessa che gli avremmo dato una risposta vivendo.
 Perché come abbiamo sempre detto: la vita ti insegna a vivere.


 Ecco Alex, in quei minuti, mentre pensavo alle nostre domande me ne è venuta in mente un'altra, così facciamo il numero tondo.
 Alex, nella vita, si può essere felici? Intendo, davvero felici? Una felicità  quasi persistente, quasi eterna.
Perché ultimamente mi sono reso conto che quando la gente é felice lo é per poco tempo.
Siamo felici quando andiamo bene a scuola, siamo felici quando ci innamoriamo, siamo felici quando ci sorprendiamo, quando ci regalano i biglietti per un concerto. Ci sono tanti momenti in cui siamo felici Alex, ma ce ne sono altrettanti in cui non lo siamo.
 Quindi Alex, secondo te, si può essere felici sempre? O almeno, si può essere felici per tanto tempo? Perché io vorrei esserlo.
 Scrivimi presto, aspetterò una tua risposta.
                                                                                                                   
                                                                                                                                                      Tuo Luke.

P.S. Mi manchi, ma imparerò a sopravvivere.

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Capitolo 2
*** Chapter One ***


 
Ciao a tutti:)

Mi chiamo Francesca, ho 16 anni e questa é la mia prima fanfiction in assoluto!

Adoro scrivere e spero davvero che grazie a questa storia si capisca quanto ci tenga.

Ho voluto scrivere qualcosa che parlasse un po' di me, di ció che mi piace e di esperienze vissute, quindi tramite questa storia avrete modo di conoscere alcuni miei tratti.

Per il resto spero che sia di vostro gradimento, non lo faccio per passare il tempo ma per fare qualcosa che amo con le persone che amo, ovvero quei 5sauce lol.

Spero che seguiate in tanti la storia perchè essendo la mia "prima volta" sono molto su di giri e sarebbe bello vedere un po' di apprezzamento (certo che se vi fa schifo potete dirlo...anzi no, tenetevelo per voi e smettete di leggere lol).

Lasciate recensioni se potete, con quello che avete da dire, che pensate e consigli per migliorare!

Voglio anche ringraziare Ver Tomlinson Kaulitz (
 http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=7201839) per l'immenso aiuto che mi da per pubblicare i capitoli e il sostegno morale di cui ho bisogno per scrivere questa storia (aw) ti voglio bene.

Vorrei dedicare questa storia alla mia migliore amica a distanza e a tutte le persone che leggendola troveranno un po' di loro stessi in quelle parole. Grazie a tutti per l'attenzione e buona lettura:)


Dai che leggere fa bene Peace;)












 

-Chapter One -

 



 

 

Richiudo la lettera sorridendo divertita dalla solita ironia di Luke e intenerita dalla sua dolcezza.
 Da quando é partito per l'Inghilterra sembra che ogni giorno abbia perso d'importanza, sembra che il sole non abbia la luce chiara di sempre e sembra che le stelle brillino di meno.
 Da quando Luke é partito, tutto é cambiato ed io mi sono dovuta abituare ad una vita senza di lui, senza il mio migliore amico.

Avete mai provato a stare lontano dal vostro migliore amico? Bé vi do un'anticipazione: fa schifo.
 Fa schifo perché ti manca sempre qualcosa, quel saluto in più, quel sorriso o quella risata che riempie lo spazio circostante, quella voce cosi familiare.

 Sospiro rassegnata e torno a concentrarmi sulla lettera mentre mi alzo per riporla nel cassetto, ripenso alle parole di Luke ma soprattutto alla sua domanda: Si può essere davvero felici nella vita?
 Non lo so Luke, non lo so.
 Forse si, forse ognuno di noi ha una possibilità di esserlo e sta a noi capire quando essa arriva, ma non è ciò di cui lui parla, la felicità eterna non penso davvero possa esistere.

Decido di aspettare qualche giorno prima di rispondere a Luke, così richiudo il cassetto e scendo di sotto.
 "Alex, dov'eri finita?" Mi chiede mia madre sbucando dalla porta della cucina.
"Mi ha scritto Luke." Ribatto proseguendo verso il salotto dove trovo mio fratello seduto sul divano a guardare la TV.
 "Oh, come sta?" "Sta bene, adora l'Inghilterra."

 Mi lascio cadere di fianco a mio fratello e sento il suo sguardo posarsi interrogatorio su di me.
 Immagino abbia qualcosa da dirmi ma non ci faccio caso e continuo a fissare la televisione che sta trasmettendo il telegiornale delle 20.
 Dopo qualche minuto sento ancora lo sguardo di Ryan su di me così mi volto di scatto verso di lui.
"Che cavolo vuoi Ryan?" sbotto.
"Sei ancora così  perdutamente innamorata di quel ragazzo." Commenta lui con un sospiro finale di rassegnazione.
Spalanco gli occhi sbalordita e incrocio le braccia al petto. "Questo è un argomento che ho chiuso ormai da tempo."
 "Come vuoi, ma io resto della mia idea."
Mi alzo di scatto sbuffando e raggiungo mia madre in cucina dove sta tagliando delle verdure.
"Ti fa impazzire tuo fratello?"
 "Non lo sopporto più, dovrebbe avere 18 anni eppure si comporta come un bambino. Continua a insistere sulla storia di Luke." Mi appoggio al piano di lavoro incrociando le braccia al petto.
"Smetterà di romperti quando troverai un ragazzo." Esclama senza scomporsi.
 "Certo, come no." "Senti se c'è qualcosa sai che puoi dirmelo."
"Lo so mamma e comunque non preoccuparti, Luke è ormai una cosa vecchia, ora siamo solo amici, come sempre." Le spiego tranquillamente.
 "Eri proprio persa per quel ragazzo." Commenta lei sorridendo.
 "Non posso negare che il mio migliore amico non sia affatto male." Entrambe scoppiamo a ridere e sento la tensione allentarsi, mi avvicino a lei e afferro un coltello.
 "Dai, ti do una mano." Lei mi allunga alcuni pomodori che inizio a tagliare in una ciotola mentre lei cuoce la carne nella padella.
"Ti manca non é vero?"
 "Certo mamma, é normale. Stavamo insieme tutti i giorni e all'improvviso lui é sparito, non é facile ma ce la si fa. So quanto sia importante per lui questa opportunità che gli hanno dato quindi posso solo essere contenta."

 Parlando mi tornano in mente alcuni momenti vissuti con Luke e fra questi cattura la mia attenzione quello del suo annuncio. Era appena iniziata l'estate, io ero a casa mia ma non ricordo cosa stessi facendo, probabilmente nulla come al solito, quando suonò il campanello. Scesi per aprire la porta e Luke balzò in casa con un sorriso smagliante e una faccia estasiata.
Mi disse che era stato preso per il tirocinio a Londra, quel tirocinio per il quale aveva combattuto mesi e mesi, quel suo sogno che doveva per forza avverarsi e allontanare noi.
 E così stato. Ero contenta per lui, lo ero davvero, ma, inevitabilmente iniziò a farsi spazio dentro di me quel dolore nello stomaco, il sassolino nella scarpa, che ti assilla giorni e giorni ricordandoti che nonostante tutto sembri perfetto c'é qualcosa che non quadra, che non va
. E ciò che non andava era Luke, quel dolore mi ricordava che lui se ne sarebbe andato.
 Allora ti dividi a metà, una parte di te vuole che lui vada per avverare il suo sogno, perché vuoi solo il suo bene, ma l'altra metà ti dici di voler bene anche a te stessa e sai che ciò può accadere grazie a lui, quindi lo legheresti con le catene per farlo rimanere.
Certo é da egoisti, ma sono cose che non puoi evitare quando tieni davvero a qualcuno.

 "Sei davvero una buona amica." Scuoto la testa rinvenendo dai miei pensieri e mi volto verso di lei sorridendole.
 "Ryan!" Grida mia madre dopo qualche minuto
. "Che c'é?" "Apparecchia la tavola." Mio fratello sbuca irritato dal salotto.
 "Non può farlo Alex?"
 "Tua sorella sta già facendo altro quindi devi farlo tu." Lo sento sbuffare e sorrido soddisfatta.

 Dopo circa 20 minuti mia madre porta il cibo ancora fumante in tavola e noi ci sediamo.
 
"Allora ragazzi, com'é andata oggi a scuola?" Chiede mio padre scrutandoci.
"Tutto bene." Rispondiamo quasi all'unisono.
 "La tua verifica di matematica Rosy?" Mia sorella alza lo sguardo dal piatto di carne davanti a lei e sorride compiaciuta. "Davvero facile."
 "Eri tanto preoccupata per niente." Commenta mia madre e tutti sorridiamo divertiti per poi iniziare a mangiare.
 "Hai sentito Luke?" Alzo lo sguardo di scatto e trovo mio padre fermo a guardarmi, deglutisco.
"Mi è arrivata una sua lettera questo pomeriggio."
 "Come gli vanno le cose?" "Sta bene, gli piace molto il posto e la gente." ribatto indifferente, sento ancora quella lieve tensione che si crea tutte le volte che parliamo di Luke e mi sento soffocare, bevo un sorso d'acqua.

Finito di cenare aiuto mia madre a sparecchiare e poi salgo in camera per riposare.
 Prendo il PC e mi siedo sul letto, lo accendo e decido di entrare su Facebook per dare un'occhiata.
 Appena entro vedo illuminarsi la casella dei messaggi, la apro e trovo un messaggio di Luke.

"Aaaax!"

 Sorrido scuotendo la testa, è la prima volta che mi chiama così.

"Buonasera Lucas."

"Luke, con permesso. Ho trovato la connessione a Internet, sto facendo i salti di gioia."

"Ricordati che non sei un canguro."

 "Lasciamo stare quegli animali, ho ancora il livido nella gamba."

 Sorrido ripensando al giorno in cui Luke ha deciso di essere alquanto amichevole con un canguro che, al contrario, ha ricambiato con un calcio.

"Esagerato, ma dimmi, quel canguro é ancora parte dei tuoi incubi?"
 
"Avanti Alex, in quelli ci sei ancora tu." Scoppio a ridere scuotendo la testa.


 Una cosa che ho sempre amato di Luke é il suo senso dell'umorismo, che ci ha sempre uniti.
 
"Senti Alex, c'hai pensato a quella domanda?" Mi chiede facendosi più serio.

"Si Luke, ma ora non so risponderti."

"Immaginavo, allora continuiamo a vivere.

 "Continuiamo a vivere. Ora vado a letto, qua sono già le dieci.”

 "Dannato fuso orario! Aspetto la tua lettera! Buonanotte Alex, mi manchi.”

 "Buonanotte Luke, manchi anche a me."

 Resto qualche minuto a fissare lo schermo, rileggo la conversazione e mi rendo conto di quanto quel ragazzo sia lontano da me, e quelle parole scritte su uno schermo non sono abbastanza, non riescono a riscaldarmi il cuore come quelle pronunciate dalla sua calda voce.
 Chiudo la chat ed esco da Facebook, spengo il PC e lo appoggio sul mobiletto di fianco a me.
Sento la stanchezza incominciare a prendersi piccole parti del mio corpo e decido di non opporre resistenza. Mi stendo sul letto e lascio sprofondare la mia testa nel cuscino fresco e profumato di lavanda.

Mi é sempre piaciuto l'odore di lavanda.

 

 


 

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Capitolo 3
*** Chapter Two ***


Schiudo gli occhi e sbatto le palpebre un paio di volte prima di abituarmi alla luce chiara del sole che penetra dalle fessure degli scuranti.
 Sbadiglio ancora assonnata e lancio un'occhiata all'orologio: 7.05.
 Mi alzo barcollando e raggiungo la camera di Rosy. La trovo rintanata sotto le coperte, mi avvicino a lei, le scosto dal viso alcune ciocche dei suoi morbidi capelli castani, il suo respiro pesante e regolare mi fa capire che é ancora nel sonno profondo.
 
"Rosy. Rosy, sono le sette." Lei rimane impassibile.
 
"Rosy, dai. Alzati." Alzo leggermente la voce e la muovo con una mano, lei emette un gemito disgustato e infastidito e apre lentamente gli occhi.
 
"Se non ti alzi entro 5 minuti ti vengo a buttare giù."
 
 "Arrivo, che palle." Mormora gettandosi il cuscino sulla faccia, sorrido divertita ed esco dalla sua camera, entro in bagno per darmi una rinfrescata e dopo essermi lavata il viso e pettinata un pó i capelli torno in camera mia per vestirmi.
 
 Essendo in Australia ed essendo Novembre, fa un certo caldo così opto per un leggins nero e una t-shirt abbastanza lunga e colorata, mi infilo le scarpe e afferro la borsa appoggiata sulla sedia.
 
"Buongiorno Alex." Annuncia mia madre, la sua voce suona dolce e un po’ rauca, si é svegliata da poco ma é già pronta per andare al lavoro, come al solito.
 
 "Buongiorno." Apro il frigorifero e tiro fuori una bottiglia di latte.
 
 "Si é svegliata Rosy?"
 
"Teoricamente si."
 
 Lei sorride annuendo e posa dentro al lavandino la sua tazza mentre io verso nella mia un pó di latte e afferro uno dei toast posti in un piatto sul tavolo, ancora caldi.
 
"Quando smetterai di fare colazione con toast e latte?" Mi chiede lei disperata dopo avermi osservata per qualche minuto.
 
 "Non vedo cosa ci sia di male." Annuncio strappando un morso al mio toast, adoro sentire il sapore del pane tostato che si miscela con quello salato del prosciutto, é una vera goduria.
 
 "È alquanto disgustoso."
 
 "Non mi va il succo, preferisco il latte." Ribatto decisa concludendo il discorso, lei alza le spalle indifferente ed esce dalla cucina.
 
 "Oggi faccio un po’ tardi, pensaci tu a Rosy." Grida dal salotto, sento il rumore delle chiavi e la porta principale aprirsi.
 
 "D'accordo, buona giornata." Grido di rimando con la bocca piena, la porta si chiude e in casa cala il silenzio.
 
 Riesco solo a sentire il rumore dei passi di Rosy e dei miei denti che masticano il cibo. Siamo rimaste solo io e mia sorella in casa.
Mio padre, insegnante di musica, lavora tutto il giorno fino a tarda sera perché molto spesso organizza anche eventi musicali in giro per la città mentre mio fratello è in prova da un paio di mesi in un'officina.
 "Sono pronta." Mi volto di scatto e trovo Rosy davanti a me, i suoi capelli sono legati in una coda, indossa una t-shirt con sopra una felpa e un paio di jeans lunghi.
 
Sorrido scuotendo la testa. "Che c'é?" Sbotta allargando le braccia.
 
 "Avrai caldo."
 
 "O magari freddo, tu che ne sai?!"
 
 "Ne so più di te perché vivo qui da più tempo di te e ti conosco bene, quindi secondo la temperatura di questo Paese e il tuo modo di essere so che avrai caldo." Annuncio posando la tazza nel lavandino.
 
 "Ti odio. Possiamo andare per favore?"
 
"Andiamo." Chiudo la porta di casa a chiave ed entriamo in auto.
 
 "Se vuoi stare davanti devi metterti la cintura." L'avverto mettendo in moto.
 
 "Non dirmi cosa devo fare."
 
 "E se facciamo un incidente?"
 
 "Non facciamo un incidente." Sbotta noncurante.
 
 Lo ha voluto lei, mi ha lanciato la sfida. Appena usciamo dal vialetto e imbocchiamo la strada accelero velocemente percorrendo una decina di metri, mi guardo dietro assicurandomi che non ci sia nessuno pr poi frenare bruscamente, sento Rosy lanciare le braccia davanti a sé per parare il colpo che per poco non la sballottava conto il vetro. Si volta verso di me sbigottita.
 
"Ma che cavolo fai, Alex? Tu sei pazza!" "Avevo detto di metterti la cintura. 1 a 0." Annuncio soddisfatta alzando le spalle, lei mi squadra per qualche secondo per poi lasciarsi cadere contro lo schienale e afferrare la cintura, sorrido compiaciuta e rimetto in moto.
 
 Il quartiere in cui abito, Palm Beach, é il quartiere più a nord della città, si trova su una lingua di terra distante circa 40 km da Sydney perciò la vita qui non é frenetica come quella nel centro, qui non c'é quasi mai traffico e non si respira tutto quell'inquinamento.
 Mi é sempre piaciuta Palm Beach, voglio dire, fa parte di un'immensa città eppure è piccola e lontana da tutto e tutti.
 
Adoro il mare che circonda la terra, adoro sentire le onde infrangersi contro le rocce sulla spiaggia e il vento che rinfresca, che muove le foglie degli enormi alberi che percorrono tutta la piccola penisola. Tutto qui è così pacifico e solare. Palm Beach è il regno dei surfisti, é una Bondi Beach solo un po’ più grande.
 
Ne trovi ovunque e sempre, di surfisti, li vedi cavalcare certe onde che ti cavano il fiato, arrivano qua, tavola sotto braccio e corrono alla rinfusa verso il mare che li aspetta, non hanno paura di niente.
 
 Li ho sempre osservati da piccola, li guardavo dalla finestra di casa mia, e percepivo la loro energia, la loro passione, la loro libertà.
 Volevo sentirmi libera come loro, volevo svegliarmi la mattina e dimenticarmi di tutti i problemi, afferrare la mia tavola da surf e affrontare quelle onde gigantesche, volevo mettermi alla prova con la forza della natura.
 
 Probabilmente fu tutto grazie a mio padre, mi osservava spesso mentre stavo seduta sulla sabbia a guardare quelle persone surfare, leggeva la curiosità e la voglia nei miei occhi tutte le volte che rientravo in casa.
 Fu lui a regalarmi la mia prima tavola da surf, avevo 8 anni, era Natale, e visto che qua a Natale facciamo l'albero in costume, decisi di correre sulla spiaggia per provare la mia nuova tavola.
 
 In quegli ultimi mesi, osservando i surfisti, avevo memorizzato ogni loro movimento, come e dove legare il laccio della tavola ad esempio, o la corretta posizione da mantenere su di essa, mi lanciai in acqua, stesa su quel pezzo di legno, il mare non era molto mosso ma alcune piccole onde c'erano lo stesso, sembravano fatte su misura per me.
 Appena vidi la prima venirmi incontro non posso negare di aver avuto paura, ma ormai ero li, mi alzai lentamente sulla tavola cercando di mantenere l'equilibrio, scivolavo sull'acqua in direzione di quell'onda, dietro di me sentivo le grida di mio padre:
 
"Avanti Alex, piegati di più su quelle ginocchia e muovi quella tavola."
 
Ci provai, ma inevitabilmente caddi in acqua ribaltata dalla forza dell'onda. Era la mia prima, poi ce ne fu una seconda, una terza e una quarta e in poco tempo diventai un piccolo fenomeno.
 
 Ogni volta che tornavo da scuola correvo in spiaggia senza neanche mangiare e mi catapultavo su quelle onde, grandi o piccole che fossero, le cavalcavo e basta, mi piaceva. Ed é così tutt'ora, dopo 9 anni.
 
 Mio padre ha sempre voluto infondermi la passione per due cose: la musica e il surf.
 
 Ce l'ha fatta con entrambe, l'unica differenza é che la musica mi limito ad ascoltarla mentre il surf riesco a farlo. Ma non mi lamento, lui mi dice sempre di iscrivermi a scuola di canto ed io, timida e testarda, rinuncio sempre.
 
 "So già fare a surfare." Protesto io.
"Ma sai anche cantare." Ribatte lui, ma é inutile, è una semplice lotta con me stessa.
 
Le lezioni iniziano alle 9 così, dopo aver lasciato Rosy a scuola faccio un salto alla caffetteria di fiducia del quartiere.
 Dimenticavo, altra passione degli abitanti di Sydney, oltre al surf, il caffè.
 
"Alex!" Vengo accolta dalla voce squillante di Becky, la padrona del locale, una signora di mezza età dalla curve un po’ rotonde, i capelli corti e ricci che iniziano a farsi sempre più bianchi e due piccoli occhi vispi che spiano il mondo da dietro un paio di occhiali da vista rotondi.
 
 "Ciao Becky." Ricambio avvicinandomi al bancone.
 
Immediatamente vengo raggiunta da quel profumo di caffè, così caldo e intenso, così familiare.
 
"Cappuccino?"
 
 "Come sempre." Mi siedo su uno degli sgabelli affiancati lungo il bancone e resto qualche secondo a osservare Becky mentre prepara il mio cappuccino.
 
"Pensavo avessi già fatto colazione." Annuncia una voce sicura e calda alle mie spalle.
 
 "Michael!" Esclamo sorpresa voltandomi. "Certo, ma il cappuccino mi fa arrivare a sera." Aggiungo sorridendo, lui annuisce scuotendo la testa.
 
 "Come stai, Alex?"
 
"Non c'é male, tu?"
 
 "Non c'é male." Sorridiamo entrambi mentre lui si siede di fianco a me.
 
"Come vanno le cose con Luke?" Mi chiede titubante come se fosse un argomento fin troppo sensibile, un pezzo di vetro troppo fragile.
 
Sento un nodo formarsi nella gola, deglutisco per poi schiarirmi la gola.
 
"Tutto bene, ci sentiamo tutte le volte che possiamo. Là sta bene quindi sono contenta." Annuncio facendo una smorfia di finta convinzione, perché più lo dico più mi accorgo che sto semplicemente mentendo a me stessa da troppo tempo.
 
"Sai, quando ci sentiamo parliamo anche di te, gli manchi molto." Ammette lui accennando un piccolo sorriso all'angolo della bocca, un secondo nodo si forma nella gola, scosto le sguardo da quello di Michael sapendo che mi conosce talmente bene da leggere nei miei occhi qualsiasi mia emozione.
 
 "Oh... Bé, manca molto anche a me." Mormoro.
 
"Continua a dirmi di tenerti d'occhio." Aggiunge sorridendo, alzo gli occhi al cielo sospirando mentre Becky appoggia vicino al mio braccio il mio cappuccino, mi volto verso di lei e ci scambiamo un sorriso veloce.
 
Afferro il bicchiere e soffio un paio di volte per poi portarmi alla bocca la bevanda bollente. Il sapore così intenso mi rilassa e mi fa sentire meglio, chiudo per qualche secondo per gustarla meglio.
 
Ricordo tutte le mattine in cui io e Luke ci svegliamo presto la mattina per andare a surfare, durante le vacanze, prima non mancavamo mai di berci il nostro cappuccino, era diventata una tradizione, un rito propiziatorio per la giornata che doveva iniziare, e se per qualche ragione non riuscivamo a prenderlo allora voleva dire che la nostra cavalcata sarebbe risultata un fallimento, per noi portava sfortuna.
 
 Una mattina andammo alla caffetteria ma la trovammo chiusa per ferie, inutile dire che si leggeva il panico nei nostri volti, decidemmo comunque di andare alla spiaggia.
 
Inizialmente tutto prometteva bene, poi, come da copione, un'onda presa male da Luke lo scaraventò contro una roccia. Si é passato gli ultimi giorni di vacanza in ospedale, ed io con lui, come sempre.
 
Una delle cose più divertenti erano i baffi sotto al naso creati dalla schiuma del cappuccino ogni volta che lo bevevamo, ci pulivamo a vicenda scoppiando a ridere, ora che Luke non c'é faccio sempre attenzione a non sporcarmi, perché a pulirmi da sola mi sento stupida.
 
 Il cappuccino era una di quelle cose che ci univano, come la musica e il surf, un'abitudine condivisa che vissuta da sola non ha più la stessa importanza, non ha più senso.
 
 "Secondo me dovresti andare a Londra da Luke." Apro gli occhi all'improvviso e deglutisco rischiando di mandare di traverso il cappuccino, tossisco portandomi una mano alla bocca poi torno a guardare Michael sbigottita.
 
"Che hai detto?"
 
"Dovresti andare a Londra da Luke." Ripete alzando la voce.
 
"Non se ne parla." Sbotto scuotendo la testa.
 
 "Qual é il problema?"
 
 "C'é la scuola, è troppo lontano, i miei non mi farebbero mai andare da sola e una volta che sono la che faccio? Lui ha le sue cose da fare." Mormoro rassegnata fissando l'interno del mio bicchiere.
 
"Allora, ci vai durante le vacanze di Natale, in aereo diventa vicino, non sei da sola vengo con te e pensi davvero che il tuo migliore amico che non vedi da mesi non riesca a trovare del tempo da passare con te? Tu ne sai un quarto delle cose che quel ragazzo farebbe per te." Esclama convinto e quasi spazientito come se stesse cercando di farmi vedere la vera realtà.
 
 Sospiro scuotendo la testa, chino il capo verso il basso mordendomi il labbro inferiore appena realizzo che Michael ha ragione; Luke farebbe tanto per me. Lo ha sempre fatto e poche volte me ne sono accorta.
 
 Come quando rinunciò ad una serata che gli avevano proposto in un locale con la sua band per venirmi a fare compagnia in ospedale dopo essermi fratturata il polso andando a sbattere contro un altro surfista, il mare era davvero mosso, la visibilità pessima ma io decisi di provare comunque. Assicurarsi sempre di avere una certa distanza da un altro surfista prima di prendere la stessa onda, io non ci avevo dato molta importanza.
Luke ha sempre amato fare musica e molto spesso ha dovuto rinunciare ad essa per me.
 
 Scuoto la testa rinvenendo dai miei pensieri e torno a guardare Michael che é rimasto a fissarmi di sbieco, in attesa di una risposta. "Cosa ti aspetti che io dica?"
 
"Si Michael, non vedo l'ora." Esclama lui imitando una vocina femminile irritante.
 
 "Bé, non é quello che dirò perché non é quello che penso.
 
 Se ora lui é la ed io sono qua un motivo deve esserci, quindi voglio lasciare le cose così." Bevo un altro sorso di cappuccino nel tentativo di calmarmi, poi appoggio il bicchiere sul bancone e prendo fuori il portafoglio.
 
"Ed io non ostacolerò la tua scelta. Ma sappi che voi due avete bisogno di vedervi se volete continuare ad essere a amici." Confessa alzando le spalle.
 
 "Michael, ce la faremo, davvero." Ribatto accennando un sorriso di convinzione all'angolo della bocca.
Lui alza le mani in segno d'arresa e resta a fissarmi mentre lascio i soldi a Becky.
 
 "Salutami tutta la famiglia, eh." Esclama lei stringendomi una mano.
 
Annuisco sorridendo e stringo la sua. "E non preoccuparti per Luke, sarai sempre la sua pesciolina."
 
 Chino la testa scoppiando in una timida risata. Pesciolina, Luke iniziò a chiamarmi così dal giorno in cui lo battei in una delle nostre solite gare di nuoto.
 Diventò il mio soprannome, ma solo per lui, si arrabbiava ogni volta che qualcun'altro mi chiamava così.
 
Esco dalla caffetteria seguita da Michael e raggiungo la mia auto.
 
 "Ci vediamo oggi pomeriggio alla spiaggia, okay?" Annuncio aprendo la portiera, lui resta a fissarmi dall'altra parte dell'auto con un sorriso malizioso dei suoi stampato sulla faccia.
 "Che c'é Michael? Sono sporca da qualche parte?" Mi perlustro da capo a piedi e scruto il mio riflesso nel finestrino dell'auto, sono apparentemente a posto.
 
 "Sai cosa Alex? Da quando Luke é partito non ti ho più vista ridere di gusto, tu lo facevi sempre, ed ho sempre amato la tua risata." Lo guardo sbigottita alzando le sopracciglia.
 
"Cosa vuoi dire?" Chiedo perplessa.
 
 "Da quant'é che non salti la scuola?"
 
 "Io non... Non lo so... Probabilmente da quando Luke é andato via. Ma che c'entra?" Chiedo di rimando cominciando a perdere la pazienza.
 
"Ecco, voglio dire che tu ora vieni con me."

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Capitolo 4
*** Chapter Three ***


Dopo circa 40 minuti raggiungiamo il porto di Sydney e Michael ferma la macchina nel parcheggio del Sydney Luna Park, uno dei più famosi parco-giochi d'Australia. Resto a osservare l'entrata principale per qualche minuto per poi voltarmi verso Michael che mi osserva estasiato. "Perché siamo qui?" Domando annoiata.
"Come perché? Ma che cazzo Alex, siamo al Luna Park!" Esclama come se fosse la cosa più ovvia, resto a fissarlo perplessa per poi sospirare lasciandomi cadere contro il sedile.
"Michael, voglio tornare a casa."
"Eh no signorina, non se ne parla. Ormai siamo qui." "Davvero, non ho nessuna voglia di andare in un parco-giochi."
"Ma porca puttana Alex, dov'é la bambina che c'é in te?" Esclama incredulo, mi volto verso di lui ammonendolo con lo sguardo.
"Alla bambina che c'é in me piace altra roba, non uno stupido parco di divertimenti." Sputo infastidita.
"Si certo, le piace fare surf, ascoltare musica, gne gne gne, lo abbiamo capito. Ma ora voglio che tu ora scenda da questa macchina ed entri li dentro con me, ti divertirai, te lo prometto. Che mi si colorino i capelli di giallo se mi sbaglio!" Annuncia posandosi una mano sul cuore. Inevitabilmente sorrido scuotendo la testa, consapevole che questo ragazzo é capace di colorarsi i capelli perfino di color arcobaleno.
Rivolgo un ultimo sguardo verso il parco, dove quell'enorme faccia all'entrata continua a dirmi di entrare.



A essere sinceri sono sempre stata intimorita da quella faccia, posta fra due alte torri, che a me a sempre ricordato il viso di un signore ciccione con due grosse guance rosse, il rossetto su un enorme bocca spalancata e due occhi da indemoniato.
Ora spiegatemi come una cosa del genere possa invogliarmi ad entrare. Fatto sta che nel giro di dieci minuti io e Michael siamo già in fila per il primo gioco: Wild Mouse, un semplice rollercoaster, l'unico del parco.



Dopo alcuni minuti riusciamo a salire nei nostri posti, abbassiamo il maniglione di sicurezza e aspettiamo di partire.

"Sai che in questo parco sono morte sette persone?" Mormoro in un orecchio a Michael, giusto il tempo di voltarsi verso di me sbigottito e veniamo lanciati via lungo le rotaie.

Urlo come una pazza pe tutta la corsa, vengo sballottata a destra e sinistra ad ogni curva e sento l'aria mancare ad ogni discesa, urlo e rido allo stesso tempo presa dall'adrenalina e appena arriviamo alla fine, quando ci fermiamo bruscamente, sbatto addosso al maniglione di sicurezza con la pancia e per poco non vomito la mia colazione.
Dopo essere scesi ci dirigiamo verso un'altra giostra ma prima prendiamo un volantino per dare un'occhiata a tutto quello che il parco offre.
"Dicevi Alex?" Mi richiama Michael mentre prova ad aprire il depliant ripiegato più e più volte.
"Dicevo cosa?" Chiedo di rimando fingendo di non capire. "Quante... Quante persone sono morte qui?" Domanda sottovoce guardandosi attorno, come se gli dovessi rivelare la ricetta della Nutella.
"Sette Mikey." Annuncio indifferente notando in lui una certa preoccupazione.
"Ah... Interessante." Mormora grattandosi la testa. "Bé allora opterei per qualcosa di piú tranquillo."
"Oh, volentieri." Ribatto maliziosa mentre Michael si arrende e lascia su una panchina il volantino, sorrido divertita.
"Non ridere." Mi ammonisce passandomi davanti.
"Vieni." Aggiunge con un cenno della mano e lo seguo. Arriviamo a un piccolo chiosco, quei baracchini dove devi sparare a delle lattine per vincere qualcosa, tipo un pupazzo. Lancio uno sguardo interrogatorio a Michael che mi guarda scrollando le spalle fingendo di non capire.

"Buongiorno ragazzi, sono Robert. Ditemi tutto." Esclama il padrone del chiosco, un signore un pò anziano con due baffi bianchi e un paio d'occhiali da vista rotondi.
"Salve, una pistola da 15." Esclama Michael tirando fuori il portafoglio.
"Ecco qua, sono 12." Robert allunga la pistola carica a Michael che la passa subito a me lasciando i soldi sul bancone. Mi passo l'arma da una mano all'altra un paio di volte per poi rivolgermi a Michael.
"Non ho 9 anni..." Protesto sottovoce.
"Un bambino di 9 anni sarebbe più bravo di te." Commenta lui provocandomi, lo fulmino con lo sguardo per poi strigere la presa attorno a quell'affare e portarmelo davanti al viso.
"Se ne prendi più di 4 vinci la pistola ad acqua, se ne prendi più di 7 vinci il pallone gonfiabile e se ne prendi più di 10, vinci il mega pupazzo a tua scelta." Spiega Robert indicando una serie di pupazzi alle sue spalle.

Annuisco convinta chiudendo l'occhio sinistro per prendere la mira. 10, 10, 10. Voglio quel pupazzo. Miro ad una lattina posta nel primo ripiano. 3... 2... 1... Spara. Presa. Rilascio un sospiro trattenuto per tutto il tempo e passo ai colpi successivi. Dopo aver buttato giú 6 lattine con 2 mancate sento Michael sghignazzare incredulo e sorrido soddisfatta. Arrivata alla fine mi ritrovo con due colpi e la decima lattina. Posso farcela. Mi concentro per l'ultima volta e miro alla lattina riposta nell'ultimo ripiano della piramide.
Posso farcela, mi ripeto. Prendo un lungo respiro, conto fino a tre e sparo. Il rumore della lattina che viene perforata sbattendo al suolo mi avverte che ce l'ho fatta.

Istintivamente lancio un grido di gioia e abbraccio Michael saltellando, lui scoppia a ridere.
"Hey, attenta a sbandierare a destra e sinistra quella pistola, manca ancora un colpo!" Mi avverte Robert, abbasso il braccio per poi voltarmi nuovamente verso Michael e lanciargli un occhiolino.
"Ecco cosa intendevo quando parlavo della bambina che c'é in te." Esclama dandomi una pacca sulla spalla "Avanti quale vuoi?"

Osservo attentamente i pupazzi finché non trovo quello perfetto, che mi appartiene inevitabilmente.
"Mh, il pinguino." Annuncio soddisfatta. Robert mi porta il peluche ed io sorrido come un'ebete e lo accolgo fra le mie braccia, stringendolo forte.

Mi ha abituato Luke a questi abbracci, quelli veri, che ti cavano il fiato. Quelli che sembrano dire:"Eccomi, sono qui." Ed io ho sempre voluto che lui ci fosse.

"Dietro al pupazzo ci sono due piccole cinture, se vuoi metterlo come uno zaino, così é più comodo." Mi avverte Robert.
"Grazie mille, arrivederci!" Esclamo allontanandomi dal chiosco con Michael e il mio nuovo amico sulle spalle. "'Contenta ora?"
"É il minimo. Ho un pinguino." Esclamo estasiata.
"Come vuoi chiamarlo?" Giusto, il nome.
"Mh... Penso che lo chiameró Luke."
"Luke?" Ripete Michael come per chiedere la conferma. "Si, Luke ama i pinguini."
"Bé, allora benvenuto Luke." Annuncia sorridendo lasciando una carezza sulla testa dell'animaletto. "Morbido." Osserva scoppiando a ridere, io con lui.

Passiamo l'intera mattinata dentro quel luna park, probabilmente abbiamo fatto tutti i giochi possibili, anche quelli per i bambini. Ma con Michael funziona così. Lui è divertente e rilassato, vive la vita tranquillamente, a volte sembra un pò passivo e superficiale ma non si lascia mai scappare nulla, dentro di sé immagazzina tutto. Si gode la vita, da vero australiano, e poi é un buon amico. Uno di quelli su cui posso sempre contare, un'importante spalla su cui piangere soprattutto ora che Luke non c'é, e poi sa sempre come farmi ridere

Una volta usciti dal parco decidiamo di scendere a Bondi Beach per farci una passeggiata, ma prima ci fermiamo ad uno di quei tipici chioschi sulla strada che vendono da mangiare e prendiamo un hot dog.

La spiaggia é abbastanza affollata, come al solito, ma si sta bene, la temperatura é calda ma non c'é la solita afa che trovi in piena estate. La lieve brezza che tira dal mare é davvero piacevole.

"Bondi Beach." Esclama Michael sollevato appena i nostri piedi nudi vengono a contatto con la sabbia calda.

"Dove ci siamo conosciuti." Aggiungo sorridendo ai ricordi che affiorano, i ricordi del tredicesimo compleanno di Luke, proprio qui a Bondi Beach.
"Già, hai reso questa spiaggia importante per me." Ammette sarcastico dando un morso al panino, scoppio a ridere divertita dandogli una spinta sul braccio.
"Sono già passati 5 anni.." Mormoro malinconica guardandomi attorno.
"Questa spiaggia é rimasta uguale, noi siamo cambiati." "Già, é straziante la velocità con la quale passa il tempo"
"Ti addormenti bambino e ti svegli adulto... Che schifo." Commenta Michael dando un calcio all'acqua portata a riva da'un onda, alcuni schizzi finiscono addosso ad una signora che cammina davanti a noi, si volta di scatto perplessa e Michael alza una mano per chiedere perdono. "Mi scusi, signora." Lei scuote la testa raccapricciata e continua la sua camminata aumentando un pó il passo per allontanarsi da noi.

Chino la testa cercando di soffocare la risata e appena Michael se ne accorge mi prende per un braccio dandomi una spinta verso l'acqua per poi unirsi a me ed entrambe scoppiamo in una risata fragorosa.
"Tu sei sempre in grado di farmi fare figure di merda!" Esclamo continuando a ridere.
"E tu sei sempre in grado di farmi fare figure di merda quando scoppi a ridere in faccia alle persone come una pazza."
"Non le ho riso in faccia, e poi sei stato tu a dire che ti piace la mia risata." Protesto in mia difesa riaffiancandomi a lui.
"Hai ragione, ma un pó di contegno signorina Anderson, siamo in pubblico." Annuncia sarcastico riprendendo la passeggiata, continuiamo a sghignazzare ed io gli afferro un braccio appogiandovi la testa visto che é troppo alto per arrivare alla spalla.
"Signore e signori, il giorno in cui Michael Clifford tornò ad essere il poggia-testa di Alex Anderson." Esclama ad alta voce catturando l'attenzione di alcuni passanti che ci sorridono inteneriti.
"Ci prenderanno per fidanzati." Aggiunge sottovoce.
"Non importa, sono stanca." Ribatto sorridendo.

Per la prima volta dopo mesi mi sento davvero bene con me stessa e con gli altri. Quella sensazione di leggerezza che provo solo cavalcando le onde o ascoltando musica, ora la sto provando altrove, aggrappata al braccio di un ragazzo con i capelli verdi, camminando in mezzo agli sguardi curiosi della gente a Bondi Beach.
È cosí strano, eppure mi piace. Mi da per un attimo l'impressione che io posso essere altro, o almeno, posso stare bene anche al di fuori della mia quotidianeità, l'impressione che alla fine tutti ci diamo troppo per scontati. Crediamo di sapere fare solo questo e quello, ci riteniamo pieni di limiti senza accorgerci che forse noi siamo il più grande limite a noi stessi. E una volta che ce ne rendiamo conto ci si sente davvero sollevati.
"Stai sorridendo senza che io abbia detto qualcosa di divertente, o sbaglio?" Mormora Michael chinando leggermente il viso verso il basso per potermi vedere.
"Non ti sbagli." Ribatto contro la sua spalla rinvenendo dai miei pensieri.
"E come mai?"
"Non lo so, sento che qualcosa sta cambiando." Confesso guardando dritto davanti a noi, alla ricerca del punto in cui finisce la spiaggia, ma é troppo lontano.
"Forse il modo di vedere le cose." Aggiungo.
"Cambiare prospettiva non fa male, Alex. Lo diceva sempre anche Luke." Sospiro malinconica e capisco che l'unica cosa che non potrà mai cambiare in me é il continuo senso di lontananza e mancanza dal mio migliore amico.
"Lo so, forse ho passato troppo tempo a sorvolare tutti i consigli che mi dava."
"Tranne quelli per surfare."
"Di quelli ne avevo bisogno, ma solo ora mi rendo conto che i consigli per migliorare me stessa contavano di più." "E sarà sempre cosí, Alex." Mi rassicura avvolegendomi con una forte presa attorno alle spalle.
"Luke é sempre stato così dannatamente intelligente, e l'ho sempre odiato e ammirato per questo. Mi ha sempre fatto sfigurare ma allo stesso riusciva a tirarmi fuori dai casini." Annuncio sorridendo ai ricordi, allungo lo sguardo verso Michael e lo vedo scuotere la testa sghignazzando.
"Alex, così non andrai da nessuna parte... No Alex, devi contare più su te stessa..." Farfuglia imitando Luke. "Ma alla fine lo faceva solo per vederti felice, é ció che ha sempre voluto." Sorrido dolcemente per poi posare la mia attenzione allo spazio che ci circonda.

Fra tutte le persone, chi prende il sole o chi fa il bagno,osservo soprattutto i bambini che corrono alla rinfusa con secchielli e palette per costruire il più bel castello di sabbia della spiaggia. Sorrido intenerita passando davanti ad uno di questi castelli, una bambina si volta verso di me sorridendo a sua volta. "É molto bello." Mormoro facendole l'occhiolino per poi allontanarmi, riesco solo a leggere un "grazie" nel labiale.
"Hai detto qualcosa?" Mi chiede Michael perplesso.
"No, nulla." Annuncio sorridendo. "Andiamo a casa?" "Certo." Esclama con un sorriso dolce. Devo rispondere a quella lettera.




 

Ciao ragazuoli! Perdonate questo clamoroso ritardo. Praticamente due settimane. Che diagraziata! Comunque ora il capitolo é qui e spero davvero vi piaccia! Ringrazio di cuore coloro che hanno recensito gli altri capitoli, siete dolcissime <3 E, un grazie anche a tutti i lettori fantasma! Siete tutti importanti <3



A voi Bondi Beach <3




Ecco il Luna Park e la faccia tanto amata da Alex



Alex e Michael


 

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Capitolo 5
*** Chapter 4 ***


Caro Luke,
avevo intenzione di rispondere alla tua lettera tra qualche giorno ma ho cambiato idea, forse ho sentito il bisogno di scriverti ora.
Sai, oggi ho trascorso un po' di tempo con Michael, era da un po' che non stavamo insieme come facevamo di solito, eravamo abituati a farlo quando c'eri tu ma poi ti sei portato via anche questa abitudine.
Stamattina sono andata da Becky per prendere il solito cappuccino e l'ho incontrato li, credevo fosse già a scuola ma a quanto pare mi sbagliavo. Abbiamo cacchierato un po' e fra tutte queste chiacchere sei comparso pure te, che novità, negli ultimi mesi non abbiamo fatto altro. Fatto sta che a un certo punto mi ha detto -Sai Alex, è da un po' che non ti vedo ridere di gusto- E così ci siamo ritrovati al Luna Park di Sydney. Non lo nego, ci siamo divertiti, e fidati quando ti dico che non mi capitava da un po', anche se è stato strano non averti al mio fianco e condividere tutto ciò con Michael, ma lo sai, è sempre stato un buon amico.
Bene, notizia più importante della giornata, preparati: ho un Pinguino, cioè, abbiamo un Pinguino. E' nostro, e si chiama Luke. Eh già Luke, so che non è molto originale ma ora che ho uno dei tuoi animali preferiti che si chiama come te allora, in un certo senso, non mi sento così tanto sola. Luke ti sostituirà, fino a che non tornerai.
D'accordo, so che le tue lettere sono sempre dannatamente serie, quindi proverò a fare lo stesso mio egregio Dottor Hemmings.
Oggi, mentre passeggiavo sulla spiaggia con Michael, mi sono fermata più volte a pensare, sai come sono fatta, ho pensato anche a te e a tutte le volte in cui hai avuto da dire su ciò che sbagliavo. Solo oggi mi sono accorta quanto seguire quei tuoi consigli fin dall'inizio mi sarebbe stato utile. Solo oggi ho capito che tu infondo hai sempre voluto il mio bene, tutte quelle volte in cui hai dovuto rinunciare a qualcosa per me o mi riprendevi quando agivo in maniera sbagliata. Lo facevi solo per me, quando io per te, in fin dei conti, non ho mai fatto nulla. Possibile Luke? Possibile che io in dodici anni che ti conosco non sono mai riuscita a ricambiare tutto il bene che sei stato in grado di darmi? Però, nonostante ciò, tu non mi hai mai lasciata. Oh Luke, sei una delle persone migliori che abbia mai conosciuto. Ora che sei lontano da me passo tutto il giorno a chiedermi se questi nove mesi cambieranno qualcosa, cambieranno noi, tu cosa dici? Mi assilla costantemente la paura di perderti. Ho paura che quando tornerai non saremo più come prima. E cosa può impedire che ciò accada? Nulla, nemmeno noi. E' semplicemente inevitabile. E' una delle molteplici conseguenze del tempo e della distanza. Strappa le persone dalla loro solita routine e le tiene separate facendole cambiare, a volte le fa rincontrare, altre volte no. Secondo te Luke, ci rivedremo?Potrebbero succedere così tante cose, esempio? Potresti innamorarti, trovare quella ragazza che cerchi da anni e che ti terrà legato in tutti i sensi a quella città. Ti sentiresti in colpa ad abbandonarla, avrai bisogno di lei per essere felice, avrete la vostra famiglia e tu il tuo lavoro da medico. E Noi? Noi sarà solo un vecchio ricordo, il ricordo dell'adolescenza, Noi sarà qualcosa che apparterrà solo al passato, uno bello certo, ma pur sempre passato. Quindi Luke, non hai paura? Io molta. Eppure la nostra vita ce la dovremo fare, no? Lo abbiamo sempre detto, e così sarà. Ma ti ricordi cos'altro abbiamo sempre detto? Che tu volevi essere parte della mia vita ed io della tua. Dicevi di voler essere con me quando avrei scelto il mio vestito da sposa, e volevi essere il testimone a prescindere, senza dimenticarsi del padrino per mio figlio. Tu in qualche modo ci saresti sempre stato, ed io pure. Le amicizie a distanza fanno davvero schifo, io e te siamo sempre stati spaventati dalla distanza, facevamo fatica a stare lontani anche solo per un paio d'ore. Ci appartenevamo, l'uno all'altra, un puzzle sempre completo, mentre ora? Ora la mia tessera mancante è così lontana.
Bè, che altro dire Luke, qua le cose procedono bene. Un paio di giorni fa sono andata a casa tua, dopo scuola. Ho passato un paio d'ore insieme a Liz. Ben e Jack sono quasi sempre fuori casa così pensavo avesse bisogno di compagnia. Ho sempre pensato che tua madre fosse una donna piena di risorse e soprattutto di forza, tu non ci sei più, i tuoi fratelli hanno ormai le loro vite con le loro famiglie e a lei resta solo tuo padre, eppure la vedo sempre così sorridente e piena di energia. Mi è sempre piaciuto passare del tempo con lei. Sta bene, tutti in famiglia stanno bene, quindi non preoccuparti.
Bene, ora devo lasciarti, devo andare a prendere Rosy! Spero che questa lettera sia stata di tuo gradimento e aspetterò una tua risposta. A presto Luke, ti voglio bene.
Tua sempre, Alex.


Decido di non rileggere la lettera per non aver ripensamenti, preferisco lasciare le cose così come sono, così come il mio cuore e la mia testa hanno voluto. Piego un paio di volte il foglio per poi riporlo dentro una busta.

Dopo essere andata a prendere Rosy a scuola, passo velocemente dalle poste per poter lasciare la busta con la lettera da spedire a Luke.
-Hai mandato la lettere a Luke?- mi chiede mia sorella appena rientro in auto.
-Già...- mormoro mettendo in moto.
-Bè, sarà contento.
Ricambio con un sorriso affermativo e riprendo la strada verso casa.

Dopo aver pranzato decido di rilassarmi un po' mentre Rosy fa i compiti in salotto, così mi stendo sul divano e chiudo gli occhi per qualche minuto. Mi tornano in mente le immagini della mattina appena trascorsa e soprattutto della lettera per Luke. Mi chiedo se ho esagerato, se mi sono lasciata andare fin troppo scrivendo tutto ciò che volevo lui sapesse. Potrebbe spaventarsi, o potrebbe addirittura decidere di tornare qua, perchè come ha detto anche Michael, lui farebbe di tutto per me. Tornare qua significherebbe rinunciare al suo futuro, a quello vero, il futuro che lo manterrà non quello con me, ed io non sono nessuno per rovinargli la vita. Non ho nessun diritto di decidere per lui. Come al solito vengo interrotta dal suono del campanello.
-Vado io- esclamo rivolgendomi a Rosy che mi osserva mentre mi dirigo verso la porta.
-Isa?!- esclamo sorpresa squadrando la mia migliore amica da capo a piedi. Lei mi fulmina con lo sguardo tenendo le mani appoggiate ai fianchi.
-Alex, spiegami dove cavolo eri..- La interrompo posandole una mano sulla bocca, guardo titubante verso il salotto e trovo Rosy guardarci incuriosita, prendo per mano Isabeau e la trascino al piano di sopra in camera mia, mi chiudo la porta alle spalle e lei si ferma al centro della camera osservandomi spazientita.
-Bene, dicevi?
-Dove cavolo eri finita oggi? Ti ho cercato per tutta la scuola come una deficente e non hai nemmeno risposto al telefono!- sbotta visibilmente su di giri. Giusto, mi ero dimenticata di avvertirla.
-Mi dispiace, ho avuto un imprevisto all'ultimo momento e quindi non sono nemmeno riuscita a dirtelo, insomma... Scusami- farfuglio cercando di difendermi.
-Cavolo, mi hai fatto preoccupare Alex.
-Lo so okay? Mi dispiace, non volevo, davvero- mormoro dispiaciuta avvicinandomi a lei.
-Se solo potessi odiarti- ammette prendendomi fra le sue braccia, ricambio l'abbraccio stringendo la presa per qualche minuto. Mi sono sempre piaciuti i suoi abbracci, li ho sempre ritenuti pieni di amore e forza. Sia i suoi sia quelli di Luke, mi hanno sempre fatta sentire al sicuro, un po' come se fossero il mio unico riparo. E poi negli abbracci di Isabeau ho sempre amato sentire il profumo dei suoi capelli e sprofondarvici dentro, nonostante siano davvero corti sono sempre morbidi e folti. Conosco Isabeau da circa quattro anni, si è aggiunta alla classe mia e di Luke al secondo anno, io al tempo frequentavo praticamente solo Luke ma essendo l'unico mio amico, e maschio inoltre, accolsi con piacere questa ragazza. All'inizio mi limitavo ad osservarla, non era una di quelle ragazze alle quali piace farsi notare, anzi era riservata e silenziosa e per certi versi mi sentivo legata a lei. Mi ritrovavo a guardare i miei compagni di classe e non vedevo nulla di interessante in loro, ma ogni volta che il mio sguardo ricadeva su Isabeau sentivo il mio cuore sorridere, e nemmeno la conoscevo, così decisi di parlarle. Ricordo ancora la mia insicurezza nel pronunciare il suo nome la prima volta. Mi disse che odiava quando sbagliavano la pronuncia (che per la cronaca è Isabò) ma che ormai ci aveva fatto l'abtitudine. Scoprii che avevamo tante cose in comune: il nostro colore preferito era l'azzurro, amavamo entrambe leggere, per certi versi ascoltavamo anche la stessa musica e poi il nostro carattere era davvero simile. Entrambe eravamo riservate con le persone che non conoscevamo, non amavamo stare al centro dell'attenzione e ci ritenevamo mentalmente superiori a tanti casi umani che percorrevano quei corridoi (cheerleader, giocatori di football etc..) Incominciammo a ritrovarci spesso in biblioteca nell'ora di tempo libero e ci piaceva scambiarci opinioni sui vari libri, eravamo sempre insieme a pranzo, nel nostro tavolo, lontano dagli altri, avevamo alcuni amici, certo, ma con il passare del tempo cominciammo a capire che insieme stavamo bene, che valeva la pena uscire il pomeriggio rinunciando ad un paio d'ore che non avremmo impegnato in nessuna maniera particolarmente eccitante. Fu così che tutto iniziò, fu così che trovai quella persona con la quale spettegolare dei compagni, con la quale poter fare shopping al centro commerciale, con la quale poter tirare fuori la mia parte più femminile visto che fino a quel momento ero stata nelle mani di Luke, crescendo con surf, snowboard, rock e infiniti tornei a FIFA. Così iniziai a dividere il mio tempo tra Isabeau e Luke. All'ìnizio non si andavano tanto a genio quei due ma piano piano iniziarono ad accettarsi, forse perchè io li avevo minacciati più volte ma in fin dei conti ci misero del loro. Nonostante siano passati quattro anni è rimasto un po' di rancore fra i due; Luke si è sempre sentito minacciato dalla presenza di Isa, sapevo fosse geloso anche se lui negava, ma io avevo bisogno della mia migliore amica tanto quanto del mio migliore amico e ho sempre fatto in modo di tenermeli stretti tutti e due.
-Avanti dimmi, qual'era questo imprevisto?- domanda interrompendo l'abbraccio.
-Michael ha deciso di portarmi al Luna Park- annuncio indifferente sedendomi sul letto. Isabeau si volta verso di me squadrandomi da capo a piedi.
-Come sarebbe a dire?
-Quello che ho detto Isa, siamo stati al Luna Park e poi a Bondi Beach.
-Oh, cavolo... Quindi mentre io ero a subirmi una straziante interrogazione di storia tu te ne stavi in un Luna Park- osserva lei lasciandosi cadere difianco a me.
-Già, è andata così- ammetto alzando le spalle.
-Ti odio davvero ora.
Scoppio a ridere portandomi una mano alla bocca mentre lei mi colpisce con un gomito nel fianco per poi unirsi a me.
-Non sei altro che una plebea- commenta soffocando la risata.
-Oh mi perdoni mia regina- ribatto sarcastica. Isa scuote la testa esasperata per poi ricomporsi e restare in silenzio.
-Come stai?- le chiedo cercando di restare seria.
-Bene, sto bene- commenta sorridendomi.
-E a casa? Come va?
-Presumo bene, voglio dire, ormai ci siamo rassegnate al fatto che le cose debbano stare così- mormora alzando le spalle. I suoi genitori sono separati da qualche anno ma è inevitabile che la situazione non migliori immediatamente, così capita spesso di vedere Isa sconfortata e triste, ma so con certezza che è forte abbastanza da imparare a convivere con tutto ciò.
-Sai che quando hai bisogno io sono qui.
-Lo so Alex. Ma non preoccuparti, sto bene.
Le afferro una mano e stringo la presa per qualche secondo per poi avvicinarmi a lei e abbracciarla ancora una volta. Isabeau ha sempre voluto mostrarsi forte, ma ormai conosco le sue debolezze e so quando ha bisogno di sostegno, e per quei momenti io ci sono, come è giusto che sia.
-Ti voglio bene.
-Anche io- ribatto staccandomi da lei.
-Ora è meglio che vada, devo sbrigare alcune cose per il progetto di scienze- esclama alzandosi dal letto.
-Oh cavolo, quel progetto, dovrò chiedere a Calum di aiutarmi.
-Nah, per queste cose servirebbe Luke- ammette lei sorridendo.
-Smettila di fare la simpaticona, okay?- la ammonisco, sarcastica.
-Chiedo scusa.
Scuoto la testa e sorridiamo entrambe per poi scendere al piano di sotto.
-Allora ci sentiamo, d'accordo?- annuncio aprendole la porta.
;-Signor si capitano! Ciao Rosy!- esclama lei rivolgendosi verso mia sorella, Rosy ricambia con un cenno della mano e un sorrisetto dei suoi per poi tornare a fare i compiti.
-Ciao Isa!
-Ci si vede tesoro!- Chiudo la porta sorridendo per poi raggiungere Rosy in salotto.
-Senti, ora vado a dormire un po', se suona qualcuno sarebbe carino se ci pensassi tu. Nel caso sia un mostro, uno psicopatico o un maniaco allora sei autorizzata a chiamarmi, altrimenti vedi di non scocciare- annuncio puntandole un dito contro.
-Sparisci- sbotta lei facendo una smorfia disgustata. Sorrido compiaciuta per poi tornare in camera mia, mi lancio sul letto e chiudo gli occhi decisa a gustarmi questo riposo più che meritato.

 
 



Ma buongiornooooooo!!
Lo so, non c'è bisogno di dire nulla.... sono una frana! Mesi, mesi e mesi, è imperdonabile! Mi dispiace così tanto, probabilmente nemmeno vi ricordate più la storia D:
Ho avuto tanta di quella roba da fare, soprattutto a causa della scuola, come avevo previsto, e ho trascurato l'aggiornamento, ma non la storia... ho scritto tanto tanto e non vedo l'ora di pubblicare tutto! Ora che ho risolto vari problemi credo che potrò finalmente aggiornare regolarmente:)
Bè, che dire, leggete leggete leggete!
Spero con tutto il cuore che anche questo capitolo vi piaccia! E recensite o qualsiasi altre cosa, l'importante è che ci tengo a sapere la vostra opinione per migliorare, modificare e ciò che sarà neccessario!
Ho visto che nonostante tutto, in questi mesi le visualizzazioni sono cresciute un po' quindi grazie infinite!
Bene me ne vado, sono logorroica!
Enjoy, grazie <3

 

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