Warrior

di noraakatic_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** After ***
Capitolo 2: *** Past ***



Capitolo 1
*** After ***


"It's not about the books anymore."


“Ha preso tutto?” Disse una voce dolce alle spalle di Beckett.

“Penso di si”, rispose cordialemente lei. “Papà puoi prendermi la borsa?”

Quasi contemporaneamente a lei, Jim aveva già in mano una grande sacca contenente degli abiti piegati approsimativamente.

Kate insistette molto per uscire dall'ospedale a piedi, “sto bene”, diceva, “non ho bisogo di aiuto”.

Il medico, il dottor Shelpern, glielo aveva però proibito. Era un ottimo dottore, si ero preso a cuore Beckett fin da quando si trovava nella sala di rianimazione, tre settimane prima.

Ormai conosceva Kate, sapeva che era un osso duro, non mollava mai, ma lui era sempre riuscito ad essere più forte di lei; la ragazza riteneva di saper badare a sè stessa ma Paul Shelpern sapeva essere più cocciuto e premuroso allo stesso tempo, dicendo “no, non è vero. Tu hai bisogno di noi”.

Disse 'noi' perché Beckett si stava opponendo ad incontrare uno psicologo, il quale, riteneva invece il dottore, l'avrebbe aiutata ad accettare meglio la situazione. Kate si arrese e da quel giorno il dottor Winston incontrava la paziente regolarmente, e ciò evidentemente aiutò Beckett più di quanto lei credesse.

 

Un infermiere l'accompagnò fuori spingendola per una sedia a rotelle. Lei aveva i capelli legati in un ordinata coda di cavallo e ciò le metteva molto in risalto il magro viso, pulito ma segnato da notti insonnie ed espressioni di dolore.

Jim l'aiutò a salire in macchina, nonostante Kate ripeteva di farcela anche da sola. Era diventata molto tesa e distante da quando si era risvegliata.

 

Per diverse ore i medici temevano che non avrebbe più aperto gli occhi. Suo padre stava vicino al suo letto a vegliarla e a tenerli premurosamente la mano mentre lei giaceva sul quel grande letto d'ospedale.

Non dormiva mai, anche quando la stanzchezza portava via la sua mente. “Io sto qui, vicino alla mia Katie”, ripeteva ai medici.

Il dottor Shelpern capì immediatamente da chi aveva preso la figlia.

Tutte le sere anche qualcun'altro passava a far visita a Beckett.

Castle non si era più ripreso da quando in quell'enorme e isolato cimitero Kate cadde a terra, con il petto sanguinante.

Ricordava tutto. Lui si. Lui aveva provato il vero panico. Lui sostenne quel fragile corpo mentre il sangue non sembrava volersi fermare. Lui tenne la sua intera vita fra le braccia, tenne il suo mondo tra le mani mentre esso cadeva a pezzi.

Passò intere notti a pensare a quello che gli aveva detto Josh. Era colpa sua. Solo colpa sua.

 

 

 

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Capitolo 2
*** Past ***


Appena arrvata nel casa di montagna, una piccola baita che si trovava in mezzo a un verde prato, decorato da graziosi fiorellini colorati con le tonalità del viola e del giallo, Beckett fece un profondo respiro.

Fin da quando aveva 5 anni passava le sue estati in quel posto. Lei e sua madre giocavano a prendersi ogni volta che il sole piano piano iniziava a tramontare e poi, stanche dalla corsa, si sedevano su una piccola collina in mezzo a dei fiori appena sbocciati e si godevano l'ultima fase di quello spettacolo.

 

Il lavoro metteva ogni giorno a dura prova la resistenza di Johanna. A casa ne parlava spesso con suo marito, che volentieri ascoltava e commentava.

Quando fu più grande, anche Kate iniziò a capire cosa stesse succedendo. Johanna decise di raccontare alla sua giovane figlia quello che stava accadendo e lei ascoltava curiosa e quando sua mamma tornava da lavoro alla sera, le chiedeva come si stava evolvendo la situazione.

 

Fin da sempre, Beckett era una ragazza sveglia. Notava ciò che gli altri non notavano ed era curiosa.

Quando morì sua madre, tutto ciò che in Kate brillava non si vedeva più. Era diventata cupa, magra, non andava più a scuola e non si curava più della sua salute. Suo padre non era in grado di aiutarla. Aveva iniziato a bere, era quasi sempre fuori casa e spesso non passava le notti nel suo appartamento. Voleva stare lontano da quel posto, le ricordava troppo sua moglie. Invece Kate no, lei stava lì, sola, tutto il giorno e tutta la notte con l'anello di Johanna tra le mani.

 

Beckett si era isolata da tutti e tutto.

Passò il tempo e incominciò a farsi delle domande, quell'enorme ferita iniziava ad essere parte di lei.

Chi? Perché?

Andò al college e durante i suoi studi continuò a raccogliere i pezzi del puzzle tramite le pratiche dell'ufficio di sua mamma. Si laureò e poco dopo era già nella polizia.

Non era quello il suo obiettivo. Aspirava ad altro, qualcosa che l'avrebbe portata più in alto, ma aveva deciso comunque di imboccare quella strada, per sua madre, glielo doveva.

 

Era giovane e perspicace. Si fece notare fin da subito.

Il capitano Montgomery la trovò a frugare negli archivi e fin da quel momento la prese sotto la sua ala. Entrò a far parte della squadra omicidi; la detective più giovane che il distretto abbia mai accolto.

Detective, chi l'avrebbe mai detto. Eccola lì, dietro quella scrivania piena di fogli e con quella bizzarra statuetta con gli elefanti. Era sulla scrivania di sua mamma prima. Teneva quella come teneva nel cassetto la bambolina.

Era piccola e quasi inquietante, ma per Kate era uno degli oggetti più importanti della sua vita. “Anche nei giorni peggiori c'è sempre spazio per un po' di gioia.”

Glielo ricordava ogni vlta che la prendeva in mano. Non mollare Kate, si diceva, non puoi dare nulla per vinto.

Era questa la sua forza. La determinazione.

Beckett aveva le virtù più belle che una persona potesse avere, le possedeva tutte.

Era l'unica persona che sapeva essere fredda e comprensiva. Sapeva distinguere il giusto dallo sbagliato. Sapeva essere superiore a tutto. Aveva sempre una parola dolce per i famigliari delle vittime.

Affrontava a muso duro tutti e tutto e non aveva paura di nulla se non di una cosa. Aveva paura di ciò che potesse provare se stessa. Di ciò che era. Lei si sentiva vuota. Faceva tutto questo perché era ciò che era giusto. Faceva il suo lavoro per gli altri. Ma dentro di lei c'era quel muro così

resistente e fragile. Non voleva aprire quella cicatrice.

Però arrivò lui, come una folata di vento nella sua vita.

La raccolse da terra. Le porse una mano. Trovava sempre le parole giuste e in qualche modo le regalava un sorriso spontaneo. Sarà stato per il caffè caldo alla mattina o forse per il “a domani” della sera, ma era entrato a far parte della sua vita e non se ne sarebbe mai andato.

Prima di poter togliere quel sorriso che era spuntato sul viso di Kate e prima di tornare a pensare alla realtà, Jim la chiamò ed entrarono insieme.

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