Amore Caldo

di BlueSon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il piano era la fuga ***
Capitolo 2: *** Gli imprevisti della fuga ***
Capitolo 3: *** Una soluzione buona per tutti? ***
Capitolo 4: *** Incomprensioni ***
Capitolo 5: *** Quando batte forte il cuore ***
Capitolo 6: *** Al limite della sopportazione ***
Capitolo 7: *** Lasciarsi andare ***
Capitolo 8: *** Paura di amare ***
Capitolo 9: *** Amore che fa arrossire ***
Capitolo 10: *** Quanto il cuore può scoppiare ***
Capitolo 11: *** Ecco come vivo senza te ***
Capitolo 12: *** L'amore di un padre ***
Capitolo 13: *** Amore Caldo ***



Capitolo 1
*** Il piano era la fuga ***


Premessa: come ho già detto nella breve presentazione all’AU, questa storia nacque tanto tempo fa dopo aver letto il favoloso libro di Johanna Lindsey "Tenera è la tempesta"  :D A chi non lo conosce posso dire solo che è un romanzo che si legge tutto di un fiato. Bellissimo e sorprendente: mai vi aspettereste il finale, credetemi. XD A chi invece l’ha letto potrà notare che ci sono alcuni riferimenti come il luogo per esempio ma la storia si evolverà in maniera del tutto diversa. Premessa anche per il linguaggio che spesso non sarà proprio consono al 1882 (non saprei dire se già allora si usavano termini come “rompiscatole”) ma nulla  che guasti troppo con l’epoca che ho scelto. Detto questo vi lascio a questo primo capitolo. Buona lettura. Kiss
 

Amore Caldo
 

Bulma Brief era una ragazza dai sani principi. Un po’ sopra le righe alcune volte ma pur sempre rispettosa! I suoi genitori l’avevano cresciuta per bene e lei non si era mai lamentata di nulla. Certo, una ragazza come lei non poteva definirsi normale. Bulma discendeva dall’antica famiglia dei Brief, una delle più antiche famiglie nobili della cara vecchia Londra. Aveva ereditato un’ingente patrimonio prima ancora di nascere. Sì, non poteva davvero lamentarsi. E non l’avrebbe mai fatto se suo padre non si fosse incaponito per darla in sposa a soli vent’anni. Ma il signor Brief aveva un carattere abbastanza autoritario che nemmeno la moglie spesse volte riusciva a sopportare o peggio, a ribattere. Non amava essere contrariato: ciò che lui dettava doveva essere legge pena la confisca dell’ eredità e altre idiozie del genere. Bulma avrebbe preferito lavare il bucato come faceva la governante piuttosto che continuare a vivere secondo l’occhio vigile del padre. Sin da quando aveva imparato a camminare aveva fatto tutto quello che lui le aveva ordinato: aveva imparato a suonare il pianoforte e mai una volta che si fosse lamentata per le ore in più di lezione! Aveva imparato a ricamare anche se considerava quel lavoro noioso e tutte altre cose di cui suo padre andava fiero. Ma si sarebbe sposata quando si sarebbe innamorata. Punto. Questa volta non si sarebbe piegata. Suo padre non poteva sempre vincere: era il 1882 quello non il ‘500, maledizione! Sua madre cercava di intercedere per lei ma suo padre non ne voleva sapere: in casa si faceva solo quello che lui impartiva.
“È giovane, è vero, ma è ora che cresca e impari a guardarsi intorno. Alcuni miei amici hanno figli ben educati che lei potrebbe iniziare a frequentare. ”
Così rispondeva il Signor Lucas quando sua moglie Bunny gli faceva notare che non era il caso.  Bulma decise che doveva darsi da fare. Ogni volta che suo padre le presentava un giovane rampollo lei si comportava in maniera “stravagante” a seconda del tipo che le veniva messo dinanzi. Suo padre le aveva proibito di uscire con le amiche per il teatro o di fare compere ma tutto questo non aveva importanza se bastava ad allontanare i “prescelti”. Passò un mese e Lucas Brief non era ancora riuscito ad accasare la sua unica figliola. Bulma era soddisfatta. Non si sarebbe sposata solo per compiacere il padre. Inoltre non aveva intenzione di pensare all’altro sesso dopo l’ultima batosta che aveva dovuto subire. Nell’ultimo viaggio in Italia con le amiche durato circa un mese  aveva conosciuto un giovane di nome David che le aveva praticamente messo il giogo al cuore. Biondo con gli occhi verdi come smeraldi il giovane si era unito con la sua comitiva a quella delle giovani ragazze e per Bulma era iniziata la vacanza natalizia più bella che avesse mai vissuto. O almeno così credeva. David si era dimostrato un poco di buono. Un rintocco alla porta della sua camera la distrasse dai suoi pensieri.
“Bulma, vostro padre chiede di voi.” le disse la buona Baba, la governante, sulla soglia della porta.
Bulma non fiatò e scese le scale con il cuore in gola. Nell’ampio salone notò subito delle facce conosciute. Oltre i suoi genitori vi erano un uomo abbastanza anziano, molto più vecchio di suo padre, una donna con il viso tutto impasticciato di chissà quale nuova moda estetica e un altro uomo.  
“Bulma cara” squittì suo padre con un sorriso da guancia a guancia “ti presento il colonnello Marcus Stewart, sua moglie Sarah e suo figlio Yanko Stewart.”
L’uomo la guardò dalla testa ai piedi come se avesse voluto divorarla sul posto. Era…era parecchio grande. Che fosse affascinante non c’era alcun dubbio ma questo non toglieva il fatto che il suo sguardo di ghiaccio la gelò sul posto. Fu lì che incominciò ad avere paura perché per quanti sforzi facesse non riusciva a liberarsi di quel tipo. Scoprì che aveva trentacinque anni. Le venne un colpo e si chiese come suo padre potesse arrivare a tanto. Frequentò Yanko per una settimana intera. La seguiva come un’ombra e lei doveva fare attenzione a non dare di stomaco ogni qualvolta le baciasse la mano con fare tutt’altro che signorile. Suo padre sembrava non darci peso.  Bunny cercava di convincere il marito della decisione davvero impossibile ma Lucas era irremovibile.
“Avrebbe fatto bene ad accettare i giovani che ha rifiutato” rispondeva rabbioso “Inoltre il colonnello lascerà presto la carriera e ha un progetto, un progetto che potrebbe cambiare il modo di lavorare per sempre.”
Bulma trattenne un urlo disumano. Era al piano di sopra ma era da tempo che aveva abbandonato la sua camera per ascoltare la discussione. Suo padre era in affari con il colonnello e avrebbe voluto sigillare quell’alleanza con il matrimonio tra lei e il figlio. Avrebbe preferito piuttosto chiudersi in convento e gettare via la chiave. Le urla di sua madre sull’orlo di una crisi di pianto non scalfirono le dure espressioni del padrone di casa.
“Qui si fa come dico io. Non voglio altri piagnistei.”
“Non può essere sempre come dici tu.” gli fece notare la moglie sbraitando.
Bulma non poteva più sopportare di vedere la madre in quello stato. Scese l’ampia scala e prima che suo padre proferisse qualche altra idiozia urlò:
“La smettete?”
Calò un silenzio ghiacciale. Suo padre la guardò con rimprovero.
“Non ti è permesso alzare la voce in casa mia. Va’ di sopra.” tuonò duro come una roccia.
Bulma cercò di ammansirlo con le buone.
“Padre, la cosa riguarda me e devo essere presente. Perché non capite che io non posso stare con un uomo come Yanko?”
“Cosa c’è che non va? È bello, ricco…”
“Non c’è dubbio su questo padre mio” lo interruppe Bulma sapendo bene quanto suo padre non sopportasse che qualcuno gli mettesse a freno la lingua “ma non posso sposarlo. Non lo amo.”
“Se questo è il problema poco male. L’amore arriverà dopo.” fece l’uomo scrollando le spalle.
“Ma ha più di trent’anni! Abbiamo gusti e priorità diversi. Siamo diversi, padre.” rincarò la dose lei.
“Tu sposerai Yanko che ti piaccia o no. Questo accordo con il colonnello è molto importante.”
Bulma strinse i pugni fino a conficcarsi le unghie nella carne.
“E alla mia felicità non ci pensate?” disse con il tono spezzato da un prossimo pianto.
“Ma certo che ci penso. Con Yanko sarai la donna più felice del mondo.”
“Non è vero.”
“Basta così.” sbottò l’uomo.
“Tu lo sposerai e questo è un ordine.”
Lucas Brief sorpassò la figlia per ritirarsi nelle sue stanze.
“Non sono un soldato.” urlò Bulma voltandosi.
Suo padre fece lo stesso. Bunny portò le mani al petto per l’agitazione. Il suo cuore tremava dinanzi a quella visione. Sua figlia che si ribellava al marito. Non era mia successo.
“Io non devo eseguire ordini.” continuò Bulma con le lacrime agli occhi. “Io non sposerò Yanko perché non lo amo. Non mi abbasserò nemmeno a chiedervelo in ginocchio di lasciar decidere me della mia vita perché sarebbe più facile spiegarlo a un mulo che a voi. Siete un egoista. Pensate solo a voi e…”
Bulma era così presa dal discorso e dalla rabbia che non pensò a evitare lo schiaffo che la colpì in pieno viso. Il colpo fu così forte da farla barcollare sulla spalliera del divano in salotto.
“Lucas…” lo chiamò sua moglie.
“Non osare mai più usare questo tono con me.”
“Che succede qui?” chiese una voce alle loro spalle.
Nessuno si era accorto dell’entrata in scena di Gine Smith, sorella più piccola di Bunny. Lei e Bulma erano pressoché coetanee visto che la giovane donna dai capelli lunghi e neri era prossima ai trent’anni. Gine aveva assistito alla scena allibita. Quell’uomo era un bastardo!
“Tutto bene?” chiese la nuova arrivata guardando la nipote.
Bulma si massaggiò la guancia.
“Scusatemi” bofonchiò prima di salire le scale e chiudersi in camera.
Si gettò sul letto dando libero sfogo alle sue lacrime. Perché suo padre era così egoista? Perché non voleva capire? Per lei l’amore era la prima cosa anche se aveva promesso e ripromesso a se stessa che non ci sarebbe caduta mai più. Ma non avrebbe voluto sposarsi comunque. Come fare per allontanarsi da quella follia?
“Bulma?!?”
Sua zia era dinanzi la porta.
“Entra” disse tirando su con il naso.
La donna entrò poggiandosi sul letto. Bulma si mise seduta al suo fianco.
“Vieni tra le braccia della zia più simpatica e pazza che hai.”
Bulma sorrise e così fece. Gine sapeva com’era suo cognato: un rompiscatole insopportabile. Davvero non riusciva a capire come sua sorella potesse amarlo. D’altro canto lei non si era mai sposata e questo per un uomo come Lucas Brief, dagli antichi principi, era una vergogna. Questo però le aveva permesso di mantenere le distanze da quell’odioso visto che per il cognato lei semplicemente non esisteva. Non solo per questo ma anche per la vita un po’ piccante che lei conduceva. Questa era la sua mentalità anche se era prossima ai trenta. Ma per Bulma non era così: lei era preda delle assurdità paterne. Fortuna che però era arrivata lei.
“Zia io non…”  
Lo so,Bulma.”
“Mi sembra di essere tonata bambina, a quando piangevo per un giocattolo che si era rotto. Questa volta però è diverso: ci va di mezzo la mia vita e la mia felicità. Perché è così difficile da capire?”
“È per tuo padre che è difficile. Dovresti sposare l’uomo che ami. Tu sicura che questo Yanko non faccio proprio per te?”
“Sicuro! Non voglio vederlo mai più. È la copia più giovane di mio padre: presuntuoso e arrogante. Vuole sempre averla vinta lui. Qualsiasi cosa abbiamo fatto in queste settimane non mi ha mai dato voce in capitolo. E sai perché?”
“Perché sei una donna?”
“Appunto! Questo è il 1882. Le cose sono cambiate da secoli!”
“Hai ragione, nipotina mia.”
“Sì, ma le cose non cambieranno mai per mio padre. Dovrei solo andarmene e vedere se capisce quanto insensata sia la sua decisione.” sbuffò rigettando sul letto.
 I lunghi capelli turchini erano sfuggiti all’acconciatura e ora le incorniciavano il viso coperto da un’espressione di rabbia e tristezza. Ci fu un momento di silenzio. Poi…
“E se lo facessi davvero?”
“Cosa?”
“Fuggire.”
Bulma ritornò seduta guardando la zia con la bocca aperta fino ai piedi.
“Sei pazza?!?”
“Sì, ma è un modo come un altro per dare a tuo padre il bene servito e la dimostrazione che tu non sei un pacco o la firma di un accordo, la dimostrazione che non può sempre vincere e…insomma: dimostreresti a tuo padre che si sbaglia su moltissime cose.” le fece notare Gine strizzando l’occhio.
“E dove me ne vado, semmai dovessi accettare questa proposta?”
“Verrei anch’io con te. Ho un’amica in una delle città della California che potrebbe ospitarci. Ci pensi? Io e te che la facciamo in barba al mitico e grandioso Lucas Jonas Robert Brief” disse la zia citando tutti i nomi del cognato.
Bulma rise: quando sua zia ricordava quei nomi era sempre per una presa in giro. Era un’idea davvero folle. Se sua padre l’avesse scoperta l’avrebbe diseredata sicuramente. Quella era Pura Follia, ma a Bulma erano sempre piaciute le pazzie. Ecco perché amava tanto sua zia e sicuramente soltanto quella sarebbe potuta essere la più grande trasgressione alle regole che avrebbe mai potuto compiere.

 


Allora ragazze come va?
Piaciuto questo primo assaggio? Le cose si sono messe proprio male per la nostra Bulma ma la zia è pronta ad aiutarla. Riusciranno a raggiungere quest’amica in California? O il presuntuoso e arrogante Lucas Jonas Robert Brief scoprirà sua figlia e la punirà? Lo scoprirete nel prossimo capitolo con altrettanti colpi di scena. Ringrazio anticipatamente chiunque voglia seguirmi in questa nuova avventura per la quale ho scelto come protagonisti Bulma e Vegeta come vi ho accennato. È la prima volta che scrivo su di loro e spero che il progetto piaccia.  
Baci. BlueSon

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Capitolo 2
*** Gli imprevisti della fuga ***


Amore Caldo


Bulma non ci poteva credere: erano le cinque del mattino e lei e la zia Gine erano uscite dalla villa dei Brief sgattaiolando come due ladruncole. Un amico della zia era passato a prenderle. Bulma non si meravigliò del fatto che la sorella della madre conoscesse così tante persone. Gine era un a donna bellissima, intelligente e molto saggia. Conosceva molte persone importanti intavolando discorsi con donne e uomini molto facoltosi. Ovviamente non era altezzosa né disprezzava chi non aveva la sua stessa posizione. Per questo conosceva uno come Joshua, l’uomo che le stava portando alla stazione ferroviaria. Gine ringraziò l’amico e insieme si avviarono al mezzo che avrebbe dato vita a quella fuga.
“Tuo padre non ci scoprirà mai.”
“Lo spero, perché con questa stupidaggine mi sono giocata tutto.”
Gine la guardò un attimo titubante. Forse aveva sbagliato ad aizzare la nipote contro il padre.
“Ci hai ripensato?”
 La smorfia preoccupata che notava sul volto di Bulma si trasformò in un sorrisetto divertito.
“Io non torno indietro. Muoviamoci. ”le disse prendendo la valigia.
Il borbottio di una locomotiva le spinse a sbrigarsi. Le due fuggiasche salirono a bordo. Proprio in quel momento un tizio si scontrò con la zia.
“Scusi” borbottò con un ghigno.
“Non si preoccupi.”
L’uomo scese velocemente. Il treno era quasi in partenza.
“California, aspettaci.” disse Gine squittendo con un’adolescente.
“Zia, aspetta un secondo. Dov’è finita la tua borsa?”
Si guardarono per un attimo interdette e poi…
“Al ladro.” urlarono in coro.
Acciuffarono le loro borse e partirono al’inseguimento. I vestiti non erano comodissimi e infatti Bulma maledisse i diversi strati di cotone che le rendevano difficili il passo e il corpetto che le stringeva la vita e il petto fino a farla soffocare. Sua zia andava più spedita. Riuscirono a riconoscere l’uomo il quale sentendo le urla corse il più velocemente possibile. Si intrufolò in un treno spingendo i passeggeri che si affrettavano a sedersi. Bulma e Gine salirono ancora urlando ma quando lo videro di nuovo a terra era già troppo tardi: il treno sul quale erano salite era già partito. Rimasero per qualche minuto senza parlare, guardandosi con gli occhi spenti e il volto bianco. La prima a proferir parola fu proprio la più giovane.
“Zia…” riuscì a dire soltanto.
“Calma.” proferì Gine cercando di ragionare “In tasca ho qualcosa. Alla stazione chiameremo la mia amica e ci faremo venire a prendere. Sta tranquilla: Dora mi deve un mucchio di favori.”
 Bulma tornò a respirare.
“Signore, dovete sedervi. Il treno è già partito.” disse un uomo in divisa indicandole i due posti vuoti alla loro destra.
Le due fuggiasche obbedirono senza proferir parola. Anche se andavano strette misero le valige dinanzi a loro tenendole saldamente per evitare altri brutti scherzi.
“Non ci voleva.” Disse Bulma trattenendo uno sbadiglio. La zia come sempre riuscì a consolarla. Le poggiò una mano sulla gamba dandole un bacio sulla guancia.
“Vedrai che andrà tutto bene. Fidati di me.”
“Mi fido.” Disse sicura appoggiandosi sulla sua spalla.
Gine la guardò per tutto il tempo finchè non la seppe tra le braccia di Morfeo. Si girò verso il finestrino mentre il sole stava per sorgere all’orizzonte. Chiuse gli occhi anche lei pensando di riuscire a non addormentarsi. Voleva solo chiudere gli occhi e sperare che tutto andasse come previsto nonostante quel brutto incidente. Si addormentò poggiando la testa a quel finestrino dimentica per un attimo di dove si trovasse, dimentica del fatto che né lei, né sua nipote avessero chiesto se quel treno che avevano preso per inseguire il ladro portasse anch’esso in California.
 
 
Bulma strabuzzò gli occhi colpiti dalla luce del sole. Era giorno inoltrato e il caldo si faceva sentire. Si mise seduta composta e aprì piano le sue iridi azzurre. Notò che ne l vagone vi erano sì e no altre quattro persone. Il suo cuore perse un battito ma lei cercò di non darci troppo preso. Tuttavia ebbe timore che essendosi addormentata anche sua zia nessuna avesse controllato il viaggio lasciandosi alle spalle la meta tanto ambita. Si alzò in cerca di un operaio e lo trovò che colloquiava con una donna  anch’essa in uniforme. Si avvicinò per chiedere informazioni.
“Mi scusi posso chiedere dove siamo?”
“Buongiorno signorina” disse un uomo che poteva avere l’età di suo padre.
“Mi lasci controllare.”
Quei pochi secondi le sembrarono un’eternità un brutto presentimento le rilasciava una sci di brividi che correvano lungo la schiena.
“Allora…” disse l’uomo sorridendole in modo professionale “Abbiamo da poco oltrepassato l’Arizona. Tra un paio d’ore arriveremo a destinazione.”
Bulma temette di svenire sul posto.
“Arizona?” Avevano superato anche la California.
“Sì, signorina. La destinazione è Newcomb.”
“COSA?”
Gine sobbalzò sulla poltrona sulla quale stava riposando. Quell’urlo disumano poteva essere solo d una persona. Scattò in piedi come un soldato chiamato dal suo superiore e inquadrata Bulma si avvicinò a lei.
“Tesoro , cos’è successo?”
“Cos’è successo, zia? Siamo diretti a Newcomb. Capisci? Abbiamo sbagliato treno per inseguire quel ladruncolo da quattro soldi!”
Anche se ci provava non riusciva a calmarsi. Quella che doveva essere una semplice bravata si era trasformata in un fiasco. Quasi rimpiangeva di essere scappata. A quell’ora i suoi genitori dovevano essersi accorti della sua mancanza. Guardò l’orologio sul polso: erano circa le due.
“Bulma, calmati. Non serve a niente agitarsi.”
“Signorine, scusatemi, cos’è accaduto di preciso?”
La donna che porse quella domanda aveva un’espressione veramente preoccupata. Bulma riuscì a respirare con regolarità: forse quelle persone potevano aiutarle.
“Dovevamo dirigerci in California…”spiegò sua zia “mentre stavamo per prendere il treno un tizio ci è venuto addosso rubandomi la borsa. L’abbiamo inseguito per poi ritrovarci bloccate su questo treno. Era già partito quindi non avremmo potuto cambiarlo comunque.” Concluse amareggiata.
“Davvero stiamo andando a Newcomb?” chiese Bulma.
“Sì, signorina. È un paesino dell’Arizona molto piccolo ma ospitale. Mi dispiace che abbiate dovuto subire questa disgrazia. Questo treno è solo andata per Newcomb. Una volta arrivato torna senza fermate alla stazione dalla quale è partito.”
“Significherebbe ritornare nella tana del lupo.” disse a voce bassa Bulma tornando a sedersi al suo posto.
Gine le fu dietro. Bulma si sedette nascondendo il volto tra le mani.
“Newcomb. Oddio, ci sono ancora gli indiani!!”
Bulma adorava viaggiare e per questo cercava di conoscere tutti gli Stati, i Paesi che avrebbe voluto o no visitare e tra quelli in cui non avrebbe mai voluto mettere piede c’era proprio Newcomb. Al solo pensiero di incontrare qualche indiano non civilizzato le venne la pelle d’oca.  Una mano sulla spalla le infuse calore. Sua zia si sentiva tremendamente in colpa.
“Bulma, non so che dire.”
“Non devi scusarti. La colpa è tutta mia. Mio padre mi starà maledicendo e augurandomi ogni sorta di sfortuna per essere scappata. A quest’ora avrà mobilitato tutte le sue risorse per acciuffarmi.”
“Ma non ci riuscirà, fidati. Non penserebbe mai che ti sei allontanata così tanto.”
“Già, non lo avrei pensato nemmeno io.”
“Signorine?”
La voce della donna di poco prima tornò a rincuorala.
“Sì?” risposero in coro.
“Ascoltate, noi stiamo per pranzare. Se volete unirvi a noi…”
“Non vorremo disturbare.”
“Mio marito” indicò l’uomo al quale Bulma aveva chiesto informazioni “ha preso a cuore la vostra situazione e si sente in colpa. Mi ha chiesto di pregarvi di unirvi a noi. Ovviamente dovrete accontentarvi di quello che offre lo Stato.”
Bulma si alzò abbracciando la donna. Finalmente una buona notizia.
 
 
Il treno era arrivato alla stazione di Newcomb.
“Grazia ancora, signor Luis” disse Bulma abbracciando l’uomo.  
“È stato un piacere prima che un dovere. Ma ora cosa farete?”
“Ce la caveremo. Siamo donne determinate.” strizzò l’occhio Gine dopo aver abbracciato la donna.
“Vi auguro ogni bene.” disse quest’ultima quasi con le lacrime agli occhi “…che il Signore vi protegga.”
Bulma e Gine aspettarono che il treno ripartisse per tornare a destinazione. Bulma non aveva più rimpianto il fatto di essere fuggita. Se fosse stato necessario avrebbe affrontato anche gli indiani. Tutto pur di sfuggire all’ira di Lucas Brief. Quando il treno divenne un puntino all’orizzonte la giovane ragazza guardò la zia cercando di nascondere la paura.
“Allora?” chiese con tono speranzoso.
Gine la guardò sorridente ma quel sorriso equivaleva a una magra consolazione.
“Tutto quello che possiamo fare è cercare un albergo e rimanerci per un notte. Troveremo un impiego, Bulma e faremo qualsiasi cosa per andare avanti.”
 Bulma deglutì dinanzi a quella prospettiva. Non che avesse paura di sporcarsi le mani. Da sempre lamentava di essere stata messa sotto una campana di vetro. Quello che più la spaventava era il terrore di non esserne in grado.  
“Poi?”
“Poi chiameremo Baba. Lei è l’unica che può aiutarci e sono sicura che non andrà a spifferare a nessuno dove siamo e perché.”
Bulma sorrise al ricordo della sua governante. Era una donna forte e severa ma che aveva sempre spezzato una lancia a suo favore. Lei non l’avrebbe mai tradita.
“Sei d’accordo?”
“Non vedo altra soluzione.”
“Su, allora, cerchiamo un posto dove…”
“Gine?”
Un uomo alle loro spalle aveva interrotto il discorso della zia.
“Gine Smith?”
La donna si girò per guardare chi la stesse chiamando. Era un uomo alto e forzuto. La capigliatura pazza era inconfondibile. Gine l’avrebbe riconosciuto fra milioni di persone.
“Oh, mio Dio! Bardack Son, che ci fai qui?”
La donna corse tra le braccia dell’uomo che ricambiò la stretta nascondendo il capo nell’incavo tra il collo e la spalla di Gine. Bulma li guardò per un attimo interdetta. Richiamò alla mente quel nome e alla fine ricordo: Bardack Son era uno dei tanti amici della zia. Un uomo che come lei sapeva sempre cacciarsi nei guai ma che, proprio come la zia Gine, riusciva sempre ad uscirne. Aveva lasciato Londra circa tre anni prima per fare fortuna. Ma che c’era di fortunato in un posto come quello?
“Cosa diavolo ci fai in un posto sperduto come questo?” chiese l’uomo  guardandola finalmente negli occhi.
“Non ci crederai mai. Tu invece?”
“Io ho fatto il botto mia cara. Ho aperto il tanto sognato Saloon.”
Gine lo applaudì felice: quello era sempre stato il sogno di Bardack. Amava il west e aveva sempre desiderato viverci. A quanto sembrava aveva scelto il posto giusto. “Chi è questa fanciulla?” chiese poi guardando Bulma.
“Lei è mia nipote, non so se la ricordi. Era più una ragazzina tre anni fa. Bulma, ti ricordi di Bardack?”
“Sì, zia.”
“Lieto di vedervi Brief. Tuo padre è uno dei più grandi ricconi di tutti i tempi. Come mai qui?”
“Potrei quasi dire che il merito della mia presenza a Newcomb è tutto suo.” disse ironicamente ma sapeva che anche il destino ci aveva messo lo zampino.
“Insomma, siete qui per piacere o per affari dei Brief?”  
“È una lunga storia.”
“Allora che ne dite se me la raccontate nel mio mondo?” 
“Dico che sei il nostro eroe.” disse Gine prendendo l’uomo sotto braccio.
Quei due erano molto intimi notò Bulma con uno sguardo birichino. Si incamminarono verso il cavallo di Bardack. Quest’ultimo attaccò l’animale ad un carretto e dopo esser saliti Bardack con uno scocchio di lingua diede il via al tragitto. Bulma era insicura: non sapeva come gestire la situazione ma sperava con tutto il cuore che la fortuna a Newcomb fosse stato il bellissimo e simpaticissimo amico della zia.

 

Ragazzeeeeeeeeee, buongiorno!
Oggi ho pubblicato presto perché qui in casa siamo in vena di festeggiamenti.  Spero che la pensata continui a piacervi anche perché la storia vera e propria deve ancora cominciare. Hihihihihihi… Grazie mille per le visite e per le recensioni. =D a presto. BlueSon
Ps. Androide n18 ho cambiato il carattere. Spero vada bene. Fammi sapere. Kiss

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Capitolo 3
*** Una soluzione buona per tutti? ***


Amore Caldo


Il viaggio si prevedeva lungo ma piacevole. Inoltre Bardack sapeva come intrattenere una signora! Il suo sorriso smagliante avrebbe suscitato i brividi anche in una statua di cera. Bulma ascoltò la storia di come aveva aperto il suo saloon e di come aveva dato vita ai suoi grossi affari.
“Voi invece che ci fate qui?” aveva chiesto alla fine del suo discorso.
Era toccato alla zia raccontare: la partenza di buon mattino, il ladro che aveva rubato loro tutti i soldi, la scoperta di Newcomb, l’amicizia con i signori del treno e poi…
“Poi sei arrivato tu.”
“Quindi state senza un soldo.”
“Dobbiamo trovare un impiego in minor tempo possibile.”
“Non preoccuparti, dolcezza” ammiccò Bardack alla zia “Non ho capito una cosa però: perchè siete scappate?”
Gine guardò la nipote e Bulma capì: quella parte toccava a lei.
“Non sapevo che altro fare. Mio padre si è messo in testa di farmi sposare uno dei rampolli che lui conosce. Non riesce a capire che l’amore non si comanda, né si può obbligare. All’inizio sono stata in grado di farli scappare tutti.”
“Come hai fatto? Insomma sei una bellezza, tesoro.” rise Bardack.
“Sì, ma nessuno sposerebbe una ragazza isterica che ride in maniera sconcia, butta i piatti all’aria e che urla come una pazza.
Bardack regalò alle donne un altro dei suoi sorrisi abbaglianti.
“Davvero hai fatto tutte queste cose?”
“Ha fatto di peggio.” sussurrò la zia.
“Purtroppo non è bastato perchè è arrivato Yanko Stewart: trentacinque anni di fanatismo e superbia. Le ho provate tutte con lui, ma Yanko non ha rinunciato. Ecco perchè siamo scappate. Zia Gine mi è stata vicino come lo è adesso. Soltanto che ora ci ritroviamo in guai seri. Dobbiamo chiamare casa e parlare almeno con la governante affinchè ci mandi qualcosa per sopravvivere i primi giorni.”
“Mi spiace mettere freno alle vostre speranze ma Newcomb non è Londra. Qui pacchi postali arrivano sempre con  un grosso ritardo e se il Cielo volesse farli venire non sempre arrivano nelle condizioni di partenza.”
Bulma si rabbuiò in viso.
“Dobbiamo trovare subito qualcosa da fare.” concluse lei.
“Questa è una buona idea e intanto so io dove sistemarvi. Starete con me.”
“Cosa?” 
Aveva visto giusto: Bardack Son era il tesoro perduto in quella zona semideserta.
“Bardack non possiamo accettare.” replicò Gine.
Bardack per tutta risposta frenò di colpo il cavallo.
“Gine tu mi hai aiutato tante volte. Mi hai sostenuto sempre, anche quando sono stato allontanato dalla mia famiglia per i miei sogni,anche quando mia sorella, l’unica che mi sosteneva in quel branco di bestie, è venuta a mancare. Io ti devo questo e anche di più. Tu mi hai ospitato quando mio padre mi ha prosciugato di ogni bene, te lo ricordi?”
Eccome se lo ricordava! Gine arrossì nonostante fosse una donna matura e consapevole di ciò che aveva fatto. Con Bardack aveva sempre condiviso un affetto “particolare”. Non erano amici ma nemmeno una coppia: stavano insieme solo quando avevano voglia di farlo. Ma lei si era legata a lui senza che Bardack lo scoprisse. O almeno così credeva. L’uomo la guardò sorridendo: anche lei stava pensando la stessa cosa.
“D’accordo, però devo comunque trovare qualcosa da fare.”
“Potresti aiutarmi al Saloon.” disse Bardack rimettendo in moto l’animale.
Bulma sorrise finalmente sollevata. Con Bardack vicino non le sarebbe capitato nulla. Al solo pensiero che potessero incontrare degli indiani le venivano i brividi. Luis aveva parlato di apache, alcune tribù che popolavano Newcomb da generazioni. Molti si erano avvicinati alla città ed erano davvero rari coloro che continuavano a vivere nelle praterie e pianure montuose alla periferia del piccolo paese. Tuttavia aveva avuto paura lo stesso. Ora non più.
“Chissà Goku come sarà contento di vederti.”
“Goku?!? Tuo nipote ti ha seguito fin quaggiù?”
“Dopo la morte di mia sorella lui, tanto tempo fa, non voleva più restare in famiglia. Forse gli ho trasmesso il mio odio per quei bastardi. Non ci ha pensato due volte a venire fin qui.”
“Anche lui lavora al Saloon?”
“In realtà lui abita più in periferia. Sin da piccolo ha coltivato la passione per l’equitazione. Ora doma cavalli per poi venderli ed è bravissimo. Credimi non lo riconoscerai. Anche perchè si è rincitrullito da quando si è sposato.” concluse con una sonora risata.
“Sposato?”
“Ha trovato una ragazza da queste parti. Una giovane bellissima di nome Chichi. È stato amore a prima vista. Si sono sposati solo il mese scorso perchè ci è voluto davvero parecchio per riuscire a convincere il padre della donzella. Juma è lo sceriffo quaggiù.”
“Caspita che bella notizia.”
“Sì, infatti. Lavorano insieme. Chichi che conosce Newcomb come le sue tasche procura i clienti. Goku e Vegeta fanno tutto il resto.”
“Chi è Vegeta?”
“Altra storia, tesoro. Purtroppo questa non è bella. Non sappiamo da dove venga Vegeta. È stato trovato da una signora del posto tanto tempo fa all’età di sei anni. È cresciuto sempre solo. Qualcuno dice che è stato allevato dagli indiani o che forse qualcuno l’ha abbandonato. Comunque ora sta bene. Lui e mio nipote sono diventati grandi amici oltre che soci. Anche lui vive in periferia, in una casa che si è costruita tutto da solo.”
Bulma rimase colpita da quel racconto. Non doveva essere stato facile per un bambino crescere senza conoscere le proprio origini.
“Quindi tu vivi solo?”
“Sì, il mio nido è sopra il Saloon. Purtroppo è un buco e in tre non andremmo bene. Sono sicuro però che se qualcuna di voi desse una mano a Chichi, Vegeta la ospiterà sicuramente. D’accordo Bulma?”
Quest’ultima dovette prendersi un minuto per pensare. Sbattette più volte le ciglia per focalizzare il viso di Bardack e i suoi occhi che la guardavano divertito. Quindi quella che doveva andare a vivere nella casa di uno sconosciuto, sempre che quest’ultimo non avesse nulla da ridire, che molto probabilmente era cresciuto con gli Apache era lei. La pelle le si accapponò nonostante si morisse dal caldo a Newcomb. 
“Stai tranquilla. Vegeta non avrà nulla da obiettare. Sembra scontroso e antipatico ma in realtà è buono come il rum. Inoltre Chichi ti aiuterà a stabilirti. Anzi adesso mi allungo da loro così ve li presento. Noi poi Gine ce ne andiamo in città.” concluse Bardack ammiccando alla donna.
Gine gli scoccò un bacio sulla guancia e Bulma si sentì improvvisamente di troppo. Quei due avevano la stessa testa ed erano entrambi matti da legare. Come poteva vivere sotto lo stesso tetto di uno sconosciuto?
 
 
Appena arrivati Chichi si fiondò fuori casa. Era una struttura fatta di mattoni ma molto pittoresca. Dal lato sinistro partiva un enorme recinto dove vi erano tanti diversi cavalli. Poco lontano all’estremità della staccionata del recinto vi era una grossa stalla. Bulma non aveva mai visto così tanti cavalli e per giunta senza briglia o con la criniera sciolta e ribelle.
“Ciao Zio Bardack.”
“Venga qui la mia bella nipotina.”
Bardack prese la ragazza in braccio facendola roteare. Bulma la guardò sorridente. I capelli erano raccolti in un comodo chignon con qualche ciocca che cadeva qua e là. Indossava una lunga gonna bordeaux e una camicia bianca che lasciava scoperte le spalle.
“Come mai da queste parti? Cerchi Goku?”
“Anche…dove sta?” 
“Non è in casa. È in città con Vegeta per comprare degli attrezzi per i cavalli.”
Bulma sentì la pressione salire oltre ogni lecito. Non poteva entrare nella casa di quel Vegeta se lui non era presente. Non sarebbe stato giusto.
“Chi sono queste fanciulle che ti porti dietro?”
Bardack fece le presentazioni.
“Sono amiche di Londra che sono piombate qui per un crudele gioco del destino e anche senza un soldo perchè sono state derubate.”
“Oh mio Dio,che brutta faccenda. Fortuna che state bene. Io sono Chichi, piacere.”  
“Io Bulma, il piacere tutto mio e questa è mia zia Gine.”
“Caspita due londinesi. Si vede che non siete di queste parti. Scommetto che con tutti questi strati di stoffa il calore vi stia torturando. ”
“In effetti fa proprio caldo.”
“Io e te dovremmo avere più o meno la stessa taglia. Se vuoi posso prestarti qualcosa.”
“No, non preoccuparti. Credo che dovrò già disturbare abbastanza.”
“In che senso?”
Brevemente Bardack spiegò quello che durante il tragitto dalla stazione alla città aveva progettato. Chichi sorrideva entusiasta. Nessuno sbuffo o altro: quella ragazza era una perla e Bulma sperava che davvero le facesse piacere. Per tutta risposta la corvina l’abbracciò.
“In casa mia non si fanno cerimonie. Tesoro, quello che è mio è tuo. Sono contenta di avere una collaboratrice e di condividere con te il mio mondo. Vedrai ti piacerà. Ora ti accompagno a casa di Vegeta così ti sistemerai.”
“Non credo sia giusto. Non è meglio aspettarlo qui?”
“Faranno sicuramente tardi quei due bricconi, credimi. Sono due bambini quando stanno insieme e sicuramente passeranno entrambi da queste parti quindi io spiegherò tutto a Vegeta in modo che non abbia sorprese.”
Da come parlava sembrava davvero che quello che stava per fare non era un’intrusione in casa di altri. Chichi era molto tranquilla: il sorriso della corvina riuscì a farle rallentare il battito cardiaco.
“Va bene allora.” disse anche se ancora titubante. Gine aveva quasi le lacrime agli occhi quando abbracciò Bulma.
“Tesoro mio, so che non era quello che ti aspettavi ma ti prometto che ce la caveremo. Fidati di me e di Bardack.”
Bulma sorrise di cuore a quelle parole della zia. Per lei era come una sorella maggiore, si era sempre fatta carico dei suoi problemi e sicuramente non era stata colpa sua quella deviazione a Newcomb. Credeva ancora che le sarebbe potuta andare peggio e non si lamentava. Lei era quella che voleva mettersi in gioco e quindi non si sarebbe tirata indietro. Avrebbe dato una mano in tutti i modi possibili ai tre ragazzi che la stavano per accogliere nel gruppo.
“Zia non preoccuparti.”
Dopo gli ultimi abbracci e saluti Chichi prese un carretto che aveva nella stalla e lo attaccò ad una puledra bianca come la luna e dalla criniera bionda.
“Lei è la mia Belle.” le disse con un sorriso.
Bulma quasi si commosse quando Chichi accarezzò l’animale e diede lei un bacio sul muso. Lì il contatto con la natura doveva essere ancora ben percepito. Non era come a Londra dove gli animali erano sempre legati! 
“Salta su. La casa di Vegeta non è tanto lontano. Guarda si può già intravedere.”
In effetti era proprio così: la casa era molto simile a quella di Goku e Chichi con lo stesso recinto e la scuderia. Tutto era in legno e mattoni. I mobili sembravano vecchi e si poteva bene notare uno strato di polvere bello spesso un po’ dappertutto. Vi erano però due camere da letto oltre la cucina e un bagno in comune con tanto di vasca da bagno! Bulma appena la vide pensò subito di tuffarsi dentro. Chichi dovette notare la sua espressione incantata e rise teneramente.
“Scommetto che non vedi l’ora di farti un bagno.”
“Hai proprio ragione.” 
“Allora, su che aspetti?”
“Davvero posso?”
“Certo. Io ti aspetto qui.”
Bulma non se lo fece ripetere due volte. Chichi intanto entrò nella camera da letto e una puzza di chiuso le diede il voltastomaco. Aprì subito le finestre chiedendosi se davvero Vegeta non avesse avuto nulla da obiettare. In cuor suo sperava di no. Desiderava tanto avere un'amica con cui condividere ogni cosa visto che da quando si era sposata si era allontanata dalla città, da quelle persone presuntuose e superbe che conosceva. Essendo la figlia dello sceriffo tutti la trattavano cordialmente ma solo di pochi poteva fidarsi. Anche le figlie del sindaco che da sempre aveva considerato amiche le avevano girato le spalle quando si era fidanzata con Goku. Solo perchè alla gallina di Laura, una delle due, non era andata a genio che Goku non la degnasse più di uno sguardo. Strinse i denti a quel ricordo, ripensando a quanto avessero lottato lei e suo marito per stare insieme. Ora era tutto perfetto e sperava tanto che quella ragazza restasse a Newcomb. Aveva subito riconosciuto la grinta in quella turchina e lei raramente si sbagliava. Non sapeva ancora il motivo che le aveva spinte a partire ma sicuramente non si sarebbe intromessa. C’era tempo sperava in cuor suo. Sistemò il letto e il catino con la brocca che aveva portato da casa. Vegeta era un uomo e sicuramente quelle mura avevano bisogno di una lucidata. Bulma cadeva proprio a fagiolo nella vita dell’amico. Chissà cosa ne sarebbe uscito fuori!
“Eccomi, ho finito!”
“Credevo ti vole…oh, che bella!!”
Chichi rimase di stucco dinanzi al “pigiama” della turchina.
 Bulma arrossì vistosamente. Non avrebbe mai voluto indossarla ma era l’unica cosa che lei aveva portato per dormire.
“Da quando le ho scoperte non le lascio più. Se non uso queste di notte non dormo.”
Erano l’ultima moda londinese: le vecchie vestaglie lunghe e ingombranti erano state sostituite da queste più corte e di seta. Ovviamente non tutti potevano permettersele e Bulma che era un’amante della seta non se l’era lasciate sfuggire. Quella che indossava le arrivava a stento al ginocchio e delle sottili spalline le coprivano le spalle. Bulma notò lo stupore di Chichi e non ci pensò su troppo tempo. Accanto al borsone che si era portato con tutto il necessario c’era un’altra borsa che lei aveva custodito gelosamente e che conteneva una ventina di quelle vestine!! Aveva sperato di poterne comprare in California ma le cose erano andate in maniera diversa.
“Prendi quelle che vuoi.” disse con un sorriso sincero.
“No, non posso.”
“Non puoi dirmi di no. Dopo tutto quello che state facendo per me questo è il minimo.”
“Bulma, non so che dirti.”
“Dimmi solo che anche tu hai la sensazione che diventeremo grandi amiche.”
Risero entrambe. Chichi ne scelse solo tre dei più svariati colori.
“Roba del genere non si vede da queste parti.”
“L’avevo immaginato. Tu che hai fiuto per gli affari…credi che gente altolocata da queste parti possa comprarle?”
A Chichi brillarono gli occhi. La turchina sapeva il fatto suo.
“Devo chiedere ad alcune amiche, le poche che sono rimaste in città.”
“Come mai poche?”
La notte era ancora giovane ma c’era tempo per parlare. Entrambe raccontarono brevemente la propria storia.
“Ho iniziato a essere me stessa quando in città sono arrivati Bardack e Goku. Mio padre, lo sceriffo doveva conoscerli e li presentò al sindaco Kaio. Ovviamente quest’ultimo fu felice che due londinesi fossero venuti in un buco come Newcomb sperando che la città acquistasse prestigio. Ci sono molti ricconi da queste parti anche se ancora non sono entrati nell’ottica che ci sono cose più proficue del giocare a carte. Per questo la nostra ipotetica società ha avuto il successo. È la prima in circolazione. Quando Goku ha conosciuto Vegeta è stato come se si fossero incontrate due calamite. Vegeta mi conosceva bene e mi ha fatto entrare nel giro. Così ho conosciuto Goku e mi sono perdutamente innamorata di lui. Mio padre non voleva che io mi fidanzassi con il primo venuto di cui non conoscevamo niente. Però Goku non si è lasciato abbattere. Nemmeno quando mio padre l’ha minacciato con il fucile.”
“Dici sul serio?”
Chichi rise a quei ricordi poi divenne seria.
“Tu invece?”
“La mia storia è ben diversa. Non rimpiango di essere nata come ereditiera o di aver avuto una bella vita. Dico solo che se potessi scegliere avrei preferito di gran lunga non essere figlia di mio padre.”
Chichi si rabbuiò in viso: Bulma era diventata improvvisamente triste.
“Sono scappata di casa insieme a mia zia. Mio padre voleva che sposassi uno che lui aveva scelto solo per mettersi in affari con il padre di questi.”
“Brutta cosa.”
“Infatti: dovevano andare in California da un’amica di mia zia, ma per una serie di inconvenienti, primis il ladro che ci ha portato via i soldi, siamo finite qui.”
Restarono per un attimo in silenzio, poi Chichi parlò.
“Non vorrei sembrarti egoista o cattiva ma sono contenta che siate capitate qui. Nel destino avverso la fortuna vi ha baciato!”
“Lo credo anch’io. Da qualsiasi altra parte forse non avremmo trovato un amico o una persona che ci avesse ospitato su due piedi. Di questo ti sarò per sempre grata.” disse sopprimendo uno sbadiglio.
Chichi le poggiò una mano sulla spalla.
“Devi essere stanca. In effetti si è fatto tardi. Meglio che ritorni. Quei due mattacchioni potrebbero ritornare da un momento all’altro.”
Bulma sentì la paura galopparle nel petto al solo pensiero di restare da sola ma era così stanca che cercò di non pensarci. Non le sarebbe capitato niente.
“Ci vediamo domani, ok?” concluse Chichi.
“Certo. Grazie mille, Chichi.”
“Grazie a te e per quanto riguarda quel fatto delle vestine… è una bella idea.”
Bulma era rimasta sola. Strinse a sè le lenzuola profumate che le aveva prestato la corvina. Cercò di non pensare agli indiani e a tutte le leggende che vociferavano su di loro. Pregò il Signore che quel famoso Vegeta si facesse presto vivo affinchè non restasse troppo tempo da sola. Nelle preghiere trovò la sua tranquillità e si addormentò finalmente cullata dal vento fresco che entrava dalla finestra.
 
 
La luce del sole la colpì in pieno viso spezzandole il sonno. Bulma si stirò per bene e aprì gli occhi. Aveva dormito alla grossa e sperò davvero di non essersi svegliata troppo tardi. La stessa tranquillità che le aveva permesso di dormire non l’accolse anche di primo mattino. Sobbalzò mettendosi seduta quando i suoi occhi ancora intorpiditi si scontrarono con due pozze scure che la fissavano in un modo del tutto incomprensibile. Urlò incollandosi alla spalliera. Il timore che fosse un Apache non le bloccò la lingua.
“Tu chi sei?”
Un sorriso sprezzante cancellò la serietà di poco prima nel tipo che aveva di fronte.
“Se Chichi non mi avesse spiegato la situazione questa domanda potrei porla io a te, dolcezza.”
 Bulma si diede della stupida per la domanda inopportuna: quello lì era Vegeta e lei già si era messa in ridicolo. Ricordò poi cosa indossava e pudicamente allungò il lenzuolo sul suo corpo. Non voleva sbagliarsi ma a quel gesto gli occhi del giovane uomo si velarono di desiderio. Una scossa elettrica le carbonizzò il cuore che tuttavia batteva ancora più forte.
“Sei Vegeta, giusto?”
“Chi altri?”
“Scusami, ma mi hai spaventato. Non pensavo entrassi in camera…”
Stava per dire mia ma si morse la lingua. Vegeta notò la mancanza e rise di gusto. Mettere la gente in soggezione era una delle sue caratteristiche. Quando la sera precedente era tornato a casa non aveva dato spazio ai pensieri che lo spingevano ad affacciarsi. Quella mattina, invece poiché era mattiniero e aveva notato che la ragazza non si era ancora alzata aveva fatto una capatina. Vederla era stato un colpo. Una donna mezza nuda in casa sua non dormiva mai da sola ma sempre in sua compagnia e quella ragazza era mezza nuda oltre che bellissima. Tuttavia a lui piaceva sempre stuzzicare le persone soprattutto quelle che non conosceva.
“Comunque” iniziò a dire “a me non dispiace averti in casa.”
Bulma trasalì dinanzi a quel sorriso malizioso. Vegeta si stava pericolosamente avvicinando al suo viso.
“Mi fa piacere.” riuscì a dire.  
“Certo, dovrei darti da fare…” quasi le sussurrò soffiandole sul viso.
Bulma si rese conto che più indietro non poteva muoversi. Si era intrappolata da sola!  
“In che senso?” scandì le parole quasi sillaba per sillaba.
Vegeta non rispose: un ghigno gli imperlò il viso scolpito nel granito. Era a una distanza minima e Bulma non sapeva che fare. Rimase a fissarlo quasi strabuzzando gli occhi. Alla fine Vegeta si allontanò di colpo facendole perdere un battito.
“Mi devi aiutare a mandare avanti la casa.”
“In che modo?” disse senza muoversi mentre lui aveva preso a camminare per la stanza.
“Cose da donne: pulire, lavare, cucinare.”
Bulma si sentì profondamente in imbarazzo: lei non le sapeva fare tutte quelle cose.
“Be’, ecco…” non sapeva come dirglielo.
Vegeta non amava i tentennamenti.
“Che c’è donna?”
Quell’espressione fortemente maschilista le ricordò suo padre e un’onda di rabbia le infuocò gli occhi. Tuttavia l’imbarazzo era palese.
“Io non sono in grado.” rispose.
“Cosa? ”
“A casa mia c’era la governante.”
Vegeta rise  e lei si arrabbiò ancora di più.
“Io non ho mai avuto una governante, ma mi piacerebbe che tu mi dessi una mano.”
“Ma non…”
“Imparerai. Per il pranzo non credo di esserci quindi fa come vuoi ma per stasera dovrai pensarci tu. Sono una buona forchetta quindi vedi di non avvelenarmi.”
Bulma avrebbe voluto prenderlo a schiaffi. La sua aria di sufficienza la innervosì. Quel viso duro le ricordava tanto suo padre e lei con suo padre due erano state le opzioni: o si obbediva o ci si ribellava.
“Preparati a restare digiuno. Non puoi pretendere chi sa cosa se ti ho appena detto che per me questo è tutto nuovo. ”
Vegeta fece spallucce apprezzando quel cambiamento di tono e anche il fatto che, essendosi alzata, ora poteva ammirarla in quel “pigiama” in tutta la sua bellezza.
“Non sei un’ ospite, donna.”
“Se ti do fastidio…”
“Dove vorresti andare?”
Dovette per forza dargliela vinta. Vegeta sorrise.
“Hai tutta la giornata davanti per imparare e sono sicuro che Chichi si verrà ad affacciare. Ci vediamo stasera.”
Detto questo uscì. Bulma sentì la porta in legno di quercia sbattere. Avrebbe voluto urlare ma non poteva farlo.
“Che bastardo.” sussurrò quasi per paura che potesse sentirla.
Si era ripromessa di non lamentarsi e di mettersi in gioco, ma quello lì non conosceva le buone maniere. Il fatto poi che lo avesse paragonato a suo padre non era una bella prospettiva. Sarebbe stata dura ma non gliela avrebbe data vinta a lungo. Non avrebbe fatto come con suo padre ma gli avrebbe dato filo da torcere. Mettersi in gioco non voleva dire solo scorciarsi le maniche… .
 

Ragazze buonasera,
piaciuto questo capitolo? Spero di sì. Le cose sembrano procedere molto meglio per le nostre fuggiasche. Bisogna solo aspettare la reazione di Vegeta. Come sarà secondo voi? Ve lo dirò tra un paio di giorni. Hihihihihih… Volevo solo avvisarvi che nel capitolo successivo avrei intenzione di inserire un momento della mia coppia preferita. Come vedrete il rapporto tra i protagonisti sarà molto più complicato ma Goku e Chichi sono già marito e moglie. Quindi perché no? Adesso basta, sto “parlando” troppo. Ringrazio come sempre i recensori e coloro che hanno letto e leggeranno questa storia. Vi aspetto numerosi anche nei commenti. :D Baci, BlueSon

 

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Capitolo 4
*** Incomprensioni ***


Amore Caldo

 
“Be’ ,è stato un modo come un altro di darti il benvenuto.” rise Chichi senza riuscire a smettere.
Bulma le aveva raccontato quello che era successo la mattina. Vegeta non sarebbe mai cambiato! 
“Ho capito che mi sono intrufolata in casa sua ma poteva usare dei modi più gentili.”
“La gentilezza non è caratteristica di Vegeta, sappilo, mia cara. Preparati, perchè un giorno di questi potrebbe chiederti di dar da mangiare ai cavalli e se da quelli ti fai vedere spaventata non sarà facile.”
Bulma avvampò. La rabbia contro quel burbero cresceva ogni istante sempre di più.
“Ma io non so come fare le cose basilari, figurati quelle complicate. Come farò? Questa casa è piena di polvere.” 
Chichi sorrise alla turchina.
“E che problema c’è? Ti aiuto io e ti insegnerò a fare anche pratica con i cavalli.”
Bulma con un sorriso abbracciò la ragazza.
“Grazie Grazie Grazie.” ripetè felice. “Ti prometto che imparerò subito. Gli farò vedere io.”
Chichi rise divertita. Quella ragazza aveva una grinta che smorzava ogni preoccupazione. Nonostante tutto quello che le era capitato aveva una forza singolare. Più le stava accanto più la sua prima impressione prendeva atto. Inoltre doveva ringraziarla per la notte bollente che aveva trascorso con suo marito grazie a qualche piccolo incentivo. Non che lei e Goku avessero problemi in tal senso, ma quando l’amore sorprende è sempre spettacolare. Bulma sembrò accorgersi dei suoi pensieri o almeno del rossore che le incorniciava il viso perchè con un sorrisetto malizioso le chiese com’era andata la serata.  Chichi si limitò a sorridere mentre la testa faceva un giro enorme per riacciuffare il ricordo della sera precedente.
 
Vegeta aveva appena lasciato la casa degli amici e Chichi gli aveva spiegato tutta la situazione affinchè si comportasse bene senza spaventare la ragazza di per sé già molto provata e imbarazzata. Dopo qualche minuto che l’amico era andato via Goku l’aveva abbracciata da dietro facendo aderire il petto alla sua schiena.
“Come ti sembra la situazione?” le aveva chiesto il marito.
“Andrà bene, amore mio. Quando la conoscerai capirai. È una ragazza molto dolce.”
“Diventerete amiche?” chiese lui sorridendo, felice che sua moglie trovasse una persona con la quale condividere tutte quelle civetterie tipicamente femminili.
“Lo spero e spero anche che Vegeta si comporti bene.”
“Non credo.” sorrise divertito.
Chichi sorrise ma un po’ più preoccupata.
“Non credo che Bulma sia come le galline che frequenta Vegeta e che anche tu frequentavi.”
Goku sbuffò girandola per guardarla negli occhi.
“Quante volte ti dovrò dire che con la figlia del sindaco non c’è stato niente? Io ho perso la testa per te sin dall’inizio.”
Chichi amava quando Goku faceva il romantico e amava anche quando le incorniciava il viso con le grosse mani e la baciava. Proprio come stava facendo in quel momento. Gli circondò il collo con le braccia e schiuse la bocca per permettere alle loro lingue di incontrarsi. Mentre suo marito la portava in braccio nella loro camera da letto Chichi ricordò delle vestine che le aveva dato Bulma. Sorrise felice.
“Ho una sorpresa per te.”
“Una sorpresa?” chiese malizioso mentre le sbottonava la camicia.
Chichi lo baciò sgattaiolando via dal letto. Goku la guardò curioso. Cosa si era inventata quella bellezza divina di sua moglie?
“Vado un attimo in bagno. Tu aspettami.”
“Ok, ma non metterci troppo.”
Chichi fu lesta come una lepre. Delle tre che aveva preso dalla valigia di Bulma aveva indossato quella bianca. Le andava bene per fortuna. Aveva tolto ogni altro indumento restando solo con quello strato di seta. Se solo fossero riuscite a venderle ad alcune donne che lei conosceva sarebbero state un successo! Decise però di non pensare più agli affari ma di svagarsi quella sera. Suo marito l’aspettava sul letto. Si era già liberato dei vestiti ma indossava ancora le mutande. Quando Goku la vide rimase senza fiato.
“Un regalo?” chiese con la voce già imbrattata di desiderio.
“Bulma voleva sdebitarsi.” disse lei avanzando molto lentamente verso il letto.
Goku era rimasto incantato anche perchè aveva notato che sua moglie non indossava nient’altro e i capezzoli già turgidi erano ben evidenti sotto quella sottilissima seta. Avrebbe voluto leccarli seduta stante ma sua moglie aveva preso a baciargli l’addome mandandolo in defibrillazione! Chichi salì piano sul torace scolpito accarezzando i muscoli della braccia che guizzavano sotto le sue dita. Divaricando le gambe permise alla sua femminilità di incontrarsi con l’erezione già prepotente del marito. Si strusciò su di essa lasciandosi scappare un gemito proprio mentre con la bocca era arrivata in prossimità dell’orecchio. Goku, smarrita la sorpresa iniziale, desiderava farla sua. Le strinse i glutei mentre le loro bocche tornarono a incontrarsi. Dopo aver massaggiato come si deve il sedere sodo della moglie Goku fece salire le mani lungo la schiena. Chichi sentì i brividi galopparle lungo la spina dorsale mentre torturava il collo del marito.
“Ti Amo” sussurrò quest’ultimo nel suo orecchio.
“Ti Amo anch’io.”
Chichi si mise seduta per accarezzare con la punta delle dita il torace dell’uomo. Goku la guardava rapito mentre l’eccitazione a quella vista saliva alle stelle. Chichi poteva sentirla forte contro la sua femminilità. Decise allora di mettere fine all’attesa e lo liberò dell’unico ostacolo che li divideva. Goku ribaltò i ruoli passando lui sopra. Le torturò il collo con la bocca e un seno con la mano. Chichi morì nell’istante in cui Goku le succhiò un capezzolo da sopra quella sottilissima stoffa.
“Amore” lo chiamò sua moglie in preda al piacere.
Goku non attese oltre e scostando leggermente la veste arrotolandola  sui fianchi di lei le fu dentro con tutta la dolcezza e il desiderio che provava. Non si sarebbe mai stancato di sua moglie: lei era l’aria che ogni giorno gli dava vita. Chichi gli circondò la vita con le gambe per intensificare il contatto mentre i respiri diventavano rantoli di piacere e ogni sospiro si tramutò in gemito. Goku poggiando i gomiti ai lati della sua testa la poteva guardare mentre ad occhi chiusi gemeva sotto di lui. Vederla era una scossa elettrica di milioni di volt.
“Guardami, anima mia.” disse lui roco di desiderio.
Chichi aprì gli occhi per guardare di fronte a lei il Paradiso.
“Sei tutta la mia vita.” disse baciandola.
Chichi aprì la bocca permettendo alle loro lingue di danzare insieme così come stavano facendo i loro corpi che si muovevano l’uno in balia dell’altro come fossero uno solo. Raggiunsero l’apice insieme sudati ma felici. Goku la strinse teneramente a sé dandole un bacio sulla fronte.
“Buonanotte, amore mio.” sussurrò lei dandogli un bacio sulla labbra.
“Buonanotte, angelo.” rispose poggiando la testa sul cuscino e crollando in poco tempo.
 

“Sì, è andato tutto bene.” rispose soltanto con un sorriso malizioso.
 


Bulma aveva completamente perso il senso del tempo. Con l’aiuto di Chichi aveva fatto tutto scoprendo con sorpresa che in fondo non se la cavava poi tanto male. Bastava mettersi di impegno per riuscire bene in qualunque cosa, anche la più difficile. Aveva dato da mangiare anche ai cavalli! Certo, stava per beccarsi un calcio nello stomaco ma Chichi le aveva assicurato che come prima volta era andata più che bene. La sera arrivò presto e Chichi era già tornata a casa. Bulma era ai fornelli. Le piaceva molto cucinare e sperava che alla vista della casa splendente come il sole quello scorbutico di Vegeta non avesse nulla da ridire. Il padrone di casa era arrivato silenziosamente poco dopo le nove. Era sorpreso ma non lo diede a vedere. Da quanto il pavimento non brillava così? La vide che gli dava le spalle intenta a preparare la cena. Il profumo era buono e tirò un sospiro di sollievo: Chichi doveva averla aiutata. Sorrise divertito. Indossava una camicia rosa molto probabilmente a lunghe maniche visto che era svoltata e una gonna che le arrivava ai piedi. I capelli turchini, così particolari, erano raccolti in un perfetto chignon. Era completamene diversa da quella mattina. Come funzionava? Sexy di sera e suora di giorno?
“Che fame che ho.” esclamò improvvisamente facendola sobbalzare.
Bulma si girò spaventata: possibile che fosse così stupido? I suoi occhi divennero due fessure quando lo sentì ridere.
“Scusami, non volevo spaventarti.” disse poi il giovane uomo falsamente dispiaciuto.
“Sbaglio o è la seconda volta?” chiese lei con una punta di veleno nella voce.
“Sì, è vero. Cosa hai preparato?”
“Pollo e patate.”
“Ottimo. Ti aiuto?”
Bulma pensò di aver sentito male. Quando lo vide vicino con la mano tesa capì di aver udito bene. Gli passò il piatto bello pieno per lui e nel farlo sentì le sue mani sulle sue. Quel lieve contatto bruciò entrambi. Si guardarono. Un istante, forse due, ma fu quell’istante a segnare qualcosa, qualcosa di eterno. Vegeta interruppe quel momento andandosi a sedere, cercando di non fare caso a come gli occhi di lei riuscissero a scavarlo nel profondo. Bulma lo seguì portando a tavola l’acqua e la sua più piccola porzione di cena.
“Come prima volta non è male.” disse Vegeta ingozzandosi.
Forse mancava un po’ di sale e il pollo era un po’ troppo abbrustolito ma almeno erano mangiabile!
“Chichi mi ha detto come fare.” 
Dopo quelle poche parole calò il silenzio. Bulma si sentiva maledettamente a disagio e decise di fare qualcosa visto che Vegeta non proferiva parola. Dovevano pur istaurare un minimo di rapporto se dovevano vivere insieme.
“Cosa ha fatto oggi?” chiese con gentilezza.
“Il mio lavoro.” rispose lui fermo.
Bulma si stizzì e Vegeta se ne accorse trattenendo a stento un ghigno.
“Cioè?” chiese continuando a mangiare.
“Ti interessa?”
Lo fulminò con lo sguardo ma lui continuava a mangiare come nulla fosse.
“Può darsi.”
“Domo cavalli e poi li vendo.”
“Questo me l’ha detto anche Bardack. Poi?”
“Non c’è un poi.”
Bulma sbuffò servendosi un bicchiere d’acqua. Vegeta rise e lei si arrabbiò ancora di più.
“Ti faccio ridere?”
“Un po’.”
“Invece tu per niente. Sei scortese e antipatico, Vegeta.”
Ecco: glielo aveva detto e non si pentiva.
“Come mai dolcezza? Ho fatto qualcosa di sbagliato?”
“Non chiamarmi dolcezza e poi sì: cerco di fare amicizia con te o almeno di istaurare un legame civile ma tu te ne stai sulle tue.” sbottò alzandosi da tavola.
Non aveva nemmeno finito di mangiare. La fame le era passata. Ringraziò il Cielo che invece lui avesse divorato tutto. Gli diede le spalle posando i piatti nel lavandino. Vegeta la osservò girandosi sulla sedia. Amicizia? Tutto voleva da lei tranne che l’amicizia. Gli amici era Goku, Chichi e Bardack. Lei…lei era ben altro.
“Sono abituato a vivere da solo. È normale che mi comporti così non credi? Non ti conosco.”
“Potresti iniziare da qualche parte” disse voltandosi e incrociando le braccia “invece te ne stai seduto senza dire una parola.”
Vegeta era stanco di parlare. Si alzò e con sole due falcate la raggiunse. La distanza si fece improvvisamente minima e Bulma avvampò come se improvvisamente le avessero tolto l’ossigeno. Vegeta allungò le braccia accanto ai fianchi della ragazza inchiodando le mani sul piano di cucina: Bulma era braccata.
“Non è questo che intendevo.” disse senza mezzi termini.
“Può darsi.” mise in dubbio lui con un ghigno.
Bulma poteva fermarlo ma stranamente non provò a ribellarsi. I suoi occhi scuri l’avevano immobilizzata come per magia. Vegeta non seppe frenarsi e preso da un improvviso desiderio di quelle labbra poggiò la bocca a quella della turchina. Una scossa. Un brivido. Dopodichè le loro lingue si incontrarono istaurando quel legame che a parole ancora non era venuto fuori. Vegeta provò a staccarsi per dimostrarle quanto potere aveva su di lei ma non ci riusciva. Il suo corpo si incollò a quello della ragazza come se fossero calamite. Si staccarono solo per prendere ossigeno e fu lì che Vegeta riuscì a riprendere il controllo. Un ghigno divertito si stampò su quella faccia da schiaffi dopo che lei era riuscita a spingerlo. Quel gesto non dimostrava nulla. C’era stato un bacio ed erano stati entrambi a volerlo. Rise a quella costatazione.
“Non credo di starti così antipatico.” disse ridendo ancora.
Bulma si sentì trafitta da quella verità. Come mai non lo aveva allontanato prima di arrivare a quel bacio?
“Io sono uno di poche parole, penso si sia capito. Tu invece? Ho trovato il modo di tapparti la bocca.” Disse maligno e malizioso come sempre.
Fu un attimo: Bulma, punta sul vivo, lo colpì in pieno viso con uno schiaffo. Dentro di sé esplose di soddisfazione notando lo stupore iniziale su quella faccia da maleducato.
“Se pensavo di potermi fidare di te ora non ne ho nessunissima intenzione. ”
Detto ciò se ne andò. Entrò nella sua stanca senza dare al ragazzo il tempo di replicare. Vegeta rimase lì ancora per un po’ massaggiandosi la guancia che gli pulsava per il colpo. Picchiava forte la ragazza di Londra! L’aveva forse ferita? Vegeta si stupì di se stesso: lui non pensava mai a cosa provassero le ragazze che lui accalappiava. Si concentrava solo sulle sue emozioni e non si legava a nessuno. Spesse volte si chiedeva come  e perché avesse deciso di stringere un rapporto così forte con Goku e Chichi. Il suo passato era un campanello d’allarme che lo ammoniva dal legarsi agli altri. Non dimenticava mai di essere stato abbandonato. Andò anche lui in camera sua sbattendo la porta. Non era arrabbiato né per lo schiaffo né per il fatto che era passato come il solo colpevole. Era solo…non lo sapeva. Confuso? Agitato? Attratto? Rise al passaggio di quel pensiero. Vegeta non era mai attratto o almeno non lo era mai stato come in quell’occasione. Decise di non pensarci più e di mettersi a letto. Il giorno successivo preannunciava un’altra giornata di duro lavoro. Ma Vegeta non era l’unico a essere confuso. Bulma non sapeva che pesci pigliare: perché era stata al suo gioco? Al ricordo della sensazione provata qualche minuto prima avvampò e il cuore accelerò di due battiti. Era ovvio: desiderava quel bacio. Confidò a se stessa che se Vegeta non si fosse staccato lei non avrebbe avuto la voglia di spingerlo via, ma ne avrebbe chiesto altri cento di quei baci. Scosse la testa: possibile che si sentisse attratta a quel ragazzo da un giorno che lo conosceva? Dio, non ci voleva più pensare. Per il momento aveva preso le distanze: doveva solo sopravvivere fino a quando lei e zia Gine non avessero trovato tutti i soldi necessari per lasciarsi alle spalle Newcomb, Vegeta e quel maledetto bacio!
 
 
Era trascorsa una settimana intera e di Gine e Bardack nessuna notizia.
“Mio zio fa spesso così: sparisce per un po’ ma poi viene sempre a farsi una passeggiata da queste parti.” aveva rassicurato Goku.
Bulma l’aveva conosciuto il giorno seguente al suo arrivo. Era un giovane uomo sulla soglia dei ventisette  ventotto anni come Vegeta, ma a differenza di quest’ultimo, era molto più cortese. Lui e Chichi formavano davvero una bella coppia. Mica come lei e Vegeta! Certo, non erano fidanzati, ma per causa di forza maggiore, avrebbero dovuto condividere il tetto per chissà quanto tempo e in una settimana non avevano fatto altro che evitarsi. Cane e gatto: ecco cos’erano! Anche Vegeta non capiva la natura di tutto quell’accanimento nei suoi confronti. Era stato solo un bacio. Punto. In quella settimana si erano sì evitati e quando si incontravano per mangiare non facevano altro che stuzzicarsi e litigare. Voleva evadere da casa sua e l’occasione si presentò il successivo mercoledì:lui e Goku erano stati chiamati dal sindaco per parlare di affari. A quanto aveva capito c’era un amico dell’uomo che veniva da un altro Paese e che voleva comprare dei cavalli. Il sindaco Kaio era stato più che lieto di fare il nome di quei due bravi ragazzi. Era fiero che la sua Newcomb potesse vantare uomini come loro. Sarebbero stati via per una settimana intera. Tuttavia prima della partenza non poteva mancare l’ultima sfuriata.
“Tornerò prima possibile, ma vedi di non dare fuoco alla casa e occupati degli animali.”
“Non c’è bisogno che me lo ripeti ogni secondo, maleducato. Spero che tu faccia ritorno il più lontano possibile.”
“Dolcezza, ricordati che questa è casa mia.”
“Una casa che senza di me diventerebbe di nuovo un porcile.”
“Non montarti la testa per una lavata per terra ogni tanto!”
“Sei davvero odioso, Vegeta. Non vedo l’ora di andarmene.”
“Conto i giorni che mancano.”
Fine discussione e fine problemi. Per una settimana intera la ragazza fece il suo dovere. Aveva imparato a entrare nel recinto senza creare il panico in lei e negli animali e si impegnò anche ad aiutare Chichi per sdebitarsi. Lavoravano su alcuni calcoli ed entrambe riconobbero che in due si lavorava meglio.
“Grazie Bulma” aveva detto Chichi durante una pausa.
“E di che? Devo o no rendermi utile?”
Chichi rise prima di lanciare la palla in campo.
“Allora?”
“Allora cosa?”
“Ti piace questa vita provvisoria?”
“Mi ci sto abituando.” sorrise la turchina bevendo un bicchiere di limonata fresca.
“Sai” esclamò Chichi “il pensiero che un giorno te ne andrai, mi rattrista molto.”
“Rattrista anche me soprattutto perché ci divideremo.”
Si abbracciarono. Ma la domanda fatidica doveva ancora arrivare.
“Ehi, e con Vegeta come va?”
A quella domanda Bulma ebbe la sensazione di essere stata punta da uno spillo.
“Non me ne parlare. Vegeta è un villano ed è odioso. So che mi sono appropriata della sua casa, ma comunque mi rendo utile in qualche modo e lui mai una parola di gratitudine.” sbuffò e l’amica rise di gusto.
“Secondo me l’unica in tutta Newcomb che la pensi in questo modo. Altre al posto tuo si sarebbero già buttate nel suo letto. Questo ha dovuto sorprendere parecchio Vegeta, sai?”
“In che senso?”
“Vegeta è rubacuori. Ha fatto strage il Paese e molte donne si vantano delle notti sfrenate passate con lui.”
“Che cosa?” urlò sbalordita.
Chichi rimase sorpresa della reazione. Dopo lo stupore iniziale il volto di Bulma si dipinse di una rabbia furente.
“Bulma che hai?”
Quel bacio. Per lui era stato tutto un gioco, un modo per farla cadere tra le sue braccia. Non che per lei avesse significato di più si giustificò subito ma inorridì al solo pensiero del secondo fine. Lei non era mai stata con nessuno in quel senso. Prima che quel maiale di David allungasse le mani al di sopra del ginocchio o più giù del collo lei aveva troncato quella presa in giro. Aveva giurato a se stessa che mai più si sarebbe lasciata prendere per i fondelli in quel modo, giurando che a nessuno avrebbe donato la sua verginità se non a colui del quale fosse stata sicura al cento per cento, e quello lì se la voleva prendere il primo giorno che l’aveva conosciuta! Strinse i pugni fino a farsi sbiancare le nocche. Chichi notò il cambiamento di umore e si ripromise di non toccare l’argomento “Vegeta” per un bel po’, ma doveva sapere.
“Bulma cos’è successo?”
“È uno stronzo Chichi. Non ne sono sicura ma dopo quello che mi hai detto ho timore che lui abbia voluto approfittarsi di me.”
“Non dire sciocchezze, Vegeta non lo farebbe mai. Mai si è approfittato di una donna che non lo volesse, ma molto probabilmente il tuo rifiuto, da quello che ho inteso, devo averlo stupito visto che mai, e giuro mai, nessuna si era permessa prima di te di rifiutarlo.”
Ma chi era quello lì? Bulma si morse la lingua. Certo, era un bellissimo uomo! Tuttavia quella bellezza esteriore faceva a cazzotti con l’insopportabile carattere che si ritrovava.
“Mi vuoi dire cos’è successo? Devo prenderlo con il fucile?”
La battuta di Chichi le placò l’ira e le permise di raccontare quello che lei si ostinava a definire “insignificante”. Continuava a pensare che non doveva fregarsene di quell’orco ma il suo cuore continuava a soffrirne, continuava a sentirsi ferito.
 
 

Più in là, nella proprietà del sindaco di Newcomb…
“Ehi, Vegeta, come va con la turchina di Londra?”
“Chi? Quella pazza antipatica?” sbottò Vegeta che cercava di tenare a bada un cavallo più cocciuto di lui da poco acquistato.
“Ehi ehi, qualcuno ha fatto arrabbiare il mitico Casanova di Newcomb?” scherzò Goku con una risata che per poco non lo piegò in due.
Vegeta non ebbe tempo di fulminarlo con lo sguardo. Placò l’animale con abilità e gli diede qualche sonora carezza per addolcirlo del tutto. Con un ghigno guardò l’amico: Goku capiva ogni cosa.
“Mi ha respinto dopo che ci siamo baciati.”
Goku per tutta risposta fiondò le mani nella sua strana e folta capigliatura.
“NO, è come si è permessa? È proprio pazza!” esclamò con un tono e un viso ironicamente sconvolto.
Vegeta si allungò per dargli un calcio ma Goku con la sua allegra risata riuscì a schivarlo.
“Idiota.”
“Sei tu che non ti sai comportare. Non è detto che tutte le donne del mondo devono cadere ai tuoi piedi solo perché hai sterminato quasi tutta la popolazione femminile di Newcomb.”
Vegeta si lasciò andare a una grossa risata seguito dall’amico. Perchè era così nervoso? In fondo poteva avere tutte le donne che voleva. Immerso nei suoi pensieri quasi perse le parole di Goku.
“Comportati da gentiluomo quando tornerai a casa e vedi che riuscirete a rapportarvi almeno in modo civile. Se vai avanti di questo passo, quando andrà via la rimpiangerai.”
Goku era diventato improvvisamente serio.
“A me fa un piacere se alza i tacchi e va via da casa mia.”
“Dici così ma non dirmi che non ti eccita, in tutti i sensi, il fatto che per la prima volta una donna possa averti rifiutato. Credimi, ti mancherà se non istauri con lei un rapporto di neutralità: né litighi né altro.”
Vegeta sbuffò salendo in sella al cavallo che aveva appena domato per farsi una bella cavalcata.
“Pensa ai cavalli, filosofo delle cause perse.”
“Sì sì” replicò Goku salendo anche lui in sella “poi non dirmi che non ti avevo avvisato.”
Vegeta gli diede le spalle e spronò l’animale alla corsa. Rimpiangere Bulma?? Mai… .

 

Buon pomeriggio fanciulle,
piaciuto il momento Goku/Chichi? E che ne pensate della situazione tra i nostri protagonisti? Non sarà facile istaurare un rapporto “neutro” come ha detto Goku vista la fortissima sensazione che entrambi hanno provato con quel bacio. Ve ne saranno delle belle. Io domani parto per le vacanze ma porterò ovviamente il pc con me e cercherò di essere puntuale. In caso contrario abbiate fede perché cercherò di non farvi aspettare troppo. Ringrazio come sempre le favolose ragazze che commentano la storia e chi la segue. :D
A presto, BlueSon

 
 

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Capitolo 5
*** Quando batte forte il cuore ***


Amore Caldo

“Goku, ci vediamo” disse Vegeta salutandolo con la mano.
“A domani, amico e fai il bravo!” lo ammonì.
Vegeta sorrise. Goku lo capiva in tutto e per tutto e lui che non manifestava mai i suoi sentimenti apertamente sapeva che in cuor suo erano diventati più che amici: loro due erano come fratelli. Si diresse verso casa con il cuore stranamente in subbuglio, memore delle parole dell’amico. La settimana era finita e oltre a essere stata dura era anche stata parecchio stancante. Tuttavia al solo pensiero di rivedere Bulma sentì la stanchezza scemare. Non voleva ammetterlo nemmeno a se stesso ma era parecchio contento di tornare. Se la immaginava magari in quella vestina da notte che aveva il potere di risvegliare anche i morti. Figurarsi lui che era vivo e vegeto e che non andava  letto con una donna da un pezzo! Sorrise al solo pensiero di stuzzicarla. Non gli piaceva litigare ma provocare sì. Era forse cattivo ma quello per lui era l’unico modo per non legarsi a nessuna persona che potesse spezzargli il cuore come avevano fatto i suoi genitori. Preferiva essere odiato più che amato per poi essere cacciato via. Non gli piaceva pensare ai suoi genitori  e infatti, al passaggio di quei pensieri, spronò il cavallo ad andare più veloce. Forse doveva smettere anche di stuzzicarla pensò per distrarsi. Altro che rapporto neutro come aveva detto Goku! Doveva ignorarla e pregare che se ne andasse via. Le avrebbe persino prestato dei soldi pur di levarsela dai piedi. Arrivato a casa aprì il recinto per far entrare il cavallo. Dopo aver lo richiuso velocemente entrò in casa notando subito la luce accesa e la porta della camera di lei chiusa. Era un chiaro segno di rottura quello lì. Il cuore accelerò bruscamente e Vegeta non seppe dirsi se per rabbia o qualcos’altro. Cosa si aspettava? Che lei lo avesse aspettato alzata? Notò comunque che tutto era in ordine e pulito come sempre. Non provò nemmeno a vedere se dormisse per dirle che era tornato.
“Me ne andrò a dormire e tanti saluti.” pensò scocciato.
Spense la luce e dopo una doccia super veloce indossò dei pantaloni leggeri e rimase a torso nudo. Si buttò sul letto già pregustando il sonno che stranamente, nonostante la stanchezza, non arrivava. Guardò il soffitto come se avesse potuto trovarci chissà cosa. Chiuse gli occhi e invece di dormire cominciò a pensare a tutto quello che era successo nella sua vita nell’ultimo periodo. Bulma era arrivata nella sua vita senza alcun preavviso e lui non doveva pensarla perché era assurdo e maledettamente da idioti pensare così tanto a una ragazza che lo odiava e che lui stesso non sopportava. Ma era davvero così? Il suo cuore sembrava obiettare. Ricordò la strana sensazione che aveva provato nell’assaggiare quelle morbide labbra e il vuoto allo stomaco che aveva provato quando il bacio si era fatto meno casto. Continuò a ricordare e aprì gli occhi. Gli era venuta in mente l’ultima sfuriata avuta con quella bambina viziata prima di andare via.
 
“Sei davvero odioso, Vegeta. Non vedo l’ora di andarmene.”
“Conto i giorni che mancano.”
 

Scattò a sedere.
“Ok, togliamoci il grillo dalla testa” disse tra sé alzandosi.
Raggiunse la stanza della ragazza e aprì la porta silenziosamente. Fu come ricevere un colpo in testa quando si rese conto che il letto era vuoto. Sentì il cuore preso da una morsa: dov’era andata? E perché lui si preoccupava? Non se lo sapeva spiegare ma tanto peggio per lei: se aveva deciso di andarsene tanto di guadagnato. Tornò a letto provando a richiudere gli occhi ma sentiva soltanto il suo cuore accelerare come se fosse prossimo all’infarto! I pensieri gli circondarono la testa come fa un branco di lupi intorno alla preda. Era buio e lei era sola. E se…scattò di nuovo in piedi: gli Apache!  Doveva trovarla. Non si degnò nemmeno di coprirsi il petto nudo e uscì fuori. Stava per andare verso le montagne quando pensò al recinto. Le probabilità che lei si trovasse nella scuderia erano minime vista la sua paura per i cavalli. Tuttavia diede voce al suo cuore impazzito. Andò a controllare. Alcuni cavalli erano rimasti fuori all’aria aperta e contandoli Vegeta si rese conto che mancava una femmina. Non ci aveva fatto caso prima. Sbuffò per l’ansia che lo stava divorando. Si stava preoccupando sul serio e non solo per la possibile reazione della famosa Gine e di Chichi che da quando aveva capito si era molto legata alla ragazza di Londra. Era preoccupato perché aveva paura che se ne fosse andata. Doveva ammetterlo: solo due settimane e quella donna gli aveva rivoluzionato lo stile di vita. Un nitrito lo distrasse dai suoi pensieri. Entrò nella scuderia e si diresse veloce verso la fonte del nitrito. Quello che vide gli placò la frustrazione: Bulma stava dormendo sul dorso della giumenta che alla vista del nuovo arrivato nitrì più forte. Vegeta si rese conto di sorridere tirando un sospiro di sollievo. La luce della luna illuminava la sua pelle leggermente abbronzata dai raggi del sole. Vegeta ricordò che era bianca come il latte la prima volta che l’aveva vista. La gonna era stata alzata sino al ginocchio e una camicia bianca con i primi tre bottoni slacciati davano spazio a una grande immaginazione. I capelli turchini erano sciolti. Vegeta si avvicinò e la giumenta tornò a nitrire. Bulma si mosse ma non si svegliò. L’uomo le spostò una ciocca di capelli dal viso. Lei sorrise nel sonno e lui da sveglio. L’animale tornò a nitrire destando il sonno della ragazza. Bulma stropicciò gli occhi mettendo a fuoco l’immagine. Vide Vegeta al suo fianco ma questa volta non sobbalzò.
“Perché mi spii mentre dormo?”
Vegeta rise divertito.
“Non ti spio, ma non ti ho trovato in casa e pensavo…”
Bulma travasò quella frase.
“Mi spiace deluderti.”  esclamò tornando a chiudere gli occhi.
Vegeta rise ancora.
“Ti sei resa conto che non sei nella tua camera?”
“Non mi interessa. Non mi va di litigare perciò sparisci.”
In un’altra occasione Vegeta si sarebbe alzato per girare i tacchi e andare via ma la voce di lei impastata dal sonno non era acida come quando battibeccavano bensì dolce e delicata.
“Se non ci vieni da sola, ti ci porto io.”
Bulma sentì il cuore sobbalzare ma era troppo stanca per obiettare. Vegeta l’aveva presa in braccio e la stava scortando dentro. Stranamente la cosa le fece piacere tanto da accoccolarsi sulla sua spalla e tornare a chiudere gli occhi. Vegeta ringraziò il cielo che il suo cuore non cedesse in quel momento. Si preoccupava per i battiti rapidi che per poco non gli spaccavano la gabbia toracica! Entrò in casa e piano l’adagiò sul suo letto. Tuttavia Bulma non mollò la presa.
“Vegeta” lo chiamò.
“Dimmi” sussurrò lui.
“Sono andata di proposito nella stalla perché ieri sera…ho sentito dei rumori strani e mi sono spaventata.”
Il cuore rallentò per un secondo.
“Non preoccuparti. Ora riposa.”
Bulma aveva ancora gli occhi chiusi. Quell’espressione dolce sul suo viso era un richiamo ad affondare la bocca sulla sua. Cercò di resistere adagiandola sul cuscino e prendendo una sua mano affinchè gli lasciasse il collo ma Bulma per tutta risposta strinse quella mano.
“Ho avuto paura, Vegeta.”
“Ora ci sono io, stai tranquilla.”
Non riuscì più a trattenersi e tornò a baciarla. Gli mancavano quella labbra ma aveva intenzione solo di assaggiarle senza pretendere troppo per evitare altre spinte e brutti musi. Bulma per tutta risposta dischiuse la bocca approfondendo il bacio. Era tra il sonno e la veglia e quel bacio le riaccese i sensi. Tuttavia Vegeta decise di non forzare la mano e seppur a malincuore dovette fermare quel momento d’estasi.
“Buonanotte.” le sussurrò prima di lasciarla sola.
Bulma si accoccolò sul cuscino tornando a dormire beatamente. Una sensazione di pace le intorpidì tutto il corpo cullandola per tutta la notte.
 
 
Il mattino seguente Bulma si svegliò e un dolce sorriso le dipinse le labbra. A tratti ricordava cos’era successo la sera prima e soprattutto ricordò la dolcezza del momento, quando Vegeta l’aveva presa in braccio per portarla a letto e il bacio che l’aveva catapultata sulla stella più bella e luminosa. Forse quello sarebbe stato un nuovo inizio. Non stava pensando a una vera e propria storia con il bello e dannato cowboy ma ora potevano guardarsi senza urlare dopo due secondi. Arrossì al solo pensiero del giovane l’uomo che l’aveva stretta tra le braccia. Chichi aveva ragione: quella di Vegeta era solo una facciata e il fatto che si fosse preoccupata per lei le faceva battere forte il cuore. Si alzò dandosi una veloce ripulita con l’acqua nel catino preparata appositamente la sera prima. Il rumore che tanto l’aveva spaventata era stato simile a qualcuno che provava a forzare una porta. Era stata sciocca a uscire ma una volta arrivata tra i cavalli era riuscita a calmarsi. Si era sentita più al sicuro. Scosse la testa per non pensarci più. Cambiò gonna e camicia e decise di lasciare i capelli più liberi, non legati sempre nel severo chignon. Sorrise a se stessa per la calma che era sicura sarebbe regnata nei giorni a venire e con quella stessa sicurezza aprì la porta raggiante. Scoprì nel modo più disastroso che quella serenità non sarebbe più arrivata: la visione a cui i suoi occhi furono costretti ad assistere le diede il voltastomaco anche se non capiva il perchè. Vegeta era avvinghiato a una bambolona bionda che vedendola sulla soglia della camera l’aveva guardata dalla testa a piedi come se avesse voluto disintegrarla sul posto.
 “Ehi, Vegghy, perchè non mi hai detto che avevi compagnia? Lo sai che sono gelosa!” 
Bulma non sapeva se ridere per il soprannome mieloso e fuori luogo o adirarsi per il comportamento da gatta morta della bionda.
“Finiscila, Taylor” ordinò Vegeta scrollandosela di dosso.
“Adesso fai il timido? Andiamo, che non lo sei mai stato!” starnazzò lei con una risatina.
Bulma non capiva perchè era così arrabbiata. La prima impressione era quella che valeva sempre e se lei aveva avuto la sensazione che di quel Vegeta non poteva fidarsi allora doveva essere così.
“Non preoccupatevi di me. Fate pure.” esclamò cercando di nascondere la stizza.
Dopodichè tornò in camera richiudendo la porta. Piantò la schiena contro la parete e chiuse gli occhi. Provò a non dare peso al battito impazzito del suo cuore. Non doveva e non poteva provare nulla per quel Casanova! Doveva chiudere i rapporti con lui altro che riaprirli! Doveva allontanarlo, far finta che non esistesse proprio come aveva fatto con David. Di colpo spalancò le sue iridi azzurre. Aveva allontanato David perchè si era innamorata di lui e lui per tutta risposta l’aveva presa in giro. Se lei si comportava in quel modo quindi doveva presupporre che provasse qualcosa di più forte che semplice attrazione per Vegeta. Scosse la testa. Non poteva essere vero, non poteva davvero permettere al suo cuore di perdere battiti per un altro bastardo. No, non poteva. Avrebbe stretto i denti e avrebbe lasciato perdere ogni buon proposito di rapporto civile. Come diceva sempre suo padre? La miglior arma è l’indifferenza. Una volta tanto quell’uomo severo le aveva dato un buon consiglio. Avrebbe usato proprio l’indifferenza e avrebbe pregato con tutta se stessa di poter andare via da lì il prima possibile.
Intanto fuori… Vegeta era riuscito a spingere Taylor sul portico fuori casa. La bionda continuava ad accarezzarlo e a giocare con i bottoni della sua camicia. Gliela aveva quasi del tutto sbottonata. Iniziava a dargli sui nervi. Prima Taylor gli andava bene. Era una ragazza che come lui non avanzava pretese o almeno lei non l’aveva mai fatto. Ora invece sembrava volere una relazione e lui non ne voleva sapere.
“Tra una settimana ci sarà la festa in Paese. Perchè non vieni con me?”
“Non lo so Taylor. Se ci vengo sarà solo per chiudere qualche affare.”
 La bionda sbuffò.
“Che noia! Allora vieni un po’ da me. È da tanto che non ci divertiamo.”
“Non ne ho voglia.”
“Non sarà per caso che fai coppia con quella turchina che ho vista di là? Non è possibile. Non ha nemmeno un po’ della mia bellezza.” si vantò.
Vegeta avrebbe voluto schiaffeggiarla per l’insulto gratuito ma decise di lasciar perdere. Se avesse dato credito ai suoi sospetti non se la sarebbe più tolta di torno.
“No, non ci faccio coppia. Ora vai che ho un sacco di cose da fare.”
“Spero di vederti alla festa, stallone.” rise la ragazza che ancheggiando come le migliori ballerine andò via salendo sul cavallo con il quale era arrivata.
Vegeta tirò un sospiro di sollievo e tornò in casa. Fissò per più di un istante la porta della camera di Bulma. Chissà cosa stava facendo. Perchè aveva paura di aver rovinato tutto? Ma tutto cosa? Era la domanda successiva. Un paio di baci non significavano nulla visto che avevano trascorso la maggior parte del tempo a punzecchiarsi e battibeccare. Tuttavia ammetteva per la prima volta che si era sempre preoccupato per lei e che sin dall’inizio, quando era andato a spiarla nella sua stanza trovandola bella come una dea, aveva provato qualcosa. Quella convivenza forzata non lo aveva portato a prendere le distanze, tutt’altro. Per quanti sforzi facesse doveva ammettere che era attratto dalla turchina. Avrebbe dato tutto quello che aveva per riuscire a parlare con lei in quel momento ma aveva la sensazione che entrare in quella stanza sarebbe stato come avere libero accesso in una gabbia di leoni. Aveva paura. Vegeta aveva paura come ieri sera e si rese conto che tra di loro non c’era più solo una porta ma un a vera e propria muraglia!
 
 
In realtà parlare di muraglia era dir poco. Fino alla famosa Festa del Paese Bulma e Vegeta si erano scambiati sì e no qualche secca e povera parola. Esagerati? Forse ma così avevano deciso di andare avanti: Bulma continuava a svolgere i suoi compiti e poi tornava in camera sua. Rimetteva il naso fuori da quelle quattro mura solo quando Vegeta usciva. Dal canto suo l’uomo aveva perso ogni buon proposito di parlarle. Da una parte la cosa lo divertiva. Se Bulma non gli parlava era perchè, probabilmente, la scenetta organizzata da Taylor l’aveva infastidita, ma dall’altra la cosa iniziava a dargli sui nervi anche perchè aveva notato quanto il suo cuore facesse i cavoli suoi in presenza della ragazza. Dava colpi così forti contro il petto da temere che lo squarciasse da un momento all’altro.
Bulma non capiva: stava lì da quasi un mese ed era riuscita a rapportarsi con tutti. Lei e Chichi erano diventate grandi amiche come lei aveva tanto sperato e Goku la trattava con gentilezza proprio come suo zio Bardack. Tutti erano cordiali con lei, tutti tranne che Vegeta. Con lui era una battaglia persa in partenza. Oramai doveva ammetterlo: si era innamorata su due piedi di quello scorbutico con l’S maiuscola! Aveva sempre creduto che l’amore nascesse all’improvviso, quando una persona non lo aspetta e nella persona che mai immagineresti, ma mai avrebbe creduto che proprio lei si potesse innamorare davvero così di un uomo che le faceva toccare le stelle con un bacio e l’ultimo girone dell’Inferno con una sola battutina o cattivo comportamento. Era rimasta così delusa dalla scoperta di quella papera bionda che non era riuscita nemmeno a nasconderlo al diretto interessato e proprio come un bambina gli manteneva il muso per un tempo che nemmeno lei poteva circoscrivere. Chichi glielo aveva detto come si comportava Vegeta con le donne e  doveva aspettarsela una situazione del genere ma aveva creduto che stupidamente qualcosa potesse nascere tra di loro cambiando quel carattere da latin lover che l’uomo si ritrovava. Quella speranza diventata vana aveva maggiormente accresciuto la delusione e ora non sapeva come comportarsi se non come stava facendo. Voleva solo dimenticare anche se non sapeva davvero come avrebbe fatto a lasciare nell’oblio la miriade di sensazione che quel cowboy le aveva fatto provare.
 
Quella notte fu il destino a smuovere le cose stanco che due persone così prese l’uno dall’altra restassero ferme a guardarsi. Bulma era nella sua camera pronta per andare a dormire. Indossava una delle sue adorate vestine, questa di colore rosa confetto. Quando Vegeta entrò spalancando la porta sobbalzò dalla sorpresa. Cosa voleva da lei? Un brivido le percorse la schiena quando lo vide avanzare per poi fermarsi a soli due centimetri dal suo viso.
“Come ti permetti?” gli chiese a denti stretti pregando che il battito accelerato del suo cuore non fosse percepibile.
“Questa è casa mia e in casa mia non tollero che gli ospiti siano scortesi.”
Bulma si lasciò andare in una risata fasulla.
“Io scortese? Da quanto ho capito in questa casa sono entrate parecchie e tutte hanno fatto i loro comodi. Sono forse l’ospite più educata che abbia mai potuto calpestare questo pavimento. ”
“Tu non sei educata. Non mi rivolgi più la parola e la tensione fra queste mura è diventata insopportabile.”
Vegeta non riusciva a celare la rabbia e la frustrazione di quel momento perchè era troppo preso a spogliare con gli occhi la turchina. Non si rendeva conto di quanto fosse provocante in quel modo? Come poteva lui restare inerme dinanzi quella situazione e sopportare di non vederla sorridere come aveva fatto quella sera accoccolata tra le sue braccia? Quei meravigliosi ricordi erano così lontani da indurlo a pensare che in realtà quella notte non fosse mai avvenuta. Bulma si era resa conto dello sguardo di Vegeta. La pelle le bruciava per l’emozione.
 “Non è certo colpa mia se le cose tra di noi sono iniziate così e così continueranno.”
“Perchè?” chiese lui che ora voleva sentirle dire il motivo per il quale si era così allontanata.
“Non importa. Ora esci.”
 “Io e te dobbiamo parlare. Non me ne vado da qui finchè non mi spieghi.” 
Bulma ebbe il coraggio di poggiare le mani sul petto di lui per spingerlo fuori. Che delusione scoprire che la sua forza non l’aveva spostato di un millimetro. Sbuffò provocando in lui una risatina divertita. Decise di allontanarsi lei. Lo sorpassò avviandosi verso la porta e poi si girò.
“La verità è che pensavo di potermi fidare di te visto che avevo notato che la sera prima ti ero preoccupato della mia persona. Sono venuta a scoprire che però non posso fidarmi di un uomo che prende le ragazze e le usa a suo piacimento.”
 Vegeta si sentì come il vincitore del premio più grande del mondo! Quell’affermazione fu musica per le suo orecchie. La preoccupazione lasciò spazio alla malizia che era la sua principale caratteristica. Senza che Bulma potesse muovere qualche obiezione lui si trovò con due sole falcate a due centimetri dal suo viso. L’impatto con quegli occhi neri spinse la giovane donna a fare un passo indietro ma le sue spalle incontrarono la parete. Non poteva muoversi e il suo cuore mancò di un battito.
 “Quindi tu mi stai evitando perchè sei gelosa.”
“Non ti montare la testa e non mettermi in bocca parole che non ho detto.”
“Ho solo riportato la verità estrapolandola dalla favoletta che mi hai rifilato come risposta.”
“Quella che hai detto tu è la verità che vuoi sentirti dire, ma io non te la dirò. Non mi posso né mi voglio fidare di te. ”
“Può darsi ma se non fossi gelosa perchè allora mi hai evitato come la peste bubbonica?”
Aveva perfettamente ragione e a Bulma non restò altro che cambiare discorso anche se aveva imparato che con Vegeta era impossibile dirigere i giochi se non era lui a volerlo.
“Perchè ti sono mancata?” scherzò con un sorrisetto fittizio.
Vegeta prese la palla al balzo. Non gliela avrebbe fatta passare liscia: lui la voleva e ora sapeva che anche lei voleva lui.
“Perchè io no?” ribattè divertito.
Bulma dovette arrampicarsi sugli specchi.
 “La domanda l’ho fatta prima io.”
Fu un attimo. Vegeta le si appiccicò addosso e la prese in braccio sostenendola con le sue forti braccia. Divenne un fuoco nel sentire le sue mani quasi sul sedere.
“Allora lascia che ti risponda.”
La baciò tuffandosi sulle sue labbra con la stessa rapidità di un assettato che si precipita all’oasi dopo giorni di sofferenza e arsura nel deserto. Bulma fu travolta dalla sua forza: l’impatto fu dolcemente devastante! Faceva caldo, troppo caldo e i loro cuori stavano praticamente bruciando nel fuoco dell’amore. Le ustioni sarebbero stare alte e dolorose ma nessuno dei due sembrava preoccuparsene. Bulma provò a spingerlo ma notò che nemmeno il suo corpo obbediva alle sue intenzioni. Quella spinta divenne carezza, le mani si appoggiarono ai quei muscoli per non cedere dinanzi a quell’amore bello e impossibile, quell’amore che le bruciava persino l’anima. Come sempre fu Vegeta a mettere fine a quel contatto. Avrebbe voluto portarsela a letto e stringerla tra le sue braccia ma la sua lingua maliziosa e pungente non riuscì a non muoversi.
“Credo che la mia risposta sia chiara, ma voglio sapere la tua.”
Ecco. Era più forte di lui! Doveva provocare, punzecchiare e non importava quanto fosse doloroso per il suo cuore. Era orgoglioso e non riusciva a lasciarsi andare a un sentimento che l’aveva tradito tanto tempo fa quando i suoi genitori, per chissà quale motivo, avevano deciso di abbandonarlo. Purtroppo non aveva tenuto conto che aveva incontrato una persona orgogliosa quanto lui.
“Fuori!” esclamò Bulma con tono rabbioso.
Era proprio quello che non sopportava di Vegeta. Tra di loro c’era attrazione, c’era trasporto, per lei anche qualcosa in più, ma lui con quel suo presuntuoso modo di fare, rovinava sempre ogni cosa innervosendola e mettendola in imbarazzo. Vegeta uscì senza proferir parola. Chiusero entrambi le porte delle loro camere lasciando quelle dei cuori aperte.

 

Ragazze buonasera,
Eccomi qui, di nuovo fra voi. L’esame è alle porte ma davvero non ce la facevo più a non pubblicare. Scrivere è più forte di qualsiasi altra cosa. XD
Cosa ne pensate di questo burrascoso rapporto tra i protagonisti? Vegeta sembra proprio voler restare sulle sue anche se Bulma non gli è indifferente. E chi è questa str… di Taylor? La Festa del Paese è alle porte e le cose si faranno interessanti anche perchè Bulma… eh no, sto parlando troppo. Non voglio dire nulla. :P
Ringrazio tutte voi che state seguendo la mia storia, che la recensite o semplicemente la leggete. Alla prossima. Buona serata. BlueSon

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Capitolo 6
*** Al limite della sopportazione ***


Amore Caldo

 
La festa in Paese sembrava essere una delle fiere più importanti di tutti i tempi: si cantavano e ballavano le danze tipiche di Newcomb e vi erano diversi piatti da assaggiare. I vari cuochi che si cimentavano si sfidavano fino all’ultimo piatto e alla fine, proclamato il vincitore, vi erano diversi premi. Il sindaco non badava a spese per la Festa più importante del suo Paese. Nonostante Chichi le avesse riempito la testa come una mongolfiera Bulma non aveva proprio voglia di andarci. Continuava ad accostare la parola festa e Paese a quella gatta morta che aveva visto fare le fusa a Vegeta. Ribolliva dalla rabbia al solo pensiero. Ne aveva parlato con Chichi ovviamente e quest’ultima non faceva altro che invogliarla.
“Dai, non farmi andare da sola!” si lamentava la corvina mentre davano da mangiare ai cavalli.
“Chichi, non ricominciare. Non è il mio Paese questo qui. Mi sentirei di troppo.” disse senza pensare.
Così come si sentiva di troppo in casa di quel bellissimo e dannato cowboy! Non aveva più voluto parlare con Vegeta dopo quello che era successo e lui fortunatamente non aveva invaso il suo spazio.
“Non puoi dire così. La festa è davvero importante. Ci vado ogni anno ma mi annoio a morte. Con te sarà diverso. E poi viene anche Vegeta.”
“Un motivo in più per restare a casa.”
Le faceva quasi male chiamare quella struttura casa. In fondo non era sua! Eppure aveva quella strana sensazione di appartenenza. Insomma era pur sempre il primo luogo in cui sistemava e rassettava. Era così strano sentirla un po’ come sua?
“Guarda che qui non siamo a Londra. La maggior parte delle donne, soprattutto quelle che amano  stare a gambe all’aria, sono molto sfacciate. Se non marchi il territorio Vegeta lo perdi.”
Bulma si era ormai abituata alla schiettezza di quella giovane donna. Un motivo in più per amarla come fosse una sorella.
“Io non voglio marcare proprio niente. Vegeta non è il mio uomo, come dite voi qui, né tantomeno io sono la sua donna.”
Quelle due espressioni avevano una sfumatura diversa rispetto a quelle che di solito usava suo padre: essere la donna di uno non equivaleva  esserne la compagna o la fidanzata. Era un’espressione che indicavano protezione, possesso, idee che se le accostava a Vegeta le creavano un forte formicolio al basso ventre.
“Quella lì va con tutti ma ha sempre avuto un debole per Vegeta. Credo proprio che anche lui si sia scocciato. E guarda caso l’ha fatto proprio quando sei arrivata tu.” sottolineò l’amica con un sorrisino malizioso.
Bulma arrossì a quell’insinuazione. Non c’erano dubbi che Vegeta la volesse. Era forse presuntuosa ma non cieca! Il problema era che lei non voleva un’avventura, voleva di più, proprio quello che lui non poteva darle.
“Che se lo prenda.”
“Sicura?”
“Certo, a me Vegeta non interessa. Se a lui piacciono le papere che starnazzano e arruffano le penne per farsi notare perchè non sanno fare altro che quello non è di certo colpa mia. Posso solo impietosirmi per lui.” 
Chichi scoppiò in una risata così fragorosa che una puledra quasi sussultò.
“Sei gelosa marcia, amica mia.”
Bulma sbuffò.
“Comunque…” continuò Chichi “bando alla ciance: mi accompagni? Parlando di cose serie alla Festa partecipano tutti anche le donne che potrebbero diventare le nostre possibili acquirenti. A questo ci hai pensato?”
A Bulma si accese quella lampadina che aveva già illuminato la mente di Chichi. Ecco perchè l’amica aveva fatto quell’ordine il giorno stesso che ne avevano parlato. Solo qualche giorno fa infatti Chichi le aveva mostrato la merce che aveva ordinato direttamente da Londra e che era arrivato con due settimane di ritardo fortunatamente tutto intera. Bulma si era messo subito a lavoro ringraziando una volta tanto suo padre che tanto aveva insistito affinchè lei imparasse a cucire. Chichi era rimasta estasiata dal risultato.
“A quanti capi sei arrivata?”
“Sei.”
“Questi ultimi giorni ti darò io una mano. So già con chi parlare. Vedrai che faremo un affare ma tu devi venire alla Festa del Paese.”
Bulma ci pensò ancora prima di proferir parola.
“C’è solo un problema…”
A Chichi già brillavano gli occhi.
“Quale?”
“Non so cosa indossare.”
Chichi l’abbracciò saltellando proprio come un bambina.
“Se mi giuri che vieni, questo è l’ultimo dei problemi.”
 
 
Finalmente arrivò La Festa tanto attesa. Né Goku né Vegeta conoscevano le reali intenzioni delle due e soprattutto Vegeta non sapeva come Chichi avesse fatto per convincere il suo chiodo fisso a partecipare. Bulma quella sera era bellissima. Indossava una gonna blu lunga e una magliettina di seta bianca che lasciava le spalle scoperte. I capelli erano stati lasciati liberi se non per qualche ferretto per bloccare un paio di ciocche. Anche Chichi era uno splendore nella sua gonna verde smeraldo ben stretta sui fianchi e un camicia a giro bianca simile a quella dell’amica.
“Stasera voglio che Goku impazzisca.” le aveva confidato la corvina “Giusto perchè sappia che non deve avere occhi che per me.”
Le donne camminavano avanti e gli uomini dietro. Vegeta e Goku continuavano a interrogarsi su cosa contenesse quella sacca di pelle che le due avevano con sé. Goku in realtà aveva un diavolo per capello. Cosa si era messa in testa sua moglie? Quando arrivavano queste feste Chichi si metteva sulla difensiva. Continuava a vedere le altre come un pericolo e per farsi notare ai suoi occhi si vestiva in un modo che avrebbe potuto sciogliere anche una roccia. Sperava solo che non dovesse sparare a qualcuno quella sera. Gli prudevano le mani al solo pensiero che qualcuno potesse guardare la sua donna.
“Ehi, Goku, qualche problema?” lo provocò Vegeta.
“Tu mi capisci al volo perciò non c’è bisogno che ti spieghi. Se solo qualcuno le mette gli occhi addosso…”
“Amico, le donne sono vendicatrici…”
“Per questo Bulma ti fa perire?” lo stuzzicò questa volta lui.
“Tsk! Non mi importa.”
“Se a te non importa io sono cieco allora. Ti aveva detto che non è come le altre. Ora capisco il motivo di quei bagni alle cascate.” 
“Ti ho detto che a me non importa. Già ho troppe gatte da pelare. Non me ne serve un’altra.”
“Gatte come Taylor?”
“Spero davvero che non mi si appiccichi addosso.”
“Altrimenti come la convinci Bulma che sei cotto di lei?”
Vegeta grugnì dandogli una gomitata.
“Smettila di scherzare. Io non voglio nessuno.”
“Ragazzi vi muovete?” chiese Chichi.
“Arriviamo, amore mio.” rispose Goku massaggiandosi la spalla lesa dalla gomitata di Vegeta.
Quest’ultimo puntò gli occhi sulla turchina che camminava spedita poco più avanti di lui. Come poteva convincere se stesso che legarsi a Bulma era sbagliato se persino per Goku era palese il desiderio che provava per lei?
“Hai portato quello che ci serve?” chiese Chichi rivolgendosi poi all’amica.
Bulma indicò la sacca in cui avevano conservato il loro investimento. Chichi le sorrise strizzandole l’occhio.
“Vedrai, questa sera faremo il botto.”
 
 
La Festa era davvero fantastica. Che emozione riabbracciare la zia dopo tanto tempo. Gine si era davvero adattata alla vita di Newcomb. Sembrava che lavorasse in un Saloon da sempre. Inoltre sembrava che tra lei e Bardack si era riacceso molto di più che della semplice attrazione. Bulma notava come l’uomo così somigliante a Goku la guardasse con amore e malizia. Gine indossava una veste lunga di color terra che risaltavano il marrone dei suoi occhi. Bardack la spogliava con un semplice sguardo e lei ammiccava fiera e sicuramente innamorata. Bulma aveva capito sin dall’inizio che tra quei due c’era stato e ci sarebbe continuato a essere del tenero e come sempre il suo sesto senso non sbagliava. Sperava che non la tradisse anche per quanto riguardava quell’azzardo elaborato con Chichi. Il saloon era aperto a tutti e un via vai di gente e di chiasso rendeva l’atmosfera calorosa e divertente. Il pianoforte era stato spostato su un palchetto. Tra gli altri strumenti c’erano dei violini e un tamburo. I musicisti erano davvero bravissimi. Uno dei balli che Bulma fu trascinata a imparare da Chichi fu la quadriglia. Si divertirono sotto gli occhi attenti di un Goku super geloso e di un Vegeta che sembrava indifferente. Bulma dovette rifiutare le avance di più di qualche cowboy ma accettò l’invito del padre di Chichi e quello di Genio il proprietario del saloon prima di Bardack. Era un vecchietto divertente e simpatico, forse un po’ pervertito, ma Bulma sapeva come mantenere le distanze. Goku e Vegeta rimasero inchiodati al bancone parlando con Gine e Bardack.
“Vegeta come va la convivenza con mia nipote?”
Vegeta guardò la donna che gli aveva fatto la domanda.
“Non mi lamento.”
“Spero per te non sia un problema.”
“Ma quale problema?!? La presenza di una donna nella vita di questo lupo solitario non potrebbe fargli che bene.” rispose Bardack al posto suo riempiendo le caraffe di birra.
Vegeta sorrise bevendo dal suo un lungo sorso.
“Nella mia vita non sono mai mancate le donne.”
Quella frecciatina gratuita del ragazzo a Bardack allarmò Gine per un secondo o due. Sapeva però che sua nipote non era tipo da cadere tra le braccia del Casanova di turno. Soprattutto dopo l’ultima batosta.
“Io la vedo serena finalmente e questo mi riempie di gioia.”
“Newcomb è completamente diversa da Londra, dolcezza. Qui si respira la pace dei sensi.” le ammiccò malizioso Bardack.
“Credo che l’idea di fuggire sia stata la migliore in assoluto, non sarebbe sopravvissuta un giorno di più in casa del padre.”
Vegeta ascoltò quelle parole con attenzione. Chichi gli aveva solo accennato qualcosa sulla storia delle due londinesi e nel farlo aveva nominato il famigerato signor Brief e lo spasimante che aveva scelto per sua figlia.
“Era da tempo che non la vedevo ridere e scherzare così.”
“Tutto bene quel che finisce bene. Potrete restare qui tutto il tempo che volete. Vero Vegeta?” chiese Bardack guardandolo e sperando in un suo appoggio.
Vegeta pensò per un attimo al fatto di non vedere più Bulma in casa sua. L’immaginazione non era poi tanto diversa dalla realtà visti i trascorsi, ma solo il fatto di averla nella sua vita lo rendeva…non lo sapeva. Felice? Appagato? Decise per il momento di appoggiare quello che per lui era diventato come un padre e facendo spallucce disse:
“Non c’è problema.”
Gine sorrise felice. Quel ragazzo doveva aveva un cuore d’oro anche se si ostinava a nasconderlo sotto strati e strati di durezza. Goku intanto se con le orecchie ascoltava il discorso e con la bocca mandava già la seconda caraffa di birra, con gli occhi studiava la moglie che ballava insieme al padre.
“La smetti di marcare il territorio?” lo punzecchiò Vegeta. “Lo sanno tutti che Chichi è tua moglie e solo uno stupido potrebbe pensare di rubartela sapendo quanto meni bene. ”
Doveva o no vendicarsi per tutte le risate che Goku si faceva a sue spese? L’amico sorrise ma comunque non smetteva di guardare la sua Chichi.  Proprio per questo notò un cambiamento nella situazione. Chichi stava salutando calorosamente la moglie del sindaco Kaio. La donna le sorrideva e le stava dicendo qualcosa all’orecchio. Chichi sorrideva affabile e poi presentò Bulma alla donna.
“Quelle due stanno combinando qualcosa.”
Vegeta si voltò incuriosito e lo stesso fecero Gine e Bardack affacciandosi sopra le loro teste. La musica non permetteva loro di percepire alcunchè.
 
“Così lei è la nuova ragazza di Londra. Piacere di conoscerti, il mio nome è Lorel.”
“Piacere tutto mio signora.”
“Chichi mi ha parlato di qualcosa che ti appartiene e che tu vorresti mostrarci. Sono molto incuriosita. Ho con me alcune amiche che alla sola idea sono scattate come una molla.”
“Spero di non deludere le sue aspettative allora.”
“Chichi, dove possiamo sistemarci per aver un po’ di privacy?”
“Dove voi desiderate, signora.”
“Bene, venite con me. Ho chiesto a un’amica di lasciarci libera casa sua.”
Bulma seguì la gentile e composta moglie del sindaco. Entrarono in una casa non troppo lontana da dove si trovava il saloon. Prima che potessero entrare Taylor si avvicinò alla donna baciandola calorosamente su una guancia. La guardò poi con una risatina che avrebbe tanto voluto spegnerle su quelle labbra da sgualdrina.
“Zia Lorel cosa state confabulando?”
“Oh Taylor sei qui…” chiese la donna con un punto di rimprovero “Bulma non so se hai già fatto la conoscenza di mia nipote Taylor…”
Le due si guardavano in cagnesco e questo alla donna bastò.  Taylor entrò prima di loro passando sfacciatamente dinanzi a Bulma che già sentiva prudere le mani.
“Spero non ci siano stati dei diverbi. Mia nipote è alquanto viziata.” disse sottovoce la donna “Purtroppo suo zio Kaio la venera e io non posso strigliarla troppo anche se lo volessi. Capisci cosa intendo.”
“Non si preoccupi, signora. Entriamo?”
“Certo! Non sto più nella pelle.”
La casa era piccola ma molto accogliente e all’interno vi erano altre donne. Alcune fumavano ed erano vestite in modo molto fastoso, altre invece come la signora Lorel erano più composte. Quest’ultima con un caloroso sorriso diede inizio all’incontro.
“Mie care compagne, vi presento la gentilissima Bulma Brief, una nuova cittadina di Newcomb proveniente direttamente da Londra. Lei ha qualcosa da mostrarci.”
Tutti gli occhi erano puntati su di lei e Chichi con un sorrisino divertito le intimò di dare inizio alle danze.
“Mie care signore come ha già detto la signora Lorel ho qualcosa da mostrarvi: si tratta dell’ultima grande moda londinese.”
Chichi aprì la sacca che si erano portate dietro mostrando uno dei primi modelli cuciti. Le donne presenti rimasero tutte a bocca aperta. Bulma aveva già pensato a una cosa del genere. Questo solo perchè era una novità: ora dovevano convincerle a comprarle. Chichi tirò fuori altri modelli, alcuni anche più lunghi e con le spalline più ampie ma con scollature generose che lasciavano poco spazio all’immaginazione. Il gruppetto delle fumatrici gettò via le sigarette e si catapultò sui modelli. Lasciato lo stupore iniziale tutte le donne presenti si lasciarono andare ai più svariati commenti.
"Oh mio Dio, è seta."
“Sì, davvero, è seta.”
“Guardate, non si percepisce nemmeno sulla pelle.” disse un’altra infilando un braccio nel tessuto.
“Guarda questa è beje come piace a me.”
“Io ne voglio almeno sette. Una per ogni giorno della settimana da cambiare e scambiare come più mi piace.”
Bulma felice strinse la mano della compagna.
“Ehi, Martha, questa farà impazzire tuo marito. Perchè non la prendi?” disse un’altra con un sorrisetto malizioso.
“Io la prendo.”
“Anch’io.”
“Anch’io.”
“Anch’io.”
“Io posso provarla?” chiese cinguettando Taylor.
“Certo.” disse Bulma.
La bionda ne prese una a caso dalle mani di una delle altre donne e si chiuse in una stanza. Ne uscì dopo pochi minuti e con una giravolta, ancheggiando come una danzatrice del ventre chiese alle presenti come stava. Ovviamente i commenti furono tutti positivi.
“Io la prendo. Chissà, potrà servirmi per il mio bel fusto.” scandì Taylor guardandola con malizia negli occhi.
Bulma capì l’allusione e si limitò a sorridere.
“Ora capisco perchè Vegeta ti abbia ospitato in casa sua. Non lo avrebbe mai fatto se non per queste.” le disse odiosa a pochi centimetri da lei.
Un silenzio improvviso scese sulla stanza. Bulma aveva propria voglia di schiaffeggiarla. Potevano avere la stessa età ma lei era solo una bambina capricciosa e maleducata. Non ci si comportava così. Rimase in silenzio all’ennesima frecciatina ma quelle che successe dopo le fece davvero saltare i nervi. Taylor passeggiò per tutta la stanza fermandosi vicino la proprietaria della casa. Era una giovane ragazza, forse più piccola di Bulma di qualche anno. Se non sbagliava Chichi l’aveva salutata come Emily. Taylor le girò intorno con aria da furba volpe.
“Piacerebbe anche a te averne una vero? Aspetta, tu non puoi permettertelo.” disse con tono da vera egoista.
“Taylor smettila.” ordinò Lorel.
“No, non voglio.”
Bulma non si capacitava di come quella donna non le mettesse per una buona volta le mani addosso e la gettasse in una stanza chiusa a chiave per sempre. Emily chinò il capo imbarazzata. Bulma poteva capirlo dal rossore eccessivo delle sue guance.
“Io non la prendo, infatti.” borbottò la ragazzina.
“Certo che non la prendi, ma non perchè non ti piace. Semplicemente sei una poveraccia. Tuo fratello non è altro che un perdigiorno e tu, sola soletta, non guadagni un accidente. Non potrai mai sposarti con il tuo amato Bill.”
“Adesso basta.” sbottò Bulma prima che Lorel aprisse anche lei bocca.
Taylor si girò come per fulminarla con lo sguardo.
“Tu di che ti impicci? Io faccio quello che voglio.”
“Ed è qui che ti sbagli. Solo perchè tu sei più ricca di un’altra nessuno ti dà il diritto di offendere. Sei una giovane donna che ama comportarsi come una bambina cocciuta e viziata.”
“Come osi?”
“Oso, invece. Ma guardati: ti vendi come la peggiore delle prostitute ad ogni uomo che respiri e critichi invece chi è migliore di te. Guardati allo specchio e fallo bene Taylor: non c’è una regina che si riflette ma una povera sciocca che deve ancora capire come ci si comporta.”
Da poco lontano si potevano ascoltare le canzoni e le risate di chi si stava godendo la festa. Per il momento Bulma si stava godendo la faccia da pesce lesso di quella cagna in calore e gli assensi di tutte le altre donne presenti, persino quello di zia Lorel.
“Tu non puoi parlarmi così.” urlò la bionda avvicinandosi con una mano alzata.
Così, nel giro di qualche secondo, successe l’ immaginabile… .

 

Salve ragazze,
come andiamo? Spero bene. Ecco qui il successivo capitolo. Cosa ne pensate dell’affare? Una trovata un po’ fuori dal normale ma sembra proprio che le nostre amiche hanno un certo fiuto per queste cose. C’è solo un problemino: Taylor! Chissà cosa succederà. Un bacio a tutte voi che leggete e che recensite e che già avete inserito tra le seguite o le preferite la mia storia. Vi adoro :P

Vi aspetto al prossimo capitolo. Baci BlueSon

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Capitolo 7
*** Lasciarsi andare ***


Amore Caldo

Notte…notte di chi non avrebbe mai pensato che potesse esistere paura più grande e più spinosa. Bulma aveva appena lasciato il bagno pronta per infilarsi nel suo letto e dormire fino al giorno del Giudizio Universale. Era davvero stanca e non solo fisicamente. Troppi pensieri vagavano nella sua testa con il solo scopo di confonderla da due giorni a quella parte. Stava per chiudere gli occhi quando sentì un improvviso tonfo provenire dall’ingresso della casa. Il cuore le si fermò in quello stesso istante e  brividi violenti le rizzarono persino i capelli lasciati sciolti per la notte come sempre. Deglutì silenziosamente prima di alzarsi. Prese il suo scarpone poiché fu la prima cosa che le balzò in testa e si avventurò fuori la porta della sua camera. Solo allora si rese conto di quanto avrebbe desiderato trovarsi di fronte un apache, un bandito qualsiasi piuttosto che Vegeta accasciato al suolo con una freccia conficcata nella spalla destra.
“Santo cielo, Vegeta!” sbottò in preda al panico.
“Aiu..aiutami” biascicò lui.
La fronte era bagnata di sudore e una scura macchia di sangue ricopriva la spalla dell’uomo da entrambi i lati. Bulma lo aiutò ad alzarsi e a sedersi su una sedia.
“Chi è stato?” chiese quasi senza pensarci.
“Non importa.” imprecò Vegeta in un sussurro “Devi togliermela.”
Bulma spalancò le sue iridi azzurre.
“Sei impazzito?”
“Devi starmi a sentire.”  
“Vado a chiamare Goku. Ci metterò pochissimo.”
“Non c’è tempo Bulma. O me la togli tu o faccio da solo. Fa male, maledizione!”
Bulma avrebbe voluto piangere. Come poteva fare una cosa del genere con le mani che le tremavano come foglie? Vegeta era bianco come un lenzuolo e lei non lo aveva mai visto in quello stato. Tirò un profondo sospiro.
“Cosa devo fare?”
“Baciami.” pensò lui per un momento, per un folle istante in cui avrebbe desiderato tutto fuorchè trovarsi in quella situazione con lei.
Nello stesso momento in cui, un paio di giorni fa, le aveva detto che non voleva legami si era subito pentito. Avrebbe voluto lasciare Goku con un pretesto qualsiasi e raggiungerla. Voleva stare con lei. Desiderava solo quello. Purtroppo un apache gli aveva depistato la strada e prima che potesse metterlo in fuga quel farabutto gli aveva puntato contro una freccia. Poi era scappato via. Ricordava a tratti come era arrivato fino a casa. Doveva moltissimo al suo cavallo.
“Vai in bagno. Prendi degli asciugamani, delle bende e del disinfettante.” disse dimenticando la brutta sensazione provata quando la punta della freccia gli aveva aperto la carne trapassandolo da parte a parte.
Bulma obbedì in silenzio tornando nel giro di qualche secondo. Aveva preso tutto l’occorrente. Anche ago e filo.
“Ora?”
“Ora spezza la lancia davanti.”
“Vegeta non so…non sono io la persona…”
“Lo sto chiedendo a te. Stammi a sentire per una dannata volta.” sbuffò lui.
In un’altra situazione Bulma lo avrebbe schiaffeggiato senza alcun rimorso. Ora però non ne aveva il coraggio. Gli occhi di Vegeta brillavano come gioielli. Istintivamente portò la mano alla sua fronte maledettamente calda.
“Vegeta hai la febbre?” chiese stupidamente.
“Bulma se non mi togli questa stramaledetta freccia prenderò infezione e dopo non sarei più in grado di fare da solo.”
Anche Bulma aveva cominciato a sudare.
“Ok, ok.”
Perché se aveva acconsentito le sue mani continuavano a tremare? Quasi gli strappò la camicia da dosso. Tirò fuori un altro sospiro e con tutta la calma che poteva raccogliere in quel momento spezzò la punta cercando di non muovere troppo quella sottile ma dolorosissima parte di legno. Vegeta smorzò un grido di dolore che si palesò tutto sul suo volto.
“Scusami.”
L’uomo scosse la testa.
“Ora…ora devi togliermela da dietro e…”
Non ebbe più la forza di continuare. Bulma ammirò quello spirito di coraggio. Uno come Yanko al suo posto sarebbe già morto di paura. Bulma fece il giro della sedia e munita di asciugamano e disinfettante doveva trovare in lei quella stessa forza per fare qualcosa che non avrebbe mai nemmeno immaginato. Vegeta si era fidato di lei e lei non poteva deluderlo. Vegeta non parlava più e Bulma capì che quello era il momento. L’ultima cosa che voleva era rialzarlo di nuovo dal pavimento per un suo svenimento. Tirò la freccia e questa volta Vegeta non riuscì a reprimere un urlo straziante. Bulma fermò il sangue con l’asciugamano imbevuto di disinfettante.
“Va bene” sussurrò lui sfinito.
 Bulma tornò a respirare, il suo cuore cercò di riprendere un ritmo regolare. Doveva solo cucirlo per evitare che uscisse altro sangue. Forse il peggio era passato.
 
 
Erano passate circa un paio d’ore. Bulma si era svegliata di soprassalto proprio come se si fosse appena svegliata da un incubo. Sbattè più volte le ciglia per mettere a fuoco l’immagine. Davanti a lei c’era Vegeta che dormiva profondamente nel suo letto. Un panno d’acqua fredda gli ricopriva la fronte così come quella fasciatura che lei con cura gli aveva preparato ricopriva la spalla. Si guardò per un attimo notando che la sua vestina era ricoperta qua e là di qualche goccia di sangue. Trattenne con tutte le forze un conato di vomito dopodichè tolse il panno sulla fronte dell’uomo e vi poggiò la mano. Non aveva più la febbre costatò lei con un sorriso. Doveva essersi addormentata lì vicino. Si alzò con calma per andare in cucina notando che vi erano ancora segni che indicavano cos’era successo poco prima. Bulma prese le asciugamani e le bende sporche di sangue. Avrebbe voluto buttare via tutto ma non poteva. Optò di liberarsi solo delle bende e di lavare gli asciugamani. Con un paio di lavaggi in più le macchie erano scomparse. Ovviamente non aveva intenzione di stenderle fuori ma le lasciò in ammollo. Dopodichè si gettò velocemente nella vasca cercando di lavare via anche la brutta serata che aveva trascorso. Aveva avuto davvero paura. Forse mai così tanta in vita sua. Indossò una nuova vestina pronta per andare a dormire. Quando però uscì dal bagno si stupì nel ritrovarsi Vegeta sulla soglia della porta della sua camera. Come faceva a stare in piedi?
“Vegeta, che ci fai in piedi?” chiese quasi rimproverandolo “Dovresti riposare.”
“Non ce la faccio a dormire.” disse lui.
Bulma si portò le mani ai fianchi.
 “Questa è bella. Ti ho lasciato pochi minuti fa che dormivi alla grossa.” disse sorridendo cercando di smorzare un po’ la tensione.
Vegeta dovette apprezzare quel tentativo perchè le sorrise divertito.
“Forse allora ho riposato abbastanza. Tu piuttosto hai dormito?”
“Un po’. Ora però ci ritorno. Sono davvero stanca.” ammise.
Bulma non aveva dimenticato cosa Vegeta le aveva detto qualche giorno prima. Voleva sì riprendere le distanze ma non ce la faceva nemmeno a essere così fredda o distaccata. No, il suo cuore proprio non riusciva a sopportarlo. Il suo cervello sembrava volerle dare una mano perchè mandò segnali alle gambe di fare un giro e incamminarsi verso la sua stanza, ma la sua testa non aveva fatto i conti con quel bellissimo cowboy poiché Vegeta le si era avvicinato prendendola per la mano e facendola voltare di nuovo. I loro occhi si incontrarono.
“Dormi con me.” le sussurrò a due centimetri dall’incontrare le sue labbra.
Perchè i loro cuori si erano messi a correre? Da chi e da cosa volevano fuggire? Forse più che fuggire da qualcuno volevano semplicemente raggiungerlo. Vegeta le accarezzò dolcemente la guancia. Bulma chiuse per un attimo gli occhi godendo di quella sensazione di calore e benessere.
“Tu hai detto…”
“So benissimo cosa ho detto e so anche di essermene pentito. Voglio dormire con te. Nient’altro.” le sussurrò scontrando il suo naso con il suo.
Bulma ebbe timore che fosse la febbre a parlare. Istintivamente gli riportò la mano alla fronte e Vegeta rise.
“Sono lucido, donna, non preoccuparti.”
Allora quello era un bellissimo sogno pensò sorridendo. Vegeta era lì vicino a lei, poteva sentire la sua presenza accanto alla sua e le sue labbra a breve distanza dalle sue. Moriva dalla voglia di baciarlo ma aveva paura di rompere quell’incantesimo.
“Terrai le mani a posto?” gli chiese a fior di labbra.
La bocca di Vegeta si aprì in un ghigno.
“Lo prometto.” Le rispose malizioso.
Bulma sorrise felice notando come le cose stavano prendendo la giusta piega. Lo guidò nella sua stanza e un po’ imbarazzata lo fece sistemare al suo fianco. Nel momento in cui Vegeta la cinse con il braccio sinistro il suo cuore fece le capriole. Si accoccolò sul suo petto notando che anche il suo di cuore tamburellava impazzito. Tuttavia la stanchezza era tanta e dopo poco Bulma crollò fra le braccia dell’uomo che tanto l’aveva fatta innamorare.
 
Ed è l’amore che permette all’uomo di fare l’impossibile! L’amore sfida la sorte, il tempo, ogni tipo di avversità. L’amore guarisce ferite vecchie ma tuttora aperte come la mancanza, il dolore, l’abbandono. L’amore è la porta che dà sull’oblio in una stanza dove non c’è passato ne futuro, ma solo il momento in cui l’amore esiste e vive. In quel momento il posto in cui il sentimento più forte del mondo voleva abitare era la camera da letto di Bulma. La giovane donna si era appena svegliata. Stiracchiandosi passò la mano su qualcosa di duro. Era il possente torace di Vegeta che dormiva beatamente accanto a lei. Le guance si colorarono subito di rosso ma non riuscì a fermare la mano che timida ricercatrice percorreva l’ampio petto, gli addominali scolpiti per poi risalire tra l’attaccatura della spalla ferita e il collo fino ad arrivare al viso finalmente rilassato. Smise di accarezzarlo nello stesso istante in cui lo sentì parlare.
“Non smettere.”
L’ammonimento aveva sortito l’effetto contrario. Bulma ritirò immediatamente la mano continuando a mantenersi su un lato. Vegeta girò la testa per guardarla.
“Scusami.” borbottò lei impacciata.
L’ultima cosa che voleva era trovarsi in una situazione compromettente come quella. Non avrebbe saputo dirgli di no se solo lui avesse provato…
“Scuse accettate. Però ora continua.” rise lui prendendo la mano di lei e riportandola sul suo petto.
Ancora una volta Bulma notò come il cuore di lui battesse velocemente. Si rincuorò del fatto che probabilmente quella situazione era importante anche per lui. O stupidamente sperava che fosse così. Toccare la sua pelle la elettrizzava e per un attimo riuscì anche a sostenere il suo sguardo. Fu quell’attimo però che la lanciò dritta verso il baratro. Non sarebbe mai potuta tornare indietro né lei lo voleva. Per questo accettò con gioia e impazienza quello stesso attimo in cui Vegeta unì le loro labbra in un bacio che sembrava non fosse mai destinato a finire. L’uomo si mise anche lui di lato stringendola forte con la mano destra. Per un attimo Bulma ricordò che la sua ferita poteva riaprirsi. In fondo non era un’infermiera.
“Vegeta, la ferita…” gli ricordò in un attimo in cui presero ossigeno.
Vegeta sorrise.
“Da quanto ho capito sei molto brava nel cucito quindi non mi preoccupo.”
Rise divertita mentre la mano che lui aveva appoggiato sul suo fianco la stava incendiando. Vegeta la guardò nei suoi profondi occhi azzurri.
“Io non voglio che tu possa pensare che io ecco…io avevo premeditato tutto. Io non ti prenderei mai in giro…”
“Ah no?” chiese Bulma alzando un sopracciglio.
“Non fino a questo punto. Bulma io…io ho bisogno di te.”
Quelle parole le riscaldarono come se le avessero lanciato addosso lava bollente. La sua mano esploratrice salì fino alla sua spalla.
“Io…”
“Dimmi solo sì o no.” fu subito schietto lui.
Impossibile descrivere le emozioni che entrambi stavano provando. Sarebbe stato più facile catturare il vento. Bulma aveva solo una risposta da dare. Oramai si era già gettata nel dirupo. Avrebbe accettato tutte le possibili conseguenze ma per il momento non aveva nient’altro da dire se non…
“Sì.”
Lo baciò prima che Vegeta potesse ripensarci ma lui non aveva mai avuto dubbi. Sin dall’inizio l’aveva trovata bellissima e in cuor suo aveva desiderato da subito condividere qualcosa di più con lei. Solo non aveva messo in conto che quel qualcosa di più non riguardasse solo l’appagamento fisico ma anche quello del cuore. In quell’istante Bulma stava riempiendo un vuoto dentro di lui che nemmeno Goku o altri erano riusciti a colmare. Bulma gli stava donando qualcosa di grande e di importante e lui avrebbe gustato ogni più piccolo istante, ogni centimetro della sua incantevole pelle dimenticando anche un possibile dolore alla spalla. Bulma sentì il cuore pompare più velocemente. Doveva forse dirgli di non averlo mai fatto con nessuno? E se poi lui si sarebbe tirato indietro? Non voleva che capisse il perchè stava donando proprio a lui la parte più importante del suo corpo. Vegeta con un bacio le fece dimenticare ogni preoccupazione. Bacio che dalle labbra scese lungo li collo, la lingua perlustrò dolcemente il suo orecchio e Bulma sentì improvvisamente il suo corpo in fiamme. Bruciò ancora di più quando sentì Vegeta arrivare con la bocca fino alla scollatura generosa della veste. Ansimò inesperta ma felice. Voleva quello, voleva tutto quello che stava succedendo. Vegeta la ricoprì di baci fino a risalire alla sua bocca. Le loro labbra si rincontrarono, le lingue sfrenate si legarono. Bulma istintivamente circondò con la gamba libera il fianco di Vegeta senza pensare cosa lui avrebbe fatto. Infatti Vegeta accarezzò la sua gamba salendo dal ginocchio fino ai glutei. Bulma ansimò ancora ma facendosi forza con l’altro braccio salì su di lui sedendosi sul bacino da dove poteva sentire la sua erezione premere contro i calzoni. Arrossì vistosamente tuffandosi sulla sua bocca e cercando di fare quello che lui aveva fatto prima con lei. Seguì la linea del collo per poi scendere sul petto e sugli addominali con baci che tracciavano una miccia. Ancora un po’ e Vegeta sarebbe esploso. Quando lei si alzò per guardarlo, lui scattò a sedere incrociando le gambe e permettendo a lei di sedersi praticamente in braccio. Con mani esperte la liberò della veste guastandosi la vista di lei in intimo. Bulma avrebbe voluto mostrarsi più audace ma lo sguardo pece di Vegeta le faceva salire la temperatura corporea e di conseguenza arrossire. Vegeta le baciò dolcemente i seni catapultandola direttamente in cielo. Bulma ansimò sorpresa di come fosse bello fare l’amore con lui. Si aggrappò alla sua testa leonina chiamandolo in un grido di piacere. Vegeta sentì la sua virilità pulsare contro la femminilità di lei e decise che forse doveva affrettare i tempi. Non le chiese cosa preferisse: il suo volto sconvolto dal piacere e dal rossore furono la risposta a milioni di domande. Cambiando posizione la fece distendere sotto di lui e Bulma capì che era giunto il momento. Aveva deciso di tenergli nascosta la sua verginità sperando di riuscire a convincerlo. Con grande coraggio sbottonò i suoi pantaloni. Non seppe come ma Vegeta se ne liberò insieme alle mutande. Bulma arrossì fino all’inverosimile. Perchè Vegeta doveva essere bello e arrogante anche lì? L’uomo capì dove lo sguardo di lei aveva puntato e la cosa lo eccitò maggiormente. Voleva farla sua. Non poteva più aspettare.
“La colpa è tua se sono diventato così.” le sussurrò a fior di labbra prima di baciarla.
Quando Vegeta entrò il lei il dolore fu così acuto e forte che Bulma non potette non nascondere una smorfia. Si nascose subito dietro la sua spalla ma a Vegeta non sfuggì quell’espressione. Un fulmine gli attraversò la mente. Che lei fosse….no, glielo avrebbe detto. Ma il dolore va via, si scoglie come neve al sole. Inizia il piacere, piacere immenso. Bulma inarca la schiena accogliendo quella nuova e incantevole sensazione. Vegeta si tranquillizza e affonda la spinta. L’urlo di lei che ne derivò fu la scarica di adrenalina che lo fece muovere. Bulma si aggrappò all’unica spalla disponibile mentre sentiva che tutto il suo corpo rispondeva a quei movimenti persino la sua bocca, la sua gola che si aprivano a continui gemiti mentre invocava il suo nome come se Vegeta fosse lontano mille miglia! Invece lui era lì, dentro di lei, e stavano facendo l’amore, l’amore vero, come quello che aveva sempre sognato. Vennero insieme in un posto dove solo gli innamorati possono arrivare anche da vivi. Destinazione raggiunta. Benvenuti in Paradiso!

 
Buonasera donzelle,
dite la verità? Chi aveva pensato che non avrei pubblicato oggi? XD
Invece eccomi qua, con un esame in meno sulle spalle e tanta voglia di relax prima di un nuovo anno. Capitolo più piccolo ma ricco di emozioni che ne dite? Finalmente direte voi. Eh beh, ci voleva proprio.
Non so quanto il capitolo precedente vi sia piaciuto e spero di non avervi deluso o almeno di aver riparato con questo. Mi allungo un attimo (non mi colpite XD ) per ringraziare tutte voi. So di non aver mandato messaggi di ringraziamento ma sono stata molto impegnata e il tempo l’ho usato solo per pubblicare. In questi giorni ringrazierò una per una ve lo prometto. Che dire se non grazie per la presenza che mi dimostrate ogni volta non solo con le recensioni ma anche con le visualizzazioni? Ringrazio voi che avete inserito la storia tra le seguite o tra le preferite. Vi ringrazio davvero dal profondo del cuore. :D
Un abbraccio e una dolcissima notte a tutte.
Alla prossima, BlueSon

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Capitolo 8
*** Paura di amare ***


Amore Caldo

 
“Chichi, si può sapere dove ti eri cacciata?”chiese Goku abbastanza preoccupato e arrabbiato.
Chichi non sapeva ancora se ridere o essere dispiaciuta per quello che era successo e senza dire una parola si gettò tra le braccia del marito. Goku rimase spiazzato: sua moglie aveva un’espressione indecifrabile sul volto e lui non sapeva cosa fosse successo. La musica era forte anche nel saloon. Bardack e Gine erano parecchio impegnati ma Chichi non volle disturbare la zia della turchina per una faccenda che lei aveva giudicato divertentissima. Purtroppo Bulma non era stata dello stesso preavviso e lei non era riuscita a capirne il motivo. Prese per mano il suo uomo e lo scortò in un posto meno rumoroso anche se difficile da trovare. Vegeta li vide e decise di non intromettersi. Il suo pensiero era maggiormente rivolto alla turchina: dove si era cacciata Bulma? Non ebbe il tempo di immaginarsela insieme a un altro uomo fortunatamente perchè Chichi lo chiamò e convinse anche lui a seguirla. Quando furono dietro l’entrata secondaria del saloon la giovane fanciulla decise di parlare.
“Io e Bulma abbiamo deciso di realizzare un’ idea.” sparò fuori tutto di un fiato “Ti ricordi Goku quella sorpresa di qualche sera fa?” chiese un po’ imbarazzata per via della presenza di Vegeta.
“Come dimenticarla amore mio.” le fece eco Goku senza evitare di far capire all’amico di cosa stavano parlando.
Il ghigno divertito di Vegeta le fece capire che anche lui sapeva di quella sorpresa. Diede un pugno alla spalla del marito mentre il colore delle sue guance variava dal rosa al rosso fuoco. Poi si decise a raccontare.
“Io e Bulma abbiamo deciso di venderle. Abbiamo fatto arrivare della seta di vari colori e ci siamo messe a cucire. Le donne di Newcomb sono tutte impazzite appena le hanno viste e non so quante ordinazioni abbiamo fatto.”
I due uomini restarono a bocca aperta per un bel po’ di tempo.
“Perchè l’avete fatto?”
“Bulma ha avuto l’idea quando vide che a me erano piaciute. Le dissi che da queste parti non c’era roba del genere e che se solo l’avessimo voluto avremmo potuto concludere un bell’affare. Bulma non voleva gravare sulle nostre spalle senza rimboccarsi le maniche e così l’ho spalleggiata.”
“Siete davvero due folli geni.” disse Goku con un sorriso.
Vegeta era ancora incredulo. Tuttavia la domanda era sempre la stessa: dove si era cacciata Bulma?
“A casa di Emily, dove abbiamo mostrato la merce, è venuta anche Taylor.” raccontò Chichi marcando bene il nome di quella gatta morta “e come potete ben immaginare ha iniziato a darsi delle arie e ha chiesto se poteva indossarne una. Non so perchè ma sembrava avercela con Bulma…” disse lanciando una frecciatina a Vegeta, frecciatina che lo colpì in pieno.
Anche Goku capì.
“E allora?” chiese quest’ultimo curioso come un bambino.
“E allora ha iniziato a fare la stronza, soprattutto con la povera Emily. Non solo quella povera ragazza ha perso il padre e la madre ma si è dovuta sentir dire che il fratello è una scansafatiche e che è solo una poveraccia, non poteva permettersi quelle cose e altre idiozie del genere. Bulma si è incazzata prima che Lorel aprisse bocca. Gliene ha dette di santa ragione in un modo così garbato da sembrare che non la stesse nemmeno insultando.”
Vegeta sorrise divertito: già se l’immaginava. Bella come non mai con quel luccichio nello sguardo che aveva quando era arrabbiata. I suoi occhi diventavano pietre preziose tanto che brillavano.
“Taylor ovviamente non sapendo cosa rispondere ha pensato bene di schiaffeggiarla.”
“Ma che diavolo dici?” sbottò a quel punto Vegeta.
“E non è tutto. Il bello è che Bulma non si è stata zitta ma le ha ripagato lo schiaffo dandogliene uno così forte da farla quasi barcollare. Taylor se ne è uscita in lacrime e non so dove se ne sia andata. Noi abbiamo concluso un affare e Lorel ha persino ringraziato Bulma per aver fatto quello che lei tanto desiderava fare. Quando siamo usciti però Bulma mi ha chiesto di stare un po’ da sola. Non ho capito il perchè. Per me è stata semplicemente fantastica ma lei…non so. Era come se si vergognasse di quello che aveva fatto.”
Vegeta scosse la testa: le donne lui non le avrebbe mai capite. Senza proferir parola si allontanò. Chichi e Goku già sapevano dove stava andando e quindi non lo seguirono.
“E così vi siete create una società tutta vostra.” disse poi Goku stringendo la moglie fra le braccia.
Chichi rise divertita.
“Sì, è così. Siamo stanche di far lavorare solo gli uomini. Ora anch’io porto qualcosa a casa.”
“Amore mio, non c’era bisogno. Tu lavori già con me e Vegeta.”
“Dai, Goku, chi vuoi prendere in giro? Ormai siete bravissimi e non c’è bisogno che sia io a procurarvi i clienti e i conti siete bravi anche da soli nel farli. Volevo rendermi utile, tutto qui.”
“Tu sei utile. Anzi, sei indispensabile. Per me.”
Chichi sorrise gettandogli le braccia al collo e lasciando che Goku la baciasse come se fosse l’ultima volta. Le loro lingue si incontrarono vivaci e desiderose. Goku le accarezzò i fianchi ma doveva fermarsi se non voleva dare spettacolo.
“Lo sai che sei stata molto cattiva nel vestirti così? Hai messo troppo carne a cuocere.”
“Non è vero.”
“Pensala come vuoi, ma poi non azzardarti a sentirti in colpa se pesto qualcuno con lo sguardo troppo lungo.”
Chichi rise.
“Non lo farai. Sanno che sono tua, non si azzarderebbero mai.”
“Meglio che stai appiccata a me, non si sa mai.” concluse prendendola per mano e tornando nel vivo della Festa.
 

 
Bulma era seduta sugli scalini in legno che davano al piccolo portico della casa di Emily. La ragazza l’aveva ringraziata per il suo gesto e l’aveva lasciata un po’ sola come lei aveva chiesto. Bulma le aveva lasciato una di quelle vestine sulla tavola. Ancora non poteva credere alla cattiveria gratuita di quella vipera di Taylor. Soprattutto non poteva pensare a quello che lei aveva fatto. Lo schiaffo non bruciava più da parecchio ma stava male lo stesso. Aveva sempre detto a se stessa che una discussione non sarebbe mai dovuta finire con le mani. L’ultima volta che aveva avuto uno schiaffo era stato qualche mese fa. Quella sera, prima della fuga, quando suo padre l’aveva colpita così forte da farla barcollare sul divano del salone. Aveva odiato suo padre per quello e ora odiava se stessa per essere caduta nello stesso errore di quell’uomo al quale non voleva assomigliare.
“Ti va una birra gelata? Questa sera fa davvero caldo.” le disse quella voce che lei aveva imparato a riconoscere.
Alzò lo sguardo azzurro come il cielo d’estate e dinanzi a lei trovò la caraffa di birra gentilmente offerta da Vegeta. L’uomo si mise seduto accanto a lei sorridendo per come Bulma tenesse la caraffa con ambedue le mani. Anche Chichi la teneva come una tipa tosta e invece il fiore che gli stava accanto la manteneva delicatamente come per paura di romperla. Bulma era più un tipo da tisane e robe del genere. Quella birra stonava se accostata a lei. Eppure Bulma ne gettò in gola un lungo sorso e quando abbassò di nuovo il capo lei stessa si stupì per averne tracannato la metà.
“Qualcosa che vuoi dimenticare?” chiese bevendo anche lui dalla sua caraffa.
“Chichi ti ha raccontato tutto non è vero?”
“Vero. È molto preoccupata per te e si chiede il motivo per il quale tu ci stia così male. Hai dato uno schiaffo a una stronza che prima ti aveva schiaffeggiato. Cosa c’è di male?”
“Cosa c’è di male, dici? Non si fa così. Io…io non sono stata educata così.”
“Con certe persone bisogna utilizzare metodi diversi, altrimenti si diventa stupidi e fessi agli occhi degli altri.”
Bulma lo guardò attentamente.
“Tu non capisci.” disse stringendo il grosso bicchiere di vetro.
“Spiegami allora.”
La ragazza temette per un attimo di sembrare ridicola ai suoi occhi ma prima che potesse ripensarci il suo cuore aveva già parlato per lei. Gli aveva spiegato cosa era successo con suo padre prima di partire e gli spiegò anche il perchè della fuga. Sapeva che Vegeta ne era già a conoscenza ma voleva che ascoltasse la sua versione. L’uomo l’ascoltò attentamente prima di dire la sua.
“Credimi, darei tutto quello che ho per vedere la reazione di Taylor dopo il tuo schiaffo.”
“Sembra che tu la detesti. Eppure da quando ho capito ci sei andato a letto parecchie volte.”
“Solo per divertimento. Quando ho capito che razza di persona fosse l’ho allontanata. Non mi piacciono le persone egoiste e senza scrupoli. Mi ricordano i miei genitori.”
Il silenzio si impadronì della situazione: potevano solo sentirsi gli accordi provenire fuori dal saloon.
“E cosa ti avrebbe detto poi Taylor per farti perdere le staffe?”
“Te l’ho detto. Ha insultato Emily.”
“Chichi mi ha detto che sembrava avercela con te.”
Bulma ingoiò l’ultimo sorso di birra sentendo comunque la gola riarsa. Perchè Chichi le aveva detto anche quello?
“Crede che io e te siamo una coppia.”
“Forse ci ha visto giusto.” rispose lui malizioso.
“Io e te non siamo una coppia, Vegeta. Non facciamo altro che litigare.”
“Perchè tu sei cocciuta.”
“E tu maleducato.”
“Tu presuntuosa.”
“Anche tu lo sei.”
“Ma io posso permettermelo.” disse ridendo.
Anche Bulma scoppiò a ridere. Vegeta la osservò e si sentì stranamente bene. Pur senza saltarle addosso riusciva a stare bene con una donna. Era per lui un record!
“Allora…” disse poi “andiamo o no a goderci questa festa?” chiese prendendola per mano e incamminandosi lì dov’era la musica.
 
 
Fino a quel momento ballare per Vegeta era stato sempre un tabù. Se doveva pestare qualcuno era agile come una molla ma su una pista da ballo diventava un tronco di quercia. Invece quella sera, per evitare che qualcuno potesse ballare con lei, si era impegnato con tutto se stesso. Anche Goku lo aveva seguito dicendo che sua moglie non avrebbe dovuto ballare con nessuno che lui non voleva. Le ragazze ovviamente se la ridevano di gusto. Anche Bulma che mai come quella sera aveva deciso di non pensare troppo a cosa significassero quei battiti frenetici del cuore ogni volta che Vegeta la sfiorava. Taylor non si era fatta più vedere e lei ballava e si divertiva con quei nuovi amici e quando fu organizzata una gara di bevute non si tirò indietro. Bevve altre due caraffe di birra ovviamente perdendo contro la zia e il mitico Bardack ma aveva lasciato dietro di sé ben più di un paio di concorrenti. Vegeta la vide ridere e scherzare notando come riuscisse ben a nascondere quanto fosse ubriaca. In effetti Bulma non si era mai sentita così su di giri. Riuscì a nascondere quei giramenti di testa e quella strana euforia per tutta la durata della festa. Erano appena le due quando i quattro amici tornarono a casa. Vegeta aveva preso il carretto di Bardack e dopo aver posato Chichi e Goku proseguì verso casa. Bulma era stranamente silenziosa. Appoggiata alla sua spalla si accorse che dormiva e che un po’ russava. Rise pensando a quanto la turchina fosse poco abituata a bere. Tuttavia gli piaceva quell’intimità. Scosse la testa dandosi del citrullo e una volta arrivati la prese in braccio per farla scendere.
“No” sbottò improvvisamente Bulma che aveva ancora gli occhi chiusi “ce la faccio a camminare.”
“Sicura?” ghignò Vegeta.
“Certo, guarda.”
Vegeta intrecciò le braccia sul petto e si appoggiò al carretto. Bulma barcollava con una così composta eleganza da non sembrare nemmeno ubriaca. Se non fosse stato per l’ultimo scalino nel quale inciampò Vegeta avrebbe detto che in realtà la fanciulla di Londra si era già trovata in una situazione del genere. Bulma rise.
“E questo qui chi ce l’ha messo?” chiese con l’intenzione di rivolgersi allo scalino quando invece puntò il dito proprio su di lui.
“C’è sempre stato.” sghignazzò Vegeta che velocemente si accostò a lei.  “Non credo tu possa camminare da sola.” le sussurrò.
“Lo credo anch’io.” ammise lei. “Quanto manca per arrivare a casa?”
“Bulma siamo già arrivati.”
“Aaaaaaa, allora posso anche addormentarmi.” disse buttandosi fra le sue braccia ridendo divertita.
Vegeta perse un battito nel momento in cui sentì il seno di lei schiacciato contro il suo petto. Erano faccia a faccia e moriva dalla voglia di baciarla.
“Devi metterti a letto se vuoi dormire.”
Bulma rise maliziosa. Vegeta non l’aveva mai vista con quell’espressione sexy sul volto. La cosa lo eccitò più dell’alcool.
“Perchè non mi porti tu a letto?”
“Bulma, sei ubriaca. Forza” disse lui prendendola in braccio “Andiamo a dormire.”
“Vuoi dormire?” chiese lei con un risolino.
“Sì ed è meglio che lo faccia anche tu.” disse lui cercando di darsi un contegno.
Purtroppo qualcuno nei suoi pantaloni non era dello stesso preavviso. Adagiò la ragazza sul letto e le tolse le scarpe. Bulma si mise a sedere e gli circondò le spalle da dietro.
“Non vuoi fare l’amore con me?” gli sussurrò ridendo all’orecchio.
“Bulma, basta. Non sei in te.” sbottò lui tuttavia senza urlare.
La turchina rise sprofondando di nuovo sul letto distesa. Vegeta notò il suo sorriso divertito e i capelli che si ribellavano all’acconciatura. Alcuni ricadevano morbidi sul cuscino. Doveva uscire da quella stanza prima di fare qualcosa di folle.
“Che c’è? Non ti posso prendere in giro? Adesso non mi metti spalle a muro e mi baci?” rideva ancora lei.
“No, non lo faccio. Buonanotte.”
Dovette raccogliere tutte le sue forze per alzarsi dal bordo del letto e andare nella sua stanza. Era così scombussolato che non riusciva a prendere sonno. Fortunatamente per lui e per i suoi ormoni sotto sopra Bulma era crollata in un sonno profondo. L’intento di quella giovane donna era quello di farlo ammattire e ci era quasi riuscita. Forse aveva giocato troppo con lei e il suo cuore ci aveva fatto l’abitudine. Non era un bene che si sentisse così attratto, così legato a una donna. Non poteva permettere al suo cuore di innamorarsi di lei perchè Bulma prima o poi sarebbe andata via. E lui non voleva più soffrire per un abbandono. Non più… .
 

 
Quella mattina arrivarono a casa di Vegeta non solo Goku e Chichi ma anche Bardack e Gine. Era quasi ora di pranzo e stranamente Bulma non si era ancora svegliata. Chichi si stava preoccupando. Che l’amica non avesse ben digerito tutto quell’alcool? Vegeta non ci aveva proprio provato a svegliarla. Dopo la sera precedente? Aveva ancora gli ormoni in subbuglio.
“Ci penso io.” disse Gine con un sorriso malefico. “So io come svegliarla.”
Chichi la seguì incuriosita mentre gli uomini approfittarono per sedersi a tavola e parlare un po’ dei diversi affari dinanzi un bicchierino di rum. Quasi non si accorsero dell’urlo proveniente dalla camere della bella turchina. Dopo qualche minuto ne uscì una Gine trionfante. Bardack sorrise passandole un goccio della forte bevanda dal suo stesso bicchiere.
“Come hai fatto a svegliarla?”
“Semplice…” esordì la bella mora bevendo “le ho sussurrato all’orecchio che era arrivato Yanko e che voleva riportarla indietro per sposarla.”
Una risata generale si propagò per tutta la cucina. Anche Vegeta si lasciò andare. Avrebbe proprio voluto conoscerlo questo famigerato Yanko. Dopo una buona mezz’ora uscirono dalla stanza anche Bulma e Chichi che ancora rideva. La turchina invece aveva una faccia imbronciata e nonostante non si sentisse molto bene Vegeta la vide bellissima. Questo secondo lui poteva essere solo un male. Si era affezionato troppo alla ragazza e doveva decisamente mettere un punto a quella situazione anche se, purtroppo, si era sbagliato alla grande: era troppo tardi per evitare anche un solo giorno di dolore…
“Da quanto in qua le persone si svegliano così?” chiese nervosa Bulma poggiando le mani nei fianchi.
Non ricordava quasi niente di quello che era successo dopo la Festa. Sapeva solo che Vegeta l’aveva ovviamente scortata a casa. Oramai era diventata un dolce e instancabile abitudine quella di stare almeno un po’ fra le sue braccia. Aveva notato come Vegeta la guardasse. Sentiva il suo sguardo scottarle la pelle ma appena si voltava a scrutarlo lui volgeva gli occhi da tutt’altra parte. Cos’era successo?
“Comunque scherzi a parte. Qualche giorno fa ho mandato una lettera a Baba per dirle che stiamo bene anche se non l’abbiamo chiamata dall’Europa. La sua risposta mi è arrivata questa mattina.”
“Cosa ha detto?” chiese distraendosi un po’ dai suoi pensieri.
“Ha detto che tuo padre ha scatenato l’ira degli dei e che ha mobilitato non so quanti uomini insieme al padre di Yanko per trovarti. Fortunatamente non immagina nemmeno lontanamente dove siamo.”
“Per nostra fortuna. E mia madre?”
Gine si rabbuiò un attimo in viso prima di risponderle.
“Tua madre non è più uscita dalla sua stanza finchè Baba non le ha raccontato la verità. Ha dovuto per forza, Bulma. Bunny non mangiava più da quanto non ti ha trovata in casa.”
Anche Bulma spense il suo sorriso e la gioia che vi era stata fino a qualche secondo fa era scomparsa.  Tuttavia Gine si avvicinò alla nipote per darle una dolce pacca sulla spalla.
“Comunque anche tua madre è dalla nostra. Ha detto che non è il momento di tornare. Primo perchè tua padre ti ammazzerebbe sulla soglia di casa e secondo perchè Yanko ti salterebbe addosso prima che si avveri la prima.”
“Decisamente apprezzerei la prima, cara zia. Ancora non se n’è andato di casa?”
“Macchè. Praticamente ci vive ha scritto Baba.”
Bulma sbuffò contrariata. Non voleva tornare a Londra ma doveva anche capire cosa il suo cuore volesse fare nei confronti di quel cowboy che se ne stava seduto senza proferir parola come gli altri. Soprattutto doveva capire cosa fosse successo quando erano tornati a casa.
“Dai, Bulma, ora mettiamoci a cucinare. Ho una fame da lupi.” disse la zia strattonandola un po’.
Lei sorrise rimboccandosi le maniche. A quanto sembrava le spiegazione sarebbero arrivate sul tardi.
 
 
Era stato davvero un bel pranzo. Bulma aveva appena finito di rassettare. Bardack e Gine erano andati via perchè dovevano iniziare ad aprire il saloon e sistemare un paio di cose. Goku aveva riaccompagnato Chichi a casa. Bulma si era accorta che non aveva un bell’aspetto ma l’amica le aveva detto di non preoccuparsi. Lei invece era sopravvissuta alla sbornia. Dopo aver messo in ordine ogni cosa uscì diretta verso la stalla. Vegeta era lì con i cavalli. Anche quella sera lui e Goku sarebbero andati via per portare i cavalli alle famigerate Cascate. Era un luogo più verso le montagne dove i cavalli potevano correre più liberamente. Vegeta e Goku li portavano lì prima di venderli. Bulma aveva capito che quello sarebbe stato l’unico momento per parlare con l’uomo. Dopo sarebbe stato troppo tardi. Prese il coraggio a due mani e si avvicinò.
“Ehi, tutto bene?” gli chiese stupidamente poiché non sapeva che altro dire.
Stranamente Vegeta non la punzecchiò.
“Sì, siamo pronti. Non dovrei restare via molto. Per domani sera dovrei tornare.”
Perchè glielo diceva come se volesse tranquillizzarla? Forse perchè aveva ricordato qualche sera prima quando l’aveva trovata nella stalla accoccolata a un puledra per paura che fuori ci fosse qualcuno. Calò un improvviso silenzio tra loro spezzato qua e là dai nitriti dei cavalli.
“Credo che sia ora di andare.” fece lui.
Vegeta avanzò di qualche passo sorpassandola. Istintivamente Bulma gli prese un braccio fermandolo.
“Vegeta, ascoltami. Per quanto riguarda ieri sera…io non so cos’è successo. Spero di non averti creato problemi.”
Avrebbe voluto risponderle che in realtà aveva dato vita al problema più grande di tutti. Aveva fatto sì che si innamorasse di lei. Perchè continuare a fingere? Non poteva descrivere in nessun altro modo quello che provava per lei se non con il nome di “amore”.
“Diciamo che mi hai fatto capire quanto sono stato presuntuoso.” disse con tono amaro. “Mi dispiace averti messo in difficoltà. Hai dimostrato tutta la tua utilità. Anche l’idea di quel commercio con Chichi. Sei stata grande e io profondamente ingiusto.”
Bulma non potette credere alle sue orecchie. Credeva che avrebbe dovuto conquistarsi con le unghie e con i denti una confessione sulla sera precedente. Non aveva ancora capito bene cosa davvero avesse fatto ma era stato sicuramente qualcosa di grosso se aveva portato Vegeta a scusarsi in quel modo. Non sapeva che dire. Veramente non lo sapeva.
“Mi dispiace essermi comportato male ma cerco sempre di allontanare le persone. Credo tu l’abbia capito, vero?”
Ormai non la guardava più nemmeno in faccia. Non ce l’avrebbe fatta a sostenere quelle pozze d’acqua.
“Capisco.” disse solamente lei.
“Quindi capirai anche che non posso legarmi a nessuno.”
Un improvviso dolore al centro del petto le bloccò il respiro. Forse Vegeta aveva capito quanto scioccamente lei si era legata a lui. Si era fatta abbindolare dall’amore ancora una volta anche se era sicura che questa volta sarebbe stato davvero difficile riprendersi. Trovò solo la forza di annuire e immediatamente gli lasciò il braccio come se fosse stata colpita da un fulmine. Vegeta ebbe la forza di guardarla solo perchè lei aveva abbassato la testa. L’improvvisa mancanza della sua presa sul braccio lo raggelò.
“Io vado. Ci vediamo, Bulma.”
“Ciao Vegeta.”
L’uomo si allontanò quasi avesse voluto fuggire da lei. Bulma lo guardò da lontano notando che anche Goku l’aveva raggiunto. Insieme i due compagni si avviarono con i cavalli alle Cascate. Bulma li osservò ancora finchè l’immagine fu sbiadita dalla lontananza. Tornò in casa chiudendosi bene dentro e improvvisamente scoppiò a piangere. Non avrebbe mai pensato di dirlo ma desiderò ardentemente andare via da quel posto. Lontano dai ricordi di quella casa, dai batticuori e da tutto quello che era successo. Voleva scappare via da Newcomb. Solo in quel modo, forse, avrebbe potuto riempire quel vuoto. Un vuoto a cui Vegeta aveva contribuito alla grande per formarlo nel suo cuore.


Ragazze, buonasera.
Questa è la settimana decisiva. Lo supererò questo maledetto esame? Spero di sì. Voi fate una preghierina per me. :( Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Anche io avrei preferito una bella rissa ma Bulma è pur sempre una signora di Londra. XD Elegante e raffinata anche se ha menato un colpo solo e letale per la bambola gonfiabile di Taylor.
Tuttavia sembra proprio che Vegeta e Bulma siano destinati a rimanere separati. Sarà davvero così? La situazione è più complicata del previsto.
Un ringraziamento particolare a tutti voi che seguite e che soprattutto recensite, a voi che avete inserito questa storia tra le preferite e anche a voi che leggete. Vi ringrazio davvero dal profondo del cuore. Un abbraccio, BlueSon

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Capitolo 9
*** Amore che fa arrossire ***


Amore Caldo


Vegeta fu il primo a svegliarsi dopo qualche ora ancora incredulo per quello che era successo. Voltò lo sguardo verso di lei e vedendo che aveva ancora gli occhi chiusi si soffermò un po’ sul suo corpo avvolto in maniera scomposta intorno a quello bellissimo della sua dea. Sorrise felice pensando a quel momento, a quello che lui e Bulma avevano condiviso ma un dubbio iniziò a farsi spazio nella sua mente. Lui non si era posto il problema eppure non riusciva a cancellare dalla testa quella smorfia di dolore. Che Bulma fosse ancora vergine? Se davvero fosse stato così doveva esserci traccia ma perchè poi non glielo aveva detto? Queste erano le uniche domande che gli ronzavano continuamente nella mente e alle quali non riusciva a dare una risposta. Decise che glielo avrebbe chiesto. In fondo avevano fatto…avevano fatto l’amore! Bulma si mosse un po’ accoccolandosi al suo petto e Vegeta dimenticò persino il suo nome mentre si chinò con l’intenzione di baciarla. La turchina sorrise aprendo piano gli occhi.
“Allora sei sveglia?” le chiese con un punta di rimprovero.
Non voleva che lei si accorgesse quanto fosse preso dal momento. Mai aveva provato le sensazioni che Bulma gli aveva regalato tuttavia una nota dolente continuava a stonare nell’armonia di quella casa: lei prima o poi sarebbe andata via. Questo nessuno riusciva a toglierlo dalla testa.
“Sì.” rispose guardandolo nei suoi profondi occhi scuri.
Bulma si sentiva in pace con il mondo, perfetta e completa. Era una donna ora e ringraziò il cielo che fosse stato Vegeta a renderla tale. Era felice e molto probabilmente innamorata. Non c’erano più scuse né pretesti. Si era donata mente, cuore e anima a un ragazzo che molto probabilmente l’avrebbe lasciata andare quando si sarebbe scocciato. Quel pensiero la raggelò frantumando in mille pezzi l’armonia che stava provando nel suo cuore. Alzò il capo dalla sua spalla per guardarlo meglio.
“Come va la spalla?” chiese anche per distrarsi.
“Quale spalla, donna?” chiese lui di rimando.
Bulma sorrise felice. Non doveva pensare al domani. Doveva solo accettarsi di riuscire a godere ogni attimo di quella felicità. Vegeta l’attirò ancora di più permettendo alle loro bocche di salutarsi dopo tanto tempo.
“Sarà tardi secondo te?” chiese ancora lei a due centimetri dal suo viso.
“Credo che siano passate le sette sicuramente.”
“Non hai appuntamenti con Goku?”
“Dopo, dolcezza. Ora però devo chiederti una cosa.”
Vegeta non poteva continuare a sopportare quel tarlo in testa e in cuor suo Bulma già sapeva cosa volesse chiederle. Sperò solo di riuscire a eliminare le tracce senza che lui se ne accorgesse.
 “Dimmi.” esclamò lei mascherando bene l’agitazione.
“Tu sei…cioè ora non più…” borbottò lui con un tono alquanto inorgoglito.
“No, non ero vergine.” rispose con una bugia.
Deluso? Sollevato?
“Mi sembrava che…”
“Capisco ma vedi…non ho avuto molte esperienze. Si può dire che la mia prima volta sia stata una e una sola.”
“Che vuoi dire?” le chiese un po’ alterato.
“Non sono stata fortunata con gli uomini. Non succedeva da tanto…capisci cosa intendo?”
Vegeta si chiedeva se anche lui sarebbe stato come gli altri. Per un attimo la cosa lo preoccupò seriamente ma non poteva, anzi, non doveva porsi quei problemi. Se era amore, lui non voleva ammetterlo. Non ancora. Doveva prima accettarsi che lei non sarebbe andata via. Bulma sapeva di non averlo convinto. Uno esperto come lui avrebbe avuto sempre il dubbio e il suo viso assorto in chissà quali pensieri le fece mancare un battito. Non voleva che quella sua scelta implicasse una presa di posizione da parte sua.
“A cosa pensi?” chiese cercando di mascherare la preoccupazione.
Aveva paura che quella bugia fosse davvero campata in aria. Fortunatamente la risposta la rasserenò.
“Spaccherei volentieri la faccia ai bastardi che hai incontrato, dolcezza.”
Bulma sorrise tornandolo a baciare. Le loro anime vibrarono nello stesso istante. I loro cuori riconoscevano il battito dell’altro. Erano in sintonia.
“Io mi alzo. Prepari la colazione donna?”
“Sì, presuntuoso.” rispose sollevata.
Nello stesso istante in cui Vegeta sparì per andare in bagno lei scostò le lenzuola sporche di sangue con l’intenzione di buttarle via. Era riuscita a nascondergli la verità. Non voleva che quella sua scelta obbligasse Vegeta  a chissà cosa! Voleva solo che quel momento non avesse avuto mai fine.
 
 
Poche settimane dopo… la vita non poteva essere più bella. Bulma non poteva ancora crederci. Era felice, felice come non lo era mai stata anche se tutti buoni propositi di chiudere la porta del cuore in faccia all’amore erano andati a farsi benedire in qualche Chiesa lontana. Chissà, forse l’amore era passato per i corridoi dell’anima insinuandosi nei loro cuori e facendoli esplodere ogni qualvolta battevano all’unisono. Bulma e Vegeta vivevano finalmente sotto lo stesso tetto senza che ciò implicasse urla e litigi continui. Ovviamente non mancavano i battibecchi ma quelli erano un modo come un altro per stuzzicarsi, per sondare il terreno sul quale stavano costruendo il loro castello. Non avevano ancora dato libero sfogo ai loro sentimenti ma Bulma non voleva affrettare le cose. Stavano bene. Perchè complicarsi la vita? Anche Vegeta era felice. Non lo mostrava apertamente perchè il suo carattere chiuso e all’apparenza freddo non erano fatti per palesare i sentimenti. Ma a Bulma bastava un bacio, il modo in cui la prendeva tra le braccia per portarla a letto per capire che anche lui stava bene con lei. Le aveva confidato il suo passato. Se la sera della festa aveva solo accennato a quello che era successo qualche giorno prima le aveva raccontato ogni cosa o almeno quello che ricordava. Era stato ritrovato dalla donna di un villaggio di apache quando aveva si è no sei anni. Era cresciuto per un po’ con loro ma dopo la morte della donna che lo aveva allevato, sentendosi a disagio e non accettato era sceso in città dove aveva iniziato la sua nuova vita. Era convinto che l’ apache che l’aveva colpito  doveva essere uno di quel vecchio villaggio che l’aveva preso in antipatia. Ma oramai anche la ferita era scomparsa e di quella sera non era rimasto che il dolce ricordo di quando avevano fatto l’amore per la prima volta. Per quanto riguardava i suoi genitori Vegeta le aveva detto di non ricordare niente. L’unico segno del loro ricordo era una voglia a forma di trifoglio che portava sull’avambraccio. Era davvero singolare e sicuramente i suoi genitori se solo si fossero messi cercarlo l’avrebbero riconosciuto proprio per quella particolarità. Bulma pensava proprio a questo anche se non glielo aveva mai detto. Non voleva turbarlo ancora di più. Finalmente erano felici. Niente avrebbe infranto quella stabilità, quella tranquillità che solo l’amore sa dare. Ma la paura di non essere ricambiati spesso porta l’uomo a nascondere anche un sentimento così importante. Bulma ne aveva parlato con Chichi e nonostante l’amica la spronasse a confidarsi lei continuava a tacere.
“Certo che sei strana.” Le diceva la corvina guardandola con un sorriso.
“Sarò anche strana ma non voglio rovinare nulla. Sto bene così.”
“Sarà ma io l’ho detto dall’inizio che voi due facevate scintille insieme.”
Bulma rise mentre cucinava. Avrebbero mangiato tutti insieme perchè dovevano festeggiare: Chichi aspettava un bambino. Goku non stava più nella pelle e non lasciava sola Chichi nemmeno un momento. Quello era motivo di prese in giro per lui da parte di Vegeta. Quest’ultimo lo ribeccava ogni due secondi su quanto fosse premuroso. Non che lui non fosse contento. Goku e Chichi erano la sua famiglia e lui era felice per loro. Per questo non aveva avuto niente da ridire quando Goku gli aveva chiesto se poteva per quella volta salire da solo su alle Cascate con i cavalli. Non se la sentiva propri di lasciare Chichi da sola anche perchè la giovane ragazza sembrava avesse iniziato la gravidanza con vomiti e giramenti di testa.
“Stai tranquillo, Goku. Ce la faccio da solo.” aveva detto Vegeta a tavola.
“Ed è qui che ti sbagli, cowboy.” lo aveva ribeccato Bulma “tu da solo non ci vai. Se incontri di nuovo quell’apache?”
“Non fare storie, donna. Non mi succederà niente.”
“Ho preso lezioni di tiro da Chichi.”
“Tu cosa?” sbottò Vegeta.
A quanto sembrava quelle due erano davvero brave a tenere nascosti i fatti propri. Ecco spiegato perchè, da quando aveva saputo del nuovo cliente, Bulma si era recata quasi tutti i pomeriggi a casa di Chichi e Goku.
“Tu non ti sei accorto di niente, papà?” lo canzonò Vegeta.
“No, presuntuoso perchè ero sempre impegnato con te. Chichi, da quanto in qua sai sparare?”
“Sono la figlia dello sceriffo di Newcomb, amore mio. Diciamo che ho imparato a camminare e nello stesso momento a impugnare un fucile.”
Dopo qualche secondo di silenzio la combriccola scoppiò a ridere. Bulma guardò Vegeta dritto nei suoi occhi. L’uomo avrebbe voluto strapparle quel sorriso sbarazzino con un bacio ma non era tipo da fare certe cose davanti agli altri. Nemmeno dinanzi a Goku e Chichi anche se immaginava sapessero.  
“Allora siamo d’accordo. Vengo io alle Cascate con te.”
“Fai quello che vuoi.”
“Certo che faccio quello che voglio.” lo punzecchiò lei.
Aveva imparato che quell’atteggiamento scontroso non era altro che una parte abbondante del carattere di Vegeta. Ma se lei aveva imparato a tenere testa a suo padre non vedeva il motivo per cui dovesse esserci qualcuno al quale non sapesse dare del filo da torcere.
 
 
Le Cascate erano un posto davvero da favola! Si trattava di una valle enorme circondata da alberi e fiori di tutti colori. Al centro vi era un lago che si formava grazie all’acqua di un fiume che dalla montagna scendeva fin lì attraverso delle piccole e continue cascate. Lo spettacolo da lontano era bellissimo ma da vicino…era tutta un’altra cosa. Poco lontano vi era una sorta di caverna nella quale Vegeta aveva poggiato le provviste della notte e aveva acceso il fuoco. I cavalli erano rimasti fuori a brucare in più punti della valle.
“Non hai paura che scappino?” gli chiese lei incuriosita.
Vegeta la guardò prima di mettere la carne a cuocere.
“Non so come spiegartelo ma sembrano che capiscano quanto per loro sia più conveniente non stare troppo lontano da noi.”
“Wow!” esclamò lei stupita.
Vegeta le si avvicinò per strapparle un veloce bacio sulle labbra e poi tornò a preparare la cena. Da quella posizione, essendo lui di spalle, Bulma, credendo di non essere vista, cominciò a osservarlo con calma e attenzione. Le spalle larghe, la postura fiera, le braccia muscolose e quel fantastico lato B che le aveva sempre fatto perdere la testa.
“Non guardarmi troppo, donna.” esclamò d’un tratto lui con il suo solito tono presuntuoso e scontroso.
Bulma si accese dalle guance in giù. Tuttavia il suo ghigno divertito la irritò. Era sempre così tra loro: frecciatine e punzecchi che accendevano la miccia dell’amore.
“Io non ti stavo guardando.” si scusò lei.
“Come no! Mi stavi spogliando con gli occhi.” palesò lui girandosi sfacciatamente.
Bulma potè notare il sorriso trionfante sulle sue labbra e la cosa la colpì nell’orgoglio. Si era fatta beccare come una ragazzina alle prime armi e di certo lei, da qualche settimana a quella parte, non lo era più.
“Non arrossire così tanto perchè mi fai ammattire e poi non rispondo più di me.”
Quel suo modo di provocare esplicitamente le accendeva i sensi bruciandoli nel giro di due parole. Perchè era così presa da lui da non riuscire a nasconderlo? Forse questa volta poteva tentare di dargli pan per focaccia. Vegeta le si avvicinò ammaliante dopo aver poggiato la carne sulle aste di legno che la sorreggevano. Nel giro di poco fu davanti a lei e l’avrebbe baciata di sicuro se Bulma non si fosse alzata e allontanata.
“Non puoi prendermi in giro e poi sperare che te la faccia passare liscia.”
“Ah no? Non funzione sempre così tra me e te?” la ribeccò con dolce arroganza.
Bulma sorrise divertita ma non si fece vedere.
“Basta così. Prima che ti risponda male è meglio che mi vada a fare un giro.”
Fu Vegeta questa volta a restare senza parole.
“Dove vai? Non puoi uscire da sola.” disse seriamente lui.
“Certo che posso. So badare a me stessa. Chiamami quando sarà pronta la cena.”  
Uscì come se nulla fosse. Vegeta notò quanto certe volte Bulma se la prendesse per così poco. Non aveva ancora capito quanto lo facevano impazzire di desiderio quel rossore sulle sua guance e quei battibecchi dove era sempre lui ad avere la meglio ma dopo sapeva sempre come addolcirla. Un modo che a lui piaceva da impazzire… .
 
Era passato circa un quarto d’ora. Vegeta era uscito dal rifugio ed era andato in cerca di quella donna che tanto gli faceva battere il cuore. I cavalli erano in giro e brucavano distrattamente l’erba. Di Bulma non c’era traccia e per un attimo, come una sera di tanto tempo prima, il suo cuore stava per scoppiare. Bulma non gli dava mai retta, perchè si era allontanata così tanto? Senza accorgersene si ritrovò nei pressi del lago. Vi era la puledra con la quale Bulma aveva tanto legato. Se solo sarebbe rimasta gliela avrebbe affidata come compagna di viaggio. Scosse la testa al passaggio di quel pensiero. Cosa si diceva sempre? Mai pensare al futuro. Difficile a farsi visto che giorno dopo giorno la sua vita sembrava andare avanti solo grazie a lei. Si avvicinò ancora per arrivare al lago e la vista gli bloccò il respiro. Bulma nuotava come una ninfa tra le acque del lago. Vegeta deglutì rumorosamente non sapendo bene cosa fare o che dire.
“È pronta la cena.” disse dopo qualche minuto incrociando le braccia sul petto.
Per tutta risposta Bulma continuò a nuotare.
“Non ho fame.” rispose lei con un guizzo negli occhi.
Le sue iridi azzurre splendevano più dell’acqua illuminata dallo splendore della luna. Improvvisamente il rumore delle Cascate scomparve, sostituito dal ritmo frenetico dei loro cuori.
“Io sì.” Fece lui di rimando.
Bulma capì che la fame a cui aveva fatto riferimento non era quella dello stomaco ma del cuore e lo capì nell’esatto istante in cui Vegeta prese a spogliarsi con una lentezza disarmante. Brividi le iniziarono a correre per ogni centimetro di pelle e sicuramente non per il freddo. Completamente nudo Vegeta si immerse e la raggiunse nuotando velocemente.
“Davvero non hai freddo?” le chiese a fior di labbra.
“Sicuro. Tu invece hai la pelle d’oca.” lo canzonò divertita.
“Perchè mi devo ancora abituare, donna.”
“Allora inizia da subito.”
Detto fatto lo buttò con la testa sotto acqua. Sapeva che non ci sarebbe mai riuscita senza approfittare del momento di  distrazione. Vegeta risalì immediatamente. Si rese conto che Bulma era scappata un po’ più in là e che la sua risata cristallina ricopriva il rumore delle Cascate. Era bellissima! Si dava dello stupido ogni volta che si soffermava a osservarla dicendosi che non poteva continuare ad amarla. Non poteva visto che se ne sarebbe potuta andare da un giorno all’altro. Eppure quella volta non pensò a nulla del genere. Voleva imprimersi la sua immagine nella mente, il suono della sua risata nelle orecchie. La inseguì ma Bulma non si fece prendere facilmente. La giovane donna continuava a ridere sapendo bene che Vegeta avrebbe potuto raggiungerla con due bracciate. Il suo sorriso malizioso la scioglieva nonostante l’acqua fosse comunque fresca. Senza rendersi conto arrivò al bordo e Vegeta ovviamente la braccò nel giro di un battito di ciglia. Sorrideva sprezzante l’uomo dinanzi a lei perchè non era mai un brutto segno quando riusciva a stringerla fra le sue braccia. Anzi…
“Lo vedi che ti sei distratta? Non ti sei accorta che sei arrivata al capolinea?” gli chiese canzonandola affettuosamente.
Questa volta non si sarebbe lasciata intimorire.
“E chi ti dice che non sia stata una scelta volontaria?” gli sorrise divertita.
Vegeta non riuscì a ribattere. Le cose cominciavano a riscaldarsi. Il silenzio si impadronì di quel momento ma non c’era mai spazio alle parole quando i loro occhi si specchiavano così da vicino e il cuore di uno poteva sentire i battiti dell’altro. Bulma avrebbe voluto dirgli quanto lo amava ma il coraggio le mancò nello stesso istante in cui pensò di riferirglielo. Non voleva scapasse a gambe levate via da lei.
“A cosa pensi donna?”
“Penso che stai perdendo tempo.”
Gli circondò le spalle con le braccia poggiando il seno sul suo petto scultoreo.
“Perchè non cominci tu?” la stuzzicò.
Era difficile che Bulma prendesse l’iniziativa. Nonostante tutto sembrava essere lui a scatenarla ma questa volta voleva fosse lei a fargli perdere il controllo. Bulma non rifiutò la sfida e decise di dare inizio alle danze. Mandò all’aria la sua titubanza e per una volta decise di comportarsi in modo meno impacciato del solito. Vegeta l’aveva trasformata rendendola donna e sicura. Si rese conto che con lui avrebbe potuto scalare le cime più alte del mondo. Si avvicinò alle sue labbra baciandole. Piccoli teneri baci senza malizia ma che avrebbero incendiato anche un intero Paese. Prese il suo labbro inferiore chiudendolo nella sua bocca e succhiandolo passando poi al labbro superiore. La lingua disegnò il contorno perfetto di quella bocca così invitanti e poi si addentrò all’interno incontrando la lingua di Vegeta. Danzarono insieme come oramai avevano imparato a fare. Ancora insoddisfatta Bulma gli circondò la vita con le gambe e quello fu il segno che la ragione era stata legata e imbavagliata. Il cuore aveva preso il sopravvento. Vegeta diede foga al bacio spingendo leggermente Bulma contro il bordo del lago mentre le sue mani presero ad accarezzarle ogni fibra di quel corpo paradisiaco. Se prima la ragazza pesavo poco e niente ora nell’acqua era leggera come una piuma. Strusciò la sua erezione contro il corpo della compagna alla quale scappò un gemito che gli venne sussurrato all’orecchio. La cosa lo eccitò maggiormente. Le accarezzò un seno torturandoglielo visto che i capezzoli erano già irti per il freddo dell’acqua. Bulma tuffò le mani in quella criniera rivolta al cielo stellato e gettò la testa all’indietro quando Vegeta le iniziò a torturare il collo con baci che scottavano più del sole nell’ora di punta. Con una mano scese ad accarezzargli la schiena e il petto toccando con premura quella cicatrice dalla quale era iniziata la più bella avventura mai intrapresa.
“Vegeta…” lo chiamò.
L’uomo risalì al suo viso sorridendole sulle labbra.
“Ti voglio donna” le sussurrò prima di baciarla.
Bulma si aggrappò  e lo spinse verso di sé facendo forza con le gambe ancorate ai fianchi di lui. Vegeta le fu dentro con una sola spinta e questo la mandò su un altro pianeta lontano da quell’acqua e vicino alle stelle più luminose. La sua bocca si riempì di gemiti mentre le spinte divennero sempre più decise. Vegeta le accarezzava le gambe e i glutei e mai avrebbe voluto staccarsi da quel corpo che così tanto lo faceva impazzire. Ma il piacere è un fiume in piena che non solo scorre veloce ma che straripa bagnando ciò che è al di fuori dei suoi confini. Bagna il cuore e lo fa dolcemente annegare in un vortice di elettrizzanti sensazioni e mando fuori uso la ragione spegnendola come se nel cervello fosse arrivato un blackout. Raggiunsero insieme l’apice mentre i baci bloccarono i respiri e l’amore galoppava ancora furente nei loro cuori senza mai stancarli. Vegeta faticò a staccarsi da quel corpo ma quando lo fece e sentì le gambe di lei abbandonare i suoi fianchi i brividi lo invasero. I suoi occhi neri si specchiarono in quelli azzurri di Bulma. Quest’ultima tornò a baciarlo stringendolo. Come sempre le parole faticavano a tornare. Restarono per un po’ in quella situazione senza rendersi conto che mentre le loro bocche non erano capaci di articolare i propri sentimenti i loro occhi parlavano per i loro cuori. Non c’era bisogno di chiedere se anche per l’altro fosse uguale: l’amore rende ogni senso capace di esprimersi. Vegeta poggiò la fronte a quella della turchina.
“Andiamo?”
Bulma annuì sentendo un profondo vuoto nel momento in cui sciolsero il loro abbraccio. Di fretta entrarono nella caverna beandosi del calore del fuoco. Ancora nudi si accoccolarono accanto al fuoco. Vegeta indossò i suoi calzoni e a petto nudo si mise con le spalle contro la parete rocciosa con la gamba destra piegata e Bulma avvolta in una grossa coperta si posizionò fra le sue gambe di lato con le spalle poggiate contro la sua gamba piegata e le gambe stese oltre l’altra gamba. In questo modo potevano guardarsi. Mangiarono per quasi tutto il tempo in silenzio scambiandosi sguardi che valsero più di mille parole.  Quando finirono Bulma si accoccolò a lui mettendosi di spalle. Vegeta la strinse forte fra le sue braccia. Quel momento così intimo emozionò entrambi. Entrambi volevano chiedere ciò che più desiderano. Ma chi avrebbe cominciato? Chi avrebbe dato inizio e libero sfogo ai propri desideri?
“Vegeta?” lo chiamò quasi in un sussurro.
“Mhm?”
“No, lascia perdere.”
Sperava di riuscire a chiedergli quello che stava pensando approfittando del fatto che non lo avesse di faccia ma davvero non ci riusciva.
“Dimmi donna.” le chiese lui stringendola.
La coperta scivolò lungo la spalla della turchina lasciandola leggermente scoperta in quel punto. Come fosse sotto incantesimo Vegeta cominciò a baciarla. Bulma chiuse gli occhi dimenticando per un attimo quello che la ragione stava cercando di mettere in sillabe e lasciando solo spazio al suo corpo che si stava risvegliando. Quei baci lasciavano il segno e lei li avrebbe sempre portati sulla pelle e sul cuore anche se lui non l’avrebbe più voluta. Vegeta salì fino al collo sentendo il dolce peso di Bulma sul suo petto mentre il suo corpo chiedeva ancora di averla tutta per sé. Ma lui voleva sapere…sapere se i suoi sentimenti erano ricambiati.
“Che c’è?” le sussurrò all’orecchio.
Bulma spalancò le sue iridi azzurre. Fu un bene che Vegeta non potesse guardarla dritta in faccia: era sicura che le sue guance stessero andando a fuoco. Stretta tra le sue braccia si sentiva sicura e cullata ancora dal furioso battito del cuore decise di parlare.
“Io sono come le altre?” chiese tutto di un fiato.
Quelle parole lo colpirono come una granata. Davvero Bulma credeva che la stesse trattando con sufficienza? Da un lato divenne più tranquillo perchè era stato in grado di nascondere i suoi veri sentimenti ma dall’altro…dopo quella domanda sperava davvero di essere qualcosa di più per quell’angelo sceso in Terra. Bulma intanto tratteneva il respiro. Aveva sganciato la bomba e la prima a esserne stata ferita era stata lei. Perchè stava in silenzio? Avrebbe giurato che da lì a poco Vegeta sarebbe scoppiato a ridere. Ma l’amore non è mai prevedibile. Il giovane uomo la strinse ancora di più, le diede un altro bacio sul collo e le si avvicinò all’orecchio.
“No, non lo sei. Non lo sei mai stata.”
Bulma sentì scioccamente le lacrime agli occhi e un calore si propagò per tutto il corpo sciogliendole il sangue che veloce fluiva fino al cuore. Si girò e incontrò il viso dell’uomo che amava. Spigoloso, fiero e serio ma era il viso più bello che avesse mai visto. Gli sorrise e la bocca di lui si aprì in un ghigno.
“Donna sei rossa come il fuoco che ho acceso.” la punzecchiò.
Bulma gli diede un pugno sulla spalla e per tutta risposta Vegeta scoppiò a ridere.
“Te l’ho già detto che non devi arrossire in questo modo. Non potrei più rispondere delle mie azioni.” Continuò malizioso.
“Ma io non voglio che tu risponda delle tua azioni.” lo ribeccò pungente.
Vegeta rise dinanzi all’unica donna che davvero gli aveva rubato il cuore. La baciò come se non dovesse mai più rivederla. E invece era lì tra le sue braccia e niente e nessuno gliela avrebbe portata via. Prima o poi le avrebbe detto quanto l’amasse. Ma in quel momento voleva solo tornare a fare l’amore con lei.
 

Buongiorno dolcezze,
come andiamo? Vi starete chiedendo cosa io ci faccia sveglia alle  07.30 della domenica mattina. Beh, sono molto mattiniera anche se la sera faccio tardi e proprio perché ieri sono tornata a pezzi non ho avuto tempo di pubblicare. Spero però che questa piccola attesa sia ripagata con il capitolo. Voi che ne pensate? Bulma e Vegeta sono sempre più legati e la situazione tra loro scotta più del sole all’orario di punta. Ci sono tutti i presupposti per una vita felice insieme, che ne dite?
Come sempre intendo ringraziare tutte le persone che stanno seguendo questa storia, che la recensiscono o l’hanno già inserita tra le preferite, ma ringrazio anche i silenziosi ( che invito a farmi sapere la loro XD ) Insomma, ringrazio tutti di cuore.
Al prossimo capitolo. Baci, BS 

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Capitolo 10
*** Quanto il cuore può scoppiare ***


Amore caldo


Se l’amore potesse essere paragonato al cielo sicuramente potremmo scorgere nell’infinito la sua grandezza e nelle diverse sfumature del cielo le mille sfaccettature dell’amore: dall’azzurro del mattino al rosso del tramonto, dal buio della notte al chiarore dell’alba. L’amore è limpido, infinito e proprio come il cielo anche l’amore improvvisamente cambia umore e si fa nero, scuro e temi che una tempesta possa crollarti addosso da un momento all’altro, temi di non poter mai più vedere la luce del sole.
Bulma e Vegeta stavano tornando a casa stranamente sullo stesso cavallo. Bulma sorrideva felice come non lo era mai stata. Vegeta le strappava un sorriso anche con un semplice schiocchio di lingua ricordando il trotto del cavallo. Vegeta stesso si beava di quella risata cristallina ed era pronto a essere sincero con lei. Forse non del tutto sincero perchè non sapeva se dirle ancora quello provava, ma voleva chiederglielo, chiederle se sarebbe voluta restare ancora un po’ o magari per sempre in quella casa che non avrebbe avuto più ragione di esistere senza la sua presenza così come lui non poteva continuare a vivere senza di lei.
“Vedo che ti diverti ad andare a cavallo.” Le fece notare inizialmente divertito “Ricordo che il primo giorno non osasti nemmeno avvicinarti senza Chichi.”
“Hai ragione però è come…non lo so…come se avessero imparato a conoscermi e io avessi imparato a familiarizzare con questo mondo.” rispose la turchina stringendo comunque le mani di Vegeta per qualche piccolo timore.
Vegeta se ne accorse ma non osò farglielo notare. Non era quello il momento di punzecchiarla.
“Quindi ti piace la vita qui?”
Bulma sentì il cuore frenare bruscamente per poi riprendere a correre più veloce di prima.
“Sì, mi piace molto.”
Vegeta non volle contare fino a dieci. Era sicuro che se avesse aspettato così tanto non avrebbe più avuto il coraggio di chiederglielo.
“Allora perchè non rimani qui?”
Era forse caduto il mondo? No perchè non si sarebbe mai aspettata una cosa del genere e invece era successo. Vegeta le aveva chiesto di restare. Forse…forse quell’amore non era a senso unico. Ci aveva già sperato quando la sera precedente le aveva detto che non era come le altre. Sorrise girandosi quel poco che bastava per guardarlo negli occhi.
“Vegeta io…”
“Cosa ci fa tua zia sul portico di casa?” chiese lui incuriosito.
Vegeta non ebbe il tempo di ascoltarla anche se avrebbe voluto capire e sentire cosa Bulma avesse avuto intenzione di fare. Il cuore decelerò quando sull’uscio intravide anche Bardack. Bulma seguì lo sguardo del cowboy. Perchè il cuore le giocava quei brutti scherzi? Prima correva e poi si fermava? Arrivarono a pochi metri dalla casa. Bulma notò quanto sua Gine fosse scura in volto e questo non fece altro che accrescere il suo tormento. Scese dal cavallo aiutata da Vegeta e quando sentì quella voce inseguita dalla proprietaria davvero le cascò il mondo addosso.
“Bulma, figlia mia, sia ringraziato il cielo!!”
Bunny corse dalla porta fino a Bulma stritolandola come fosse un morbido cuscino. Vegeta si scostò leggermente e Bulma stessa non ricambiò nemmeno la stretta troppo scossa dalla sorpresa.
“Che ci fate voi qui, madre?”
Bunny fermò l’abbraccio per guardarla in faccia. I suoi occhi erano colmi di lacrime.
“Sapessi come sono stata in pena per te. Ma guardati, come ti sei abbronzata. Il sole ti avrà ustionata, povera bambina mia e i capelli…da quanto in qua li porti sciolti in questo modo e i vestiti e…”
“Madre, perchè siete qui?”
Bulma frenò l’entusiasmo della donna. Non aveva mai desiderato di non rivedere sua madre, ma la sua presenza non prometteva nulla di buono. Infatti Bunny si scurì il viso. Abbassò il capo e solo dopo qualche minuto dovetti accorgersi di un uomo a fianco della figlia.
“Tu devi essere Vegeta. Gine mi ha parlato di te. Grazie mille per tutto quello che hai fatto per mia figlia.”
Quelle parole lo ferirono come coltelli. Cosa voleva quella donna agghindata come una dama del Seicento? Si chiedeva come faceva a non morire dal caldo.
“Andiamo dentro Bulma.”
La turchina annuì accompagnata da Vegeta. Di certo Bulma non poteva sapere quello che stava per accadere. Vide Bardack dare una pacca sulla spalla a Vegeta. Dentro c’erano anche Chichi, Goku e…
“Cosa diavolo ci fai tu qui?” sbottò fregandosene altamente se sua madre l’avesse guardata male.
Lì erano a Newcomb ma in qualsiasi altro posto le buone maniere con quel viscido non servivano. Yanko le si avvicinò con fare lusinghiero.
“Buongiorno a voi, signorina Brief.”
Bulma guardò sua madre con rimprovero e maledisse il giorno in cui Baba le aveva rivelato ogni cosa.
“Noi dobbiamo sposarci.” ripetè l’uomo arrivando a pochi passi da lei.
“Giammai!” disse cercando di contenere la rabbia.
Yanko era a due centimetri di distanza ma prima che potesse solo pensare di toccarla Vegeta gli si parò dinanzi.
“Credo che parli la tua stessa lingua.” sottolineò marcando ogni sillaba.
Stupito perchè mai nessuno gli si era rivolto in quel modo così arrogante, Yanko fece un passo indietro. Bulma non ci stava capendo più niente e aspetto con ansia una spiegazione.
“Madre, perchè siete qui?” chiede per l’ennesima volta.
Bunny le si parò dinanzi prendendole entrambe le mani. Altre lacrime solcarono il suo viso ma non erano certo lacrime di gioia.
“Tuo padre è molto malato, Bulma. Una settimana fa ha avuto un infarto e i medici hanno detto che l’ansia e la preoccupazione di qualcosa hanno indebolito il suo cuore. È a casa e non sappiamo più cosa fare.” raccontò tutto di un fiato aggrappandosi alla figlia e scoppiando in un pianto disperato.
Il silenzio piombò in quella casa e Bulma dovette fare uso di tutto il suo autocontrollo per non crollare. Com’era possibile? Improvvisamente i sensi di colpa le circondarono il cuore.
“Tuo padre desidera vederti. Chiede sempre di te e io non sapevo più che fare, figlia mia. Mettiti nei miei panni, cosa avresti fatto?”
“E lui?” chiese ancora scossa indicando Yanko.
“Io sono venuto per accompagnare vostra madre, Bulma, ma credo sappiate anche che il nostro matrimonio non può tardare oltre. Questo non è un posto adatto a voi.”
“Decido io dove stare se non ti dispiace” lo ammonì gelida dimenticando anche le maniere del “voi” o chissà quale altra cosa “sicuramente il mio posto non è quello di stare accanto a te.”
Vegeta tirò un sospiro di sollievo. Il suo cuore sembrò riprendersi se non fosse stato di nuovo schiacciato dal peso delle parole della donna.
“Bulma, non puoi restare qui. Tuo padre chiede il tuo perdono. Vuoi privarlo del desiderio di vederti? Desiderio che potrebbe essere l’ultimo? Il suo cuore è molto provato e noi sappiamo tutti il motivo. Santo Cielo, è di tuo padre che stiamo parlando.” la ammonì questa volta lei facendo salire il rimorso alle stelle.
Sì, era pur sempre suo padre. Vegeta guardò il volto della donna che amava e lo vide indeciso. Non gli servivano le sue parole per capire cosa sarebbe accaduto di lì a poco. Aveva già intuito: si era fidato della persona sbagliata ancora una volta e come tanto tempo fa veniva abbandonato dall’unica persona alla quale aveva donato tutto se stesso!!!
 
 
L’orario di punta era scemato da un pezzo. Era meglio partire quando il sole avrebbe deciso di finire il suo corso per la giornata. Il rosso del tramonto sposava il blu tenue del crepuscolo. Era ora di andare.
“Certo che tornerò, Chichi…” le aveva detto Bulma abbracciandola “…devo pur sempre vedere vostro figlio o vostra figlia.” continuò sorridendo amaramente.
“Lo sai vero che ti succede se non torni? Abbiamo un’attività ora e io senza di te…”
“Ti giuro che tornerò, Chichi. È una promessa.”
La corvina annuì stringendola forte. Dopodichè Bulma salutò Goku e ovviamente Bardack ringraziando entrambi per quello che avevano fatto per lei. C’era solo un’ altra persona da salutare e sarebbe stato il saluto più difficile di tutti.
“Aspettatemi qui, madre.” le disse andando versò la stalla.
 
Vegeta era rimasto lì da quanto tempo nemmeno lui lo sapeva. Aveva dato pugni al legno duro con cui aveva costruito quella stalla e poco se ne era fregato se le nocche pulsavano per il dolore. In confronto a quello che sentiva dentro non erano nulla.
“Maledizione!” imprecò sbattendo un piede per terra facendo sussultare qualche cavallo che stava mangiando lì dentro.
“Ti odio.” sussurrò proprio come un bambino che ha ricevuto una punizione e chiuso nella sua cameretta mette il broncio prendendosela con i suoi genitori.
Tante volte aveva provato odio nei confronti dei suoi genitori. Invece non riusciva a provarlo per lei, neppure in quel momento. L’amava, l’amava come un pazzo.
“Vegeta?” lo chiamò Bulma.
Il giovane uomo le dava le spalle e lei ringraziò il cielo perchè non avrebbe mai avuto il coraggio di guardarlo negli occhi. Tuttavia Vegeta si girò e non la riconobbe. I capelli erano di nuovo legati in quello stramaledetto chignon e i vestiti che indossava non erano quelli che aveva portato per più di un mese a quella parte. La voglia di spogliarla per ritrovare la sua donna quasi lo tramortì.
“Io vado.”
“Lo so.” disse rabbioso.
 Quelle parole cariche di disprezzo la ferirono come la più velenosa delle spine.
“Ma tornerò.” gli disse avvicinandosi.
“No, non lo farai.”
“Non è ve…”
“Non ti è passato per la testa che potrebbe essere una farsa, donna? Mi deludi se davvero non hai preso in considerazione una possibilità come questa.”
Affrontare un terremoto sarebbe stato meno faticoso. Il suo cuore cedeva dinanzi al dolore e a quella sfuriata. Gli strinse la mano con tutta la forza che aveva.
“Certo che ci ho pensato, ma è pur sempre mio padre.”
“Allora vattene e non tornare mai più, donna. Io e te non abbiamo condiviso nulla.” le sparò rapido e cattivo.
Bulma mollò la presa. Sentì il cuore spaccarsi in tante piccolissime parti. Non avrebbe mai più potuto rimettere i cocci insieme e seppure ci sarebbe riuscita le ferite l’avrebbero segnata a vita. Anche il modo con cui l’apostrofava donna non aveva più lo stesso valore.
“Cosa…cosa sta insinuando?”
Vegeta si sentì profondamente meschino ma era troppo facile vomitarle addosso tutto il dolore e spararle le più grandi bugie mai inventate prima.
“Sto insinuando che mi sono divertito come un bambino con te. Sei stato lo spasso migliore di tutte.” ringhiò con un ghigno che serviva a nascondere la disperazione e la bugia.
Era così preso dal dolore dal non accorgersi che le lacrime stavano scivolando sul volto di Bulma e lei non aveva potuto fare niente per frenarle.
“…ora che te ne vai sai quante ne trovo co…”
Vegeta non terminò mai quella frase. Bulma gli fece mordere la lingua con il violento schiaffo che gli diede. Lui le strinse il polso con forza fino a farle male ma non ebbe il coraggio di dire più nulla quando finalmente vide il suo volto rigato di lacrime. Ogni bugia sparì insieme a ogni parola. Bulma sciolse quella presa e fece un passo indietro. Amore che viene spazzato, amore che si crede morto. Quelle gocce d’acqua salata stavano portando una rovinosa tempesta.
“Bravo, Vegeta, davvero complimenti. Sei stato così bravo che non mi sono resa conto di nulla...” lo elogiò sarcasticamente battendo le mani.
Già era state presa in giro in passato, ma il dolore provò allora non era nulla, nemmeno una briciola di quello che le stava soffocando l’anima in quel momento.
 “…sappi che però anch’io sono stata brava e furba. Infatti da esperto quale sei non ti sei accorto che ti sei portato a letto la verginella di Londra.” gli eruttò in faccia con tono rabbioso e rammaricato.
Fu come se un fulmine l’avesse colpito in pieno. Ci aveva visto giusto. Perchè glielo aveva tenuto nascosto? Bulma si morse la lingua dopo quella rivelazione. La donna orgogliosa qual era non avrebbe fatto una cosa del genere nemmeno sotto tortura, ma la donna innamorata l’aveva spinta a mettersi a nudo e non capiva nemmeno lei il perchè.
“Io ti amo, stupido presuntuoso che non sei altro.” gli disse in un sussurro.
Vegeta si rese conto di quanto era stato stupido. Aveva mandato al diavolo la sua unica ragione di vita. Invece di lottare per riaverla l’aveva fatta allontanare. Come spiegarle cosa provava sono nello sfiorarla? Bulma indietreggiò fino a girarsi per andare via. Vegeta la raggiunse e prima che potesse uscire la strinse da dietro.
“Bulma, mi…”
“Lasciami in pace.” trovò la forza di urlare “Mi hai usata, cos’altro vuoi?”
Si dimenò con tutta la forza che aveva, ma Vegeta non la lasciò.
“Io ho mentito.”
“Non mi interessa. Hai sbagliato, non ti credo. Ti ho detto lasciami.”
Con uno strattone si liberò della presa  e si allontanò.
Ecco l’amore nella sua giornata peggiore. Giornate dove il cielo è chiuso e senza colori, senza luci. Solo nero…nero come il peggiore degli incubi. Invece quella era la realtà.
Bulma andò via da Newcomb, via da Chichi e da Goku, via da quella Festa durante la quale si era divertita e via da lui, dalla sua unica fonte di vita. Via da quello che era stato, seppur bugia o verità, via da un amore troppo grande per due cuori impauriti dalla vita. Nonostante quello che le avesse detto Bulma non riusciva ad odiarlo. Forse perchè il suo cuore era incapace di provare qualche altro sentimento. Era morto, non batteva e sinceramente si stava chiedendo come e per quale assurdo motivo riusciva ancora a respirare. A Vegeta non servì urlare, sbattere i piedi e dare calci alle staccionate fino a romperle. La sua donna era andata via e lui l’aveva allontanata e non sarebbe mai più tornata indietro.
 
 
Il viaggio di ritorno fu più breve del previsto. Forse perchè le disgrazie arrivano sempre prima. Bulma aveva riposato poco durante il viaggio e non aveva toccato nulla. Fortunatamente sua zia Gine che era tornata con lei per starle accanto aveva tenuto a bada quel debosciato di Yanko. Bulma sapeva bene quanto tutto quello era costato soprattutto a zia Gine. Almeno l’amore con lei era stato magnanimo donandole il cuore di un uomo che l’amava sul serio. Non le era sfuggito il bacio tra Bardack e Gine. Avrebbe fatto di tutto per farla ritornare lì dal suo Bardack. Lei non avrebbe mai più rimesso piede a Newcomb. Con quale coraggio nonostante la promessa fatta a Chichi? Il ricordo di Vegeta lo aveva marchiato su tutto il corpo oltre che nella testa e in quel mucchio di muscoli e sangue che era rimasto del suo cuore. Aveva smesso di piangere subito ma il suo volto era il trionfo del dolore. Quando mise piede sulla soglia di casa quasi svenne. Non volve ritornare lì. Non voleva mettere piede in quella casa. Sapeva che suo padre aveva bisogno di lei e lei si sarebbe occupata di lui come una buona figlia ma a che prezzo? Eppure doveva essere felice: se sua madre non fosse arrivata chissà per quanto tempo ancora Vegeta l’avrebbe presa in giro.
Doveva essere felice e non lo era.
Doveva desiderare di stargli lontano e invece avrebbe pagato oro e argento per stare di nuovo stretta fra le sue braccia.
Doveva odiarlo e invece lo amava.
“Vuoi fare un bagno prima di vedere tuo padre?” le chiese con premura sua madre.
Annuì. Bunny sorrise ma era davvero preoccupata. Sapeva che aveva fatto la cosa giusta per amore del marito ma perchè sua figlia era così pallida in viso nonostante avesse la pelle “scottata” dal sole?
“Io vado dal signor Brief per avvisarlo che state salendo, Bulma.” disse premuroso Yanko salendo al piano di sopra.
“Io vado da Baba, le dico che siamo tornate.” disse Bunny spostandosi in cucina.
Gine si guardò intorno velocemente. Prese per mano la nipote e la trascinò dinanzi la soglia di casa.
“Questo è il momento adatto. Filiamocela. Non ti farò sposare un uomo che non ami.”
Bulma si fermò seduta stante. Gine la guardò aprire bocca ma la nipote non emise alcun suono. Non aveva detto una parola da quanto erano partite e lei si chiedeva da più di ventiquattro cosa diavolo fosse successo con Vegeta.
“Stai scappando di nuovo, figlia?”
Quelle parole riempirono l’aria di tensione rendendo l’ambiente soffocante. Bulma non osò girarsi, essendo di spalle alle scale, ma sorrise amaramente: Vegeta aveva ragione. Si appoggiò a un mobiletto accanto allo stipite della porta per non crollare dal dolore e dall’amara verità che purtroppo già aveva preso in considerazione.
“Lucas? Tu stai bene?”
“Certo che sto bene mia cara Gine, mai stato meglio.”
Bunny uscì dalla cucina seguita a ruota da Baba.
“Caro, come…com’è possibile? Il medico…”
“Tutta una finzione mia cara. Sapevo che eri a conoscenza di dove fosse quella maleducata di tua figlia ma sapevo anche che non me l’avresti mai confessato. Così io e Yanko abbiamo organizzato questa bella scenetta.”
“Come hai potuto?” urlò subito Bunny dandogli sorprendentemente contro.
“Tu sei un fottuto bastardo, Lucas!” tuonò Gine senza peli sulla lingua.
La discussione iniziò senza ostacoli. Bulma, ancora di spalle, continuava a darsi della stupida. Vegeta aveva avuto ragione, lui subito aveva capito mentre lei sperava ancora nel buon animo di suo padre. Vegeta…anche solo pensare quel nome faceva male e bene allo stesso tempo.
“Vegeta” sussurrò dopo ore e ore che aveva avuto la bocca chiusa.
Si toccò le labbra come faceva lui quando le teneva il viso fra le mani e la baciava. Le accarezzava le labbra prima di dare inizio al bacio.
“Come ho potuto essere così cieca e stupida?” urlò Bunny in preda a una crisi di pianto.
Bulma si chiedeva la stessa domanda. Avrebbe dovuto capirlo che Vegeta non era fatto per amare, che il dolore provato da bambino lo aveva irrimediabilmente allontanato dall’amore. Perchè se ne era innamorata? Ora doveva solo andare avanti in quella che non le sembrava più una vita ma solo un incubo.  Intanto sia Gine che Bunny stavano dando filo da torcere a Yanko e al padrone di casa. Lucas Brief non si era mai sentito così in errore. Che sue moglie e anche quella pazza di sua cognata avessero ragione? La lite sembrava proprio essere destinata a durare all’infinito.
“BASTA!” urlò Bulma dopo qualche secondo.
Come una folata di vento quella parola spazzò via ogni altro battibecco. Tutti i presenti puntavano gli occhi su di lei soprattutto Lucas Bref che solo allora sembrava aver osservato bene sua figlia. Era completamente diversa sebbene avesse lo stesso chignon che lui adorava e i vestiti che lui diceva di indossare. Non era il colore della pelle a renderla diversa, no. Forse…forse era quel viso pallido e sofferente e soprattutto quel velo di lacrime che lui non aveva mai notato nei suoi bellissimi occhi azzurri. Bulma si avvicinò veloce a Yanko. Il suo sguardo era indecifrabile e la sua voce sottile tanto che le sue parole sembravano essere state pronunciate a bassa voce.
“Io ti sposo.” si sentì dire.
Gine non potette crederci.
“Bulma?!?”
Sua nipote era impazzita e lei avrebbe tanto voluto prendere Vegeta e schiaffeggiarlo con le sue stesse mani. Si giocava tutto quello che aveva: qualcosa era successo tra quei due. Qualcosa di grosso.
“No zia, sono sicura.”
 Chiuse per un attimo gli occhi per ricacciare le lacrime e poi si avvicinò al padrone di casa.
“Spero siate felice padre. Ora se volte scusarmi, andrei nelle mie stanze.”
Lucas Brief annuì soltanto, per la prima volta così scosso da non riuscire a trovare una risposta. Bunny gli si parò dinanzi. Sua moglie era irriconoscibile.
“Ti odio.” Gli disse in faccia prima di sparire dalla sua vista.
Gine si limitò a scuotere il capo. Aveva già detto quello che pensava. Ora doveva pensare a sua nipote. Lucas si vide per un attimo disorientato. Quasi non sentì nemmeno le parole di Yanko che gli arrivarono fastidiose all’orecchio.
“Ora posso chiamarla ufficialmente padre, vero signor Brief?”  gongolò abbracciandolo.
Lucas non ricambiò la stretta. Dinanzi agli occhi ancora il volto sconvolto dalla sua unica figlia e per la prima volta in tutta la sua vita ripensò a una decisione già presa mormorando fra sé e sé se avesse fatto davvero la cosa giusta.

 
Salve donzelle,
oggi ho voluto pubblicare un po’ prima per farmi perdonare :D
La situazione qui è cambiata drasticamente. Chi se lo sarebbe mai aspettato? Voi indicherete me che perfida sto scrivendo questo mostro di fan fiction. È vero, lo sapevo ma non potete colpirmi… hahahahahaha!!! Ok, datemi due secondi e smetto di fare la scema XD
Cosa ne pensate? Posso solo dirvi che la storia è agli sgoccioli. Ma come finirà?
Un bacio grande a tutte voi che avete inserito la storia tra le preferite, le ricordate e le seguite e ai silenziosi che leggono aumentando le visualizzazioni. Un ringraziamento doveroso alle ragazze che recensiscono. Vi adoro ogni giorno di più XD
Baci, BlueSon

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Capitolo 11
*** Ecco come vivo senza te ***


Amore Caldo


I giorni che seguirono furono ugualmente disastrosi, infinitamente dolorosi sia a Newcomb che a Londra. Vegeta era sparito il giorno stesso della partenza.
“Vado alle Cascate, non cercatemi.” aveva borbottato prima di sparire dalla circolazione.
Né Goku né Bardack avevano avuto il coraggio di inseguirlo. Non l’avevano mai visto così chiuso e freddo come quella volta.
Vegeta si sentiva tremendamente in colpa. Era stato troppo stupido, troppo avventato e avrebbe voluto solo tornare indietro perchè non aveva capito, perchè non era più abituato a vivere l’amore.
 
Bulma aveva imparato a giocherellare con la forchetta nel piatto evitando di ingurgitare più di due bocconi. Non mangiava più, parlava a stento, non rideva e quello non era il comportamento consono a una sposa felice. Ma lei non era felice: era un corpo senza anima e senza cuore, completamente svuotato da ogni linfa vitale. Bulma non viveva più perchè l’amore è vita e lui non c’era. Tutti i preparativi li stava facendo Baba con a fianco uno Yanko super eccitato da sembrare quasi un bambino più che un uomo di più di trent’anni. Bunny aveva smesso di parlare con il padrone di casa. Non solo si era sentita presa in giro ma aveva costretto sua figlia a tornare quando aveva capito benissimo che Bulma non avrebbe mai voluto andare via da quel posto. Gine aveva cercato in tutti i modi di portare sua nipote fuori da quel tugurio. Bulma non aveva più messo il naso fuori la camera dopo il ritorno tranne che per i pasti ai quali partecipava come un fantasma. Era completamente assente, fuori dal mondo. Quando poi qualche giorno prima aveva sentito Bardack ed era venuta a sapere cosa stava succedendo anche lì aveva deciso di fare qualcosa. Lei sapeva cosa volevano dire le lacrime di Bulma: significavano Amore, Dolore, Mancanza, Bisogno. Dovevano agire tutti per non sprecare un sentimento indispensabile.
 
 
Era trascorsa una settimana dal ritorno di Bulma a Londra. Quel pomeriggio arrivò a casa Brief un’amica di vecchia data che Bulma ricordava come una seconda zia. Si trattava di Helena Wonder, una donna bellissima esteticamente e interiormente ma che portava sul cuore e sul viso i segni di una lunga sofferenza. Suo cognato era sempre in giro per il mondo alla ricerca del suo unico figlio scomparso tanti anni fa. Si diceva che era stato rapito per ripicca e che era stato venduto a dei nomadi ma la storia era poco chiara. Helena non ne faceva mai parola con nessuno: la perdita del suo unico nipote pesava ancora sullo stomaco più di una lunga e tormentosa digestione. Con il tempo, dopo la morte della sorella, si era legata all’uomo condividendo con lui il profondo dolore e appoggiandolo nei suoi numerosissimi viaggi.
“Ciao Helena.” salutò Gine accogliendo la donna in casa.
Bunny quel giorno aveva deciso di seguire l’esempio della figlia e si era rinchiusa in biblioteca senza uscire nemmeno un secondo.
“Mia cara Gine, come stai? Ti trovo in gran forma!”
Le due donne si abbracciarono con trasporto. Erano amiche da sempre.
“Allora?” chiese poi la nuova arrivata “dov’è la futura sposa?”
Gine si staccò come se avesse preso una scossa e condusse subito Helena nella camera della nipote. Bulma non amava ricevere visite ma era sicura che a quella non avrebbe mai detto di no.
“Io scappo, amica mia, ma non dire a Bulma che sono andata via.”
La donna non fece troppe domande. Gine aveva sempre qualche idea folle per la testa e quando aveva preso una decisione non si poteva far altro che accontentarla. Entrò dopo che Gine scappò via. Bussò tre volte ma non ricevendo risposta entrò senza problemi. Nell’ampia camera da letto Bulma sembrava quasi una bambola. Era accucciolata sul letto seduta e con le ginocchia strette al petto. Un vestito le arrivava fino a piedi nudi che fuoriuscivano leggermente al di sotto della stoffa. Sembrava proprio non averla vista ma guardava fisso dinanzi a lei con gli occhi azzurri spenti  e gonfi.
“Piccola, cos’è questo musetto così triste?”
La voce della donna le arrivò da lontano. Bulma non si era resa conto che qualcuno era entrato. Era come se vivesse sotto una campana di vetro dove ogni cosa veniva attutita. Una campana nella quale si era rinchiusa e che avrebbe frantumato solo una persona…una persona che non ricambiava il suo amore pensò lasciando che lo stomaco si contraesse per il dolore. Helena si sedette accanto a lei prendendole una mano. Non aveva creduto alle parole di Gine qualche giorno prima quando l’amica le aveva detto che colei che lei aveva trattato sempre come una figlia era diventata un fantasma. Bulma non rispose alla sua carezza. I suoi occhi la guardavano ma le sue labbra restavano chiuse come se fossero state cucite.
“Cos’è successo? Ansia per le nozze?” la stuzzicò.
Sapeva benissimo che Bulma non volveva sposarsi e sapeva anche che era scappata. Che fosse tornata perchè aveva cambiato idea le era sembrata una stupidaggine. Helena non sapeva cosa in realtà era successo ma sperava di riuscire a parlare con lei.
“Si tratta dell’esperienza che hai fatto? Scommetto che è stata un’idea di quella matta di Gine a farti festeggiare l’addio al nubilato in Europa.”
Bulma spalancò i suoi occhi con forza facendosi quasi male. Improvvisamente una vortice di ricordi si impossessò di lei. Come aveva provato a fare altre volte aprì la bocca per parlare ma non riuscì a e mettere alcun suono. Il suo corpo si rifiutava di reagire. Tuttavia le lacrime si fecero largo sulle sue guance senza che lei potesse dire o fare qualcosa per fermarle. Helena sentì il cuore stringersi in un pugno, raggomitolarsi fino a stritolarsi.
“Piccola mia, che c’è?”
“Io…io non…amo...Yanko.” riuscì a dire piano.
Da tempo non aveva più ascoltato la sua stessa voce. Bulma si stupì per quanto fosse fragile, spezzata e debole. Vegeta le aveva prosciugato ogni energia. Vegeta…il solo pensarlo la torturava e quei baci, quelle carezze che lei credeva le fossero state donate per amore ora bruciavano come le più velenose delle ferite.
“Questo l’avevo già capito, tesoro mio, l’ho capito dal giorno in cui tua madre mi chiamò per dirmi che tu non c’eri più e che eri scappata. Non sei stata nemmeno in Europa giusto?”
Bulma scosse la testa. Helena gli porse un fazzoletto con il quale asciugò le guance e soffiò il naso. Doveva parlare con qualcuno sennò sarebbe morta.
“Sono stata a Newcomb e lì ho conosciuto un ragazzo.”
I ricordi si proiettavano nella sua testa senza che potesse fare nulla per bloccarli. Le venne in mente il primo incontro nella stanza dove lei aveva dormito, il primo bacio e quando Vegeta l’aveva presa tra le braccia e scortata a letto. Ricordò la loro prima volta, la sera alle Cascate e il mattino successivo quando lui le aveva chiesto di restare. Come aveva potuto prenderla in giro fino a quel punto? E lei come poteva amarlo ancora dopo tutte le sue bugie?
“Da quello che mi hai raccontato Vegeta è un ragazzo molto introverso . Forse ti ha detto quelle cose solo per difendersi.” le suggerì Helena.
Bulma ci sperò ma a cosa serviva continuare a costruire castelli di sabbia? Non sarebbe più tornata a Newcomb. Non ora che il matrimonio era così maledettamente vicino. Inoltre Yanko la controllava in modo manicale. Si chiedeva come non avesse pensato ancora a metterle due guardie dinanzi la porta della sua camera.
“Non credo. Vegeta ha sofferto tanto, Helena.”
“Perchè?”
Bulma sapeva che quello che avrebbe detto avrebbe fatto del male a colei che considerava come una seconda mamma.
“Vegeta è stato abbandonato dai suoi genitori.”
Il cuore di Helena perse due battiti. Un profondo odio verso persone che non capivano cosa avevano perso si mescolò al dolore per la perdita di quel bambino che lei aveva tanto amato come fosse stato suo. Aveva promesso a sua sorella che avrebbe fatto qualsiasi cosa per trovare il figlio che loro avevano perso a causa di una banda di invidiosi malfattori. Bulma la guardò e istintivamente le prese la mano.
“Mi dispiace. So quanto sia difficile per te e per lui.”
Bulma non ricordava più il compagno di Helena. Senior dopo la morte della moglie aveva iniziato questo viaggio alla ricerca del figlio ed era raro vederlo in pubblico per i continui spostamenti. Helena teneva nascosta la loro relazione ma la turchina conosceva il profondo amore che li legava.
“Posso solo immaginare quanto dolore si provi nell’essere abbandonati. Noi che viviamo nella situazione opposta soffriamo lo stesso.”
“Io spero che i suoi genitori lo trovino. Non posso nemmeno pensare al fatto che un padre o una madre possa abbandonare suo figlio.” disse Bulma con tono grave.
“Bisogna essere solo dei mostri per farlo. ”
“Sono convinta che i suoi genitori non siano cattivi. Io credo che se solo lo vedessero lo riconoscerebbero subito. Ha una voglia sul braccio così singolare da poter risultare unica.”
“Una…una voglia hai detto?” chiese allarmata la donna sbiancando al solo pensiero.
No, non era possibile. Bulma la guardò con preoccupazione dimenticando un attimo i suoi problemi.
“S…sì. Ha una voglia a forma di trifoglio sull’avambraccio destro.”
Helena la guardò come se Bulma le avesse rivelato il segreto della vita eterna. La saltò frettolosamente.
“Ci vedremo presto tesoro. Sono sicura che tutto andrà per il verso giusto.”
Gli occhi azzurri di Bulma tornarono ad annebbiarsi per via di nuove lacrime che volevano a tutti i costi uscire. Ci volle uno sforzo enorme da parte sua per ricacciarle indietro.
“Grazie per essere venuta, Helena.”
La donna la salutò con un abbraccio che durò più del dovuto come se silenziosamente avesse voluto ringraziarla per quella rivelazione.  Uscì dalla villa aumentando il passo verso la carrozza così come dentro il suo cuore aumentava la speranza. Una speranza piccola e fragile che nasceva dopo anni di sterilità all’interno del suo cuore dopo esser stata strappata via dalle difficoltà, appassita e poi scomparsa come una pianta spazzata via dal gelo invernale. Ma forse…forse era tornata la primavera.
 
 
Ancora due giorni, due giorni e Bulma avrebbe messo fine ufficialmente alla sua vita. Avrebbe voluto soltanto chiudere gli occhi e non riaprirli più. Si sentiva così sciocca in quel momento. Lei, la grande Bulma Brief, giovane nobile e orgogliosa, si era lasciata abbattere dall’amore. Aveva smesso anche di dormire poiché il pensiero di lui tornava ripetutamente per tormentarla come un fantasma che appare per mantenerti ancorata al passato. Dalla sua stanza poteva sentire le urla della madre che si ripercuotevano contro il padrone di casa. In quei momenti si tappava le orecchie. Non voleva ascoltare più nulla, nemmeno i mille pensieri che le percuotevano la testa. Sua zia Gine era sparita da due giorni e con lei anche Helena. Non sapeva più cosa fare mentre Yanko continuava ogni giorno a richiedere la sua presenza ma lei si ostinava a declassare l’invito. L’avrebbe visto per una vita intera e quindi poteva anche risparmiarsi quei giorni di incontrare quegli occhi che non l’attiravano per niente. Si sentiva così sola. L’unico pensiero fisso era Vegeta: i suoi baci, le sue mani, le sue carezze, la sua lingua…tutto, tutto di Vegeta le mancava. Le mancava come fosse acqua, aria pura mentre lei non stava facendo altro che respirare aria cattiva. Improvvisamente le urla cessarono e Bulma tornò a liberare le orecchie. Avrebbe tanto voluto sparire come la zia ma la domanda successiva a quel pensiero era sempre la stessa: per andare dove? Dove se il pensiero di Vegeta la seguiva ogni istante? Doveva solo accettare quella che la vita crudele e avara le aveva offerto: un’esistenza senza amore.
“Bulma, posso?”
Lo voce della madre le arrivò ovattata per via della porta che le divideva. Non proferì parola ma la madre entrò comunque. Bunny non aveva parlato con la figlia dal giorno del suo ritorno. Con quale coraggio avrebbe potuto affrontare il sangue del suo sangue se era stata proprio lei a rovinarle la vita? Ora doveva chiederle una cosa non facile ma sperò con tutto il cuore che Bulma acconsentisse e che come per magia cambiasse il suo umore ritornando almeno a essere allegra perché doveva ammetterlo: Bulma non era mai stata felice. Sua figlia aveva vissuto come lei soddisfacendo sempre i capricci di un padre all’antica e severo sopra ogni cosa. Non aveva da ridire sulla fuga di Bulma ma ora era lì. Inutile continuare a piangere su quello che era successo. Doveva prendere in mano la sua vita e lei l’avrebbe convinta. In un modo o nell’altro. Entrò sedendosi dinanzi alla ragazza che come sempre teneva le ginocchia strette al petto.
“Mi senti tesoro?” le chiese quasi in un sussurro.
“Certo che vi sento madre,” pensò ma non lo disse “vi sento da giorni.”
Bunny continuò ma le parole le costavano fatica.
“Io so che non è il caso,ma ecco…vedi…il matrimonio è alle porte.”
Bulma si stupì di come quelle parole non le procurassero nulla. Anche lo stomaco si era rifiutato di raggomitolarsi su se stesso per il disprezzo. Nulla in lei funzionava più come prima. Annuì come se avesse avuto un ordine ma non riuscì ad essere altrettanto indifferente dinanzi le parole che seguirono.
“Dovresti…dovresti prendere un vestito, bambina mia.”
Un’altra voragine immensa le si aprì al centro del petto come un buco nero che attimo dopo attimo si allarga sempre di più risucchiando ogni cosa. Si chiedeva quanto tempo ancora sarebbe passato prima che quello stesso vuoto la risucchiasse definitivamente. Le lacrime le sbucarono birichine dagli occhi azzurri come l’oceano. Non si rese nemmeno conto di aver iniziato a singhiozzare né del fatto che la madre l’aveva subito abbracciata.
“Bambina mia, mi dispiace. Non fare così, ti prego. Sono stata una sciocca a pensare che tuo padre fosse davvero malato. Sono stata davvero una stupida nel credere nella bontà di quell’uomo che ho sposato. Ma questa volta non vincerà, bambina mia. Tu devi lottare, capito?”
Bulma rimase sconcertata. Mai sua madre l’aveva stretta in quel modo come allora e mai aveva lottato così tanto contro il padrone di casa per appoggiarla e difenderla. Non aveva capito che oramai non serviva più a nulla. Bunny si scostò da quella stretta per guardarla negli occhi umidi come i suoi.
“Bulma cosa c’è? Apriti con me, piccola mia. Vuoi tornare lì non è vero? Vuoi stare con quel ragazzo. Dimmelo, amore mio, dimmelo.”
Questa volta fu la turchina che si strinse forte al petto della madre. Tornò a piangere più forte di prima nascondendosi sul petto di quella donna che incondizionatamente aveva amato anche se si arrabbiava perché mai aveva preso le sue parti.
“Oh madre, io non posso tornare lì. Vorrei ma non posso. Non è andata bene con lui…non è andata come volevo.” singhiozzò Bulma in preda a un crollo di nervi.
“Perché, Bulma? Parlami.”
La fanciulla mise di nuovo fine all’abbraccio per parlarle faccia a faccia.
“Mi sono innamorata madre, ma è stato tutto diverso rispetto alla cotta che ho avuto in passato. Mi sono innamorata sul serio, ma lui…lui non mi ha amata, mi ha solo usata. Io non faccio altro che pensare a lui e non riesco a reagire. Non potrò mai amare un altro al di fuori di lui né tantomeno Yanko che non sopportavo nemmeno prima.” svelò senza peli sulla lingua.
Bunny allacciò le mani a quelle della figlia.
“Allora perché lo sposi?”
Bulma fece una smorfia che doveva prendere le mosse di un sorriso amaro.
“Non sarei né la prima né l’ultima che non si sposa per amore.”
“Ma noi possiamo cambiare le cose. Tuo padre non può averla sempre vinta.”
“Non conta più, madre. E ora su, proviamo qualche vestito.” disse alzandosi dopo tanto tempo.
Un capogiro le annebbiò la vista ma riuscì a non barcollare. Doveva prima o poi dare il benvenuto a quella vita senza amore, senza Vegeta  prima avrebbe iniziato prima, per inerzia e per dolore, si sarebbe abituata.
 
Lontano, lontano mille miglia…
Vegeta era finalmente tornato dalle Cascate. Era andato lì per stare da solo e per pensare a quanto fosse stato idiota ma quel posto portava ancora i segni evidenti dell’ultima volta che era stato con lei ed era tornato indietro per non impazzire peggio di come stava facendo. Bulma le mancava da morire e lui era stato davvero uno stupido. Non gli importava di farsi vedere ferito e fragile dagli altri. Si rese conto che tutto l’orgoglio sul quale aveva forgiato la sua vita era stato abbattuto dalla forza micidiale dell’amore, quello stesso amore che l’aveva piegato a suo volere e che ora, dopo avergli fatto vivere il Paradiso, l’aveva gettato nel fuoco dell’Inferno. Non si sarebbe mai aspettato di trovare qualcuno a casa sua. Specialmente lei…
“Finalmente ci onori della tua presenza.” sbottò Gine con cattiveria.
Erano tutti presenti: Bardack, Goku e Chichi oltre la donna di Londra. Ci mancava solo lei.
“Vorrei aprirti la testa e vedere cosa ci tieni dentro. Ti rendi conto di cosa hai fatto?”
In circostanze diverse non si sarebbe fatto problemi a rispondere a tu per tu con una donna che sembrava uscita fuori di testa, ma ora la situazione era diversa e Vegeta non poteva far altro che darle ragione.
“Gine…” provò a dire.
Le parole non gli erano mai mancate. Solo Bulma era riuscito qualche volta a metterlo a tacere. Gine sembrava non dargli tregua.
“No, non parlare, non provare nemmeno lontanamente a giustificarti.”
“Calmati, Gine.” le chiese quasi sottovoce Bardack prendendola per un braccio poiché la donna si avvicinava minacciosa al ragazzo.
Era sicuro che gliele avrebbe suonate di santa ragione isterica com’era arrivata e che Vegeta non avrebbe nemmeno obiettato. In lui non c’era più niente del ragazzo indifferente, fiero e orgoglioso. Sembrava un’altra persona.
“No, Bardack, non mi calmo” urlò Gine liberandosi della sua presa “Per colpa di questo qui, mia nipote è una morta che cammina.”
Pensava di essere arrivato al capolinea, che il suo cuore dopo la partenza di Bulma non avrebbe toccato vette più alte di dolore. Si era sbagliato. Le parola della donna lo trapassarono da parte a parte.  Si vede che non c’è mai fine al peggio.
“Non mangia, non dorme e fra un paio di giorni si sposa.”
Vegeta si rese conto che gli serviva solo una sepoltura. Quanto ancora poteva soffrire?
“Che cosa?” chiese incredulo.
“Era tutta una falsa. Quel bastardo di mio cognato è sano come un pesce, ma è stata Bulma ad accettare, Vegeta. Io non so che cosa sia successo tra voi ma credo che sia stato qualcosa di grosso se mia nipote che allontanava Yanko come la peste ha deciso di accettare.”
“Non può sposarlo.” intervenne Chichi trattenendo un conato di vomito.
Vegeta scosse la testa. Non poteva perderla in questo modo senza combattere, senza che lei sapesse quanto era e sarebbe sempre stata importante per lui. Non poteva lasciarla nelle grinfie di Yanko: Bulma era sua. Lei era la sua donna.
“Devo venire a Londra.” Disse sicuro e deciso “Devo parlarle.”
Gine sorrise felice. Sapeva che tra quel cowboy e sua nipote era successo qualcosa di importante. Bardack abbracciò Vegeta con forza felice di rivedere quel ragazzo lottare per ciò che gli apparteneva. Non era stato più lo stesso Vegeta dopo la partenza della turchina. Ora poteva ben dire che lo spavaldo e orgoglioso ragazzo che aveva visto tirarsi su da solo era tornato. L’entusiasmo però durò poco.
“C’è solo un problema. Ce la faremo ad arrivare a Londra in poco più di ventiquattro ore? ”
Il silenzio che si creò nella stanza spezzò la fioca speranza del ragazzo di riabbracciare l’unica donna che tanto aveva amato e amava ancora. Strinse i pugni fino a sentire un formicolio bruciante scalpitare nelle mani. Doveva esserci un modo.
“Per questo posso aiutarvi io.” proferì una voce incrinata dalle lacrime.
I volti dei presenti si girarono tutti verso la presenza che si era materializzata sulla porta di ingresso. Una donna affascinante che quasi nessuno conosceva si materializzò dinanzi a loro. Guardava Vegeta con gli occhi colmi di lacrime che non faticarono a uscire. Non aveva dubbi. La somiglianza era davvero palese. Gine guardò a bocca aperta la donna dinanzi a lei.
“Helena cosa ci fai qui?”

 
Salve donzelle di Newcomb e di Londra,
come andiamo? Eccomi qui con questo nuovo capitolo. Ammetto che non è stato facile descrivere il dolore che i due protagonisti provano nello stare lontani ma spero di aver reso bene l’idea e mi sono soffermata molto su Bulma perché davvero si trova in un bel pasticcio. Vuole sposare Yanko anche se non lo ama convinta che il bel fusto di Vegeta non ricambi i suoi sentimenti. Cosa succederà? Non faccio cenni al nuovo personaggio…ne vedremo delle belle. Un bacio a tutti voi che seguite questa storia o che l’avete inserita tra le preferite o già tra quelle da ricordare. Ringrazio ovviamente e con il cuore coloro che recensiscono e i silenziosi che piano piano vedo comparire. Fa sempre piacere vedere nomi nuovi. Un abbraccio.
A sabato, BlueSon

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Capitolo 12
*** L'amore di un padre ***


Amore Caldo


L’amore è un orologio senza lancette perché non ha tempo oppure un amore che, come un orologio, dopo aver camminato per un po’, ferma il suo percorso. È un amore che non ha più certezze come quando perdi l’orientamento e vorresti sapere che giorno è, che ore sono. Un orologio fermo parla di una vita che non va avanti o che se lo fa non ha mete né ordine. Allora ti prende un male insopportabile, un dolore lancinante e vorresti che le cose tornassero a funzionare, che l’orologio ripartisse, che l’amore ritornasse senza fare così male. È possibile che un orologio torni a ricaricarsi? Sì, è possibile. Allora può anche succedere che l’amore perso ritorni a risplendere? Che un cuore sgretolato torni a battere? Che questo sentimento torni a esplodere per magia? Perché in fondo l’amore non è altro che un incantesimo potentissimo: nel bene e nel male.
 
Bulma era in sacrestia. Mancava ancora un quarto d’ora allo stroncamento definitivo della sua vita. C’erano tutti al grande ricevimento della figlia di Lucas Brief. Vi erano addirittura dei giornalisti appostati negli angoli della Chiesa. Vi erano tutti i suoi parenti, alcuni non li ricordava neanche. Vi erano amici di famiglia e altri potenti esponenti di ricche e nobili famiglie, tra cui molti amici di Yanko. Lui si che era contento: sembrava un bambino che aveva ricevuto il regalo più bello di tutti. Lei invece era morta. Sua madre e Baba aveva compiuto un vero miracolo! Sembrava davvero una sposa felice con il trucco che copriva le occhiaie e un vestito che le calzava a pennello. Le avevano detto che era bellissima in quel fantastico abito a sirena. I capelli erano come sempre raccolti in uno chignon un po’ più morbido del solito con qualche ciocca lasciata libera e ondulata. Era bellissima. Sì, lo era. Ma dentro era tutto buio. Proprio in quel momento Lucas Brief entrò nella sacrestia chiudendo la porta dietro le sue spalle. Sentì un’improvvisa sensazione di fastidio propagarsi per tutto il corpo e il respiro le divenne irregolare come se stesse per morire soffocata.
“È…è il mo…momento?” balbettò  spaventata.
Stava per gettarsi dal dirupo e non voleva.
“No, mi sono anticipato” disse il padre con un tono diverso dal solito “sono sfuggito a un gruppo di giornalisti.”
Bulma non voleva piangere ma sua padre, suo padre la spiazzò. Lucas le si avvicinò togliendole da mano il bouquet di rose bianche poggiandolo su un mobile lì vicino e le prese la mani con dolcezza. La turchina sussultò.
“Perdonami, Bulma.” disse tutto di un fiato l’uomo.
La ragazza lo guardò sgranando gli occhi azzurri. L’uomo era davvero triste e lei non l’aveva mai visto in quello stato. Sia accorse del viso sciupato e bianco, segni che gli altri non avrebbero mai potuto notare ai quali non avrebbero mai dato un peso. Invece per lei erano evidenti.
“Ho sbagliato tutto con te. Non ne ho combinata una giusta.”
“Non importa più, padre.” disse cercando di mantenere un contegno che non le era più appartenuto da qualche giorno a quella parte ma che al padre aveva fatto sempre piacere.
Ma era proprio il severo Lucas Brief a non riuscire a mantenere la calma.
“E invece importa!” sbottò l’uomo dando un pugno sul legno del mobile dove poco prima aveva appoggiato i fiori “io sono un mostro.” concluse con rammarico.
Fu lì che la ragazza credette di svenire. Il grande Lucas Jonas Robert Brief, uno dei più grandi ereditieri di Londra piangeva dinanzi a sua figlia!
“Ti ho cresciuta come un soldato, dando credito solo a ciò che io volevo senza tenere conto dei tuoi desideri e delle tue priorità. Ti ho attirata a me con l’inganno, ti ho costretto sempre utilizzando i peggiori modi possibili. Sono stata un padre terribile, anzi, non merito nemmeno di essere chiamato padre. Sono solo un mostro.”
“Padre…”
“Tua madre ha completamente ragione. Io non merito il vostro affetto. Fate bene ad allontanarmi e a cacciarmi dalla vostra vita. Io non merito il tuo amore figlia mia, soprattutto non merito il tuo perdono e so che ora è troppo tardi e che…”
Bulma aveva ascoltato abbastanza. Un sorriso le nacque sulle labbra dopo giorni e giorni in cui ci aveva provato senza buoni risultati e lo abbracciò forte.
“Padre, voi siete testardo, severo e dittatoriale…” cominciò “ma siete e resterete sempre il mio unico padre e io non potrò mai odiarvi come non può farlo la mamma.” concluse guardandolo negli occhi con dolcezza.
“Ma tua madre ha ragione. Ho sbagliato con te.”
“La verità?”
“Sì, figlia mia.”
Bulma sorrise: quello era un caso più unico che raro vedere suo padre così dispiaciuto e sentirlo chiedere scusa. Non poteva non provare dolcezza. Si stupì di come il suo cuore provasse a battere ancora per qualcuno. Suo padre era pur sempre l’uomo che l’aveva cresciuta. Non poteva voltare le spalle a quello. Era parte di lei e non poteva lasciarlo perdere.
“Sì, avete sbagliato, ma non importa. Io vi ho già perdonato e mamma prima o poi capirà. Datele tempo.”
“Dici?” chiese tenendole le mani e baciandole un istante.
Bulma tornò a sorridere.
“Se c’è una cosa che ho capito in questi mesi è che non bisogna mai mentire alla persona che si ama…”
Se fosse stata più sincera dall’inizio magari avrebbe permesso a Vegeta di aprirsi di più con lei e andare oltre a quello spasso che il ragazzo aveva menzionato. Avrebbe dovuto capirlo prima che far finta di niente e godersi l’attimo che l’amore voleva darle non l’avrebbe aiutata. Aveva seguito l’istinto prima del cuore e ora quello che ci aveva rimesso di più era proprio il muscolo al centro del petto che cercava in tutti i modi di dare segni di vita. Ma il cuore tornò a far male. Ciò che restava di quel muscolo continuava a tormentarla insieme ai ricordi.
“L’amore è sacro, padre e mia madre non lo infrangerà. È la cosa più importante per vivere.”
“E tu allora vuoi morire?”
Suo padre tornò a stupirla. Le lacrime facevano ancora più pressione per rovinarle quella maschera che permetteva di apparire felice o almeno allegra, ma suo padre sapeva andare oltre a qualche strato di trucco. Tuttavia non avrebbe permesso a nessuna lacrima di uscire.
“So che non ami Yanko, Bulma. Non ci vuole un genio per capirlo anche se io sono stato un vero e proprio ottuso. Pensavo di poter scegliere per te, di proteggerti da quei farabutti come David e poi volevo, da mostro quale sono, stringere accordi con Marcus. Ma se lo stai facendo per me, sappi che…”
“Padre, lo faccio per me e inoltre vi ho detto che non importa. Non più, ormai.”
Perchè le parole di sua figlia gli pesavano così tanto nel petto?
“Sei testarda, bambina mia.” la canzonò con dolcezza, dolcezza che aveva scoperto piacergli.
“Ho avuto un ottimo maestro.” lo ribeccò lei.
Lucas sorrise e,sapendo che era ora di andare, la prese per il braccio mentre con l’altra mano continuava a tenere stretta quella di sua figlia. Bulma cercò di trovare la calma e prese il bouquet poggiato poco prima dal padre sul mobile.
“È proprio vero che i figli insegnano tanto ai genitori. Mi dispiace di averlo capito troppo tardi, Bulma. Non potrò mai ripagarti per la sonora lezione che mi hai dato oggi, figlia mia.” le confidò Lucas accompagnandola verso la navata centrale.
Bulma si concentrò sulle parole del padre per non pensare che il dirupo si faceva sempre più vicino, che la corda al collo si stringeva a ogni passo sempre di più. Era un vero e proprio suicidio.
“Ti ricordi? Quand’eri piccola ero io l’uomo che volevi portare all’altare.” disse l’uomo con gli occhi lucidi.
Bulma sorrise. Quando suo padre non la comandava a bacchetta aveva sempre giocato con lei.
“Sì, padre. Oggi farò finta che ci siate voi lì ad aspettarmi.”
Erano arrivati. Pochi passi e avrebbero visto la chiesa piena di gente. Improvvisamente Lucas Brief si fermò.
“Ti voglio bene.”
Tre parole cariche di affetto, tre parole che Bulma non ricordava di aver mai sentito. Forse ci sarebbe stato qualcosa di buono in quella giornata. Bulma aveva scoperto suo padre e aveva notato che dietro il testardo e  severo Lucas Brief c’era un uomo pentito che incondizionatamente l’amava per quello che era: la sua unica figlia.
“Anch’io papà e ora su portami a sposarti!” pronunciò riprendendo il passo.
 
 
La Chiesa era piena di persone. Bulma provò un leggero capogiro ma ancorata al braccio del padre era sicura che non sarebbe mai caduta. La marcia nuziale sembrava un inno funebre e lei non poteva tornare indietro. Stava facendo tutto quello per dimenticare Vegeta. Stava andando bene e prima o poi se ne sarebbe fatta una ragione a vivere senza amore e con lei lo avrebbe capito anche quel che restava del suo povero cuore. Decise di mantenere alto lo sguardo e non abbassarlo come una vera e propria condannata. Lei era Bulma Brief, dov’era andato a finire il suo orgoglio? Non si trovavano a Newcomb, non vi era lui dinanzi al quale cadeva giù ogni maschera. Vegeta non sarebbe mai arrivato, lui non l’amava. Doveva capirlo una volta per tutte se voleva vivere una vita decente con quel vecchio di Yanko che appena la vide iniziò a sorridere come un ebete. Il solo pensiero della prima notte di nozze le fece accapponare la pelle e il vomito stava per arrivare alla gola ma lo ricacciò voltando lo sguardo. Incontrò gli occhi vispi di zia Gine. Finalmente era tornata. Si chiedeva francamente dove fosse andata a finire. Accanto a lei vi era una bellissima Helena che la sorrideva dandole conforto. Arrivata dinanzi all’altare la celebrazione ebbe inizio. Bulma cercò di non ascoltare le parole del sacerdote, di non sentire il tocco freddo di Yanko sulla mano. Tra poco si sarebbero scambiate le fedi e il suo cuore si sarebbe disintegrato definitivamente. Ormai era tutto finito. Era in cima al burrone. Un altro passo, soltanto un altro e sarebbe precipitata giù. Le fatidiche parole del sacerdote le aprirono le labbra in un sorriso più che amaro.
“…se qualcuno abbia qualcosa da ridire o si opponga al volere di questi due giovani…”
Ma quale volere? Pensò afflitta. Gli occhi grondavano e lei non aveva più le forze per trattenere le lacrime.
“…parli ora o taccia per sempre.” terminò il prete aspettando come di consueto almeno un minuto.
Un secondo, due, tre… beh, chiunque dei presenti avrebbe pensato all’emozione se fosse scoppiate in lacrime. Guardò il sacerdote dinanzi a lei che con un sorriso stava per andare avanti.
“Bene, allora…”
Fu un attimo, ma ci sono attimi che si dice valgano una vita. Le porte della Chiesa furono spalancate più di prima sbattendo violentemente contro le pareti. I presenti sussultarono a quel grido.
“Io mi oppongo!!”
L’assemblea si girò. Bulma riuscì a intuirlo sebbene non avesse avuto la forza per fare altrettanto. Vide però il sacerdote impallidire e strabuzzare gli occhi. Yanko lasciò la presa della sua mano e si girò anche lui con il respiro affannoso. Bulma poteva sentirlo ma neppure in quel momento si girò. Forse quello era un miracolo o un sogno che non si sarebbe mai realizzato. Eppure quella voce…era sicura che non l’avesse sentita solo lei, ma anche gli altri che poteva già sentire bisbigliare. No, non poteva essere un sogno, ci doveva essere una spiegazione, una spiegazione al fatto che improvvisamente il suo cuore aveva ripreso a battere come un pazzo.

 

Salve gentili donzelle,
non mi chiedete cosa ci faccio sveglia a quest’ora perché non lo so. Come sempre chiedo scusa per il ritardo di qualche ora, ma il sabato è un casino. So che il capitolo è più piccolo ma vi prego, ho le mie buone ragioni. Prima di tutto perché pensare a un solo capitolo non era possibile (sarebbe stato davvero troppo lungo) e poi, insomma, un po’ di suspence non guasta anche se scommetto quello che volete che avete già capito di chi si tratta. Esatto: è arrivato Crilin che ha deciso di rapire Bulma e prendersela per sé. Hahahahahaha, no davvero, non potevo pensare a un solo capitolo e spero che questo finale possa bastare. Comunque…la storia sta quasi per finire e se volete potrei pubblicare anche domani (giusto per farmi perdonare del ritardo e della brevità di questo capitolo essendo arrivati quasi alla fine della storia). Fatemi sapere la vostra idea. Ringrazio  tutti voi che seguite questa storia, le persone che l’hanno inserita nelle preferite e ovviamente i recensori e i silenziosi. Un abbraccio, Buona domenica. BlueSon

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Capitolo 13
*** Amore Caldo ***


Amore Caldo


Era lì da lei, arrivato appena in tempo. Vegeta aveva urlato così forte che sentiva i polmoni e la gola pronti a scoppiare, ma doveva riprendersi anche perché non era da lui arrendersi. Bulma finalmente aveva trovato il coraggio per girarsi. Aveva scorto in fondo alla navata centrale una Chichi con le lacrime agli occhi immersa in un vestito blu cobalto che lasciava intravedere quella pancia che la corvina tanto amava. C’erano anche Goku e Bardack entrambi in uno smoking nero con un ghigno sprezzante e con le braccia conserte. La guardavano con gli occhi di chi la sapeva lunga e poi… c’era lui. Quando i loro occhi si incontrarono il tempo sembrò fermarsi per davvero. Per un attimo tutto intorno a loro sembrò svanire e i mormorii vennero attutiti dal battito frenetico dei loro cuori. Bulma lo vide avvicinarsi in un modo del tutto singolare per un luogo chiuso e soprattutto sacro. Vegeta era bellissimo in quello smoking ma il cavallo sul quale galoppava gli ricordava il sexy cowboy del quale era perdutamente innamorata! Inutile cercare di infossare quello che provava: il suo cuore sembrava essere resuscitato per miracolo e tutto questo solo perché lui era tornato. Dopo essere arrivato quasi ai pressi dell’altare Vegeta frenò l’animale e scese mettendolo buono con qualche comando appena accennato. Aveva fatto tutto quello mentre continuava a guardarla negli occhi. Bulma era bellissima: quel vestito le stava divinamente ma con tutto quel trucco quasi scompariva la sua bellezza naturale. Era comunque la sua dea ma non vedeva l’ora di riportarla a Newcomb, nella loro casa, nel tempio del loro amore. Amore che si rialza abbattuto, ferito ma con tanta voglia di vincere.
“Cosa ci fai tu qui?” ringhiò Yanko dando sfogo alla sorpresa di tutti e interrompendo il loro contatto visivo.
Vegeta con un ghigno spezzante tornò a guardare Bulma mentre muoveva qualche passo in avanti. L’assemblea si era divisa in due gruppi: da una parte c’era chi bisbigliava malignamente, dall’altra chi divertita se la rideva. Lucas Brief si avvicinò a sua figlia. Qualcosa gli diceva che quello lì conosceva già la sua bambina.
“Vattene!” sbottò ancora Yanko parandosi dinanzi a lui.
Bulma sentì l’ansia crescere. Cosa voleva ancora Vegeta da lei?
“Sono appena arrivato.” fece notare il bel cowboy con tono fermo e deciso.
Vegeta non staccava gli occhi dalla sua donna. Bulma sentì un calore scorrerle per tutto il corpo. Come poteva ancora farle quell’effetto? Dopo tutto quello che le aveva detto e quello che le aveva fatto riusciva ancora a farla tremare sotto quei dannatissimi occhi scuri che la stavano spogliando accarezzandole la pelle e fermandosi prima sul contorno delle labbra… scosse la testa dandosi della stupida. In amore gli occhi esprimono più delle parole. Tra loro era sempre stato così.
“Sono venuto a riprendermi quello che è mio!” disse poi guardando per la prima volta l’uomo che avrebbe dovuto prendere il suo posto nella vita della sua donna.
L’assemblea sembrò sbalordirsi tutta insieme. Yanko sogghignò nascondendo il nervosismo sotto un sorrisetto forzato.
“Fammi il piacere, sei solo un pazzo moccioso.”
“E tu un damerino a cui tra un po’ servirà il bastone per reggersi in piedi.”
Non sembrava poi così vecchio ma Vegeta non avrebbe risparmiato nemmeno a parole chi minacciava la sua felicità. Yanko gli si avvicinò lanciando un dritto.
“Come osi brutto ba…”
Non terminò mai quella frase. Con uno scatto fulmineo Vegeta si abbassò mostrando poi un colpo che lui e Goku avevano imparato durante le diverse risse al saloon. Un pugno volontariamente non troppo forte si aprì nello stomaco di Yanko che cadde a terra tramortito. Vegeta, superato l’ostacolo, si parò dinanzi a lei. Davvero sembrava esistessero solo loro.
“Ciao, donna.” disse spavaldo.
Bastarono quelle due parole per farle capire il perché non lo aveva dimenticato. Lo amava, lo amava da impazzire anche dopo l’enorme presa in giro che l’aveva vista protagonista. Ma non avrebbe ceduto. Era pronta a mandare all’aria tutta la sua vita per colpa sua. Non bastava quell’entrata teatrale in Chiesa. Il cervello fortunatamente ragionava ancora bene.
“Chi sei?” chiese a quel punto Lucas Brief parandosi dinanzi alla figlia.
Vegeta guardò l’uomo che aveva portato lo scompiglio nella sua vita e in quella di Bulma.
“Sono l’uomo di sua figlia.” tuonò orgoglioso e arrogante“Bulma è la mia donna. Nessuno può portarmela via.”
Altri brividi le assalirono la spina dorsale. Quelle parole furono per Bulma una crema lenitiva per la sua anima bruciante. Tuttavia quelle stesse parole non dovettero piacere a suo padre che sfoderò un pugno sulla faccia da schiaffi di Vegeta. Bulma si sentì mancare e invece Vegeta sorrise sprezzante. Forse quel colpo gli aveva fatto il solletico.
“Questo me lo meritavo. In fondo devo ringraziarla, signor Brief. Se lei non avesse lasciato che Bulma scappasse io non l’avrei mai conosciuta, ma non provi mai più a portarmela via perché non mi troverebbe così accondiscendente.”
La ragazza si chiese se non fosse uscito di senno in quei giorni di Inferno. Lucas si chiedeva la stessa cosa oltre a un’altra domanda che gli ronzava in testa con insistenza.
“Chi diavolo sei?”
“Questo posso dirtelo io.” rispose una voce.
Bulma si girò incantata. Fece un passo avanti uno dei più grandi ereditieri di Londra che in ricchezza gareggiava con suo padre e che lo stesso Lucas Brief riteneva suo grande amico. Si trattava di Senior Prince, il compagno di Helena che dopo la scomparsa di suo figlio si faceva chiamare da tutti… Bulma strinse le mani fino a farsi sbiancare le nocche. Come aveva potuto non ricordarsene? Si faceva chiamare Vegeta in nome del figlio perduto per il quale la moglie, presa dalla disperazione, convinta fosse morto, aveva deciso di seguirlo in Paradiso togliendosi drasticamente la vita. Il cuore scalciò ancora più forte dinanzi a quella costatazione che sicuramente aveva in sé il vero.
“Vegeta?”
Suo padre era stupito quanto lui. I due si assomigliavano in una maniera assurda. Avevano anche preso a fare gli stessi movimenti. Padre e figlio si liberarono della giacca del completo e poi si liberarono dei bottoni ai polsi arrotolando le maniche della camicia con la sola differenza che Vegeta faceva tutte queste cose senza smettere si specchiarsi nelle pozze azzurre di lei. Mostrarono con quei gesti la stessa voglia a forma di trifoglio che entrambi portavano sull’avambraccio destro. Era identica!
“Lui è…” borbottò Lucas.
“Ti presento mio figlio, Lucas. Si chiama Vegeta e se lui lo vorrà da oggi sarà un Prince. Lo ha ritrovato Helena, la mia compagna, grazie a Bulma. Devo moltissimo a tua figlia.”
Bulma era rimasta pietrificata. Sembrava avessero messo in scena una commedia plautina che si conclude nella maggior parte dei casi con il riconoscimento di uno dei personaggi e con un grande lieto fine. Ci sarebbe stato anche per loro? Vegeta Senior allontanò Lucas dai ragazzi. Vegeta si liberò della cravatta sbottonando i primi bottoni della camicia. Stava soffrendo in quell’abito che lo faceva sembrare un pinguino ma la sua entrata doveva essere sbalorditiva! Si avvicinò ma Bulma arretrò di un passo.
“Devi andartene.” Sussurrò anche se tutti avrebbero potuto sentirla.
Silenzio. Silenzio perché anche se l’amore c’è è ancora debole, ancora stanco perché allo stesso tempo c’è un dolore grande da sgonfiare, un vuoto enorme da colmare.
“Non dirmi che vuoi sposare questo qui.”
Il suo tono arrogante le dava sui nervi ma quella non era che una dolce verità.
“Non sono affari tuoi. Vai via.”
“Non posso.”
“Pensavo ti fossi scocciato di me? Cos’altro vuoi?” gli chiese alzando il tono di una nota e fregandosene altamente della curiosità della gente presente.
Vegeta le sorrise e quello non era un ghigno ma un vero sorriso, quello che le regalava nell’intimità. Il calore che aveva prima avvolto il suo corpo tornò a stringerla senza soffocarla. Quello era amore, un amore bruciante che la scottava e la riscaldava. Un amore caldo come i più cocenti raggi del sole che però avevano illuminato la sua vita rendendola allegra e vivace come un giorno d’estate. Sapeva di non essere in grado di dire no a tutto quello.
“Voglio spiegarti.” le disse.
“È tardi.”
“Voglio amarti.” le sussurrò.
Lo guardò ancora una volta spiazzata. Che diavolo stava blaterando?
“Non è vero, non ci credo.”
Vegeta sentì il cuore incrinarsi. Quelle parole erano già uscite dalle sue labbra e gliela aveva dette prima di andarsene da lui senza sapere cosa davvero lui provasse per  lei. Ora lo avrebbe ascoltato. Doveva ascoltarlo e doveva credergli.
“Hai capito?”
“Sì, come vuoi.” disse riprendendosi la giacca da terra.
Il cuore di Bulma tornò a decelerare. Perché Vegeta si comportava in quel modo? Sapeva sempre come farle perdere le staffe. Pensava di capirlo e invece non era così. Il solo pensiero che sarebbe andato via le procurò un capogiro. Vegeta risalì a cavallo avvicinandosi alla donna. Bulma sfidò i suoi occhi ma lui riusciva a leggere che c’era ancora speranza, una piccola, ma c’era e lui doveva puntare su quella.
“Me ne vado.” annunciò all’assemblea che lo guardava ancora più sbalordita mentre girava intorno a Bulma con il cavallo che saliva i gradini dell’altare.
“Me ne vado.” disse ancora ad Yanko che sembrava essersi ripreso.
“Me ne vado…” disse poi a lei anche se Bulma non poteva vederlo perché si era posizionato dietro di lei.
Bulma abbassò lo sguardo sconfitta. Strinse i pugni conficcandosi le unghie nella carne. Avrebbe mai potuto vivere con quel rimorso? Quasi non si accorse di venire sollevata e di essere messa a pancia sotto sul cavallo.
“…ma tu vieni via con me.” concluse lui con un ghigno.
Amore che sorride, amore che è  pronto a gareggiare, a giocarsi il tutto per tutto. Vegeta sfrecciò lungo la navata centrale mantenendo una Bulma che non faceva altro che urlare di metterla giù. La turchina in preda a un panico misto a eccitazione notò che erano usciti dalla Chiesa.
“No mi toccare.” sbottò mentre la mano che Vegeta usava per mantenerla ferma le stava bruciando la schiena.
“Devo farlo se non vuoi cadere. Vai, bello, vai.”
Il cavallo corse tra le carrozze mentre la gente guardava rapita quello spettacolo a bocca aperta. Bulma vide suo padre e gli altri tra cui i suoi amici e sua zia uscire dalla Chiesa per accertarsi di dove andasse finchè non divennero altro che puntini prima di scomparire dal suo raggio visivo.
 
Più tardi…
Erano arrivati in un grande parco dove per metri e metri si estendeva un grande manto d’erba. Vegeta frenò il cavallo e Bulma scese senza problemi.
“Tu sei impazzito, Vegeta. Che diavolo ti è preso?” sbottò allontanandosi.
Il giovane uomo scese. Riconobbe la leonessa che aveva conosciuto a Newcomb, la leonessa che tanto amava.
“Esigo che tu mi riporti in Chiesa.”
“Non ci credo che tu voglia sposare quel cretino.”
“Quello che voglio fare della mia vita a te non deve interessare.”
“Io non ti riporto in Chiesa, donna. Tu non sei sua.”
Quelle parole, quegli aggettivi e pronomi possessivi riuscivano a farle accapponare la pelle. Ma lei non poteva dimenticare la strafottenza di quel giorno e il dolore dei giorni a venire.
“Non azzardarti a toccarmi. Ti odio Vegeta. Hai capito? Ti odio.”
Vegeta aveva cercato di prepararsi a quelle lame che sarebbero uscite dalla bocca di Bulma. Sapeva che si meritava tutto quello che gli stava dicendo ma solo perché era stato stupido e le aveva voluto celare la verità. Bulma si tenne il vestito per non inciampare e si allontanò da lui. Vegeta tornò a bloccarla prendendola per il braccio e attirandola a sé. Bulma stava per mollargli un ceffone ma il giovane uomo la bloccò per il polso. Erano a due centimetri di distanza e Bulma non poteva ancora credere al modo in cui il suo cuore era tornato a battere dinanzi all’unico uomo che aveva amato davvero e che continuava, non sapeva nemmeno lei come spiegarselo, ad amare. Sapeva che ribellarsi a quella presa ferrea sarebbe stato inutile. Tuttavia non voleva allontanarsi. Voleva solo riscaldarsi a contatto con quell’amore bruciante, rovente, caldo come le più focose giornate d’estate. Eppure…eppure aveva bisogno di capire.
“Mi devi dire cosa vuoi, Vegeta. Hai detto che ti eri stancato di me. Ora cosa sei venuto a fare qui?”
“Sono venuto per dirti la verità.” le sussurrò a fior di labbra.
Era tremendamente difficile tenerla a quella minima distanza e non provare a baciarla. Ma non era ancora il momento giusto.
“Non ti crederò mai. Potrò anche amarti questo è vero ma non diventerò mai la tua bambolina. Mi hai usata come una prostituta, come tutte le galline che ti sei fatto in passato…”
“Non è vero” sbottò lui scuotendola dolcemente “questo è quello che ho voluto farti credere.”
Bulma si bloccò e non fece più forza contro quella presa. Vegeta se ne accorse perché non la braccò più ma per evitare che sfuggisse come la più abile delle ladre la tenne a sé stringendola teneramente per la vita.
“Te l’ho detto solo perché ero arrabbiato, perché per l’ennesima volta una persona che io reputavo importante aveva deciso di abbandonarmi. Sono stato male Bulma nel stesso istante in cui ti ho vista vacillare dinanzi le parole di tua madre e ho pensato che anche tu eri come i miei genitori. Ti ho odiato perché mi ero lasciato abbindolare dall’amore cosa che non era mai successa prima. Per questo ti ho sputato in faccia tutto il mio disprezzo ma non ho mai pensato le cose che ti ho detto. Me ne sono pentito appena ho guardato i tuoi occhi lucidi e mi sono reso conto che per te forse valevo molto di più di come avevi voluto farmi credere. Poi tua zia è venuta da me, mi ha detto che ti eri arresa a non so che cosa. Io avevo capito: le mie bugie ti avevano indebolito e non potevo perderti senza combattere. Non è da me Bulma. Non me lo sarei mai perdonato se non fossi venuto qui, oggi, per dirti la verità.” confidò a pochi millimetri dalle sue labbra.
“Quale…quale verità?” gli chiese senza rendersi conto della sua voce incrinata.
“Che Ti Amo, donna.” le sorrise finalmente contento di averglielo potuto dire. “Ti Amo e voglio trascorrere il resto della mia vita con te senza la quale non sarei l’uomo che sono adesso, senza la quale non avrei mai conosciuto l’amore né l’avrei ritrovato. Capisci che sono figlio di uno degli uomini più ricchi di Londra? Faccio concorrenza a tuo padre.” le disse strappandole un sorriso.
Bulma sentì la felicità tornare a scorrerle nel sangue. Non avrebbe mai pensato che Vegeta potesse essere un Prince né tantomeno che lui l’amasse dopo tutto quello che era successo. Ma il dolore era ancora troppo forte per scomparire con qualche dolce parola.
“Come posso crederti?” chiese più a se stessa che a lui abbassando lo sguardo.
“Bulma, se mi ami, saprai leggere dentro di me e capire se ti mento oppure no. Guardami.” le chiese alzandole il viso con un mano. “Guardami e leggi dentro di me.”
Bulma non riusciva a guardarlo. Non ce la faceva senza sentire il bisogno di affondare tra le sue braccia, di stare stretta a lui più di quanto già non lo fosse. Aveva bisogno di Vegeta e il cuore di lui…il cuore di lui batteva in simbiosi con il suo. Non voleva piangere ma le lacrime scesero da sole così come la pioggia cominciò a cadere dalle nuvole. Vegeta si ritolse la giacca che aveva messo prima di uscire dalla Chiesa per coprire le sue spalle quasi nude.
“Non piangere, donna.” le sussurrò dolcemente dandole un bacio sulla fronte.
Quel contatto li bruciò, li stordì come il più violento dei colpi ma Bulma lo incassò come la più tenera delle carezze.
“Io…” provò a dire aggrappandosi alla sua camicia. “Io sarei morta se  oggi tu non fossi arrivato a salvarmi. Non puoi nemmeno immaginare quanto abbia sofferto. Mi sono sentita tradita e umiliata. Avresti potuto mettere il tuo orgoglio da parte, presuntuoso che non sei altro.” concluse con tono pacato ma dolente mentre con un pugno lo colpì sul petto, al lato di quel cuore che impazziva con il suo.
Vegeta prese quel pugno e lo aprì.
“Mi dispiace, Bulma, anch’io mi sono sentito tradito e dimenticato quando ti ho vista andare via. Non è stato facile nemmeno per me. Il mio unico errore è stato quello di non dirti sin da subito la verità, ma anch’io ho sofferto, donna. Ho sofferto perché ti amo con tutto me stesso, come non ho mai amato prima.”
Quelle parole erano come musica, erano una capanna di ristoro da quella tempesta che li aveva visti protagonisti in quegli ultimi giorni di dolore. Si chiese perché l’amore doveva essere per forza così difficile, perché era stato creato per far vivere e morire allo stesso tempo. Decise alla fine che non importava perché lei senza di lui non poteva vivere. Ci aveva provato e non ci era riuscita. Doveva solo lasciarsi andare e fidarsi di lui, di quell’amore che bruciava come la legna nel camino. Vegeta la strinse ancora di più e sperò davvero di non compiere un passo falso. La baciò preso dall’istinto e spinto dal cuore che chiedeva di lei, dalle sue labbra che reclamavano le sue. Bulma non rifiutò quella fetta di felicità e quando sentì quel trasporto, quel calore che l’avvolse come un tornado allacciò le braccia dietro il suo collo. Vegeta insinuò la lingua in quella dolce cavità e la strinse ancora di più. I loro corpi incollati parlavano da soli. E l’amore scoppia, scoppia come quel temporale che li bagna, li inonda. Così l’amore lava via ogni ferita, la caustica e lascia che guarisca sotto le sue cure. Bulma sorrise sulle sue labbra e Vegeta la fece roteare. Risero felici quando Vegeta stesso, inciampando nel lungo strascico cadde portandosi Bulma giù con lui. E ridevano le loro bocche, i loro cuori perché solo quando l’amore vince il cuore ritorna a sorridere. Incuranti della pioggia Bulma rimase distesa tra le sue braccia. Vegeta le accarezzò il viso e tornò a baciarla, avido di lei, avido di quella felicità che aveva deciso di trasferirsi nella sua vita.
“Anch’io ti amo.” gli disse Bulma in un momento in cui i loro polmoni reclamarono aria “Ti amo e non ti permetterò più di allontanarmi.”
“Non ce ne sarà bisogno.”
“Voglio ben sperare.” disse arricciando il naso.
Vegeta sorrise e la baciò ancora e ancora mentre i loro cuori continuarono a battere insieme e si potè sentire finalmente l’orologio ripartire, muovere le lancette di un tempo che non sarebbe mai finito.

 

Fine



Eccomi qui gentili donzelle di Newcomb!
Siamo arrivate al capolinea di quest’avventura. Spero che il finale così come la storia vi sia piaciuto. Cercherò di non dilungarmi ma voglio ringraziarvi ancora tutte (o tutti se ci sono uomini nei paraggi XD) per il sostegno e la pazienza che avete avuto nel seguire questa storia. Ringrazio voi che l’avete letta e che vi siete appassionati tanto da inserirla tra le preferite e le seguite e magari chissà anche tra quelle da ricordare. Ringrazio ovviamente i recensori per i loro complimenti. Uno per uno vi abbraccerei anche se non è possibile. :P Grazie mille per le belle parole, davvero grazie di cuore. A tutti coloro che non ho mandato messaggi per tempo o per dimenticanza, please, perdonatemi. Ribadisco qui i miei ringraziamenti. Cosa dire? Non so tra quanto tornerò con un’altra storia (direte voi: ”il più tardi possibile” :P) ma spero che in futuro vi troverò tutte. Un saluto speciale quindi a tutte voi che avete contribuito a rendere grande questo lavoro. Un abbraccio. Baci, BlueSon

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