Legend di egypta (/viewuser.php?uid=49173)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno: Trasloco ***
Capitolo 3: *** Capitolo due: Il dottor Cullen ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre: A scuola! ***
Capitolo 5: *** Capitolo quattro: Renesme Cullen ***
Capitolo 6: *** Capitolo Cinque: Angelo. ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Legend
Prologo
Ho sempre amato le leggende, i miti e tutto ciò che
c’è di mistico o magico. Le creature che ho sempre
amato più di tutte erano le sirene: creature marine
metà donne e metà pesce. Fin da piccola ne sono
sempre rimasta incantata: loro che con il loro canto melodioso,
riuscivano a conquistare i cuori degli uomini, Dio solo sa quanto le ho
invidiate... Per me erano l’apice della bellezza e della
perfezione, il mio personale punto di riferimento...
Sembrerà stupido, ma era così.
Però poi si cambia, si cresce, e tutto ciò in cui
credevi ti accorgi che erano solo storielle, raccontate per dare un
senso logico alle cose strane che accadono nel mondo.
E così era successo a me, non credevo più nella
loro esistenza, ridicolizzandomi per la mia stupidità,
però infondo ancora ci credevo, una piccola parte di me
ancora credeva nell’esistenza di queste creature... Infondo,
sognare non costa nulla...
Improvvisamente però, senza alcun preavviso, la mia vita
ebbe una svolta che neanche nei miei sogni più rosei avrei
potuto immaginare: venni a conoscenza di un segreto celato
all’umanità da millenni, venni a contatto con un
mondo del tutto diverso da quello che avevo visto finora, e tutto
questo, solo perché conobbi quelle persone, anzi creature
che tutto il mondo teme tanto: i vampiri....
Ed è proprio tra costoro che conobbi lui, e mene innamorai,
anche se sapevo che era lo sbaglio più grande che potessi mai fare in vita mia...
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Capitolo 2 *** Capitolo uno: Trasloco ***
Capitolo
uno: Trasloco.
Io e i miei genitori eravamo in viaggio ormai da un paio
d’ore.
Nonostante mi sia sempre piaciuto viaggiare in un veicolo, comodamente
seduta e guardare la gente che camminava , non vedevo l’ora
di scendere.
Ancora non avevo accettato il pensiero di dovermi separare da casa mia,
la mia amatissima New York - città molto assolata - per
dover andare ad abitare nella piccola cittadina di Forks -
città nuvolosa e molto piovosa - in cui sbucava il sole ad
ogni spuntar di luna.
Per non contare anche il fatto che non conoscevo ne il posto,
ne la gente.
Chissà quante volte mi sarei persa con il mio
scarso senso dell’orientamento...
Decisi che era meglio non pensarci se non volevo che
l’angoscia e la nostalgia mi riprendessero di nuovo.
Per tutto il resto del viaggio tenni il broncio, con un misto tra
sofferenza e rancore; non sapevo nemmeno io quale sentimento provavo di
più, ma ero sicura che erano rivolti ai miei genitori, ma
soprattutto verso il lavoro di mio padre: infatti lui era un chirurgo
molto bravo, ed era stato chiamato dall’ospedale di Forks per
mancanza di medici. Mi pareva di aver sentito che l’unico
dottore
In gamba li era un certo Cullen, oh ecco come si chiamava: Carlisle
Cullen.
Mio padre aveva accettato il lavoro, e ora ci stavamo trasferendo nel
mio incubo personale... Chissà quanto ci staremo, forse per
sempre, forse no, ma ero sicura che la cosa sarebbe stata molto lunga.
<< Benvenuti a Forks >>, mia madre mi
distrasse dai miei pensieri, prendendomi di sorpresa. Appena in tempo
di alzare gli occhi verso la strada che intravidi di sfuggita un
cartello con scritto “ Benvenuti a Forks”
<< Che bello... >>, non ci potevo credere:
il mio incubo personale era proprio davanti ai miei occhi, e mi dava
pure il benvenuto! Carogna.
Altri quindici minuti di viaggio e arrivammo in un piccolo quartiere,
con tutte le case in fila e con davanti i loro curatissimi e verdissimi
giardini. Ogni volta che mi giravo, c’era sempre qualcosa di
verde: giardini verdi, alberi verdi, bosco verde, piante di ogni genere
verdi, cespugli verdi, erba verde, muschi verdi... Incominciavo a
detestare il verde...
Riluttante, mi voltai verso la mia nuova casa: era una casetta propria,
a due piani e non molto grande. Bhe, almeno per una cosa mi piaceva:
fortunatamente, per i miei poveri nervi, non era verde.
Mamma e papà avevano gia incominciato a portare su le valige
e tutto il resto, allora anche io afferrai le mie cose, senza
entusiasmo, e mi preparai a portarle nella mia nuova schifosissima
camera.
Una macchina che passava di li catturò la mia attenzione,
così alzai la testa per poterla vedere meglio: era una
Porsche decappottabile grigio metallizzato, strabiluccicoso e
apparentemente senza una macchia o un rigo. Ho sempre adorato quel tipo
di macchina, sportiva ma allo stesso tempo elegante.
La macchina rallentò la sua corsa, e questo mi permise di
vedere il pilota: un ragazzo apparentemente di diciassette anni, con
dei capelli biondicci tutti scompigliati che gli davano un aria
sbarazzina, e due occhi verdi, bellissimi, che mi scrutavano
incuriositi. Mi guardò fino a che la sua visuale glielo
permise, poi si rigirò e prese velocità,
sfrecciando come un missile nella strada di fronte a se.
Io, da brava stupida, ero rimasta ancora li imbambolata con ( di
sicuro) un espressione da ebete sulla faccia. Ancora potevo sentire
quegli oceani verdi che mi scrutavano l’anima, cercando di
leggermi ogni mio pensiero più nascosto... Mi sentivo un
imbecille, però ne ero rimasta veramente abbagliata, tanto
che non sentì nemmeno mia madre che dalla porta mi chiamava
ininterrottamente.
<< Daphne! Daphne mi senti??Ehi! Sto parlando con te
ragazzina!! >>, era infuriata, lo potevo capire dal tono
della voce che aveva.
Così mi affrettai a risponderle: << Si ho
capito, arrivo! >>.
<< Era l’ora! >>.
<< Uff >>, sbuffai.
Ripresi le mie valige e le portai dentro casa: era piccola ma
accogliente, la cucina e il salotto erano tuttuno, e prendevano tutto
lo spazio di quel piano, poi infondo vi erano delle scale che
conducevano al piano superiore. Salii le scale e mi ritrovai davanti ad
un corridoio non molto lungo; c’erano tre porte, due camere (
ai lati ), e il bagno ( infondo al corridoio). Ispezionai prima la
camera alla mia sinistra, che dedussi che era dei miei, poi infine la
mia.
Non era molto grande, più o meno era come quella che avevo
prima. Rettangolare, con un letto a una piazza e mezza, una scrivania
di legno di ciliegio ai piedi del letto, un armadio grande proprio
davanti alla porta, attaccato al muro. Vicino alla finestra, quasi
infondo alla stanza, si trovava una televisione.
Mi avvicinai alla finestra e mi affacciai per vedere cosa si vedeva.
Dava sulla strada davanti all’entrata della mia nuova casa.
Da li si poteva vedere tutto il giardino- ovviamente tutto verde- e la
casa accanto.
Mi voltai sospirando e misi le valige sul letto, incominciando a
disfarle. Quando finì mi lasciai cadere sul letto e chiusi
gli occhi cercando di riportare nella mia mente la mia canzone
preferita:“Sirene” dei miei adorati Finley, E
incominciai a canticchiarla sotto voce, con un paio di occhi verdi che
le faceva da sfondo.
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Capitolo 3 *** Capitolo due: Il dottor Cullen ***
Capitolo due: Il
Dottor Cullen
Finita di cantare la mia canzone, decisi di sistemare anche la camera
in generale.
Per prima cosa, mi dedicai ai miei poster, ovviamente dei Finley, e li
attaccai in posizione strategica al muro. Quest’ultimo, lo
feci colorare con un rosa confetto, che ha me piaceva molto, e con in
qua e in la dei disegni di alcune sirene tutte viola: ormai mi era
venuto a noia anche il bianco, e visto che colorarlo solo di viola non
potevo, convinsi i miei a farci fare almeno dei disegni con il mio
colore preferito.
Finito di attaccare i poster, sistemai tutti i miei oggetti sui vari
mobili, e con l’aiuto di papà, misi il mio buon
vecchio computer sulla scrivania, attaccando anche su di esso, fogli e
oggetti vari. Per quanti oggetti c’erano, la mia camera
sembrava un piccolo museo, il mio piccolo museo personale.
Infine, quando sistemai tutto, rifeci il letto: misi le lenzuola
bianche, federa del cuscino bianca, e un bel piumone Indaco: il colore
che è il risultato della fusione tra blu e viola.
Quando ebbi finito di fare tutto quanto, e la mia nuova camera fu
pronta, mi affacciai alla finestra di camera mia, intenta a scrutare
per bene il paesaggio che io odiavo. Era identico a come
l’avevo visto prima, soprattutto il tempo: nuvole grige
dappertutto e nemmeno un timido raggio di sole.
Sbuffai sconsolata.
Poi sentii delle voci provenire da sotto la mia finestra.
Cercai di scorgere qualcosa, sia dalla conversazione, sia chi era che
parlava.
Riconobbi la voce forte di mio padre, ma non l’altra.
Ero sicura però che era un uomo.
Non mi pareva di averla mai sentita, così spinta dalla
curiosità, scesi in soggiorno, e andai verso la porta,
cercando di non fare rumore per non disturbarli.
Quando riuscì a vedere l’uomo misterioso, non
potevo credere ai miei occhi.
Era un ragazzo, giovane e molto, molto bello.
Era bellissimo, alto, biondo e con un paio di occhi Ocra.
Ero a bocca aperta a contemplare quel Dio sceso sulla terra, che mio
padre, accortosi di me, mi chiamò.
<< Tesoro, vieni qui ti voglio presentare un mio collega
di lavoro >>. Io ovviamente non lo senti, ero troppo
presa a ammirare quella creatura celestiale.
Però fortunatamente, i miei piedi al comando di mio padre,
si mossero da soli e arrivai vicino ai due uomini.
Lo sconosciuto mi regalò un bellissimo sorriso. Io lo
ricambiai timida.
<< Come le avevo detto prima, lei è Daphne, la
mia bambina >>, disse mio padre. Quando mi chiamava
“bambina” gli sputerei volentieri in un occhio.
Non sopportavo quel soprannome.... Ero una ragazza diamine! E anche
maggiorenne! Ma ovviamente non gliene fregava proprio niente a lui...
<< Piacere di conoscerti Daphne, io sono il Dottor
Cullen, il collega di tuo padre, ma puoi chiamarmi anche Carlisle
>>. Allora era lui il famoso “ Dottor
Cullen” di cui avevo tanto sentito parlare.
Mi affrettai a rispondere:
<< Piacere mio Dottor Cullen, cioè Carlisle
>>.
Gli feci un sorrisino timido, e lui ricambiò con un altro
sorriso dolce.
<< Se non mi sbaglio, domani comincerai la scuola,
giusto? >>, mi chiese
<< Si >>
<< Vedrai che ti troverai bene >>
<< Lo spero >>
<< Andrà tutto bene, non ti preoccupare. Anche
noi ci siamo appena trasferiti qui a Forks da poco, diciamo cinque
mesi, e quando i miei figli hanno incominciato la scuola si sono
trovati subito benissimo... Sono sicuro che anche per te
sarà lo stesso >>.
<< Speriamo >>. E così aveva
anche dei figli... Chissà se erano belli come lui.
All’improvviso qualcosa nella tasca del dottore
squillò, quindi lo tirò fuori in fretta.
<< Scusate ma ora devo andare, mi chiamano
dall’ospedale. Buona
permanenza >>.
Così dopo averlo salutato, sene andò salendo in
una Mercedes nera, molto bella, e partì velocemente in
direzione dell’ospedale.
Io e mio padre rientrammo.
Arrivò la sera e dopo aver cenato, mi dileguai in camera mia.
Accesi il computer e mi misi l’I-pod all’orecchie,
cantando le diverse canzoni che poco a poco scorrevano.
Dopo un po’, spensi tutto e mi abbandonai nel letto.
Mi misi un po’a pensare come sarebbe stata la mia nuova
scuola, se avessi mai trovato degli amici...
Poi un paio di occhi verdi mi attraversarono come un flash la mente.
In uno scatto mi misi seduta.
E se lo incontrassi a scuola?
Mi parlerebbe?
Potremmo mai diventare amici?
Chi sarà mai?
Che classe farà?
Lo avrò in classe?
Una miriade di domande mi attraversarono il cervello.
Non riuscì a rispondere a nessuna di queste.
Una scarica di adrenalina mi attraversò la schiena.
Fui costretta a portare le ginocchia al petto e stringere le braccia
intorno alle gambe.
Chissà come sarà da vicino.
Cercai di calmarmi, e mi stesi di nuovo.
Pensai e ripensai a lui, mille volte, poi finalmente poco a poco mia
addormentai.
[...]
Ho scordato
Dove è
casa mia
Tutti i miei ricordi
Li hai spazzati via
Mi rendi instabile
Da troppo tempo
ormai
Ed incontrollabile
Da troppo tempo
ormai
Mi rendi instabile
Ed incontrollabile
..Stai zitta..
Non cercare di
resistere
Ho già
distrutto gente come te
Io non ti
lascerò
Non ti
lascerò
andare via
Io non ti
lascerò
Non ti
lascerò
andare via
Io non ti
lascerò
Non ti
lascerò
Mai ti
lascerò
(vieni qui)
Io ti
costringerò
Ti
rinchiuderò
(seguimi)
Tra le mie
.. catene..
Bene e anche questo capitolo è concluso.
Ringrazio molto chi ha recensito.
Ci sentiamo, alla prossima^^ |
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Capitolo 4 *** Capitolo tre: A scuola! ***
Capitolo tre: A
scuola!
Il giorno dopo mi svegliai con delle occhiaie violacee sotto gli occhi.
Non avevo dormito molto la notte scorsa, per via di un susseguirsi di
incubi che, dopo essermi svegliata, mi passarono di mente.
Mi succedeva spesso di non ricordarmi dei sogni che facevo, e questo
non mi piaceva affatto.
Comunque, era meglio non pensarci, ma pensare piuttosto a cercare di
coprire quei brutti segni sotto gli occhi, quindi cercai in tutti i
modi di coprirli con del fondotinta, e dopo cinque minuti buoni
sembravo più normale. Mi misi anche mascara, fard e un velo
di lucidalabbra. Davvero molto meglio.
Con un sospiro andai di sotto per fare colazione, e li ci trovai mio
padre che leggeva il giornale e mia madre che bevevo del caffelatte
mentre guardava la televisione.
<< Giorno >>, dissi io facendoli voltare
verso di me.
<< Buongiorno tesoro >>, disse mia madre
scoccandomi un bacio sulla guancia.
<< Giorno Daph >>, disse mio padre
sorridendomi.
<< Pronta per il tuo primo giorno di scuola?
>>. Vero la scuola, me nero dimenticata!
<< Certo... Mi ci accompagnerete te, o papà,
vero? >>. Nonostante fossi maggiorenne ancora purtroppo non possedevo un
auto mia.
<< Certo che no, ormai sei grande per farti accompagnare
da noi >>, come? E io con che ci arrivavo a scuola?? Di
certo non in autobus!
<< Ve lo scordate se pensate che io prenda il Bus!
>>.
<< Oh ma infatti ci andrai in macchina >>.
<< Scusa se mi permetto, però io non ce
l’ho una macchina! Mamma ma stai bene oggi? >>,
davvero, mi preoccupava.
<< Oh su non dire idiozie, piuttosto guarda davanti al
vialetto di casa nostra, abbiamo una sorpresa per te >>.
Non capivo, allora titubante mi fiondai ad aprire la porta, e davanti
al nostro vialetto era posteggiata una macchina, un Maggiolone, indaco.
<< E quello? >>, da dove era sbucato?
I miei mi raggiunsero, poi fu mia madre a parlare.
<< Be’, avevamo pensato che ti servisse un
mezzo di trasporto, e così... >>,
lasciò cadere il discorso in modo teatrale. Non ci potevo
credere... Quella macchina era per me?
<< No... Grazie mami, grazie papi!
>>, felice mi fiondai addosso a loro in un
abbraccio stritolante, poi mio padre mi diede le chiavi, e preso lo
zaino, salì sulla mia nuova macchina, la misi in moto e
prima di partire, mi fecero le dovute raccomandazioni: stai attenta,
non ti fermare con nessuno, ricordati di guardare la strada, non ti
distrarre e così via... Così partì.
Dopo qualche minuto arrivai alla mia nuova scuola, e posteggiai nel
parcheggio ancora quasi vuoto. Doveva essere abbastanza presto, in
tutto ci saranno state sei o sette auto.
Misi il mio nuovissimo Maggiolone accanto ad una Volvo grigia
metallizzato, e scesi per vedere meglio il posto.
Non era abbastanza grande, più o meno era come la mia
vecchia scuola a New York. Gia New York... Quanto mi mancava la mia
città.
Sospirai e mi appoggiai dietro la macchina.
Un rombo di un motore mi fece voltare verso l’entrata del
parcheggio, e quando lo feci, il mio cuore perse un battito.
Deglutì a fatica e cercai di calmarmi cercando di non farmi
prendere dal panico.
Era la stessa macchina, la stessa Porsche, che vidi ieri attraversare
la strada di fronte casa mia.
La guardai mentre posteggiava accanto alla Volvo.
La macchina si fermò e sia lo sportello del guidatore, e sia
quello del passeggero si aprirono.
Dalla parte del passeggero uscì una ragazza.
Era sulla media e aveva lunghi capelli di un bellissimo rosso ramato
che gli incorniciavano il viso perfetto. Gli occhi erano chiari, un
verde mischiato con un altro colore, non riuscivo a vederlo bene da
quella distanza. Sopra l’occhio aveva un velo di ombretto
verde acqua, e sulle labbra del lucidalabbra trasparente.
Era davvero bellissima.
Ma la parte più bella venne dopo.
Dalla parte del guidatore spuntò fuori una chioma castana
biondiccia e lì, credetti che il mio cuore mi uscisse dal
petto.
Il ragazzo, più bello di come lo ricordavo, si
voltò verso la ragazza e le disse qualcosa, entrambi risero.
Il suo sorriso mi sciolse, era davvero qualcosa di unico.
Poi in quel momento i suoi occhi incontrarono i miei, per la seconda
volta.
Io imbarazzata distolsi subito lo sguardo riportandolo davanti a me, mi
vergognavo da morire.
Mi morsi il labbro inferiore, e di sottecchi voltai di nuovo gli occhi
verso quei due, ma mi maledì subito.
Entrambi mi fissavano.
Riportai immediatamente lo sguardo altrove. Sentivo la faccia
infiammarsi e le mani tremare impercettibilmente, Andiamo bene,
pensai.
Contai fino a sessanta, poi mi voltai verso la macchina e senza
guardarli, aprì lo sportello e misi dentro il cellulare.
Chiusi lo sportello e dopo anche la macchina, poi mi diressi verso
l’entrata dell’edificio, senza guardarli.
Ma sentivo molto chiaramente i loro sguardi puntati su di me.
Fiuuu ecco anche questo capitolo è concluso^^
Spero sia di vostro gradimento.
Ringrazio Bella4 e Rakiy per aver recensito, grazieeeeeeeeee^^
Be, noi ci vediamo al prossimo capitolo... Commentateeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee xD
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Capitolo 5 *** Capitolo quattro: Renesme Cullen ***
Eilà
gente^^
Come va?? A me tutto bene... Però se Ottobre nn arriva in
fretta me impazzisce U.U
Non vedo l'ora che esca BD e anche MS così la sera mi
rigusterò di nuovo l'amore di eddi e Bella>\\<
Bhe, per la storia ringrazio le mie recensitrici, questo capitolo do
dedico a tutte voi, sia quelle dell' Edward And Bella italian forum,
sia a quelle di EFP, Thaaaaaaaaaaanks^-^
Uhuh sono riuscita a fare l'immagine per il capitolo... Me felice^_^
Ma bando alle ciance... RecensiteeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeexD
Capitolo quattro: Renesme Cullen
Con passo svelto arrivai all’entrata della scuola, e aperte
le porte entrai.
Mi diressi verso quella che doveva essere la segreteria, mi affacciai
verso il balcone e vidi tre scrivanie, con cui in una dei quali, era
seduta una donna minuta, biondiccia con spessi occhiali tondi e una
maglietta verde. Leggeva un libro molto spesso, sembrava parecchio
presa dalla lettura.
Visto che non accennava a notarmi, cercai di regolare la voce e parlare:
<< Mi scusi >>, dissi timidamente.
Lei sembrò ridestarsi dalla lettura, poi alzando il capo
verso di me, mi sorrise.
<< Posso esserti utile? >>, mi chiese,
gentilmente.
<< Sono Daphne Spers >>, la informai, vidi
i suoi occhi illuminarsi per un secondo.
<< Certo >>, disse. Con le mani
rovistò in una pila di documenti e alla fine ne
tirò fuori uno. << Qui
c’è il tuo orario, e anche la pianta della scuola
>>, mise i fogli sopra il balcone e meli fece vedere. Mi
indicò sulla pianta le aule delle varie lezioni, e il
percorso più veloce per arrivarci, poi mi diede un modulo da
fare firmare ad ognuno dei miei professori e da riportare in segreteria
a fine giornata.
Mi sorrise e mi augurò di trovarmi bene, qui a Forks, qui in
questo mare di muffa verde.
Io gli sorrisi di rimando, poi mi incamminai verso le porte
d’ingresso, ma mi bloccai subito.
Saranno ancora la fuori?
Sbirciai al di fuori attraverso i vetri trasparenti delle porte, ma non
riuscì a vederli per colpa degli alunni che poco a poco
arrivavano e riempivano ogni spazio vuoto del parcheggio.
Cercai di calmare il mio cuore impazzito e con un lungo e profondo
sospiro, mi avventurai in cerca della mia macchina. Ma la cosa che
cercavo di visualizzare maggiormente, erano loro.
Ma abbandonai subito l’idea.
Camminavo, o meglio correvo, con passi lunghi e veloci, senza
distogliere lo sguardo dai miei piedi, pregando con tutta me stessa di
non inciampare in qualche buca e spiaccicarmi per terra
sull’asfalto bagnato.
L’aria fresca e umida mi accarezzava il viso e faceva
svolazzare i miei capelli sopra le spalle, facendomeli sbattere contro
la schiena.
Arrivai al mio Maggiolone tutta tremante; e non era di certo per il
freddo.
Quello era l’ultimo dei miei problemi.
Cercai le chiavi nelle tasche del cappotto e quando le trovai, mi
fiondai velocemente in macchina e accesi il condizionatore a tutto
spiano.
Dopo un po’, riuscii a calmare me e il mio cuore impazzito,
e, alla meglio, riuscì anche a riscaldarmi.
Consapevole di non poter rimanere tutto il giorno dentro la mia cara
macchina, feci per la milionesima volta un altro sospiro, e preso zaino
e piantina, uscì dall’confortevole abitacolo
rimpiangendo l’aria calda del mio Maggiolone.
Mi guardai intorno e mi accorsi che piano piano il parcheggio andava
riempiendosi.
Diedi un occhiata all’orologio che portavo al polso sinistro:
le 7:50.
Mancavano ancora dieci minuti all’inizio delle lezioni.
Poi, voltai lo sguardo alla mia destra: loro non erano
più soli.
Insieme a quei due ragazzi di prima, ora c’erano altre sei
persone, altrettanto bellissime.
Erano tre ragazze e tre ragazzi: il primo dei ragazzi era grosso,
muscoloso, con capelli neri e ricci.
Il secondo era più alto e magro, ma anch’egli
muscoloso, la chioma dei capelli era leonina, biondo miele.
Il terzo sembrava meno robusto degli altri, con i capelli rossicci e
spettinati. Teneva un braccio intorno alla vita di una delle tre
ragazze.
Lei era magra e più bassa dei ragazzi, e castana.
Tra le altre due ragazze una era bassina, sembrava un folletto, con
capelli neri corti e arruffati. L’altra era alta bionda e
bellissima, sembrava una modella, ma anche il fascino degli altri non
era da meno.
Erano tutti diversi, apparte che i due ragazzi di prima assomigliavano
molto al ragazzo rossiccio e alla ragazza castana.
Avevano solo una cosa in comune: tutti e otto erano molto pallidi. La
loro pelle sembrava marmorea, e sotto gli occhi, chi più chi
meno, avevano delle occhiaie violacee. Ma rimanevano pursempre
bellissimi.
Non mi sentivo niente in loro confronto. Ero solo una ragazzina,
normalissima, che aveva avuto la possibilità di incontrare
quegli angeli, di incontrare lui: quel angelo dagli occhi verdi.
Sospirai sconsolata.
Nel frattempo, loro stavano parlando. Il rossiccio e quello grosso,
ridevano come matti e si davano dei finti pugni selle spalle. Le
ragazze li guardavano e scuotevano sconsolate la testa.
Anche lui
ora rideva, e anche di gusto, guardando quella scena.
Sorridendo gli si illuminava il viso, era davvero bellissimo.
Lentamente voltò la testa verso di me, incatenando i suoi
occhi con i miei, sorridendomi leggermente.
Io restituì il sorriso come meglio potevo. Ero ancora troppo
imbambolata per poter avere il controllo completo del mio corpo.
Poi lo divi distogliere lo sguardo da me, per andare a posarlo da
un'altra parte, precisamente accanto a me. Il suo sorriso si spense,
lasciando posto ad un espressione seria e molto, moltissimo profonda.
Era come si stesse concentrando in qualcosa.
<< Ciao >>, disse una voce alla mia
sinistra.
Mi voltai presa alla sprovvista e di scatto verso il mio interlocutore:
era un ragazzo alto, abbastanza magro e smilzo con i capelli biondicci
tutti spettinati.
<< Ciao >>, risposi io non con senza
imbarazzo. Il primo ragazzo che mi rivolgeva la parola da quando ero
lì.
<< Tu devi essere la nuova arrivata giusto?
>>, oh ma bene, le voci girano in fretta a quanto pare...
<< Be’, si. Mi chiamo Daphne, Daphne Spers
>>
<< Piacere di conoscerti Daphne, io sono Jerry Newton .
Magari ci rincontreremo durante le lezioni... Piuttosto: dove sei
diretta ora? >>. Sembrava anche fin troppo interessato
per i miei gusti.
Guardai i fogli che mi erano stati dati: alla prima ora avevo
Educazione Civica.
<< Ehm.. Educazione Civica, edificio 6 >>,
esordì, cercando di non essere impacciata.
I suoi occhi si illuminarono: << Be’, che
coincidenza, anche io sto andando proprio li... Vieni con me,
così ti accompagno >>, più che una
richiesta sembrava un ordine, però decisi di approfittarne,
per cercare di non perdermi nei corridoi della scuola di quella piccola
città.
<< Okay grazie mille >>, gli sorrisi per
ringraziarlo.
Poco dopo entrammo dentro. Lanciai un ultimo sguardo al gruppetto di
quei ragazzi tanto belli come angeli. Anche loro erano in cammino per
arrivare alle rispettive classi.
Notai che lui
non mi staccava gli occhi di dosso.
La sua espressione era illeggibile, quasi si sforzasse a fare
qualcosa... Non riuscivo a capirlo.
Prima di entrare in classe, vidi con la coda dell’occhio la
ragazza coi lunghi capelli ramati dire qualcosa a quel ragazzo dagli
occhi verdi: c’era qualcosa che la preoccupava. La vidi
voltarsi verso di me e fare un passo dalla mia parte, ma fu richiamata
da quello coi capelli rossi, quindi si voltò e
andò verso di lui. Io mi affrettai a entrare in classe,
seguita da Jerry, quindi non vidi il finale.
Entrata, tutti volsero la loro attenzione verso di me, cosa che a me
mandava in iperventilazione... Non avevo mai sopportato
l’idea di essere al centro dell’attenzione.
Jerry si sedette infondo alla classe, vicino ad una ragazza con lunghi
capelli mossi e neri, e un paio di bellissimi occhi blu, che poi mi si
presenterà come Rachelle Ameley. Era molto simpatica,
sembrava una brava ragazza.
Io invece mi andai a sedere nell’unico banco vuoto, proprio
accanto a quello di Jerry e Rachelle.
Non sapevo se era occupato, quindi era solo provvisorio.
Ma visto che non arrivava nessuno decisi di sistemarmi meglio.
Così, con un grosso sospirone, appoggiai lo zaino a terra, e
fu proprio in quel momento che sentì la sedia accanto a me
spostarsi, voltai immediatamente lo sguardo alla mia destra ela persona
che mi presentò, era l’ultima che avrei immaginato
di incontrare: la ragazza dagli occhi verdi e dai capelli ramati che
prima era uscita dalla Porsche insieme a lui.
Ora che la guardavo bene, i suoi occhi non erano proprio verdi: era un
verde mischiato con l’ocra, però rimanevano sempre
bellissimi.
<< Ciao >>, mi sorrise. La sua voce era
melodiosa, davvero bellissima, degna di un angelo... Non ci credevo che
si stesse rivolgendo proprio a me!
<< Ciao >>, risposi io timida. Mi metteva
in soggezione il suo sguardo.
Poi mi ricordai del banco: << Oh, scusami se mi sono
seduta al tuo posto ma- >>, non riuscì a
finire la frase che lei stava gia parlando, intendendo quello che
volevo dire: << No, non ti preoccupare. Puoi rimanere qui
intanto io sono sola non ho nessuno come compagno di banco
>>, mi sorrise. Parlò ad una
velocità che quasi non la capivo.
<< Oh, grazie >>, le sorrisi anche io di
rimando.
<< Comunque, io mi chiamo Daphne Spers, mi sono
trasferita qui da poco >>, tanto per attaccare discorso
andava bene tutto. Avevo il bisogno di parlare con lei.
<< Piacere di conoscerti Daphne, io sono Renesme Cullen,
ma puoi chiamarmi anche Nessie, come vuoi >>. Un nome
strano, molto strano il suo... Mi chiedevo però dove avevo
gia sentito quel cognome, Cullen... Poi mi ricordai: <<
Per caso sei imparentata con il Dottor Cullen, il medico
dell’ospedale di Forks? >>.
Lei rise. << Be’ si, lui è mio padre
>>. Cercò di soffocare una risata, il modo in
cui aveva detto “ Mio padre” era strano, quasi
ironico.
Poi l’arrivo del professore fece riordinare la classe e io e
Renesme ci voltammo verso il professore, smettendo di parlare.
Mi ricordai del modulo da firmare. Frugai tra i fogli che mi erano
stati dati, e preso quello che mi interessava, andai dal professore che
dopo essermi presentata a lui e firmato il modulo, non si
preoccupò nemmeno di annunciarmi alla classe.
Saremo andati molto ma molto d’accordo io e lui.
Mi restituì il foglio e io ritornai al mio posto sotto gli
sguardi curiosi dei miei compagni. Ora ero molto a disagio.
Così, anche la prima ora finì, e io mi apprestai
a riordinare le mie cose per la lezione successiva, ma una voce mi
chiamò: << Dove vai ora? >>. Io
mi girai verso la mia compagna e dopo aver scrutato per bene
l’orario delle lezioni, gli dissi: << Mmh,
Storia >>, annunciai contenta. Quella era una delle
materie in cui andavo meglio, e anche la mia preferita.
La sua risposta mi spiazzò in pieno: << Uh uh,
allora conoscerai anche il mio fratellino! >>, era
visibilmente emozionata, sul suo volto venne fuori un sorriso che
partiva da tempia a tempia.
Io invece ero letteralmente immobilizzata: chi di quei ragazzi era suo
fratello? Forse era l’angelo dagli occhi verdi?
<< Ehm, scusa chi è tuo fratello?
>>, chiesi io timorosa, avevo paura della sua risposta.
<< Eheh. È quel ragazzo biondo con gli occhi
verdi che stamani hai visto uscire dalla Porsche insieme a me!
>>. Oddio.
Nel momento la risposta più geniale che mi venne fu:
<< Ah >>.
<< Eddai! Non fare quella faccia! È un tipo a
posto, ti piacerà, vedrai! >>.
Oh – Mio
– Dio! Calma, calma respira... Respira, piano, sorridi,
rirespira calma...Okay, ci sono...No, no che non ci sono! Okay,
è tutto sotto controllo...Respira, piano, così,
brava Daph... Continua a respirare... Continua.., queste
erano le uniche cose che la mia mente ripeteva, senza sosta.
Il solo pensiero di rivederlo faceva nascere in me nuove sensazioni che
mai prima d’ora avevo provato. Dei piccoli brividi mi
attraversarono la schiena, rimbombando in tutto il corpo, mi si
gelò il sangue nelle vene e tremai impercettibilmente.
<< Coraggio. Andiamo! >>, disse la mia
nuova amica tutta eccitata.
Feci in tempo a salutare Jerry e Rachelle che gia mi aveva presa per
mano e mi aveva trascinata fuori dall’aula trainandomi dietro
di lei come un sacco di patate.
Arrivammo davanti ad una porta, aperta, vedevo il professore che
riordinava dei fogli sulla cattedra e intanto i ragazzi viaggiavano
avanti e indietro per l’aula aspettando il richiamo del prof
per ricomporsi e andare seduti.
<< Be’, ora ti lascio. Questa è
l’aula di storia... Divertiti >>, mi fece un
sorriso a trentadue denti e sparì a passo di danza verso la
sua classe.
Io feci un respiro profondo e entrai.
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Capitolo 6 *** Capitolo Cinque: Angelo. ***
Capitolo Cinque:
Angelo
Arrivammo davanti ad una
porta, aperta, vedevo il professore che riordinava dei fogli sulla
cattedra e intanto i ragazzi viaggiavano avanti e indietro per
l’aula aspettando il richiamo del prof per ricomporsi e
andare seduti.
<<
Be’, ora ti lascio. Questa è l’aula di
storia... Divertiti >>, mi fece un sorriso a trentadue
denti e sparì a passo di danza verso la sua classe.
Io feci un respiro
profondo e entrai.
______________________________________________
Tenevo la testa leggermente abbassata e imposi ai miei occhi di
guardare fissi davanti a me, verso il professore, e non verso il resto
dell’aula.
L’istinto di voltarmi e ammirare di nuovo quella creatura,
che sicuramente mi stava squadrando come tutti gli altri, era forte, ma
grazie all’aiuto di un entità superiore mi
trattenni.
Con passo incerto arrivai alla cattedra e dopo che il professore mi
notò, mi presentai e gli consegnai i fogli da firmare, che
poi mi riconsegnò a sua volta, con un sorriso
d’incoraggiamento stampato sulle labbra.
Io cercai di ricambiare come potevo, ma quello che mi uscì,
fu soltanto un timido sorrisino.
Mi disse che potevo sedermi dove volevo, visto che c’erano
molti posti liberi.
Ancora non avevo staccato gli occhi dal professore, e se avessi potuto
non l’avrei mai fatto.
In quel momento trovai molto interessante quel uomo.
Ma poi, mi feci coraggio, e voltando lentamente la testa, come se
volessi prendere tempo, tutta la mia attenzione si riversò
nell’aula.
In effetti mi stavano tutti squadrando: chi parlava con il compagno e
intanto mi fissava, chi mi fissava e intanto faceva altro, o chi
solamente si limitava a fissarmi e stare buono al proprio posto.
Insomma, ero diventata l’argomento del giorno.
Brutta, bruttissima cosa...
Mi mettevano in soggezione quando mi guardavano in quel modo...
E non si limitavano solo a squadrarmi il viso o fare una leggera
passata al mio corpo...
Velocemente, attraversai la folla di ragazzi, e trovati due banchi
vuoti, senza che vi siano stati sopra zaini o altro.
Mi sedetti velocemente e appoggiai la cartella a terra.
Tempo di ritirare su gli occhi, che trovai di fronte a me un ragazzo
altissimo e abbastanza magro, con folti capelli color corvo e due occhi
del medesimo colore.
<< Ciao io sono Adam >>. La sua voce era
profonda, e abbastanza roca. Però nel complesso sembrava
amichevole.
<< Io sono Daphne, piacere di conoscerti
>>, dissi io a mia volta.
<< Piacere mio >>, sorrise,
<< Non ti ho mai vista da queste parti, sei nuova?
>>
<< Si. Vengo da New York. I miei e io ci siamo trasferiti
da qualche giorno >>, lo informai.
<< Wow, bella New York... Ci sono stato
l’estate scorsa in vacanza. È molto assolata... E
calda >>, be’, in confronto a Forks, quasi
tutte le città dell’America sono calde, e poco
piovose.
<< Già, direi. In confronto a Forks, New York
sembra un deserto >>,dissi ironica, poi sorrisi.
<< Già >>, sorrise anche lui.
Dopo quella bella chiacchierata, altri ragazzi si fecero avanti. Ci
furono alcune ragazze che, molto esplicitamente, mi chiesero se avessi
i capelli tinti, visto che avevo un bel biondo acceso. Io ovviamente
risposi di no, se a mia madre avessi solo chiesto di farmi tipo una
schiaritura, mi avrebbe uccisa su due piedi.
Quando l’interrogatorio sembrò concludersi, mi
ricordai di una cosa molto importante: lui.
Me n’ero completamente dimenticata, e mene ricordai solo
perché uno dei tanti ragazzi che si fece avanti aveva gli
occhi verde acqua.
Mi rimproverai mentalmente, e poi voltai lo sguardo alla mia sinistra.
E lui era lì.
Mi fissava intensamente, con la schiena appoggiata al muro dietro di
lui, e la sua persona completamente rivolta verso di me.
La sua espressione era illeggibile e ferma.
Lui mi fissava, e io lo fissavo.
Aveva il viso più bello e più angelico che avessi
mai visto: le labbra perfette, i lineamenti perfetti, e due occhi verdi
incorniciati dai capelli biondicci con riflessi ramati.
Sembrava uno dei Bronzi di Riace.
Mi ero completamente persa nel suo viso, che non feci caso a quello che
indossava: aveva dei pantaloni Beige, una camicia bianca e sopra una
giacca blu scuro.
Era perfetto, se non di più.
<< Ragazzi seduti! >>, l’ordine
del professore mi fece riscuotere dalle mie fantasie, facendomi
riportare con i piedi per terra.
La lezione proseguì molto velocemente, troppo.
Non ascoltai nemmeno una parola di quello che diceva il prof, se non
quando mi faceva delle domande sugli argomenti che sapevo o non.
Così, anche quel ora finì, e tutto quello che
avevo fatto finora, era pensare a quel ragazzo.
Delle cose le sapevo:Primo, sapevo che era il fratello di Renesme
Cullen; secondo, era il figlio del dottor Cullen; e terzo, che era
proprio un Cullen.
Anche quei ragazzi che avevo visto nel parcheggio la mattina dovevano
essere imparentati fra loro...
Erano diversi, ma cera qualcosa che li faceva rassomigliare tutti e
otto.
La bellezza, di sicuro, era una di quelle.
Incominciai a mettere a posto le poche cose che avevo tirato fuori per
la lezione, e prepararmi per quella dopo, ma poi alle mie spalle sentii
una delle voci più belle, più profonde, che
avessi mai sentito in tutti i miei diciassette anni.
Mi voltai lentamente, pregustando il momento.
E lui era lì, di fronte a me, con la cartella appoggiata in
una delle due spaziose spalle e una mano che la tratteneva.
Mi sorrideva cordialmente, e io credetti di morire.
<< Ciao >>, oh si, la sua voce: musica per
le mie orecchie.
Impalata com’ero riuscì a sbiascicare un timido
‘Ciao’, per poi arrossire.
<< Tu devi essere Daphne, la nuova arrivata, giusto?
>>, mi chiese.
<< S-si, sono io. >>. Mi sorrise, che
sorriso dolce che aveva.
<< Io sono Anthony Cullen. Credo che tu abbia
già conosciuto mia sorella Renesme, giusto? >>
, mi chiese con quello sguardo rubino.
<< Si >>, dissi io perdendomi in lui.
Non ci potevo ancora credere che lui, proprio lui, mi avesse parlato!
E ora lui
aveva anche un nome, Anthony, un po’ vecchio,
certo, ma sempre stupendo era, come lui.
<< Che lezione hai ora? >>, mi chiese di
punto in bianco. Io mi affrettai a rispondere: << Ehm...
Spagnolo >>, dissi cercando di ricompormi un
po’.
<< Io devo andare a biologia, se vuoi ti accompagno
>>, disse guardandomi negli occhi.
<< Okay... Grazie... >>, bene... ero
proprio imbambolata.
Mi sorrise: << Bene, allora andiamo >>.
Annuì.
Ci incamminammo verso uno dei tanti corridoi, e tenendo la testa bassa,
rossa come il camion dei pompieri, di sottecchi guardavo i miei piedi
che si alternavano per muovere i passi.
Potevo sentire gli sguardi di tutti puntati addosso.
Ancora di sottecchi, vedevo delle ragazzine rapite dal mio
accompagnatore, con delle facce da pesce lesso, e anche altre che prima
guardavano lui con l’ennesima faccia, ma poi guardavano me,
fulminandomi.
Doveva essere molto popolare tra le ragazze.
Ci fermammo davanti a una porta, poi lui, con un movimento aggraziato,
si voltò verso di me, sorridendomi.
<< Ora ti lascio, qui c’è spagnolo.
Buona fortuna >>. Poi mi risorrise teneramente.
<< okay, grazie ancora >>, ricambiai il
sorriso.
Poi con un movimento aggraziato della mano, mi salutò e
voltandosi si incamminò verso la sua classe.
Non c’era bisogno di dire che io rimasi un minuto buono
imbambolata davanti all’aula con un espressione da una che
è dispersa nel mondo dei sogni...
Continua...
Weeeee bella gente, come va??????????
A me tutto bene... Spero anche a voi...
Grazie grazie grazie grazie e ancora grazie alle mie recensitrici,
e grazie anche a chi ha messo la mia storia tra i preferiti!!!!
Vi adoroooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo!!!!!
Be', ora meglio che vada a studiare, sennò, chi li sente i
prof???
xD
Vabbè, io vò, ciaooooooo^^
COMMENTATEEEEEEEEEE!!!^-^
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