Sun after the hurricane

di fra_atlas
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nightmares ***
Capitolo 2: *** Birth ***
Capitolo 3: *** Lust ***
Capitolo 4: *** Flowery winter ***
Capitolo 5: *** Pearl ***
Capitolo 6: *** Moon ***
Capitolo 7: *** Trouble ***
Capitolo 8: *** Blue ocean ***
Capitolo 9: *** Sweetness ***
Capitolo 10: *** Unescapable ***
Capitolo 11: *** Dream ***
Capitolo 12: *** Demons ***
Capitolo 13: *** One thing ***
Capitolo 14: *** Last beat ***
Capitolo 15: *** Scraps ***
Capitolo 16: *** Monster ***
Capitolo 17: *** Alone ***
Capitolo 18: *** Return ***
Capitolo 19: *** Part of me ***
Capitolo 20: *** Reflection ***
Capitolo 21: *** Truth ***
Capitolo 22: *** Real ***
Capitolo 23: *** Purity ***
Capitolo 24: *** Discovery ***
Capitolo 25: *** Thought ***
Capitolo 26: *** Small grain ***
Capitolo 27: *** Snowflakes ***
Capitolo 28: *** Crash ***
Capitolo 29: *** Alteration ***



Capitolo 1
*** Nightmares ***


Nightmares


Katniss POV
 
 
Ogni notte, per quanto io possa porre resistenza, si fanno strada nella mia testa. Più tempo passa, più sono terrificanti. Sangue, ibridi e terrore condividono il letto con me. Non riesco a contenere le urla. Sono sola. Il letto è freddo e scomodo. La casa è vuota. La morte di mia sorella mi ha devastata.  La voglia di cacciare ormai è soffocata. Quella di vivere scomparsa.
Ma è nel momento in cui bussa alla mia porta che ricordo che ho ancora una possibilità. Quella di rinascere. Quella di amare.
Sa quanto lo vorrei vicino. Sa di essere l’unico a potermi salvare dagli orrori notturni. Ma non sa o comunque non vuole capire che non ha la forza di farmi del male.
Ci concediamo solo alcune ore di compagnia. Cerchiamo di viverle al meglio. Parliamo. Glassiamo torte e biscotti. Passeggiamo nel bosco. Facciamo pic-nic nel prato scaldandoci al sole.
Nel momento in cui siamo insieme ogni dolore si anestetizza. Lui è la mia medicina ed io sono la sua. Poco tempo è passato dalla morte di Prim. Le ferite sono ancora aperte. Nella solitudine bruciano insopportabilmente, come a contatto col sale. Ma è nel momento in cui il suo respiro è tra i miei capelli e le sue braccia intorno a me che ogni cosa muta. Le ferite sembrano guarire.
Inizialmente mi stava accanto. Ogni notte. Ora tutto è cambiato, sembra temere qualcosa, sembra temere se stesso. Quindi si chiude. Non condivide con me ogni suo pensiero come una volta.
Mi è capitato di pensare che non fosse più lo stesso ma … ciò non è possibile. Durante i nostri pomeriggi è il mio Peeta, quello di sempre.
Quando il cielo si fa buio il mio bisogno di lui cresce. Lo prendo per mano spingendolo verso casa. Ma lui punta i piedi e scuote la testa. Guardo i suoi occhi azzurri; così decisi, così caldi. So che non si lasceranno vincere dalle menzogne. So che presenteranno lo stesso azzurro per tutta la notte, anche se entrasse. So che vorrebbe farlo. Gli incubi si impossessano anche di lui ogni notte. Ma la ragione prevale; non si concede niente, mi ama, ed è questo ormai il modo che ha per dimostrarmelo.
Mi sussurra uno "scusa" tra i capelli e mi abbandona lì. Il vuoto dentro.
E‘ tutto così insopportabile. Non voglio addormentarmi. Non voglio rivivere quegli orrori, mi trascino per le scale. Vestita mi metto a letto. 
Lotto. Penso di avere abbastanza forza per non cadere nel sonno. Ma ho sempre la peggio ed il terrore inizia a vestirsi di me. 

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Capitolo 2
*** Birth ***


Birth


POV Peeta

I will safe
you from yourself
time will change
everything about this hell
(Birth, Thirty seconds to mars)
 
 
 
-“Resta”- un sussurro di dolore si fa strada tra le sue labbra. Resto immobile; scrutando il grigio dei suoi occhi. Non mi hanno mai trasmesso tanto calore. Sposto lo sguardo alle sue spalle. L’uscio è socchiuso. Il vetro della porta ha assunto sfumature rosate ed aranciate che sembrano racchiudere il tramonto che ci circonda. Riflettono il colore che tanto amavo e che da lei mi ha riportato.
Per quale motivo la sto abbandonando?
Punto gli occhi nei suoi che sanno di disperazione. Ora dovrei andarmene come faccio sempre, ogni sera; ma resto lì. Il mio corpo non mi da ascolto. Gli comando di muoversi, di lasciarla lì. Ma nulla. Sento le sue mani tra i miei capelli. Le sue labbra umide mi sfiorano l’orecchio. Un brivido mi percorre. –“Ti prego”- sussurra. Quel semplice gesto mi fa impazzire. Perché ho smesso di entrare nel suo letto? Mi chiedo se potrei davvero farle del male come credo … pensieri confusi si accavallano. Rischio di impazzire. O forse sono già pazzo. Sono inguaribile. Sono un vigliacco. Le farò del male o no? Mille possibilità. Quella di errare che potrebbe costarle la vita. Quella che la salverebbe dagli orrori notturni.
Mi ritrovo sdraiato. Le lenzuola disfatte. Il viso sommerso nei cuscini che profumano di lei. Vengo per un secondo catapultato nel treno che anni fa ci trasportò da un distretto all’altro per il Tour della Vittoria. Su quel treno giacevamo ogni notte insieme. Ma ora tutto è cambiato. Noi siamo cambiati. Ci sono più cicatrici, più incubi, più disperazione. Ogni cosa è amplificata nel dolore. Con gli anni siamo diventati schiavi delle nostre debolezze. Lei è la mia e ne ho la conferma: sono finito nel suo letto e la desidero tra le mie braccia più che mai.
Mi sovrasta ma la penombra non mi permette di osservare il suo viso. Solitamente lo studio, conosco ogni sua singola espressione, ogni suo pensiero. Si mette a cavalcioni su di me sussurrando un grazie. Le sorrido, nonostante lei non possa vedermi. So che lei non sta facendo lo stesso; quindi ne ho la conferma. Deboli gocce mi bagnano il volto. Sposto la lingua a lato delle labbra e percepisco un sapore salato. -“Katniss …”- porto una mano sul suo viso che riscopro bollente
-“… perché?”- . Trattiene le lacrime lasciandosi sfuggire alcuni gemiti strozzati.
 Mi sembra di essere stato colpito da una moltitudine di coltelli che pungono come aghi inseguitori. Come quei gemiti di dolore. Sto per mettermi sui gomiti per stringerla a me quando cade su di me. Il suo viso è incastrato nell’incavo del mio collo. La stringo a me. Mi sento rinascere. Vivo nuovamente. Ma nuovamente ricado nell’oblio quando sento umida la pelle a contatto col suo viso, che si muove lentamente sopra di me. Mi stupisco dei gemiti rochi che mi sfuggono. Le sue labbra mi stanno assaggiando delicatamente schiave di un impulso che sembra salvare entrambi da questo inferno.
 
 

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Capitolo 3
*** Lust ***


LUST
POV Katniss
Indugio sulla sua pelle. Assaggiandola. Assaporandone ogni centimetro. Gemiti rochi escono dalle sue labbra. Sono intimorita da me stessa. Non mi sono mai sentita così: spinta da una fame insaziabile e dal desiderio di sentirlo sempre più vicino. Ciò che provai sulla spiaggia non ha nulla a che vedere con questo. In quei baci era racchiuso tutto il nostro amore, tutta la paura che avevamo di perderci. Quei baci erano certezza. Ora non capisco quale ragione mi spinga a lambirlo. Forse è desiderio. Disperazione. O dolore.  Le lacrime continuano a scendere copiose, bagnandogli il collo. Non oppone resistenza. Le sue braccia mi stringono a lui. Tra un respiro e l’altro biascica parole che non afferro. Risalgo fino alle sue labbra che mi accolgono dopo settimane di lontananza. Mi sento a casa. Le sue labbra sono questo: una stanza con il focolare, una poltrona accogliente e un vassoio di squisiti biscotti alla cannella.
Il letto si è trasformato sotto i nostri corpi: da trappola mortale ad ospitale rifugio. La mia stanza sembra aver perso le sembianze di un’arena, ora è semplicemente il buio. Il bacio si fa più profondo. Gli sbottono la camicia. Voglio baciare ogni parte del suo corpo.
Peeta inverte i ruoli mettendosi cavalcioni su di me; in pochi attimi la sua camicia è a terra. Mi bacia famelico il petto. Brividi mi percorrono da capo a piedi.
Fisso il soffitto. Mi chiedo cosa mi abbia spinta ad iniziare questo gioco proibito. Questo gioco caldo; fatto di carezze, sospiri e gemiti. Questo gioco che mi fa sentire maledettamente  viva; che fa dimentica ogni perdita, ogni dolore ... un gioco che sembra salvare entrambi ma che distrugge ogni corazza.
Come nella grotta, lo sto ferendo. Lo sto illudendo. Forse non so amare, non ho la capacità di donarmi a una persona per tutta la vita.
Le sue labbra cercano i miei seni ancora nascosti dalla stoppa verde del reggiseno. Mi metto nuovamente cavalcioni su di lui e sfilo quella stoffa superflua.
Mi chino, lasciandomi baciare. Brividi mi invadono nuovamente mentre la sua lingua stuzzica i miei capezzoli.
Mi ritraggo violentemente quando lo sento pulsare sotto di me e, come svegliata da una scossa, capisco lucidamente a ciò cui stiamo andando incontro.
Ad un tratto grigio e azzurro si fondono creando un colore del tutto nuovo; mai dipinto dalle mani esperte di Peeta … un colore pieno di interrogativi, di incertezze. I nostri sguardi sono incatenati. Per un istante vediamo entrambi con gli stessi occhi.
Mi spinge via. Non si cura della camicia; la abbandona lì, sgualcita, sul mio letto.
Mi lancia uno sguardo che è una domanda a chiare lettere. Vuole sicurezze. Vuole certezze. Abbasso lo sguardo; una risposta chiara, secca; dolorosa quanto un coltello che ti lacera il petto. Si alza. Mi aggrappo al suo braccio farfugliando parole incomprensibili.  Ho bisogno di lui. E’ il dente di leone. La mia rinascita. Il giallo del sole che ogni mattina con la sua luce mi dona la forza di alzarmi.
Si scrolla violentemente le mie mani di dosso; per un attimo temo possa cadere in una delle sue crisi, temo che i suoi occhi abbiano perso l’azzurro del cielo primaverile. Esce dalla stanza.
Lacrime incontrollabili scivolano sulle mie guance, segno di tutta la fragilità e l’incoerenza che ho dentro; parti di me che ormai mi rivestono e che solamente Peeta può spogliare.
Cado in un sonno profondo; abitato da ibridi e fantasmi.
 

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Capitolo 4
*** Flowery winter ***


FLOWERY WINTER


Una soleggiata giornata invernale si spinge sul prato. Abitato dai corpi degli sfortunati abitanti del loro distretto. Ogni fiore che li circonda è concimato da brandelli dei loro corpi martoriati. Dente di leone, margherite, papaveri, mughetti spuntano dal suolo; inaspettati come quelle bombe che dalla nebbia avevano devastato tutto. La loro casa. La loro stessa vita. Spazzata via come polvere. Come foglie autunnali troppo fragili per ribellarsi a quella bufera.
 
****
 
-Peeta…- si allunga verso il ragazzo steso accanto a lei sfiorandogli un braccio  -…perché ti stai allontanando da me?-.
Il giovane esita, spostando lo sguardo lontano, sui boschi dinanzi a loro.
-Ho paura che… tutta la forza che dispongo nell’amarti possa in qualche modo ritorcersi contro di te. Ogni notte sogno di ucciderti; di mettere le mani intorno al tuo fragile collo e… stringere. Del resto l’ho già fatto e mai potrei perdonarmi ciò che è accaduto-. I suoi occhi rivivono quel momento e riflettono solo dolore.
-Non mi farai del male, Peeta. Eri instabile quando mi hai aggredita; ora… non lo sei più-.
-Katniss, non è così. Ci sono momenti in cui ho ancora bisogno di aggrapparmi all’idea che tu sia la ragazza a cui gettai il pane, la ragazza che mi ha protetto durante l’edizione della memoria, la ragazza che ogni notte ha bisogno di me, ha bisogno delle mie… labbra.-
Occhi negli occhi. Pensano entrambi a quella notte, così vivida nella loro mente.
-Non so… cosa mi sia preso l’altra notte. Mi dispiace.- Arrossisce sicura che due occhi color cielo la stiano scrutando.
-Non dispiacerti. A me non è dispiaciuto affatto.- dice sorridendo -forse questo è un motivo in più per non avvicinarmi più al tuo letto… non vorrei mai…-
-Peeta, ho bisogno di te.- Per la ragazza quella è l’unica certezza ormai. Raccoglie una margherita e facendola roteare tra pollice e indice continua a parlare.
-Sai, non credevo di esserne capace- ride, come ormai non accadeva da tempo trascinando anche Peeta –eppure, dopo tanto tempo, mi sono sentita… viva.-
Il ragazzo sorridendo posa dolcemente le sue labbra su quelle di Katniss. Si baciano su quel cimitero. Entrambi ne sono consapevoli. Gli occhi pizzicano al pensiero di tutte le persone che giacciono sotto di loro. Ma le loro labbra, giocando e cercandosi cancellano ogni inquietudine.
In Katniss qualcosa sta fiorendo: la certezza di non poter fare a meno del ragazzo del pane. Quel ragazzo che l’ha sempre amata ed aspettata.
Fin da quella lontana lezione di musica. Ogni giorno guardandola aspettava, come sicuro che, prima o poi l’inevitabile sarebbe accaduto.
-Resta con me stanotte- sussurra sulle labbra del ragazzo stringendogli i polsi.
-Mmm… Katniss.- mugula lui.
-Zitto. Pensaci. Non sei capace di farmi del male. Abbiamo bisogno l‘uno dell’altra.- Maliziosamente riprende quel bacio che sembra non saziarli mai. Peeta, controvoglia, lo interrompe per parlare.
-Non ti abbandonerò mai più Katniss.- promette e nuovamente assaggia le sue labbra, sotto quel sole d’inverno che è caldo testimone di quella promessa. 

*Angolo autrice*
Eilà, ecco il quarto capitolo! Spero che vi piaccia ^^ Se è così mi renderebbe felice qualche recensione, anche con suggerimenti e critiche naturalmente ;)
Ringrazio chi ha apprezzato , recensendo e non, il capitolo precedente. Grazie, grazie! A presto..
Fra_atlas 

 

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Capitolo 5
*** Pearl ***


PEARL
Katniss POV
 
Un fruscio. Un sussurro alle mie spalle. Mi volto nella tenue luce crepuscolare che filtra dal fitto fogliame che mi sovrasta. Nulla. Né persona, né ibrido, né animale.
Un suono diverso dal precedente mi giunge ad un orecchio. Il destro. L’altro deduco sia sordo. Alzo la testa pensando stia cominciando a piovere ma il cielo è limpido, di un caldo arancione. Il gocciolare si sussegue; sempre più forte e insistente. Mi sento scossa da un senso d’inquietudine. Nonostante noti che non vi è alcun pericolo.
Una goccia. Un’altra. Un’altra ancora. Mi guardo intorno. Bpof…alberi. Bpof…foglie. Bpof…terra. Bpof…sangue. Bpof…pozza. Bpof…rosso. bpof…bpof…bpof…bpof…
Una pozza rossa nel bel mezzo del bosco? Mi avvicino assalita da un’insolita paura. A due passi dal liquido alzo lo sguardo. Le gocce hanno origine dal nulla. E’ tutto così insolito; non vengono assorbite dal terreno, quel fluido sembra avere vita propria ed ha un odore dolciastro e nauseante tipico del… sangue.
Come ipnotizzata affronto quei pochi centimetri che restano tra me e la poltiglia. Curiosa la osservo. Mi rispecchio in essa. Due grosse occhiaie marcano il mio viso stanco. Mentre le gocce scendono una ad una sulla mia nuca. Riporto lo sguardo sulla pozzanghera ed un urlo agghiacciante mi sfugga dalle labbra.
Il fluido rispecchia Peeta. Il suo volto è distrutto. Cicatrici lo abitano. Sangue lo percorre. Le labbra sono squarciate. Gli occhi neri come la pece. Mi porto le mani sul volto. Voglio cancellare quell’immagine dalla mia testa. Le sfrego intensamente. Scivolano sulla mia pelle. Le allontano. Le osservo. Sono unte di quel dolciastro sangue. Impazzita comincio a pulirle sull’erba che mi circonda. Ma quel colore sembra indelebile. Resta. Permane. Come a volermi convincere del delitto di cui mi sono macchina. E che mai potrò perdonarmi.
Urla di disperazione mi sfuggono involontariamente. Le ghiandaie intorno a me ripetono ogni mio verso strozzato. E’ straziante. Mi sento esplodere. Lacrime mi solcano il viso nel momento in cui il mio orecchio distingue la voce di Rue. E subito dopo, quella di Prim.
Dolore puro. Rannicchiata su me stessa, mi copro le orecchie; ma è tutto inutile.
E poi mi sento scuotere; inizialmente sono intimorita ma le scosse diventano calde, dolci man mano che il tempo passa. Alla fine sono cullata, al sicuro, in un mare che non mi è per nulla sconosciuto. Le onde si imbattono su di me con dolcezza, accarezzandomi. Vivo quell’azzurro per un tempo interminabile, quindi risalgo in superficie. Riprendo fiato. Nuovamente mi immergo in quell’azzurro mentre lui con dolcezza infinita ripete il mio nome. Mi accarezza riportandomi a riva. La sabbia è stranamente liscia e umida sotto il mio corpo. Tastandola trova una perla.
-Kat…sono qui. Ssh… tranquilla.- le sue dita sono tra i miei capelli. Le sue braccia mi cullano.
-Peeta…sei vivo!- mi aggrappo al suo collo inumidendolo con le mie lacrime.
-Sì, sono qui. Ci sarò sempre, Katniss. Sempre.- mi rassicura.
E’ vivo. Ero solo un incubo. Realistico e terribile come pochi. Abbraccio la mia ancora di salvezza, felice di sentirla lì, solida, tra le mie braccia.
-E’ stato terribile- gli spiego. –Eri… morto ed io ero…-
-Eri?- mi chiede in un sussurro.
-Io…ero la tua assassina- dico tra i singhiozzi.
Mi osserva turbato; ed io, gli racconto ogni cosa. Ogni dettaglio. Ogni sensazione. Ogni colore. Ogni sentimento provato; come mai mi ero sentita di fare. Mi inoltro nuovamente in quel bosco. Ma non vi è alcun terrore. Né paura. Peeta mi è accanto e mi culla tra le lenzuola umide del freddo terrore che ora è caldo ed accogliente ed azzurro come il mare.
-Ero tornata nell’arena… forse era troppo tardi, eri morto  dissanguato nella grotta- continuo consapevole del significato dell’incubo –poi le ho sentite. Prim e Rue. Ed ho urlato ancor più forte. Volevo esplodere. Morire; pur di non soffrire in quel modo. Ma loro ormai non ci sono più, Peeta. Le mie orecchie non potranno più udire il cantare melodioso di Rue. Né sentire la dolce voce e le fragili mani di mia sorella. Non potrò più contare sulla fedeltà di Finnick; né sulla bontà di Cinna. Sono morti!- urlo con tutto il fiato che ho in gola. Come se solamente ora ne avessi la conferma. E’ una certezza ormai. Ma non brucia più dolorosa come un tempo. Brucia purificante. Rivelatrice. Peeta… è lui tutto ciò di cui ho bisogno ora. Se lo perdessi, morirei. Ne sono certa.
-Katniss…sì, non ci sono più. Ma ciò è accaduto per un motivo. Hanno combattuto per una Panem libera, ed ora c’è speranza, Katniss. Guardati intorno, il 12 sta risorgendo. La gente vive ed è sazia, felice dopo tanto tempo. Questo è anche merito loro.- mi guarda accarezzandomi il viso, -Prim, ora, vorrebbe vedere sua sorella sorridere, ne sono certo.-
Peeta è sempre lì. Le parole giuste, sempre. Lo stringo ancor di più a me, rilasciando una scia di baci tra i suoi capelli dorati che riflettono il bianco della luna.
-Grazie di esserci.- gli dico coricandomi e facendogli spazio.
Fronte contro fronte. Occhi negli occhi.
-Katniss, grazie a te. Mi hai salvato dal depistaggio, mi hai salvato nella grotta, mi hai salvato dal momento in cui iniziasti a cantare, quel lontano giorno, che non dimenticherò mai. Da quel giorno sono rimasto fregato, ipnotizzato dalla tua voce, da te.- dice sorridendo e indugia sulla mia fronte con le labbra calde.
Mi accoccolo sul suo petto e serenamente mi addormento. La certezza ormai di quanto sia preziosa quella perla. 


*angolo autrice*
Ciao ^^ ecco il quinto capitolo! Martedì parto per Madrid, quindi se tutto va bene aggiornerò tra una settimana. 
Un grazie di cuore a chi ha recensito il quarto capitolo, chi segue la storia, chi l'ha aggiunta tra le preferite e anche a chi solamente legge (:
Fatemi sapere cosa pensate di questo capitolo, mi renderete super felice. A presto ghiandaie! 

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Capitolo 6
*** Moon ***


MOON
 
I mesi passano. Ed i giorni scorrono un po’ più veloci di prima. Sto tornando a vivere. Stiamo vivendo insieme.
 
La finestra aperta concede al sole di entrare. Una brezza fresca mi accarezza i capelli. Peeta è accanto a me. Le sue braccia attorno alla mia vita. Le sue labbra a stretto contatto con la mia pelle.
La mia perla brilla alla luce del sole. So quanto mi è cara, ormai. La custodisco sempre lì, accanto a me. La voglio vedere brillare; così beata, così trasparente.
Anch’essa, ora, ci crede. Non prederà la sua bellezza, la sua chiarezza: resterà se stessa, non si lascerà vincere dalle menzogne.
Ciò che stiamo costruendo è solido. Ogni colonna, ogni pilastro è estremamente resistente, rifinito in ogni dettaglio. Come plasmato dalle mani di un celebre scultore. Non si farà abbattere da nulla; da nessun uragano, da nessuna tempesta. Nessuna bugia la potrà vincere. Il ragazzo del pane non mi farà più del male. I capelli dorati, scompigliati. Ancora imbiancati dalla farina che fino a ieri ha lavorato. Le palpebre che celano gli occhi più chiari ma comunque caldi; i più dolci che esistano. Il suo volto sta cambiando; ma non ha perso la sua innocenza. Non la perderà mai.
Mi sfilo delicatamente dalle sue braccia e cambiatami esco di casa. Mi dirigo verso il bosco. Sono tornata a farlo dal momento in cui Peeta è tornato nel mio letto. Gli incubi stanno scomparendo. La paura, il terrore, il dolore si stanno attenuando. Ma ho quasi la certezza che mai mi abbandoneranno.
L’estate è alle porte. Il distretto non è ancora al lavoro nonostante il sole sia già alto e caldo dinanzi a me. Cammino alzando la polvere che sembra segnare il mio passaggio. Le oche di Haymitch starnazzano. Aumento il passo; mentre loro, trasmettendomi una sensazione di forte irritazione, continuano ad agitarsi sbattendo le ali e schiamazzando. Haymitch starà dormendo. Probabilmente nella stessa posizione in cui era quando io e Peeta l’abbiamo salutato. La testa bionda sul tavolo. I capelli spettinati intrisi nell’alcool, che avrà trangugiato dal momento in cui è rimasto solo. Il viso segnato ma beato. Ubriaco di pensieri incoerenti ma piacevoli. Beve meno di un tempo. Ma è restato lo stesso di sempre: arrogante, presuntuoso, fastidioso, ironico. Il nostro rapporto è solo in parte cambiato. Durante la giornata accudisce le sue oche, passeggia nel distretto e spesso fa visita a Peeta  durante il suo orario di lavoro in panetteria.
Sea gli tiene in ordine la casa, Effie gli fa spesso visita. Sono sicura che abbia un disperato bisogno di lei che però non riesce ad ammettere neppure a se stesso. Quando ceniamo tutti e quattro ride e scherza come mai l’ho visto fare. Come sorpreso di vederci ancora tutti lì; la squadra di un tempo, dolorante e distrutta ma comunque unita dopo due arene ed una guerra che ha lasciato ferite ancora brucianti.
Anche Effie è cambiata. La guerra l’ha cambiata. Ha sofferto. Ha capito ed assaggiato un po’ del dolore che noi abbiamo vissuto per anni nel 12. Il suo aspetto è vissuto e trasandato nonostante conti soltanto qualche anno più di me. Ma è finalmente naturale e bella senza trucchi e parrucche.
L’aria è frizzante, stringo l’arco tra le dita della mano sinistra mentre cerco con lo sguardo una possibile preda. Nulla. Sono certa che le trappole di Gale sarebbero di grande aiuto in questo momento. Gale. Mi chiedo cosa stia facendo. Dove sia. Spesso penso di essere stata troppo rigida con lui. Ma poi scuotendo il capo scaccio quel pensiero. Quelle idee assurde legate al fatto che potremmo rivederci, chiarire e restaurare il nostro rapporto. Un rapporto di amicizia e di fratellanza che è scomparso. Dissolto in un attimo. Come la bomba che progettò e spazzò via mia sorella.
Mi ritrovo, tra un pensiero e l’altro al lago dove ero solita andare con mio padre ed in seguito con Gale. La casetta è sempre lì. Immutata. Vuota. Fredda.
Mi sdraio sulla riva. Osservo l’acqua ed il cielo. Stesso colore e tonalità. Facce della stessa medaglia. Penso a mio padre e a ciò che ho perduto. Alla sua voce. Alle sue canzoni. Alle piante che vedo spuntare dalla superficie e che gli hanno ispirato il mio nome. Sorrido, lasciandomi invadere dai ricordi e dal sonno.
 
****
 
-Katniss…- è la sua voce a svegliarmi. E’ la sua mano sul mio viso. Sovrappongo la  mia, gelida a contatto con la sua. Il sole, inizialmente davanti a me, ora è alle mie spalle. Si intravede a malapena, ormai completamente nascosto dietro le montagne.
-Non avrei dovuto svegliarti.- si scusa con voce tenue –tornato dalla panetteria non eri a casa e … mi sono preoccupato.-
Gli sorrido e gli do un casto bacio a fior di labbra. Lo fa sussultare, lo sorprende sempre come se fosse il primo.
-Ti addormenti in qualunque luogo possibile in questo periodo, eh?- scherza ma è evidente che è molto contento. Mi vede più serena e viva ogni giorno che passa.
-Ah, la pensi così? Pensi che sia pigra..- lo guardo facendo il broncio.
Lui si avvicina e sdraiatosi accanto a me mi stringe forte.
-Sei perfetta Katniss.- mi dice dolcemente.
Restiamo così per un tempo interminabile. Ormai è buio intorno a noi, è visibile la sola luna. Bianca. Pallida. Ci osserva lasciando dietro di sé un luminoso bagliore che giunge sull’ acqua e la illumina invitandoci ad entrare.
-Ti andrebbe un bagno?- domanda Peeta come se mi avesse letto nel pensiero.
Sussurro un sì strozzato, colmo di emozione.
Ci immergiamo. L’acqua è piacevolmente fresca. Ci culla, ci accarezza, ci attrae nelle sue profondità. Noi due siamo una cosa sola. Abbracciati in questo nettare che è ubriaco di questa luna. Occhi negli occhi. Labbra contro labbra. 


*angolo autrice*
Finalmente l'ho pubblicato.. lo trovo orrendo. Ho scritto in fretta e furia; infatti, il risultato è quello che è.. -.-" 
Grazie a tutti quelli che avrenno voglia (e taaanto coraggio) di recensire questo.. emh.. capitolo?!
A presto.. 
Fra_atlas

 

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Capitolo 7
*** Trouble ***


TROUBLE
 
Ci svegliamo in un luogo che, a mio parere, è mille volte più accogliente e comodo di qualsiasi letto. Ci accoglie tra il suo soffice muschio e le sue verdi foglie. Ci sorridiamo, sorpresi di trovarci lì, sulla terra umida che ormai è divenuta parte di noi, come una seconda pelle. Ci coprono solo alcuni indumenti; gli altri sono sparsi senza logica davanti a noi sino alla riva.
-Credo che ci tocchi un altro bagno.- ammette Peeta sorridendo.
Gli sorrido di rimando; forse arrossisco, sento un calore inaspettato percorrermi.
-Va bene.- rispondo.
Ci dirigiamo verso l’acqua limpida. Riflette il sole timido che si fa strada nel cielo nuvoloso. Entriamo timorosi. Ogni cosa che ci apparteneva durante i giochi: il coraggio, la forza, la spericolatezza sono scomparse. Al loro posto fanno parte di noi la paura ed il timore.
Un brivido percorre il mio corpo al solo tocco del piede con l’acqua fredda. Durante la notte la temperatura si è abbassata notevolmente ma non ci resta che entrare. Peeta percorre con la punta delle dita il mio braccio. Dalla spalla sino alla mano, che afferra dolcemente. Quindi corre come impazzito dentro l’acqua. Iniziamo a schizzarci, come due bambini divertiti. La nostra ilarità quasi mi spaventa. Lui mi trasforma. Mi cambia. E solo Peeta è in grado di darmi questo.
Di farmi questo. E solamente ora me ne rendo conto.
Ora ci sfioriamo. E’ come se fossimo tenuti insieme da fili che per natura si vogliono allacciare. Si vogliono unire.
Per un attimo penso inevitabilmente a Finnick. Al suo sorriso. Alle sue abili mani che, nelle notti più dure, creavano nodi. Stringevano con forza come a voler reprimere ogni ricordo doloroso, ogni malignità.
-A cosa pensi?- mi sussurra dolcemente ad un orecchio, mentre con le mani mi ripulisce con lentezza esagerata la schiena, le braccia, il collo.
-A una marea di cose.- rispondo solamente.
-So che non sei brava con le parole, Katniss. Ma almeno per una volta potresti dirmi cosa ti passa per la testa… non credi?- chiede sorridendomi.
-Pensavo a noi. A come siamo cambiati, a come siamo uniti. Al nostro rapporto insomma.- dichiaro infine.
-Ah.. al nostro rapporto.- si meraviglia ed una scintilla compare nell’azzurro dei suoi occhi. Che sanno di meraviglia ed innocenza.
Non riesco a sostenerli a tal punto da dovermi nascondere nel suo petto, ancora sporco di terra. Peeta continua ad accarezzarmi la schiena. Iniziamo a pulirci di quella terra con fare quasi malinconico, a tratti nostalgico; come se quei residui fossero l’unico ricordo che abbiamo di quelle acque, di quegli abbracci, di quei baci. Le mie mani sono su di lui, le sue su di me. Ci esploriamo, quasi. Senza vergogna. Come se quel gesto fosse naturale oltre che necessario.
Mi sorprendo della mia disinvoltura. Della voglia che ho di toccarlo. Di conoscere parti di lui che sono tanto scoperte ma a me tanto sconosciute.
Ci rivestiamo e mano nella mano torniamo in città, verso la panetteria.
 
****
 
-Sicura di voler restare?- mi chiede.
-Sì, non so quanto possa esserti d’aiuto ma vorrei restare.- spiego.
-Va bene, allora al lavoro!- mi ordina ridendo.
E’ tutto molto piacevole. Il profumo di pane e biscotti che deliziosamente si insinua in ogni parte del locale. La campanella che suona gioiosa ed insistentemente alla porta, anticipando l’entrata di un cliente. Ognuno di loro è sorridente e soddisfatto di questa nuova vita; i loro occhi mi ringraziano, sono pieni di riconoscenza e mi trasmettono coraggio. E poi c’è Peeta; lì, vicino al forno. Impasta, inforna, decora. Non ha un attimo di pace. Ma è felice, lo vedo dal suo viso. Sereno, lieto, soddisfatto. La fronte è solcata da lievissime gocce di sudore, imperlano il suo volto mentre con voce ferma mi chiama.
-Abbiamo finito.- dichiara soddisfatto.
Si ripulisce le mani sulla divisa mentre mi ringrazia riconoscente.
-Potresti venire tutti i giorni.- propone, nonostante sappia già cosa risponderò.
-Devo ammetterlo, è stato davvero piacevole. Ma sai che ho bisogno di stare con me stessa, di andare a caccia. Quindi verrò, ma solo qualche volta.- ammetto.
Mi sorride. Di un sorriso malinconico. Vuoto.
-Peeta.. che hai?- gli chiedo.
-Tranquilla, non è nulla.- risponde.
-Sicuro?- insisto.
-Sicuro. Pensavo solamente ai giorni che passavo prima della mietitura, qui. Alla mia vecchia vita, alle persone che avevo intorno… - ammette, accentuando con tono duro, quasi accusatorio le ultime parole.
-Alla tua famiglia.- dico quasi intimorita perché ho chiaramente il sentore di ciò che ora potrebbe accadere. Subito mi pento delle parole che mi sono lasciata sfuggire. Mi pento del madornale errore che ho commesso. Mi scuso. Gli accarezzo il volto.
Ma è tardi, ormai. I suoi occhi sono neri. L’inevitabile sta accadendo.
-Sei stata tu!- mi accusa, spintonandomi –Tu li hai uccisi!-
Quel tu così accentuato, così urlato fa davvero male. Non credevo che sarebbe accaduto di nuovo. Solo nei miei incubi rivivevo episodi simili. Risentivo le sue forti mani intorno al mio collo, che stringevano. Bruciavano. Lasciavano segni indelebili, bluastri.
Ed ora sono qui, a terra. Gli occhi pizzicano; mentre Peeta, di fronte a me continua a gesticolare, accusandomi. Una mano afferra il mio polso, stringendolo dolorosamente. Sono debole, ora. Un tempo dopo un episodio simile, era la rabbia a pervadere sul dolore; ora sono cambiata. Non ho la forza di alzarmi, di andarmene. Ma forse, ne ho sviluppata una nuova, quella della parola.
-Come potrei farti una cosa simile, Peeta?- gli urlo. Deve tornare da me, deve tornare lui. Allora glielo grido, con tutto il fiato che ho in corpo.. –Ti amo!-
Non so se è una certezza. Ciò che so è che gli occhi di Peeta sono nuovamente azzurri. E’ nuovamente lui.
Si accascia su di me. Come un bambino si lascia cullare. Trema. Singhiozza. Piange. Sussurra scuse sincere. Cerco le sue labbra, assaggiandole. Lo proteggo; e lui fa lo stesso con me. Non chiede spiegazioni su ciò che ho detto, su ciò che gli ho confessato. Ora abbiamo bisogno solo l’uno dell’altra. 


*angolino per qualche mio pensiero*
Missione fallita. Mi sono impegnata ma il capitolo è poco più lungo degli altri o.o
Peetino ha avuto una piccola ricaduta ma naturalmente c'è LEI.. 
Ok, spero vi piaccia e naturalmente se vi va recensite....(sapete, ho un debole per quelle lì... ^^) grazie di tutto!
Ci si vede al prossimo capitolo ❤
_Fra_ 

 

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Capitolo 8
*** Blue ocean ***


BLUE OCEAN
 
  POV Peeta
 
Ed eccomi qui, a ripensare a quel Ti amo. Urlato dalle sue labbra perfette. Così deciso, così voluto, così vero. Ne sono certo, era sincero. L’ho visto nei suoi occhi, caldi e fermi. Puntati nei miei con fermezza, con una convinzione che non sapevo sua. Mi ero perso, perso in quel mondo di stranezze, di cose mai successe e mai dette. Eppure.. così maledettamente reale; a tal punto, da scagliarmi contro di lei. L’unica a cui non farei mai del male, l’unica che amo, che non voglio perdere.
La sento stringermi da dietro con dolcezza. Accarezzo le sue mani e le sue braccia con la stessa accortezza dell’ altro giorno, al lago. La sua pelle è morbida al mio tocco, perfetta; nonostante le cicatrici e le ustioni, che ai miei occhi non sono che segni di una storia dolorosa a cui era inevitabile far parte.
-Abbiamo visite.- mi dice.
-Si?- le domando girandomi verso di lei e stringendola a me.
-Annie e il piccolo.- spiega evidentemente turbata.
Increspa le labbra in una piccola smorfia e poi sorride, indubbiamente pensando a Finnick. Il biondo è una di quelle persone che non si può dimenticare. Sarà per l’immenso coraggio e per la sua generosità. Per  la  voglia di lottare contro Snow che, piano piano stava risucchiando via ogni cosa dalla sua vita. Segnata, fin dall’arena da quel gioco proibito di piaceri e segreti sussurrati tra le lenzuola umide.
-Il piccolo Odair sarà sicuramente bellissimo.- dico, distraendola dai suoi pensieri.
-Non ne dubito.- ride di gusto, poi ammette:- Finnick Odair, il pavone pazzo di se stesso. Non era così in realtà. Era umile, macchiato di piaceri che quella serpe lo avevo costretto a godere. Obbligato a donarsi… ha perso la testa, ne sono certa. L’abbiamo persa tutti, del resto. Siamo solamente sopravvissuti.-
Katniss. Quanto tempo dovrà passare perché tu possa tornare a sorridere?
-Peeta, non saprò davvero come comportarmi con Annie.- ammette.
-Ci sarò io con te, Katniss. Parlerò il più possibile, se a te non andrà.- propongo.
Si nasconde nel mio petto ed io dolcemente accarezzo la sua treccia.
-Sono certo che il piccolo Finnick sarà affamato quando arriverà…- dico tra i suoi capelli scuri.
-Biscotti?- mi chiede sorridendo, i suoi occhi grigi di nuovo vividi nei miei.
-Biscotti.- acconsento ricambiando il sorriso.
 
****
POV Katniss
La porta è socchiusa ma nonostante ciò Annie bussa, timidamente. Mi dirigo verso la porta e apro. Mi sorride dolcemente, ma il suo sorriso è vuoto, non sa di nulla, non trasmette nulla. Si allunga verso di me, sfiorandomi la guancia con le labbra rosee. Ha un aspetto stanco, ma sembra serena. I capelli scuri le ricadono sulle spalle, spettinati. Gli occhi verdi puntati nei miei.
-Ciao Katniss.- mi saluta amichevolmente.
-Annie…- dico, quindi mi blocco.
Sapevo sarebbe successo; sapevo che il solo pensiero che fosse lì, senza Finnick, mi avrebbe distrutta.
Mi avrebbe ricordato la sua scomparsa, il suo sacrificio. E l’abbandono. L’abbandono di quella giovane donna, un po’ matta ma innamorata, innamorata persa di un fantasma. L’abbandono di quel bambino che…
-Annie, entra. Non siamo abituati a ricevere visite e Katniss evidentemente non si ricorda più che è gentile far almeno entrare…- interviene Peeta, facendomi un occhiolino scherzoso.
-Tranquillo, Peeta.- ride Annie, -da qui sarà dura spostarsi, vero Finnick?-
 Quel nome mi provoca un sussulto. Guardo dietro di lei, cerco il piccolo. Vedo sbucare solo le sue gracili braccia aggrappate alle gambe della madre. Finnick. Mi chiedo come possa avergli voluto dare quel nome, come possa ogni volta chiamarlo e non ricordarsi lui. Trovo tutto così insopportabile.
Peeta ride di gusto e prova con voce dolce, paterna a chiamarlo. Ripete più volte il suo nome ed il bambino come incantato dalla voce di Peeta gli va incontro. Finnick è ancora timoroso. Tende una manina verso Peeta che dolcemente l’afferra.
-Ciao.- dice Peeta, accarezzandogli la mano che ha tra le sue.
-Ciao..- risponde il bambino timidamente, poi come rapito dal tocco delle mani di Peeta gli parla.-Come ti chiami?- dice fissando i suoi occhi azzurri in quelli dello stesso colore di Peeta.    
Osservo Annie sorridente, felice. Mentre il bambino continua a interagire con Peeta. E’ seduto sulle sue gambe, sul divano. Il ragazzo del pane, buono come nessun altro, sarebbe un papà perfetto. Gli occhi gli brillano. Ha il sorriso stampato sul volto quando Finnick accetta di assaggiare uno dei suoi biscotti al cioccolato.
-Katniss, perché non accompagni Finnick a prendere un biscotto di là in cucina..- propone, forse per allontanarmi da Annie e da qualsiasi possibile chiacchierata tra noi.
Accetto e avvicinatami al bambino gli offro la mano, che lui dopo attimi di esitazione afferra, come se sentisse l’inquietudine che scorre dentro me.
 
****
 
-Ti piace?- gli chiedo con più dolcezza possibile.
Annuisce, continuando a sgranocchiare il biscotto con gusto con i suoi piccoli denti da latte. I suoi occhi sono dello stesso colore del mare, a tratti verdi come quelli della mamma. I suoi capelli sono ribelli, chiari come quelli del padre. I suoi tratti sono dolci e armoniosi. Il suo carattere, nonostante sia piccolo, è già ben delineato. In parte timido, tranquillo come Annie; in parte deciso, fiero, coraggioso come Finnick. Rimango estasiata dalla bellezza del bambino; dall’unione che ha dato vita a quell’essere che con poche parole ti dice tutto, che con un piccolo gesto ti trasmette molto.
-Perché non parli?- mi chiede curioso Finnick, spostando la sua attenzione dal biscotto a me.
Resto perplessa. Come può un bambino capirti così bene, leggerti dentro come solo alcuni adulti sanno fare…
-Non amo tanto parlare.- ammetto credendo che ora il bambino si zittirà non sapendo più cosa dire.
-Cosa ami fare?- mi chiede curioso guardandomi negli occhi.
-Mi piace andare nel bosco…- rispondo sorpresa.
Iniziamo a parlare. Mi apro. Parlo con lui come non ho mai fatto. Consapevole della sua innocenza, della sua curiosità. Del fatto che sia puro, come un angelo. E mi ricorda Prim; mi ricorda dannatamente lei e mi sento naturalmente spinta a proteggerlo, a volergli bene. E rimango sorpresa dal suo modo conciso ma intelligente di parlare. Dalla capacità che ha di scrutarti dentro, di capire di più guardandoti dentro piuttosto che ascoltando le tue parole; senza mai giudicarti.
-Finnick!- urla Annie dall’altra stanza.
Si alza e prima di lasciare la stanza si volta, invitandomi a seguirlo. Mi dirigo verso di lui, quindi gli afferro la piccola mano.
 
****
 
-Com’è andata con Annie?- gli chiedo incuriosita accoccolandomi al suo petto.
-Bene, era serena. Si è aperta molto con me, e a dirti la verità, non me l’aspettavo. Finnick le manca molto questo è ovvio, ma il bambino a quasi completamente riempito quel vuoto. Dice di vedere i suoi occhi in quelli del bambino. Mi ha raccontato delle loro passeggiate sulla spiaggia, di quanto il piccolo Finnick ami il mare…- dice guardando il vuoto.
-Il piccolo Finnick mi ha lasciato un senso di nostalgia, mi è tornata alla mente Prim. La sua innocenza, la sua debolezza. Eppure mi ha colmata, ho rivisto suo padre, ho parlato con lui molto … nonostante sia solamente un bambino sono rimasta sconvolta da quello che mi ha trasmesso.- ammetto.
-Saresti una madre perfetta.- dice Peeta in un sussurro tra i miei capelli.
Mi lascio sfuggire una pernacchia di disappunto e alzandomi vado verso la camera da letto trascinando Peeta dietro di me.  


*angolo autrice*
Hey.. ecco qui il nuovo capitolo :3
Che dire? Spero vi piaccia... e se vi va fatemi sapere se è così. Ringrazio chi ha recensito il capitolo precedente, chi ha aggiunto la storia tra le seguite/preferite.. grazie, mi rendete felice ^^
A presto 
fra_atlas

 

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Capitolo 9
*** Sweetness ***


SWEETNESS
 
Katniss POV
 
Sono passate diverse settimane dalla visita di Annie e Finnick; una visita che mi ha lasciato qualcosa, di cui non so spiegarmi e di cui forse è meglio non saperne nulla. Peeta naturalmente se n’è accorto, sembra capirmi meglio di quanto io capisca me stessa.
E quella frase… mi rimbomba ancora nelle orecchie: Saresti una madre perfetta… crede davvero che sarebbe così?
Mi legge dentro. Non fa domande, mi aspetta, come se sapesse che i semi sono seminati; sono già lì, dentro di me. Aspetta solamente che vengano fuori, che fioriscano. E che con amore e tempo diano frutti. Nonostante questo cielo scuro che ci tormenta, che minaccia tempesta con i suoi fulmini ed i suoi venti gelidi.
 
****
 
Busso alla porta con forza. Starà dormendo sicuramente. Busso altre volte, urlando ripetutamente il suo nome.
-Buonasera dolcezza.- mi saluta con un ghigno.
-Haymitch...- lo saluto.
-Dovrei farti entrare?- mi chiede con quel suo solito sorrisetto stampato in faccia.
-Devi.- rispondo secca spingendolo e costringendolo a spostarsi dalla porta.
La sua casa è l’esatto contrario della mia, luminosa e accogliente. Qui il buio regna sovrano; bottiglie buttate sul tavolo, quasi completamente vuote ed oggetti scaraventati in ogni dove. Poso le focaccine che Peeta mi ha costretta a portare, quindi mi siedo sul divano sporco e disfatto.
-A che cosa devo la tua visita, dolcezza?- domanda.
-A Peeta, voleva che ti portassi quelle.- rispondo scontrosa indicandogli il tavolo.
-Come va col ragazzo?- mi chiede evidentemente incuriosito.
-Bene.- rispondo.
-Dolcezza, non vorrai tenermi sulle spine, vero? Dimmi cosa ti passa per quella testolina dannazione… ci siamo sempre detti tutto tu ed io…- dice fissandomi.
Escludendo Peeta, è il mio ex mentore a conoscermi meglio di chiunque altro.
-Ti sarai finalmente accorta di amarlo, spero... dopo due arene ed una guerra. Perché non so se te ne sei mai resa conto...- dice ironico muovendo le mani e schioccando le dita per attirare il mio sguardo su di lui -...lui è pazzo di te da sempre!- dichiara allargando teatralmente le braccia.
-Haymitch, so che non mi reputi una ragazza sveglia ma credo che chiunque si accorgerebbe di ciò che Peeta prova per me, chiunque- dico ormai pienamente consapevole di ciò che affermo.
-Ti ama alla follia questo è ovvio.- dice nuovamente scherzoso.
-E lo stesso vale per me...- sussurro quasi a me stessa.
-Che hai detto, dolcezza?- mi chiede stordito dall’alcool.
-Lo amo. - ammetto con un filo di voce.
-Questo lo sai da sempre- spiega Haymitch immediatamente serio e per nulla sorpreso di ciò che le mie labbra si sono lasciate sfuggire -ma solo ora lo stai ammettendo a te stessa. Durante la guerra questo sentimento verso il ragazzo, a quel tempo instabile ti avrebbe indebolita. E forse il tuo inconscio rendendosene conto a represso quel sentimento, l’ha sotterrato da qualche parte dentro di te, ma è comunque fiorito. Lo ami, Katniss. Lo ami ed io l’ho sempre visto. Dai tuoi occhi che costantemente lo cercano, come a confermare che lui è lì, accanto a te; dal tuo stesso corpo che, come da una forza superiore è spinto ad avvicinarsi al suo. Siete diversi ma vi compensate. Tu riempi i suoi vuoti, lui riempie i tuoi. Vi amate.- quell’ultima parola è sussurrata con la massima dolcezza.
Mi avvicino lentamente all’Haymitch che ho davanti, un uomo diverso, oppure se stesso per un solo attimo. L’uomo che si nasconde dietro la ripugnante maschera dell’ubriacone. Lo stringo forte, abbracciandolo e lui barcolla sorpreso, nascondendo un sorriso tra i miei capelli.
-Ti voglio bene, Haymitch.- ammetto quasi arrossendo, spogliando la parte di me che solitamente è il solo Peeta a conoscere.
-Dolcezza...- ride di gusto, accarezzandomi i capelli -anch’io te ne voglio, e molto.- dice e sento l’emozione nella sua voce.
L’abbraccio si slega e finiamo a parlare di noi sorseggiando whisky.
-Quindi, l’incontro col bambino ti ha aperto gli occhi...-
-Evidentemente sì. – ammetto ingurgitando quel liquido bruciante.
-Il ragazzo come l’ha presa?- mi chiede incuriosito.
-Era emozionato, felice come non mai. Per un attimo è stato il padre che non potrà mai essere. Sarebbe un padre perfetto: dolce, premuroso, ma io...-
-Ma tu?- chiede.
-Io non sono in grado di essere madre, a malapena mi rendo conto di amarlo.-
-Questo è ciò che pensi tu...- dice evidentemente contrariato.
-Eppure da quando l’ho visto con il piccolo Finnick, da quando io stessa ho parlato col bambino, tutto è cambiato.- ammetto –ora…-
-Vorresti diventare madre.- afferma ed io tossisco di rimando mentre l’alcool rilascia una scia di fuoco nella mia gola.
-Haymitch! Ciò che dici non ha minimamente senso!- urlo isterica ormai in preda all’alcool.
-L’alcool comincia a fare effetto, eh?!- dice scherzoso, quindi mi domanda:-l’avrete pur fatto, no?- chiede sogghignando.
Non afferro ciò che dice, tutto si sta offuscando e penso di svenire da un momento all’altro.
-Cosa?- chiedo.
-Bè, hai capito dolcezza. Siete andati a letto insieme si o no?- mi chiede con sguardo malizioso ed io finalmente afferro ciò che cercava di dirmi. Rido infastidita.
-Questo che significa?- mi chiede strabuzzando gli occhi.
-No, Haymitch.- ammetto arrossendo –non è successo nulla.-
-Oh, Katniss! Povero ragazzo...- continua ma io sono ormai nel mondo dei sogni. Tutto brucia dentro di me. Un calore piacevole mi invade. Un piacere estremamente confuso, nebbioso, dolce ed amaro allo stesso tempo. Riesco a rimuginare un solo ed unico pensiero. Il mondo di Haymitch è affascinante, estremamente affascinante.
 
****
Peeta POV
 
-Haymitch!- urlo.
La notte m’inghiottisce, ma è la paura prima fra tutto a divorarmi. Tornato a casa non era a letto, ciò non era mai successo. Sono corso qui sperando Haymitch sapesse qualcosa.
-Buonasera ragazzo...- mi saluta brillo.
-Katniss è qui?- domando.
-Dorme come un gattino.- risponde.
-Ah, ero così in pensiero.- ammetto, ma la preoccupazione è ancora evidente sul mio viso, ne sono certo.
Haymitch mi conduce al divano, dove lei dorme tranquillamente. Le labbra sono leggermente socchiuse di quel rosso vivo che ti vien voglia di assaggiare, gli occhi grigi celati ed i capelli scompigliati che le ricadono sulla fronte.
-Quanto è bella?- chiedo involontariamente ad alta voce.
Haymitch ridacchia storcendo il naso ironicamente.
-Ma è tanto lontana da me...- dico con estrema sincerità.
-Peeta... dalle tempo. Continui a desiderarla dentro di te e sono sicuro che tu glielo abbia anche detto e dimostrato più volte ma... lei è insicura, fin troppo fragile.- mi spiega paternamente.
-Questo lo so, Haymitch.- dico -so anche che mi ama... lo so...- dico con la voce che trema, una punta di insicurezza la anima.
Guardo i grigi occhi del mio ex mentore. Danno sicurezza, confermano ciò che penso, ed ora so che anche lui vede, crede con i miei stessi occhi.  
 


*angolo autrice*
Ciao (: come sempre ringrazio chi mi segue e  chi ha aggiunto la storia alle preferite.. ringrazio chi recensendo mi ha fatto cosa pensa della storia.. grazie davvero ^^
Vi informo di un probabilissimo rating rosso nei capitoli a seguire, forse tra uno o due.. perchè vi prepariate..
Che altro dire? mi farebbe sempre piacere qualche recensione ;)
A presto 
Fra_atlas



 

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Capitolo 10
*** Unescapable ***


UNESCAPABLE
 
Katniss POV
 
Sono cullata da un mare dolce, a me sconosciuto. Ha un odore forte, tanto forte da farmi girare la testa, da farmela letteralmente perdere.
Mi perdo in pensieri incoerenti e penso a me, alla mia vita, a Peeta. A quello che resta di un passato doloroso: i mattoni di un edificio instabile, fatiscente che alla minima scossa si è distrutto lasciando dietro di sé sola polvere. Oltre noi due. Soli in questo irrimediabile caos.
Il liquido che mi circonda si fa sempre più mosso, come in preda ad una tempesta. Ed io nuoto, o almeno tento di farlo. Muovo le braccia goffamente, inutilmente. Tutto intorno a me si fa più denso e diventa sempre più difficile restare a galla. Sto affogando ed ho paura. Di morire. Di lasciare quell’ultimo mattone rimastomi. Quell’ ultimo frammento che potrebbe farmi rivivere. Ma che mai ho voluto realmente afferrare, a cui mai ho voluto sostenermi, assicurarmi…
 
 
Mi sveglio sudata. La stanza in cui mi trovo è la stessa di sempre. Peeta deve avermi portata in braccio fino a casa. Il suo lato del letto è vuoto; le lenzuola sono disfatte e disordinate. Sembrano descrivermi il suo stato d’animo; pieno di pensieri, evidentemente preoccupato dopo la mia ennesima sbronza.
Sono ancora stordita dall’alcool e da quello che è successo. Del fatto che dopo tanto tempo sono riuscita ad ammettere di amarlo. Ho finalmente capito che voglio lui. Lo voglio per il resto della vita. Non come l’ho voluto sin ora. Coinquilino, amico, fidato. Comunque indispensabile ma non abbastanza vicino. Ora lo voglio come l’ho sempre voluto, ma come mai ho voluto ammettere. Ora lo voglio compagno, innamorato, amante. E so di essere egoista. Perché lui mi ama dal giorno in cui cantai ed io, mai mi resi conto di volerlo in questo modo. Ma ora so di volerlo, di desiderarlo con tutta me stessa. Senza paure, senza regole. La sua persona mi ha spogliata di qualunque corazza. E la Katniss che tutta Panem conosce; quella sfacciata, coraggiosa, che non guarda in faccia nessuno, ora sembra diversa,  vinta dall’ amore. Ora, si può perdere soltanto nell’azzurro ed ogni sua sfumatura ed in ogni sentimento, con tutta se stessa.
E sono debole, ora. Forse lo sono sempre stata. Ma sono orgogliosa, troppo. Ho sempre camuffato tutto fin troppo bene.
Ma la sua bontà, la sua gentilezza, i suoi dolci gesti mi hanno conquistata pian piano, con lentezza infinita. Mi sono innamorata di lui, giorno dopo giorno un poco di più. Ed io inconsapevolmente mi lasciavo travolgere; da quell’onda, ogni giorno più calda, più dolce, più amorevole. Che inesorabilmente carezzava la mia pelle, plasmandola a suo piacimento.
Perché ora so che tutto ciò era inevitabile.
 
 
La porta si apre silenziosamente. Entra il mio ragazzo del pane. I capelli biondi arruffati, gli occhi stanchi, preoccupati. La causa di tutto ciò sono naturalmente io. La mia scomparsa ma più di ogni altra cosa la mia debolezza. M  i ha portata a bere tanto da stare male. Ma devo ammetterlo non tollero molto l’alcool. La linea è sottile.
Guardo Peeta dinanzi a me. E’ esausto, gli occhi segnati dalla stanchezza. Ma tutto ciò non altera la sua straordinaria bellezza. L’azzurro dei suoi occhi è lo stesso di sempre. Il cielo di primavera. Che mi sorride, ora in preda ad un vento dolce. Come tempestato da rosati petali di ciliegio in fiore.
-Sei sveglia.- dice sorridendo.
Porta tra le mani un vassoio. Quindi lo poggia sulle mie cosce, nascoste dalle lenzuola.
-Buongiorno- lo saluto.
Si siede accanto a me invitandomi a servirmi. Addento un biscotto ancora caldo.
-Che vuoi fare oggi?- mi chiede dolcemente.
Oggi è il suo giorno libero, giorno in cui solitamente ci dedichiamo l’uno all’altra.
-Ti va un pic-nic?- domando.
-Certo che si- dice sorridendomi.
 
****
 
-Non devo più permetterti di andare da Haymitch...- osserva scherzosamente.
-L’hai voluto tu...- dico ridendo e spingendolo scherzosamente.
-Colpa mia...- dice in una smorfia, spingendomi a sua volta.
Ed è ciò che realmente pensa, perché credo mai penserà solamente a se stesso.
-Che ne dici di quell’albero?- chiedo indicandolo.
E’ maestoso; si erge in un campo fiorito, in una zona del distretto che non sono solita frequentare, essendo molto vicina alle miniere. Dopo la morte di mio padre sono sempre stata il più lontano possibile da qui. Troppi ricordi, troppo dolore.
-E’ perfetto.- dice sorridendomi.
Ci dirigiamo verso l’albero. Il sole è forte ma il fogliame fitto ci protegge perfettamente. E’ una quercia e dalle dimensioni deduco sia piuttosto antica. I rami sono robusti e massicci.
-Che cosa stai tramando?- mi chiede Peeta curioso.
-Saliamo su?- chiedo.
-Stai scherzando...- dice ridendo.
Afferro il cestino che ha in mano e comincio la salita. Raggiungo il ramo più robusto e mi ci appollaio sopra. L’altezza è notevole e Peeta sotto di me è ridotto. Mi guarda scuotendo il capo, gli occhi fissi nei miei, il sorriso stampato sulle labbra.
-Arrivo.- dice.
Non sono sicura riesca, a causa della protesi e del fatto che mai è salito su un albero.
-Sei mai salito su un albero?- gli chiedo.
-Certo...- dice, ma è chiaro che sta mentendo.
Inizia la salita. Una mano, un piede, l’altro...
Un passo, due, tre... schiena a terra. Il colpo è forte e il suo viso si contorce per un attimo. Scendo velocemente. Gli afferro la mano e lo aiuto ad alzarsi.
-Ti insegno.- dico con tono altezzoso.
-Ok...- ride di gusto.
Gli mostro come arrampicarsi, come afferrare la corteccia ruvida e come posizionare i piedi. Dopo mezz’ora di tentativi riusciamo insieme a raggiungere il ramo.
-Se non fossi conosciuto in tutta Panem per quello che sono; nessuno si azzarderebbe mai a pensare che sono sopravvissuto a due edizioni degli Hunger Games...-dice sorridendomi.
Ricambio il sorriso guardando le sue mani arrossate e scorticate dalla salita.
-Sei stato impeccabile, oggi.- dico guardando lontano -non avresti mai pensato di salire quassù, vero?-
-Katniss, per te farei qualunque cosa, lo sai...- dice ed i suoi occhi trasmettono solo calore.
-Mi è capitato di accorgermene di tanto in tanto.-
-Non sono bravo a non farmi notare...- dice ridendo.
-Ho sempre pensato fossi troppo rumoroso...- ammetto ridendo.
Ci ritroviamo quassù. Le gambe a penzoloni ed il sorriso stampato sulle labbra. Il vento tra i capelli ed il solo verde intorno a noi.
Ed io, che ho solo l’azzurro dei suoi occhi nella testa, fisso le sue labbra e come spinta da una forza inspiegabile e superiore le assaggio. Assaporandole. Gioco con la sua lingua soffermandomi dentro di lui. Il suo sapore è unico. Lo conosco da molto ma soltanto ora lo sento davvero, sentendolo mio. Un vortice di emozioni mi cattura e non posso desiderare altro che lui. Le sue labbra. I suoi occhi. Il suo sapore.
Ci stacchiamo controvoglia per riprendere fiato. La nostra fame non è saziata, ma credo non la placheremo mai.
-Rischiamo di cadere giù...- dice ansimando con un sorriso.
-Non m’importa.- dico sulle sue labbra.
Ora ci scambiamo baci dolci e sfuggenti. Le labbra ancora umide di quelli bollenti di prima. Lo guardo negli occhi e sono sicura di ciò che sto per rivelargli, perché dopo tanto tempo voglio farlo.
-Ti amo.-
Mi guarda ed il mare scorre per un attimo nei suoi occhi, un fiume in piena, prendono vita. Le sue labbra si stendono in un dolcissimo sorriso e le sue braccia mi avvolgono, forti.
-Anch’io ti amo, Katniss.- mi sussurra in un orecchio, come se fosse la cosa più naturale e normale da dire. Rabbrividisco sentendoglielo dire.
Per una volta dopo tanto tempo mi sento felice. Nonostante le ferite, i ricordi, gli incubi. Peeta è con me. Siamo insieme. Tutto il resto non ha importanza.


*angolo dell'autrice*
Ciao (: grazie per aver letto! Mi scuso per il clamoroso ritardo, quest' ultimo periodo scolastico mi distrugge... spero di aggiornare presto ^^
Come sempre, qualche vostro pensiero, critica, parere mi farebbe felice.. se vi va di scrivere qualcosina ;D
Grazie a tutti, un abbraccio
fra

 

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Capitolo 11
*** Dream ***


 
DREAM
 Peeta’s POV
 
La vita mi sorride. Ogni giorno è più bello, luminoso, migliore del precedente. Lavoro con passione ma con la testa costantemente persa in pensieri che hanno le sembianze di sogni. Ho pensato per un po’ che lo fossero. Ma i sogni non sono ugualmente lunghi, ma più di ogni altra cosa ugualmente reali ed emozionanti. Dopo tanto buio mai mi sarei aspettato altrettanta luce, altrettanta bellezza. Mi sono sentito come chiuso in una stanza, celato nell’oscurità per mesi, quando ad un tratto la luce è tornata con tanta violenza e prepotenza da accecarmi. Lei è la mia luce, colei che mi fa vivere e mi nutre.
 
 
E’ entrata prepotentemente nella mia vita, si potrebbe definire colpo di fulmine ma io non credo sia tutto ciò. Quel giorno, che ancora ricordo perfettamente, la vidi per la prima volta. Cantò. E fu la sua voce a plasmarmi. Fu la sua voce, oltre la sua piccola persona. Il suo timbro, il suo tono dolce. Ogni secondo che passava, ogni parola che faceva uscire dalle sue labbra mi emozionava. E mi faceva innamorare di lei un poco di più. Lentamente. La stanza con un camino ed un fuoco timido che divora la legna, lei è questo. Fuoco che culla e accarezza ma lentamente divora, quasi distrugge facendo suo tutto ciò che incontra. Cantando, mi ha plasmato, intrappolandomi in una rete dalla quale mai riuscirò e vorrò uscire.
Ed io; l’ho sempre amata in silenzio. Guardandola in lontananza. Senza rancore o malinconia. Mai sconfitto nonostante la volessi ma non la potessi avere, ma completo di qualcosa che doveva essere parte di me da sempre. Che stavo solo cercando ed aspettando. Lei.
 
Dopo quel giorno tante cose sono cambiate, dopo quelle due parole sussurrate sull’albero, le settimane passate da quel giorno. Ma lei no. Perché lei è sempre lei. La Katniss testarda e determinata. La ragazza che amo. Mi bacia spesso, diversamente da prima, ma è sempre lei. Forse le sue labbra baciano in maniera diversa, più consapevole e decisa ma il loro sapore è quello di sempre; l’amore che esprimono è lo stesso che sentii durante l’edizione della memoria, sulla spiaggia. Ecco, fu quello il momento in cui mi disse per la prima volta che aveva realmente bisogno di me e non soltanto con le parole ma anche con il corpo. Il modo in cui mi trasmise calore fu forte e ancora lo ricordo, bruciante sulla pelle.
 
Poi ci siamo persi. Ma va bene così. Se fosse stata lei a subire ciò che ho dovuto subire io sarei impazzito. Saperla nelle mani di quell’uomo e della sua mente malvagia e perversa mi avrebbe segnato. E bruciato a tal punto da farmi desiderare la morte.
Quell’uomo ha sepolto ogni mio ricordo di lei. Probabilmente aveva intenzione di cancellare ogni cosa oltre a modificarla. Ma no, così sarebbe stato troppo facile. Doveva distruggerci. Sgretolare tutto con una tale cattiveria da renderci nemici.  Quell’uomo soltanto ci ha distrutti, insieme a tutto ciò che avevamo costruito. Ed ora siamo qui, insieme nello stesso letto. E sono ancora incredulo del fatto che ogni cosa sia così perfetta; che ogni ricordo modificato ora mi appartiene, vero ed emozionante come un tempo.
Lei dorme beata. Le palpebre abbassate ed un espressione di felicità sul volto. Credo lo sia davvero, perché a me basta soltanto questo. Vederla felice.
Ogni notte mi stringe fra le sue braccia e non c’è più alcun timore, alcuna paura nell’amare. Perché è questo ciò che sempre l’ha bloccata, mi ripeto come a volermi convincere.
Anch’io sono più forte. Dopo l’episodio in panetteria non sono stato più vinto dalle menzogne. Ora, come allora l’unica cosa che ho in testa è lei. Fa parte di me, è nella mia mente, nel mio corpo, nella mia anima.
Sull’albero mi ha detto di amarmi, non mi basta che quello, del resto è ciò che ho sempre desiderato. Ma nel momento in cui ha detto quelle due sole parole, quel momento è stato pura emozione. Pelle che rabbrividiva. Stomaco che si contorceva. Ora, guardando le sue labbra le rivedo parlare; le rivedo rosee, tremanti che rivelano quelle due parole. E scalpito come un bambino al pensiero di riassaggiarle. Di saperle ormai mie. Assecondo quel capriccio accarezzandole il viso, con tutta la dolcezza che riesco a trasmettere. Le mie dita sono piume sulla sua pelle. I suoi occhi si aprono lentamente, svelando il grigio che ormai popola i miei sogni più piacevoli. Ritraggo la mano di scatto, sussurrando uno “scusa”. Mi sento quasi intimorito da lei per un attimo, dalla sua disarmante bellezza.
Alza lo sguardo su di me e senza dire una parola mi attira a sé. Nascondendo la testa nel mio petto, inizia ad accarezzarmi i capelli con una tale esigenza da intimorirmi nuovamente.
Erano stati pochi i momenti in cui in cui lasciava trasparire ciò che provava come in questo momento. Spesso non mi parla, sparisce nel bosco quasi evitandomi. Non la accuso di nulla, so quanto ancora soffre. Dopo una vita come la nostra, dopo tutte le perdite che abbiamo subito è difficile riprendersi ed essere felici.
Le accarezzo la schiena con lentezza, la sua pelle è bollente sotto la maglietta. Mi bacia il collo e per un attimo penso a qualche tempo fa, quando pianse e mi fece eccitare tanto con quei baci bollenti da farmi desiderare di più, sempre di più.
Ero più animale che uomo. Non c’era amore in quel momento e lo sentivo, c’era disperazione e dolore. Quindi tutto si interruppe nonostante fossi consapevole di cosa stava per accadere. E nonostante lo desiderassi e avessi desiderato per tanto tempo fui sollevato che non fosse accaduto in quel modo. Ma ora…
C’è solo fuoco intorno a noi. E amore, tanto amore che scorre sulla nostra pelle. Mi sfila la maglietta e rabbrividisco di piacere quando le sue mani toccano la mia pelle. Le accarezzo i seni da sopra la stoffa sottile e la sento sospirare sul mio collo. Percorro ora la sua pelle bollente senza alcun ostacolo, quindi giungo a toccare un suo seno. Morbido e piccolo tra le mie dita. Inizio a massaggiarlo in ogni punto compreso il più sensibile, ed ogni volta che lo sfioro la sento più vicina ed accaldata. Percorro il suo ventre con la punta delle dita giungendo sino all’orlo dei pantaloni. Mi blocco, indeciso. E’ davvero pronta? Sono davvero pronto?
Scosta la testa dalla mia spalla e mi guarda, guarda la mia mano e con lentezza la afferra portandosela sul viso, premendosela sulla guancia arrossata. Non è pronta, ma va bene così. La amo, la amo come non mai. E spero, sogno di vivere così per sempre.
 
 
*Note autrice*
Questo capitolo è breve
(perdonami LALY_ :')
ma ho provato a disegnare e mostrare un po’
il rapporto più “maturo” tra i due piccioncini.
C’è ancora insicurezza ma GIURO ancora per poco.
Ringrazio Nina93, LALY_ e Greisundead per le bellissime
(e per me indispensabili) recensioni ♥
Spero qualcuno sia tanto gentile da recensire anche questo ^_^
A presto
Fra♥

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Capitolo 12
*** Demons ***


DEMONS

Katniss POV
 
Non mi lasciano andare,
fanno parte di me.
  Ma oramai non distruggono...
Rivelano.
 
Poso l’arco sul tavolo; i conigli accanto, privi di vita. Freddi come l’inverno che arriverà. Che è già pungente mentre le foglie iniziano a colorarsi e tutto sembra quasi addormentarsi. Ma la mia voglia di cacciare resta viva, sempre. Freme, ogni volta che il mio viso viene colpito dalla brezza fresca e dall’ umido profumo del muschio. Un richiamo irresistibile.
Mi guardo intorno. La casa è vuota e silenziosa. Peeta tornerà tra qualche ora. Lo vorrei già qui. Vorrei baciarlo. E parlargli. Parlargli dei bellissimi cerbiatti che oggi ho visto, piccoli e fragili, insicuri sulle loro zampe. Ho sorriso pensando a me stessa, alla mia insicurezza legata all’amore. Alle mie mani tremanti, ai miei occhi grigi che sfuggono, al rossore sul viso. In quei momenti mi chiedo che mi succeda; sono debole, materia facilmente plasmabile dalle sue bianche ed esperte mani. Tavola scura ora dipinta di colori candidi ma allo stesso tempo caldi, rossi come i nostri sentimenti.
Addento una focaccina e mi trascino verso le scale. Sono esausta, nel bosco ho corso. Come spinta dal vento, in un luogo che sento solo mio. Mi sdraio sul letto, accoccolandomi su un fianco. La mente vuota, il corpo rilassato. Che viene sconfitto con lentezza dal sonno.
 


-Katniss!- la sua voce urla il mio nome con forza, oltre che con dolore.
E’ tutto vuoto, immensamente triste. Il distretto grigio, di tante diverse sfumature. Le strade. Le case. Le poche persone che non sono del tutto sicura di vedere. Forse sono fantasmi. Ombre, ricordi.
Ogni volta che pronuncia il mio nome, una scossa mi percuote. Forte e disperata. Diversa. Perché la sua voce è diversa. Non rassicura, non trasmette il solito calore. E’ fredda e implorante. Devo trovarlo il prima possibile. Ha bisogno di me.
Decido di dirigermi verso il villaggio dei vincitori percorrendo questo distretto che non sento mio, così triste e vuoto.
Sono ora davanti a casa nostra ed è da lì che giunge la sua voce, implorante, che ferisce. Entro velocemente, quasi correndo. Chiamo il suo nome. Spalanco la porta e le gambe quasi mi cedono. La casa è completamente vuota, tetra. Non vi è nulla oltre la polvere e le ragnatele.
E la sua voce che mi rimbomba nelle orecchie; ogni secondo che passa un po’ di più. E diventa quasi accusatoria, il suo tono è duro e aggressivo. Come quello del Peeta che non riuscivo a riconoscere, quello degli episodi, quello del terribile periodo della guerra.
Mi tappo le orecchie cominciando ad urlare, voglio sovrastare la sua voce. La voce di qualcuno che qui non c’è più, che è ormai un fantasma in questa casa e un demone nei miei occhi.
 
 


-Katniss...- la sua voce è dolce nelle mie orecchie.
Le sue braccia mi cullano, le sue mani mi accarezzano.
Apro gli occhi e incontro i suoi, azzurri e preoccupati. Peeta. E’ vivo.
Il macigno che avevo sul cuore si dissolve in un attimo mentre un pianto isterico mi pervade. Sento il sapore delle mie lacrime sulle labbra, che lui raccoglie baciandomi le guancie. Poi, ci perdiamo in un bacio dolcissimo, mischiandoci.
-Sei qui...- dico in un singulto.
-Sì, Katniss. Sono qui. Tranquilla, sono qui- mi rassicura carezzandomi la treccia disfatta.
-Ho sognato che non c’eri più. Eri andato via, ero sola...- dico con tristezza pensandolo lontano. Quell’incubo ha voluto rivelarmi qualcosa. Mi ha mostrato la paura che temo più di ogni altra. Quella di perderlo. Forse è questo che lui farebbe. Mi lascerebbe. Del resto io cosa gli do? Sono insicura e fredda. Lo amo ma non abbastanza. Lo amo, ma non come lui ama me.
-Katniss, sai che non ti lascerò mai. Sono qui e sarò sempre qui. Ti amo- dice tra le mie labbra umide. Come ogni cosa intorno a noi; le lenzuola appiccicate alla nostra pelle, i nostri corpi sudati persi l’uno nell’altra.
-Ti amo anch’io. Ma... non so se abbastanza. Ho paura di perderti, ho paura di non renderti felice.- ammetto guardandolo negli occhi.
Peeta poggia la sua fronte sulla mia mentre le sue dita mi accarezzano il viso bagnato di lacrime. Un sorriso amaro, a tratti triste appare sul suo viso, brilla quasi alla luce pallida della luna.
-Katniss...- continua al accarezzarmi il viso –ma io ti amo, come posso lasciarti andare? L’avrei fatto soltanto se non fossi riuscito a combattere gli episodi, o se tu non mi avessi voluto accanto. In quel caso me ne sarei andato...-
-Peeta...- dico consapevole del fatto che lui prima di ogni altra cosa penserà a me e non a se stesso -...ma tu sei felice?-
-Certo, mi basta averti accanto. Mi bastano i tuoi baci, mi basta svegliarmi sapendoti accanto a me. Sono felice se ho te.-
Ho la sensazione che stia mentendo a se stesso. So quanto desideri formare una famiglia, so quanto desideri formarla con me.
Probabilmente non è l’unico a mentire. Forse dovrei smetterla di reprimere ciò che provo e voglio. Devo smetterla di reprimere questo desiderio.
Mi avvicino alle sue labbra e le assaggio, indugiando e assaporandole.
-Dobbiamo smetterla di mentirci- dico sulle sue labbra dischiuse che sento tendersi in un sorriso sottile.
-Lo vuoi davvero?- chiede e sento la sua voce ricolma di emozione.
-Voglio te- dico e ricominciamo a perderci l’uno nell’altra.
Ricominciamo a sognare.
 
*note autrice*
Ciao a tutti
grazie per aver letto e per il supporto che sempre mi date..
spero mi farete sapere cosa ne pensate anche questa volta (:
Volevo ringraziare particolarmente tutti quelli
che hanno recensito.. Nina93, LALY_ e Greisundead per il supporto
che mi danno in ogni singolo capitolo.
Mockingjay_00, TheJessShow, Valeriaspanu e Tonks87
e infine Bea ♥
 ...grazie
 
 Fra ♥

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Capitolo 13
*** One thing ***


ONE THING

Katniss POV
 
Io e te…
Quanti momenti abbiamo vissuto,
quante emozioni abbiamo provato,
quanti incubi abbiamo affrontato...
Senti ora questo sogno sulla pelle
che stiamo vivendo insieme?
 

Mi sfila con delicatezza la maglietta ed io mi lascio guidare da lui. Mi abbandono a lui. Alle sue labbra e alle sue mani che mi esplorano come mai prima di questa notte.
Accarezzo il suo petto nudo e sento fremere dentro  di lui qualcosa. Come un istinto primitivo, come un desiderio irrefrenabile. E so che lui sta percependo lo stesso dentro di me. La voglia di amarlo. Di sentirlo mio per la prima volta.
Cerca di sganciarmi il reggiseno, armeggia con il ferretto e poco dopo si arrende con una smorfia. Ride sul mio collo.
-Sono un disastro.-
Sorrido accarezzandogli i capelli arruffati. Mi sfilo il reggiseno e poco dopo sento le sue dita sui miei seni. Quasi tremano mentre incontrano la mia pelle ed i suoi occhi si fondono con i miei.
Mi sorprendo a sospirare quando le sue labbra incontrano il mio petto, lasciano una scia umida al loro passaggio, assaggiando i miei capezzoli.
E’ tutto così dolce, perché è lui ad esserlo. E’ bontà e dolcezza pura. Ascolta soltanto le mie esigenze, meno le sue. E si perde in me, si prende cura esclusivamente di me. Mi culla e mi bacia come se volesse proteggermi, quasi custodirmi.
Perché siamo così... foglie trasportate dal vento che non possono nulla contro ciò che le spinge. Siamo come barchette di carta nel mare. Siamo come fiocchi di neve nel cielo. Fragili, ma forti insieme.
Succubi di qualcosa di grande a cui non possiamo e non vogliamo nulla...
E siamo qui, ormai completamente nudi, coperti da piccoli e insignificanti brandelli di tessuto.
Le sue mani si spostano sempre più giù, toccano ora l’orlo delle mie mutandine. Mi guarda come a chiedermi il permesso ed io accompagno il movimento delle sue mani verso il basso sfuggendo ai suoi occhi che mi cercano più del suo corpo, più di ogni altra cosa. E arrossisco, vado a fuoco mentre lui me le sfila.
-Katniss, guardami- mi sorprendo a quelle parole -ho bisogno dei tuoi occhi, ho bisogno di sapere che non sto sbagliando, ho bisogno di sapere se ciò che faccio è ciò che desideri... - è agitato, quasi impaurito per il semplice fatto che lo sono anch’io.
-Andrà tutto bene- lo rassicuro accarezzandogli il viso –siamo insieme.-
-Sempre- le sue labbra incontrano le mie mentre le sue dita scendono a sfiorare quella parte di me che non è mai stata violata. Sussulto tesa. Persa; non capisco che cosa mi stia accadendo.
Inizio a provare qualcosa di completamente nuovo e sono contenta perché questo piacere me lo sta donando Peeta. E sono certa che lui sia il solo capace di farmi sentire così.
Comincio a gemere, le sue dita sembrano bollenti mentre con dolcezza massaggiano il mio centro, quel punto da cui sento irradiarsi tutto questo piacere.
E fremo quando sento un suo dito sulla mia apertura che poco dopo viene riempita.
-Peeta...- gemo forte mentre un calore crescente si impossessa di me.
Accompagno inconsciamente i movimenti delle sue dita dentro di me con il bacino. Sposto lo sguardo verso di lui; il suo naso sulla mia guancia, le sue labbra che assaggiano il mio volto. Guardo l’azzurro dei suoi occhi innocenti e sposto una mano dietro la sua testa. Le dita tra i suoi capelli.
-Peeta, ti prego...- ansimo -fermati.-
Mi guarda e lentamente esce da me. Mi lascio sfuggire un gemito quando le sue dita sfiorano nuovamente il mio centro. Poi, con lentezza infinita risalgono verso il mio viso bagnandomi il ventre dei miei stessi umori.
-Perché Katniss?- mi chiede col fiato corto contro la mia guancia arrossata.
-Voglio... sentirti meglio, Peeta- ammetto e lui subito mi guarda. Ed il suo sguardo è puro calore.
Sposto lo sguardo sull’ultimo brandello di stoffa che indossa e arrossisco notando la sua eccitazione.
Porto le mani tremanti sul suo bacino sfilando quella stoffa ormai inutile; le mie mani finiscono per sfiorarlo ed un gemito roco esce dalle labbra di Peeta mescolandosi con le mie mie.
Le mie dita tremano a mezz’aria, come bloccate dalla paura di donargli piacere. Sono le sue a chiudersi tra le mie, se le porta sulle labbra baciandomi ad una ad una le nocche e subito dopo i polpastrelli. Tremo a quel semplice gesto.
-Katniss, va bene così...- sussurra al mio orecchio –non immagini quanto io sia felice anche solo in questo istante.-
Gli sorrido per un attimo e subito dopo faccio combaciare le mie labbra con le sue.
Finiamo l’uno sull’altra, le mie gambe intorno al suo bacino. Sento la sua eccitazione sfregare contro il mio centro e fremo emettendo un gemito. La sua punta è ora contro di me.
Guardo i suoi occhi e vedo ogni cosa. In quell’azzurro c’è ogni cosa. La felicità, la speranza, una vita che posso ancora apprezzare.
Lo sento spingere delicatamente e ancora fisso quegli occhi. Preoccupati.  
Peeta... non mi farai del male, lo so.
Entra dentro me ed io mi alzo sui gomiti per baciare le sue labbra arrossate.
-Andrà tutto bene...- è un sussurro il mio mentre lui entra più in profondità.
Una fitta di dolore mi colpisce, e lui soffre in per un attimo con me.
-E’ meglio smettere-
-No, no... va tutto bene.- dico dolcemente rassicurandolo -voglio fare l’amore con te-
Un sorriso fiorisce sulle sue labbra e ci perdiamo in un bacio che sa del nostro amore. I nostri corpi si abituano l’uno all’altro. Si modellano l’uno sull’altro. Ora mi sento completa, pronta a vivere.
Inizia a muoversi lentamente. E sento un fuoco che si consuma. Proprio lì, tra noi due. Noi due che dopo tanto siamo arrivati qui.
Dopo aver lottato, combattuto, dopo essere sopravvissuti a qualcosa di troppo grande e crudele per due ragazzini. Dopo esserci mentiti per tanto, troppo tempo. Dopo esserci persi. Dopo essere cambiati. Dopo aver sofferto e provato il dolore sulla pelle, nel cuore, nelle ossa; siamo qui ad amarci.
 A far l’amore, a consumarci in un orgasmo che brucia in ogni atomo del nostro corpo. Che preme su ogni ferita e su ogni cicatrice. Ansimiamo insieme e siamo una cosa sola.
E bruciamo, consumando ogni cosa.
E gemiamo, dimenticando ogni cosa.
Ci siamo solo io e Peeta.
E questa gioia che ci consuma.
 
*angolino autrice*
Buonasera a tutti, mi scuso per il ritardo ma la scuola mi distrugge e non riesco ad aggiornare quando vorrei…
Voglio ringraziare tutti voi che leggete ma ancor di più tutti voi che recensite e mi appoggiate sempre ^_^
Questo capitolo è stato difficile, devo ammetterlo ma spero comunque sia venuto decente, fatemi sapere se è così;)
Un’ultima cosa, ho riletto il capitolo precedente e mi sono accorta che il discorso notturno poteva essere benissimo inteso come alcune di voi hanno scritto nelle recensioni, sono davvero confusionaria e mi scuso. Kat avrebbe potuto tranquillamente aver detto sì ai bambini, ma a quello ci vuole ancora un po’.. per ora si danno a qualcos’altro ;)
Ora scappo a studiare storia dell’arte, un bacio ♥
...Grazie...
 Fra ♥

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Capitolo 14
*** Last beat ***


 
Last beat

Katniss POV
 

Mi sveglio tra le braccia di Peeta; dorme beatamente e dalla sua espressione non traspare alcun segno di turbamento. Spero che, come me non abbia avuto incubi questa notte. Sono quasi del tutto certa che sia così.
Ma so che non ci lasceranno mai; che tutte le ferite che questa vita ci ha inflitto non scompariranno mai. Sono ancora lì, le vedo sul corpo nudo di Peeta. Sento bruciare le mie; il rimorso di essere stata io la causa di quelle cicatrici, ancora visibili e ormai indelebili.
Accarezzo la cicatrice che ha sul volto; profonda e frastagliata che gli attraversa un sopracciglio. Nello stesso istante tocco una delle mie, proprio sotto un seno e una fitta di dolore mi percuote da capo a piedi. Siamo entrambi feriti e segnati nella carne e la colpa di tutto ciò non è altro che mia.
Se l’avessi salvato, se in quella seconda arena le cose fossero state diverse; forse ora lui starebbe meglio, sarebbe il mio ragazzo del pane di un tempo. Non dovrebbe combattere tra la realtà e la menzogna che continuamente lo divora, il pensiero di me come ibrido non gli apparterebbe.
Ma forse non saremmo neppure qui, abbracciati dopo aver fatto l’amore. Perché è stato nel dolore, nella disgrazia e nella disperazione che ci siamo ritrovati. Perché entrambi credevamo in quest’amore e abbiamo lottato per ritrovarci, per riavere ciò che ci rendeva vivi; ciò che prima di tanto orrore era forte nonostante fosse incerto. Abbiamo affrontato tutto insieme, proteggendoci l’un l’altro, sempre. Ed anche quando i suoi occhi perdono il loro colore, io sono lì, pronta a lottare per riavere quell’innocente azzurro.
Accarezzo dolcemente il viso di Peeta e sguscio via dalle sue braccia. 
Scendo le scale a piedi nudi dopo essermi vestita per andare a cacciare. So che Peeta mi vorrebbe con lui al momento del suo risveglio; ma so anche che capirebbe. Mi conosce bene e sa che ho bisogno di pensare, di stare sola con me stessa.
Prendo arco e frecce ed esco. L’aria è pungente sul mio viso appena dischiudo la porta. Mi metto a correre verso il bosco; non ho alcuna intenzione di girare la testa verso il villaggio. Non voglio tornare lì, rivedere la gente che tenta di tornare a prima di tutto, pensare a come tutto ciò è accaduto, pensare a Prim. 
Ricaccio le lacrime continuando a correre.


Slego il coniglio dai lacci, lacci che mi tornano utili in questo periodo dell’anno.
-Non sei cambiata per niente Catnip- sussulto a quella voce.
-A che cosa ti riferisci?-
-La caccia, è ancora molto per te.-
Non ho il coraggio di voltarmi; di rivedere il suo volto, i suoi occhi.
Giro lentamente la testa fino ad inquadrargli le gambe ed i piedi. Indossa vestiti costosi, scarpe nuove e lucidate. Scarpe tipiche del 2; abiti che probabilmente indossa durante le sue comparse televisive.
-Ma non è tutto- ribatto acida -cosa ci fai qui?- il mio tono è duro quasi accusatorio.
-Volevo rivedere il mio distretto, volevo sapere come stavano andando le cose qui, volevo...- si blocca, incapace di terminare la frase. 
Alzo lo sguardo su di lui, i suoi occhi sono puntati nei miei. Grigio contro grigio.
Due persone tanto simili e per questo tanto lontane...
-Volevo rivederti, Catnip- sputa fuori la verità e mi stupisco della dolcezza con cui ha ammesso ogni cosa. 
Mi alzo in piedi fissandolo.
-Io no. Non dopo tutto quello che è successo.- quasi urlo mentre gli occhi mi pizzicano.
-Katniss, non sono stato io a sganciare quella bomba, non…-
-Sta zitto! Le parole non servono a nulla, non voglio più sentire alcuna scusa!-
-Katniss, non sono scuse è la semplice realtà. Ma non pretendo che tu capisca; vorrei soltanto che mi perdonassi, vorrei tornare al 2 senza questo peso che mi attanaglia il cuore, ecco tutto.-
-Tu pretendi però di tornare qui dopo anni, di ritrovarmi pronta a perdonarti dopo avermi... abbandonata.- mi stupisco dell’ultima parola che sussurro; è sbagliata, non sa di nulla.
-Non volevi che ne andassi?- chiede stupito ed un calore illumina il grigio dei suoi occhi.
-Non ho detto quello- ribatto –ma sicuramente non mi aspettavo te ne andassi così, senza dire nulla, dopo tutto quello che siamo stati...-
-Che cosa siamo stati, Katniss?-
-Non lo so... ma ormai non ha più importanza.- ammetto e guardandolo noto che, almeno per ora non ha nulla del Gale di una volta. Il Gale testardo ma pur sempre buono; ora sembra un altro, vestito di quegli abiti che non sono suoi e di quel espressione fredda e vuota che non è propria del suo viso.


Parliamo un po’ ma non è lui. Siamo come tesi da milioni di fili e rimaniamo interminabili minuti, forse ore in silenzio. Accadeva anche una volta ma non era per nulla imbarazzante; erano silenzi che sapevano di qualcosa, carichi di mille parole. Qualcosa che ora non so spiegarmi.
-Come sta Peeta?- mi chiede ad un tratto guardando lontano verso il tramonto.
-Meglio.-
-Ha ancora provato ad ucciderti?- chiede ora con voce dura.
-Peeta non mi farà del male.- affermo sicura.
-Non puoi esserne certa!- ringhia.
-Ne sono assolutamente certa! Lui... mi ama. Come potrebbe?- inizialmente urlo, ora diviene sussurro.
Gale annuisce guardando lontano, guardiamo entrambi il tramonto stretti nei nostri vestiti. Sento il freddo anche qui, sotto tutti questi tessuti ma un calore improvviso mi colpisce mentre guardo colui che una volta era stato il mio migliore amico. E per un attimo mi sembra di essere tornata indietro nel tempo, quando ci amavamo in quel modo che ora non ha significato.
-Hai ragione, Catnip. Perdonami, perdonami di tutto...- fa per allungare una mano verso il mio corpo ma poco dopo la ritrae come pentito di quel gesto.
-Fallo Gale. Fallo per l’ultima volta... abbracciami.-
A quelle parole non esita. Le sue forti braccia mi circondano annullando lo spazio tra noi. Poso la testa sul suo petto e sento il suo cuore che batte forte. Sento di provare qualcosa per lui; ed è amore. Amore che non muterà mai, ma amore diverso. Non quell’amore che si prova tra i baci umidi, tra le parole che sanno di infinito nelle notti insonni, tra gli sguardi colmi di parole. Un amore diverso ma pur sempre amore.
Siamo quelli di una volta dopo tanto tempo e ci vogliamo il bene immenso di un tempo; ma solo finché i nostri cuori batteranno in sincrono e le nostre braccia continueranno a stringersi per quest’ultima volta.
E’ un addio ed entrambi lo sappiamo. 
Ci respiriamo per l’ultima volta, ascoltiamo i battiti dell’uno e dell’altra per un’ultima volta, sentiamo il tocco sulla pelle dell’altro ancora una volta e siamo consapevoli di ogni cosa.
Io amo Peeta. Gale mi ama, ma non significa nulla ormai.
 
*angolino autrice*

Ecco il nuovo capitolo che spero con tutto il cuore che vi abbia convinto!
Gale ci voleva, nonostante non sia un personaggio che amo dovevo inserirlo...
Quei due dovevano rivedersi ancora una volta
GRAZIE a tutti! A chi segue la storia o l’ha aggiunta alle preferite
E poi un grazie speciale a tutte coloro che hanno recensito, che mi sostengono sempre.
Spero mi farete sapere anche questa volta la vostra sullo sviluppo della storia (:


...Grazie...

Fra ♥

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Capitolo 15
*** Scraps ***


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Scraps


Katniss POV


Siamo come distrutti in tanti piccolissimi frammenti...
intorno a noi ogni cosa è devastata,
il passaggio di questo terribile uragano
ha allontanato me da te...



Mi dirigo verso casa, sposto più volte lo sguardo all’orizzonte come per essere certa di tutto ciò che è accaduto. Gale è stato realmente qui. Abbiamo parlato, ci siamo abbracciati. Tutto ciò per l’ultima volta.
Mi passo le mani sul volto come per cancellare tutta la nube di pensieri che ho in testa. Spesso mi è difficile distinguere tra realtà e sogno, spesso sanno essere molto simili. Ho percepito sulla pelle il momento in cui si confondono; il momento in cui la realtà è dolce e tenue come il sogno ed il sogno è vero e brucia sulla pelle come la realtà.
Non sono poi tanto diversi: la realtà ha spesso le sembianze di sogno. Come quello dell’altra notte; era un sogno, ma vero. Lo sento ancora su di me e dentro me e non aspetto altro se non il momento di riviverlo. Con Peeta. Perché è solo con lui che ha quel sapore, quell’odore e quel colore.
La porta è socchiusa, il camino acceso. Entro in cucina. Mi lascio scappare un singulto mentre cerco con lo sguardo Peeta. Residui di piatti ormai completamente distrutti abitano il pavimento; e dente di leone. Tantissimi fiori gialli sono sparsi davanti ai miei piedi. I petali piccoli e allungati sono dappertutto, come strappati dal pistillo. Sento una fitta invadermi il petto pensando che soltanto un giorno fa, con un dolcissimo sorriso stampato in viso, Peeta me li ha portati. E’ arrivato con quel mazzo di fiori tra le mani e mille promesse che vedo ora sgretolate in altrettanti pezzi. 
Peeta è a terra, appoggiato al muro, il viso tra le mani mentre singhiozzi gli lacerano il petto.
E come se fossimo la stessa cosa inizio anch’io ad essere percossa dagli stessi spasmi. Come se fossimo fatti della stessa carne, come se guardassimo con gli stessi occhi, come se vivessimo al ritmo dei battiti dello stesso cuore...
Mi accovaccio davanti a lui e inizio a toccarlo cercando di imitare il modo in cui lui mi tranquillizza ogni notte. Quindi cerco di parlare, o almeno mi sforzo di farlo nonostante non sia cosa mia. Cerco il suo volto mentre gli accarezzo i ricci biondi, vorrei vedere i suoi occhi ma sono nascosti dietro le sue mani.
-Peeta, andrà tutto bene. Siamo insieme.- ripeto le sue parole, quelle che nelle notti più terribili mi riportano indietro; mi escono numerose e me ne sorprendo. Non sono mai stata brava con le parole. Ma ora... ora devo fargli sentire che ci sono in ogni modo, come mai è accaduto prima di oggi. Perché si sa... è sempre stato lui quello protettivo.
Le parole non sembrano toccarlo, sono acqua che scivola via, che passa senza lasciare traccia.
-Katniss, guarda che ho fatto...- singhiozza mostrandomi i cocci depositati a terra -non avrei problemi a fare lo stesso con te, te ne rendi conto?-
-Non m’importa.- affermo decisa.
-Potrei farlo senza problemi. Capisci?- 
-Peeta, ti ho detto che non m’importa.- devo fargli capire che di lui non ho paura, devo fargli capire che non mi farebbe mai del male.
-Sono un mostro.- una lacrima mi bagna mi riga il volto; come può il mio ragazzo del pane pensare una cosa del genere?
-Guardami Peeta. Guardami negli occhi e dimmi perché... perché tutto questo?- chiedo assaggiando le mie stesse lacrime.
Gli accarezzo i capelli biondi, le braccia, le mani, che con lentezza estenuante sposta dal volto. Gli occhi bassi, le labbra contratte.
-Ti prego, Peeta. Mi stai distruggendo... ti prego, parlami.- Sembra passare un’eternità, una dolorosissima eternità prima che lui apra bocca.
-Gale.- dichiara infine, gli occhi fissi nei miei.
Ah ecco il motivo... il motivo che l’ha distrutto, che l’ha riportato per un attimo nelle stanze di tortura di Capitol.
Prendo il suo viso tra le mani e senza dargli alcun secondo per rifiutarsi lo bacio. Premo le mie labbra sulle sue e le assaporo in ogni singolo centimetro. Sono umide e hanno il sapore salato delle lacrime che sono andate a depositarsi sulle sue labbra sottili. Cerca di divincolarsi, cerca di parlare, ma il suo corpo non sembra reagire ai suoi comandi, in tutta risposta mi ritrovo a soffocare tra le mie labbra i suoi gemiti.
Ma voglio dargli di più, voglio fargli capire che per me c’è soltanto lui. Non deve temermi, io so farlo stare bene ed è per questo che non sono un ibrido. Dipendo interamente da lui, la mia ancora di salvezza. L’unica persona che voglio proteggere, l’unica persona che mi è rimasta da proteggere. Se lui è distrutto lo sono anch’io. 
Sposto le mani dal suo volto alla sua cintura. Delicatamente gliela apro; non voglio spaventarlo, ora come ora ogni gesto brusco potrebbe portarmelo via.
Accarezzo lentamente la stoffa che lo contiene e lo sento gemere contro me.
Sto facendo la cosa giusta?
Probabilmente non ha importanza; siamo feriti, distrutti, segnati come lo saremo sempre, le cose non cambieranno.
Ora voglio solo fargli dimenticare ogni cosa e non c’è parola né sguardo che possa farlo.
Afferro delicatamente il suo membro portandolo fuori dalla stoffa.
-Insegnami...-sussurro ad un suo orecchio.
-Katniss...-
-Peeta... insegnami a darti piacere.- la voce mi esce appena, trema.
-Perché mi costringi a fare cose a cui non posso dire... no?- i suoi occhi sono oceano in tempesta.
-Voglio renderti felice. Farti capire che ci sei soltanto tu... per me.- abbasso lo sguardo sulle mie mani e arrossisco.
Mi sfiora il volto costringendomi ad alzare lo sguardo.
I suoi occhi sono ogni cosa, sembrano accarezzarmi. Nei suoi occhi scorre vita. Sono vita. 
Con titubanza avvolge la mano intorno alla mia.
Sfiora le sue labbra con le mie.
La sua mano inizia a muoversi. Compie movimenti lenti ed io li assecondo. Sento la sua pelle tenderli sotto il mio tocco. Lo sento duro intorno alle mie dite. Caldo e pulsante.
Le nostre labbra si sfiorano in un gioco struggente e umido. Le sue si spostano poi lungo il mio collo e dolcemente lo assaggiano mentre si lasciano sfuggire gemiti rochi e crescendo sempre più forte.
Con le dita cerca il mio centro ma afferro le sue dita prima che possa sfiorarlo.
Devo pensare solo a lui, deve pensare solo a se stesso.
Porta la testa indietro, contro il muro. Mi permetto di osservarlo, la sua bellezza è disarmante. I capelli umidi appiccicati alla fronte ampia, il rossore delle sue guance sul suo viso chiaro, gli occhi azzurri che mi fissano in preda alla tempesta più sconvolgente.
Peeta... quanta vita sei?
Le mani sono a terra. Strette a pugno nella tensione più assoluta. Il suo bacino viene incontro ai miei movimenti e so che ormai è dominato dalle emozioni più profonde.
Ma mi blocca. Mi afferra il polso con dolcezza prima di raggiungere il paradiso.
Mi accarezza il viso e le mani portandosele al petto.
Noto le mie, bagnate di lui; note le sue, sporche di sangue e lo guardo interrogativa.
-Oh...- dice sorpreso; poi, aprendole notiamo che ci sono diversi frammenti di piatti distrutti conficcati nella pelle chiara.
-Colpa mia- sorrido dolcemente.
La troppa foga deve averlo portato addirittura a questo.
-Direi che ne è valsa la pena, Kat e devo ammetterlo...- arrossisce lievemente –impari in fretta.-
Rido e lo faccio sedere sulla poltrona, davanti al camino acceso mentre cerco l'occorrente per guarirlo.
 
*angolino autrice*
Buonasera!
Ho rischiato pubblicando questo capitolo, 
forse lo troverete troppo spinto e poco adatto
o forse lo apprezzerete ^_^
Beh, spero mi farete sapere!
Ringrazio come sempre tutti quelli che seguono e recensiscono la storia
ma un ringraziamento speciale va alla mia Candyce,
perchè è così u.u lo stupendo banner è opera sua!!
Alla prossima... un bacio, Fra



 

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Capitolo 16
*** Monster ***


Monster
 
For a second I was in control
I had it once I lost it though
And all along the fire below would rise
And I wish you could have let me know
What’s really going on below
I’ve lost you now, you let me go


But one last time
Tell me you love me
If you don’t then lie
Oh lie to me
(True love, Coldplay)
 
Peeta’s POV
 
La vedo allontanarsi; il viso leggermente accaldato, gli occhi guardinghi, le labbra ancora umide e arrossate.
Mi lascio andare sulla poltrona senza riuscire a distogliere gli occhi dal suo viso, il viso più bello che possa esistere.
Torna verso di me; tra le mani un batuffolo di cotone, pinzette e disinfettante. Mi si siede accanto iniziando dolcemente a carezzarmi il dorso di entrambe le mani come a volermi rassicurare.
Ma so che sei tu ad essere agitata, Katniss. Ricordo quanta paura può farti il sangue.
E non mi capacito del tutto di ciò. Ricordo qualcosa ma sono immagini sfuocate. Ricordo una grotta, umido, baci e parole sussurrate nel buio.
-Mi sembra di ricordare qualcosa di simile a questo...- sussurro guardandola negli occhi.
Sussulta per un attimo; come sorpresa e guarda dinanzi a noi, soffermandosi sulle fiamme che lentamente divorano la legna.
-Cosa ricordi?- chiede mentre con le pinzette estrae un altro frammento.
-Non molto... immagini sfocate. Vorrei che fossi tu a raccontarmi ogni cosa.- le sorrido come a invitarla a parlare.
-Sai che non sono brava con le par...-
-Non m’importa, Katniss.- la interrompo brusco -parlami, qualsiasi cosa tu ricordi sarebbe d’aiuto. Vorrei la verità, è insopportabile non sapere come sono andate realmente le cose; sai, sono quelli alcuni dei ricordi che mi sono stati rubati e credo fossero alcuni dei ricordi più belli che io abbia avuto...-
Scuote la testa mordendosi un labbro.
-Non credo fosse così, quei baci erano... soltanto per le telecamere.-
-Non importa. Le tue labbra erano sulle mie, tutto il resto non aveva importanza.- affermo sicuro.
-Non la pensavi proprio così quando lo capisti.- sussurra continuando con la massima delicatezza ad accarezzarmi le mani estraendo poi gli ultimi frammenti.
Il bruciore sulle mie mani è evidente, le ferite sono profonde ma è la sua pelle sulla mia a cancellare ogni dolore.
-Ci fu un bacio diverso in quella grotta.- disse dopo minuti di silenzio - il primo che me ne fece desiderare un altro. Fu un vero bacio e mi suscitò una vera emozione... fu con te. E fu con te che per la prima volta mi sentii al sicuro, fu tra le tue braccia che dimenticai tutto ciò che ci aspettava fuori da quella maledetta grotta, tra le tue braccia ogni dolore scomparve. Ebbi il potere, che nessuno ebbe mai di farmi dimenticare la morte di mio padre. Tante cose vennero sconvolte da quel giorno, me ne rendo conto soltanto ora, tu hai migliorato la mia esistenza. Tu mi hai riportato alla vita.-
Rimango sorpreso dalle sue parole e inevitabilmente avvicino le mie labbra alle sue.
E sento ogni cosa dimenticata. La sento sulla pelle. La pioggerellina che continuamente picchiava sulle rocce, sottofondo di quell’Idillio che ho creduto e avrei voluto reale. Riassaporo il gusto delle tue labbra in quei giorni, screpolate e del tuo sangue. Risento l’umido intorno a noi e quella magia.
Mi sorprendo del fatto che sia stata tu a salvarmi, Katniss; a riportarmi indietro, a ricordarmi che tutta la mia vita stata e sarai sempre tu.
E’ ora a cavalcioni su di me e siamo entrambi divorati da quella fame, quella fame a cui siamo condannati.
Inizia a svestirmi ed io non posso che cadere in questa inevitabile trappola. Accarezzo la sua pelle macchiandola del sangue di cui le mie mani continuano ad essere macchiate. Sfioro la sua femminilità esplorandola in ogni punto possibile e lei gemi, dolce e tenue alle mie orecchie.
Voglio darti tutto, amore mio.
Mi blocca ormai bagnata e delicatamente mi fa scivolare dentro lei. La sento interamente intorno a me quando inizia lentamente a muoversi.
E’ lei a dirigere il gioco e ad aumentare le spinte verso me. Spinte violente. Sempre più... forti. Si contrae intorno a me, gemendo tra i miei capelli. Sospiri forte muovendoti come un’amazzone sopra di me. Come a volermi sottomettere io resto lì, inerme. Resto lì, sommerso da un’infinità di pensieri.
Vedo una stanza bianca, macchiata di sangue ed un odore forte e nauseante nelle narici. Urla agghiaccianti mi fanno tremare fino alle ossa. Mi si raggela il sangue quando vedo per un attimo intorno a me i miei familiari e i miei amici e rivedo la tua immagine, Katniss, la rivedo nella mia testa. Li uccidi senza pietà.
Una rabbia atroce mi sale da dentro, cresce dentro me e non posso che vederla così: un ibrido assetato di sangue senza alcuna pietà.
Strizzo gli occhi in un ultimo momento di lucidità cercando di scacciare questi pensieri ma ne vengo inevitabilmente travolto.
 
Non ti farebbe differenza se ci fosse qualcun’altro, non è così?
Mi stai usando, ne sono certo…
Immagino Gale, qui con te. Vi immagino lì, nel bosco, abbracciati in un tenero abbraccio. Ti immagino felice, come con me non potrai esserlo.
Inizio a stringere le mani intorno alle tue fragili braccia. Segni violacei affiorano sulla tua pelle e guardo il grigio dei tuoi occhi. Noti i miei, scuri e aggressivi. Cerchi di allontanarti ma non puoi nulla. Ora sono io ad essere padrone di questo gioco che da tanto dolce è diventato tanto violento. Spingo verso di te con un’urgenza e una forza devastante.
Ti ripenso ibrido, mentre uccidi i miei genitori, mentre fai loro del male.
-Resta con me...- sussurri ad un tratto costretta da spasmi.
Lacrime affiorano sul tuo viso mentre un piacere diverso mi pervade. E’ amaro, non sa di nulla.
Ti guardo e comprendo ciò che ho fatto. Lacrime mi solcano il viso come macigni.
Sono un mostro.
Scappo da casa tua, scappo da tutto. Ma so che non potrò mai scappare da quello che sono diventato. Non potrò tornare ciò che ero, ciò che amavi.
 

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Capitolo 17
*** Alone ***


Alone

Do you really want?
Do you really want me?
Do you really want me dead or alive to live a lie

Running away from the light,
running away from the light
Running away to save your life

(Hurricane, 30 Seconds to Mars)


Katniss POV
 
Ricordo ancora i suoi occhi. Neri, fissi nei miei. Vuoti, come mai lo sono stati.
Occhi di qualcuno che non riconosco più, di qualcuno che si è perso e che temo non tornerà più.
Tutto ciò che credevo si è dissolto, le certezze su cui contavo sono distrutte in miliardi di pezzi che non ho la capacità di incollare e che ho paura non si incastrerebbero.
Mi sento vuota ed è una sensazione terribilmente angosciante.
Le mie labbra screpolate non possono che nutrirsi di lacrime. Lacrime che ormai mi rigano ininterrottamente le guance.
Il mio corpo si rifiuta di bere e mangiare.
Non vuole accettare un mondo in cui Peeta non c’è. Non voglio accettare neanche un giorno della mia vita senza l’azzurro dei suoi occhi, né una notte senza le sue braccia intorno a me, né un’ora senza ascoltare la sua voce.
Perché è lui a riempire le mie giornate; senza lui nulla ha più senso.
Dopo anni mi ritrovo ad essere la Katniss di un tempo. Quella dopo la guerra, psicologicamente instabile, distrutta da qualcosa di troppo grande.
Segnata dalla morte della persona a cui più tenevo, la persona a cui mi aggrappava per vivere e per far vivere.
Era su di lei che mi concentravo. Tutto il mio mondo era lei, tutto girava intorno al suo sorriso.
Ed ora… ora tutto mi si abbatte contro: la morte di Prim, l’abbandono di Peeta.
Ora come ora sono morta, ed è soltanto lui che può riportarmi in vita.
Sono sola in questo letto, in questa stanza fredda e vuota.
Sea e Haymitch vengono ogni giorno, mi pregano di aprire, vogliono che viva. Ma io non voglio più vivere. Non voglio accettare ciò che è accaduto. Non posso e non voglio credere a quello che Peeta ha fatto. Alle sue mani così strette sul mio corpo, mani che non volevano dare ma solo ricevere facendo male. Ai movimenti esigenti, che non riesco e non voglio definire violenti con cui entrava dentro me.
Haymitch ha minacciato di sfondare la porta entro oggi; sono ormai tre giorni che sono in questo stato. Immobile fissando la porta, sperando che lui arrivi. Che torni dicendomi:-ricominciamo da capo...-.
Il mio fisico non riesce più a reggere. La mia pelle si sta rovinando, è secca e screpolata. Il mio corpo è stanco ma dentro di me una speranza disperata continua a convivere con un dolore insopportabile; gli occhi non reggono più e si chiudono ad un tratto dopo giorni di veglia.
 
****
 
Mi sveglio di soprassalto svegliata da un colpo fortissimo. La porta è aperta, davanti a me c’è Haymitch, visibilmente arrabbiato.
-Che cosa ti passa per quella cazzo di testa?- mi urla.
Ha lo sguardo severo ma comprensivo, come quello di un padre... preoccupato.
Ci fissiamo per interminabili minuti; io rannicchiata sul letto, lui inginocchiato a terra.
-Katniss... parla!- mi urla –dannazione, parlami!- mi supplica.
Mi scuote più e più volte come a volermi svegliare da un sonno mortale, ma poi capisce. Capisce che facendo così peggiorerà ogni cosa, comincia dolcemente ad accarezzarmi il viso come a dirmi: -ci sono e ci sarò sempre...-.
 -Sai ciò che è accaduto?- sussurro.
-So tutto e mi... dispiace, Katniss. Ma sono stanco di stare dietro a voi due, non riuscite proprio a cavarvela senza di me, non è vero?- il suo tono è scherzoso e questo mi irrita moltissimo. Sono lì per tirargli un pugno quanto lo sento tirarmi verso di lui. Mi prende in braccio di peso portandomi giù fino in salotto.
Tutto questo è davvero troppo; mi dimeno graffiandogli la schiena ma è tutto inutile.
Mi fa sedere a tavola, cercando di farmi mangiare qualcosa. Ma non mangio, non lo farò finché non sarà Peeta ad essere seduto qui, imboccandomi, sorridendomi dolcemente.
-Devi mangiare, Katniss.-
Scuoto la testa.
-Ho parlato col ragazzo. Ha paura di se stesso, Katniss. Ha paura di rifare ciò che ti ha fatto. Piange continuamente, non mangia e non beve. Siete nello stesso stato penoso; ma non tornerà...-
-Non tornerà...- ripeto le sue parole, con un tono di voce più triste e doloroso
-Non di sua volontà...- continua Haymitch.
Alzo lo sguardo sul suo viso, i suoi occhi grigi sono puntati su di me.
Mi stanno dicendo che soltanto io posso risolvere ogni cosa.

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Capitolo 18
*** Return ***


Return

Katniss POV
 
Salgo le scale velocemente, senza ragione né meta. Non so bene cosa possa aiutarmi, cosa possa salvarmi.
Apro il cassetto dimenticato, quello pieno di ricordi, di cose impolverate che non guardo più. Cose che mi ricordano noi, ciò che siamo stati, la guerra, le bombe...
inizio a guardare ogni cosa; passandomela tra le dita, sentendone addirittura l’odore.
Sento la sfericità della perla che Peeta mi donò sulla spiaggia, è liscia e fredda tra le mie dita; ricordo di averla custodita più della mia stessa vita al 13, come se Peeta fosse lì dentro, intrappolato nel bianco di quel dono. Ed io dovessi e potessi proteggerlo soltanto così, guardandola e carezzandola dolcemente ogni notte.
Una fitta allo stomaco mi ricorda quel giorno di tanti anni fa. Eravamo prossimi a morire, focalizzati soltanto su noi due, sul proteggerci l’un l’altro. Come ora avrei donato la mia vita per lui; farò di tutto per riportarlo da me. 
E so di essere egoista, di pensare solo e soltanto alla mia felicità. Ma se lo lascio andare entrambi affonderemo ed io non voglio. Non voglio ricadere in quello stato pietoso che vissi dopo la guerra. Voglio vivere.
Sfoglio le pagine di quel libro che insieme a Haymitch avevamo fatto nascere, quel libro che apparteneva alla mia famiglia e che ci ha dato la forza di rialzarci. Le immagini sono bellissime, disegnate dalle mani abili e dalla mente creativa di Peeta. Lady che lecca la guancia di Prim. Il colore degli occhi di Finnick. Rue in equilibrio sulle punte dei piedi, le braccia un po’ allargate, come un uccello sul punto di prendere il volo. Ogni cosa in questo libro è un frammento importante della nostra esistenza, un ricordo indelebile che non deve più far male, deve ricordare. E non rendere vane le loro morti.
 Osservo ogni figure, il colore è steso perfettamente ed io non posso che rimanere incantata; persa nel ricordo di lui che dipingeva e disegnava accanto a me. I miei occhi erano inevitabilmente spinti ad osservarlo, ad amare di lui anche quell’aspetto.
Mi ricordo che fu quello uno dei tanti momenti in cui riuscimmo a rialzarci; ricordando il passato nel modo più dolce possibile, distinguendo il vero dal falso con domande sussurrate nella notte, domande gridate tra le acque del lago, domandate tra il verde del bosco.
Forse è questa la soluzione. Ritornare indietro, smetterla di correre dietro a qualcosa che ancora non riusciamo a raggiungere.



-Grazie Haymitch, grazie di tutto...-
Le mie braccia vanno inevitabilmente intorno a lui, e lui mi stringe con dolcezza. L’odore di alcool è debole, segno di un miglioramento che sta vivendo. La sua vita è sempre la stessa, pensa alle oche e dorme sul divano ma ci siamo io e Peeta. E non credo il falso se penso che grazie a noi la sua vita è migliorata. Ci vuole vedere felici, pensa a noi prima di pensare a se stesso, distoglie la mente da tutto il dolore che ha vissuto e dal passato che lo tormenta.
-Grazie a te, dolcezza.- mi sussurra tra i capelli.
Mi sciolgo dall’abbraccio e corro verso la porta. Il libro in mano e mille frasi per la testa che spero mi concederà di dirgli.
-Se credi che aprirà ti sbagli.- queste le parole del mio mentore che feriscono come una pugnalata allo stomaco.
-Perché dici questo?- chiedo in un sussurro.
-Ha bisogno di tempo, sicuramente non avrà voglia di parlare...-
-Hai... ragione. Ma forse gli servirà sapere che non mollerò e che ci rialzeremo insieme- dico sicura.
-Allora vai e fai quello che credi.- mi dice accennando un sorriso.



La mia mano è intenzionata a bussare alla sua porta da un momento all’altro, ma la poca razionalità rimasta mi dice di fermarmi. Mi dice di lasciargli soltanto un segno del mio passaggio, di fargli capire che ci sono e ci sarò anche domani. Anche se non accanto a lui.
Poso il libro ai piedi della porta; mi appoggio alla superficie immaginandomi che lui sia di là, a contatto con il legno proprio come lo sono io in questo momento, e immagino che senta il calore che la porta emana proprio come lo sento io, immagino che senta la mia presenza, che voglia aprire ma che non ne abbia la forza, piango silenziosamente e dopo aver accarezzato la superficie legnosa con delicatezza, come ad accarezzare il mio ragazzo del pane, me ne vado.

 
*Angolo autrice*
Ecco il nuovo capitolo che spero vi piaccia,
voglio che tra Kat e Peeta le cose vadano
lentamente, devono ritrovarsi pian piano...
spero apprezziate questo aspetto ;)
grazie di tutto, spero recensirete anche 
questa volta. Baci, Fra

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Capitolo 19
*** Part of me ***


 
Part of me..


Peeta’s POV
 
Non posso credere che lei abbia preso parte ai miei incubi,
lei era e rimarrà sempre amore,
quel sogno sulla pelle che ho vissuto per tanto tempo,
quel sogno sulla pelle che ho vissuto dal primo momento
in cui incontrai il grigio dei suoi occhi
 
La voglia di uscire da questa stanza è quasi soffocante, ma lotto contro una voglia maggiore di restare qui, di continuare a ferire me stesso facendo bene a lei. Perché se tornassi in quella casa, quella casa che era ormai di entrambi, non farei altro se non darla vinta al mostro che è dentro me. Quel mostro che sono io, e che con tanta cattiveria ha distrutto ogni cosa.
Ho rovinato l’atto più dolce del mondo trasformandolo in incubo, nel peggior incubo che lei potesse vivere dopo tutto il dolore che ha subito.
L’esigenza con cui entravo in lei ancora la ricordo, i movimenti violenti da cui cercavo di trarre soltanto piacere volendo infliggerle dolore. L’amore non aveva nulla a che fare con tutto ciò, fluiva rabbia in ogni mio movimento, non amore o dolcezza, pura rabbia ed egoismo.
Mi chiedo quanto di tutto questo faccia realmente parte di me, quanto di tutto ciò che sono stato sono io; pensavo che non sarebbero tornati, pensavo che tutte quelle bugie non mi avrebbe più sorpreso, e invece sono tornate.
E mi rendo conto che nella mia memoria vigono tantissimi vuoti, come archi di tempo vacui, e capisco che abbiamo sbagliato tutto, abbiamo costruito qualcosa sulla sabbia, tutto è facilmente crollato.
 
Ricordo il suo viso, lo rivedo da giorni ormai, ogni notte. Il suo viso implorante, quasi deformato dall’insopportabile dolore. Non posso credere che lei abbia preso parte ai miei incubi; lei che era amore, solo e soltanto amore.
E ogni notte mi sveglio urlando, grondante di sudore e solo. Sempre, tristemente solo.
Cerco di riprendermi in un modo particolare. Penso a lei felice, a lei che si è rialzata senza me. Lei che è forte e potrà farcela; ma allo stesso tempo non si dimenticherà, non si dimenticherà ciò che insieme abbiamo scritto anche se violentemente è stato cancellato. E vivrà, vivrà ogni giorno come se fossi lì con lei.
La immagino tra le mie lenzuola, in questo istante accanto a me, nuda dopo aver fatto l’amore. Le iridi grigie coperte dalle palpebre stanche, le labbra umide e rosse leggermente socchiuse.
La vedo poi mentre si riveste; mentre arrossisce leggermente nascondendosi ai miei occhi, come se tutta la notte avessimo soltanto dormito.
Poi mi saluta con la mano, senza mai dire una parola esce; l’arco tra le dita, i capelli raccolti in una lunga treccia.
 
Mi sveglio e sembra essere passata un’eternità; fatta di ore forse o di interminabili minuti.
La stanza in cui sono ormai da giorni sembra essersi fatta più piccola, scomoda e fredda; ma soffro proprio come soffrivo quando ho chiuso la porta di questa stanza per l’ultima volta giorni fa. C’è buio intorno a me e dentro me. E so che la luce che cerco non è poi lontanissima e irraggiungibile; è soltanto dietro quel muro lì, forse qualche stanza più in là.
Vorrei raggiungerla, riafferrarla. Ma so che lei fuggirà, sfuggirà alle mie mani.
Non vorrà più vedermi, né parlarmi, non vorrà sicuramente più sfiorarmi dopo tutto il dolore che le ho inflitto.
Sento il bisogno di uscire, di fare due passi proprio come mi consigliò Haymitch ieri. L’aria fresca che penetra dalla finestra non basta, come non basterebbe quella portata dal forte vento autunnale.
Perché ciò di cui ho bisogno, più dell’aria che respiro è lei.
 
 
Apro la porta lentamente, come intimorito da ciò che potrebbe esserci fuori.
Com’è il mondo senza lei?
Non vige più la parola perfezione in lui.
Grigio, buio, sovrastato da un cielo perennemente uggioso, quasi tempestoso. Anche l’odore, ciò di cui sa il vento è acre, trasmette inquietudine. Ruggine, muffa, polvere; qualcosa di dimenticato che si ha paura di rispolverare.
La porta è intralciata da qualcosa, sento lo sfregare di una superficie contro il pavimento ruvido.
Varco la soglia lentamente e gli occhi mi bruciano per la troppo luce.
Il mio cuore accelera quando riesco a metterlo a fuoco. Ne accarezzo la copertina ruvida. Sento sulla pelle ogni emozione, ogni ricordo conservato lì dentro. Giro lo sguardo verso casa sua, e la immagino intenta a cercarlo; poi la immagino davanti alla porta, posa il libro a terra e scappa via.
Tutto questo serve a dirmi qualcosa. Ha voluto dirmi qualcosa: che non mi teme, che forse riuscirà a dimenticare e ricominciare. Che vuole farlo, ha fiducia in me.
Ma io non posso, non posso ricadere in un incubo come quello di pochi giorni fa.
Perché non credo in me stesso, non credo di poter rialzarmi quando tutto intorno a me è fatto di ricordi mancanti e pensieri sconnessi.
Ma non posso neppure pensare a lei, lì che mi aspetta senza vedermi mai tornare. A lei che crede in me; ed è forte, cerca di esserlo, mentre io sono qui, come un verme a piangermi addosso.
Mi chino e afferro il libro.
Forse un modo c’è... per dirle soltanto, sei parte di me.  
 




Che dire? 
Scusate per il ritardo e grazie di tutto come il solito..
aspetto di sapere che cosa ne pensate ;)
Grazie

Fra

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Capitolo 20
*** Reflection ***


Reflection
 
L'arte non è ciò che si vede, ma ciò che consenti agli altri di vedere (Edgar Degas)
 
POV Peeta
 
La mia mano vaga velocemente sul foglio, come se agisse seguendo un istinto. Sembra quasi possedere vita propria.
Traccia linee velocemente. A tratti delicate e morbide come la sua pelle, a tratti decise e nette come ciò che instancabilmente vive dentro me. Una sensazione dolorosa, una sensazione di vuoto. Come se una tempesta avesse spazzato via tutto, come se ogni cosa fosse stata cancellata.
La mano, il polso, ogni articolazione e ogni muscolo sembrano muoversi allo stesso ritmo e mi sorprendo a constatare che è lo stesso del mio cuore, che batte forte alle mie orecchie.
Sono emozionato alla sola idea di lei che trova il libro, che con il cuore in gola lo sfoglia, che trova questa pagina...
Dorme la mia Katniss, dorme tranquillamente tra le mie braccia.
I nostri corpi sono entrambi cullati dal ronzio del treno. Un cullare incessante ma lieve. Qualcosa ricordo di quel periodo, il periodo in cui dormivamo insieme per salvarci. Io già l’amavo, già succedeva che la notte restassi sveglio per osservarla, e non mi stancavo mai di quelle notti insonni. Notti di luce in un periodo di tanta sofferenza.
Notti in cui l’ho osservata tanto da averla ormai impressa nella testa; la conosco a  memoria. Come se oltre ad esserci io qui ci fosse anche lei, proprio dentro me.
Tra le mie mani ci sono le sue, nei miei occhi riflettono i suoi. Come se fossimo uno stesso essere; come se i nostri respiri fossero uno solo e la nostra mente pensasse allo stesso modo. O almeno per me è così, perché se lei è felice lo sono anch’io, se lei soffre soffro anch’io...
La matita vaga sul foglio lentamente ora, ripassa i suoi lunghi capelli scuri e le ciglia che celano gli occhi grigi. Le labbra carnose, le sopracciglia perfette.
La ricordo perfettamente, e la disegno proprio come se fosse qui con me.
Coloro la sua pelle olivastra, leggermente illuminata dalla luna. Il lenzuolo bianco presenta forti contrasti di luce e quasi ho voglia di toccarlo, di allungare un dito e afferrarlo. Spostarlo, per sentire meglio la sua pelle sulla mia.
Continuo a dar colore alla sua pelle, ad ogni angolo del suo corpo, ma resto sempre deluso. Non riuscirò mai a dare quella morbidezza, quella dolcezza, quella bellezza che è soltanto la sua pelle ad avere. Ogni cosa di lei su questo foglio non sarà mai altrettanto bella, e di questo io non posso farci nulla.
Posso soltanto dirle che c’è, che è sempre qui. Nella mia testa, nel mio corpo, in ogni mio atomo.
 
Infine, a caratteri sconnessi ma il più possibile ordinati scrivo:
 

Sei parte di me....
 


POV Katniss
 
Con la mia scrittura illeggibile lo ringrazio. Una semplice parola su un foglio strappato con la speranza che lui possa aprire la porta, stringermi tra le sue braccia e dirmi che tutto tornerà come prima.
Mi accovaccio davanti alla sua porta e delicatamente busso. Ci sarà tanto silenzio in casa che pure un lieve battito sarà udibile alle sue orecchie, ne sono certa.
Faccio scivolare il foglio sotto la porta e aspetto. Aspetto una risposta.
Scandisco il tempo col piede, battendolo ritmicamente sull’asfalto bagnato. Conto almeno fino a mille poi sento lo strusciare di qualcuno contro la porta alle mie spalle. Faccio per alzarmi, spostando la schiena dalla porta nella speranza che questa si apra; ma nulla.
Passano altri minuti e sono ormai intenzionata a parlare, consapevole che lui sia dietro questo legno e possa sentirmi. Consapevole però che una semplice parola sbagliata potrebbe ulteriormente rovinare ogni cosa.
Qualcosa passa sotto la porta e rimango nuovamente sbalordita da ciò che vedo. Io, seduta a terra, la testa tra le mani e la schiena poggiata sul legno; quasi come se fosse qui e non al di là di questa stupida porta; anzi, è proprio qui... con me. Con la mente, con il cuore mi sta dicendo che c’è... che è parte di ciò che sono.
Ma ha disegnato tutto con una disperata urgenza e questo mi rattrista. Non vi è armonia e tranquillità, è tutto buttato lì. La linea calcata e disordinata.
Il suo stato d’animo riflette in ogni disegno che fa, qui vedo tanto dolore e tanta rassegnazione.
Scrivo ora dietro il foglio:
 
 
Ricominciamo insieme.
 
 
Lo lascio scorrere a terra e il piccolo foglio viene subito inghiottito dal buio.
Sono le sue parole a giungere poco dopo alle mie orecchie. Tenui ma disperate.
-Se fosse per me Katniss, aprirei subito questa maledetta porta e dimenticherei tutto. Non avrei problemi a ricominciare, perché è ciò che più desidero in questo istante. Ma ho paura, tanta paura di farti del male e se accadesse di nuovo so che non me lo perdonerei mai...-
-Peeta, possiamo farcela. Ti darò tutto il tempo necessario per capire, per guardarti dentro e risolvere ogni cosa, abbiamo tutta la vita davanti.- affermo e un barlume di speranza cresce dentro me.
-Ma non lo capisci? Katniss, io sono sbagliato. Non servirà il tempo a guarirmi o cambiarmi. Non tornerò mai il ragazzo di un tempo. Neppure ricordo com’era quel ragazzo... quindi, com’è possibile che riesca a tornare?- la sua voce è disperata e spezzata, immagino stia piangendo.
-Ci sono io, amore mio. Ti prego... non abbandonarmi. Sarò io a ritrovare quel ragazzo, ricordo ogni dettagli di lui, ogni sua sfaccettatura. Insieme possiamo tutto.- dico tutto quello che il cuore mi comanda, come mai sono stata in grado di fare.
E mi sembra di sentirlo più vicino, come se acconsentisse. Come se mi dicesse ti credo, e un calore inaspettato sento sulla superficie contro cui sono appoggiata. Un calore rassicurante che presto mi pervade.

 
Scusatemi per il ritardo,
spero mi farete sapere cosa ne pensate..
conto di aggiornare prestissimo.
Grazie
Fra

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Capitolo 21
*** Truth ***


Truth
 
 POV Katniss
 
Mi sono addormentata. Quell’ultima sensazione che ho provato mi ha invaso e cullato piacevolmente verso il mondo dei sogni.
Sono sempre qui, davanti alla sua porta e noto un torpore sconosciuto su tutto il corpo, una coperta mi riscalda.
Peeta dev’essere uscito di casa e deve avermi coperta. Ha pensato a me, ha voluto proteggermi dal freddo. Ha voluto proteggermi da lui... lo sento ancora maledettamente lontano.
Ha mai creduto che potessi andarmene? Che non riuscissi a mantenere la promessa? Si sbaglia, lo amo e resterò ad aspettarlo qui anche a costo di morire di freddo.
So quanto lui sia confuso e sono consapevole anche del fatto che le sue mani potrebbero tornare sul mio corpo violente, e non dolci, calde come entrambi vorremmo; ma io... io non resisto più. Ho bisogno di lui, della sua anima, ma anche del suo corpo. E ho bisogno delle sue mani, in qualsiasi modo esse si presentino su di me; ormai è diventato un bisogno tanto forte da spaventarmi, è l’aria che respiro e l’essenza di cui mi nutro. 
Ho bisogno della sua pelle calda, delle sue braccia salde, del suo corpo che entra dentro me e che vorrei non si allontanasse mai. 
 
-Katniss...- sento la sua voce stanca dietro la porta.
Sono qui da giorni ormai. Peeta mi lascia da mangiare e da bere appena mi addormento ma io non sento alcun bisogno di cose simili. Ho soltanto un bisogno disperato di entrare in casa sua.
Parliamo tanto. Mi domanda moltissime cose, anche le più ovvie. Sembra di essere tornato il ragazzo depistato del 13 tanto sono banali le domande che mi pone. Ma rispondo comunque; riprendiamo quel gioco che tanto lo aiutò e mi ritrovo a dover parlare davvero poco. E’ da giorni che pronuncio soltanto più la parola “vero” o la parola “falso”.
-Peeta, tutto bene? Sembri... stravolto.- la mia voce esce flebile.
-Va tutto bene.- mente.
Mi passa moltissimi fogli da sotto la porta e mi viene spontaneo accennare un sorriso; inizia ad essere necessario comunicare così. La carta scorre sull’asfalto e io subito l’afferro. Non li giro, guardo la loro superficie bianca e liscia. Aspetto che lui parli, che mi dica qualcosa.
-Ho pensato tanto questa notte. E non ho chiuso occhio neanche per un attimo; ho ripercorso ogni attimo della vita che ho potuto cogliere, sono riaffiorati ricordi del mio passato di cui non ne sapevo neppure l’esistenza, ti ho cercata di ricordare in ogni modo possibile e tanti aspetti di te mi hanno scaldato il cuore, ma altri mi hanno spaventato e... ho bisogno di te, Katniss. Ho bisogno di sapere cosa di tutto questo è la realtà. Non ho la minima intenzione di distruggere tutto quello che tra noi si è creato in questi ultimi mesi, ora... lo so.-
Guardo i fogli che ho tra le mani e voltandoli rivivo molteplici attimi della mia vita.
La prima arena. La grotta fredda ed umida in cui Peeta ci ha ritratti; abbracciati in una pozza di sangue, l’azzurro caldo dei suoi occhi a vegliare su di me.
Ci sono poi immagini che non riconosco nella mia memoria. Sono immagini del passato di Peeta; sua madre che lo rimprovera, i suoi occhi di bambino velati di lacrime, suo padre che lo stringe in un forte abbraccio prima di lasciarlo andare al suo destino, un destino a cui non pensava sarebbe mai scampato.
Sono i miei occhi ora ad essere velati di lacrime.
Sfoglio le altre immagini. Immagini che ci raffigurano nei vagoni del treno che ci avrebbe portati a Capitol; nello stesso letto, scacciamo l’uno gli incubi dell’altro.
La spiaggia e il cielo arancione che incombeva su di noi; le nostre labbra appassionate e affamate che si incontrarono in quel bacio che mi permise di capire quanto Peeta fosse indispensabile per me.
E poi quell’ultimo contatto e quella promessa; i nostri sguardi incatenati e noi due che siamo inconsapevoli di tutto quello che ci accadrà, di tutto quello che ci porteranno via.
E poi guardo gli altri disegni, senza colore e senza alcuna emozione. Mi sembra di scorgere dentro essi puro dolore. Stanze vuote, oggetti misteriosi e schermi spenti. Così è stato depistato il mio ragazzo del pane. Una fitta di dolore mi scuote e le lacrime cadono a bagnare i fogli. Rannicchiata a terra continuo a sfogliare le pagine. Il suo corpo sporco di sangue, abbandonato a se stesso continua a rimbombarmi nella testa e diviene insopportabile.
Poi mi rivedo, un’immagine mi ritrae con le mani sporche di sangue ed una carcassa di corpi accanto. Questa è l’immagine che Peeta ha ancora di me, nonostante tutto.
Un singhiozzo esasperato mi squarcia il petto ma mi costringo a continuare, a non mostrargli che sto cedendo.
E poi rivedo altre decine di disegni di come siamo cambiati e cresciuti nel 13; immagini delle sue mani intorno al mio collo, immagini di labbra che si toccano e che chiedono risposte.
Infine rimango stupita; da un’ultima, spettacolare immagine che mi rappresenta.
Io e il bosco. I capelli al vento, un bellissimo dente di leone tra i capelli, gli occhi grigi puntati verso il tramonto.
Ora come ora posso soltanto aggrapparmi all’idea che lui pensi a me in questo modo...
-Sono incredibili, Peeta. Ma...- la mia voce è singhiozzante; non ho parole dopo tutto questo, dopo tutte le emozioni che mi hanno attraversata.
-Non dire niente, Katniss. Lascia che ti faccia soltanto qualche semplice domanda, se ti va...ok?- mi chiede con voce dolce e per un attimo mi sembra di risentire il timbro del mio ragazzo del pane.
-Ok.-
Resto in attesa della domanda che arriverà. Le orecchie in guardia, lo sguardo fisso sulla porta chiusa.
-Ricordo tutto ciò che è necessario per non smettere di amarti. Sono stato spezzato da Capitol City e dal depistaggio ma mai potrò cancellare da me ciò che più fa parte di me... è quello è il mio amore per te. Ma delle volte ti rivedo come lì ti ho raffigurata. Nonostante sia consapevole che tu non sia così, la mia mente ti distorce e mi appari assettata di sangue, malvagia. Nonostante il ricordo luccichi delle volte non me ne rendo conto e rischio inevitabilmente di farti male come l’ultima volta. Quindi ho bisogno di risposte, di tornare indietro perché sento di aver corso troppo lasciando troppe cose irrisolte. Ho bisogno di te, ho bisogno che tu me lo ripeta. Hai ucciso la mia famiglia, vero o falso?-
-Falso.- dico con un filo di voce e so che questa sola parola basta a convincerlo.
-Lo sapevo...- mi dice con voce sicura e mi sembra un altro Peeta, il mio Peeta in confronto a quello che si era presentato ieri ai miei occhi.
 -Ricordo ogni cosa. Ogni giorno, ogni attimo che abbiamo condiviso. Da quando viviamo sotto lo stesso tetto ho ricostruito anche il più piccolo dei particolari. Il semplice svegliarmi sentendo l’odore dei tuoi capelli mi ha riportato in quel treno, in quel letto in cui ogni notte scacciavamo le nostre paure. Ogni tramonto che vedo con te al mio fianco mi ricorda la spiaggia e quel bacio che tanto mi aveva scaldato. Ogni dente di leone mi ricorda la mia infanzia, i nostri occhi che si incontrarono in quel cortile, l’amore che da sempre provo per te. Ho ricordato ogni cosa senza che tu me la dicessi, perché è la tua stessa essenza a far parte di me. Sei tutto. Il mio passato, il mio presente e vorrei fossi anche il mio futuro. Questa notte mi ha fatto capire che non c’è medico né farmaco che possa guarirmi; ciò di cui ho bisogno sei solo e soltanto tu, Katniss. E mi dispiace, mi dispiace non averti dato quella fiducia che mi chiedevi, mi dispiace...-
-Sta zitto...- dico ridendo e sento ridere anche lui, le lacrime ormai scomparse dai miei occhi-... ora non credo ti dispiaccia aprire questa stramaledettissima porta, vero?-
 
Sono vivaaaa (:
dopo aver preso due kg tra paella e crepes, passeggiato in una spiaggia di nudisti con il costume addosso :'3 e parlato nel peggior francese mai visto sulla faccia della terra...
sono ancora qui, sperando non mi abbiate abbandonata dopo tanto tempo...
Risponderò presto alle vostre recensioni e spero vi facciate sentire anche per questo nuovo capitolo
A presto, Fra

 

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Capitolo 22
*** Real ***


Real


POV Katniss

“...ora, non credo ti dispiaccia aprire questa
stramaledettissima porta, vero?”


-Katniss...- era la sua risata ad invadermi pochi secondi fa, mi ha letteralmente travolta come un’onda fredda che stranamente ti riscalda, in ogni singola particella.
Era da molto tempo, moltissimo tempo che non ti sentivo ridere. E di te, Peeta mi è mancato anche il sorriso. Quel sorriso che m’inonda e mi culla, che rimane impresso nella mia testa e mi scalda le membra.
Ora è la sua voce roca e decisa ha riportarmi indietro e... ho paura. 
-Tu mi ami. Vero o falso?-
-Vero.- dico senza riflettere neppure un secondo, senza un attimo pensarci.
Butto fuori quella parola, una sola parola che racchiude tutto. Racchiude tutte le lacrime che ho versato quando lui non era accanto a me, racchiude i baci che ogni notte mettevano a tacere i miei incubi, le nostre parole sussurrate tra le lenzuola sfatte, tutto quello che abbiamo condiviso e che credo sia amore. 
Perché se amare significa soffrire tanto per la lontananza di qualcuno, non poterne fare a meno; se significa sentirsi parte di quella persona, sentire che il suo sorriso è anche il tuo e i suoi occhi vedono come i tuoi... allora credo di averlo provato. E ora ne sono sicura, Peeta è amore. 
Sento la chiave girare nella serratura, ed ogni secondo che passa sembra un’eternità. Poi la porta si apre, piano piano. E finalmente posso vederlo, vestito semplicemente con una maglietta bianca ed un paio di pantaloni. 
Gli occhi chiari sono mare in tempesta che mi travolge; calamite da cui sono inevitabilmente attratta. E’ felice, un lieve sorriso gli accarezza le labbra e mi percuote da capo a piedi.
Lo abbraccio senza esitazione; risento le sue braccia forti dopo tanto tempo che mi circondano la vita e mi ritrovo in quel luogo in cui mi sento finalmente a casa. Appoggio la testa sul suo petto ascoltando il battito del suo cuore che mi sorprendo a sentire accelerato. Il luogo giusto per me. Quello che, più dei miei amati boschi, sa davvero farmi stare bene. Credo sia sempre stato quello, fin dalla mia nascita il mio destino, incastrarmi perfettamente a Peeta. Perché è così, io e lui ci incontriamo precisamente come se fossimo la stessa cosa. Due parti che il destino voleva si incontrassero; perché doveva essere così, non sarebbe mai potuto accadere diversamente.
Le nostre labbra cominciano a sfiorarsi, in un gioco struggente e umido. Infinitamente dolce.
-Hai detto vero...- sussurra Peeta sulle mie labbra stringendomi ancor di più a sé. 
La sua voce è pura emozione.
-Vero, vero, vero... vero- sussurrò ansimando sulle sue labbra sottili mentre continuiamo a sfiorarci dolcemente.
E continuo a ripetere quella parola per un tempo indefinito. Nella speranza che Peeta, sentendola resti con me; sperando che si possa aggrappare a quella piccola ma non per questo insignificante parola per non cadere.
La ripeto mentre ci svestiamo. 
Piano, piano. Lui sveste me, io svesto lui. Come se fosse la nostra prima volta ci osserviamo; accarezziamo l’uno le cicatrici dell’altra, baciandoci dolcemente le ustioni. Non abbiamo alcuna fretta; fremiamo in silenzio consapevoli dell’intera notte che ci spetta.
Ci baciamo con passione ora, mentre i nostri sessi si sfiorano. E tra le nostre labbra si sentono suoni rochi, i nostri gemiti rimangono incastrati tra noi. 
Peeta osserva il mio corpo, osserva i segni violacei che ormai vanno svanendo sulla mia pelle. Gli sfiora e si rattrista...
-Katniss, ho paura. Se accadesse come l’ultima volta, io...- non aveva le parole.
-Non accadrà più...- sussurro tremante a quel ricordo ancora dolorosamente impresso nella mia memoria e sul mio corpo.
-Sarò il più delicato possibile, amore mio.- mi rassicura.
Quelle parole fanno scomparire parte della paura che mi attanaglia le membra. 
E in piedi, ormai completamente nudi, ci doniamo piacere l’un l’altro. Si prende cura di me come se fossi la più preziosa delle perle, il fiore più raro. Mentre parole d’amore svolazzano nell’aria posandosi come piume attorno a noi.
-Peeta...- gemo sempre più forte mentre le sue dite scorrono dentro me con facilità, mentre con il pollice stuzzica il mio centro.
La mia eccitazione è evidente, mi bagna le cose e ormai sono al limite. 
Anche Peeta geme forte mentre la mia mano scorre intorno a lui, sento il suo seme bagnarmi le dita. Crolliamo a terra insieme.

Riprendiamo poco dopo, sappiamo che questa notte ci spetta. Era da tanto che non consumavano il nostro amore in questo modo, tanto dolce quanto violento. In questo gioco che tanto mi era mancato e che mi sono sorpresa a desiderare diverse volte in queste notti di triste solitudine.
Entra dentro me chiedendomi il permesso, proprio come successe tempo fa, quella notte, con una delicatezza e una lentezza disarmante. Siamo sdraiati a terra, madidi di sudore. 
Non ci siamo nemmeno curati di metterci su un letto, siamo sul pavimento di una casa quasi completamente vuota, quella che doveva essere di Peeta. Disabitata ormai da moltissimo tempo; forse addirittura da anni. C’è polvere appiccicata ai nostri corpi e il pavimento di legno scricchiola sotto il nostro peso ad ogni singolo movimento. E non c’è alcuna fonte di luce, se non quella della luna piena che scorgo nella finestra accanto alla porta.
Ricominciamo a muoverci e incastrati perfettamente viviamo la nostra passione.
Fino a poche ore fa un vuoto mi dominava; un bruciore che sapeva di mancanza, una mancanza quasi di ossigeno, dolorosa. Ora mi sento completa mentre Peeta scorre dentro di me e le sue spinte si fanno più profonde e rapide. 
Mi guarda negli occhi, mi bacia dolcemente.
Mi dice che non mi farà del male, che non devo avere paura. 
Fa scorrere le sue grandi mani su tutto il mio corpo, le porta intorno ai miei piccoli seni e con dolcezza li accarezza; e veniamo insieme travolti da mille sensazioni mentre io mi contraggo bollente intorno a lui. 
Ci fissiamo per infiniti attimi, sorridendoci solamente. Poi, ci sdraiamo uno accanto all’altra e ci viene naturale guardarci, ci sorprendiamo entrambi a farlo. Guardo i suoi occhi luccicare quasi alla luce della luna, i suoi capelli chiari spettinati appiccicati alla fronte, la sua pelle bianca imperlata di sudore, il suo torace che si alza ritmicamente.
Sei la cosa più bella che io abbia mai visto, Peeta.



*angolo autrice*
Ciao (: eccomi qui, insoddisfatta come sempre...
volevo che questo capitolo fosse stratosferico ma evidentemente non lo è.
Volevo sprizzasse AMORE da tutti i pori, ma evidentemente non è così...
Va beh, aspetto come sempre i vostri pareri... che spero possano tirarmi un po' sù il morale
Baci, Fra

Ps. Partecipate al movimento "
A.C.P.M."(associazione contro la polvere maligna)
se, come me e Jess(TheJessShow) proprio non sopportate la maligna polvere che vi divora i libri!!
Chissà se qualcuno, qualcuno di davvero alto e onnipotente non senta la nostra disperata chiamata e non faccia qualcosa :')

 

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Capitolo 23
*** Purity ***


Purity
 
POV Katniss
 
Mi sveglio alla luce leggermente offuscata del sole, soffocato dalle nuvole dense e grigiastre. Mi alzo a sedere notando la mia pelle completamente sporca e ancora accaldata. Ho una leggera patina grigiastra sull’intero corpo; testimonianza della notte che ho appena vissuto.
Giro lo sguardo verso Peeta e lo sorprendo ad osservarmi. Il suo viso appare leggermente avvampato; e ci giurerei, il mio ragazzo del pane è arrossito.
Ma dopo un attimo di debolezza riprende possesso del suo corpo e subito mi saluta dolcemente.
-Buongiorno...- rispondo accennandogli un sorriso.
Noto il suo sguardo spostarsi su di me, sul mio corpo e subito cerco di sfuggire ai suoi occhi. Ora sono io ad arrossire all’azzurro che mi inonda e mi irrigidisco divertita quando una risata sincera lo invade.
Lo guardo; così felice, così perfetto e non posso far altro che assecondarlo, che perdermi anch’io in quella risata tanto naturale e inaspettata, che ci scalda il cuore.
Continuo comunque a coprirmi, imbarazzata; cercando di sfuggire al suo sguardo furbo.
Noto un velo di dolce malizia nei suoi occhi e rapita dall’istinto lascio che la mia mano giunga al suo viso; lascio che si poggi sulla sua guancia, che l’accarezzi soffermandosi sulla consistenza della sua pelle, morbida ma leggermente ispida allo stesso tempo.
Quanto è bello il mio ragazzo del pane?
Ogni giorno noto un particolare in più, un difetto in più; qualsiasi cosa che mi porti a lasciarmi andare, a donare una parte di me che era sempre rimasta celata, perfino a me stessa.
Mi chiedo quali altre cose mi porterà a fare quest’amore, che ogni giorno mi tormenta un po’ di più, che cresce e mi inonda sempre più forte... cosa sarò disposta a fare per continuare a vedere il suo sorriso?
-Kat... non nasconderti, sei così bella...-
Inesorabilmente arrossisco, nascondendomi poi nel suo petto.
Continuiamo ad essere seduti qui, a terra. Non abbiamo la concezione del tempo e dello spazio, siamo soltanto noi.
Starnutisco ad un tratto e Peeta ride.
-Dovremmo lavarci un po’. Che ne dici?-
 
****
 
L’acqua è ormai calda; profuma di lavanda, amo quel profumo pungente e dolce allo stesso tempo che si imprime nella pelle, amo sentirlo sulla pelle chiara e morbida di Peeta.
I nostri corpi sono entrambi già svestiti. Aiuto Peeta a togliersi la protesti. Rimuovo poi con delicatezza le bende che coprono la pelle nel punto in cui è visibile l’aggancio per la protesi. Non so se lo faccia per me, se lo faccia per lui; so solo che cerca sempre di nascondere agli occhi di entrambi quella parte di lui.
-Va tutto bene...- gli ripeto, imitando la stessa voce calda che lui ha avuto per tutta la notte.
Non so perché queste parole mi siano uscite dalle labbra; so solamente che anche lui, spesso ha bisogno di sapere che ci sono. Ha bisogno di certezze per non ricadere come quella notte nelle grinfie di quell’ignoto misterioso che ha il potere di inghiottire.
Entriamo nell’acqua calda e subito mi sento rilassata mentre Peeta si sistema davanti a me. Nasconde le iridi chiare per un attimo poi torna a puntarle nelle mie; la solitudine di un ombroso grigio contro l’azzurro che sa di libertà e immensità.
Peeta è la mia immensità.
Ripenso per un attimo a questa notte e mi rendo conto che ciò che viviamo in questo momento è tutto ciò che di più puro e delicato si accosta a quegli istanti. Nonostante la nostra pelle non sia a contatto e i nostri corpi non siano fisicamente uniti; i nostri occhi, sono quelli insieme alla consapevolezza di amarci a renderci uno stesso unico essere.
-Avvicinati, ti lavo io...- mi dice ad un tratto con dolcezza.
Mi posiziono con la schiena contro il suo petto, tra le sue gambe e lascio che le sue dita tocchino la mia pelle; insaponandola e togliendo via quella patina grigiastra.
Le sue mani sono quelle di qualcuno che vuole trasmettere sicurezza, di qualcuno che vuole proteggerti e custodirti come se fossi la più fragile delle creature, la più preziosa delle perle. La sua pelle non brama nulla, vuole solo dare senza ricevere nulla. E’ tutto estremamente dolce e puro.
Sposto leggermente il viso verso di lui e accarezzo le mie labbra con le sue in un gesto che vuole soltanto ringraziarlo; perché non c’è modo, ora per me se non questo per dirgli che lo amo.
Le sue parole, quelle che fino a poche ora fa continuavano ad essere pronunciate dalle sue labbra perfette, sono ora imprigionate nel mio cuore come tante umili promesse che so riusciremo insieme a mantenere.
Risento quelle frasi che per tutta la notte non ha mai smesso di ripetere, quelle parole che io avevo sempre pensato non fossero tanto importanti ma che questa notte, per certi versi hanno costituito ciò che io e Peeta siamo.
Questo momento di pura dedizione di uno nei confronti dell’altra è forse uno dei più intimi che ricordo di aver vissuto al suo fianco. Nonostante non ci sia alcun incontro passionale di labbra, alcuna unione di carne riesco comunque a sentire tantissima emozione e questa emozione è tanto travolgente quanto quelle che ho potuto vivere questa notte.
L’amore è questo. Un incontro silenzioso di occhi che si scrutano. Mani che si sfiorano. Parole inaspettate che sanno riecheggiare dentro per l’eternità. Corpi che sanno scaldare. Bocche che sanno saziare.


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Capitolo 24
*** Discovery ***


Discovery

 
A simple fear to wash you away
an open mind canceled it today
(Buddha for Mary, Thirty seconds to Mars)




 POV Katniss
 
Non pensavo che un giorno sarei potuta essere di nuovo in un posto simile. Era stato non per una, ma per ben due volte quella specie di transizione tra la vita e la morte. Tra la povertà e la ricchezza; tra il potere e la debolezza.
Viaggiare ancora su un treno. E’ sempre stato quel momento vuoto, come una pausa della mia vita, un sonno profondo prima del risveglio.
Eppure ho ricordi indelebili di quelle ore tanto insolite; quelle ore che sapevano di attesa e di disperazione. Erano frammenti di vita che sentivi ti erano stati ceduti per essere vissuti pienamente. Come mai non era stato tempo di farlo, quel passaggio lo sentivi come il tempo giusto per sentirti davvero vivo.
Amaramente penso che Peeta di quei momenti si ricorda ben poco, ricorda ben poco delle notti che dentro quei treni passavamo nello stesso letto, tra le morbide lenzuola color ocra. Ricordo ancora il profumo di quel lino delicato, le braccia di Peeta che mi stringevano, le sue labbra perfette e rosee che mi sussurravano all’orecchio le più confortanti parole. Ricordo ogni cosa, questo è un segno evidente del mio amore già esistente... ma allora, non prestavo abbastanza attenzione.
Mi capita ora di osservare maggiormente ciò che mi circonda, questo treno è tanto diverso da quell’ultimo in cui viaggiai anni fa e tanto diverse sono le emozioni che provo. La scelta di andare nel distretto 4 è giunta ingombrante e inaspettata. Sono partita; lasciando Peeta solo a casa. Nessun motivo in particolare, almeno fino ad ora. E’ un desiderio che è giunto così, senza spiegazione ed ho voluto assecondarlo.
Vedere Annie e il piccolo Finnick forse darà un’ulteriore svolta ad una vita che ormai è pienamente vissuta ma che spesso sembra in un qualche modo incompleta.
Porto la mia attenzione alle spiagge del distretto 4. Il mare è calmo in questi ultimi giorni d’estate, il sole sta ormai sorgendo. Si riflette timidamente sulle acque trasparenti che con le loro onde scandiscono il tempo che inimitabilmente scappa via senza fine. Un senso di vuoto mi pervade il petto, come a volte accade da un po’ di tempo a questa parte. Forse nostalgia, forse mancanza...
 
La casa di Annie si affaccia sul mare. Dice che non potrebbe essere altrimenti; il mare, dice, è tutto ciò che rimane dell’amore. Quando sente il rumore delle onde che si infrangono sulla ruvida sabbia non può non ricordare la pelle baciata dal sole, le labbra carnose, perfette... gli occhi verde mare di Finnick. Quegli stessi occhi che ora sono parte di loro figlio. Qualcosa che è frutto del loro amore, qualcuno che è meravigliosamente simile a ciò che loro sono, ma in realtà tristemente simile a qualcosa che loro non sono più. Ed è questo che mi rattrista, che gli occhi di quel bambino non potranno mai incontrare quelli di suo padre, le sue orecchie non potranno sentire la sua amorevole voce ed i caldi abbracci che avrebbero voluto scambiarsi ma che il destino impedirà di far avverare; un richiamo forte al ricordo di un’infanzia che molto simile alla mia vivrà di un forte vuoto.
 
Finnick, è cambiato moltissimo dalla prima volta in cui l’ho visto; sorride moltissimo il piccolo Finnick proprio come suo padre, ed il suo sorriso è quello stesso sorrido beffardo e seducente che ancora ricordo così vivamente. Ormai cammina benissimo, corre, ma principalmente nuota. Annie mi racconta che ogni mattina appena sveglio va al mare; e nuota, nuota moltissimo. Annie dice che entra in un mondo tutto suo, proprio come faceva suo padre. Forse quando è lì si sente finalmente in unione con lui. Si lascia sommergere da quel mondo tanto diverso, tanto dolce rispetto a quello crudele in cui vivevamo ed è così bello; solo tu e l’immensità.
 
-Sei felice Katniss?- mi sorprende ad un tratto Annie con la sua dolce voce.
Mi sorprende mentre guardo suo figlio ed io mi sorprendo del sorriso che senza accorgermene è fiorito sul mio viso.
-Sì...- sussurro poco convinta.
-Io credo ti manchi ancora qualcosa Katniss...-
Trovo irritante ciò che ha detto nonostante non senta nella sua voce alcun rimprovero o giudizio; so che vuole aiutarmi, Annie è tanto buona.
-Cosa?-
Mi scruta per un tempo che sembra infinito ed io mi sento nuda, davanti a due occhi tanto dolci ed immensi, nel loro verde mare. Il suo viso è sciupato, scavato ma i suoi occhi continuano ad essere vispi. Non si direbbe sia una ragazza pazza, o almeno io non la vedo per nulla così; se si sapesse osservare profondamente Annie si noterebbe quanto è estremamente e profondamente ferita. Si noterebbe quando i giochi abbiano lasciato segni indelebili sul suo corpo, e ci sorprenderemmo a scoprire che lei è ancora lì, in quella sanguinosa arena sospesa tra la follia dell’essere bambino e la maturità di un adulto, è intrappolata. Ma comunque forte.
-Vorresti essere madre. Mi sembra di vederlo, c’è una luce particolare che ti illumina gli occhi mentre guardi Finnick, quasi la luna illuminasse le tue iridi. Quasi come il mare illuminato dalla luna. Ci credi Katniss a quello che dico? Tu vorresti creare qualcosa di unico con Peeta, vorresti avere un figlio...-
Quasi mi viene da ridere. Quasi non credo a ciò che ho sentito...
Ma poi, riesco a pensarci un attimo su. Guardo Finnick che gioca, vedo i suoi occhi di bambino e immagino quelli di Peeta, immagino un piccolo Peeta scorazzare per casa nostra. I capelli biondi e mossi, le iridi chiare e vispe. Sarebbe intelligente, coraggioso e buono, tanto buono. E vedo suo padre amarlo, amarlo come non ha mai amato nessuno alla stessa maniera. Vedo Peeta felice come non mai, mentre vive il desiderio di avere un figlio e poi vedo me stessa... un sorriso infinitamente sincero, gli occhi dolci di una madre.


Perdonatemiii *fa gli occhietti dolci*
Voglio scusarmi per l'immenso ritardo. Di nuovo.
Avevo una mezza idea di abbandonare tutto ma non posso farlo, per voi e anche per me, questo è il mio primo lavoro e non posso lasciarlo a metà nonostante tutto....
Spero possiate capire, e se vi va fatemi sapere cosa ne pensate; spero a presto, davvero..
Fra
 

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Capitolo 25
*** Thought ***


Thought
Katniss POV
 
 
Tornando dal Quattro ho riflettuto moltissimo. Quello che ho provato a casa di Annie è stato inaspettato, meravigliosamente insolito e ancora tremendamente inspiegabile. Incontrare gli occhi di quel bambino, rivedere in essi qualcosa che avevo visto appartenere a qualcun altro da sempre, ma che ora temevo soltanto di perdere il ricordo. L’ingenuità, la purezza, quella decisione innocente che ho visto pochi secondi fa spezzarsi. Mi succedeva ormai raramente di sognarla in questo modo tanto violento e reale, la lontananza da Peeta ha avuto questi effetti, ed ho potuto rivedere il corpo di mia sorella spazzato via dalle fiamme.
Era da molto tempo che non la rivedevo in questo modo forse per il semplice motivo che col tempo ho imparato a convivere con questo pensiero di lei che da doloroso e bruciante che era, tanto quanto una coltellata, è divenuto parte di me, proprio come una cicatrice, proprio come una delle tante che ritrovo sulla mia pelle. Ma conserva un’ossessività, una strana paura che rasenta la follia, qualcosa di strano e ignoto che sa di vuoto. Prim è mancanza.
Peeta mi dice sempre, nei miei momenti di crisi incontrollata, che il dolore dentro noi vive. Perché loro sono vivi, ne conserviamo il ricordo sotto forma di esistenza. Non sono stupide ferite rimarginate, sono aperte e brucianti ma fanno parte di ciò che siamo diventati. E bruciando, chiedono la nostra attenzione perché non vogliono essere dimenticate.
E se da sempre penso che in un mondo del genere non valga la pena di metterci piede, ora, guardando da questo finestrino mi rendo conto di quanto mi sia sbagliata. Ogni cosa nella Panem di oggi vale la pena di essere vissuta: la pace dei distretti, il sole che nasce e muore ogni giorno, il mare del Quattro, i boschi del Dodici.
Vivere è sempre stato fino alla fine della rivolta qualcosa che ho assaporato poco; sono stati pochi attimi legati principalmente ai sorrisi di Prim, traevo felicità dalla sua felicità. Se spesso pensavo a me stessa non mi rendevo conto di quanto tutto quello che facessi portasse sempre e solo a lei. E nella mia scontrosità e nel mio apparente egoismo c’era soltanto il desiderio di vederla sorridere.
Poi c’è stata la guerra, l’inesorabile guerra e il caos. La rinascita, con il tempo...
Tante sensazioni diverse che non sembrano ora conservare ai miei occhi alcuna sfumatura, sembrano macchie di colore, di colori forti e puri.
Ora noto ogni possibile sfumatura della vita, perché quella di oggi non è un’era ma una vera e propria esistenza fatta di sensazioni dolci, di quel profumo di pane che costantemente mi riempie le narici, di braccia forti e ruvide dal lavoro, di amore. E non c’è niente di meglio di questo, ma sento un vuoto nel petto. Ed è inspiegabile quello che sento. Ma una cosa l’ho capita. Dalla morte di Prim si è formato un vuoto che sento potrebbe essere colmato; non per sostituire il suo ricordo, perché so che la quella ferita brucerà sempre proprio come le più profonde, ma per rinnovarlo. E so che Peeta sarebbe contento, sarebbe il padre migliore che un bambino possa avere.
 


Sta lavorando ma per un attimo riesco a catturare il suo sguardo. E l’azzurro dei suoi occhi luccica quasi. Due giorni senza poterlo vedere sono stati realmente un’eternità.
-Sei tornata- un sorriso sghembo sul volto.
La fila qui in panetteria è lunga, come sempre. La gente sorride e non c’è alcun segno di terrore negli occhi degli abitanti di tutta Panem. Il distretto è ancora in parte distrutto, ma con l’aiuto di tutti penso riuscirà a rinascere entro la prossima estate. Anche io e Peeta abbiamo partecipato spesso alla ricostruzione, nonostante tutto. Ma è stata la panetteria che ancora porta il nome ”Mellark” il cuore della nostra trasformazione. Passo dopo passo l’abbiamo ricostruita, e in questo modo un altro tassello della vita del Ragazzo del Pane è tornato a posto.
Parla ed i suoi occhi sorridono, trasmette tanto calore. L’orario di chiusura si avvicina e fuori dalle vetrate, dietro tutti i dolciumi in vetrina vedo il sole tramontare in una tempesta di colori. Resto ferma, continuo ad osservarlo e lui di sottecchi si gira a guardarmi. E’ buffo mentre cerca di non distrarsi, non riuscendoci. Ci sorridiamo continuamente e io non riesco a credere di fare una cosa tanto sciocca.
Quando la panetteria si svuota ci fiondiamo in un attimo l’uno nelle braccia dell’altro ed è soltanto più un groviglio di braccia, di pensieri e sospiri.
-Non è stato molto carino da parte tua abbandonarmi con un biglietto...- dice col fiato corto sorridendo sulle mie labbra.
-Che ti aspettavi? E’ stato fin troppo...- rispondo e lui di rimando ride.
Cerca di parlare ma lo blocco approfondendo il bacio.
-Ti ho scritto ti amo...- dico col fiatone, -...sul foglietto.-
-Mmm... ti sei superata.-
Mi poggia sul bancone, sono di schiena alla vetrina e girando la testa, mentre Peeta mi bacia il collo con trasporto, noto ancora qualche passante. Non posso che arrossire. Inizia a sbottonarmi la camicetta ed io nonostante tutto rimango intrappolata in questo gioco vizioso. La apre fino all’ultimo bottone e dolcemente scopre i miei seni dalla stoffa. E’ dolce mentre mi bacia quella pelle sensibile, è attento ad ogni movimento. Sembra conoscere ogni centimetro, ogni spigolo del mio corpo. Ed io sono in sua balia.
-Non sai quanto mi sei mancata, ma ho paura di chiederti dov’eri...- svela in un sussurro vicino alla mia pelle.
Ed è in quel momento che torno con i piedi per terra. Mi allontano da quel mondo trascendente, dalle sfumature azzurre e dalle melodie calde; scendo da quella galassia che ormai è solo in parte inesplorata e mi libero da quelle mille sensazioni.
-Ero al Quattro. Da Annie e...- esito.
-Finnick.- finisce la frase Peeta e per un attimo cela l’azzurro delle sue iridi a un triste passato. Nonostante tutto il suo solo nome riporta al suo ricordo. Ed è dolore puro; perché tristemente e inevitabilmente legati al passato non possiamo che ricordarlo ed aprire nuove ferite che potevamo credere rimarginate.
Inizio a riabbottonarmi la camicetta ma Peeta mi blocca i polsi riavvicinando le sue labbra, con lentezza, alle mie.
-Andiamo a casa...-
Mi guarda perplesso. Sicuramente gli sembravo decisa a continuare. Volto leggermente la testa e lui subito scoppia a ridere. Sorpreso.
Anche tu eri in un altro mondo, amore mio?
Gli accarezzo i capelli biondi, il viso morbido, la mascella marcata. Poso un pollice sulle sue labbra umide e ricurve.
-Giuro Kat, non me n’ero neppure lontanamente accorto...- dice con sguardo dolce, - c’eri soltanto tu, nient’altro qua attorno...-
Mi riabbottona la camicetta con lentezza e delicatezza non spostando mai l’azzurro dei suoi occhi dal grigio dei miei.
Poi mi afferra la mano.
-Andiamo a casa...-


*angolo di Atlas*
Eccomi qui; il capitolo è di passaggio, il prossimo che spero di farvi leggere il prima possibile sarà davvero fondamentale (:
Comunque aspetto i vostri pareri e le vostre critiche su questo!
Grazie di esserci, Fra

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Capitolo 26
*** Small grain ***


Small grain



Katniss POV


Eden la danza di un mondo perfetto. 
Eden se il tuo sguardo dice ti aspetto. 
Oggi che ogni gesto ritrova il suo senso. 
Poi Eden è un passo sui bordi del tempo. 
Eden, il riscatto, il sogno protetto. 
Eden, nella luce di un giorno perfetto. 
E se alla fine riusciremo a credere 
Nelle nostre promesse 
Avremo pace, le risposte incognite 
Da sempre le stesse 
Per diventare adulti come nuovi Dei, 
Di un vecchio universo. 
Per imparare ad affrontare il tempo noi, 
In un mondo diverso. 
E dare un domicilio alle distanze e poi, 
In un giorno perfetto. 

(Eden, Subsonica)

Camminiamo velocemente verso casa. Forse addirittura corriamo. Non riesco a rendermi conto di quello che accade attorno a me. Sento l’aria fresca di ottobre sulle guance, la treccia disfatta che ritmicamente mi colpisce la spalla. E Peeta, proprio qui, accanto a me. Mi tiene stretta a lui e ci muoviamo su questa strada, bagnata di pioggia col suo profumo umido, acre e dolce al tempo stesso, come se fossimo uno stesso essere. Le nostre braccia unite, un appiglio per entrambi, quell’ancora che se non ci fosse sarebbe soltanto oblio intorno a noi. Ci inzuppiamo i piedi, i pantaloni fradici mentre camminiamo senza preoccuparci delle pozzanghere. Nulla ci importa mentre la pioggia ci investe, incessante e tiepida. Quasi mi viene da ridere, è tutto così assurdamente folle ma allo stesso tempo al posto giusto. Come se camminare sotto un ombrello fosse sconosciuto, qualcosa di un altro pianeta. E ridiamo, ridiamo moltissimo mentre la gente con sorrisi comprensivi ci passa accanto. Guardo i suoi occhi e come se non potessi farne a meno scoppio di felicità, sento il petto pieno di qualcosa che non so cos’è. E credo siamo pazzi, instabili, ma non m’importa se siamo io e lui. E lo bacio, assaporo il gusto della pioggia sulle sue labbra perfette, mi nutro di quella morbidezza che non potrà mai saziarmi. E ci stacchiamo per riprendere fiato giusto per qualche secondo poi le nostre lingue ricominciano a danzare. Ma è soprattutto un gioco di labbra, di morsi delicati su quelle dell’altro, di incastri sempre nuovi, dolcemente umidi. Continuiamo a sfiorarci mentre Peeta apre la porta di casa nostra con una mano, l’altra è dietro la mia testa delicatamente avvinghiata ai miei capelli; continuiamo a scontrare le nostre labbra mentre saliamo le scale, innaturalmente incastrati ed i nostri respiri si mischiano ancora mentre siamo seduti l’uno sull’altra al centro del nostro letto.

Essere arrivati a tutto questo è assurdo. La imperturbabile, fredda Katniss Everdeen che fa l’amore con un uomo. Un giovane ragazzo che le ha rubato tutto; il cuore, la ragione, ogni cosa. Ora anche quella convinzione che aveva sempre avuto e che non avrebbe mai pensato di sradicare dalla sua testa. Vuole diventare madre, dare al ragazzo dagli occhi color cielo un figlio.

Sento Peeta spostarsi nel buio, lo sente aprire il cassetto del suo comodino. E come spinta da un istinto, un desiderio profondo che non pensavo sapessi mostrare, gli blocco il polso prima che possa afferrare la scatolina. Le nostre labbra ancora unite, poi le sue, ansimanti, si spostano sul mio orecchio sinistro e sento un brivido, parte dalla schiena e mi avvolge, il fiato per un attimo mi manca.

-Che fai, amore?- la sua voce è roca, mi vibra dentro.

Ora come ora non posso che dire la verità. Egoisticamente dire quello che voglio. Perché è così che faccio, desidero e prendo. E Peeta resta lì, in balia del mio stupido egoismo. La paura che avevo sembra sepolta, e lui che non l’ha mai provata ha potuto vivere soltanto dei miei timori. Mentre io, con i miei tempi, dopo tanto tempo, sono riuscita a pensare al suo stesso modo e a capire che le loro morti non sono state vane. Posso ricordarli, ricordare Prim in una nuovo nascita.

-Io... non lo so...- rispondo titubante.

Non riesco a parlare, nonostante ormai sappia che cosa desideri, le parole mi restano conficcate in gola come macigni e non riesco a spiegarne il motivo. Forse è vergogna, paura di apparire debole e volubile di fronte a qualcosa che non avrei mai voluto affrontare.

-Hey... se non usiamo una protezione potresti rischiare di...- afferro il suo viso spostando le sue labbra dal mio orecchio alle mie accogliendole, seppur con una titubanza che avrà sicuramente percepito. Sento ancora la sua voce dolce come il miele accarezzarmi l’orecchio, cercava di tranquillizzarmi e nel contempo di spingermi a parlare. So benissimo cosa comporterebbe il non usare una protezione. Ma Peeta sa come farmi parlare, sa come prendermi, sa capirmi come nessun’altro.

Inizio ad accarezzargli il petto, sento la sua fronte aggrottarsi, sembra non capire cosa stia accadendo mentre le mie labbra continuano a catturare le sue; forse per ostacolarlo a parlare oltre al fatto che staccarmi da lui è un dolore quasi fisico ogni volta. Ad un tratto mi sento sbilanciata dal suo peso indietro e mi ritrovo sdraiata con il suo petto ansante a contatto con il mio. Mi blocca dolcemente i polsi ai lati della testa e poi con tutta la forza possibile si stacca dalle mie labbra ed io involontariamente gemo di disappunto alzando la testa verso la sua per tentare di catturarle nuovamente. Cerco di lottare ancora un po’ con la parte di me che non vuole separarsi completamente da quel pensiero che da sempre condividevo.

Gli Hunger Games non esistono più, Katniss. Me lo ripeto più volte mentre piano piano il tremolio del mio corpo cessa sotto lo sguardo preoccupato di Peeta. Nessuno morirà più. E anche di questo devo convincermi, perché accade ancora troppo spesso che durante la giornata, senza Peeta accanto, io cominci ad urlare o piangere senza sosta dentro un armadio; cercando di liberarmi da un masso pesantissimo che solo in quel modo, oltre che dalla presenza del mio ragazzo del pane può scomparire. Haymitch viene spesso, mi parla e cerca di tranquillizzarmi ma nulla al pari di quelle pozze blu può ipnotizzarmi e riportarmi in superficie.

-Basta Kat...- dice con voce dolce, le labbra incollate al mio orecchio, -non devi fare nulla per compiacere me, te l’ho già detto... va bene così- e vedo nei suoi occhi il dolore per la mancanza di qualcosa di immensamente vitale che soffre nel non poter avere ma che camuffa con finte parole colme di decisione e sorrisi pieni di finta sicurezza.

-Menti...- dico senza pensarci e un sorriso amaro coglie  il suo volto.

-Può essere... ma tu sai che il mio desiderio più grande sei tu, tutto il resto non ha importanza.- e qui non mente, lo vedo nei suoi occhi; quegli specchi infiniti che riflettono la sua anima.

Sento salire dal profondo un sentimento di rabbia, di frustrazione e so che la colpa non è di Peeta. E’ sempre stato così, lui voleva la mia felicità ed io per quanto volessi la sua, per quanto lo volessi vivo e accanto a me in ogni istante non l’ho mai reso felice fino in fondo. Inizio a versare lacrime amare e tento di trattenerle perdendo così di vista colui che preoccupato mi osserva. Lo vedo completamente diverso, come sommerso da una pozza di acqua scura leggermente illuminata da un’atmosfera aranciata. Quel tramonto alle nostre spalle che giunge dalla grande finestra a vetri che Peeta ha fatto installare soltanto per me, perché possa sempre vedere tutto il verde dei boschi e il mio distretto che pian piano risorge. Mi bacia le palpebre e le mie lacrime bagnano le sue labbra. Tanta paura, ecco cosa mi spinge ad essere così debole. La paura di non potercela fare. Peeta mi sussurra parole dolci alle orecchie e sento le sue lacrime bagnarmi le guance.

E’ in questi momenti che ci mostriamo in tutta la nostra fragilità. E piangiamo uno sulla pelle dell’altra; ci bagniamo delle nostre paure, di quelle lacrime che rilasciano ogni preoccupazione e ansia. Succede spesso. L’uno nelle braccia dell’altro piangiamo e ci spogliamo del controllo che durante il giorno ci ha vestito. E non c’è vergogna o imbarazzo, tutto questo non ci rende, né ci fa sentire fragili ma ci porta ad essere stranamente simili come mai durante il resto dei momenti che condividiamo. Neppure mentre facciamo l’amore siamo così simili ed uniti; è in questo istante che io mi sento davvero parte di lui e non riesco più a distinguere il mio corpo dal suo e la sua anima dalla mia. I singhiozzi anche ora ci squarciano il petto e forse neppure sappiamo il perché del nostro pianto, ma vogliamo unirci in questo modo. E nessuno chiede all’altro il motivo di tutta questa disperazione perché ormai ci conviviamo, io conosco le sue paure e lui conosce le mie e tutto questo è qualcosa che condividiamo da più di due anni ormai e che ormai convive appieno con noi. Non ci facciamo alcuna domanda perché in tutta la sua tragicità sappiamo che la nostra vita, per quanto felice e luminosa sia, ha nella sua colonna sonora note gravi e a tratti addolorate. Per quanto potrebbe sembrare triste, questo momento che io reputo tanto intimo è a mio parere realmente il più intenso. Non c’è paura di nulla, solo voglia di mostrarsi in tutta la propria pienezza e fragilità, condividendo le paure e lo strazio. E’ un segno evidente della nostra instabilità.

Sento le labbra di Peeta sfiorarmi l’orecchio mentre rilascia timidi singhiozzi, e le sue mani mi toccano con dolcezza, sfiorano le mie labbra e i miei occhi, sfiorano la mia treccia.

-Non va bene così...- dico dopo che i nostri singhiozzi si sono ormai messi a tacere.

-Che ti succede, Katniss? Cos’è che cerchi in tutti i modi di negarti?-

Non sono sorpresa del fatto che lui abbia capito, perché lui ha quel potere che ancora non comprendo appieno di leggermi dentro. In tutta risposta cerco di alzargli la maglietta sperando che in un qualche modo riesca a tradurre ciò che sto facendo. Ciò che è un timore ma allo stesso tempo un desiderio silenzioso.   Mi blocca i polsi e scende nuovamente a lambirmi le labbra che trova subito pronte ad accoglierlo. Sento le sue mani e le sue braccia forti contrapporsi tra il lenzuolo color verde mare e la mia maglia che lentamente si alza scoprendo la mia pelle bollente ed affamata di lui. Mi alza a sedere sulle sue gambe e noto che ha ancora la protesi. Premo il mio bacino al suo e sento la sua eccitazione. Geme a quel contatto. Siamo un incastro di braccia, abiti che pian piano scivolano via, sorrisi e sguardi persi. E in tutto quello, in quel caos, c’è il nostro equilibrio, un incastro perfetto.

-Parlami...- dice con voce roca al mio orecchio e continua a supplicarmi ancora e ancora.

-Facciamo l’amore... come mai prima.- dico titubante.

Lo sento stringermi forte mentre le sue labbra toccano la pelle della mia spalla, la sua testa si incastra perfettamente tra il mio collo e la clavicola, le sue mani iniziano a disfare la mia treccia. Quei piccoli gesti mi distruggono pian piano e la corazza che porto addosso si sgretola sotto di noi. Sento la mia spalla bagnarsi di un calore tiepido e sento il sorriso di Peeta a contatto con la mia pelle. Accarezzo i suoi capelli biondi e intuisco che ormai le mie intenzioni siano chiare anche a lui. Lui che mi conosce così bene, da una piccola parola o da un mio piccolo gesto riesce a leggere dentro di me.

-Lo vuoi davvero?- la sua voce è emozione pura ed il suo sorriso è indescrivibile. Sento il suo cuore battere forte e capisco che non c’è cosa che desiderava più di tutto questo. E mi maledico per essere arrivata a tutto questo soltanto adesso. Quanti sorrisi così belli avrei già potuto vedere?

-Io... voglio vederti sorridere così per sempre...- balbetto mentre con le mani mi sfiora i seni ormai scoperti. Poi si blocca, storce la bocca in una pernacchia buffa e allo stesso tempo triste.

-Ma tu sarai felice, Kat? Perché per me, amore mio non c’è cosa più importante del tuo sorriso...- se anche quello che accadrebbe lo renderebbe l’uomo più felice del mondo questo a lui non importa, ciò che gli importa sono io ed io questo dovrei soltanto capirlo. Perché non so quante volte me l’ha ripetuto e io non so quante volte ho pensato che tutto questo fosse ovvio, che fosse così da sempre e non poteva essere altrimenti, non mi accorgo ancora adesso di quanto sia importante quel ragazzo che ora mi guarda con i suoi occhioni color cielo aspettando una risposta. Peeta mi ha salvata e continua a salvarmi ogni giorno. Nonostante gli incubi, le crisi, i pianti, l’instabilità che mi pervade lui è qui, sempre e devo solo rendermi conto di che importanza tutto questo possa avere. Non era scritto o forse sì, ma la cosa bella è che mi ha scelta ed io ho scelto lui, ed ora scelgo di unirmi a lui e di lasciare un segno di speranza in tutto questo caos.

-Sarò felice...- sorrido accarezzandogli la guancia bagnata di lacrime.

-Sempre?-

-Sempre.-

E cominciamo ad amarci.

Peeta mi sveste completamente ed io faccio lo stesso con lui. Siamo impacciati come la prima volta ma allo stesso tempo consapevoli che questa unione sarà unica, completamente diversa dalle precedenti. Ci sorridiamo e i nostri sguardi rimangono incatenati per attimi infiniti mentre con lentezza ci accarezziamo l’un l’altra. Ormai completamente svestiti ci uniamo in un abbraccio carico di emozione ed i nostri bacini si scontrano facendo gemere e rabbrividire entrambi. E senza avere il minimo controllo del mio corpo inizio a spostarmi su e giù facendo leva sulle spalle larghe di Peeta e i suoi occhi azzurri si illuminano in un attimo.

E così, senza unirci realmente, seduti sul letto ci iniziamo a muovere l’uno sull’altra. Le mie gambe sono intorno al suo bacino, la sua distesa dietro di me. Mi lascio guidare soltanto dal desiderio che ho di lui e struscio la mia intimità contro il suo membro teso. Gemo forte contro il suo petto e lui fa lo stesso mentre mi accarezza con impazienza la schiena. Il mio centro è ormai a contatto diretto con la sua pelle e la fine di questo amplesso a metà è vicina. La sua pelle si tende al mio contatto ed un ondata di calore mi invade, ci invade, Peeta geme gutturalmente e il suo seme schizza sulla nostra pelle.

Quando poco dopo entra gentilmente in me non posso non notare che sentirlo così, senza alcuna protezione a separarci, è qualcosa di intensificato. Ogni cosa intorno a me è amplificata: il suono dei nostri sospiri, i colori del tramonto alle nostre spalle, il contatto dei nostri corpi. Mi muovo con lentezza esagerata su di lui e ad ogni affondo riassaggio le sue labbra socchiuse in sospiri caldi riscoprendo sempre un nuovo sapore su di esse. Ci sfioriamo, niente passione o disperazione. E’ unirci con delicatezza per creare qualcosa di candido, innocente che sarà frutto di qualcosa che è amore. Un atto di pura dolcezza in un unione che non ha nulla di lussurioso ma ritrova la nostra giovinezza distrutta. Mentre per un attimo, in quel vortice di piacere le nostre ferite si risanano, le cicatrici scompaiono ed ogni dolore si rimargina in un crescendo di qualcosa che è piccolo ma già rumoroso dentro noi. Non riesco più a distinguere la mia pelle dalla sua, in questo abbraccio che ci unisce, su di noi si riversa una marea via via più calda ed io non riesco ad avere alcun controllo su di me mentre le mie braccia si fanno le sue ed i miei occhi vedono coi suoi, ci confondiamo e davvero non riesco più a distinguere alcun confine. Stringo i suoi capelli umidi nascondendo il viso nel suo collo. E veniamo, mi contraggo intorno a lui e sento il suo seme scaldarmi il ventre immaginando come dentro di me ora, che un piccolo semino si sia impiantato dando così vita a qualcosa di meraviglioso. Forse avrà i miei capelli scuri ed occhi azzurri che rifletteranno tutte le nostre speranze. E crescerà come un albero dentro me, ci salverà dalle nostre paure e sarà soltanto felicità. 

Siamo riusciti a credere nelle nostre promesse.









*angolo autrice*
Sono qui come sempre per ringraziarvi... (:
Ringrazio tutti coloro che mi hanno sostenuta fin ora :3 
Eden compresa, avrei voluta scrivervela tutta ma mi sono trattenuta, vi consiglio di ascoltarlaaa :')
spero davvero di ricevere tanti pareri, vorrei tanto sapere se questo capitolo vi ha fatto provare qualcosa... perchè il mio intento è quello.. grazie di esserci 

Fra_atlas

 

 

 



 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 27
*** Snowflakes ***


 

Snowflakes.

 

Peeta’s Pov

 

Sento Katniss muoversi agitata su di me e i miei occhi si spalancano in un secondo. In questo groviglio di noi, di coperte, di incubi e cicatrici ci sovrasta un tremolio. Il suo volto è una maschera di dolore sul mio petto e le sue labbra umide tremano tanto quanto il suo intero corpo. E nonostante tutto so che in questa notte invernale, estremamente fredda le scosse che la investono non sono di freddo ma sanno di solo, puro dolore. E soffro profondamente; dentro di me si aprono miriadi di cicatrici ed io chiudo gli occhi. Reprimo tutto per un istante. Proprio come un coniglio scappo da tutto questo, quasi come se ora che tutto appare perfetto una sola, piccola anomalia in questa esistenza stonasse. E nessuno ha la voglia, la forza di toccarla, di esaminarla men che meno di parlarne. E’ un’imperfezione che terrorizza e si vorrebbe soltanto chiudere in un cassetto perché resti lì silenziosa e impolverata sperando vada via via scomparendo. Ma non può accadere questo nella nostra vita, non possiamo fare finta di nulla. In un modo o in un altro dobbiamo guardare negli occhi questa vita e affrontarla; piangendo stretti a terra, facendo l’amore a ritmo di questa vita che ci sfugge, abbracciandoci per notti intere, a volte anche distruggendoci a vicenda. Dobbiamo reagire in qualunque modo possibile perché sappiamo che anche una sola, piccola crepa può distruggere ogni cosa. Se affrontiamo tutto insieme però neppure il tempo, né il freddo, né il dolore potrà sopraffarci.

La scuoto dolcemente finché il grigio dei suoi occhi non mi travolge, bollente in contrasto coi fiocchi che scontrano la grande vetrata di camera nostra. La neve scende fitta in questi giorni di dicembre e in questa fredda notte si staglia nel cielo stranamente rossastro, la luna anch’essa di quel colorito insolito s’intravede appena dietro quell’atmosfera cupa e soffice. 

-Se potessi viverli al posto tuo...- mi sfugge dalle labbra.

La stringo a me e sento che il tremolio pian piano lascia il posto a calore. I suoi capelli mi solleticano le braccia mentre scuri e leggermente increspati scendono intorno a noi. Piange silenziosamente, la mia Katniss e per una volta sento davvero indispensabile, quasi vitale sapere ogni singolo angolo e particolare, ogni colore di ciò che fino a poco fa invadeva la sua testa.

-Raccontami... cosa hai sognato, Katniss- sussurro a un suo orecchio cullandola tra le mie braccia.

-Io... non so, è sempre uguale... da quando...- ricomincia a tremare e il suo petto è squarciato da singhiozzi.

Capisco quanto sia dura per lei parlarne, quanto le faccia male dal suo corpo. Il linguaggio del suo fisico è a volte molto più comprensibile della sua essenza interiore. Come in questo momento; il tremolio della sua pelle, delle sue membra stesse è fortissimo e mi ricorda le notti dei primi mesi di convivenza quando gli incubi la ferivano psicologicamente e passava ore, giorni chiusa negli armadi o nascosta nei boschi.

-Da quando?- le accarezzo il volto con dolcezza sperando di riuscire a diffonderle un po’ di forza.

-Da quando aspetto nostro figlio...- fissa i suoi occhi nei miei e poi inizia a sputare fuori tutto; con un po’ di fatica, mangiandosi le parole. Piangendo più e più volte...

-Ciò che tanto mi spaventa è uguale ogni notte. Non varia mai ed è per quello che mi terrorizza così tanto, ho tanta paura che possa essere la verità. Ci sono gli Hunger games e un bambino tanto uguale a te, ha i tuoi stessi occhi color cielo e le tue stesse sottili e perfette labbra. E poi... viene estratto. Si sente soltanto una voce triste e maligna al tempo stesso invitarlo a raggiungerla e... è tutto così insopportabile. Ogni particolare è raccapricciante, in particolare il viso del bambino. Appena salito sul palco il suo volto cambia, diviene quasi deformato da uno sguardo da serpe ed un sorriso maligno che brama sangue e morte. Poi ci sono solo urla, e ancora sangue e pianti isterici. Ho tanta paura, Peeta-

Sappiamo entrambi che gli Hunger Games ormai sono un ricordo lontano, ma sono sempre lì e non ci lasceranno mai più. Scorrono dentro di noi, sono ricordi indelebili e cicatrici, non posso vedere in Katniss una persona debole. Ho le sue stesse paure ed ora, però devo mostrarle in qualsiasi modo possibile quanto queste siano infondate.

Le lascio un leggerissimo bacio sulle labbra e lei si aggrappa al mio collo famelica per approfondirlo ma mi sposto sulle sue guance e ad una ad una raccolgo via le sue lacrime che sanno di mare e mi ricordano tanto la spiaggia dell’edizione della memoria. Poi scendo giù, al suo ventre leggermente gonfio. Lo accarezzo da sopra la stoffa poi alzo la sua maglietta scoprendo la sua pelle bollente. Mi ripeto spesso che ciò che vedo è reale; è tutto così bello, chiaro e dolce con le sue sfumature aranciate e vivaci da avere la consistenza di sogno più di qualsiasi realtà. Bacio la sua pelle olivastra, baci leggeri in ogni angolo di quel paradiso mentre i suoi occhi grigi si calmano. La mia speranza è che questi piccoli gesti umidi che deposito sulla sua pelle possano guarirla almeno in questo momento. E in quelle pozze grigie che mi fissano non vige più una tempesta di paure bensì un mare calmo che mi accarezza riconosce e tiepido.

-Amore mio, non devi temere nulla. Gli Hunger Games non ci sono più, dobbiamo lasciarci il nostro passato alle spalle. Il futuro di nostro figlio sarà meraviglioso, Kat, lo so- le sorrido e mi stendo nuovamente accanto a lei stringendola e coprendoci dal freddo pungente che preme per entrare dalla vetrata.

-Vuoi un bambino o una bambina?- mi chiede emozionata all’orecchio che sfiora con le labbra e non posso che sorriderle perché i suoi.

-Una bambina coi tuoi occhi- la bacio dolce e sento il sapore forte delle sue labbra, come di libertà e vita. Poi è solo voglia di toccarsi sempre di più e sono baci struggenti ed umidi, carezze negli angoli più nascosti e gemiti soffocati da labbra affamate.

-Non voglio farvi male...- sussurro al suo orecchio mentre geme sotto i miei tocchi ormai esperti.

-Sii dolce come sempre ma ti prego non smettere mai- risponde col fiato corto e io sono succube di quelle parole di supplica tanto invitanti.

 

§§§

 

Quando ero piccolo a papà piaceva festeggiare il Natale anche se era una festa che a tutta Panem era quasi del tutto sconosciuta. Alla famiglia Mellark era invece stata tramandata come la festa più lieta e calorosa dell’anno in cui era bello almeno per un giorno essere la famiglia unita che durante l’anno non eravamo. Ricordo che con papà cucinavo moltissimi biscotti di tante forme e sfumature diverse; alla fine del lavoro la cucina era sempre un disastro di colori e zucchero, di ogni glassa possibile e di piccole caramelle di forme infinite. I miei occhi da bambino s’illuminavano di felicità in quei giorni di preparazione ed ero sorpreso di non subire da mia mamma nulla; nessuna sgridata, mai neppure uno schiaffo. In quel periodo dell’anno mi sentivo davvero felice e per una volta potei credere di avere una famiglia, una vera famiglia che mi amasse e in quel profumo fragrante di biscotto il cuore mi si scaldava nel petto ed un sorriso naturale mi solcava dolce il viso da bambino.

Proprio come un tempo preparo i biscotti glassati di tanti colori diversi e mentre lavoro su quelle forme natalizie ho un sorriso stampato in faccia, un sorriso che è nato dal nulla e che si irradia in ogni angolo della stanza. Vorrei donare anche a Katniss un po’ di questa dolcissima serenità. Vorrei essere il genitore che non ho mai avuto... vorrei che formassimo la famiglia che avrei sempre voluto avere, per me e per lei. Ma soprattutto per quel piccolo esserino che cresce dentro di lei.

-Sono tornata!- sento la porta chiudersi e poi per un attimo il nulla.

-Kat...- la chiamo poco prima di essere interrotto dalla sua voce calda che mi sembra accarezzare.

-E’ tutto magnifico, Peeta- dice con le labbra rosse dal freddo leggermente socchiuse. Ha fiocchi di neve tra i capelli e sul capello di lana color foresta. E’ la cosa più bella che io abbia mai visto con quel suo nasino rosso dal gelo. E senza alcuna esitazione mi avvicino a quel volto e prendendolo tra le mani lo porto sul mio per poi baciarlo e rifarlo altre mille volte in mezzo alle luci, accanto a quell’albero ancora spoglio di decorazioni, attorniati da quel profumo di cannella e cioccolato forte.

-Buon Natale, Katniss...- dico sulla sua bocca ormai calda.

E poi è solo calore attorno a tutti questi freddi fiocchi di neve.



*note autrice*
Ecco il capitolo, premetto che è di passaggio ed essendo che amo il Natale lo volevo incastrare anche qua! Come mio solito volevo ringraziarvi e augurarvi buone feste in quanto credo proprio ci sentiremo il prossimo anno :')
Grazie di esserci, grazie 

Ah, fatemi un bel regalo daii, una recensione piccola piccola :')
Fra

 

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Capitolo 28
*** Crash ***



Crash


 

Peeta’s POV



I mesi volano via e tutto qui è colorato e luminoso come mai prima. Se non fosse per le cicatrici orribili che ci marchiano e quel grande prato, quella catacomba che siamo costretti a vedere ogni giorno a causa della sua immensità e di tutte le ossa che contiene; ci giurerei, qui non è accaduto nulla di brutto. Ma per una volta in tutti questi anni posso finalmente dimenticare, o almeno provarci, perché tutta questa luce riesce quasi ad accecare anche il passato e illumina ogni notte di questo presente.

-La mia pancia è enorme! Anzi, sono enorme!- sbuffa Katniss al mio fianco davanti al grande specchio in camera da letto.

Rido di gusto. In questo periodo a volte proprio non la riconosco; la mia Katniss non si lamenterebbe mai di una cosa del genere, di una cosa tanto futile. Poi, il più delle volte è così: si guarda allo specchio e sorride accarezzandosi il ventre di ormai sei mesi. Ma la Katniss incinta, quella che a volte risulta addirittura isterica, non fa altro che farmi ridere con pensieri ridicoli ed inusuali che hanno il più delle volte a che fare con la sua “enorme” pancia. Eppure, lei sa quanto amo il suo pancione; sa quanto amo ascoltare il rumore, quella musica acquosa che sicuramente immagino che quel pesciolino produce muovendosi. Sa che amo baciarlo, toccarlo, bagnarlo di lacrime dopo un incubo suo o mio, dopo aver sentito nostro figlio scalciare.

-Sei bellissima, amore...- le sussurro all’orecchio acchiappandola dai fianchi e guardandola allo specchio.
Siamo diffusi entrambi in quel riflesso di ferite ricucite più volte, bruciature indelebili e una strana felicità.

Le bacio l’orecchio, scendendo poi con lentezza ad inumidirle la mascella poco accentuata e infine lambisco il collo morbido. Lei si lascia plasmare dalle mie mani che ora accarezzano la sua pancia mentre il suo capo si reclina da un lato e le mie labbra acquistano il pieno controllo di quella pelle tiepida. Sento il suo respiro aumentare, piccoli sospiri alleggiano nell’aria carica di una passione che è da troppo che reprimiamo e sento che ora vorrei solo spingerla sulle lenzuola di quel colore verde pastello che tanto le piace e farla mia. Fare l’amore con lei senza pensare a nulla, senza staccare neppure un secondo le mie iridi dalle sue color tempesta, entrando in lei dolcemente perché è così che deve essere ed è così che tocchiamo il cielo. La sento girarsi verso di me e le sue labbra sorridenti mi baciano. Sento i suoi denti perfetti scontrarsi con i miei creando un ticchettio dolce mentre prendono tra di loro il mio labbro inferiore. Gemo dalla sorpresa.

-Sai che non sopporto quando mi chiami amore...-

Rido sulle sue labbra mentre con una forza e una voglia implacabile mi fa cadere sulle lenzuola.

 

§§§

 

Io non riesco a capire; perché in un attimo tutto è perfetto e poi l’attimo dopo ogni cosa è distrutta?                                                            

Ci basta davvero così poco a cambiare ogni cosa? Un solo sguardo, un solo gesto, una singola scelta...

Il problema di tutto questo è però un altro. Noi non siamo stati distrutti da niente di tutto questo. Nulla di innocente o normale, di neppure lontanamente simile a quello che ogni umano può concepire.

Siamo stati distrutti da quello che siamo, ci siamo distrutti a vicenda.

E senza accorgercene, senza preavviso ci è caduto il mondo addosso e io non riesco che a pensare a tutto quello che è successo. Accarezzo le mani di Katniss, sotto le cui unghie è ancora incrostato del sangue e ripenso a tutto; ogni dettaglio per quanto terribile, a ogni sensazione per quanto dolorosa.

Ormai era una normalità, per me, sentirla muoversi agitata nel sonno. Gli incubi c’erano ancora, nonostante tutto e anche se non me li raccontava mai ero sicuro avessero a che fare con nostro figlio, con la mietitura, con quegli infernali giochi. Urlava certe volte, ma raramente, soffocando i lamenti col cuscino, mordendo il tessuto candido. Il più delle volte però era il solo corpo a muoversi agitato in preda a convulsioni spaventose. Avevo paura delle notti ma mai come questa. Mai sono stato inorridito a tal punto, la visione peggiore di sempre; peggiore del suo viso deformato sotto le sembianze di quello di un ibrido, peggiore del suo corpo martoriato dalle ferite negli Hunger Games.

Quella notte, sentendola muoversi sul mio petto nudo mi ero svegliato, avevo guardato l’ora. La sveglia rischiarata dalla luna segnava le 2.44 e il viso di Katniss mostrava un espressione addolorata che come un artiglio conficcato nella carne brucia. Le sue dita erano sul suo pancione e non avevano nulla di dolce o amorevole in ciò che facevano. Preso dal panico ho iniziato a scuoterla, svegliandola sarebbe cambiato sicuramente tutto. Non poteva essere davvero conscia di ciò che stava facendo, non poteva essere davvero lei a farsi del male, a fare del male a nostro figlio. Iniziai a scuoterla per le spalle e quando i suoi occhi si aprirono mi crollò il mondo addosso. Erano gli occhi di chi è perso, in un mondo di oscuri pensieri e ricordi sanguinosi. Degli occhi tanto simili ai miei scuri, a quelli di una persona persa; Katniss soffre e nasconde tutto dentro. E io mi chiedo ancora come sia possibile che dopo anni di convivenza, lotte contro noi stessi e contro il nostro terribile passato siamo ancora qui: a soffrire e farci male, nasconderci senza riuscire a parlare, a distogliere lo sguardo senza mai smettere di amare. E continua a graffiarsi la pancia mentre gli occhi le si riempiono di lacrime. E il loro colore sembra spento ed ho paura. Se accendessi la luce forse li troverei così tanto vuoti che mi prosciugherebbero da dentro e rimarrei un inutile involucro vuoto.

-Abbiamo sbagliato tutto...- risento ancora la sua voce rimbombarmi nelle orecchie mentre quelle parole si facevano strada dentro di me. E laceravano, come sale sulle ferite aperte.

-C-cosa...- la voce mi spezzerebbe ancora ora, al solo pensiero.

Poi dopo è stato tutto un susseguirsi di parole roventi e dolorose che stavano pian piano distruggendo tutto, e io non volevo essere distrutto irrimediabilmente da tutto quello. Cercavo di fermare le sue mani che continuavano a graffiarsi e vedevo i segni rossi sulla sua pelle olivastra e pensavo a quell’esserino dentro di lei; ma soprattutto a lei...

Come si sarebbe sentita quando avrebbe visto quei segni rossi sopra la sua pelle?                                                                                      

Perché lo sapevo, lei non poteva davvero essere lucida in quel momento.

-E’ un errore!- aveva urlato indicandosi con un dito tremante la pancia.

Dolore, solo dolore a quelle parole. E nausea...

Non la riconoscevo. Quasi pensavo che dentro di lei esistesse davvero quell’ibrido di cui tanto avevo immaginato. Avevo paura, paura di perdere la ragione proprio come era successo a lei. E piangevo, ero impotente e disperato perché mai mi sarei aspettato una cosa simile, mai.

-Come vivrà nostro figlio? Cosa potremo dargli? Potrebbe venir mietuto...- continuava a ripetere cose assurde e le parole le morivano in gola in singhiozzi forti. Se lacrime le ricadevano sulle labbra ed il suo viso era deformato dal dolore.

Erano stati gli incubi?  Quella serie di immagini che le avevano invaso ogni fibra di corpo, ogni nervo e tessuto ed ora giacevano dentro di lei? Fu l’unico pensiero coerente che riuscii a formulare, doveva essere così. Doveva essere per quel fatto assurdo secondo il quale lei si tiene ogni cosa spiacevole dentro e tutto ciò che ha all’interno preme fortissimo. Vuole uscire.

L’avevo stretta forte tra le mie braccia, sussurrandole parole all’orecchio. Parole che non ricordo mentre il mio cuore era ormai cristalli sul pavimento sottostante. Nell’impeto le avevo afferrato quasi brutalmente i polsi magri e glieli avevo stretti perché potesse smettere e capire l’orrore che stava commettendo. Ai miei occhi appariva quasi come un delitto. Le sue mani erano ghiacciate e le sue unghie avevano portato via pelle e sangue. L’avevo spinta verso il letto e l’avevo sommersa quasi con il mio peso, l’avevo abbracciata fortissimo e lei continuava nella sua danza. Il suo corpo andava quasi a ritmo col suo dolore. Prima un tremolio, poi uno spasmo nel bel mezzo del pezzo infine un sospiro, sporcato dall’insicurezza...

 

-Chiami il dottor Aurelius...- queste le parole del medico in questo istante, mi riportano alla realtà. Alla pelle calda di Katniss ed alle sue occhiaie violacee sotto le palpebre celate.

Sì, per questa volta non affronteremo tutto da soli. 

 


 
Angolo autrice
Premetto che mi vergogno moltissimo per questo ritardo mostruoso e vi capirò se la storia non sarà apprezzata come prima... io stessa non la amo più come una volta e nulla, avrei tante di quelle altre idee in testa per altre ff che inizio a scarabbocchiarle e... questa non mi prende più. Ma se sono qui, sono qui per voi (: ed è per questo che, nonostante tutto spero in qualche recensione, lo spero davvero
Grazie a tutti d'esserci, Fra


 

 

 

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Capitolo 29
*** Alteration ***




alteration.

 

 



-Come si sente?-

E’ una voce lontana, familiare ma non tangibile. Cerco di aggrapparmi a quella voce ruvida ma gelida che scivola via, lontana da me e questo freddo che mi avvolge. Qui attorno è tutto insolito; vedo colori strani intorno a me, strane esplosioni e giochi di colori che sembrano nuvole di strani gas, stranamente simili a quelli urticanti dell’arena.

-Non riesco a capire dove sbaglio... davvero.- sento un’altra voce, la sua voce. Tremo un secondo perché è distrutta, lui non si mostra mai distrutto.

Poi sento la porta chiudersi, l’aria spostata da quest’ultima mi sfiora il volto e apro gli occhi. Vedo il dottor Aurelius e il suo viso segnato dall’età corrucciato in un’espressione illeggibile, il suo block notes davanti al naso pronto ad essere riempito dalla sua scrittura illeggibile. Cerco di alzarmi dal letto. Punto le mani sul materasso e mi spingo su ma ho la testa dolorante e il pancione che brucia. Scosto immediatamente la coperta e vedo il mio ventre fasciato, spalanco un secondo gli occhi ma poco dopo grugnisco ricordando frammenti di qualcosa che speravo fosse soltanto un incubo. Impreco a bassa voce passandomi una mano sul volto sudato; fino ad allora avevamo fatto tutto da soli ma ciò che era successo aveva distrutto tutto. E’ la colpa non può che essere mia perché Peeta è perfetto, mi accudisce e bada a me continuamente.

-Come si sente?- ripete la voce.

-Uno schifo...- rispondo scontrosa.

Il volto del dottor Aurelius si raddolcisce ad un tratto, può ricordare vagamente quello comprensivo di un padre.

-Katniss, non sono qui per alcuna terapia o cura come tutte quelle che abbiamo provato in precedenza...- alzò le mani in segno di resa e poco dopo si sistemò gli occhiali sul naso affilato.

Sapeva sarebbe stato difficile farmi parlare; lo era sempre stato ma ora, con quei segni rossi sulla pancia che nonostante fossero nascosti dalle bende potevo immaginare e bruciavano maledettamente, lo sapevamo entrambi: non avrei fiatato. Un pensiero mi balenò ad un tratto alla mente e mi venne da piangere... per me, per Peeta, per lui...

Avevo distrutto tutto. Peeta era sempre lì per me, con quel dolce sorriso stampato in faccia e i suoi svegli occhi color cielo a vegliare su di me... ed io lo deludo. Ferisco lui e ho addirittura il coraggio di ferire nostro figlio.

-...vorrei parlare con lei, Katniss.-

Parlare? Perché mi sembra la cosa più difficile da fare?

Comunque annuisco. Tormento le mie mani rovinate e cerco di trattenere le lacrime. E’ tempo di non piangere più, mi dico. E’ tempo di rialzarsi come tutte le altre volte ma di non cadere come tutte le altre volte.

-Io credo che ce la farete. Non soltanto per voi due ma soprattutto per lui.- dice indicando il mio pancione,-sa Katniss, pensavo le cose sarebbero state diverse... pensavo che questo bambino avrebbe aiutato voi due ad affrontare ogni cosa. Peeta mi ha tenuto aggiornato sulla vostra situazione di tanto in tanto e quando ho saputo che lo aspettavate ho davvero pensato che ormai i miei suggerimenti fossero superflui e che ce l’avreste fatta naturalmente da soli...-

-Dottore... io stessa ancora non riesco a crederci. Ciò che è successo... è terribile. Non posso crederci... sono un mostro!- tutte queste parole intervallate da singhiozzi.

-Finchè continuerà a commiserarsi in questo modo, signorina Everdeen, non penso possa risolvere la faccenda. Ormai è rinchiusa nella sua idea di essere irrimediabilmente instabile e debole ma deve capire che tutta questa situazione è in parte frutto della sua fantasia.- disse il dottore fermamente.

Katniss capiva ma non sapeva se ciò che il dottore le stesse dicendo fosse realmente la verità... certo, lei era sempre stata rinchiusa nel suo dolore e in quella perdita straziante che ancora ora all’idea le fa stringere il cuore ma non ha mai lottato fino in fondo. Ha lottato per Peeta non per se stessa, per il loro amore...

-Cosa dovrei fare?- chiedo con un pizzico di curiosità nella voce che mi esce lieve e distrutta al tempo stesso.

Il dottore si toglie gli occhiali come se volesse un maggiore contatto con me quindi fa scontrare i suoi occhi scuri coi miei.

-Gliel’ho detto, signorina Everdeen, questa volta non intendo aiutarla...- accenna un sorriso e gli si formano diversi solchi vicino agli occhi,-può farcela da sola; semplicemente pensi diversamente, cambi le regole e il suo punto di vista, il punto di vista di tutta questa situazione.- conclude.

Mi guardo le mani non riuscendo a tener lo sguardo su quegli occhi neri mi sembrano voler chiedere troppo. Mi sfioro le dita bianche e mi concentro soltanto sulle sue parole.

 

§§§

 

Quando Peeta rientra a casa un profumo famigliare mi riempie le narici ed io sospiro mentre guardo le mie mani tremanti. E’ passato qualche giorno dalla visita del dottor Aurelius; io e Peeta ci siamo allontanati, abbiamo riflettuto. Ma ho comunque paura che qualcosa sia inevitabilmente cambiato e questo è provato dal fatto che entrando in salotto lui mi saluti con un semplice cenno del capo e un sorriso distrutto. E per una volta sento di dover fare qualcosa, devo.

-Peeta...-

Si gira di scatto e noto occhiaie scure sotto i suoi occhi. I capelli chiari leggermente spettinati e sporchi di farine.

-Dimmi...- sussurra avvicinandosi di un passo a me ma mantenendo una distanza dolorosa.

-Usciamo a fare due passi?- chiedo semplicemente.

 

§§§

 

Ci ritroviamo inevitabilmente sopra un cimitero ma il cambiamento è inevitabile. Alcuni bambini giocano poco lontano da noi e diverse persone passeggiano. Il distretto 12 resterà sempre ciò che è stato ma qualcosa è sicuramente cambiato; e non lo dicono i negozi nuovamente riaperti o le case riverniciate... lo dicono i sorrisi della gente, le loro mani intrecciate, i loro baci.

-Katniss...- la sua voce calda mi sfiora la pelle.

Gli concedo il tempo che basta perché prenda fiato prima di cominciare a giustificarmi e lo bacio. Scontro le mie labbra con le sue con urgenza. Noto per un secondo i suoi sgranati che poi si chiudono lentamente lasciandosi andare ad un sentimento che lo riscalda. Restiamo così il tempo che basta per recuperare il tempo perduto e poi ci tuffiamo l’una negli occhi dell’altro in un tempo che non riusciamo a comprendere appieno.

Accarezzo l’erba umida di rugiada a contatto con la mia pelle, raccolgo una margherita chiara tra le dita e me la rigiro tra le mani senza mai staccare i miei occhi dall’azzurro che dimora nei suoi. Mi avvicino al suo volto, accarezzo le mie labbra con le sue, percorro una leggerissima strada con esse fino al suo orecchio sfiorando anche la sua mascella contratta. Le sue mani sono tra i miei capelli, stranamente liberi che mi ricadono sulla schiena arcuata verso di lui. Stringo forte le labbra l’una contro l’altra, chiudo gli occhi e inspirando sussurro...

-Peeta... vuoi sposarmi?-

Tutto quello che succede dopo sono farfalle nello stomaco, le sue labbra su ogni angolo del mio viso arrossato dal sole, mani che si cercano in carezze dolcissime.

E finalmente so che almeno per questa volta ho fatto la scelta giusta mentre ci mettiamo fragilissimi anelli fatti con bianche margherite e sigilliamo tutto questo con un bacio struggente, le nostre anime fragili che si sfiorano.







*si nasconde imbarazzata*
Dopo un'eternità aggiorno; non mi sono dimenticata della storia, nè di voi ma davvero avevo perso un qualcosa che ora spero di riuscire ad avere per terminare gli ultimi capitoli dando così un senso a tutto il lavoro e naturalmente le letture che mi hanno accompagnata. Spero qualcuno legga a questo punto ahahah, se chiedessi una recensione chiederei davvero troppo :')
Grazie della pazienza 

fra_atlas

 

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