The barrier

di CrucifyMe
(/viewuser.php?uid=438902)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La rete ***
Capitolo 2: *** La mietitura ***
Capitolo 3: *** Capitol City ***
Capitolo 4: *** Alex ***
Capitolo 5: *** L'addestramento ***
Capitolo 6: *** La lotta ***
Capitolo 7: *** La nuova alleanza ***
Capitolo 8: *** Il giudizio ***
Capitolo 9: *** L'arena ***
Capitolo 10: *** La caverna ***
Capitolo 11: *** Il ritrovamento ***
Capitolo 12: *** Il banchetto ***
Capitolo 13: *** La fuga ***
Capitolo 14: *** La fine ***



Capitolo 1
*** La rete ***


Se dopo la morte c’è una vita e ci reincarniamo io sarò una lucciola. Amo la luce che brilla nel buio, è la manifestazione della speranza, è qualcosa a cui aggrapparsi quando non hai niente. Vivo nel distretto numero 5 e qui viene prodotta tutta l’elettricità che alimenta Capitol City e gli altri distretti. Da questo punto di vista sono fortunata, vivo  in un distretto abbastanza agiato e non soffriamo la fame come in altri. La sera vado sempre alla centrale nucleare a guadare Panem, la gente mi prende per pazza, ma qua c’è la vista migliore,da cui si può ammirare tutta la lucentezza del mio distretto. Un giorno verrò a lavorare qui e sarò il direttore, renderò il distretto ancora più luminoso e riusciremo a produrre così tanta elettricità che ne avremo abbastanza anche per noi, così non saremo costretti a cederne così tanta a Capitol City da dover essere costretti a staccarla a mezzanotte.
Mezzanotte, mi ero completamente dimenticata di controllare l’ora. Tiro fuori dalla mia vecchia borsa di finta pelle l’orologio che mi ha lasciato in eredità nonno. Mezzanotte meno un quarto, non sarei mai tornata in tempo a casa. La notte è pericoloso girovagare per le strade, le guardie che ci dovrebbero proteggere, appena cala il buio, mettono da parte la divisa e non si fanno scrupoli ad abusare di una ragazza. Non ho alternative o rischio la sorte e corro il più veloce possibile a casa o mi rifugio nel bosco. Mi scappa una risata per la situazione, possibile che dormire da sola e indifesa in un bosco sia meno pericoloso di tornare a casa propria? Eppure è così.. non è la prima volta che dormo in quel bosco e ho una torcia con me, posso farlo. Il problema sono i miei genitori, domani mi faranno una bella ramanzina, non c’è dubbio, tuttavia, tra una sgridata e un corpo pieno di lividi,preferisco la prima.
Mi avventuro nel bosco e riesco ad orientarmi abbastanza facilmente. Da piccola ci andavo spesso con papà ci andavo spesso per vedere la recinzione che ci separa dal distretto 7, quello del legno. Ci divertivamo a lanciarci contro tutto quello che ci capitava e vederlo esplodere. La verità, però, è che davanti a quel recinto ci ho passato ogni pomeriggio della mia vita per sei mesi interi.
Era una giornata di ottobre e mi era venuta la pazza idea di imparare a cacciare, così mi ero avventurata nel bosco per cercare selvaggina. Era una giornata stupenda e l’ideale per la caccia. Peccato che nonostante stessi lì da più di tre ore, non c’era segno nemmeno di un leprotto. Alla fine mi ero arresa e girovagavo senza meta, fino a che non arrivai alla recinzione. Starci seduti vicini è un’azione suicida, ma in quel momento non pensavo potesse capitarmi qualcosa di pericoloso. Fu questione di secondi, da dietro di me sentii il rumore di foglie secche calpestate da un passo leggero e veloce. Era un enorme cervo e si stava dirigendo verso di me. Dovevo allontanarmi, ma era troppo lenta e non feci in tempo a spostarmi . L’animale si schiantò contro la rete e, data la sua immensa stazza e la velocità con cui correva, l’impatto fu violentissimo, tanto che il suo corpo scoppiò in mille pezzi, come se fosse stata una bomba e io ero esattamente lì accanto. Fui scaraventata a tre metri da lì e le fiamme mi erano arrivate alle braccia, che avevo usato per coprirmi il viso, ma il punto peggiore era la gamba, era completamente ustionata. Non feci in tempo a chiedermi che ci facesse quel cervo lì e perché si fosse schiantato contro la rete, che vidi arrivare un sagoma umana. Non riuscivo a vederlo, perché avevo colpito la testa quando ero ricaduta e avevo la vista annebbiata. 
– Sei viva?-  Fu l’unica cose che riuscì a sentire prima che persi i sensi. Non so per quanto tempo rimasi lì, ma quando mi svegliai il ragazzo non c’era più. Pensai che fu allucinazione e provai ad alzarmi, ma la ferita alla gamba era più grave di quanto immaginassi e ad ogni singolo movimento era come se mi stessero strappando via le pelle. Ero completamente bloccata, non potevo muovermi. Non era la fine però, i miei sapevano dov’ero, forse già mi stavano già cercando. Il problema era la gamba, andava disinfettata il prima possibile, peggiorava ogni minuto di più.
Non ho mai avuto un buon rapporto con il sangue e vedermi la pelle del polpaccio e una parte della coscia strappate non era proprio l’ideale. Stavo già pensando al peggio quando sentii una voce dall’altra parte della rete.
- Sta ferma lì!- il mio sarcasmo non mi aveva abbandonata, nonostante l’unica cosa a cui pensassi in quel momento era “non vomitare e non svenire”  -la vedo difficile che riesca a muovermi- 
Era il ragazzo che avevo visto dopo l’esplosione probabilmente. – Prendila – mi lanciò una scatoletta di ferro e al suo interno c’era una pomata. – è per l’ustione, mettila subito- non me lo feci ripetere due volte e me la misi. Perché quel ragazzo mi stava aiutando? – Mi dispiace per quello che è successo, non pensavo ci fosse qualcuno. Di solito spingo sempre i cervi contro la rete per stenderli, dio mi dispiace un sacco- ecco il motivo.
Volevo prenderlo a schiaffi, ma, primo c’era la rete che ci separava, secondo non mi potevo muovere e terzo aveva quell’espressione innocente sul viso che mi fece cambiare idea. In generale era un bel ragazzo, occhi azzurri, capelli biondo cenere, certo era un po’ basso, sarà stato alto solo due o tre centimetri più di me, però non era niente male.
- Mi chiamo Alex, te sei..? – Ludovica. Risposi  secca, okay che mi aveva portata la pomata, ma era comunque colpa sua se ero ridotta così. Probabilmente aveva capito dal mio tono di voce che non l’avevo perdonato per l’accaduto e schiarendosi la voce disse – Ci vorrà un’oretta prima che guarisca la ferita, non devi assolutamente muoverti e io rimarrò qui a controllare-
- anche lo facessi non potresti fermarmi, non puoi attraversare la rete.
- Giornataccia, eh?- Lo fulminai con lo sguardo e così smise di parlare.
Erano passati una ventina di minuti e la rabbia stava passando, così decisi di fare la gentile – grazie per la pomata- gli si illuminarono gli occhi quando lo dissi e l’unica cosa che disse fu – Non c’è di che. E così ricadde il silenzio fra di noi, ma quella volta a spezzarlo fu lui – Quanti anni hai?
- sedici, tu? – Anche io. Allora vivi nel distretto 5, com’è avere l’elettricità sempre a portata di mano?- mi misi a sogghignare e dissi – Non l’abbiamo sempre, come a voi, anche a noi dopo mezzanotte fino alle sette del mattino la staccano, tranne quelle della centrale. Non si spegne mai, perché deve fornire energia a Capitol City, non sia mai che la capitale rimanga al buio.
Parlammo per più di un’ora, anche più del tempo necessario per far guarire la ferita. Stavo semplicemente bene con lui, mi sembrava di conoscerlo da sempre e la cosa era reciproca.
Ci eravamo dati appuntamento per il giorno dopo alla stessa ora e quello dopo ancora e via dicendo. Mi affezionavo ogni giorno di più a lui e a volte pensavo che non poteva essere reale una persona così stupenda e questa sensazione era ancora più incrementata dal fatto che, a causa della rete, non ci era acconsentito toccarci. Non avrei mai potuto abbracciarlo, non c’era futuro per noi. Nonostante questo andammo avanti, sopravvivendo di illusioni e di sogni irrealizzabili. Non c’era dubbio che mi ero innamorata e, purtroppo, anche dentro casa se ne erano accorti che c’era qualcosa di diverso in me. A rigor di logica i miei erano assolutamente contrari ed ero costretta a scappare di casa di nascosto per poterlo incontrare. Era dura, troppo dura, e io non riuscivo più a reggere la situazione. Nell’ultimo mese ogni giorno gli scoppiavo a piangere e più andavamo avanti e più era difficile smettere.
Così prese la decisione più dura per entrambi, mi ricordo ancora le sue parole.
- Lu, sei la persona a cui tengo più al mondo, sei più che una sorella per me, sei tutto, ma non possiamo andare avanti così. Vorrei stare con te, ma lo sai che non possiamo e vedo che questa cosa ti sta distruggendo e non ti posso fare più questo. Vivi la tua vita, trova un bel elettricista o qualsiasi cosa fanno da te i ragazzi e sii felice. Non c’è futuro per noi. È un addio, ma ricorda che sarai sempre parte di me, non ti dimenticherò mai.
Non dissi nulla, l’unica cosa che feci fu annuire e cercare, inutilmente, di trattenere le lacrime.
Da allora non ci siamo più visti , ho fatto quello che mi ha detto, ho trovato un ragazzo e sono felice con lui, lo amo e desidero stare per sempre con lui, ma non so se sarà possibile, perché domani c’è la mietitura.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** La mietitura ***


-Ludo dobbiamo andare, sbrigati.
Tate mi sta aspettando da ormai mezz’ora alla soglia della porta della mia camera da letto, ma non posso andare senza l’orologio da taschino di mio nonno, è l’unica cosa che mi è rimasta da lui e non me ne posso separare, soprattutto oggi. – Se non siamo in piazza entro dieci minuti, ci sbattono nell’arena anche se non siamo stati scelti.
L’ultima cosa che voglio è finire nell’arena con il mio fidanzato. Stiamo insieme ormai da un annetto e mezzo e questa sarà la nostra ultima mietitura. Devo passare solo quest’anno e sarò libera finalmente. Trovo l’orologio, era sotto il cuscino, l’avevo dimenticato in mano mentre dormivo ieri sera probabilmente.
-Trovato! – Bene ora però dobbiamo correre. E corriamo letteralmente, non sono mai stata una grande sportiva, tutto quello che riguarda lo sforzo fisico l’ho eliminato dopo l’ustione alla gamba, nonostante la pomata non è mai guarita del tutto e anche una semplice corsa è uno sforzo immenso per me. Non posso entrare nell’arena, non ne uscirò mai viva.
Arriviamo giusto in tempo, gli altri sono già tutti allineati, a sinistra i ragazzi e a destra le ragazze. A malincuore mi devo separare da Tate e prendere posto. L’ho sempre considerato come uno scudo per me, è la mia forza, senza di lui sarei persa. Penso che l’amore che provo di lui sia strano, è come se io fossi un naufrago e lui la spiaggia.
Mi sento le mani appiccicose dal sudore, tremo dall’agitazione e l’eccesso di produzione di adrenalina è l’unica cosa che mi impedisce di svenire. Voglio andarmene di qui, non voglio entrare nell’arena, prego ogni giorno che non succeda. Ho paura, non voglio fare la fine di quei ragazzi, io voglio vivere.
Gli altoparlanti emettono un suono tipo una campana, sta per essere sancita la probabile morte di due innocenti.
Sul palco sale una donna vestita con un abito arancione, pieno di stoffa e dettagli, la si potrebbe scambiare per un mandarino. Non capisco perché la gente di Capitol City si vesta in quel modo, non si rendono conto di essere ridicoli? Mi concentro sul suo aspetto per distrarmi, in modo da non vedere il video che passano ogni anno, in cui ci ricordano come hanno sconfitto tutti i distretti e aver distrutto il 13. Non sopporto la vista di tutta quella violenza. Non ho mai potuto vedere la gente farsi del male; da piccola, quando vedevo gli hunger games, stavo sempre in braccio a nonno, mi dava sicurezza e protezione. È la stessa sensazione che mi trasmette Tate, forse è per questo che lo amo tanto.
- Prima le signore. È la voce della donna che estrarrà i nomi, è arrivato il momento. Non riesco a vederla da qui e questo mi tormenta ancora di più.
- Ludovica Grey.
è il mio nome. Entrerò nell’arena. No, non è possibile. Non ci posso entrare. Vorrei gridare di uccidermi ora, di farmi quello che vogliono, tutto pur di non entrare lì. La donna ripete il mio nome e questa volta devo andare. Prendo tutto le forze che ho in corpo e mi incammino verso di lei. Sto andando verso la mia morte, non ne uscirò mai viva. Tutti i miei sogni, le mie speranze, sono andati. È la fine. Mi sistemo accanto a lei e non posso fare a meno di cercare lo sguardo di Tate, ne ho bisogno più che mia in questo momento. Mi guarda con occhi sicuri e decisi, ma perché? Forse è un impressione mia o forse il terrore che mi si attraversa nel corpo mi sta annebbiando la capacità di valutare.
La donna sta rimettendo la mano nel contenitore, ma quello con i nomi dei ragazzi questa volta e parte un urlo.  – Mi offro volontario!
No, non può averlo fatto, non può.  E invece lo vedo dirigersi verso di me con passo sicuro. Che cosa gli è passato per la testa, deve essere impazzito.
Non mi guarda nemmeno, fa come finta che non ci conosciamo, ma io lo conosco bene e so che se fa così è perché ha in mente un piano, è uno stratega lui.
- Bene,abbiamo i nostri tributi. Felici Hunger Games e possa la fortuna essere sempre a vostro favore!
La donna ci porta dentro la casa del sindaco, inizia a parlare a vanvera degli huger games e di come siano spettacolari. Io non riesco ad ascoltarla, sono troppo concentrata su Tate. Qual è il suo piano per salvarci?
Finalmente possiamo tornare nelle rispettive case, ma non camminiamo da soli, ci scortano delle guardie, nel caso provassimo a ucciderci. Arriviamo prima a casa mia e una guardia rimane a controllarmi, mentre le altre portano Tate alla sua. Prendo i primi stracci che trovo e li butto nella valigia. La mia famiglia è divisa in due parti, da una ci sono nonna e mamma che piangono disperate e parlano senza dire nulla di fatto, e dall’altra ci sono mia sorella e mio padre che non proferiscono parola. Do un veloce abbraccio a ognuno di loro e me ne vado. Non voglio percepire il loro dolore, voglio allontanarmi il più possibile, non voglio ricordare tutto quello che sto per perdere.
La guardia mi porta alla stazione e lì incontriamo Tate. È da egoisti dirlo, ma sono quasi felice di averlo accanto a me, mi da forza. Poi però penso che solo una persona può uscire dall’arena e torna lo sconforto.
La donna della mietitura, che ha detto di chiamarsi Cassie, ci accoglie nel treno. Non avevo mia visto nulle di più lussuoso, la mia era una famiglia abbastanza agiata e non ho mia dovuto soffrire la fame, ma quel treno era al di fuori degli standard  persino della persona più ricca del mio distretto.
- Sarete stanchi, vi accompagno nelle vostre cabine. La cena è fissata per le otto in punto, ci sarà l’arrosto, una delle specialità del nostro magnifico chef, lo amerete!
Ci porta alle nostre stanze e ho notato che mentre cammina è come se saltellasse, tipo un bambino con un lecca lecca in mano. Ovvio che è felice, ha un tributo che si è offerto volontario, il che fa pensare che è sicuro di vincere e se uno di noi lo farà, pure lei riceverà onori e una grossa somma di denaro.
Le cabine sono enormi, sono grandi come la mia sala. – Questa è la tua stanza Ludovica, Tate la tua invece è questa accanto. Vi lascio riposare, a dopo! E saltellando se ne andò. Quel suo modo infantile mi dava veramente fastidio, forse perché trasmetteva felicità da tutti i pori e invece dai miei usciva solo la rassegnazione ad una morte certa.
- Dobbiamo parlare. Tate mi prende per il braccio e mi porta dentro la mia stanza. Mi stringe a sé ed è un po’ come sentirsi di nuovo a casa. Profuma di lavanda, sua madre le coltiva perché ne va pazza, voglio molto bene a quella donna, mi tratta come se fossi una figlia, mi mancherà molto, non oso immaginare quanto a lui. Mi prende per il mento con le dita e delicatamente lo tira a sé e mi bacia. Se prima era bacio delicato, diventa più appassionato, poi però percepisco tutta la sua disperazione e anche lui sente la mia e così si stacca.
- Perché ti sei offerto volontario? Sei impazzito, da quando hai queste manie suicide?
- Non ti volevo lasciare andare da sola, non ce la faresti. Ho sempre apprezzato la sua sincerità, ma in questo momento non era molto gradita. – Ah okay, quindi hai pensato di venirmi a salvare, però c’è una pecca, solo uno può riuscire a uscirne fuori vivo. Te lo ricordi, vero, che c’è un solo vincitore? Metti che sopravviviamo, solo uno di noi resterà in vita, ci avevi pensato? Solo ora che l’ho detto ad alta voce mi rendo conto che è tutto reale e che uno di noi o entrambi moriremo. Mi vado a sedere sull’angolo del letto e cerco di trattenere le lacrime, ma facendolo tremo come una foglia e sembro ancora più debole. Non sopravvivrò mai e lui rischierà la sua vita inutilmente per salvarmi. Si siede accanto a me e mi cinge con un braccio. Sento i suoi muscoli stringermi e mi rendo conto che fisicamente lui è molto forte, è allenato ad andare a caccia, sa correre e arrampicarsi, può vincere.
- Ho un piano, ne usciremo entrambi. Fidati di me.
- Non ti credo. Lo scanso da me e mi giro dall’altra parte – Ho bisogno di stare da sola, va via.
- Ludo fidati per favore, non posso dirtelo, perché ho paura che ci spiino, ma fidati. Mi da un bacio sulla fronte e se ne va.
Gli credo, ma non so se funzionerà.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitol City ***


Mi faccio una doccia veloce, più per cercare di rilassare i muscoli che per lavarmi. È tutto così irreale, mi sembra di dormire e che sia solo un incubo. Invece è tutto vero e tra una settimana io e Tate dovremo entrare nell’arena. Non mi vuole confidare quale sia il suo piano, mi viene da pensare che in realtà non ne abbia uno, che abbia agito di impulso, ma lo conosco e so che dietro ogni sua azione c’è una logica. Spero solo che sia giusta.
Mi dirigo a cena e quando arrivo c’è solo Cassie. Non abbiamo nessun mentore, perché nel nostro distretto non ha ancora mai vinto nessuno e la cosa mi preoccupa molto. Chi ci procurerà gli sponsor?
- Buonasera Ludovica, la stanza è di tuo gradimento? Perché ha sempre il sorriso, come può non rendersi conto che sta praticamente parlando con un cadavere, visto che non uscirò viva dall’arena. – sì è molto bella, Tate non è ancora arrivato? Scuote la testa e a sua volta mi domanda, guardandomi di sottocchio – Cosa c’è fra te e Tate? Non credo sia saggio rispondere a questa domanda, non voglio che dirle nulla senza averne parlato prima con lui, non so ancora se mi posso fidare.
Non feci in tempo a inventarmi una balla che entra Tate e cade il discorso.
Su una cosa però dovevo dare ragione a Cassie, lo chef ci sapeva davvero fare ai fornelli. Non avevo mai mangiato così tanto in vita mia e dal momento che avrei passato non so quanto tempo senza mangiare, era meglio approfittarne.
Mi stavo finalmente dimenticando dell’arena che Cassie inizia a parlare – Come ben sapete non avete un mentore, ma non vi preoccupate, ho molte conoscenze che vi potranno aiutare. Vi giuro che impegnerò al massimo affinché uno di voi sopravviva. Sarebbe stato un pensiero molto carino, se non fosse stato per l’ultimo riferimento casuale, che non era certo destinato a me.
Tate si accorge che la cosa mi ha rammaricato e cerca di rimediare dicendo – Io e Ludovica, pensiamo che potremmo essere alleati. Ho visto nelle edizioni precedenti, che all’inizio si fa sempre affidamento su un compagno. Tra me penso “sì e poi lo si uccide nel sonno”, ma questo non è il caso, Tate non mi farebbe mai del male. 
- Sì vi conviene, però ragazzi dovete stare attenti a manifestare i vostri sentimenti davanti a tutti. Se non mi sbaglio, e di certo non lo faccio, voi due siete una coppia. Si capisce vedendo le occhiate che vi scambiate, ma non può funzionare nell’arena. Ricordate che gli uomini di Capitol City vogliono il sangue, vogliono dimostrare come possano distruggere i distretti, e quale miglior occasione se non torturando una povera coppia? Vi renderanno le cose ancora più dure. Inoltre c’è da dire che il vostro distretto non è molto amato dagli altri per la storia dell’elettricità limitata. So che da voi è come negli altri, ma loro no. Quindi non avrete l’appoggio di nessuno se fate capire che vi amate. Siate furbi, fate qualcosa che possa ingannare il pubblico, far pensare che l’unico motivo per cui siete alleati è per uccidervi.
Il suo discorso ha senso, è molto più sveglia di quanto pensassi.
- La cosa più logica da fare sarebbe far in modo che tu, Ludovica, istighi Tate ad allearsi con te. Tu, a tua volta, dovrai essere restio, perché sai bene che non ne ricavi nulla di utile a unirti a lei. Ragazzi giocate tutte le vostre carte e ricordate, è uno show e bisogna offrire qualcosa al pubblico per ricevere qualcosa in cambio da esso.
Ha ragione, ha ragione su tutto. Forse seguendo la sua strategia abbiamo una possibilità. Scruto Tate per capire cosa ne pensa, ha uno sguardo incerto, probabilmente non è del tutto convinto. – C’è solo una cosa che mi preoccupa, dovremmo rimanere solo noi o allearci con altri e formare un gruppo? Perché stando soli susciteremmo più sospetto.
- No dovete rimanere insieme e da soli. I gruppi funzionano così, ci sono tre o quattro capi, che di solito sono del distretto 1 e 3, e gli altri sono i loro scudi. Non lasciatevi convincere, meglio far capire che state insieme piuttosto che rischiare la vita.
Tate e Cassie continuano a parlare di strategie, ma io non ne voglio più sapere. Me ne torno in cabina e mi metto a guardare fuori dal finestrino. Domani mattina saremo a Capitol City. Nonostante la stanza sia riscaldata e sia sommersa da tre coperte, tremo come una foglia. Mi sento terribilmente sola, vorrei mia sorella in questo momento.
Così decido di andare da Tate, qua non ci sono le telecamere, posso stare un po’ da sola con il mio fidanzato. Busso, ma non risponde nessuno, probabilmente starà ancora parlando con Cassie. Pazienza, lo aspetterò, nel frattempo mi sistemo nel suo letto. Profuma  di lavanda, proprio come lui.


Sento il suo braccio cingermi, devo essermi addormentata nel frattempo. Apro gli occhi e me lo ritrovo a giocare con una ciocca dei miei capelli.
- Hey. Gli sussurro - Lo sai che la tua stanza è l’altra? Mi dice sorridendo. Ho sempre adorato quel sorriso,  così affabile e dolce, è sempre riuscito a riscaldarmi il cuore. – Lo so, ma questa è la nostra ultima notte prima che inizi la corsa per gli hunger games e la volevo passare con te. Mi stringe e preme le sue labbra contro le mie fronte – Qualsiasi cosa succeda nell’arena, ne usciremo insieme, te lo giuro.
- Ti credo.
Dicendo così chiudo gli occhi e dormo.
Sento un urlo e mi sveglio. – Che è stato? Chiedo allarmata, sudando freddo. – Ludo sei stata tu, probabilmente stavi facendo un incubo.
- Non me lo ricordo.. Invece me lo ricordo, ho sognato Alex che moriva. Come mi è potuto tornare in mente in questo momento? Tate sa di lui, non abbiamo segreti, ma non voglio parlarne né con lui né con altri, sono molto gelosa della mia prima storia d’amore e non voglio condividerla con nessuno.
Tate va a farsi una doccia e io torno nella mia cabina a darmi anche io una lavata. Dovrebbero essere illegali treni così lussuosi, con tutto quel che costano si potrebbe sfamare per un anno un distretto. Agli abitanti di Capitol City però non importa di noi, serviamo solo per essere sfruttati.
Riusciamo a mala pena a fare colazione, che siamo arrivati.
Capitol City,per quanto la possa odiare, è stupenda. È come il sole, brilla di luce propria e rende oscuro tutto quello che ha intorno, deve essere stupenda di sera. Cassie ci scorta al palazzo dove ci saranno anche gli altri tributi. Non voglio sapere chi sarò costretta ad uccidere o chi sarà il mio assassino.
Prima di incontrarli, però, ci fanno sistemare nelle nostre camere. Quella mia e di Tate per fortuna sono una accanto all’altra, ma la prima cosa che noto sono le telecamere appese agli spigoli delle parerti. Non so quanto potremo stare insieme, dobbiamo far finta di non conoscerci, ne va della nostra vita.
Controllo accuratamente dentro la camera se ce ne siano anche lì, Cassie mi assicura che non ci sono, ma, per quanto mi fidi di lei, me lo voglio con i miei occhi. Per fortuna ha ragione, almeno lì per la prossima settimana avrò un po’ di privacy.
- Ragazzi posate in fretta le valigie, siamo già indietro nella tabella di marcia. Dobbiamo scendere a incontrare gli altri tributi.
Non lo voglio fare, non voglio vederli, non sono pronta. Tate stringe la sua mano alla mia, ma a Cassie non sta bene – Dovete stare lontani in pubblico, finché non avremo deciso che sia arrivato il momento di farvi avvicinare.
Così mi lascia la mano, ma sento l’elettricità delle nostre dita che si vorrebbero incrociare.
Arriviamo in un enorme sala, è piena di ragazzi e di bambini. Sono  tutti volti sconosciuti, ma li dovrò vedere nelle prossime settimane e dovrò imparare le loro debolezze.
 Mi guardo intorno e poi vedo un volto familiare. Non è possibile, non può trovarsi veramente lì. E invece è proprio davanti ai miei occhi. Ha la testa inclinata da un’altra parte, ma la gira e incontra il mio sguardo.
Alex.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Alex ***


Ogni muscolo del mio corpo è in agitazione e vuole andare da lui, ma non posso. Vedo che si sta avvicinando a me e io faccio cenno di no con la testa. Non possiamo salutarci, non qui con tutti gli altri tributi. Gli affetti sono punti di debolezza e io ne ho addirittura due dentro l’arena. Non posso metterlo in pericolo, facendo capire agli altri quello che provo per lui. Per fortuna capisce il mio gesto e cambia direzione per andare a prendere da bere. Non posso fare a meno di guardarlo. È molto cambiato dall’ultima  volta che ci siamo visti, ha messo su muscoli e ha un viso adulto e fiero. Chissà cosa è successo nella sua vita in questo ultimo anno e mezzo.
- Ludo tranquilla non ti agitare, mantieni la calma.
-Tate ti devo dire una cosa, ma non credo questo sia il luogo adatto. Penso a un posto dove potrei dirgli di Alex, ma forse però è meglio rimandare a stasera. – Te lo dico dopo, mentre. Annuisce e non mi chiede altro. – Ti vado a prendere qualcosa da bere? Mi chiede. – Non è una buona idea. Ti ricordo che siamo sconosciuti e che vogliamo ucciderci a vicenda. Forse è meglio se ci separiamo, io vado al tavolo delle bevande e te del rinfresco, okay? Annuisce e va.
Mi dispiace averlo ingannato, ma voglio almeno stare vicina per pochi secondi ad Alex. Mi metto a due metri di distanza e lo guardo di sottocchio. Ha un’aria diversa, più matura, potrebbe anche non essere più il ragazzo che avevo conosciuto. Lui mi nota e si avvicina. Non può essere così pazzo da volermi parlare e invece – Chi l’avrebbe mai detto che ci saremmo incontrati.
- Non dovremmo parlare noi due, ti ricordo che siamo avversari. Mi guarda arrabbiato e quasi gridando dice – Pensi che potrei mai farti del male? Dopo tutto quello che abbiamo passato e quello che proviamo l’uno per l’altra? Sì, è cambiato dall’ultima volta, si è fatto ancora più stupido. – Provavamo e io mi riferisco agli altri, ti ricordo che gli altri non ci penseranno due volte a ucciderci e useranno tutto quello che hanno a disposizione per farlo. Se mostriamo che c’è affetto tra noi, sfrutteranno la situazione e dopo saremo entrambi spacciati. Istintivamente mi volto verso Tate e giuro a me stessa che farò in modo che non esca vivo dall’arena a costo di sacrificare la mia vita. – è il tuo ragazzo, vero? Grande a quanto pare la nostra falsa non funziona. – Come hai fatto a capirlo, almeno evito che altri ci arrivino.
- Lo guardi come guardavi un tempo me.
Non è una buona idea continuare a parlare, così me ne vado e raggiungo Cassie – Fino a quanto dobbiamo rimanere qui? – Ancora un’oretta,ma perché te ne vuoi andare? Su divertiti!
- Divertimi con i miei futuri assassini? La vedo difficile. Sono stata scortese, ma non potevo proprio divertirmi. Gli unici ragazzi che abbia mai amato entreranno nell’arena con me ed è matematico che perderò uno di loro. Spero solo di essere morta per quando uno dei due soccomberà.
Finalmente me ne sono andata da quella insulsa festa. Era solo una presa in giro. Cosa c’è da festeggiare, moriranno ventitre innocenti dalla prossima settimana, come ci si può divertire. Ho sempre saputo che abitanti di Caitol City sono dei superficiali, ma non pensavo fino a questo punto.
Mi sdraio sul letto e penso a come morirò, mi uccideranno o morirò di fame o cadrò in una trappola. Il pensiero che mi terrorizza di più, però, è di vedere Tate o Alex morirmi davanti agli occhi. Se solo la mia morte bastasse per salvarli entrambi, darei via la mia vita all’istante.
Sento bussare contro le finestre e salto giù dal letto dalla paura.
Era Tate, doveva essere saltato dal suo terrazzo al mio. Ci troviamo al quarantesimo piano, poteva rischiare di cadere e uccidersi. Aveva scelto proprio il momento sbagliato per farmi preoccupare – Ma sei pazzo? Vuoi morire ancora prima di entrare nell’arena!
- Ci sono le telecamere nel corridoio, ma non sui terrazzi e dal momento che non dobbiamo farci vedere in giro insieme e mi dovevi parlare, ho pensato che fosse l’idea migliore.
Non gli davo torto, ma al pensiero di dover entrare in quell’arena senza di lui, mi si raggela il sangue. Mi abbraccia e ci sediamo sul bordo del letto. Abbiamo solo una settimana per goderci questi momenti di intimità e poi dovremo ridurre il contatto fisico il più possibile. – Di cosa dovevi parlarmi?
- Il tributo del distretto 7 è Alex.
Il suo viso non trapela nessuna emozione, il che è al quanto normale dato che comunque lui non ha mai avuto nessun contatto con lui, ma sa bene quello che c’è stato fra noi e non so nemmeno io che mi aspettasi, ma non questo. – La cosa può tornare a nostro favore. Ovvio, pensa solo a come sfruttare la cosa. Lo so che dobbiamo usare ogni occasione per sopravvivere, ma il suo modo di vedere la situazione in un modo così logico, privo di ogni emozione, mi da molto fastidio. – Ludo, noi due da soli, per quanto ne dica Cassie, non possiamo farcela. Abbiamo bisogno di alleati, di qualcuno di cui potersi fidare e sicuramente lui non potrà mai farti del male. Possiamo formare un trio, ma te devi trovare un modo per convincerlo.
Mi mordo un labbro e ci rifletto su. Dal suo punto di vista è un’ottima idea, ma dal mio no.
- Anche riuscissi a convincerlo, dovremmo tradirlo alla fine e io non voglio. Tate mi prende e mi fa sedere su di lui e mi guarda negli occhi – Non gli farò nulla che tu non voglia e sì, arriverà un momento in cui ci dovremo separare, ma ce ne andremo e basta. Non lo uccideremo, te lo giuro. Mi fido e acconsento. Domani mi dovrò impegnare a convincerlo ad allearsi con noi. Non ne sono del tutto convinta, ma sembra la cosa migliore, quindi non ho altra scelta.
- Vuoi che rimango a dormire qua con te?
Penso che non sia una buona idea, se domani mattina entrasse qualcuno in camera sua e non lo trovasse sarebbe nei guai e dobbiamo dare la miglior impressione possibile. – No, potremmo finire nei guai. Ci vediamo domani a colazione.
- Ludo, mi accarezza la guancia e mi guarda con occhi tristi, so già cosa sta per dirmi – Per un paio di giorni dobbiamo prendere le distanze, te lo ricordi?
Faccio cenno di sì con la testa e l’abbasso. Sarà dura stare in quella stanza piena di sconosciuti, pronti a uccidermi, senza lui accanto. Mi poggia le dita sul mento, tirandomelo su e costringendomi a guardarlo.
- Ti amo, non lo dimenticare mai. Poi spinge le sue labbra contro le mie e mi da bacia. Posso sentire tutta la sua frustrazione e la sua sofferenza, ma anche la sua voglia di vivere e di stare con me . Tutto quello che provo io in questo momento.
- Ti amo anche io.
Sento un tonfo alla porta e dei passi leggeri. Mi ha svegliata tutta di un botto e ho ancora la vista annebbiata, ma è difficile non riconoscere Cassie – Prendi questi sono i tuoi vestiti. Ci vediamo a colazione fra dieci minuti. Prendi l’ascensore, scendi al terzo piano, ultimo porta sulla destra del corridoio, non ti puoi sbagliare. Vado a svegliare Tate, ma voi altri non conoscete l’uso delle sveglie? Siamo di nuovo in ritardo!
So a cosa serve una sveglia, ma non la so usare. Noi dei distretti teniamo solo lo stretto necessario, non possiamo sprecare denaro per una stupida sveglia. I vestiti che mi ha dato sono molto diversi da quelli che uso di solito. Ci sono dei pantaloni neri attillati, di un tessuto che non avevo mai visto prima d’ora, deve essere molto costoso, o almeno così sembra a toccarlo, e la canottiera è uguale. Sono molto comodi, è come non averli addosso, riesco a muovermi con molta più agilità.
Ci metto tre minuti a prepararmi, mi metto i vestiti e mi faccio velocemente una coda. Trovare la sala non è facile, come l’aveva messa Cassie. Il palazzo è immenso, ci sono tre corridoi sul terzo piano e ovviamente non mi aveva detto qual’era quello giusto. Inoltre sono lunghissimi e mi è bastato fare tre corridoi, anche se erano smisuratamente lunghi, per farmi affaticare la gamba. L’ustione mi ha danneggiato i muscoli e non si possono curare o almeno i nostri medici non possono. So che a Capitol City  riescono a curare qualsiasi malattia, hanno ogni tipo di farmaco e cura, ma a noi non divulgano le loro scoperte mediche. Per ogni distretto, se tutto va bene, c’è un medico, ma non è permesso esercitarla come professione, quindi, quei pochi che ne sanno di medicina, ci si sono dedicati solo per il bene degli altri.
Appena arrivo cerco istintivamente Tate, ma mi ricordo che dobbiamo stare lontani. Così mi metto a sedere in un angolino del tavolo e mi mangio un cornetto alla marmellata e del latte. La tavola è imbandita di cibo e ci metto tutta la buona volontà per non mangiare tutto. Non sono abituata a fare una colazione così ricca e dopo starei sicuramente male di stomaco se esagero e non è proprio il caso, visto che dopo avremo la nostra prima esercitazione. Sono molto preoccupata, a causa della gamba sono molto lenta e se mi colpissero lì, andrei subito KO.
Sono tutta immersa nei miei pensieri, che non mi accorgo che Alex si è seduto accanto a me, finché non mi da un colpetto alla spalla. – Buongiorno, non sono più degno dei tuoi saluti ora che siamo entrambi tributi?
Sta facendo la mia imitazione, usa esattamente lo stesso tono canzonatorio che uso io quando sono ironica. Non lo ha dimenticato. – Scusa ero troppo concentrata a pensare a come morirò, sono indecisa tra una coltellata e una freccia conficcata in testa, te che preferisci?
- Assolutamente la freccia in testa, immagina che faccia faresti. Fa una smorfia assurda e non posso fare a meno di ridere. Lui si unisce a me, ma fa troppo rumore, tanto da catturare l’attenzione di tutti. – Dovresti abbassare i toni. – E perché? Non mi fanno paura, posso  stenderli tutti. Vedo che la sua superiorità innata non se n’è andata, ma in questo caso gli è veramente utile. Bisogna mostrarsi sicuri, specialmente davanti agli sponsor, devono credere che tu sei quello su cui puntare. Io non sono per niente sicura di me se stessa e, considerato il distretto da dove vengo, non riceverò aiuto dagli altri, spero soltanto che il mio sia così clemente da darmi una mano. Mi ricordo, però, che con me c’è Tate, punteranno tutti su di lui. La mia unica fortuna è che tutto quello che gli danno, lo divide con me.
- Siamo qui! Grida Alex. Chi sta chiamando?
Vedo arrivare una ragazza verso di noi. È alta, con le braccia muscolose e si intravede da sotto i vestiti che anche il resto del corpo è ben allenato. Ha gli stessi occhi di Alex, ma i capelli sono neri ed è bellissima di viso. Mi mette molta soggezione guardarla, perché mi fa sentire ancora più debole e insignificante di quanto non sia. – Lu, ti presento mia sorella Ashley. Ora si spiega la somiglianza – Non sai quanto ho sentito parlare di te! Quello laggiù è l’altro tributo del tuo distretto, lo conosci già?
- Sì, lo conosco. Mi guarda di sottocchio e sorridendo mi chiede – E perché non si unisce a noi? Non credo alle mie orecchie, è così ingenua e stupida o lo fa apposta. Non si rende conto che qua dentro siamo tutti nemici e dovremmo tenere le distanze dato che, tra una settimana, saremo in un’arena dove l’unico modo per sopravvivere sarà ucciderci?
- Non lo so. Mi limito a dire. Non sono sicura di potermi fidare di lei. – Tu prova a convincerlo. Mi dice Alex. Vogliamo stringere alleanza con voi.
Non mi devo sforzare di convincerlo, finalmente una buona notizia. – Io ci sto, ma non posso parlare per Tate, glielo riferirò dopo.
- Allora è così che si chiama, è un sacco carino con quei capelli color cioccolato e gli occhi verdi. Da l’idea di essere molto forte fisicamente poi, sarebbe proprio un buon acquisto. Ma dimmi, è per caso libero?
- No! Lo dico con troppa enfasi, beccata. Se me lo ha chiesto vuol dire Alex non gli ha detto di noi, gliene sono molto riconoscente. – State insieme? Ma certo! Questo spiega perché si è offerto volontario! È l’unico quest’anno che l’ha fatto, per questo lo so, e proprio per questo fatto lo danno tra i preferiti. Deve essersi offerto per te.. che cosa romantica! È ufficiale, quella ragazza è veramente stupida.
- Non lo è affatto. Comunque non devi dire a nessuno di noi. Non aggiungo altro, anche perché è arrivata l’ora di andare all’esercitazione. Spero che quel che non ha di cervello, lo compensi in forza fisica.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** L'addestramento ***


Ci dirigiamo alla palestra, dove ci dovremo esercitare per la prossima settimana tutti i giorni.
- Te hai qualche abilità particolare? Mi chiede tutta allegra Ashley. Non capisco se faccia finta di niente o semplicemente non si rende conto di quello che ci accadrà. – No, non sono molto forte e ho problemi a correre.
- Per via dell’ustione alla gamba? Alex mi ha raccontato, comunque troverai sicuramente qualcosa in cui darai il massimo. Noi del distretto 7 siamo molto forti, siamo abituati a trasportare grossi carichi di legname, ma non siamo veloci.
Almeno un punto di forza ce l’avete, penso. Non credo che ci sia qualcosa in cui possa rendere molto, a livello fisico non sono affatto preparata. So costruire arco e frecce, me lo aveva insegnato Tate, ma no so usarli. Ad ogni modo sarà una giornata faticosa e inconcludente.
Quando arriviamo noto subito che la palestra è divisa in tre aree, in una ci si esercita a combattere corpo a corpo, in un’altra ci sono varie armi e c’è un istruttore e nell’ultima ce n’è un altro che insegna ad accendere il fuoco, a mimetizzarsi e altre tecniche di sopravvivenza.
Decido che per oggi è meglio darsi a quell’area,così nel frattempo posso studiare gli altri.
- Lu, noi andiamo alla lotta corpo a corpo, tu vieni? Mi chiede Alex. Si è dimenticato di quanta sono poco forte. – No, non credo che faccia per me.
- Lu è inutile che vai a tecniche di sopravvivenza, prima impara a lottare o a usare un’arma, sarà molto più nell’arena che saper costruire un’esca.
Non posso dargli torto, ma non voglio dar subito spettacolo della mia debolezza. – Va al settore armi, magari ne trovi una in cui sei brava. Probabilmente là darò meno l’attenzione, dato che nessuno qui, in teoria, ha mai usato una pistola o un arco.
Annuisco e senza aggiungere altro vado lì. Noto che tutti i più forti, compreso Tate,  vanno subito a provare la lotta, mentre i più gracilini vanno nell’altra area. Stranamente mi ritrovo sola lì, ma poi vedo arrivare Ashley – Hey! Mi grida. Mi unisco a te, non ti dispiace, vero? Là perderei troppo tempo e riesco già a stendere mio fratello, non ho bisogno di molto allenamento.
È più forte di quanto io possa credere quindi, ottimo sono veramente l’anello debole del gruppo.
L’istruttore ci si avvicina e inizia a borbottare – Ogni anno la stessa storia, tutti vanno ad allenare alla lotta. Ma hanno mai visto un hunger game? Al massimo due persone vengono uccise a mani nude, dovete saper usare le armi maledizione! E poi guarda chi mi ritrovo a dover insegnare? A una bambinetta di quindici anni e una pronta ad andare a un concorso di bellezza.
Lo vorrei strangolare, non sono una bambina, sono tra le più vecchie in gara e Ashley è vero che è bellissima, ma è tutta muscoli, si vede a occhio che non è una da prendere sottogamba.
Lei stranamente ride per quello che ha detto l’istruttore, che nemmeno ha avuto la cortesia di presentarsi, così, non sapendo il suo nome, io e Ashley decidiamo di chiamarlo Mister TD, le lettere indicano testa calda.
Prima prova a farci usare un arco,Ashley al primo colpo conficca la freccia perfettamente al centro della sagoma di legno, mentre io non riesco nemmeno a incoccare la freccia, perché devo mettere tensione sulla  gamba, ma mi fa troppo male e così mi arrendo. Con la pistola va meglio, riesco almeno a colpire la sagome, anche se non ho questa grande mira, ma purtroppo Mister TD ci dice che nell’arena sarà impossibile trovarne una. Si uccide troppo velocemente con una pistola e dopo non c’è spettacolo.
Ci insegna a innescare una bomba, non è complicato e capiamo al volo. Manca solo mezz’ora all’ora di pranzo e noto che ci sono dei coltelli. – Quelli non li usiamo? Chiedo incuriosita. – Il lancio dei coltelli è una tra le cose più difficili, non ne sarete mai capaci e per affondarlo nella carne di una persona ci vuole molta forza, cosa che a te piccoletta manca.
Non capisco perché mi da della piccoletta, sono la più alta più tra le ragazze qui, pure più di Ashley, anche se di poco. Forse mi chiama così, perché ho il viso con i tratti ancora da ragazzina e non da adulta, ma non per questo mi deve dare della piccoletta.
Mi prende un attimo di ribellione, non sono una piccola incapace e anche se non ho mai fatto una cosa del genere, voglio dimostrargli che ce la posso fare. Prendo il primo coltello che mi capita, non è molto grande, ma è comunque pesante. Guardo dritta contro la sagoma, prendo un respiro veloce e lo lancio.
Non mi sono mai sentita così soddisfatta in vita mia, ce l’avevo fatta, ero riuscita a centrare la sagome ed era quasi arrivata al centro. Mi giro e, guarda dando con aria sfrontata Mister TD, gli chiedo – Chi era la piccoletta?
Ashley non riesce a trattenersi dalle risate e sto per mettermi a ridere pure io. Invece Mister TD ha all’inizio un viso infuriato, ma poi cambia espressione e sogghignando dice – Non hai preso il centro, piccoletta. Ne riparliamo questo pomeriggio, andate a mangiare ora.
Mi volto e mi rendo conto che tutti si sono fermati a guardare stupiti il mio tiro. Attirare l’attenzione era l’ultima cosa che volevo, ma è successo per una cosa positiva, quindi non mi posso lamentare,
- Sei stata incredibile! Dove lo hai imparato? Mi chiede tutta eccitata Ashley – Da nessuna parte, non ho mai fatto una cosa del genere in vita mia.
Mi guarda sbalordita e mi prende per il braccio, trascinandomi contro Alex. – Hai visto cosa ha fatto?
- Sì, hai veramente una buona mira. Quando saremo dentro vedi di trovare un coltello.
È una bella sensazione sentirsi non del tutto una nullità.
 Ashley fa il resoconto della mattina e non smette di parlare un secondo. Io cerco con lo sguardo Tate e non le do retta – Lu, ho parlato con il ragazzo del tuo distretto e ha detto di non essere sicuro di volersi unire. Non è che ci puoi parlare tu, probabilmente sai meglio di me come convincerlo.
Mi pare strano che non abbia accettato subito, ma sicuramente prima ne vorrà parlare con Cassie o forse non è più tanto sicuro di voler fare squadra con loro.
A pranzo andiamo tutti in un’immensa mensa che sovrabbonda di cibo. Mi metto a sedere con Alex e Ashley, o come hanno iniziato a chiamarli qui, i fratelli AA. Sento in giro che alla lotta Alex  è riuscito a stendere uno dei favoriti. È forte e sveglio, Cassie sarò entusiasta del fatto che siamo alleati con lui, o almeno io lo sono. Non capisco perché Tate non ha detto subito sì, pensavo fossimo d’accordo.
Me ne vado un attimo in bagno e sto per entrare, quando Tate mi prende per il braccio e ci nasconde in una stanzetta lì accanto. Mi stringe a sé e mi bacia con forza. Saremo stati separati anche solo poche ore, ma mi sono pesate molto più di quanto mi aspettassi. – Ricordami di controllare sempre che tu non abbia un coltello quando litighiamo. Mi metto a ridere lo ribacio. Poi ci stacchiamo e mi passa la mano sulla guancia. Ha un tocco leggero e caldo, mi sembra quasi di essere di nuovo al nostro distretto.
- Perché non hai detto sì ad Alex? La domanda non gli è piaciuta, lo capisco dal fatto che si allontana di me e risponde secco – Non sono sicuro che sia una buona idea.
Non capisco il motivo della sua risposta – Perché no? Sono entrambi forti e l’hai detto tu che da soli non possiamo farcela.
- Ce la faremo, basta che stai lontana da lui. – Non mi pare che quello che tu dica abbia molto senso.
Si mette a ridere con aria ironica mi dice – Beh tutta la situazione non ha senso. Mi ritroverò nell’arena con la mia fidanzata e il suo ex, questo sì che ha senso.
Mi sta prendendo in giro. Non può aver cambiato idea solo perché è geloso. – Ma stai scherzando o fai sul serio? Tate ci sono in gioco le nostre vite e tu cambi idea, perché sei geloso. Ma poi geloso di cosa? Di un ragazzo con cui ho parlato per appena sei mesi e che non vedo da una vita, ma sei veramente così immaturo?
Lui non proferisce parola e io non ho voglia di sentire una sua stupida scenata  di gelosia, così me ne torno a pranzo.
La discussione ha preso completamente la mia concentrazione e il pomeriggio in palestra non riesco nemmeno a colpire la sagoma. – Stai ancora pensando al pranzo tu? Chiede Mister TD.
No, veramente l’unica che sto pensando è come trovare il modo per strangolare il mio ragazzo.
Cerco di ritrovare la concentrazione, svuoto la mente da ogni pensiero e prendo la mira. Non è il colpo che ho fatto stamattina, ma almeno riesco a prendere la sagoma.
Passo il resto del pomeriggio ad esercitarmi lì, ma rispetto alla mattina c’è più gente e così mi alleno di meno. Fin’ora sono la migliore nel lanciare i coltelli, ma sono la peggiore nell’usare l’arco.
Finalmente finisce l’addestramento e me ne posso tornare in camera mia. Saluto Alex e Ashley, ci rivedremo domani mattina, dato che la sera si cena con il proprio mentore.


La prima cosa che faccio è fiondarmi dentro la doccia. È incredibile quanto un po’ d’acqua riesca a ridare forza, o almeno per me  è così. Non sono abituata a farmela con l’acqua calda, da noi non è consentito sprecare energia e così il concetto di doccia calda non esiste. Qui a Capitol City invece sembra che più sprecano risorse più sono felici. D’altronde non devono fare nessuna fatica per averle, quindi non possono capire il sacrificio che c’è dietro e non sanno dargli il giusto valore.
Esco dal bagno con solo un asciugamano addosso e mi ritrovo Tate sul mio letto. Quando le vedo sobbalzo e lui si mette a ridere – Dovresti imparare a controllare la paura, non ci vuole nulla per spaventarti. Mi tolgo la ciabatta e gliela tiro in faccia. Lo prendo in pieno e questa volta a ridere sono io. – Ah la mettiamo così? Si alza dal letto e corre verso di me. Io d’istinto scappo, ma dopo pochi passi mi prende. Ha le gambe lunghe il doppio delle mie ed è più veloce, dato che non mi posso sforzare troppo per colpa della gamba. Mi prende e mi butta sul letto con lui, abbracciandomi. Vorrei che il tempo si fermasse, che rimanessimo abbracciati sempre, che l’unica preoccupazione sia di doversi ricordare di respirare. Invece l’unico pensiero che ho in testa è che tra sette giorni potrebbe essere morto uno di noi o entrambi. Voglio godermi solo lui in questo momento, così mi stringo e incastro la mia testa tra il suo collo e la sua spalla.
- Mi alleerò con i due fratelli, hai ragione tu. Scusa se per la scenata di prima.
- Non importa.
Ce ne stiamo abbracciati senza dirci nulla finché non è ora di cena.


Andiamo nell’appartamento di Cassie a mangiare e aspettiamo un po’ prima di dirle della nostra alleanza. Non siamo completamente sicuri che le vada bene, così lascio il compito a Tate di riferirlo. Con mio grande sollievo, è entusiasta della notizia. Ci costringe a raccontare ogni particolare dell’allenamento e tutta felice mi dice – Ho saputo del tuo talento, sono molto fiera di te.
Non riesco a fare a meno di sorridere e la ringrazio.
Passiamo una serata tranquilla e riusciamo pure a non parlare di strategie.
Andiamo a dormire presto, domani abbiamo un altro allenamento e dono decisa a provare la lotta corpo a corpo.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** La lotta ***


Mi ero dimenticata di tirare giù la tapparella ieri sera e così la luce, all’alba, entra nella mia stanza. Illumina tutta la camera, compresa me e mi sveglia. Purtroppo quando mi sveglio non riesco a riaddormentarmi, ma ho non ho bisogno di molte ore di sonno per riposarmi, così decido di alzarmi. Non voglio ancora prepararmi e così me ne vado in terrazzo.  Sento quasi il silenzio, ci sono già alcune macchine in giro, ma è il massimo che mi posso aspettare da Capitol City. Da questa altezza posso vederla tutta, è immensa e non posso fare a meno di rimanerne affascinata. La definirei maestosa, ecco, questo è l’aggettivo giusto per descriverla. Quei immensi palazzi che non smettono di brillare per un secondo, ti fanno sentire così piccolo e impotente. Mi guardo tutta la paronimica che mi offre il mio terrazzo. Poi mi viene un’idea.
Il terrazzo di Tate è accanto al mio, ma ci sono alcuni metri che li separa.
Sono impazzita probabilmente, ma ci voglio provare.
Prendo la rincorsa e mi spingo il più veloce che posso, salto sul cornicione e spicco il volo. È questione di un attimo, ma quei millisecondi che passo vibrando nell’aria, mi fanno sentire più viva che mai. L’atterraggio è meno aggraziato, cado contro una spalla, ma non mi importa. Inizio a ridere come una pazza. Non avevo mai fatto una cosa così avventata dopo l‘ustione, ho sempre avuto paura che se avessi avuto un altro incidente non ne sarei uscita bene.
Smetto di delirare e busso alla finestra di Tate. A differenza mia lui è un ghiro e così inizio a tirare anche calci alla finestra. Finalmente si sveglia e viene da me - Che ci fai qui? Chiede mentre sbadiglia. Ha un espressione tenera e un po’ infantile. Mi stringo a lui e lo bacio – Volevo stare un po’ con te.
- Va bene, andiamo a letto, ma sappi che io dormo.
Mi stendo sul letto con lui e trovo il coraggio di chiederglielo – Tate, ti posso chiedere un favore?
- Tutto quello che vuoi. Mentre lo dice strascica le parole, sta per riaddormentarsi. – All’allenamento mi insegni a combattere?
Come una sveglia, le mie parole lo fanno saltare in piedi. – Ludo, non sei in grado di combattere e sei vai in quell’area non ti dovrai scontrare solo con me. Potresti farti veramente male e non voglio che accada.
- Tate devo imparare o non resisterò un giorno nell’arena!
- Ci sono io a difenderti, tu devi solo starmi dietro. Non mi sono offerto volontario per lasciarti fare stupidaggini.
Mi reputa debole e indifesa. Sono solo un impiccio, una buon annulla , una bambina da proteggere.
Mi sento offesa dalle sue parole, credevo mi ritenesse più forte. Invece mi vede solo come una poveretta da difendere, perché da sola non ce la può fare.
Gli dimostrerò che si sbaglia, che me la posso cavare e che sono forte se voglio.
Scatto in piedi e corro via, voglio stargli lontana.
Salto sul mio terrazzo e gli grido – Sono più forte di quanto tu creda e se non mi vuoi aiutare, allora lo chiederò ad Alex.
Le ore passano lentamente, forse perché sono arrabbiata e non posso fare a meno di pensare. Tate mi ha veramente delusa, crede che sono così debole che nemmeno l’allenamento servirebbe a qualcosa. È vero ho il problema alla gamba, ma sono agile e mi muovo più velocemente di lui e so schivare i colpi. Inoltre, a differenza sua, so maneggiare bene un coltello, che è molto più utile che saper spezzare un tronco di legno a mani nude.
Scendo a mensa  e cerco Alex e Ashley, non riesco a trovarli, ma lei grida il mio nome e mi vado a sedere con loro.
- Buongiorno! Mi dice tutta felice. Allora, compagna, oggi che facciamo di bello?
- Voglio provare   la lotta corpo a corpo, Alex mi puoi dare una mano? Mi guarda di sottocchio e chiede – Ovvio, ti fa solo bene esercitarci, ma non è meglio che tu lo faccia con il tuo ragazzo? Non rispondo e abbasso lo sguardo sulla colazione. – Problemi in paradiso? Commenta Ashley e io rispondo con un semplice – Già.
Entriamo in palestra e Mister TD viene da me e Ashley e inizia a dirci – Stamattina lavoriamo su come accoltellare.
Per quanto la cosa possa non essere interessante, anzi, la trovo decisamente ripugnante, devo dirgli che sarei andata da lui nel pomeriggio. Non la prende bene e se ne va imprecando. Ci sono altri ventidue tributi a cui insegnare, troverà qualcun altro che voglia imparare ad accoltellare un povero innocente.
Andiamo all’area di combattimento e anche lì c’è un istruttore. Ha un’aria molto più pacata e calma di Mister TD, eppure dovrebbero esser molto più aggressivo dato quello che insegna.
- Mi ripeto per quelli che non c’erano ieri. Dice guardandomi. Nella lotta corpo a corpo bisogna prima di tutti sapersi difendere, se volete imparare ad uccidere vi conviene andare ad imparare a usare un’arma. È vero fa più scena spezzare il collo di una persona, ma non sono io che ve lo insegnerò. Per quello ci vuole solo potenza e non è in una settimana che riuscirete ad acquistare abbastanza forze per poterlo fare. Adesso vi mostro un po’ di mosse su come mettere KO .
Ha un assistente, avrà solo quattordici anni. Gli mette le mani ovunque e lo sbatte ovunque. A vederlo sembra che gli faccia veramente male, ma, a parte qualche smorfia, il ragazzo non emette nemmeno un suono di dolore. – Non sembra che gli faccia male. Commento, ma Alex controbatte – Gli hanno taglaito la lingua, per questo non puoi sentire quanto stia soffrendo.
- Bene,ora dividetevi in coppie ed esercitatevi.
Non voglio finire con uno sconosciuto, mi stenderà all’istante e non lo farà delicatamente. Alex lo capisce e si offre di mettersi con me, gliene sono molto grata.
- Lu, ci andrò piano tranquilla. Mi dice con un sorriso beffardo. Detesto essere considerata debole. Noto che dall’altra parte della palestra c’è Tate, sta nell’area delle armi, ma guarda verso di me. Non gli voglio dare la soddisfazione di dargli ragione su quello che ha detto stamattina.
- Prima le signore.
- Che galantuomo. Cerco di tirargli un pugno e, anche se sono abbastanza veloce da colpirlo prima che si abbassi, non c’è abbastanza forza nelle mie braccia ed è come se gli avessi fatto una carezza. Alex ride e a sua volta cerca di colpirmi, ma sono più veloce e mi abbasso in tempo per schivarlo. Sono rapida nei movimenti se non devo usare la gamba, ci prendo gusto a schivare ogni colpo di Alex e, se all’inizio era lui, a ridere ora sono io.
- Prova a prendermi. Lo canzono e lui ride con me. Riprova a colpirmi il viso, ma io mi abbasso e gli faccio lo sgambetto con la gamba, uso quella sana ed è abbastanza forte da farlo cadere.
Alex, però, mi lancia una calcio alla gamba ferita. Urlo come non ho mai fatto in vita mia. Vedo che tutti mi guardano mentre mi stringo la gamba al petto. Ora sanno tutti il mio punto debole.
Tate corre subito verso di me, si abbassa e con il cuore in gola mi chiede – Quanto ti ha fatto male? Ti devo portare in infermeria?
- Lu, mi dispiace, mi ero dimenticato. Io.. ma non riesce a finire la frase, Tate lo prende per le spalle e lo butta contro il muro – Gliel’hai fatta tu quella ferita, come potevi essertene dimenticato, idiota?!
Gli tira un pugno sul naso e gli inizia a scendergli il sangue. Non avevo mai visto Tate così furioso, è sempre stato gentile e paziente, non avrei mai pensato che potesse mai veramente fare del male a qualcuno.
Cerco di tirarmi su per separarli, il dolore mi sta passando, anche se mi serve l’aiuto di Ashley, che era accorsa a vedere cos’era successo, come tutti gli altri. – Non li dividi? Le chiedo preoccupata.
- No, se l’è meritato quel pugno mio fratello.
Mi fa paura lo sguardo di Tate, sembra quello di un assassino. Lo chiamo e si volta verso di me e torna in sé. – Andiamo  a farti controllare.
L’infermiera mi fa distendere la gamba e inizia a controllarmela. Ogni suo tocco è una pugnalata per me e non so per quanto riuscirò a dissimulare il dolore. – Può fare più piano? Chiede scortese Tate. – I muscoli sono rovinati, questo non se l’è fatto durante l’allenamento. Ragazza io non possa fare nulla se non darti della morfina, dovresti essere operata. Mi guarda con occhi dispiaciuti e afflitti, deve avere compassione di me, perché sa esattamente come sono messa e sa dove devo andare.
- Non la possono operare? Chiede preoccupato Tate. – Non so se sia possibile, non siete cittadini di Capitol City e la ricostruzione dei muscoli è un’operazione lunga e dolorosa. Dovrebbe stare a completo riposo per almeno due settimane e.. non finisce la frase. Sappiamo entrambi cosa non ha il coraggio di dire.
- Non c’è un’altra soluzione? Qualsiasi cosa.
L’infermiera si allontana e va prendere in un cassetto una provetta e ce la mostra. – è appena stata brevettata, serve per rigenerare i muscoli, ma ha un effetto che dura solo tre giorni. È molto costosa e difficile da trovare, te la potrei pure dare, ma ne diventeresti dipendente e ci sarà un periodo in cui non potrai prenderla. Se rimani senza per più di 24 ore dea tempo prestabilito, si disgregheranno anche i muscoli sani e a quel punto non potrai più camminare.
Apprezzo la delicatezza con cui cerca di evitare di dire che dovrò affrontare gli hunger games, ma comunque la situazione non cambia. Non può guarire la mia gamba e questo sarà sicuramente la mia condanna.
- Se vuoi tornare nelle tue stanze non c’è problema, ma per oggi pomeriggio è meglio che salti l’allenamento.
-Ma da domani potrò ricominciare, vero?
- Sì, ma niente più lotta corpo a corpo per te.
Se non posso combattere come sopravvivrò nell’arena?
Decido di tornare in camera mia, Tate vuole stare con me,ma lo costringo a tornare in palestra. Almeno uno di noi deve essere in forma e poi voglio solo stare da sola in questo momento.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** La nuova alleanza ***


Me ne sono stata rinchiusa dentro la camera per tutto il pomeriggio. Non riuscivo a non pensare alla gamba. Quel farmaco sarebbe l’ideale, ha effetto istantaneo, ma non potrei assumerlo nell’arena e starei ancora peggio. Dovrò combattere con il dolore, non vedo altre soluzioni.
Me ne sto rannicchiata sotto le coperte a dormicchiare, quando qualcuno bussa alla mia porta. Deve essere Cassie  – è aperto. Grido, mi giro verso la porta, ma a entrare non è chi aspettavo, è Alex.
- Vattene. Dico secca e mi giro per non vederlo. Non voglio guardarlo, mi aveva assicurato che non mi avrebbe mai fatto del male e invece non siamo nemmeno dentro l’arena, che già ha iniziato a farlo.
- Mi dispiace, è stato un gesto  involontario. Ti sei resa conto anche tu che avevo calciato piano e lo so che ti ci vuole poco per farti male lì. Ti giuro,però, che non ci avevo pensato, non potrei mai farti del male intenzionalmente.
Non gli voglio parlare, ho altro a cui pensare in questo momento.
Si avvicina e mi passa una mano sui capelli, io però non mi scosto. – Ho sempre voluto farlo.
Guarda in che bella situazione puoi, vorrei commentare.
Si siede sul mio letto e continua ad accarezzarmi. Non so per quanto rimaniamo così, ma deve andare, se arrivasse Tate sarebbe un bel disastro. – Okay ti credo, ma adesso devi andare.
Mi da un bacio sulla nuca e se ne va.
È vero, mi fido di lui, ma ormai Tate non più e penso che l’accordo di allearci sia finito.
La sera andiamo a cena da Cassie e le raccontiamo l’accaduto.
- Che cosa?! Grida sbattendo i pugni al tavolo. Non l’ho mai vista così aggressiva, è sempre serena e allegra. Ora invece è completamente furiosa e sembra stia per prendere a pugni tutto quello che le capiti a tiro.
- Basta, la vostra alleanza con loro è finita. Ludovica ti proibisco di avvicinarti ancora a quel ragazzo.
- Cassie, è stato un incidente, non è pericoloso. Lo sai che abbiamo bisogno di alleati o.. non finisco la frase che Tate mi parla sopra – Non ne abbiamo bisogno, ce la possiamo cavare benissimo da soli.
- Tate sai in che condizioni è la mia gamba, non ce la farai da solo a proteggere entrambi. Dico sconfortata. Sono solo un peso, aveva ragione lui. – Sono debole, avevi ragione.
- Non sei debole, ho visto come lo hai atterrato oggi. Sei rapida nei movimenti, impara ad usare un coltello e nessuno ti potrà toccare. Mi reputa abbastanza forte da cavarmela da sola. Qualcosa di buono allora è fruttato da questa giornata, gli ho fatto cambiare opinione su di me.
Cassie e Tate stanno per tutta la cena a rielaborare la strategia, io ascolto e annuisco.
Capisco perché vogliano abbandonare l’idea di allearci con i due fratelli, io prima di tutti dovrei, ma non sono comunque convinta che sia una scelta saggia. Nell’arena saremo due contro ventidue ragazzi, abbiamo bisogno almeno all’inizio di un aiuto. Provo a ridirlo, ma non riesco nemmeno a proferire parola per quanto parlano fitto. Ne discuterò con Tate da soli dopo, non ho alternative.
Mi sono fatta un’altra doccia, sarà la quarta che mi faccio oggi, ma è l’unica modo che conosco per rilassare i muscoli. Esco dal bagno e trovo Tate sul mio letto. Avevo lasciato la finestra aperta, in modo che potesse entrare nel caso fosse venuto da me. – Mi aspettavi? Chiede sorridendo.
- Speravo che venissi. Mi siedo su di lui e gioco con le sue mani, mentre mi struscia le labbra sui capelli. È così diverso da stamattina, questo è il ragazzo che conosco, non quello che prende a pugni a sangue. Mi viene un brivido al solo pensiero del suo sguardo mentre picchiava Alex. – Hai freddo?
- No, sto bene. Tate ti devo parlare. Si allontana  e mi guarda negli occhi – Ludo, ne abbiamo già parlato non c’è più l’alleanza e niente mi farà cambiare idea.
Lo conosco e si capisce dal suo tono di voce che è chiusa la questione per lui.
Il giorno dopo a colazione mi siedo con Tate infondo alla mensa. Ashley ci vede e viene verso di noi – Ciao! Posso stare qua con voi? Tate sta per controbattere, ma lei aggiunge – Non verrà mio fratello, ho litigato anche io con lui per quello che ha fatto ieri. Gli farà bene stare un po’ da solo, così almeno potrà riflettere su quello che ha fatto.
Secondo me stanno esagerando. Ci stavamo esercitando nella lotta, è ovvio che ci saremmo colpiti. Inoltre eravamo così concentrati che io per prima mi ero dimenticata della gamba, figuriamoci lui. Ashley e Tate vanno molto d’accordo per fortuna, almeno lei me la posso tenere come amica.
Io devo andare per forza ma Mister TD e per fortuna la mia compagna si unisce a me, invece Tate va ad allenarsi nella lotta. Spero che Alex sia abbastanza sveglio da non andare anche lui lì,perché non so quanto Tate si possa trattenere dal picchiarlo senza che ci sia io a fermarlo.
- Ma tu guarda chi è tornata, hai capito cosa è veramente importante.
Non controbatto, perché è come parlare con un muro.
-  Oggi ci eserciteremo ancora ad accoltellare, ti è andata bene piccoletta.
Non ho deciso se mi stai simpatico o lo voglia morto. Da una parte apprezza le mie qualità e cerca di migliorarmi sul serio, ma quando inizia a darmi della piccoletta vorrei ficcargli uno dei suoi coltelli in gola.
Ce ne da alcuni di legno e iniziamo a lottare, io mi esercito con Ashley. Sono poco più alta di lei, ma in quanto forza non c’è paragone. Non so dove la nasconda, ma quella ragazza ne ha veramente tanta, l’ho vista atterrare a mani nude uno dei ragazzi più possenti. Però, come il fratello, è lenta di movimenti e sono più le volte che riesco a colpirla io che lei. Saper usare un’arma è veramente più importante, ci vuole molta meno forza  per usarle i danni sono maggiori.
A fine allenamento Mister TD indica sempre chi sono stati i migliori e stila una classifica. Sono la seconda, ma non mi basta, voglio essere la prima. – Complimenti! Mi dice Ashley abbracciandomi e il mister mi fa – non è ancora abbastanza scricciolo, ma continua così.
Le sue parole mi tirano su di morale, non sono così debole.
A pranzo Ashley torna da suo fratello, ma io devo stargli lontano anche se l’ho già perdonato – è tornata dal fratello alla fine?
- Che è quella nota triste, devo essere gelosa? Dico scherzando, sono di buon umore e adoro prendere un po’ in giro il mio ragazzo. – Ma certo che no! Sta già iniziando a scaldarsi. So che è un brutto comportamento il mio, ma adoro far innervosire la gente. – Sto scherzando scemo, comunque dispiace anche a me. Sei proprio sicuro che.. – Fuori discussione, non mi fido più di lui. Da una parte lo capisco, mette a rischio la sua vita per salvaguardare la mia e non vuole che mi capiti nulla, ma sono abbastanza grande da sapere di chi fidarmi e chi no. Rimango comunque con lui, perché è veramente l’unico a cui posso affidare veramente la mia vita.


Dopo il pranzo abbiamo una mezzoretta libera, Tate si va a fare una doccia, ma io voglio andare in palestra. In questo momento non c’è nessuno e voglio allenarmi.
Come mi aspettavo non c’è anima viva, così vado a prendermi un po’ di coltelli di varie dimensioni e inizio a lanciarli. Ad ogni colpo mi avvicino sempre più al centro. Me ne è rimasto solo uno da lanciare. Chiudo gli occhi e inspiro, rimuovo ogni pensiero e preoccupazione. Sono pronta. Distendo il braccio e tiro in avanti, si sta staccando dalla mano, ma poi sento qualcuno gridare – Lu! Perdo la concentrazione e non riesco a colpire il centro.
Alex.
Per sua fortuna non ho più coltelli o gliene avrei lanciato uno in fronte e questa volta l’avrei centrato.
- Cosa vuoi?
- Ti volevo parlare, ma sta diventando difficile dato che hai sempre intorno il tuo ragazzo.
Mi volto verso di lui e lo guardo. Infondo non è cambiato così tanto da quando l’ho conosciuto. Ha sempre gli stessi occhi azzurri che sprizzano vita.
- Di cosa mi devi parlare. Gli chiedo stanca. Non posso nemmeno aver un attimo per stare per conto mio. - immagino che l’alleanza si sia sciolta. Faccio cenno di sì con la testa e vado contro il bersaglio di legno a riprendere i coltelli. Alex mi segue e continua a parlare – Beh me lo aspettavo dopo che il tuo ragazzo mi ha rotto completamente il naso. Picchia veramente duro. Fortuna che qui con la medicina sono molto più avanzati che da noi e ci hanno messo pochissimo a guarirmelo. Comunque quello che ti volevo dire è che, anche se non staremo insieme nell’arena, non ti farò nulla e pure al tuo ragazzo se vuoi, ma nel caso tu voglia qualcuno che lo picchi chiamami pure, non fare complimenti.
Non posso fare a meno di ridere, mi giro per rispondere con un'altra battuta, ma lui mi stringe a sé e mi abbraccia. È la prima volta che ci abbracciamo e se lo ricorda anche lui  - Non mi aspettavo fosse così bello abbracciarti, sei morbida. Il mio orgoglio femminile prende il sopravvento e mi scosto – Mi stai dando della cicciottella? Inizia a ridere e mi ritira a sé – Certo che no, scema.
In quel momento entra Mister TD. – è la prima volta che vedo dei tributi di distretti diversi abbracciarsi. Nessuno di noi dice niente.
Alex torna alla lotta, mentre io rimango con il mister.
Divento ogni momento più brava a maneggiare il coltello e sto pure imparando a usare un arco. Mi fa un po’ male la gamba, ma cerco di resistere al dolore. Devo imparare il prima possibile a combatterlo o nell’arena avrò molti problemi. Ogni giorno però miglioro e sono sicura che ce la farò.
Sento bussare qualcuno alla mia porta, strano di solito quel pazzoide del mio ragazzo passa per il terrazzo. Apro la porta e ci trovo Ashley – Io disconosco mio fratello. Si mette a dire. – Che ha fatto?
- Ha stretto un’alleanza con i ragazzi del distretto 1 e 3. Gliel’hanno proposto e lui ha accettato, l’hanno fatto anche con me, ma mi sono rifiutata. Quelli sono veri assassini, li fanno crescere come tali e non ci penseranno due volte a sbarazzarsi di mio fratello dopo averlo usato.  È veramente sconvolta, non smette di piangere mentre parla.
- Lui non mi ascolta e io non so che fare.. Ah ma se ne andasse con loro, ti prego posso unirmi a te e Tate?
Lui ha stima di Ashley e si fida, quindi senza consultarlo le dico di sì.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Il giudizio ***


È l’ultimo giorno di addestramento. La settimana è passata più velocemente di quanto mi aspettassi. Mi sono esercitata e impegnata molto in quest’arco di giorni e sono migliorata molto. Nel mio trio sono la migliore a maneggiare un coltello e sono la più rapida nei movimenti, non ho molta forza, ma ci sono Ashley e Tate a compensare.
Penso che siamo comunque troppi pochi in tre, ma dato che l’unico di cui possiamo, anzi, potevamo fidarci, si è alleato con il gruppo che cercherà di ucciderci alla prima occasione, non abbiamo alternative. In compenso, oltre me, anche Tate ha stretto amicizia con Ashley e la cosa mi rincuora molto, dato che non voglio perdere l’unica amica che io abbia lì. Sono “contenta” che ci sia anche lui e che  mi supporti, ovvio, ma avere una figura femminile con cui parlare mi fa bene. Ha la stessa età di mia sorella, sedici anni, me, anche se a volte più sembrare una sciocca, è molto intelligente e come Tate, è una buona pianificatrice. Abbiamo già stabilito come comportarci nell’arena e, anche se lo fanno per il mio bene, il fatto che sarò dietro le quinte, mentre loro si occupano di tutto mi da fastidio. Non mi lamento però, perché ho come la sensazione che, una volta lì, dovremo cambiare i piani.
Per un’ultima volta ci rechiamo in palestra, vorrei tanto andarmi a esercitare nella lotta, ma non posso rischiare di farmi male, dato che tra tre giorni entrerò nell’arena. Domani ci sarà la giornata del giudizio, gli sponsor ci vedranno per la prima volta in azione e ci daranno un punteggio che poi vedrà tutta Panem. Io penso che lancerò qualche coltello, Mister TD dice che è la cosa migliore, anche perché non si vede tutti gli anni, o così dice. Spero solo che mi dia un buon punteggio,  devo puntare tutto sugli sponsor, dato che non avrò altri aiuti, se non dal mio distretto.
Ashley vuole puntare sulla sua forza fisica, così si allena nella lotta e lo stesso fa Tate. Dato che è la mia ultima occasione per esercitarmi, sono felice di stare da sola,almeno mi posso concentrare. Gli altri giorni ho sempre aiutato i miei compagni ad usare i coltelli e loro mi insegnavano a lottare. Siamo una bella squadra, funzioniamo insieme, ma mi rendo conto che Ashley non riesce a dare il massimo, perché pensa a suo fratello.
Ho sentito molto anche io il suo tradimento, non posso immaginare quanto lei.
Non sbaglio un colpo  all’allenamento, sono pronta per domani. Tate e Ashley pure sono in forma e sono ottimista, ma non posso fare a meno di pensare che dall’arena solo uno di noi uscirà o nessuno. Tate non mi ha più parlato del fatto di riuscire a salvarci tutti e non so se, perché veramente lo vuole tenere segreto fino all’ultimo, per sicurezza, o perché in realtà non c’è nessun piano.
- Stasera non vengo da te. Mi dice Ashley, nelle ultime sere è sempre stata con noi e, anche se a volte avremmo preferito avere un po’ di tempo da soli, un volto amichevole era sempre ben accettato.
- Perché? Le domando – Perché immagino che te e il tuo ragazzo vogliate passare la vostra ultima sera con un po’ di privacy.
Infatti domani sera dopo la trasmissione saremo trasportati in una residenza più vicina all’arena. Comunque ha ragione e gliene sono grata che l’ha capito da sola.
Anche l’ultimo allenamento è finito, i giochi sono fatti. Come al solito dopo essere uscita dalla doccia mi ritrovo Tate sul letto, ma a fianco a lui c’è tavolo imbandito. – La cena. Mi dice sorridendo – Ho parlato con Cassie e sono riuscito a convincerla a lasciarci, almeno oggi, soli. Spero solo che Ashley abbia il buon senso di non venire. – Non verrà. Gli dico con troppa enfasi e mi butto in braccio a lui. Mi stringe a sé e iniziamo a baciarci. Per un momento mi scordo degli sponsor, dell’arena, di tutto. Ci siamo solo io e lui ed è questa l’unica cosa che conta. La mia pancia però, non la pensa allo stesso modo e inizia a brontolare. – Che è stato un terremoto? Dice scherzando Tate e io per ripicca gli lancio un cuscino in faccia. – Sì e ora io me ne vado a mangiare simpaticone.
Passiamo una serata tranquilla e rimane a dormire da me. Vorrei che il tempo si fermasse.
È il giorno del giudizio degli sponsor, fino a ieri non ero agitata, ma mi sta salendo la preoccupazione e noto che non sono l’unica. Tate e Ashley sono messi come me, anzi, lei direi che è ancora più in preda al panico.
- Calmati, sta concentrata e non guardare verso di loro, sennò ti agiti ancora di più. Le dice in continuazione Tate, vedo da come tende i muscoli che anche lui è preoccupato, ma lo capisco solo perché ormai conosco tutto di lui. – Io non mi calmo, avrò un punteggio basso me lo sento.
Io non proferisco parola o inizio anche io fare come Ashley.
Chiamano in ordine per distretto, prima le ragazze e poi i ragazzi. Tra noi tre sarò la prima e la cosa non mi piace.
Andiamo in una sala d’attesa e il tempo non scorre mai. Ogni ragazzo sta dentro quella sala per almeno venti minuti. Che cosa posso fare io per tutto quel tempo? Non posso stare a tirare i coltelli per così tanto, ma se lo faccio per poco si dimenticheranno di me e avrò un punteggio basso. – Ludo, calmati andrai bene. Mi dimentico che anche lui mi conosce bene e sa riconoscere la mia finta calma.
Manca solo una persona e poi tocca a me. Mi sta venendo veramente paura.
- Ludovica Grey.
Tocca a me. Mi sembra di essere tornata a una settimana fa, quando era stato sorteggiato il mio nome. È passata una vita da quel giorno. Mi sento una persona diversa da allora, mi sento più forte e decisa e sento di avere una possibilità nell’arena. Tiro fuori tutta la determinazione che c’è in me e mi avvio dentro la sala.
È una palestra praticamente, ci sono tutte le attrezzature con cui ci siamo esercitati.
Mi presento agli sponsor – Ludovica Grey, distretto 5.
Vado dritta al coltelli. Inizio a tirare il più piccolo e non ottengo l’attenzione di nessuno. Continuo a lanciarne aumentando sempre di più le dimensioni, ma la cosa non sembra interessarli. Li ho lanciati tutti e dal primo all’ultimo hanno colpito il centro del bersaglio, ma soltanto tre su sette si sono girati a guardare. La vedo e decido di giocarmi il tutto per tutto, anche dovessi fallire, non arriverei comunque a un buon punteggio, dato che non mi hanno minimamente guardata. Estraggo una spada dalla fodera, è una pazzia, ma alla fine che mi importa? Noto che ho finalmente attirato la loro attenzione, magari ora mi importa se fallisco miseramente, ma ormai il danno è fatto, tanto vale tentare.
Fletto ogni singolo muscolo del mio braccio e cerco di non tremare per la pesantezza. La posiziono dietro la spalla e con tutta la forza che ho in corpo la spingo in avanti e la  lancio.
Colpisce perfettamente il centro ed è così forte il colpo che fa cadere tutte gli altri coltelli che avevo tirato.
Guardo verso di loro con soddisfazione, facendogli un sorrisetto sfrontato e me ne vado.
Forse non era stata la mossa migliore andarmene in quel modo, ma ero troppo orgogliosa di me stessa e volevo fargli rendere conto che non sono una qualunque, spero mi diano almeno un 8 di punteggio. Mi dicono che posso tornare in camera, ma voglio aspettare Tate e Ashley. Lui esce subito dopo di me e quando gli racconto l’accaduto, mi guarda con occhi pieni di ammirazione – Questa è la mio Ludo.  Mi tira su e mi bacia. Non c’è nessuno in giro e anche se fosse non me ne importa. – Te com’è andata?
- Ho fatto una lotta simulata, mi hanno lanciato addosso un ibrido. Era un coccodrillo, ma modificato, molto più forte di uno normale. So che era solo una proiezione, ma era molto forte e ho avuto difficoltà a metterlo KO, non credo che mi daranno un punteggio molto.
Quando arriva Ashley mi racconta la stessa cosa, solo che il suo ibrido era un aquila e il fatto che potesse volare rendeva le cose ancora più difficili.
Il punteggio lo diranno in diretta nazionale nel canale apposito che si occupa degli hunger games  24 ore su 24. Ogni tributo lo vede nell’appartamento del proprio mentore, quindi Ashley non può stare con noi. Mi chiedo come sia andato Alex.
Cassie è in fibrillazione, le abbiamo dovuto raccontare tutto minimo tre volte, perché voleva sapere ogni minimo dettaglio. Come immaginavo la mia uscita non le è piaciuta e non so quante volte si è lamentata del fatto che si dovrà scusare con moltissima gente e altro.
- Cassie sta zitta, sta iniziando. Le dice Tate, deve essere davvero preoccupato per essere stato così sgarbato.
Allo schermo compare un uomo familiare, c’è ogni anno ed è a dirigere lui l’intero canale. – Salve cittadini di Panem oggi verranno annunciati per la prima volta il punteggio che hanno assegnato gli sponsor ai nostri tributi, iniziamo!
Accanto a ogni volto c’è il punteggio. I ragazzi del distretto 1 hanno avuto entrambi 10, del 2 lui 8 e lei 7. Del 3 entrambi 10 e arriva il nostro turno. Vedo la foto di Tate e accanto a lui compare un 10, poco dopo vengo io. Ho preso 11, non è possibile. Scoppiamo tutti dalla gioia – Siete il mio orgoglio! Ci grida Cassie. Stappiamo lo champagne e festeggiamo. Pure Ashley ha ottenuto 10, ma il distretto con il punteggio più alto siamo noi.
Ora ci credo, possiamo uscire vivi dall’arena, mi fido di Tate.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** L'arena ***


Stanotte ci porteranno nel centro di controllo dell’arena, dormiremo lì e domani mattina entreremo nell’arena. Tutta la gioia per l’ottimo punteggio sparisce, quando bussa alla porta una guardia, che ci porterà al centro. Un singolo rintocco basta per farci tornare alla realtà.
Domani iniziano gli hunger games.
Prendiamo un treno e ogni distretto ha la sua cabina privata o prigione, dato che non ci si può uscire. Vorremmo parlare con Ashley, per definire gli ultimi dettagli della strategia, ma non è possibile. Secondo i piani attuali loro dovrebbero buttarsi contro la cornucopia e cercare di prendere più armi possibili, mentre io mi rintano da qualche parte. Hanno deciso di fare così, dato che nella corsa sono lenta, ma non mi pare giusto che loro mettano in rischio la loro vita e io no. Vedrò lì per lì cosa fare, ma sono abbastanza sicura che non seguirò il piano e Tate si arrabbierà molto per questo.
Arriviamo al centro di controllo, è un enorme palazzo da almeno cinquanta piani in mezzo al nulla. Intorno a me non c’è altro che una lunga distesa di prato e dietro all’edificio c’è un bosco fittissimo, che non permette di vedere nulla. Probabilmente proseguendo da quella parte si arriva all’arena. Non ho idea di cosa ci aspetti lì, ogni anno è diversa e sempre più tosta.
Sono le undici di sera quando arriviamo, il viaggio è durato ben tre ore. La scelta di farci arrivare così tardi non mi pare molto saggia, domani dobbiamo entrare nell’arena e dovremo essere al massimo delle forze, mentre io già mi sento sfinita. La mia unica speranza è uno scarico smisurato di adrenalina una volta dentro.
Pensavo che avrei passato la notte insonne e invece appena tocco cuscino mi addormento. La mattina a quanto pare ci lasciano dormire fino alle dieci, non mi sarei mai aspettata questo privilegio.
Cassie entra in camera mia e tira su le tapparelle, facendo entrare il sole e svegliandomi bruscamente – Su oggi è la grande giornata, vestiti in fretta. La colazione è là sul tavolo. Ti devo portare dallo stilista, ti darà una sistemata.
- A che serve farmi  bella? Devo andare ad affrontare gli hunger games, non un concorso di bellezza.
- Ti ricordo è uno show e che bisogna giocarsi tutto. Un bell’aspetto farà cadere l’attenzione su di te in modo positivo. Ricorda sempre di dare una buona impressione e levati subito quella espressione imbronciata dalla faccia, per favore. Le faccio un sorriso a trentadue denti, strizzando gli occhi. – Molto divertente signorina, ora però mangia.
Mangio il più velocemente possibile, mentre Cassie mi incita a muovermi. Se entro nell’arena e vomito, mi avrà sulla coscienza.
Il mio stilista, che si chiama James, ha lo stesso stile colorato e pazzo di tutti gli abitanti di Capitol City. Spero che non mi conci in quella maniera assurda. Mi scruta con aria insoddisfatta e scuote con la testa – No, no, no. Qui c’è troppo lavoro per sistemarla in appena tre ore.
Tre ore? Ma sono pazzi o cosa, mi viene da pensare. – Potremmo saltare la ceretta, dato che avranno vestiti che li copriranno completamente, ma nel caso se li dovesse togliere, non vorrei che fosse scambiata per una scimmia ibrido, ne andrebbe del mio nome.
Quest’uomo non mi piace per niente, è veramente antipatico e irrispettoso. – Valery te ne occuperai te, io intanto penso a cosa fare con quei capelli. Lo dice con un tale disgusto che, se non ci fosse Cassie a trattenermi, sarei già corsa lì a prenderlo a botte. È vero, non mi sono mai presa cura del mio aspetto, ma è una cosa tipica di noi abitanti del distretto. O sei bella grazie al tuo DNA o niente da fare, ci sono cose molto più importanti a cui pensare.
Dopo avermi tolto ogni singolo pelo in corpo, si occupano dei capelli. La parola delicatezza non esiste nel vocabolario di James. Mi sta tirando via la pelle dalla testa e devo tenermi ai braccioli per non cadere all’indietro. – Li ho sempre trovati insulsi i ricci. Te li allisceremo, ma appena li bagnerai purtroppo torneranno al naturale.
Usa una specie di ferro per i capelli e inizia a stirarmeli letteralmente. Ovviamente continua a usare un tocco leggero e delicato. Il peggio, però, è quando mi fa la coda. La fa il più alta possibile e mi scappa pure qualche smorfia di dolore, quando mi tira i capelli.
La mia agonia sembra finalmente finita, ma poi tira fuori dei trucchi, li riconosco solo perché in mezzo vedo un mascara. Ne avevo uno, me lo aveva regalato Tate un po’ di tempo fa. Non solo facili da trovare da noi e costano molto. Un po’ di trucco non mi dispiacerebbe, ma non voglio ritrovarmi le palpebre verde fluo e le labbra viola. – Io non mi faccio mettere quella roba in faccia.
- Nessuno ha chiesto il tuo consenso, quindi sta ferma e non ti lamentare. Mi devono letteralmente legare  alla sedia per non farmi muovere. Ci sta mettendo troppo tempo, chissà quale pastrocchio mi avrà fatto in viso.
- Fatto! Grida con soddisfazione. Mi gira verso lo specchio e rimango stupita. È riuscito a rendermi bella. Non si vede nemmeno il trucco, l’ha fatto molto leggero, ma ha reso il mio viso più dolce e femminile . Mi scappa addirittura un sorriso.  James lo nota subito. – Sei un donna di poca fede, ora vatti a vestire.
Mi fanno indossare gli stessi abiti che indossavo per l’allenamento, ma sopra i pantaloni attillati me ne fanno aggiungere un altro paio più larghi, poi aggiungono una maglietta a maniche lunghe e un giubbotto. Sto letteralmente morendo di caldo. – Non ti lamentare, ti servirà questo calore nell’arena. Aggiunge Cassie. – Non è molto rassicurante. Commento.
Percorriamo un lungo corridoio senza incontrare nessuno e non ho idea di dove stiamo andando. – Quando potrò vedere Tate?
- Tra poco. Dice secca Cassie. Ha il viso rabbuiato e sembra stia per piangere da un momento all’altro.
Forse ho capito dove ci stiamo dirigendo.
Usciamo dall’edificio e saliamo su una jeep. Ci stanno portando all’arena.
La distanza non è molta, ma mi sento così paralizzata, che mi pare che anche il tempo si sia bloccato, e poi la vedo. Ha delle mura altissime, non permettono di vedere oltre quelle, ma ci sono delle cose molto più grandi all’interno. Sono montagne e sono completamente ricoperte di neve.
Ora sono felice di avere tutti questi strati di vestiti addosso.
- Tra quanto dovremo entrare? Cassie mi guarda e scoppia in lacrime. Istintivamente l’abbraccio, ma poi mi scosto perché non sono sicura che sia quello che lei voglia. Mi ritira subito a sé però, e sovrastata dalle lacrime dice – Buona fortuna Ludovica, prendetevi cura di voi, te e Tate. Io cercherò in tutti i modi di aiutarvi da qui.
Scendo dall’auto e lei non mi segue. È un addio.

Sono pronta.
Mi incammino con due guardie che mi scortano. Continuiamo ad andare avanti finché non troviamo delle scale, che vanno sotterra. Non sono claustrofobica, ma mi percorre un brivido di terrore ad attraversarle. Non sono molto lunghe le scale, ma una volta finite dobbiamo percorrere un corridoio lungo minimo sei kilometri su di una macchina. Quando arriviamo vedo Tate. Devo dirglielo prima che entriamo, potrei non averne più l’occasione – Tate! Ti amo! Le guardie mi prendono per le braccia per impedirmi di andare da lui, ma invano, perché lui corre verso di me e do una gomitata a entrambi per liberarmi. Con mia grande sorpresa, ho colpito abbastanza forte e posso andare da Tate. Gli salto in braccio e ci baciamo. Le guardie ci lasciano stare per un minuto, poi però ci esortano ad andare. Ci dobbiamo staccare a malincuore. Mi da un bacio sulla fronte e mi sussurra – Ci vediamo dall’altra parte.
Ho deciso. Quando starò lì non rimarrò ferma, farò tutto per proteggerlo, sempre. È questo amare, mettere al primo posto la vita dell’altro, invece della propria.
È arrivato il momento, mi portano in una stanza con solo una sedia e un ascensore che mi porterà nell’arena. – Tra quanto dovrò entrare?
- Entra lì, manca poco. Seguo gli ordini e mi metto dentro. È molto stretto e mi sento soffocare. – Buona fortuna. Mi dice la guardia e l’ascensore parte.
In pochi secondi sono fuori. Mi trovo in un lago ghiacciato e davanti a me c’è la cornucopia. Ai miei lati posso vedere tutti gli altri tributi, siamo distribuiti in cerchio. Sto cercando Tate ed Ashley quando sopra di noi compare l’immagine di Mercurior, il presentatore degli hunger games.
- Salve Panem, tra un minuto avrà inizio la quarta edizione degli hunger games! Prima di iniziare ricordo ai nostri tributi che se usciranno dalle loro postazioni, prima del suono di tromba, verranno automaticamente uccisi. Mancano quindici secondi, vi lascio il conto alla rovescia. Felici Hunger Games e possa la fortuna essere sempre a vostro favore!
Parte il conto, mancano dieci secondi. 10,cerco Tate, ma non lo trovo. 9, provo con Ashely, ma anche lei sembra scomparsa. 8, vedo una spada davanti a me. 7, devo prenderla. 6, accanto a me c’è il ragazzo del distretto 1, mi farà fuori subito. 5, ma devo prenderla. 4, ho deciso, mi lancio. 3, Vedo Alex. 2, ecco invece Ashely. 1, Tate.
Suona la tromba.
È pura follia, ci lanciamo tutti verso la cornucopia. Ma nessuno riesce veramente a muoversi per colpa del ghiaccio. Più provi a muoverti, più rimani fermo. Ho un’idea. È una pazzia, ma ci provo  comunque. Mi stendo a pancia in giù e mi spingo, con più forza possibile, con braccia e gambe. Mi muovo. La gamba mi fa male, ma il dolore mi spinge a impegnarmi ancora di più. Sono abbastanza magrolina e non ho problemi a spingermi di peso. Invece il ragazzo del distretto 1 è enorme e, anche imitandomi, rimane molto indietro. Sono quasi arrivata, mi tiro in piedi, ma qualcuno mi salta addosso. Una ragazza, credo sia del 6, mi butta per terra e mi mette le mani alla gola. Mi sta soffocando. Sento perdere le energie, giro la testa verso destra e vedo Tate. No, devo resistere per lui. Le tiro un calcio allo stomaco e si toglie di dosso. Cerco di correre il più velocemente possibile e arrivo alla spada. La sfodero e la ragazza, vendendomi con l’arma in mano, si allontana. Trovo un sacco contente qualche coltello, lo prendo e mi carico uno zaino in spalla. Devo raggiungere Tate.
Corro verso di lui, ma ha alla calcagna il ragazzo del distretto 3. Non penso, agisco e basta. Prendo uno dei coltelli e glielo lancio addosso. Lo colpisce alla spalla e cade all’indietro. Ho salvato Tate. – LU! Sento gridare, è Alex. Mi giro e mi ritrovo il ragazzo del distretto 1 che mi viene addosso. Si lancia addosso a me, ma non si è accorto che ho ancora la spada in mano. È questione di secondi. Si butta su di me e io, per proteggermi, tiro su la spada. Lo oltrepassa e vedo la punta spuntargli dalla schiena. Vedo dai suoi occhi scivolargli via la vita. Mi cade addosso, conficcando il ginocchio sulla mia gamba. Grido, come non ho mai fatto, dal dolore. Non riesco a spostarlo, è troppo pesante. Peserà cento kilogrammi, non sono abbastanza forte. Arriverà sicuramente qualcuno e si approfitterà della mia immobilità per uccidermi.
Pensa Lu, pensa.
Poi vedo qualcuno correre verso di me, sono spacciata. Guardo meglio, è Alex. Non può veramente volermi uccidere. E infatti non lo fa. Mi toglie di dosso il corpo. – Scappa! Mi grida. Cerco di muovermi, ma la gamba mi fa troppo male. – Cazzo, okay non ho alternative. Dice. – Che vuoi fare? Dico a denti serrati dal dolore. Mi prende in braccio e corre via.
Mi sta salvando la vita.
Non è un traditore.
Ci addentriamo nel bosco accanto al lago, continua a correre finché gli  alberi non si fanno più fitti. – Alex fermati, non finire subito le energie.
- No, dobbiamo trovare un luogo sicuro.
- Almeno fammi stare sulla tua schiena, così ti impiccio di meno. Mi fa scendere e mi carico entrambi gli zaini sulle spalle. Continua a correre per almeno un’ora, o almeno credo. È irritante non sapere che ore sono.
- è tutto uguale questo maledetto bosco.
- Fermiamoci qui. Alex acconsente e mi posa a terra. Appena tocco suolo, sento una fitta alla gamba e lancio un gridolino di dolore. – Fammi controllare. Mi abbasso i primi pantaloni per controllare. La gamba è gonfissima. – Troveremo un modo per fartela guarire.
Io non sono molto fiduciosa. Non ne voglio parlare, così cambio argomento – Vediamo cosa c’è nello zaino.
Troviamo dell’acqua, carne secca, una corda, un taglierino, qualche cerotto, un moschettone e soprattutto fiammiferi. – C’è abbastanza roba utile, direi di accendere un lieve fuoco e mangiare qualcosa.
- Perché mi hai salvata.
Lo sapeva che gliel’avrei chiesto. – Lu sei molto intelligente, non c’è bisogno che te lo dica.
- So perché lo hai fatto, ma voglio sentirtelo dire.
Prende un minuto di silenzio e poi parla – Perché non ti lascerei mai morire, ti basta?
Annuisco. – Bene, ora mangiamo.Il primo turno lo faccio io, tu riposa.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** La caverna ***


Il freddo mi sta raggelando in sangue. Ero riuscita ad addormentarmi, ma si sono abbassate drasticamente le temperature, saranno venti gradi sotto lo zero, e così mi sono svegliata. Noto che Alex si è addormentato e il fuocherello che avevamo accesso, si è ormai spento. Se lo accendo potrebbero trovarci, ma la foresta è così fitta, che non è detto.  Inoltre preferisco essere uccisa, piuttosto che morire ibernata. Prendo un fiammifero e accendo un fuoco. La fiamma all’inizio è piccola e mi scalda a mala pena le mani. Poi però aumenta e mi sento finalmente riscaldare il corpo.
Mi volto verso Alex, è l’unico momento in cui lo posso guardare senza essere in imbarazzo.
Mi ha salvato la vita.
Gli sono debitrice e mi sento in dovere di estinguere il mio debito.
In questo momento però non è possibile. La gamba è completamente paralizzata, non riesco a muovere un muscolo. Dobbiamo trovare una soluzione al più presto, non possiamo rimanere bloccati qui per sempre, come non è possibile che corra dentro l’arena con me in braccio. Se solo avessi quel farmaco..
- Lu, sei sveglia? Biascica Alex. – Sì, tu riposati. Mi occupo io di fare la guardia.
- Non sei abbastanza in forze per farlo. Detesto apparire debole. – Sono in grado di vedere e urlare per svegliarti. Inoltre so tirare i coltelli a metri di distanza e mirare al cuore, quindi sono abbastanza forte da poterlo fare.
- Va bene, ma non ti scaldare. Non sei cambiata affatto ... Mi ricordo ancora la prima volta che ti ho vista, eri così bella. Nonostante fossi appena schizzata via e sembravi una bistecca poco cotta.
- Sembravo cosa? Alex sei ancora nel mondo dei sogni. Si mette a ridere, troppo forte per i miei gusti e per la nostra sicurezza, ma lo lascio fare. – Per via della gamba affumicata!
- Ah ora capisco.
- Eri proprio un bel bocconcino. Mi metto a ridere anche io, però mi avvampano le guance.
- Tu cosa hai provato quando hai visto che ero un tributo? Mi chiede nel massimo della serietà. Non mi aspettavo questa domanda e onestamente non so come rispondergli. – Non lo so nemmeno io. Sconvolta lo ero sicuro. Non so, mi è partita la testa,se così si  può dire, non ragionavo. Ero dilaniata in due, da una parte ero disperata e dall’altra scoppiavo di felicità.
- Io l’unica cosa che ho pensato in quel momento è che finalmente saresti potuta essere mia, anche se per poco. Questo non lo doveva dire. – Alex, lo sai che … - Lo so, stai con Tate e non lo lascerai mai per me. Me ne rendo conto tranquilla, ma capiscimi, in quel momento non avevo idea che ti era messa con un altro. Speravo che non avessi mantenuto la mia promessa in fondo al cuore. Poi ho visto come vi guardavate e tutto mi si è fatto chiaro. C’è un minuto di silenzio imbarazzante, non ho veramente idea di cosa dirgli. Non è che capiti tutti i giorni di trovarsi dentro l’arena con il primo amore e con il proprio fidanzato, è tutto così assurdo. – Se pensi che ti ho portata via con me per allontanarvi, devi sapere che non è così. Ti giuro che  la mia unica intenzione era salvarti la vita.
- Lo so, non ho mai pensato una cosa del genere. Ti devo chiedere una cosa però, perché ti sei alleato con loro? Sapevi bene che il loro unico intento era ucciderci.
Fa uno dei suoi sorrisi sghembi e, canzonandomi, mi chiede – Proprio non ci arrivi?
- Mmmm … a rigor di logica avevi bisogno di qualcuno su cui fare affidamento, dato che avevi perso noi. Direi che il motivo era questo, ma non capisco perché proprio loro.
Mi guarda sorridendo – Sbagliato dolcezza.
- Okay fammi riprovare. Tu hai scelto loro, il nostro peggior pericolo. Non ci odi, perché sennò non mi avresti salvata. Quindi l’hai fatto per difenderci. Volevi essere un infiltrato in modo da tenerli lontani da noi. Ho ragione? Mi applaude e si tira su. – Esatto. Mi dispiace solo che non ci fossi arrivata prima e che tu abbia pensato male di me.
Si alza e si stira la schiena. Vorrei tanto poter stare in piedi, questa infermità mi sta facendo impazzire. Devo muovermi, non sono fatta per fare la statua. Alex capisce questo mio bisogno, così mette le braccia sotto le mi ascelle e mi tira su. Tutto il peso che dovrei mettere sulla gamba, lo passo a lui e ora mi sento meglio. – come va la gamba?
- come ieri, non ci sono miglioramenti. Sto iniziando a sopportare il dolore, ma non sono comunque in grado di muoverla. Prima o poi mi dovrai abbandonare qui. Mi lancia uno sguardo così adirato, che devo abbassare la testa per non guardarlo. – Pensi che ti potrei mai abbandonare? Non hai ancora capito che senza di te non vado da nessuna parte?
- È proprio questo il punto Alex! Con me non puoi spostarti, sono solo un intralcio. Se vuoi sopravvivere mi devi lasciare andare.
- Preferisco morire.
Non vuole proprio capire. – Okay, allora che facciamo? Non possiamo rimanere ancora allo scoperto.
- Vedi quelle montagne laggiù? Ci saranno sicuramente delle caverne dove rifugiarci.
Ha sicuramente ragione, ma sono troppo lontane. – Come ci arriviamo?
- A piedi, in che altro modo sennò.
- Ci vorranno minimo due giorni e io non sono in grado di camminare. Mi posa a terra e inizia a raccogliere le nostre cose. So già cosa vuole fare. Se uscirà dall’arena, dovrà farsi operare alla schiena per quante ernie gli saranno uscite. Mi carica in spalla e iniziamo a incamminarci.
Nonostante il freddo, il suo corpo è caldo ed è rassicurante tenerlo stretto a me. Non lo lascerò morire per me, se verrà l’occasione lo salverò e avrò estinto il mio debito.
La foresta sembra non finire mai ed è tutta uguale. Seguire un tragitto non è facile, siamo sempre a due passi dal perderci. Anche se le montagne sono altissime, le chiome fitte dei pini non lasciano vedere molto e dobbiamo andare a occhio in certi punti. Non ci fermiamo nemmeno per mangiare, lo imbocco io mentre cammina.
 Non fa bene ad Alex trasportarmi, riesco a sentire il suo respiro affaticato. Provo in tutte le maniere possibili a farlo fermare, ma non sente ragioni. Dobbiamo trovare un rifugio, continua a ripetere. Ha ragione, ma non può ridursi al minimo delle forze, potrebbero attaccarci da un momento all’altro. Io per sicurezza tengo sempre una mano sull’impugnatura della spada e l’altra dentro al sacchetto con i coltelli. Per fortuna non ce n’è bisogno e quando cala la notte ci fermiamo.
Tra poco mostreranno i caduti. Nella prima giornata sono morti sette tributi. Prego di non vedere il viso di Tate e di Ashley tra quelli che vengono proiettati. Grazie a Dio non ci sono, ma sono morti alti tre ragazzi. Mi rendo conto che uno dei visi, che erano apparsi ieri sera,  stava lì per colpa mia. Lo so che non l’ho colpito apposta, ho agito d’istinto ed è stato lui a lanciarsi contro la mia spada, trafiggendosi sa solo. Tuttavia mi sento il senso di colpa in ogni strato della mia pelle, mi sento un’assassina. Probabilmente chi è davanti a uno schermo mi vede come una forte guerriera, ma la verità  che non lo sono.
Non riesco a levarmi dalla mente il suo viso che perde ogni forza vitale. Sono un’assassina e dovrò imparare ad accettarlo. Nel mio subconscio volevo fargli del male o non gli avrei puntato la spada contro. Mi stendo per terra e dormo un po’. Ho bisogno di non pensare a quel ragazzo, agli hunger games e a Tate. Il mio Tate … dove sarà e starà bene? Spero che ci sia Ashley con lui.
- Lu svegliati! Mi sveglio con il cuore in gola. – Che succede? Sta arrivando qualcuno?
- No, ma se non la smetti di urlare, succederà. Urlare? Ma di che sta parlando? Vedendo la mia aria confusa, mi da una spiegazione. – Nel sonno parli. Non facevi altro che ripetere la parola assassina e chiamavi Tate. Dicendolo gli si rabbuia il viso. – Mi dispiace, non me sono resa conto.
- Non importa, comunque dovresti mangiare qualcosa. Io intanto mi riposo un po’.
Non mangio, dobbiamo conservare il cibo e servono più energie a lui in questo momento.
Passata la notte riprendiamo a camminare. Sento la stanchezza di Alex e mi rendo conto che non possiamo continuare così. – Mettimi giù, voglio provare a camminare.
- Non se ne parla, ti faresti ancora più del male.
- La mia gamba sta meglio e te stai perdendo tutte le forze. Mi dici come potresti combattere in queste condizioni? Lui non mi ascolta e così allento la presa, fino a finire per terra. Le gambe non mi reggono, Alex mi da una mano, ma non la voglio, devo farcela da sola. Vedo a poca distanza da me un bastone abbastanza grande da poter essere usato come appoggio. – Mi puoi prendere quel ramo lì? Lo indico ad Alex. Me lo prende e me lo porge. Butto tutto il peso sulla gamba sana e mi appoggio al pezzo di legno. Riesco a tenermi in piedi. Okay, primo passo fatto, ora devo riuscire a camminare. La cosa risulta molto più difficile della precedente, ma mi metto d’impegno e, anche se lentamente e con molta fatica, riesco a muovermi. Alex mi lascia fare, sa quanto sono cocciuta e, come me, non ha la forza di litigare. – Lu, sono felice che riesci a camminare, ma andiamo a passo troppo lento.
- Meglio andare più lentamente, che farti finire ogni forza in corpo.
Non controbatte e così riprendiamo il cammino. Ogni passo è una pugnalata alla gamba per me, ma questo freddo mi sta facendo da anestetizzante, quindi non tutto il male viene per nuocere.
- Penso che dovremmo cercare Tate e Ashley. Dice a un certo punto Alex. – Lo penso anche io, ma l’arena è enorme, come faremo?
- Io andrò a cercarli, mentre te sarai al sicuro. Non mi piace l’idea di stare da sola, perché qui nessun luogo è sicuro. Parlare, però, è faticoso con questo freddo e devo concentrarmi a camminare, non a litigare tutto il tempo con lui.
Siamo nell’arena da ormai sei giorni e dal secondo non è più morto nessuno. Sono preoccupata, gli strateghi troveranno un modo per compensare tutto il sangue che non è stato versato.
 Per colpa della mia gamba non siamo ancora arrivati alle montagne, ma manca poco, credo che per fine giornata saremo lì, sempre nella speranza di trovare un rifugio.
- Lu, ascolta. Se continuiamo di questo passo arriveremo per notte inoltrata, ma se ti lasci prendere in braccio faremo prima. Se arriviamo senza luce non troveremo nessun nascondiglio.
Ha ragione, così acconsento a farmi prendere.
Quando arriviamo sta iniziando a tramontare il sole, abbiamo poco tempo, anche perché non ci sono più gli alberi a nasconderci.
Giriamo avanti e indietro, ma nulla. Poi la vedo. È sopra di noi – Alex, guarda lassù!
- Non sono sicuro che sia una caverna. Posa tutto a terra. Vado a controllare, ci metterò poco.
Lo vedo arrampicarsi veloce lungo la parete di roccia. È agile e non ha problemi, ma mi chiedo come farò io.
- è libera! Grida – Alex io non ce la faccio a salire però.
Scende e inizia a trafficare dentro lo zaino. Prende corde e moschettoni, ho capito cosa vuole fare. Risale e lancia la corda. – Attacca la cintura al moschettone, ti tiro su io.
Non mi piace l’idea che si affatichi così tanto, ma non abbiamo alternative. Ha già portato tutto su lui e quindi deve caricare solo me. – Al mio tre ti tiro su! Uno … due … tre!
Inizia a sollevarmi e la situazione non mi piace per niente. Ho sempre avuto paura dell’altezza e per sentirmi più sicura tocco con i piedi la parete. Sono ormai a metà strada quando mi sento cadere. Mi trascino lungo la roccia per due metri, prima di trovare una pietra sporgente e aggrapparmi. Mi sono graffiata tutto il mento e le mani. – Lu, scappa! Grida Alex.  Sento il ruggito di un animale. Deve essere sicuramente un ibrido. Non posso abbandonarlo e non voglio. Preferisco morire provando a salvarlo, che vivere con il rimorso.
Cerco sopra di me un’altra pietra a cui aggrapparmi e mi tiro su. Mi viene da piangere per il dolore, ma non mi posso fermare, lo devo aiutare. Mi dimentico del freddo, della gamba, del fatto che c’è in gioco la mia stessa vita, penso solo ad Alex. Continuo a salire e finalmente arrivo.
È una bestia immensa, dovrebbe essere un orso, ma è molto più grande e ha degli artigli immensi. Vedo che Alex non ha tracce di sangue addosso, sta bene. Trovo la mia spada, se lo colpisco alla testa lo metterò KO, ma non fa che muoversi e potrei colpire Alex. Mentre ci penso l’orso scaraventa Alex contro una parete.
Devo agire.
Mi fiondo sulla spada e senza nemmeno pensarci la lancio. Non colpisco la testa, ma il collo. È comunque un  punto vitale e basta per farlo accasciare e morire. – Alex! Grido disperata correndo da lui. La gamba mi fa malissimo, ma non mi importa. Mi butto su di lui e lo abbraccio. – Sei salvo, avevo così paura di perderti. Inizio a piangere come una bambina e me ne vergogno, ma tutto il terrore mi sta salendo solo ora. – Sono vivo tranquilla. Mi tira a sé e mi bacia. Per un momento mi lascio andare, infondo lo voglio da così tanto, ma mi allontano subito. – Mi dispiace. Dice in imbarazzo. È la prima volta che non lo vedo sicuro di sé.
- Non fa niente. Mormoro.
Ci tiriamo su e decidiamo di sfruttare l’orso come pasto. Non avevo mai mangiato prima d’ora carne d’orso, è molto dura e insaporita, ma almeno è ricca di proteine e sfama più della carne essiccata.
Mi metto a dormire e Alex fa la guardia. Non ci siamo praticamente rivolti parola, tranne quando era necessario, da quando ci siamo baciati. Spero solo che questo non cambi le cose fra noi.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Il ritrovamento ***


Sono morti cinque ragazzi ieri, avevano trasmesso le loro foto prima che mi addormentassi. Non c’erano Tate e Ashley fra loro. Gli strateghi non se l’erano presa solo con noi. Spero che adesso ci lascino in pace. Alex sta dormendo, ma io non ci riesco. Ho sforzato troppo la gamba per scalare la parete di roccia e ora è del tutto immobile. Ho paura di essermi strappata completamente i muscoli. Non solo non sono più un grado di camminare dal dolore, ma non riesco nemmeno a muovere la gamba, ne ho perso completamente il controllo. Ho bisogno di quel farmaco, non posso continuare così.
Rimango sveglia tutta la notte a guardare la luna.
Dove sarà Tate adesso? Starà bene? E mi starà cercando? Non ho mai avuto tanto bisogno di lui come in questo momento. Sono felice che ci sia Alex, ma stare tutto questo tempo da soli non fa bene a nessuno dei due, specialmente a lui. Sono un’egoista, ma lo lascerò andare a cercare gli altri domani mattina, ho bisogno del mio Tate, non ce la faccio più senza di lui. Poi abbiamo bisogno di loro, io sono completamente inferma e Alex ha una spalla fuori uso da dopo che l’ibrido l’ha scaraventato contro la parete di pietra. Da soli non possiamo resistere a lungo, perché sappiamo che questo momento di tranquillità non durerà molto. È uno show e ci vuole azione, se rimaniamo fermi ci costringeranno loro a fare qualcosa e non credo ne usciremmo vivi.
Sorge l’alba e Alex si sveglia, non parliamo e ha rompere il ghiaccio è lui. – Vado a cercare Ashley e Tate.
- Va bene.
- è la prima volta che siamo d’accordo. Scrollo le spalle e gli dico – Non possiamo resistere ancora da soli, abbiamo bisogno di loro.
- Hai bisogno di lui. Non posso replicare e lascio cadere il discorso, ma Alex lo riprende – Lo ami, vero?
- Sì.
- Ma hai amato anche me, non c’è la possibilità che …
- Alex siamo nell’arena, rischiamo la nostra vita ogni istante e tu vuoi parlare di questo?
Si alza in piedi e tira un calcio contro lo zaino – Non me ne importa nulla della mia vita, è finita nell’istante in cui ho perso te. Tu ti sei data da fare, hai continuato la tua vita  e mi hai rimpiazzato … -Rimpiazzato? Ma sei uscito fuori di testa?
- Non mi interrompere. Io ti ho lasciata andare, ma ti ho sempre tenuta con me, ho sempre creduto che un giorno ce l’avremmo fatta e invece tu ti sei lanciata sul primo che ti è capitato.
- Tate non è il primo che mi si è servito in portata di mano. È vero, ci siamo messi insieme poco dopo che ci eravamo lasciati, che poi non è nemmeno tecnicamente vero, visto che non siamo mai stati insieme, ma sei stato tu che mi hai detto di farlo. Sei tu che hai messo fine a tutto.  Sei tu che mi hai lasciata con una ferita immensa, e non intendo quella alla gamba, che Tate è riuscito a guarire. E ora sei tu che mi incolpi di non so nemmeno cosa. Ascolta bene, non ho smesso un giorno di pensare a te e sono tornata dove ci siamo conosciuti tutti i giorni per due mesi,ma te non sei mai tornato. Quindi fatti un esame di coscienza prima di dire che ti ho rimpiazzato.
Alex non mi risponde, anzi, si carica lo zaino in spalle e se ne va.


Passo la giornata a girarmi i pollici e a guardare fuori. È ormai sera, dovrei mangiare, così accendo un fuoco e mi mangio  un po’ di carne d’orso. Non mi sono mai sentita così terribilmente sola in vita mia. Alex non è ancora tornato e sto iniziando ad avere paura. Cerco con tutte le forze di rimanere sveglia, ma mi sento crollare nel sonno.
Mi sveglio dal dolore, qualcosa mi sta pestando la gamba ferita. Grido, ma qualcuno mi copre la bocca con una mano. La riconosco è la ragazza del distretto 1. – Sta zitta bastarda, tu hai ucciso Jack e quindi ora io ti devo mandare da lui, così avrà la sua vendetta. Spinge  il piede contro la gamba e lancio un urlo. Ride di gusto per il mio dolore. Sono finita, mi ha tolto la spada, sono completamente disarmata.
- Uccidimi e facciamola finita. Dico a denti stretti, tentando di trattenere le lacrime dal dolore. – Non ancora, prima voglio che torni il tuo amico. È un traditore. Ha tradito la nostra alleanza per salvare te. Quindi ti ucciderò davanti ai suoi occhi e, dopo che mi sarò sbarazzata di te, sarà il suo turno.
- Non ce la farai a batterlo. Mi molla uno schiaffo e mi ringhia contro – Invece ce la farò e se non stai zitta ucciderò prima lui.
Mi lega e mi tappa la bocca.
Prego che Alex non torni più, che mi abbia abbandonata. Così almeno lui sarà risparmiato.
Forse merito di morire, quel ragazzo è morto per colpa della spada che tenevo in mano io. Sono io che l’ho ucciso. Devo morire per quello che ho fatto.
Mi sono ormai auto convinta che merito la morte per la mia azione, quando arriva Alex, ma con lui c’è Ashley e …  Tate.
Inizio a piangere di felicità, ma come me anche la ragazza si accorge di loro e mi punta il coltello alla gola. Sta per accoltellarmi, ma Tate è più veloce. Le salta addosso e la scaraventa lontana da me, con lui attaccato. L’ha stesa a terra e lui gli sta sopra, prova ad accoltellarlo, ma Tate le blocca la mano. – Tu non la devi toccare! Le grida. Lei gli sputa in faccia e lui le tira un calcio allo stomaco. Alex si avvicina e le strappa via il coltello di mano – Cosa facciamo con lei?
Ashley si avvicina e le da un calcio alla testa, così forte da farle perdere i sensi. – Sono gli hunger games, non possiamo lasciarla viva.
- Chi ha il coraggio di ucciderla, però. Replica Tate.
- Io. Ashley la prende in spalla e la scaraventa giù dalla grotta. Sento un tonfo fortissimo, saremo a venti metri di altezza, ma c’è la possibilità che sia viva.
Sono sconvolta dal gesto della mia amica, non credevo potesse uccidere sul serio. Ora che la guardo ha l’espressione di un vero assassino. Si volta verso di me e torna se stessa. – Ludo, stai bene? Chiede preoccupata. Annuisco, perché non riesco a parlare.
Tate si lancia contro di me e mi stringe a sé. Lo tiro ancora più a me e non mi importa della gamba, lui è qui. Passo le mani su tutto il suo corpo, non riesco a credere che stiamo di nuovo insieme. Con le labbra cerco le sue e ci baciamo. Ci bagniamo delle nostre stesse lacrime. Rimaniamo così finché non apro gli occhi e vedo Alex.
- Ero così preoccupato per te, pensavo fossi morta. Ti avevo persa di vista, perché mentre te la vedevi con il ragazzo del distretto 1 . Poi un altro si era lanciato contro di me e quando ero riuscito a ucciderlo tu non c’eri più e … - Hai ucciso un ragazzo? Chiedo sconvolta. – Amore mio non avevo alternative, stava cercando di farmi fuori e dovevo correre da te. Ti prego non pensare che io sia quel tipo di persona. Gli accarezzo la guancia e gli dico dolcemente – Io so che persona sei e sei la mia. Preme le sue labbra contro le mie e ci diamo un bacio veloce. – Comunque sono venuto a cercarti, ma non c’eri più. Pensavo fossi con Ashley, l’ho trovata, ma tu non eri con lei.
- Dovevi vedere come era disperato. Commenta Ashley. Posso capire la sua disperazione, è la stessa che ho provato io quando mi sono dovuta allontanare da lui. Tate continua a raccontare – Ti abbiamo cercata ovunque, non stavamo fermi un momento e ogni volta che sentivo un cannone sparare, pensavo fosse per te. La sera però non vedendo il tuo viso, tornavo in vita. Poi Alex ci ha trovati. Si gira verso di lui. Ti sono debitore a vita per averla salvata.
- Non l’ho fatto per te. Dice acido. Poi però aggiunge – e grazie a te per aver badato a mia sorella.
-  Non c’è di che. E il discorso cadde lì.
Me ne stava in braccio a Tate, mentre Alex cucinava un po’ di carne di orso. Non so per quanto avrei potuto dissimulare il dolore alla gamba. Già era in condizioni disastrose e tutti quei pestaggi l’avevano rese ancora peggiori. Mi veniva da piangere dal dolore, così stringevo la testa contro il petto di Tate per nascondere le mie smorfie di sofferenza.
- Lu dobbiamo fare qualcosa per quella gamba. Aveva detto tutto d’un tratta Alex.
- Non c’è nulla da farci,senza medicinali è persa.
Tate mi ci passa leggermente la mano sopra, per sentire quanto era gonfia, ma anche quel piccolo gesto era troppo per me, tanto che cacciai mezzo urlo. Ritira subito la mano e mi chiede mille volte scusa.
- Mio fratello ha ragione, guardati sei completamente immobilizzata.
In quell’istante  mostrano i tributi caduti, ma proiettano solo l’immagine della ragazza del distretto 1. Vuol dire che siamo rimasti solo in otto nell’arena, di cui quattro siamo noi.
Noto che Ashley nel frattempo è sparita. – Dov’è andata Ashley?
Alex guarda fuori dalla caverna – La vedo sta correndo via, la vado a prendere.
- Non credo sia una buona idea. Replica Tate. – Perché?
- Ogni volta che uccide qualcuno, dopo perde la testa. Inizia a scappare via e torna piangendo. Mentre dorme grida e appena si sveglia non mi riconosce, dice sempre che vede il viso di chi ha ucciso.
Non immaginavo che Ashley stesse avendo un crollo nervoso. – Non mi importa, là fuori è pericoloso. Vado a riprendere mia sorella.
Così se n’è andato anche Alex.
- è così grave?
- Sì, in alcuni momenti non è più lei. In questi giorni la dovevo far star ferma con la forza e tenerle la bocca chiusa, perché non riusciva a smettere di gridare. Da quando ha rivisto Alex sta meglio però, era tornata in sé per un momento, ma adesso ha avuto una ricaduta. Io non so più che fare per lei, spero che ci riesca suo fratello.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Il banchetto ***


Stavo dormendo in braccio a Tate quando tornarono Alex e Ashley, mi sono svegliata appena sono entrati. Lei si dimenava e strillava, l’aveva trasportata sulle spalle per tutta la scalata. Non riesco più a dormire, perché le sue urla non me lo permettono e sono troppo preoccupata per lei. Alex le dice di tranquillizzarsi, prova ad abbracciarla, ma si scosta e strilla ancora più forte. Siamo stati costretti a metterle una corda in bocca o, continuando a gridare a questo volume, ci avrebbero trovati.
Ha continuato a dimenarsi per ore, finché non ha perso completamente le forze e si è addormentata. È così diversa dalla ragazza che avevo conosciuto. Prima sprizzava gioia e vita da tutti i pori, ora invece sembra che sia morta questa sua parte e voglia solo crollare nell’oblio, dimenticando chi sia veramente. Avevo ragione, non si rendeva veramente conto di cosa andavamo ad affrontare e ora che l’ha scoperto non riesce a reggere la situazione. Mi manca la mia amica e mi fa male al cuore non poter fare nulla per lei.
Ci stiamo dividendo e sono molto preoccupata, perché sta anche per arrivare il momento di affrontarci faccia a faccia.
È da due giorni che non muore nessuno e questo può portare solo all’intervento degli strateghi.
– Ludo, ti ricordi quando hai conosciuto mia nonna?
- Che cosa c’entra adesso? Tate mi sorride e risponde – Era più o meno la stessa situazione di adesso, noi due da una parte e i nonni dall’altre. Allora dovete sapere che la mia vecchia è una tipa, come dire … particolare.
- Oppure una megera. Aggiungo io.
- Non interrompere, voglio sentire. Dice Alex e pure Ashley sta ascoltando, sta piano piano tornando in sé.
- Allora stavo dicendo che mia nonna non è proprio la bontà fatta a persone e conoscete Ludovica e la sua voglia di dire sempre la propria. Praticamente nonna ci aveva preparato del pesce e Ludo non lo riesce a digerire proprio. Fatto sta che la vecchia la voleva ingannare, dicendole che in realtà era carne di cervo. Cosa fa Ludo? Non poteva certo sorridere e annuire.
- Io difendevo solo la verità!
Alex ride e commenta – Lu tu difendi la verità con troppa passione a volte.
Sbuffo e Tate continua – Allora lei cortesemente dice “guardi che questo è pesce” e mia nonna “ No fidati, cucino da più tempo di te. So distinguere la carne dal pesce”. La mia amatissima ragazza la vede come un’offesa personale. – Giustamente. Dico. – Comunque iniziano a litigare e partono pure gli insulti tra le due e strillano come pazze. A un certo punto mia nonna smette di parlare e cade con la testa all’indietro. Siamo tutti convinti che abbia avuto in infarto. Ludo va in crisi e pensa di averla uccisa e inizia a dire “oh mio dio se solo avessi mangiato quel schifoso pesce”. La vecchiaccia le dice “Ecco brava mangia quell’ottima carne”. Io e nonno abbiamo riso come pazzi e da quel giorno non ho più portato Ludo dai loro.
Alex si stava piegando in due dalle risate e pure Ashley stava ridendo. Aveva il suo solito sorriso finalmente. Mi stavano ancora prendendomi in giro, quando compare in cielo l’immagine di Mercurior e inizia a parlare.
-  Tributi vi informiamo che abbiamo organizzato un banchetto speciale per voi, dove troverete la cosa che vi serve più al mondo. Per esempio, cibo, armi, farmaci.
C’è la medicina che mi serve.
- Troverete tutto alla cornucopia da questa sera. Buona fortuna!
E l’immagine scompare.
Tate mi scosta e si alza – Non vorrai veramente andarci? È una trappola, vi attirano tutti lì in modo da poter avere una carneficina!
- C’è il farmaco che ti serve! Non ti lascerò zoppa io vado a prenderlo.
- E io vado con lui. Aggiunge Alex.
Devo dire che sono molto meno preoccupata andando in due, ma mi rifiuto che mettano in pericolo la loro vita per me. – Alex dimmi almeno che non lo fai per me, almeno mi sento meno in colpa.
- Scusa Lu, ma vado per lo stesso motivo di Tate e inoltre pure per aiutarlo, in modo che torni sano e salvo. L’ultima cosa che voglio è vederti disperata nel caso tu perda l’amore della tua vita.
Era un bel pensiero, ma c’era un po’ di amarezza dietro le sue parole. – Ad ogni modo non ci puoi fermare, non riesci nemmeno ad alzarti e questo ci fa solo essere più decisi ad andare.
- Va bene, fate come volete, ma almeno partita domani mattina con la luce.
Acconsentono e dopo aver cenato, ce ne andiamo a dormire.
Non riesco a prendere sonno. Sono preoccupata per loro, potrebbero morire e sarebbe solo mia la colpa. So che non abbiamo molte altre scelte, perché stiamo qui da troppo tempo e dobbiamo spostarci prima che ci costringano a farlo, ma il prezzo da pagare sarebbe troppo alto in caso di fallimento. Non posso fare nulla né per fermarli né per aiutarli, sono completamente inutile. Poi ho paura che Ashley abbia un’altra ricaduta e, se scappasse via, non potrei inseguirla. Sto mettendo in percolo tre vite per la mia gamba.
Sta sorgendo l’alba e io non ho chiuso occhio per tutta la notte. Tate si sta svegliando. – Non sei costretto ad andare. Gli dico ancor prima che apra per bene gli occhi. È più sveglio di quanto non dimostri però – Ludo devo farlo, dobbiamo spostarci da qui e non possiamo farlo con te in queste condizioni.
-  Potresti morire, mi dici come andrò avanti se te ne vai?
mi da un bacio sulla fronte e mi sussurra all’orecchio – Ti amo e darò la mia vita per te, se necessario.
- Ti amo anche io, ma non ti permetterò di andartene da qualche parte senza di me.
- Tornerò, te lo giuro.
Ci baciamo a lungo e poi Tate va a svegliare Alex. Il suo è un finto sbadiglio, era sveglio e ha sentito tutto. Tate inizia a calarsi mentre Alex si prepara. – Vieni qui.
Si avvicina e mi getto su di lui per abbracciarlo – Ti prego non abbandonarmi per sempre.
- Ti ho appena ritrovata, farò in modo di non doverci più separare.
Mi da un bacio sulla fronte e se ne va anche lui.
- Dio, se veramente esisti, falli tornare da me. Dico guardando verso il sole che sorge.
Erano passate ore e, se avessi potuto, sarei stata tutto il tempo a camminare avanti e indietro per la caverna. Ashley non ha mai parlato, è sempre stata zitta mentre fissava il vuoto davanti a sé. Spero che alla cornucopia trovino pure un tranquillante o qualsiasi cosa che possa farla star meglio.
- Ashley è ora di pranzo, vuoi qualcosa da mangiare?
C’era rimasta solo la carne secca, dato che quella dell’ibrido era andata a male. Ecco un’altra cosa da fare, appena ce ne andiamo, cercare del cibo. L’acqua almeno non era un problema, dato che scioglievamo il ghiaccio e la neve che trovavamo sulla montagna.
Ashley non risponde, provo a ripeterle la domanda, ma nulla. La stiamo perdendo.
Mi trascino verso di lei con le braccia e mi siedo accanto. L’abbraccio forte e le dico – Ashley so chi ci sei là dentro, rispondimi ti prego.
- Va via.
Io non so più che fare.
È ormai sera e non sono ancora arrivati, questo pomeriggio avevo sentito ben due spari, il che significa due morti. Non riesco a levarmi dalla testa che erano loro. Se gli è successo qualcosa per colpa mia … no ma loro sono vivi, devono essere vivi.
Vedo una mano aggrappata al bordo  e si sta tirando su, è Alex. Istintivamente mi alzo su, o almeno ci provo, ma ovviamente rimango bloccata a terra – Alex! Grido il suo nome con gioia, ma mi chiedo dov’è Tate. – Lu! Mi corre incontro e mi abbraccia. È vivo. Poggio la mia testa sulla sua spalla e vedo Tate. Non sono mai stata così felice in vita mia. Non scosto però Alex, lo lascio stringermi finché vuole. Dopotutto è il minimo dopo che ha rischiato la vita per me. Alla fine si scansa e Tate mi viene a prendere in braccio. Giriamo su noi stessi per due volte e mi bacia, senza lasciarmi appoggiare a terra. – Sei tornato. Dico piangendo.
- Te l’avevo promesso.
- E abbiamo mantenuto anche un’altra promessa. Dice Alex e tira fuori dalla tasca dei pantaloni una provetta e una siringa.
Il farmaco.
Potrò tornare a camminare.
- Tate me lo inietti te?
Annuisce, ma prima di bucarmi la pelle dice – Ludo l’effetto dura solo tre giorni e sai cosa succede se non lo riprendi in tempo.
- Tate non abbiamo altra scelta, lo sai.
Il farmaco mi attraversa la vena e inizia a funzionare subito. Ho di nuovo la sensibilità della gamba, riesco a muoverla, ma mi fa ancora male. Per domani mattina però potrò tornare a correre.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** La fuga ***


Mi sento la gamba. Riesco a muoverla e non provo dolore. Stanno tutti dormendo, ma io non ho chiuso occhio per aspettare che il farmaco facesse effetto. Posso camminare di nuovo e posso correre. Mi tiro su in piedi, ma l’altra gamba si è mezza atrofizzata, per tutti questi giorni in cui non potevo muoverla. Quasi cado, ma poggio la mano alla parete e mi tengo in piedi. Mi sembra di essere una bambina che muove i primi passi. Su Lu, un passo alla volta continuo a ripetermi. E ce la faccio, sto camminando. Piango di gioia. Devo farlo vedere a Tate.
- Amore, svegliati. Gli dico smuovendolo. Apre gli occhi e, vedendomi, gli si illuminano – Ludo, riesci a camminare! Si tira su e, prendendomi in braccio, mi fa roteare. – Sì, ma ora mettimi giù, non voglio più non dover toccare suolo. Dico ridendo.
- Abbassa la voce, dobbiamo parlare.
Ha l’aria ansiosa, mi chiedo di cosa mi deve parlare. – Dobbiamo andarcene.
- Lo so, aspettiamo che si sveglino Ashley e Alex.
- No, dobbiamo andarcene subito. Io non capisco perché vuole fare così, sono nostri amici d’altronde. – Ludo siamo rimasti in sei. Noi due, loro e la ragazza del distretto 3 e un ragazzo del 6. Non possiamo più stare insieme, ci siamo stati già per troppo tempo, lo capisci?
Certo che capisco, vuole lasciarli in modo che siano gli altri due tributi ad occuparsi di loro. Può anche darsi che sopravviviamo noi quattro nell’arena e che ci dovremo scontrare. Sono combattuta, da una parte preferisco che se la vedano gli altri con loro, ma non posso abbandonarli.
- Sta per sorgere il sole, devi decidere.
- Andiamo.
Guardo per un’ultima volta Ashley e prego con tutto il cuore che torni la meravigliosa persona che è. Poi mi volto verso Alex, non sono pronta a dirgli addio per sempre, ma non ho scelta. Mi giro e ce ne andiamo.
Io e Tate stiamo camminando da ore senza mai fermarci. Vuole raggiungere il confine dell’arena dall’altra parte della caverna, così potremo evitare i due fratelli. Sono meno stanca io di lui, essendo stata a riposo per giorni e ora, con la gamba perfettamente risanata, non ho nessun problema a camminare. Stanno cambiando il clima nell’arena, c’è un caldo torrido e la neve si sta sciogliendo. Questo non lo avevamo messo in conto, abbiamo portato le borracce vuote, sicuri che le avremmo riempite nel momento del bisogno, così non ci saremmo portati dietro peso in eccesso. Ma abbiamo scoperto che oltre la montagna, nel giro di poche ore, tutta la neve si è sciolta e ora siamo completamente privi di acqua.
- Tate abbiamo bisogno di bere, non possiamo continuare così a lungo.
- Lo so, ma l’hai visto tu stessa dalla caverna che l’unica fonte d’acqua è il lago ed è il punto più allo scoperto. Non possiamo metterci così in bella vista.
Ho le labbra completamente secche e sono bagnata dal mio sudore. Se necessario combatterò e comunque se non ci andiamo moriremo disidratati. Procediamo a passo lento, abbiamo perso ogni fluido in corpo.
- Fermiamoci qui per la notte. Dice Tate, siamo ancora nel bosco e abbastanza nascosti. Acconsento e lui tira fuori una tenda. – L’ho trovata il primo giorno alla cornucopia. Non fa passare il calore, è stata la nostra salvezza, non potevamo accendere un fuoco, perché ci avrebbero scoperti.
- Aspetta, mi stai dicendo che tu hai dormito in quello spazio minuscolo da solo con Ashley?
Purtroppo la gelosia è un mio difetto e mi ha fatto perdere la testa questa notizia. – Tesoro, sta tranquilla e poi io che dovrei dire io, dato che hai passato giorni da sola con il tuo ex. Non è successo nulla, vero?
- No. Dico secca e me ne vado in tenda.
Ho mentito, c’è stato quel bacio. Non era importante, ma forse lo era. Non lo so, però so che ora non ci voglio pensare. Tate si sdraia accanto a me e mi stringe a lui. Mi mancava stare insieme da soli.
Mi passa la mano sui capelli e mi inizia a baciare il collo, mentre infila la mano nella maglietta. – Fermati, ti ricordo che potrebbe vederci tutta Panem in questo momento.
Esce dalla tenda e grida – Avrò diritto a un po’ di privacy con la mia ragazza?
Torna dentro e ridiamo come degli stupidi. Certo, gridare non era stata una scelta molto saggia, ma non mi importa. Ormai i giochi sono quasi finiti, e anche se gli altri venissero da noi, saremmo in grado di batterli ora che sono in salute. Non mi ero resa conto che gli hunger games stanno per concludersi. Ho veramente la speranza di tornare a casa. Potrò riavere la mia vita. Io e Tate potremo continuare a stare insieme. Però sento qualcosa che mi turba, forse è perché mi sento cambiata. L’arena mi ha resa più coraggiosa e determinata, ma ha anche tirato fuori il mio lato peggiore e mi ha mostrato quello di Tate. Abbiamo entrambi dovuto uccidere per salvare le nostre vite. E mi rendo conto che sarei disposta a farlo di nuovo per salvarlo. È questo il problema, sono diventata un’assassina e questa parte crudele non se ne andrà mai via.
Sento il respiro affannato di Tate, è senza forze. Abbiamo bisogno di cibo e acqua. Subito. Non ho alternative, devo andarmeli a procurare da sola. Sono in forze e posso correre, ci metterò meno tempo per arrivare al lago e per il cibo mi inventerò qualcosa. Prendo la spada, il sacco di coltelli, le borracce e infilo tutto in uno zaino. Gli do un bacio sulla fronte e me ne vado. Devo tornare prima che si svegli.
Non mi ricordavo che fosse così bello correre. La brezza del vento che mi smuove i capelli, l’adrenalina che mi attraversa il corpo, non mi sono mai sentita così bene fisicamente . Sto correndo da un’ora ormai e mi inizia a mancare il fiato, ma poi lo vedo. Il ghiaccio si è completamente sciolto. Sto correndo, ma poi mi ricordo che lì sarò completamente allo scoperto e sono da sola, non ho nessuno che mi guardi le spalle. Impugno la spada e la estraggo. Faccio un lungo sospiro e esco dal bosco.
La prima cosa che noto è il cielo stellato, non lo vedevo così bene da quando me ne sono dovuta andare di casa. Ma non posso distrarmi, devo prendere l’acqua e correre via il prima possibile. Mi accovaccio sul bordo del lago e tiro fuori le borracce. Cerco di riempirle il prima possibile, ho una brutta sensazione. Sono tutte piene e non c’è nessuno nei paraggi, ce l’ho fatta. Sto camminando verso il bosco e poi la vedo. Inizio a correre via e lei mi insegue. È la ragazza del distretto 3.
Sono riuscita a entrare nel bosco, ma ancor mi rincorre e mi sta raggiungendo. Dovrei gettare via le borracce per andare più veloce, ma non posso. Tate ha bisogno di quell’acqua. Mi giro e non la vedo più. Dov’è finita?
Vengo scaraventata per terra di lato, mi è saltata addosso. Cerco di impugnare la spada, ma me la lancia via e mi blocca le braccia. Mi sta dando calci allo stomaco e non so per quanto posso resistere. Vorrei gridare aiuto, ma chi mi salverebbe? Devo reagire, non posso permetterle di uccidermi. Le do una testata sul naso e glielo rompo. Mi faccio male anche io, mi gira la testa per il colpo, però si è portata le mani sul viso e così ho le braccia libere. La prendo per le spalle e me la tolgo di dosso. Mi metto in piedi e cerco di andare a riprendere la spada, però stringe la mano alla mia caviglia e mi scaraventa per terra. Le tiro contro calci, ma non lascia la presa. Mi trascino con tutte le mie forze, impugnando i pugni nella terra, verso la mia arma, ma non ha intenzione di lasciare la presa. Così cambio tattica, mi spingo all’indietro e le do un altro calcio sul naso, ma non molla, anzi stringe ancora più forte e mi morde la caviglia. I suoi denti si conficcano nella mia carne e grido dal dolore. Ora basta, è troppo. Mi lancio su di lei e la blocco a terra. La metto con la pancia rivolta verso il basso e la prendo per le spalle. Mi ricordo che Tate una volta mi ha fatto vedere come staccare il braccio dalla spalla, ma non credo di avere abbastanza forza per farlo. Ci provo comunque. Mi metto in piedi e impunto il piede sulla sua schiena. Le prendo il braccio e da dietro glielo tiro. Crack. Gliel’ho staccato. È abbastanza, non voglio farle ancora più del male. Corro a riprendere la mia spada, ma è più determinata che mai. Siamo gli ultimi rimasti, dobbiamo ucciderci per forza. Non ho scelta. Prendo la spada e gliela lancio conficcandogliela dritta nel cuore. Mi guarda con occhi spaventati e solo ora mi rendo conto che è solo una ragazzina. – Io … provo a dire, ma cade all’indietro e parte il cannone.
L’ho uccisa.
 Sono una vera assassina. Quel ragazzo non l’ho ucciso volontariamente, ma lei sì. Ero consapevole di dove stavo tirando. Volevo la sua morte.
Cado sulle mie ginocchia e mi prendo la testa fra le mani. Sento rimbombare dentro di me il cannone, sento quello sparo che si ripete in continuazione. – Io non volevo, non avevo altra scelta. Continuo a gridare, mentre le lacrime mi graffiano le guance.
La sua vita per la mia. Può sembrare equo, ma quando si tratta della vita umana non c’è mai un compresso, non c’è mai una scelta veramente giusta. Non sono degna di essere viva, dovrei essere morta anche io. Mi sdraio a terra e tremo come una foglia. Ora so come si sente Ashley. Chiudo gli occhi e vedo il suo viso. Li apro e la vedo. Ho le allucinazioni, sto impazzando. Uccidetemi, uccidetemi ripeto, ma non so se nella mia testa o lo sto dicendo veramente.
- Tate. Chiamo il suo nome fino a perdere la voce. Deve trovarmi. Non ce la posso fare da sola.
Spero anche che mi trovi l’altro ragazzo, in modo che mi uccida, così non avrò più addosso il peso della sua morte.
Passano ore o minuti, non lo so, ma mi pare un’eternità e poi lo vedo. È un ragazzo. Ti prego fa che sia il tributo, fa che sia lui, devo essere punita per quello che ho fatto. Si avvicina e lo riconosco, è Tate.
- Ludo! Corre verso di me e mi stringe a sé. Credevo fossi morta, quando ho sentito il cannone e tu non c’eri più. Non riesce a parlare dal pianto.
- Tate l’ho uccisa, sono un’assassina.
- Ti sei solo difesa, se non lo avessi fatto ti avrebbe ucciso.
Forse era la cosa migliore, penso. Ma non posso dirglielo, ha messo in gioco la sua vita per la mia, non posso dirgli che ora la voglio gettare via.
- Adesso torniamo alla tenda, va bene?
Annuisco e torniamo là.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** La fine ***


Mi manca poter vedere il cielo illuminato dalle stelle di notte. Lo guardavo ogni sera, prima che entrassi nell’arena. Mi sembra passata una vita. Come se gli hunger games fossero la mia intera esistenza. La cosa che mi fa più paura è che, anche se me ne sarò andata da qua con il copro, la ma mente rimarrà intrappolata in questo enorme cimitero o campo di battaglia. Mi stringo più a Tate e ricordo a me stessa che devo resistere per lui. Ma non posso togliermi dalla mente il viso di quella ragazza, la sua espressione di dolore e come gli è scivolata via la vita dagli occhi. Devo imparare a convivere con la sua morte, ma non so se ce la farò. L’ho uccisa io, non avevo nessun diritto di decidere della sua vita. Nemmeno un dio dovrebbe decidere della morte di una persona, nessuno lo dovrebbe fare. Invece io l’ho fatto e due volte. Merito che mi facciano lo stesso o peggio.
Mi alzo e esco dalla tenda. Non mi voglio allontanare, ma ho bisogno d’aria, mi sento soffocare. Aspiro ed espiro lentamente, ma i miei polmoni non vogliono funzionare. Ogni muscolo in corpo mi trema, anche se ci saranno venticinque gradi. Tranquilla ripeto, ma non riesco a calmarmi. Mi accovaccio per terra e stringo le ginocchia contro il petto e la testa china. Non mi è mai venuto un attacco di panico, non so come gestirlo. Conto a voce, mentre mi mordo le braccia. Non ci riesco.
- Tate. Grido. Non voglio svegliarlo, ma non riesco a fermarmi, ho bisogno di lui.
Si precipita fuori dalla tenda e mi stringe a sè. – Ludo che hai?
- Io non ce la faccio, non posso convivere più con me stessa. Sono un’assassina. Merito la morte.
Mi prende il viso tra le mani, che bagno con le mie lacrime – Ascoltami bene. Tu sei la persona più buona che conosco al mondo, so che non faresti mai del male a nessuno, se non fosse necessario. Ti ho sempre creduta debole, ma mi sbagliavo. Tu sei forte. Tu puoi farcela. Hai dovuto prendere una decisione dura, ma non avevi scelta. Sai perché l’hai fatto?
Scuoto la testa facendo segno di no.
- Tu l’hai fatto per me. Tu non hai salvato solo la tua vita, hai salvato anche la mia. Non ho una vita senza di te, lo capisci? Ci hai salvati, entrambi. Mi bacia la fronte e appoggio la testa su di lui.
Ce ne stiamo fermi per ore e sta iniziando a sorgere il sole. – Che ne dici di andare a vedere l’alba? Mi chiede Tate. Annuisco e ci avviamo. Io voglio correre e mi lascia fare. È un modo per scaricarmi, fare qualcosa mi fa star meglio. Allontana i brutti pensieri. Ovviamente ci siamo portati dietro le armi e la spada mi sbatte sul fianco dandomi fastidio. Poco mi importa, voglio solo liberare la mente.
Riesco a vedere oltre la gli alberi il lago.
Mi torna in mente ieri sera. La ragazza. La sua morte.
Mi fermo di colpo e mi butto a terra. Sento quella voce, mi sta gridando che sono un’assassina.
- Esci dalla mia testa!
Tate mi stringe a sé e mi sussurra all’orecchio – Ludo, sono qui. Ascolta solo mia voce. Ti ricordi quando ci siamo conosciuti? Annuisco.
- Te eri la ragazza più estroversa che abbia mai conosciuto. Eri anche un po’ troppo schietta. Ti eri messa a litigare con una guardia, per quale motivo?
- Perché non aveva pagato la sarta.
- Giusto, eri guasta. Gli davi del ladro e del sessista, perché si stava approfittando di una donna. Io ero pronto ad aiutarti, a prenderlo  a botte se necessario. Invece tu l’hai fatto ammutolire con il tuo discorso. Mi sono reso conto così di quanto tu fossi intelligente
Fa una lunga pausa. – Sai perché te lo sto ricordando?
Scuoto la testa. – Perché sei la ragazza più coraggiosa e intelligente in tutta Panem. Sei forte, combatti le voci che ti danno il tormento. È la tua testa e sei in grado di controllarla.
Ha ragione. Lo tiro a me e gli do un bacio veloce. – Andiamo.
Mi prende per mano e arriviamo al lago. Mi ha sempre dato sicurezza la sua stretta così forte, era come se trasmettesse quella forza anche a me. Ora invece non me ne da più, perché non ne ho più bisogno. Sono una persona diversa ora, non ho più bisogno di protezione.
Ci sediamo sulla sponda del lago e ammiriamo il sole sorgere. È un nuovo giorno, con nuove possibilità e nuove speranze. Ho fatto una cosa orribile, ma sono viva e ho la possibilità di rimediare.
- Farò qualcosa per cui la sua vita non sia vana.
- Ne sono sicuro.
E torniamo ad ammirare il sole.
È tarda mattinata e non ci siamo mossi da lì. – Ludo non so te, ma io muoio di fame. Vado a cercare del cibo, mi posso fidare a lasciarti qui?
- Certo va.
- Ci metto poco, lo giuro. E sparisce tra i fitti alberi.
Quell’acqua mi attira. Sto morendo di caldo e ho sempre amato nuotare. Un bel bagno può solo farmi bene. Mi butto in acqua e inizio a muovermi lentamente. Mi mancava farmi un bagno, ovviamente le toilette nell’arena non esistono, e finalmente posso liberarmi da tutto questo sporco . Ma non mi libero solo da quello, ogni pensiero se ne va dalla mia mente. Riesco a rilassare i muscoli e non pensare. Arrivo al centro del lago e mi metto a galleggiare a pancia in su, ammirando il cielo.
Mi chiedo cosa ci sia oltre.
Forse non c’è nulla in realtà, oppure potrebbe esserci il luogo dove andiamo da morti. Deve esserci qualcosa dopo che ce ne andiamo da qui, non credo nella fine dell’esistenza di un essere. La nostra percezione non può morire, si trasforma. Il nulla non può esistere o le nostre vite nemmeno esisterebbero.
Parlo in continuazione di cose così con Tate, non credo che mi capisca fino in fondo, ma almeno ci prova. Mi ricordo che quando ci provavo con Alex, non faceva che interrompermi per dire la sua. Diceva sempre stupidaggini, ma almeno ci provava.

- Tu sei morto!  
È la voce di Ashley.
Perdendo la concentrazione vado a fondo, ma riemergo subito. Cerco di guardare verso  sulla sponda e la vedo. C’è anche Tate.
Nuoto il più velocemente possibile e sento lei gridare. Sta tutta accovacciata per terra e si copre gli occhi con le braccia.
Sta facendo come me ieri sera. Non mi fido però a lasciarlo da solo.
Nuoto mettendo tutte le forze che ho nelle gambe e nelle braccia. Devo sbrigarmi.
Sono quasi arrivata a riva. Riesco a sentirli.
- Ashley sono Tate, il tuo amico. Ci siamo aiutati per giorni.
Lei continua a non ascoltarlo. Le si avvicina.
No, non farlo.
Le mette una mano sulla spalla. – Va tutto bene, sono io. Non devi avere paura.
- Tu sei … morto!
Grido, ma non sento la mia voce. Il tempo si è come bloccato e l’unica cosa che si muove è il braccio di Ashley che prende un coltello, che teneva sulla cinta, e pugnala Tate. Lo colpisce dritto nel cuore.
- Tate!
Sono ormai arrivata alla riva. Mi butto su Ashley e l’allontano da lui.
- Lu … io …
E scappa via.
- Tate, ti prego non mi lasciare. Amore mio ti imploro, non mi abbandonare.
Gli sto bagnando il viso con le mie lacrime, mentre glielo tengo in grembo.
Cerca di parlare, ma gli sta uscendo il sangue.
- Non ti sforzare, troveremo una soluzione. Ci siamo promessi che saremo stati insieme sempre. Te lo ricordi?
- Sempre. Dice lui a bassa voce.
- No, no, devi combattere. Ce la puoi fare. Segui la mia voce. Tate guardami. Concentrati su di me.
Ma è tardi, la vita se ne sta andando dal suo corpo. Lo stringo a me finché non sento che lui non c’è più.
Il cannone spara.
Se n’è andato. È morto. Non doveva andare così. Lui doveva vivere. Dovevamo vivere insieme, dovevamo costruire una vita insieme, avere dei figli e dei nipoti e andarcene insieme. Ma non accadrà, perché lui non c’è più.
Lancio un grido di dolore e poggio la mia fronte sulla sua.
Non voglio più uscire da questa arena senza di lui, non posso farlo. Voglio andarmene, non mi importa dove la morte conduca, ma io voglio seguirlo. Però c’è un’ultima cosa che devo fare.
- Ti amo. Gli dico all’orecchio, ovunque sia mi ha sentita.
Girovago per il bosco senza una meta precisa. Non ho idea di dove sia andata Ashley, voglio solo starle il più lontana possibile. Ma l’arena è più è piccola di quanto pensi. È davanti ai miei occhi e sta lottando con il ragazzo rimasto. Lei è completamente disarmata e evita con rapidità i suoi colpi, ma non può continuare così a lungo.
Mi lancio contro di lui e gli conficco la spada nel fianco. Ma non posso ucciderlo, non posso più uccidere nessuno. Non lo posso fare.
Lancio il sacchetto di coltelli ad Ashley – Prendi!
Ne tira fuori uno e lo lancia contro il ragazzo, mentre io gli sono aggrappata alla sua schiena . Gli si conficca sul collo. Lancia un grido di dolore e mi scrolla di dosso, buttandomi per terra. Ma non si vuole fermare. Si butta di peso sopra la mia amica e si strappa via il coltello.
- No!
Ma lui l’accoltella, ficcandoglielo in gola.
A quel punto le forze lo abbandonano e parte il cannone.
- Lu … perdonami … e parte una seconda volta il cannone.
Se n’è andata anche lei. Ashley è morta.
No, è troppo.
Corro verso il lago e mi butto sulle ginocchia e inizio a gridare guardando il cielo – Mi avete tolto tutto, ci avete uccisi tutti, ma un giorno la pagherete!


Rimango sdraiata sulla spiaggia senza muovermi, fino alla mattina dopo. Non mangio, non bevo. Aspetto solo che la morte mi raggiunga.
- Lu!
Alex.
Si ferma a pochi passi da e io mi alzo in piedi.
- Alex se ne sono andati tutti, ci siamo solo noi.
- Lo so, troveremo una soluzione, te lo giuro.
Ma una soluzione non c’è. Non uscirò mai viva dall’arena. Mi hanno tolto tutta la vita che avevo in corpo. La mia anima è morta. Non sono più viva. Solo il mio corpo continua ad esistere. Ho tolto una vita, è ora che paghi il mio debito. La mia vita per la sua.
- Alex, ti ho amato, ma ora dobbiamo dirci addio.
Estraggo la spada e me la conficco nel cuore.
- NO.
Ma non lo sento più.
Giro la testa per guardare un’ultima volta il lago, dove è iniziata la mia morte. C’è Tate.
- Sempre? Chiedo.
- Sempre.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2705854