Bloccati...fino alla fine

di Nyarlatothep
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cognizione ***
Capitolo 2: *** Madre e figlia ***
Capitolo 3: *** Follia ***
Capitolo 4: *** Cannibalismo ***
Capitolo 5: *** Incontro ***
Capitolo 6: *** Decapitazione ***
Capitolo 7: *** Sogno ***
Capitolo 8: *** Rivelazione ***
Capitolo 9: *** FINE ***



Capitolo 1
*** Cognizione ***


Erano le sette e un quarto di mattina, la sveglia suonò facendo sobbalzare il protagonista della storia che vi sto per raccontare.
Era un ragazzo parecchio studioso ma aveva alcuni problemi con il suo carattere.
Questo non gli interessava più di tanto, infatti diceva sempre: ”Il proprio carattere non si può cambiare, e mai si potrà.”
Uno dei suoi VERI amici era Raul, un ragazzo che, come lui, aveva tanti problemi con il proprio carattere.
L’unica differenza è che a Raul importava dei suoi atteggiamenti sbagliati e cercava di correggerli.
Il nostro protagonista, purtroppo, litigò con una delle più care amiche di Raul, Camilla.
Lei era un po’ strana, e proprio per questo motivo litigarono.
Erano migliori amici prima, e Raul si incontrò con loro per puro caso il 21 Marzo del 2014.
Era il 9 Giugno dello stesso anno, ultimo giorno di scuola.
Il nome del nostro protagonista è Pietro.
La sveglia suonò presto, si svegliò, anche se malvolentieri.
Andò in cucina, salutò Simba, il cane, e si preparò la colazione.
Finita la tazza di latte si alzò per andarsi a preparare.
Prese il cellulare e controllò i messaggi.
Vide che c’erano circa venti messaggi di Raul con scritto cose senza senso.
Lo ignorò e cominciò a prepararsi.
La solita camicia, un bermuda e le Converse. Classica divisa.
Scese di casa verso le otto e dieci salutando le due sorelle e i genitori non sapendo che quella era l’ultima volta che li avrebbe visti.
Circa cinque minuti più tardi arrivò davanti a scuola.
Il Liceo classico Lanza.
Ricettacolo di persone di varie origini e di culture diverse.
Pietro andò dal gruppo di classe che era appostato davanti ai cancelli della scuola.
Si sentiva osservato, era inquietante.
Si girò più e più volte ma nessuno lo stava guardando.
Si avviò verso la sua classe ma non si sentiva bene, aveva paura.
Un fiato sul collo lo faceva tremare ma all’ improvviso qualcosa lo assalì.
Era Raul.
La faccia di Raul era un misto tra divertimento, soddisfazione e paura.
La paura era causata dalla faccia di Pietro.
-Giuro…che se mi salti addosso di nuovo così ti tolgo il saluto.-
-haha ok, ho esagerato.- disse Raul.
Pietro continuò ad avere una brutta sensazione, come se qualcosa di terribile stesse per accadere.
Suonata l’ultima campanella tutta la scuola risuonò di un vivace: -EVVAI!-
Gli alunni correvano verso la tanto attesa libertà e i professori guardavano incuriositi il comportamento dei loro allievi.
All’uscita Pietro e Raul si incontrarono e iniziarono a parlare di cose senza senso, come sempre.
Solo dopo qualche minuto i due amici si resero conto che delle foglie erano bloccate a mezz’aria davanti a loro.
-Che cazz…-disse Raul.
-Cosa diavolo è successo?-ribadì Pietro.
-Non capisco, è tutto bloccato, non tira un filo di vento e le persone sono immobili sui loro posti.-
Pietro e Raul si trovarono bloccati in una situazione quasi fantascientifica…sovrannaturale.
Era come se il tempo si fosse fermato e loro due fossero le uniche persone coscienti…o almeno così credevano.
-E adesso che facciamo? E’ tutto così ambiguo, impossibile. Ma…sto sognando?-
Raul tirò uno schiaffo in piena faccia a Pietro.
-No, non stai sognando.-
Pietro rimase colpito dall’azione di Raul, sembrava più serio, era preoccupato anche lui, ma il suo amico pian piano stava precipitando nell’oblio.
-CHE CAZZO FACCIAMO EH!?-urlò a squarcia gola Pietro.
-Cerchiamo un modo per sbloccare la situazione, per prima cosa andiamo a vedere se qualcuno è nella nostra situazione, poi cerchiamo del cibo e andiamo a trovare il motivo di tutto questo.-
Queste erano delle cose basilari, non ci voleva un genio per arrivarci, ma Raul aveva la calma, sapeva che in un modo o nell’altro sarebbero riusciti a sbloccare la situazione.
Pietro stava pian piano perdendo la mente.
Non era mai stato un tipo forte.
Iniziarono a camminare, non trovarono nessuno, sapevano solo che il sole stava tramontando…ed erano le due di pomeriggio.
-M-Ma che…il sole sta…-borbottò Pietro.
-Non lo so…per adesso limitiamoci ad andare a prendere una torcia, non credo che le luci si attiveranno se il tempo è bloccato.
Entrarono in un supermercato e cercarono delle torce…quando le trovarono la notte arrivò.
Il supermercato si fece buio e Pietro accese subita una torcia.
-Cazzo, non si vede niente…-disse Raul con in mano un’altra.
Cercarono l’uscita ma subito dopo i due ragazzi si bloccarono…Pietro fece cadere la torcia…e urlò…

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Capitolo 2
*** Madre e figlia ***


Correvano…sempre più veloci…verso un posto sicuro.
Erano traumatizzati. Quello che avevano appena visto non poteva essere vero.
Era tutto come un incubo.
Aspettavano solo che Freddy Krueger uscisse dalla nebbia all’improvviso e iniziasse a prenderli per il culo proprio come faceva nei film.
Purtroppo…questo era ben peggio di un incubo.
Era una realtà tremenda, una situazione anomala e stramba.
I due amici trovarono rifugio in un vialetto del centro città.
Sudavano freddo, tremavano ancora…Pietro non riusciva a parlare, stava male.
Soffriva di problemi respiratori e per questo era impossibilitato a correre e a sforzarsi troppo.
-Calma Piè…non sforzarti troppo…-disse Raul preoccupato per l’amico.
-…n-non t-ti…*coff*…preoccupare…sto bene adesso-disse ansimando Pietro.
-Bene…-rispose Raul.
-Che diavolo…è successo?-
 
 
 
Il supermercato era vuoto…ma qualcosa si muoveva davanti alla porta dell’uscita…
Una voce di bambina risuonò tra gli scaffali…
-Perché….perchè…-disse la voce.
I due ragazzi erano terrorizzati…Pietro urlò.
Raul gli chiuse la bocca in tempo.
-Zitto! Non fare la fighetta!-gli sussurrò nell’orecchio.
Pietro tremava…e anche Raul.
Avanzavano a passi leggeri senza perdere d’occhio la sagoma della bambina.
Raul sobbalzò…
-Ehi…ma…è scomparsa…-disse.
-M..M..Mamma…?-
La voce della bambina risuonò dietro Pietro che stava per urlare di nuovo.
Raul gli bloccò nuovamente la bocca.
Gli occhi della bambina erano pieni di sangue…era come se fossero stati bucati da qualcosa…era probabilmente cieca…
-Mamma…fa male…fa molto male…perché…l’hai fatto?-disse sussurrando la bambina.
Lei non li notò. Passò avanti come se niente fosse.
Una volta raggiunta una distanza di sicurezza Raul parlò:- Non può vederci…però può sentirci, quindi zitto.-
-O…Ok- sussurrò Pietro.
Arrivati all’uscita qualcosa afferrò Pietro dal colletto della camicia.
Non era la bambina. Era una donna. Alta. Piangeva.
Pian Piano apriva la bocca…e usciva sangue.
Un urlo fortissimo uscì dalla bocca di Pietro.
Raul era a terra. Non poteva muoversi. Aveva paura.
Pietro era spacciato.
Ma…
La bambina tirò la gonna della donna facendole perdere l’equilibrio.
Pietro cadde a terra e appena sceso iniziò a correre.
L’unica cosa che sentirono mentre scapparono fu l’urlo della bambina.
Poi arrivarono nel vicoletto che ho già accennato all’inizio…
 
 
-Quella donna…era la madre della bambina…-borbottò Raul.
-La vera domanda è come mai ci siano dei fottutissimi fantasmi!-urlò Pietro.
-Non urlare…è possibile che la città ne sia piena. E non escludo che non ci siano altre persone vive nei paraggi.- rispose l’amico.
-Ci siamo procurati abbastanza cose…cibo, torce e acqua. Per quanto riguarda questo punto siamo apposto. Ma non sappiamo cosa diavolo stia succedendo…pensi sia qualcosa di sovrannaturale?-rispose Pietro.
-Abbiamo visto dei fantasmi…non lo escludo. Ma direi che adesso è arrivato il momento di muoverci. Cerchiamo qualcuno. Partiamo dal centro città per poi arrivare in periferia…la città non è troppo grande. Poi cerchiamo il motivo di tutto questo…-propose Raul.
-S…Si…ma…-
-Ti fidi di me, Piè?-chiese Raul.
-Si…si…andiamo!-urlò Pietro che si era finalmente calmato.
I ragazzi iniziarono a camminare, la città faceva paura, era completamente buia.
Fortunatamente avevano le torce e grazie a queste riuscirono a orientarsi.
Camminando nella terrificante atmosfera delle strade oscure o tenebrose i due amici sentirono una voce. Una voce normale, non sembrava quella di un fantasma.
-Ohi, senti…una persona.- disse Pietro.
-Giusto…andiamo a dare un’occhiata.- rispose Raul.
Proveniva da un vicoletto molto familiare sia per Raul che per Pietro.
Era il vicoletto che portava alla casa di Vincenzo, un compagno di classe di Raul e un amico di Pietro.
Vincenzo amava litigare con Raul e quindi i due si odiavano.
-Dio…questa è…-
-La strada dove sta la casa di Vincenzo.- finì Pietro.
La voce intanto si era intensificata.
I due non riuscivano ancora a riconoscerla, ma avevano capito che si trattava di un maschio.
Stava parlando da solo, ma non si capiva cosa stesse dicendo.
Poi…per terra apparve una striscia di sangue.
I due avanzarono…e girarono l’angolo…
-eheheheheh…sono felice…-disse la voce distante.
Quella era l’unica cosa che riuscirono a sentire…
Poi i due si bloccarono. Erano terrorizzati.
Vincenzo era seduto a terra con un cadavere affianco a lui.
Era ricoperto di sangue…e piangeva…
 
 

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Capitolo 3
*** Follia ***


Erano ormai le sette di pomeriggio e l’oscurità regnava sovrana.
I due amici erano bloccati lì, di fronte al volto folle dell’amico.
Vincenzo rideva e piangeva dicendo cose senza senso.
L’unica cosa che riuscirono a capire fu che qualcuno era morto, qualcuno di molto importante per lui.
Il cadavere coperto di sangue che era appollaiato vicino a Vincenzo rendeva l’aria insopportabile.
La puzza riempiva tutta la stradina del centro.
I due amici non riuscirono a capire chi fosse poiché il cadavere era girato dall’altra parte.
-Vincenzo…che diavolo è successo?-disse tremando Pietro.
-S…Sono felice…eheheheh…-disse.
I due amici si guardarono.
-E’ impazzito…completamente impazzito…-disse Pietro.
-Concordo…però non possiamo lasciarlo qua, è comunque nostro amico.- rispose Raul.
La perplessità dei due amici andò alzandosi sempre di più, l’unica cosa che ancora non capivano era l’identità di quel cadavere.
Nessuno dei due aveva il coraggio di avvicinarsi a Vincenzo, avrebbe potuto attaccare, viste le sue condizioni.
-Vado a controllare.- disse Pietro senza preavviso.
-Sei sicuro?-rispose Raul.
-Si.- borbottò Pietro avvicinandosi a Vincenzo.
-NON TOCCARE ROBERTA!-urlò Vincenzo.
I due amici si fermarono.
Pietro iniziò a piangere.
Lui la amava.
-Quella…quella…-bisbigliò Pietro.
-E’ Roberta…-finì Raul.
Raul la conosceva da circa dieci anni, era una delle amiche più importanti per Raul però Pietro la amava.
E’ stata una relazione molto difficile. Prima Pietro andava dietro Roberta, poi tutto il contrario, ma Pietro in quel periodo la odiava, pensava che lui fosse la seconda scelta.
Raul cercò anche di ricongiungerli, ma non ci riuscì.
Erano ormai troppo distanti, non si poteva fare niente.
-Portiamolo con noi. Non può essere completamente andato…-disse Raul.
-E Roberta?-chiese l’amico.
-E’ morta…è morta ormai…-
Dopo queste parole i due amici stettero in silenzio.
Quasi per cinque minuti.
Si chiedevano come mai fosse morta.
Vincenzo non avrebbe potuto rispondere ormai.
Era impazzito.
Lo aiutarono ad alzarsi, anche se faticosamente.
Continuava a urlare di voler stare vicino a Roberta.
Lo portarono via perché forse avrebbero potuto farlo tornare in se…
Questo non successe.
Dopo le prime ore, esso cercò di aggredire Pietro e poi iniziò di nuovo a urlare cose su Roberta.
Scappò via, e i due ragazzi non potettero fare niente.
-E ora che facciamo?- disse Raul.
-Lo lasciamo andare…non sarebbe stato d’aiuto.- rispose.
-ma è nostro ami…-
-NON LO E’ PIU’! E’ IMPAZZITO ORMAI!-urlò Pietro non lasciando finire Raul.
-hai ragione.- disse l’amico.
I due proseguirono, alla ricerca di qualcuno. Alla ricerca di aiuto.
Tutto era ancora bloccato, la gente in giro era ferma nel fare azione di ogni genere.
Raul fantasticava su cosa stessero pensando quelle persone nell’attimo in cui il tempo si bloccò.
Cercò di immaginare le loro storie.
Questo era l’unico passatempo che gli veniva in mente.
Erano arrivati vicino alla Cattedrale della città senza risultati positivi. Non un’anima viva.
Erano stanchi, volevano riposare.
Erano due ore che camminavano e non facevano altro che vedere desolazione e tristezza.
Entrarono nella chiesa, chiusero le porte e si rifugiarono all’interno.
Le luci erano accese, fortunatamente.
Questo era causato dal fatto che le luci della Cattedrale non si spegnessero mai.
Raul si accovacciò sulla panca davanti all’altare e iniziò a mangiare un Kinder Bueno preso dal supermercato.
Pietro si sdraiò su quella accanto, sorseggiando dell’acqua.
Erano le nove di sera.
La cosa che non capivano era come mai gli orologi andassero ancora…
-Dettagli- pensò Raul.
Decisero di dormire, erano troppo stanchi.
I fantasmi non sarebbero dovuti entrare…o almeno così pensavano.
Le ore passarono ma qualcosa interruppe il sonno del nostro protagonista.
Un pianto in lontananza.
Veniva da uno dei confessionari della chiesa.
Lui si avvicinò, mostrando un coraggio di cui neanche lui ne sapeva l’esistenza.
Avrebbe voluto chiamare Raul, ma il suo corpo andava avanti, voleva sapere chi ci fosse.
Arrivato davanti al confessionale, il cuore iniziò a battere all’impazzata.
Poi aprì la tendina…

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Capitolo 4
*** Cannibalismo ***


Una ragazza. Una bellissima ragazza era dietro le tendine del confessionale. Pietro la scrutava, non sembrava ostile, ma il suo cuore continuava a battere.
-Io…Io non sono come loro…non scambiatemi per una come loro…-disse la ragazza.
-Vuol dire che non sei cattiva? Ma sei comunque uno spirito no?-chiese Pietro.
-Si, sono un fantasma. Ma non come gli altri. Gli altri hanno un compito ben preciso. Anche io ho un compito ben preciso come loro. Ma ho deciso di allontanarmi da loro, non voglio farlo.- concluse.
-Che compito?-chiese.
-Prendere l’anima di alcune persone ancora vive in questa città. Siamo stati incaricati di pulire definitivamente la piazza.-
-Quindi sono tutti morti? E poi siete stati incaricati da chi? E cosa ha causato tutto questo?-disse Pietro.
-Non sono tutti morti. Ma se entro un certo numero di giorni il tempo rimane fermo, tutte le loro anime saranno loro. “Loro” sono delle entità a noi sconosciute. Si pensa siano dei catalizzatori di anime, degli umani che attraverso riti riescono a controllare e guidare le anime attraverso la loro morte. Tutto questo…è probabilmente…non lo so. Potrebbe essere qualsiasi cosa. E’ sicuramente una cosa causata da “loro”. Ma non sono sicura come si possa sbloccare il tempo. Non vi posso aiutare, mi dispiace.
Molte informazioni vennero date al nostro protagonista, ma lui ne voleva sapere di più. Voleva arrivare a più informazioni possibili.
-Ci sono altre persone oltre a noi?-chiese.
-Non so…ma è probabile.  Non posso aiutarvi in questo. Non so cosa sia questo accadimento, quindi non ne so assolutamente niente. Posso solo aiutarvi durante la vostra ricerca.- rispose il fantasma.
-Ti ringraziamo moltissimo. Sia me, che il mio amico Raul che…sta ancora dormendo…-
-Lo capisco…scusa per averti disturbato…stavo piangendo perché mi manca la mia famiglia…tanto.-  disse la ragazza.
Allora Pietro tornò a dormire dopo averla salutata.
Il giorno dopo raccontò tutto a Raul, che rimase colpito.
Lei non si fece vedere.
I due compagni continuarono a camminare, lasciando il loro rifugio per proseguire verso le altre zone della città.
Finalmente delle informazioni utili.
Pietro aveva iniziato a creare qualche ipotesi.
-Forse…quei tipi hanno bloccato il tempo in qualche modo poiché volevano uccidere noi? Ma che senso ha? Noi non abbiamo fatto mai niente, abbiamo solo quattordici anni dopotutto.- pensava.
-Smettila di rimuginare troppo. Abbiamo avuto informazioni importantissime ma adesso il nostro scopo è quello di cercare sopravvissuti. Poi, cercheremo quei tipi.- disse Raul con aria seria.
-Raul! Guarda!-urlò Pietro.
Una ragazza stava correndo dentro un palazzo.
Cercarono di fermarla ma invano.
I due la seguirono, addentrandosi nel buio palazzo.
Era mezzogiorno.
Il palazzo era inquietante, c’erano persone bloccate sulle scale e altre che stavano per aprire la porta di casa.
Esplorammo ogni centimetro quadro del palazzo senza risultati.
Poi però notammo una porta aperta.
C’era una spaccatura sulla porta, come se qualcuno la avesse rotta con la forza.
Tutto era così buio, i due riuscivano a notare le cose a stento.
L’inquietudine saliva piano piano.
-Entriamo.- disse Pietro.
-Si, andiamo. Deve per forza essere            qui.-
Entrarono nell’appartamento, con le torce accese.
A passi lenti e leggeri proseguirono verso le varie stanze dell’appartamento.
La casa era piena di bambole di ogni genere.
Erano veramente inquietanti, Raul le odiava.
Arrivati nell’ultima stanza non notarono niente.
Non c’era nessuno.
I due si guardarono, stupiti.
Raul alzò la testa.
Pian piano alzò la mano e indicò il soffitto con aria terrorizzata.
La ragazza era stata legata a mani e piedi. Era appesa al solaio e la sua pancia era squartata, come se qualcuno le avesse divorato le interiora.
Dei passi fecero sobbalzare i due ragazzi che si andarono a nascondere nel bagno dell’appartamento.
Niente luce, silenzio.
Si sentivano solo i passi di qualcosa.
Non potevano essere umani, erano troppo pesanti, ed erano anche irregolari, come se fosse zoppo.
A un certo punto si sentì il cadavere legato al soffitto cadere a terra.
Iniziò a mangiarla. Si sentiva il rumore delle fauci addentare la carne della ragazza.
Poi si fermò.
Il cuore dei ragazzi stava quasi per esplodere.
Quella cosa aprì la porta del bagno.
I ragazzi uscirono subito dalla stanza andandosi a rifugiare nel salotto.
Era un uomo altissimo. Era zoppo, come i due ragazzi intuivano.
Era sporco, aveva una maglietta addosso, ma era strappata.
I pantaloni erano ricoperti di sangue, ma quel sangue sembrava vecchio.
Doveva aver già ucciso qualcun altro.
Questo in un certo senso era positivo.
Voleva dire che c’era veramente qualcun altro in città oltre a loro.
L’uomo li raggiunse. Erano spacciati. Era la fine.
Una luce entrò dalla finestra.
Era la luce del sole. Era spuntato finalmente.
L’uomo scomparve piano piano lasciando i due ragazzi soli in quell’appartamento lugubre e raccapricciante.

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Capitolo 5
*** Incontro ***


La mente dei due ragazzi era quasi divorata dai pensieri.
Erano di ogni tipo, domande, ipotesi e molti altri ancora.
Gli occhi di Raul emanavano un’aura triste, quasi…rassegnata, mentre Pietro sembrava tranquillo. Era strano, conoscendo il suo carattere.
Passò un altro giorno, e i due ragazzi ormai ebbero la conferma delle loro ipotesi.
Il sole sorgeva solamente all’una di pomeriggio per tramontare un’ora dopo, alle due.
La cosa che sfuggiva ai due ragazzi era il motivo di ciò.
I fantasmi non potevano apparire in quel lasso di tempo, e quindi era come se fosse un momento di pausa per i due ragazzi.
I due amici si rifugiarono nell’ingresso di un palazzo, per poi stendersi sulle scale.
Si misero comodi e iniziarono a parlare.
-Dannazione, sembra un fottuto film horror in tutti i sensi.- disse Raul.
-Esatto.- disse Pietro per poi rilasciare una risatina isterica.
Un sospiro di Raul…e poi silenzio.
Quel silenzio fitto e denso come la nebbia.
Lasciava riposare i due amici.
Due giorni di…quello…li avevano sfiniti sia mentalmente che fisicamente.
-Ma…Vincenzo? Secondo te che fine ha fatto?- chiese Raul.
-Non so…ma ho il presentimento che lo rincontreremo.- rispose l’amico.
-Che fame…-
-Prendi qualcosa dallo zaino.- disse Pietro.
Un secondo di silenzio e poi Raul, finendo di cercare nello zaino, disse:-E’ tutto finito. Rimane solo acqua.-
-Cazzo, dobbiamo cercare un supermercato.- disse l’amico.
I due, però, dormirono prima.
La giornata di dopo, sarebbe stata molto impegnata.
 
 
-SVEGLIA! DATEMI LA VOSTRA ACQUA!- urlò una ragazza facendo svegliare di soprassalto i due amici.
-Che diavolo…Viola!- disse sorpreso Raul.
Si alzò dalle scale e l’abbracciò ma stava quasi andando a infilzarsi nel coltello che teneva stretto in mano la ragazza.
Il coltello cade a terra e Viola si strinse più forte a Raul, iniziando a piangere.
-Cosa ci fai qui? Pensavamo di essere gli unici.- chiese Raul.
-Sono finita qui con Giambattista e Vincenzo...e Roberta…-finì Viola.
-Roberta…-proseguì Raul.
-Noi l’abbiamo trovata morta vicino a Vincenzo…che era totalmente impazzito.- disse Pietro.
-Io e Giambattista siamo riusciti a scappare…eravamo stati attaccati da un gruppo di fantasmi…e-era-erano…-disse Viola prima di iniziare a singhiozzare.
-Calmati Viola, raccontaci cosa è successo tranquillamente.- la voce di Raul risuonava tranquilla e felice di aver incontrato la sua migliore amica.
-L’hanno uccisa…senza pietà…e la sua anima…le…le hanno divorato l’anima…-disse Viola.
-Poi sono scomparsi…e Vincenzo ha iniziato a urlare e ha trascinato il corpo di Roby lontano da noi. Avevamo notato, io e Giambattista, che avevano iniziato a essere pazzi, non parlavano più normalmente e facevano cose strane. Dopo tutto questo io e Giambattista siamo scappati verso la periferia della città e abbiamo costruito un rifugio nei palazzi abbandonati vicino al supermercato. Adesso stavo cercando di rapinarvi perché avevamo già incontrato delle persone ostili in passato che…- concluse Viola perché Pietro la interruppe.
-Ma…da quanto tempo siete qui?-
-Circa dieci giorni se non mi ricordo male.- rispose la ragazza.
I due ragazzi si guardarono increduli…come poteva essere successo?
-Ma noi siamo qui da solo tre giorni, che vuol dire tutto questo? Eppure prima voi eravate presenti a scuola!- disse Raul.
-Controfigure.- disse una voce.
Era il fantasma della ragazza che aveva parlato a Pietro il giorno prima.
-Ehi, sei tu. Quindi vuol dire che adesso anche noi abbiamo delle controfigure?-chiese Pietro.
-Si, esatto. E se doveste morire, queste si suicideranno alla vostra morte qua.- disse la ragazza.
Il gruppo di amici ascoltava incredulo le parole del fantasma che con calma parlava a Pietro.
Viola era colpita dal fantasma che non li aggrediva, Raul era vicino alla ragazza e ascoltava, Pietro parlava a nome di tutti.
Alla fine della conversazione Raul raccontò a Viola quello che successe in quei tre giorni e Pietro pensava a Roberta e Vincenzo. Si chiedeva se avesse sbagliato qualcosa con lei in passato, si chiedeva se avesse sbagliato a lasciare Vincenzo solo come un cane in balia dei fantasmi.
Poi arrivarono al rifugio…
Ma un terribile scenario li accolse.
I palazzi erano in fiamme e tantissimi fantasmi giravano intorno volando come degli uccelli.
Scorsero Giambattista, riparato dietro un masso.
Dopo averlo raggiunto chiesero cosa fosse successo e rispose:-Mi hanno trovato, hanno bruciato tutto e hanno cercato di uccidermi bruciandomi vivo…-
Scapparono, e raggiunsero il portone dove Raul e Pietro si erano rifugiati prima dell’incontro con Viola.
Andarono a prendere del cibo al supermercato, non avendo problemi con fantasmi o roba del genere.
Si salutarono, e iniziarono a parlare di quella situazione.
Si scambiarono teorie, ipotesi, pensieri e alla fine le loro affermazioni combaciavano perfettamente.
Ormai, alcuni misteri di quel posto, erano stati svelati.

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Capitolo 6
*** Decapitazione ***


Bella merda. Il rifugio era stato distrutto. Per tutti loro quello poteva essere un luogo importante.
Una fottuta barriera.
Adesso però erano costretti a mangiare delle schifezze su delle luride scale di un palazzo preso a caso.
I fantasmi avevano rovinato anche quello, stavano mandando a puttane tutto.
Avevano ucciso Roberta, li stavano rallentando.
Il tempo, prima o poi, sarebbe terminato…e si sarebbero bloccati…per sempre.
Ma non si arrendevano. Loro quattro volevano vivere.
Non riuscivano ad accettare il fatto di perdere la vita così misteriosamente.
Meglio morire sapendo come e chi li ha uccisi.
L’orrore, la paura, il terrore.
Tutte emozioni che avevano colpito i cuori di quei ragazzi.
Raul era seduto sulla scalinata del palazzo, osservava il vuoto e non osava parlare.
Pietro era in piedi, a braccia conserte e con mezza maglietta bruciata a causa delle fiamme che erano divampate dall’incendio del rifugio di Viola e Giambattista.
Questi ultimi stavano seduti vicini, e la ragazza stava dormendo sulla spalla dell’amico, spensierata.
Giambattista stava ascoltando una canzone con le cuffiette del suo iPhone. Ascoltava Lana Del Rey, per farsi male date le circostanze.
I telefoni non prendevano, ma funzionavano.
Un’altra notte passò, ma non tutti riuscirono a dormire.
Viola piangeva, non facendo dormire Raul che allo stremo della sua pazienza le urlò in faccia.
Poi però la situazione si calmò e tornarono a dormire.
Il giorno dopo si misero in marcia alla ricerca di qualche altro sopravvissuto ma a circa metà giornata avevano già esplorato tutta la periferia della città.
L’oscurità ormai era diventata parte di loro. Ci avevano già fatto l’abitudine.
Tutti avevano delle torce e riuscivano a vedere.
-Abbiamo esplorato l’intera città, dal centro alla periferia, ogni singola strada. Ormai non ci rimane che cercare il motivo di tutto questo.- disse Raul.
-Eh…ma come?- chiese Viola.
-Non lo so, ma dobbiamo provarci. Abbiamo avuto abbastanza informazioni dal fantasma di quella ragazza. Sappiamo che quelli che hanno fatto tutto questo si trovano in questa città. Ovviamente, si sono nascosti bene. Potrebbero essere sulle nostre teste o sotto terra o più semplicemente in un edificio. Sappiamo inoltre che abbiamo un’ora di luce per riposare. Il nostro obiettivo attuale è quello di trovarli e fermarli. Dormiremo solo quell’ora e faremo dei turni di guardia. Dobbiamo organizzarci al meglio, dobbiamo sopravvivere.- disse Raul mostrando una luce di speranza negli occhi.
-Si…sopravvivremo…SOPRAVVIVREMO!- urlò Pietro.
Erano le sei di sera e i ragazzi stavano camminando per le vie della città, che sembrava perfino più tetra di quanto fosse prima.
Le torce smisero di funzionare. L’oscurità li aveva in pugno ormai. Urla di panico uscirono dalla bocca di Viola.
Poi una risata…era familiare…era la risata di Pietro.
Stava per perdere la ragione…
-Stanno arrivando…eheheh…ahahah…HAHAHAHA-disse Pietro ridendo come un malato.
Joker, il primo pensiero che passò per la testa di Raul fu l’acerrimo nemico di Batman.
-Pietro, stai calmo.- disse Giambattista.
-MA STAI ZITTO, FROCIO! HAHAHAH- urlò Pietro.
Barcollando nel buio Raul riuscì a trovarlo e lo bloccò.
Poi il terrore.
Dei fantasmi si stavano avvicinando.
Erano seguiti da fitta nebbia rossa…come se fosse fatta di sangue.
-Pensieri futili- pensò Raul.
Scapparono. Poi entrarono in un condominio e salendo le scale le risate di Pietro si accentuarono.
-PORCA PUTTANA!- urlò Raul colmo di rabbia.
Entrarono in un appartamento e si nascosero tutti nella cucina chiudendo la porta a chiave e barricandola con il tavolo e altri oggetti pesanti.
-Zitti tutti…non un fiato.- bisbigliò Raul.
Dei rumori strani provenivano dal soggiorno, probabilmente erano loro.
Il panico regnava sovrano in quella cucina…quella dannatissima cucina.
Silenzio, silenzio, silenzio…e ancora silenzio. Andò avanti per circa mezz’ora e i rumori non volevano fermarsi.
Solo dopo tre quarti d’ora si bloccarono lasciando il posto ad altro silenzio.
Un sospiro di sollievo da parte di Giambattista fece rilassare anche gli altri…tranne Pietro…che rimase accovacciato con la testa tra le gambe.
-Pietro…PIETRO!- urlò Viola scuotendo l’amico.
Da quel momento la VERA pazzia di Pietro uscì del tutto.
-ZITTA PUTTANA!- gli urlò in risposta l’amico e con uno schiaffo la gettò a terra.
-Ehi, ma…Pietro cosa sta…- disse Viola con voce bassa.
I suoi occhi erano sgranati e i suoi capelli erano in disordine. Non era la stessa Viola che tutti conoscevano. I vestiti erano strappati, il trucco sciolto e al posto di un raggiante sorriso…aveva un’espressione di terrore.
-Proprio non capite? Siamo destinati a morire tutti qua…ormai è la fine…siamo già morti.- disse Pietro con un sorriso stampato sulla faccia.
Si alzò, si avvicinò al piano cucina e osservò un enorme coltello che era appoggiato lì.
Tutti indietreggiarono tranne Viola…che lo abbracciò.
-Pietro, noi staremo bene. Li trovere…- disse la ragazza che venne interrotta dalla voce di Pietro.
-No, non vivremo. Quindi è meglio se moriamo tutti adesso, senza soffrire…e senza essere…AMMAZZATI DA QUEI FIGLI DI PUTTANA!-
Prese il coltello. Si girò verso Viola e la osservò.
Un’enormità di sangue venne spruzzata sulla faccia dei ragazzi che osservavano terrorizzati la scena.
La testa di Viola…non c’era più.

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Capitolo 7
*** Sogno ***


-Cosa cazzo hai fatto?!- urlò Raul a Pietro.
La situazione era precipitata nel caos. Nessuno osava guardare la testa mozzata della povera ragazza che intanto giaceva al suolo, priva di vita.
Pietro aveva gli occhi spiritati, pieni di follia e orrore.
Con un sorriso stampato sulle labbra iniziò a piangere. Una risata frenetica e nervosa, a singhiozzi, quasi si pentisse di quello che aveva appena fatto.
Il coltello era ormai a terra, ricoperto di sangue rosso cremisi. A Raul ricordava tanto la protagonista di un anime, Rias Gremory, un demone dai lunghi capelli rossi e con un seno (molto) abbondante. Forse era per quello che Raul se la ricordava.
Giambattista aveva vomitato. Quel pavimento era diventato uno schifo, tra sangue, vomito e lacrime.
Raul si mosse in direzione di Pietro che non si spostò minimamente.
-Raul…Raul…perché l’ho fatto? PERCHE’?- urlò.
La faccia di Raul era spaventata e confusa, per non parlare delle gambe. Tremavano come foglie.
-Hai…-si fermò per fare un breve singhiozzo:- Hai appena decapitato…Viola.- disse il ragazzo sforzandosi di trattenere le lacrime.
Tutti osservavano Pietro, impauriti. Era mai possibile che fosse impazzito per poi riprendere subito la coscienza?
-Dannazione…e ora che facciamo?- chiese Giambattista.
Raul si girò verso di lui.
-Ce ne andiamo. E lo portiamo con noi. Finché non avrà perso del tutto la mente…- si fermò per guardare Pietro che osservava con terrore il suo terribile gesto.
-rimane.- finì il ragazzo.
Giambo protestò, ma inutilmente. Alla fine restò con loro. Avevano perso Viola.
La sempre dolce ragazza con gli splendenti capelli biondi e la faccia (terribilmente) pallida ma con due occhi verde mare che facevano impazzire tutti.
Guardarla negli occhi era una strada senza ritorno. Nel senso positivo, ovviamente.
Anche con la morte, i suoi occhi continuavano a brillare. La testa mozzata separata dal corpo immobile e ricoperto di sangue era orribile.
Raul non osava guardarla.
Se ne andarono da quel posto di merda mentre Pietro era sotto stretta osservazione di Raul. Il ragazzo che poco prima aveva ucciso una sua amica adesso stava camminando a testa bassa guardando il pavimento dell’appartamento, per poi guardare le scale e per finire con il cemento della strada.
Era notte fonda…anche se pensandoci…in quel posto di merda era quasi sempre notte fonda!
Le strade si erano ormai completamente trasformate in quello che sembrava un labirinto interminabile di ombre, statue (se così si potevano chiamare le persone bloccate) e fantasmi anche se era da un po’ di tempo che camminavano senza averne incontrato manco uno.
Sebbene la pazienza di Raul fosse al limite, insieme alla sua speranza, guidava il gruppetto di tre ragazzi attraverso il buio.
Raul si ricordò dei momenti felici passati con Viola, insieme alle litigate, ovviamente.
Si ricordò del CD degli Imagine Dragons regalatole per il suo compleanno, si ricordò delle chiacchierate sconce, si ricordò dei primi messaggi, poi si ricordò degli ultimi…e alla fine si ricordò della sua testa mozzata.
Non riusciva a togliere dalla testa la figura (o le tette) di Rias Gremory.
-Porco pervertito.- avrebbe detto Viola.
-Ehi. Non pensate che adesso dovremmo riposare un po’?- disse Giambattista con tono stufato.
-Non c’è tempo. Ci potremmo bloccare da un momento all’altro. Meglio proseguire. Mancano poche ore al sole quindi resistiamo.- e così Raul ebbe l’idea più di merda del secolo.
Camminando si fece l’una di pomeriggio e il sole sorse, come al solito.
I ragazzi si rifugiarono sotto il tetto del mercato della città.
Decisero di mettere a guardia Pietro.
Che coglioni.
Si dimenticarono di quello che il ragazzo fece poco tempo prima, vedendo non l’aspetto omicida dell’amico, ma quello timido e sereno.
Raul sognò, anche se la posizione per dormire non era delle migliori.
Si sdraiò sul tavolo del pesce (idea di merda) togliendo tutte le cassette con il pesce ma la puzza era comunque forte.
Era così stanco che non badò alla puzza, né alla posizione, ma pensò solamente all’amica morta, e proprio con la sua voce che rimbombava nel cervello chiuse gli occhi lasciando il posto ai sogni.
 
 
-Raul! Raul!-
-Dannazione, Viola! Cosa vuoi ancora?-
-Ma Raul…volevo solo abbracciarti.-
-Uff…e va bene, fai pure (perché lo faccio con aria scocciata? Amo quando mi abbraccia)-
-Lo sai che sto amando il CD che mi hai regalato?-
-Oh veramente? Mi fa piacere.-
-Lo sento ogni volta che faccio i compiti.-
-Wow…ma sono l’unico coglione che quando studia non sente un cazzo?-
-Mmmmh…si.-
-HAHAHA e vabbè, sono abitudini Viò.-
-Raul…-
-Dimmi.-
-Raul!-
-Eh, che c’è?-
-RAUL SVEGLIATI!-
 
 
-Che cazzo?- urlò Raul.
-Raul, guarda. La mano di Giambattista è ancora calda!- disse Pietro.
Il ragazzo stava mostrando a Raul la mano tagliata dell’amico.

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Capitolo 8
*** Rivelazione ***


-Dove sono?-chiese il ragazzo impaurito.
Pietro era in piedi in una stanzetta con delle pareti giallo canarino, c’era anche una lampada posta sul pavimento, su un tappeto per la precisione.
Un angolo della stanza era nel buio più totale ma si riuscivano a intravedere dei piccoli occhietti rossi.
-Chi sei tu?- chiese di nuovo.
-IO SONO TE, PIETRO.- disse una voce.
-Che…che vuol dire?- chiese Pietro iniziando a tremare.
Una piccolissima figura iniziò a uscire dalle tenebre.
Sembrava un Gremlin, o ancora meglio un elfo.
Aveva un lunghissimo sorriso stampato sulla faccia e gli occhi erano completamente sbarrati.
-IO SONO LA TUA FOLLIA PIETRO. IO SONO QUELLA COSA CHE HA UCCISO I TUOI AMICI, IO SONO QUELLA COSA CHE TI HA FATTO LITIGARE CON IL TUO MIGLIORE AMICO, IO SONO QUELLA COSA CHE TI DISTRUGGERA’.- concluse il mostriciattolo.
-Follia? Io no sono pazzo, io son….-
-QUESTO E’ QUELLO CHE PENSI TU. TI STAI AUTOCONVINCENDO DI QUESTO FATTO, MIO CARO, MA IN REALTA’ SEI QUASI DEL TUTTO CORROTTO DA ME.-
-Non è possibile.-
Il ragazzo cadde a terra…ma concentrandosi e mettendo tutte le forze nel suo braccio destro sferrò un pugno dritto in faccia al mostro che scomparve nel nulla lasciando il posto a una visione orribile.
Raul urlava, Giambattista era morto.
Non aveva il braccio destro mentre su quello sinistro era stata tagliata la mano. Le gambe erano state mozzate entrambe e il torso era stato reciso lasciando intravedere il cuore ormai non pulsante.
-Raul, non sono stato io, te lo giuro…anzi si, sono stato io, ma non proprio. Nel senso che—
-ZITTO PAZZO! SEI SOLO UN FOTTUTO PAZZO DI MERDA!- finì Raul che iniziò a scappare.
-Ma giuro che…-
Alla fine Pietro ci rinunciò. Alla fine era vero. Era impazzito. Quasi totalmente.
Riprese a camminare da solo, senza una meta, osservando qua e la le persone immobili.
Passarono tre ore, e si ritrovò davanti a scuola.
Osservò bene l’entrata del palazzo e notò che su una delle aste delle bandiere c’era appeso un corpo.
Era stato impalato, tipo Dracula di Bram Stoker.
-Dio, quel film.- pensò Pietro.
Il sangue che usciva dalla bocca del corpo cadeva appena davanti al portone della scuola e Pietro dovette spostarsi per non essere sporcato.
-Dannato corpo del cazzo.- disse tra se e se.
Si sedette sulle scalinate della scuola, ripensando ai bei momenti trascorsi lì, o anche i momenti di merda, in pratica ogni genere di cosa successa in quel posto.
Poi salì al primo piano, aspettandosi qualche sorta di fantasma ma invece niente.
Entrò nella sua classe e vide la sua professoressa di geografia mettersi il rossetto seduta sulla cattedra. Avrebbe voluto fargli un trucco alla Joker, ma rinunciò.
Rinunciò anche perché venne colpito alla testa da qualcosa e svenne sul colpo.
Si risvegliò e finalmente riuscì a capire.
La risposta a tutto quello gli apparve davanti alla faccia.
Era Roberta.
La ragazza era seduta accanto a lui, con un camice bianco e con le mani sporche di sangue.
Pietro non si sentiva il piede destro ma pensò che si fosse addormentato.
Invece non c’era più.
Il piede era stato riposto in un contenitore di vetro sugli scaffali della libreria della presidenza della scuola.
-Mio caro Pietro, tutto apposto? Come va?- chiese Roberta con gentilezza.
-Cosa…cosa diavolo mi hai fatto!- urlò Pietro.
-Oh niente. Ti ho solo staccato un piede per essere sicura che tu non scappi. Niente di che. Il bello arriva adesso.- disse Roberta ridendo.
Il dolore era insopportabile. Dannazione se faceva male.
La stanza del preside era enorme. Pietro era steso sul tavolo e Roberta era seduta su una sedia, con un machete in mano.
-Piano piano…iniziamo a tagliare le ditaaaa.-disse Roberta canticchiando.
Era impazzita anche lei.
-Prima di uccidermi…dimmi come è successo tutto questo. Chi c’è dietro?- chiese Pietro che tremava come una foglia.
-Mio padre! E’ ovvio! Chi sennò? HAHAHAHAHAHHA.- disse la ragazza.
-Lui è a capo di questa organizzazione mistica o spirituale o quello che è…-continuò.
-Non si sa come…ma voi non vi siete bloccati…qualcosa è andato sorto nel rito. Ecco il perché dei fantasmi e di tutte quelle troiate quaggiù…Ma adesso…siete tutti morti!HAHAHAHAHAH- concluse, scoppiando in un’ennesima risata.
-No! Raul è ancora…-
-Raul è appeso all’asta della bandiera come un maiale allo spiedo, coglione.-
La faccia di Pietro si ritrasse in una espressione di dolore e di paura.
Come aveva fatto a non averlo notato prima, dannazione.
La faccia di Roberta era girata verso la finestra della stanza, lasciando un po di tregua al povero ragazzo.
-Devo riuscire a scappare, cazzo. DEVO FARLO!- pensò Pietro tra se e se.
Era legato al tavolo, ma i lacci non erano così stretti. Inoltre la ragazza era distratta.
Iniziò a dimenarsi piano piano, lasciandosi aiutare anche dal sudore.
Si liberò del primo laccio, poi del secondo e arrivato al terzo Roberta si girò.
-Cosa cazzo stai cercando di fare eh!? Mi giro un attimo e cerchi di fuggire, cattivo maiale!- urla davanti alla faccia di Pietro che con uno sforzo si libera dei due lacci ai piedi.
Alzandosi a fatica, colpisce Roberta con un pugno che cade a terra dolorante e il ragazzo, zoppicando, attraversa i corridoi della scuola.
Il piede gli faceva male, ma non importava…
Era riuscito a scappare da quel posto di merda, adesso poteva scappare, nascondersi di nuovo, sopravvivere…per poi cadere del tutto nella pazzia…e ripetere il giro…ancora…e ancora….e ancora.

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Capitolo 9
*** FINE ***


Cara Roberta,
 
Ormai sono impazzito. Sto mettendo insieme la sanità mentale che mi rimane per scrivere questa lettera. In questo inferno sono riuscito a uccidere i miei più cari amici, e non sono neanche riuscito a salvarli o a difenderli. Questa è stata l’ultima volta che ho raccontato la mia storia. Ma poi che senso ha. La riracconto. A me stesso. Al mio ego interiore. Alla mia parte sana. Alla parte che cerco di far impazzire. Alla parte che sta scrivendo questa lettera al momento. Sta cedendo, piano piano sta cedendo. Non so neanche quanto tempo è che sto girando per questa città. Non ho né le forze né la mente per cercare di avvicinarmi a te…o per cercare di fuggire. Mi suiciderò. Non so come, ma lo farò. Non voglio perdere del tutto la mia umanità. Non voglio diventare un essere vuoto, senza anima.
Questa lettera è per te, ma anche per tutti i miei amici. Viola, Giambattista, Vincenzo…e Raul. Scusami…non sono riuscito a mantenere la promessa. Alla fine non ce l’abbiamo fatta. Sono un fallimento. Voglio morire.
Roberta. Io ti amavo. E credo di amarti ancora, dopo tutto questo. Non potrò mai scordarti. Anche nella tua pazzia, sei la mia anima gemella.
Quindi finisce così.
Scusatemi, tutti voi, se non sono riuscito a fare quello che vi aspettavate.
Ora, se non ti dispiace, fammi concludere la storia.
Addio.
 
 
 
                                                                                                                                       PIETRO.
 
 
Pietro finì di scrivere la lettera e lasciò cadere la penna trovata in un appartamento abbandonato sul tavolo di legno.
Si portò la lettera con se.
Iniziò a camminare, ormai sapeva a memoria ogni stradina, ogni scorciatoia della città. Si stava dirigendo verso la sua scuola…anzi, la sua ex-scuola.
Mentre si avvicinava sentì il cuore battere all’impazzata. Era la follia che cercava di uscire fuori.
Aveva fame. Non voleva che finisse così. Non voleva che il suo amato Pietro morisse facendo finire tutto.
Avrebbe voluto torturarlo un po’ di più, avrebbe voluto mangiarlo più lentamente, facendolo scivolare pino piano nella pozza nera della pazzia.
Arrivò davanti al portone della scuola.
C’era una sporgenza abbastanza in alto.
Si era portato dietro una sedia dall’appartamento. Una di quelle vecchie di secoli che si sarebbe potuta rompere da un momento all’altro, ma non ci fece caso. Voleva solo finirla lì.
Salì sulla sedia, legò una corda alla sporgenza per poi creare un cappio attorno al suo collo.
Prese fiato. Prese la lettera. La fece cadere a terra.
Con un piede spinse la sedia.
Iniziava a perdere il fiato.
Sperava in un arrivo improvviso di Roberta. In  un bacio finale per poi tornare indietro. Un finale da film.
Poi sperò alla fine di un incubo. Sperò di svegliarsi nel suo letto, in una fantastica mattina d’Estate.
Poi perse ancora fiato. Iniziò a lamentarsi.
Era arrivata la fine. Tutta la vita gli passò davanti.
I piedi continuavano a muoversi ma dopo un po’ di tempo vide la sagoma di Roberta sfocata prendere da terra la lettera e strapparla, ridendo.
La sua risata fù l’ultima cosa che sentì.
I piedi smisero di muoversi lasciando il posto a un silenzio spezzato solamente dalla risata della ragazza.
Fine del racconto.
 
 

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