Revival.

di pizzaistheway
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 Revival ***
Capitolo 2: *** 2 New. ***



Capitolo 1
*** 1 Revival ***


Capitolo 1
La pioggia fuori era insistente, cupa, e produceva un rumore di sottofondo decisamente rilassante. 
Il fuoco scoppiettante del camino contribuiva a quella sensazione di calore che ormai familiarmente avvolge chiunque nella propria casa.
Calore che avrei dovuto abbandare di lģ a poco. E servivano a ben poco le motivazioni che mia madre inutilmente offriva, la veritą era che si era scocciata di Londra, e della suocera che continuava continuamente a ripeterle che non era colpa sua della morte di papą.
Sempre quel clima piovoso, freddo e nebbioso, che non consentiva una fonte di ispirazione abbastanza proficua per un'imprenditrice del commercio di auto.
Gli scatoloni impacchettati e sigillati per nome erano ormai nel grosso autocarro blu che sarebbe atterrato con noi a Los Angeles, cittą che mamma aveva definito 'nuova ed emozionante'. 
Evidentemente io e lei avevamo concetti leggermente diversi per 'nuova ed emozionante'.
Inutile dire che per poco non mi prese un colpo al cuore sapendo che avrei dovuto lasciare quei pochi amici che mi ero creata al liceo.
Il fatto positivo era che avrei anche lasciato quello stupido nomignolo che mi avevano affibbiato in seconda media, dopo che un idiota mi rovesció addosso l'intero vassoio degli spaghetti al ballo in maschera di fine anno, davanti a tutti i ragazzi delle medie e del liceo.
Scacciai quel pensiero spostandomi una ciocca dei capelli, posando la tazza di the ormai freddo sul comodino, vicino al quale c'era uno specchio.
Mi guadai.
Non mi definivo una ragazza bella, ma neanche tanto brutta. I capelli mossi castano scuro con riflessi rossi mi arrivavano alla vita, incorniciando i miei occhi verdi. Il mio naso era regolare e leggermente all'insł,e le labbra che mamma definiva 'morbide e attraenti', ma che mordicchiavo in continuazione fino a farle sanguinare.
Non avevo un seno grande, ma non ne facevo un dilemma - portavo solo una seconda - e non mi sarei mai definita una di quelle ragazze con un bel sedere. Mia mamma diceva sempre che avevo un fisico da modella, ma io mi limitavo a scuotere la testa e a sorridere. Con la mia goffaggine e la mia timidezza,in una sfilata sarei potuta inciampare nello strascino di qualche abito Chanel, rovinandolo e probabilmente traumatizzando i vari stilisti che potrebbero essere stati presenti in sala. Quindi, perchč rischiare?
La mia esperienza artistica ed extrascolastica si limitava quindi al disegno e ai libri. Nel senso che mi piaceva leggere, immaginarmi nel personaggio e credere di saper fare determinate cose o azioni.
Odiavo i romanzi rosa e le fiction da diabete in tv, dove lei era sposata, era incinta del migliore amico e il fratello del marito era innamorato di lei. E lei, solita indecisa, scappava col primo biondo ossigenato che si presentava. Bleah.
Il clacson che mamma suonó fece capire che era pronta, nella sua Ford nera.
Nonna scese in fretta le scale, facendo tintinnare tutte le collane che portava al collo.
"Miha?" Mi chiamó affettuosamente. 'Miha' era una specie di nomignolo che mi aveva dato lei, per farmi sentire speciale.
"Nonna"risposi a bassa voce.
"Oh Miha" mi abbracció. Dopo la morte di papą, era diventata particolarmente sensibile, e si commuoveva per un nonnulla.
"Tranquilla. Torneremo per le vacanze di Natale" lei si staccó e annuģ asciugandosi gli occhi con un vecchio fazzoletto di seta, ricamato in decorazioni floreali.
Mamma e nonna non avevano un grande rapporto. Infatti mamma voleva vendere questa villa, ma io avevo insistito tanto affinchč almeno qualcosa di familiare le rimanesse di noi mentre aspettava un nostro ritorno, anche se dubitavo fortemente che mamma avrebbe voluto rimettere piede a Londra.
Di nuovo il clacson suonó.
"Faremo tardi per l'aereo!" Strilló mia madre.
Abbracciai nonna per un'ultima volta, prima di uscire e guardare la casa dove ero cresciuta, non saprei se l'avrei rivista ancora. La pioggia era diminuita, anche se man mano i capelli stavano diventando sempre pił fradici.
"Andiamo tesoro, faremo tardi e il volo č lungo"
Sbuffai e mi sedetti, eppure non capivo la sua preoccupazione. Era una ricca imprenditrice e aveva affittato un jet privato, peró sapevo in fondo anche a lei dispiaceva lasciare questa casa.
Le solite persone che andavano avanti e indietro negli aereoporti, per vacanze o per affari, erano quelle che affollavano l'aereoporto Heatrow. 
Mamma andó vicino al box informazioni, mostró un pass e poco dopo mi attiró a se.
"Dunque... Lei č la signora Elizabeth Etherlake?" Mamma annuģ, e dopo che ebbe controllato i nostri documenti fece chiamare un addetto per scortarci all'aereo, che io e mamma seguimmo in silenzio, lei presa a far scivolare le dita sul telefono, e io con le cuffie mentre ascoltavo una canzone dei Coldplay.
L'aereo aveva i motori gią pronti quando salimmo, ricevendo un sorriso da tutto l'equipaggio. Con mia grande sorpresa vidi anche zio James, fratello di papa', che avrebbe pilotato l'aereo.
"Ehi zio." Salutai, lui ricambió abbracciandomi e dicendomi di prendere posto.
In pochi minuti partimmo, e prima che me ne accorgessi, ero gią caduta nel sonno sulla poltroncina di velluto bianca.
Il viaggio duró, come previsto, dodici ore, solo con qualche leggera turbolenza. 
Dopo aver salutato zio con la promessa di rivederci presto, scendemmo.
Soffiava una brezza estiva calda, quella che agli inizi di settembre non puoi sentire a Londra.
Appena uscimmo dall'aereoporto, scoprii che mamma aveva giį comprato una macchina. Una Bentley.
Diciamo che io non nuotavo nel lusso, nonostante le continue critiche di mamma sul fatto che dovessi vestire secondo la classe sociale, per non parlare delle discussioni che aveva fatto quando seppe che volevo andare in una scuola pubblica.
La veritą era che non sentivo mio tutto quel lusso, mi definivo con una personalitą pił semplice. 
Mamma guidó per una buona mezz'ora, prima di arrivare in un quartiere apparentemente fatto di case moderne, tutte colorate e con tetti a spiovento.
Mi piaceva.
Arrivó infine davanti una casa color ocra, anch'essa con un tetto a spiovento, a due piani , e un garage sottoterra.
Presi il borsone con la mia roba mentre mamma mi faceva strada.
Visitai la casa in fretta, poichč dovevo ancora finire gli scatoloni. 
Quella che poi scoprii essere camera mia era di un colore rosa pallido, con un balcone che affacciava sul retro.
Infondo, quella casa non era poi cosģ male.
Il weekend lo trascorsi tra gli scatoloni, i libri e i vari schizzi che mi ero portata da Londra. Avevo sistemato la mia camera, con qualche foto in bianco e nero qua e lą di londra, e una foto appoggiata al comó di me e mio padre, l'anno prima che morisse. Non vorrei sembrare menefrighista o apatica, io e mio padre avevamo avuto un rapporto speciale. 
Eppure al suo funerale non riuscii a versare neanche una lacrima. 
Ero arrabbiata.
Con lui, perchč mi aveva lasciata, in preda alla solitudine, senza sapere come cavarmela.
Con mamma, perchč continuava a sostituire l'affetto che solo una madre puó dare con stupidi beni materiali, riempendomi l'armadio di inutili stracci.
Con me stessa, poichč non riuscivo a comprendere la complessitą della situazione. 
Troppo giovane, troppo stupida da capire che lui non c'era e non ci sarebbe stato.
Il lunedģ, cominciava la scuola. Mamma mi aveva preso una range rover, cosģ, per non dare troppo nell'occhio. Certo.
Dopo essermi persa tre volte, riuscii ad arrivare a scuola e a parcheggiare in un posto abbastanza lontano da sguardi indiscreti.
Infondo, nessuno mi conosceva.
Nessuno sapeva ció che avevo passato.
Forse era il caso di un nuovo inizio, una nuova vita, qualcosa di bello che potrebbe arrivare per rompere la piega monotona che aveva preso la mia vita.
Una rinascita.

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Capitolo 2
*** 2 New. ***


Capitolo 2

Dopo aver preso il mio orario e una piantina della scuola alla segreteria, cercai la classe di storia, la 2b, che si trovava al secondo piano. I corridoi piano piano si stavano spopolando dopo il suono squillante della campanella.
Raggiunsi in fretta la classe, dove il professore stava sistemando alcune carte, mentre i ragazzi stavano prendendo posto. 
Il prifessore mi vide e facendo un cenno con la mano, mi chiese di avvicinarmi.
"Tu devi essere ....Alexandra Etherlake, giusto?" Controlló il registro.
Annuii con la testa, lui mi diede il libro e mi disse di prendere posto.
Andai a sedermi vicino una ragazza, con i capelli neri raccolti in una treccia che le arrivava quasi al sedere. Appena mi sedetti, si giró, e potei notare i suoi occhi cerulei. Mi chiesi se non portava le lentine. La sua pelle era abbronzata, probabilmente reduce di una vacanza al mare.
Mi sorrise, e si presentó.
"Sono Midnight Blackwood, Maddie per gli amici." E aveva anche una voce angelica. Non mi sorprenderei se avesse una coda di ammiratori per tutta la scuola.
"Alexandra Eatherlake. Puoi chiamarmi Alex" le sorrisi anch'io.
"Nuova eh?" Continuó lei.
"Si..." Abbassai la testa e aprii il libro, lei non mi parló pił per il resto della lezione.
L'ora prima del pranzo avevo letteratura inglese, la classe si trovava al primo piano. La raggiunsi in fretta e per questo fui anche in anticipo.
Mi sedetti in uno dei posti vicino alla finestra, oggi era nuvoloso. La finestra dava su un grande bosco che si trovava dietro la scuola.
Poco dopo sentii qualcuno sedersi vicino a me e sbuffare, pochi istanti dopo la professoressa inizió a parlare.
La mia mano si mosse automaticamente prendendo appunti, mentre diedi una sbirciatina alla persona che si trovava vicino a me.
Era un ragazzo, con i capelli neri corvini, le braccia abbronzate, e sotto la maglietta si potevano intravedere i muscoli.
Si giró per un attimo, mostrandomi i suoi occhi cerulei, che mi ricordarono quelli di Maddie, ma pił scuri, pił brillanti.
Aveva delle labbra piene e rosee, e in un istante sentii una fitta allo stomaco.
Lui sembró avere uno strano brivido e si giró dall'altra parte, serrando i pugni sulle gambe.
Continuai a scrivere, finchč non suonó la campanella, e il ragazzo si precipitó immediatamente fuori la porta.
"Non ti preoccupare, fa sempre cosģ" mi disse una voce.
Mi girai, davanti a me c'erano due ragazze, con i libri in mano.
La prima aveva i capelli ricci biondi e la pelle bianca come il latte, con occhi castano chiaro. La seconda era di pelle scura, con capelli lisci che cadevano morbidi in un caschetto.
"Io sono Mary e lei č Isabelle, piacere di conoscerti" si presentó la ragazza dai capelli ricci.
"Sono Alex" sorrisi.
"Vuoi venire a mamgiare al tavolo con noi?" Chiese Isabelle. 
"Certo, perchč no"
Mentre ci dirigevamo in mensa, Mary e Isabelle mi spiegarono un pó come si trovavano i gruppetti nella scuola.
C'erano prima di tutto due principali gruppi popolari, quello dei giocatori di football, la cui squadra non ha mai perso una partita, e delle cheerleader, ovviamente tutte bionde ossigenate senza cervello.
Il secondo gruppo, ma non per importanza, era "comandato" dai fratelli Blackwood.
"Quello che hai visto prima, era Mason. Tanto bello quanto stronzo. Isabelle ha una cotta per lui, come molte ragazze della scuola, ma lui non esce mai con nessuna. Sta sempre con la sorella del suo migliore amico, Ashley Groover, e ormai tutti pensano che stia con lei. 
Anche se qualcuno proprio no..." Guardó Isabelle, che arrossģ all'istante.
"Sono solo loro quattro?" Chiesi.
"No, del loro gruppo fanno parte anche i gemelli Wedner, Trisha, Tyler e Tim, e Alyssa Mackenzie, la rossa. Sono sempre per fatti loro, ah, eccoli lģ." Mi indicó con la testa un tavolo infondo, quasi oscurato.
C'era Midnight, vicino a lei c'era un altro ragazzo, dai capelli biondi chiari e la pelle abbronzata, probabilmente Sam, vicino a lui c'era un'altra ragazza, con gli stessi capelli biondi, Ashley. 
Poi i tre gemelli,tutti dai capelli nero corvini e poi c'era una ragazza seduta un pó in disparte, Alyssa, con capelli rosso mogano, impossibile passare inosservata.
Poco dopo venne anche Mason, che si mise tra Sam e Maddie.
Notai che tutti, eccetto Alyssa, avevano la pelle ambrata.
"Diciamo che Midnight č quella che cerca di socializzare di pił con noi "comuni mortali"" fece le virgolette.
Prendemmo posto, e diedi un'ultima occhiata al tavolo degli "abbronzati".
Mason mi stava fissando.

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