Blog of an -Invisible Girl-

di Dama degli Intrighi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - E’ un altro giorno ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - La mia giornata tipo ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - L’aiuto ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Basta un “Aiuto Vampiro” ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Regina del Lerciume ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Decisioni ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - Contrattacco ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - Una me più forte ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 - Ballo o non ballo? ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 - What? ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 - Una sporca faccenda ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 - Dolce pace ***
Capitolo 14: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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***

Blog of an -Invisible Girl-
Prologo
“Vi ringrazio per essere entrati nel mio blog e perché mi state leggendo.
Ah, vi do anche il benvenuto e vi ringrazio ancora. Io sono -Invisible Girl-, non dico il mio nome perché forse sono troppo timida o sono semplicemente stufa della mia condizione; questo lo lascio decidere a voi. Non sto cercando di fare la solita persona interessata di gossip, sbandierando a tutti i segreti delle persone più in vista.
Ho iniziato a scrivere questo blog perché cerco un amico, un amico che mi possa aiutare…”

L’aria fuori dalla mia finestra tremava per il calore del sole di quel giorno. Tutti erano già in spiaggia ad abbronzarsi benché non fosse ancora estate, ma dopotutto qui a Los Angeles è sempre ora di spiaggia. Io sono rinchiusa in camera per mio volere.
-Invisible Girl- “Sapete come possono essere duri i giovani di oggi con gli altri loro coetanei, con me è peggio! Sono presa di mira dal bullismo da sempre e ora sono stufa… Non voglio più ricevere scherzi telefonici da quelli del football, non voglio più essere presa di mira da quelle arpie delle cheerleader solo perché loro hanno una stupida divisa mini e io no… Non ne posso più, ma non so nemmeno come uscirne.
Se qualcuno non mi aiuta ho paura di finire come la maggior parte delle ragazze americane prese di mira dal bullismo. Chiunque stia leggendo, Help me”

Mi staccai dalla tastiera del computer che avevo di fronte e con una spinta mi allontanai dalla scrivania facendo cigolare le ruote della mia sedia. Fuori ormai era sera, le poche parole digitate sulla pagina del mio blog mi avevano risucchiato tutto il pomeriggio senza che me ne accorgessi, incredibile!
Piano piano come i sole tramontava le luci dell’immensa metropoli andavano illuminandosi, segno che la vita notturna stava per incominciare per i suoi abitanti. Era l’ultimo mese di scuola, l’ultimo prima delle vacanze estive. Mi rannicchiai tra i cuscini del mio letto e cercai di immaginare un mondo diverso. Alzai il viso per guardare il soffitto della mia camera.
I miei genitori mi avevano proibito di tappezzare di poster le pareti, ma non avevano parlato del soffitto, così su esso troneggiavano poster e immagini del più bel ragazzo del mondo che con i suoi occhi verdi mi faceva dimenticare tutti quegli scherzi crudeli e quelle assurde prese in giro: Josh Hutcherson. Continuando a fissarlo mentre interpretava Peeta Mellark o Steve Leonard o il curioso Sean Anderson mi addormentai.
 
Non passò molto tempo che qualcosa mi fece svegliare. Il telefono vibrava accanto alla mia testa, sopra il materasso. Una musichetta tintinnante iniziò a diffondersi per la stanza. Velocemente lo coprii con il cuscino per non svegliare i miei. Infilai una mano sotto di esso e invece di spegnerlo accettai la chiamata.
-Pronto “sfigatella”? Su, avanti rispondi, so che sei in linea! Ragazzi, tutti insieme, chiamiamo il cesso che ci sta ascoltando così magari ci degna di una sua risposta!-
Anche senza portarmi il cellulare all’orecchio potevo udire distintamente quelle parole di scherno che mi ferivano più il cuore che l’udito. Ero completamente pietrificata, dentro di me cresceva quel senso di vuoto che ormai conoscevo fin troppo bene. La punta del mio naso mi doleva appena, quello era il segno che di lì a poco sarei scoppiata in lacrime.
-SFIGATELLA! SFIGATELLA! Vedrai cosa succede domani quando vieni a scuola se non rispondi subito, dai piccola papera facci sentire come starnazzi-
Sapevo che per far cessare quei ridicoli ma dolorosi insulti bastava schiacciare un tasto, ma ero letteralmente pietrificata, come se fossero davanti a me e mi stesse deridendo di fronte a una folla. Non so come riuscii a riattaccare la telefonata, ma ormai le lacrime avevano inondato le mie guance. Lasciai cadere il telefono sul letto e mi alzai.
Per le lacrime la mia stanza sembrava così insidiosa che invece di arrivare al bagno capitai contro al muro. Mi appoggiai a questo e singhiozzando mi lasciai scivolare a terra. Mi rannicchia portando le ginocchia al petto e cercando di fermare i singhiozzi. Quando rialzai il volto che avevo soffocato tra le mie braccia la luce della città che filtrava dalle tende della finestra illuminava lo sguardo di Josh sul mio soffitto.
Lo guardai intensamente mentre le mie lacrime finivano, non ne avevo così tante, le esaurisco sempre presto. Tornai verso il mio letto e spegnendo il cellulare mi nascosi tra le coperte sperando di non doverci mai più uscire.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - E’ un altro giorno ***


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***

Il sole sorge e la sua luce inizia ad entrare dalla finestra della mia camera. Quando arrivano le sette la mia sveglia suona. Non ho nemmeno il coraggio di far uscire un braccio da sotto le coperte per spegnerla. Mentre continua a suonare incessantemente, io mi tengo riparata dal sole mattutino sotto al mio piumone, come un vampiro con la sua fotofobia.
Siccome mi sono addormentata piangendo, come al solito, sono sicura che avrò un aspetto orribile, con gli occhi gonfi e arrossati. Non mi sorprende che tutti mi evitano, io lo farei se vedessi una ragazza che sembra avere la depressione cronica. Tra l’assordante squillo della sveglia riuscii a distinguere i passi frenetici sulle scale prima che la mia porta si aprisse. Non mi mossi comunque.
-Santo cielo!- urlò mia madre spegnendo la sveglia. -Alzati che è tardi, devi andare a scuola. Possibile tu non abbia sentito la sveglia?-
Mi rigirai nel letto senza scoprirmi e mugugnando.
-Tesoro? Stai bene?-
Annuii restando sotto al piumone, non doveva vedermi così o mi avrebbe obbligato a dirle cosa era successo la notte scorsa. Per fortuna mio padre mi salvò chiamando mia madre dalla cucina.
-Arrivo amore!- rispose lei. -Tesoro, vestiti e vieni a fare colazione che fra poco passa lo scuolabus-
Sentii che mia madre scendeva e dopo aver contato lentamente fino a tre venni fuori da sotto il piumone. La luce mi accecò per qualche minuto. A tentoni mi misi in piedi e cercai le pantofole. Dopo qualche tentativo riuscii anche a reggermi in piedi senza sbattere contro il comodino e mi diressi in bagno con gli occhi aperti a fessura.
Mi lavai il viso con l’acqua gelida e finalmente riuscii a mettere a fuoco la mia immagine riflessa allo specchio. Quella che vedevo non era una ragazza, era solo un’immagine triste di quella che doveva essere una persona nel fiore degli anni. Mi pettinai e tornai in camera per vestirmi. Una normale persona della mia età e del mio sesso, avrebbe impiegato minuti per scegliere come vestirsi.
Io ero arrivata alla conclusione che non avrebbe fatto alcuna differenza se mi fossi messa un vestito firmato o quel maglione preso al discount per mezzo dollaro: “loro” mi avrebbero comunque preso in giro e mi avrebbero rovesciato qualcosa di appiccicoso addosso. Identificare un “loro”, oramai, era diventato più difficile che fare un compito a sorpresa di chimica. Ora come ora era coinvolta tutta la scuola.
Mi avvicinai alla scrivania dove il mio computer era ancora accesso sulla pagina del mio nuovo blog. Nessun commento, nessun mi piace. Ero ancora una blogger alle prime armi, una di quelle che nessuno si prende la briga di considerare. Come nella vita reale. Non mi scoraggiai, forse era un bene in fin dei conti. Mi sedetti e appoggiai le dita sulla tastiera.
-Invisible Girl- “Buongiorno a tutti, o almeno spero che per voi lo sia. Ieri sera non è stata quel tipo di sera che una persona etichetta come -buona- o -stimolante-. Di sicuro non potrò dimenticarmela mai, per mia sfortuna. Anche se ci provassi, a scordarla intendo, non potrei farlo perché di sicuro qualcuno ha fatto un video o ha registrato tutto e in men che non si dica, forse giù ora, è stata pubblicata sul web.
Ogni volta mi ripeto che dovrei esserci abituata, eppure ogni volta è un colpo diretto al mio cuore. Ridono di me, vorrei che per una volta io potessi ridere con loro, sarebbe una conquista. Ma forse non ne vale la pena. Oggi è un altro giorno… Vorrei poter sperare che sia un giorno fortunato, ma ho perso anche la speranza.
Sarà un giorno pieno di sorprese, non so cosa mi faranno oggi, forse riuscirò ad entrare in classe senza aver pianto, sarebbe una conquista. Forse riuscirò a non saltare nessuna ora perché i miei vestiti sono fradici, o forse no. La mia vita è piena di incertezze, lascio il blog acceso in caso ci siano novità. A chiunque stia leggendo auguro una mattina migliore della mia!”

Presi il mio cellulare da terra e lo accesi. C’era un messaggio con numero privato e senza aprirlo lo cancellai direttamente, nessuno mi scrive mai. Mi connessi alla pagina del blog e mi infilai il telefono nella tasca dei pantaloni, presi la cartella e scesi giù. Non avevo voglia di parlare con i mie, così presi un toast e con un “ciao” mugugnato uscii fuori dalla porta di casa prima che potessero fermarmi.
Era consapevole che i miei si erano guardati un po’ spaesati e che quella sera mi sarebbe aspettato un interrogatorio, il problema è che so che sono brava a nascondere il mio dolore solo per una volta al giorno. Voglio tenere questa opportunità per sta sera, mi servirà. Camminai fino alla fine del mio quartiere e arrivai alla fermata dell’autobus.
Sull'unica panchina c’erano seduti una banda di ragazzi con lo skate che vengono alla mia stessa scuola. Mi tenni a debita distanza da loro e mi appoggiai al palo, quasi come se credessi che questo gesto potesse nascondermi alla loro vista. Sono un po’ patetica, lo ammetto, ma è questo che sono spinta a fare dopo essere braccata come una preda di caccia.
Per fortuna lo scuolabus arrivò in orario. Lasciai che la combriccola salisse per prima, poi a testa bassa, salii anche io. Come finii di salire la piccola scalinata interna al mezzo, le risate e le urla di tutti finirono. Anche se continuavo a guardare a terra sapevo che la maggior parte dei passeggeri guardava me.
Avevano forse già condiviso la chiamata di ieri? O erano tutti stati testimoni in prima persona? Avanzai in mezzo alle prime file prima di trovare due sedili vuoti e mi ci sedetti. Sentii dei sussurri, malgrado la prima fase di mutismo, quel continuo sussurrare non era normale. Con buone speranze forse avevano scoperto il mio blog, o forse stavo cadendo in una qualche sorta di trappola.
Le chiacchiere ripresero poco dopo. Il brutto di essere sempre il centro del mirino è che anche negli istanti di tranquillità ti sembra di essere sempre la vittima. Ti giri e vedi persone che parlano e tu sei convinta che stiano parlando di te, che ti stiano prendendo in giro e tu non puoi farci niente, se non stare a guardare e basta.
Quando, finalmente, lo scuolabus fermò davanti a scuola aspettai che tutti scendessero per evitare sgambetti e spinte. Come al solito Bob, il conducente, mi sorrise e mi augurò una buona giornata. Ricambiai con un timido sorriso, anche se non si abbinava ai miei occhi gonfi. Lentamente percorsi il cortile in direzione dell’entrata della scuola.
Il piano era entrare e nascondersi in bagno fino al suono della campanella e andare in classe dove sarei stata al sicuro. In quel momento sentii il telefonino vibrare. Non potei resistere e lo tirai fuori e lo guardai. C’era un messaggio dal blog. Ancora prima di poter solo pensare di leggerlo il solito gruppo di sportivi mi venne in contro.
-Ciao sfigatella- quella era la voce che avevo sentito la scorsa notte al cellulare, quella era la voce del ragazzo più gettonato e più stronzo della mia scuola. -Vedo che ti sei degnata di onorarci con la tua presenza-
Non gli risposi e non alzai nemmeno lo sguardo. Mi ero solo fermata davanti a lui stringendo le dita per evitare di scoppiare in lacrime davanti a lui. Non gli avrei dato tutta questa soddisfazione. Si avvicinò di più a me e iniziò a giocare con una ciocca dei miei capelli.
-Ti ho mai detto che hai dei bei capelli per essere una sfigatella? È un vero peccato che abbiamo deciso di fare una piccola variazione alle tue giornate- sorrise trionfante alzando una mano come per avvertire i suoi amici di stare pronti. -Sai cosa facciamo ai novellini nerd in questa scuola?-
Annuii leggermente. Sapevo cosa lui e gli altri osavano fare a quei poveri ragazzini impauriti nel loro primo anno alla Jefferson High School.
-Allora avrai capito cosa ti aspetta ora- la mano del quarterback si abbassò e quattro ragazzi con la felpa della squadra di football si avvicinò a me con in mano degli enormi bicchieroni pieni di chissà quale bevanda.
-Ehy, amore- stridette una voce.
Alzai il volto appena, solo per vedere le tre figure candide che si avvicinavano con la coda dell’occhio. In verità di candido non hanno proprio niente se non le divise da cheerleader. Comunque eccole lì, tanto fiere e sicure, pronte a demolirti ogni convinzione con poche parole.
-Jennifer? Sei arrivata in tempo per vedere la doccia della sfigatella-
-Proprio adesso, tesorino?-
La vanitosa cheerleader si avvicinò al capo della squadra di football per affondare i suoi artigli laccati tra i capelli di questo e per scoccargli un bacio sulle labbra. La guardai meglio e mi scoprii a pensare quanto sarebbe stato bello romperle quel bel nasino rifatto.
-Come sarebbe “proprio adesso”?- le chiese lui. -Direi che è il momento perfetto, ne avevamo già parlato piccola-
-Si, lo so- gli fece la “boccuccia a cuore”. -Ma io aspetterei l’ora di pranzo, così facciamo anche un’opera pia e la facciamo dimagrire. Un pasto in meno ti può fare solo meglio, balenottera-
Con aria da innocente miss barbie mi guardò e mi fece un occhiolino. Quella era la mia vera rivale, se non fosse stato per lei avrei meno problemi.
-Ok, va bene tesorino- si lasciò convincere il ragazzo. -Ci vediamo a pranzo, sfigatella. E portati un cambio se lo hai- rise allontanandosi con la squadra di football.
Jennifer e le sue due copie si avventarono su di me.
-Spero che tu sia contenta di essere venuta anche oggi nella mia scuola. Ti avevo promesso tutto questo, non hai voluto ascoltarmi. Se vuoi che finisca hai una semplice via di fuga- detto questo, sorridendo, fece il solito gesto per schermirmi. Fece finta di bere qualcosa e sghignazzando se ne andò con le sue due amichette. Ovviamente era ovvio che non avrei dovuto bere un bicchiere di latte, ma un’altra cosa bianca.
Misi via il cellulare ringraziandolo per avermi fatto fermare e incontrare quei… Non so nemmeno come definirli. Sospirando e con un senso di vuoto in petto, entrai a scuola.
-Invisible Girl- “Sarà una dura giornata.”

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - La mia giornata tipo ***


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***

I corridoi pullulavano di studenti. Camminando con le braccia strette al petto per cercare di farmi più piccola possibile, pregai di arrivare incolume almeno fino all’armadietto. Qualcuno mi spinse, quando mi sorpassò mi accorsi che era stato un nerd del secondo anno. Ero così poco popolare che persino gli studiosi mi prendono di mira.
È come essere l’ultimo anello della catena alimentare, quel misero e insignificante granello che non serve a niente se non come capro-espiatorio. Raggiunsi il mio armadietto e ci staccai i soliti fogli di insulti che tutti vi appiccicano. Per mia fortuna il bidello ha posizionato il secchio della spazzatura lì vicino, così posso subito fare pulizia. Questa è la routine di ogni singolo giorno, sono così abituata che senza più scandalizzarmi stacco anche il foglio che il nerd di prima mi ha attaccato alla schiena.
Apro l’armadietto e la cartella, vi deposito dentro i libri che mi servono (nella cartella) e quelli per dopo lì metto nell’armadietto. Chiudo il tutto con un forte lucchetto per prevenire che qualcuno mi scassini la chiusura e mi riempia l’armadietto di rane vive prese dal laboratorio di scienze, come l’anno scorso.
Guardo l’orologio: c’è ancora troppo tempo prima che la campanella suoni e restare in corridoio è pericoloso. Potrebbe accadere che la squadra di football cambi idea e mi rovesci subito quelle schifezze addosso. Oppure, potrebbe succedere, che qualcun altro prenda l’iniziativa e i foglietti con scherzi diventino più pesanti. Corsi nel bagno delle ragazze e mi calmai solo quando, finalmente, mi chiusi dentro uno dei cubicoli con il wc.
Il mio respiro era affannoso, non avevo corso una maratona, ma tutte quelle paranoie mi chiudono la gola e mi fanno venire le palpitazioni. Sono piena di ansia dentro di me, il petto mi scoppia e lo stomaco mi duole senza un motivo preciso. Mi viene quasi da volitare il toast che sono riuscita a mangiare, ma resisto.
Se ora dalla porta del bagno entrassero quelle tre gallinacce che prima ho incontrato, questa potrebbe benissimo essere una scena di un film. Se fosse così saprei che per me, la protagonista, c’è una speranza per un lieto fine. A meno che non fossimo in un film drammatico. Purtroppo questa è la vita reale, quello che mi accade è reale, anche se vorrei fosse solo un bruttissimo sogno.
Riprendo di nuovo in mano il mio cellulare e vado sulla pagina del blog, devo sfogarmi.
-Invisible Girl- “Salve a tutti! Sono sempre io. Anche oggi sono riuscita a entrare a scuola. Ora la domanda è “chissà se ne esco”. Ho già avuto dei “bei” incontri oggi; una squadra di football e tre odiose cheerleader. Purtroppo ho una brutta avventura che mi aspetta all’ora di pranzo. Non sono sensitiva, ma non ci vuole un genio per capirlo.
Oggi, per un nano secondo, ho pensato di tirare un pugno in pieno viso alla persona che più odio in questa scuola. Vorrei tanto che la smettesse di rendermi la vita difficile, non so nemmeno il motivo per cui lo fa. Vorrei che tutti me lo spiegassero.
Non ho mai fatto male a una mosca, che io ricordi ero e sono gentile con tutti; eppure questa tortura dura da anni e anni. Essere all’ultimo anno della scuola non ha cambiato niente, sono sempre io quella che riceve ogni singola calunnia in questa maledetta scuola. Non pensate che io faccia la vittima che subisce e basta.
Ho parlato di tutto questo ad alcune persone. Quando l’ho detto al preside è stato peggio. Ho provato con una terapista, ma la sua risposta è stata che dovevo ribattere e farmi valere. Quando ho cercato di aprire bocca mi hanno portata in bagno e messa con la testa dentro a uno dei cessi…
Potrei dirlo ai miei genitori, ma…”

La campanella suonò in quel momento. Sospirai riponendo il cellulare nella tasta posteriore del miei jeans. Appoggia l’orecchio alla porta per sentire se c’era qualcuno, ma non sentii niente. Uscii, allora, dal cubicolo e abbandonai anche il bagno correndo nell’aula di matematica. Arrivai proprio quando il Professor Reed stava per chiudere la porta della classe. L’uomo mi sorrise appena e mi fece entrare con un gesto. La classe rideva e scherzava e mentre io mi dirigevo al mio solito banco solitario vicino alla finestra in terza fila, qualcuno mi tirò qualche palla di carta arrotolata.
Con una leggera smorfia di disgusto mi sedetti e tirai fuori i libri.
-Allora, ragazzi, aprite il vostro libro alla pagina 145- iniziò a spiegare il professore di matematica.
Lui è sempre stato uno dei miei professori preferiti. Non è molto severo, almeno non con me. Credo che capisca, almeno in parte, la condizione in cui sto ed è per questo che nelle sue ore mi sento in pace. Tenta sempre di castigare chiunque mi dia fastidio, anche se quella persona è uno sportivo.
Nelle altre classi se il professore, o la professoressa, vede che una cheerleader o un giocatore della scuola mi schermisce, fa finta di niente perché ai migliori della scuola, che con il loro impegno portano fondi e contributi all’istituto stesso, non si dice niente. Il professor Reed è l’unico che cerca di migliorarmi l’esistenza.
-Sapete dirmi che tipo di derivata è questa? Jacobson?- continuava indisturbato il professore scrivendo sulla lavagna numeri e lettere.
Vorrei tanto che avvertisse lui i miei genitori su cosa sto passando. A proposito di genitori… Presi di nuovo il cellulare e cercando di nascondermi da tutti finii il mio post sul blog.
-Invisible Girl- “…Ma la loro preoccupazione per me schizzerebbe subito alle stelle. Poi si sentirebbero in colpa perché non se ne sono mai accorti. Il tutto finirebbe che cambierei scuola e Jennifer avrebbe vinto. Se ciò avvenisse allora dimostrerei a tutto il mondo che i bulli vincono e che i perdenti rimangono tali tutta la vita.
Io non voglio uscirne facilmente, non voglio cambiare scuola con la probabilità di incontrare una nuova Jennifer; non voglio mettere fine alla mia vita per lasciare tutta questa merda. Non cambierei nulla!  Io voglio che qualcuno mi dimostri che non tutti sono contro di me, vorrei un amico che mi sostenga, mentre io porto avanti la rivoluzione di tutte quelle povere persone prese di mira dal bullismo. Voglio mettere fine a tutto…”

Sospirai mettendo via il cellulare e assicurandomi che fosse in modalità silenzioso. Non volevo guai. Presi il libro di matematica e cercai di seguire la lezione sulle derivate, quando mi colpì un’altra palla di carta. Questa era rimbalzata sulla mia spalla ed era caduta sul mio banco. La presi in mano: era grande quanto il mio pugno.
Mi venne voglia di lanciarla indietro e magari colpire chi a sua volta me l’aveva tirata. Poi mi accorsi che era un messaggio per me. L’aprii e la lessi.
“Ciao sfigatella, come va? Spero tu sia informa per dopo, ti aspettiamo puntuale, goditi le lezioni della mattina. Ti aspetta un pranzo a base di pesce…
J.”
Accartoccia di nuovo il messaggio e lo riposi sul davanzale, così appena avrebbe suonato la campanella lo avrei gettato nel cestino. Guardai fuori dalla finestra e cercai di concentrarmi sul mondo esterno. Se fossi stata più furba ora avrei un piano per tirarmi fuori da quel guaio. Potrei usare gli spiccioli nella mia tasca per prendermi qualcosa alle macchinette e nascondermi nel ripostiglio del bidello fino alla fine dell’ora di pranzo.
Oppure potrei presentarmi in mensa e stare sempre accanto ai professori, così non mi potrebbero colpita. Oppure, se solo avessi stretto amicizia con le cuoche della mensa, avrei potuto rifugiarmi da loro. Sospirai. Dovevo fare in fretta e decidermi, mancano solo tre ore prima del pesce.
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 - L’aiuto ***


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Mancavano ormai pochi minuti all’ora di pranzo. Ero nella classe di storia americana e mentre la professoressa Kennedy stava completando lo schema alla lavagna, io giocherellavo impaziente con la mia matita B12. Ogni piano precedentemente pensato, si era completamente dissolto come fumo appena ero entrata nell’aula dato che non mi ricordavo che Matt, quel bastardo del capo della squadra di football, e altri due tre della squadra seguivano questo corso con me.
Mi maledissi per non averlo ricordato prima. Di sicuro come sarebbe suonata la campanella, si sarebbero presi il disturbo di fare in modo che io raggiunga la mensa scolastica pronta per ciò che mi aspetta. Ormai ero senza speranze, forse avevo un cambio per dopo nell’armadietto, oppure avrei dovuto rovistare tra gli oggetti smarriti o tornarmene a casa marinando le lezioni pomeridiane di musica e drammaturgia.
Sentii il telefono vibrare debolmente nella tasca dei miei pantaloni. Lo tirai fuori con cautela assicurandomi che la prof non mi vedesse. Lo appoggiai sul banco e lo nascosi con l’astuccio. Sbloccai la tastiera e mi accorsi che era un messaggio dal blog. Sicuramente non poteva andarmi peggio di come fino a ora era andata, così accettai di leggerlo. Mi si aprì la pagina del blog, c’era un commento al mio ultimo post, quello scritto l’ora prima dove informavo cosa mi aspettava in mensa.
-RedBoy- “Secondo me dovresti andarci a testa alta, far vedere che non ti pieghi, loro si aspettano una tua reazione disgustata e impaurita, dovresti, a mio parere, aggiungere un -Abbiamo finito?- alla fine, tanto per non dargli soddisfazione. Io sono dalla tua parte”
Rimasi alquanto sbalordita di quel commento, ma qualcosa dentro di me si mosse. Potrei dire che si espanse nel mio petto. Sentivo una sorta di calore che mi fece sorridere di felicità come non facevo da tantissimo, troppo, tempo. Mi mancava quasi il respiro dalla contentezza, non potevo farci niente, continuavo a sorridere e devo aver avuto una faccia alquanto buffa.
La professoressa Kennedy, girandosi verso la classe, si accorse che sorridevo, forse era la prima volta nella sua vita che mi vedeva finalmente sorridere. Ero davvero felice, avevo nuova speranza, finalmente qualcuno era dalla mia parte, non tutti erano contro di me, qualcuno mi sosteneva. Certo, probabilmente era una persona dall’altra parte del mondo e non poteva fare niente se non commentare qualche mio post, ma era pur sempre qualcosa. Non ero sola.
-Signorina White, tutto bene? Si sente male?-
-Non si preoccupi professoressa, fra poco starà meglio- mi fece un occhiolino Matt indicando l’orologio appeso al muro con un cenno del capo.
-Silenzio Sallivan, non sei stato interpellato- lo rimproverò la professoressa.
-Si ma se aspetta una risposta dalla sfigatella, professoressa, temo che prima scoppi la terra!-
Tutti si misero a ridere alle parole di Matt, la professoressa gli mise a tacere dopo poco, ma non gli castigò in nessun modo e, anzi, tornò a fare lezione come se niente fosse.
-Tic-tac, sfigatella!- mi sussurrò Matt pochi secondi prima che suonasse la campanella dell’ora di pranzo.
Rimasi con un sorrisino sulle labbra mentre mettevo i miei libri dentro la cartella. Tutti uscivano dalla classe dirigendosi in mensa per prendere un posto in fila. Matt e i suoi tirapiedi, come previsto, si appostarono fuori dall’aula aspettandomi. Per un millesimo di secondo valutai la possibilità di saltare dalla finestra come un ninja, ma eravamo al secondo piano e io non sono un ninja.
Mi caricai lo zaino sulle spalle e respirando profondamente uscii dall’aula.
-Allora?- chiesi cercando di mascherare il tremore nella mia voce. -Si va?-
-Certo sfigatella- mi prese sotto braccio Matt. -Da questa parte…-
Mi condussero fino alla mensa. La maggior parte degli studenti ormai si era servita e aveva portato il suo vassoio al proprio tavolo. Io di solito mi ritrovo a mangiare su un tavolino tutta sola, almeno in quei moment sono tranquilla. Feci un altro respiro profondo ripetendomi che ce la potevo fare. Ed ecco che le visioni celestiali tornarono. Jennifer e le sue leccapiedi apparvero con i vassoi in mano. Ovviamente i bei artigli laccati della capo Cheerleader non dovevano scheggiarsi, quindi il suo vassoio lo portava una delle sue ombre.
-Tesoro- squittì. -Hai già preso la brodaglia? A questa ragazza serve un tocco di colore- sorrise prendendomi il mento fra le sue dita aguzze.
-Certo, piccola- rispose il quarterback schioccando le dita.
Subito quattro o cinque ragazzi con il giubbino da sportivi e ben piazzati si avvicinarono a me, accerchiandomi in mezzo alla mensa, e con a testa un bel bicchierone di carta. Cercai con lo sguardo un professore che potesse assistere alla scena, purtroppo tutti erano in aula insegnanti, nessuno era in mensa quel giorno. Matt, Jennifer e le sue amichette uscirono da cerchio. I cinque ragazzoni si avvicinarono di più a me, ma proprio in quel momento, per la prima volta nella mia vita ebbi un colpo di fortuna assurdo.
Arrivò uno di quei patiti delle scarpe con la rotellina sotto. Sgommando per la sala con un vassoio in mano non si accorse che a uno dei studenti era caduta dal vassoio la buccia di banana che aveva appena mangiato. Questo la prese in pieno e perse il controllo. Entrò nel cerchiò sbandando dopo aver lasciato cadere il vassoio sopra a uno dei ragazzoni che mi accerchiava. Mi spinse verso gli altri giocatori di football davanti a me. Gli investimmo in pieno e loro rovesciarono i beveroni su Jennifer e Matt mentre le altre arpie scamparono il pericolo indietreggiando velocemente.
Il ragazzino si tirò su velocemente e mi tese una mano per farmi rialzare.
-Non volevo, mi dispiace davvero- farfugliò dispiaciuto e con voce balbettante. Quando si accorse che i più popolari e cattivi della scuola erano in condizioni penose, divenne tutto rosso e scappò via.
Io li guardai senza dubbio trionfante e senza pensarci dissi. -Abbiamo finito?-.
Jennifer iniziò a lagnarsi
-Matt! Matt guarda che ha fatto, prendila! Prendila e fargliela pagare!- tuonò con quella sua vocetta stridula.
I ragazzi del football si misero in piedi, uno di loro era pieno di spaghetti al sugo e, accompagnato da altri due suo compagni di squadra andò a ripulirsi. Gli altri se la svignarono appena si accorsero che Jennifer stava per scoppiare. Matt, sotto a quella brodaglia marrone, si vedeva come stava diventando rosso di rabbia. Strinse i pugni e a denti stretti ringhiò.
-Questa ce la paghi, sfigatella.-
-Ma io non ho fatto niente- dissi con aria angelica. -Se puoi punirmi per qualcosa che non ho fatto-
Matt produsse un urlo di rabbia che fece tacere tutti quanti nella mensa, mentre i tira-piedi di Jennifer cercavano di pulirla con piccolissimi fazzolettini di carta.
-Ma prendete qualcosa di più grande- si lamentò ancora lei.
Tutti non poterono non scoppiare a ridere e anche io inizia a ridere come una matta che quasi mi piegavo in due.
-Vedrai cosa ti aspetta domani- mi avvertì il quarterback mentre si dirigeva verso i bagni per pulirsi seguito da Jennifer che cercava di apparire degna di ammirazione anche se piena di un liquido dal colore orrendo.
Io presi da terra il mio zaino e approfittando del fatto che tutti ridavano e nessuno mi faceva caso, andai in fila per prendermi da mangiare. Aprii la pagina del blog sul mio cellulare e risposti al commento di -RedBoy-.
-Invisible Girl- “Grazie mille per il consiglio, devo dire che sei in gamba. La mia rivale è andata via imbevuta in quel liquido orrendo, come anche il capitano della squadra sportiva della mia scuola. Tutto grazie a te e a un colpo di fortuna, spero non sia l’ultimo.
La risposta mi arrivò quasi subito.
-RedBoy- “Io non sbaglio mai nel scegliere le persone in cui credere. Continua così, se vuoi io sono qui.”

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 - Basta un “Aiuto Vampiro” ***


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Potevo solo immaginare cosa mi aspettava. Non sapevo bene quando, ma sapevo che qualcosa era in agguato. Il pomeriggio passò liscio come l’olio, troppo tranquillo per essere normale. In quel momento mi parve che tutto fosse…
-Invisible Girl- “…Come la calma prima della tempesta. Sapere come si dice no? Quando l’onda sta per arrivare, prima l’acqua è calma. Comunque basta con le metafore, parliamo come mangiamo! Ok, non lo faccio più. Il problema è che sono agitata, tremendamente. Jennifer oggi non è venuta alla lezione di musica, forse se ne è tornata a casa.
Anche Matt è sparito, so che hanno dato la colpa a me per quello che vi ho raccontato. Io non ne ho colpa di fatto, anche se vorrei, è stata solo una botta di fortuna che temo non avrò più. Che dispiacere…”
-RedBoy- “E se poi la fortuna tornasse? Mai dire mai!”
-Invisible Girl- “Mi piacerebbe davvero tanto, fra poco finisce l’ora di drammaturgia. Spero di riuscire ad arrivare a casa tutta intera, oggi sono pure a piedi. Ho timore che mi stiano aspettando fuori per la rivincita.”
-RedBoy- “Scappare non serve a niente.”
-Invisible Girl- “A volte serve per conservare la vita, però…”
-RedBoy- “Non possono ucciderti, stiamo parlando di studenti di una scuola superiore, non siete nemmeno maggiorenni. Il massimo che possono farti è umiliarti, certo, ma da quanto racconti lo fanno da anni. Dimmi: che hai da perderci ora?”

-Signorina White! E’ un cellulare quello che vedo?- mi richiamò per la prima volta la professoressa.
Io nascosi subito il mio cellulare coprendolo con i libri.
-No, professoressa…- cercai di dissimulare la mia colpevolezza.
-Molto bene. Come dicevo, William Shakespeare è stato un drammaturgo e poeta inglese, considerato come il più importante scrittore in lingua inglese e generalmente ritenuto il più eminente drammaturgo della cultura occidentale…- continuò la sua lezione l’abbondante professoressa Orson.
Pensandoci bene -RedBoy- ha proprio ragione. Ne ho subite così tante in questi anni che non ho proprio di che preoccuparmi. Il mio morale è già sottozero come la mia reputazione qui a scuola e io non ho niente da preservare. Forse è ora di cercare di riguadagnarmi qualcosa, ma la mia timidezza e la derisione di tutti nei miei confronti, non mi aiuta.
Potrei provare a inscrivermi a qualche club e farmi degli amici, se quel lettore del blog mi sostiene vuol dire che in fin dei conti non sono proprio una perdente sotto tutti i punti di vista. Se fossi un po’ più azzardata, un po’ tanto diciamo, cercherei semplicemente di farmi notare dagli altri sfidando Jennifer e Matt pubblicamente. Potrei trarre vantaggio da ciò che è accaduto oggi in mensa e cercare di duplicare la cosa, si, di farla ripetere.
Se succedesse questo potrebbero esserci dei vantaggi. Cercai di impiegare gli ultimi minuti rimanenti, prima delle tre e un quarto di pomeriggio, immaginandomi mentre faccio in modo che gli scherzi di Jennifer e Matt gli si ritorcano contro.
“-Sfigatella vieni qui, abbiamo una sorpresa per te, volevamo restituirti il favore! James, porta qui la spazzatura, dobbiamo fare pulizia-
Lo scagnozzo di Matt porta il bidone aperto pieno degli scarti della mensa di quel giorno. La puzza è terribile e insopportabile anche se siamo all’aria aperta. Due omoni mi affiancano e sono pronti a buttarmici dentro appena Matt darà il comando. Io cerco di scappare ma Matt mi si para davanti.
-Non scappi per niente, sfigatella!-
Mi sento in trappola, ma cerco di rimanere calma. Non voglio finire dentro la spazzatura! Vedo che un altro giocatore di football sta tenendo un po’ inclinato il bidone per aiutare gli altri quando dovranno infilarmici. Ancora prima che possa dire le mie preghiere e fare un passo in avanti, uno skate scappa da sotto i piedi di uno dei ragazzi che stavano facendo acrobazie in cortile. Questo cade per terra e lo skate va a infilarsi sotto il mio piede alzato.
Scivolo e cerco un sostegno per non cadere. Così  spingo Matt dentro al bidone a testa in giù. Finisco a terra e ci rimango dal ridere vedendo Matt che cerca di venir fuori dal secchio, mentre i suoi amici non sanno se aiutarlo o scappare per evitare la sua furia.”
Se ciò accadesse davvero le conseguenze potrebbero essere due.
“Tutti ridono con me vedendo la scena. Matt e Jennifer piano piano la smettono di prendermi di mira perché capiscono che ci rimettono solo loro.”
E questo sarebbe il finale perfetto, quello che mi piacerebbe tanto. Per non parlare che in questo caso potrei persino diventare popolare, mentre loro cadrebbero in disgrazia e capirebbero cosa ho passato in questi anni. La seconda opzione è più tragica…
“Come Matt finisce nel bidone e si tira fuori inizia a urlare che è colpa del malocchio che io porto con me. Tutti gli crederebbero e io finirei si per essere lasciata in pace, ma sarei anche etichettata come quella che porta sfiga.”
Un appellativo da porta sfiga non va via facilmente. Essere la sfigata in una scuola superiore può portare a non esserlo al college, ma essere una porta sfiga… E’ una cosa che ti segna a vita. Quindi l’idea è scartata. Non posso competere così: pregando che arrivi un’altra botta di fortuna per me. Se l’avessi spinto io, forse sarebbe stato diverso. Se lo spingo io forse passerei come quella che ora vuole farsi valere, che è stanca di essere soggiogata da tutti. Ma io ne sono capace? Non penso.
Finalmente la campanella suona. Come al solito faccio con calma e aspetto che tutti se ne escano, anche la professoressa. Quando l’aula è vuota, con circospezione, esco anche io. I corridoi si svuotano velocemente. Il bidello in un angolino prepara tutto per pulire i pavimenti. Non so se uscire dal retro e provare a sfidare la fortuna. Decido per la seconda.
Tutti stanno raggiungendo macchine, bici e famigliari. Se potessi avere un mezzo di trasporto mio come tutti gli studenti della mia età, ora tornerei a casa con una macchina macchiata di una scritta come “bitch”; e questo è il motivo principale per cui evito di venire a scuola con bici, motorino e macchina o qualunque altro mezzo di trasporto personale sul quale si può scrivere.
Mi guardo bene intorno cercando di rimanere nella penombra. Fuori c’è un sole che spacca le pietre, mi piacerebbe poter andare in spiaggia con le amiche e chiacchierare. A volte mi immagino in un’altra vita senza Jennifer. Io sono una persona anonima a scuola, certo, ma almeno ho amici. Ho sempre sognato di avere una migliore amica. Poter anche io parlare di ragazzi con qualcuno, fare pigiama party, scambiarci trucchi e vestiti.
Dirci qualunque cosa e consolarci. Dio solo sa quante volte avrei voluto sfogarmi con un’amica. Abbracciarla e sentirmi dire che lei mi aiuterà e che è felice che le abbia detto quel segreto. Poi avrebbe fatto una battuta per farmi ridere e avrebbe commentato il mio sorriso con un -“Hai visto che sorridi? Dai, andiamo a rubare del gelato dal freezer di mia madre”-. Forse è questo che mi manca davvero…
Ma non è ora di perdere tempo. Guardo ancora il cortile della scuola, ormai c’è poca gente e non vedo Matt e Jennifer. Scendo velocemente i gradini e corro via in direzione di casa mia. Per fortuna non abito molto distante, quasi dieci isolati a piedi e già sono arrivata. Mi infilo in casa il più velocemente possibile senza voltarmi. Mi sembra quasi di essere ricercata, mi sento tutti gli occhi addosso.
Salgo le scale, sento mia madre che mi saluta dal salotto, probabilmente è con qualche sua amica a prendere del te. Mugugno quello che dovrebbe essere un saluto di risposta e mi chiudo in camera. Lascio cadere la cartella sul pavimento e poco dopo la raggiungo anche io. Ho il cuore che mi va a mille, il fiato corto e i piedi doloranti per la corsa e la camminata sostenuta.
Sono letteralmente distrutta. Decido di concedermi un bagno caldo e il film “Aiuto Vampiro” con il bellissimo e oscuro (per l’occasione) Josh Hutcherson, forse questo mi distenderà i nervi… Vado in bagno e mi preparo la vasca con tanto di bollicine. Forse per la fretta ho esagerato: ho svuotato mezzo flacone. Prima di entrare nell’acqua spengo il cellulare per evita chiamate indesiderate. Preparo la tv che ho in bagno e metto il film attaccandoci la chiavetta USB. Mi immergo e mi lascio andare appena viene inquadrato l’amico del protagonista effettivo della storia.
-Josh… Sei perfetto- sussurro mentre i nervi si rilassano piano piano.
I minuti volano e quando il film finisce io rimango ancora lì, ferma immobile, a immaginare come sarebbe la mia vita se conoscessi Josh dal vivo… Sono solo sogni a occhi aperti senza speranza.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 - Regina del Lerciume ***


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***

Erano giorni che non succedeva niente. Era davvero strano, iniziavo quasi a pensare che si fossero rassegnati e che avessi vinto la guerra. Finalmente! All’inizio non ero così entusiasta di questa calma. Mi sembrava che tutti mi parlassero alle spalle più del solito e che ogni volta che facevo un passo quello sarebbe stata la mia condanna.
Ma ogni volta mi smentivo e notavo che veramente non succedeva niente. Ogni qualvolta vedevo infondo al corridoio Matt o Jennifer cercavo di sembrare più invisibile possibile, tipo girandomi di spalle, frugando senza motivo nel mio armadietto o entrando in bagno a caso. Loro mi passavano vicino ridendo e scherzando e senza notarmi. Mi ripetevo che era una tattica, che avrebbero preso la loro rivincita in un momento qualsiasi.
Anche quando ero a casa insistentemente fissavo il cellulare, ero convinta che avrebbe suonato presto e che Matt mi avrebbe fatto uno scherzo dei suoi. Passò così una settimana, anche se all’inizio ero paranoica, alla fine di questa mi sentivo proprio bene. Quando tornai a scuola il lunedì successivo ero davvero felice, forse per la prima volta ero davvero contenta di andare a scuola.
Quando entrai nello scuolabus, tenendo la testa alta, mi andai a sedere senza paura che qualcuno mi facesse lo sgambetto. Nessuno mi fissò o smise di parlare, mi sentivo così bene. Purtroppo ogni cosa bella ha la sua fine, lo sapevo; e la fine del mio sogno arrivò all’ora di pranzo. Sembrava quasi una presa in giro.
Andandomi a sedere al mio solito tavolo con il vassoio colmo, mi era anche venuta voglia di godermi un pranzo senza preoccupazioni, mi sorprese sentire che l’altoparlante della scuola veniva azionato. Tutti ammutolirono e io sperai che non fosse lo scherzo preferito di Matt, quello che metteva in ridicolo chiunque davanti a tutta la scuola. Inutile dire che ero stata il soggetto preferito dal quarterback per quello scherzo.
Invece mi rassicurai quando fu la voce del preside a diffondersi per la scuola.
-Studenti, sono il Preside Jens che parla. Volevo ricordarvi che fra due settimane e mezzo ci sarà il ballo scolastico. Colgo l’occasione per ringraziare di già il comitato scolastico per la preparazione degli eventi, capitanato dalla nostra migliore studentessa, la Signorina Lee-
Jennifer si alzò in piedi e salutò tutti come secondo lei avrebbe fatto una regina, ma a mio parere non assomigliava per niente a un Capo di stato se non a una subdola vincitrice di un sciocco premio di bellezza. Il sorrisetto era lo stesso. Tutti l’applaudirono e io feci lo stesso, un po’ forzatamente e puntando gli occhi al cielo per cercare una motivazione del perché mi stesse tanto sulle scatole.
-Vi ricordo che in quest’occasione sarà incoronata una Regina e un Re della Jefferson High School. I candidati saranno tutti gli studenti dell’ultimo anno che esporranno le loro candidature a partire da domani mattina. La votazione sarà fatta la sera stessa del ballo, ovviamente, a cui ogni studente è invitato a partecipare con un partner. Per i ragazzi è obbligatorio un vestito elegante e per le ragazze qualunque vestito non superi, in deficienza, la lunghezza minima del ginocchio. Spero che tutti converrete che sarà una serata degna di lode e di divertimento. Buon appetito.-
Sul mio volto si disegnò un sorrisetto sarcastico.
-Invisible Girl- “Mi ha sempre incuriosito come un pugno di ragazze, che si credono piccole Celine in terra, si sfidassero per un pezzo di plastica scintillante, convinte che questo le aprirà tutte le porte nella vita. Già vedo, nella mia mente, un’ipotetica ex Miss -qualunquescuola- entrare in un ufficio in cerca di un impiego da assistente; e il datore di lavoro a leggere la sua scheda personale, alla voce Reginetta del ballo, sorridere e offrire subito il lavoro alla giovane donna.
Questa è più che una favoletta per bambini, questa sarebbe pura pazzia! Ma loro ne sono convinte. Beata l’ignoranza del popolo! Quando sei ignorante vivi in quello stato di felicità che sono una Cheerleader come Jennifer, o le sue ochette, può permettersi.”
-RedBoy- “Sarà pure una cosa stupida, ma tutte le ragazze sognano di essere ammirate per una sera. Tu no?”
-Invisible Girl- “Per quanto la proposta sia allettante, devo ammetterlo, so che sarebbe solo un’illusione. I veri sguardi che la gente mi darebbe in quell’occasione, non sarebbero veri sguardi di ammirazione, come sarei propensa a pensare a primo sguardo. Ma veri e proprio sguardi di gelosia perché, come hai detto tu, tutte le ragazze sognano un pezzo di plastica scintillante.”
-RedBoy- “Allora facciamo così: ti regalerò un pezzo di ferro scintillante così potrò guardarti con ammirazione vera, ti sentiresti meglio?”
-Invisible Girl- “Di sicuro non è il materiale che cambierebbe le cose, ma forse mi farebbe davvero sentire meglio.”
-RedBoy- “Allora te lo prometto, un giorno arriverò al tramonto davanti a casa tua con un pezzo di ferro scintillante e un cavallo bianco… Esagero?”
-Invisible Girl- “Un pochino -RedBoy-, solo un pochino. AHAHAH”

Quello stato di benessere e spensieratezza era in verità una finzione più radicata che una stupida usanza scolastica. Non sapevo, infatti, che stavo solamente abbassando la guardia e che presto ne avrei pagate le conseguenze. Infatti, proprio mentre mi alzavo con il vassoio vuoto di cibo ma pieno di spazzatura, qualcuno mi spintonò e io perdendo l’equilibrio finii a terra con tutta la spazzatura su di me.
Per mia fortuna erano solo cartacce e cose simili, quindi non mi sporcai, ma qualcuno urlo -Ho trovato un cestino!- e tutti iniziarono a buttarmi la loro spazzatura addosso. Mi trovai, nel giro di pochi secondi, piena di carte, cartine, plastica e avanzi di patatine ovunque. Trattenni le lacrime. Se questa cosa mi fosse accaduta giorni fa non ci avrei dato peso, come scherzo era molto meno pesante di quelli a cui sono abituata.
Tuttavia, dopo una settimana di pace, quello fu un colpo basso. Jennifer e Matt si fecero largo tra la gente che rideva. Le dita dagli artigli laccate schioccarono.
-Julia, una bella foto per l’annuario!- disse gracchiante la cheerleader e una ragazzina minuta con un’enorme macchinetta fotografica mi scattò una foto che con il suo flash mi accecò. Cieca e sorda per le troppe risa che mi riempivano le orecchie mi sentivo impotente e frastornata. Tra le voci di tutti alcune spiccavano e arrivavano ovattate a me.
-Guardate! Abbiamo già la nostra reginetta del lerciume!-
-Reginetta-del-lerciume! Reginetta-del-lerciume! Reginetta-del-lerciume!...-
Cercai di rialzarmi ma mi ributtavano giù. Ormai le lacrime uscivano a fiotti dai miei occhi, ero incapace di trattenerle ancora. Quei pochi minuti mi parvero ore interminabili.
-Basta, vi prego basta…- continuavo a ripetere mentre piangevo, ma ogni mia parola peggiorava le cose.
Qualcuno iniziò pure a sputarmi addosso e vennero fatte altre foto. Probabilmente suonò anche la campanella, ma tra quelle urla e quelle risate nessuno la sentì. I professori dovettero incuriosirsi dal fatto che nessuno si presentò in classe e quindi seguirono le voci fino alla mensa. Fu proprio in quel momento che qualcuno urlò un -BASTA!- davvero potente. Tutti si ammutolirono all’istante e solo il mio pianto sommesso si udiva, per qualche strana ragione non riuscivo a fermare i singhiozzi.
Era stato il professor Reed a urlare e a capo del gruppo di docenti si fece largo tra gli studenti fino ad arrivare a me.
-Cosa diavolo state fa…- le parole gli morirono in gola quando mi trovò in mezzo al gruppo, coperta di sporcizia, con gli occhi già gonfi e arrossati e mentre ancora singhiozzavo.
-Invisible Girl- “Non so dirvi quale triste gioia io abbia provato nel vedere finalmente qualcuno che mi tendeva una mano per farmi rialzare.”
-Vieni qui cara- mi disse gentilmente il professore prendendomi sotto la sua spalla. -Chi è stato a iniziare?- chiese a tutti mentre anche gli altri professori restavano a guardare ammutoliti.
Scommetto quello che volete che anche loro ora si rendevano conto che avevano sbagliato a non mettere fine a quegli scherzi che vedevano ogni giorno. Nessuno rispose alla domanda del Professor Reed, non c’era da stupirsi. Tutti sapevano che non avrebbero potuto punire tutti gli studenti della scuola, la notizia avrebbe portato con se dello scandalo, la scuola sarebbe stata menzionata negativamente sui giornali e forse pure alla televisione.
-Andate tutti in classe…- ordinò il professore e subito ogni studente, in silenzio, uscì dalla mensa. -Rita, per cortesia- si rivolse quindi alla signora della mensa che era accorsa per prima per far smettere quel baccano (senza risultati), ma non si era accorda di me fino all’istante in cui il professore non aveva separato i ragazzi per arrivare al centro di tutti. -Puoi sistemare tu il casino? Io porto la ragazza in sala insegnanti e le do qualcosa di caldo da bere, penso che sia sotto shock-
In effetti ero molto frastornata e per quanto volessi parlare riuscivo solo a produrre dei mugugni strozzati da qualche lacrima. Mi sentivo molto debole e scommetto che tremavo tutta. Malgrado sapessi che il peggio era finalmente passato avevo ancora l’udito ovattato e mi sembrava che nella sala ci fossero ancora quelle fastidiose risate. Quei minuti mi avrebbe perseguitato a vita nei miei sogni, trasformando le mie notti in incubi personali.
Mi condussero nella sala insegnanti, non ci ero mai entrata, in altre condizioni mi sarei soffermata a controllare bene ogni aspetto della stanza per non dimenticarla mai e poterla descrivere nel caso mi venisse chiesto qualcosa; ma quel giorno mi sedetti guardando solo il pavimento e non alzando mai gli occhi da esso. Mi misero sulle spalle una coperta che puzzava un po’ di umidità e mi diedero un bicchiere di plastica con della cioccolata calda.
L’accettai senza dire niente, afferrandola con una mano tremante mentre l’altra teneva stretta la piccola borsa di tela a tracolla che avevo protetto dall’assalto. Se non lo avessi fatto ora sarebbe in cima al palo per la bandiera, davanti a scuola, mentre tutto il contenuto sarebbe stato ripartito per i corridoi. Avevo già fatto una caccia al tesoro simile l’anno prima, quando lasciai per due secondi incustodita la mia borsa durante l’ora di arte.
Bevvi qualche sorso mentre i professori cercavano di capire chi fosse stato a ridurmi così. Non lo sapevo nemmeno io bene. Jennifer e Matt avevano fatto la loro grande parte, come sempre, ma non sapevo chi per primo mi aveva spinto. Non l’avevo visto in faccia, quel che era certo è che era un sportivo, la loro giacca bianca è inconfondibile!
La segretaria cercò di chiamare i miei genitori, ma da bravi lavoratori incalliti questi erano irreperibili. Il professor Reed si offrì di riportarmi a casa. Non so bene come fu il viaggio, ero troppo scossa e una volta arrivata a casa mi arrampicai sulle scale fino alla mia camera, mi tolsi i vestiti sporchi e li gettai nel cesto della biancheria. Mi preparai per una doccia e chiusi la pagina del mio blog…
 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 - Decisioni ***


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Rimasi a piangere nella doccia per un bel po’ di tempo. Non so dirvi quanto, perché non volli guardare l’orologio. Mi ero rannicchiata in un angolino e lasciavo che l’acqua cadesse sul mio corpo come della pioggia tiepida. Le goccioline d’acqua si mischiavano con le mie lacrime e mi sembrava di piangere da settimane, o anche da anni, come se non avessi fatto altro nella mia vita.
Una volta uscita dalla doccia, mi asciugai distrattamente e poi andai a nascondermi sotto al piumone, come al solito. So di aver chiuso il blog, sono consapevole che forse è lo sbaglio più grosso della mia vita, ma non voglio leggere o scrivere più niente.
Non ho proprio cancellato la pagina, forse perché mi piace avere la speranza che un giorno lo riaprirò. Chissà quando i miei compagni scopriranno questo mio segreto. Scommetto che inizieranno a insultarmi anche lì e perderò anche -RedBoy-. Mi sento veramente un verme, non voglio più uscire da sotto al piumone, mai più.
I miei genitori arrivarono per l’ora di cena. Rimasero un po’ interdetti nel notare che non avevo preparato né la cena né la tavola. Mia madre iniziò quindi a cucinare e mio padre mi raggiunse in camera con l’intenzione di sgridarmi. Lo capivo perfettamente che era arrabbiato, poiché salendo le scale aveva sbattuto i piedi a ogni passo.
Non mi mossi nemmeno di un centimetro con la speranza che non mi si notasse. Sapevo che avevo mancato nei miei compiti di figlia, ma non ero dell’umore per preparare da mangiare, sentivo ancora l’odore di scarti di cibo sulla mia pelle, figuriamoci per una lavata di capo da papà. Quando entrò nella camera, facendo cigolare la mia porta, non accese nemmeno la luce.
Probabilmente quella del corridoio illuminava l’interno della mia camera quel tanto che serviva per fargli notare che ero accoccolata sotto al mio piumone. Per qualche strana ragione, mio padre si sedette sul mio letto ed esitò un attimo. Appoggiò la sua mano dove doveva esserci la mia spalla e cercò di tranquillizzarmi con qualche carezza. Questo gesto insignificante, alquanto ordinario potreste dire voi, mi ha fatto dolere la punta del naso e salire le lacrime agli occhi.
Trattenni i singhiozzi e mi strinsi ancora di più nel piumone
-Tutto bene, piccina?- mi chiese mio padre gentilmente, rimanendo seduto dove era.
Io non risposi, temevo che la mia voce strozzata mi avrebbe tradito. Annuii semplicemente sapendo che avrebbe notato lo spostamento del piumone.
-Ok tesoro, se hai fame vieni giù a mangiare, altrimenti la mamma ti lascerà un piatto fuori dalla porta, ok?-
Annuii ancora. Non sarei andata di sotto, avrebbero visto i segni del mio pianto e io avrei dovuto spiegare cosa era successo a scuola. Le ferite erano ancora aperte, certo, ma non avevo voglia di ricordare ancora quella maledetta giornata. Come potevo essere stata così stupida da credere di potermi godere la vita? Ero caduta nella loro trappola come un salame. Sono stata stupida, stupida, stupida!
Mio padre si alzò e in silenzio tornò da basso da mia madre. Probabilmente le avrebbe raccontato i suoi dubbi su di me, avrebbero indagato e forse, dico forse, avrebbero chiamato pure a scuola. Con un po’ di fortuna il professor Reed gli avrebbe raccontato cosa era successo oggi in mensa. Non sapevo bene cosa poteva succedere dopo. Un’espulsione? Cambio di scuola? La mia morte sociale? Ah no, quella c’è già.
Quella sera non toccai cibo. Chiusi gli occhi e li riaprii per pochi secondi quando sentii che mia madre riportava via il piatto ancora pieno di cibo che, molto probabilmente, aveva messo fuori dalla mia porta alcune ore prima. La seconda volta che mi svegliai, invece, fu per colpa della mia sveglia che suonava come se non ti fosse un domani.
La spensi dandole una manata, come al solito. Non volevo andare a scuola, ci avrei rimesso solamente. Mi avevano fotografata mentre piangevo ricoperta di spazzatura. Matt e Jennifer non me lo avrebbero fatto dimenticare facilmente quell’episodio. Andare a scuola in quelle circostanze voleva dire essere masochisti; io mi odio, ma non a questi livelli.
Decisi che la scelta migliore era rigirarsi nel letto e cercare di dormire ancora. Mi sarei accontentata di un sonno senza sogni, come era stato per tutta la notte. I miei genitori uscirono di casa senza provare a costringermi ad alzarmi, gli avrei ringraziati un’altra volta per questo. Mi addormentai quasi subito, ma per mia sfortuna iniziai a sognare…
“Ed eccole ancora qua, quelle risate assordanti, quegli sguardi taglienti. Tutti che mi indicano, guardano e ridono. Sono ancora in mensa, per terra, ricoperta da ogni sorta di spazzatura. Le figura di tutti i miei compagni mi ruotano attorno, in una danza demoniaca fatta di scherno e derisione.
Anche se mi tappo le orecchie con le mani, le sento ancora e ancora. Jennifer e Matt ridono più di tutti e continuano a buttarmi addosso carte e avanzi del pranzo. Poi iniziano i flash delle macchine fotografiche. La mensa si trasforma, diventa un palcoscenico e nella platea ci sono tutte le persone della città. Los Angeles è grandissima e la platea riesce comunque a ospitare tutte quelle persone.
In prima fila ci sono gli insegnanti e i miei genitori. Nessuno mi aiuta, tutti che ridono e mi urlano contro. Mi dicono che sono orribile, una sfigata, regina del lurido. Provo a urlare a dire che non è vero, che non lo sono, ma dalla mia bocca non esce alcun suono. Mi rannicchio su me stessa, come farebbe un riccio per proteggersi. Provo persino a dondolarmi per cercare di calmarmi ma le voci non smettono e io non so più che fare.
Quando qualcuno mi tocca la spalla. Ora mi vogliono anche picchiare? Alzo lo sguardo e me lo vedo davanti: il ragazzo più bello del pianeta che mi sorride e mi tende una mano. Josh Hutcherson è qui per me, lui mi salverà ed è così. Mi aiuta ad alzarmi e in quel preciso istante la gente scompare e anche il palco.
-Sono Venuto a salvarti- mi sorride Josh. -Non devi abbatterti così, prova a reagire-
La sua voce è proprio come quella che si sente nei film, bella e potente. Il suo sorriso è ancora più smagliante e i suo occhi ancora più verdi. Mi tiene la mano e io non riesco a far altro se non a guardarlo e a sorridere, almeno credo di star sorridendo.
-Non so reagire- riesco a dirgli, la voce mi è tornata. -Non sono abbastanza forte da sola-
-Ma tu non sei sola, svegliati!-
-Non capisco…- aggrotto le sopracciglia sforzandomi di comprendere quello che mi dice Josh.
-Svegliati, svegliati, svegliati…-“
Rinvengo nel mio letto, un po’ sudata per l’incubo. Piano mi scopro dal piumone per respirare aria fresca, la luce mattutina mi acceca, saranno si o no le dieci o le undici. Guardo l’orario sulla sveglia e in effetti sono le dieci e quarantadue. Sbuffo asciugandomi gli occhi, ho pianto anche nel sonno. Guardo il soffitto dove Josh regna ovunque. L’ho sognato, me lo ricordo perfettamente, anche se non so cosa mi stesse dicendo.
Avrei voluto fosse vero, mi ha fatto sentire così bene averlo accanto a me. Mi alzai di scatto e guardai la stanza. No, non c’era nessuno, avrei voluto ci fosse Josh in effetti. Mi alzo e mi trascino fino al bagno per lavarmi la faccia. Per quanto sia bello non avere la preoccupazione di dover andare a scuola, restare a casa da sola mi fa salire qualche timore. Forse è colpa dei film horror che qualche volta mi concedo. Dovrei smettete, ma mi fanno sentire meno disgraziata: quelle ragazzine che scendono in cantina mezze nude e armate di solo mascara mi fanno più pena di me.
Dopo essermi lavata e aver sistemato un po’ i capelli, quel tanto per non sembrare la moglie di Frankenstein, torno in camera non sapendo che fare. Il mio stomaco brontola e ho delle tremende fitte, non è stata un buona idea saltare la cena. Vado giù in cucina senza abbassare la guardia, ormai mi aspetto che salti fuori Matt dall’armadio delle scope. Mi preparo dei cereali con un po’ di latte e torno nel mio regno personale al secondo piano.
Mi appollaio sulla sedia della scrivania, accanto al computer spento e lo fisso mangiucchiando. Ora sono davvero sola. Prima forse non lo ero del tutto, c’era  -RedBoy- che mi regalava un timido e fugace sorriso. Mi distraeva dalla mia vita schifosa quel tanto che bastava per credere di poter sopravvivere fino alla fine del mese. Due settimane ancora. Prima il ballo e poi il diploma, non mancava molto. Non so cosa mi spinse a farlo di preciso, so solo che mentre riflettevo su come saltare il ballo, malgrado mia madre pianificasse quel momento da anni, le mie dita scivolarono sul computer e lo riaccesero.
La prima schermata che mi apparve, dopo l’accensione, fu la pagina del blog. Era da tanto che non scrivevo, da poco prima di quel… Avete capito. Ho immaginato di aggiornarlo, ma alla fine non l’ho fatto. Per mia sorpresa sono arrivati tantissimi messaggi, o almeno più di quelli che di solito ci sono. Con mano tremante sposto il mouse sperando che non siano insulti quelli che mi sono arrivati. Inaspettatamente sono tutte notifiche di -RedBoy-.
-RedBoy- “Dai per una volta posso esagerare, no?”
-RedBoy- “Ehy tutto bene? Se vuoi non esagero, tranquilla”
-RedBoy- “-Invisible Girl- stai bene? E’ successo qualcosa?”
-RedBoy- “Mi devo preoccupare? Ti serve una mano?”
-RedBoy- “Spero tu stia bene e che aggiornerai presto il tuo blog, mi sto preoccupando”.

L’ultimo commento era di quella mattina presto, sempre di -RedBoy-. Mi commossi a vedere che mi aveva cercata, se fosse stato un altro non lo avrebbe fatto. Scommetto che nessuno oltre a lui si sarebbe preoccupato per me, anche se sono pochi giorni che ci conosciamo e sempre per via informatica. Mi tremavano le mani da una sorta di felicità quasi ossessiva. Non è che non volessi rispondere, ma temevo che facendolo mi avrebbe risposto a malo modo perché ero sparita così all’improvviso e ora non mi volesse più parlare.
-Invisible Girl- “Scusate per la mia assenza. Ho avuto un crollo emotivo, uno pesante. Ieri in mensa, poco dopo il mio ultimo post, mi sono ritrovata per terra, derisa e ricoperta di sporcizia. Non so chi leggerà questo mio commento. Non so se mi crederete, ma quello che sta succedendo a me, veramente, non è uno scherzo, non sto inventando storie per essere cagata. Vi posterei anche una foto di ieri, me le hanno scattate mentre mi sputavano addosso, ma sarebbe come divulgare quello che è successo, penso che loro vogliano proprio questo. In ogni modo di sicuro sono già in circolo nella rete. E se non lo sono ancora, prima del tramonto le troverete da qualche parte. In questo momento vorrei morire, mi sto chiedendo cosa ho fatto per meritarmi tutto questo, ma non trovo risposta. Sono incapace di trovare un valido perché. Non augurerei a nessuno questo trattamento. Avrei voluto farla finita ieri sera, ma sono riuscita a trattenermi. Non voglio più vivere così, non ce la faccio. Oggi sono rimasta a scuola, avevo bisogno di un po’ di respiro da quell’inferno dove anche i professori stanno al -gioco-, se così lo si vuole chiamare. Ho paura di tornarci domani..”
Smisi di scrivere e guardai il blog aspettando che qualcuno rispondesse. Un po’ speravo che nessuno commentasse e una parte di me invece desiderava che quel ragazzo mi scrivesse ancora con un buon consiglio e qualche parola dolce.
-RedBoy- “Ero davvero in pensiero per te, avrei voluto essere lì per difenderti. Mi dispiace davvero tanto, ma non puoi restare a casa a nasconderti e dargliela vinta così. Ora se la staranno ridendo alle tue spalle dicendo che non hai il fegato per andare a scuola dopo quello che ti hanno fatto. Quando si cade bisogna rialzarsi. Vai a scuola anche se è già tardi, presentati a loro con la testa alta. Fagli vedere che non ti batteranno così facilmente.”
Mi alzai dalla sedia carica di nuova speranza. Se fosse stato un film avrei urlato “Alla mobile”, invece mi vestii e presi la borsa per andare a scuola.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 - Contrattacco ***


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I miei erano già, ovviamente, usciti. Così mi accontentai e presi la macchina che mi avevano regalato per i miei sedici anni. Piccolina ma comoda, un po’ datata e di seconda mano, ma il motore almeno funziona. Con buone probabilità quando sarei tornata a casa avrei dovuto lavarla. Misi in moto e andai a scuola.
Ero in tempo per le due ore prima di pranzo. Parcheggia trattenendo il respiro e lottando con me stessa perché una parte di me voleva tornare a casa. Quando scesi mi assicurai di chiudere per bene la macchina. Salii la scalinata della scuola e spinsi la maniglia antipanico per entrare nell’edificio. La campanella non era ancora suonata e quindi i corridoi erano vuoti. Feci qualche passo a testa bassa, poi decisi di farmi più coraggio.
Come alzai lo sguardo mi mancò il respiro. Tutti i muri bianchi e gli armadietti grigi erano ricoperti da volantini colorati. Erano le candidature degli aspirati re e reginette della scuola, ma erano anche qualcos’altro. Da lontano non si leggeva bene e forse potevo sbagliarmi, così mi avvicinai. Ogni volantino aveva una foto e uno slogan subito sotto; e tutte le foto ritraevano me ricoperta di sporcizia.
“E’ lei che volete come regina? Votate Jennifer come reginetta della Jefferson High School e non ve ne pentirete”
“Jennifer come reginetta e la mensa sarà più pulita!”
“Regina del Lurido una volta, regina del Lurido per tutta la vita! Non fate un errore, votate Jennifer!”
Sentivo il cuore battere come non mai. Inizia a strappare quanti più volantini potevo. Riuscii a riempire un paio di cestini prima che la campanella suonasse il cambio dell’ora. Ma ogni fatica fu vana, ce n’erano troppi in giro. Gli studenti si riversarono fuori dalle aule mentre io stavo ancora staccando i volantini. Tutti si fermarono a guardarmi. Io continuavo con foga, stracciando la carta colorata.
Matt e Jennifer si fecero largo tra gli studenti.
-Lasciatemi passare! Sono capo Cheerleader io!- urlò quell’arpia. -Sfigatella!- sorrise nel vedermi.
Lasciai cadere dalle mani i fogli che avevo strappato dai muri e guardai la ragazza dai capelli cotonati.
-Jennifer… Matt-
-Penavamo non saresti più tornata- mi sorrise Matt avvicinandosi a me. -Ci dispiaceva, ci fai divertire così tanto. Hai visto che belle foto? Le ha fatte tutte Jennifer. La campagna pubblicitaria è importante se si vuole essere eletti-
Matt prese a girarmi intorno, sembrava un avvoltoio che aspetta che la sua preda esali l’ultimo respiro prima di avventarsi sulla sua carcassa. Mi morsicai le labbra per non scoppiare a piangere, dovevo essere forte.
-Non avete paura che vi soffi la corona? Nelle foto ci sono io-
Jennifer e Matt scoppiarono a ridere e presto anche tutti gli studenti intorno a me li imitarono come tanti cagnolini ammaestrati.
-Di te non potremmo mai avere paura!- mi sorrise Jennifer. Nel suo sguardo si vedeva tutto il suo disprezzo per me.
La mia dose di coraggio stava già finendo. Strinsi i pugni e deglutii a fatica.
-Questo sarà da vedere- risposi in un sussurro. -Devo andare in classe, ora- conclusi aggiustandomi la borsa sulle spalle e dando una leggera spinta a Jennifer e a Matt quando gli passai in mezzo.
Tutti gli studenti si aprirono davanti a me, senza parole, per lasciarmi passare. Non so bene cosa fecero i due arroganti che avevo appena lasciato in mezzo alla folla, perché ero di spalle, ma so che pochi secondi dopo il flussi di alunni fu ripristinato e arrivai nella classe di inglese con gli altri alunni. Mi asciugai una solitaria lacrima che mi era sfuggita e aprii il libro alla pagina indicata dalla professoressa. Sospirai.
-Invisible Girl- “Ho finalmente sfidato Jennifer in pubblico. Morale? Mi sono firmata da sola la mia condanna a morte. Ora è solo questione di tempo. I giorni che mancano al ballo sono ormai pochi. Ci andrò? Non lo so ancora. Ma ora non ci voglio pensare, devo concentrarmi anche nello studio. Non voglio essere qui quando una nuova Jennifer prenderà il posto di quella che se ne va.
Dicono che le nuove api regine siano più permalose della precedente per paura che le api operai si ribellino. Io dico che sono solo più stupide. Vado a seguire questa lezione di inglese e spero di riuscire a scrivervi più tardi. Baci”
 
-Invisible Girl- “Sapete cosa dice una goccia di sangue a terra? Non sono in vena. E’ così che mi sento ora. A dirla tutta non sono nemmeno in arteria. Lo studio mi sfinisce e i giorni scarseggiano. Ma tranquilli, nessuna svolta sul terreno me contro bulli. Forse le acque si stanno calmando. Avrei scommesso in una sorta di attacco a bomba atomica sulla mia persona per ogni giorno fino al diploma.
Invece, a parte i soliti scherzi stupidi con schiuma da barba o coriandoli assortiti, tutto va tranquillo. Le prese in giro non mancano, ma posso ancora sopportare. Purtroppo le mie notti non sono tranquille, gli incubi mi assalgono. Ma non parliamo di questo.
Ho notato che le visite di questo blog stanno crescendo, spero che non siano da parte di qualcuno della mia scuola. Non ho veramente mai pensato cosa potesse succedere se gli studenti che conosco venissero a sapere che scrivo qui tutto. Verrei derisa? Probabile.
Vi farà piacere sapere che Matt si sta un po’ risparmiando con i suoi scherzetti telefonici. Starà finendo le battutine? Non pensavo potesse avere questo tipo di problemi. È sempre riuscito a trovare le parole giuste per farmi sentire in colpa per essere me, ma grazie al cielo ora mi sento meglio e non guardo più il mio cellulare con paura. Vorrei poter intimidirlo con la stessa facilità con cui lui lo fa con me.
A proposito. Devo ringraziare -RedBoy-, grazie al suo aiuto ora sto meglio. E’ tutto merito tuo.”

Una sola settimana prima del grande momento. Mia madre è di sotto che traffica con le padelle. Fa un rumore davvero assordante. È riuscita a farsi eleggere tra i rappresentati dei genitori che aiuteranno l’organizzazione del rinfresco del ballo. Sono contenta per lei, è davvero eccitata che stia per arrivare quella sera.
Io non so ancora che decidere. Forse aspetterò l’ultimo momento, come sempre. Intanto sto curvata sui libri aperti sopra la mia scrivania, accanto al computer con la pagina del mio blog aperto. -RedBoy- deve essere impegnato perché non ha ancora risposto al mio ultimo post. Siamo diventati amici. È la prima volta che parlo così con qualcuno.
Mi ricordo quando era alle medie. Tutto sembrava veramente più semplice. Non sono mai stata nemmeno lì la più popolare, ma non ero nemmeno quella presa di mira. Erano bei tempi. Non avevo amici, mi concentravo nello studio e nella lettura. I vestiti non erano griffati, ma nemmeno presi al discount. Il primo giorno di scuola superiore è stato quasi un mistero per me.
Sono arrivata con i migliori propostiti del mondo. Salutavo chiunque incrociasse il mio guardo, sorridevo a tutti e camminavo a testa alta. Ricordo perfettamente la mia prima ora di lezione, fu lì che conobbi una Jennifer del primo anno non ancora diventata un’arpia strappa cuori. Mi sedetti addirittura accanto a lei. Si vedeva subito che era una persona con la puzza sotto il naso. Guardava già tutti dall’alto in basso e indossava solo cose rigorosamente firmate. La salutai con un radiante sorriso e lei mi rispose seccamente. Non so bene cosa accadde dopo, ma quando mi alzai per andare alla lavagna su richiesta della professoressa tutti iniziarono a ridere alle mie spalle.
Non riuscii a concentrarmi, feci una figuraccia davanti alla professoressa e quando tornai a posto Jennifer era già diventata la più popolare della classe. Solo quando a fine lezione passai davanti al cestino per uscire dall’aula e mi accorsi che era pieno di bigliettini con battutine sciocche si di me, capii.
Jennifer aveva iniziato a prendermi in giro e ogni ora che passava più la sua popolarità cresceva e io sprofondavo. Percorrevo il corridoio e tutti mi ridevano in faccia e io non ne sapevo il perché. Nei giorni successivi il mio armadietto fu scassinato e le mie cose furono messe nei bagni dei maschi. Dovetti chiedere ai bidelli di prenderle per me.
Ancora adesso tutto questo rimane un mistero. Forse ho fatto qualcosa a Jennifer e non me lo ricordo. Un giorno glielo chiederò.
-Tesoro?- mi chiamò mia madre dal piano di sotto. -C’è qualcuno che ti cerca qui! Arriva subito, siediti pure in salotto…-
Chi poteva essere? In casa mia non era mai venuto nessuno se non parenti e amici dei miei genitori.
-Arrivo mamma!- presi il cellulare e scesi.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 - Una me più forte ***


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Scesi gli scalini uno alla volta. Chi poteva essere l’individuo misterioso che era venuto a trovarmi? Qualcuno di scuola? Qualcuno del mio blog? (No, impossibile, non ho mai scritto dove abito!) Qualche super genio di una casa editrice che vuole pubblicare un romanzo su di me? Sarebbe più plausibile un insegnante della mia scuola, ma improbabile. Il salone non ha porta e si accede direttamente grazie a un varco nel muro, subito dopo l’ultimo scalino.
Come al solito mi fermai e presi un respiro profondo. Mia madre stava cucinando delle torte, forse alle mele e cannella. No, mia madre odia la cannella; e allora perché… Capii all’istante chi c’era nel mio salone. Una sola persona che conosco oserebbe mettersi un profumo alla cannella e quella persona sta sempre attaccata a un odioso quarterback di football. Non si era mai spinta fino a casa mia, se non ad Halloween per uno scherzo eccezionale di qualche anno fa. Ora è di dominio pubblico su youtube.
-Invisible Girl- “Avete presente quando vi sale il “nazismo”? E all’improvviso vi sentite dei campioni di pugilato arrabbiati con il mondo e che vogliono solo arrostire l’avversario che hanno davanti? Ecco, in quel momento io mi sentivo così. Che si stesse finalmente rivelando quella parte coraggiosa di me che da secoli è sempre rimasta chiusa in una cella infondo al mio stomaco? Si perché dicono che ci voglia stomaco per queste cose… O forse era fegato? Non importa, io mi sentivo così. A scuola è una cosa, ma a casa mia… Vinco io!”
Entrai con impeto nel salone convinta di trovarmi davanti quell’arpia di Jennifer.
-Cosa ci fai a casa mia? Se speri di venire qui e di spruzzarmi addosso il tuo solito linguaggio sprezzante riempiendo la stanza con il tuo profumo ripugnante, beh, ti sbagli di grosso. Ora sono io che ti devo dire un paio di cosette che- quando arrivai davanti alla figura che era seduta sul mio divano in pelle bianca le parole del mio discorso in un batter d’occhio svanirono dalla mia mente.
Seduta davanti a me non c’era Jennifer, ma una delle sue due tirapiedi. Mi guardava a bocca aperta, un po’ impaurita persino. L’avevo spaventata con il mio impeto di rabbia, io che a scuola sono sempre pacifica e sottomessa a tutti.
-Cosa ci fai qui?- le chiesi cercando di ritrovare il filo dei miei pensieri. Era probabile che Jennifer l’avesse mandata per qualche suo diabolico piano ben congeniato a mie spese.
-Jennifer non sa che sono venuta, quindi mantieni il silenzio, per favore- mi disse in un sussurra. La sua voce era alquanto dolce, non avevo mai sentito parlare le due tirapiedi del capo delle cheerleader, di solito si limitavano a sghignazzare pacificamente dietro di lei.
Non sapevo se crederle. Perché avrei dovuto? Era ovvio per tutti che loro erano ai suoi ordini, ordini sacri per l’esattezza. Nessuno aveva mai osato disubbidirle e quindi perché avrei dovuto pensare che lei lo avesse veramente fatto? Inconcepibile.
Eppure, qualcosa nello sguardo di quella ragazza dai vestiti striminziti e firmati e dai capelli cotonati, mi fece capire che io e lei non siamo così diverse. Tutte e due abbiamo qualcosa in comune, o meglio qualcuno. Mi sedetti di fianco a lei e la guardai cercando di sembrare un poco titubante, anche se ormai ero sicura che non mi mentisse.
-Ok, va bene. Perché sei venuta a casa mia?-
-Volevo avvertirti- sibilò lei mentre si guardava intorno come se credesse che il nemico sarebbe potuto saltare fuori da qualche vaso decorativo di mia madre.
-Di cosa?- mi stavo iniziando a spazientire, cosa doveva dirmi di così importante?
-In questi giorni tutti hanno capito che stai sfidando tu-sai-chi-
-Voldemort? Guarda che non sono Harry Potter- risi prendendola un po’ in giro.
-Invisible Girl- “Cosa volete? Lei ha riso per le mie disgrazie da sempre. Se io ora la prendo un po’ per il “fondo schiena” è forse un reato?”
-Sto dicendo sul serio. La gente ti guarda diversamente, stanno iniziando a pensare che Jennifer non sia poi il massimo-
-Invisible Girl- “…Il suo vocabolario non gioca a suo favore. “Il massimo”? Non siamo più negli anni ottanta.”
-Continua- la incitai, ero curiosa di sapere cosa intendesse dire, anche se ne avevo una mezza idea.
-Jennifer sta calando di popolarità e anche Matt. Tu stai salendo. Se continui così Jennifer non sarà eletta come reginetta. Lei lo sa e vuole organizzarti uno scherzo come si deve-
Era davvero preoccupata, io non più di tanto. Un antro scherzo? Peggio della Regina del Lurido non ci poteva essere niente.
-Uno scherzo? Solo questo? Me ne fa da anni-
-Lo so, ma questo sarà diverso. Volevo avvertirti. Sta passando il limite, nessuno si merita quello che sta facendo patire a te. Mi dispiace davvero tanto.-
-Mi stai forse dicendo di smetterla di reagire?- feci due conti mentali io.
-No, certo che no! Non puoi dargliela vinta così. Volevo avvertirti di… Al ballo, non avvicinarti a palco prima dell’incoronazione. Faranno di tutto per farti arrivare al palco, tu non avvicinarti- la ragazza si alzò sistemandosi il vestito e stringendo la sua borsetta.
-Tranquilla, probabilmente non verrò al ballo.- alzai le spalle rassegnata.
-No!- esclamò lei guardandomi a bocca aperta. -Tu ci devi assolutamente venire! Sarà una serata memorabile per tutti. Qualcuno dice che sarà il giorno n cui il “regno di Jennifer” finirà. Devi esserci-
Rimasi sconcertata da quelle parole. Mi ricordava tanto una storia fantasy, del tipo che la supereroina diventa il simbolo della rivoluzione dei popoli oppressi. Sorrisi al solo pensiero di poter essere in uno di quei libri. Di sicuro sarei sicura di un lieto fine.
-Ci penserò, grazie di essere passata-
Proprio in quel momento mia madre fece capolino nella sala, sporca di farina ovunque e con un vassoio in mano. Ci stava portando del succo e dei biscotti.
-Te ne vai di già cara?- chiese sconsolata alla ragazza che mi era venuta a trovare, dato che era in piedi e sembrava che volesse andarsene. -Vi avevo portato la merenda-
-Si Signora White, devo andare a casa a studiare, domani ho un compito di aritmetica importante. La ringrazio per l’ospitalità, ci vediamo a scuola- mi salutò e uscì velocemente dalla porta. Io mi alzai dal divano mettendo a posto i cuscini.
-Che ragazza graziosa, sono contenta che sia tua amica, stellina- mi sorrise mia madre con ancora in vassoio in mano.
-Non è mia amica-
Uscii anche io dalla sala e salii le scale per tornare in camera. Mi chiusi dentro prima di poter sentire cosa volesse dire mia madre. Avevo voglia di rimanere da sola a pensare. Una settimana sola e poi Jennifer sarebbe caduta dal suo piedistallo d’oro. Mi veniva quasi voglia di andare al ballo del diploma. Qualunque scherzo fosse stato pianificato per me, io sarei riuscita a evitarlo. Ero fiduciosa.
Decisi di aggiornare il mio blog e di controllare se -RedBoy- aveva risposto ai miei post. Devo dire che mi sono davvero affezionata a lui. Forse era inevitabile.
Ma le sorprese per quel pomeriggio non erano finite. Seduta sulla mia solita sedia girevole, tolsi il computer dallo stand-by con un semplice “clic” del mouse. Mi arrivarono tantissime notifiche. Il contatore del blog iniziò a far vorticare velocemente tutti i numeri. Le visite erano cresciute esponenzialmente in pochissimo tempo. I commenti erano tantissimi e di tante persone diverse.
il cuore iniziò a battermi velocemente e sentivo una sorta di peso sullo stomaco.
La testa mi girava e pulsava per tutte quelle scritte. Molte erano quasi gentili, ma tante, forse troppe, erano un po’ sarcastiche che cattive. Mi accorsi presto che la più derisa dal mio nuovo pubblico non ero io, se non Jennifer stessa. Matt era il secondo, seguito dalla squadra di football. I miei compagni di scuola mia avevano trovata nel web e ora erano dalla mia parte. Risi dalla contentezza, girando sulla mia sedia come una trottola.
Mi sembrava di vivere in un sogno o in un film. Ora che finalmente stavo scoprendo una me stessa più forte, nessuno mi avrebbe fermata tanto facilmente.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 - Ballo o non ballo? ***


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Fu una settimana memorabile. Il giorno dopo che il mio blog fu scoperto dai miei compagni di scuola, tutti mi sorridevano e mi davano confortevoli colpi sulle spalle. Matt e la sua squadriglia non cessava di giocarmi piccoli scherzi, come qualche spruzzo di schiuma da barba e palle di carta con disegnini sciocchi. Ma tutto quel trambusto che alzavano, finiva in pochi minuti ora che nessuno rideva più.
Jennifer sembrava volermi evitare, in un modo un po’ particolare. Ogni rara volta che me la ritrovavo davanti mi guardava con disprezzo, arricciando il naso e increspando le labbra. Altre volte si metteva velocemente a borbottare con le sue due tirapiedi e tutte e tre scoppiavano, dopo poco, a ridere. La loro risata mi ricordava il canto delle chiocce in calore, fanno lo stesso baccano.
Il blog andava a gonfie vele. -RedBoy- era rimasto felice quanto me che ora tutti, o meglio la maggior parte, fossero dalla mia di parte. Continuava a mandarmi messaggi tutto il giorno e parlavamo spesso dei nostri interessi in comune. Tuttavia non ci eravamo ancora sbilanciati troppo. Io non rivelavo il mio nome e lui faceva lo stesso.
Arrivò il week-end con una velocità spaventosa. La mia sveglia suonò alle sette in punto e io, per la prima volta, mi svegliai completamente riposata e felice di andare a scuola. L’ultimo giorno è sempre il più bello. Accesi la radio e alzai il volume al massimo. Canticchiando e ballando alla meglio iniziai a vestirmi saltellando dall’armadio al bagno.
-Al diavolo la solita maglietta e il paio di jeans, oggi diamoci alla pazzia!-
Afferrai un top e un cardigan. Presi dei pantaloni più aderenti e mi vestii sorridendo. Mi acconciai addirittura i capelli e mi misi un filino di trucco. Era una giornata troppo perfetta per rovinarla con la mia solita negatività. Forse stavo diventando un pelino troppo euforica. Presi la rincorsa e saltai in ginocchio sopra la mia sedia mobile e questa slittò sul pavimento portandomi davanti al computer mentre esultavo a tempo di musica.
Mi resi conto che potevo sembrare una stupida e che al piano di sotto i miei avrebbero pensato, grazie a tutti questi colpi e rumori strani, che io stessi lottando con un’orca, probabilmente. Mi sedetti composta davanti alla scrivania e guardai il mio computer che si accendeva sulla pagina del blog.
-Invisible Girl- “Buongiorno a tutti! Oggi sarà una giornata fantastica per tutti. Bando alle ciance e ciance alle bande, sono di buon umore! Nemmeno quella odiosa e bislacca di una Jennifer potrà rovinarmi questo giorno. Tra circa sei ore sarà tutto finito. Inizieranno i falò. Avete già accatastato i libri che non vi serviranno più? I miei sono già impilati ordinatamente, pronti per essere bruciati per sempre.
Sta sera, grande ballo. Non so ancora se ci andrò. Se dovessi scegliere ora, grazie ai miei buoni propositi, forse deciderei di andare. Non ho un vestito, come faccio? Semplice, rimango a casa! Ed ecco che torna quella mia negatività cronica. Ma c’è ancora tempo per pensare.
Il diploma? Mi hanno detto che l’ho ottenuto. Di recente ho spedito anche le domande di iscrizione a diverse università. Sto aspettando le risposte con impazienza! E voi? Come state reagendo a questo ultimo giorno di scuola? Lasciate dei commenti qui sotto e condividete con tutti la vostra ovvia gioia! Per ora passo e chiudo, a presto.
La sempre vostra, -Invisible Girl-.”

Le mie dita volarono sulla tastiera con la stessa rapidità di sempre. Guardai l’orologio: era ancora presto, avevo ancora un po’ di tempo prima di dover scendere per una colazione frugale e una corsa fino alla fermata dello scuolabus. Dalle casse del computer arrivò un trillo. Qualcuno aveva commentato.
-RedBoy- “Sono davvero contento per te. Finalmente oggi, al suono della campanella, finirà tutto e potrai essere felice fino in fondo. Devi assolutamente andarci al ballo! Sono sicuro che prima di sera avrai cambiato idea. Io non sbaglio mai!”
-Invisible Girl- “Staremo a vedere, mio caro! Accetto la sfida ahahah.”
-RedBoy- “Ma non è una sfida!”
-Invisible Girl- “E allora cosa è? Una predizione? Sei un cartomante e non me lo hai detto? Cattivo ahahah.”
-RedBoy- “Non è nemmeno una predizione, è una promessa! Comunque si, sotto sotto io sono uno che legge nel futuro!”

Siccome le lancette avanzavano sul quadrante, segno che il tempo scorreva, abbandonai la mia postazione davanti al pc, afferrai la mia borsa di scuola e scesi le scale.
 
A scuola troneggiavano ogni dove i soliti e prevedibili striscioni con una scritta enorme, “Prom”, che stanno a indicare che un ragazzo ha appena invitato una ragazza a parteciparvi con lui. Nessuno, malgrado la mia popolarità in crescita, si era degnato di invitarmi al ballo. Di certo io non confidavo in un invito, non mi interessava minimamente. Però sono pur sempre una ragazza, voglio anche io un lieto ballo.
Cercando di non demoralizzarmi e di non buttar via ogni buon proposito della giornata, sorridente come il primo giorno alle superiori, mi diressi verso l’entrata della scuola. Ad aspettarmi lì vicino c’era Matt con la sua solita gang. Vedendomi arrivare prepararono le bombolette di stelle filanti. Era impossibile schivarle e io me le presi tutte in pieno. Per mia fortuna le stelle filanti non macchiano come la schiuma da barba.
Mi fermai davanti al quarterback che se la rideva insieme ai suoi compagni di squadra. Sempre sorridendo presi quasi tutti i fili di quella schiumetta appiccicosa e tenendogli in mano andai verso di loro, pulendomi sulle loro uniformi precedentemente immacolate. I ragazzi finirono di ridere all’istante rimanendo a bocca aperta a quel mio gesto.
-Ecco fatto! Ah, no aspetta…- mi accorsi che avevo ancora un po’ di stella filante rossa tra i miei capelli, me la tolsi cercando di farla restare integra e poi la misi in testa a Matt ridendo. -Così va meglio, ciao ragazzi! E buona ultima giornata.-
Incurante della reazione di Matt che sembrava stesse per incenerirmi, entrai a scuola e andai in bagno per controllare di non avere quel appiccicume ancora addosso. Incrociai un gruppo di ragazze, che non conoscevo se non di vista, queste ridendo fra loro mi salutarono cordialmente. Non mi ero ancora abituata ad essere notata. Questo era il cambiamento più gradito che avessi ottenuto come effetto collaterale per la mia pubblicazione del blog.
Entrai nella piccola stanzina e mi diressi davanti allo specchio per controllarmi. Mi tolsi ancora qualche altro filo e cercai di eliminare, con successo, una piccola macchietta blu che si era formato dopo lo scioglimento di una di quelle stelline. Soddisfatta del risultato mi sistemai i capelli. Una parte di me, quella che per anni mi aveva dominata, mi implorava di non uscire dal bagno temendo un attacco a sorpresa.
Mi fu davvero difficile non darle ascolto e mantenere ancora quel sorriso imperterrito. Cercai di tranquillizzarmi con qualche esercizio di respirazione. Proprio mentre inspiravo, il cellulare iniziò a vibrare nella mia tasca e mi interruppe. Tranquillamente lo presi in mano e l’accesi. Era arrivata una notifica nel blog. Mi correggo: molte notifiche. Altro effetto collaterale gradito: tutti commentavano.
-Laylala- “Io sto facendo il conto alla rovescia!!! Non ne posso più, diventerò matta!!!”
-GoodJack- “Io e gli altri abbiamo pianificato un finale con il botto nell’aula 23. La professoressa Kennedy si prenderà un bello spavento…”
-SuperIvy- “Grande Jack! Non vedo l’ora! Io sto aspettando questo giorno da sempre, ho indossato il mio vestito preferito. E sta sera, il ballo!”

Leggendo questi e molti altri commenti la paura se ne andò del tutto. La campanella strillò e corsi in classe rimettendo il cellulare al sicuro nella mia classe.
 
5… 4… 3… 2… 1… SUMMER TIIIIIME!
 -Invisible Girl- “Spero abbiate fatto il conto alla rovescia anche voi! Io per poco non saltavo sopra il banco quando è suonata. Ho sentito un botto nella classe di fianco alla mia… -GoodJack- hai mantenuto la promessa. Grazie a tutti per avermi raccontato la vostra giornata. Spero vivamente che il vostro pomeriggio trascorra velocemente. A proposito di ballo, sono convinta che vi stiate preparando. Lasciate che vi dia un consiglio, dolci signorine: questa sera sarà magica, so che la sognate da tempo, ma ricordate di non bere troppo o potrà trasformarsi in un incubo.
E voi signorini che progettate di correggere il punch come ogni anno… Attenti, sta sera di guardia c’è il Professor Reed, lui non scherza! Vi auguro una bella serata. Io ora torno a casa e ci rimango fino al diploma, se mi cercate, beh, sapete dove trovarmi. Viva la nutella e punch (però quello non ancora corretto).
Pace a tutti”

Proprio in quel momento varcai la soglia della mia cameretta. Con ancora i miei genitori al lavoro, la casa sembrava più silenziosa del solito. Appoggia la borsa a terra e mi buttai sul letto. Sentii uno strano rumore, come di cartone che viene schiacciato. Mi misi seduta e vidi un pacco bianco sopra il mio letto, vicino a me. Un po’ spiegazzato e arricciato, forse lo avevo appiattito io.
Lo guardai meglio, sembrava uno di quelli che contengono vestiti provenienti da costose boutique. I miei genitori probabilmente mi avevano preso un vestito per il ballo. La mia curiosità era tanta anche se non volevo andare al ballo. Aprì il pacco e ne tirai fuori un vestito azzurro in seta e tulle senza spalline. Era semplice, ma sensazionalmente perfetto. Lo lasciai ricadere nella scatola e la chiusi riponendola infondo all’armadio.
Non avevo intenzione, sinceramente, di usarlo. Tutti continuavano a ripetere di andare al ballo. Io ripensavo alle parole che una delle leccapiedi di Jennifer mi aveva detto una settimana fa… Il computer suonava per le notifiche che arrivavano sul mio blog e mi distraeva dai miei pensieri. Cedetti quasi subito e andai alla mia solita postazione.
-Invisible Girl- “Ho appena ricevuto un pacco, dentro c’era un vestito davvero carino, quindi… Chi è di voi che me lo ha mandato??? Scherzo, probabilmente è un regalo dei miei genitori. Loro vogliono che io vada al ballo. Mia madre brama questo momento e in questi giorni mi ricorda sempre di più la matrigna di Cenerentola con la sua fissazione.
Io penso proprio che non ci andrò. Non mi va di presentarmi da sola…”

Arrivò subito un commento.
-RedBoy- “E se te lo chiedessero? Ci andresti?”
Ci pensai due secondi.
-Invisible Girl-  “Penso di si”
Aspettai un po’ davanti al computer. Stavo iniziando a diventare impaziente. -RedBoy- mi aveva davvero invitata al ballo? Non potevo nemmeno crederci! Forse stavo sognando, era la spiegazione più plausibile. Il computer fece di nuovo *BIP* e guardai l’ultima notifica.
-RedBoy-  “Vai alla Jefferson High School, vero?”
-Invisible Girl-  “Si come fai a saperlo? Sono sicura di non avertelo mai detto.”
-RedBoy- “Ti ho detto che sono un cartomante. Comunque ti porto io al ballo, e non accetto un “no” come risposta! Ti passo a prendere alle otto, dolcezza”

Mi staccai dal computer e corsi al mio armadio. Afferrai il pacco e lo portai fino al letto dove lo lascia cadere. La mia mente era combattuta se andare si o no. E se era una trappola? L’ennesimo scherzo? O meglio “quello scherzo” che mi era stato predetto? Poteva essere, ormai non ci si doveva più fidare di niente. Ma no, improbabile. Parlo con -RedBoy- da così tanto tempo, mi sembra impossibile che sia stato tutto un inganno.
-Penso che ormai non ho nulla da perdere…- mi ripetei a voce alta per convincermi.
Presi il vestito e mi andai a preparare in bagno.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 - What? ***


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Alle otto ero pronta, ma nessuno bussava alla mia porta. Ero seduta sulle scale davanti a essa e, con il mento appoggiato alla mano destra, la fissavo intensamente sperando che si aprisse e magari rivelasse la figura di Josh, perché era solo lui che in questi momenti poteva tirarmi su di morale. Ormai avevo perso il conto delle giornate orribili che terminavo davanti alla tv, mangiando gelato e guardando un suo bellissimo film. Ora era chiaro: era stato tutto uno scherzo, un’illusione.
Avrei dovuto capirlo fin dall’inizio che sarebbe finita così: io tutta preparata, truccata e agghindata, seduta sul secondo scalino di casa mia, ad aspettare per tutta la sera. Mi sentivo ferita, molto. Quando -RedBoy- mi aveva chiesto se poteva accompagnarmi a quello stupido ballo studentesco, sapevo che c’erano buone probabilità che si arrivasse a questo, ma mi ero aggrappata così forte alla possibilità che davvero arrivasse un ragazzo che mi salvasse da tutto questo schifo, da non vedere il mio errore. Era stato lui, poi, la prima volta che scrissi sul blog, a dirmi che era il mio salvatore.
In verità il mio eroe è solo e soltanto uno: occhi verdi, capelli castani e un sorriso che ti fa svenire… Josh, il mio dolcissimo Josh. Mi alzai dalle scale con l’intenzione di guardarmi un film. I miei genitori erano in salotto a guardare la televisione. Tuttavia, sapevo perfettamente che facevano finta, stavano, con impazienza, aspettando il momento in cui un ragazzo avrebbe bussato alla porta di casa.
Mia madre non riusciva a celare questa sua euforia cronica. Muoveva le dita o batteva i piedi sul pavimento. Mi si spezzava il cuore, ancora di più, al solo pensiero di dirle che non sarei andata al ballo. Già mi vedevo l’immagine di mia madre in lacrime e mio padre che mi rimprovera per aver dato questa illusione alla mamma. Mentre mi perdevo in questa scena commovente, e piena di sensi di colpa, il cellulare mi vibrò e istintivamente, prendendolo prima dalla borsetta, lessi il messaggio che era apparso sulla pagina del mio blog.
-RedBoy- “Scusami, ho trovato traffico, ti va bene lo stesso se ci incontriamo al ballo? Prometto di arrivare.”
-Invisible Girl-  “Tranquillo. Sarò, come al solito, quella seduta da sola sulle gradinate della palestra. Però, ti dirò, sono contenta che alla fine tu venga.”

Misi di nuovo il cellulare in borsa e, cercando di non farmi sentire dai miei, presi le chiavi della mia auto e andai a scuola. Fu un po’ difficoltoso guidare con il vestito lungo, ma ne valse la pena. Fuori dall’edificio scolastico non c’era nessuno. Mi diressi immediatamente alla palestra. La musica si sentiva già da fuori e le luci colorate illuminavano il cortile.
-Invisible Girl- “Mi viene un po’ da vomitare. Deve essere l’agitazione. Il mio primo ballo, con una persona di cui non conosco aspetto e nome e che ancora non c’è. In questo momento vorrei essere un’altra persona. E se tornassi a casa e indossassi un maschera di Halloween? Non mi riconoscerebbero, spero, ed eviterei tutto il trambusto che minaccia di scoppiare se varco quella soglia.
‘Non avvicinarti al palco prima dell’incoronazione’. Queste sono le parole che mi ripeto. Ma se nella calca mi spingono? Potrei arrivarci comunque. E se mi ci portano a forza? Non sono pesante, sono piccola, se gli sportivi mi acchiappano mi possono trasportare senza problemi. Non so che fare… Entro!”

Le luci soffuse, ma colorate, lampeggiavano sui muri. Tutti stavano ballando nei loro abiti eleganti. Un gruppo di ragazzi distinti si aggiravano intorno al punch, probabilmente già corretto, malgrado la vigilanza del Professor Reed. Le cheerleader se la ridevano nella parte opposta della sala giudicando i vestiti di tutti quanti, meno che i loro o dei loro cavalieri.
Alcuni personaggi, anticonformisti, raccolti in un gruppo su un lato della palestra, cercano di atteggiarsi per far notare le loro magliette con la scritta “vestito” o “smoking”. Sorrisi guardandoli, erano davvero simpatici. Senza alcun dubbio Jennifer avrebbe passato la maggior parte della serata a deriderli. Io, cercando sempre di non farmi notare, raggiunsi le gradinate e mi sedetti.
Il dj sul palco continuava a mettere musiche frenetiche. La squadra di football dominava la pista. Alcune coppiette cercavano di appartarsi da qualche parte, ma i professori li fermavano subito. Ogni tanto, se la canzone era adatta, qualcuno prendeva il controllo di un pezzo della pista da ballo e improvvisava un’esibizione di break-dance.
Io iniziavo a perdere le speranze. Forse -RedBoy-  aveva sbagliato scuola o forse… Jennifer.
-Ma guarda chi è venuta… Potevi startene a casa, tanto nessuno ballerà mai con te!- mi accolse la regina delle arpie, avvicinandosi a me.
-Sto aspettando il mio cavaliere…- le risposi fredda, senza degnarla di uno sguardo.
-Non arriverà mai nessuno, era uno scherzo, ci scommetto- sorrise lei alle mie parole.
Fui tentata di crederle, ma rimasi zitta parlandomi nella mia testa.
-Invisible Girl- “Se fosse uno scherzo sarebbe plausibile. Uno stratagemma per attirarmi al ballo, Jennifer e Matt si sarebbero superati. E così anche la tirapiedi pentita dell’arpia sarebbe stata tutta una falsa, solo per scoprire se avevo intenzione o no di andare al ballo. Che sciocca che sono stata. Vorrei davvero che dalla porta a due battenti della palestra entrasse qualcuno.
Ora come ora ho bisogno di un salvatore, e anche del gelato…”

La capo delle cheerleader, scocciata dal mio non risponderle, salì sul palco. Costrinse il dj a fermare la musica, prese il microfono e iniziò a prendermi in giro davanti a tutti, dicendo che ero venuta al ballo da sola, illudendomi che qualcuno mi avesse invitato. Aggiunse che di sicuro sarei morta da zitella e altre inutili accuse.
Stavo per alzarmi e andarmene, una lacrima ormai mi stava bagnando la guancia destra. Inutili i miei buoni propositi del giorno. Era tutto finito male, finisce sempre così. Ed eccola lì, la mia negatività che tanto oggi ho cercato di tenere a bada, mi assale tutta di colpo. La squadra di football ride, anche le cheerleader. Qualche compagno li asseconda, ma quelle persone che pensavo dalla mia parte non si muovono, non dicono niente. Non sanno nemmeno chi guardare.
Ero troppo presa dai miei stessi pensieri, mentre stringevo con forza la mia borsetta e lottavo per trattenere le lacrime, almeno fino alla macchina, da non accorgermi che nessuno mi stava più prendendo in giro, anzi, nessuno fiatava più. Alzai il mio sguardo e alle porte della palestra c’era un ragazzo alto dai capelli marroni e gli occhi verdi. Portava uno smoking nero, con un gilè azzurro come il mio vestito. Reggeva un fiore da polso, una rosa rossa, uguale a quella appuntata al suo petto. Era inconfondibilmente Josh Hutcherson e tutti lo avevano riconosciuto.
Il mio cuore fece un salto, qualche battito si perse nell’atto e io mi sentii in una dimensione diversa. Stavo forse sognando? Perché quello aveva le sembianze di un sogno lontano e perfetto. Non riuscivo nemmeno a muovermi, il peso che avevo sentito sulle guance poco prima, quell’ardore che mi voleva far piangere, si era spostato: ora era un macigno sul mio stomaco che mi rendeva simile a una statua. Non potevo pensare minimamente che fosse davvero lui.
-Invisible Girl- “Ero l’unica a vederlo? Stavo uscendo di senno? Le troppe minacce, prese in giro, la malinconia e la negatività mi avevano finalmente fatta perdere la ragione? No, lui è lì, io sono lì. Un sogno perfetto che diventa realtà.”
Mentre ancora cercavo la parola e un tornado di emozioni si riversava su di me, mi accorsi che si dirigeva, il bel ragazzo, proprio dalla mia parte, allungando una delle sue perfette mani. L’afferrai e incredula, assaporando il suo tocco così confortevole. Finalmente riuscii a muovermi e mi alzai in piedi per avvicinarmi a lui, senza mai staccare il mio sguardo dal suo volto così conosciuto, ma allo stesso tempo così ignoto. Tenendo ancora la mia mano incollata alla sua, mi infilò il bracciale con il fiore.
-Scusami il ritardo, -Invisible Girl-, io sono il cartomante -RedBoy-… Posso avere l’onore di questo ballo con te?-
Anche se poteva sembrare una domanda non lo era. Josh, senza aspettare risposta, mi portò al centro della pista da ballo. Non avrei mai potuto rispondergli, ero troppo persa nella mia stessa mente, davvero era tutto così bello. Mi veniva quasi da piangere, lacrime di gioia ovviamente. Il cuore mi batteva a mille, ogni suo sorriso era disarmante. Avevo sempre parlato con il mio idolo e non me ne ero mai accorta. Avevo seguito i suoi consigli senza sapere chi fosse, lui aveva aiutato me senza guadagnarci niente e senza sapere chi io fossi.
Josh, quel Josh che riempie il mio soffitto e i miei sogni. Ho sognato il suo incontro così tante volte da perdere il conto, eppure mai avrei immaginato che dietro un umile commentatore ci potesse essere lui. Guardai la rosa sul mio polso e non potei fare a meno di sorridere. Josh mi prese i fianchi e mi avvicinò a lui. Alzai lo sguardo e mi ritrovai davanti i suoi occhi che mi fissavano a sua volta.
-Incredibile, vero?- mi chiese sorridendo.
-T-tu… Josh…- riuscii solo a biascicare.
Lui rise, ma era una risata diversa da quelle che ero abituata a sentire. Non c’era nessun sentimento negativo in quella risata. Niente odio, niente derisione… Mi riempì ancora di più il cuore di gioia e non potei non sorridere anche io.
Con tutte quelle emozioni positive non mi ero nemmeno accorta che io e Josh eravamo gli unici sulla pista da ballo. Jennifer e Matt ci guardavano a bocca aperta, come anche i loro rispettivi tirapiedi. Qualche mio fan mi sorrideva felice e prendeva il cellulare per spargere la voce che Josh Hutcherson era qui e io ci stavo ballando insieme. Quando un lento risuonò nell’aria, e le luci diventarono tutte blu rendendo il momento assolutamente perfetto e magico, anche altri miei compagni ci raggiunsero.
 Ero ancora estasiata e incredula per quel che era successo. Appoggiando la testa sulla spalla destra di Josh, chiusi gli occhi e assaporai quel lungo e bramato momento. Le sue mani mi percorsero la schiena, accarezzandola delicatamente come mai nessuno aveva fatto con me. Tra le sue braccia mi sentivo sicura e felice. Nessuno, nemmeno Jennifer, avrebbe potuto rovinare questo mio momento di gloria.
-Sono davvero contenta di conoscerti- gli sussurrai all’orecchio, ritrovando inaspettatamente la parola.
-Sono il tuo eroe, te lo avevo promesso-
-E’ incredibile- alzai il capo e lo guardai di nuovo negli occhi, cercando di non svenire come una fan qualunque. -Da anni tu, indirettamente, mi hai aiutata a sconfiggere la malinconia, allontanando i brutti ricordi. E poi, all’improvviso tu arrivi, senza dirmi chi sei, e finisci ciò che avevi già iniziato. Io… Io non so dirti come mi sento ora, ma…-
Lui mi sorrise ancora e iniziò ad avvicinarsi a me, mi stava per baciare quando la musica si interruppe ancora. Questa volta era stato il preside. Abbassai il volto e Josh mi diede un bacio sulla fronte. Poi lasciò la presa sui miei fianchi e mi strinse una mano per rassicurarmi.
-Ragazzi… Calmi prego! Morrow non costringermi a metterti una nota di demerito al ballo. Allora, è arrivata l’ora di incoronare il re e la reginetta della Jefferson High School-
La professoressa di storia, la Signorina Kennedy, accorse sul palco con una busta d’oro.
-Invisible Girl- “Il pubblico era immerso in una suspense agghiacciante. Jennifer si lisciava il vestito trionfante, già pregustava il sapore della vincita. Matt rideva con i suoi compagni di gioco, scambiando pacche affettuose e strette di mano. A me non importa il risultato. Qualunque esso sia, non mi riguarda. Eppure, in quel momento, con il ragazzo perfetto al mio fianco, mi sembra di stare agli Oscar. Le categorie di miglior attrice o attore non protagonista sono state già assegnate. Ma chi sarà la migliore attrice donna? Lo sapremo dopo la pubblicità!”
La professoressa Kennedy consegnò al preside la busta, e sorridendo scese. Alcune ragazze del comitato per la preparazione del ballo raggiunsero il centro del palco con le corone del re e della regina. Il dj, prevedibilmente, mise come sottofondo un rullo di tamburi. Il preside aprì la busta…

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 - Una sporca faccenda ***


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Tutti gli studenti, senza alcuna eccezione, trattennero il respiro per quei minuti antecedenti la nomina dei due regnanti. Probabilmente ogni ragazza nella palestra si sentiva una candidata, in quel momento. Molte si aggiustarono la pettinatura, ma in verità solo alcune di loro erano davvero in lista per quel pezzo di plastica luccicante. Mentre il preside estraeva, impacciatamente, il cartoncino colorato dalla busta, Jennifer controllava che il papillon di Matt fosse adeguatamente dritto.
Era ormai ovvio che fossero loro due i vincitori. Sin dal primo giorno che erano entrati alla Jefferson High School, tutti avevano capito che le loro foto sarebbero finite sul muro dei re e delle reginette della scuola. Per questo, e altri motivi, quando il preside annunciò i vincitori, sul volto di Jennifer si disegnò un’espressione di puro ribrezzo e offesa.
-E il Re e la Reginetta della Jefferson High School di quest’anno sono…- il rumore di tamburi si fece più intenso e terminò con i piatti che sbattevano tra loro. -Matt Sallivan e… Aspettate, non leggo bene-
Tutti tesero le orecchie scombussolati dall’affermazione dell’uomo. Non si leggeva bene? Era un nome, cosa c’era di difficile? Jennifer aveva sfoggiato il suo solito sorriso tirato di quando qualcosa non va come lei vuole. Le sue due leccapiedi cercano di tranquillizzarla, ma lei le allontana con ferocia. La scena mi fa quasi ridere.
Guardo Josh e alzo le spalle, nessuno dei due si spiega cosa sta succedendo. La signorina Kennedy arriva in aiuto del preside per decifrare il nome sul cartoncino. Intanto Matt sale le scale del palco, ed esultante raggiunge il centro.
-Oh, si ecco! Grazie professoressa. La reginetta è una certa -Invisible Girl-. C’è -Invisible Girl-?-
Il tempo si rallentò tutto di un colpo. Non ero sicura di aver udito bene, eppure tutti si girarono verso di me sorridendo. Josh mi dedicò un altro dei suo affascinanti sorrisi e mi disse qualcosa che non capii per niente.
-Invisible Girl- “Come? Cosa? Perché?... Mi serve un otorino, PRESTO! Non ci sento bene, anzi, per niente. Per un attimo ho creduto che avessi vinto io, ma so che è impossibile. Per anni sono stata quella infondo alla piramide sociale dentro questa maledetta scuola. E’ impensabile che ora io abbia vinto una gara di popolarità. Assolutamente e irrimediabilmente impossibile che io debba indossare quel pezzo di plastica senza alcun valore.
E se fosse vero? Allora Jennifer mi avrebbe uccisa all’istante.”

-Andiamo ragazzi! Se questa -Invisible Girl- non sale sul palco subito dovremo annullare le votazioni.-
Subito dopo che il preside finì la frase tutti iniziarono a strepitare il mio nome. Applaudendo e sorridendo aiutarono Josh a portarmi sul palco. Tra tutte quelle grida di felicità riuscii a malapena a sentire Jennifer urlare di rabbia. Sul palco Matt era senza parole e controllava il foglietto dalle mani del preside.
Tutti i professori si unirono agli applausi. Josh fischiò pure mentre le due rappresentanti del comitato per l’organizzazione del ballo, ingioiellavano me e Matt. Mi ritrovai tra le mani uno scettro e sulla testa una corona che non pensavo fosse così pesante.
-In-vi-si-ble-girl! In-vi-si-ble-girl! In-vi-si-ble-girl!- un coro di voci si alzò all’istante.
Alzai lo scettro in aria e non potei fare a meno di scoppiare a ridere. Non ridevo così da una vita. Matt si sentiva fuori posto e sono convinta avrebbe voluto scendere dal palco. Le luci erano tanto luminose da lassù e non potei accorgermi che Jennifer, invasa dall’ira, stava complottando con le altre due sue amiche. Una di loro, quella che era venuta ad avvisarmi, mi guardò preoccupata, sperando che potessi vederla.
Subito dopo, le due sparirono e Jennifer iniziò a farsi largo tra la folla per salire anche lei sul palco, per l’ennesima volta.
-E ora, lasciamo che il re e la regina aprino le danze- sorride il preside scendendo dal palco.
Il dj fece partire la base di un lento. Io iniziai a sentirmi incomoda. Per nulla al mondo avrei ballato con il mio aguzzino. Josh, con un balzo, salì sul palco e si inchinò davanti a me e a Matt.
-Posso avere l’onore di ballare con la regina?- chiese sorridendo e allungando una mano verso di me.
-Tutta tua- gli rispose subito Matt, consegnandogli anche la corona prima di scendere dal palco.
-Dici che posso metterla?- mi chiese tirandosi su.
-Certo…- sorrisi e gli presi la corona dalle mani, poggiandola sul suo capo. -Mio re-
Ero ancora più felice di prima. Ora, con la corona in dosso, ballando un lento con Josh, in quel momento mi sentivo davvero sulle nuvole. Tutti gli altri studenti, a “terra”, ballavano tranquillamente e serenamente, proprio come ero io in quel momento. Niente paure, niente paranoie. Addio crisi, addio malinconia.
-Hai visto che un pezzo di plastica fa magie?- rise Josh sfiorando la punta della mia corona.
-Me l’avevi promessa di ferro- lo incalzai io ricordando una vecchia conversazione.
-Hai ragione, mi farò perdonare-
-E come pensi di riuscirci?- sorrisi avvicinandomi a lui, sulle note dolci di quel pezzo musicale.
-Mi farò venire in mente qualcosa-
Lo vidi avvicinarsi al mio volto per la seconda volta in quella serata e chiusi gli occhia aspettando che le nostre labbra di toccassero. Pregustavo già la scossa elettrica che speravo si sarebbe propagata dentro me, grazie a quel bacio. Ma invece ebbi qualcos’altro. La musica si spense ancora e una vocina assordante e stridula riempì la palestra.
-Tu! Come osi indossare la mia corona- strillò Jennifer dopo che il microfono crepitò.
Josh si allontanò di poco da me, per lasciarmi vedere in faccia la persona che mi stava rendendo difficile un semplice bacio.
-Da anni pianifico questo momento e arrivi tu, una patetica nullità con un insignificante blog da quattro soldi e mi rubi tutto questo. Tu mia cara, non te lo meriti. Io me lo merito, tu non sei niente. Non sei mai stata qualcosa. Guarda la gente, ti odiano. Il mondo è pieno di persone che sono tutto quello che tu mai sarai. Credi di aver vinto? Ma la ultima parola sarà la mia e vedremo poi chi sarà il vincitore!- sorrise la capo cheerleader sorreggendo il microfono e avanzando verso di me, io in cambio indietreggiava.
Non ero spaventa. Dentro di me si smuoveva qualcosa. Finalmente, dopo anni di persecuzione, umiliazione e pentimento per la mia stessa esistenza, una miccia si accendeva dentro di me e faceva riversare ogni mia emozione verso l’esterno. Non poteva parlarmi così davanti a tutti e passarla liscia, non più.
Josh fece un passo in avanti per cantargliele al posto mio, ma io lo fermai subito prendendo la parola.
-Ma chi ti credi di essere?- urlai e la palestra si fece più silenziosa di prima. -Ma che paura! Jennifer la grande, Jennifer la capo cheerleader, Jennifer la regina della scuola… Mi dispiace dirtelo, Jennifer, ma non vali molto nemmeno tu. Anzi, valgo più io di te. Una persona che sa fare solo la prepotente e che si fa bella solo sfruttando gli altri, là fuori non farà strada. Siamo all’ultimo anno, ormai dovresti averlo capito. E poi, che ti ho fatto io di male? Sai me lo sono chiesto sempre perché tu abbia iniziato a prendere in giro proprio me.
-Sai perché non sei riuscita a diventare regina? Non centro io o il mio blog. La gente ormai ha capito che tu sei solo una prepotente, un pallone gonfiato. La verità è che nessuno ti trova simpatica e che nessuno vorrebbe davvero essere amico tuo. Guarda i volti delle persone che ti conoscono, Jennifer, e trova solo una persona di loro che vorrebbe esserti amica. Pensavi davvero che tutti aspirassero a essere come te? Nessuno vorrebbe, la gente capisce perfettamente che non sai fare altro se non prendere in giro e atteggiarti. E’ per questo che non ti vogliono come reginetta e come modello da seguire. Rassegnati e accettalo. Hai tempo per cambiare e renderti conto dei tuoi sbagli.-
Jennifer mi guardò con il microfono a mezz’aria. Forse l’avevo stupita con le mie parole. Finalmente aveva capito, ne ero praticamente certa. Josh mi prese la mano per confermarmi che avevo avuto ragione a parlarle così.
Tutta la platea di studenti e insegnanti iniziò ad applaudire, soltanto Matt cercava di fare il contrario, incrociando le braccia e mettendo il broncio. Il resto della squadra di football sorrideva battendo le mani. Già pensava di chiedermi scusa più tardi. Purtroppo capii che la mia nemica non si era per niente pentita, quando le arrivò un messaggio sul suo telefono e mi sorrise minacciosa.
-Tanto rimani soltanto una regina del Lurido-
Poi un rumore metallico e un’ondata di acqua sporca, verde e fetida (con rimasugli vari) cadde dal  soffitto.
-Invisible Girl- “Che schifo…”

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 - Dolce pace ***


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Devo ammetterlo, la caduta di quel lerciume dal soffitto del piccolo palco allestito in palestra è stato un grande colpo, congeniato da una mente che pensavo più limitata. Quando vidi quell’acqua sporca venire verso di me fu come morire. Mi vidi tutta la vita davanti, ero convinta di ritornare lo zimbello di tutti. Cosa avrei fatto poi? La scuola sarebbe finita, ma al college? C’era la speranza che lì le voci non arrivassero, ma se invece fossero giunte?
Abbassai il volto e chiusi gli occhi. Stavo aspettando che quella “roba” mi colpisse. Non sentii niente, forse la tensione mi stava giocando strani scherzi. Tutti iniziarono a ridere, stavo già morendo dentro e non avevo ancora aperto gli occhi, mi mancava il coraggio. Sentii una risata anche vicino a me, Josh rideva come un pazzo. Mi sentii mancare.
-Invisible Girl- “Ecco, lo sapevo. Ora sarò anche lo zimbello tra gli attori di Hollywood. La mia vita è un inferno e ora è anche maleodorante. Dovrò farmi non so quanti bagni prima di aver un odore accettabile. Ora iniziano anche i cori. ‘Regina del Lerciume, Regina del Lerciume…’. Addio a tutti.”
Aprii gli occhi sulla folla di ragazzi che mi stava davanti, ai piedi del piccolo palchetto. Le luci non erano puntate su di me, quindi potevo intravvedere le facce degli studenti che morivano dal ridere e scattavano foto con i cellulari. Ammetto che stavo per scoppiare in lacrime, ma poi successe un miracolo.
Abbassando lo sguardo sul mio vestito mi accorsi che era ancora tutto perfettamente azzurro e pulito. Non una goccia era caduta su di me. E allora cosa era successo? Mi voltai verso Josh a bocca aperta. Rideva anche lui e guardava oltre me. Volsi il mio sguardo verso quella direzione e rimasi a bocca aperta. Forse Jennifer aveva sbagliato i suoi calcoli. La sua mente era davvero limitata e fatta solo per smalti, cosmetici e vestiti.
Iniziai a ridere anche io, era più forte di me. Jennifer era completamente ricoperta di sporcizia, sembrava quasi che si stesse sciogliendo. Con il trucco sbavato e la bocca aperta in una smorfia di stupore e incredulità, si guardava il suo vestito firmato rovinato per sempre. Mi resi conto che era lei quella al centro del palco. Mentre parlava io e Josh avevamo indietreggiato e lei si era spostata avanzando e andando, senza accorgersene, a fermarsi proprio sotto il secchio.
Guardai in alto e vidi le due ragazze, che di solito seguono come cagnolini Jennifer, ridere anche loro sorreggendo la corda legata al secchio ormai vuoto. Di sicuro se ne erano accorte che era Jennifer quella sul mirino, ma non l’avevano avvertita con l’attenzione di darle una lezione come si deve. Josh si avvicino a me ridendo ancora e mi mise le sue mani sulle spalle. Io sorridevo divertita, finalmente Jennifer aveva ricevuto quello che si meritava.
La regina delle arpie ora si sentiva come io mi ero sempre sentita. Si guardò intorno e iniziò a piangere. Non so bene se fossero lacrime di rabbia o altro, forse una mezza via. Mi fece una pena infinita. Come ho sempre detto, ciò che ho patito io non lo avrei mai augurato a nessuno, nemmeno alla mia nemica. Smisi di ridere, aprii la mia borsetta che mi ero portata dietro e presi un fazzolettino. So che non era molto, ma mi avvicinai a Jennifer e glielo diedi. Lei mi guardò incredula.
-Come puoi aiutarmi dopo tutto quello che ti ho fatto e quello che volevo farti- sussurrò in modo che potessi sentirla solo io.
-Perché sono dell’idea che nessuno si merita questo- cercai di sorriderle e mettere da parte ogni mio sentimento ostile nei suoi confronti.
Jennifer aprì la bocca forse per riferirmi qualche parola di ringraziamento, ma un rumore di liquido che cade a terra ci distrasse. La folla si aprì e le luci si puntarono su Matt completamente lavato. Alcuni ragazzi, quelli con le magliette con scritto “vestito” e “smoking”, avevano preso l’enorme bacinella di punch corretto e lo avevano versato addosso a Matt. Non potei fare a meno di pensare che i professori avrebbero dovuto sgridare un po’ di persone per quella seria di bravate.
Mi voltai cercando il gruppo di adulti. Il corpo docenti si era girato di spalle e parlava animatamente. Di sicuro avevano capito che Jennifer e Matt avevano ricevuto ciò che avevano “seminato”, quindi la loro intenzione era di non intervenire per ora. Matt e Jennifer scomparvero in direzione degli spogliatoi e il dj fece ripartire la musica.
-Dai vieni a ballare- Josh mi prese la mano e mi portò giù dal palco.
Una parte di me voleva seguire Jennifer e aiutarla, ma vinse la metà che voleva passare del tempo con il suo idolo e cavaliere. Mentre ballavamo molte persone, tra cui la squadra di football, mi vennero a chiedere scusa per come si erano comportati durante questi anni. So che le scuse non risaneranno mai tutte le ferite della mia autostima, ma era un passo avanti.
Jennifer e Matt, cercando di non farsi vedere, lasciarono la festa. Mi godetti gli ultimi balli, poi Josh mi accompagnò alla mia macchina mano nella mano. Era arrivato il momento di tornare a casa, l’orario del mio coprifuoco era anche passato. Mi sorprese che i miei genitori non mi avessero intasato la segreteria di messaggi. Avrei voluto fermare il tempo e restare con Josh per sempre.
-Ti ringrazio per tutto- gli dissi sorridendo e appoggiandomi al cofano della mia auto.
-Grazie a te, era da molto tempo che non vivevo una normale serata- m rispose lui avvicinandosi a me.
-Direi che non è stata proprio “normale”- risi ricordando la doccia dei miei ex-nemici.
-Per rendere questa serata perfetta, direi che manca una cosa- sorrise accarezzandomi i fianchi con le sue mani.
Mi vennero i brividi, per tutta la colonna vertebrale. Sono al corrente che quella situazione si è ripetuta già due volte in questa serata, ma è come se fosse ancora la prima. Josh che si avvicina al mio volto, le nostre labbra che si sfiorano e poi… Un singolo, ma profondo, bacio. Una scarica elettrica mi si diffuse per tutto il corpo. Quasi come in un film io gli cinsi il collo con le mie braccia, continuando quel bacio così dolce e perfetto.
-Invisible Girl- “E fu così che diedi il mio primo bacio. E’ incredibile come le fan in tutto il mondo sognano di baciare i loro idoli e io addirittura do il mio PRIMO, anzi PRIMISSIMO, bacio a Josh Hutcherson, ancora non ci credo. Quello che venne dopo fu solo storia… No, scherzo. Dopo non ci fu niente, se non un “buonanotte” impacciato.”
 Guidai fino a casa lentamente. Mi sembrava di essere ubriaca di felicità e temevo di sbandare. A casa i miei genitori si erano addormentati sul divano aspettandomi. Mi sembravano dei bambini piccoli. Li coprii con una coperta, spensi la tv e le luci, lasciandoli lì. Una volta arrivata alla mia solita camera ero talmente stanca che non feci nemmeno in tempo a togliermi il vestito, e a mettermi il pigiama, che collassai sul piumone.
 
Quando riaprii gli occhi ero distesa sul mio letto, indossavo il vestito per il ballo, ma mi pareva di non essermi mai mossa di lì. Mi convinsi che avevo sognato, che in verità non avevo mai incontrato Josh e che non ero nemmeno mai uscita di casa. Così mi diressi in bagno per sciogliermi l’acconciatura. Mi sentivo un po’ triste, avevo fatto proprio un bel sogno, molto realistico. I dettagli poi. Josh con quel gilè azzurro come il mio vestito… La rosa da polso. Davvero molto bello.
Era ovvio che era stato un sogno, c’erano molti elementi impossibili come Josh, Jennifer e Matt bagnati fradici e… L’ho già detto Josh?
Nel mentre mi stavo togliendo le forcine dai capelli, mi accorsi che sul mio polso sinistro c’era un bracciale composto da un nastro azzurro, come il vestito che ancora indossavo, e una rosa rossa che luccicava. Come facevo ad avercelo in dosso? Mi resi conto che non era stato un sogno. Non mi ero immaginata tutto. Avevo ballato con Josh, Matt e Jennifer avevano ricevuto ciò che si erano meritati e… Oh, mio, dio! Ho baciato Josh Hutcherson.
Mi venne un capogiro dalla felicità. Era assolutamente fantastico. E pensare che mi sembrava proprio un sogno, talmente era stato surreale. Corsi al computer, senza nemmeno finire di struccarmi, e aprii il mio blog. La mia pagina era piena di commenti e foto. Qualcuna ritraeva me e Josh mentre ballavamo. Le fissai per un tempo incalcolabile e poi le salvai sul computer.
-Invisible Girl- “Buongiorno a tutti! Sono felice di poter affermare che contro ogni proposito sono ancora viva. No, non allarmatevi, non stavo pensando di morire per mano nemica, solo che quando mi sono svegliata e mi sono resa conto che, gli avvenimenti dell’altra sera, non li ho sognati, mi è quasi venuto un colpo.
Per il resto va tutto bene e voi? Post sbornia? Sono sicura che qualcuno di voi oggi si è svegliato con un bel mal di testa. Tuttavia sono sicura che grazie un paio di aspirine, tutti sarete pronti per la cerimonia del diploma che si terrà a mezzogiorno. A proposito che ore sono? Oh mamma! Devo prepararmi, ci vediamo sul capo da football fra trenta minuti!
Baci-Baci.”

Corsi a rendermi presentabile. Cercai la mia toga persa nell’armadio e la trovai in tempo per subirmi mia madre e mio padre con una macchina fotografica in mano. Erano arrivati alla conclusione che volevano un album fotografico pre diploma e uno da diplomata. Posai per loro fino a diventare quasi cieca per il flash e poi fui portata a scuola.
Josh mi scrisse mentre ero in macchina.
-RedBoy- “Vorrei essere lì mentre ricevi il diploma, ma oggi, purtroppo sono impegnato. Ci vediamo più tardi, principessa”
Non mi ero ancora abituata all’idea che Josh e -RedBoy-  fossero la stessa persona. Sorrisi per il contenuto del messaggio e risposi con una serie di paroline dolci del tipo “non vedo l’ora che sia più tardi”. Parlare con lui stava diventando imbarazzante, soprattutto davanti a tutti. Mi ripromisi di dargli il mio numero di telefono per poter parlare in privato.
Arrivata a scuola l’agitazione di tutti era frenetica. Ogni studente, con la toga bianca, parlava ad alta voce o con i propri genitori o con gli amici. Matt si aggirava tra i componenti delle squadre sportive senza che qualcuno lo notasse. Le due “amiche” di Jennifer la ignoravano, mentre lei, tutta truccata e cotonata, si era già seduta al suo posto aspettando che la cerimonia avesse inizio. La raggiunsi stringendo la mia toga per la tensione. Mi sedetti accanto a lei sorridendo comprensiva.
-Ciao-
Lei mi guardò cercando di sembrare impassibile. -Ciao-
Non sapendo cosa dire le allungai una mano, come simbolo di pace. Lei la guardò per due secondi e poi sorridendo, normalmente e non con il suo solito ghigno, me la strinse appena. Scoppiammo a ridere come due buone amiche, era semplicemente una cosa incredibile.
-Senti Jennifer- ripresi fiato dopo aver riso per qualche minuto.
-Ti prego, Jennifer è così datato come nome. Chiamami Jen- mi sorrise lei.
Ora senza quell’aura di superiorità intorno, sembrava più simpatica.
-Ok, Jen. Volevo chiederti perché mi hai sempre trattata male. Io non ti ho mai mancato di rispetto o altro-
-Lo so- abbassò lei lo sguardo. Ora sembrava pentita. -E’ che ero gelosa. Quando entrai in questa scuola volevo essere la popolare, quella invidiata. Nelle altre scuole non lo ero mai stata, anzi, ero quella presa in giro. Solo che la timidezza non mi ha aiutato mai. Poi sei comparsa tu, eri così solare e sicura di te che la gente ti salutava anche se non ti conosceva. Pensai, beh non so cosa mi passò nella mente quando per scherzare scrissi quel foglietto dove ti prendevo in giro.
-Non volevo farlo leggere a nessuno, credimi. Me lo presero di mano gli altri compagni di classe mentre eri alla lavagna, probabilmente pensavano che stessi scrivendo una specie di “diario segreto”. Lo lessero e da lì incominciò tutto. Riconosco che ho sbagliato a prenderci gusto, ma stavo diventando così famosa che non ho saputo fermarmi. Scusami- disse tutto d’un fiato mentre il preside cercava di far sedere tutti gli studenti per iniziare con la cerimonia.
Qualche altra ragazza, dopo anni di agonia come me, le avrebbe risposto che non l’avrebbe mai potuta perdonarla. Io invece le presi una mano e sorridendo le dissi due semplici parole: -Ti perdono-.

SALVE A TUTTI! Spero che fino ad ora la mia storia vi sia piaciuta. Mi dispiace dirlo, ma ormai manca solo un capitolo prima della fine, forse due. Lo so che non ho scritto in maniera perfetta sia lessicale che grammaticale, ma la storia in se non voleva un vocabolario perfetto. Si tratta di una ragazza americana e non usano tante parole loro. Per il resto spero che le descrizioni dei suoi stati d'animo abbiano reso ciò che provava. Posso affermare che durante questa ff la protagonista è cresciuta, quindi non è una protagonista statica. Vi prego, lasciate anche una piccola recensione (prima dell'ultimo capitolo) per dirmi cosa ne pensate. Anche se è un commento negativo non importa, vorrei davvero saperlo dato che questa storia è anche un po' personale.
Baci, Dray xx
 

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Capitolo 14
*** Epilogo ***


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-Invisible Girl- “Eeeeeeh… BUONGIORNO A TUTTI! Eccoci di nuovo qui, nella nostra amata Los Angeles alla fine dell’estate. Vi siete goduti il sole? Spero che abbiate trascorso dei bei giorni. 90, un po’ pochi vero? Se mi eleggerete presidente giuro che come minimo triplico le vacanze estive. Ma che dico? Tolgo direttamente la scuola!
Scherzi a parte, per molti sta per iniziare il college, compresa la sottoscritta. Il fine settimana è alle porte e con questo si conclude il divertimento. Salutate i cocktail a bordo piscina, gente e riabbracciate i libri, saranno i vostri “amiconi” per un po’.
Per caso avete voglia di raccontarmi che avete fatto durante questi giorni di relax? Ma forse scommetto che vi piacerebbe saper ciò che ho fatto io. Vi capisco. Sono stata molto impegnata tra blog, amici e fidanzato (forse la nostra relazione non è ancora totalmente pubblica, ci stiamo lavorando). Come? Non lo sapete? Io e Jennifer, o meglio Jen (dopo che si è lasciata con Matt), siamo diventate grandi amiche, inseparabili!
Facciamo tutto insieme e mi da ottimi consigli. Matt invece ha tirato fuori un lato nuovo di se, ora esce con un certo Frenk. Ma non siamo qui per giudicare! Con Josh, questa è pura favola. Tra tutti i suoi impegni da celebrità non abbiamo avuto molto tempo da passare insieme, ma non mi lamento dopo la settimana passata in incognito con lui.
Ma la parte migliore, che ho riservato per la fine di questo post, è che mi hanno preso alla Stanford University!!! Giusto ieri mi è arrivata la lettera di ammissione e quasi sono svenuta. Ma ora vorrei sapere voi dove andrete. Qualcuno mi raggiunge alla Stanford?”

Postai il post, sapendo che era uno dei miei ultimi. Rimandavo la comunicazione della chiusura del mio blog, il più allungo possibile. Non potevo credere che mi avesse aiutato così tanto e io dovessi rinunciarci. So perfettamente che non posso continuare a scriverci. Una volta arrivata al college non avrò tutto questo tempo libero e tra studio e lezioni è probabile che sarò molto stanca.
Il mio tempo libero, poi, lo vorrò sicuramente passare con Jen, che mi seguirà all’università, e Josh che mi ha promesso di venirmi a trovare. Ragion per cui ho deciso di chiudere il mio amato blog. Per la milionesima volta scorsi i post pubblicati e tornai alle mie prima parole digitate e le rilessi. Non ero più la stessa ragazza di quattro mesi fa. Quella timida e insicura, anche insignificante, personcina si era volatilizzata.
Era bastato che qualcuno credesse in me e mi fosse amico, spronandomi a prendere in mano la situazione e a ribellarmi. Accolsi, ancora una volta, con felicità tutti i commenti dei miei ormai ex compagni di scuola. Li lessi tutti, erano davvero tanti. Arrivata alla fine decisi che forse era giunto il momento di salutare tutti per l’ultima volta. Stavo per aprire il nuovo post quando sentii la porta di casa aprirsi con un impeto. Qualcuno urlava il mio nome. Lasciai la mia postazione e corsi fuori dalla mia camera affacciandomi dalle scale.
-Jen? Che succede? Perché urli in quel modo?-
-Oh-mio-dio! Vieni subito a vedere, è una cosa pazzesca- urlò ancora lei sventolando una lettera.
-Di chi è quella?- le chiesi scendendo le scale con calma.
-Tua, ovvio- rise.
-Quante volte ti ho detto che non devi aprire le mie lettere?- la rimproverai per gioco.
Mi mise a tacere subito mettendomi il foglio in mano.
-Avanti leggi!-
-Vediamo… “Carissima Signorina White, è da qualche settimana che monitoriamo il suo blog. Siamo della casa editrice Penguin Random House e saremo lieti di offrirle l’opportunità di pubblicare un libro con noi che parli della sua esperienza alle scuole superiori. Speriamo che reputi la nostra offerta valida e che ci contatti al più presto. distinti saluti, la Direzione.”- lessi ogni parola con crescente entusiasmo.
Jen saltellava già dalla contentezza e, dopo aver pronunciato le ultime parole, la imitai anche io.
-Pubblicherò un libro!-
-Pubblicherai un libro!-
-Devo dirlo subito a Josh- sorrisi ripiegando la lettera.
Proprio in quel momento dalla cucina, probabilmente dopo essere entrato dalla porta sul retro, arrivò il diretto interessato. Aveva l’aspetto di sempre, quel stesso fascino che trasmette nei suoi film o quando guardi la sua immagine.
-Cosa devi dirmi?- mi sorrise venendomi incontro e abbracciandomi all’altezza dei fianchi.
Io aprii bocca per rispondere, ma Jen fu più veloce.
-La casa editrice più grande al mondo vuole pubblicare un libro su di lei e scritto da lei-
-Che bella notizia- esordì lui prima di darmi un bacio a stampo.
Stavo vivendo così tante emozioni, non ne ero ancora abituata. Iniziai a fantasticare sul successo che potrebbe esserci se pubblicassi quel libro, forse esagerai un po’, ma i sogni ad occhi aperti servono a questo.
-Hai preparato le valige?- mi chiese Josh riportandomi alla realtà.
-Le valige, giusto…-
Me ne ero proprio dimenticata, malgrado sia domani il giorno della mia partenza.
-Andiamo ti aiuto io- mi prese per mano Jennifer, sorridendo.
-Certo, ma prima devo fare una cosa. Mi ci vorrà un paio di minuti soltanto. Intanto potete stare in cucina, fate come se foste a casa vostra. Come sempre- corsi in camera mia.
Ormai era giunto il fatidico momento. Mi risedetti davanti al computer preparando le parole da digitare.
-Invisible Girl- “E siamo arrivati alla fine. Quando iniziai a scrivere questo blog nemmeno potevo sognare che mi sarebbe servito a qualcosa. Fu un esperimento, una sorta di “ultima spiaggia”. Vi ringrazio tutti, per aver letto i miei post, per aver commentato… Per tutto!
Ragazzi, siete stati davvero di grande aiuto, ma ho capito di non essere più -Invisible Girl-, ora sono una normale ragazza, certo una che scriverà un libro, ma pur sempre una normale ragazza! Grazie a tutti e buona fortuna per le vostre vite, ricordatevi di non farvi mai mettere i piedi in testa da nessuno. Io l’ho capito da poco.
Baci, una ragazza felice :D”

-SuperIvy- “Ci mancherai tanto! Ma siamo felici per te”
-Laylala- “Sono davvero contenta per te, buona fortuna al college!”
-GoodJack- “Io sono sicuro che non ti mancherò perché sarò quello che alla Stanford organizzerà le partite di birra pong, ti aspetto!”

Lessi gli ultimi commenti e poi chiusi il blog. Non potei evitare che una lacrima mi scendesse nell’atto. Josh, appoggiandosi al capostipite della porta della mia camera, bussò piano.
-Hai finito?-
Mi voltai asciugandomi la guancia -Si certo, solo un po’ di malinconia passeggera-.
-Menomale, perché devi decidere i vestiti da portare e quel golfino beige non deve essere eletto- esclamò Jen entrando come un uragano nella mia camera e rovistando nel mio armadio.
Risi guardandola. No, -Invisible Girl- non c’era più. Il mio cellulare vibrò. Con stupore lo presi e controllai. C’era un ultimo messaggio sul mio blog. Un ultimo commento della prima persona che mi aveva “letta”.
-RedBoy- “Sappi che per me non sei mai stata invisibile.”
 
The End
Salve a tutti! La storia è finita e ringrazio tutti i lettori per averla seguita. In particolare ringrazio chi l'ha aggiunta alle preferite o seguite o ricordate e a chi ha lasciato un commento. Senza queste ultime persone non avrei potuto finire il mio racconto, mi avete dato il supporto morale che mi serviva e quindi vi ringrazio tanto! Mi dispiace che alcuni di voi non abbiano più lasciato i loro pareri sugli ultimi capitoli, ma spero che almeno su questo ultimo appena postato potrò leggere qualcosa anche di loro.
Intanto vi saluto e ringrazio ancora.
Baci, Dray xx

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