Come polvere al vento

di Saecchan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontro ***
Capitolo 2: *** Bicicletta ***
Capitolo 3: *** E' sempre ora della nanna ***



Capitolo 1
*** Incontro ***


Ciao! Sono ancora io, Sae XD. Purtroppo non vi libererete di me così presto! XD Era da un po' di tempo che volevo postare questa mia fanficcy su Twilight, eppure non avevo mai avuto tempo/voglia! Eppoi deve ancora essere finita, ma tranquilli, non penso ci metterò molto >_<

Ovviamente se fa schifo ditemelo prima che mi evito la fatica dell'html XDDD. Comunque! Questa volta niente sofferenza, e niente roba depressa u.u .Avevo pensato a qualcosa di divertente, di nuovo, tipo l'incontro con nuovi vampiri. Massì, facciamo conoscere un po' di vita -per modo di dire XD- a Bella! Non sarà niente di impegnativo -credo- e spero di rispettare lo stile di scrittura della Meyer -bell'impresa =__=-. Ovviamente, ripeto, se avete critiche da fare, recensite e fatemi sapere!

Ma ora bando alle ciance! Spero sia di vostro gradimento ;)

Sae~*

Come polvere al vento


<Muoviti!> strillò impaziente Alice. Cercavo di aumentare la velocità del passo, ma senza accorgermene mi ritrovai soltanto con il muso per terra.

<Ahi> sibilai, mentre tentavo di rialzarmi.

<Ahh, mi ero quasi dimenticata quanto fossi lenta> brontolò squillante.

<Certo, certo…>, risposi seccata. Battei le mani sulle ginocchia, intenta a scrollarmi il fango di dosso. Un secondo dopo ero finita tra le braccia di Alice, che correva irrequieta.

<Vai piano!>, strillai impaurita. La corsa di Alice era molto meno eccitante in confronto a quella di Edward. Lui almeno progettava già la strada da percorrere, e non cambiava direzione continuamente rischiando di farci schiantare contro gli alberi.

<Stai tranquilla, non ci ammazziamo mica>.

<TU, non ti ammazzi di certo>, mormorai mentre mi coprivo con il braccio destro la faccia. Il vento mi scompigliava i capelli, che mi frustavano ininterrottamente.

<Quanto la fai lunga>, disse annoiata.

<Sei tu che mi hai costretta a venire!> bofonchiai infastidita.

<Oh, ma dai! Ci divertiremo!>, sghignazzò.

<Certo, per te tutto è divertente. Soprattutto portarmi a una festa di vampiri pronti ad uccidermi> questa volta avevo proprio un tono petulante, come una bambina capricciosa.

<Non ti succederà niente. Sono amici> mi rassicurò. Pronunciò quelle parole come Edward. Probabilmente l’aveva fatto apposta, ma la mia ansia non diminuì di molto.

Mi sentivo terrorizzata, sapevo che con Alice accanto non sarebbe potuto accadere niente, ma l’idea di andare a trovare dei vecchi amici vampiri –non proprio “buoni” come i Cullen- non mi allettava per niente. Tuttavia, da quanto avevo ben capito, avevano sentito molto parlare di me –immagino solo cosa potessero pensare di un’umana fidanzata con uno di loro- e volevano assolutamente che Alice mi portasse con lei.

Mi sentivo come una cavia da laboratorio.

<Tanya è con loro?> chiesi, cercando di mostrarmi meno svogliata.

<No, è rimasta in Alaska insieme ad Irina. Sai, forse è meglio che Irina non ti veda…>.

<Ancora per la morte di Laurent?>. Laurent. Quel nome scaturiva in me così tante emozioni, così tanti pensieri. Era morto due anni fa, per mano dei licantropi, e ancora la sua compagna desiderava vendetta. Beh, infondo due anni per un immortale non sono niente, polvere soffiata dal vento.

<Non succederà niente, Bella. Tranquillizzati>, disse imitando nuovamente Edward. La guardai perplessa. <Ti vedo fuggire via, impaurita>, spiegò con una leggera punta di delusione nella voce.

<Ah>. Effettivamente era un po’ che ci pensavo.

<Devi stare tranquilla. E poi, sono tutti elettrizzati all’idea>, disse entusiasta.

<Di mangiarmi?>.

<Ah-ah. Ci hai provato. No, vogliono tutti conoscere la fortunata>.

<La fortunata di cosa?>

<La fortunata che sposerà Edward>.

Non poteva dire niente che mi facesse calare l’umore a picco meglio di questo. Sposare Edward; ecco spiegato il dilemma al loro interessamento. Non capita tutti i giorni che un predatore voglia portare all’altare la sua preda, no? Sicuramente volevano vedermi per umiliarmi, davanti alla loro bellezza così spiazzante. Avevo già sentito dire di qualche vampira interessata a Edward –al mio Edward- e l’idea di essere ulteriormente sminuita mi fece venire la nausea. Non avevo assolutamente speranze davanti a un così grande numero di bellezze. Forse qualcuna era persino più bella di Rosalie. E se davvero fosse stato così, avrei ben presto messo in atto la visione di Alice. Sarei scappata via, frustrata e sconfitta.

Dopo circa dieci minuti di corsa sfrenata, ci fermammo. Negli occhi di Alice si leggeva l’eccitazione e l’entusiasmo. Io mi sentivo sempre più abbattuta.

Mi fece scendere non proprio delicatamente, e mi prese per mano. Camminò al mio passo, ma le vedevo stampata in faccia l’impazienza. Sbucammo in una strana radura, ben diversa da quella che conoscevo, e rimasi allibita di fronte la bellezza dei loro volti.

Seduti sul prato tappezzato di fiori colorati, come fossero dei ragazzi normali, due donne e un uomo parlavano e ridevano a bassa voce. Sapevano già da tempo che noi eravamo vicine, ma continuarono a fingere di non averci notate, fin quando Alice in preda alla felicità urlò <Sabrien! Jordan! Catherine!> la sua voce si espanse nella natura come fossero tanti campanellini, e subito intravidi la ragazza più a sinistra, semistesa, alzarsi velocemente e correrle incontro. Fu così veloce che riuscii solo a rendermi conto del loro abbraccio, quando sentii un tonfo assordante, come se due monti si fossero scontrati. Si abbracciavano vigorosamente, e sono sicura che, se avessero potuto, avrebbero pianto. Le guardavo un po’ imbarazzata, si stringevano vivamente mentre gli altri due rimanevano in piedi a qualche metro di distanza, con uno strano sorriso compiaciuto sul volto.

Li guardai con molto più interesse, ora che sembravano occupati a contemplare il momento. La ragazza aveva dei lunghi capelli color caramello, raccolti in due chignon ordinati agli angoli della testa. Una frangetta perfettamente longilinea le copriva la fronte, e dava spazio ai suoi grandi occhi da cerbiatta, incorniciati da ciglia fitte e lunghe. Sembrava una di quelle fanciulle dei dipinti settecenteschi, e chissà, forse lo era realmente. La sua pelle chiarissima faceva spiccare le labbra rosse a forma di cuore, curvate in un sorriso dolce. Non avrei mai potuto pensare che dietro quella bocca perfetta ci fosse un’arma letale pronta ad uccidere. La sua bellezza era così estasiante da farmi arrossire. Il ragazzo accanto, invece, sembrava molto più rilassato, pacato, come un soldato davanti al suo maggiore. I capelli biondo cenere svolazzavano dolcemente sulla sua fronte, ricordandomi il protagonista di un film romantico. I suoi lineamenti erano deliziosi, femminei, ma allo stesso tempo determinati. Il suo sguardo caldo, intenso mi lasciò letteralmente folgorata; aveva degli occhi grandi, di un topazio bollente e ammaliante. Probabilmente uno di quei sguardi poteva trovarsi solamente in un quadro di Michelangelo o Leonardo. Non mi sorpresi neanche questa volta della possibilità che lo fosse realmente. Provai, anzi, un leggero sollievo quando capii che non erano affamati. Se non altro non avrebbero tentato di uccidermi, o almeno, non così presto.

L’abbraccio non durò quanto avevo previsto, e presto i tre ragazzi furono allineati dinnanzi Alice, che mi dava le spalle, coprendomi. Le due ragazze non potevano dimostrare più di vent’anni, anzi forse anche di meno, mentre l’uomo sembrava molto più adulto.

Per quanto mi sforzassi di tenere gli occhi fissi sulle mie scarpe, sentivo i loro sguardi addosso. Non avevo il coraggio di alzare il volto e guardarli uno per uno, così iniziai a contare i secondi che passavano nel silenzio. Scoccato il primo minuto, mi resi conto che non stavano zitti, ma bensì parlavano a bassa voce, rapidissimi. Che stupida, pensai; sicuramente facevano ancora finta che non esistessi. Alzai quindi gli occhi, e rimasi inchiodata dai loro sguardi. Avevo ancora una volta calcolato male.

Inconsapevolmente feci un passo indietro, come se volessi scappare, e scoppiarono in una risata fragorosa. Alice mi venne incontro, mi cinse le spalle e spavalda disse <Lei è Bella>. I loro occhi si accesero in una strana espressione amichevole. Ammiccai un esile sorriso, ricambiato da un risolino a trentadue perfettissimi denti. La loro bellezza mi lasciava senza fiato, mi intimidiva più del solito. Ma sicuramente Rosalie –se non avesse sempre tenuto il broncio in mia presenza- li avrebbe battuti tutti con un solo sorriso.

<Io sono Sabrien> disse la ragazza a sinistra, che si era lanciata addosso ad Alice. Aveva i capelli cortissimi, spettinati, con un solo ciuffo lungo penzolante sulla faccia pallida. Rimasi a bocca aperta, non avevo mai visto dei capelli di un colore del genere. Erano di un blu acceso, che risplendeva in tutte le sue sfaccettature –dal blu notte all’azzurro cielo- al sole caldo d’estate. I suoi occhi erano meno caldi degli altri due, perciò mi tenni inizialmente sulle prime. Avevo troppo paura di stringerle la mano, che gentilmente aveva posto. Deglutii e la strinsi. Senza sorpresa notai che era fredda come il ghiaccio, e mi rilassai tentando di non far apparire più di quanto apparisse già il mio nervosismo.

A ruota si presentarono gli altri due ragazzi.

<Io sono Catherine>, disse gentile.

<Ed io Jordan>, strinse la mia mano, educato.

Cercavo di sorridere, di rendermi amichevole come loro lo erano con me, ma sulla mia faccia era presente un tiepido sorriso, coperto da una venatura di terrore ed angoscia. Di sicuro non apparivo così affascinante come avevano sperato.

La ragazza con i capelli blu, che –ora che la guardavo bene- aveva parecchi orecchini agganciati ai lobi delle orecchie, uno al naso e uno persino al labbro inferiore, si sedette leggiadra sull’erba, invitando gli altri a seguirla.

Goffamente li scimmiottai, sedendomi sull’erba fresca. Per tutta la mattinata chiacchierarono come se fossero dei semplici studenti, e di tanto in tanto mi rivolgevano qualche domanda. Negli occhi di Sabrien non riuscivo a decodificare la strana luce che brillava quando parlava con Alice; probabilmente erano molto legate, o più semplicemente lo erano state nel periodo trascorso insieme di cui parlavano attivamente.

<E tu, Bella?>, chiese maliziosa Sabrien. Mi beccò sorpresa, perché non avevo ascoltato neanche una parola del discorso; ero con la testa fra le nuvole da un po’, ormai.

<E-eh?>, chiesi con voce spezzata.

<Parlavamo di Edward>, chiarì. Edward. No. Non mi piace per niente che parlino di lui.

<Sì?> chiesi interessata. Chissà dove voleva andare a parare.

<Beh, chiedevamo qualche chiarimento riguardo al vostro matrimonio. Alice è tutta elettrizzata>, il modo in cui disse l’ultima frase mi spiazzò: guardava ammiccante Alice, come se fosse la sua compagna. Sentivo uno strano feeling tra le due, e un po’ mi sentii gelosa.

<Ah, già. Il matrimonio. Beh, fosse per me Emmett potrebbe fare da prete, e casa mia da chiesa. Ma Alice è così testarda…>, scoppiarono a ridere, e questa volta anche io ridevo di gusto. Forse ero riuscita a scacciare la tensione, anche se un filo di agitazione mi navigava nello stomaco.

<Sì, so cosa si prova. Questa cosetta piccola e testarda non cambia mai>, e lanciò un’altra occhiata maliziosa verso Alice, che fingeva di essere offesa e teneva la testa alta. Catherine intanto parlava silenziosamente con Jordan, e ogni tanto la vedevo scuotere la testa contrariata. Non capivo perché si fossero spostati a qualche metro da dove eravamo noi. Poi la mia attenzione si spostò di nuovo su una domanda di Sabrien.

<A proposito: Emmett come sta? È ancora il solito mastodontico essere? E Rosalie? Non ha strappato i capelli a nessuna ragazza?>, pronunciò il nome di Rose con una smorfia che lasciò intendere la sua simpatia verso la donna più bella del mondo. La cosa –non so bene perché- mi fece piacere.

<Sì, è il solito orso. E Rosalie non si è ancora stancata di lui>, rispose divertita Alice. Stancata? Era possibile? Non erano eterni compagni?

Sabrien sbuffò e si girò verso Catherine che continuava a parlare preoccupata con Jordan. Velocemente si voltò verso Alice e prendendole le mani, come avrebbe fatto un principe con la sua principessa, disse <Carlisle si ricorda ancora di me, sì?>, la guardava con occhi brillanti, come un’amante guardava la sua amata.

<Ma certo che si ricorda di te, Sab. Come potrebbe? Dopo tutto quello che è accaduto…>, rispose dolce Alice, che stringeva le sue mani a sua volta. Rimanevo a bocca aperta a guardare così tanta passione circolare. Era… semplicemente stupefacente; tutto quel calore, quell’emozione nel prendere le sue mani. Mi ero quasi dimenticata che fosse una donna.

<Beh, allora cosa aspettiamo?! Andiamo subito a trovarlo!> disse Sabrien con il volto luccicante di intraprendenza. <Cathy! Jordan! Preparatevi ad incontrare il buon vecchio Carlisle!>, urlò eccitata.

I due ragazzi si limitarono a girarsi verso di lei e a sorridere educati.

Io continuavo a guardare Alice stupefatta.
<Beh, non so quanto possa fare felice Rosalie la tua visita…> disse timorosa, Alice.

<Al diavolo quella vipera! Carlisle sarà più che felice di vedermi! Ed Emmett la pianterà di evitarmi, finalmente>. Emmett la evitava? Mi ero persa qualche particolare della sua vita sociale? Alice notò la mia bocca spalancata e sorrise imbarazzata.

<Non ti preoccupare Bella, è solo… una vecchia storia>. La guardai arricciando la fronte. <Ti ho vista di nuovo fuggire via> disse alzando le sopracciglia e guardandosi intorno.

<Ma io n-non…> non riuscii a finire la frase che Sabrien mi coprii irritata <Lei non sa niente? Ma che razza di Cullen è?!>. Mi sentii punta dalla sua affermazione, e voltai lo sguardo verso Jordan, che continuava a sussurrare preoccupato.

<Non credevo fosse il caso di raccontarle… insomma, son passati anni ormai!>, ribatté Alice.

<Non è una scusa valida, Alice. Lei deve sapere. Non potete ignorare il vostro passato così a lungo>. La questione sembrò precipitare in qualcosa di realmente serio. Cosa mi nascondevano?

<Ma… ma…>, tentennò Alice.

<Voglio sapere>, intrapresi determinata. Qualunque affare avesse riguardato in passato la mia nuova famiglia, doveva essere anche un mio affare, perciò assunsi uno sguardo duro, verso Alice.

<Beh…>, cercò di dire Alice, che fu sopraffatta dal tono dinamico di Sabrien.

<Quasi dieci anni fa, io conobbi il suo caro fratellino Emmett>, disse come se stesse raccontando una favola. <Non a caso, mi innamorai di lui. Sai, io ero una tipa tosta> mentre parlava, fissavo l’orecchino muoversi insieme al suo labbro inferiore. <E lui era tosto quasi quanto me>, rise al ricordo, con gli occhi sfocati in una memoria non troppo lontana. <Io non riuscivo a stare un solo secondo senza pensare a lui, lo sognavo la notte, lo vedevo negli specchi>. Pareva stesse descrivendo la situazione che passai quando mi accorsi di essere irreparabilmente innamorata di Edward; infondo, i vampiri credo che facciano questo effetto. <Dopo mesi passati ad ignorarmi, si rese conto che neanche io gli ero indifferente. Ma c’era quella vipera, quella bionda senza anima a stargli col fiato sul collo…>, ed ecco spiegato il motivo di tanto disprezzo verso Rosalie. Incondizionatamente, sorrisi.

<Sabrien lavorava come barista, al pub dove solitamente andava a cercare rogna Emmett>, disse divertita Alice.

<E’ incredibile pensare a quanti vampiri vaghino indisturbati tra gli umani. Nessuno si accorge mai di quello che ha sotto il naso>, ripiegò pensierosa Sabrien. Alice scoppiò una risata cristallina, e i campanellini inondarono ancora una volta la radura.

<Comunque sia, Emmett era così… affascinante> disse ritornando a frugare nei ricordi annebbiati. <Un vero fico>, ammise orgogliosa. L’idea che Emmett potesse apparire fico, o addirittura affascinante mi fece salire un brivido sù per la schiena. Evidentemente avevo degli standard abbastanza diversi. Continuai, comunque, ad ascoltarla interessata.

<C’era un qualcosa di… strano, nel suo sguardo. Glielo leggevo stampato negli occhi: lui mi desiderava. Almeno quanto lo desiderassi io>, mormorò abbassando lo sguardo, rapita da un ricordo troppo forte da sopprimere. <Una sera, avevo appena finito il turno ed ero uscita per strada. Era buio>. Un altro brivido mi fece trasalire. <Vidi i suoi occhi brillare nella notte, famelici di possedermi. Come un leone davanti alla sua preda>, impallidii alla descrizione. Sapevo bene cosa nascondeva quello sguardo. Lo sapevo fin troppo bene. Cercai di tenermi d’un pezzo, di non crollare nel panico del suo racconto, ma Sabrien sbuffò e alzo gli occhi annoiata. <Poi accadde tutto così in fretta… probabilmente non era così fico come pensassi, e mi lasciò morta e sanguinante lì a terra. Non aveva finito il lavoro come avrebbe dovuto>, ammise facendo spallucce. Alice riprese a ridere, probabilmente perché aveva notato quanto la mia faccia si fosse fatta pallida e sbalordita.

<Ma no!, è stata tutta colpa di Rosalie, lo sai anche tu Sab! Non incolpare il povero Emmett>, disse ridendo.

<Ros-salie?>, chiesi confusa.

<Sì, quella donnaccia aveva intuito cosa Emmett aveva in progetto di fare –anzi, di farmi- e gli è corsa dietro per fermarlo>, disse con una smorfia di disappunto.

<C-cosa?>, riuscii a mormorare mentre mi sentivo cadere.

<Diciamo che… non tutti sono come Carlisle o Edward, Bella. Emmett è sempre stato un po’… impulsivo, ecco, un po’ impulsivo. Non voleva di certo trasformare a caso un’umana. Era solo… ehm… annoiato della sua dieta, sì>, disse Alice, tentando di non farmi svenire, pesando le parole e badando a non traumatizzarmi più di quanto lo fossi già. Cercava di sorridere, incoraggiante.

<Quindi… se non fosse stato per Rosalie…>, mormorai confusa.

<Esatto!>, disse con rigetto Sabrien. <<Se non fosse stato per quella donnaccia io ora sarei tra le braccia del paradiso. O dell’inferno, chissà>>, rise.

<Ma come…>, mormorai tra me e me.

<Come posso essere così felice dell’idea, dici? No, io a differenza degli altri…ehm.. vampiri –come li chiamate voi umani- non sono affatto contro la mia trasformazione. Anzi, ne sono molto soddisfatta. Ma sai, io amo così tanto Emmett… e vivere un’eternità senza di lui, costretta a sapere che quella donnaccia lo possa avere ogni momento della sua esistenza, mi mette tristezza ed angoscia. Ma, beh, sopravvivrò infondo>, disse con un grande sorriso stampato sulla faccia.

La mia mascella cadde per terra.

<T-tu… lo… ami… ancora?>, bofonchiai.

<Sì, perché? Infondo per me è come se non fosse passato il tempo>, disse innocente. Si passò una mano tra i capelli disordinati, e portò il lungo ciuffo dietro l’orecchio sinistro, così che non gli penzolasse più davanti agli occhi.

<Ah>.

<Beh? Siete sicuri che la ragazzina possa tenervi testa? A me sembra livida di spavento>, disse rivolgendosi ad Alice, la quale rispose annuendo divertita.

Mi sentii presa in giro, e voltai lo sguardo verso Jordan.

<Oh, no>, disse scocciata Alice. <Stanno arrivando>.

<Chi?>, chiesi impaziente.

<Edward, Carlisle ed… Emmett>, rispose alzando le sopracciglia e abbassando lo sguardo.

Oh, Edward! Edward stava per arrivare! Mi sentii sollevata ed eccitata al suo arrivo. La notte scorsa aveva dovuto sgattaiolare via dalla mia camera prima del solito, per via di una chiamata urgente. Probabilmente Jasper aveva nuovamente messo mani nel motore della sua auto, e Rosalie voleva un consulto tecnico.

<Tra quanto?>, chiesi entusiasta.

<Tre minuti>, ripeté ad occhi bassi.

Sospirai soddisfatta, e misi sù un bel sorriso. Mi sentii molto meglio, molto più sicura con lui accanto.

<Ahh! Edward! Era proprio tanto che non ci vedevamo, eh?>, disse verso il nulla Sabrien. Jordan ed Elizabeth girarono la testa e si rivolsero anch’essi al nulla. In un secondo erano tutti alzati davanti Carlisle ed Edward, spuntati dagli alberi. Mi sentii schifosamente umana, quando mi accorsi di essere ancora accovacciata per terra. Mi alzai goffamente, e corsi verso Edward, che mi accolse tra le sue braccia, sospirando tranquillo.

<Non c’ha pensato neanche un secondo, oggi. Altrimenti vi avrei accompagnate subito. Perdonami>, sussurrò silenzioso al mio orecchio. Strinsi il suo corpo marmoreo, per quanto mi era possibile, e appoggiai le labbra sul suo mento. Rispose baciandomi dolcemente.

Sapevo di avere gli occhi di tutti addosso, ma non ci feci caso. Sentii qualcuno sghignazzare alle mie spalle e mi voltai, tenendo Edward per mano.

Tutti si erano di nuovo seduti, e questa volta Carlisle era con loro. Sembravano tutti molto elettrizzati –ma allo stesso tempo tranquilli e composti- del loro incontro. Sabrien rideva sguaiatamente, come una ragazzina alla festa di compleanno, mentre Alice le teneva stretta la mano con le dita intrecciate alle sue.

Che strano rapporto, il loro.

Mi vergognai ancora una volta per aver calcolato male. Nessuno ci guardava, e nessuno era curioso di noi due. Probabilmente avevano visto già più di quello che avrebbero voluto vedere.

<Allora, Edward…>, incalzò Sabrien. <E’ passato così tanto tempo… Non ti sarai arrugginito, spero>, disse maliziosa.

Edward sorrise divertito, e sfoderando il mio personale sorriso sghembo disse: <Sai benissimo che potrei batterti da un momento all’altro>.

<Non oserei neanche a dirlo, fossi in te. È passato così tanto tempo…>, ribatté Sabrien.

Continuavo ad osservare i loro sguardi maliziosi in silenzio. Chissà a cosa stava pensando Sabrien.

<Dieci anni non sono poi così tanti, e poi io ti batterei ugualmente>, disse sghignazzando Edward. Sicuramente parlavano di corsa, lui era il migliore fra tutti.

Sabrien rispose con una fragorosa risata, e sul suo volto angelico questa volta si formò una smorfia maligna. Sembrava proprio un vampiro; mostrava i denti.

<Non essere sciocca, Sab>, disse questa volta duro.

Un’altra risata.

<Ma perché? Dai! Infondo l’ultima volta che c’ho provato, ero solo una neonata!>, disse tornando allegra in viso.

Non riuscivo più a seguire la conversazione: parlavano ancora di corsa?

<Neonata?>, mi sfuggì.

I loro occhi furono su di me. Poi Sabrien rise.

<Beh, sì, lo sono tutti. Non credi?>, disse rivolgendosi a Edward, il quale era tornato sereno. Egli annuì.

<No, dico… così presto? Tu eri neonata solo dieci anni fa?>, dissi inquieta.

<Sì, perché? Dieci anni bastano per sviluppare un buon autocontrollo. Non credi Edward?>, disse ridendo.

<Tranquilla, Bella. Finora ha sempre fatto la brava bimba>, disse con gli occhi fissi sui suoi.

Sabrien continuava a pensare intensamente a qualcosa che lo infastidiva, lo sapevo perché Edward teneva la mascella tesa. Il suo sorriso era finto, fin troppo forzato. Ovviamente, solo io che lo conoscevo bene potevo distinguerlo.

Mentre loro continuavano a fissarsi, e a parlarsi via pensieri, lanciai un’occhiata verso Carlisle e i due ospiti.

Mi accorsi subito che non c’era Emmett, come aveva previsto Alice.

<Ma… Emmett?>, incalzai confusa.

Alice sbuffò.

<Ha rinunciato appena ha sentito l’odore di Sab. E’ fatto così>, disse facendo spallucce.

Sabrien grugnii scocciata e tornò sorridente.

<E’ colpa della viperaccia, sicuro>, borbottò acida.

Edward scoppiò in una risata sincera, e rilassò la mascella. <Ma no, ancora con questa storia?>, disse ridendo.

Alice gli lanciò un’occhiata furtiva, e i fratelli risero sotto i baffi mentre Sab metteva il broncio.

<Non è semplice come credi, sai? Non tutti vengono trasformati dall’uomo della tua vita, e amati per sempre>, sbottò. Sicuramente si riferiva a noi due. Decisamente si riferiva a noi due. Mi sentii triste, al pensiero che Edward potesse fare una cosa del genere. Amarmi, ed abbandonarmi. Ma infondo era già successo.

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Capitolo 2
*** Bicicletta ***


Tadadadaaa *musica tetra*! Sono tornataaa +_+. E con un secondo capitolo, ha! No, non abbiate paura, non sarà lungherrimo come il primo! Anzi, questo è proprio piccino! >_<
Spero vi stia piacendo la storia, anche se non è proprio chissa che! XD Ma non fa niente, mi migliorerò a furia di scrivere cavolate u.u

Come al solito, se avete qualcosa da dire - anche gli insulti vanno bene! XD- recensite!
 Ciau! >*<
Sae~*

 

Quando detti un’occhiata all’orologio mi accorsi che erano passate più di tre ore e i miei pensieri volarono subito a Charlie, che mi aspettava probabilmente a casa affamato.

Edward notò il mio viso preoccupato e iniziò ad accarezzarmi i capelli, restando attento sul racconto di Sabrien, che intanto narrava le vicende successe nei dieci anni di lontananza.

<Beh, sì, insomma, non erano più gli anni Novanta che tanto amavo. Ma l’ho capito troppo tardi>, disse Sab.

<Quanti anni avevi?>, dissi interrompendola. Non mi accorsi neanche di aver parlato, fu un gesto spontaneo.

Sabrien parve disorientata dalla mia domanda spuntata dal nulla, e dopo un secondo rispose.

<Sedici, appena compiuti>.

<Per questo avevi tutti questi…>, dissi muovendo il mento in direzione dei capelli e degli orecchini.

<Intendi questi?>, indicò con l’indice l’anello al centro delle labbra.

Annuii.

<Oh, beh. Sono troppo nostalgica per toglierli. A quell’epoca andavano molto di moda>.

Pensai all’ago e al dolore nel farli. Rabbrividii. Di sicuro non avrei mai avuto il coraggio, era già tanto avere i buchi ai lobi.

<I capelli… uhm, sono rimasti gli stessi di quando avevo sedici anni. Non possono cambiare, dato che scientificamente… beh, io sarei morta>.

Sgranai gli occhi. Non ci avevo mai pensato.

Il solo pensiero che il mio angelo più incantevole possa essere morto mi mise i brividi. Eppure era così, scientificamente parlando.

Che cosa sciocca!

Era così evidente! Come avevi fatto a non pensarci, stupida Bella?

Avrò fatto sicuramente la figura della svampita. Ne sono certa.

Probabilmente Sabrien lesse sul mio volto i miei pensieri, e scoppiò a ridere divertita.

<Non ci avevi mai pensato, eh?>, disse sopraffatta dalle risate.

<In un certo senso…>, fu l’unica cosa che riuscii a dire fissandomi le scarpe, paonazza dalla vergogna.

<Oh, Sabrien. Non tormentarla. Non ti ha fatto nulla di male>, disse premuroso Edward.

<Ma è così… tenera, così vera>, rispose sincera Sabrien.

Di nuovo cadde il silenzio.

Sabrien parlava via pensieri con Edward, mentre io pensavo al significato della frase “è così vera”. Perché aveva scelto proprio l’aggettivo “vera”? Cos’hanno di “falso” i vampiri?

<Noi, mia cara Bella, non siamo esseri umani. Non siamo altro che un fenomeno da baraccone. Non siamo reali>, disse Sabrien seria.

<Ma tu…>, dissi allibita.

<No, non leggo nel pensiero. Ma tu sei così semplice da capire. Basta osservare le tue espressioni. E’ facile>, rispose mentre Edward sghignazzava.

Sospirai e abbassai nuovamente lo sguardo.

E per la seconda volta nella giornata, mi sentii schifosamente umana. Vera? No, io non ero vera. La realtà è che io ero semplice, inutile. Disgustosamente senza valore, facile da leggere persino agli sconosciuti.

Tormentai le mie scarpe cercando di staccare un pezzo della suola, fin quando Edward bloccò le mie dita assassine.

<Non ti preoccupare>, sussurrò dolce al mio orecchio.

Quando alzai lo sguardo, Sabrien era seduta accanto ad Alice, in cerchio con Catherine e Jordan.

Stranamente avevano assunto tutti un’espressione preoccupata, ed annuivano pensosi.

<Che succede?>, chiesi sottovoce.

<Nulla di particolare>, rispose formale Edward.

<La mia presenza ha creato qualche problema>.

<Bella, smettila di colpevolizzarti per tutto>.

<Beh, sai com’è: l’abitudine…>.

<Non sarebbe colpa tua se cadesse un asteroide e ti colpisse. O se un pianoforte cadesse dal cielo e ti prendesse in pieno. Certe cose accadono e basta>.

<Quindi sta succedendo qualcosa?>, ripiegai.

<Non proprio>.

<Sputa il rospo>.

Rise solleticandomi con il respiro l’orecchio.

Il suo odore mi inebriò.

<Non è successo nulla, Bella. Rilassati>, rispose, sfoderando quel tono vellutato che tanto riusciva a convincermi.

<Non sei convincente, Edward Cullen>. Un’altra sua risata, e mi sentii la testa vuota. Il suo profumo mi invadeva i capelli, sentivo le sue braccia premurose intorno al mio corpo.

Era stato molto più che convincente.

<Edward, il cellulare!>, strillò Alice.

Edward sfilò il cellulare di tasca, e iniziò a squillare.

Ancora una volta Alice mi aveva lasciata a bocca aperta. Chissà cosa sarebbe potuto succedere se avesse lavorato in un’azienda telefonica.

Il tono di Edward parve preoccupato. Annuiva e rispondeva con semplici “mh-mh. Okay. Va bene”. Chiuse la chiamata, e con tono gentile disse:

<Signori, siete ufficialmente invitati in casa Cullen>.

Alice –che ci avrei scommesso cento dollari, sapeva già tutto- si alzò in piedi e urlò: <Urrà!>, mentre Sabrien esclamava <Era ora>, soddisfatta.

Jordan e Catherine sorrisero gentili.

Un secondo dopo, mi ritrovai nelle braccia di Edward, mentre il vento mi frustava il naso e il mento.

Dannata corsa.

Devo comprarmi una bicicletta.

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Capitolo 3
*** E' sempre ora della nanna ***


e' sempre ora della nanna (da postare)

Ed eccomi con il terzo capitolo! ^^ Se ci sono errori, vi chiedo umilmente scusa, ma l'ho scritto al volo, e a quest'ora il mio cervello è abbastanza dormiente XDD Vi ringrazio ancora per i commenti e spero ce ne saranno molti altri. Ciau! SAE~*

Senza neanche accorgermene, ci ritrovammo davanti la villa Cullen. Sbuffai, e scesi dalle braccia di Edward, che mi tenne per mano. Alice intanto saltellava dall’euforia, accompagnata da Sabrien, che le cingeva bizzarramente i fianchi. Jordan e Catherine ci seguivano con un sorriso tiepido stampato in faccia. Sembravano due manichini, due bellissimi manichini. Ancora una volta mi sentii orrendamente umana.
Edward mi strinse per le spalle e mi accompagnò alla porta. Alice si voltò verso di noi, sfoderò il suo miglior sorriso, e un tremito di eccitazione la invase mentre girava il pomello della porta. Roteai gli occhi nauseata da tanta frenesia, ed entrai a seguito di Catherine e Jordan.
In piedi e in mezzo al salotto, stavano per mano Esme e Carlisle, sorridenti. Sul divano, invece, sedevano serenamente Emmett e Jasper, il quale si alzò per salutarci.
Rimasi quasi delusa dal silenzio che avvolse per qualche minuto la stanza. Non si udiva alcun rumore, e tutti rimasero nella stessa posizione. Il secondo in cui il suono del mio ingurgito invase la stanza, tutto scoppiò come un motore. Vidi Sabrien saltare ed abbracciare con impeto Carlisle, Esme stringere calorosamente le mani a Catherine, mentre Jasper salutava Jordan con pacche sulle spalle.
Alzai un sopracciglio quando mi accorsi di essere l’unica ad essere rimasta ferma immobile in mezzo alla stanza. Tutti si erano magicamente accomodati sul divano e sulle poltrone.
< Bella? >, disse Edward seduto al piano. < Vieni qui >.
Senza fiatare e con lo stupore ancora dipinto sul volto, mi avvicinai al rialzo del piano, salutando con la mano Esme e Carlisle. Mi guardai intorno, e mi accorsi che Alice era sparita. Anche Emmett non era più seduto sul divano, ma era lontano, con la faccia rivolta a fissare fuori da una finestra.
Sabrien continuava a sorridere contenta e a parlare con Carlisle.
Edward mi guardò, tamburellò col palmo della mano la panca di pelle, e mi sedetti accanto a lui. Quando la musica iniziò ad espandersi per la camera, sentii una strana sensazione di quiete. Probabilmente era la musica a rilassarmi, o probabilmente era Jasper che si dava da fare.
Quando la musica finì, mi accorsi che fuori si era fatto buio.
< Il crepuscolo >, disse silenzioso Edward.
< Già. Devo tornare a casa, altrimenti Charlie penserà che sia stata rapita; si irrita parecchio quando ha fame >, risposi alzandomi.
< Ti accompagno. Vieni >, disse prendendomi per mano.
Salimmo le scale, ed entrammo in camera sua. Afferrò il giubbotto e si diresse verso la porta. Cercai di fermarlo acchiappandogli un braccio, ma neanche se ne accorse.
< Edward >.
Si girò e mi guardò.
< Cosa c’è tra Alice e Sab? >, incalzai.
Alzò le sopracciglia, sorpreso.
< Come, prego? >.
< Tra Alice e Sabrien. C’è qualcosa di… strano >.
< Sono amiche >.
< Sì, ma… non lo so. Mi puzza la cosa >.
< Sei gelosa? >, disse sogghignando.
< No! Assolutamente no >, dissi abbassando tono. .
< Sono amiche >, replicò ridendo.
< Sicuro? Non è che… beh, magari Alice… >.
< Alice non tradisce Jasper con una donna, Bella >, rispose questa volta ridendo sguaiatamente.
< Non intendevo… proprio quello >, risposi vergognandomi.
< Piccola, tenera, umana Bella. Sei così bella quando arrossisci >. Si avvicinò al mio viso, e inspirò l’odore del sangue che saliva alle mie guance. Sentii il mio cuore pompare forte, e arrossì ulteriormente.
Edward rise ancora una volta e mi abbracciò.
< Ora andiamo, o Charlie morirà di fame >, disse prendendomi per mano e conducendomi al piano di sotto.
Imbarazzata, salutai gli ospiti e sgattaiolai via nella macchina.
Sospirai stanca. < Domani ci saranno? >.
< Credo di sì, a meno che Rosalie non voglia uccidere qualcuno >, rise.
< Intendi Sabrien? >.
< O Emmett. Chissà >.
La risata cristallina di Edward invase l’abitacolo. Ancora una volta non capivo nulla di quello che succedeva. Ma lasciai stare, mi rilassai sul sedile e in un batter d’occhio fummo davanti la casetta di Charlie.
Salutai formalmente Edward, preparai la cena e salii in camera dove mi aspettava steso sul letto.
Chiusi la finestra, dalla quale entrava un vento ghiacciato, e mi stesi accanto a qualcosa di ben più freddo. Sentì che rabbrividivo, e mi avvolse con una coperta di lana.
< Non c’è bisogno… >, bofonchiai.
< Non voglio che tu muoia assiderata per colpa mia >.
< Balle >.
< Ah sì? >, rispose a bocca aperta. Mi si fiondò addosso, muovendo freneticamente le mani sui miei fianchi, facendomi contorcere per il solletico.
< Ahi, ahi! Basta, mi arrendo >, dissi in preda alla sofferenza. Edward si rilassò e si stese sopra di me.
Quella posizione fu totalmente una novità.
I nostri volti a pochi centimetri, il suo respiro fresco sulla mia pelle bollente. Arrossii, se ne accorse e in un secondo si stese su un fianco, accarezzandomi la fronte.
< Oh, no >, mi lamentai.
< E’ ora di fare la nanna >, rimproverò dolce.
< Certo, certo, appena ci si inizia a divertire un po’ è l’ora della nanna. Mi ero dimenticata delle tue stupide regole >.
< Le mie “stupide regole” ti mantengono in vita, Bella >.
< Come no >, dissi e mi voltai dandogli le spalle.
Chiusi gli occhi e mi imposi di dormire.
< Dai, ti prometto che domani ti porterò al fiume. Sarà divertente >, sussurrò prima che potessi prendere il treno diretto al mondo dei sogni.

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