Vite nell'oblio.

di marikamoreschi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 1-UN PESSIMO RITORNO ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 2-Hope e Cecilia. ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 3-Jeam Beam ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 4-Tristezza. ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 5- Un pò d'affetto. ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 6-pastore-pieno-di-merda ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 7-ON THE ROAD ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO 8- Il cocainomane. ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


"When you're in my arms,but you've gone somewhere deeper."

-oblivion,bastille.

La vita è un insieme di circostanze. E ognuno ha le sue circostanze. Ti capitano a caso,non puoi farci niente. Non te le scegli. Non puoi scegliere se essere bello,brutto,ricco,povero,talentuoso. Non puoi sceglierti tua madre o tuo padre,ti capitano e te li devi tenere. Che siano o meno brave persone. Non puoi sceglierti il colore degli occhi,il loro taglio,la tonalità della pelle,il naso,la forma della bocca,l'altezza,il numero di scarpe. Non puoi scegliere un cazzo,a pensarci bene.

Ma una volta che ti hanno dato le tue circostanze le puoi sfruttare,e lì arriva il bello. Il significato del termine 'vivere',non è altro che questo: muoverti bene nelle circostanze che ti sono state date. Io non credo a Dio,e nemmeno al destino. Quindi su chi,come,e perchè,ci assegnano le nostre vite,non so darmi una spiegazione. Ma voi potete credere in quello che vi pare. Fatto sta,che ormai avete questa vita,questa casa,e tutto il resto. E ve lo dovete tenere. E se non siete pazzi,dovete cercare di trasformarlo nel meglio che potete avere.

Se poi siete pazzi,è un'altra storia.

La realtà è che si viene al mondo totalmente impreparati per quello che si dovrà affrontare,non esistono istruzioni. Tu vieni al mondo e in qualche modo devi imparare a cavartela. Cosa che può risultare più o meno facile.

E la vita può essere meravigliosa,piena di ostacoli magari,ma meravigliosa. Può essere come un tramonto sulla spiaggia,dai colori belli e delicati,un avvenimento pulito e meraviglioso.

Oppure può essere un completo distastro. Come in un giro sulle montagne russe,ti puoi ritorvare ad andare ad una velocità pazzesca,a urlare e sentirti il cuore in gola,per poi arrivare in un punto. In tutte le montagne russe ci sono quei due o tre metri in cui senti il vuoto totale,improvvisamente hai perso velocità,e ti sembra che ti stai fermando,e pensi che il giro sia finito. E invece ti stai solo preparando per l'altra metà del giro,più veloce e contorto di prima. Quel momento è oblio.

Wikipedia dice: L'oblio rappresenta la dimenticanza intesa come fenomeno non temporaneo, non dovuto a distrazione o perdita temporanea di memoria, ma come scomparsa o sospensione del ricordo con un particolare accento sullo stato di abbandono del pensiero e del sentimento.

L'oblio è sospensione,del tempo e dello spazio. Come se la vostra vita non fosse altro che camminare su un filo più o meno sottile. Ed è come se a un certo punto,il filo sparisse. Voi pensate 'ora cado',cosa ovvia per le leggi della fisica. Ma invece,rimanete lì. E non si sa bene,dove sta questo 'lì',perchè in realtà sotto di voi non c'è nulla. Rimanete sospesi,rimanete nell'oblio.

I protagonisti di questo racconto,si sentono così. Nell'oblio. Un oblio lungo. Ci sono rimasti sospesi per anni in quell'oblio,colpa delle circostanze sbagliate.

Tentano di nasconderlo,di evitarlo,di non farci caso. Vogliono pensare di essere come gli altri,vogliono pensare che stanno camminando su quel filo,sottilissimo,ma loro riescono a camminarci lo stesso.

Magari la mossa giusta è accettare. Accettare che si starà sospesi per sempre.

PROLOGO:

Hope si alzò dal letto,guardo la sveglia e si accorse che era ora di cena,il suo pisolino era stato un coma di sei ore,ma non se ne meravigliò. Si trascinò fino al soggiorno,strizzando gli occhi e emettendo gemiti come per riprendersi i suoi sensi. Si avvicinò al telefono e premette il pulsante per ascoltare i messaggi,come faceva di solito la mattina. Quel pisolino le aveva sconvolto la percezione del tempo.

Una voce fin troppo alta si impossessò dell'altoparlante.

«Ehi piccina! Indovina chi è? La tua mamma! Al momento sono in Florida con Brad e mi godo il giorno in cui sei uscita dalla mia vagina. Tanti auguri piccina! Tu e i tuoi amici non sfasciate la casa! Non richiamarmi!»

Fu sorpresa che sua madre fosse abbastanza sobria da ricordarsi che giorno fosse.

In realtà non gli importava,non gli importava più di lei,ci aveva perso le speranze,la lasciava girare l'America con uomini a caso,la lasciava bere quanto le pareva,tanto lei non poteva farci niente,era chiaro.

«Hope,sono tuo padre,volevo farti gli auguri e dirti che... Ti ho spedito una cosa,quando ti arriva fammi sapere... Fammi sapere se ti piace.»

Nella sua voce c'era l'imbarazzo che logicamente un padre ha verso una figlia che ha visto si e no una decina di volte in vita sua,che potrebbe essere un'estranea qualunque,e alla quale si limita a mandare un regalo al suo compleanno e uno a Natale,quasi per cortesia.

«Tanti auguri a te,tanti auguri a te,tanti auguri a Hope,tanti auguri a te! Qui parlano Emily e Jake,siamo a Parigi e c'è una vista bellissima! Controlla il cellulare,ti ho mandato una foto! Comunque ci dispiace così tanto che il nostro sesto mesiversario coincida con il tuo compleanno,scusa ancora,e tanti auguri!»

Hope mormorò un «pff» davanti a quelle scuse assurde,sapendo benissimo che non erano per niente dispiaciuti di essere a Parigi a godersi il loro viaggetto romantico. In culo il suo compleanno. E si diresse in cucina per versarsi un pò di pop-corn. Ma rimase col pacchetto aperto in mano e la ciotola vuota ad attendere.

«Ehi sono Kevin,e lo so che è il tuo compleanno e che non hai organizzato nulla,per cui se ti serve un pò di compagnia chiamami,ho un bel regalo per te!»

Dopo essersi chiesta "come cazzo fa ad avere il mio numero?" riprese a versarsi i pop-corn. Ma si bloccò di nuovo.

«Ciao Hope,sono Kyle...»

Si girò di scatto,con i pop-corn in mano e si avvicinò al telefono con gli occhi sgranati.

«Io volevo...»

«Tu?» domandò lei,come se lui potesse sentirla.

«Volevo augurarti buon compleanno,e... Mi dispiace,mi mancate tutti così tanto...»

La faccia di Hope diventava sempre più stupita e perplessa.

«Insomma...Ho deciso di finire l'anno alla San Kristine...»

«COSA?»

Si sentì chiaramente una voce femminile chiamarlo,e lui si congedò velocemente.

«Tanti auguri Hope,mi manchi.»

Non poteva crederci. Prese il telefono e chiamò Emily che probabilmente era troppo impegnata con Jake per risponderle,così chiamò Chad.

«Sì?»

Aveva la solita voce svogliata.

«Perchè non ce lo hai detto?»

«Ma cosa?»

«Che Kyle torna!»

«Kyle torna?»

«Pensavo fossi l'unico a cui parlava ancora,dopo essere entrato nel club dei figli di papà.»

«Beh,sì,ma ci sentiamo poco,e non mi ha detto nulla del genere,tu come lo sai?»

«Mi ha chiamata!»

«Sul serio? E che vi siete detti?»

Non nascose la sorpresa.

«Beh io dormivo e non ho risposto,ha lasciato un messaggio,mi ha fatto gli auguri e mi ha detto che finirà l'anno alla San Kristine!»

Hope parlava con quel tono che si usa quando non riesci a spiegare le cose,e speri che qualcuno lo faccia per te.

«Ah,bene.»

Rispose Chad seccato e poi aggiunse,con lo stesso tono di voce «Sono davanti alla tua porta con una decina di pizze,intendi aprirmi?»

Hope sorrise,e Chad sapeva che stava sorridendo,anche se non la poteva vedere lo sapeva,e questo lo tranquillizzò. Aprì la porta e ci trovo sei o sette cartoni di pizza,uno sull'altro che arrivavano fin sopra il volto di Chad.

«Io ti amo.» gli disse,prendendone alcuni.

Chad sospirò.

«La pizza fà quest'effetto.»

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 1-UN PESSIMO RITORNO ***


Sentiva gli occhi dei suoi compagni addosso,li sentiva che gli bruciavano il viso e la schiena. Si chiedevano se fosse lui davvero,se era tornato o se era solo di passaggio,molti si chiedevano semplicemente se fosse il caso di salutarlo.

Kyle stava in silenzio,cercava di concentrarsi sulla musica nelle orecchie,scriveva mentalmente le note e le vedeva nelle sue mani sulla sua Jessica. Ogni tentativo di distrazione fallì quando si accorse che a pochi metri c'era la fermata di Emily. Una strana sensazione gli strinse lo stomaco. In pochi secondi le porte dell'autobus si aprirono,Kyle si voltò. Si ritrovò con gli occhi neri di Emily dentro di lui,quello sguardo lo svuotava e non ce la fece a sostenerlo. Quando smise di fissarsi le scarpe,Emily era seduta al solito posto a parlare con una ragazza dai capelli rossi che Kyle non conosceva,o della quale non si ricordava. Comunque non importava.

Chissà quante cose erano cambiate in quegli otto mesi. Chissà se i suoi migliori amici si riunivano ancora sul solito muretto,se Chad era ancora innamorato della professoressa di latino,se quella professoressa c'era ancora,se Jake si era diplomato e se stava ancora con Emily. Chissà se Emily voleva ancora fare la stilista,se Kevin aveva ancora la miglior erba della San Kristine,e se Hope era acora così bella.

Chissà se si amavano ancora.

Non ci aveva pensato in questi ultimi mesi,ma quando suo padre gli aveva detto "Non posso più pagare la retta,torni alla San Kristine" Hope era stata il suo primo pensiero. Il suo nome era tornato a galla,dopo essere stato affogato con la forza.

Quello di Cecilia era il secondo nome che gli era venuto in mente. Aveva pensato "Come cazzo glielo spiego?".

Si era messo davanti allo specchio e si era preparato tutto un discorso sull'amore e sulla distanza,ma alla fine l'unica cosa che gli era uscita era stata:

«Mio padre è un coglione e ha combinato un cazzo di casino. Insomma si è fatto licenziare e devo tornare alla San Kristine perchè non ha più una lira.»

Cecilia lo aveva abbracciato forte,e lui non aveva ben capito il perchè. E quando,la sera,avevano fatto l'amore nella soffitta di casa sua,gli era tornata in mente la sua prima volta con Hope nella soffitta dei suoi nonni. E si era sentito un pò in colpa quando dovette pensare alle mani di Hope sul suo corpo,per mantenere l'erezione.

È che fare l'amore con Cecilia era completamente diverso,sembrava tutto più delicato e poetico,e a lui piaceva,ma un uomo ha bisogno anche d'altro.

La fermata arrivò e lui scese per ultimo,assicurandosi che Emily fosse abbastanza lontana. Avrebbe voluto che fosse tutto come prima,avrebbe voluto correre con lei perchè erano in ritardo,chiederle cosa aveva fatto nel weekend,e ascoltare "wherever you'll go" con lei sul muretto. Ma non era tutto come prima,era tutto diverso,per colpa sua. Perchè lui li aveva lasciati senza dirgli nulla,e non aveva risposto alle loro telefonate finchè non si erano stancati di fargliele.

Come prevedibile,appena mise un piede dentro al cancello,tutti si voltarono e si azzittirono.

Kyle nella sua mente tentava di rifare con Jessica l'assolo di chitarra in 'too much love will kill you'.

Si voltò verso l'angolo dove abitualmente si riunivano i secchioni,pensò che era l'unico posto dove avrebbe potuto guardare senza sentirsi osservato. Insomma,a quelli là interessavano solo la scienza e i video games. Quando si voltò,vide Sam,una ragazza dall'aspetto angelico che frequentava il suo stesso corso di biologia,sorridergli. Si aggrappò a quel sorriso,come alla sua unica speranza. Si tolse gli auricolari,ricambiando il sorriso e si avvicinò a Sam.

Si salutarono e Sam evitò scrupolasamente l'argomento del suo ritorno,parlarono della brutta fine che aveva fatto il loro professore di biologia,e i mormorii ripresero.

Finchè non arrivò lei.

Tutti si voltarono a guardarla,Kyle compreso.

Di solito i mormorii riprendevano dopo pochi secondi. Le persone si voltavano per vedere la sua espressione,e poi iniziavano a spettegolare su quello che aveva combinato la sera prima al Blacke.

Stavolta i mormorii non ripresero,tutti si voltavano prima verso lei e poi verso Kyle,aspettando che uno dei due esplodesse. Ma non successe.

Kyle si fermò per qualche instante,pensando "cazzo com'è bella" e poi si voltò,Hope non si accorse di nulla,troppo impegnata a parlare con Chad mentre si incamminavano al muretto. Ed erano tutti lì,il muretto non era cambiato.

C'era Emily che urlava qualcosa,Chad e Hope che ridevano di Kevin e del suo racconto.

Mancava Kyle o meglio,a Kyle mancavano loro.

*********************************

La invidiava. Avrebbe voluto avere il suo corpo perfetto,i suoi lunghi e fini capelli biondi,e i suoi lineamenti. Ma più di tutto avrebbe voluto la sua sicurezza,la scioltezza con cui si muoveva,la spontaneità con cui sorrideva sfoderando i 32 denti più bianchi mai visti,il modo in cui ti guardava negli occhi quando le parlavi. Avrebbe voluto cavargliele quelle quelle iridi azzurre.

Odiava il modo in cui tutti gli uomini si giravano a guardarla. Una parte di lei odiava la sua migliore amica,per semplice invidia.

«Che palle,andare in giro con te è uno strazio,si girano tutti.»

«Guardano anche te.»

«Credo che tu li attragga molto di più.»

«Ma smettila!»

«Che mi dici di Kyle?»

«Ora che centra Kyle?»

«Mi hai detto di smetterla,sto solo cambiando argomento.»

«Siamo nervose oggi a quanto vedo,problemi in paradiso?»

Con quell'espressione si rivolgeva a Jake,Emily lo sapeva.

«Non svagare.»

«Non farlo tu.»

«È tutta la mattinata che ti parlo di Parigi,sai che va tutto bene.»

«Ne sono contenta.»

«Bene,ora rispondimi no?»

«Non ho niente da dire su Kyle.»

Ma non lo disse con freddezza,ma semplicemente come fosse la cosa più scontata del mondo.

«Mi vuoi dire che lui torna e a te non importa?»

«Perchè mi dovrebbe importare?»

«È pur sempre il tuo ex.»

«È finita molto prima che lui se ne andasse,no?»

«Lui ti amava,Hope.»

«Spero per lui che gli sia passata.» Disse indifferente,guardando una vetrina.

«L'amore non passa,puoi lottarci quanto ti pare,puoi convincerti che non sia così,puoi nasconderlo,puoi tenertelo dentro e lasciare che ti divori,ma lui ti frega sempre.»

«Stiamo sempre parlando di Kyle?»

Un occhiataccia bastò a Emily,come una risposta sufficiente.

«Io non lo amavo,non l'ho mai fatto. E non capisco perchè ne parliamo.»

«Perchè se fosse tutto normale,non vi sareste ignorati ieri a scuola.»

«Non abbiamo corsi in comune a quanto pare,e non l'ho mai incrociato.»

Se c'era una cosa che Emily aveva imparato in dieci anni di amicizia con Hope,era che la sua migliore amica godeva di un naturale talento cinematografico. Era la miglior bugiarda che esistesse. Metteva sù dei veri propri film,li ideava,costuiva e interpretava. Con un'esattezza sconvolgente.

Sapeva che era capace di mentire perfino a lei,e lo aveva dimostrato più volte. Sapeva che era in grado di mentire anche durante la loro tradizionale e ormai sacra passeggiata del venerdì pomeriggio.

«Ma chi pensi di fregare eh?»

«Nessuno.» Lo disse con naturalezza.

«Bene,guarda un pò chi c'è,Kyle e Chad. Dimostralo.»

La stessa Emily si stupì della sfacciataggine con cui pronunciò le ultime parole. Ma sapeva bene come provocare la meravigliosa donna di fronte a lei. E mandare all'aria quella ridicola indifferenza.

Hope accolse la sfida senza nemmeno esitare,e Emily entrò in un negozio fingendo altrettanto menefreghismo. E assistette alla scena da dietro un manichino.

Hope saluta Chad e poi Kyle,come se non fosse successo mai nulla. Dice qualcosa sorridendo a Chad,ridono. E poi si rivolge a Kyle,sorridendo,gli chiede qualcosa,ma lui risponde guardando a terra. Hope sorride di nuovo,e si rivolge di nuovo a Chad. Kyle dice qualcosa,congedandosi brevemente. Hope saluta entrambi con uno dei suoi sorrisi più belli.

"Qualcuno dovrebbe darle un Oscar,questa volta ha davvero superato se stessa." pensò Emily,mentre una commessa la pregava di lasciare in pace la maglia rossa del manichino.

*********************************

Quella passeggiata era stata un'idea del cazzo,e Chad se ne rese conto subito. Ma non aveva trovato un buon motivo per dire di no. Le cose erano andate di male in peggio,dal silenzio straziante dei primi passi,all'inutile tentativo di avviare un discorso sulla stagione di football che Kyle non stava seguendo,e per finire l'incontro con Hope. Lei era stata del tutto naturale,mentre Kyle non era riuscito manco a guardarla in faccia. Così il silenzio era ricominciato. Sapeva bene perchè era sparito otto mesi fa:suo padre aveva avuto la sua prima causa importante,e ci aveva fatto un mucchio di soldi,così aveva costretto Kyle a cambiare città e a frequentare persone 'piu adatte alla sua posizione sociale'. Riguardo al perchè fosse tornato,sapeva vagamente qualcosa su una causa in cui aveva perso soldi e reputazione. E non sentiva la necessità di chiedere altro. Ancora silenzio. Insomma era stato Kyle che aveva avuto la straordinaria idea di 'andare a fare quattro passi insieme'. Non aveva senso che fosse lui a dover trovare un modo per rompere il ghiaccio. Lo guardò un'ultima volta,era passato almeno un quarto d'ora da quando aveva incontrato Hope,e lui era ancora lì a fissarsi le scarpe. Che coglione.

«Senti io devo andare.»

«Come?»

Sembrava che qualcuno lo avesse appena svegliato. E in effetti chissà che sega mentale si stava facendo.

«Devo andare,Samantha abita qui e ho promesso che sarei passato da lei.»

Kyle aveva una faccia perplessa,in parte perchè non aveva idea di chi fosse Samantha,e in parte perchè nella sua testa c'era ancora la voce di Hope.

«Ecco,Samantha e io ci vogliamo divertire un pò oggi,se hai capito cosa intendo.»

A quel punto Kyle si svegliò. Sorrise complice.

«Ma certo,vai pure.»

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 2-Hope e Cecilia. ***


Il dolore lancinante che provava ogni volta che metteva piede in quel posto la costringeva ad usare ogni molecola del suo corpo per reprimere quel pianto che soffocava da un'anno esatto. Lei non avrebbe voluto che piangesse,perchè 'le donne Van der Blitz non piangono',il pianto è per i deboli. Avrebbe fatto a meno di ritrovarsi una volta al mese davanti a quella foto.

Quella foto gliela aveva scattata lei,inizialmente dietro c'era lo sfondo bianco della parete del porticato,ma ora c'erano delle colline. Era l'unica foto recente che avevano,lei odiava stare di fronte all'obiettivo. E c'erano volute settimane intere prima che si decidesse a completare la tessera del club al quale si era iscritta,con quella foto. Era un club di vecchie amiche,prendevano il tè insieme,e organizzavano i matrimoni dei propri nipoti. Ogni tanto le aveva incrociate che gli portavano qualche fiore finto,in modo che si mantenesse fino alla prossima visita. Cecilia le portava dei gigli bianchi,tutti i mesi,così come lei le aveva scritto nella lettera. Ogni volta che si trovava a metterglieli nel vaso,era sempre più convinta che lei si sarebbe fatta cremare e avrebbe evitato queste rogne ai nipoti. 

Dopo aver cambiato i fiori,e pulito con una spugna le foglie incastrate tra la scritta che componeva il suo nome,rimase qualche secondo a guardare. Mise i capelli dietro le orecchie con la mano destra,come era solita fare,e incrociò le braccia sul petto. Guardava a terra,pensava a quello che era rimasto di sua nonna,probabilmente un solo osso. Era la donna più forte che Cecilia avesse mai visto,e ne rimaneva solo un osso. Guardò quel sorriso e pensò ancora una volta a quanto fosse finto,ricordò le sue mani sull'obiettivo che mettevano a fuoco quel sorriso finto. E poi se ne andò,salutando a bassa voce,come se quel saluto fosse un segreto. 

Non vedeva l'ora di liberarsi dell'angoscia di quel posto,così uscì dalla cripta di famiglia,e si diresse a passo veloce nel vialetto principale,verso il cancello. Quel posto era solitamente deserto,specialmente a quell'ora,era l'alba. Fu per questo che notò quella ragazza. Aveva degli occhi luminosi,le si vedevano per bene già da qualche metro di distanza. Si stringeva nel suo cappotto,e fissava un punto alle spalle della tomba dove aveva posizionato il suo corpo,mentre la mente si era persa in qualche ricordo. Cecilia rimase per un pò a fissarla,finchè non si trovò in un punto tale che potesse vedere il volto sulla tomba. Tom Woods,era il suo nome. Era molto giovane,così come la meravigliosa ragazza che gli stava davanti. Avevano su per giù la sua età. Probabilmente era stata la sua ragazza,o una sua amica molto cara. Lo sguardo di Cecilia sembrò risvegliarla,si voltò. E quando Cecilia sentì quelle iridi chiare nelle sue color nociola,abbozzò un sorriso,come per incoraggiamento. La ragazza rimase indifferente. E Cecilia capì che non era il caso di aprire bocca,si voltò e non si guardò più dietro. Salì in macchina e si diresse a casa di Kyle.

 La strada le sembrò più lunga del solito,ma alla fine arrivò. 

Kyle sembrava diverso,come imbarazzato.

«Allora com'è andata a scuola?»

«Mh,bene.»

«Sembri strano.»

«No...»

Era meglio non andare avanti con quel discorso.

«Che facciamo stasera?»

«Non lo so,che fanno dalle tue parti?»

«Niente,ci sarà il ballo delle debuttanti a breve,e sono troppo impegnati a prepararsi per organizzare feste.»

Kyle annuì.

Era strano,glielo leggeva nelle mani incerte che gli versavano il caffè e negli occhi che erano rimasti appesi a qualche ricordo a cui lei non aveva accesso. Così prese una decisione irrazionale,cosa che non era da lei.

«Andiamo dai tuoi amici,così me li fai conoscere.»

Kyle venne improvvisamente risvegliato da chissà quale pensiero,cercò negli occhi di Cecilia le tracce di uno scherzo,ma lei era assolutamente seria.

«Non ti piace quel tipo di gente.»

«Non lo sapremo finchè non li conoscerò.»

«Non so nemmeno se fanno qualcosa stasera.»

Cecilia rispose con lo sguardo di chi non è così stupida da crederci.

«Ma non possiamo rimanere a casa,a guardarci un film?»

«Nelle ultime due settimane,non abbiamo fatto altro. Hai detto che hai recuperato i rapporti che avevi e mi hai dato buca più di una volta per andare a qualche festa con quel Chad,li voglio conoscere.»

Kyle era spiazzato. «Tesoro,io non credo che... Insomma non è il tuo ambiente,è diverso...»

Cecilia sentì le vene del collo pulsargli,come le succedeva quando qualcosa la offendeva. C'era molto più di una semplice festa dietro tutto quello. C'era il volere che Kyle smettesse di vederla come una ragazzina viziata. 

«Quando sei arrivato nella mia scuola,io ti ho portato alle mie feste,e ti ho fatto conoscere i miei amici. Non era il tuo ambiente,ma ti sei adeguato. Magari non diventeranno i miei migliori amici,ma voglio provare a conoscerli. Voglio vederlo l'ambiente in cui vivi,e non voglio esserne tagliata fuori.»

Kyle non capiva. Tutto questo,per lui,non aveva senso. Non ce la voleva portare Cecilia al Blacke. Non voleva che Hope la vedesse. Ma mica poteva dirglielo. Così annuì sottomesso,sperando di trovare un modo per evitare Hope.

Cecilia era bellissima come sempre,portava i capelli raccolti sulla nuca,e la pelle bianca le spiccava sotto il vestitino grigio scuro. Aveva delle gambe dritte e e lunghe,perfettamente parallele. Quando entrarono nel locale,tutti si voltarono. In parte perchè era entrato Kyle,sul cui ritorno giravano ancora ipotesi alquanto fantasiose,e in parte per la ragazza bionda dagli occhi color nocciola che gli stava a fianco e teneva la sua mano sorridendo.

Si sedettero a un tavolo soli,e Cecilia si guardò in giro,poco raffinato effettivamente,ma non così drastico. Un ragazzo dagli occhi neri si avvicinò e disse a Kyle che tutti erano a casa di una certa Hope. Lui fece un gesto con la mano per rifiutare ma lei intervenì subito. 

«Dai tesoro,andiamo,sarà divertente.»

«Non credo che...»

Il ragazzo dagli occhi neri si presentò sorridendo. «Chad» Disse.

«Cecilia» Rispose lei. 

«Dai Kyle non fare il piagnone e muovi il culo,pure la tua ragazza ci vuole venire.»

Nelle parole di Chad c'era la speranza che Kyle negasse la definizione "ragazza". Ma non fu così. Annuì,dinuovo sottomesso.

Per strada Kyle fu molto silenzioso. Cecilia pensò che fosse arrabbiato e gli venne quasi da annulare tutto,ritirare indietro ciò che aveva detto,e tornare a casa. Ma forse Kyle era solo preoccupato,e lei voleva fargli ben capire che una ragione non c'era. Parcheggiarono e appena scesi dall'auto,sentirono la forte musica. Quando entrarono,Cecilia rimase bloccata qualche secondo.

Ad accoglierli in casa con un sorriso amichevole,c'era la stessa ragazza dagli occhi luminosi che aveva visto davanti alla tomba di Tom Woods. Anche la ragazza rimase qualche secondo sospesa negli occhi di Cecilia che le ricordavano quella mattina.  

Kyle pensò "sono fottuto",la ragazza accolse Cecilia sorridendole,Chad entrò urlando qualcosa di incomprensibile,Cecilia lo seguì guardandosi attorno e notando Emily e Jake sul divano a pomiciare. Erano tutti lì.

Più tardi,parlando con qualche ragazza fin troppo ubriaca,Cecilia venne a sapere che la ragazza si chiamava Hope,era la padrona di casa,e un'ex di Kyle. Improvvisamente le sembrò chiaro il perchè non volesse venire qui,e il silenzio in macchina. Era ansiosa di chiedere di più sulla loro storia,quando Hope la venne a chiamare e,già che c'era,tolse i bicchieri di tequila in mano alle due morette. 

La portò sul terrazzo di quella casa piccola,ma sufficiente per quella festa improvvisata. 

«Ascolta,io e te non ci siamo viste stamattina.» Glielo disse puntandogli gli occhi,seria. Soffermandosi appena sulla parola "non",per poi far scrivolare il resto della frase.

Cecilia non capiva bene cosa stava succedendo,ma le sembrò appropriato annuire e non fare altre domande. Furono riattratte in salotto dalla confusione. La musica era ormai solo un sottofondo alla massa di ragazzi che urlavano disposti in cerchio. Hope si fece strada tra la folla che la circondava,e Cecilia la seguì approfittando del vuoto che lasciava al suo passaggio. 

*****************************

Quando vide quello spettacolo,la principessina si portò le mani alla bocca incredula,e preoccupata per il suo principe azzurro. Hope gridò di smetterla,che altrimenti la casa sarebbe andata a pezzi. Chad e Jake presero Kevin e lo separarono dal corpo di Kyle,ormai a terra. Come prevedibile la principessina,andò subito dal suo principe ad accertarsi che stesse bene. Quello si rialzò con un pò di fatica e il sangue che gli usciva da una narice. Nulla di serio. 

Hope puntò Kevin negli occhi e gli diede una spinta,noncurante. Kevin la seguì e la superò sicuro,aprendo la porta della camera da letto,di cui conosceva alla perfezione l'arredamento. Hope lo guardò storto,cercando di vedere un sorriso malizioso,ma nulla di tutto quello era nei piani di Kevin. Entrò e si sedette sul letto,sistemandosi il mini abito,e mettendosi in quella posizione in cui ci si mette quando si è pronti ad ascoltare. 

Kevin si prese una sigaretta dal mobile,se l'accese,fece un paio di tiri fissando Hope. Se voleva che lei tirasse fuori qualche parola,non ci sarebbe riuscito. Lo sapeva bene. 

Rimasero per un pò a fissarsi. Kevin penetrò con gli occhi la scollatura di Hope e le sue gambe,e pensò che non c'era nulla di più bello delle gambe di quella donna. Hope pensò ai tatuaggi di Kevin,e alla sua pelle. Quando tornarono a guardarsi negli occhi,Kevin emise un «No.» evidentemente forzato. Hope alzò le sopracciglia,tentando di contenere la sorpresa. E poi scocciata,fece per alzarsi,brotolando

«Allora perchè siamo qui?»

Kevin si avvicinò,bloccandola lì dove era. La sorpassò,arrivò alla finestra,e buttò la sigaretta. Vide la cenere che precedeva la caduta del filtro,e si voltò. Si appoggiò alla finestra per bene,e guardò le spalle di Hope,rimasta lì ad attendere. 

«Chiedimi perchè ho fatto a botte con Kyle.» ostentò,con sicurezza.

Hope rise mentre si alzava,e poi incrociò le braccia sul petto. 

«Tu fai a botte con tutti Kevin,sei un coglione,lo sei sempre stato.»

Dove andava a parare quel discorso non lo sapeva nessuno dei due.

Per un momento Kevin sembrò dubbioso,lui faceva a botte con molti,vero. Ma non era stato il suo senso di adrenalina a spingerlo in quella rissa. 

«Hai mai pensato che potrebbe esserci di più?»

Hope abbandonò le braccia,le lasciò cadere lungo i fianchi,si avvicinò a l'uomo alla finestra con aria provocatoria. Certi discorsi non li voleva sentire. Kevin la scostò subito. Con le mani le teneva i polsi. Hope aveva la testa chinata da una parte ad attendere la dichiarazione che temeva da troppo. 

«Sei proprio una cogliona.»

Kevin si mise a ridere senza capirne bene il motivo,e Hope anche rise,sollevata dall'aver rimandato un'altra complicazione nella sua vita. Lui le lasciò un polso,tirandole l'altro,e la trascinò prima nel salotto e poi attravarsò la porta. Hope sfilò velocemente il giacchetto di pelle dall'appendiabiti e urlò a Chad. «Torno subito,non incendiate niente.»

Chad abbozzò un sorriso,ma probabilmente la Vodka che teneva nella mano non aveva permesso al suo orecchio di dare un ordine logico a quei suoni. 

*******************************

Dopo un pò di medicazione improvvisata,con i pochi attrezzi disponibili,Cecilia pensò che era il caso di tornare a casa. Kyle le sussurò «Mi dispiace di averti fatto preoccupare,ma tranquilla quello lì è un coglione,fa a botte con tutti se gli metti in mano un pò di Jeam Beam.»

Cecilia sorrise,e scacciò via le preoccupazioni,fidandosi di quella frase. 

«Non è poi così male questa festa» Disse,e lo pensava davvero. 

«Bene allora rimanete!»

Disse Chad sorridendo e barcollando un pò con la testa in avanti,come se il suo collo si fosse stufato di reggere quell'ammasso di pensieri confusi dall'alcool. 

Cecilia guardò Kyle negli occhi,e si sorrisero. E lei pensò per sempre che un sorriso migliore e più sincero di quello,non se lo erano mai scambiato. 

«Tu mi devi un ballo!» Disse Chad,indicando Cecilia. 

I due risero.

«Ma se non ti reggi nemmeno in piedi!» Rispose Kyle.

«Ehi!» Esclamò Chad,fingendosi offeso.

Cecilia guardò Kyle come per attendere un permesso,lui alla fine annuì come sempre e aggiunse «Vi tengo d'occhio,così se ti fa cadere sono pronto a prenderti.»

Cecilia ricambiò lo sguardo divertito di Kyle con una risatina e poi scese in pista con il ragazzo più ubriaco di tutta la casa. C'era una musica divertente,su cui Chad si dimenava in modo ridicolo,e Cecilia stava a guardarselo ridendo a crepapelle. Al lento Kyle arrivò da dietro.

«Dobbiamo andare»

Quelle parole inizialmente la delusero,ma quando si voltò e Kyle le mostrò il gigatesco livido sulla spalla la preoccupazione prese il sopravvento. Scesero di corsa per le scale e per il parcheggio. Nonostante la fretta,Kyle ebbe il tempo di distinguere i volti di Kevin e Hope dentro la macchina.

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 3-Jeam Beam ***


Kyle aveva ripreso l'abitudine di frequentare il muretto con gli altri. Ma ci sarebbe voluto molto di più di qualche "mi dispiace" per rimettere in piedi la loro amicizia. E molto probabilmente non sarebbe tornata come prima.

A questo pensava Emily,mentre camminava verso casa. Il tragitto in autobus lo aveva passato con gli occhi di Kyle incollati addosso. Perchè non riusciva a perdonarlo? Eppure gli altri c'erano riusciti.Nonostante Kyle gli avesse spiegato per filo e per segno la situazione di suo padre,e tutto quello che era successo in quei mesi,Emily non riusciva a spiegarsi perchè non glielo avesse detto prima. Chad secondo lei lo sapeva,ma non l'avrebbe di certo chiesto a lui. A Hope non interessava,o forse stava mentendo. Con Hope certe cose non le puoi mai sapere. Quando Emily le aveva espresso il suo dubbio,Hope aveva risposto con noncuranza "Chiediglielo'. Ma a Emily,Kyle ora sembrava un perfetto sconosciuto. E a un perfetto sconosciuto,le palle di fargli certe domande non ce le hai.

Aveva cercato vanamente di tenerlo lontano,ma lui si era dimostrato determinato a recuperare "quell'amicizia". Emily non riusciva a farglielo capire che da recuperare non c'era nessuna amicizia. Lo disse alla psicologa scolastica,che sostenne una teoria alquanto fantasiosa a parere di Emily. Diceva che Emily ritrovava in Kyle dei buoni motivi per sfogarci sopra tutte le cose che non andavano nella sua vita. Emily gli aveva detto "cazzate",era uscita dall'ufficio,e ci sarebbe certo tornata.

Pensò a Jake e una piacevole sensazione le avvolse lo stomaco,pensò a quanto si amavano e a quanto fosse tutto perfetto. Non c'era niente che non andava nella sua vita,per cui la psicologa era una he diceva stronzate e basta.

Arrivata a casa,si accasciò sul divano,ignorò sua madre che blaterava qualcosa di strano prima di andare a lavoro,e si immerse nella difficile impresa di trovare qualcosa di interessante sulla tv via cavo.

Nonostante ciò,le parole della psicologa continuavano a ronzargli in testa,come un eco infinito. Emily cercava di distrarsi,concentrarsi su Jake,ma quelle parole gli tamburellavano le tempie e di andarsene non ne volevano sapere. Si alzò,passò una mezz'oretta a rifarsi il trucco,e uscì di casa. Avrebbe dimostrato che nella sua vita andava tutto bene,e sarebbe andata da Jake. Più di una volta mentre camminava ebbe l'impulso di tornare indietro,Jake le diceva sempre di avvisare prima di presentarsi a casa per via dei suoi genitori,e inoltre a chi lo stava dimostrando? Alla psicologa o a se stessa? Ma stare un pò con lui era l'unico modo di togliersi quel colloquio dalla testa. 

Arrivata al citofono suonò,ma nessuno rispose. Il citofono di Jake spesso non funzionava,e nessuno nella sua famiglia si sarebbe mai preoccupato di ripararlo. Aveva dimenticato il telefono,per cui mandargli un messaggio era fuori discussione,così prese le chiavi dal vaso,come faceva Jake quando le dimenticava. Arrivata davanti alla porta sentì dei rumori forti e,una volta scattata la serratura,vide quello che non aveva assolutamente bisogno di vedere. Se ne stette un pò lì sulla soglia,a sentire il cuore che le si sgretolava pezzo dopo pezzo. Le venne da pensare al disegnino,quasi infantile,di un cuore spezzato in due. In realtà il cuore non si spezzava in due,ma in un numero che approssivativamente aveva parecchi zeri. Quando le lacrime presero ad uscire,chiuse sbattendo forte in modo che quei due si accorgessero di lei. Il ricordo dei capelli di Samantha non la lasciò in pace per mesi. 

La testa prese a girargli mentre camminava velocemente. Le domande erano tutte in attesa di una risposta. Non capiva il romantico weekend a Parigi,che senso aveva se Jake se la faceva con Smantha? Perchè proprio Samantha? Ma Samantha e Chad non si stavano vedendo? Era una cosa occasionale o si era ripetuta più volte? 
Aveva un immensa voglia di piangere e urlare. Così arrivata a casa si chiuse in bagno e,quando uscìdopo un paio d'ore,aveva il viso e i vestiti in ordine. 


 

Tutti sapevano di Emily e Jake,ma tutti facevano finta non fosse successo niente. Samantha,scrupolosamente,si faceva vedere il meno possibile. Evitava qualunque sguardo camminando a testa bassa,e alle lezioni si sedeva da sola. Aveva smesso anche di prendere l'autobus,e in molti sostenevano che se la facesse a piedi. Emily non poteva fare a meno di guardarla,e di pensare che magari quella sera avrebbe visto Jake. Chissà da quanto si frequentavano. Le guardava il fisico sottile. Provava sollievo solo nei pomeriggi con Kyle. Stavano in silenzio,e guardavano i loro film preferiti. 

Hope era sempre più impegnata con Kevin,ma negava la nascita di ogni tipo di relazione che implicasse sentimenti.  A Chad di Samantha non era importato nulla,e aveva ripreso con la sua normale e bizzarra vita sessuale. Dopo ben quattro settimane,Emily aveva deciso di tornare al Blacke. Convinta che non avrebbe mai incontrato nè Jake nè Samantha. E ovviamente non fu così,ma appena lei arrivò,loro due si alzarono e se ne andarono. Non ci furono incroci di sguardi,solo un tacito segno di rispetto. Gli venne da pensare che Jake non aveva nemmeno provato a chiamarla,o a farsi perdonare. Anzi,aveva tranquillamente ufficializzato la relazione con la sua amante,pochi giorni dopo essersi assicurato il suo nuovo status sociale di scapolo. 

Non la amava. E forse lei lo aveva sempre saputo.

Tutti si erano seduti al solito tavolo,in fondo alla sala. Il Blacke non era un grande locale,era più che altro un buco,con una pista da ballo improvvisata,e qualche tavolo ai lati con poche sedie. La vera attrazione era il fatto che desse da bere a tutti,indipendentemente dall'età. Il bancone infatti era la cosa più massiccia dell'ambiente,era di un nero lucido e sempre illuminato. In mostra c'erano tutti gli alcolici più pesanti di questo mondo. Hope se ne stava seduta al banco,lontana dagli altri. Ripensava al pacco di sua madre. Una partecipazione ad un matrimonio,con in allegato una lettera. Le diceva semplicemente che aveva trovato quello giusto,che stavano organizzando tutto,e che sarebbero rimasti a vivere in Florida dopo le nozze,ma lei poteva venire quando voleva. Poi le aveva lasciato un biglietto aereo e l'indirizzo di un posto dove avrebbe potuto ritirare l'abito che la madre le aveva comprato. Lei questo Brad non lo conosceva,ma era sicura che non fosse quello giusto. Sua madre faceva solo casini,e attirava solo quelli come lei,naturalmente. Si fece versare qualche martini,poi qualche tequila,e in fine passò al Jeam Beam. Sentì piano piano la mente svuotarsi,il ricordo della lettera appannarsi,e i sensi venirgli meno. L'ultimo pensierò lucido che ebbe fu "sono uguale a mia madre."
 

Quando Chad arrivò all'ospedale,gli altri erano già seduti in corridoio.

-Avete chiamato sua madre?-

-Vuoi dire la donna costantemente ubriaca che vive in Florida?- Rispose Emily,sottointendendo la chiara impossibilità di chiamare una come la madre di Hope.

-Suo padre?- Chiese timidamente Cecilia.

Nessuno capiva perchè quella lì si trovasse insieme a loro,probabilmente aspettava che qualcuno la riportasse al suo castello. Evitando la sfuriata di Emily,fu Chad ad aprire bocca,e spiegare che il padre di Hope l'aveva conosciuta troppo tardi e viveva in europa. 

-Per cui Hope è sola?- Pronunciando quelle parole,a Cecilia tornò in mente la mattina al cimitero,con gli occhi di Hope vuoti e assenti su quella tomba. Avrebbe voluto chiedere agli altri di Tom,se era un loro amico,o magari un parente di Hope. Avrebbe voluto chiederlo,ma si ricordò di quello che le era stato detto alla festa,e pensò che se Hope voleva tenerselo per sè,aveva tutto il diritto di farlo. 

Gli altri non risposero a quella domanda,perchè il silenzio era la giusta conferma della solitudine da cui la ragazza era circondata. Cecilia pensò che in fondo Hope era fortunata,per lei nessuno sarebbe stato in ospedale così a lungo. Forse non aveva una bella famiglia,ma aveva delle persone che tacitamente si erano offerte di essere la sua famiglia. Improvvisamente si sentì parte di qualcosa di importante,sentì che stava entrando in quello che non era solo un gruppo di amici,ma una vera e propria famiglia. 

 Perchè a 17 anni la vita è così,tacitamente meravigliosa. 

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Capitolo 5
*** CAPITOLO 4-Tristezza. ***


Quando Hope si risvegliò,il primo volto che vide fu quello della nonna di Kevin. Era chinata su di lei fin troppo,e Hope ne sentiva il respiro stanco sul viso. Appena gli occhi azzurri che aveva di fronte si accesero,la nonnina sorrise. Corse via dalla stanza e,in corridoio,guardando le faccie affaticate e affamate dei ragazzi disse "è sveglia!"


All'inizio,nessuno ci credette davvero. Ma quando,spiaccicati contro il vetro,videro quei due occhioni azzurri balzare da una parte all'altra della stanza come a chiedersi "ma che cazzo sto facendo io qui?" e poi posarsi sul vetro,allora si urlarono tra di loro "è sveglia!" . Videro Hope sorridere difronte a tutte quelle voci confuse,divertita da quelle espressioni incredule. Poi il medicò entrò,dicendo che doveva parlare con la ragazza,e solo dopo sarebbero potuti entrare,al massimo due alla volta. A Hope il sorrisò si smorzò non appena incrociò quegli occhi seri. 

-Dov'è tua madre? I tuoi amici sono stati vaghi.-

Hope strinse gli occhi,perchè la frase che aveva in mente di pronunciare,le provocava una fitta al fegato corroso dal Jeam Beam.

-In Florida. Passiamo alla prossima domanda?-

-Non sei ancora maggiorenne,per dimetterti ho bisogno di una firma.-

-Questo sarà diffcile.-

Ma il dottore non uscì,se ne stesse lì a fissarla come si fissa un cucciolo abbandonato. Cosa a cui Hope assomigliava,vista e considerata la conversazione che si era appena svolta in quella camera puzzolente. Sapeva bene di esserlo,di essere stata praticamente abbandonata,ma il fatto che qualcuno la guardasse così la infastidiva lo stesso. Avrebbe voluto chiedere al dottore che altro le doveva dire,ma lui fu più veloce del tempo in cui Hope arrivò a comporre una frase sufficientemente educata.

-Non dovresti bere così tanto.-

-Lo so.-

-Dovresti consultare uno psicologo,lo segnaleremo.-

-No.- 

Lo guardava dritto negli occhi,senza paura di sfidarlo.

-Sei stata qui perchè eri ubriaca da far schifo,e non hai nemmeno qualcuno che possa firmare. Se vuoi uscire da qui,prima devi parlare un paio di volte con Katrine. Ti trasferisco al reparto psichiatrico.-

Hope non riuscì a trovare una risposta,era minorenne e senza nessuno che la riportasse a casa,quindi il manico del coltello ce l'aveva il dottore. A lei non restava che farsi trafiggere dalla lama. Tuttavia lo guardò negli occhi fino a che non uscì dalla stanza. 

 

I primi due che entrarono furono Kevin e la nonna. Hope conosceva la nonna di Kevin. Quando sua madre era ancora a casa,i loro incontri si svolgevano dalla nonna di Kevin. Non perchè la madre di Hope avesse qualcosa in contrario al fare sesso in casa sua,ma semplicemente perchè era rischioso. Se lei fosse stata ubriaca,come spesso era,Kevin avrebbe potuto trovarsi in situazioni pericolose. Casa di Kevin era esclusa,suo padre ci lavorava,e se i suoi clienti avessero sentito qualche rumore,sarebbe stato abbastanza sconveniente per il bilancio familiare. Così si vedevano dalla nonna. La nonna ovviamente era convinta che fossero solo amici,nonostante programmasse in segreto le nozze tra i due. Ogni volta che Hope si presentava a casa,le offriva del caffè,perchè aveva imparato che lo adorava,e le faceva qualche domanda sulla scuola. Poi Kevin trovava il momento giusto per aggirare sua nonna,e salivano in camera da letto. Con la nonna di Kevin non c'era pericolo,era quasi completamente sorda. 

Lui la precedette e si avvicinò subito all'orecchio di Hope sussurando "gli abbiamo detto che sei svenuta per un calo di zuccheri."

La nonna ovviamente era carica di dolci golosissimi perchè:

Primo era una nonna,e si sà come si comportano le nonne in questi casi.

Secondo,perchè le avevano raccontato che aveva avuto un calo di zuccheri.

Dopo essersi assicurata che Hope mandasse giù almeno un paio di fette di torta,e averla ripresa per bene dicendole di mangiare in modo più consistente,la vecchietta li lasciò soli. Kevin si chinò a prendere una fetta di torta. Diede qualche morso,mentre Hope lo guardava,pronta al peggio.

-Chi cazzo ti ha servito tutto quel Jeam Beam?-

-Jack,non sa dirmi di no.- 

Hope lo disse sorridendo,sottointendendo di essere stata a letto con quel Jack,cosa che sia Kevin che il resto degli abituali frequentatori del Blacke,sapevano benissimo. 

-Non c'è un cazzo da ridere,potevi andare in coma etilico. Sei proprio una cogliona.-

Hope non si aspettava quella reazione,si aspettava la compassione sdolcinata,non di certo la rabbia.

-Senti chi parla.-

Kevin si voltò evidentemente offeso,e mentre masticava una crostatina borbottò a mezz'aria.

-Almeno non sono andato a letto con il barista,solo per non pagare da bere.-

Hope sentì pulsargli le tempie.

-Tu preferisci fare a botte con tutti,perfino con Kyle.-

Kevin si alzò,dando modo alla rabbia di distribuirsi per bene,in tutti i suoi muscoli. Hope,piuttosto soddisfatta dell'effeto ottenuto,continuò. 

-Ma la tua vera passione è farti la tua matrigna. O mi sbaglio?-

Kevin a quel punto iniziò a vedere rosso,e riprese il controllo di sè solamente quando il debole 'ciao'  della nonna gli arrivò ai timpani,mentre questa scendeva dall'auto. Pensò che sicuramente l'aveva spaventata. Probabilmente era andato veloce per strada fregandosene del codice stradale. E sicuramente aveva ignorato ogni sua domanda,fino al punto che lei stessa aveva deciso di non farne più.

Arrivato a casa,sotto la doccia,pianse.

Come quando aveva 11 anni,e la compagna di suo padre lo scaraventò contro il materasso duro di un motel per la prima volta.

 

 

Poi entrarono Kyle e Cecilia. Di solito si erano tenute distanti,ma stavolta Cecilia si era sentita libera di parlare. Kyle aveva inziato a dire qualcosa sull'ospedale,mentre Cecilia si levò il coprispalle e lo appoggiò alla sedia. Poi anche lei iniziò a lamentarsi dell'ospedale,entrambe furono d'accordo con il dottore su quella vicenda della psicologa. Cecilia lasciò parlare Kyle sugli eventi della sera prima,ritenendo di non avere la confidenza necessaria ad affrontare il discorso. Nel frattempo spostò tutta la sua concentrazione sui deliziosi dolci. Ritornò poi con la mente al discorso e udì solo una frase.

-Devi smetterla di farti del male,non riuscirei a vivere.-

La struttura era confusa,ma in sostanza il significato era ben chiaro. Uscirono dalla stanza pochi secondi dopo con un confezione di muffin che Hope gli aveva dato,non perchè non li avrebbe mangiati,ma semplicemente perchè non le piacevano ripieni alla marmellata.

Nel parcheggio Cecilia non diede il tempo a Kyle di mettere in moto.

-Non mi ami.-

-Ma cosa dici?-

-Ami lei.-

-Smettila.-

-Finiamola.-

Così Cecilia si alzò,semplicemente,e si diresse verso un punto del parcheggio a lei ignoto. Ma il più lontano possibile da quell'inganno. 

Kyle lo sapeva che non l'amava,fu per questo che non la rincorse. Fu per questo che provò il fremito della libertà,quando la portiera sbattè. Fu per questo che ebbe l'impulso di andare da Hope,e baciarla. Pensò che l'amore di Cecilia era bastato per tutti e due. Che lei non ne aveva nessuna colpa. Che la colpa era sua. 

Otto mesi prima,aveva tradito Hope e Emily,ora tradiva Cecilia.

Le persone si fidavano di lui,ma lui forse non la meritava quella fiducia. 

 

 

Dopo qualche minuto,visto che nessuno si decideva ad entrare,Hope addentò una pastarella. E mentre masticava,non ebbe nemmeno il tempo di accorgersi che Emily aveva corso verso di lei,e ora la stava abbracciando fino a stritolarla. 

 -Perchè lo hai fatto?-

Hope agitò la mano,pregando Emily di lasciar perdere.

Emily tentava di cavarglielo fuori dagli occhi color ghiaccio,ma con Hope non ce n'era verso.

-Mi vogliono portare dalla psicologa,non ho nessuno che firmi.-

Emily chinò la testa da un lato,e respirò forte.

-Non hanno tutti i torti,no?-

Non sapeva nemmeno il motivo per cui aveva bevuto così tanto,magari con l'aiuto di una strizzacervelli ce l'avrebbe fatta.

-Non sono così pazza come sembro.-

Emily fece un quadro rapido della situazione. Le venne un idea,ma non ne parlò con Hope,aveva in mente una sorpresa.

A Hope non andava di parlare,così cambiò discorso. Sapendo che prendere Emily sui suoi problemi,le avrebbe portate sicuro a parlare di lei.

-Si è visto Jake?- 

-Fortunatamente no.-

Emily,talmente presa da quell'idea,si congedò proprio nel momento in cui finalmente aveva qualcuno con cui sfogarsi.

Quando Emily se ne andò,Hope ebbe appena qualche minuto di pace,prima che la porta della stanza si aprisse di nuovo. Era Cecilia,da sola. 

-Ho dimenticato il coprispalle-  Disse,arrossendo notevolmente.

-Ah.- 

Hope fece un sorriso forzato,e seguì le mani delicate di Cecilia posarsi sulla stoffa bianca e tirarla sù,posizionandola sugli avambracci. Si aspettava che se ne andasse subito,visto l'imbarazzo che c'era tra di loro. Ma la ragazza dalle iridi nocciola non aveva intenzione di andarsene.

La testa di Cecilia era bombardata da domande,che però non trovava la forza di far uscire dalla bocca perchè quel volto stanco davanti a lei glielo impediva.

Rimasero a fissarsi due minuti buoni,formulando e cancellando frasi. 

-Lo hai fatto per Tom?-

Guardandosi le scarpe a Cecilia era uscita così quella frase,semplice e stupida. Sentì le orecchie farsi rosse,e avrebbe voluto sparire da lì. Che diritto aveva di chiedere certe cose? Non era la sua vita. E poi,con il carattere che Hope aveva dimostrato d'avere,l'avrebbe subito cacciata in malomodo e lei si sarebbe ritrovata anche in una brutta posizione con Kyle e il resto degli amici. Che forse aveva già perso,sbattendo quella portiera.

Hope guardò fisso le lenzuola,e il suo sguardo si rabbuiò,riempendosi di brutte immagini.

 

La memoria ti frega. I ricordi belli,quelli che vorresti trattenere con te,te li vedi pian piano che si appannano,si cancellano sfumando sempre di più. Li vedi scomparire e andare via da te,senza poterci fare nulla. Poi ci sono quei ricordi che ti porti dentro per una vita,quelle immagini che non riesci a cancellare,anche se lo vorresti con tutta te stessa. Immagini che ormai ti hanno timbrato dentro,indelebili,che ti lasceranno un segno eterno. 

 

Quelle su Tom erano questo secondo tipo di immagini,uccidono ogni volta che tornano alla mente. 

Avrebbe voluto essere capace di dire qualcosa,di arrabbiarsi con Cecilia per aver tirato fuori quell'argomento,ma non ci riusciva. Quando riprensava a quella vicenda sentiva solo una stretta allo stomaco,e un nodo alla gola. Era tutta colpa sua. Era un'assassina. Non si poteva negare.

Cecilia avrebbe voluto scusarsi di quelle parole,e ancor di più avrebbe voluto andarsene di lì. Quando vide quello sguardo perso e solo,le sembrò di avere davanti un'altra persona. Si sedette con calma sulla sedia,e si passò le mani un paio di volte sulle gambe,come si fa quando si ha freddo. 

Poi,vide una lacrima.

 

Voi ve la dovete immaginare come un liquido la tristezza,come acqua,ma più sporca. Sporca del male che vi hanno,e che vi siete inflitti. La potete vedere? Un liquido che scorre nel vostro corpo,che si accumula piano. Cresce dentro di voi,si infila nelle vene e si sporca del vostro sangue. Vi arriva addirittura nei polmoni e vi affatica il respiro. La potete vedere nella vostra gola,che torce le corde vocali,come un viscido serprente. Immaginatevela come un serpente,che annoda le vostre corde vocali e vi provoca quei gemiti tristi. Immaginatevela sotto i vostri occhi che tenta di uscire,perchè non c'è più spazio per lei là dentro. Ecco cos'è la tristezza: un viscido serpente che si nutre del male che ci siamo,o ci hanno,provocato. A un certo punto diventa così lungo,da aver bisogno di uscire.

Se dovete accumulare altra tristezza,c'è bisogno di più spazio. E lì le opzioni sono due: o mangiate,o piangete. 

Hope pianse. In silenzio,senza alcun urlo o cose del genere. In silenzio,tirando solo un pò su col naso,per richiamare l'aria a riprendere il suo spazio nei polmoni. Cecilia se ne stette qualche secondo immobile,convinta che fosse la cosa migliore da fare. Poi si allungò verso Hope e le prese la mano,per farle forza. 

-Sai,io sono consapevole di non essere il tipo di persona che ti sta a genio. E probabilmente anche tu non sei il tipo che sono abituata a frequentare... Ma... Io sono qui,parlami. Ne hai bisogno,credimi.-

Hope sapeva benissimo di averne bisogno,e le parole di Cecilia bisbigliate le incutevano fiducia. Sussuri,per non distruggere la meraviglia di un pianto silenzioso come quello.

Incredibilmente,lei era l'unica di cui si sarebbe fidata. Quando le aveva detto di non parlarne,non lo aveva detto nemmeno a Kyle. 

-Ho un talento naturale nel mantenere i segreti.-

Sarà stata la disperazione del momento,l'irrazionale bisogno di raccontare quella storia,la stretta forte di una perfetta estranea,o forse semplicemente la cosapevolezza di non aver nulla da perdere. Hope parlò,e lo fece smettendo di piangere. Con le gocce rimaste a seccarsi sul viso,e gli occhi rossi dal pianto appena finito.

Non c'è cosa più brutta di quando un pianto finisce a metà. Succede spesso,per vari motivi,un pianto finisce a metà. E tu rimani lì,con la tristezza che ti si strozza in bocca,e poi riscivola al suo posto nelle vene. Pronta per la prossima occasione.

Il resto del discorso avvenne con gli occhi arrossati di Hope sulla tendina che ricopriva il vetro,su cui prima tutti si erano spiaccicati. E con le iridi nocciola di Cecilia,che seguivano Hope,ammirandone il profilo dal naso alla francese,e poi voltandosi verso la tendina,come se con le parole Hope stesse proiettando un film. Un film orribile.

-Non conobbi mai Tom.-

 Prese fiato,perchè dare un ordine a ciò che aveva in testa era difficile. 

-Tre mesi fà,mia madre tornò a casa particolarmente ubriaca. Più del solito. Aveva un biglietto per la Florida e,stava facendo le valigie quando sono tornata a casa. Mi disse delle cose... Delle cose orribili. Era ubriaca,lo sapevo bene,ma quelle cose mi fecero male lo stesso. Chiamai mio padre,per fermarla,ma non rispose. Così decisi di andare da lui. Presi la moto di Kevin,senza che lui se ne accorgesse. Volevo andare solo da mio padre. Era in vacanza in un hotel con sua moglie. Distava qualche chilometro,ma ce la potevamo fare entro la mattina dopo...  Io correvo parecchio e non vidi Tom. Attraversava la strada e parlava al telefono,non mi vide nemmeno lui.-

A Cecilia venne da piangere. 

A quel punto niente tratteneva più la tristezza di Hope,così pianse. Come non era mai successo.

Il rumore delle ruote che frenavano,quando ormai il corpo di Tom era già spiaccicato a terra. La sua voce affannata mentre chiamava l'ambulanza. Il sangue che usciva da ogni organo. 

-Ovviamente da mio padre non ci sono più andata,e mia madre è partita per la Florida. E fra poche settimane si sposa,con un perfetto sconosciuto. Sò che complicherà solo le cose. Lei verrà picchiata,e inizierà a bere ancora di più. Si sciuperà tutti i soldi. Ma sai che ti dico? Dopo quella notte con Tom,ho deciso che avrei lasciato a mia madre la libertà di fare quello che vuole. E se vuole venire arrestata,o peggio ancora uccisa,non mi interessa più.-

Lo disse con una rabbia dentro che a Cecilia fece paura. Pronunciò quelle parole tutte con un unico respiro,e con i denti stretti. Odiava sua madre,e la ragazza che stava ascoltando riusciva ben a capirlo.

-Sai,accompagnai Tom in ospedale,fui io stessa a chiamare l'ambulanza. La seguii in moto. E osservai i genitori di lui uscire dalla stanza in lacrime. Capii quello che era successo,e poi una dottoressa me lo accertò. Scappai. Non so dove trovo la forza di andare davanti alla sua tomba,credimi. Mi distrugge. Ma pensavo di doverglielo. Ora che ci penso è parecchio stupido. -

Cecilia non trovò reazione migliore,dell'abbracciare Hope. Pensando che aveva incontrato qualcuno più forte di sua nonna.

 

 

Piangeva Kevin,per  ricordo di tutti quei motel dai materassi duri.

E Kyle,per la colpa di non amare Cecilia.

E Emily,perchè Jake le mancava. 

E Hope,perchè aveva ucciso una persona.

E Cecilia,perchè lei non era forte,e amava Kyle.

 

E poi c'era Chad,nel corridoio dell'ospedale,a piangere,mentre guardava suo fratello morire.

 

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Capitolo 6
*** CAPITOLO 5- Un pò d'affetto. ***


La normalità non sarebbe più tornata. Erano successe troppe cose.

Kevin si teneva distante da qualunque essere dotato di occhi,naso,bocca,e orecchie. L'unica cosa che voleva fare era prendere a pugni qualcuno,magari Hope stessa.

Kyle si era rilassato,sapendo che le probabilità di incontrare ancora Cecilia,erano piuttosto basse. Ma ancora non trovava il modo di parlare con Hope,di donarle tutte le belle parole che si era preparato davanti allo specchio.

Cecilia dal canto suo,aveva appena superato il periodo di imbruttimento post-rottura,o almeno così lo aveva chiamato Hope. A lei aveva detto tutto,senza paura. Le aveva ben detto "quel coglione è sempre stato innamorato solo di te". Gli occhi di Hope avevano disegnato un cerchio,e della questione non se ne era più parlato.

A Hope le ci era voluto un pò per smettere di usare il soprannome "principessa Cecy" per Cecilia. Ogni tanto le scappava ancora. Si vedevano spesso dopo la confessione su Tom,anche se sempre da Hope. Parlavano del ballo delle debuttanti,per il quale Cecilia si stava preparando,e dell'università che avrebbe preso Hope dopo il diploma. Una volta erano andate al cimitero insieme,e Hope aveva messo uno dei gigli bianchi della signora Van Der Blitz a Tom. Non gli aveva mai dato dei fiori. Cecilia suggerì a bassa voce di scrivere una lettera ai genitori,da lasciare sulla tomba,in modo che loro potessero perdonarla. Hope fece finte di non sentire.

Emily a scuola era molto taciturna. I suoi compagni non le dissero nulla, finalmente nessuna voce stridula li avrebbe assillati alle otto del mattino. Emily,scoperto il piacere del silenzio,continuava a fissare il corpo sottile di Samantha. Non poteva fare a meno di desiderarlo,ad ogni modo. Guardava il modo in cui le gambe si potessero avvolgere con una mano,e il suo bacino delicato. Era per questo che piaceva a Jake,non lo biasimava.

Chad,era sparito. Nessuno aveva più notizie di lui,nemmeno Kyle. A scuola non veniva,ma i professori non sembravano preoccuparsene molto.

 

 

Hope era preoccupata,non l'aveva nemmeno chiamata per sapere se si era ripresa. Emily le aveva detto che era arrivato in ospedale. Ma non era mai entrato nella stanza di Hope. Iniziava a preoccuparsi,non era un atteggiamente da Chad quello,insomma era più una cosa alla Kyle. 

Pensò che il professore di calcolo lo sapesse,visto il suo atteggiamento assolutamente indifferente ogni volta che la classe rispondeva 'assente' quando nell'appello arrivava il nome di Chad. Così Hope gli andò a parlare. 

Il professore era un uomo sulla sessantina il cui volto rugoso,lasciava trasparire degli occhi chiari, simili a due perle. Delle venature laterali leggermente verdi,arrivavano fino alla pupilla nera e piccolina. Nascose quelle due meraviglie con delle lenti,e abbassò la testa sui compiti alla fine della lezione. Hope si alzò,e si avvicinò alla cattreda,lentamente,dando modo a tutti di uscire presi dalla frenesia di tornare a casa. Hope pensò ai suoi compagni,che avrebbero raccontato dei voti che avevano preso oggi e chiesto il permesso per la festa di stasera. Mentre lei non aveva nessuno a cui dire certe cose. Alla fine anche l'ultimo dei poveracci,ha bisogno di una madre. 

Anche un'assassina,ha bisogno di una madre. 

-Professore?-

Non alzò lo sguardo dal compito che stava correggendo.

-Mmm.-

Hope prese fiato,e decise che arrivare dritta al nucleo della discussione,era l'unico modo per catturare definitivamente l'attenzione.

-Dove è finito Chad?-

Il professore fu improvvisamente risvegliato da quella domanda. Alzò gli occhi color mare. Hope non smise di fissarlo. E quegli occhi,gli uni dentro gli altri erano come un mare dentro un altro mare. 

-Non so se sono autorizzato a dirglielo,signorina.-

Hope alzò gli occhi al cielo.

-Cos'è la CIA? Sono sua amica,voglio solo sapere se sta bene.-

Il professore prese un grande respiro,si alzò dalla cattedra a fatica,vista la sua età avanzata. Girò attorno alla cattedra,fino a trovarsi abbastanza vicino a Hope,da poter avere solo quel volto nel suo campo visivo. La guardò per qualche istante,guardò come la sua espressione fosse assolutamente indifferente,fredda. Si meravigliò di come quei lineamenti così delicati,potessero essere abbastanza forti da trattenere la valanga di emozioni che una diciasettenne si porta dentro. Le poggiò una mano sulla spalla,perchè così avrebbe potuto ottenere un contatto almeno corporeo. Il contatto visivo era praticamente impossibile con quella freddezza. 

-Lui sta bene. Non posso dirti di più,lui ha pregato di non farlo. Ma fossi in te,andrei a casa sua. Magari trovi il modo di entrare.-

Le parole del professore fecero incazzare Hope da morire,ma lei si limitò a borbottare un arrivederci mentre si girava. Lasciando la mano del professore a ciondolare sui fianchi invecchiati. 

 

 

 

Kevin era appena tornato a casa. Gli venne da pensare a Chad,incredibilmente sparito. Pensò che forse Kyle aveva lanciato una moda,e a pensarci bene aveva una gran voglia di sparire anche lui. La piccola Jenna lo chiamò a tavola,dopo essersi staccato gli auricolari,Kevin seguì le lunghe trecce rosse della bambina. Era incredibilmente simile alla madre. Il che ogni tanto dava la nausea a Kevin,suscitandogli una serie di ricordi.

A tavola la matrigna fu indifferente come sempre,il padre gli chiese come era andata a scuola,e lui ripose bene,tanto per rispondere. La realtà era che avrebbe voluto buttare giù tutto,la scuola,la famiglia,i muri che lo circondavano. Così prese la giacca e uscì balterando qualcosa che,all'unico genitore che gli era rimasto,dovette sembrare abbastanza convincente,perchè lo lasciò uscire senza troppi complimenti.

Attraversò la strada di corsa,e arrivato nel parcheggio trovò Hope. China sulla moto,armeggiava con la serratura del cestinello,dove Kevin nascondeva le chiavi di riserva. Kevin rimase in piedi,a qualche metro di distanza. Aveva la faccia palesemente sconvolta,da quello che accadeva. Non per l'azione in sè,che si era ripetuta più volte,ma per le circostanze. Loro due erano in pessimi rapporti dopo la discussione in ospedale,non si erano più visti nè parlati,e lei ora stava prendendo la sua moto. Per andare chissà dove. Magari da un nuovo amichetto che si era fatto. Hope non era una che perdeva tempo. Era facile prevederla per Kevin,era la sua copia al femminile. Ma questa non se l'era immaginata,nemmeno da Hope.

La vide aprire il cestinello,senza accorgersi di nulla. Fu allora che lui riuscì a rendersi conto pienamente di ciò che stava per accadere. Mise da parte la sua sorpresa,lasciando posto ai fremiti di rabbia. Più facili da gestire,specialmente se si trattava di Hope. 

-Che cazzo fai?-

Hope non si voltò,non ce ne era bisogno. Sapeva che era Kevin. Sapeva cosa stava pensando,perchè era la sua copia al maschile. Sapeva però che ciò che stava per dire,gli avrebbe fatto cambiare idea. 

-Vado da Chad,credo sia nei guai.-

A quel punto successe esattamente ciò che,in quella situazione,doveva succedere.

-Guido io.-

Hope che aveva già montato sulla motò indietreggiò col bacino,lasciando lo spazio a Kevin di infilarsi nel posto di guida. Entrambi misero il casco velocemente e Kevin partì. Nell'istante in cui il motore si accese,Hope mise le braccia intorno a Kevin. Un attimo dopo pensò che non era il caso. Ma ormai erano lì. 

Tutti sentirono la freddezza di quel contatto. Era assurdo,dopo tutte le volte che si erano toccati.

 

 

Kevin tentò per tutto il tragitto di concentrarsi sulla guida,tentando vanamente di distrarsi dalle mani di Hope. Era quasi un mese che quelle mani non lo toccavano,e ora le sentiva fin troppo fredde e distaccate. Nessuna fantasia erotica lo sfiorò,cosa strana se rifletteva sulla serie di pensieri che si studiava su di lei nel tragitto fino a casa di sua nonna. Poi gli venne in mente il motivo per cui erano lì sopra,e tutto gli sembrò un pò più normale. Erano lì per Chad,qualunque cosa fosse stata quel loro strano rapporto,qualunque cosa fosse successa in quella sala d'ospedale,ora non importava. Ora importava solo Chad. E tirarlo fuori da qualunque fosse il guaio in cui si era andato a infilare. 

Parcheggiarono. E evitarono accuratamente di guardarsi negli occhi. Hope lo superò,andando verso il campanello. E Kevin la guardò,in tutta la bellezza di quel fisico assolutamente perfetto. Non riusciva a non pensare a quanto adorasse le gambe di lei,nonostante la sua mente continuasse a ripetergli che era lì per Chad. E che era incazzato con Hope,quindi non sarebbero finiti a scopare in qualche angolo. Avrebbero salvato Chad e poi sarebbe tornato tutto come prima. 

Forse nessuno dei due voleva evitarsi però. 

Quando Hope suonò,una signora dall'aria gentile e triste ripose. Era la mamma di Chad. Hope era affezionatissima a lei.

Chad e Hope erano sempre stati nella stessa classe. Lily,la mamma di Chad,era sempre pronta ad accoglierla a casa quando sua madre era troppo ubriaca. Prima avevano un appartamento molto vicino alla casa di Hope. Poi lei,con un nuovo lavoro,si era comprata un appartamento migliore. Hope era cresciuta,e sapeva bene come tenere a bada sua madre,così non aveva più avuto granchè bisogno di lei. Alle brutte,preferiva andare a dormire da Emily. Ma comunque,erano rimaste molto legate. Adorava quella donna,aveva tirato su una famiglia di tre figli,trovando il coraggio di mollare il marito che la trattava da schifo in preda alla cocaina. Lo aveva sbattuto in galera. E aveva cresciuto i figli lontano dal mondo schifoso che lei aveva dovuto combattere. 

-Cerco Chad.-

-Hope,io non credo sia il caso. Dopo quello che è successo non vuole vedere nessuno.-

Hope si voltò verso Kevin. Quando i loro occhi si incontrarono,nessuno dei due ci fece tanto caso. 

Kevin seguì le meravigliose gambe di Hope farsi strada tra l'erba alta del giardino e finire sul retro. Arrivarono a una finestra. Kevin non si stupì della facilità con cui riuscirono ad entrare,probabilmente,come prendere la sua moto,entrare a casa di Chad era una cosa che faceva spesso. Si sederono sul letto. E,anche quello fu strano,per loro due. Stare semplicemente seduti su un letto,ad aspettare. 

Il silenzio venne rotto dalla voce profonda di Kevin. 

-Cosa facciamo qui?-

-Aspettiamo che Chad entri in camera e gli chiediamo cosa cazzo gli è preso.-

A Kevin la prossima frase uscì senza prima passare per quella parte del cervello destinata al controllo delle cose che stai per dire.

-E a noi cosa cazzo è successo?-

Hope incassò l'attacco,e sentì una fitta allo stomaco. Tentò di trattenere il colpo,alzò la testa in modo quasi impercettibile,come a tentare di ricevere l'ispirazione per quello che doveva dire.

-Perchè non me lo spieghi tu.-

In quel momento a Kevin venne da dire tutto,per filo e per segno. Era pronto a raccontare tutto a lei. A aprirsi completamente,dopo sei anni di silenzi. Ma la porta si aprì,e il discorso fu rimandato quando vide Hope alzarsi e abbracciare Chad. Lo stritolò. Kevin invidiò quell'abbraccio,rendendosi per la prima volta conto del fatto che,pur avendo fatto l'amore con decine e decine di donne,nessuna lo aveva mai abbracciato come ora Hope abbraccia Chad. Perchè nessuna donna lo aveva mai amato,e nessuna gli aveva mai voluto bene. E,se pensava che con Hope fosse tutto diverso,si sbagliava.

 

Chad rimase impietrito per un pò. 

-Che fine avevi fatto?-

Kevin seguì il corpo di Chad accasciarsi sul letto,e sentì il materasso lamentarsi sotto il suo peso. Hope vide i suoi occhi neri diventare lucidi. 

 

Chad tentava di dare un ordine a quel dolore. Le ultime settimane,il susseguirsi di immagini orrende. I pianti del fratello che gli era rimasto,e della madre. La ricerca della foto per la lapide. Era tutto incredibilmente assurdo. Non riusciva a realizzare. Tutti quei momenti che non sarebbero più tornati. Anche passargli il cornetto a colazione. Non riusciva a capirlo,il modo assurdo in cui un giorno ci sei e poi non ci sei più. La parola 'per sempre' che significato ha?In fin dei conti il tempo ha una fine. Il tempo è limitato nella sua eternità.

Come può andare tutto avanti per gli altri,mentre per qualcuno,semplicemente,si ferma?

Chad prese fiato,e insieme all'aria la consapevolezza che,dire quella frase,non avrebbe cambiato le cose. 

A volte si tende a pensare che se le cose non escono dalla nostra bocca,non diventeranno mai reali. E invece,non è così.

-Mio fratello è morto.-

Kevin abbassò la testa,e cercò la conferma nelle piastrelle della camera da letto di un ragazzo senza più fratello. 
Hope non sapeva come reagire,la prima cosa che le venne in mente fu Tom. Anche lei abbassò lo sguardo,perchè in fondo era la versione al femminile di Kevin. 

Chad si alzò un pò sui gomiti e vide quelle due faccie guardare a terra. Si sforzò a mettersi seduto e raccontare la storia.

- James. Era andato ad una festa,una stupida festa,innocente. Un suo amico del cazzo,si è messo in una rissa. Lui all'inizio non è intervenuto,ma poi il tizio ha iniziato a picchiarlo di brutto. E davanti all'amico in sangue,è andato a difenderlo. Insieme ad un altro suo amico. Dopo manco due minuti in cui se le sono date di santa ragione,lui ha tirato fuori una pistola. Colpo secco. Al cuore. L'assassino era strafatto.-

Rimase con l'amaro in bocca delle parole che aveva pronunciato. 

-Morto anche l'amico.-

Hope inspirò,pensò a James nella cameretta di Chad che si lamentava della tv alta. Pensò a una madre senza figlio e a un ragazzo senza fratello. Pensò alla madre,il padre,i possibili fratelli o sorelle di Tom. Pensò alle parole di Cecilia.

A Kevin l'unica cosa che venne da fare era abbracciare Chad. Hope ritornò al suo migliore amico,ormai senza fratello. Pensò al distacco con cui aveva raccontato quella storia,come un giornalista. Pensò al giornalista che aveva annunciato la morte di Tom al Tg. Al distacco nella sua voce,e alle centinaia di persone che avevano sentito la notizia mentre mangiavano,senza muovere un muscolo. Un giorno sarebbe potuto succedere a lei,e chissà quante persone avrebbero ascoltato il racconto dettagliato racconto dei suoi organi spappolati,davanti a un pasto caldo,senza muovere un muscolo. 

Si unì all'abbraccio,perchè in certe situazioni,un pò d'affetto è l'unica cosa utile. 

 

 

 

In tutte le situazioni,un pò d'affetto,è l'unica cosa utile.

 

 

 

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Capitolo 7
*** CAPITOLO 6-pastore-pieno-di-merda ***


'I funerali fanno schifo'

'I funerali fanno schifo,cazzo.'

'Eh sì,fanno proprio schifo,i funerali.'

'Non voglio che mi facciano il funerale quando sarò morto,fa veramente schifo.'

'Devo parlare con Hope,ma non a questo schifo di funerale.'

'Tutti i funerali fanno schifo,non solo questo.'

'Devo parlare con Hope.'

'Mi prudono le palle.'

'I funerali fanno davvero schifo,porca puttana.'

Questi erano,citandoli testualmente,i pensieri di Kyle. Vortici di egocentrismo che si liberavano nell'aria di un gennaio che sembrava un novembre. Come se l'inverno avesse deciso di provare a fare l'autunno per un po'.

Lo sguardo di Kyle cadeva periodicamente su Hope,che si stringeva nel cappotto nero come i jeans.

Sembrava quasi che non si trovasse lì,a vederla con attenzione.

Ma Kyle non la stava vedendo con attenzione. Come sempre.

Nessuno,mai,l'avrebbe osservava con abbastanza attenzione,da capire cosa nascondeva quell'espressione fissa a terra.

Le parole dello zio di Chad suscitavano nella sua mente i ricordi di un James bambino,che giocava e sorrideva. E poi improvvisamente sentiva il rumore della moto di Kevin che frenava sull'asfalto quando ormai era troppo tardi. Quando tutti i sorrisi di Tom,erano ormai privati della possibilità di replica.

Nessuno l'avrebbe potuto capire tutto questo. Nessuno l'avrebbe potuto avere in testa quell'odore di sangue.

Così lo decise. Fu una decisione semplice. Consapevole e lucida. Era giusto così. Lo doveva a Tom. Lo doveva alla sua famiglia. Lo doveva a lei stessa.

Quando Kyle le vide andarsene non trovò le palle di seguirla e affrontarla. 
Dopo qualche minuti riconobbe Cecilia uscire dal suo lucido fuoristrada nero. La vide in tutta la sua eleganza mentre affrontava il brecciolino sui tacchi a spillo altissimi.
E l'unica cosa che provò fu un enorme paura. 
Cercò gli occhi neri di Emily tra la folla,e quando si accorse che non erano presenti. Trovò la scusa perfetta per abbandonare la cerimonia,senza sentirsi in colpa. 
Sussurò qualcosa all'orecchio di Sam e le porse Jessica,pulita e pronta per il discorso di Kyle,nella sua fodera nera.

Quando arrivò da Emily non c'era nessuno,così fece a meno della compagnia e si sdraiò sul letto cercando vanamente di smettere di pensare.

Perchè la vera fregatura è che non puoi non pensare. Il cervello è sempre acceso,sempre attivo e pieno di possibilità per pensare. Allora l'unica cosa che puoi fare è subire la tortura di tutti quei pensieri che ti riempono la testa e il corpo di ricordi e sensazioni. 

************************************

Cecilia aveva notato l'asenza di Hope,e da pochi minuti ne aveva intuito il motivo. Forse era troppo per lei quel funerale. O forse era successo quello che doveva succedere. Quello che secondo Hope doveva succedere. E Cecilia non era molto d'accordo,e glielo aveva detto la scorsa sera,ma non poteva mica insistere. In fondo era Hope quella che aveva investito un ragazzo,non lei. 

Moralmente quella decisione non faceva una piega,ma bastava molto di meno. 

Era quasi sul punto di andare a mettere in moto il fuoristrada e fermare quella pazzia,o incoraggiarla (questo ancora non lo sapeva bene) quando incrociò gli occhi neri di Chad. 

Cecilia aveva sempre visto in quegli occhi malizia e ironia. Li aveva sempre visti sorridenti. Si sarebbe aspettata un pianto,uno sguardo triste. Invece quelle iridi nere sembravano non aver bisogno di un fratello,facevano sorrisi,e sembravano quasi fuori luogo tra tutti quegli sguardi a terra.

Scelse di rimanere fino alla fine del funerale. 

*******************************************

Chad e Kevin se ne stavano in camera di James con gli scatoloni in mano. Volevano evitare alla madre quel gesto. A ogni quadro che si staccava dalla parete,i ricordi si facevano lontani e difficili. E in un certo senso lo scopo era questo. Nessuno voleva davvero dimenticare James. Ma l'anno prossimo Chad sarebbe entrato al college,sarebbe stato a chilometri da casa. E si immaginava il piccolo Carl entrare nella stanza di suo fratello e ricordarsi di tutte quelle cose che avevano fatto insieme,e arrivare alla conclusione che ormai non si potrà più essere felici davvero.  Si immaginava sua madre,che stringeva una felpa o un disegno piangendo. Seduta su quel letto,dove nessuno avrebbe più dormito,in parte anche perchè era il letto di un morto.

Gli faceva schifo quella parola. Morto. Inspiegabilmente semplice. Come si fa a dirlo attraverso solo cinque lettere,a spiegarla una cosa così grande e assurda. Come si fa a spiegare che sei caduto,da un filo che non c'è mai stato davvero. Che sei caduto,come succede a tutti prima o poi. 

Non lo puoi dire con sole cinque lettere. L'assurdità di non esserci,non la puoi descrivere. Ti puoi solo sentire la voglia di piangere dentro. Piangere fino a svuotarti completamente. 

Kevin ci pensava a quel'assurdità,ma ancora di più all'assurdità di un ragazzo di 17 anni che tranquillamente diceva,sorridente e ironico come sempre: 

-Fico,riarredare la camera di un morto.-

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Jake è uno stronzo/ Smetti di girare porca puttana/ Ma fottiti Jake / Se non smetto di camminare svengo/ Che morbida l'erba/ Ma dove cazzo sono?/ Come ci sono arrivata?/ Porca merda/ Quello sembra proprio un gregge di pecore/ Oh cazzo,dove sono finita./ Sono seduta sulla merda?/ Ah no,menomale. / Perchè mi gira la testa?/ Sto per svenire/ Jake sei un vero figlio di puttana/ Kyle,anche tu,sei un vero figlio di puttana/ Hope è una figlia di puttana/ Ti amavo./ Kyle.

 

Quando Hope sfiorò il bordo di un campo da pascolo,non credette ai suoi occhi. Emily. A terra. Un pastore dall'aria vecchia e puzzolente,se ne stava chino su di lei a studiarla con una certa curiosità. Fermò quel catorcio di macchina,che poi era già quasi ferma. 

Emily era svenuta,la portò dritta all'ospedale più vicino. Col pastore puzzolente che non si sa per quale motivo si era infilato nel sedile del passeggiero e si reggeva forte allo sportello,e ogni tanto urlava di andare piano. "Ma con la tua migliore amica che ha perso i sensi,e non accenna al risveglio,ti ci voglio vedere a te a rispettare i limiti di velocità."  pensava Hope. E poi aveva giusto il tempo di chiedersi per quale cazzo di motivo un pastore fosse nella sua auto,prima che lui rimproverasse di nuovo la sua guida. E la routine si ripetè cinque o sei volte,finchè non arrivarono in ospedale. Appena varcata la porta,tutti si girarono con la faccia che chiunque avrebbe fatto vedendo un pastore e una ragazza dagli occhi esageratamente azzurri che teneva in mano un corpo enerme con una faccia spaventata che nemmeno Dio,se esistesse,saprebbe ridisegnare.La prima dottoressa che venne  affidata ad Emily al suo risveglio fu Katrine. La psicologa di Hope. Di fronte alla quale Hope si era limitata a fare la vittima di una madre difficile. Non gli avrebbe mai detto di Tom. 

Emily guardava fisso i tre alberi spogli fuori dalla finestra. E mentre la psicologa le faceva tutto un discorso con voce piatta e monotona sull'utilità di aver un giusto equilibrio alimentare,Emily non faceva che guardare quegli alberi e contarli,prima partendo da destra,e poi partendo da sinistra. Sempre tre,da qualunque direzione li prendesse.

 

Avrebbe potuto morirci,lì,in quella camera puzzolente e vuota. Avrebbe potuto morirci impazzendo,a forza di contare quegli alberi che erano sempre tre. Magari sarebbe potuta diventare talmente pazza da vederne nove di alberi un giorno,o magari talmente vecchia da vederne crescere altri. Ma ce ne vuole di tempo per far crescere un albero. A proposito,quanto ci vuole per far crescere un albero? Non importa: 1-2-3

Emily pensava agli alberi,a quanto ci vuole per farli crescere,al fatto che sono tre. E la psicologa se ne era accorta. Cosa gli vuoi dire a una ragazza,che pur di piacere è disposta a rischiare la morte? 

In realtà di cose da fare ce ne sarebbero,ma Katrine era ormai fin troppi anni,che parlava a quelle ragazze,tutte con quella voglia di piacere. Gli parlava dal suo volto spento,e dal suo corpo privo di energia. I suoi piedi,che talmente consumati,non avevano nemmeno più la forza di alzarsi da terra e si limitavano a strisciare. Correva,Katrine,dieci anni fa. Era brava,a correre,s'intende. Quando prese psicologia all'università era per la madre,per avere un piano B. Arrivarono un sacco di medaglie,d'oro o d'argento,qualcuna di bronzo. Era brava Katrine,bella,alta,slanciata,correva e superava le francesi,e poi le americane. E poi eccola lì,la fine. E varcava il traguardo,e vinceva medaglie,e si drogava. Eccolo lì l'equilibrio mentale di un atleta,che si distorce. La tentazione. Smise. Non perchè la scoprirono,ma perchè gli si ruppe un ginocchio. Fatto stà che ora faceva la psicologa.

Ma come può una che si drogava per vincere gare atletiche,fare la psicologa? 

Allora se ne stava lì,Katrine,e recitava con voce piatta,le nozioni scinetifiche che aveva imparato a memoria. Pensando che Dio avrebbe risolto tutto. 

Le vecchie,come Katrine,lo pensano sempre,che Dio risolva tutto.

 

 

Fuori dalla camera puzzolente,Hoppe aspettava di vedere Emily. E,nervosamente,passeggiava. Non le succedeva mai,di essere così nervosa. Il pastore era ancora lì,con i suoi baffi dalla forma astratta,il suo bastone,e quell'odore di merda. Che cazzo ci faceva lì,era ancora un mistero. 

Tom. Lei non era come il pastore. lei era come le pecore del pastore. Rimaste sul prato,a vivere come nulla fosse. Sempre se quella di una pecora si può chiamare vita.

Il pastore componeva canzoncine con il suo bastone. Era un ritmo ben definito,che Hope seguiva per rimanere aggrappata alla realtà,e smettere di pensare a Tom. Diventato un pensiero troppo presente,ormai troppo grande per continuare a contenerlo. 

Poi il bastone smise quel suo ritmico battere a terra,e disse che bisognava chiamare un genitore. Lo disse il pastore,non il bastone. Hope non rispose,prese il telefono e ubbidì,sperando che quel suono ritmico aparentemente fastidioso,ricominciasse a scandire tutto ciò che era reale.

La madre di Emily fu lì in meno di dieci minuti,senza nessun pastore o cose del genere. Il padre dopo venti minuti buoni,anche lui,nessun pastore. Il pastore di Hope invece,se ne stava lì,seduto,col suo bastone,e quel ritmo,che Hope avrebbe voluto non si interrompesse mai. Il padre e la madre di Emily,lo guardarono storto,quando Hope lo citò durante il suo racconto. Probabilmente avevano semplicemente pensato fosse lì per fatti suoi. Oppure,come Hope,pensavano che non aveva senso quel pastore pieno di merda,seduto davanti alla camera di una ragazzina che non ha mai avuto modo di conoscere. O magari,e questo lo si capiva osservando per bene gli occhi della madre di Emily,stavano apprezzando il gesto di un pastore pieno di merda che si è preoccupato di aiutare una diciassettenne a portare all'ospedale un'altra diciasssettenne priva di sensi. 

Da quando la madre e il padre di Emily erano entrati nella stanza vuota e puzzolente di una diciassettenne che fino a un ora fa era priva di sensi,il bastone del pastore-pieno-di-merda era arrivato al centoventottesimo rintocco. Hope li contava,modo infantile ma efficace,per evitare di sprofondare nel buio dei ricordi di un omicidio colposo,come lo avrebbe definito un avvocato. Gli avrebbe dato una semplice definizione di due parole,senza poter avere in testa quei rumori e quell'odore,che non lasciava in pace Hope da sei mesi ormai. 

129/130/131/odore di sangue/ Cazzo/ Continua a contare/ respira/ Ho perso il conto/ Ricomincia/ 1/ 2/ 3/Che ci farà qui questo pastore pieno di merda.

 

Il pastore non diede segnali di vita per tutto il tempo che i genitori di Emily stettero dentro quella camera vuota,ma non completamete,perchè dentro c'erano,quei pochi chili rimasti di una diciassettenne che ore fa non aveva modo di percepire la realtà,e ora la percepisce fin troppo bene. Semplice e difficile. Come detto,il pastore diete segno di avere ancora quell'insopportabile odore di merda addosso,solo quando la madre e il padre di Emily uscirono dalla stanza sussurando qualcosa ad Hope. Che in realtà stava pensando di aver contato i rintocchi di un bastone,e le crepe,e i quadri,ma non si era nemmeno preocupata di contare i minuti che quei due avevano passato lì dentro. E poi pensava che le accadeva spesso,di perdere la percezione del tempo. Tranne per quei sei mesi,quelli se li ricordava sempre. Precisi. Poi sentì l'odore di merda,e si chiese perchè un pastore-pieno-di-merda la precedeva,e le indicava di seguirla in quella stanza vuota e puzzolente,ma non completamente,perchè dentro c'erano i chli rimasti di una diciassettenne che fino a poco fa era priva di sensi,e ora ce li aveva. Semplice e difficile. Una stanza ancora più puzzolente,per colpa della merda che il pastore si portava dietro.

Emily che scoppiò a ridere,quando Hope,all'uscita del pastore-pieno-di-merda con causa spiegata esplicitamente da una qualche bocca nascosta sotto quei baffi dalla forma astratta,disse semplicemente:

-Ma che cazzo ci faceva quel pastore pieno di merda qui?-

********************************************************************
 

Kevin nel motel,sotto le lenzuola,con le palle a pezzi,pensava a quanto gli faceva schifo. A quanto gli faceva schifo quel corpo troppo maturo,quelle gambe troppo fine,e quella pelle troppo secca. 

Lei invece sotto la doccia fredda pensava a quanto le piaceva quel ragazzo,dalla pelle giovane e tatuata. La piaceva il modo in cui si muoveva,la sua pelle,i suoi occhi e la sdua pelle,e ancora lasua pelle. 

Kevin buttò fuori un respiro,si alzò e si vestì velocemente. Sulla porta stette un pò con la faccia schiacciata sul legno,come uno che vorrebbe aprirla ma non ci riesce. Con la mano sulla maniglia,e lo sguardo che non guardava nulla se non un tutto. 
Guardava il tutto di una Hope sempre più strana e distante,e di un Chad senza un fratello che ride. Guardava il loro abbraccio,il modo in cui si stringevano,il calore che si scambiavano attraverso un gesto che per loro ormai era quotidiano. Guardava l'affetto che nessuno gli aveva mai dato,morire ingoiato dal fuoco,come sua madre.

Così lo decise. Fu una decisione semplice. Consapevole e lucida. Era giusto così.

 

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Capitolo 8
*** CAPITOLO 7-ON THE ROAD ***


Kevin sentiva l'adrenalina salirgli mentre la moto ingoiava la strada. Ormai aveva percorso una discreta distanza,e aveva giusto i soldi per fermarsi in uno squallido bed and breakfast a dormire,prima di ripartire. Doveva scaricare la piacevole sensazione che gli dava il gesto semplice e pulito di scappare via,e pensare a cosa fare domani.

Suo padre fra qualche ora,avrebbe chiamato per sapere dove era finito,ma il telefono di Kevin era ovviamente staccato. Poi avrebbe chiamato Chad e Kyle,e gli altri. Avrebbe chiamato a casa della nonna per sapere se era lì. Poi avrebbe fatto il giro degli isolati vicini pensando che non poteva essere molto lontano. E invece lui era lontanissimo,quasi in un altro stato,su un materasso incredibilmente morbido anche se puzzolente. Allora la mattina dopo,vedendo che non tornava,avrebbe mollato il lavoro e sarebbe andato a scuola. Avrebbe parlato con qualunque ragazzo,preoccupato e col viso che dimostrava la notte insonne appena trascorsa. Avrebbe preteso un colloquio con qualche insegnante,urlando contro la signorina Flech che dalla segreteria ribadiva che non era giorno di ricevimento. Poi si sarebbe calmato,e sarebbe passato alla tattica dell'imploro. E vedendolo quasi piangere,la signorina Flech lo avrebbe mandato dal preside. E lui non si sarebbe accomodato quando veniva invitato a farlo. Ma dopo,quando l'uomo in giacca e cravatta,che quella notte a differenza sua aveva dormito benissimo al fianco della moglie,gli avrebbe detto che Kevin non si era visto il padre si sarebbe accasciato sulla poltrona disperato. E avrebbe iniziato a singhiozzare come un bambino e chiedersi perché tutte a lui capitavano. E avrebbe detto che una paura del genere ce l'aveva avuta solo quando la moglie morì e lui si ritrovò da solo con Kevin,a dovergli spiegare che non avrebbe mai avuto una madre. Il preside avrebbe cercato di tranquillizzarlo,dicendogli che gli adolescenti sono così. Che ogni tanto scappano. Ma che ne sapeva lui,il preside,che l'adolescenza non l'aveva mai vissuta. Che ne sapeva di Kevin che non era scappato per il piacere della ribellione,ma perché suo padre non gli credeva. Che ne poteva sapere,quell'uomo in giacca e cravatta,che associava l'adolescenza alla scoperta della masturbazione. Ma l'uomo che piangeva accasciato su una sedia,sapeva che era colpa sua. Che Kevin non sarebbe tornato. Eppure ancor non gli credeva. Lui,l'uomo,padre,amava quella donna. Non sarebbe capace di un gesto simile. Non sarebbe capace di quello che Kevin pochi giorni prima gli aveva detto,tutto d'un fiato. Piangeva quell'uomo,accasciato su quella sedia,come un sacco di patate che viene buttato a terra. Piangeva mentre l'altro uomo,quello in giacca e cravatta che gestiva gli adolescenti senza aver mai vissuto l'adolescenza,lo calmava con frasi di circostanza e lo incoraggiava a fare una denuncia alla polizia e gli passava fazzoletti. E dopo un bel pò di tempo,che nessuno dei due avrebbe saputo quantificare,il padre di Kevin si sarebbe diretto alla centrale. E davanti alla porta principale,immobile,con il corpo lì ma la mente altrove,ci avrebbe trovato una ragazzina già donna. E il suo sguardo sarebbe caduto sulle sue gambe bellissime. E poi,per sempre,gli sarebbe rimasta l'immagine delle due dita di quella ragazzina già donna che sorreggevano una borsa che sembrava troppo pesante. E,guardando in faccia quella ragazzina già donna,avrebbe pensato di averla già vista da qualche parte,senza capire bene dove. Si sarebbe fermato un attimo nelle sue iridi luminose,pensando a dove l'aveva vista. E poi,una volta varcata la porta,si sarebbe chiesto cosa diavolo ci faceva una ragazzina già donna,lì davanti alla porta di una centrale di polizia immobile. Con il corpo lì ma la mente altrove. E quando avrebbe di nuovo rivolto lo sguardo in quella direzione si sarebbe accorto che non c'era più nessuna ragazzina già donna lì davanti. E avrebbe pensato per un secondo di avere le allucinazioni. Ma poi avrebbe scacciato via quel pensiero,e si sarebbe concentrato su Kevin. E mentre i poliziotti diventavano sempre più insistenti,convinti non a torto che ci fosse qualcosa di più che una fuga adolescenziale,il padre di Kevin avrebbe pensato che erano davvero dei bravi poliziotti e avrebbe detto loro di quella frase pronunciata in un fiato alla quale lui non aveva creduto. Tanto gli sembrava surreale una cosa del genere. E avrebbe aggiunto che aveva tanta paura e avrebbe raccontato,per la seconda volta in quella giornata,quand'è che aveva avuto così tanta paura come in quel momento. E i poliziotti avrebbero detto che facendo del loro meglio,l'avrebbero riportato a casa. E la donna gli avrebbe detto che non doveva aver paura,e che tutto sarebbe andato bene. E poi qualcuno gli avrebbe chiesto di firmare delle carte e delle cose. E gli avrebbero potuto anche far firmare assegni in bianco,che lui non se ne sarebbe accorto,tanto era spaventato e tremolante. E poi sarebbe tornato a casa,e avrebbe mandato a fanculo la sua nuova moglie. E si sarebbe arrabbiato con lei,e lei avrebbe solo annuito,e se ne sarebbe andata. Incredibile. E lui avrebbe pensato di essere completamente solo. 

Tutto questo sarebbe successo,mentre Kevin a bordo della sua moto varcava i confini dello stato con una faccia semplicemente seria. Come chi ha da fare,qualcosa di importante. Come chi ha da fare qualcosa di importante tipo ricostruirsi una vita. 

***************************
Nel frattempo Kyle se ne stava sdraiato sul letto a pancia in su, con le iridi perse in immagini strane. Sul petto,quel peso,all'apparenza così leggero,che da mesi non riusciva a togliersi di dosso. Quasi un anno ormai,il motivo principale di tutto quel casino. Quando sentì il rumore del portone che si chiudeva,di colpo prese la bustina e la lanciò nel cassetto del comodino.

Si alzò a fatica,quando sentì sua madre chiamarlo. E strizzò un pò gli occhi quando vide Hope,Chad e Emily,lì davanti alla porta di ingresso. Con tre facce che dipingevano un imbarazzo non da poco. Poi la madre disse che andava a fare qualche commissione,e uscì velocemente dalla porta,stampando un bel bacio sulla guancia a ognuno dei quattro diciassettenni presenti nella sala. Un classico della madre di Kyle,quei baci sulla guancia con un bello schiocco finale.

Lo sguardo di Kyle cadde subito su Hope.

-Stiamo cercando Kevin,è scomparso.-

Poi fu Chad a continuare

-Ci chiedevamo se sapevi qualcosa,se c'hai parlato.-

Poi fu Emily,piccola e minuta,con troppa matita nera in torno agli occhi,a sporgersi spostando il peso sulla punta delle dita e a riassumere il tutto dicendo 

-Cerchiamo indizi.-

 A quel punto a Kyle venne in mente solo il ridicolo della situazione. Lui e Kevin non erano mai stati granchè come amici,a maggior ragione dopo quella rissa a casa di Hope. Quiando Kevin gli si era scagliato contro,apparentemente senza ragione. Anche se entrambi sapevano bene per quale motivo quella sera era andata così. Anzi,per quali motivi. E uno,lo si intende bene,era la meravigliosa ragazza davanti agli occhi di Kyle. 

Poi fu un attimo in cui gli occhi neri di Emily penetrarono di nuovo Kyle

-Vieni con noi?-

E come si fa a dir di no a quegli occhioni neri? 

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Dovette aspettare poco Cecilia,chiusa nel fuoristrada nero lucido con i biscotti in mano e la voglia di sparire. Le capitava così spesso quella situazione ormai. Al solo pensiero di Kyle a pochi metri da lei,si sentiva male,figuriamoci come si sentì quando lo vide scendere le scale. Appeso al braccio,un borsone evidentemente preparato al volo,vista la manica di una maglia rosa che si portò dietro tutta la maglia e rimase sullo scalino ad aspettare che Kyle se ne accorgesse e la raccogliesse. Pure la camicia non lo voleva fare quel viaggio. In realtà Kyle lo trovava addirittura divertente,scappare con gli amici per un viaggio senza meta,lasciando a tua madre solo un bigliettino sull'ingresso. Gli veniva da ridere a pensare che Kevin probabilmente non l'avrebbero trovato mai,e che sarebbero rimasti per mesi a girarsi l'America in macchina mentre suo padre a tavola si mozzicava il pollice e malediceva il giorno in cui gli era venuto in mente di concepire quel ripugnante ragazzo di diciassette anni. Questo però lo pensava prima di accorgersi che c'era una piccola parte,che gli avevano completamente omesso. E cioè che il viaggio non si sarebbe compiuto in una macchina qualsiasi,magari rubata da Hope a chissà quale parente o vicino di casa. Perchè mai una buona volta che risparmiasse e comprasse un auto tutta sua.  No,il viaggio si sarebbe compiuto a bordo di un fuoristrada nero lucido,con dentro una bionda dagli occhi color nocciola e una pelle incredibilmente bianca con in mano un pacco di biscotti talmente grande che doveva essere un edizione speciale. Kyle si bloccò e mormorò qualche scusa che a Emily però non sembrò affatto convincente,tanto che gli puntò di nuovo quegli occhioni neri addosso e costrinse Kyle a fare l'ultimo scalino,alzare debolmente la mano e abbassare il collo. Gesto inutile,se si pensa che Cecilia la mano non l'avrebbe vista,perchè era troppo alta,e solo un piccolo angolo di quel viso che aveva amato-e amava ancora- le era visibile attraverso il finestrino. Tuttavia,bastò vederne un angolo solo per sentire una tempesta di emozioni e fitte allo stomaco. 

Poi Hope entrò dal posto del passeggero e vista la paralisi improvvisa delle braccia di Cecilia,spinse lei il pulsante per aprire il porta bagagli. E mentre Kyle faceva il giro dell'auto fin troppo lentamente,seguito da Emily nello stesso modo in cui una guardia carceraria segue il suo prigioniero,Hope disse semplicemente

-Verrà con noi,Emily ci tiene,non posso farci niente. Sarà facile evitarlo,vedrai. Ti devi solo ricordare che coglione è.-

La faceva facile Hope,che aveva gli occhi di ghiaccio e una specie di barriera tra la pelle e l'anima. Come non ci fosse un collegamente tra il suo interno e il suo esterno. Era così facile per quegli occhi di ghiaccio,piccolo frammento di quella barriera,messo lì a proteggerla. Ma Cecilia non riusciva più a trovarci sicurezza dentro,se ripensava a quella stanza d'ospedale,lei con il coprispalle rosa sull'avambraccio,e Hope con degli occhi così rossi da sembrare surreali.

Tuttavia ce la mise tutTa per convincersi,si stampò quelle parole nella mente e respirò a fondo. Posò i biscotti,si diete un'aggiustata alla frangetta,mise i capelli dietro l'orecchio destro come era solita fare,e poi impugnò il volante con sicurezza e con un sorriso che sembrava addirittura vero. 

Mentre davanti alla macchina c'era una ragazza che si fingeva serena con incredibile naturalezza,nel retro c'era un ragazzo che esprimeva tranquiillamente tutta la sua preoccupazione per quel viaggio che si preannunciava come un'apocalisse per la sua vita. Fortuna che aveva quella bustina con sè.

-Ma sei pazza?- 

-E zitto un po',abbassa la voce che ti sentono.-

-Ci siamo lasciati,te l'ho detto vero? Ricordo di avertelo detto!- 

Era così buffo Kyle,che per sussurrare,si rannicchiava su se stesso rimanendo in piedi e coprendosi con dietro il porta bagali aperto. 

-Lo so,ma non centra nulla,tu sei qui per Kevin.-

-Io odio Kevin-

E quando disse quest'ultima frase,negli occhioni neri di Emily sembrò ancora più redicolo,con quelle ciglia a forma di v.

-Forse non dovresti odiarlo,pensaci bene.-

E poi così,con le braccia incrociate sul petto,se ne andò e aprì la portiera con aggressività. 

Era stato uno sbaglio confidarsi con Emily,ecco cosa ci si rimetteva. Ma d'altronde,quando se l'era ritrovata in tutto il suo metro e cinquanta scarso,più magra del solito,davanti agli occhi in un centro di tossicodipendenti,glielo aveva dovuto dire. E anzi che ancora gli parlava. Ma che avrebbe fatto Kyle senza quegli occhioni neri? 

Incredibile,a volte,come ti può sollevare una semplice amicizia,col suo amore puro e disinteressato. 

Così Kyle ci salì,sul fuoristrada nero e lucido,mormorando un 'ciao',mentre si fissava le scarpe. E poi rialzando lo sguardo,quando la mano di Emily gli diede tutta la forza che gli serviva in una stretta. 

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Partirono,e in pochi minuti si trovarono fuori città. Fu allora che il viaggio vero e proprio iniziò.

Cecilia illustrò brevemente il programma di rifornimento e la prima tappa. Poi Hope disse che soldi per il motel non ne avevano,e che se ci tenevano a cibo e benzina avrebbero dovuto dormire in macchina. Facendo un po' a turno. Poi Emily disse che sembrava quasi divertente come cosa,che in fondo era ciò che tutti pensavano,ma poi precisò che risultava divertente se si trascurava la scomparsa di Kevin e il numero di idee pari a zero su dove cercarlo. Kyle disse,timidamente,perchè lo facevano se la polizia era già sulle tracce di Kevin,e Emily lo convinse a non esprimersi più sull'argomento. Un po' con gli occhioni neri e un po' con un discorso sull'incapacità della polizia in certi ambiti. Discorso che venne troncato improvvisamente dall'odore pesante della canna che Chad s'era appena acceso. Cecilia frenò di colpo,facendo prendere un bello spavento a tutti,e dicendo a Chad che quel fuoristrada era di sua madre e che fumarci dentro non era una buona idea. Lo disse,parlando fin troppo veloce,quasi sembrava che avesse la tachicardia. E Kyle,conoscendo bene i genitori di Cecilia e il rapporto con la loro figlia,lanciò a Chad uno sguardo che appoggiava le parole di Cecilia perfettamente. Si erano lasciati ok,ma non la voleva mica morta.

Così Chad alzò gli occhi al cielo,e abbassò il finestrino,gettandoci fuori quella minuscola canna improvvisata.

-OK principessa,ma nelle fermate di rifornimento prevedete anche le mie canne e le sigarette di Hope.-

I due si sorrisero complici,e Cecilia si aggiunse a quella complicità con un 

-Va bene.- di cui Kyle si stupì,e non poco.

 

 

Si fermarono in un fast food squallido e vuoto a cenare. Parlarono di Kevin solo all'inizio,poi si buttarono in aneddoti comici e imitazioni strane. Quando risalirono in macchina erano tutti più allegri e sollevati,quasi convinti che avrebbero potuto vivere su quel fuoristrada nero lucido per sempre,e mangiare in tutti i fast food squallidi e vuoti che incrociavano sulla loro strada. Strada che,non si sapeva dove sarebbe andata a finire,ma che magari poteva essere anche solo un grande cerchio,che magari li avrebbe riportati alla San Kristine,di nuovo sul muretto. Da cui tutto era partito,e tutto doveva finire.

Però prima dovevano ritrovare Kevin. 

Era Chad a guidare,aveva fatto anche il turno di Kyle,che si era addormentato prima durante il turno di Emily alla guida,non avendo più nessuno che lo appoggiasse. E poi si era svegliato per pisciare,e quando era venuto il suo turno alla guida,lo avevano trovato che dormiva di nuovo,più di prima. Cecilia e Emily,si erano addormentate,perchè prima non erano riuscite a dormire. Hope e Chad,che sarebbero potuti rimanere svegli per giorni interi con tutta la caffeina che circolava nel loro corpo,si scambiavano i posti a piacimento e facevano più soste del dovuto. Così si fermarono in un benzinaio chiuso,e senza nemmeno il bisogno di fare benzina. Si accesero una sigaretta ciascuno,e se ne stettero col freddo incollato alle ossa e qualche secondo in silenzio. Tempo di tue tiri,tempo di scaldare la bocca con la nicotina,e Chad aprì bocca.

-Dove sarà andato?-

-Non lo so,ma cazzo lo dobbiamo assolutamente ritrovare.-

-E chi l'avrebbe mai detto che la matrigna lo violentava. Avevo intuito che era un pò troia,ma addirittura a farsela con Kevin...-

-Io pensavo che fosse una cosa così,non una violenza. E glielo ho pure rinfacciato.-

-La colpa non è la tua,più che altro del padre che manco gli ha creduto.-

-Non gli crede nemmeno ora.-

-Dici?-

-Fidati,glielo leggi negli occhi che non gli quadra qualcosa.-

-Forse non gli quadra che la moglie sia una zoccola.-

-Una stupratrice è più corretto.-

Fece altri due o tre tiri rimanendo in silenzio,mentre Hope schiacciava la cicca che stava già a terra spenta da un bel pò.

-Dovremmo dirlo agli altri? In fondo ci stanno aiutando a cercarlo è giusto che sappiano.-

Hope accennò una risata,e si fermò quando capì che Chad non scherzava.

-Vuoi dirglielo? Sul serio?-

-Be' se fossi io al posto loro,vorrei saperlo che sto cercando uno che non vuole farsi trovare per niente visto che sta scappando da una stupratrice.-

-Chad,guardali. Si stanno divertendo,ed è meglio così. Hai idea delle reazioni che potrebbero avere?-

Non aspettò nemmeno una risposta,salì in macchina e si mise al volante come aveva promesso a Chad pochi minuti prima. 

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Ripartirono,senza meta.

 

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Capitolo 9
*** CAPITOLO 8- Il cocainomane. ***


Era più o meno da una settimana che viaggiavano ormai,e l'adrenalina dei primi momenti aveva lasciato spazio alla voglia di tornare a casa e farsi una doccia come si deve. Perchè ovviamente,farsi la doccia in quella settimana era stato quasi un evento. E comunque,anche se l'albergo fosse stato a cinque stelle,farsi la doccia a casa non è paragonabile alla doccia fuori casa. Tutt'altra cosa,questioni di comodità. 



Fatto sta che Kyle faceva sempre più il lagnoso,e aveva dalla sua parte anche Cecilia. Così Chad,se ne fregò di quello che aveva detto Hope e quella sera,decise di rovinare tutto. Erano su una spiaggia che nessuno di loro avrebbe saputo segnare su una mappa,attorno a un fuoco quando Cecilia ribadì per la millesima volta che non avevano indizi concreti tranne quella vecchietta,non molto attendible tra l'altro,da cui Kevin avrebbe comprato una specie di souvenir,cosa non nel suo stile,e che aveva detto che era andato verso nord,probabilmente senza nemmeno sapere dove fosse il nord ma basandosi su qualche vecchia puntata di Hazzard in cui qualcuno lo aveva detto a qualcun'altro. Fu allora che Kyle si ribellò agli occhi neri di Emily,e appoggiò quell'affermazione che di fatto non aveva nulla di sbagliato. Così Chad lo disse,e basta. Non lo premeditò,anzi nemmeno ebbe il tempo di rendersi conto che lo stava per dire. lo disse,punto. Fine. Così. 



Incredible è come la gente si tiene dentro un segreto per anni,faticando,e poi qualcuno lo dice così,dimostrando l'inutilità di esserselo tenuto per sè. 



Kyle fu talmente sconvolto,che gli occhi quasi gli uscirono dalle orbite,e Cecilia sbattè le palpebre così tante volte che a un certo punto le sentì completamente asciutte. Emily se ne stette per qualche minuto di troppo accigliata. Hope sbuffò,e fine.



Serata falò rovinata,ma almeno ora non dovevano più nascondere il motivo di quell'assurdità. Quello vero di motivo,s'intende.



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Il mattino dopo Kyle andò a farsi un giro in città,e Emily da brava guardia carceraria lo seguì a ruota. Erano ormai arrivati in California,posto che Kevin paragonerebbe al paradiso. Contavano infatti molto sul trovarlo lì. Kyle riuscì a mollare Emily in un negozio di intimo,con la scusa che sarebbe stato imbarazzante entrare a scegliere le mutandine con lei. Poi si diresse esattamente nel punto che Andrew gli aveva indicato,anche se aveva qualche minuto di ritardo. La bustina era rimasta senza contenuto da due giorni ormai,quindi era abbastanza urgente. 



Non sapeva come riconoscere l'amico di Andrew,e questo gli metteva un po' di ansia,ma in fondo quante persone dall'aria di uno spacciatore potevano esserci in un vicolo cieco in California? 



Si sentiva un po' in colpa,ma non per quello che stava facendo. Ma per aver promesso ad Emily che avrebbe smesso,senza mai averci provato davvero. Ma in fondo ormai tradire la fiducia altrui,era una delle sue specialità. 



Incredible come sappiamo,a volte,essere tanto egoisti da riconoscere e autocriticare i nostri difetti.



Quando entrò nel vicolo,quasi ci rimase secco per la sorpresa,o il terrore,o la speranza,non si saprebbe definirlo bene cosa fu a farcelo rimanere quasi secco in realtà. Fatto sta,che ci stava per rimanere secco seriamente. Poi Kevin fece per andarsene,e lui non si sa da dove trovò il coraggio di alzare il braccio e piantarglielo nel petto con una sicurezza che di solito aveva solo sotto effetto della cocaina. 



Kevin il petto glielo piantò addosso,e lo guardò nel suo modo più cattivo. E il modo più cattivo di guardarti di uno che ti guarda cattivo anche senza volerlo,è abbastanza terrificante. Nemmeno c'è bisogno di dire che il coraggio di Kyle finì subito e improvvisamente,così come era iniziato. Lo lasciò andare,sbrigò velocemente l'affare con l'amico di Andrew e se ne andò a cercare Emily velocemente. 

Disse di averlo visto uscire da un vicoletto e raccontò della storia del petto e della mano,e poi del petto e del petto. Emily non gli diede nemmeno il tempo di parlare che subito lo trascinò a correre verso la spiaggia. Quando ritrovarono il fuoristrada nero sembrava passata un'eternità,e in effetti era passato un bel pò di tempo. 

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Il silenzio fu tombale,in poche ore i ragazzi,vale a dire Chad e Kyle si girarono tutta la California. In senso metaforico ovviamente. 

Pattugliavano un pò qua e là,e la sensazione doveva essere simile a quella di un poliziotto di turno senza avere nessun bandito da arrestare precisamente. 

Nel frattempo le ragazze se ne erano rimaste in spiaggia,a studiare un pò dove Kevin pioteva essere finito. 

Cecilia guardava troppo spesso Hope,ma Emily non se ne accorse. Hope,muovendo solo le labbra ribadì che non avrebbe detto nulla ad Emily,e ci aggiunse anche qualche minaccia rivolta ai capelli di Cecilia.

All'una del mattino i ragazzi tornarono,con le facce sconvolte e stanche,e senza Kevin o tracce significative. Ma portarono con loro degli ottimi pasticcini,anche se non molto caldi,che avevano comprato in quella che che qualcuno gli aveva indicato come la miglior pasticceria della California. 

Kyle,appena arrivato lasciò a Chad il compito del resoconto della pattuglia e si buttò sui sedili posteriori dell'auto senza toccare nemmeno un pasticcino. Ma sollevato da quello che contenevano le sue tasche.



Poi Chad disse qualcosa sulla stranezza di Kyle,che negli ultimi due giorni non aveva dormito nemmeno mezz'ora,e ora si era appisolato tranquillamente da quasi tre ore. Così a Emily venne il lampo. 

Quando scoprì di Kyle e la cocaina infatti,Emily fece subito le sue ricerche. Era nel suo stile,essere sempre informata su tutto ciò che la circondava. Così scoprí,che quando i cocainomani sono in astinenza soffrono di insonnia e glielo si legge chiaramente sul volto,per le occhiaie eccessive. Così si alzò di scatto,lasciando sulla sabbia un pasticcino che tanto non avrebbe mangiato perchè la nauseava solo l'odore. 

Si gettò su Kyle in modo piuttosto goffo,tant'è che tutti gli altri seduti in spiaggia si misero addirittura a ridacchiare. Mentre a lei stava quasi per venire da piangere e scoppiò definitvamente quando in tasca vide quella bustina. 

Kyle nel frattempo,dormiva spensierato. Emily gettò nel mare quello che teneva in mano,e si allontanò piangendo. 

Gli occhi dei tre ragazzi in spiaggia,si incrociarono velocemente e le loro gambe inseguirono Emily finchè non fu lei stessa a fermarsi e accasciarsi sulla sabbia. Nessuno aveva ben capito cosa stava succedendo.



Chissà che avrebbero pensato i passanti,a vedere quattro ragazzi sulla spiaggia all'una del mattino seduti in un cerchio perfetto. Magari li avrebbero pensati reduci di chissà quale super festa a base di alcolici e droga. E invece si sbagliavano,gli alcolici e le super feste non erano parte di quel cerchio,ma la droga a questo punto ne era il centro. 

Non servirono domande perchè Emily parlò da sola.

«Kyle non se n'è andato,otto mesi fa,solamente perchè il padre era diventato ricco. Insomma,la scuola e la città nuova erano per questo,ma c'era un motivo per cui a smesso di chiamarci e di vederci. Suo padre aveva scoperto che si faceva di cocaina e lo aveva mandato a frequentare delle sedute in un centro per tossico dipendenti. Lui aveva smesso di aver rapporti con noi perchè si sentiva in imbarazzo. Io l'ho scoperto poche settimane prima di questo viaggio,quando l'ho cercato a casa sua e mi sono trovata davanti la madre. Sapete com'è la madre di Kyle,ha la bocca larga e me lo ha detto. Io ero sconvolta,e poi l'ho visto proprio con i miei occhi,seduto in cerchio insieme ad altri ragazzi,su sedie di plastica a dire tutte quelle cose che a noi non aveva mai detto. Poi ci ho parlato. E ho capito il motivo della rissa a casa tua,Hope. Kyle non ci aveva detto niente prima perchè il suo spacciatore glielo aveva contattato Kevin. E gli doveva un sacco di soldi. Questo tizio se l'era presa con Kevin,e anche piuttosto pesantemente. Così quando Kevin l'ha rivisto,dopo aver dovuto pagargli lui tutti i debiti,non ci ha visto più e lo ha picchiato. Per questo l'ho costretto a venire,è surreale ma Kyle può sapere più di noi su dove sia finito Kevin.»

Spiegò i fatti con esattezza e tranquillità a lei non propria.



A volte,ci riesce facile essere come non siamo.



Tutti rimasero un pò in silenzio e fermi. Nessuno aveva più il coraggio di muoversi o di anche solo poter pensare qualcosa in risposta. Si guardavano solo,tentando di ritrovarsi in una sicurezza di qualcun'altro,ma nessuno in quel cerchio era sicuro. Alla fine fu Hope ad alzarsi.



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Quando Kyle si svegliò nessuno gli disse nulla,forse aspettavano che fosse lui a esplodere. In effeti Kyle stava lì lì per esplodere,quando si accorse di avere le tasche vuote. Non sapeva bene come reagire,cosa avrebbe dovuto fare? Chiedere agli altri se avevano visto della cocaina in giro? Così pensò che ignorare il problema fosse la soluzione. 



Ci volle poco per capire quello che era successo,lo si poteva ben capire da come lo guadavano tutti,dal fatto che non lo lasciassero mai solo e soprattutto da Hope e Emily che erano uscite a farsi una passeggiata appena lui aveva aperto gli occhi. 



Gli veniva da piangere,aveva un disperato bisogno di quella sostanza,era una necessità incontrollabile.



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Il viaggio non era andato a buon fine,c'era stato un disastro dopo l'altro,specie dopo la faccenda della cocaina. Era quasi un mese che si giravano posti mai visti,senza nessuna indicazione,mentre Kyle era evidentemente in astinenza,e non faceva che essere isterico e nevrotico. Non dormiva,parlava fin troppo velocemente,aggrediva chiunque,era fuori controllo. Scappava spesso,tant'è che Chad lo legava all'auto appena facevano soste come fosse un cane. Non mangiava ed era pelle e ossa,le occhiaie scavate e la pelle bianca. Sembrava che le iridi gli volessero uscire fuori dagli occhi. Non aveva fiato e respirava a fatica,aveva inoltre attacchi di tremolio in piena notte,sudava freddo e non si lavava dal giorno della scomparsa della cocaina comprata da Andrew. Non riuscivano più a tenerlo sotto controllo,e aveva il corpo ricoperto dei lividi che Chad gli faceva appena gli veniva fantasia di liberarsi e andare a comprare la coca. Non era più una situazione sopportabile. Cecilia stava lontano da lui tutto il giorno,si faceva delle passeggiate di ore in totale solitudine. Con quella pelle bianca come il latte,e gli occhi nocciola fissi a terra. La frengetta le copriva e scopriva la fronte,guidata dal moto ripetitivo del vento. Era di una bellezza triste,come un panorama sotto la pioggia. Aveva l'aria di una che ha un problema importante,il che le conferiva un eleganza da donna,come quella di Hope che aveva ucciso un uomo. Emily invece non aveva affatto l'aspetto di una donna,vedere Kyle in quello stato la devastava così come devestava Cecilia,ma lei si limitava a piangere. Rinchiusa nel suo guscio rudimentale,fatto dalla posizione accasciata che assumeva sulle sue ginocchia,piangeva. In silenzio come dovesse tenerlo segreto,ma tutti sapevano che stava piangendo. Lei non si comportava da donna,bensì era una ragazzina alla quale il papà non voleva comprare un giocattolo. Una ragazzina che piangeva,e si metteva troppa matita nera attorno agli occhi,così se la vedeva colare giù per le guance,poi andava in macchina,si puliva e se ne rimetteva altrettanta per nascondere il rossore attorno agli occhi. 



Kyle non era abbastanza lucido da sentirsi in colpa,sembrava uscito da un manicomio con quel corpo esile e quel viso pallido e savato. Aveva perfino la barba,che poi Kyle la barba non l'aveva mai avuta. L'unica cosa che era in grado di sentire era il corpo chiamare quella sostanza,e i calci di Chad sul petto,forti,senza paura di fargli del male,anzi forse con la sola intenzione di fargli pagare quella situazione di merda. A Kyle serviva la sicurezza che la cocaina gli dava,per affrontare quel padre troppo arrogante,e quegli amici tutti troppo in gamba per lui. 



Hope stava in silenzio,si nascondeva dietro gli occhi color ghiaccio,parlava a monosillabi,e guardava Kyle solo di sfuggita con lo stesso sguardo che avevano gli occhi neri di Chad quando stava per partire un calcio. Ma quello sguardo era peggio di cento calci messi insieme,e per un momento Kyle sentiva quasi il senso di colpa. Poi però tornava a pensare solo alla cocaina,alla voglia di averla.



 



Poi un giorno,così,Hope decise di tornare a casa,e tutti furono d'accordo.



Montarono tutti nella macchina,Cecilia si mise al posto di guida e Emily al passeggiero. Kyle venne posizionato tra Hope e Chad sul retro,in modo che non avesse possibilità di uscita. Puzzava parecchio. Hope stringeva nella mano destra un bigliettino di carta,e con lo sguardo fuori dal finestrino pensava. 



C'era un silenzio tombale,ma era in realtà un silenzio pieno di pensieri,tant'è che non fu imbarazzante per nessuno. Cecilia pensava alla strada,a guidare,si ripeteva in testa istruzioni sistematiche sulle manovre da fare ed evitava di pensare al suo ex,a pochi metri da lei,in astinenza dalla cocaina con addosso la puzza di settimane senza lavarsi e che ogni tanto urlava qualcosa. E quando urlava Cecilia alzava il tono delle istruzioni nella sua mente,e i suoi pensieri riuscivano a tenere lontani dai timpani quegli urli che squarciavano il silenzio. 



Emily guardava il vetro,non quello che c'era fuori ma semplicemente il vetro. Un vetro sporco,con i segni del viaggio appena trascorso. Un viaggio sinonimo di disastro. Guardava il vetro non quello che c'era dopo,ma quello che c'era ora era importante. E quello che c'era ora era un vetro sporco,con i segni di un viaggio sinonimo di disastro.



Hope invece,sotto quegli occhi impassibili e freddi,continuava a far scorrere un panorama verde. La attraeva quello strisciare di alberi e cespugli,che si trasformava semplicemente in un lunga freccia verde che scorreva.



Tutta quella vita che si trasformava semplicemente in tempo,tempo che scorre semplice e puro. 



 



Chad,sotto l'effetto dell'erba appena fumata,aveva la testa che si perdeva nella fitta rete dei pensieri che ci riempono la testa.



Perchè mai troverai una sostanza in grado di spegnerti il cervello,di liberarti definitivamente. Mai.


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