The Paladins

di Naxi_4ever
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Avviso ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


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CAPITOLO 1

Come tutte le mattine Caleb si sveglió nel suo letto argentato,spostó a lato la coperta bianca che lo copriva e appoggió i piedi sul pavimento in vetro trasparente,che lasciava intravedere le nuvoletta rosea sulla quale si trovava la sua casa. 
Camminó fino alla piccola finestrella che dava sul regno e scostó un pó la tendina in raso bianca con i bordi argentati. Era una tranquilla mattinata di Agosto e la piazza era praticamente vuota. La gente preferiva rinchiudersi in casa e assistere al reality show incredibilmente noioso presentato dall'assistente del Grande Capo,piuttosto che uscire ed essere abbrustoliti dal sole come carne alla griglia. 
Caleb aprí un'anta della finestra e richiuse la tenda,poi sistemó la coperta sul letto,assicurandosi di non lasciare neanche una pieghetta sottile. 
Era cosí,a Eraklyon. Non c'era una distinzione di giorni,si manteneva sempre la stessa routine. Tranne alla domenica: in quel giorno era obbligatorio assistere al discorso del Grande Capo,importantissimo a detta del popolo. 
Ma Caleb era semplicemente un diciassettenne,come poteva capirci qualcosa? 
Tolse il pigiama in raso blu e indossó un paio di pantaloni bianchi molto larghi,accompagnati da una semplice maglietta verde. Ovviamente,tutto in raso.
Secondo i vecchi Capi di Eraklyon,il raso era il simbolo della purezza e della leggerezza. Qualsiasi colore,trasportato sul raso,veniva pulito da ogni impurezza, e ormai questa cultura si trasmetteva da centinaia di anni,forse migliaia. Non era strano per nessuno. 
Per Caleb sí. Era sempre stato curioso; sin da quando era bambino si chiedeva il perché delle cose,e non si fermava finché non trovava una risposta alle sue domande,anche se questo significava esasperare tutte le persone che gli stavano intorno.
A volte si chiedeva se non avessero sbagliato a farlo nascere lí. Non riusciva a trovarsi d'accordo con nessuno; nessuno aveva la sua stessa sete per la sapienza,per i particolari. Nessuno si chiedeva mai il perché dei poteri che appartenevano a ognuna delle persone che nascevano nel regno di Eraklyon. 
Per loro,erano normali e basta. Ma per Caleb no. 
Insomma,ci doveva pur essere un motivo nell'avere dei poteri magici,no? 
C'era forse qualche Divinitá che li osservava dall'alto dell'Infinito? 
Perché,seppur non sembrava reale,loro non erano poi cosí in alto. Loro erano solo al centro. 
Eraklyon,un altrove senza spazio e senza tempo,un grande nulla al centro dell'infinito.
Scosse questi pensieri dalla mente e oltrepassó il corridoio che portava alla cucina. 
Non c'erano scale nella sua casa,né nelle altre. Né in tutto il resto del regno. 
Secondo il Grande Capo e i suoi precedenti,si doveva essere tutti allo stesso livello,che senso aveva costruire edifici a piú piani? 
Una noia mortale,pensava Caleb. 
Fece scaldare una tazza di té verde e la bevve in un sorso,prima di uscire di casa saltellando allegramente. Tutti facevano cosí,ad Eraklyon. 
A Caleb sembrava infantile,ma si divertiva a farlo,prendendo un pó in giro la monotona vita che tutti erano costretti a condurre lí. 
A volte voleva essere nato in un mondo dove potesse vivere una vita piú spericolata,piena di avventure e guai,rischi e risate.
Alcuni la vivevano anche nati ad Eraklyon: una volta all'anno,venivano prescelti cinque ragazzi con i poteri piú forti e venivano spediti sulla Terra per catturare i Guerrieri del Buio,i residenti del Mondo di Phobos. Il loro obiettivo era conquistare la terra e di conseguenza uccidere tutti gli Eraklyoniani che ci vivevano,per arrivare lí,nel centro esatto dell'infinito,e rubare la Sfera del Potere. 
Nessuno pronunciava mai quel nome. La Sfera del Potere era il potere piú potente,l'unico invincibile che esisteva nell'Universo. 
Caleb non sapeva il perché dell'enorme importanza dell'oggetto,ancora non lo poteva sapere. Dicevano che avrebbe dovuto capirlo da solo,ma lui ancora non aveva inteso il motivo. Ma da una parte,non lo voleva neanche sapere. 
Sentiva che scoprendolo avrebbe dovuto trascinarsi addosso un peso enorme tratto dalla consapevolezza di dover proteggere Il Potere. 
Per ora voleva semplicemente godersi la sua adolescenza,per quanto fosse possibile in quel regno. 

A Chicago erano ormai ufficialmente aperte le iscrizoni al college piú prestigioso della cittá,famoso per i titoli di studio ottenuti da gran parte degli studenti usciti da questo,per le innumerevoli aule completamente restaurate e per la grande quantitá di professori eccellenti in grado di trasformare anche il caso piú disperato in un perfetto genio. 
O almeno,questo era quello che il college inseriva nei depliant sparsi ovunque nella cittá,per pubblicizzarsi. 
Fuori dall'edificio grigio c'era una massa di gente in attesa del proprio turno; genitori e alunni,nonni e nipoti,fratelli e sorelle. 
In fila davanti alla reception si trovava l'unica ragazza apparentemente felice di trovarsi lí.
Accompagnata dalla madre,continuava a saltellare da un piede all'altro facendo ondeggiare i lunghi capelli rossi che superavano di gran lunga l'altezza delle spalle,per controllare quanto mancasse al suo turno. 
Sua madre,una quarantenne alta e snella,cercava di calmarla trattenendola per un braccio,mentre con una mano sistemava il tailleur nero con fare nervoso. 
-Potresti stare calma,Candelaria?- chiese per l'ennesima volta alla figlia,che non dava segno di volersi tranquillizzare almeno fino ad essersi iscritta. 
Entrare in quell'istituto era il suo sogno da tanto tempo ormai,e ora era ad un passo dal compierlo. 
-Mamma. Mi trovo nel college piú prestigioso della cittá,sto per iscrivermi,verró a vivere qui,studieró con i migliori professori di sempre. Come vuoi che faccia a stare calma?- disse la ragazza alzando notevolmente la voce e di conseguenza attirando gli sguardi delle persone dietro di lei. 
-Lo so,ma questo non significa che tu debba dare spettacolo,questo lo sai perfettamente- rispose la donna lanciandole uno sguardo di disapprovazione. 
Ma ormai Candelaria ne era abituata. Sua madre l'aveva fatta crescere con una quantitá di regole quasi sovrannaturale,sperando che un giorno la figlia sarebbe diventata un'eccellente donna d'affari,proprio come lei. 
Ma non era questo che Candelaria voleva. Lei era curiosa,la incantavano la scienza e qualsiasi altra cosa che avesse a che fare con esperimenti e formule. 
Non avrebbe mai potuto immaginare una vita rinchiusa in uno stupido ufficietto a stampare fatture e a rispondere gentilmente al telefono. 
-Certo che lo so mamma- rispose annoiata sistemandosi gli occhiali dalla montatura nera. -Tra poco tocca a noi!- esclamó vedendo che un ragazzo,scortato da entrambi i genitori,abbandonava il suo posto davanti alla segretaria sbuffando. 
-Mi chiedo perché la gente si iscriva a questo college,se poi non è felice di venirci!- sbottó la ragazza osservando l'andatura cascante del tipo,che stava aprendo la porta per uscire. 
-Perché non tutti i genitori sono cosí aperti come me,e decidono di far frequentare una scuola ai figli nonostante loro non vogliano. Dovresti essermi grata per questo- le rispose sua madre scuotendole un braccio. 
-O semplicemente per vivere fuori di casa una volta per tutte- sbuffó Candelaria spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. 

Piú indietro,vicino alla porta d'entrata,una ragazza non troppo alta dai boccoli neri batteva un piede a terra facendo rumoreggiare le catene argentate dello stivaletto,innervosita da tutta quell'attesa.
Neanche ci voleva andare,in quella scuola. Perché doveva essere obbligata a fare qualcosa che non voleva? 
Ma ci era abituata,quella era la sua vita. La sua orribile vita,a detta sua. 
L'aveva accompagnata la sua matrigna,che si comportava sempre cosí amorevolmente con lei che quasi le veniva il voltastomaco. 
Ma la veritá era che voleva liberarsi di lei quanto prima,ne era sicura. 
Considerando questo punto di vista era contenta di dover frequentare quest'istituto,cosí avrebbe potuto allontanarsi da quella donna che odiava fino al midollo. 
Non vedeva l'ora di andarsene di casa,tanto,con la sua famiglia non c'entrava nulla. Quella non era la sua vera famiglia,e lei non voleva averci a che fare. 
Ma il pensiero di dover vivere insieme ad altri nove ragazzi per quattro anni le faceva venire voglia di vomitare. Non voleva legare con nessuno,né voleva partecipare a quegli stupidi giochetti da coinquilini. Voleva semplicemente lasciare la sua casa. 
-Sta tranquilla Alba,tra poco tocca a noi- squilló la voce acuta della sua matrigna,che aveva pronunciato quella frase con un tono decisamente troppo sdolcinato. Cattiva mossa per poter nascondere la sua falsitá,ottima per rivelarla.
-Mettiamo subito in chiaro le cose,ok? Sono venuta quí solo perché tu e papá mi ci avete costretta,perció una volta fuori di casa non avró piú niente a che fare con te,né con la tua famiglia,intesi? Puoi benissimo risparmiarti il tuo tono mieloso- disse secca la ragazza guardandola fissa negli occhi. 
-Ma Alba,perché dici cosí? Io ti voglio bene,lo sai!- disse la trentenne con fare ancora piú sdolcinato.
-Ma per piacere! Questa é una frase troppo grande per te! E smettila di usare quel tono perché giuro che vomito,non mi importa se siamo dentro questo fottutissimo istituto- ribatté alzandosi in punta di piedi per vedere a che punto fosse la fila. -Ah e comunque,non mi interessa che tu abbia assicurato a papá che non l'avrei fatto,i miei stivali,sai,quelli con i tacchi a spillo che tu odi tanto? Ecco,li porteró. Loro mi vogliono piú bene di te- aggiunse ironica.
-Alba,io ancora non capisco questa tua ostinenza nei miei confronti! Ti ho sempre fatto avere tutto!- 
-Se per tutto intendi stupide sedute da un estetista o borse e cappottini firmati che non indosserebbe neanche il mio cane,allora grazie mille,te ne sono grata- disse sbuffando sonoramente. 
La donna si arrese,ormai aveva capito che la figlia del suo fidanzato non sarebbe mai entrata nelle sue grazie. Ma tanto se ne sarebbe andata,non glie ne importava poi piú di tanto.

A Eraklyon,Caleb era riuscito a sfuggire alla tentazione di fermarsi nella yogurteria per rinfrescarsi un pó sotto l'unico condizionatore del Regno e aveva raggiunto il Pozzo,dove avrebbe dovuto vedersi con i suoi amici.
Non era un pozzo normale,di quelli che si usano per raccogliere l'acqua. Quello era Il Pozzo. 
Era il passaggio che portava sulla Terra,custodito attentamente da due guardiani. 
Ma ormai la combriccola di Caleb si era fatta amica le guardie,che gli permettevano di rimanere lí,a patto di non combinare guai. 
Non era un luogo cosí speciale: si trovava sulla nuvola piú rosea del Regno,l'unica che non si muoveva mai,come se fosse stata fissata con il nastro adesivo.
Nel centro esatto della nuvola si trovava il Pozzo,che portava esattamente nel centro di una cittadina poco distante da Chicago. 
Chicago. A volte Caleb pensava a quanto fosse strano quel nome. Era cosí abituato ai nomi che usavano loro,che i numerosi nomi elencati durante le lezioni di vita terrena gli sembravano quasi magici. 
Ma la Terra non aveva bisogno di magia,era gia tutto cosí complicato laggiú.
Si sedette vicino al bordo della nuvola e ne staccó un pezzo,che si dissolse subito nel palmo della mano. 
Un ragazzo dagli occhi verdi e il ciuffo castano si fermó a circa tre metri di distanza da lui,sorridendo -Quante volte dovrai essere ripreso ancora per capire che non si possono staccare pezzi di nuvola?- Caleb sentí la voce di Cedric,il suo migliore amico,richiamarlo scherzosamente. 
Si voltó e lo salutó con un cenno della mano,invitandolo a sedersi accanto a lui. 
-Sai che se strappi tutta la nuvola non potrai piú chiedermi di sedermi accanto a te?- chiese divertito osservando il cielo davanti a lui. Era cosí grande e... Infinito. 
-E poi il Pozzo che fine fará?- chiese Caleb facendo pendolare le gambe nel vuoto. 
Cedric non rispose,si limitó a sorridere senza voltarsi nella sua direzione. 
Dopo poco disse -Non lo so,ma so che cosí facendo non avremo mai l'opportunitá di arrivare sulla Terra. E io voglio andarci- 
Il ragazzo sistemó una piega della maglia blu,identica a quella di Caleb,cosí come i pantaloni. 
L'unica cosa che cambiava,tra i vestiti di tutti,erano i colori. 
-Ciao ragazzi!- esclamó un ragazzo molto alto con i capelli bruni mossi dal vento,che si trovava dietro di loro. 
-Hei Orube- lo salutó Cedric mentre il ragazzo si sedeva in mezzo ai due,lasciando le gambe penzolanti,come gli amici. 
Orube era incantato dal vuoto,dall'aria e da qualsiasi creatura che fosse in grado di combattere la gravitá per volare liberamente. 
Quanto gli sarebbe piaciuto essere come loro,andare alla scoperta del mondo con occhi nuovi,da una prospettiva diversa. 
Tra i suoi amici,era l'unico che non temeva il vuoto costantemente sotto ai loro piedi. Era l'unico che non si chiedeva cosa ci fosse sotto. Ed era l'unico a non essere incuriosito dalla Terra. Durante le lezioni di vita terrena aveva appreso che sulla Terra non era tutto cosí libero. Non si aveva il cielo sia sotto che sopra,semplicemente era coperto dalle nubi nere,quelle che da loro non si vedevano mai,dai grattacieli e dallo smog. 
Da loro non esisteva questo tipo di inquinamento tanto usato dai terrestri. Da loro la vita era cosi semplice,sfruttando in modo pulito le risorse che li circondavano. 
D'altronde,non avevano bisogno di tanto per vivere. 
-Quando arrivano gli altri?- chiese distrattamente alzando il volto verso l'alto,godendo la corrente d'aria fresca che faceva muovere i suoi capelli all'indietro,come in un flusso. 
-Guardali,sono lá- disse Cedric,che li aveva visti in lontananza quando si era voltato per non ricevere dritta in faccia l'aria fredda che il suo amico amava tanto.
Un ragazzo dai capelli corti e castani fece cenno di un saluto con la mano. Aveva gli occhi verdi,ma non cosí ipnotici come quelli di Cedric. I suoi erano piú scuri,piú profondi. 
Accanto a lui si trovava un ragazzo un pó piú basso,con i ricci bruni che si ingarbugliavano tra loro,mossi dal vento. Anziché accompagnare l'amico fino agli altri,si limitó a fermarsi accanto al Pozzo. 
Il ragazzo dagli occhi verdi si sedette accanto a Caleb,che gli diede una pacca sulla spalla per salutarlo. 
Lui incroció le gambe anziché farle dondolare nel vuoto come gli altri. 
Se c'era una cosa che mai sarebbe stato in grado di fare era buttarsi,sentire l'adrenalina di una nuova esperienza dentro di se. Era sempre stato un ragazzo piuttosto studioso,gli interessava conoscere l'utilizzo di qualsiasi cosa,soprattutto dei poteri. Quelli lo incantavano come un bambino che vede un sacchetto ricolmo di caramelle. 
Aveva presentato una ricerca di dieci pagine sulle correnti d'aria che sfioravano costantemente il Regno,ma mai aveva voluto andargli incontro. 
Non é che ne avesse paura,semplicemente secondo lui era meglio conoscere bene il meccanismo di qualcosa e assicurarsi che non fosse pericolosa,prima di eseguirla. 
-Hei Lumien,quando proverai la sensazione di sentire le gambe in mezzo al nulla?- gli chiese Orube prendendolo in giro. Sapeva che lui odiava quella descrizione,lo metteva in soggezione. Sapeva che all'amico,solo a pensare a questo,veniva un vuoto allo stomaco che lo faceva tirare indietro dal punto dove con fatica era riuscito ad arrivare. Ma sapeva anche che era un uomo di scienza,perció avrebbe dovuto sapere che se ce l'aveva fatta una volta,ormai non correva piú rischi. 
Semplicemente,gli piaceva metterlo alla prova. 
-Mai,e lo sai benissimo Orube- rispose secco l'amico trattenendosi dall'alzarsi e correre verso il centro della nuvola,dove sicuramente sarebbe stato piú al sicuro.
-Eddai,che male c'é nel sentire il brivido del vento trasportare i tuoi arti dove gli pare? Guarda che un giorno dovrai farlo,ce l'hai promesso se non sbaglio!- lo provocó di nuovo Orube,rivolgendogli un sorriso sghembo.
-E tu hai promesso a noi che un giorno non avrai paura nell'indossare la magliettina che tua nonna ti ha regalato al compleanno. Siamo pari,Orube- ribatté Lumien sorridendo ironicamente al ragazzo. 
-Ma semplicemente trattengo quella maglia per... Le occasioni speciali! Tipo Natale,o roba varia in famiglia- tentennó cercando di trattenere il rossore.
-In famiglia eh. Ma perché,non vuoi farti vedere dai tuoi amici con la magliettina della nonna?- si aggiunse Cedric imitando una voce infantile mentre dava delle sberle sul braccio di Orube.
-Hei! Tu dovresti stare dalla mia parte!- esclamó lui facendo il finto offeso.
-Tranquillo,non sto dalla parte di nessuno. Lumien dovrá superare la sua paura,e questo lo sa perfettamente- rispose mettendo mostra della sua voce profonda. 
Ci si poteva facilmente perdere nella sua voce,e questo sarebbe stato molto utile in caso di scontri con i nemici. Sembrava quasi che ti ipnotizzasse,riuscendo a farti fare ció che lui voleva senza troppi problemi. 
Ma la cosa non era altrettanto facile per Lumien,che non avendo questa speciale caratteristica,era obbligato a vincere la sua paura. O almeno,a metterla da parte. 
Altrimenti non sarebbe mai diventato un bravo custode del suo potere,né in grado di potersi battere contro i Guerrieri del Buio. Sapersi muovere in altezza era fondamentale in caso di una battaglia ad Eraklyon. Questo Cedric lo sapeva benissimo,per questo aveva lanciato uno sguardo che a Lumien era bastato per capire cosa intendesse dire. 
-Dov'é Ralph?- chiese Caleb interrompendo il discorso dei tre amici.
-Non lo so,era arrivato con me,dev'essere rimasto al Pozzo- disse Lumien senza troppi particolari. Ralph era il suo migliore amico,sebbene fossero gli esatti opposti. 
Lui,cosí studioso e riservato.
Ralph,cosí ribelle e pieno di vita.
Ma forse era per questo che erano cosí amici; insieme si completavano. 
Insieme potevano sentirsi perfetti,un tuttuno di emozioni e di sentimenti.
Solo a lui Ralph aveva confessato che avrebbe voluto intraprendere l'avventura piú incredibile di tutti i tempi,a detta sua. 
Voleva attraversare il Pozzo e scendere sulla Terra. Avrebbe solo dovuto studiare bene il Pozzo e convincere i guardiani che fosse per una buona causa,in questo caso una giornata e avrebbero trovato un modo per tirarlo su. 
Lumien aveva insistito dicendogli che era una cosa troppo pericolosa. Se il Grande Capo lo avesse scoperto sarebbe finito in un mare di guai. 
Ma Ralph non aveva voluto sentire ragioni,rinfacciandogli che almeno lui avrebbe sentito il brivido dell'avventura. 
I ragazzi accorsero subito a vedere cosa stesse combinando l'amico. Le risposte vaghe di Lumien non erano mai un buon segno. 
-Ralph!- lo chiamó Caleb preoccupato nel non vederlo. -Ralph!- grido piú forte avvicinandosi al Pozzo. 
Fece il giro lungo la circonferenza e lo trovó inginocchiato ad esaminare alcune delle pietre che lo formavano. 
-Ralph! Che stai facendo?- urló dandogli uno spintone che lo fece cadere all'indietro gambe all'aria.
-Hei,calmo! Sto solo esaminando le pietre del pozzo- spiegó mostrandogli la lente d'ingrandimento con il contorno argentato.
-Venite,dovete sapere una cosa- sussurró,quasi fosse un segreto troppo importante da custodire,facendogli cenno di chiamare gli altri. 
Caleb richiamó l'attenzione degli altri,dicendogli di avvicinarsi a loro. 
Si sedettero in cerchio con le gambe incrociate,aspettando l'incredibile confessione di Ralph. 
-Ragazzi,andró sulla terra!- esclamó per poi fermarsi,come se aspettasse degli applausi o alcune domande. Ma non accadde,rimasero tutti ammutoliti a fissarlo,quasi scandalizzati. 

A Chicago la fila davanti alla scuola scorreva,restringendosi poco a poco.
In mezzo alla fila,una ragazza slanciata e snella,che portava i lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle,era appoggiata con la schiena contro parete bianco latte,mentre masticava rumorosamente una big bubble. Molta gente l'aveva guardata con diffidenza al suo arrivo per via dei pantaloncini neri poco piú che inguinali,la canotta lunga che le lasciava completamente scoperta la schiena e il trucco molto marcato: una spessa striscia di eyeliner nero scorreva sulle sue palpebre,rendendo gli occhi castani quasi neri. A completare l'opera c'erano lunghe ciglia finte e un rossetto rosso fuoco,in tinta con lo smalto laccato,che contrastavano con la sua carnagione bianca.
Una donna molto simile a lei di viso e fisicamente cercava inutilmente di farle indossare una felpa bianca,ma come risultato otteneva solo dei sonori sbuffi da parte della figlia. 
-Mercedes Rodriguez Lambré! Ti sembra questo il modo di comportarsi con tua madre?- sbottó la donna dopo invani tentativi.
-Non voglio indossare quella stupida felpetta- ribadí per l'ennesima volta la ragazza,gonfiando una bolla rosa in forte contrasto con il rossetto color fuoco. -E poi é bianca,che schifo- concluse scoppiandola.
-Preferisci questo? Tienilo,indosseró io la felpa- cercó di convincerla ancora la donna,porgendole il cardigan nero che aveva indosso e infilando la felpa nella borsa,anch'essa nera.
-Mamma,non sono piú una bambina- farfuglió mentre masticava ripetutamente la gomma nella parte destra della bocca. -É gia tanto che abbia accettato di indossare queste scarpe- ribatté indicando i Dr. Martens neri che aveva ai piedi. 
-Ci mancava anche che avessi indossato quelle cose formate da striscie di pelle incrociate che ti alzano di almeno venti centimetri che tu osi chiamare scarpe!- esclamó come se fosse la cosa piú sbagliata che esistesse al mondo. -Mechi,io non ti ho cresciuta cosí. Insomma guardati! Tanto valeva che tu fossi venuta svestita!- sbottó infine squadrandola da capo a piedi. 
-Non ti ho cresciuta cosí. Vallo a dire ai rumori molesti che provengono dalla stanza tua e di papá. Non voglio un altro fratellino per essere chiari- ribatté secca la ragazza,appoggiando un piede alla parete e spostando lo sguardo verso la fila per vedere a che punto fossero. -Per fortuna tra poco me ne andró da quella casa- aggiunse ammiccando un'occhiolino ad un ragazzo alto dagli occhi azzurri che stava entrando nell'istituto in quel momento. 
Sua madre preferí rimanere zitta. Non poteva piú ribattere,la figlia sarebbe andata avanti all'infinito. Mercedes non sopportava darla vinta. 
Ormai era complicato per lei e il marito tenerla a bada,ogni anno diventava sempre piú ribelle,si rifiutava di ascoltarli e stava in giro notte e giorno. Sembrava quasi fosse allergica alla sua casa,alla sua famiglia. 

All'ingresso del college,una ragazza oggettivamente molto bella,non troppo alta e dai profondi occhi verdi,stava aspettando in silenzio che sua madre finisse di parlare con un'amica trovata lí per caso. 
Guardandola da lontano poteva quasi sembrare un fantasma,non tanto per la carnagione chiara e le lentiggini poco marcate,ma per il suo sguardo perso. 
Osservava il mondo quà e la senza un particolare interesse,senza prestare attenzione a ció che le accadeva intorno. 
Ma non era sempre stata cosí. Da piccola era una bambina cosí allegra e spensierata. Ma tutto era cambiato con la morte della sorellina minore,Ilaria. 
Lodovica non era piú stata la stessa quando,all'etá di dieci anni,aveva visto con i suoi stessi occhi la sorellina venire investita da un camion che marciava decisamente troppo veloce.
Ora aveva sedici anni,ma la sua situazione non era cambiata nemmeno in uno dei giorni passati dall'incidente. 
Quella data era si tatuata nella sua testa senza che lo volesse,cosí come le immagini della tragedia e il rammarico. 
Rammarico e sensi di colpa la aggredivano ogni notte,corrodendole l'anima come se volessero farle pagare il fatto di non essersi buttata a salvare la sorellina. 
Avrebbe tanto voluto farlo,ma in quel momento il panico aveva preso il sopravvento,costringendola a rimanere con i piedi fissi sul marciapiede e i pugni serrati cosí forte da renderle le nocche bianche. 
Sua sorella aveva voluto attraversare la strada nonostante il semaforo fosse rosso,perché tanto,a detta sua,non sarebbe passata nessuna macchina. 
Lodovica,nonostante fosse poco piú di una bambina,aveva intuito che quella non era la cosa giusta da fare,anche se erano dieci minuti che aspettavano lo scatto della lucina verde davanti a loro.
Ilaria,che il mese successivo avrebbe dovuto compiere otto anni,si era messa ad urlare dicendo che era stanca di aspettare. Dopo l'ennesimo 'no' della sorella,decise di attraversare comunque la strada,ma quell'attimo fu fatale. 
Lodovica non aveva pianto,ma da quel giorno era come se fosse cresciuta di cinque anni; aveva iniziato a capire cose che prima non capiva,si era riempita di certezze e dubbi,buoni propositi e mollare tutto. 
Si era chiusa in se stessa,non voleva avere a che fare con il mondo che le aveva tolto la cosa piú importante che possedeva. 
Invano i suoi amici e la sua famiglia avevano provato a farla tornare quella di prima,lei non voleva esserlo. Non poteva essere felice quando il mondo le era crollato addosso. 
-Lodo,entriamo?- le chiese sua madre con un sorriso amorevole. Da quel giorno,aveva cercato di esserle piú vicina,di non farle mancare niente,per colmare almeno una parte di quel vuoto che era sicura non si sarebbe mai riempito. 
Questo lo sapeva benissimo,perché ogni volta che cercava di consolate Lodovica,le si formava un nodo in gola,probabilmente dettato dal non aver mai pianto per non far sentire la figlia peggio di come stesse.
-Andiamo- sussurrò Lodovica annuendo con la testa.

Dentro la scuola,invece,una ragazzina con uno shatush rosso sui lunghi capelli castani attorcigliava continuamente su se stessa una ciocca,su e giu all'infinito,mentre si alzava in punta di piedi ripetutamente per vedere tra quanto sarebbe toccato a lei.
Accanto a lei un uomo sulla quarantina controllava messaggi ed e-mail di lavoro sul suo piccolo tablet nero,senza prestare particolare attenzione all'ansia della figlia. 
-Martina,quanto manca?- le chiese dopo un pò senza alzare lo sguardo dallo schermo che,a detta di Martina,avrebbe potuto accecarlo dalla luce che emanava. 
-Due persone e tocca a noi!- esclamò felice. 
Aveva sedici anni,ma poteva essere considerata una bambina alla scoperta del mondo. 
Aveva sempre frequentato scuole private,professori che si dedicavano soltanto a lei e al gruppetto di persone che componevano la sua classe,era stata abituata alle uscite in famiglia per visitare i clienti di suo padre. 
Ma lei,la vera lei non era quella. La vera lei era una ragazzina piena di vita,alla ricerca di nuove avventure,forse un pò ribelle quando era determinata a compiere quello che voleva. 
Era sempre stata diversa da quello che la gente si aspettava da una ragazza da scuola privata,a partire dai capelli che aveva colorato un sacco di volte,i vestiti particolari e le scarpe indiscutibilmente rialzate. 
Era piuttosto minuta,ma slanciata,il che la rendeva molto particolare. 
Aveva insistito tanto per poter entrare in quel college,anche suscitando reazioni stranite e un pò preoccupate dei genitori. 
Non avevano mai lasciato la figlia in mezzo a tanta gente,ma soprattutto non sapevano come avrebbe potuto gestirsi a vivere con altri ragazzi per quattro anni! 
Ma Martina aveva insistito tanto,era decisa ad ottenere un posto lì dentro e non si sarebbe fermata finchè non l'avesse ottenuto.
E,come al solito,i genitori acconsentirono. Forse,pensavano,erano preoccupati per niente. La scuola era una delle migliori,i professori l'avrebbero aiutata. 
E poi,non potevano deludere la figlia. La amavano più di qualsiasi cosa al mondo,non le avevano mai fatto mancare niente. Forse proprio per questo Martina aveva sviluppato questo carattere deciso. Sapeva che mettendo un pò il broncio avrebbe ottenuto tutto. 

Qualche ora dopo,le iscrizioni di quel giorno terminarono. Rimaneva ancora una settimana per iscriversi,dopo di che,le casette dietro all'edificio si sarebbero riempite di coinquilini per una nuova annata scolastica. 


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Buongiorno a todos! 
Eccomi quì con una nuova ff! Scusate se non ho ancora aggiornato con Amore da prima pagina,ma avevo in mente questa e ho preferito scriverla e lasciare indietro l'altra.
Che dire,avevo sognato una cosa simile,perciò ho deciso di rivoltare un pò le cose e inventare una storia. Spero di non aver avuto una cattiva idea :3
È la prima volta che scrivo una ff di questo genere,come avrete notato se avete letto le mie vecchie storie. 
Spero che continui come la ho in testa,ma ora iniziamo a dare un pò di spiegazioni. 
Caleb,Cedric,Lumien,Ralph e Orube... Nomi sconosciuti eh!
Ma keep calm,non sostituiranno i nostri ragazzi,anzi,come magari avrete notato dalle descrizioni,sono proprio loro,ma con un'identità da Eraklyoniani. 
A chi corrisponderanno secondo voi? 
Eraklyon,un posto senza spazio e senza tempo nell'esatto centro dell'infinito. 
Beh,ho pensato a questo posto come un luogo limpido,puro. Beh,si trova sulle nuvole,direi che è così che debba essere. 
Si parla dei Guerrieri del Buio,ma per ora di loro non si sa quasi niente... Capirete più avanti di che si tratta,anche se in questo capitolo si ha già una loro introduzione.
Ma passiamo alla vita terrena,dove vediamo le nostre protagoniste alle prese con le loro famiglie durante la fila per l'iscrizione al college. 
Come avrete notato,ognuna ha una situazione un pò particolare. 
Questo è un capitolo introduttivo,perciò non si hanno molte azioni,ma spero sia bastato per entrare un pò nell'ottica dei personaggi,che sono completamente diversi dalla realtà. 
Ditemi che ne pensate,spero che vi sia piaciuto almeno un pò,e che mi abbiate trovata migliorata rispetto al solito. 
Ah,dimenticavo,tra una settimana parto per il mare,perciò temo che dovrete aspettare fine Agosto o Settembre per un aggiornamento sia in questa ff che nell'altra.
Besoos <33

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Capitolo 2
*** Avviso ***


Buonasera a tutti! 
Scusate se avendo aperto la storia non avete trovato il capitolo,ma come avevo detto nello scorso capitolo non avrei aggiornato prima degli ultimi di agosto. 
Ho provato a scrivere qualcosa,ma in questi giorni non ho avuto tempo,visto che sto preparando tutto per la partenza e il capitolo é neanche a metá,perció sono stata costretta a mettere questo avviso.
Ne approfitto per ringraziare tutte quelle che hanno recensito lo scorso capitolo,sono contenta che vi sia piaciuto :3 
Che dire,non mi piace lasciare in sospeso per cosí tanto tempo una ff appena iniziata,sicuramente avrei potuto scriverla appena tornata dal mare,ma avevo cosí tante idee in testa che non potevo lasciarle scappare. 
Per farmi perdonare vi lascio una piccola parte del secondo capitolo: 


Pochi minuti dopo,la campanella squilló forte tre volte,per attirare l'attezione del pubblico immenso che si trovava nel cortile.
Dalla porta in vetro scuro ne uscí una donna tarchiata con indosso un paio di occhiali da vista rossi e molto stretti. 
Subito dopo di lei si avvicinarono due uomini,probabilmente dei professori,o i vice preside. 
Dopo essere riuscita ad ottenere un pó di silenzio,la donna si schiarí la voce e inizió a parlare: -Buongiorno a tutti ragazzi,e benvenuti!- si fermó un momento,mentre gli studenti e i familiari rimasti applaudirono,alcuni emisero dei sonori fischi per poi mettersi a ridere sfacciatamente. -Io,la vostra preside,e tutti i professori siamo lieti di accogliervi in quella che sará la vostra scuola e la vostra casa,vi prometto che vi troverete perfettamente,non vi faremo mancare nulla!-
Alba incroció le braccia e sbuffó. La voce della preside le ricordava tanto quella della matrigna,cosí come quei falsi modi gentili e le mille promesse che non avrebbe mai rispettato. 
-Tra poco potrete prendere posto negli appartamenti,che come sapete dovrete condividere con altri studenti scelti a estrazione. Abbiamo cercato di distribuire nelle casette ragazzi e ragazze,per permettere di relazionare con entrambi i sessi,ma purtroppo una casetta non é stata riempita,perció Rico,Stoessel,Lambré,Comello e Molfese vivranno da sole nello stesso appartamento. Mi scuso per il disturbo- 
Mercedes si alzó di scatto dalla panchina con un'espressione preoccupata: avrebbe dovuto vivere senza ragazzi! Ma lei aveva giá programmato tutto,pensava che almeno uno,o tutti e cinque sarebbero riusciti a cadere ai suoi piedi,che le avrebbero regalato notti favolose tra le quattro mura della loro camera o nel bel mezzo della pista da ballo di una discoteca. Invece no. Doveva cambiare casetta al piú presto. 
-Bene ragazzi,oggi é il primo giorno e non assisterete a nessuna lezione,in modo che possiate sistemare le vostre cose e ambientarvi con gli altri studenti. Potete uscire,ma solamente nel giardino,non si esce dalla cancellata,é chiaro?- chiese quasi minacciosa osservando uno ad uno i visi che si trovavano davanti a lei. -Bene,dopo questo siete invitati ad andare in reception per avere le chiavi della vostra casetta. Auguro ancora a tutti una buona giornata!- concluse tramutando la sua espressione seria in un sorriso quasi amorevole. Gli studenti applaudirono,poi la preside tornó dentro la scuola,scortata dai due professori. 

Dopo aver avuto le sue chiavi,Martina cercó il suo appartamento camminando lungo la stradina sulla quale erano affacciate tante deliziose casette rosse. 
Un colore molto allegro per appartenere ad una scuola,pensó la ragazza. 
Arrivata alla fine del vicolo,scorse il numero corrispondente a quello scritto sulla chiave sull'ultima casa a destra. 
Si avvicinó timorosa e infiló la chiave nella serratura,la fece girare due volte e dopo uno scatto la porta si aprí. 
Martina ripose le chiavi nella borsa e fece un passo,titubante,entrando solo con metá corpo. Tutte le tapparelle erano abbassate,perció l'unica luce che entrava era quella della porta,che lasciava intravedere un piccolo salottino e alcuni divani. 
Si decise ad entrare e appostó le valigie accanto all'entrata. 
Subito dopo saltelló fino alla finestra in fondo alla stanza e alzó le tapparelle,che emisero un leggero stridio. Probabilmente perché erano rimaste ferme tutta l'estate,pensó la ragazzina.
Finalmente la luce della splendida giornata soleggiata illuminó il salotto,che si riveló non essere poi cosí piccolo. 
C'erano tre divanetti rossi,uno accanto all'altro,formando un semicerchio. Appesa alla parete bianca c'era una televisione al plasma e negli angoli si trovavano nelle poltroncine verdi.
-Hei,questa scuola é ben dotata!- esclamó Martina,come per convincere sé stessa che tutto questo fosse vero. Insomma,trovarsi nella scuola dei suoi sogni,stare nella casetta in cui avrebbe vissuto per anni. Non poteva desiderare di meglio! 
Si accorse di aver lasciato la porta aperta,perció corse a chiuderla,ma si trovó faccia a faccia con una ragazza dai lisci capelli neri.
-Oh,scusami,non ti avevo vista- si scusó la nuova arrivata abbassando il capo e rendendo oggetto di grande attenzione la punta delle scarpe,mentre spostava il peso avanti e indietro ripetutamente. 
-Tranquilla... Beh,entra pure- la invitó Martina un pó impacciata. Non sapeva come comportarsi con la ragazza dai profondi occhi verdi,che sembravano scavarle l'anima,come se la svestissero completamente per esaminare la vera lei. 
-Immagino che tu vivrai quí,come ti chiami?- le chiese mentre si chiudeva la porta dietro le spalle. 
-Lodovica- rispose la ragazza a bassa voce. -Tu?- aggiunse alzando lo sguardo verso la coinquilina. -Io sono Martina,molto piacere!- disse la ragazzina dai capelli rossi tendendole una mano. Lodovica la strinse con la sua,per poi tornare ad appoggiarla sul manico del trolley blu mentre si guardava intorno per scovare il corridoio che portasse alle camere da letto. 
Martina sembró intendere quello che la ragazza volesse,perció raggiunse una porta in legno chiaro e la aprí. -Le stanze devono essere quí- intese rivolgendo un sorriso nervoso a Lodovica,che si limitó ad annuire e a trascinare dietro di sé la valigia fino alla prima camera a sinistra della porta. 

Detto questo,spero che mi perdonerete,e buone vacanze a tutti! Besoos<33

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


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CAPITOLO 2

-Cosa vorresti dire con "Andró sulla Terra"?- riuscí a chiedere Caleb in un sussurro. 
Era impallidito dopo quella dichiarazione. Tra tutti i divieti presenti ad Eraklyon,quello sarebbe stato il piú pericoloso da infrangere. 
-Intendo che andró sulla Terra. Nel senso letterale della frase. Scenderó dal Pozzo- spiegó Ralph con un sorriso dando una pacca alle pietre del Pozzo accanto a lui. 
-M-ma se ti scopriranno andrai incontro a conseguenze drammatiche! Un giorno arriverá il tuo ruolo da Paladino,andrai in quel caso sulla Terra! Hai un potere molto forte,ti sceglieranno di sicuro- tentó di rassicurarlo Lumien,anche se era sicuro che smuovere il suo amico non sarebbe stato per niente facile. 
Ralph si limitó a fare una smorfia scocciata e si voltó verso gli amici -E voi? Non avete altro da dire?- chiese fissandoli attentamente uno ad uno. 
Poteva vedere nei loro occhi preoccupazione,molta preoccupazione. In alcuni un pizzico di ansia,forse compassione. Ma non in quelli di Lumien. D'altronde,lui sapeva giá tutto,lo aveva giá avvertito e aveva ricevuto una brutta risposta: ormai si era arreso. Se c'era qualcosa che proprio non riusciva a fare era vincere contro Ralph. 
-No no,tu non lo puoi fare,non ne hai il coraggio- sbottó Orube dopo qualche minuto,lanciando uno sguardo beffardo a Ralph. 
Subito Cedric gli lanció un'occhiataccia,seguita da uno spintone di Lumien. Loro sapevano perfettamente che Ralph di coraggio ne aveva,e anche tanto. 
Non si sarebbe lasciato spaventare da due parole messe lí a caso. Era una buona caratteristica in caso di lotte,ma questo lo rendeva fin troppo sicuro di se,di arrivare in punti che non poteva ancora raggiungere.
-Non ho coraggio eh?- disse Ralph con un sorrisetto -Vogliamo scommettere?- chiese alzandosi in piedi e tendendo una mano a Orube.
Gli amici si affrettarono ad urlare dei 'no' soffocati,ma cosí non fece Orube,che si alzó e afferró la mano dell'amico,stringendola forte -Ci sto- annunció con sguardo di sfida. 
-Ragazzi!- gridó Cedric mettendosi in mezzo a loro -Quí si sta parlando di una cosa seria! Eddai,scommettete su qualsiasi cosa vogliate,ma andare sulla Terra! Vi rendete conto di cosa state parlando?- disse dividendo le mani dei due,esasperato. 
Caleb e Lumien annuirono con il capo,alzandosi in piedi e posizionandosi dietro di lui. 
Lumien allentó la presa e lasció cadere la mano lungo il fianco,cosí come Ralph,ma né l'uno né l'altro rinunciarono al loro sguardo di sfida,fisso negli occhi dell'altro. 
Caleb mise un braccio intorno al collo di Orube e lo spinse verso la parte destra della nuvola,accompagnato da Cedric,invece Lumien afferró un braccio a Ralph e lo trascinó dalla parte opposta. Dovevano farli ragionare per farli tornare alla realtá. Dovevano essere responsabili se volevano essere dei buoni Paladini del loro Regno,un giorno. Solo cosí avrebbero potuto andare davvero sulla Terra,non con delle scommesse da ragazzini immaturi. 

Una settimana dopo,le iscrizioni erano terminate e il grande college di Chicago era pronto ad accogliere i nuovi studenti. 
Il cortile circolare davanti all'edificio brulicava di studenti accompagnati dalle famiglie,che cercavano di stare il piú possibile con i figli prima di dover andarsene. Da lí in poi non li avrebbero piú rivisti per un anno intero,cosa positiva per alcuni,ma per altri al contrario molto dolorosa. 
Candelaria era giá davanti al portone,in testa a tutti gli altri,agitata e felice mentre sua madre tentava in tutti i modi di trattenerla accanto a sé per poterla abbracciare l'ultima volta. Ma Cande quasi non la degnava di uno sguardo,se non per chiederle se non avessero dimenticato niente nelle tre enormi valigie che si trovavano dietro di lei. 
Suo padre non aveva potuto accompagnarla a causa del lavoro,ma la sera prima l'aveva riempita di precauzioni e consigli per la nuova scuola,assicurandosi che non avrebbe dimenticato le buone maniere e che si sarebbe comportata bene con i suoi coinquilini. Il tutto era finito con uno sbuffo della rossa e un abbraccio paterno pieno di affetto,quello che mai aveva ricevuto in maniera diretta dalla madre.
Accanto all'entrata Alba stava salutando il padre,la matrigna e i suoi due figli,uno di dieci e l'altro di diciott'anni. 
Abbracció forte il padre,stampandogli un bacio sulla guancia,poi si spostó davanti alla donna e le rivolse uno sguardo soddisfatto: finalmente non avrebbe piú vissuto con lei,né con i suoi altamente fastidiosi figli. Riuscivano solo a farle salire il nervosismo fin sopra ai capelli. Li odiava,e non aveva paura di ammetterlo.
Odiava la famiglia che si era unita alla sua,odiava la parte di suo padre che aveva accettato di sposare quella donna,che dal primo secondo in cui era entrata in quella casa aveva voluto eliminarla. 
Ma ovviamente,lei davanti a suo padre faceva finta di nulla,la riempiva di attenzioni e affetto che non avrebbe mai dedicato neanche ai suoi figli. 
La matrigna la abbracció freddamente,ma la Alba non ricambió,ricevendo di conseguenza lo sguardo di disapprovazione del padre. 
Il fratello minore le corse incontro e la salutó con un bacio che a detta di Alba era solo un miscuglio di labbra e saliva. Il maggiore invece le schioccó un occhiolino e un "Buona fortuna",per poi tornare con gli occhi fissi sul cellulare e scrivere alla fidanzata.
Alba afferró i manici delle due valigie che aveva con sé,sistemó la borsa a tracolla e camminó fino all'entrata della scuola.
Invece,accanto al bar del college,Mercedes era sdraiata su una panchina,con la testa poggiata sulle gambe di un ragazzo dai capelli fin troppo neri,sicuramente tinti.
In piedi accanto a lei c'erano i genitori,che tenevano ben strette le valigie della figlia,osservando con disapprovazione le effusioni che scambiava con il ragazzo. 
Mercedes non si creava troppi problemi nel riferire loro di essersi fidanzata,né di annunciare che aveva mollato l'ennesimo ragazzo. 
Giá,aver mollato,perché non era mai lei ad essere lasciata. 
Dopo l'ennesimo e appassionato bacio d'addio,il ragazzo riferí che avrebbe dovuto andare a scuola,e che si sarebbero rivisti presto nel giorno libero della ragazza. 
Mechi gli scompiglió i capelli mentre il ragazzo le stampava un bacio sul collo,prima di avviarsi verso l'uscita facendo uno slalom tra la gente. 
Nella parte opposta del cortile,Martina saltellava qua e la attendendo impaziente il suono della campanella. Finalmente si sarebbe liberata una volta per tutte della sua vita monotona e perfetta,per immergersi nelle avventure che sempre aveva sognato. 
I genitori tentavano di calmarla,ma lei non aveva intenzione di mettersi seduta come sempre le avevano insegnato,e aspettare pazientemente l'uscita della preside. 
Accanto alla palestra,situata nella parte opposta del cortile,la madre di Lodovica teneva la figlia stretta a sé,quasi timorosa di quello che sarebbe potuto succederle in quella scuola. Lei,che era cosí piccola e fragile,come avrebbe potuto vivere per cosí tanto tempo con nove coinquilini? 
Ma aveva capito che forse quello era l'unico modo per riuscire a farla aprire,doveva cambiare aria,cambiare amicizie,ma soprattutto,allontanarsi dalla casa che conteneva il passato che tanto la faceva stare male. 

Pochi minuti dopo,la campanella squilló forte tre volte,per attirare l'attezione del pubblico immenso che si trovava nel cortile.
Dalla porta in vetro scuro ne uscí una donna tarchiata con indosso un paio di occhiali da vista rossi e molto stretti. 
Subito dopo di lei si avvicinarono due uomini,probabilmente dei professori,o i vice preside. 
Dopo essere riuscita ad ottenere un pó di silenzio,la donna si schiarí la voce e inizió a parlare: -Buongiorno a tutti ragazzi,e benvenuti!- si fermó un momento,mentre gli studenti e i familiari rimasti applaudirono,alcuni emisero dei sonori fischi per poi mettersi a ridere sfacciatamente. -Io,la vostra preside,e tutti i professori siamo lieti di accogliervi in quella che sará la vostra scuola e la vostra casa,vi prometto che vi troverete perfettamente,non vi faremo mancare nulla!-
Alba incroció le braccia e sbuffó. La voce della preside le ricordava tanto quella della matrigna,cosí come quei falsi modi gentili e le mille promesse che non avrebbe mai rispettato. 
-Tra poco potrete prendere posto negli appartamenti,che come sapete dovrete condividere con altri studenti scelti a estrazione. Abbiamo cercato di distribuire nelle casette ragazzi e ragazze,per permettere di relazionare con entrambi i sessi,ma purtroppo una casetta non é stata riempita,perció Rico,Stoessel,Lambré,Comello e Molfese vivranno da sole nello stesso appartamento. Mi scuso per il disturbo- 
Mercedes si alzó di scatto dalla panchina con un'espressione preoccupata: avrebbe dovuto vivere senza ragazzi! Ma lei aveva giá programmato tutto,pensava che almeno uno,o tutti e cinque sarebbero riusciti a cadere ai suoi piedi,che le avrebbero regalato notti favolose tra le quattro mura della loro camera o nel bel mezzo della pista da ballo di una discoteca. Invece no. Doveva cambiare casetta al piú presto. 
-Bene ragazzi,oggi é il primo giorno e non assisterete a nessuna lezione,in modo che possiate sistemare le vostre cose e ambientarvi con gli altri studenti. Potete uscire,ma solamente nel giardino,non si esce dalla cancellata,é chiaro?- chiese quasi minacciosa osservando uno ad uno i visi che si trovavano davanti a lei. -Bene,dopo questo siete invitati ad andare in reception per avere le chiavi della vostra casetta. Auguro ancora a tutti una buona giornata!- concluse tramutando la sua espressione seria in un sorriso quasi amorevole. Gli studenti applaudirono,poi la preside tornó dentro la scuola,scortata dai due professori. 

Dopo aver avuto le sue chiavi,Martina cercó il suo appartamento camminando lungo la stradina sulla quale erano affacciate tante deliziose casette rosse. 
Un colore molto allegro per appartenere ad una scuola,pensó la ragazza. 
Arrivata alla fine del vicolo,scorse il numero corrispondente a quello scritto sulla chiave sull'ultima casa a destra. 
Si avvicinó timorosa e infiló la chiave nella serratura,la fece girare due volte e dopo uno scatto la porta si aprí. 
Martina ripose le chiavi nella borsa e fece un passo,titubante,entrando solo con metá corpo. Tutte le tapparelle erano abbassate,perció l'unica luce che entrava era quella della porta,che lasciava intravedere un piccolo salottino e alcuni divani. 
Si decise ad entrare e appostó le valigie accanto all'entrata. 
Subito dopo saltelló fino alla finestra in fondo alla stanza e alzó le tapparelle,che emisero un leggero stridio. Probabilmente perché erano rimaste ferme tutta l'estate,pensó la ragazzina.
Finalmente la luce della splendida giornata soleggiata illuminó il salotto,che si riveló non essere poi cosí piccolo. 
C'erano tre divanetti rossi,uno accanto all'altro,formando un semicerchio. Appesa alla parete bianca c'era una televisione al plasma e negli angoli si trovavano nelle poltroncine verdi.
-Hei,questa scuola é ben dotata!- esclamó Martina,come per convincere sé stessa che tutto questo fosse vero. Insomma,trovarsi nella scuola dei suoi sogni,stare nella casetta in cui avrebbe vissuto per anni. Non poteva desiderare di meglio! 
Si accorse di aver lasciato la porta aperta,perció corse a chiuderla,ma si trovó faccia a faccia con una ragazza dai lisci capelli neri.
-Oh,scusami,non ti avevo vista- si scusó la nuova arrivata abbassando il capo e rendendo oggetto di grande attenzione la punta delle scarpe,mentre spostava il peso avanti e indietro ripetutamente. 
-Tranquilla... Beh,entra pure- la invitó Martina un pó impacciata. Non sapeva come comportarsi con la ragazza dai profondi occhi verdi,che sembravano scavarle l'anima,come se la svestissero completamente per esaminare la vera lei. 
-Immagino che tu vivrai quí,come ti chiami?- le chiese mentre si chiudeva la porta dietro le spalle. 
-Lodovica- rispose la ragazza a bassa voce. -Tu?- aggiunse alzando lo sguardo verso la coinquilina. -Io sono Martina,molto piacere!- disse la ragazzina dai capelli rossi tendendole una mano. Lodovica la strinse con la sua,per poi tornare ad appoggiarla sul manico del trolley blu mentre si guardava intorno per scovare il corridoio che portasse alle camere da letto. 
Martina sembró intendere quello che la ragazza volesse,perció raggiunse una porta in legno chiaro e la aprí. -Le stanze devono essere quí- intese rivolgendo un sorriso nervoso a Lodovica,che si limitó ad annuire e a trascinare dietro di sé la valigia fino alla prima camera a sinistra della porta. 
Martina la seguí. La stanza non era il massimo che si poteva aspettare: pareti bianco latte,un letto a castello appoggiato alla parete destra,affiancato da una piccola scrivania di legno colorato di blu. Appoggiato all'altra parete si trovava un letto a una piazza e mezza,rivestito da una coperta bianca e gialla,cosí come quelli a castello.
A sinistra della porta c'era un armadio in mogano,abbastanza spazioso per una persona,sicuramente troppo piccolo per tre.
Martina aspettó che Lodovica scegliesse dove sistemarsi,ma la ragazza continuava a fissare le piastrelle bianche e grigie del pavimento,forse aspettandosi lo stesso dalla coinquilina.
-Ehm,dove vuoi metterti?- chiese infine Martina,scocciata da quel silenzio che non avrebbe portato a nulla,a meno che studiare ogni movimento dell'altra fosse stata l'attivitá del giorno.
La ragazza dai capelli corvini fece cenno all'altra di scegliere,perció Martina si limitó a stendersi sul letto piú basso di quelli a castello,domandando a Lodovica se andasse bene cosí. La ragazza fece cenno di sí e appoggió la borsa blu sul letto alto. 
Quando era piccola,aveva paura del letto in alto,per questo l'aveva lasciato alla sorrllina,che al contrario suo amava gli spazi alti. Le sembrava di volare,confessava sempre alla sorella maggiore alla sera,quando dicevano alla madre che sarebbero andate a dormire,e invece parlavano fino a notte fonda di quello che era successo durante il giorno,dei loro pensieri e desideri,facendo attenzione a sussurrare per non essere scoperte ancora sveglie.
Da quando la piccola Ilaria non c'era piú,Lodovica aveva preso il suo posto nel letto alto che tanto temeva,per potersi sentire piú vicina a lei,seppur non sentendo la sua vocina parlarle del piú e del meno la notte,quando ormai era tanto stanca da voler finalmente addormentarsi profondamente.

Dopo essere finalmente riuscita ad avere le chiavi della propria abitazione,Candelaria uscí dall'istituto cercando di schivare gli spintoni che la maggior parte dei ragazzi le davano per uscire per primi. Afferró le valigie che aveva lasciato fuori dalla porta,controlló che ci fosse tutto e si incamminó verso la stradina che portava alle casette.
Chissá dove sarebbe capitata,si domandava mentre i lunghi capelli rossi le volavano davanti al viso,spinti dal venticello leggero della giornata di fine estate.
Candelaria era curiosa della nuova scuola,delle mille materie nuove che si sarebbe trovata ad affrontare,scoprendo nuovi punti forti ed altrettanti punti deboli da migliorare. Era curiosa di come i professori l'avrebbero istruita,e ancora di piú lo era pensando a cosa avrebbero fatto quando sarebbe stata lei a correggerli,dimostrando le sue capacitá. Adorava dimostrare che sapeva piú di loro,che passava pomeriggi interi a studiare materie in piú per arrivare a livelli piú alti. Ma lei voleva arrivare alla perfezione. Forse ne era ossessionata,ma era piú forte di lei,non poteva resistere a questa tentazione. 
Arrivata alla fine del vialetto,cercó con lo sguardo il numero corrispondente a quello della chiave e camminó fino alla casetta. 
Spinse la maniglia per controllare se non fosse giá aperta; la porta si aprí,perció ci si infiló dentro insieme alle sue valigie e la richiuse dietro di lei. 
-C'é qualcuno?- chiese,incerta sul da farsi. Ecco,quello che non la attirava neanche un pó era il fatto di vivere con altre persone. 
Non era mai stata molto aperta con gente svogliata; di amici ne aveva,non molti,ma condivideva con loro le stesse passioni per la scienza e l'equitazione. 
Amava cavalcare,sin da quando suo padre,durante il suo quinto compleanno,le aveva comprato un pony. Inizialmente per lei era solo un animale a cui dedicare tutte le sue attenzioni,ma una volta scoperto il maneggio e tutti gli abitanti che ci vivevano,aveva iniziato a cavalcare,fino a rendere l'attivitá indispensabile per lei. Fece pochi passi nel corridoio che portava al salotto,in attesa dell'arrivo di qualcuno. Aveva intuito che non era sola dalla porta giá aperta,e infatti con un puntualismo perfetto,vide avvicinarsi una ragazza.
-Ciao- esclamó questa,tendendo una mano per salutarla. -Mi chiamo Martina- aggiunse con un sorriso.
-Candelaria- si limitó a rispondere la rossa freddamente,ricambiando la stretta di mano. Quella ragazza le pareva giá troppo entusiasta. E quindi non adatta a lei.
Detto questo,si diresse verso una camera,sotto lo sguardo sconcertato di Martina.

Alba aveva presto raggiunto il vialetto che portava alla sua casa,e ancora piú in fretta aveva trascinato le valigie al suo interno. 
Una volta entrata,si era limitata a percorrere il corridoio che portava all'ultima camera in fondo senza fare rumore,in modo da non essere sentita dalle ragazze che giá si trovavano dentro.
Incontare nuova gente era l'unica cosa che non avrebbe ma scritto nella sua lista delle cose da fare nella nuova scuola. Se solo ne avesse avuta una. 
Sapeva che se avesse trovato della gente e fosse diventata loro amica,tutte avrebbero iniziato quelle cose da compagne felici,tipo raccontarsi segreti,guardare film avvolte da coperte e pigiami color pastello ed essere vittime di frasette dolci riferite a ragazzi anche solo dopo averci parlato una volta. 
Odiava questo genere di rapporto. Se doveva avere amici,preferiva fossero come lei. Che non pensassero solo alle cose superficiali. Voleva persone reali,che capissero i suoi ragionamenti,alle volte talmente complicati che neppure lei riusciva a comprendere. Gente vera,che pensasse alle cose davvero importanti. 
Stava aprendo la valigia nera appoggiata sul letto singolo perfettamente identico a quello delle altre stanze,quando vide entrare una ragazza bionda e molto alta grazie ai tacchi vertiginosi che indossava. 
Fece roteare gli occhi dopo aver capito di che razza di persona di doveva trattare.
Portamento elegante e sicuro di sé,forse anche troppo,vista la minigonna in pelle nera e il top dello stesso colore,che la copriva giusto fino all'altezza dell'ombelico,coperto da un piercing argentato. 
-Perfetto,sono capitata in camera con la puttanella della casa- annunció avvicinandosi a lei -Senti carina,se vuoi rimanere quí senza avere problemi non toccare le mie cose,mantieniti alla larga da me e dalla mia parte di camera e non rivolgermi la parola,nemmeno per farmi partecipare ad uno dei giochetti che sono alquanto sicura inventerai in questa casa,o comunque in questa scuola. Conosco le tipe come te,le uniche cose che ti importano sono ragazzi e sesso,giusto? Bene,i miei interessi non sono neanche lontanamente simili- concluse tornando ad inginocchiarsi accanto alla sua valigia per togliere i vestiti piegati distrattamente e appoggiarli sul letto.
La bionda,che quel giorno aveva sfoggiato lunghe extencion che le ricadevano morbide sulle spalle,scosse la testa facendole ondeggiare,poi si avvicinó alla mora camminando sui tacchi in maniera cosí disinvolta che non sembrava nemmeno li avesse indosso. D'altronde,ci era abituata. 
-Ascolta,'carina'- inizió cercando di imitare il tono di voce della ragazza,storpiando cosí la voce in un ghigno fastidioso. -Credo che tu abbia capito che tipo di persona io sia,perció dovresti anche sapere che non sono pronta ad ascoltare nessuna delle tue parole- spiegó sfoggiando un sorriso ironico,seguito da uno sbuffo scocciato dell'altra. 
Mercedes poggió la valigia su uno dei tre letti rimasti,quello accanto ad Alba,e senza aggiungere altro riprese a muovere le gambe sottili,facendo oscillare le anche qua e la in modo sin troppo sensuale,a parere della riccia.

Ormai ad Eraklyon era sera,il sole era scomparso come al solito dietro alla nuvola del Pozzo,per correre ad illuminare altri posti sconosciuti agli abitanti di quel Regno. 
Caleb,Cedric,Lumien,Orube e Ralph si trovavano nel locale piú in voga di Eraklyon,il Kadma. 
Al suo interno c'erano una sala giochi,un piccolo bar e un locale adibito a discoteca: non era niente di che,ma gli abitanti di Eraklyon ne andavano pazzi. 
I ragazzi erano tutti seduti sulle morbide poltroncine colorate nell'area che separava il bar dalla sala giochi. Ralph era appena andato a comprare delle strane bibite verdi,con un sapore simile alla menta mischiata ad uno speciale ingrediente del loro mondo. Si diceva fosse ricavato da una sorgente di una piccola nuvoletta ai margini del Regno,ma nessuno ne sapeva molto,perché veniva assolutamente tenuto segreto. A quanto sapeva,sulla Terra non esistevano,perció se un giorno sarebbe dovuto scendere laggiú,sicuramente ne avrebbe fatto una scorta.
Era una normalissma serata tra ragazzi. In quel periodo la scuola non era ancora iniziata nel Regno,perció si stavano godendo le ultime serate libere,come d'altronde avevano fatto tutta estate. 
Un pó ne erano annoiati; ad Eraklyon non c'era molto da fare,alla fine ci si ritrovava a ripetere ininterrottamente la solita routine. 
Ralph e Orube continuavano ad essere in competizione,ormai erano giorni che continuavano cosí. Gli amici erano stanchi,ma anche incuriositi da quella situazione. Da una parte,non vedevano l'ora di scoprire cos'avrebbero fatto quando si sarebbero stancati di lanciarsi occhiatine ghiacciate,piene di sfida.
Ma dall'altra erano preoccupati. Né uno,né l'altro erano tipi che si arrendevano,abrebbero potuto arrivare a fare di tutto pur di battere l'altro. 

Era quasi mezzanotte,quando Ralph ricevette un messaggio dal Grande Capo. 
Ralph aveva un potere speciale,che gli dava la possibilitá di comunicare tramite telepatia,ma soprattutto di individuare il male o oggetti maligni nelle vicinanze. Ma non era un potere del tutto positivo: era utile,sí,peró si manifestava con forti mal di testa,che Ralph non riusciva minimamente a sopportare. Con il tempo aveva imparato a controllare la telepatia,che non gli dava piú alcun problema,ma l'altra parte del suo potere lo metteva ancora un pó in difficoltá. Per fortuna ora non gli capitava spesso di usarlo. 
-Ragazzi,mi ha appena contattato Ezequiel,dobbiamo correre da lui!- esclamó dopo aver ascoltato con attenzione la voce ferma del Grande Capo,che aveva parlato diversamente dal solito. Non aveva quel tono di voce preoccupato,che era solito utilizzare in caso di attacchi,o incendi,o comunque situazioni di particolare importanza. Ma non aveva neppure il tono allegro e soddisfatto che usava durante gli eventi del Regno,o per complimentarsi con qualche cittadino per aver svolto le missioni a lui assegnate. Questa volta aveva usato un tono che non ammetteva repliche; dovevano assolutamente raggiungerlo. 

Dopo circa dieci minuti di corsa,i cinque ragazzi riuscirono ad arrivare davanti all'enorme palazzo che ospitava la casa del Grande Capo.
Il Grande Capo era una specie di sindaco,che si occupava degli affari del Regno aiutato da un gruppo di saggi,come nel governo delle comuni cittá terrestri. 
A lui non piaceva essere considerato come l'essere supremo di Eraklyon,per questo si faceva chiamare da tutti con il suo vero nome: Ezequiel. 
Certo,da tutti tranne che dai carcerati. 
Ma in fondo,tutti i cittadini sapevano che a quell'uomo piaceva sentirsi importante,anche se non l'avrebbe mai ammesso. E non importante nel senso che volesse diventare un dittatore e rinchiudere tutti gli Eraklyoniani dentro a strette e fastidiose regole. No,lui semplicemente si sentiva come un bambino che viene riempito di attenzioni durante la sua festa di compleanno. 
Per questo agli Eraklyoniani piaceva. 
Cedric bussó tre volte all'immenso portone azzurro e bianco,proprio come la nuvola. Sapeva che quello era il segnale per far capire al Grande Capo che qualcuno era atteso da lui. C'erano una serie di battiti,ognuno significava una determinata cosa.
Dopo pochi secondi,la porta venne spalancata da uno degli assistenti di Ezequiel,che fece cenno di entrare ai giovani Eraklyoniani.
Loro lo seguirono dentro,mentre un'altro assistente chiudeva accuratamente il portone. 
Non capitava spesso di essere attesi a palazzo,perció doveva essere successo qualcosa di veramente importante,pensava Lumien mentre osservava qua e la gli immensi dettagli della reggia. Ogni cosa era bianca o in ognuna delle tonalitá dell'azzurro,che sembrava essere caduto su ogni cosa ricoprendola a volte in modo sgargiante e allegro,altre volte piú spento e cupo. 
Dopo poco tempo arrivarono al corridoio completamente bianco che portava alla stanza piú importante,dove si trovava il Grande Capo. 
L'assistente bussó alla porta (con due battiti veloci) e dopo un segnale che probabilmente solo lui conosceva,visto che nessuno l'aveva sentito,la aprí,lasciando passare i ragazzi per primi. 
Tutto fecero un passo avanti,intimiditi dall'immensitá di quella stanza tutta bianca,quasi priva di oggetti tranne le numerose poltroncine -anch'esse bianche-,appostate di fronte ad una scrivania e un'altra poltrona,ovviamente bianche. 
-Venite ragazzi,non siate timidi- li incitó Ezequiel con un sorriso. Fece un gesto al suo assistente per dirgli di uscire e si appostó dietro la scrivania. -Sedetevi- disse poi indicando le sedie in prima fila. 
Era un'uomo sui trentacinque anni,capelli bianchi con un taglio simile a quelli che i ragazzi vedevano sempre sui libri di vita terrena.
Era completamente vestito di bianco; sosteneva un'aria pacata che avrebbe fatto sentire a suo agio chiunque. Beh,sicuramente non dopo aver saputo l'immensitá del suo potere. 
Rimase seduto per alcuni minuti osservando uno ad uno i volti di quei ragazzi,poi chiuse gli occhi e uní i palmi delle mani davanti al viso. 
-Bene ragazzi,sicuramente vi starete chiedendo perché vi abbia convocati quí- annunció poco dopo con tono fermo,che riusciva a coprire la parte melodiosa della sua voce. -Quello che vi sto per dire é importante,non so come la prenderete- aggiunse spostando velocemente lo sguardo verso ognuno. 
I ragazzi non capivano. Era troppo misterioso per essere lui. 
-Non dovete preoccuparvi,solo state molto attenti. La missione che vi verrá data é molto importante,non dovete prenderla alla leggera,ma come un gioiello prezioso e fragile,pronto a rompersi da un momento all'altro.- 
Fu in quel momento che una lampadina si accese nel cervello di Lumien. -Ezequiel... Sta dicendo che dovremmo andare...
Non riuscí a finire la frase che il Grande Capo gli fece cenno con la mano di tacere. -Esatto. Scenderete sulla Terra. Partirete domattina,il mio assistente si preoccuperá di consegarvi il foglio con le regole che dovrete rispettare; ricordatevi,io vi osserveró sempre. Ma prima vorrei spiegarvi alcune cose di persona.- 
Si fermó un attimo per dare tempo ai ragazzi di realizzare. 
Alcuni,come Ralph o Caleb erano entusiasti da questa notizia: era quello che da sempre aspettavano,non vedevano l'ora!
Altri,come Cedric e Lumien,ne erano incuriositi. Anche loro l'avevano spesso sognato,ma dando piú importanza alla scoperta della vita sulla Terra e alla loro missione. 
L'unico che non era felice della notizia era Orube: scendere sulla Terra significava niente piú libertá,solo missioni da compiere e regole strette. 
Ezequiel interruppe il momento di pensieri con un leggero battito di mani -Verrete iscritti ad un college,se ne occuperá domattina il mio assistente. Andrete a vivere lí,cosí non dovrete nemmeno trovarvi un appartamento. Il college si trova a Chicago,dovrete adattarvi alla vita di quel posto,perció vi consiglio di ripassare le lezioni di vita terrena. Ma tranquilli,con il tempo imparerete quello che c'é da sapere. 
Se durante i primi tempi farete fatica,copiate quello che fanno gli altri. 
Ah,e inventatevi una storia entro domani mattina,ma che sia credibile,e soprattutto adatta alla Terra.- si fermó nuovamente,per dare tempo ai ragazzi di digerire le notizie che gli aveva lasciato tutte in una volta. 
-Ah,quasi dimenticavo! Non potrete di certo presentarvi con quei vestiti! Il mio assistente vi fornirá tutto ció di cui avrete bisogno in una valigia. E poi,credo abbiate capito che quei nomi non sono affatto adatti alla Terra! 
Avrete una nuova identitá,perció anche nuovi nomi.- si alzó in piedi,mettendosi di fronte a Caleb,che si trovava nella poltroncina piú a destra. 
-Caleb,il tuo nome sará Ruggero Pasquarelli- 
Si spostó di un posto,capitando davanti a Cedric. 
-Cedric,tu sarai Jorge Blanco- 
Fece un altro passo,appostandosi di fronte a Ralph.
-Ralph,ti chiamerai Facundo Gambandé-
Si spostó ancora,questa volta davanti a Lumien.
-Lumien,tu invece sarai Diego Dominiguez-
E infine,davanti a Orube.
-E tu Orube,ti chiamerai Xabiani Ponce De León-

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Buongiorno a tutti! Quanto tempo é passato dall'ultimo aggiornamento,ma vi ricordate ancora della mia storia? D: 
Comunque sia,giovedí pomeriggio sono tornata dal mare,ma dovendo sistemare tutto non ho avuto molto tempo per scrivere. 
A dire la veritá ho finito il capitolo ieri sera,ma ero stanca e se avessi riletto sicuramente non avrei trovato gli errori. Perció eccolo quí ora! 
In questo capitolo ancora non succede niente di che,ma si iniziano a scoprire meglio i caratteri dei personaggi.
E poi beh,la missione assegnata ai ragazzi,con la quale si capisce a chi corrispondono i nomi Eraklyoniani. Erano gli stessi che avevate pensato? 
E con questo la sfida tra Ralph e Orube verrá interrotta... Almeno per ora. Come avrete capito,entrambi sono tipi molto competitivi. 
Cosa crederete succederá sulla Terra? 
Nel prossimo capitolo verrá spiegato meglio l'obiettivo della missione,quindi capirete meglio. Anche se,a dire la veritá,nel primo capitolo c'é stato un accenno della missione ;) 
Che ne pensate del capitolo? 
Credo di cancellare momentaneamente "Amore da prima pagina". So che alcune ragazze la seguivano,ma vorrei prima dedicarmi a questa,e soprattutto avere una pagina diversa.
Puó darsi che la continueró,ma la cambieró leggermente per renderla meno banale,perché,diciamolo,la trama lo era abbastanza. 
Detto questo,sparisco :3 
Al prossimo capitolo!
Besoos <33


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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


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CAPITOLO 3

-Bene ragazzi,rimanete seduti soltanto un momento in piú,cosí vi rinfrescheró la memoria con un ripasso della vostra missione- aggiunse Ezequiel tornando a sedersi dietro alla scrivania mentre rivolgeva loro un sorriso,che in teoria doveva essere confortante. 
-Come ben sapete,scenderete sulla Terra con l'unico obiettivo di catturare i Guerrieri del Buio. E sicuramente saprete anche questo,loro vogliono conquistare la Terra per convertire i terrestri al loro pensiero,in modo da poter conquistare il nostro Regno e rubare la Sfera del Potere- si fermó un attimo per lasciare che le nozioni,che i ragazzi avevano studiato durante il loro primo anno di scuola,ritornassero loro alla memoria. -Ricorderete di certo che per scovare i Guerrieri dovrete vedere la voglia nera a forma di lampo. Se non sarete sicuri di averla vista,sicuramente capirete chi sono grazie all'occhio dorato che si illumina mentre stanno usando i loro poteri.- 
Caleb alzó la mano. -Dimmi,giovane Caleb- disse il Grande Capo di rimando,tendendo le mani verso di lui. 
-E se non vediamo la voglia,come facciamo a sapere quando un Guerriero userá i suoi poteri? Non possiamo di certo pedinare tutti i cittadini ventiquattro ore al giorno!- 
Ezequiel chiuse di nuovo gli occhi. Era solito parlare cosí,il popolo credeva fosse per concentrarsi,i piú giovani invece dicevano che fosse a causa delle nottate in bianco nella sala giochi. 
-Ovviamente non dovrete pedinare nessuno,anzi,non dovete destare alcun sospetto sulla gente: uno,perché potrebbero insospettirsi e scoprire la vostra vera identitá. Due,perché i Guerrieri lo capirebbero e starebbero attenti a non usare i poteri quando gli sarete vicini,o peggio,potrebbero uccidervi. L'unico modo per scoprirli é notare movimenti sospetti o la loro presenza nell'aria. Per questo sono sicuro che Ralph sará di grande aiuto. In ogni caso non dimenticate le cose che sembrano piú banali,ma non lo sono affatto,quindi occhio e voglia,ricordate!- li avvertí ancora una volta.
I ragazzi annuirono e si alzarono dalle poltrone per andarsene. Ezequiel peró li richiamó un'ultima volta -Ragazzi,ora andate a dormire peró! Vi aspetto domattina davanti al palazzo. Prego,potete uscire,il mio assistente vi accompagnerá all'uscita- li invitó infine indicando la porta. 

Quella notte,nessuno dei giovani Eraklyoniani riusciva a dormire. Gli era stata affidata una missione molto importante,che da sempre avrebbero voluto intraprendere,ma che mai avrebbero immaginato sarebbe arrivata cosí presto. Non sembrava cosí complicata finché non era stata spiegata loro nei dettagli. 
Caleb continuava a rigirarsi nel letto,arrotolando la coperta intorno al suo corpo in un groviglio disordinato. Continuava a pensare a quante cose avrebbe scoperto sulla Terra,e a quante avrebbe potuto vivere nei panni di questo Ruggero Pasquarelli. Finalmente sarebbe finito nel mondo che sempre aveva sognato,con un'identitá completamente diversa e senza conoscere nessuno: finalmente avrebbe potuto essere quello che sempre aveva voluto,ma che mai aveva avuto il coraggio di tirare fuori. 
Continuando a rigirarsi era riuscito ad inventarsi una storia credibile per il personaggio che sarebbe presto diventato suo: Ruggero Pasquarelli,ventenne italiano,trasferitosi a Chicago a causa del lavoro di suo padre. Figlio unico,abituato ad uscire con il suo gruppo di amici nella parte abbandonata di un parco ai margini di Pescara,il loro punto di ritrovo per fuggire dal resto del mondo. Era un ragazzo ribelle,Ruggero. Era il contrario di Caleb,ma a lui questo piaceva. Si mise a pancia in su e sul suo viso naque un sorrisetto: finalmente la sua vera identitá sarebbe saltata fuori. 
Certamente,la sua voglia di sapere e scoprire non sarebbe di certo mancata,non voleva assumere il ruolo di un drogato o di un insensibile. Forse avrebbe dovuto modificare un pochino il nuovo carattere,forse avrebbe dovuto inventarne uno meno ribelle. 
Caleb scosse la testa per scacciare quei pensieri. La persona che era sempre stato abituato ad essere stava di nuovo prendendo il sopravvento. No,aveva deciso di intraprendere quel ruolo e l'avrebbe fatto,senza alcun cambiamento. 

Alle sei della mattina dopo,tutti i ragazzi si trovavano a casa di Caleb per fare colazione assieme e rivedere le storie che si erano inventati durante la notte insonne. 
Cedric era seduto al tavolo bianco della cucina a sgranocchiare nervosamente una brioche,mentre ascoltava senza prestare troppa attenzione la mitica storia di Ralph,come diceva lui. 
Il suo ruolo era molto simile alla sua persona,da quanto aveva capito: Facundo Gambandé,un ragazzo di vent'anni sempre alla ricerca dell'avventura. Da quello che aveva sentito avrebbe voluto prendere la patente e farsi regalare una moto dal Grande Capo,perché a detta sua gli avrebbe detto di sí,se serviva per rendere reale il suo personaggio. Voleva che il suo personaggio fosse un biker argentino,il classico tipo stronzo e ruba cuori. Cedric sperava soltanto che non diventasse uno di quei tipi gasati,che pensavano solo a se stessi e non ai pensieri degli altri. 
-Ralph,ti prego cambia idea! Mantieni la nazionalitá scelta e rimani te stesso,ti resterá tutto piú semplice- replicó alla fine della strabiliante spiegazione dell'amico. 
-Cedric caro,spero che il tuo personaggio sará piú libero e meno perfettino di te,altrimenti credo che gli unici amici che avrai laggiú rimarremo solo noi- rispose Ralph,che stava appoggiato al bancone azzurrino intento ad estrarre con un cucchiaino un pezzo di biscotto caduto nella grande tazza gialla,nell'inutile tentativo di inzupparlo.
-Forse diventeró piú libero,come dici tu,ma non assumeró mai la parte di un drogato solo per farmi vedere piú figo agli occhi degli altri. E poi preferisco essere me stesso piuttosto che inventare un personaggio che poi non riuscirei a rispettare,tutto quí- controbatté di nuovo Cedric mentre si alzava in piedi per mettere il suo bicchiere nel lavandino. -E sono piú che certo che,raccontando della droga,qualcuno te la fará provare,tu lo farai,non riuscirai a sopportarla,starai male e bum!,il tuo personaggio andrá in fumo. Inventati altro Ralph- concluse alzando le sopracciglia come per ovviare quello che aveva detto. 
-E invece riusciró a portarlo avanti,scommetto quello che vuoi- 
-Io non ho bisogno di scommesse a contrario tuo,io ho soltanto sicurezze- 
Ralph aprí la bocca per rispondere,ma ormai era troppo tardi,Cedric era giá scomparso dietro la porta che portava alla camera di Caleb.

Intanto che Caleb e Orube prendevano in giro Ralph per essere rimasto senza parole alla risposta dell'amico,Lumien stava seduto sul divanetto bianco e azzurro accanto alla cucina,fissando la stessa parte del pavimento trasparente che guardava da almeno un'ora. Stava ancora pensando ad una storia abbastanza credibile,ma era molto confuso. Doveva inventare un'identitá simile alla sua,ma allo stesso tempo diversa. E poi,da dove sarebbe dovuto venire? Avrebbe dovuto mantenere la sua vera etá o sarebbe stato meglio cambiarla? Doveva cambiare anche aspetto per non far capire di essere un Eraklyoniano ai possibili Guerrieri? E poi,sarebbe riuscito ad adattarsi ai nuovi modi di vivere,ai nuovi abiti,ai nuovi amici? 
Sarebbe riuscito ad effettuare tutte le ricerche che sempre aveva desiderato compiere,una volta arrivato lá?
-Ehi Lumien,che ci fai quí impalato? Non dovresti prepararti?- 
Lumien alzó gli occhi,incrociandoli con quelli di Caleb,che lo guardava con sguardo interrogativo,cercando di scovare nell'espressione dell'amico una possibile risposta. -Pensi a Clara?- 
-No,non penso a lei- riuscí semplicemente a rispondere Lumien. 
Clara era la sua fidanzata da ormai due anni. Era molto simile a lui,frequentavano gli stessi corsi di potenziamento,cioé il luogo in cui si erano conosciuti. Sinceramente,nonostante l'amasse davvero tanto,forse anche troppo,non aveva pensato particolarmente all'idea di vivere per un anno intero,magari di piú se la missione si fosse prolungata,senza di lei. 
Era stato troppo preso dai suoi pensieri confusi da non preoccuparsi della enorme mancanza che le avrebbe causato non vederla per cosí tanto tempo. 
Probabilmente il suo ePhone era pieno delle sue chiamate o videomessaggi,ma non gli era passato minimamente per la testa di accenderlo e controllare,in preda all'agitazione. 
Senza pensarci,scattó in piedi sotto lo sguardo stranito di Caleb e corse alla porta,per poi uscire senza spiegare nulla a nessuno. 
Attraversó senza fermarsi una volta le numerose vie che conducevano alla casa di Clara,mentre i pochi passanti che giá si stavano dirigendo a lavorare lo guardavano senza capire. Non smise di correre finché non arrivó a destinazione. 
Una volta davanti alla cancellata bianca,dietro alla quale si intravedeva la piccola casetta della fidanzata,si aggrappó ad uno dei paletti che la sostenevano con una mano,cercando di riprendere fiato il piú velocemente possibile. Non aveva mai corso tanto in vita sua,e credeva anche che nessuno l'avesse mai visto farlo. 
Premette il citofono piú volte di fila,finché sentí un rumore secco e vide il cancelletto aprirsi davanti a sé. 
-Lumien! Che ci fai quí a quest'ora? E perché tanta insistenza?- 
Una ragazza dai lunghi capelli biondi scompigliati dal sonno,coperta semplicemente da una camicia da notte lilla stava cercando di trovare una risposta negli occhi del ragazzo,ma lui sembrava non dare segno di voler parlare. -Lumien! Spiegami,non farmi spaventare! Cosa succede?- chiese di nuovo mentre l'ansia assaliva il suo corpo. 
Lumien si limitó ad avvicinarsi e ad appoggiare le labbra su quelle della ragazza. Questo avrebbe potuto essere il loro ultimo bacio per chissá quanto tempo. Lui aveva bisogno di lei,non poteva lasciarla per cosí tanto tempo. Era l'unica che lo sapeva capire e ascoltare. 
Ma lei non sapeva ancora niente,sicuramente si stava chiedendo il motivo di questo affetto inaspettato alle sei e mezzo del mattino,accompagnato da tutto questo mistero. 
Clara posó le dita sottili sul petto di Lumien,separandolo delicatamente da lei. 
Gli prese una mano e lo trasportó dentro la sua casa senza proferire parola. 
Gli fece cenno di sedersi sul divano,mentre si inginocchiava davanti a lui sul tappeto lilla. 
-Lumien,che ti succede?- chiese a bassa voce prendendo le mani del ragazzo tra le sue. 
-Clara- riuscí a sussurrare lui mentre chiudeva gli occhi -Io...
Non fece in tempo a finire la frase e una lacrima scese dall'angolo dell'occhio sinistro. -Clara,io devo partire- riuscí infine a confessare come se avesse ingoiato un pezzo di torta decisamente troppo amaro. 
-Partire? E dove devi andare? Non mi hai detto niente prima!- esclamó la ragazza alzandosi in piedi. Lumien fece lo stesso,e riprese dolcemente la sua mano. -Devo andare sulla Terra- le sussurró all'orecchio. 
Clara fece un passo indietro e lo fissó attentamente negli occhi,per poi saltargli al collo in un abbraccio fin troppo caloroso. 
-Davvero? O mio dio che bello! E quando l'hai saputo?- urló di nuovo saltellando da un piede all'altro in preda all'emozione. 
-Clara,calma! Sei quasi piú agitata di me! Non credevo l'avessi presa cosí...- si lasció sfuggire il ragazzo con un tono misto tra sollevato e deluso. -E come avrei dovuto prenderla? Al mio ragazzo é stata affidata la missione piú importante di questo Mondo! Dovrei piangere per caso? É una notizia bellissima!- esclamó di nuovo per poi sedersi sul divano e tirare un respiro profondo. -E quando partirai?- 
-Tra mezz'ora- rispose netto Lumien. 
-Mezz'ora? É uno scherzo vero?- chiese la ragazza,questa volta visibilmente preoccupata. Lumien scosse la testa e chiuse gli occhi nel sentire il capo di Clara poggiarsi lentamente sulla sua spalla. 
Le accarezzó un pó i capelli,poi le scoccó un bacio sulla fronte e la allontanó da se,in modo da poter alzarsi. 
Clara continuava a tenere gli occhi chiusi,perció Lumien capí che questo era stato il loro ultimo saluto. Doveva andarsene,se non voleva arrivare in ritardo. 
Stava per abbassare la maniglia della porta,quando sentí la voce melodiosa che tanto amava chiamarlo. -Lumien!- 
Si voltó immediatamente,vedendola in piedi qualche metro dietro di lui. -Ci sentiremo in video chiamata,okay?- 
Lumien le rivolse un sorriso -Okay- rispose semplicemente prima di uscire.

A casa di Caleb tutti i ragazzi erano intenti a svolgere gli ultimi preparativi e ripassi per il viaggio. 
Orube stava raccontando ad un Cedric alquanto annoiato quella che sarebbe stata la sua nuova identitá,mentre l'altro spostava lo sguardo dalla sua valigia al resto della casa per controllare se non avesse lasciato niente fuori. Almeno,fin dove riusciva a vedere rimanendo incollato alla sedia. 
La sua nuova identitá era molto simile a quella che aveva scelto Ralph,con la differenza che Xabiani sarebbe stato un ragazzo messicano. 
Quando tutti stavano raggruppando tutte le loro cose vicine,per essere piú rapidi ad afferrarle quando Ezequiel li avrebbe chiamati,la portá si aprí di scatto ed entró Lumien,che evidentemente aveva corso per arrivare fin lí. 
Il ragazzo si piegó appoggiando le mani sulle ginocchia per riprendere fiato,dopo di che finalmente alzó lo sguardo e si accorse di avere quattro paia di occhi puntati su di lui come fari. 
Si limitó a scoccare un sorrisetto nervoso e fece pochi passi verso le valigie. -Avete giá messo la mia?- 
Ralph gli si avvicinó e gli diede una pacca sulla spalla. -Abbiamo giá pensato a tutto. Ma ora spiegaci,dov'eri finito?- chiese con una risatina. 
Probabilmente tutti sapevano dove fosse andato con cosí tanta urgenza,pensava Lumien,ma volevano avere la soddisfazione di vedere la sua pelle rosea trasformarsi in fuoco ardente per la vergogna di doverlo confessare. 
-Dovevo fare una cosa- rimase vago il ragazzo. Non voleva che l'avessero vinta,per una volta voleva resistere. Stranamente non fecero altre domande,forse a causa dell'agitazione che a quel punto si stava facendo sentire piú che mai nella mente di tutti e cinque. Ormai mancava poco. 

-Bene ragazzi,queste sono le valigie con l'indispensabile che vi servirá sulla Terra,se vi occorre dell'altro man mano che la missione si svolgerá,basta solo un messaggio telepatico,okay Ralph?- spiegó Ezequiel indicando le cinque valigie accanto a lui. 
-Osservate come si comportano le persone piú vicine all'identitá che avete scelto e imitatele,ma senza diventare una copia. Ora andate a cambiarvi,non vorrete scendere laggiú con quei vestiti!- annunció infine facendo cenno di entrare in una porticina dietro di loro.
I ragazzi si trovavano in una stanza al primo piano dell'immenso palazzo del Grande Capo,che li aveva chiamati pochi minuti dopo l'arrivo di Lumien. La missione si stava avvicinando. 
Dopo pochi minuti rientrarono nella stanza principale,impacciati nei loro nuovi vestiti. 
Erano sempre stati abituati ai vestiti morbidi e leggerissimi in raso,non si sentivano a proprio agio con quel tessuto strano chiamato jeans alle gambe,e infiniti strati di cose sul dorso,come maglie,camicie e giacche.
E ancora piú scomodi erano quegli scarponi ai piedi,tutto il contrario delle scarpette flessibili che erano soliti utilizzare. 
Ezequiel li osservó per bene con un sorriso quasi divertito,poi fece cenno ad alcune damigelle di sistemare vestiti e capelli dei ragazzi,per dare un aspetto piú naturale. 
Dopo la veloce sessione di bellezza,il Grande Capo teletrasportó tutti sulla nuvola del Pozzo.
-E ora sì ragazzi,ora siete ad un passo dal Mondo che sempre avete voluto scoprire. Quello che dovrete fare sarà buttarvi. Dovrete semplicemente tuffarvi nel Pozzo,nonchè il portale che vi condurrà sulla Terra. Finirete in un prato inutilizzato da molto tempo ormai,perciò le uniche persone che incontrerete saranno dei contadini,ex abitanti di Eraklyon,vi condurranno loro al college. Le valigie le lanceremo noi. Detto questo,non posso dire altro se non... Buona fortuna- concluse con un sorriso quasi emozionato. 
Aiutati dalle guardie,ognuno venne lasciato cadere nel vortice colorato e invisibile,che in pochi minuti li avrebbe scaraventati a terra. 
Un mix di emozioni si fece largo nelle anime di ogni giovane Eraklyoniano mentre attraversavano quel vuoto colmo di magia e colorato di magnetismo. 
Paura,felicità ed emozione si susseguivano,un sentimento dietro all'altro,formando un caos mentale e una sensazione di benessere alternata al disgusto. 
Dopo pochi minuti di caduta che parvero interminabili,un tonfo accompagnato da smorfie di dolore fece tornare i cinque alla realtà. 
Tutti si guardarono intorno,ma ciò che li circondava erano solo prati e campi. Pareva una delle piste di atterraggio dei paracadutisti.
Il primo ad alzarsi fu Ralph,che intravide subito una piccola casetta al margine del prato; probabilmente dovevano viverci i contadini Eraklyoniani. 
-Ragazzi,andiamo- disse agli altri facendo segno di seguirlo. 
Camminava spedito in mezzo all'erba alta,che gli arrivava alle ginocchia. Evidentemente non doveva essere stata curata per anni.
Di tanto in tanto,strappava qualche rametto ribelle,cresciuto sfortunatamente in quel suolo ormai secco,impedendogli di strappare i suoi nuovi vestiti. 
-Dite che l'hanno fatto apposta per dare una sensazione di usato ai nuovi abiti,questa strada?- sentì borbottare Cedric dietro di lui. 
-Non hanno voglia di sistemare tutto questo terreno,il fatto è questo- gli urlò in risposta Orube,l'ultimo della fila.
-La Terra sembrava così diversa nei miei libri... Spero soltanto che non sia tutto così,altrimenti siamo finiti nel posto sbagliato!- disse invece Lumien,che camminava in punta di piedi per non sporcare tutta la suola delle scarpe bianche. 
Dopo poco,riuscirono ad uscire da quella schifezza e poggiarono i piedi su un prato che sicuramente dave un grande impatto confrontato a quello che avevano appena attraversato. L'erba quì era corta e sottile,di un color verde smeraldo. Poco più avanti si ergeva una casetta in legno con il tetto rosso,davanti alla quale erano appostate due sedie a dondolo: una era occupata da un uomo che non sarebbe potuto essere niente meno che uno dei contadini. 
Cedric si avvicinò cautamente alla seconda sedia,che era vuota,e la scosse,provocando un leggero cigolio. 
L'uomo sembrava essere addormentato,perciò fece un passo verso di lui e lo mosse timidamente per il braccio. 
Dopo aver emesso uno strano grugnito,il contadino si alzò e li ossevò uno ad uno. Sembrava parecchio il Grande Capo,con l'unica differenza di essere più grasso e più sporco. Probabilmente doveva passare delle ore in mezzo a prati e campi. 
-Eraklyoniani?- dedusse strofinandosi il braccio sulla fronte. Aveva una voce profonda e grottesca,non aveva nulla di dolce o melodioso. 
I ragazzi annuirono,un pò intimoriti. -Venite con me- disse l'uomo dirigendosi sul retro della casa. -Uscite da questo cancello e andate dritti,ne troverete un altro,molto più lungo e ordinato,seguitelo finchè troverete un portone,quello è il college. Ah,e queste sono le vostre valigie,prendetele. Buona fortuna- spiegò per poi tornare dall'altra parte. 
I ragazzi si guardarono negli occhi,uno ad uno,poi con un cenno decisero di uscire. 
Ormai la missione era iniziata,non dovevano più avere paura. 

Dopo circa un quarto d'ora di cammino,giunsero davanti al portone,proprio come aveva annunciato l'uomo.
Era aperto,perciò Caleb si incamminò fino ad arrivare nell'enorme cortile che la mattina precedente aveva ospitato centinaia di alunni. 
-Entriamo?- chiese titubante,voltandosi verso gli altri. Cedric lo raggiunse e si incamminò con lui fino alla porta in vetro. 
La aprì e rimase meravigliato nel vedere dal vivo uno di quegli edifici modernissimi che c'erano nelle illustrazioni sui suoi testi scolastici. 

Dopo aver firmato carte e chiarito alcune regole con la preside,un professore li guidò lungo una stradina fino ad arrivare ad una casetta rossa. 
-Perfetto,quí sará dove vivrete durante l'anno scolastico. Siete arrivati appena in tempo,erano gli ultimi posti! Oggi non ci sará lezione,perció vi consiglio di iniziare ad ambientarvi e conoscere i coinquilini. Buona permanenza- annunció l'insegnante una volta davanti alla porta. 
Il primo ad avvicinarsi fu Orube,che spalancó la porta e ci infiló dentro la valigia nera,dopo di che si fece passare dagli amici le loro e le impiló di fianco alla sua. 
Subito dopo entró,seguito dagli altri. Ralph chiuse la porta dietro di sé e si affiancó a Orube,che gli diede una pacca sulla schiena. 
-Bella casa- commentó Caleb avvicinandosi al divano al centro del salotto. 
Cedric annuí spostandosi dietro di lui,mentre Lumien si incamminava verso la porta che dava sul corridoio delle camere. 

L'orologio in salotto segnava le sette e mezza,le ragazze stavano ancora dormendo tranquillamente; nessna aveva puntato la sveglia,dato che quel giorno non avrebbero avuto nessuna lezione,tranne una riunione degli alunni nel pomeriggio.
Mercedes fu la prima a svegliarsi,si sedette sul letto e afferró il cellulare,poggiato sul comodino accanto a lei. 
L'iPhone nero segnava le sette e trentadue. Come prima notte in una casa nella quale non era mai stata,si era trovata piuttosto bene,se non per alcuni rumori,probabilmente provenienti dall'altra stanza. Forse se li era anche immaginati,d'altronde,a casa sua era normale dormire con il delicato sottofondo di un rumore fastidioso. 
Si sfiló silenziosamente dalla coperte e indossó la vestaglia in raso nero,che copriva una parte della camicia da notte dello stesso colore. 
Infiló le pantofole fuxia e diede un'occhiata ad Alba,che dormiva ancora. 
Fece pochi passi fino ad arrivare al suo letto,indecisa sul da farsi. Quella ragazza le era stata antipatica sin dal suo primo commento. 
Le sembrava un pó troppo sicura di sé,di poter utilizzare gli altri a suo comando. E poi,le aveva dato della puttana,e questo non poteva lasciarlo passare come se nulla fosse. Okay,forse si vestiva in modo troppo eccentrico,ma non voleva fargliela passare liscia. 
Aprí il cassetto del comodino di Alba,dove le aveva visto infilare i trucchi,tiró fuori da un astuccetto la matita nera e si inginocchió accanto al letto. 
Cercando di fare meno rumore possibile,rimise tutto a posto e aprí il tappo della matita,avvicinó la mano al viso della ragazza e scrisse sulla sua fronte "Bitch". 
-Scusami Alba,dovevo farlo- sussurró infine con un sorrisetto beffardo. 
Subito corse fuori dalla stanza per andare a mangiare qualcosa per colazione; ma appena uscita dal corridoio,vide davanti a sé cinque ragazzi a lei sconosciuti. 
-Chi siete?- chiese togliendo la vestaglia per appoggiarla poi su una delle poltroncine del salotto. 
I ragazzi si lanciarono uno sguardo complice,poi Orube si avvicinó a lei. -Xabiani,molto piacere- si prensentó porgendole una mano e ammiccando un sorriso. 
-Mercedes- ricambió la ragazza avvicinandosi a lui. 
Non fece in tempo a dire altro perché sentí un urlo provenire dalla sua stanza. 
-Mercedes!- 
Alba si era finalmente svegliata,e al momento di lavarsi il viso,guardandosi allo specchio vide la scritta in matita nera. 
La sfioró con l'indice. Quella era la sua matita,l'avrebbe riconosciuta ovunque. 
Senza dubbio era stata la sua compagna di stanza,aveva capito fin troppo bene che tipo di persona fosse. 
Corse lungo il corridoio,trascinandosi dietro i pantaloni larghi del pigiama,grigi come la canottiera che indossava. 
-Mercedes! Che tu sia una puttana non significa che lo debba essere anch'io!- sbottó prima di accorgersi che in casa c'era compagnia. 
-E in piú inviti gente in casa? Alle sette e quaranta del mattino?- urló di nuovo cercando di coprire la scritta molto evidente sulla fronte. 
-Neanche ci volevo venire in questa scuola,vaffanculo- disse infine per poi entrare in bagno nel disperato tentativo di togliere quell'odiosa matita. Sicuramente non avrebbe piú guardato quel piccolo oggetto come faceva prima. 

Nel frattempo gli urli di Alba avevano svegliato le altre,che si alzarono di scatto dal loro letto. 
-Ma chi cavolo si mette ad urlare a quest'ora?- urló infuriata Candelaria. -Non abbiamo lezione,ma ho bisogno di riposo,non credete? Nei miei programmi avrei dovuto svegliarmi alle otto e mettermi a studiare alle otto e mezza!- continuó. Dopo questo nascose di nuovo la testa sotto il cuscino,cercando di riprendere sonno. 
Martina invece,decise di andare a vedere,seguita da Lodovica,che ormai sapeva che non si sarebbe piú addormentata. 
Insieme camminarono fino alla sala,cercando di non far rumore con i piedi scalzi sul pavimento freddo. 
Mercedes intanto si era allontanata da Xabiani con una camminata da modella fino alla cucina. Il ragazzo l'aveva peró seguita,appoggiandosi al bancone con una mano sotto al mento. 
Gli altri,invece,si erano accomodati sul divano,uno accanto all'altro,indecisi sul da farsi. 
Martina e Lodovica si lanciarono uno sguardo confuso,poi la prima si avvicinó al divano e scosse la spalla di Cedric,o meglio,di Jorge.
-Oh,scusa,devi sederti?- chiese il ragazzo,alzandosi di scatto. Martina gli lanció uno sguardo infastidito. -No,non mi devo sedere! Vorrei soltanto capire cosa ci facciate voi quí. Ma chi siete?- sbraitó gesticolando. 
Jorge spalancó gli occhi senza capire. Forse non si stava comportando nel modo corretto? Era troppo... Eraklyoniano? 
-Ehm... Siamo i vostri coinquilini- rispose indietreggiando verso il tavolino davanti alla televisione. 
Questa volta fu Martina a spalancare gli occhi,voltandosi verso Lodovica,che stava appoggiata alla parete vicina alla porta del corridoio. Questa scosse il capo: nemmeno lei capiva cosa stesse succedendo. 
-Martina stai tranquilla! Abbiamo dei nuovi abitanti nella nostra casa,cosa c'é di piú bello?- si aggiunse Mercedes alzandosi dalla sedia del bancone,mentre Xabiani sembrava volerla esaminare da capo a piedi con lo sguardo. 
-Ma noi dovevamo essere sole! Non avrebbero nemmeno dovuto vedermi in pigiama!- urló di nuovo,sempre piú isterica. -Lodo,andiamo!- ordinó infine prendendola per mano e rientrando nella loro stanza. 
Per quel poco tempo passato nell'abitazione,Lodovica le era sembrata la ragazza piú interessante,tutta da scoprire. 
Il pomeriggio prima avevano passato ore a parlare del piú e del meno; Martina aveva anche avuto il coraggio di raccontarle la sua vita prima di essere ammessa al college,di quanto fosse stanca della sua famiglia perfetta e dei suoi timori. 
Tini al contrario non era riuscita a scovare nel passato della ragazza dai capelli corvini. Era sicura che ci fosse qualcosa dietro a quegli occhi spenti e a quell'aria assente. Ed era anche sicura che,nonostante questo,Lodovica dovesse essere stata una ragazza allegra,in passato. E Martina voleva scoprire la veritá. 

----••----••----

Buon pomeriggio a tutti! 
Lo so,sono in assoluto ritardo con il capitolo,ma ho avuto un piccolo imprevisto... Finito di scrivere la prima parte,per sbaglio ho eliminato tutto,perció mi sono fermata un pó per mancanza di ispirazione. Ma negli ultimi due giorni l'ispirazione é tornata,ed ecco quá il capitolo! 
Spero che vi piaccia :3 
Finalmente per i ragazzi inizia la missione! Anche se non sembra che siano stati accolti nel migliore dei modi,se non da Mechi. 
Per lei non sarebbe potuta accadere cosa migliore e.e 
Ho deciso di non mettere troppi rapporti con i personaggi della casa,o troppe nuove conoscenze,perché giá avevo inserito molte cose per via della missione,non volevo riempire il capitolo. 
Anche se alla fine,qualcosa sul rapporto tra Tini e Lodo la si scopre. Sicuramente verrá approfondito nei prossimi capitoli. 
Tra Mechi e Alba invece,non va tutto nel migliore dei modi... Forse sono troppo diverse e troppo simili,per questo non vanno d'accordo. 
E che ne dite della parte Dielari? Questo sará uno dei pochi accenni,perció godetevelo ouo
Che dire,lasciatemi un parere,intanto io mi daró da fare per creare un banner decente per la storia. 
Besoos <33
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


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CAPITOLO 4



Tutti gli Eraklyoniani erano rimasti senza parole dopo il comportamento delle ragazze che erano entrate e uscite come un lampo dalla porta del corridoio. 

Erano indecisi sul da farsi,una sola parola avrebbe potuto peggiorare ulteriormente la situazione,e non era questo che volevano. 

Forse erano capitati nel posto sbagliato,pensavano. Forse era la casetta sbagliata,la scuola sbagliata. Il Grande Capo non poteva averli iscritti in un college con gente cosí complicata. Come avrebbero potuto capirci qualcosa? 

Ma forse era stato fatto apposta per adattarsi a qualsiasi caso. O magari tutta la gente lí sulla Terra era cosí. 

Il primo a prendere la parola fu Facundo,che grattandosi la nuca fece un passo verso il centro del soggiorno -Ehm,dove sono le camere?- chiese rivolto a Mercedes. 

La bionda si limitó a indicare la fatidica porta dalla quale erano comparse le pazze scalmanate delle sue compagne,come ormai aveva imparato a chiamarle. 

-Xabiani,vieni con me?- chiese all'amico,che tra poco si sarebbe sciolto sullo sgabellino del bancone,se nessuno l'avesse distratto dalla ragazza che si trovava davanti a lui. Che dire,aveva un gran bel fisico e un visino invitante,ma Xabiani stava esagerando. La bionda non era sua proprietá privata,dovevano ancora scegliere chi dovesse provarci con chi. 

-Arrivo Facundo- rispose scetticamente Xabiani. Gli faceva strano chiamare cosí l'amico,ma nello stesso tempo avrebbe potuto utilizzare all'infinito quel nome ridicolo per fargliela pagare a molte cose. Una tra queste averlo interrotto durante la visione di quella versione moderna di una dea greca.

Facundo trascinó l'amico fino alla fine del corridoio,davanti alla porta scura di una camera. 

-Entra- disse spingendolo dentro la stanza. 

-Ma che stai facendo?- gli chiese dandogli un pugno sul braccio mentre si guardava intorno,controllando che non ci fosse nessun'altro.

Xabiani gli lanció un sorrisetto -Mi sto solo divertendo un pó,che male c'é? Tanto quí nessuno mi conosce- 

Facundo seguí con lo sguardo l'amico,che si era fermato al centro della stanza. 

-Ci mettiamo quí?- chiese Xabiani indicando i due letti vuoti,opposti a quelli occupati dalle ragazze. 

Facundo lo raggiunse correndo scetticamente -Non cambiare discorso! Non abbiamo deciso che tu avessi dovuto provarci con la bionda! Non abbiamo ancora deciso nulla!- sbottó gesticolando nervosamente davanti al viso divertito dell'altro. 

-Va bene,se proprio vuoi stare alle vecchie regole,decideremo qualcosa- cedette Xabiani,mantenendo quel sorrisetto di sfida che tanto irritava l'amico.

Facundo mantenne lo sguardo fermo su di lui,per accertarsi che non stesse blaterando qualche promessa a caso,per poi tornare alla sua teoria e provarci ininterrottamente con Mercedes. 

Ormai sapeva com'era fatto il suo amico; era tutto cosí facile per lui,dimenticarsi delle promesse,degli amici. Poteva decidere di scordare tutto pur di raggiungere l'obiettivo che si era messo in testa. 



-Sí,puoi entrare lí dentro,se é questo che ti stai domandando- sbuffó Mercedes rivolta a Diego,che da minuti ormai stava fissando la porta che gli amici avevano chiuso dopo essere corsi dentro. 

Il ragazzo si voltó imbarazzato verso la bionda,annuendo con il capo. Dopo di che spinse la maniglia e,il piú velocemente possibile,trascinó se stesso e la valigia all'interno del corridoio. 

Non vedendo nessuno dei suoi amici,si spinse nell'unica stanza aperta,a sinistra della porta che aveva appena sorpassato. 

Molto probabilmente ancora nessuno ci era entrato,dato che le tapparelle erano del tutto abbassate. A tentoni arrivó fino alla finestra e le alzó,poi si guardó intorno: sí,ancora nessuno doveva esserci stato. 

I letti erano ancora accuratamente rimboccati,la scrivania non aveva tracce di quaderni,libri o quant'altro e il pavimento era vuoto da qualsiasi scarto o cartaccia dimenticati lí dopo essere stati utlizzati. 

Appoggió la valigia nera sul letto vicino alla parete e inizió a togliere i vestiti che mai aveva visto in vita sua,ma che in quel momento erano suoi. 

Estrasse accuratamente una scatoletta di plastica nera e la nascose sul fondo di un cassetto del comodino. Quella scatola era importante per lui,ma soprattutto per la sua missione. L'aveva custodita con cura sin da quando gli era stata consegnata nel corso magico,cioé il corso che l'aveva aiutato a scoprire i suoi poteri e come farne uso. 

Conteneva una piccola guida che descriveva in riassunto ció che aveva studiato nel corso di vita terrena,una che riassumeva l'uso dei poteri,e infine una piccola riproduzione della sfera dell'infinito. Non era un souvenir,ma non conteneva nemmeno Il Potere. Semplicemente serviva per simulare le situazioni di pericolo che sarebbero potute capitare,in modo da avere la possibilitá di esercitarsi ogni volta che voleva. 

Stava ripiegando alcune camicie,quando sentí la porta spalancarsi. Lasció l'indumento che aveva in mano e sporse la testa oltre l'antina dell'armadio.

-Oh scusami,non sapevo che la stanza fosse occupata- indietreggió Candelaria con un'aria quasi infastidita. 

Diego uscí interamente da dietro l'armadio e camminó fino alla rossa. -No,scusami tu,credevo fosse libera- disse grattandosi la nuca mentre dirigeva lo sguardo da una parte all'altra della stanza. 

-Infatti lo é. Ma in queste poche ore ho capito che le mie coinquiline sono delle fastidiose assurde- fece roteare gli occhi sbuffando -Ho sentito che parlavano di nuovi ragazzi,suppongo che uno sia tu. Se non ti dispiace,rimarrei quí a studiare,visto che nella mia stanza c'é una riunione condominiale- 

Senza neanche aspettare una risposta,la ragazza appoggió i libri sulla scrivania davanti ai letti e si sedette sulla sedia. 

Diego si avvicinó ancora,appoggiando una mano sullo schienale,mentre osservava i titoli dei libri che la rossa stava sparpagliando in un ordine tutto suo. 

-Beh,suppongo che puoi restare- le rispose confuso,anche se ormai una risposta era inutile. 

Candelaria gli rivolse un sorriso soddisfatto,indossó gli occhiali neri e tornó ad immergersi nelle sue ricerche. 

Diego peró non voleva andarsene,voleva sapere qualcosa in piú su di lei,sulle altre ragazze,su quella scuola. 

Dopo circa cinque minuti,Candelaria si voltó verso di lui -Che vuoi?- chiese spazientita. Da quando aveva chinato la testa,era rimasto dietro di lei,fissando i suoi libri. O almeno,credeva e sperava che stesse guardando quelli. 

-Perché hai parlato di riunione condominiale nella tua stanza?- chiese Diego. 

Era la prima cosa che gli era venuta in mente per introdurre un argomento di conversazione. 

Quella ragazza era scettica,quasi arrogante,ma nonostante ció Diego voleva conoscerla,voleva capire. 

-É un modo di dire- rispose secca lei,poi alzó gli occhiali sopra la testa -Altro da chiedere?- gli chiese,sperando in un no. Ma d'altronde,era meglio dirgli tutto subito e tornare ai suoi libri,piuttosto che essere distratta ogni momento. 

Diego sembró rifletterci su,poi tolse la mano dallo schienale della sedia e si appoggió alla scrivania -Con chi sei in camera?- 

Candelaria sembró sorpresa da quella domanda. Credeva che gli avrebbe chiesto altro,qualcosa di piú... Serio,forse? 

-Martina e Lodovica,credo che tu le abbia giá conosciute. La pazza dalle punte rosse e l'asociale- 

Subito dopo abbassó la testa e inizió ad evidenziare riga per riga su un quaderno. 

La sua risposta secca aveva fatto intendere che non era piú disposta a rispondere ad altro,perció il ragazzo tornó alla sua valigia. 

-A proposito,come ti chiami?- chiese dopo averla osservata per un pó,mentre piegava indifferentemente i suoi indumenti. 

La rossa si voltó e per la prima volta mostró un sorriso che parse vero -Candelaria- 



-Come mi sta questo?- chiese Martina a Lodovica,che stava seduta sul letto dell'amica,osservando i numerosi cambi d'abito che le stava mostrando. 

Lodo annuí e sorrise dolcemente,mentre Tini si girava di qua e di la verso le specchio,alzandosi in punta di piedi per simulare la presenza dei tacchi. 

-Sicura Lodo? Ora che sono arrivati quei ragazzi non posso di certo girare in pantaloni della tuta e maglie larghe- spiegó abbassando la voce per essere sicura di non essere sentita da nessun'altro. 

Lodovica mostró un sorriso tirato,poi prese per mano l'amica,facendola di conseguenza sedere accanto a lei. 

A Martina parve strano questo gesto; da quel poco che la conosceva,Lodo non aveva mai preso l'iniziativa per cose del genere. Anzi,non aveva mai preso l'iniziativa per nulla! 

Una volta seduta,si giró verso di lei,aspettando ció che aveva da dirle. La ragazza dai capelli corvini si avvicinó e finalmente prese la parola -Non hai bisogno di vestirti bene,tu sei giá bella cosí come sei- 

Martina si voltó di scatto,per non far notare il rossore che entro pochi secondi le avrebbe riempito le guancie. Nessuno le aveva mai detto qualcosa cosí.

-Ehm,grazie- rispose,ancora imbarazzata. -Che ne dici se andiamo a conoscere i nuovi arrivati?- chiese per cambiare discorso. 

Lodovica spalancó gli occhi,quasi spaventata,poi si alzó in piedi e finse di cercare qualcosa nell'armadio -Martina,forse é meglio che vada solo tu- 

Tini avrebbe voluto costringerla ad andare con lei,ma ormai aveva capito com'era fatta la coinquilina. Sarebbe cambiata con il suo aiuto,ma un passo alla volta. 



Intanto,Xabiani e Facundo erano ancora intenti a litigare per quale ragazza avessero dovuto avere in quella casa. 

Facundo stava gesticolando frettolosamente davanti all'altro,quando sentí una voce parlare dietro di lui. 

Si voltó rapidamente,e vide due occhi color nocciola osservarlo seccati. 

-Posso passare?- chiese la riccia che aveva visto poco tempo prima in salotto. 

Facundo annuí,soffermandosi ad osservarla mentre camminava strofinandosi la manica del pigiama contro la fronte ancora umida. Probabilmente era andata a lavare la scritta. 

Si voltó verso Xabiani e alzó un sopracciglio,poi la indicó con gli occhi dopo uno sguardo abbastanza confuso dell'amico. 

Non ci volle molto a fargli capire,infatti anche lui si giró verso di lei e senza nessuna preoccupazione di essere visto,abbassó e rialzó lo sguardo per dare una veloce esaminatura alla ragazza. 

Subito dopo trascinó Facundo fuori dalla stanza e sbatté la porta. 

-Non ci provare amico- esclamó puntandogli un indice contro. -Non ci provare!- 

Facundo chiuse il dito con il suo pugno e spostó la mano verso il basso. -Oh sí invece- 

Xabiani sciolse la stretta e,dopo aver lanciato l'ennesimo sguardo di sfida,attraversó il corridoio per entrare nella stanza di Diego. 



Lodovica stava sistemando i suoi libri sulla scrivania. Ora sembrava che si fosse depositato sopra un arcobaleno; era stata attenta ad appoggiarli per colore,partendo dal piú scuro e arrivando al piú chiaro,ordinando ogni sfumatura dal piú grande al piú piccolo. 

Era intenta a leggere alcune frasi del suo libro di poesie preferito e non si accorse che qualcuno era entrato nella stanza. 

-E mentre guardo la tua pace,dorme  quello spirito guerrier ch'entro mi rugge. Ugo Foscolo- 

Lodovica si voltó spaventata. Una voce aveva recitato esattamente le stesse strofe che stava leggendo. 

-Anche tu appassionata di queste cose?- chiese il ragazzo dal ciuffo castano. 

Lei abbassó lo sguardo,perció lui si inginocchió davanti a lei,costringendola a guardarlo negli occhi. 

-Non le definirei esattamente 'cose'- replicó Lodo voltando il corpo verso la scrivania. 

Le sue esili mani vennero bloccate durante il breve percorso dalle ginocchia al libro,da altre mani piú grandi che si posarono sopra a queste,fermandole sopra alla copertina verde. 

-Hai ragione,meglio chiamarle 'Le grandi opere della storia',giusto?- ammise Ruggero rivolgendole un gran sorriso. -Non sei una ragazza molto aperta,vero?- le chiese poi,continuando a tenere le mani posate sulle sue. 

Lodovica arrossí velocemente,ma non riuscí a coprire le guancie,dato che le sue dita seguivano intrappolate tra quelle di lui. 

Ruggero si alzó in piedi dividendo il suo corpo da quello di lei. 

-Secondo me sei una grande osservatrice peró. Stai in silenzio e spii tutto e tutti,un pó come i serial killer: senza farsi notare passano all'attacco- continuó sorridendo. 

A Lodovica scappó una risatina,che subito si affrettó a coprire mettendo una mano davanti alla bocca. 

-Dovresti prestarmi quel libro,un giorno. Sai,nella mia cittá non ne vendono molti,ho imparato tutto grazie alla scuola- disse infine,mentre si voltava per andare verso la porta. 

-Aspetta- lo fermó quella voce limpida che aveva sentito soltanto una volta. 

Ruggero si voltó,appoggiando un braccio allo stipite della porta. 

Lodovica corse davanti a lui,poi gli offrí una mano -Lodovica- 

-Ruggero- rispose lui stringendola forte. 



In cucina,Martina stava seduta da sola al bancone,infilando e togliendo un biscotto dalla tazza,annoiata. Il suo piede destro batteva la pantofola blu,che ormai rimaneva appesa solo dalla punta,contro la gamba dello sgabello. 

-Non dovresti immergere ancora quel biscotto,a meno che tu non voglia una schifosa poltiglia marrone tra le mani- la avvisó il ragazzo dagli occhi verdi,che era rimasto seduto sul divano. 

Martina si giró vero di lui e alzó un sopracciglio,contrariata. 

-Davvero,parlo per esperienza personale!- replicó Jorge alzando le mani,in segno di innocenza.

La ragazza scosse la testa e tornó all'azione monotona che ormai compieva da una decina di minuti. 

Proprio mentre stava per addentare il biscotto,questo si sciolse tra le sue dita,finendo dritto nella tazza gialla.

Sentí una risata dietro di lei,e non ebbe bisogno di voltarsi per capire chi fosse. 

Chiuse gli occhi per mantenere la calma e camminó fino ai fornelli per scaldare dell'altro latte.

-Lascia fare a me- si offrí la stessa voce. 

Martina fece finta di non sentire e versó il latte nel pentolino,che stava ancora appoggiato nel lavandino. 

Senza dire nulla,Jorge lo prese in mano e lo appoggió sul fornello,poi regoló la temperatura e si voltó verso la ragazza. 

-Ti prego ora non dirmi 'Te l'avevo detto- lo avvisó lei passandosi le mani tra i capelli. 

-Ti avevo avvertito- la prese in giro con un sorriso che risaltava in particolare i denti bianchissimi e gli occhi smeraldo. 

Tini roteó gli occhi,ma non poté fare a meno di abozzare un sorriso,forse coinvolta da quello di lui,o magari per la battuta. Fatto sta che non avrebbe voluto farlo. 

-Come ti chiami?- le chiese lui alzando la pentola per versarne il contenuto nella tazza. -No,aspetta! Lo so- disse Jorge alzando il dito indice. 

Camminó fino ad un foglio di carta appeso nel soggiorno e indicó il primo nome. -Mercedes,giusto?- chiese alzando le sopracciglia,tirando a indovinare.

Martina scosse la testa sorridendo. 

-Ehi,stavo scherzando,tu hai la faccia da Lodovica- si corresse cercando nello sguardo di lei un'indizio. Ma Tini si limitó a scuotere nuovamente la testa,mentre copriva con una mano il sorriso che si stava ingrandendo. 

-Ti stavo prendendo in giro,ovviamente tu sei...

Si fermó,imitando con le labbra le iniziali di alcune lettere,provando a scovare nei suoi occhi un segno che gli facesse capire quale fosse quella giusta. 

La ragazza non riuscí a resistere e scoppió a ridere,mentre si allontanava dalla cucina per avvicinarsi a lui. -Non indovinerai mai il mio nome,

Si bloccó,rendendosi conto che nemmeno lei conosceva quello di lui.

-Jorge- completó la frase,aggrottando la fronte mentre allungava la mano verso di lei. -Ora indovino. Piacere Alba- 

Martina finse di essere offesa e ritrasse il braccio che aveva porso a sua volta,portandolo al petto e incrociandolo con l'altro. 

Jorge chiuse gli occhi,fingendo di concentrarsi,poi portó le mani alla testa e respiró profondamente. -Martina- 

La ragazza fece uno sguardo sorpreso. Aveva indovinato,finalmente! 

-Ho davvero uno sguardo cosí poco... Martina?- gli chiese porgendogli di nuovo la mano. 

-In effetti,guardandoti sei molto Martina- ammise stringendola finalmente.



-Ti dico che é meglio di no- 

-E invece lo voglio fare-

-No!- 

Dalla camera dalla quale erano usciti,Facundo e Xabiani erano arrivati alla stanza di Diego,poco dopo che Candelaria se ne fosse andata.

Si erano fermati in corridoio a litigarsi le ragazze,fino ad arrivare ad un compromesso; essere giudicati dal loro amico. 

Facundo sapeva che avrebbe vinto,insomma,Diego era il suo migliore amico,a chi altri avrebbe potuto dare ragione? 

Pensandoci,si era ricordato che le volte in cui l'aveva fatto erano state ben poche,ma questa volta l'avrebbe capito. O almeno sperava.

-Ti dico che la bionda é troppo per te,lasciala a me- esageró ancora una volta entrando nella stanza. 

-La bionda ha un nome,sono io a saperlo,perció é giusto che me la tenga io. E poi,giá ho avuto un approccio con lei- replicó Xabiani entrando a sua volta. 

-E quale sarebbe questo approccio? Fissarla imperterrito in qualsiasi cosa lei abbia fatto? Ma per favore!- 

Diego alzó lo sguardo dalla scrivania,incuriosito dalla conversazione. 

-E allora? Meglio di niente,non credi? Tu tieniti quell'altra!- 

-Ragazzi,ragazzi calmi!- intervení il ragazzo dagli occhi verde scuro dopo aver capito che le cose si stavano scaldando. -Litigare per una ragazza? Siete caduti cosí in basso?- 

Sapeva che dicendo cosí avrebbe toccato il loro orgoglio,che era la cosa piú preziosa che possedevano,ma anche la loro parte piú suscettibile. 

Entrambi erano convinti di poter fare tutto ció che si mettevano in testa,di poter vincere ogni competizione. E lo dimostravano ugualmente,quanto in diverso modo. 

-Okay,mettiamoci d'accordo con calma- accettó dopo poco Facundo,sedendosi sulla scrivania. 

-Va bene- rispose Xabiani accomodandosi nel letto basso di quello a castello. 

Diego invece si arrampicó su quello alto con un libro da sfogliare distrattamente ascoltando nel frattempo la conversazione degli amici. 

-Proviamoci entrambi con la bionda,poi vediamo chi preferisce- propose Facundo sistemandosi la stringa della scarpa destra. 

Xabiani fece una smorfia quasi schifata,evidentemente non era del tutto d'accordo. 

-E se io ci provassi con lei e tu con la riccia?- chiese giocherellando con una pallina anti stress trovata sul comodino accanto a lui. 

-Non credo si innamoreranno di voi all'istante. Al massimo riuscirete a passare una nottata con loro. Da quello che ho potuto vedere entrambe non sono molto inclini all'amore- commentó Diego continuando a fingere di leggere. 

Xabiani e Facundo si guardarono con aria perplessa. Non avevano mai parlato di amore. Quest'idea non era mai passata per la testa a nessuno dei due. 

Ma in questo modo sarebbe stato tutto piú complicato,una sfida piú ardua. E a loro questo piaceva. 

-Oh,ora capisco. Non parlavate di amore. Perfetto ragazzi,fate bene a non farle innamorare,soffrirebbero troppo sapendo infine che questo amore era solo un gioco. Passate la vostra gran "dormita" e divertitevi- si corresse tutto ad un tratto Diego,accorgendosi dell'errore commesso grazie alle loro espressioni. Ma temeva di aver dato loro una gran brutta idea. 

-Io faccio innamorare la mora,tu la bionda,abbiamo un mese per farlo- annunció Facundo interrompendo il silenzio. 

-Ci sto- concordó Xabiani. 

I due si strinsero la mano e uscirono dalla camera,lasciando Diego con le mani tra i capelli. Aveva combinato un pasticcio.



----••----••----



 Aiuto che ritardo colossale! 

Scusatemi tantissimo,davvero,ma con l'inizio della scuola non é che abbia tutto questo tempo. 

E per di piú il capitolo non mi convince granché,perció vi chiedo perdono anche per questo. 

Diciamo che ho voluto iniziare a mettere qualche legame tra i personaggi,ma la storia vera e propria,la missione dei ragazzi e tutto il resto inizierá bene nel prossimo capitolo. 

Care le mie Lodoggero e Jortini,spero che le parti riferite a loro vi siano piaciute! 

I Lodoggero sono iniziati subito bene,direi! Ruggero riuscirá a far aprire un pó la ragazza? 

Magari aiutato da Martina? 

Personalmente,amo l'amicizia Lodini,non potevo non aggiungerle :3 

Al contrario gli Jortini non sembravano avere un gran rapporto,anche se qualcosa e successo e... Mah,dite che si uniranno di piú? 

Cande e Diego. Che ne dite? 

Tranquille,sará solo amicizia u.u 

Ma sará comunque una delle migliori,giá ve lo anticipo. 

Xabiani e Facundo,non fanno che litigare. Eh,il loro rapporto sará sempre cosí,dovrete abituarvi. Un pó come quello di Alba e Mechi,no? 

In questo capitolo non le ho aggiunte,ma ne combineranno delle belle! 

Dicevo,Xabiani e Facundo arrivati ad un compromesso: far innamorare le ragazze. 

Impresa difficile far diventare inclini all'amore quelle due eh

Nel prossimo capitolo approfondiró meglio alcuni personaggi,cosí li conoscerete meglio. 

Spero vi sia piaciuto,o almeno piú di quanto sia piaciuto a me. Spero di non avervi deluse,perché sinceramente a me non piace molto cc

Besoos <33

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


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CAPITOLO 5


Era ormai passata una settimana dall'inizio delle lezioni,sei giorni dalla partenza degli Eraklyoniani. 
Quel poco tempo era bastato per adattarsi,bene o male,alla vita sulla Terra. Ma non tutto era cosí facile per loro. La vita non era cosí tranquilla come ad Eraklyon. Sicuramente aveva molti piú problemi; come qualsiasi persona incontrata laggiú fino ad ora,d'altronde. Ad Eraklyon si era piú spensierati,non si pensava molto al futuro. O almeno,non ci si pensava fino all'ora di intraprendere la missione. Quella missione desiderata e temuta da tutti,allo stesso tempo. Quella missione cosí pericolosa ed emozionante. Quella missione cosí importante,forse anche troppo per essere assegnata a ragazzini alle prese con la conoscenza dei loro poteri. 
Ma tutti erano cresciuti cosí,ad Eraklyon. 
E a molti era piaciuta cosí tanto la vita terrena che avevano deciso di trasferirsi laggiú. 
Ma per ora,nessuno di loro aveva trovato buoni motivi per potersi fermare per sempre; per non tornare mai piú in quel posto,su,a metri e metri di altezza,che era la loro casa. 

Era il secondo lunedí scolastico che sorgeva nella cittá di Chicago,la sesta sveglia che,con il suo trillo fastidioso,costringeva i ragazzi ad alzarsi dai loro letti caldi. 
Alba spinse un braccio fino al comodino,cercando con la mano l'oggetto che emetteva quel suono cosí irritante. Non aveva ancora aperto gli occhi,non perché non riuscisse,ma semplicemente perché non voleva. Non aveva nessuna voglia di iniziare un altro giorno in quella casa di matti,in quella scuola estremamente pazza abitata da gente cosí anormale che avrebbe potuto riempire uno studio psicologico per essere curata. 
Trovata la sveglia,ancor piú difficile fu la ricerca del pulsante per spegnerla. Sicuramente la ragazza non era aiutata dalla sua posizione apparentemente molto scomoda: corpo voltato verso destra,gambe incrociate su se stesse,un braccio sotto alla testa e l'altro alla ricerca del pulsantino. Di certo non era molto comodo spegnere una sveglia senza girare il corpo dall'altro lato,soprattutto ad occhi chiusi! 
Ma a quanto pare Alba voleva rendere le cose piú difficili. Il perfetto specchio di sé stessa,d'altronde. 
Di certo poteva essere considerata una delle persone piú complicate e contorte della casa,se non dell'intero college. 
Nessuno dei suoi coinquilini l'aveva vista sorridere,nemmeno una volta. Sembrava che lei fosse troppo per tutti,che non volesse nessuno tra i piedi. 
Non girava molto per l'appartamento,se non per prendere qualcosa che aveva dimenticato in giro. 
Le uniche volte in cui si sentiva la sua voce erano causate dalle ramanzine che era costretta a fare a Mercedes. Ovviamente seguite da ripicche della bionda,che amava vederla strillare come una iena in mezzo a tutti. 
Ma ad Alba non fregava essere sentita o meno,lei faceva quello che decideva di fare,senza badare al luogo dove si trovava o alla gente che aveva intorno. 
Presa dalla rabbia,la ragazza scaraventó la sveglia a terra. 
-Stupido pulsante- le si sentí sussurrare di seguito. 

-Alba cazzo!- 
La voce di Mercedes echeggió in tutta la stanza,svegliando anche i due Eraklyoniani che dovevano avere un sonno davvero pesante,per non aver sentito la sveglia. 
-Cosa vuoi puttanella?- rispose in rimando la mora,mantendo ancora la stessa posizione e gli occhi chiusi. 
-Raccogli quella cavolo di sveglia! Ma ti pare il caso svegliarmi a quest'ora del mattino? E tutto per lanciare una sveglia? Se proprio vuoi lanciare qualcosa che so,butta te stessa dal balcone!- sbraitó la bionda sedendosi sul letto,rivestito dalla coperta fuxia che aveva riposto lí il primo giorno. 
-Magari potessi,ma vedi,siamo al piano terra- ribatté senza nessun tono. Stranamente non aveva usato quegli urli incazzati di quando parlava con Mercedes. Forse perché era mattina. 
-Non vedo comunque perché dovresti prendertela con la sveglia!- urló di nuovo l'altra,prima di sdraiarsi di nuovo a pancia in giú. 
-Ragazze,non vorrei interrompervi,ma dobbiamo alzarci. Vedete,tra poco iniziano le lezioni- le avvisó Facundo mentre scostava la coperta dal suo corpo,mettendo in mostra praticamente tutta la sua pelle,dato che dormiva in boxer. Ma la luce era ancora spenta,non avrebbe avuto problemi o imprevisti di alcun tipo con le ragazze. 
Entrambe scoppiarono a ridere dopo la sua affermazione. 
-Certo Facundo. La scuola- disse Mercedes dopo aver spento la risata. 
Il ragazzo le guardó stranito. Di solito si svegliava sempre prima di loro,si cambiava e usciva con gli altri al bar del college fino alle otto. A quell'ora si dirigeva a lezione,ma neanche in quel caso vedeva le sue coinquiline,che stavano nell'altra classe. 
-Davvero non capisci? Ma dai,cosa te ne frega delle lezioni quando puoi vivere in una casa tutta tua,senza genitori ad obbligarti ad andarci? Taglia per un giorno,non vorrai essere l'alunno modello- ribatté Alba sorridendo all'espressione quasi sconcertata del ragazzo,intravista nel buio della stanza. 
Dopo pochi minuti di silenzio,Facundo sembró aver capito cosa Alba volesse dire e si sdraió di nuovo sul lato destro del corpo,infilando una mano sotto al cuscino. La coperta peró era rimasta a terra,dove era stata lanciata poco prima. 
Xabiani invece stropicció gli occhi e corse subito fuori dalla camera dopo aver visto sgattaiolare fuori la bionda. 
Alba si sistemó con la schiena contro la testiera del letto,avendo ormai perso sonno. 
Si soffermó ad osservare i lineamenti delicati ma decisi del viso di Facundo,che dormiva nel letto davanti al suo; separati dallo spazio di una scrivania. 
Poi scese verso il suo corpo,lungo la linea degli addominali evidentemente palestrati,coperti dall'ombra. 
Da quando suo padre aveva conosciuto la sua matrigna,non lo aveva piú guardato in faccia per molto tempo. Non concepiva l'idea che avesse sostituito cosí in fretta sua madre,la donna che a quanto pareva avesse amato con tutta l'anima,con quella persona subdola,cattiva. Non capiva come avesse potuto dimenticare con tanta facilitá sua moglie solo per il fatto che fosse partita per il Paradiso. 
Perché sicuramente era quello che aveva raggiunto. 
La madre di Alba era una persona buona come il pane. Aveva sempre giocato con lei durante i primi sei anni della sua vita,le aveva regalato tutto l'affetto possibile. 
Ma tutto era cambiato con la sua morte. Era avvenuto tutto all'improvviso. Quelli che inizialmente erano attacchi d'asma si fecero piú forti,e la sua protesta contro l'abbondanza di farmaci a vita non aiutarono il suo destino.
Alba aveva deciso di non indossare la classica maschera sorridente e spensierata dei ragazzi nelle sue stesse condizioni. Il mondo era diventato nero,e cosí aveva voluto che rimanesse. 
Due anni dopo,questa nuova donna entró nella sua vita. Inizialmente sembrava cosí gentile e simpatica,ma poi aveva iniziato a vederla in assenza di suo padre per l'organizzazione del matrimonio,e lí aveva scoperto la sua vera identitá.  
Crudele,doppiogiochista. Non aveva mai conosciuto nessuno con la sua doppia faccia. 
Ma era inutile dirlo a suo padre,tanto,non l'avrebbe ascoltata. 
La sua esistenza fino all'entrata al college era stata tormentata dalle continue critiche della matrigna,dai ricatti. 
Dopo essersi rigirato diverse volte,anche Facundo aprí gli occhi e mise le mani dietro alla testa,appoggiandole alla testiera del letto. 
I suoi occhi incrociarono quelli di Alba,che non abbassó lo sguardo. 
-Convertito alla beata attitudine del non andare a scuola?- chiese lei sollevando un sopracciglio.
Facundo lasció scappare una risata,spostando la testa verso la finestra -Forse sí- 
Alba alzó un angolo della bocca,quasi un un sorriso che si affrettó ad eliminare.
Ma ormai il compagno di stanza se n'era accorto,era quasi soddisfatto di esserci riuscito. 
In quella prima settimana,dal giorno della scommessa con Xabiani,si era avvicinato molto a lei,o almeno ci aveva provato. 
Aveva capito che quella ragazza non apprezzava i metodi affrettati. Ma forse avrebbe dovuto aspettarselo,insomma,tutti sapevano com'era fatta. 
Dopo il tentativo di abbracciarla per darle la buona notte,seguito da una gomitata nello stomaco,aveva deciso di cambiare metodo. 
Sarebbe diventato suo amico,l'avrebbe conosciuta meglio e,una volta scoperto cosa le piacesse,sarebbe passato all'azione. 
Sicuramente il loro rapporto era molto migliorato rispetto all'inizio,ora riusciva a scambiare almeno due parole con lei senza che se ne andasse via con la solita espressione cupa. 
-Allora,a quando il nuovo taglio?- 
Facundo venne risvegliato dai suoi pensieri dalla voce della ragazza,che lo stava squadrando con un mezzo sorrisetto. 
-Mai,te l'ho giá detto- replicó scuotendo l'indice davanti a sé. 
Alba gli aveva ripetuto svariate volte di tagliarsi i capelli,cosí ricci e folti come un cespuglio castano,ma lui non ne aveva intenzione. Voleva mantenere almeno un particolare Eraklyoniano,e poi,non gli stavano cosí male! 
La ragazza sbuffó e alzó la coperta sopra all'ombelico. Facundo abbassó prima una gamba,poi l'altra e si alzó in piedi. -Quello di cui hai bisogno é un pó di affetto- disse avvicinandosi al suo letto -Un pó di calore- continuó abbassandosi verso di lei,pronto ad abbracciarla. Venne bloccato da un paio di mani abbastanza forti da trattenerlo poggiate sul suo petto -Facundo,vattene- 
Ed ecco tornata la Alba di sempre. 
Lui cercó di avvicinarsi ancora,resistendo alla tensione delle braccia della ragazza,ma alla fine cedette,spostando tutto il suo peso su queste. 
-Facundo,togliti. Vai a vestirti- ordinó di nuovo Alba esercitando piú forza in modo da allontanarlo del tutto. 
Non voleva affezionarsi a nessuno in quella casa. Aveva commesso un errore a mostrarsi cosí amichevole con lui,ecco le conseguenze. 
Facundo staccó dal muro la mano che aveva appoggiato per avvicinarsi a lei e scosse la testa,iniziando a camminare verso la porta dopo lo sguardo,tornato il solito secco e pungente,di Alba. 

In classe,Martina stava seduta nell'ultimo banco in fondo,con la testa poggiata sulla mano destra e lo sguardo annoiato perso nei suoi pensieri. 
Accanto a lei c'era Lodovica,che prendeva qualche appunto quá e lá mentre scarabocchiava la parte destra del foglio. 
-Quanto manca?- mimó con le labbra la ragazza dalle punte rosse,indicando un falso orologio sul polso. 
Lodovica alzó le spalle,guardandosi in giro alla ricerca di un orologio appeso da qualche parte,con scarsi risultati. 
Martina si abbassó sulla sedia,togliendo dalla borsa,appoggiata davanti a lei,il suo cellulare. La compagna di banco le rivolse uno sguardo di rimprovero,ma lei lo ignoró. Aprí WhatsApp e fece scorrere le conversazioni in cerca di quella con Jorge. 
Avevano legato molto in quella settimana,anche se i litigi,seppur piccoli,non erano mancati. Capitava spesso che discutessero per un cuscino fuori posto,o per aver utilizzato una tazza dopo che l'altro l'aveva appena pulita. Ma la loro amicizia era cosí,non riuscivano a stare insieme nella stessa stanza senza qualche spintone seguito da un abbraccio per farsi perdonare. 
"Ehi" scrisse sulla chat.
Osservó l'ultimo accesso: 8.04 del mattino. 
Doveva essere partecipe di qualche lezione molto interessante,oppure era presente un professore con la vista talmente acuta da poter riconoscere un cellulare nascosto,pensó Martina mentre aspettava una risposta. 
Bloccó lo schermo e ripose nuovamente il telefono in una tasca interna della borsa. Subito dopo notó un foglietto ripiegato piú volte su sé stesso sopra al banco. 
Si voltó verso Lodovica,che continuó a scrivere,mentre un piccolo sorriso si dipingeva sulle sue labbra. 
Tini aprí il biglietto e vide la scrittura distorta dell'amica comporre la frase "Novitá? Jorge?" 
La squadró con sguardo incredulo. 
Non credeva che Lodo pensasse a loro due come qualcosa che non fosse amicizia,semplicemente perché non lo era! 
Si affrettó a rispondere "Che!? Lodo,togliti questa idea dalla testa!!" 
Ripiegó nuovamente il foglietto con le esili dita coperte da anelli in bigiotteria,poi lo posó vicino all'astuccio della compagna.
Venne subito letto dall'altra,che lo stropicció per poi infilarlo nello zaino grigio,si voltó verso Martina e alzó un sopracciglio contrariata. 
La mora alzó le mani e si avvicinó all'altra fingendo di raccogliere una penna caduta a terra -Siamo amici,mettitelo in testa- sussuró con un tono che non ammetteva repliche. 
Lanció uno sguardo alla classe; c'era un solo banco vuoto,quello di Alba,che ancora non si era presentata a lezione. Solitamente arrivava qualche minuto in ritardo,ma oggi non si era ancora fatta viva. Probabilmente aveva tagliato; per quanto l'avesse conosciuta,non le sembrava che le potesse fregare un granché. 
Riprese il cellulare e appoggió la schiena contro la parte,nascondendolo dietro alla colonna che aveva davanti. 
Abbassó la tendina delle notifiche e cliccó sul messaggio di WhatsApp,che la portó automaticamente alla chat con Jorge. Aveva risposto con un "Ciao :)"
Martina esitó un attimo,mentre fissava l'online sotto al nome dell'amico. Dopo pochi minuti si decise a rispondere. 
"Lezione interessante?"
L'online venne sostituito da un: ultimo accesso oggi alle 9.01,ma ricomparve subito dopo; probabilmente doveva aver visto la notifica. 
"Non so cosa possa avere di interessante la matematica,ma almeno la prof non sta scrivendo file di equazioni alla lavagna,quindi direi accettabile" 
Jorge posó il cellulare accanto alla calcolatrice,senza pensare minimamente al nasconderlo. Ad Eraklyon si potevano tranquillamente utlilizzare gli ePhone,programmati in modo da bloccare qualsiasi accesso ad applicazioni che non avevano niente a che vedere con la scuola. 
Ora che si trovava sulla Terra,gli sembrava strano poter utilizzare i messaggi o quella specie di enciclopedia contenente qualsiasi cosa volevi,meglio conosciuta come Internet,in classe. Ma quello che Jorge non sapeva era una delle regole principali del college: divieto di cellulari nelle ore di lezione. 
"Sicuramente é meglio fingere di ascoltare matematica,piuttosto che subirsi tre ore consecutive di storia" 
La risposta di Martina attiró l'attenzione di Jorge,che avvicinó nuovamente al viso il suo telefono,pronto a rispondere. 
-Blanco! É un cellulare quello?- 
Ed ecco arrivato il momento. Entro pochissimo Jorge avrebbe appreso la regola infrangibile. 
-Blanco,faccia un pó vedere!- ordinó con aria severa la professoressa,una donna sulla trentina vestita esclusivamente di bianco. 
Il ragazzo uscí da WhatsApp confuso,poi bloccó lo schermo e porse il telefono alla donna. 
-Senta ragazzo mio,non so cosa lei abbia imparato nella scuola che frequentava,ma sicuramente non ad essere furbo. Comunque sia,se era abituato ad utilizzare questo aggeggio fin troppo moderno durante le ore di lezione,vorrei informarla di dare un'occhiata al regolamento di istituto,perché dovrebbe sapere che quí i cellulari sono assolutamente vietati durante le ore di lezione!- 
Finita la ramanzina e dopo aver accumulato la giusta dose di rossore e rabbia,l'insegnante tornó a sedersi dietro la cattedra,sulla quale appoggió l'oggetto.
Tiró un respiro profondo e si lasció cadere con la schiena contro lo schienale. -Domani mattina potrá venire a ritirarlo- disse poi con tono decisamente piú calmo.
Ruggero,che stava seduto accanto a Jorge,gli diede una gomitata sul braccio per farlo riprendere dalla trance in cui era caduto dopo la sgridata dell'insegnante. 
-Bella sclerata,eh?- domandó ironicamente all'amico. 
Jorge si voltó verso di lui,ancora con gli occhi spalancati dagli urli che aveva lanciato la donna,annuendo. 

Finalmente era arrivata la pausa pranzo; tutti i ragazzi uscirono insieme dalla classe,diretti verso l'aula delle ragazze. Durante la settimana precedente avevano deciso di fare a turno per chi dovesse aspettare chi,per poi andare a mangiare tutti insieme. 
Certo,c'era chi come Alba o Candelaria non accettava e preferiva tornare nell'appartamento,ma alla fine ci si divertiva. 
In cosí poco tempo si era creato un bel legame tra la maggior parte dei ragazzi,una bella cosa dato che avrebbero dovuto vivere insieme per cosí tanto tempo. 
Ma se si osservava bene quella tavolata al centro della mensa,dopo quella gioia che pareva cosí reale e perfetta,si notavano i sorrisi tirati di chi non ha niente in comune con gli altri,le risate imbarazzate di quando non si sa cosa dire,persone che guardavano semplicemente nel loro piatto con la paura di essere di troppo nelle amicizie giá formate. 
Si poteva dire che fosse nata un'amicizia,ma non che fosse vera. 
-Jorge,metti questa sulla mia sedia,non voglio che nessuno occupi il mio posto- disse Ruggero porgendo all'amico la sua felpa blu.
-Dove devi andare campione?- chiese Jorge dandogli una gomitata sul braccio e stringendo nella mano destra l'indumento dell'amico. 
Ruggero sorrise,poi si appoggió al muro di fronte alla classe delle coinquline. -Voglio conoscere meglio Lodovica. Non so se hai notato,é cosí chiusa,non parla mai... Ha questa luce nera negli occhi e voglio capire perché- spiegó risoluto mentre porgeva attenzione alle linee in uniposca nero che coprivano una colonna vicina agli armadietti. 
-Sai,credo di aver visto che questa oscuritá diminuisce quando sta con te. Sono gli unici momenti in cui sento la sua voce. Oltre a quando sta con Martina,certo- gli fece notare Jorge scuotendolo dalla spalla. L'amico alzó lo sguardo,quasi incredulo -Dici sul serio?- 
-Certo. Ora vai campione,fa parlare quella ragazza- lo spronó spingendolo verso la porta dell'aula con un occhiolino. 

Alcune ragazze della 1^A,tra le quali Martina e Lodovica,erano state trattenute dall'insegnante di storia per la lettura di una documentazione molto interessante,a detta sua. 
Con dieci minuti di ritardo,finalmente riuscirono ad uscire per la desiderata pausa. 
Lodovica venne fermata sulla soglia dal ragazzo con il ciuffo castano con cui aveva molto legato. Strano da parte sua,lo pensava anche lei. 
Perché era riuscita ad avere un amico? Ma soprattutto,che ci vedeva lui,o Martina,in una come lei? 
Non credeva che avrebbe potuto aprire di nuovo il suo cuore per qualcuno,ma non lo aveva fatto di proposito,sentiva soltanto di riuscire a parlar loro senza alcun problema.
-Andiamo a mangiare?- chiese lui smuovendola dai suoi pensieri. 
Lodovica si guardó indietro,controllando se Martina si trovasse ancora in classe,ma non la vide. Evidentemente aveva giá raggiunto gli altri. 
Annuí e afferró la mano che il ragazzo le aveva porso,con un sorriso timido. 
-Perché non mangiamo con gli altri?- chiese dopo essersi seduta nel tavolo all'angolo sinistro del bar. 
Ruggero allontanó la sedia per potersi sedere,poi chiamó un cameriere che stava poggiando sul vassoio quello che alcuni studenti avevano lasciato dopo aver finito di mangiare. 
-Volevo solo passare un pó di tempo con te- schioccó un occhiolino -Ti infastidisce?- chiese poi accarezzandole quasi casualmente una mano,appoggiata sul tavolo. 
Lodovica arrossí con questo contatto. Nessuno,a parte la sua famiglia,l'aveva piú abbracciata o toccata dopo l'incidente. 
-No... Certo che no- rispose scuotendo la testa,quasi volesse convincere sé stessa. 
Il cameriere arrivó a servire ció che Ruggero aveva indicato quasi in maniera insignificante sul menú. -Lodovica,é arrivato da mangiare- la avvisó vedendo che fissava imperterrita il pavimento,senza muovere un dito per avvicinarsi a quel bellissimo piatto di pastasciutta. 
-Lodo,cos'hai? Non ti praticamente mai vista sorridere. Hai qualcosa da raccontarmi?- chiese finalmente il ragazzo. Era da tanto che voleva farle quella domanda,ma non voleva sembrare troppo invadente,o fastidioso. 
Ma ora non ne poteva davvero piú,doveva sapere la veritá,voleva aiutarla. 
-Preferirei non parlarne- rispose quasi in un sussurro la mora,allontanando la sua mano da quella di lui. 
Ruggero sorrise -So che ne hai bisogno. Su,sfogati,io sono quí per ascoltarti- la incitó ancora una volta afferrando di nuovo la sua mano,ma questa volta strinse maggiormente la presa per non permetterle di sgattaiolarne fuori. 
Lodovica lo lasció fare,poi si sistemó piü comodamente sulla sedia e appoggió i gomiti sul tavolo,pronta a raccontare. 
Per la prima volta era sicura di volerlo fare. 
Non si era mai sfogata con nessuno: ora ne aveva bisogno. 
-Avevo dieci anni quando mia sorella é morta- 
Fece una pausa; Ruggero fece un piccolo balzo sulla sedia. Ora sí che iniziava a capire molte cose. 
Lodovica annuí,come per fargli capire che era davvero successo cosí. 
-Aveva attraversato la strada d'istinto,nonostante io le avessi detto di no- sistemó dietro l'orecchio una ciocca di capelli che le era caduta sulla guancia sinistra -Era sempre cosí,non voleva mai ascoltarmi,nonostante sapesse di avere torto. Ma poi veniva sempre a chiedermi scusa- sorrise amaramente -Era cosí dolce- 
Alcune lacrime iniziarono a bagnarle gli angoli degli occhi.
-Ma quel giorno non poté chiedermi scusa con la sua solita faccina da cucciola e l'abbraccio speciale riservato solo a queste circostanze. Un camion aveva percorso quella vietta superando decisamente i limiti di velocitá e la travolse- le lacrime iniziarono a scendere lentamente sulle guancie.
Ruggero era immobile sulla sedia,intento ad ascoltare.
-L'ho vista morire davanti ai miei occhi,capisci? E non ho fatto nulla per salvarla!- alzó la voce,mentre stringeva forte la mano di Ruggero. 
-Questo perché non ne avresti avuto modo- tentó di rassicurarla lui,pur sapendo che sarebbe stato tutto inutile. 
-No,no invece! Avrei potuto trattenerla e non farle attraversare la strada! Avrei potuto tenerla per mano! Avrei potuto fare tante cose per cui quell'incidente non sarebbe avvenuto!- alzó di nuovo il volume,mentre si agitava sulla sedia in preda alle lacrime. 
-Sai che ti dico? Sfogati! Fammi sentire tutta questa rabbia,che sono sicurissimo sta invadendo tutta te stessa! Fammi sentire il tuo odio verso quel maledettissimo camion,forza!- la spronó Ruggero alzandosi in piedi,senza peró rinunciare alla stretta di mano. 
Dopo un secondo di esitazione,anche Lodovica si alzó,portando anche l'altra mano sopra quella del ragazzo. -Vaffanculo a quel bastardissimo camion che ha reso la mia vita una merda!- urló con tutta la forza che,mischiata all'amarezza e al pianto,stava uscendo dal suo corpo. 
Tutti gli studenti si erano voltati a guardarli,ma nessuno dei due ci fece caso. 
-Vai cosí! Sfogati!- gridó di nuovo il ragazzo,quasi divertito dalla situazione. 
-Spero che l'autista sia almeno stato processato,con tanto di tortura! Spero che un giorno possa capitare a lui l'incidente di cui é stato responsabile!- urló ancora,questa volta con un brillio di sfida negli occhi. 
-And the winner is...- disse Ruggero alzando la mano avvolta da quelle della ragazza. 
Lodovica arrossí,rendendosi finalmente conto di tutta la gente che la stava fissando sbigottita. Lui se ne rese conto,perció abbassó di nuovo il braccio e si avvicinó a lei per abbracciarla. 
Come mai aveva fatto,la ragazza si lasció avvolgere dal corpo di Ruggero,cosí caldo e rassicurante. Sentiva che lí era al sicuro,avrebbe potuto finalmente combattere le sue paure. -Grazie- sussurró in un miscuglio tra lacrime di tristezza,mischiate con quelle di gioia e forza che aveva finalmente aquisito dopo tanti anni. 
Ruggero si limitó a sorridere,soddisfatto. Era riuscito a farla stare meglio e,in quel momento,non c'era nulla di migliore. 

Facundo aveva appena terminato di pulire i piatti di plastica che aveva utilizzato con Alba per pranzare. Finalmente era riuscito a parlarle un pó quel giorno,senza avere alcun fraintendimento: la sua tattica stava funzionando. 
Stranamente,non si era comportata come la solita Alba fredda e chiusa. Certo,non aveva composto grandi monologhi,ma era un buon inizio. 
-Ovviamente,puó darsi che siano stati male,ma perché nessuno ha avvisato? A questo punto meglio controllare,non credi?- 
Facundo captó al volo la voce della preside,che probabilmente stava parlando con un collega. La parte peggiore dell'aver capito chi fosse? Si stavano dirigendo verso il loro appartamento. 
Senza pensarci due volte,corse verso Alba,che stava togliendo le briciole dalla tovaglia in sala da pranzo,e la spinse dietro ad uno scaffale. Subito dopo ci si infiló anche lui. 
-Facundo,ma che fai?- urló con un'espressione tra lo spaventata e lo stupita,cercando di spingerlo via. 
-La preside sta venendo quí,fai silenzio- la zittí mettendo un indice davanti alla bocca. 
Come aveva previsto,la porta si spalancó e la donna,accompagnata da ben due professori,si fece largo nella casa. 
Facundo strinse gli occhi,avvicinando il corpo a quello della ragazza. Lo spazio era ben poco,visto che tra lo scaffale e il muro c'erano all'incirca trenta centimetri.
Alba spalancó gli occhi,colta di sorpresa da quel contatto. Tentó di separarsi,ma il braccio del ragazzo che ora la circondava,la trattenne. Si voltó verso di lui infastidita,ma ancora una volta lui le fece cenno di tacere.
Dopo uno sguardo veloce,la preside uscí con un -Spero per loro che non abbiano tagliato,o non so che punizione potrei affidargli!-
Ecco il lato negativo di vivere a scuola,pensó Alba. 
Appena la serratura si chiuse,sgattaioló fuori,come se le mancasse il respiro chiusa lí dentro. 
-Potevi avvisarmi prima di rinchiudermi lí dentro,non credi?- sbraitó avvicinandosi al divano. -Se fossi stata claustrofobica? Non sarebbe stato meglio un "Alba,sta arrivando la preside,nasconditi"?- 
Facundo le si avvicinó di nuovo,con un'espressione colpevole dipinta sul viso. -Perdonami,cercavo solo di aiutarti- 
Alba stava per cedere alla sinceritá del ragazzo,ma tornó subito sui suoi passi -Non ho bisogno del tuo aiuto- disse,questa volta abbassando il volume di voce,mentre camminava verso la cucina.
Il ragazzo le tolse di mano il piatto verde -Questo l'ho giá lavato io- 
Alba sbuffó,infastidita,e afferró un bicchiere poggiato nel lavandino. -Anche questo é giá stato lavato- la riprese di nuovo Facundo.
Silenzio.
-So che non ti é dispiaciuto starmi cosí vicina- replicó lui alzando il sopracciglio sinistro. 
-Non l'avrai vinta cosí facilmente- 
Facundo vide Alba correre via,ma non fece in tempo a capire con quale espressione avesse detto quella frase. Ma aveva detto "non l'avrai vinta cosí facilmente". Significa che l'avrebbe avuta vinta prima o poi? Sarebbe riuscita a cedere? 

Pausa pranzo terminata,Diego non aveva nell'orario nessun corso pomeridiano,perció decise di recarsi nella sua stanza per esercitarsi un pó con la sfera. Da quando era arrivato sulla Terra,non aveva fatto nessun esercizio con i suoi poteri,ma ora ne sentiva la necessitá. E poi,doveva rinfrescare un pó la memoria in caso di qualche attacco improvviso. 
Entró nella casetta,superó il salotto dove Mercedes e Xabiani si stavano sbaciucchiando sicuri di non essere notati e raggiunse la sua stanza. Controlló che non ci fosse nessuno al suo interno,poi chiuse la porta e si infiló tra l'armadio e la piccola parte di muro che faceva da angolo. Si abbassó per aprire il cassetto del comodino che aveva accanto,da cui estrasse la preziosissima sfera. 
La accarezzó tre volte con il dito indice,preparandosi mentalmente a quello che stava per fare: l'oggetto l'avrebbe portato in un piccolo spazio virtuale,dove una simulazione di una battaglia lo aspettava. Ognuno aveva il suo piccolo spazio,ma ogni volta che ci si saliva,lo scenario era differente. Si poteva scegliere di arrendersi,ma secondo i professori era preferibile rimanere fino ad aver svolto la missione.
Le simulazioni non erano basate su alcun tipo di dato,né di paure specifiche; erano semplicemente programmate da alcuni professori di Eraklyon. Si diceva ne esistessero piú di duemila,basate su qualsiasi caso possibile. 
Dopo aver ripreso confidenza con la superficie liscia della sfera,Diego chiuse gli occhi e la fece girare due volte su se stessa,in mezzo alle sue mani. 
In meno di tre secondi venne catapultato nel suo spazio virtuale,che in quel momento era velato da un azzurrino che ricordava lo zucchero filato. 
Ora indossava la divisa da Paladino: pantaloni,maglia,giacca in pelle e anfibi,tutto rigorosamente nero. 
Si avvicinó ad uno schermo trasparente e lo sfioró con la mano destra,facendo apparire tre caselle,con accanto una piccola descrizione. 
Scelse il secondo: prova di coraggio. Era la sfida peggiore,quella che sempre voleva intraprendere. Voleva imparare alla perfezione ad essere impassibile in ogni situazione,gli serviva. 
L'azzurro scomparve,per dare spazio ad un paesaggio simile ad una palude: era buio,tutto era coperto da una gelatina verde che nasceva da un laghetto melmoso al centro. Piú o meno dappertutto si ergevano degli alberi stretti e lunghi di un nero bluastro,colore alquanto strano per delle piante. 
Si preparó ad utilizzare il suo potere,tenendosi all'erta in caso di un attacco. 
Per ora tutto sembrava tranquillo,ma l'atmosfera era inquietante,metteva paura senza che ci fosse qualcosa a causarla. 
Un rumore secco di foglie strappate e dei passi dietro di sé,Diego fece appena in tempo a voltarsi per vedere in estrema vicinanza una creatura che assomigliava apparentemente ad una innocua pianta,se non fosse per i due occhi rossi che si ergevano nel bel mezzo del tronco,seguiti da una bocca contornata da una linea imperfetta di denti affilati marroni,costituiti da rametti fin troppo lavorati. 
Pronto ad utilizzare l'imposizione delle mani,l'albero scomparve. 
Si giró su sé stesso,per avere una visuale completa del paesaggio: vide un ragazzo che sembrava essere innocente. Si avvicinó con cautela,un passo alla volta,senza fidarsi completamente. Arrivato a circa un metro di distanza,il ragazzo ancora non si era mosso; gli occhi neri immobili su un punto fisso,i capelli dello stesso colore pettinati perfettamente con l'utilizzo di una dose esagerata di gel,l'uniforme grigia accuratamente stirata. Non un battito d'occhi,non un respiro. 
Diego si domandó se non fosse morto. 
Ma non poteva lasciarsi ingannare dalle apparenze,in una simulazione nulla era quello che pareva. 
Come non detto,nel giro di un secondo il ragazzo si trasformó nella pianta di prima,feroce,il corpo aguzzo che tremava dalla rabbia,i rami che costituivano gli arti pronto ad infilzarlo come uno spiedino. 
Diego indietreggió agilmente e tese le braccia avanti,pronto ad utilizzare il suo potere,che gli permetteva di curare sé stesso e altri solo sfiorando la ferita,ma anche di infliggere danni a qualsiasi creatura vivente. 
Un colpo netto lo schiantó a terra. Non si arrese e si rialzó,poggiando la mano sulla ferita situata sulla fronte,che grondava sangue. Non ci pensó e afferró un ramo abbastanza grande che si trovava accanto a lui. Lo posizionó davanti a sé a mó di scudo e si riavvicinó. Non era possibile battere un'albero con un'altra parte di albero; chi meglio di una pianta poteva sapere come batterne una? 
Questa volta aspettó a tendere le mani,decise di aspettare il momento opportuno per colpire,prima doveva soltanto distrarre un pó il mostro.
Corse dietro alla pianta e la colpí molto forte,ma questa mossa sembró non servire granché,se non assolutamente nulla. 
L'essere si voltó di scatto,avventandosi verso Diego con piú furia di quella che il ragazzo aveva programmato. Tentó di correre via,ma la pianta fu piú veloce e riuscí a graffiargli la schiena con i rametti che componevano le sue dita.
Il ragazzo cadde a terra,in preda al dolore. La ferita sanguinava ovunque,coprendo ogni centimetro della maglietta,ora impregnata di rosso. 
Cercó di alzarsi di nuovo,tra sospiri e affanno,mentre l'albero era voltato. Nonostante sentiva mancanza di forza,dettata dal sangue che fuoriusciva senza sosta dalla ferita,si rimise in piedi,lottando contro il pulsare su schiena e fronte,sforzandosi per non lanciare un urlo. Finalmente tese le braccia e una scarica di energia uscí dalle mani,colpendo il mostro dritto in uno degli occhi illuminati di rosso. 
Il paesaggio intorno a lui tornó ad essere azzurro,i vestiti magicamente tornarono intatti e le ferite inesistenti. La missione era finita. 
Diego venne catapultato di nuovo nella sua stanza. Toccó la schiena e la fronte dove prima si aprivano le enormi ferite: non c'era nulla. Diede uno sguardo al suo corpo: i jeans blu e la maglia rossa c'erano ancora. 
Camminó,ancora in preda all'agitazione,verso il suo letto e ci si accasció sopra con gli occhi spalancati. Era la prima volta che gli capitava una simulazione cosí. Sembrava tutto cosí reale... 
-Diego?- 
La voce di Candelaria lo fece voltare di scatto. 
-Diego,da dove sei spuntato? Prima non eri quí- 

----••----••----

Buonasera a tutti! Ed ecco finalmente il quinto capitolo! 
La scuola mi impegna troppo,quasi non riesco a scrivere D: 
Prima di tutto,vorrei dedicare il capitolo a Giorgia e Aurora,che ogni volta mi torturano per poterlo leggere il prima possibile,perció,amatemi per questo u.u 
E vorrei anche ringraziare chi puntualmente recensisce la storia,non sono in molte,ma ci sono ogni volta,quindi grazie <3 
Ed ecco quá,si entra un pó meglio nel contesto della storia,no? 
Perdonatemi per non aver messo i Mechiani,ma non volevo caricare ulteriormente il capitolo,che giá aveva molti avvenimenti.
I Falba si avvicinano,si allontanano,mah
Secondo voi? 
Tra i Lodoggero c'é una bella svolta,ma care fan dei Lodoggero,non cantate vittoria troppo presto perché ci saranno ancora degli ostacoli da superare. 
E poi quell'innocente di Jorge,poveretto,credeva di potere usare il cellulare durante la lezione. Eh no caro mio,le cose non sono cosí semplici. E intanto ha lasciato a metá la chat con Martina...
E finalmente la prima "missione". E Cande? Lo scoprirá?
Prometto che dal sesto capitolo,cioé il prossimo,metteró molta piú magia,infatti i ragazzi potrebbero scoprire qualche persona sospetta...
No,non anticipo niente u.u
Ditemi che ve ne pare :3 
Besoos<33

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


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CAPITOLO 6


Diego osservava l'aula,seduto annoiatamente dietro al banco in terza fila.
Ancora pensava alla missione,a quanto fosse parsa reale,al viso conosciuto del ragazzo che era diventato il mostro. Ma soprattutto ai sospetti che aveva destato in Candelaria per la sua comparsa improvvisa.
Se l'era cavata dicendole che era dietro all'armadio giá prima che lei arrivasse,stava facendo i compiti ed era l'unico posto dove non si sentivano le grida dei vicini. 
Solo sperava che Candelaria non fosse andata a lamentarsi con loro. E che gli avesse creduto. 
Ma sicuramente qualche sospetto l'aveva risvegliato,e la rossa non sembrava il tipo che lascia perdere facilmente.
Bussarono alla porta della classe,il professore di storia si separó dalla lavagna coperta di date per andare ad aprire. 
Entró un ragazzo,uno studente dell'altra sezione,probabilmente,che si avvicinó alla cattedra per farsi consegnare dei fogli dall'insegnante.
Diego quasi fece un salto sulla sedia al vedere quei capelli neri. 
Aveva visto tante persone dai capelli cosí,ma lui... Lui conosceva quella capigliatura. Erano identici a quelli del ragazzo nella simulazione. 
-Tenga,Vladimir. Ora torni in classe!-
Il ragazzo si voltó verso la classe e alzó la mano in segno di saluto,poi tornó alla porta per uscire.
Diego sbiancó completamente. Quello era il ragazzo della simulazione.
Questo poteva significare qualcosa,o era solo un terribile coincidenza? 
Sperava fosse la seconda opzione,anche se non ne era cosí sicuro.

Candelaria,da parte sua,era decisa a scoprire la veritá su Diego. 
Non credeva ci fosse molto senso nel nascondersi dietro ad un armadio per non sentire le urla dei vicini. Se aveva qualche problema con loro,tanto valeva bussare alla loro porta e ordinargli di smettere,pensava mentre guardava fuori dalla finestra distrattamente. 
Le sembrava assurdo stare cosí durante una lezione: non ascoltare,pensare ad altro,non era da lei! 
Ma non riusciva a non pensare alla misteriosa apparizione del ragazzo. Non aveva un filo logico,e lei non poteva accettarlo. 
Tutto doveva avere una spiegazione scientifica o matematica. O almeno umana. 
E a quanto sapesse,il teletrasporto non era ancora stato inventato.
Scosse la testa e tornó a copiare gli appunti di storia scritti alla lavagna. 
Per lei quelle cose erano anche fin troppo facili,le avrebbe potute spiegare ad occhi chiusi. 
Si era sempre obbligata ad essere la prima della classe,a capire tutto prima degli altri. A volte addirittura aveva provato a studiare il triplo delle pagine di compito,per sapere gli argomenti successivi in anticipo. 
Solitamente chi studiava cosí,almeno era un aiuto per il resto della classe,ma lei no. 
E non solo nelle verifiche non dava alcun tipo di suggerimento,la stessa cosa succedeva nelle lezioni,quando qualcuno le chiedeva di rispiegarle qualcosa. Lei scuoteva la testa o faceva finta di non sentire. 
Era come un'ossessione,voleva essere la migliore,voleva dimostrare a sua madre che poteva diventare qualcuno anche senza essere una donna d'affari,esattamente come lei. 
Finalmente la campanella squilló,liberando gli studenti dalle monotone lezioni e dai mille pensieri. 
-Diego- esclamó Candelaria intravedendolo mentre usciva dalla sua classe -Vieni un attimo- lo chiamó afferrandolo da un braccio. 
I due si appostarono in un angolo,tra gli armadietti e la porta di un'aula. Candelaria si assicuró che non stesse passando nessuno e si posizionó di fronte al ragazzo.
-Diego,cosa stavi facendo ieri?- 
Diego,sí,lui si aspettava questa domanda,ma no,non in quel momento. 
Lui,che credeva nelle cose solo se avevano una spiegazione,proprio come la rossa. Lui,sempre sincero. Lui,che ora doveva imparare a mentire.
Era inevitabile,non avrebbe mai potuto dire la veritá. Questa non era la sua vita,questa era la missione.
-Te l'ho giá detto- rispose direzionando lo sguardo verso il corridoio. 
Candelaria scosse la testa contrariata,e spostó con una mano il viso di Diego verso di lei,costringendolo a guardarla negli occhi. -Diego,cosa stavi facendo ieri?- ripeté nuovamente scandendo meglio le parole.
Diego non sapeva che fare; le mani sudate si attorcigliavano tra loro mentre pensava ad una risposta abbastanza credibile. Non aveva modo di prendere tempo,non poteva pensare all'infinito. Soprattutto non essendo un mago delle bugie.
Prese la strada piú semplice,non disse nulla e scappó via,percorse ad uno ad uno i corridoi fino ad arrivare al cortile esterno del college. 
Sapeva che cosí aveva destato molti piú sospetti nella ragazza,ma non ci poteva fare nulla,non ce l'aveva fatta. 
Si sedette su una panchina in pietra grigia e afferró la testa tra le mani. Forse non avrebbero dovuto sceglierlo come Paladino: non riusciva a coprire una scomparsa,come avrebbe potuto nascondere il fatto di essere ricercato dai Guerrieri del Buio,di dover combattere con loro? 
Non poteva,ne era sicuro.

La sera precedente,Facundo si era deciso a provare finalmente quei cilindri sottilissimi che ad Eraklyon non esistevano. 
Insomma,aveva creato un personaggio per scendere sulla Terra,ma ancora non aveva messo in mostra le qualitá,o meglio difetti,che voleva fargli assumere.
E sicuramente il suo personaggio non sarebbe stato lo stesso senza una sigaretta in mano.
Era riuscito a ricavarne qualcuna da un compagno di classe,ma non erano molte. L'amico gli aveva detto che bastavano,non avendo mai fumato in vita sua,ma Facundo non la pensava cosí. Fatto sta che giá si trovava nel minuscolo giardino della sua casetta fumando l'ultima. Forse si era lasciato troppo prendere,forse non avrebbe dovuto. Magari era questo il 'vizio' di cui aveva tanto sentito parlare sulla Terra. 
Posó il pacchetto sul tavolino in vimini appoggiato alla parete rossa. 
Fatto sta che,grazie a questi piccolissimi oggetti,riusciva a liberarsi,a non pensare per un momento a tutte le bugie che era costretto a dire. Non pensava piú ad Eraklyon,alla missione. Non pensava alla scommessa con Xabiani,tra l'altro creata da lui. Non pensava a quanto Alba ci potesse rimanere male,scoprendo che lui non ci stava provando davvero,a farla innamorare. 
Dopotutto,era una ragazza debole,tutta la sua rudezza era una maschera,un modo per allontanare il mondo da lei,l'aveva capito Facundo. Ma ancora non era riuscito ad arrivare ad un perché.
-Anche tu questo vizio?-
Sí,evidentemente quello era il vizio. La voce di Alba fece sussultare Facundo,che si voltó velocemente verso di lei.
Annuí con il capo,poi tornó ad osservare il cielo grigio di quella mattinata che preannunciava pioggia.
Alba appoggió la schiena al muro,accanto a lui. 
-Me lo passi?- chiese indicando l'accendino,poggiato accanto al pacchetto ormai vuoto.
Facundo si abbassó per afferrare il piccolo oggetto,ma una fitta dolorosa invase il suo cranio. Non poteva essere una chiamata del Grande Capo,a quelle ci era abituato. 
Lí vicino c'era un Guerriero. 
Tentó di non farci caso e si rialzó,porgendo ad Alba l'oggetto richiesto.
La ragazza si era accorta che qualcosa non andava,aveva visto la scossa che aveva attraversato il suo corpo mentre cercava di sollevarsi.
Decise di lasciar perdere.
-Che facciamo con i capelli?- gli chiese senza guardarlo.
Facundo lanció a terra la sigaretta e la spense con la scarpa destra -Nulla,lo sai- 
Alba fece una smorfia. -Li dovrai tagliare prima o poi. E poi non mi piacciono cosí-
Facundo lanció una risatina,per poi voltarsi verso di lei -Quindi dovrei cambiare taglio perché questo a te non piace?- alzó un sopracciglio.
La ragazza sorrise di sfuggita,annuendo con il capo.
-E allora sai che ti dico? Ormai le lezioni sono iniziate,se andassimo dal parrucchiere questa mattina?- propose lui prendendo tra le dita la sigaretta della coinquilina,per lanciarne un tiro. Alba la riprese con uno spintone -Ci sto- rispose infine.
-Credo che arriverá un temporale,dobbiamo muoverci- avvisó Facundo indicando il cielo nuvoloso. 
Alba non disse nulla,lasció uscire dalla bocca l'ultima nuvola di fumo e rientró in casa per prepararsi.

L'intervallo era proceduto velocemente all'interno dei corridoi,ma la campanella aveva annunciato nuovamente l'inizio delle lezioni. Mercedes aveva un'ora buca,perció entró nel bagno femminile accanto alla sua classe. 
Appoggió la pochette sul lavandino e aprí la cerniera,poi estrasse il boccettino nero dell'eyeliner,seguito dal rossetto rosso fuoco. 
Allungó il viso verso lo specchio,tolse il cappuccio dell'eyeliner e tracció una nuova linea,sopra a quella giá disegnata la mattina. 
Ripeté l'operazione un paio di volte,poi ripose accuratamente l'oggetto nell'astuccio e aprí il rossetto. 
Stava accentuando il labbro inferiore,quando vide apparire dietro di sé la figura di Xabiani.
Si voltó rapidamente e stampó un bacio sulle labbra di lui. Lasció scivolare le braccia intorno al suo collo,mentre lui le afferrava la vita. 
Le cose erano andate piuttosto bene tra i due,ma quei baci non significavano niente per entrambi: era solo puro piacere.
Xabiani per una scommessa,Mercedes di natura,a loro andava bene cosí.
-Che ci fai quí?- chiese la bionda togliendo con le dita il rossetto fresco che era finito sulle labbra del ragazzo,che ancora la manteneva vicina al suo corpo con le mani.
-Hai l'ora libera- spiegó lui avvicinando il viso ai capelli di lei,assaporandonel'odore di vaniglia. Mercedes si lasció scappare una risatina -E quindi?- 
Gli stampó un bacio sulla guancia destra.
-Io ho l'ora libera- 
Un altro sulla guancia sinistra.
-Non tu- 
Uno sulle labbra.
Xabiani alzó la testa verso il soffitto,poi spinse la ragazza contro alla porta del bagno -Non mi stuzzicare- sussurró al suo orecchio -Non lo fare-
Mercedes sembrava divertita dalla situazione; provó ad accarezzarlo partendo dai capelli,poi scese sul suo viso,fino ad arrivare al collo e alle spalle,sulle quali si soffermó con movimenti circolari delle dita. -Altrimenti?- chiese mordendosi il labbro inferiore.
Il ragazzo non rispose,si limitó ad avvicinarla di piú a lui,facendo combaciare i due corpi,poi appoggió le labbra sulle sue,muovendole freneticamente,come se fossero indispensabili per lui.
Si separarono grazie a Mercedes. Sarebbe presto finita l'aria se avessero continuato ancora per molto.
-Abbiamo ancora l'ora libera,non vorrei sprecarla quí- sussurró poggiando le mani sul suo petto,per allontanarlo. Il ragazzo non ebbe bisogno di spiegazioni,si avvicinó in fretta al lavandino,raccolse disordinatamente i trucchi che vi erano posati e la prese in braccio,sostenendola da sotto le cosce,per poi trascinarla tra i corridoi e arrivare alla casetta,tra le risatine divertite della bionda.

-Non ci resta che allontanare la guardia,distraila- ordinó Alba spingendo Facundo lontano dalla colonna dietro alla quale erano nascosti.
Il ragazzo corse di nuovo vicino a lei,spalancando gli occhi -Io? E perché dovrei essere io a distrarlo? Fallo tu!- ribatté trascinandola fuori dai portici,nel cortile davanti alla cancellata che li manteneva intrappolati all'interno del college.
Questa volta fu Alba a correre di nuovo dietro alla colonna,urlando un -Ma sei pazzo? Pensa se mi avessero visto!- 
-E se avessero visto me?- chiese Facundo indicando sé stesso.
Alba appoggió la schiena al marmo freddo -Saresti finito nei casini- alzó le spalle.
Lui si lasció cadere sull'altro lato della colonna,lasciando che le loro braccia si sfiorassero -E tu,che avresti fatto?- 
Silenzio.
-Mi avresti difeso?- domandó nuovamente facendo scivolare le mani nelle grandi tasche della giacca nera. 
Alba continuava a non rispondere. La veritá era che neppure lei sapeva che avrebbe fatto. 
Normalmente avrebbe liquidato il destinatario con un 'no' e la discussione sarebbe terminata,ma in quel momento,sotto lo sguardo attento di quegli occhi castano scuro,non riusciva a trovare una risposta.
-Se non ci muoviamo ci scopriranno- disse qualche secondo dopo,allontanandosi dal porticato e camminando fino alla guardia. L'espressione stranita di Facundo si trasformó in una molto preoccupata nel vederli parlare.
Il guardiano non sembrava neppure arrabbiato,ma il ragazzo non capiva cosa gli stesse dicendo Alba tra un gesto e l'altro.
Decise di raggiungerli. 
-Bene,allora la ringrazio molto!- sentí la voce di Alba mentre si avvicinava. Come aveva corrotto quell'uomo? 
-Alba!- gridó Facundo afferrandole un braccio -Che gli hai detto?- chiese indicando il guardiano con gli occhi. 
Alba sfoggió un piccolo sorriso furbo,poi indicó il cancello che si stava aprendo -Andiamo a tagliare un pó questo cespuglio- si limitó a dire scompigliandogli i capelli.
Facundo sorrise,per poi affrettarsi a seguirla fuori.

-Xabiani,Xab... Xabiani- 
Mercedes gridava il nome del ragazzo tra un tocco ed un'altro che lui posava sul suo corpo. Bacio dopo bacio,carezza dopo carezza. 
Come succedeva al solito,si trovava in una stanza con un ragazzo,provava piacere nel trovarsi a contatto con questo e urlava l'ennesimo nome. 
Ci era abituata,non trovava nulla di strano.
O almeno,ormai non riusciva a trovarci nulla di strano,a contrario delle prime volte.
Com'era diventata cosí? Come aveva iniziato a comportarsi da puttana con qualsiasi ragazzo che si trovava nel suo cammino? 
Non lo sapeva neanche lei,forse per mancanza di attenzioni.
Sua madre si era risposata per la terza volta quell'estate,tre mesi dopo aver dato alla luce il suo quarto fratellino.
Lei era secondogenita,preceduta da una sorella e seguita da tre fratelli. 
Suo padre si era trasferito lontano dalla ex famiglia quando lei aveva tre anni; non ricordava quasi nulla di lui,ma in cambio aveva instaurato un bellissimo rapporto con il secondo marito della madre. Era molto in confidenza con lui,come se fosse il suo vero padre.
Ma dopo nemmeno due anni,ecco una nuova separazione scoinvolgere la vita di Mercedes. Avrebbe voluto andarsene dalla sua casa d'infanzia e trasferirsi con il patrigno,ma la madre non aveva approvato l'idea,sottolineando che era lei il legittimo genitore della figlia. E cosí si era abituata ad una nuova famiglia: nuovi fratelli,nuovo patrigno,nuova vita.
Non aveva mai sopportato la madre e le sue insulse idee. Si contraddiceva da sola,costantemente. Un giorno la pensava in un modo,un giorno in un altro; un giorno riempiva Mercedes di affetto,il seguente neanche la degnava di uno sguardo.
Sembrava prestasse attenzione solo ai mariti,era sempre stato cosí.
Ma nel frattempo voleva che la figlia crescesse bene,che fosse una brava ragazza. 
Ma no,Mercedes non voleva esserlo. 
Mercedes non credeva nell'affetto,nell'amore.
Aveva ormai imparato che,seppur trovandolo,il destino lo portasse via,lo cancellasse per farti soffrire. Perché era cosí la sua vita,una continua delusione.
Preferiva mostrarsi sicura di sé,vivere la vita cosí,in modo semplice,concedersi tutti i piaceri esistenti.
Almeno cosí non avrebbe sofferto: avrebbe sperimentato,ma senza dare spazio a sentimenti. 
-M-mercedes...- 
Ora era Xabiani a gridare il suo nome,mentre lei posava le sue dita delicate sul suo corpo,nel esasperato tentativo di aggrapparsi a lui.
Il piacere invadeva entrambi,ma in Xabiani c'era qualcosa che non quadrava. 
Certo,Mercedes era una bella ragazza,anche perfetta,a suo parere. E di certo sapeva come convincerlo a saltare una lezione per qualcosa di migliore.
Ma questo era tutto per una scommessa?
Era davvero quello che lui voleva? 
Certo,lei non si poteva di certo definire una ragazza fedele,si sarebbe presto stancata di lui e sarebbe corsa da un altro; allo stesso modo lui non era mai stato un tipo da ragazza fissa. Aveva saltellato molto da una all'altra,ma questa volta era diverso.
Non voleva mostrarsi cosí,immediatamente,ad una ragazza che l'avrebbe presto mollato,lasciato solo.
Si separó lentamente da lei,cercando di ignorare la voglia di continuare a sentire la sua pelle unita a quella della bionda.
-Mercedes,non possiamo- annunció sedendosi sulle lenzuola disfatte.
La ragazza si alzó,coprendo il suo corpo con un asciugamano,che era poggiato su una sedia accanto al letto.
-E perché?- chiese lei,strofinando le dita sotto gli occhi,per togliere il trucco colato.
Xabiani prese un cuscino e lo poggió davanti a lui -Non posso spiegarlo. Non lo so neppure io,scusami- 
Detto ció,si alzó ed entró nel bagno,accanto alla porta della camera.

-Finalmente hai dei capelli come si deve!- esclamó Alba mentre entrava nel corridoio,diretta alla loro stanza.
Facundo rise,spostando la testa indietro -Ora non avrai piú da lamentarti?- 
Alba portó un indice sul labbro inferiore,facendo una smorfia -Mmh,non é detto- 
Fece per aprire la porta,ma si voltó verso il ragazzo notando che era chiusa. Facundo l'aveva seguita,non si aspettava di certo che si sarebbe girata,perció si trovarono faccia a faccia.
-Che c'é?- chiese lui,abbassando la fronte fino a quella di Alba. Lei non voleva quella vicinanza,non la voleva sopportare. Ma questa volta non cercó di scappare; per la prima volta stava cedendo a Facundo,quel ragazzo,l'unico fin'ora che era riuscito a smuoverla dalla sua durezza.
Alzó le mani appoggiandole sulle sue spalle -Non ho le chiavi- 
Facundo tese le braccia,poggiandole sulla parete dietro di lei -Non sono necessarie ora- sussurró al suo orecchio.
Alba voleva andarsene,voleva tornare la ragazza di sempre,quella coperta dalla maschera nera,quella maschera che nessuno era mai riuscito a togliere.
Ma allo stesso tempo voleva restare,provare quelle labbra che si stavano avvicinando sempre piú. Voleva riuscire ad abbandonare quella copertura,provare ad essere una ragazza normale,in grado di vivere la vita nella sua parte migliore.
Ma sapeva che cosí facendo si sarebbe fatta del male,sarebbe tornata ad aprire vecchie ferite.
Facundo era vicino a lei,tanto da sentire il suo alito sul collo,ma in una frazione di secondo,senza nemmeno il tempo di accorgersene,Alba inclinó la testa ad un lato,respingendolo ancora una volta con le sue mani,stranamente insicure.
-Facundo,no- fu l'unica cosa che riuscí a dire prima di correre via,verso il salotto.
Fu subito seguita da una Mercedes infuriata,che uscí dalla porta della loro stanza sbattendola dietro di sé.
Facundo non riusciva a capire: cos'aveva sbagliato questa volta? 
Gli era parso di capire che Alba finalmente aveva ceduto,si era avvicinata a lui come mai aveva fatto,senza allontanarlo come era solita fare. Perché alla fine si era comportata in quel modo? 
-Che ci fai lí impalato? É cosí interessante quella porta?- 
La voce di Xabiani lo distolse dai suoi pensieri.
-No,ora entro- disse voltandosi verso l'amico,che indossava solo un asciugamano bianco,avvolto intorno alla vita.
-Ehi Facundo,cos'é quell'aria delusa? Non é da te!- esclamó dandogli una pacca sulla spalla. -Uh,ora capisco,ad Alba non frega un cazzo di te e ti ha piantato in asso?- sghignazzó.
Quella che doveva essere una spinta debole da parte di Facundo,diventó un vero e proprio pugno carico di tensione,che fece sbattere Xabiani contro la parete del corridoio. -Non parlare se non sai le cose come stanno- fu l'ultima cosa che uscí dalla sua bocca,prima di rinchiudersi in camera.

-Stasera c'é una sagra in cittá,sai? Dicono che la direttrice abbia dato il permesso di andarci!- esclamó Ruggero,mentre usciva con Jorge dall'aula,alla fine delle ore pomeridiane.
Jorge sorrise,vedendo Martina avvicinarsi a loro,accompagnata da Lodovica.
-Potremmo andarci con loro- propose indicandole. Ruggero biascicó un 'sí',mentre andava incontro alla ragazza dai capelli corvini.
-Ciao- lo salutó lei,per poi spalancare gli occhi,colta di sorpresa dall'abbraccio del ragazzo. -Buon pomeriggio- rispose lui stampandole un bacio sulla guancia.
In quel momento,Lodovica credeva che sarebbe potuta scoppiare,con tutto il rossore che stava colorando il suo viso.
Nel frattempo anche Martina li raggiunse,dopo aver salutato Jorge con un abbraccio -Venite anche voi alla sagra? Jorge ed io ci saremo!- esclamó saltellando verso Lodovica.
Ruggero lanció un occhiataccia a Jorge -Ma quindi mi hai rubato l'idea!- gridó fingendo di essere incazzato nero. L'amico alzó le mani -Io non ho rubato nulla,ho solo invitato questa bella ragazza a venire alla sagra con me,stasera- spiegó ridendo.
Ruggero gli diede un pugno leggero sul petto,ridendo,poi si rivolse a Lodovica -Visto che questo gentiluomo mi ha abbandonato,verresti tu con me?- 
La ragazza non fece in tempo a rispondere,perché Martina la bloccó -Davvero? Sarebbe questo il modo di invitarla? Sbattendole in faccia che la stai usando come scorta? No Ruggero,voglio un bell'invito,altrimenti non ti muovi di quí- disse incrociando le braccia.
Jorge sorrise vedendo l'espressione seria di Martina: non ammetteva repliche. -Dai campione,ce la puoi fare- lo incitó alzando il pollice della mano destra.
Ruggeró arrossí,poi tornó a fissare lo sguardo in quello di Lodovica -Ti piacerebbe venire con me alla sagra,stasera?- 
Questa volta era stato un'invito semplice,ma sembró piacere di piú a Lodovica,che annuí,mostrando quello strano brillio negli occhi,che compariva solo quando stava con Ruggero.

Dopo essersi preparati,e aver raccomandato agli altri di non distruggere la casa,i quattro uscirono. 
Raggiunsero la guardia,che gli raccomandó di mostrare il pass della scuola al suo collega,una volta tornati,poi si fermarono sul marciapiedi attendendo un taxi.
-Non sono mai stata ad una sagra quí,chissá se sará come quelle del mio paese!- esclamó Martina,emozionata.
Finalmente avrebbe passato una serata differente dalle solite; ora indossava un vestito blu,aderente al corpo e dei tacchi neri,non il pigiama extra-large che usava per guardare la televisione sul divano.
Le sagre di paese le erano sempre piaciute un sacco. Giostre,zucchero filato,bancarelle... insomma,tutte quelle cose che riuscivano a farla tornare un pó bambina,che la distoglievano un attimo dalle difficoltá,dalle pretese dei suoi genitori.
Dopo circa dieci minuti raggiunsero la cittá,illuminata dall'arancio del tramonto,accompagnato dalle luci appese tra un'albero e l'altro che accentuavano quel colore.
Un grande cartello con lettere maiuscole enormi indicava l'ingresso del luna park,mentre al suo lato c'era una fila di bancarelle che percorreva tutta la via principale.
Lodovica spalancó gli occhi: era da tanto che non partecipava ad eventi del genere,e ora,vedendosi davanti quelle enormi strutture ne era rimasta affascinata. Aveva voglia di provarne ognuna,rivivere quell'adrenalina che da tempo aveva abbandonato il suo corpo.
Ruggero notó questo luccichio incuriosito; le mise un braccio intorno alla vita e la spinse verso la biglietteria della ruota panoramica. -Come prima giostra qualcosa di tranquillo,ci stai?- 
Lodovica rispose con un sí pieno di entusiasmo,poi lo abbracció forte.
Ruggero non ne capiva esattamente il motivo,ma gli andava bene. Gli piaceva sentire quell'affetto,vedere finalmente un pó di luce all'interno di quegli occhi sempre bui. Ma quello che preferiva pensare,era la soddisfazione di essere stato lui a far sparire l'oscuritá.

Jorge e Martina,invece,avevano optato per infilarsi nella casa degli orrori. Era ancora presto,perció erano gli unici ad aver preso il biglietto.
Il giostraio allungó una mano per invitarli a sedersi sulla prima carrozza,che poteva ospitare sí e no tre persone,poi si allontanó per azionare la giostra.
Martina scavalcó la porticina arrugginita,che ormai era destinata a rimanere in eterno in quella posizione,poi Jorge si accomodó accanto a lei,cercando di mettere le gambe in una posizione comoda. -Ma perché queste carrozze sono formato bambino?- sbottó mentre contorceva i piedi l'ennesima volta,cercando di farli stare nell'incavatura davanti a lui senza slogarsi una caviglia.
Martina scoppió a ridere,ma si bloccó subito sentendo la giostra partire. Strinse con una mano il polso di Jorge,aguzzando la vista in cerca di qualche mostro giocattolo davanti a lei.
-Ancora paura di queste giostre? Dovresti esserci stata piú di una volta,no?- domandó il ragazzo con una smorfia divertita.
Martina gli lanció un'occhiataccia,ma continuó a rimanere all'erta -Vedremo chi si metterá a piangere al primo lenzuolo bianco sulla testa- replicó.
Il ragazzo mise in mostra per l'ennesima volta la sua dentatura bianca,pronto a controbattere,ma il rumore di un tuono,seguito dal piede di uno scheletro che lo colpí in pieno viso,lo fecero sobbalzare.
Martina scoppió a ridere di gusto,appoggiandosi allo schienale dietro di sé. Jorge cercó di mascherare l'imbarazzo,mentre tratteneva una risata. Non era cosí imbecille come si era mostrato,si era solo distratto.
-Scommetto quello che vuoi,ma alla prossima sarai tu a spaventarti- le disse facendo la linguaccia. Martina alzó un sopracciglio,sicura che non sarebbe andata cosí.
Un rumore di un vetro rotto invase la galleria buia. 
-Senti,Jorge,qualcuno ha rotto qualcosa. Non siamo soli quí!- cercó di farlo intimorire illuminando l'ambiente con la torcia appoggiata sul cofano della carrozza.
Il ragazzo incroció le braccia,cercando di pensare ad altro. -Sono solo effetti sonori- tentó di convincerla,ma soprattutto,di convincere sé stesso.
Un'altro vetro rotto,poi una massa di corvi neri si scaglió su di loro,per poi volare in direzione opposta.
Entrambi lanciarono un urlo,aggrappandosi l'uno all'altra per cercare riparo.
Martina alzó la manica dell'abito,controllando se non l'avessero graffiata; lo stesso fece Jorge.
-Definitivamente,questo non era mai successo!- disse Martina,agitando l'indice della mano sinistra.
Jorge aveva capito invece. Quello non era parte della giostra,erano i corvi estambulus,i portavoce dei Guerrieri del Buio. E lo stavano cercando.


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Lo so,lo so,sono in ritardo colossale,ancora piú del solito! 
Scusate,ma davvero non trovavo il tempo per scrivere,e in piú dopo il primo paragrafo ho avuto un blocco che é durato un bel pó.
Ma ora ho messo a posto le idee ed eccomi quí! 
Volevo aggiungere un'altra parte,ma avrei sovraccaricato il capitolo,che giá é molto lungo.
Beh,quí vediamo un Diego alle prese con due problemi: il ragazzo misterioso e la curiositá di Candelaria.
Riuscirá a capire chi é il tizio della simulazione? E invece con Cande,riuscirá a nascondere il segreto?
Abbiamo una parte Falba divisa in tre paragrafi. Facundo finalmente si decide ad andare dal parrucchiere,e Alba cede alla tentazione di lui. 
Insomma,si sono compensati,no? 
Abbiamo due rifiuti,uno da parte di Xabiani,e l'altro da parte di Mercedes.
Per Facundo e Xabiani é ancora tutto una scommessa,o sta nascendo altro?
E infine la serata in sagra! Ruggero e Lodovica decidono una giostra tranqulla,al contrario degli altri due,che si scontrano con una situazione ancor piú pericolosa di quanto sembri.
Nel prossimo avremo il continuo della serata. Davvero,avrei voluto inserirla qui,ma era troppo lunga.
Vorrei dare un ringraziamento speciale a Julia Duchannes,per i suoi consigli e aiuti,davvero.
Un ringraziamento va anche a quelle due pazze di Giorgia e Aurora,che é dallo scorso capitolo che mi hanno rotto per pubblicare questo. Ora c'é,contente? 
Al prossimo capitolo! 
Besoos<33 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


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CAPITOLO 7

-Bello,vero? Insomma,vedere tutta la cittá da cosí in alto- commentó Ruggero una volta sceso dalla ruota panoramica.
Si voltó indietro,accorgendosi che Lodovica non era accanto a lui; la vide corrergli incontro mentre spintonava qua e lá per uscire dalla massa di gente intorno alla giostra. 
-Scusami,non mi facevano passare. Hai detto qualcosa?- domandó riprendendo a camminare normalmente accanto a lui. -No,nulla. Ti va di comprare dello zucchero filato?- propose Ruggero indicando una bancarella all'entrata della sagra.
La ragazza annuí con un sorriso -Adoro lo zucchero filato!- esclamó.

Una volta comprati i due batuffoli azzurri,si incamminarono lungo una stradina isolata,poco piú lontana dalla festa.
Niente rumore,niente gente esaltata che correva qua e lá,semplicemente qualche luce blu appesa ai rami degli alberi che costeggiavano la via.
-Da quanto non mangiavo uno di questi!- disse Lodovica mentre assaporava il sapore dello zucchero che si scioglieva sul palato.
Ruggero sorrise. Lui invece lo mangiava spesso: lo zucchero filato era molto comune ad Eraklyon. Si diceva che alcuni Eraklyoniani lo avessero tramandato sulla Terra quando erano scesi per la missione.
-Ehi attenta,non va mangiato con due mani!- esclamó il ragazzo notando che lo zucchero si era appiccicato alle mani di Lodovica,solidificandosi pian piano. -Ti spiego: con una mano devi tenere il bastoncino,invece con l'altra stacchi lo zucchero. Cosí si appiccica solo su quella,se tocchi il bastoncino e cambi mano invece capita a entrambe!- 
Lodovica gli lanció un'occhiataccia -Davvero vuoi spiegami come mangiare mentre ho le mani conciate in questo modo?- esclamó continuando a togliere lo zucchero,cercando di non far cadere quello ancora integro.
-Aspetta,ti do una mano- si offrí il ragazzo prendendole il bastoncino,che appoggió a terra con il suo. -E ora come faremo a mangiarlo?- chiese la ragazza preoccupata.
-Te ne compreró un altro,ora pensiamo alle tue mani- spiegó chiudendole tra le sue,e iniziando a sfregare le dita e i palmi con i pollici.
Lodovica osservava ogni accurato movimento,prestando attenzione all'espressione seria del ragazzo. Sembrava che l'unica cosa che gli interessasse fossero le sue mani,neanche fossero d'oro.
-Grazie- sussurró una volta finita l'opera.
Ruggero scoccó un occhiolino -Per te? É il minimo- 
Lodovica abbassó lo sguardo -Per me?- 
Il ragazzo fece un passo verso di lei; ora erano viso a viso -Sí,per te- sollevó il mento di lei con pollice e indice.
-Quando imparerai a guardarmi mentre parlo?- chiese ironicamente,con un mezzo sorriso. 
Lodovica si lasció scappare una risatina -Non lo faccio apposta!- gli colpí un braccio con il pugno destro -Lo sai come sono- abbassó la voce.
Ruggero avvicinó il viso al suo orecchio -Ma potrai sempre cambiare- quasi le sue labbra le sfioravano una guancia -E,chissá,quel giorno potrebbe essere oggi- sussurró.
Ora la sua voce era profonda,diversa alla solita,che si poteva sentire quando stava con Jorge o con i coinquilini. Ora era serio,deciso,dolce.
Lodovica alzó gli occhi,accorgendosi della reale distanza che c'era tra loro.
Non se n'era resa conto fino a quel momento: prima era ancora qualcosa di surreale,ma ora,sí,l'unica cosa che avrebbe voluto fare era attirarlo a sé e unire le labbra alle sue,provare quella sensazione bellissima che sentiva solo in sua presenza,al massimo,triplicata,come se fosse amplificata da un altoparlante.
Voleva sentirlo con lei,senza lasciarlo piú.
-Potrebbe essere oggi- ripeté socchiudendo gli occhi e sopstando il viso esattamente di fronte a quello del ragazzo.
-Lo sará?- 
La fronte di Ruggero toccava la sua,il suo respiro si faceva sentire,velocizzato,sulla sua guancia.
-Lo sará- 
Il ragazzo non aspettava altro,la spinse a sé afferrandola dalla vita,in modo che le loro labbra combaciassero.
Un bacio dolce,allo stesso tempo frenetico. Le loro labbra si cercavano,bisognose di quell'affetto,carico di elettricitá,che solo loro potevano darsi.
Forse la dolcezza nasceva dai residui di zucchero filato rimasti sulle labbra di entrambi,perché la freneticitá del momento rendeva difficile pensare che fosse una dimostrazione d'amore.
Ma non ci potevano fare nulla,in quel momento non pensavano,semplicemente facevano ció che sentivano,ció che il cuore suggeriva loro.
Avevano aspettato fin troppo,reprimendo il sentimento nato forse troppo velocemente,ma che inevitabilmente li univa.
-Lo é stato- commentó Ruggero accarezzandole dolcemente una guancia con le dita.
Lodovica sorrise,lanciandosi addosso a lui in un abbraccio,che forse esprimeva ancora piú di quel bacio; in una stretta che sperava non terrminasse mai.

-Facundo! Xabiani! Svegli,la preside vi chiama!- 
La voce di Diego squilló forte nella stanza dei due,svegliandoli di soprassalto.
Una cuscinata lo colpí in pieno viso,seguita da una ciabatta fuxia.
-Mercedes! Quella é la mia ciabatta!- urló Alba nascondendo la testa sotto alla coperta -Ho sonno,lasciatemi in pace- 
-Ho preso la prima cosa trovata per terra,impara a tenere le tue cose nel tuo spazio!- ribatté la bionda sottolineando il 'tue'. -E riguardo a te Diego,quante volte dovró ancora mettere in chiaro che io devo dormire? Non voglio sveglie,né voci,né cori,nulla!- lo rimproveró per poi imitare Alba e nascondersi sotto al cuscino.
Facundo abbassó una gamba,poi l'altra e infine si sedette sul materasso,lanciando un'occhiataccia a Diego -Cosa vuoi?- chiese con la voce ancora impastata dal sonno.
-Come ho giá detto,la preside vi chiama,sbrigatevi- ripeté mentre si voltava per uscire  dalla camera.
-E ora che vuole quella strega?- chiese Xabiani ancora accucciato sotto alle coperte,con gli occhi chiusi.
Facundo sospiró -Lo chiedi a me?- 
Lo sbuffo irritato di Mercedes fece capire loro che il momento delle chiacchiere era terminato. 
Si alzarono ed entrarono in bagno,dopo aver preso le loro cose,poggiate su una sedia accanto alla porta della loro stanza.
Usciti dall'appartamento,incontrarono Jorge,Ruggero e Diego seduti su una panchina al lato destro del cortile,davanti alla porta sul retro del college. Mani nelle tasche della giacca e capo coperto dal cappuccio,si avvicinarono.
Nessuno sembrava avere un'espressione preoccupata,nemmeno tesa. Pareva che il richiamo della preside non avesse provocato alcun effetto su nessuno di loro. Tranne su Facundo e Xabiani,ovviamente.
Quest'ultimo alzó un sopracciglio,contrariato -E? Ve ne restate quí tranquilli?- 
Gli altri tre alzarono le spalle indifferenti. -L'ufficio della preside non é ancora aperto,dicono- rispose Ruggero tentando di nascondere il sorriso che dalla sera prima invadeva il suo volto.
-Ma che vuole?- chiese Facundo alzando la voce. Stava iniziando ad innervosirsi con questa suspance,voleva semplicemente sapere il motivo della convocazione!
Jorge stava per rispondere,ma una porta dietro di lui si aprí,da questa spuntó un uomo,probabilmente uno dei bidelli,o il segretario. -Ragazzi,la preside é disponibile- li avvisó per poi sparire dentro all'edificio.
Jorge alzó le spalle -Andiamo?- 
Gli altri annuirono,seguendolo a ruota fino all'ingresso principale.

-Buongiorno ragazzi! Uh,vedo che il signorino Gambandé si é ripreso- esclamó la donna,in piedi dietro alla scrivania della direzione.
Facundo dapprima mostró uno sguardo confuso,poi ricordó le assenze della ultima settimana e finse un sorriso -Certo,in piena forma!-
La direttrice sorrise,poi si sedette,invitando gli altri a fare lo stesso. -In ogni caso,vi ho convocato quí per mettervi a conoscenza della nostra squadra di football,non credo la conosciate. Vi invito ad entrarci,potrebbe accumulare dei punti in piú,e perché no,vi divertirete!- li informó entusiasta,quasi fosse la cosa che tutti vorrebbero venisse chiesta loro.
I ragazzi si scambiarono degli sguardi indecisi,dopo di che Jorge prese la parola -E cosa dovremmo fare,in caso volessimo iscriverci?- chiese appoggiando una mano sulla scrivania in legno -Sa,a titolo informativo-
La donna mostró un espressione compiaciuta,si sistemó sulla sedia e posó le braccia sui braccioli della sedia -Sugli opuscoli davanti a lei c'é scritta ogni cosa,per ogni dubbio potete chiedere a me o al professore di educazione fisica. L'iscrizione va consegnata entro domani,stasera c'é una partita di prova- 
Xabiani afferró un opuscolo e si alzó in piedi,sfogliandolo -E questo che impegni ci implicherebbe?- chiese senza guardare la preside.
-Nessun impegno,solo essere presenti ad ogni allenamento,e ovviamente alle partite- 
Facundo imitó l'amico alzandosi dalla sedia -E si puó sapere come mai ha convocato proprio noi?- chiese grattandosi il capo,confuso.
La donna rise di gusto -Perché siete gli ultimi arrivati in questa scuola! Di certo non credo che abbiate poteri magici,o qualcosa del genere,sciocchezze- rispose quasi parlando per se stessa,mentre squoteva una mano davanti a sé.
Facundo sussurró un "Ovvio,nessun potere",ma mostró un sorriso dopo la gomitata nello stomaco da parte di Diego.
-Ci penseremo,grazie mille!- concluse il discorso Ruggero.

-Sí! E poi dei corvi neri,o forse non erano corvi... Beh,comunque degli uccelli neri ci hanno attaccati! E dopo questo Jorge mi ha trascinata fuori dalla giostra correndo,diceva che non era normale ci fossero dei corvi! Cioé,magari erano elementi innovativi del tunnel degli orrori,no? Ma lui non ha ammesso ragioni,é uscito e poi é stato come se nulla fosse! Secondo me aveva paura,é l'unica spiegazione- 
Le parole di Martina vennero interrotte dalle mani di Lodovica,che faceva cenno di fermarsi,senza nascondere una risata -Tini,calmati!- esclamó guardandosi intorno per assicurarsi che nessuno degli alunni,che giravano tra i corridoi nell'intervallo,le stesse ascoltando.
Martina abbassó il viso,lasciandosi scappare un sorrisetto -Hai ragione,scusami. Ma é stato cosí bello ieri sera... Magari fosse sempre cosí. Ma piuttosto,tu? Non ti ho vista fino a quando abbiamo preso il taxi- chiese con un sorriso malizioso. 
Lodovica soffermó lo sguardo sugli armadietti davanti a lei -Cosa vorresti insinuare?- chiese scuotendo la testa,innervosita.
Tini le diede una gomitata sul braccio -É successo qualcosa con Ruggero? Su,raccontami tutto!- gridó saltellando sul posto,mentre teneva strette le braccia dell'amica. Questa la fermó,mettendole una mano sulla bocca per farle smettere di parlare -Martina,basta. Ti racconteró dopo le lezioni,se prometti di non assillarmi!- 
-Promesso?- chiese la mora,tendendo una mano. 
-Promesso- rispose l'altra facendo roteare gli occhi.

Alba era sdraiata sul suo letto,quando sentí la porta della stanza spalancarsi. Alzó gli occhi per vedere chi fosse. -Facundo- 
-Alba- rispose facendo un cenno di saluto con la testa. Si avvicinó a lei,per poi sedersi sul bordo del letto. Alba lo squadró con un sopracciglio alzato -Prego- commentó tornando a sistemare le unghie con la lima blu elettrico di Mercedes.
-Oh,scusa- disse Facundo spostandosi un pó verso l'esterno. 
-Che vuoi?- domandó la ragazza senza guardarlo. Lui avvicinó l'indice verso le sua mani e diede un colpetto alla lima,che cadde a terra. -Stasera ci sará la partita di football,andrai a vederla?- 
Alba alzó le spalle -Forse. Tu?- 
-Forse- 
Un silenzio nervoso invadeva la stanza.
-Senti,riguardo a ció che é successo ieri...
Alba scosse il capo,facendo capire al ragazzo di non continuare -É tutto a posto,davvero- lo rassicuró abozzando un sorriso,che peró non risultó credibile a Facundo,che posó una mano sopra a quelle della ragazza. -Volevo solo chiederti scusa,avrei dovuto rispettare i tuoi spazi- spiegó cercando lo sguardo di lei.
Questa volta era sincero,non era piú sicuro di stare facendo tutto questo per una scommessa; sapeva di averle dato fastidio avvicinandosi in quel modo,e non lo voleva. Non capiva quando aveva iniziato a vederla come una ragazza interessante,da conoscere nel profondo. Anche gentile,sotto a tutta quella indifferenza e al grande guscio di mistero.
Ora la scommessa era secondaria,quasi non ci pensava,voleva solo scoprirla,capire cosa l'avesse portata ad essere cosí.
Ne era intrigato,sentiva la necessitá di starle vicino,come se ci fosse una calamita che lo attraeva verso di lei.
-Ti ho detto di stare tranquillo- ripeté Alba alzando finalmente lo sguardo.
La calamita non cedeva,Facundo non riusciva a staccare gli occhi da quelli di lei,cercava di scavarne nel profondo.
Silenzio,solo un'elettricitá di sguardi.
Quasi senza esserne consapevole,Facundo si spostó vicino a lei,mettendole una mano sui capelli. Non sapeva perché lo stesse facendo,non sapeva cosa l'avesse portato a compiere quel gesto.
E Alba,che non riusciva a rifiutarlo come suo solito,lei che finalmente stava lasciando uscire la sua immagine nascosta.
La mano di Facundo si muoveva leggermente intorno all'orecchio della ragazza,spettinandole i capelli intorno.
Il contatto visivo continuava senza interruzioni.
Fu questione di un secondo e i due si ritrovarono l'uno contro l'altra,appoggiati alla testiera del letto.
Il bacio che era iniziato come frenetico e pieno di necessitá,si trasformó in uno molto piú calmo,lento,come se i due cercassero di conoscersi attraverso questo.
E non era solo da parte di Facundo,questa volta anche Alba stava avendo la sua parte,non tentava di allontanarlo o scappare via.
Nessuno dei due riusciva a dire nulla,nonostante di cose da dire ne avessero.
-N-non so cosa mi é successo. Se vuoi scusarmi,dovrei andare- biascicó Alba cercando di scendere dal materasso,ma la stretta di Facundo intorno ai suoi polsi la bloccarono. -Alba,fermati- 
Ancora una volta quel contatto visivo.
-Non cercare di scappare da ció che hai paura,lo fai costantemente. Questo potrebbe essere stato un errore,hai ragione,ma ti chiedo di non andartene ancora- cercó di convincerla il moro.
La ragazza scosse la testa e si liberó dalla stretta,per poi correre via dalla camera.

Martina era sola in cucina,stava facendo scaldare una tazza di the al limone mentre si scaldava nel maglione di lana blu.
Era un settembre freddo,quello che era iniziato da ormai tre settimane.
Lodovica era uscita a comprare alcuni libri,Mercedes aveva litigato per l'ennesima volta con Xabiani,a quanto aveva capito Tini,per il fatto che lui l'avesse rifiutata. Beh,non se ne sorprendeva,era quasi impossibile avere una relazione che durasse anche solamente una settimana,con Mercedes. 
Ció che pareva strano,alla ragazza dalle punte rosse,era il fatto che la bionda se la fosse presa tanto; doveva essere abituata a passare da un ragazzo all'altro,no? 
Scosse la testa per smettere di pensare a questo e spense il fornello,poi versó il contenuto del pentolino nell'enorme tazza azzurra.
La porta si aprí,da dietro comparve Jorge,che lasció comparire un grande sorriso sul suo volto appena vide Martina. La ragazza fece lo stesso,mentre si sedeva sul divano con la bevanda fumante tra le mani.
Lui si avvicinó,chinandosi davanti a lei -Ecco la ragazza meno paurosa che conosca! Come stai?- chiese dandole un bozzetto sulla guancia.
Martina arrossí,facendogli segno con una mano di sedersi accanto a lei -Ancora la storia dei corvi? Te l'ho detto,sono una nuova innovazione della giostra!- 
Jorge scosse la testa,divertito -Ma tu non hai avuto paura! Martina,quello erano corvi veri!- esclamó con un'espressione sorpresa. 
Non riusciva a capire come l'amica fosse riuscita a superare con una risata i corvi estambulus. Forse perché ancora non sapeva cosa fossero in grado di fare. E quanto fossero pericolosi.
La ragazza scoppió a ridere -Non ci posso fare nulla se quí il fifone sei tu!- 
Jorge rimase al gioco. Non voleva rovinare l'atmosfera del momento con i suoi timori su quegli esseri.
-Jorge,dobbiamo prepararci,vieni?- 
La voce di Ruggero dietro di loro mise fine alla discussione; Jorge si alzó dal divano,dicendo a Tini che si sarebbero visti piú tardi.
-Dove andate?- chiese lei,incuriosita da tutta quella fretta.
-Oggi abbiamo la lezione prova di football. Se vuoi venire,tra poco saremo al campo- spiegó Ruggero. -E se vuoi chiedere anche a Lodo- aggiunse con un sorriso timido.
Martina captó l'indiretta sul fatto che volesse vederla e annuí -Potete contare su di noi,ci saremo!-

Arrivati al campo di football sul retro del college,forse Jorge e Ruggero erano gli unici entusiasti della partita che stavano per giocare. Diego era impacciato nel trasportare il borsone con la divisa,mentre Facundo e Xabiani giravano con la solita aria svogliata,senza mostrare un briciolo di interesse per quell'attivitá.
Un uomo sulla trentina,con indosso un paio di pantaloni neri,cosí come la canottiera e le adidas,si avvicinó a loro all'entrata del campo.
-Voi dovrete essere gli ultimi,andate di qua,troverete gli spogliatoi: cambiatevi in fretta e tornate su- spiegó indicando una scala mentre controllava che non arrivasse piú nessuno dall'esterno del cancello.
-Ragazzi,venite quí un attimo- chiamó Jorge mentre sistemava una stringa appoggiato su una panchina a bordo campo.
Gli amici lo raggiunsero senza capire l'espressione preoccupata che stava mostrando. -Che succede?- chiese Ruggero poggiando una mano sulla sua spalla.
Jorge sospiró -Ragazzi,i nemici sono vicini- 
A Facundo venne un colpo: allora non era l'unico ad essersene accorto.
Diego si lasció cadere sull'erba umida -Cos'hai visto?- 
Jorge si sedette accanto a lui,facendo cenno agli altri di fare lo stesso -I corvi estambulus,ieri in sagra- 
Diego si portó le mani alla fronte,mentre scuoteva la testa riuscí a confessare -Anch'io ho visto qualcosa- 
Gli altri lo guardarono stupiti -Quando?- chiese Xabiani.
Diego rialzó il capo -Pochi giorni fa,durante una simulazione ho visto un ragazzo,identico ad uno di questa scuola- si lasció cadere all'indietro,finendo per sdraiarsi sull'erba -Temo che questo possa essere un segno- 
Non ci aveva pensato piú dal giorno della simulazione,ma sapeva che questo non sarebbe potuto rimanere qualcosa da essere lasciato indietro per molto. 
Prima o poi,avrebbe dovuto rifletterci sopra.
Facundo respiró profondamente,poi prese parola -Ho sentito varie volte la presenza di un nemico,ma non ho mai capito chi potesse essere- 
Voleva tenerlo nascosto,non pensarci. Chissá,magari se l'era solo immaginato a causa dell'ansia,o della paura di vedersi comparire uno dei nemici davanti agli occhi. Ma in quel momento si era ritrovato costretto a confessare quasti mal di testa dovuti al suo potere. Se era arrivato il momento di confrontarsi per scoprire il nemico,era meglio mettere assieme ogni prova.

-Ragazzi,in campo!- 
La voce dell'allenatore risuonó nel cortile ormai illuminato soltanto dalla luce emessa da alcuni lampioni piazzati sui quattro lati. Sicuramente la scuola non aveva investito granché sullo sport.
Jorge fece capire agli amici che piú tardi avrebbero portato a termine il discorso.
Dopo due suoni consecutivi del fischietto,tutti gli aspiranti giocatori si riunirono intorno all'uomo -Ora formeremo due squadre a libera scelta,siamo in venti mi pare,no? Dieci nella metá campo destra,dieci nella sinistra,forza!- spiegó con voce fin troppo alta per riuscire ad essere sentito da venti miseri giocatori nel silenzioso retro del college.
Il gioco inizió,mentre la platea veniva occupata da alcuni studenti che preferivano assistere ad una partita tra dilettanti,anziché rimanersene in casa a studiare.
In ultima fila presero posto Lodovica e Martina.
Con gli hot dog appena comprati tra le mani,iniziarono a cercare con lo sguardo Ruggero e Jorge in mezzo alle persone che correvano da una porta all'altra del campo.
Non c'erano pettorine,né alcun segno per distinguere le due squadre,perció era praticamente impossibile per il pubblico distinguere le due squadre.
-Lodovica- la chiamó Martina mentre addentava un pezzo di pane. 
L'amica si voltó verso di lei,cercando inutilmente di non lasciar cadere la maionese dal morso che stava dando all'hot dog. Tini prese un fazzoletto di carta dalla borsa e ridendo la aiutó a pulirsi.
-Possibile che non sia capace di mangiare!- sbottó appoggiando il panino accanto a lei e squotendo le mani piene di salsa. Alcune persone si voltarono,perció abbassó la testa,afferrando il fazzoletto che Tini le porgeva. -Che c'é?- 
-Ora mi dici cos'é successo con Ruggero?- la imploró unendo le mani come se stesse pregando -É da stamattina che aspetto!- 
Lodovica fece roteare gli occhi -Va bene- sospiró. -Non é successo niente di che- inizió gesticolando davanti a sé -Solo... Mi ha baciata- abbassó gli occhi,intimidita. Era la prima volta che raccontava qualcosa del genere ad una sua amica,si sentiva fuori luogo. Sicuramente Martina avrebbe iniziato ad urlare,attirando un'altra volta l'attenzione della gente,e lei sarebbe stata il centro di questa attenzione. E le dava fastidio. Non voleva che la gente la guadasse.
E come aveva immaginato,ecco l'urletto di Martina,che peró mise subito le mani davanti alla bocca,magari pensando proprio a questa cosa. 
-Davvero? E com'é stato?- chiese euforica.
Lodovica mise un'indice davanti alla bocca,per indicarle di stare zitta -Bello. Martina,credo che mi piaccia-

Un fischio,tutti i giocatori,l'allenatore e alcuni dei presenti riuniti al centro del campo.
Le due ragazze si alzarono in piedi,spaventate.
Una voce annunció di stare calmi,che non era successo nulla. Un'altra la seguí invitando gli spettatori ad uscire,perché in ogni caso la partita non sarebbe terminata.
-Facundo,tutto bene?- domandó Xabiani mentre lo aiutava a trascinarsi fino ad una panchina a bordo campo. 
Il ragazzo ci si accasció sopra,tenendo le mani sulla testa,stringendola come se volesse impedire che scoppiasse. Non capiva piú nulla,tutto intorno a lui era nero,le immagini si susseguivano confuse,a scatti. Sentiva le voci che lo torturavano,aumentando quella orribile situazione di confusione. 
Lanció un grido,sdraiandosi completamente sulla panca in ferro. 
Gli amici allontanarono l'allenatore e i curiosi,dicendogli che se ne sarebbero occupati loro.
Qualche minuto dopo,il mal di testa si fece piú calmo,Facundo tornó a sedersi normalmente,aggrappandosi al braccio di Diego,accanto a lui.
-Facundo,tutto okay?- gli chiese quest'ultimo,dandogli una pacca sulla schiena.
Il ragazzo annuí,lanciando un respiro profondo -Sí,ora sí. Ragazzi,parlavamo di segnali,eccone uno- spiegó continuando a respirare affannosamente.
Jorge corse subito a sedersi vicino a lui -Quando hai iniziato a sentirti male,esattamente?- 
Facundo chiuse gli occhi -Quando quel ragazzo,quello con i capelli neri,é entrato in campo- indicó l'altra parte del prato,dove si trovavano gli altri giocatori.
Diego rabbrividí -É il ragazzo di cui vi parlavo-
Ruggero inizió a camminare avanti indietro ripetutamente,innervosito -Dite che potrebbe essere un guerriero?- 
Gi amici annuirono.

Candelaria,che aveva assistito alla scena dall'inizio,si allontanó insospettita; aveva sentito il discorso dei ragazzi,ma non aveva capito molto,a dire la veritá.
Ma le era sembrato alquanto strano: guerrieri,nemici... C'era sotto qualcosa,ne era completamente sicura. E doveva scoprire cosa.

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Buon pomeriggio a todos! 
Perdonatemi per l'ennesimo ritardo nell'aggiornamento,ma davvero non riesco mai a trovare un pó di tempo per scrivere. Che disastro.
Facciamo un breve riepilogo: il bacio Lodoggero finalmente *^*
Non sono temerissimi? A me piacciono un sacco! 
La preside invita i ragazzi alla partita di football,ma loro ancora non sanno cosa succederá al povero Facundo.
A quanto pare lo stesso ragazzo che Diego aveva visto,ha qualcosa a che fare con la parte magica di questa storia... chi sará realmente? 
Secondo bacio del capitolo,quello Falba! E questa volta Alba non cerca di scappare,anche se alla fine si rende conto di ció che é successo. Eheh cara Alba,ormai quel che é fatto é fatto.
Le Tinivica somo degli amori,non trovate?
E infine Candelaria,che sente tutto e inizia ad avere dei sospetti... Dite che scoprirá i ragazzi?
Che dire,spero che vi sia piaciuto,ma ora mi dileguo,non vi voglio annoiare ancora.
Besoos<33

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