Go away

di GraceMalfoy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Bacio ***
Capitolo 2: *** La Sfida ***
Capitolo 3: *** Il Lago ***
Capitolo 4: *** La Maledizione ***
Capitolo 5: *** La Follia ***



Capitolo 1
*** Il Bacio ***


Capitolo 1
Il Bacio
 
La corteccia degli alberi non è di certo il più comodo dei giacigli che si possano trovare, direi. E allora perché me ne sto qui seduto su questo cavolo di ramo, su questo cavolo di albero, con questa cavolo di espressione e questa cavolo di paura di cadere da questa altezza?! Semplice, perché sono un cavolo di idiota!
Sono le 6, il Campo è silenzioso come mai potrebbe essere dopo la sveglia di tutti gli altri Semidei. Loro non sanno stare in silenzio, non sanno ascoltare il silenzio, sia perché non ci hanno né mai provato, sia perché non hanno nulla da trovare nel silenzio. Io invece cerco una Risposta. Non ha saputo darmela il cielo, il sole, il vento, il mare. Non hanno saputo darmela gli Dei, le rondini, i gabbiani. La musica, i libri. Nessuno ha saputo darmi una Risposta. Ma il silenzio sì. Il silenzio non è il vuoto, il nulla. Il silenzio è il posto dove vanno a finire tutte le parole mai ascoltate, le domande mai pronunciate, le storie mai scritte, le canzoni mai cantate.
Il silenzio è il posto in cui si trovano le persone che non sanno trovarsi. Io sono una di queste.
Non so come sono arrivato qui. Sono uscito dalla Cabina 13 quando erano appena le 5.10, mi sono alzato dal davanzale della finestra dove stavo seduto con le cuffie nelle orecchie, e sono uscito. Magari sarei riuscito a vedere l'alba. E l'ho vista. Mi sono arrampicato su questo albero, vicino il Pugno di Zeus, e mi sono seduto ad osservare il sole che, anche dopo tutte le cadute, prende in mano la sua luce e si alza. Fa riflettere.
Rimane il fatto che me ne sto qui come un idiota.
Apro gli occhi, che finora erano stati socchiusi. Vedo il mare da qui, ma non splende ancora come in pieno giorno o al tramonto, è più una lucentezza... timida. Tutto è timido a quest'ora.
Quando si parla con un tono di voce che poi di giorno sarebbe normale, in questi momenti sembra di aver quasi svegliato una qualche creatura meravigliosa che sta dormendo. A quest'ora il passo non è mai troppo veloce, perché sembra che correndo potresti lasciare il tempo indietro, quel tempo che è più lento di te. Il vento non è mai troppo forte, il caldo mai troppo afoso e il freddo mai troppo pungente. E' tutto timido, ma non insicuro. E' dolce, lento, forse anche un po' malinconico, ma cosa c'è di male nella malinconia? Io vivo nella malinconia.
C'è stato un periodo in cui vivevo nella rabbia, e avevo il bisogno di urlare al mondo che ancora non aveva vinto, che non ero così facile da buttar giù.
Poi è venuto un periodo in cui vivevo nella tristezza, e avevo il costante bisogno di piangere, e di essere compatito.
Ora invece sto attraversando un momento di calma piatta, il mare dopo la tempesta, il sole dopo la pioggia, il primo fiore dopo l'inverno, l'alba dopo una notte di pensieri.
Da lontano sento i primi chiacchiericci, porte aprirsi e chiudersi, piedi muoversi. E' finito il mio momento. Ah, se solo si potesse protrarre in eterno!
Scendo con cautela, perché vorrei evitare di spezzarmi l'osso del collo in una maniera così ridicola. Raggiungo il ramo più basso, spicco un salto e atterro sui miei anfibi consumati. E' appena arrivata la primavera, ma ancora non fa caldissimo, così mi stringo nel mio giubbotto da aviatore, infilo le mani delle tasche dei jeans neri e logori e cammino verso le Cabine.
Quante sono ora! Prima ce ne erano meno di una dozzina, ora invece sono tante e tutte diverse. Quando gli altri vanno ad allenarsi mi capita di starmene qui a guardare, a provare a sentirmi parte di tutte queste diversità che insieme convivono, e formano un qualcosa di meraviglioso, come una grande famiglia. Purtroppo, per quanto ci provi, non riesco.
Sto per rientrare nella mia Cabina, quando sento delle voci alle mie spalle.
- Hey, Nico!
Reclino la testa all'indietro, il pomo d’Adamo ora più visibile, socchiudendo gli occhi.
Perché?! penso. Speravo di riuscire a svignarmela in Cabina senza essere visto, ma Super-Jackson evidentemente è stato più furbo di me. Così mi giro, evidentemente scocciato.
Percy ha un braccio intorno le spalle di Annabeth e l'altro intorno a quelle di Leo. Leo. Maledizione! Perché proprio Torcia-Valdez?!
- Percy. - dico, alzando la mano destra in un saluto militare. Poi mi volto verso Annabeth e regalo un sorriso tirato, per poi spostare lo sguardo sul ragazzo alla destra di Percy.
- Valdez... - sibilo.
- Eddai, Nico, ce l'hai ancora con me per quella volta quando di ho spinto nel lago? Te l'ho già detto che mi dispiace, volevo solo scherzare!
- Bè, non amo gli scherzi. - dico avvicinandomi al trio.
- Ti unisci a noi, cuginetto? Stiamo andando a fare colazione in spiaggia. - mi domanda Percy dopo qualche secondo in cui io ho guardato Leo con aria omicida e lui per tutta risposta ha continuato a sorridere come un babbeo. Odio quel sorriso strafottente!
- No grazie! - grugnisco, declinando l'invito.
- Nicooo, dai, non fare così il depresso, la vita è bella! - esclama il figlio di Poseidone. -Ti prego, vieni, Annabeth ha preso anche il cibo blu!
Sbuffo in segno di protesta, ma alla fine spiccico un: -Va bene...-
Poco dopo mi ritrovo a camminare con un braccio di Valdez intorno alle spalle ed una crescente voglia di ammazzarlo solo per togliergli quel fottuto sorrisetto del viso.
Camminiamo fino alla spiaggia, dove altri gruppetti di semidei stanno seduti sulla sabbia a chiacchierare e mangiare.
Dai, Nico, sforzati un po'! Non essere asociale... sii più gentile... prova a sorridere... a parlare con Leo in un modo meno cattivo... penso. Poi mi correggo. No, questo è veramente troppo.
Percy ci conduce nel punto migliore della spiaggia e lì ci sediamo uno accanto all'altro, in un semicerchio rivolto verso lo specchio cristallino che è il mare. Valdez è seduto decisamente troppo vicino a me... o troppo poco... Ma che dico?!
Annabeth mi passa un muffin al pistacchio preso dalla cintura di Leo. Sa che sono quelli che amo di più, gliel'ho confidato una volta, e da allora mi offre spesso alcuni di quei deliziosi dolci.
La figlia di Atena è diventata la persona con cui mi apro di più da quando Percy è scomparso. Sia io sia lei soffrivamo terribilmente per la sua assenza, ma mentre lei ora è felicemente fidanzata con lui (ed è una cosa seria!), io l'ho dimenticato, e l'assurda cotta che avevo per lui ora mi sembra solo un lontano ricordo.
Non so per quale motivo, ma questi pensieri mi fanno voltare verso il piromane che è al mio fianco.
- Che c’è? - mi chiede con la bocca ancora strapiena e le briciole di plum-cake intorno alla bocca.
Scuoto la testa per riprendermi. Non mi ero accorto di starlo fissando imbambolato!
Però, è davvero buffo! Cerca si sorridere con ancora la sua colazione in bocca, il che lo fa somigliare ad uno scoiattolo dispettoso che ha appena fatto rifornimento di ghiande. Involontariamente sorrido e lui scoppia a ridere, sputando un po' di briciole sui miei capelli.
- Dannazione Valdez! - esclamo infastidito, cercando di togliere i suoi sputi dal mio ciuffo color dell'ebano.
Lui però continua a ridere, al che rido anche io. Maledetta risata contagiosa!
Quando ci calmiamo, ci ritroviamo a guardarci intensamente negli occhi. Che belli che sono i suoi! Mentre i miei sembrano un pozzo senza fondo, un buco nero, i suoi sono caldi e brillanti.
Capisco cosa rende bello il suo sorriso. Non ride e basta, lui ride con gli occhi.
Ad un certo punto i nostri sguardi si fanno troppo carichi, ed entrambi ci voltiamo imbarazzati, a guardare il mare.
Annabeth e Percy sono troppo occupati a bisbigliarsi all'orecchio cose dolci e ad ammirare le loro mani unite e le dita intrecciate per far caso a noi due.
Miei dei! Questo assomiglia troppo ad un appuntamento a quattro! penso, sorpreso. Ma no, non può essere, cosa farebbe pensare a tutti loro che io e Leo... Ah, maledizione!
- Oddei, adesso ricordo! - esclamo, in modo da farmi sentire da tutta la combriccola. Infatti, i tre si voltano interrogativi verso di me. – Mi dispiace ragazzi - dico facendomi perno sulla mano per alzarmi in piedi – ma avevo dimenticato di aver detto ad Holly di Demetra che sarei passato da lei. Continuate senza di me, d’accordo? Ci becchiamo più tardi!
Non so quanto sia credibile come balla, ma gli altri non sembrano avere sospetti. Forse lo è anche troppo, visto che Leo balza in piedi dicendo: -Vengo con te!
- No! – quasi urlo. Tossicchio per camuffarlo, poi riprendo con voce calma, che non ammette repliche. - No, Leo, non ti disturbare.
- Ma quale disturbo! – Mannaggia a te, Valdez! - Figurati.
- Valdez… NO.
Leo sbuffa, e un ricciolo che gli stava sulla fronte si sposta. E’ così adorabile quando si imbroncia… Nico, che diavolo stai pensando?!
Mi volto e mi dirigo con passo svelto verso le cabine. Vedo il nero bagliore della cabina 13 nella chiara luce del mattino, il più totale contrasto.
Apro la porta e mi dirigo verso il mio letto, che si trova all’angolo alla mia sinistra, per poi gettarmici sopra senza troppi complimenti. Non c’è niente da fare, il letto rimane il miglior posto per pensare, meglio ancora se dopo aver mangiato un bel muffin al pistacchio (o un cheeseburger del Mc Donald’s).
Guardo la mia camera. Il pavimento è in legno scuro, mentre le pareti sono in bianco sporco, e qua e là ecco fiorire poster dei Nirvana e degli Imagine Dragons. Attaccata al muro di fronte la porta si erige un’alta ed imponente libreria nera, per metà con scaffali stracolmi di libri, per la maggior parte di Bukowski e John Green. L’altra invece è fatta a posta per poterci riporre i miei numerosi CD. Ce ne sono a centinaia, di vecchia musica per lo più. Sulla parete destra, che ora è davanti a me, ecco una porta di legno che conduce al mio bagno personale, un piccolo spazio dalle pareti e il pavimento verde acqua, dove si trova la mia amata vasca da bagno, il secondo posto migliore per pensare. Subito dopo di lei viene il mio posto al Pugno di Zeus, anche se quello non può vantarsi di esser comodo come la gommapiuma sul quale sto steso.
Ebbene, veniamo alle faccende serie.
Leo. suggerisce la mia mente. Quel ragazzo mi farà impazzire. Ok, non posso negare che sia carino, perché cavolo, è uno schianto! Questo però al momento non c’entra nulla: non posso innamorarmi di un ragazzo visibilmente (o almeno nella maggior parte del tempo) eterosessuale.
E Percy cos’era, un unicorno?! Ok, si, è vero, mi è già successo, ma proprio per questo non voglio.
Devo trovarmi un bel ragazzo gay, ufficialmente GAY, e non un figlio di Efesto strafigo, oltre che più grande. Infatti Leo, che ha quasi due anni più di me, ora dovrebbe averne 17. Oltre che etero, anche vecchio! Nico, tu stai male…
Zeus, quanto è bello! E come sorride poi! Miei dei, il suo sorriso potrebbe stare al posto del sole, e da quello si che mi lascerei abbronzare!
Bloccare questi pensieri mi è impossibile. Sì, forse ho una cottarella per Leo Valdez, ma me la farò passare. Anche perché il ragazzo è stupido, immaturo, demente, pieno di sé, strafottente, e fottutamente odioso. Senza contare che è anche piuttosto pericoloso, specialmente per me che il fuoco lo odio. Odio lui, odio il suo sorriso, odio la sua allegria costante. Come si fa ad essere sempre felici?! Bha.
Però, che occhi che ha! Così belli, e unici, così confortanti…
-BASTA! – urlo di scatto alzandomi dal letto. Non posso più permettermi di pensare a quel piromane. Mi risiedo sulle coperte e mi prendo la testa fra le mani.
-Non è giusto, Nico. Lo sai che non è giusto. I ragazzi con le ragazze e le ragazze con i ragazzi, così detta la natura e così deve essere. – Non sono io a parlare, ma direttamente la mia coscienza. –Perché sei così sbagliato? Perché sei così fottutamente sbagliato pateticostupido… - e ad ogni parola mi colpisco con violenza la fronte con il palmo della mano. Mi prenderei a cazzotti da solo se non fosse così tanto strano. Perché, in fondo cosa c’è di normale in me? Dovrei esser morto da chissà quanti anni, dovrebbero piacermi le ragazze, dovrei riuscire a comunicare con i miei coetanei, dovrei riuscire a sentirmi parte del gruppo. E invece sono solo un maledetto errore.
-SONO SOLO UN MALEDETTO ERRORE!
-No, non lo sei.
So chi c’è alle mie spalle, e non so se esserne contento o meno. Forse devo semplicemente non provare nulla.
Leo si avvicina al mio letto e si siede affianco a me, e io non posso non poggiagli la testa sulla spalla, mentre silenziose lacrime traditrici scendono sulle mie guance e Leo mi tocca i capelli con fare rassicurante.
Ci potrei restare per sempre, così, immerso nel dolore ma aggrappato saldamente alla mano che vorrei tanto stringere in questo momento.
Il calore che il suo corpo emana è esageratamente confortante, il modo con cui mi sfiora la spalla con un braccio è semplicemente stupendo. Lui è stupendo. Lui è il mio veleno, lui è il mio antidoto. E’ una cosa complicata da pensare, ed in lui tutto è troppo semplice per non essere esageratamente complicato: noi uomini tendiamo a nascondere le nostre debolezze, i nostri segreti, le nostre emozioni, non rendendoli meno visibili, ma ribaltandoli, mostrando agli altri l’esatto contrario, finendoci per credere spesso anche noi.
Io per esempio, ho sempre mostrato verso Leo un atteggiamento crudele ed odioso, ho sempre detto di non sopportarlo, invece provo esattamente l’opposto.
Leo stesso rinchiude i suoi pensieri ed i suoi problemi una gabbia di battute stupide, di sorrisi, di finte felicità, quando chi, come me, a cui è stato insegnato a leggere prima le anime e poi i segni evidenti, le ombre prima delle luci, può vedere facilmente quanta sofferenza si celi dietro a quel sorriso.
So la storia di Leo, Annabeth me l’ha raccontata perché il ragazzo non ce la faceva a raccontarmela lui stesso, quando eravamo sull’Argo II. Fu accusato della morte della madre, ingannato da Gea, fu per anni un fuggiasco, piccolo com’era poi!
-Perché sei qui? – gli chiedo con voce tremante.
-Perché tu stai piangendo, ecco perché.
-Io? Piangendo? Quando mai! – gli dico con un mezzo sorriso asciugandomi le guance.
Leo fa scorrere velocemente lo sguardo sulla mia camera.
-Anche a te piacciono gli Imagine Dragons? – mi chiede sorpreso.
-Canzone preferita? – gli chiedo di rimando, mettendomi a sedere a game incrociate verso di lui.
-Decisamente Radioactive.
-Mmm… bella quella.
-La tua?
-Pensavo fosse ovvio. Demons.
-Ah già. Sei il nostro Principe degli Spettri tu.
-La differenza tra spettro e demone è abissale, Valdez. – gli faccio notare con calma.
-Sempre creature dell’oscurità sono, no?
-Sì, ma di due oscurità diverse. Gli spettri vivono là sotto – dico indicando il pavimento – mentre i demoni qui dentro. – Questa volta mi indico il petto.
Leo abbassa lo sguardo. E’ una cosa nuova per me, vedere Leo Valdez smetter di fare battute ed essere serio.
-Non li hai solo tu i demoni dentro, sai? – mi dice dopo un po’, con voce flebile. Poi sento le sue braccia possenti intorno al mio corpo, il suo petto contro il mio, e non posso far altro che rispondere all’abbraccio.
-Che dici, passeggiata? – gli sussurro all’orecchio. Lui si stacca da me ed annuisce.
Ci alziamo ed usciamo fuori. Ci dirigiamo verso la Collina Mezzosangue, dove il pino di Talia rimane il sovrano assoluto. Parliamo di musica, di viaggi. Leo è molto interessato dal fatto che io sia nato a Venezia.
-L’Italia è la patria di una sacco dei più grandi inventori! – mi dice. – Leonardo da Vinci per citarne uno.
-Potrei portartici un giorno. La casa che un tempo era di mia madre ora è mia, quindi…
-Sarebbe fantastico! – esclama subito Leo. Gli brillano gli occhi. –Sai, quando siamo andati a Roma, prima del tuo salvataggio, ho trovato una specie di sfera, progettata da Archimede. E’ un’invenzione fantastica, fa praticamente tutto. Può illuminarsi, cammina, ha persino la ret…
Leo si blocca, perché io mi sporgo in avanti e lo bacio di slancio. Il ragazzo si irrigidisce per la sorpesa.
Mi allontano. Leggo negli occhi di Leo tante emozioni insieme, e tra queste anche il disgusto.
-Scusa… - mormoro, per poi fuggire giù per la collina.

 
*Angolo Autrice*
 
Ragazzi, grazie per aver letto il primo capitolo della mia storia!! 
Allora, comincio col dire che io AMO questa coppia. Sono l'ammoooore!
Vi avverto, se vi aspettate una fan fiction lunghissima con 30 capitoli e passa, devo deludervi. Non ne pubblicherò decisamente più di 10.
Altra cosa, questa volta al di fuori di questa storia. Io e gli admin della mia pagina stiamo scrivendo una fan fiction a 12 mani (wow, 12!), e vi sarei grata se passaste a leggerla. Il link è http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2562288 (io scrivo i capitoli dal punto di vista di Grace).
Bene, recensite la storia e alla prossima puntata!
-Grace





 

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Capitolo 2
*** La Sfida ***


Capitolo 3
La Sfida
 
Entro nella mia Cabina sbattendomi violentemente la porta alla spalle. Prendo la sacca in pelle che sta appesa all'attaccapanni che è dietro di essa per poi gettarla sul letto.
Mi dirigo verso l'armadio a muro e lo apro con noncuranza, acchiappo tre maglie nere con dei teschi disegnati sopra dei teschi e due paia di jeans (neri, tanto per cambiare). Li infilo a caso nella sacca e mi dirigo verso il bagno, prendo spazzolino e dentifricio ed infilo anche quelli. Chiudo bene la sacca ed esco nuovamente con la sacca in spalla. La spada di ferro dello Stige batte sul mio fianco al ritmo dei miei passi concitati.
Mi dirigo verso la barriera spedito, me ne vado, e magari questa è la volta buona che non torno più.
Sono talmente concentrato sul mio respiro, sul mio passo, sulla barriera, da non accorgermi della figura che mi viene velocemente incontro fino a che non me la ritrovo al mio fianco.
- Nico. – dice seria.
- Annabeth. – faccio io di rimando senza rallentare il passo.
- Dove stai andando? – mi chiede. Non è la prima volta che mi vede fuggire, ma non ha quasi mai provato a fermarmi, o comunque non ci è mai riuscita. Lei è testarda, ma io lo sono molto più di lei.
- Via. – rispondo secco. Non devo spiegazioni a nessuno, neanche a lei che è la mia migliore amica.
- Si tratta di Leo, vero?
- E chi te l’ha detto? – le abbaio io con cattiveria.
- Leo. Mi ha detto della vostra chiacchierata e del tuo… ehm…
- Bacio, si. Bè, dì a Leo che il mondo non ruota intorno a lui, e se io me ne sto andando non è per forza a causa sua.
- Anche se è così. – conclude Annabeth.
- E allora? Che problema c’è? – chiedo infastidito. La barriera è sempre più vicina, riuscirò ad andarmene. Costi anche dover mettere fuori gioco Annabeth.
- Il problema è che sei un vigliacco. Ogni volta che ti succede qualcosa qui al Campo, tu prendi la tua sacca e te ne vai. Devi sapere che non è così che risolvi i tuoi problemi, quelli ti seguiranno, ti seguiranno ovunque andrai. Credi che sia andando in quel posto infernale che smetterai di avere problemi?
- Quel posto infernale è casa mia! – quasi urlo, ma lei finge di non avermi sentito e prosegue.
- Credi che sia vivendo con quel pazzo di tuo padre che dimenticherai di essere innamorato di Leo? Credi che sia punendoti in questo modo che finirà tutto, Nico? Lo credi davvero? – mi chiede quasi urlando anche lei, afferrandomi il polso e costringendomi a voltarmi verso di lei, verso il Campo.
- Rispondimi! Lo credi davvero?
- No. No, non credo che risolverò la cosa ma… ho bisogno di tempo per pensare, Beth. Qui con Leo nei paraggi non… non posso. L’Ade è casa mia, starò bene. – le dico io.
- Nico… - pronuncia il mio nome dispiaciuta, disperata. – Abbandoneresti davvero tutto questo? – indica il Campo alle sue spalle. – Abbandoneresti tutti noi?
Scuoto la testa, sconsolato. – Non abbandono voi. Abbandono me stesso.
Detto questo mi volto nuovamente verso la barriera, oramai vicinissima. L’ho convinta a lasciar perdere, ne sono sicuro. Mi conosce meglio di chiunque altro, capirà.
Sono arrivato. Allungo una mano e sfioro con un dito quel sottile velo invisibile qual’ è la barriera. La sento sotto le dita: libertà. Libertà, pericolo, paura, solitudine, follia. Il riassunto della mia vita. Posso già sentirla prendere il sopravvento su di me. Ci sono quasi, sto per attraversare la barriera quando…
- Nico!
Un braccio si avvolge intorno al mio, un braccio caldo ed incantevole, un braccio caldo che mi tira indietro, mi strappa da quella libertà talmente intensa da far male.
- Cosa vuoi? – chiedo voltandomi, le parole come veleno.
Leo indietreggia leggermente alla vista del mio viso, vede il ghiaccio nei miei occhi, ma subito si riprende perché in cuor suo sa bene che il fuoco scioglie il ghiaccio.
- Voglio fermarti. – dice con coraggio. Poi però la sua voce si fa improvvisamente supplichevole. – Non andartene.
E’ quasi un sussurro.
- Perché non dovrei? – gli chiedo, ancora parole scolpite nel ghiaccio.
- Perché… perché voglio rimediare.
Mi sorprende. Rimediare? A cosa? Al non essere attratto da me? Al essersi fatto baciare? Ad avermi fatto innamorare di lui? Improvvisamente cambio approccio.
- Cosa intendi? – chiedo, ora il ghiaccio non è più arma ma difesa.
- Mi dispiace… Nico, sai che io non sono attratto da te, e non da te, ma in generale dal genere maschile ma… forse potremmo diventare amici, non credi?
Amici. Lui vuole essere mio amico? Lui, così divertente e allegro, così caldo, vuole essere mio amico, di me, così freddo e scontroso, così nero e triste, così spaventoso? Ancora una volta Leo mi sorprende.
- E perché vorresti essere mio amico? – gli chiedo diffidente.
- Perché… perché mi incuriosisci. Perché sei sempre così serio, così triste, come se avessi attorno una muraglia invalicabile, ma io so che tu non eri così, un tempo eri allegro e… se c’è una persona che può farti tornare tale quella sono io. Lo prendo un po’ come un obbiettivo personale.
- Trovati un altro obbiettivo personale, Valdez. – concludo, cercando di voltarmi nuovamente verso la barriera ma la sua mano, che non ha mani lasciato il mio polso, mi tira verso di lui ancora, diminuendo anche la distanza tra noi.
- Dieci giorni. – sussurra. – Dammi dieci giorni per convincerti a restare.
- E cosa dovrei guadagnarci io? – chiedo sussurrando anch’io.
- Un amico.
Penso. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei…
- Accetto.
Stendo la mano verso di lui e Leo la stringe, sigillando il nostro patto.
- Si comincia a giocare, Di Angelo. – mi sfida lui, con un sorriso beffardo dipinto sul volto.
- Non vedo l’ora, Valdez. 

*Angolo Autrice*
Sono tornaaaaaaaata!
Ecco qua un capitolo fresco fresco,anche se fresco fresco non è, dato che il mio computer deficiente mi ha cancellato ciò che avevo scritto e mi è toccato ricominciar daccapo. 
Bene, spero di non avervi deluso troppo dicendovi che Leo è etrero (ma dove? (': ) e non è attratto da Nico. 
Altra cosa importante in questo capitolo: Annabeth. Annabeth per me è sempre la migliore amica di Nico, amo la loro amicizia e, come si vedrà l'istinto di protezione l'uno nei confronti dell'altra.
Spero vi sia piaciuto, se così fosse fatemelo sapere nelle recensioni (fatemi felice wiiiiiiiii unicorni!!)
Aggiornerò presto!
Bacioni
-Grace

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Capitolo 3
*** Il Lago ***


Mi sveglio nel mio letto, mentre nella Cabina 13 una timida luce filtra dalle finestre che, come sempre, ho lasciato con le persiane alzate.
Durante la notte devo aver fatto dei sogni movimentati, anche se non li ricordo, visto che le lenzuola sono tutte ingarbugliate e si vede chiaramente che mi sono agitato molto mentre dormivo.
Alla luce del primo mattino, con addosso ancora il torpore del sonno, mi sembra che al mondo non ci siano problemi e preoccupazioni, che tutto sia perfetto, quando improvvisamente tutto ciò che è successo ieri mi piomba addosso, svegliandomi, come una secchiata d'acqua gelata in testa.
Mi alzo in tutta fretta, mi lavo e mi vesto, poi esco dalla Cabina, inebriandomi dell'odore del primo mattino, fresco e pulito, nuovo.
Ma ecco che il mio più grande sogno ed il mio peggior incubo mi aspetta al varco.
- Ma buongiorno! - esclama Leo con un grande sorriso.
- Buongiorno! - dico di rimando, abbozzando un sorriso anch'io.
- Pronto per questa nuova giornata? Ti avverto che sarà impegnativa!
- Ti sembro uno che molla, Valdez? - scherzo. Forse questa storia potrebbe finire bene.
Leo mi guida verso un punto a me ignoto, e solo quando essa incombe su di noi, mi rendo conto che siamo arrivati alla barriera.
- Aspetta, stiamo ce ne stiamo andando? Ma non dovevi convincermi a non abbandonare questo posto?
- Sai come voglio farti rimanere? - mi chiede con uno sguardo enigmatico. - Facendoti andare via. –
Nota la mia espressione confusa, perciò tenta di spiegarmi.
- Ci rendiamo conto di quanto qualcosa è importante per noi solo dopo averla persa. – fa con un’alzata di spalle.
Forse non è così tonto come dà a vedere.
Prima che possa aprir bocca, lui mi spinge fuori dalla barriera ed in un attimo siamo senza protezioni, in pericolo, ma liberi.
- Dove si va, Capitan Valdez? - chiedo curioso.
- Lo vedrai, Di Angelo, abbia pazienza. – fa lui, guidandomi nel bosco.
Camminiamo per ore forse, e a me sembra di vagare senza meta, ma Leo deve sapere dove stiamo andando, perché di tanto in tanto si ferma e cambia idea, torna indietro e prende una direzione diversa da quella intrapresa prima. Come faccia ad orientarsi in questo intrico di vegetazione non lo so, dove tutto sembra puramente casuale.
Eppure ogni cosa ha un suo ordine ed un suo senso.
Improvvisamente la foresta fitta ed ombrosa che ci ha accompagnato fino a pochi passi prima si apre in una radura, come se gli alberi facessero un girotondo nel mezzo del quale si apre un bellissimo lago cristallino, trasparente come se fosse fatto d'aria, con il fondale di sassolini bianchi ed abitato da piccoli pesci colorati e con qualche alga dai colori brillanti qua e là. La luce che si specchia nell'acqua crea dei giochi bellissimi, delle ombre leggere e dei cerchi, delle linee, dei simboli vaghi ed in continua mutazione, come se il lago e la luce dipingessero insieme uno dei quadri più belli del mondo.
Resto incantato ad osservare quella meraviglia, mentre Leo mi osserva ridente, forse perché è felice di avermi sbalordito, forse perché ho una faccia decisamente buffa, con la bocca spalancata e gli occhi sgranati, ma non mi importa, ora voglio solo godermi questo spettacolo.
- Che ne dici? - mi chiede Leo dopo qualche minuto in cui io ho contemplato il lago e lui ha contemplato me.
- Dico che è meraviglioso. - sospiro ancora per metà in trance.
- Speravo che ti facesse lo stesso effetto che ha fatto a me la prima volta. - mi spiega sorridendo.
Annuisco senza smettere di fissare le acque del lago.
- Vengo qui spesso. - mi confida allora. - E' tranquillo e... bè, non ci sono molti posti così belli al mondo.
- Concordo. - dico assente. Poi, lentamente, mi risveglio da quello stato di trance.
Cammino lentamente fino alla riva, lambita dolcemente da quell’acqua bellissima. Accarezzo la superficie, sento la purezza al tatto.
 - Ti sei mai tuffato? – chiedo.
- E me lo chiedi? Certo! Mai fatto bagni più belli. Vuoi provare?
- Ehm... mi piacerebbe ma... non ho il costume! - esclamo deluso.
- Non c'è problema! Ci penso io. - dice Leo prima di sparire dietro un cespuglio e tornare con due costumi a pantaloncino puliti puliti. - Ecco a te. - e mi passa un costume.
- Oh... ehm, grazie! Da dove li hai pescati?
- Dopo aver scoperto questo posto l'ho attrezzato un po'.
Ride. Ride, e la sua risata è più cristallina delle acque del lago, e così bella, e limpida, e calda, calda ed avvolgente, come una coperta, quella coperta che diventa importantissima d'inverno ma d'estate rimane appallottolata nell'armadio. Se la sua risata fosse una coperta, vorrei l'inverno tutto l'anno ed un freddo da far battere i denti, vorrei potermi avvolgere nella sua risata e farmi cullare da quella sensazione di protezione che essa mi dona.
Vado verso un cespuglio e mi ci nascondo dietro, mi cambio con calma e vado di nuovo da Leo.
- Eccomi qua! - dico, buttando i miei vestiti appallottolati a terra.
- Sei molto sexy! – esclama, facendomi arrossire violentemente, ma lui non se ne accorge, perché ridacchia e poi va a cambiarsi a sua volta.
Mi siedo sulla riva di sassi a contemplare l’acqua, è così bella…
- Se ci entri è ancora meglio! – dice Leo alle mie spalle quando torna dopo essersi cambiato.
Mi alzo voltandomi verso di lui e…
Il cervello mi va totalmente in tilt. Mi è difficile formulare un pensiero coerente con lui davanti, così bello, con la pelle scura ed il fisico così perfetto.
Mi chiede qualcosa, ed io annuisco senza nemmeno capire cosa ha detto, probabilmente mi avrà chiesto di tuffarci, perché si avvicina alla riva, unisce le mani e si butta.
Io aspetto, e lo guardo sparire nell’acqua chiara, vedo la sua ombra muoversi sul fondale, e poi eccolo riaffiorare nuovamente poco più in là, con i capelli scuri appiccicati alla fronte e grondante d’acqua.
- Vieni! – mi chiama dopo aver scosso violentemente il capo per mandar via l’acqua in eccesso.
Io tentenno un po’, avvicinandomi cautamente alla riva e sfiorando l’acqua con il piede. Non amo tuffarmi, io e l’acqua abbiamo un rapporto complesso, ed un conto è guardarci da lontano, un altro è entrare in contatto.
Entro con le caviglie nell’acqua, è calda in fin dei conti, entrarci dovrebbe essere piacevole. Un altro passo. Un altro ancora. Altri due. L’acqua mi arriva a metà coscia, ora dovrei davvero buttarmi.
Unisco le mani sul capo come ho visto fare a Leo, piego le gambe pronte per saltare e conto fino a tre.
1.
2.
3.
In pochi millesimi di secondo eccomi in acqua, e… è bellissimo, mi sento tutt’uno con il lago, con chi lo abita, nuoto piano in cerchio, con la testa immersa e gli occhi chiusi, le mani che mi spingono avanti, è una sensazione così completa…
Decido di aprire gli occhi, piano, e mi trovo tra i pesci, mi passano davanti, tra i piedi, indisturbati, come se io fossi uno di loro. Vedo Leo poco più in là, che mi saluta agitando la mano lentamente, rallentato dal peso dell’acqua, e poi la stende piano, cercando si sfiorare un pesce dal verde brillante che gli passa affianco, ma quello scappa via e lui sorride.
Sorrido anch’io.
Quando ho terminato tutto l’ossigeno che avevo nei polmoni, riaffioro e prendo un lungo e potente respiro, poi scuoto la testa e piccole goccioline d’acqua schizzano via dal mio ciuffo color dell’ebano.
- Hey!
Una voce alle mie spalle mi fa saltare per lo spavento, non mi ero accorto di aver il figlio di Efesto alle spalle. Mi volto, tenendomi una mano sul cuore, il cuore che per un attimo ha smesso di battere.
- Dannazione Valdez, vuoi farmi prendere un infarto? – gli chiedo seccato ed infastidito.
- Uh sarebbe divertente ma no, direi di no. – dice lui ridendo.
Anch’io sorrido un poco, e poi inizio a schizzarlo. Lui si copre gli occhi, continuando a ridere, ed inizia a schizzarmi a sua volta.
Infuria la lotta di schizzi, fino a che lui non urla un: - Tregua! – fra una risata e l’altra.
Io rido con lui, non ridevo così da moltissimo. Forse ha ragione, se c’è qualcuno che può aiutarmi nel riacquistare la felicità, quello è lui.
- Ho vinto io, Valdez! – esulto.
- Questa è solo la prima manche! – esclama lui di rimando. Poi volge il suo sguardo al cielo. – Si sta facendo tardi, forse dovremmo andare a mangiare qualcosa.
Per tutta risposta il mio stomaco inizia a brontolare, protestando.
- Sì direi di sì. – concordo, avviandomi verso la riva, con Leo al seguito.
Il piccolo piromane recupera due asciugamani da dietro il cespuglio dove aveva preso i costumi e me ne porge uno. Io mi avvolgo in esso, e lui mi imita.
- Dove andiamo a mangiare? – chiedo, mentre mi strofino il pezzo di stoffa sul corpo per asciugarmi.
- C’è un piccolo locale poco distante da qui, si mangia bene. Ti va?
- Oh d’accordo. – rispondo, recuperando i miei abiti dal terreno. – Vado a vestirmi.
Leo annuisce ed io mi avvio verso la vegetazione per andarmi a cambiare senza esser raggiunto da sguardi indiscreti, e percepisco lo sguardo di Leo su di me.
Quando sono ben nascosto mi rinfilo i vestiti, mi passo una mano fra i capelli e torno da Leo. Lui mi sorride a va a cambiarsi a sua volta.
Guardo ancora una volta lo specchio cristallino del lago, e poi mi chino a raccogliere da terra un bastoncino. Inizio a disegnare, disegno un teschio in fiamme, mi impegno molto, poi mi fermo ed osservo la mia opera. Non male.
Alzo nuovamente lo sguardo verso il lago, ancora in equilibrio sulle punte dei piedi e con le ginocchia piegate, e mi perdo in quei colori, mentre traccio linee distrattamente col bastoncino sulla sabbia.
- Calle delle Case Nove 507. – dice la voce calda di Leo. Ma, hey, sta parlando in italiano, in veneto per di più!
- Cosa? – chiedo confuso, alzando lo sguardo ed incrociando quello del figlio di Efesto. Sta in piedi alle mie spalle, ed osserva me ed il mio disegno. Non mi ero accorto di averlo affianco.
- Calle delle Case Nove 507. – ripete, leggendo dal terreno. – L’hai scritto per terra.
Abbasso lo sguardo al punto dove stavo scarabocchiando, e mi rendo conto di aver scritto delle parole.
- Che significa? – mi chiede il ragazzo confuso.
- Io.. Ecco, era la via della mia vecchia casa a Venezia. E’ un indirizzo. In inglese sarebbe ‘Via delle Case Nuove’. – spiego io, cercando di scacciare velocemente i flashback che quell’indirizzo sta porgendo alla mia mente, scene di vita quotidiana di quando abitavo lì con mia madre e Bianca. Non posso permettere loro di entrare, non voglio altro dolore.
- Oh, capisco. – sussurra Leo, la sua voce è vagamente incrinata dall’insicurezza. Forse è dovuta dall’improvvisa ondata di oscurità che mi passa per il volto.
Rimango in silenzio ed immobile, lottando contro i ricordi, e percepisco Leo, immobile anche lui, sembra quasi trattenere il fiato.
- Andiamo. – dico io alzandomi, cercando di guardarlo in faccia.
Lui rimane impalato per qualche altro secondo, poi mi chiama.
Mi volto.
- Dimmi.
Lui si avvicina e guardandomi negli occhi, poi vedo le sue braccia stendersi incerte e… tornare a ricadere indietro.  Sul suo viso compare un’espressione complessa, tra il disagio, il timore e la rassegnazione.
- Niente. – mormora piano, prima di superarmi ed avviarsi verso un piccolo sentiero nella vegetazione.
Sospiro. Avrebbe forse voluto abbracciarmi? Perché ci aveva ripensato?
Infine mi decido a seguirlo, con le spalle incurvate ed il morale a terra. Camminiamo per circa cinque minuti seguendo il sentiero nella boscaglia, finché non ci troviamo al lato di una stradina asfaltata, dove passano una o due macchine ogni tanto. Leo attraversa ed io lo seguo a ruota, attento a non farmi ficcar sotto un’auto.
Finalmente un piccolo locale ci si apre davanti. E’ molto carino, ha delle scale che portano ad un terrazzo pieno di tavolini. Ci sediamo, ancora un po’ a disagio, evitando di guardarci in viso.
- Cosa volete ordinare, signori? – ci chiede il cameriere appena arrivato. E’ vestito con una maglia rossa con il nome del locale stampato sopra ed un grembiule bianco sulle gambe. In mano ha due menù, e ce li porge.
Io ne prendo uno e lo apro, scorrendo tutti i tipi di cibarie. Infine scelgo.
- Per me una caprese. – dico chiudendo il menù e porgendolo al cameriere.
- Per me invece un hot dog. – fa Leo consegnando anche il suo menù. – Ah, ed una coca cola.
Il cameriere fa un cenno di assenso con il capo ed entra in cucina.
- Caprese, eh? – mi domanda Leo, cercando di abbattere il disagio che si è creato tra noi due.
- Italiani si resta per sempre. – rispondo secco, alzando finalmente lo sguardo verso di lui.
Leo mi sorride. Ma non è il suo solito sorriso, quello spensierato e infantile forse, a trentadue denti, no. E’ un sorriso piccolo e timido, un sorriso dolce, un sorriso che sembra dire mille cose, mille parole che non si ha bisogno di pronunciare.
Sorrido piano anch’io, sorrido e quel sorriso sembra urlare tutto ciò che ho dentro, sputare tutto il veleno e dire ‘sto bene’ ma senza mentire.
Leo capisce.
Per quanto possa sembrar tonto, infantile, superficiale anche, io so che lui non è affatto così, che lui ha un’anima profonda, e che il sorriso che mi sta regalando ora è più vero di tutti quelli che fa agli altri.
- Ecco a voi. – esclama il cameriere mentre posa i piatti davanti a Leo e a me. Ci sorride e mette la coca cola al centro.
Leo ringrazia, e poi inizia a mangiare. Io inizio a stuzzicare la mozzarella con la forchetta, come se stessi soppesando l’idea di mangiarla o meno. Infine mi decido, ed in men che non si dica ho spazzolato tutto.
- Avevi fame, eh? – dice Leo ridendo.
Non mi ero accorto di essermi ingozzato.
- Al Campo non ti ho quasi mai visto mangiare. – osserva lui, finendo il suo pranzo.
- Non ho quasi mai fame. – ribatto, senza dare troppe spiegazioni.
- Il che spiega questo. – fa lui, avvolgendo la sua mano intorno al mio polso. – Non ho mai visto un polso così piccolo, Nico.
- Non sono anoressico! – esclamo irritato ritirando il braccio appena capisco cosa sta pensando.
- Io direi che un po’ lo sei. – controbatte Leo, testardo.
- Nico dice no. – nego, incrociando le braccia al petto.
- Oh, va bene... – me la dà vinta lui, ma subito dopo mi rifila un’occhiata scettica, ed io sbuffo sonoramente. Lui si fa scappare un piccolo riso.
- Sei buffissimo quando sbuffi… quindi praticamente sempre. – mi dice con un sorriso sulle labbra.
- Stai dicendo che sono una persona buffa? – chiedo arcuando il sopracciglio. Sono stato descritto in molti modi, ma buffo mai.
- Oh no, assolutamente no, come può il grande Re dei Fantasmi esser chiamato buffo? – fa lui con fare teatrale. Sorride, ma poi si fa subito serio, inchioda i suoi bellissimi occhi sui miei. Quando riprede a parlare il suo tono è basso, e la sua voce roca e calda… e così dannatamente seducente. – Comunque… io so che c’è molto di più dell’oscurità in te, Principe degli Spettri. Non sei di granito. Sei riuscito ad ingannare tutti, Di Angelo, ma chi mente di suo non crede alle bugie.
Sgrano gli occhi. Cosa sta cercando di dire? Mi alzo di scatto e vado al bancone a pagare per entrambi, poi esco dal locale quasi di corsa.
- Nico! – mi chiama Leo alle mie spalle, e presto mi raggiunge. – Hey Nico, che ho detto di male?
-Niente Valdez, niente. – rispondo secco, rallentando di poco il passo.
- Mi spieghi perché appena dico qualcosa che ti riguarda un po’ più nel profondo tu scappi via?
- Il motivo è quello che hai detto tu prima.
- Ovvero? – Nessuna risposta. Accelero di nuovo il passo. – Nico, che diavolo, sei impossibile! Non so mai cosa fare con te, cosa dire, non riusciamo a finire una conversazione in un modo decente, ed io non riesco a capire in cosa sbaglio! Dimmelo, ti prego, dimmelo, io ci provo, ti giuro, ma riesco sempre a dire qualcosa, a premere il tasto sbagliato! Qui o io sono un disastro, cosa per altro molto probabile, oppure in te c’è qualcosa che non va!
- Il problema è qua dentro! – esclamo, fermandomi e voltandomi verso Leo, posandomi un indice sul petto. – Il problema è il tuo modo di scovare i miei segreti, di aprire le porte dei ricordi, della mente, posti che io non voglio visitare, cose che io tento in ogni modo di non mostrare agli altri. Ci sono riuscito con tutti, sono riuscito a farmi odiare, a farmi evitare, a far tacere chiunque cerchi di chiedere qualcosa, ma tu! Tu no! Tu non riesci a vedermi come il ragazzo-demone, come una minaccia, come l’oscurità, no, tu sai sempre qualcosa di più! Tu sai cose di me che magari non so neanche io, e non è una cosa buona! Io non voglio essere scoperto, non voglio essere capito, non voglio parlare di me o del mio passato, di tutto ciò che sono, non voglio!
- Perché hai paura di te stesso. – mormora piano lui, con lo sguardo basso.
- Cosa? – chiedo io con la voce tornata al tono normale, confuso per ciò che ho detto, ma soprattutto per ciò che ha detto lui.
Alza lo sguardo e lo incatena col mio, e quando riapre bocca il suo tono è sicuro e deciso.
- Hai paura di te stesso, hai paura dei tuoi demoni, dei tuoi pensieri, dei tuoi ricordi, hai paura delle tue paure, dei tuoi sentimenti, hai paura di ciò che sei diventato, e lo capisco, ti capisco, ti capisco forse più di chiunque altro, Nico. Ma sappilo, non c’è nulla di cui aver paura. Non sei un mostro.
Mi sorride, mi sorride e quel sorriso mi dona forza e speranza, mi dice che forse non sono così sbagliato, che forse non è tenendo tutto dentro che starò bene.
- Io… - inizio, ma improvvisamente mi rendo conto di non aver nulla da dire, che non ci sono parole per fargli capire tutto ciò che provo, che non riesco ad esprimere le mie sensazioni ed i miei vortici di pensieri, potenti e distruttivi.
- Andiamo ora. – dice con dolcezza, e passandomi un braccio sulle spalle. – Torniamo al Campo.
Io annuisco e mi abbandono al calore che il suo braccio intorno alle spalle mi dona, abbozzando un sorriso e cercando di fare breccia tra il caos che le sue parole hanno creato nella mia mente.

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Capitolo 4
*** La Maledizione ***


POV LEO
Leo, Leo, Leo, come sei stupido Leo. Leo, Leo, Leo perché devi sempre andarti a cacciare nei guai? Leo, Leo, Leo, perché la tua vita non può essere mai semplice?
Me ne sto seduto a terra con la schiena appoggiata alla parete del Bunker 9, le gambe piegate davanti al petto e gli occhi chiusi.
Nella mia mente continua ad affiorare l’immagine di Nico davanti a me, Nico urlarmi tutto sé stesso, ed i suoi occhi aggrapparsi ad ogni piccola speranza, mentre il mondo gli crolla sotto i piedi.
- Nico, perché? – mi ritrovo a sussurrare a me stesso, come se lui potesse sentirmi, come se lui fosse lì accanto a me, a scrutarmi con i suoi maledetti occhi neri e la sua maledetta dolcezza, con quel suo maledetto sguardo misterioso…
- Perché Nico? Perché ti sei innamorato di me? Perché… non avresti dovuto, non avresti dovuto… - mormoro, cullato da quel sottile dolore che mi avvolge. – Non avresti dovuto baciarmi… ero quasi riuscito ad accettarlo, ero quasi riuscito a lasciarti andare, a vincere le tentazioni e poi tu…
Le mie dita sfiorano involontariamente le mie labbra, dove l’ombra chiara del ricordo delle sue sulle mie ha lasciato le sue impronte. Il mio cuore accelera un po’, mentre inevitabilmente la mia mente rivive quel momento…
Le sue bellissime mani fredde alla base del mio collo, le sue labbra timide muoversi sulle mie, i suoi occhi chiusi, e tutto l’amore che con un solo gesto mi ha dimostrato… quanto avrei voluto stringerlo tra le mie braccia, non farlo scappare mai più, proteggerlo da tutto e tutti… ma non mi era concesso, non mi è concesso.
Stringo i denti, nel tentativo di cacciare via il dolore, per quanto mi sia impossibile.
Maledetti gli Dei, cosa hanno contro di me? Cosa ho fatto per meritarmi questo? Cosa ha fatto NICO?!
Nico… chissà quanto l’avrò fatto soffrire… il mio povero Nico… ed è tutta colpa mia.
Cioè, in primo luogo di quei dannati Dei.
Ricordo il giorno lontano, forse era Febbraio, in cui io mi alzai dal mio letto nel Bunker 9 (dove mi ero trasferito), ed ebbi la pesante impressione di essere osservato. Improvvisamente mi resi conto di esserlo davvero.
Ade e Afrodite erano là a fissarmi, con le braccia incrociate e una vaga rabbia negli occhi. Ricordo di esser balzato in aria per lo spavento.
- Maledizione, ma che vi salta in mente?! – avevo urlato. Poi mi ero ricordato di esser al cospetto di due degli dei più potenti. La Morte e l’Amore, due cose così incredibilmente simili… - Voglio dire, a cosa devo questa divina visita?
- Valdez, stai rovinando tutto! – aveva esclamato Afrodite con tono accusatorio.
- E cosa starei rovinando, mi è concesso saperlo?
- Non devi metterti in mezzo alle mie coppie! – aveva sbraitato quella specie di super diva di Hollywood qual è Afrodite.
- Le sue… coppie, mh certo… - avevo detto fingendo di aver capito.
- Dannazione Valdez, mi ero creata un sacco di bellissime ship, ma tu me le hai distrutte!
- Ship? – avevo chiesto confuso.
- E’ linguaggio Fangirl, piccolo sciocco. – mi aveva spiegato irritata la dea dell’Amore. – Si dà il caso che io abbia creato delle coppie meravigliose, come la Pernico e la Solangelo, ah, e la Jasico, anche quella! Ma tu… tu non devi far parte di un’altra ship!
- Mi scusi ma continuo a non capire. – avevo ammesso tentando di tirar fuori un senso da quel mucchio di parole.
Afrodite aveva emesso un verso esasperato, poi aveva preso a parlarmi come se fossi un bambinetto di tre anni. – Allora Valdez, nel corso degli anni io mi sono divertita a intrecciare una serie di coppie ed innamoramenti. Come saprai al signorino Solace piace il signorino Di Angelo, e Di Angelo è innamorato follemente del signorino Percy Jackson…
- Aspetti… CHE COSA?! – avevo esclamato incredulo. Nico innamorato di Percy? Non mi sembrava possibile, per la maggior parte del tempo lo evitava…
- Mi hai sentito. Sono anni che quel ragazzino – e qui Ade aveva guardato malissimo la dea – è totalmente cotto di quel figlio di Poseidone…
Il mio cuore aveva smesso di battere. Nico, quel ragazzo per cui stravedevo da quasi due mesi, era innamorato di un altro ragazzo. Il mondo mi era caduto improvvisamente addosso.
- Oh, maledizione, Valdez, non fare quella faccia! Non avresti comunque potuto avvicinarti al giovane Nico. – mi rimprovera la dea.
- E per quale motivo, sentiamo? – l’avevo sfidata io, ormai alquanto irritato (e ferito).
- Perché io non te l’avrei permesso, sciocco! Percy Jackson, Will Solace, Jason Grace… questi ragazzi sono tutti valorosi ed eroici, dei veri splendori, e si meritano davvero quel ragazzo, ma tu? Tu sei solo un mucchietto di ossa bruciate, quindi rassegnati e fatti passare quell’assurda infatuazione per Nico.
Io iniziai davvero ad arrabbiarmi. ‘Mucchietto di ossa bruciate’?! Gli avrei fatto vedere io a quella razza di befana truccata! Stavo per replicare quando il Signore dei Morti, che era rimasto silenzioso ed immobile in disparte dall’inizio della discussione, con le braccia incrociate al petto ed uno sguardo truce, aveva fatto qualche passo avanti e finalmente aveva parlato.
- Stammi bene a sentire, ragazzo. Tutti quei tipi che ha citato prima qua Miss Coppiette non mi piacciono per niente, ma tu mi piaci ancora meno. Non voglio che mio figlio stia con uno come te, mi sono spiegato?
Nella voce del dio degl’Inferi c’era una calma rabbia, una crudeltà così sottile da esser quasi invisibile. Ed io lì avevo perso davvero le staffe.
- Invece stia lei a sentire me, ora! Io e Nico faremo ciò che vogliamo ed ameremo chi vogliamo, potrete anche uccidermi o fare ciò che volete, ma non potrete impedirmi di amarlo! – avevo esclamato, rosso di rabbia e con le mani stretta a pugno, cercando di controllarmi.
Il Dio degl’Inferi aveva riso, con una risata malefica e roca, folle e crudele.
- Tu credi? Bene, vediamo come te la cavi con questo allora! Io ti maledico, e quando le tue labbra si poseranno su quelle di mio figlio, entrambe morirete fra atroci sofferenze!
Ero rimasto spiazzato, inorridito e spaventato. Ma il padre di Nico aveva continuato.
- E non provare ad avvertirlo, perché in quel caso sarà lui a pagarne le conseguenze!
Scuoto il capo, mandando via i ricordi e i brutti pensieri.
Non avrei mai lasciato morire Nico, mai.
Per questo da quel giorno avevo cercato in ogni modo di reprimere i sentimenti verso di lui, di frenare ogni impulso e di controllare il battito cardiaco in sua presenza. Avevo iniziato a fuggire ogni volta che lo vedevo allenarsi, il che qualche volta era senza maglia, ed io non potevo permettermi di rimanere imbambolato a studiare il suo corpo perfetto. Avevo iniziato ad evitarlo, ad evitare il suo sguardo per non rimanerci incastrato dentro. Avevo iniziato a fare tutto ciò che era in mio potere per diminuire o almeno addormentare i miei sentimenti verso quel ragazzo.
La mattina del pic-nic era per me l’inizio una nuova vita, perché ero quasi certo di esser riuscito a dimenticare l’amore per Nico, era una sorta di test, una conferma della mia riuscita.
Stava andando bene. Stava andando davvero bene.
Ma poi, quando ero entrato nella Cabina 13 e lo avevo visto piangere… ogni mio piano era andato a farsi fottere, e non mi importava più di mantenere le distanze da lui, mi importava soltanto di farlo stare meglio, lo avevo cullato piano, avevo cercato di farlo sentire al sicuro.
E mentre lui piangeva, una parte di me piangeva per le sue lacrime, piangeva perché quel volto che tanto avevo amato non doveva mai venire rigato dalle lacrime.
Percy Jackson, pensavo. Ecco a chi credevo fossero dirette quelle stramaledette lacrime.
Quanto mi sbagliavo. Quelle lacrime erano per me.
Ero io la causa dei suoi mali, ed ancora non lo sapevo.
Poi… poi mi aveva baciato.
Ed io lì ero rimasto così piacevolmente sorpreso, con un vuoto nello stomaco come se avessi le vertigini per il troppo amore che mi girava impazzito per le vene. Poi mi ero ricordato della maledizione.
E la paura mi aveva avvolto la mente.
Quando Nico si era staccato avevo una paura folle di vederlo piombare a terra in preda ad atroci sofferenze, vederlo morire, prima ancora di morire io stesso.
Ero rimasto sorpreso. Nico era ancora lì era vivo, respirava forte, e percepivo lontano un miglio il battito accelerato del suo cuore. Ed io non comprendevo.
Poi avevo capito… “quando le tue labbra si poseranno su quelle di mio figlio”… Nico avevo posato le labbra sulle mie, e non viceversa!
Per un attimo ero rimasto così, fermo ed imbambolato, sollevato, possiamo dire, inebriato dal quel contatto… poi mi ero scosso e mi ero reso conto della fuga di Nico. Sarei voluto correre a fermarlo, ma sapevo in cuor mio che non sarei riuscito a trattenermi, davvero, o che lo avrei illuso inutilmente.
Perciò avevo valutato la brillante idea di chiedere aiuto ad Annabeth, la sua migliore amica. Lei di certo avrebbe saputo cosa fare con Nico. Così, ero corso sulla spiaggia, l’avevo sottratta a Percy, le avevo spiegato tutta la situazione e lei era partita subito in quarta per raggiungere Nico che nel frattempo stava per andarsene.
Quando avevo visto la figlia di Athena arrendersi avevo preso in mano tutto il mio autocontrollo ed ero andato a parlare con Nico.
La scommessa… tanto geniale quanto rischiosa...
Darei di tutto per farlo restare al Campo. Il pericolo sono io ed i miei stramaledetti impulsi.
Devo riuscire a controllarmi, non posso permettermi anche un solo piccolo errore, perché significherebbe la morte di Nico, e lui non si merita questo.
Con gli occhi chiusi, immagino la nostra vita senza la maledizione. Oh, come sarebbe bella. Potremmo stare insieme, ridere ed abbracciarci, potremmo parlare di musica e di fumetti, potremmo allenarci insieme con la spada e fare la lotta con i cuscini. Potremmo dormire abbracciati e non lasciarci mai più…
Eh sì, come sarebbe bello.
E così, con questi dolci pensieri in testa, mi addormento col sorriso sulle labbra.
Faccio uno strano sogno. Sono nell’oscurità più totale, ma poi… ecco che delle fiamme salgono dall’orizzonte, grandi e potenti, divoratrici, e avvelenano il nero che prima mi avvolgeva con scie di rosso, il rosso del sangue. Poi, dalle fiamme sale una figura. E’ lontana e non riesco a scorgerne i particolari, ma noto le lunghe trecce scure ed il diadema color porpora. I suoi occhi scintillano nella semi oscurità, ed un luccichio folle li attraversa. Sorride con aria crudele e bramosa, mentre da lontano sento una vocina che canticchia in modo infantile “Se attenzione più non fai, la pazzia ti troverai” e poi ricomincia, aumentando sempre il volume. Cerco di scappare, ma le mie gambe si rifiutano di muoversi. Le fiamme continuano ad alzarsi, e la figura fluttua sempre più vicino a me quando improvvisamente… sento qualcuno bussare e mi sveglio.
 
POV NICO
Mi agito nel letto, cercando una posizione comoda e soprattutto, cercando di dormire. Troppi pensieri si affollando nella mia testa, tutti insieme, e non riesco nemmeno ad osservarli uno per uno, perché appena ci provo gli altri duecento mi assalgono.
Leo. Mi farà diventare matto.
Come fa? Come Ade fa a capire sempre i miei pensieri, a conoscermi così bene?
Prima non avevo mai parlato con lui, non di cose profonde almeno. Sulla Argo II, Leo era sempre impegnato con la manutenzione della nave, e poi, diciamocelo… chi avrebbe mai pensato che fosse possibile fare dei discorsi profondi con Mr. Valdez?! Insomma, è vero che io non sono un gran chiacchierone, ma di certo non avrei mai creduto Leo un gran ascoltatore. Con la sua solita ironia demente e il suo modo di fare, non credevo facesse molta attenzione alle parole degli altri. Ed invece ora l’ho scoperto ad ascoltare perfino i silenzi, ed a interpretarli bene, fin troppo bene. Sembra a volte che mi entri nella testa e legga gli scarabocchi dei miei pensieri, e quando viene a parlarne con me, tutto diventa più leggibile, più semplice, ed il mostro sembra rimpicciolirsi. Ma è questo che voglio?
Dopo la morte di Bianca ho smesso di amare ogni cosa che riguardasse il contatto, fisico ma anche mentale, ho smesso di aprirmi, di parlare, e a volte anche di ascoltare. La capacità di Leo di capire anche ciò che io non ho intenzione di raccontare è stupefacente, si, ma anche pericolosa, e non voglio far vedere a lui i miei mostri.
Eppure…
No, devo smettere di pensare a Leo come colui in grado di salvarmi. Insomma, sono Nico di Angelo. Io mi salvo da solo.
Pensaci Nico, hai passato una vita da solo e non hai fatto altro che incasinarti di più.
Dannata coscienza.
Ma no, non voglio. Io devo rimanere freddo e saldo sulle mie gamb…
Leo. Non posso essere freddo con Leo. Lui è… è la persona migliore che io abbia conosciuto, e i muri che erigo davanti a tutti gli altri sono nulla per lui, lui è in grado di oltrepassarli.
La vera domanda è però… perché lo fa?!
E così, fra un pensiero ed un altro, le palpebre si fanno pesanti ed io cado nell’oscurità del sonno.
Sogno un luogo trasandato, la periferia di una città, il terreno è arido e polveroso, come quello dell’Arizona, con reti arrugginite a delimitare aree di cui non capisco lo scopo. Due figure si vedono in lontananza. Poi è come se la visione del sogno zoomasse, e mi ritrovo a distinguere chiaramente le due figure.
Sono mio padre e Afrodite in borghese.
Mio padre indossa i suoi jeans neri ed il giubbotto di pelle nera, con gli occhiali da sole a coprirgli gli occhi. Ha optato per il suo outfit moderno: di solito si veste come un becchino (cioè, questo è quello che gli dico io, e lui al solito mi guarda col suo sguardo tipo ‘Hey, ricordati che possiedo un cane a tre teste’). Afrodite invece ha dato davvero il meglio di sé, e ha fatto onore al suo titolo di dea della bellezza. Veste un abito bianco lungo fino alle ginocchia, con tacchi alti… beh, molto, e i capelli intrecciati in una morbida treccia.
Oh per lo Stige, sembro uno di quei tipi tutte moine che non fanno altro che pensare al look e a criticare quello degli altri. Sono gay, ma non effemminato!
Comunque, quei due Dei stanno parlando, anche se non sento cosa dicono. Ecco che improvvisamente il volume del sogno si alza.
- Ade, non va bene! Questa storia finirà malissimo!
Aspetta, cosa?! Mio padre ha una relazione con Afrodite?!
- Lo so bene, ma non posso fare del male a mio figlio. Non per quella specie di piromane ispanico!
LEO?!
- Ci sarà anche un modo per non far stare insieme quei due senza far del male a Nico! – continua mio padre. La sua voce è… disperata? No, non è questo il termine giusto. No, è esasperato, ecco.
- Se per far del male intendi ucciderlo, ci sono parecchi modi per impedire un amore, oltre che la morte. Per esempio potremmo rendere uno dei due muto.
- Si, come la Sirenetta della Disney! Afrodite, vedi meno cartoni animati. Troverebbero il modo per stare insieme anche senza la voce.
- E allora togliergli la memoria?
- Si rinnamorerebbero.
- Uccidere il piromane?
- Nico non me lo perdonerebbe mai. E poi… - la voce di papà trema, e abbassa per un attimo lo sguardo - ha già perso abbastanza persone, togliendogli anche quel ragazzo lo distruggerei.
- Allora che ne dici dell’aiuto di una nostra cara amica? – dice la dea dell’amore, mentre sul suo viso si apre un sorriso malefico.
Mio padre alza gli occhi. – Chi?
- Ate.
Mi sveglio di soprassalto, sudato e tremolante, mi alzo in piedi cercando di reggermi sulle gambe e mi dirigo verso la porta, cerco a tentoni la maniglia nel buio della Cabina, e quando la trovo la apro e schizzo fuori.
Grazie agli Dei mi sono addormentato vestito.
Corro disperatamente verso il Bunker Nove, appena vi arrivo busso energicamente alla porta, sperando che Leo senta. Mi asciugo il sudore con la mano. Magari ciò che ho visto non è reale, è solo una mia paura. Devo tranquillizzarmi.
Sento muoversi dentro al Bunker, e presto un Leo dai capelli scompigliati e un barlume di paura negli occhi apre la porta.
- Leo. – dico con voce tremante – Che sta succedendo?
Lui mi guarda, nota il mio terrore, e fa qualche passo in avanti verso di me, uscendo dal Bunker.
- Che è successo Nico? – mi chiede allarmato, mettendo da parte la sua, di paura, ma io l’ho vista.
- Mio padre e Afrodite… ne sai qualcosa?
Leo sbarra gli occhi, e diventa improvvisamente piuttosto pallido.
- Come… come…? – chiede balbettando.
- L’ho sognato, io…
- Raccontami. – mi dice, posandomi una mano sul braccio per tranquillizzarmi, e sarebbe tranquillizzante, davvero, se solo le mani non tremassero anche a lui.
- Io… ero in una zona di periferia e c’erano mio padre e Afrodite che parlavano. Dicevano che c’era qualcosa che non andava. Mio padre diceva che non voleva uccidermi, e Afrodite voleva rendere uno di noi due muto, o toglierci la memoria, oppure voleva…
Mi fermo.
- Nico, cosa voleva fare Afrodite? –mi chiede lui con una punta di panico nella voce.
- Voleva ucciderti. – mormoro.
Leo non si scompone, stringe solo un po’ di più il mio braccio, e sembra quasi tirare un sospiro di sollievo, come se la morte non lo preoccupasse affatto, anzi, la preferisse a… qualcos’altro.
- E poi voleva chiamare un loro… amica? Si, diciamo una certa… Ate.
Le gambe di Leo cedono, e lui cade in ginocchio a terra, tremando come una foglia.
- Leo! – esclamo, spaventato, e mi inginocchio vicino a lui, prendendo il suo viso fra le mani e obbligandolo a guardarmi negli occhi. – Va tutto bene, va tutto bene… - ma la voce trema anche a me.
- No! Non va tutto bene Nico! Se la Ate di cui parli tu è la donna che ho visto io nei miei sogni…
- Aspetta… i tuoi sogni?
- Si, io… NICO VOLTATI!
Mi giro di scatto e l’unica cosa che riesco a vedere prima di svenire è la figura di una donna dalle lunghe trecce scure ed un diadema viola, con il suo ghigno folle ed inquietante a pochi centimetri dal mio volto.
 
Angolo Autrice
EBBENE, DOPO MESI, ECCO IL CAPITOLOOOOOOO!!
Mamma mia, signore e signori, ce l’ho fattaa!
Capitolo orribilimentissimissiminissimino, lo so bene, ma mi serviva per… incasinare ben bene le cose.
NON TIRATE I POMODORI ALL’AUTRICE!
Suspence, suspence, suspence…. AMO  LA SUSPENCE!
Ora, mi immagino già tutti a guardare su Zia Wiki questa misteriosa dea Ate… TATATATAAAAAAANNN!
Non uccidetemi.
Allora, la storia sta assai peggiorando come situation si si… boom, siete rimasti tutti molto scioccati, anche perché SI, LEO E’ INNAMORATO DI NICO! AWWWW
Anyway, scusate per l’enorme ritardo. Volevo dirvi che, dato che a giugno avrò gli esami, e la preparazione per cercare di uscirne bene mi prenderà tutto maggio, suppongo che ci vedremo di certo a fine giugno (magari anche prima, eh, io ogni volta che riuscirò a ritagliarmi un’oretta scriverò il più possibile, ma non assicuro nulla). Perdonatemi, con l’arrivo dell’estate spero di riuscire a scrivere tanto tanto tanto.
Ebbene, recensite (ditemi se fa schifo, non abbiate paura) e… al prossimo capitolo!
- Grace

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Capitolo 5
*** La Follia ***


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