Losing you is like living in a world with no air

di Angelauri
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una calda giornata estiva ***
Capitolo 2: *** Buio infinito ***
Capitolo 3: *** Incubo ad occhi aperti ***
Capitolo 4: *** Persone come noi ***
Capitolo 5: *** In ospedale ***
Capitolo 6: *** Ritorna da me ***
Capitolo 7: *** Festa a sorpresa ***
Capitolo 8: *** Consigli tra amici ***
Capitolo 9: *** Riunione speciale ***
Capitolo 10: *** Come le stelle ***
Capitolo 11: *** Videoclip da girare ***
Capitolo 12: *** Notti tempestose ***
Capitolo 13: *** Domande difficili ***
Capitolo 14: *** Intervista esclusiva ***
Capitolo 15: *** Giochi di nuvole ***
Capitolo 16: *** Frammenti di me ***
Capitolo 17: *** Segreti rivelati ***
Capitolo 18: *** Ascolta il tuo cuore ***
Capitolo 19: *** Ti amo ***
Capitolo 20: *** Per sempre ***



Capitolo 1
*** Una calda giornata estiva ***


Una calda giornata estiva

Ally

Era un splendida giornata estiva a Miami, il sole splendeva alto nel cielo ed era come se, quel giorno, volesse mostrare tutto il suo splendore e la sua lucentezza. Faceva molto caldo, ma mio padre, Lester, decise ugualmente di aprire il Sonic Boom, anche se poi era dovuto andare alla riunione mensile dei proprietari dei negozi del centro commerciale. Erano quasi le tre del pomeriggio e in negozio non c'era nessun cliente, così decisi di sedermi dietro al bancone e scrivere qualche nuovo testo per il mio album sul mio diario. Ero molto stanca quel giorno, poiché era da circa tre notti che non dormivo più: ogni volta che mi coricavo a letto, anche se avevo sonno ed ero sfinita, il mio cervello cominciava a lavorare. Mi venivano in mente tutti i miei errori, le mie paure, le mie preoccupazioni... Ero così felice di aver finalmente sconfitto la mia paura del palcoscenico, ma allo stesso tempo ero terrorizzata al solo pensiero di poter rovinare tutto. Perché io mi conoscevo, sapevo che ogni volta che ero contenta riuscivo a distruggere la mia felicità, scegliendo di essere razionale anziché istintiva. Presi una penna e iniziai a trascrivere alcuni versi che mi erano venuti in mente la sera precedente, ma era come se, all'improvviso, avessi perso tutte le idee: nella mia mente sapevo di cosa volessi parlare, ma non riuscivo a comunicarlo con la penna. Turbata da ciò posai il diario e di scatto mi voltai, per vedere che ore fossero. Da lì a poco sarebbero arrivati Austin, Trish e Dez per una riunione speciale del Team Austin & Ally. Austin aveva, infatti, da poco lanciato il suo nuovo singolo “Steal your heart” e bisognava perciò girarne il video musicale. Già mi immaginavo le richieste assurde di Dez e i no categorici di Trish. Pensando ai miei migliori amici mi ritornò il buonumore. Mi piaceva molto quella nuova canzone, era speciale, non era come tutte le altre: l'aveva scritta Austin pensando a me, io ero stata la sua ispirazione. Arrossii al solo pensiero e, fantasticando sul fatto che potesse tenere così tanto a me, feci cadere il contenitore (grazie al cielo di plastica) dei plettri, che si rovesciarono dappertutto a terra. Feci un urletto di irritazione, ma mi chinai lo stesso per mettere tutto in ordine, nonostante preferissi lasciare tutto lì.

Austin

Arrivai al Sonic Boom con qualche minuto di anticipo, molto strano per me, che sono perennemente in ritardo. Volevo proporre a tutti di andare in spiaggia, dato che faceva così caldo, dopo la riunione del team Austin & Ally, sperando che non durasse troppo: era complicato mettere d'accordo Trish e Dez. Ero a pochi passi dalla porta del negozio dei Dawson, quando la vidi. Era bella come non mai, anche quando nessuno la guardava, semplicemente meravigliosa nella sua spontaneità. A dirla tutta a me sembrava diventare più bella ogni giorno che passava.
(Cioè... emh... non è che mi piaceva *risatina nervosa*... ma ecco... credevo che fosse una cosa oggettiva trovarla carina no?)
Comunque... Indossava un paio di shorts e una camicetta bianca smanicata, che aveva dei graziosi e piccoli ricami floreali blu, e delle converse alte bianche. Me lo ricordo come se fosse ieri. Aveva appena fatto rovesciare i plettri e si era messa in ginocchio per raccoglierli, per questo non si era ancora accorta di me. Decisi di entrare e silenziosamente la raggiunsi da dietro le spalle.

Ally

Avevo quasi finito di riordinare, quando qualcuno mi coprì gli occhi con le mani?
- Chi sono? - mi chiese una voce maschile. Avrei riconosciuto la voce di Austin tra altre mille. Così dolce e maledettamente attraente, che ogni volta mi faceva battere il cuore a mille.
- Trish sei tu? - gli risposi scherzando. Lo sentii ridacchiare.
- Ehi! Non ho mica la voce da donna io! Quindi mi dispiace, ma hai sbagliato. - disse con voce più profonda per renderla ancora più maschile. Restava al gioco.
- Ok... Allora sei sicuramente Dez! -
- Risposta sbagliata. - ridacchiò.
- Ne sei proprio sicuro? - risi anche io
- Certo. Ma se vuoi posso darti un indizio... -
- Va bene -
Austin cominciò a cantare:
- I think about you every morning when I open my eyes.
I think about you every evening when I turn out the lights.
I think about you every moment, every day of my life.
You're on my mind all the time. It's true.
-
Il mio cuore ormai batteva alla velocità della luce. Ogni parola di quella canzone mi riportava alla mente i ricordi più belli della mia vita: quelli in cui c'era anche lui. Lui che con “I think about you” aveva dichiarato il suo amore per me, lui che era stato il mio primo bacio, il mio primo fidanzato. Ma anche in questo caso avevo rovinato tutto: la paura di non poter essere più amici come prima mi aveva fatto commettere uno degli errori peggiori della mia vita, mi aveva portato a lasciarlo. Un brivido mi percorse da capo a piedi, lungo la spina dorsale, quando Austin mi richiamò alla realtà.
- Allora, hai capito chi sono? - mi disse.
- Non ne sono tanto sicura... Sei per caso Austin?
- Esatto!!! - esultò felice.
Io risi, solo lui riusciva a farmi ridere così tanto. Austin tolse le mani dai miei occhi e io mi giraì. Lui mi aiutò ad alzarmi e ci trovammo improvvisamente a pochi centimetri di distanza. Tra noi succedeva sempre così: qualsiasi cosa facevamo ci ritrovavamo sempre a distanze pericolosamente corte. Abbassai lo sguardo. Quel giorno Austin indossava un paio di sneakers azzurre, dei pantaloni neri e una maglietta bianca a maniche corte. Ma è quando lo guardai negli occhi che mi persi completamente nella sua bellezza. Quegli occhi marroni che mi chiamavano ogni volta, per poi intrappolarmi nel loro sguardo, che mi faceva stare così bene e mi faceva sorridere. La distanza tra noi si accorciò sempre di più, fino a quando Austin mi abbracciò e mi fece roteare. Risi felice, scordandomi degli incubi che ormai mi accompagnavano anche quando ero sveglia.

Austin

Avrei tanto voluto baciarla, sentire ancora una volta l'effetto che mi faceva posare le mie labbra sulle sue, perché la prima volta che la baciai mi sentii al settimo cielo, come se potessi fare tutto grazie a lei. Avrei voluto tanto sentire di nuovo quei fuochi d'artificio che mi erano sembrati scoppiare la prima volta, le farfalle nello stomaco. L'avrei tanto voluto fare, ma non l'ho fatto. Ho rinunciato alla possibilità di baciarla, come tante altre volte era accaduto, perché non volevo che tra noi ci fosse imbarazzo, non volevo perderla e non essere più suo amico come prima. Così decisi semplicemente di abbracciarla per poi girare su noi stessi. Lei rideva e la sua risata era come una cura per me che avevo il bisogno di stare con lei. La sua risata era il dono più bello che potessi ricevere. Poi smettemmo di roteare insieme e la posai a terra. Lei mi guardava con il suo splendido sorriso, con ancora le sue braccia che si congiungevano dietro il mio collo e le mie sulla sua vita.
Poi la porta si aprii ed entrarono Dez e Trish, noi ci staccammo d'impulso, ma loro ci avevano già visto ed ora sembravano profondamente dispiaciuti di averci interrotto.
- Ciao ragazzi - dissi per rompere quel silenzio che ora ci circondava. Loro ci salutarono a loro volta.
- Emh... Che ne dite cominciamo la riunione?- chiese Ally.
Noi annuimmo e poi io proposi di andare in spiaggia nel pomeriggio, idea che piacque a tutti. Così ci dirigemmo al piano superiore del negozio e cominciammo a discutere su che cosa ci sarebbe dovuto essere nel mio nuovo video.



Angolo autrice
Ciao a tutti io sono Angelauri e questa è la mia prima fan fiction. Lo so, non è un gran chè e questo primo capitolo non è abbastanza buono come inizio... A mia discolpa posso solo dirvi che siamo ancora all'inizio e che presto si entrerà nel vivo della storia. Spero che leggiate questo racconto e che recensiate. Vi ringrazio in anticipo :-)

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Capitolo 2
*** Buio infinito ***


Buio infinito

Ally

Era da circa un'ora che Trish e Dez discutevano, cosa più che prevedibile. Solo che non ne potevo più... Mi faceva male la testa, la sentivo sul punto di scoppiare. Per non parlare poi del caldo afoso, insopportabile che aleggiava nella stanza e della stanchezza che, come macigni, mi pesava sulle spalle e sulla schiena.

- Allora, mi servono: un costume da ladro, una gabbia, dei finti poliziotti, delle ali e un costume da angelo e qualcosa a forma di cuore! - aveva detto Dez. Le sue solite richieste assurde.

Austin lo guardò entusiasta, gli piacevano sempre le sue idee, per quanto strane potessero essere.

- Mmm vediamo... No, no, no, no, no, però se vuoi posso darti un cuscino a forma di cuore. - ribatté Trish eliminando uno alla volta tutti i punti della lista di Dez.

- Dai Trish, prova solo ad immaginarti la scena! Io sono la ragazza angelo, Austin è il ladro e tu il poliziotto. - disse.

- Non ci tengo a immaginarti vestito da donna - rispose Trish. Austin rise.

Dez fece finta di niente: - In scena arriva Austin che nota la bellissima ragazza angelo, così decide di conquistarla con dei meravigliosi passi di danza - continuò cercando di imitare qualche passo famoso di Austin, finendo però addosso a Trish.

- Hei! Sta attento! - si lamentò lei.

- Poi Austin le canta la canzone e le ruba il cuore! - disse Dez cominciando a cantare con la sua voce acuta e un po' stonata :

-“Hey now baby,
No doubt about it, girl
You drive me crazy
I'm pleading guilty to the way you make me
Wanna steal your heart
Steal your heart”-

- Ok Dez, ho capito. - lo fermò Austin. Lo ringraziai col pensiero: non che Dez cantasse così male, ma non avevo abbastanza pazienza per ascoltarlo quel giorno.

- Allora arrivano i poliziotti, che ti arrestano e che ti mettono in gabbia. Ma la ragazza angelo ormai è innamorata di te, così ti viene a salvare e volate via insieme... Fine! - continuò Dez - Geniale vero? - e si asciugò una lacrimuccia di commozione, orgoglioso della sua idea.

Trish lo guardò con un'espressione del tipo “Ma cosa cavolo stai blaterando?!”. Anche Austin sembrava piuttosto perplesso. Rimanemmo tutti zitti.

Trish ruppe il silenzio : - Primo, non credo che la canzone parli di qualcuno che ruba veramente un cuore e neanche di poliziotti o gabbie. Secondo, non faremo mai un video così.-

- Ma Trish! Tu non hai una mente da regista e per questo non riesci a immaginarti il video... -

Continuarono ancora a parlare, ma ormai non li ascoltavo più. Era come se avessi dell'ovatta nelle orecchie, tutto mi sembrava così distorto...

 

Austin

Eravamo sempre allo stesso punto. Con due persone dal carattere così opposto però era normale.

- Che cosa c'entra poi l'angelo? E come pensi di farlo volare? Con Austin in braccio? - aveva chiesto Trish.

In effetti tutto ciò era praticamente impossibile da realizzare e lei non me l'avrebbe mai fatto mettere su internet.

Io ero seduto al pianoforte e ogni tanto suonavo qualche nota, Dez e Trish erano in piedi accanto a una lavagna dove scrivevano o cancellavano le varie idee, mentre Ally era seduta su una poltrona vicino a me. Era presente, ma era come se non ci fosse : non aveva ancora spiccicato parola e se ne stava lì, con gli occhi persi nel vuoto, in un suo mondo di cui noi non facevamo parte. Non l'avevo mai vista così stanca, così solitaria in mezzo ai suoi amici, così persa nei suoi pensieri.

- Tutto ok, Ally?- le chiesi sussurrando.

Lei annui dolcemente, ma senza guadarmi.

Continuavo a sentire le proposte per il video, ma non le ascoltavo veramente, erano come voci lontane per me. La mia attenzione, infatti, era completamente e continuamente attratta da Ally. Come poteva rendermi così quella ragazza? Le volevo tanto bene, era vero, ma qualcosa era cambiato tra noi dopo che ci eravamo lasciati. Non volevo complicare le cose tra noi, non volevo soffrire o far soffrire lei. La nostra amicizia era troppo importante. Così mi ero auto-convinto che avessi avuto solo una cotta temporanea per lei, perché infondo io non ne sapevo niente dell'amore vero e che quindi il nostro poteva essere semplicemente e solamente affetto reciproco. Dovevo crederci, anche se non mi piaceva molto l'idea...

In ogni caso non potevo vederla così inerme... Stava così per me? O per altro? Avrei cercato di parlarle nel pomeriggio, per chiederle cosa la turbasse.
- Allora sei d'accordo Austin? - mi richiamò alla realtà Trish. Mi accorsi che non avevo la più pallida idea di quale decisione avessero preso, così le chiesi di ripetermi tutto da capo. Non mi reso conto che ormai erano cinque minuti che fissavo Ally, che a sua volta fissava quello che, per me, era il nulla.

 

Ally

Stavano ripetendo il tutto ancora una volta, ma io non avevo ancora capito niente. Forse era perché non li ascoltavo, ma qualcosa, non so perché, mi portava a chiudermi in me stessa. Provai a pensare a qualcosa di bello, come al pomeriggio che avremmo passato in spiaggia, al sole che avrebbe illuminato le splendide acque di Miami e al tramonto che avremmo visto seduti sui nostri asciugamani vicino alla riva, incantati dai quei magnifici colori che avrebbero dipinto il cielo.

Già... il sole...

Il caldo ormai era insopportabile, sentivo un gran calore alle mani e provavo un senso di forte stordimento. Chiusi gli occhi più forte che potei ma la situazione non migliorò, anzi cominciò ad assalirmi un forte senso di nausea. Strinsi i braccioli della poltrona, come se fossero l'unica cosa a cui potermi aggrappare. Dovevo fare qualcosa, ma non sapevo cosa. La mia mente mi diceva di agire, ma il mio corpo si rifiutava. Sentivo i muscoli rilassarsi e contrarsi, ma non cambiava niente: ero sempre seduta sulla poltrona. Sentii una voce distorta chiamarmi e qualcuno avvicinarsi. Poi ancora altre voci. Riaprii gli occhi. Provai la sensazione di avere le mani di qualcun altro sulla mia, o almeno così credetti. La mia vista stava pian piano calando e cercai di sbattere ripetutamente le palpebre, ma invano, poiché il risultato non cambiò: non riuscivo più a distinguere i contorni. Provai a ragionare con calma e la prima cosa che mi venne in mente fu quella di andare ad aprire la finestra, per far entrare un po' d'aria fresca. Con tutta la forza che avevo mi alzai, velocemente.

Mi tremavano le gambe, ma feci ugualmente qualche passo, scansando chi avevo davanti.

 

Austin

In pochi minuti mi raccontarono come sarebbe dovuto essere il video e stavolta lo ascoltai con attenzione: sarebbe stato fantastico, a mio parere. Quando mi voltai per sentire cosa ne pensasse Ally, la vidi con gli occhi sbarrati e le mani strette forti alla poltrona, il viso pallido. Non si era mai comportata così.

- Le sta succedendo qualcosa - pensai.

Sì, ma cosa?

La chiamai e anche Dez e Trish si girarono verso di lei.

La vidi aprire gli occhi.

- Ally cos'hai? - chiese la sua migliore amica preoccupata.

Non ci rispose, o forse non ci sentì neanche. Mi avvicinai con cautela e Trish, dopo aver fatto la stessa cosa, prese una sua mano tre le sue. Ally inizialmente non si mosse. Il suo sguardo mi fece preoccupare ulteriormente: era come se non ci vedesse. Poi si alzò velocemente e ci passò accanto con passo tremante, andando verso la finestra. Noi rimanemmo immobili, senza sapere cosa fare per lei.

 

Ally

Cosa mi stava succedendo?

Non lo sapevo.

Non lo capivo.

Sentivo il battito del mio cuore accelerare sempre di più.

Provavo un forte senso di vertigini.

Non riuscivo più a respirare normalmente.

Mi fermai. Inspirai. Espirai. Poi inspirai di nuovo.

Era come se l'aria non arrivasse ai polmoni, come se si fermasse e non riuscisse più a proseguire.

Sentivo un forte peso sul petto.

E venni assalita dal panico.

- Calmati - pensai.

Come se ordinare a me stessa di fare qualcosa, facesse in modo che io agissi di conseguenza.

Ma non funzionava così purtroppo.

Pensai che fosse un altro incubo. Che forse mi ero addormentata sulla poltrona. Avevo il disperato bisogno di credere che tutto ciò non stava accadendo realmente.

La mia mente chiedeva calma e autocontrollo.

Il mio corpo aveva bisogno di riposo.

Le mie gambe volevano saldezza.

Il mio cuore doveva rallentare.

I miei occhi necessitavano di vedere meglio ciò che mi circondava.

I miei polmoni reclamavano più aria.

Troppe richieste.

E in quel momento non potevo rispondere a nessuna parte di me.

Se avessi semplicemente scelto di... ecco... prendere una pausa?

Il mio corpo decise da solo e io non potei fare niente, tanto meno oppormi.

I miei sensi mi abbandonarono completamente.

Fui sopraffatta dal sonno, dal caldo, dalla stanchezza, dalla paura.

Le gambe tremanti e stremate cedettero.

Caddi per terra.

Non sentii più niente.

Non provai più niente.

Non vidi più niente.

Solo silenzio e buio.

Infiniti, come l'universo, i numeri o le stelle.

Che mi terrorizzavano, ma che allo stesso tempo calmavano la mia anima irrequieta.

 

Austin

La vedemmo cadere a terra.

Come una foglia da un albero in autunno.

Come un petalo da una rosa ormai appassita.

Come un lampo dal cielo durante una tempesta.

Delicata come un'ape che si posa su un fiore.

Ma, allo stesso tempo, con la forza di un'onda che si infrange sugli scogli.

Il tempo si fermò.

Il mio mondo smise di esistere, di girare, nel momento stesso in cui il corpo di Ally toccò il freddo pavimento.

Vidi Trish correre verso di lei. Dez che ripeteva la stessa azione. Le loro bocche si muovevano, ma io non sentivo le loro parole, perché in quel momento il mio cervello non riusciva a registrare ciò che mi accadeva intorno. La loro espressione sconcertata era, probabilmente, la stessa che avevo anche io in volto.

Tutto si muoveva a rallentatore.

Io rimasi immobile, incapace di muovere qualsiasi muscolo. Come paralizzato.

Trattenni il fiato.

Chiusi gli occhi e li riaprii, sperando che tutto si risolvesse in un battito di ciglia.

Ovviamente non successe.

La guardai di nuovo.

Tutto ciò non poteva accadere a lei, a lei che mi era stata sempre vicina sia nei momenti felici che in quelli del bisogno, a lei che con un solo sorriso mi illuminava la giornata, a lei che con un solo sguardo mi faceva battere il cuore all'impazzata.

Non sapevo cosa le fosse successo, non riuscivo a capirlo. E ciò mi fece ancora più paura, perché mi resi conto che non potevo aiutarla.

Ero terrorizzato, incredulo, in preda al panico.

Solo allora, in quei pochi secondi che mi sembrarono infiniti, capii chi fosse veramente Ally Dawson per me.

 

Angolo Autrice

Eccomi qui con il secondo capitolo di questa fan fiction. Scusatemi se ho scritto un po' male e non vogliatemi male per la fine... Ci vuole un po' di suspence no? Come potete notare ci sono molti "punti a capo", ho scelto di usare frasi così corte per rendere meglio gli stati d'animo dei personaggi. Spero che non vi dia fastidio :-)

Ringrazio con tutto il cuore tutti coloro che hanno letto e\o recensito il primo capitolo: siete stati gentilissimi :-)

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Capitolo 3
*** Incubo ad occhi aperti ***


Incubo ad occhi aperti

Trish

Appena vidi Ally cadere a terra, le corsi accanto.

- Ally... - la chiamai oramai con le lacrime agli occhi mentre le scuotevo leggermente un braccio - Ally, ti prego svegliati...-

Mi voltai verso Austin, disperata.

Era come paralizzato, irrigidito. Lo sguardo incomprensibile. Non poteva andare in panico, non in quel momento. Avevo bisogno del suo aiuto, Ally aveva bisogno di tutti noi.

Mi girai verso Dez.

Bianco in volto, però ancora reattivo. Lo chiamai e lui si avvicinò velocemente.

- Dez, vai a chiedere aiuto! Veloce! - dissi cercando di trattenere i singhiozzi.

Lui annuì non molto convinto, ma cominciò a correre verso l'uscita.

Guardai Ally.

Il suo esile corpo era immobile, solo il suo petto si muoveva leggermente. Respirava, con fatica, i suoi respiri erano irregolari, ma era viva.

Dovevo chiamare un'ambulanza, ma non potevo lasciarla da sola.

- Austin! - gridai - Austin, ti prego! -

Ma era come se non mi sentisse.
 

Austin

Trish mi stava chiamando, ma non riuscivo a muovermi.

Mi sentivo come se nel corpo avessi avuto piombo al posto delle ossa.

Come se, al posto del sangue, mi scorresse ferro fuso nelle vene.

Sentii un forte dolore al petto.

Caddi a terra, in ginocchio.

Avrei solo voluto piangere, in quel momento.

Piangere fino a quando quel dolore, che tormentava il mio cuore, non se ne fosse andato via.

Piangere fino al momento in cui non avrei avuto più lacrime da versare.

Fino a quando non mi fossi svegliato da quell'incubo.

Ma non potevo farlo, perché dovevo aiutare Ally.

Questo pensiero mi risvegliò.

Avrei fatto di tutto per lei.

Di nuovo Trish mi chiamò e finalmente la sua voce non mi arrivò come se fossi in una boccia di vetro piena d'acqua.

Corsi da lei.

- Grazie al cielo! - disse. Il viso era meno teso, ma rigato dalle lacrime.

 

Dez

Corsi a perdifiato fino alla piazza centrale del centro commerciale, ora piena di gente : la riunione dei proprietari dei negozi doveva essere appena finita.

Appena vidi il papà di Ally lo chiamai: - Signor Dawson! Signor Dawson! -

Lui mi raggiunse, un po' titubante, e io gli raccontai tutto.

Il suo volto diventò sempre più cupo e preoccupato. Cominciò a tremare, nonostante fossimo in piena estate.

- E... Ora Ally come sta? - mi chiese cercando di tenere ferma la voce, anche se si sentiva che si stava trattenendo dal piangere.

- Non lo so, quando sono venuto qui era appena caduta a terra. - risposi, dispiaciuto di non poterlo far stare meglio.

Poi tornammo il più velocemente possibile al Sonic Boom.

 

Trish

Austin finalmente tornò alla realtà. Con gli occhi lucidi mi chiese cosa potesse fare per aiutare Ally.

Mi ricordai che, una volta, avevo partecipato a un corso di formazione di pronto soccorso, per poter essere così assunta come bagnina. Anche se venni licenziata il giorno dopo, mi ricordavo di come l'istruttore ci avesse spiegato cosa fare nel caso in cui una persona avesse perso conoscenza. Non sapevo cosa era successo ad Ally, ma fu la migliore idea che mi venne in mente.

- Allora... - dissi con voce tremante - Bisogna sollevarle le gambe, in modo che il sangue circoli meglio... -

Lui fece tutto quello che gli dissi e, mentre metteva un cuscino sotto la testa di Ally, io chiamai il 911.

 

Austin

Trish si allontanò col telefono in mano.

Io presi una mano di Ally tra le mie e le scostai dal viso una ciocca di capelli color caramello.

Il suo cuore batteva più veloce del dovuto, è vero, ma almeno batteva.

Vedendola a terra, priva di sensi, avevo subito pensato al peggio, ovvero che fosse... beh potete immaginarlo. Non riesco nemmeno a dirlo a causa del terrore che quel pensiero aveva provocato in me.

Ally era così bella, anche se stava male.

Le labbra rosee, il viso di carnagione chiara, i lineamenti delicati.

Era come addormentata.

Mi tornarono alla mente le fiabe che, quando ero piccolo, mia mamma raccontava a me e alle mie cugine : Biancaneve, la Bella Addormentata...

A me non piacevano tanto, perché erano più per bambine, ma in entrambe i valorosi principi salvavano le loro principesse dal sonno eterno con un “bacio del vero amore”.

- La cosa più potente del mondo intero! Più forte anche del maleficio della strega \ regina cattiva (a seconda della storia)! - diceva sempre mia mamma con aria sognante.

Guardai Ally.

Lei poteva essere la mia bellissima principessa ed io il suo coraggioso principe. Forse se l'avessi baciata, lei si sarebbe svegliata.

Ma io non ero stato abbastanza coraggioso, perché ero andato nel panico quando le serviva il mio aiuto.

Sentii Trish parlare al telefono. In un ospedale qualcuno, un dottore o un infermiere forse, le stava chiedendo di Ally.

Questa era la realtà, non poteva essere una fiaba.

Era la realtà, non un racconto a lieto fine, come quelli che mi raccontavano e che mi facevano addormentare sereno.

Era la realtà e io non avrei svegliato Ally con un bacio, anche se quello che provavo per lei era vero amore.

 

Trish

- Cosa è successo di preciso? - mi chiese una voce femminile all'altro capo del telefono.

Io le avevo già spiegato dove ci trovavamo, chi era la persona che stava male e che cosa avevamo fatto.

L'ambulanza sarebbe arrivata a momenti.

- La mia amica è caduta a terra e... io... - stavo ricominciando a piangere - Io non lo so che cosa le è accaduto di preciso... -

- Va bene. Da quel che mi racconta è stata già in grado di effettuare le prime manovre necessarie. A momenti arriveranno i paramedici. Stia tranquilla. -

- Okay... -

La chiamata si concluse.

Mi accovacciai vicino ad Austin. Entrambi piangevamo in silenzio. Gli strinsi la mano e fu come se ci stessimo infondendo un po' di forza a vicenda.

La porta si aprì di colpo. Sobbalzammo, ma poi ci accorgemmo che erano solo Dez e Lester che, avvicinandosi alla figlia, cominciò a singhiozzare.

Chissà quanto dolore stava provando in quel momento... Se noi, che eravamo i migliori amici di Ally, stavamo così male, per lui era sicuramente mille volte peggio.

Ricordai quando, a scuola, la professoressa di letteratura ci spiegò cosa era la vita.

- È come una strada a senso unico, come un treno che non può tornare indietro e che si ferma una sola volta, per sempre. Durante il nostro percorso potremmo trovare difficoltà, pericoli, sofferenze. Ma incontreremo anche persone che ci aiuteranno, che ci saranno amiche, che ci ameranno per quello che siamo. - disse.

Ci spiegò anche che tutti quanti nel corso delle nostre esistenze facciamo scelte, viviamo esperienze, proviamo emozioni, che saranno sempre diverse da quelle degli altri. Che ognuno di noi avrebbe cominciato a tenere a qualcosa, a combattere, ad amare, a soffrire per quel qualcosa.

Ci avvertì però che, se avessimo perso quello a cui tenevamo di più, la vita ci sarebbe sembrata senza senso, ma che in qualche modo saremmo dovuti andare avanti.

Svelò a me e al resto della classe che la persona che aveva amato di più al mondo era il suo unico figlio, che aveva perso la vita in un incidente stradale.

La sua espressione era così triste mentre ci parlava che la ricordo ancora...

Disse che (nella maggior parte dei casi) la cosa peggiore che potrebbe capitare a dei genitori sarebbe perdere i propri figli, perché è contro natura e perché morirebbero loro stessi pur di farli star bene e renderli felici.

Guardando il signor Dawson rividi la mia professoressa, con la sua stessa tristezza nel volto, anche se Ally era viva.

Distolsi lo sguardo, incapace di sopportare ulteriore sofferenza.

In quel momento arrivò l'ambulanza con tre paramedici, che dopo averci fatto allontanare, misurarono la pressione e il battito cardiaco di Ally. Poi uno dei tre ci si avvicinò e ci disse che Ally non era in pericolo di vita, che si sarebbe ripresa presto, ma che sarebbe stato meglio portarla in ospedale per farle specifici accertamenti. Ci sentimmo tutti un pochino meglio, ma la nostra amica non si era ancora svegliata, è ciò non mi era sembrato un buon segno.

 

Austin

La misero su una barella e la portarono via.

Via da noi.

Via da me.

Senza neanche dirci cosa le era successo.

Il signor Dawson salì in ambulanza insieme a lei, ma noi non potemmo seguirla.

Era così ingiusto.

Non potevano portarla lontano da me.

Uno dei paramedici accese il motore, dopodiché partirono in direzione dell'ospedale.

Feci per rincorrerli, ma Trish e Dez mi fermarono.

- Ally! - urlai con tutta la voce che avevo in corpo, come se lei potesse sentirmi.

Ma lei non poteva. Era questa la crudele verità.

Ci abbracciammo a vicenda.

Non volevo piangere, non di nuovo, perché farlo avrebbe confermato che tutto questo era accaduto veramente.

Non volevo piangere, perché dovevo essere coraggioso e dare forza ai miei amici.

Ma piansi ugualmente, perché era più forte di me.

Quando ci staccammo gli uni dagli altri, rimanemmo immobili, sulla porta del Sonic Boom.

- Tornate a casa ragazzi. - ci aveva detto uno dei medici.

Ma io non mi sarei mosso di lì fino al ritorno di Ally.

 

Trish

Quando l'ambulanza se ne era andata via, nessuno dei tre voleva tornare a casa.

Volevamo stare insieme, convinti che, così, saremmo stati meglio.

Ma poi quando i nostri genitori vennero a sapere dal signor Dawson cosa era successo, ci vennero a prendere.

Austin oppose un po' resistenza inizialmente, ma alla fine tornò a casa, con gli occhi gonfi e rossi e il viso rigato da lacrime amare. Nello stesso stato in cui anche io e Dez ci trovavamo, del resto. Non ebbi nessuna notizia di Ally quel tardo pomeriggio, nessun indizio che mi facesse anche solo avere speranze per la sua condizione. Inutile dire che non riuscii a chiudere occhio quella notte. La mia migliore amica era appena stata male davanti ai miei occhi... non sarei mai riuscita a dormire.

 

Austin

Tornato a casa mi chiusi in camera mia.

Mia madre cercò di consolarmi, ma invano.

Non toccai cibo.

Non riposai.

Il mio mondo avrebbe ricominciato a girare solo nel caso in cui avessi saputo che Ally stava meglio. Ma quella sera nessuno mi disse come stava. Provai a chiamare suo padre, ma non mi rispose. Anche l'ospedale si rifiutò di comunicarmi qualcosa, in quanto non ero un parente della paziente. Lanciai il telefono contro la parete e mi stesi sul mio letto. I ricordi più felici di quegli anni cominciarono a vorticarmi in testa, uno dopo l'altro. E più pensavo ad Ally, più stavo male perché non potevo stare con lei nel momento in cui aveva bisogno. Mentre lei, per me, c'era sempre stata.

Quel giorno fu uno dei più brutti della mia vita. Avrei voluto soltanto dimenticarlo. Ma non potevo, mi era impossibile farlo.

Verso le undici mia madre tornò in camera mia e si sedette vicino a me.

- Dormi tesoro mio, vedrai che domani Ally starà meglio e potrai vederla di nuovo. Ti prometto che appena potrai, ti accompagneremo a trovarla. - mi disse.

Poi mi abbracciò, con uno di quegli abbracci materni pieni di affetto e comprensione che ti fanno stare meglio anche quando il tuo mondo crolla.

Io ricominciai a piangere, silenziosamente, cercando di nascondere la testa tra i suoi capelli. Non perché mi vergognassi, ma perché avevo paura che, se mi fossi lasciato andare con tutta la disperazione che avevo in corpo, sarei potuto annegare nelle mie stesse lacrime.

- La vita ci ferisce, tutti quanti. Lo sai? - mi sussurrò nell'orecchio - E non si può sfuggire ai suoi colpi. -

Mi accarezzò i capelli e io la guardai negli occhi.

- E allora come facciamo a stare meglio? - le chiesi con la voce che mi tremava.

- Imparerai che col tempo si può guarire, se ci prendiamo cura gli uni degli altri. - mi rispose dandomi un bacio in fronte - Ora riposati. -

Mi lasciò di nuovo da solo, a guardare il soffitto della mia stanza.

Non volevo dormire.

E non ci sarei riuscito, in ogni caso.

Perché sapevo che se mi fossi addormentato, quella terribile giornata che era stata un incubo ad occhi aperti, si sarebbe ripresentata anche durante il sonno.

Un incubo che io non sarei riuscito a rivivere tutto da capo.

 

Angolo Autrice

Ecco il terzo capitolo della mia fan fiction. Scusatemi, sono un po' in ritardo, lo so... Vi avevo promesso di pubblicare il seguito della storia entro ieri, ma ho avuto dei problemi col computer. In più questo capitolo non è molto bello secondo me... Quindi scusate ancora.

Ringrazio di tutto cuore tutti i lettori e chi ha recensito. Grazie mille, davvero. Siete fantastici e gentilissimi :-)

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Capitolo 4
*** Persone come noi ***


Persone come noi

Ally

Mi svegliai diverse volte quella notte, ma, non riuscendo mai a trovare un senso a quello che sentivo o vedevo, ogni volta mi addormentavo di nuovo. I miei sensi erano meno reattivi del solito : era come se avessi ovatta nelle orecchie, un velo sugli occhi e il naso tappato. Ovviamente non era così, ma percepivo tutto quello che mi circondava in quel modo. Anche perché non ero mai del tutto sveglia, direi piuttosto che ero in uno di stato di dormiveglia.

Per la prima volta dopo quasi una settimana riuscii a dormire senza fare incubi. Anzi, sognai. Vorrei dirvi che i miei sogni furono popolati da immense praterie dove correvano unicorni alati, mari di gelatina rosa, nuvole di zucchero filato, delfini acrobati, principi azzurri che mi venivano a salvare sui loro cavalli bianchi al tramonto e altre cose così...

Vorrei dirvelo, ma non posso, perché sarebbe come mentire a me stessa.

Nei miei sogni, che erano come ricordi, immaginavo Austin che mi cantava canzoni romantiche, Austin e io al nostro primo appuntamento, Austin che mi aiutava a superare la mia paura, noi due al pianoforte, noi due che cantavamo, che ridevamo. Davvero bei sogni, anche se non sapevo bene come interpretarli, o meglio, non lo sapevo ancora...

Dei momenti in cui aprivo gli occhi ricordo poche cose : che ero distesa su un letto morbido, una donna dal camice bianco che mi infilava un ago nel braccio e qualcuno, seduto vicino a me, che mi teneva per mano.

Per il resto solo buio, immagini sfuocate e suoni indecifrabili.

Mi sembrò passare un'eternità, ma in realtà erano solo poche ore.

La quinta volta che tornai cosciente fu anche l'ultima.

Non avevo ancora aperto gli occhi, ma sentivo al contatto con la pelle una coperta ruvida, che doveva essere stata lavata da poco, e che profumava di lavanda. Era un odore buono, delicato, che inebriava l'aria. Non sapevo dove fossi, ma una cosa era sicura : non mi trovavo in camera mia, che profumava sempre di vaniglia e burrocacao alla fragola.

Decisi di tenere gli occhi chiusi, giusto per far allenare un po' i miei sensi.

Da qualche parte, lontano da me, udivo numerosi passi rimbombare in quello che doveva essere un corridoio.

A parte il profumo alla lavanda delle lenzuola, c'era anche odore di pulito e di fresco. Poi, quando il mio olfatto si affinò ulteriormente, mi arrivò al naso anche un forte mix di alcol e disinfettante, che mi diede alla nausea.

Cercai di concentrarmi su qualcos'altro.

Nessuno adesso mi stava stringendo la mano e ciò mi fece sentire più sola. E se quel qualcuno mi avesse lasciato lì? Non sapevo chi fosse, ma l'idea di stare da sola in un posto sconosciuto non mi piaceva.

Poi udii dei respiri regolari provenire da vicino al mio letto e mi tranquillizzai. La persona che era stata con me mentre riposavo doveva essersi addormentata.

La mia bocca era secca, come se non bevessi da molto tempo, ma in realtà non avevo per niente sete.

Una debole luce cominciò a illuminare la stanza e io la vidi da sotto le palpebre.

Decisi di aprire gli occhi.

All'iniziò tutto mi sembrò sfocato, ma poi quelle immagini indistinte cominciarono ad avere sempre più senso.

Mi trovavo in una stanza piuttosto piccola, del tutto bianca e scarsamente decorata. Sulla parete alla mia sinistra c'era una finestra socchiusa, ornata da due tendine color azzurro cielo. Oltre il vetro tutto era nella penombra.

Continuai a guardare per qualche minuto.

Piano piano il buio stava lasciando il posto alla luce, che permetteva di osservare un grande giardino con tanti alberi, delimitato da un parcheggio.

Era l'alba.

Il sole stava nascendo per affrontare quella nuova giornata ed io insieme a lui.

Con i suoi raggi abbelliva quel posto oltre alla finestra, che prima sembrava così tetro. Rimasi incantata da quello spettacolo. Improvvisamente mi sentii meno frastornata, come se la luce donasse forza al mio corpo e tranquillità alla mia mente.

Voltandomi leggermente vidi mio padre seduto su un piccolo divano, in fondo alla stanza, che dormiva e russava. La sua espressione era preoccupata e ogni tanto si agitava nel sonno. Doveva essere stato lì con me tutto il tempo. Aveva addosso ancora i vestiti di ieri : una camicia bianca e un paio di pantaloni scuri.

Sulla parete alla mia destra c'era una porta che dava su un lungo corridoio, sempre bianco, dove camminavano alcune persone in camice bianco e altre con divise celesti o verdi. Erano medici, infermieri. E quindi io non potevo che trovarmi in un'ospedale.

Infatti addosso avevo una camicia da notte rosa con i cuoricini. Era mia, ma non la mettevo più da anni.

Presa dall'ansia cominciai a guardarmi intorno e vidi che il mio braccio era collegato a una flebo piena d'acqua. Alla sola vista dell'ago nel mio braccio mi mancò il fiato : detestavo le punture e ancora di più gli aghi!

Cercai ancora una volta di calmarmi e chiusi gli occhi.

Come mai ero in ospedale?

Mi sforzai di ricordare e mi tornò alla mente il pomeriggio precedente, la sensazione di non riuscire a respirare, la nausea, il caldo... Tutti ricordi terribili.

L'ultima cosa che ricordavo era di essere caduta poi... solo il vuoto. A testimonianza di ciò avevo un grosso livido violaceo sul gomito destro e probabilmente ne avevo uno anche sul ginocchio.

Cosa mi era successo esattamente?

Aprii gli occhi di nuovo e cercai di mettermi seduta, ma il movimento mi causò una forte fitta alle tempie.

- Ci mancava solo il mal di testa! - borbottai a bassa voce.

Dolorante, portai una mano alla fronte. La vista mi si annebbiò leggermente ma poi tornò tutto normale.

- Ally! - disse mio padre svegliandosi (probabilmente mi aveva sentito).

Si alzò e mi corse incontro, abbracciandomi.

- Oh Ally, ero così preoccupato per te... - mi sussurrò con la voce tremante, segno che era sul punto di piangere.

Mi strinse ancora di più e io ricambiai il gesto, con le poche forze che avevo in corpo.

Non mi ero ancora accorta di quanto fossi debole.

Poi papà si sciolse dall'abbraccio e mi diede un delicato bacio in fronte.

- Come stai tesoro? - mi chiese sedendosi su una sedia accanto al letto.

- Abbastanza bene... Sono solo un po' stanca e intontita. - risposi cercando di sorridere. Non volevo farlo preoccupare ulteriormente.

Lui mi sorrise a sua volta. Mi comunicò che, durante la notte, mia mamma aveva chiamato dall'Africa per sapere come stavo e che mi avrebbe richiamato per mezzogiorno.

Poi entrò nella stanza una donna sulla trentina, con un camice bianco addosso, un paio di occhiali sul naso e i capelli biondi elegantemente legati in un ordinato chignon. In mano aveva una cartella clinica, la mia.

- Vedo che ti sei svegliata Ally. - notò con voce gentile.

Io annui velocemente e lei si avvicinò.

- Io sono la dottoressa Anderson e mi sto occupando di te. - continuò stringendomi la mano, con un sorriso tranquillo in volto. - Dimmi, come ti senti? -

Io le ripetei la stessa cosa che avevo detto a mio padre.

- Mi può spiegare cosa ho avuto? - chiesi nella speranza di poter capire finalmente tutto.

- Ecco, vedi Ally, noi ti abbiamo fatto alcune analisi, tra cui quelle del sangue e della pressione. Abbiamo un'ipotesi su quello che potresti avere avuto, ma ho bisogno che tu mi dica come ti sei sentita ieri. -

Le raccontai tutto : delle notti insonni, della stanchezza, di quello che mi ricordavo del giorno precedente. Lei annuiva e ogni tanto si appuntava qualcosa su un foglio. Quando finii di parlare, lesse qualcosa sulla cartella clinica per alcuni secondi, molto attentamente, e poi alzò lo sguardo su di me e mio padre.

- Allora, le analisi fatte in ambulanza hanno dimostrato un forte abbassamento della pressione e un battito cardiaco irregolare e troppo veloce. Dalle analisi del sangue è risultata anche una forte carenza di ossigeno. Quello che mi racconti e ciò che i tuoi amici hanno riferito, inoltre conferma la nostra iniziale ipotesi, ovvero che tu abbia avuto una sincope (svenimento). - disse - Tuttavia sei rimasta priva di coscienza per molto più tempo rispetto ad una normale sincope. E poi questa diagnosi non spiegherebbe la carenza di ossigeno nel sangue. Perciò credo che sia necessario fare altri esami. -

Annuii distrattamente. Non sapevo per quanto tempo ero rimasta incosciente : quella notte mi era sembrata un'eternità.

La dottoressa, mentre io cercavo di non guardare l'ago e di controllare l'impulso che mi urlava di scappare, mi prelevò altro sangue.

Evitai di guardare la provetta ora piena di liquido rosso, la cui vista sicuramente avrebbe aumentato il senso di nausea che provavo, e strinsi la mano a mio padre. Sembrava più tranquillo adesso.

- Hai mai sofferto di asma? - mi chiese la dottoressa.

- Sì, quando ero più piccola... - risposi - Ma ormai sono anni che non ho crisi asmatiche. -

Mi tornarono in mente alcuni ricordi della mia infanzia e in ognuno di quelli io avevo con me lo spray per l'asma (adesso non so neanche che fine abbia fatto). Quando correvo o facevo educazione fisica lo dovevo tenere sempre a portata di mano, nel caso avessi avuto difficoltà a respirare. Il mio primo attacco d'asma è stato terribile e anche il più forte che io abbia mai avuto : avevo solo 6 anni ed ero a scuola. I miei genitori non erano con me, io non sapevo cosa mi stava succedendo e i maestri non furono di grande aiuto. Per fortuna c'era Trish con me, che mi diede conforto e mi aiutò a controllare la respirazione. Anche suo padre era asmatico, per questo lei sapeva più o meno cosa fare. Da quel giorno fummo più amiche che mai.

- Entro le undici dovrei essere in grado di dirti i risultati. - sentenziò con sguardo tranquillizzante - Mi raccomando non fare sforzi inutili. -

Dopodiché la dottoressa uscì dalla stanza e si allontanò per il corridoio.

Mio padre mi accarezzò delicatamente i capelli.

- Che ore sono papà? - gli chiesi.

Era una domanda stupida, lo so, ma avevo perso completamente la cognizione del tempo. E poi distrarmi un po' mi avrebbe fatto bene.

- Le sei e mezzo. - mi disse con voce assonnata - Vuoi che ti prendo qualcosa da mangiare? -

Annuii gentilmente, anche se non avevo fame.

- Posso accompagnarti? - chiesi speranzosa. Non avevo voglia di restare a letto.

- Non credo sia una buona idea... - rispose papà.

- Ok, allora ti aspetto qui. -

Mi sorrise ed io ricambiai il gesto. Poi quando oltrepassò la porta, mi sdraiai di nuovo. Ero ancora molto stanca.

Nell'attesa di fare colazione, tornai ad osservare il piccolo mondo oltre la finestra.

Ora il sole delineava i contorni degli edifici, che si ergevano per piani e piani, in lontananza. Le fronde degli alberi nel giardino, illuminate dalla luce, disegnavano il terreno, mostrando in alcuni punti dei graziosi fiori variopinti. Nel parcheggio adesso c'erano molte più macchine e per strada alcune persone camminavano allegre, pronte per andare al mare, equipaggiate di ombrelloni, asciugamani e tavole da surf. Nel cielo neanche una nuvola ostacolava la visuale.

Stava cominciando una nuova giornata e, alla fine, tutto sarebbe andato bene, me lo sentivo.

Mi chiesi che cosa stesse facendo in quel momento Austin. Se anche lui mi stava pensando, come io stavo pensando a lui.

Quando tornai ad osservare il soffitto monocromatico, il sonno prese di nuovo il sopravvento.

 

Austin

Quella mattina mi svegliai più presto del solito. Avevo dormito poche ore, perciò decisi di scendere a far colazione anziché rimanere a letto.

In casa tutti dormivano ancora, infatti regnava il silenzio assoluto. Evitando di far rumore andai in cucina e mi preparai dei pancakes. Ne mangiai solo la metà.

Decisi di farmi una doccia. Andando in bagno mi guardai allo specchio.

I capelli erano tutti schiacciati su un lato, quello su cui mi ero addormentato, e gli occhi erano gonfi, a causa dei pianti che mi avevano scosso durante la notte. Noncurante mi misi sotto il getto d'acqua tiepida, nella doccia. Restai così per un po', circa mezz'ora, poi tornai in camera mia e mi cambiai. Indossai una maglietta rossa, un paio di pantaloni neri e le sneakers rosse. Mi sistemai i capelli.

Dopodiché mi sedetti sul letto e guardai l'orologio : segnava le sette e cinque.

Il telefono squillò e lo schermo si illuminò : mi era appena arrivato un messaggio.

Da Trish a Austin

- Ciao Austin. Io e Dez pensavamo di andare a trovare Ally stamattina. Ti va se ci andiamo tutti insieme? L'orario delle visite è tra le 10:30 e le 12:30. Ci incontriamo lì per le 10:00? -

Da Austin a Trish

- Certo, verrò con voi. Hai avuto notizie di Ally? -

Da Trish a Austin

- No, purtroppo. Il signor Dawson non risponde. Forse non ha con se il telefono... -

E così nessuno mi poteva dare notizie di Ally...

Era così stressante essere ignari di quel che le succedeva.

Non avrei resistito ancora per molto.

Da Austin a Trish

- Okay... -

Il resto della mattina passò molto lentamente. Ogni minuto mi sembrava durare ore. Non feci niente di particolare. Per le dieci meno un quarto cominciai ad incamminarmi verso l'ospedale che si trovava a un km da casa mia. Il cielo era limpido e il sole splendeva, illuminando il paesaggio urbano.

Di li a poco avrei rivisto Ally.

Al solo pensiero mi sentii meglio.

Ogni passo che facevo allontanava i pensieri negativi e quel peso sul petto, così opprimente.

Ogni incrocio che svoltavo cacciava via la paura di non poterla più abbracciare.

Ogni metro che percorrevo riduceva la distanza tra noi, tra i nostri corpi, tra i nostri cuori.

Pensai che al mondo ci sono diversi tipi di persone.

I simili, che si cercano a vicenda.

Gli opposti, che si attraggono come calamite.

Le anime gemelle, che si trovano sempre, anche se lontane.

E, infine, le persone come me ed Ally, che si cercano, si attraggono e si trovano nello stesso momento. Che sono simili, ma che sono anche agli opposti.

Quelle persone che sono complementari, fondamentali, indispensabili l'uno per l'altra. Che da sole sono forti, ma che insieme sono indistruttibili, eccezionali.

Che vivono felici solo grazie all'altro.

E non importava se Ally non mi amava come l'amavo io, perché noi due eravamo quell'ultimo genere di persone.

Ci appartenevamo e nessuno avrebbe mai potuto cambiare questo.

 

Angolo Autrice

Eccomi qui con un nuovo capitolo :-D Scusate il ritardo.

Prima di tutto desidero ringraziare tutti i lettori e chi recensisce. Siete fantastici!

Il vostro supporto mi riempie di gioia!

Spero di non aver deluso le vostre aspettative con questo capitolo. Pubblicherò il prossimo appena posso :-)

 

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Capitolo 5
*** In ospedale ***


In ospedale

Trish

Erano circa le dieci e un quarto quando arrivai all'ospedale. Il sole brillava già alto nel cielo e illuminava quel grande edificio di tre piani che era il Grace Hospital.

Austin era seduto su una panchina nel grazioso giardino che circondava interamente la costruzione.

- Ciao Austin! - dissi con il tono di voce più sereno che avessi.

Lui mi saluto con un cenno della mano privo di energia. Sotto gli occhi aveva due profonde occhiaie, segno che, come me, non aveva chiuso occhio. Mi sedetti accanto a lui.

Aveva lo sguardo perso nel vuoto, non l'avevo mai visto così giù di morale.

Avevo sempre sospettato che tra Austin ed Ally ci fosse (ancora) qualcosa di più di una semplice amicizia. Lo si capiva da come si guardavano, dai sorrisi complici che si scambiavano, dal loro capirsi a vicenda senza bisogno di parole.

E se Austin stava così tanto male per lei, un po' dovevo avercela ragione, non è forse così?

- Come stai? - gli chiesi.

- Non tanto bene... - rispose lui abbassando lo sguardo - Ma non mi importa... -

Lo guardai un po' confusa. Lui lo notò e si spiegò meglio.

- Mi importa solo di come sta Ally... -

Poi spostò di nuovo lo sguardo a terra e rimanemmo così, in silenzio, per qualche minuto.

Per certi versi capivo Austin, perché anche io ero preoccupata per la nostra amica, ma deprimersi non avrebbe di sicuro migliorato le cose. Perciò cercai di essere ottimista.

- Sai... Mia mamma, quando succede qualcosa di brutto, mi dice sempre che alla fine andrà tutto bene e che, se non va bene, allora non è ancora la fine. - gli raccontai cercando il suo sguardo.

Lui finalmente mi guardò in viso e mi sorrise.

Un sorriso con un velo di tristezza, ma pur sempre un sorriso.

- Mi piace questa frase. - mi disse.

- Sì, anche a me... -

- Sai non mi sono ancora scusato per essere andato nel panico, ieri. Avrei dovuto aiutarti fin dal primo momento... -

- Non ti preoccupare... Può capitare a tutti. -

Ci sorridemmo a vicenda.

Qualche minuto dopo arrivò anche Dez.

- Ciao ragazzi! - urlò appena sceso dalla macchina.

Indossava dei pantaloni (ovviamente con le bretelle) a righe verticali gialle e verdi, una maglietta rossa con scritto in bianco a caratteri cubitali “SALVIAMO GLI UNICORNI!” e un paio di scarpe blu. I colori facevano a cazzotti, ma a lui non importava più di tanto.

Insomma, il solito vecchio Dez... Sarebbe mai cambiato? Molto probabilmente no.

Lo salutammo e insieme entrammo nell'ospedale.

Andammo a chiedere informazioni ad un'infermiera, ma lei, prima di schizzare verso un lungo corridoio, ci rispose che avremmo dovuto aspettare ancora dieci minuti per vedere Ally.

Così ci accomodammo in sala d'attesa.

Io ero seduta tra Dez, che studiava attentamente la caffetteria in fondo alla stanza, e Austin, che guardava in continuazione l'orologio appeso alla parete e che cercava di distrarsi con una rivista scientifica trovata lì per caso (ricordatevi di quella rivista nei prossimi capitoli).
Dopo qualche minuto Dez si alzò.

- Io vado a comprare qualcosa da mangiare, venite anche voi? -

Noi scuotemmo la testa e lui si allontanò.

Austin batteva ripetutamente il piede destro sul pavimento, come se così potesse far passare più velocemente il tempo.

- La smetti per favore? Mi stai facendo impazzire! - esclamai irritata.

- Mi dispiace... È che l'attesa mi sta uccidendo... - si scusò lui.

- Vedrai che Ally starà bene. - dissi cercando di tranquillizzarlo.

Anche se in realtà non ne ero sicurissima.

Lui notò la mia incertezza nello sguardo e, dopo aver posato la rivista, mise i gomiti sulle ginocchia, tenendosi la testa tra le mani.

- Trish, come mai ci accorgiamo di quanto teniamo a una persona solo quando la perdiamo o abbiamo paura di perderla? - chiese dopo un po', voltando la testa verso di me.

Io lo guardai, senza capire.

- Stai parlando di Ally? - sussurrai.

- Sì... - confermò a bassa voce - Ma non mi hai ancora risposto... -

Ci pensai un po' su : non era una domanda a cui volevo dare una risposta banale.

- Io penso che, a volte, siamo così sicuri di poter avere una persona accanto a noi, che ci dimentichiamo di apprezzarla a pieno, ci scordiamo che da un giorno all'altro potremmo non vederla più. Insomma, cominciamo a dare per scontata la sua presenza... - dissi infine.

Lui annuì, lentamente, come per metabolizzare la risposta e capirla in tutte le sue sfaccettature.

Per un attimo fissai il soffitto bianco, tempestato di luci molto forti del medesimo colore. Poi mi balenò per la mente un pensiero.

- Perché me lo hai chiesto? - domandai curiosa.

Lui inizialmente non mi rispose, ma poi prese fiato e si liberò di quel dubbio che sembrava opprimerlo così tanto.

- Quando Ally si è sentita male, ho provato una sensazione orribile, come se avessi una bolla nel petto che si gonfiava, ogni secondo sempre di più, e che alla fine avrebbe rischiato di farmi esplodere da dentro. Era come se stessi perdendo una parte di me, una parte del mio cuore, della mia anima, capisci? Secondo te cosa significa? - mi disse con la voce rotta e gli occhi lucidi.

Se avesse cominciato a piangere, anche io sarei scoppiata in lacrime, ne ero certa.

- Ecco... Io... Beh, io credo che significhi che quello che provi per lei sia molto profondo... Penso che possa essere amore. - gli risposi dolcemente.

- Già... - commentò lui, per poi tornare a fissare l'orologio.

Intanto Dez stava tornando da noi, con una merendina in mano.

- Potresti non dirlo ad Ally? - mi chiese Austin.

Annuii leggermente.
 

Ally

Quando mi risvegliai, mio padre era di nuovo seduto sul divano, intento a leggere un libro.

Poi si accorse di me.

- Buongiorno di nuovo dormigliona! - esclamò sorridendo.

- Hey! - dissi fingendomi offesa.

Papà rise.

- Mi dici che ore sono, per favore? - chiesi stropicciandomi gli occhi.

- Le dieci e venticinque. - mi rispose dopo aver guardato l'orologio da polso che gli avevo regalato a Natale. - Hai fame? -

Annuii. Lui si alzò e mi porse un vassoio con sopra un buon cappuccino fumante e una brioche alla marmellata.

- Li ho comprati cinque minuti fa. -

Lo ringraziai e, osservando il paesaggio oltre la finestra, mi gustai la colazione.

Mi sentivo leggermente meglio. Meno stanca e meno scombussolata. Doveva essere un buon segno.

- Hai, per caso, parlato con Austin, Trish e Dez? - chiesi.

Era dal giorno precedente che non li vedevo.

- No tesoro, ho il telefono scarico. -

- Quindi loro non sanno che mi sono svegliata? -

Lui scosse la testa. Mi dispiaceva che non potessero sapere che stavo meglio, non volevo farli preoccupare.

- Ally, posso chiederti una cosa? - mi domandò improvvisamente serio mio padre.

- Certo papà... -

Lui si alzò e chiuse la porta, poi mi si avvicinò.

- Ecco io ho parlato con tua mamma, qualche giorno fa, e lei mi ha parlato della storia tra te ed Austin... Che vi siete lasciati... Insomma, hai capito no? - cominciò imbarazzato - Sei ancora innamorata di lui? -

Sentii un forte calore accendermi le guance. Per quel che ne sapevo io, il mio papà era privo di romanticismo e non sapeva capire le emozioni altrui. Non perché avesse un cuore di pietra, ma solo perché era sempre stato impacciato in situazioni del genere. Perciò io credevo che non immaginasse nemmeno che tra me ed Austin ci potesse essere qualcosa che non fosse amicizia. Ma ovviamente se la mamma spifferava, anche papà cominciava a capirne qualcosa.

- Ehm... Cioè... Pff... Ovvio che nooo!!! - risposi con voce acuta.

Non sapevo proprio mentire!

Ma che stavo pensando!?!

In quel momento stavo dicendo la verità...

A me non piaceva più Austin.... O forse sì?

- Okay. - commentò lui, guardingo, interrompendo il mio flusso di pensieri.

Cercava di capire se gli stessi dicendo una bugia, con in volto la sua solita espressione da “detective”, ovvero con gli occhi sgranati e le sopracciglia alzate. Ma, fortunatamente, lui non conosceva i miei punti deboli.

Dopo un po' mi venne da ridere.

- Che è successo? Perchè ridi? - disse lui divertito.

- Dovresti vedere la tua faccia, papà! -

E poi ridemmo tutti e due.
 

Austin

Quando finalmente la lancetta dell'orologio, appeso al muro, segnò le dieci e mezzo, mi alzai di scatto. Seguito da Trish e Dez, interpellai la prima signora con il camice bianco che mi trovai davanti.

Era alta, snella, con i capelli biondi legati in uno chignon. Era girata di spalle.

- Mi scusi? - dissi picchiettando delicatamente sulla sua spalla.

Lei si girò.

- Sì? -

- Noi stiamo cercando una nostra amica, Ally Dawson. Siamo venuti per farle visita. Ci potrebbe dire dove si trova? - chiesi con tono gentile.

- Certo. Io sono la dottoressa Anderson e mi sto occupando personalmente di Ally. - rispose sorridendoci e stringendoci la mano.

- Ally come sta? - domandò Trish, levandomi le parole di bocca.

- Si è svegliata e sta meglio, non preoccupatevi. Ora, se mi seguite, vi porto da lei. -

Il grosso peso che mi pesava sul petto cominciò a dissolversi, lentamente, e tirai un sospiro di sollievo.

Ally stava bene.

Era la notizia più bella che potessero darmi.

Seguendo il medico, ci inoltrammo in un lungo corridoio, ovviamente bianco, con il soffitto alto e tantissime porte sulle pareti laterali. Svoltammo due volte a destra e una volta a sinistra, per poi andare dritto ancora per qualche metro in un altro corridoio simile ai precedenti (in effetti erano tutti uguali). Il Grace Hospital era immenso e, molto probabilmente, mi ci sarei perso se fossi stato da solo. Intorno a noi camminavano molte altre persone : alcune, quelle che stavano lavorando, vestite di azzurro, blu, verde o bianco e altre che, come noi, erano venuti per trovare i familiari. Alcune porte erano aperte, altre chiuse, ma da tutte proveniva una forte sensazione di dolore e sofferenza, che mi turbava. Alla fine ci fermammo davanti a un porta di legno, color avorio, austera ed elegante. Identica alle altre, ma allo stesso tempo diversa, perché dietro ad essa avrei trovato Ally.

Prima di girare la maniglia, la dottoressa si voltò verso di noi.

- Allora... Come vi ho già detto, la vostra amica sta bene. Ma sarebbe meglio se evitaste di fare rumori eccessivi e non le steste troppo attaccati : soffre ancora un po' a causa della nausea e del mal di testa. Io ora devo andare, ma ci vedremo dopo. - ci spiegò con sguardo serio.

Dopo che tutti e tre avemmo annuito, ci sorrise e bussò alla porta.

- Avanti. - ci invitò una voce flebile e delicata, tanto stupenda quanto angelica. L'avrei riconosciuta anche in mezzo alla confusione totale.

Così entrammo. Lei, la ragazza che mi aveva rubato il cuore, era stesa su un letto, sotto delle leggere lenzuola, bellissima come sempre.

- Ally! - esclamammo in coro io, Trish e Dez. Le corremmo incontro per abbracciarla.

Restammo abbracciati per un po', con qualche lacrima di gioia che ci bagnava il volto.

- Ragazzi, che ci fate qui? - disse lei, dopo esserci staccati, con un sorriso meraviglioso in viso.

- Non potevamo non venire a trovarti! - rispose la sua migliore amica abbracciandola di nuovo.

Poi, noi tre, ci sistemammo intorno al letto, ognuno su un lato.

- Come stai? - le chiesi.

Ero felice di poter vedere di nuovo Ally, ma non potevo non notare il colorito più bianco del solito, lo sguardo stanco e lo sforzo che le costava ogni movimento.

- Sto un pochino meglio. - disse guardandomi con un'espressione serena.

I nostri sguardi si incrociarono e fu come se l'elettricità nell'aria crescesse intorno a noi.

Tutte le preoccupazioni, la paura, il dolore e tutto il resto sembrarono scomparire.

Quei magnifici e profondi occhi color nocciola erano la linfa vitale del mio corpo, quel suo sorriso timido ma semplicemente eccezionale era il mio sostentamento.

Lei era il mio tutto.

Ma io cos'ero per lei?

I nostri occhi rimasero incastonati gli uni negli altri per alcuni secondi, pochi per me che avevo sofferto tanto per il fatto di non poterle stare accanto nel momento del bisogno, ma forse troppi per i nostri amici.

- Ehi! Ci siete? - ci richiamò Dez, agitando le mani tra i nostri visi.

Ally, leggermente rossa in viso, si voltò dalla parte opposta.

Trish tirò al "rosso" una gomitata nelle costole.

- Ahi! Ma che ti prende!? - si lamentò lui.

Lei lo guardò malissimo e Dez si ammutolì, guardandola offeso.

Poi scoppiammo tutti a ridere. Una risata vera, sincera, di quelle che ti scaldano il cuore.

Dopo qualche minuto, Ally cominciò a parlarci di quello che le aveva comunicato la dottoressa Anderson quella mattina. Non so perché, ma mi sembrava che ci stesse omettendo qualche particolare. In pratica, però, non si sapeva ancora cosa le fosse successo di preciso.

- E così tu sei asmatica? - disse il mio migliore amico.

Aveva la sensibilità di un rinoceronte (senza offesa ai rinoceronti).

- Sì, ma credevo di non esserlo più. - rispose lei, amareggiata.

- Tuo padre dov'è? - domandò Trish per cambiare argomento, dato che l'asma non sembrava portarle alla mente bei ricordi.

- È andato a casa pochi minuti fa per prendermi dei vestiti puliti. -

- Quindi ti dimettono? - chiesi speranzoso.

- Non lo so... - cominciò a dire Ally - Sto ancora aspettando i risultati degli ultimi esami che mi hanno fatto. Avrebbero già dovuto comunicarmeli. -

Guardai l'orologio : erano le undici e un quarto.

Continuammo a parlare, per ingannare l'attesa.

Io ero seduto su una sedia vicino al letto, mentre Trish e Dez erano appoggiati su un divano color ocra abbastanza piccolo.

Dieci minuti dopo bussarono alla porta ed entrarono nella stanza anche il signor Dawson, che ci salutò con un gesto della mano, e la dottoressa che si occupava di Ally.

- Scusatemi per il ritardo, ma ci sono stati delle complicazioni al reparto traumatologia e sono dovuta intervenire. Comunque ho qui i risultati degli esami e anche la diagnosi completa. - ci spiegò dopo essersi avvicinata.

Tutti la guardavamo attenti.

- Allora, Ally. Oltre alla alta carenza di ossigeno, è stata riscontrata anche una leggera quantità di anidride carbonica in più nel tuo sangue. Inoltre uno dei paramedici che ti ha soccorso, mi ha comunicato che, in ambulanza, sei stata collegata ad una macchina che ti ha aiutata a respirare artificialmente tramite la maschera per l'ossigeno. Infatti, quando sono arrivati, non riuscivi a respirare bene da sola. Quando la respirazione è tornata normale, eravate ormai arrivati qui e ti hanno staccato dalla macchina. - continuò la dottoressa Anderson - Perciò, sono giunta alla conclusione che tu, ieri pomeriggio, abbia avuto una grave insufficienza respiratoria, che è stata causata da quella che i medici chiamano ipossia o ipossiemia, ovvero l'anomala diminuzione della quantità d'ossigeno nel sangue. In pratica l'insufficienza respiratoria è l'incapacità del sistema respiratorio di assicurare un adeguato scambio gassoso, causata dalla caduta dei livelli di ossigeno nel sangue arterioso e\o dall'aumento dei valori di anidride carbonica. Per questo, non riuscivi a respirare normalmente.-

Quando terminò di parlare, la guardammo tutti un po' perplessi. Così lei ci chiarì ulteriormente la situazione.

- Ally, tu hai avuto un'insufficienza respiratoria di tipo acuta, la forma più grave, che in casi estremi può portare anche alla morte. Il tuo organismo però è riuscito a resistere, soprattutto grazie alla maschera dell'ossigeno. Una delle patologie in cui si mostra tale sindrome è l'asma, ed essendone tu affetta in forma piuttosto grave, è praticamente certo che sia stata ciò a provocarla. Comunque, non preoccuparti, gli ultimi esami hanno dimostrato che i livelli di ossigeno e anidride carbonica sono tornati normali e quindi dovresti stare meglio col passare del tempo. - concluse con sguardo rassicurante.

Restammo in silenzio per quasi un minuto, per metabolizzare tutte quelle nuove informazioni.

- Ma allora, come mai sono svenuta? - chiese a bassa voce Ally, visibilmente scossa.

- Ecco, una delle conseguenze che causa l'ipossia, oltre ad agitazione, confusione, ipotensione, battito cardiaco accelerato, mal di testa e vertigini, è lo svenimento. Non è raro che, alcuni pazienti che hanno un'insufficienza respiratoria, svengano. -

Ally annuì, con espressione leggermente confusa.

- E perché è rimasta addormentata per così tanto tempo? - domandò il signor Dawson, preoccupato.

- Beh, sinceramente non lo so. Non risulta nulla di anomalo dagli esami. La probabilità più accreditabile è quella che Ally sia rimasta incosciente più a lungo del normale a causa della stanchezza e delle molti notti insonni. -

Ecco cosa ci aveva nascosto... Ally non dormiva più da chissà quanti giorni.

Come mai? Perchè non ce ne aveva parlato?

- Non ci sono cure specifiche per casi del genere. L'unico consiglio che posso darti è l'assoluto riposo. - comunicò la dottoressa - In ogni caso, entro le quattro di oggi pomeriggio potrai tornare a casa. Se vuole signor Dawson la accompagno a firmare i documenti per la dimissione dall'ospedale. Cerca di riposare ancora un po' Ally, mi raccomando. -

Dopodiché ci salutò e, seguita dal proprietario del Sonic Boom, uscì dalla stanza.

Ally ci guardava. Nei suoi occhi scorgevo un misto tra paura e confusione. Aveva la bocca leggermente aperta, come se volesse dire qualcosa ma non ci riuscisse.

- Ragazzi, io... Io volevo ringraziarvi, di tutto... Se non ci foste stati voi, non so se sarei ancora qui... - bisbigliò infine, con gli occhi lucidi.

Non riuscii a trattenermi e l'abbracciai.

- Non pensarlo nemmeno... - le sussurrai all'orecchio.

Poco dopo anche Trish e Dez si unirono all'abbraccio.

Sentivo Ally piangere in silenzio e anche sui nostri visi scese qualche lacrima amara.

Non riuscivo a credere che avrei potuto perderla per sempre. Che forse non sarei più riuscito a vederla sorridere, a sentirla cantare, a provare di nuovo quelle sensazioni così forti ogni volta che le stavo vicino.

Quando ci staccammo, era ormai mezzogiorno meno venti.

Ogni visita non doveva durare più di un'ora e noi avevamo già oltrepassato il limite.

Guardai Ally. Era pallida, stanca ed emotivamente distrutta. Aveva bisogno di riposo.

Anche Trish lo notò.

- Mi dispiace doverlo dire, ma ora dobbiamo andare... - disse infatti - Ci vediamo appena esci dall'ospedale, te lo prometto Ally, però ora devi riposare. -

Lei annuì tristemente.

Trish e Dez, uno dopo l'altro, la salutarono e uscirono.

Rimanemmo solo io ed Ally nella stanza. La abbracciai di nuovo, cercando di farle capire con quel gesto quanto tenessi a lei. Al solo contatto tra i nostri corpi, un brivido piacevole mi percosse lungo la spina dorsale.

Ecco che effetto mi faceva Ally. Riusciva a stravolgere il mio mondo anche solamente con la sua presenza.

- Ti voglio tanto bene. - le confessai a bassa voce all'orecchio.

- Anche io Austin. - sussurrò lei.

Le diedi un leggero bacio sulla guancia, che la fece arrossire leggermente, e poi mi alzai.

Mi avvicinai alla porta, pronto ad uscire, ma alla fine mi voltai di nuovo verso di lei.

Mi sorrideva, debolmente, anche se aveva ancora il volto bagnato a causa delle lacrime.

- Come riesci a sorridere, nonostante tutto? - le chiesi dolcemente.

Lei ci penso un po' su, fissando per un attimo il sole, che oltre la finestra, illuminava Miami. Poi tornò a guardare me.

- Hai mai visto il sole spegnersi solo perché pioveva? - rispose con il suo inconfondibile e bellissimo sorriso.

Le sorrisi a mia volta e dopo averla salutata, oltrepassai la porta.

Ammiravo Ally.

Anzi, l'amavo.

E l'amavo anche per quello...

Per quel suo sguardo che mi aveva fatto innamorare perdutamente di lei.

Per quel suo sorriso meraviglioso, che non l'abbandonava mai.

E per la forza che riusciva a trovare per rialzarsi, ogni volta che cadeva.

 

Angolo Autrice

Ciao a tutti! Eccomi qui con il quinto capitolo di questa fan fiction.

Scusate per il ritardo, ma come potete vedere questo capitolo è leggermente più lungo dei precedenti e poi ho dovuto fare alcune ricerche per spiegare bene cosa è successo ad Ally. A proposito, mi scuso in anticipo se ho sbagliato qualcosa o se non mi sono spiegata bene, ma non sono un'esperta in medicina e ho fatto tutto il possibile :-).

Comunque, se avete dei dubbi o delle correzioni da farmi, me le potete scrivere attraverso le recensioni.

Vi ringrazio tantissimo per il vostro supporto, per aver letto e recensito i capitoli precedenti.

Senza di voi non sarebbe lo stesso, quindi grazie, grazie, grazie!!!

Un bacione :-D

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Capitolo 6
*** Ritorna da me ***


Ritorna da me

Ally

Quando anche Austin uscì dalla stanza, mi sdraiai di nuovo nel letto, avvolta in leggere coperte di cotone. Mio padre aveva lasciato la busta contenente i miei vestiti puliti sul divanetto color ocra in fondo alla stanza. Avrei tanto voluto alzarmi e cambiarmi, ma ogni volta che ci provavo cominciava girarmi la testa.
Così, aspettai che tornasse papà.
Faceva caldo e riuscivo a malapena a sopportare tutto quel calore che aleggiava nella stanza. La finestra aperta lasciava entrare un po' d'aria fresca, ma non abbastanza. Mi scoprii, ma appena mossi le gambe le sentii piuttosto instabili. Cercai di mettermi seduta per controllare la situazione : la camicia da notte rosa mi arrivava a malapena al ginocchio, lasciando così intravedere le gambe magre e pallide; la gamba sinistra era illesa, ma due grossi lividi violacei coprivano quasi tutto il ginocchio e la caviglia della gamba destra, quella su cui ero probabilmente caduta. Delicatamente mi rimisi supina.
Passarono altri dieci lentissimi minuti.
Mi sentivo debole, priva di forze. Mi serviva urgentemente riposo.
Così, cullata dai suoni che provenivano da oltre la finestra, mi addormentai in un batter d'occhio.

Quando riaprii gli occhi, dopo quelli che mi sembrarono pochi secondi, non mi trovavo più nella stanza dell'ospedale, ma in una foresta spettrale.
Addosso avevo ancora la camicia da notte a cuori ed ero scalza.

Ovunque mi girassi, non vedevo altro che alberi.
Ma quelli non erano arbusti normali, me lo sentivo.
Inizialmente non capii cosa ci trovassi di strano : erano tetri e spaventosi, è vero, ma pur sempre alberi. Eppure, mi facevano stare male : improvvisamente ero più triste, più stanca, più scoraggiata che mai.
Ero in un incubo e ne ero consapevole, ma non riuscivo a non tremare dalla paura.
Sentii le gambe cedere e mi appoggiai al tronco più vicino.
Al solo contatto sussultai : non so come, ma quegli alberi respiravano.
Sentivo la corteccia espandersi e ritirarsi, sotto la mia mano, come un grosso polmone di legno.
Ma non solo.
Ad ogni folata di vento si potevano udire dei canti, inizialmente appena percettibili : gli alberi stavano cantando.
Ma quei cori così piacevoli all'inizio, diventarono ben presto un misto di urla angoscianti e grida di dolore, sempre più forti. Mi tappai le orecchie, ma non servì a nulla. Quel rumore mi stava perforando i timpani, mi stava facendo impazzire. Era una tortura crudele e lenta.
La vista mi si stava scurendo, non riuscivo a vedere quasi più niente.
Cosa avevo fatto per meritarmi tale supplizio?
Mi sentii profondamente in colpa, ma senza apparente motivo.
Eppure un pensiero si stava insinuando nella mia debole mente : se mi stava accadendo questo, dovevo aver fatto qualcosa di terribile.

- Basta! Vi prego, smettetela!!! - urlai in preda alla disperazione.

Ma gli alberi non mi avrebbero mai ascoltato o risposto, per quando vivi potessero essere.
Cominciai a singhiozzare. Ero così impotente di fronte a tale situazione, che non potevo fare altro che piangere e disperarmi.

Ma anche le lacrime erano surreali e invece di scorrere calde sul mio viso, cominciavano a vorticare in aria, trasportate da un vento gelido.
Creature mostruose senza volto si staccarono lentamente dagli alberi. Erano esseri terrorizzanti, costituiti da corteccia e muschio. Iniziarono a camminare tutte verso di me : erano migliaia.
Mi avrebbero sopraffatto in pochi minuti.
Io intanto gridavo, in preda al panico.
Sarei morta a breve, schiacciata da mostri nati dalle mie paure.
Quella non era la realtà, una parte di me lo sapeva; ma l'altra metà continuava a chiedersi come mai sembrava tutto così dannatamente vero.

- Andatevene! Via, via! - urlavo.

Ma nessuno mi sentiva. Quei canti tremendi sovrastavano tutto il resto.
Iniziai a correre, ma mi accorsi che restavo sempre nello stesso punto : ero incollata al terreno, anzi ci stavo letteralmente sprofondando dentro. Ai miei piedi si era aperta una grossa voragine, che mi stava velocemente risucchiando al suo interno.

Le orripilanti creature erano ormai a pochi centimetri dal mio corpo, o meglio, da quel che ne rimaneva : ero già ricoperta di fango fino alla vita.
Le lacrime cominciarono a rotearmi intorno, seguendo il vento gelido, sempre più veloci. Formarono un forte tornado di lacrime gelide, che mi graffiavano e mi facevano male : era come se fossero fatte di ghiaccio tagliente e acuminato.
Stavo annegando, sprofondando e soffocando nello stesso momento.
Stavo morendo, uccisa dalle mie stesse paure, dai miei sbagli.
Non lo vedevo, ma sapevo che cosa rappresentava quella situazione. Era l'atroce raffigurazione della mia vita. E solo io ne ero l'artefice.
Mi rimanevano ancora pochi secondi...

- Perché? Perché mi fate questo? - riuscii a sussurrare.

Nessuno rispose, ancora una volta.
Infondo io non meritavo risposte... Ero solo una sciocca ragazza che non meritava la sua vita.

E fu questa l'unica ragione che mi venne in mente, l'unica risposta che poteva spiegare il perché di quella brutale esecuzione.
Io ero un'incapace, un'inetta. Sapevo solo sbagliare.
Perché avrei dovuto continuare a vivere?
Mi vennero in mente molte risposte : Austin, Trish, Dez, i miei genitori...
Ma io non ero abbastanza per loro.
Accompagnata da quel triste pensiero, esalai il mio ultimo respiro.
Le lacrime di ghiaccio mi trafissero il cuore.
Le creature arboree mi sopraffecero.
Il terreno fangoso mi inghiotti fino ai capelli.
Poi diventò tutto buio.

Austin

Io, Dez e Trish camminavamo per strada, senza una precisa destinazione. Cercavamo di ripararci il più possibile all'ombra degli alberi, perché il caldo era rovente e solo così si poteva stare un po' più al fresco. In giro non c'era quasi nessuno a parte noi.

- Vi va di andare da Mini's ? - chiese Trish sorridente.

Sapere che Ally stava bene ci aveva fatto stare tutti meglio. Lo si vedeva dall'espressione serena di Trish, dal sorriso buffo di Dez e, probabilmente, anche dal mio viso meno preoccupato.

- Certo!- risposi.

Così, dato che anche il mio migliore amico era d'accordo, ci incamminammo verso il nostro ristorante preferito. Trovammo un tavolo libero e ordinammo tre mini hamburger e tre mini bibite.

- Sono così felice che Ally non abbia niente di grave... - disse Trish con un sospiro, mentre sorseggiava un fresco tè alla pesca - Ero così in ansia per lei. -

- Già, anche io. - commentai pensieroso, mentre addentavo il mio invitante panino.

La mia mente non faceva altro che volare da Ally.

- Dovremmo festeggiare! - esclamò Dez entusiasta - Facciamole una festa a sorpresa! Che ne pensate? -

- Io ci sto! - accettò raggiante la riccia.

Anche a lei piaceva l'idea.

- Contate pure su di me. - conclusi.

- Okay, allora facciamo così : alle quattro, quando Ally e suo padre torneranno al Sonic Boom, noi saremo lì! - cominciò Trish - Io mi occupo degli invitati, Dez si occupa delle decorazioni e Austin va a comprare i fiori. Tutto chiaro? -

Quella ragazza aveva sempre avuto una predisposizione a dare ordini ed era sempre organizzata per ogni evenienza. Sarebbe stato impossibile dirle anche solo un piccolo “no”.
Così, noi ragazzi, annuimmo senza pensarci due volte.

- Ma perché li aspettiamo lì? Non andranno subito a casa? E poi come facciamo ad entrare? - chiese Dez dubbioso, dopo aver bevuto un sorso della sua spremuta all'arancia.

- Io credo che passeranno prima dal negozio, anche perché Ally ha lasciato tutto lì : il suo telefono, il suo diario... Ed io ho una copia delle chiavi. - rispose lei.

- Perfetto! Allora che ne dite se ci incontriamo qui un'oretta prima? Giusto per controllare che sia tutto a posto... - proposi.

- Certo! - esclamarono loro in coro.

Chiacchierammo ancora per mezz'ora sulla festa, gustando e finendo il pranzo.
Guardai l'ora sul telefono : era l'una.

- Allora ci vediamo qui tra due ore! - conclusi io.

I miei amici annuirono e, dopo esserci salutati, andammo ognuno per la propria strada.

Ally

Mi risvegliai nel mio letto, non so quanto tempo dopo. Ero completamente fradicia di sudore, con il viso rigato dalle lacrime e il battito accelerato. Riuscivo a stento a controllare il respiro e tremavo come una foglia.
Inspirai.

Trattenni il fiato per qualche secondo.
Espirai.
Era questo l'unico modo in cui riuscivo a calmare la mia mente e la mia anima.
Non mi ricordavo neanche più da quanto andasse avanti questa storia... Prima mi succedeva solo una o due volte a settimana, ma ormai la situazione era peggiorata : ogni notte, da più di una settimana, facevo gli incubi. Per questo, prima che svenissi, era da tre giorni che non chiudevo occhio : la paura di rivivere quella situazione, un'altra volta, era troppa. Mi ero illusa che fosse una storia chiusa ormai, considerato che la sera prima ero riuscita a dormire tranquillamente, ma ovviamente mi sbagliavo.
L'incubo che facevo era sempre lo stesso, io l'avevo soprannominato “la foresta delle creature arboree” : lo conoscevo a memoria e sapevo anche cosa avrebbe potuto significare ogni singolo elemento. Le creature mostruose raffiguravano i tantissimi sbagli che avevo fatto nel corso della mia vita. Le lacrime di ghiaccio simboleggiavano tutte le mie preoccupazioni, che affollavano la mia mente ogni giorno e nell'incubo mi ferivano, come le mie paure ed ansie mi distruggevano da dentro. Infine, il terreno fangoso rappresentava la mia incapacità di saper affrontare la vita e mi privava d'aria proprio come la mia inadeguatezza e la mia insicurezza facevano nella vita vera.
Nessuno mi aveva spiegato tutto ciò, ma io lo sapevo.
Ricordavo sempre ogni dettaglio degli incubi e, a volte, era difficile distinguere la realtà dal quel che il mio inconscio mi faceva sognare. Perché, infondo, tutto quello che il mio cervello immaginava conteneva anche un po' di verità. Ed era questo quello che più mi terrorizzava.
Mi asciugai la fronte e le guance con un fazzoletto, trovato sul piccolo comodino bianco affianco al mio letto. Il cuore aveva rallentato il suo ritmo, così come il respiro. Le mani non tremavano più. Avevo ripreso il controllo di me, del mio corpo.
Qualcuno aprì la porta : era mio padre, con un vassoio ricco di cibo tra le mani.

- Ciao tesoro. - mi disse.

Io lo salutai con un sorriso finto, che mascherava l'angoscia che provavo dentro.

- Tutto okay? - mi chiese.

- Sì papà, non preoccuparti... - mentii.

- Ti va di mangiare? È quasi l'una e mezzo... - mi domandò indicando con un gesto del capo il pranzo che aveva portato con sé.

Annuii e lui mi porse un piatto di riso in bianco, per poi tenersene un altro per sé. Mangiammo lentamente, in silenzio, tra un sorriso timido e l'altro.
Dal mondo oltre alla finestra provenivano rumori diversi : i clacson delle macchine, le urla dal mercato che facevano ogni mattina sul lungomare, le onde dell'oceano in lontananza, le chiacchiere della gente. Suoni indistinti, ma che facevano parte della mia vita.

Ed io non mi sarei mai arresa contro degli incubi, perché infondo mi piaceva vivere lì, con i miei amici e mio padre, tra il negozio e la scuola, con la mia musica.
Quello era il mio mondo, io ne facevo parte.
E non ci avrei rinunciato tanto facilmente.

Austin

Il negozio di fiori non era molto lontano da Mini's, infatti in circa mezz'ora lo raggiunsi a piedi.
Il “Flowers and Roses” era il più posto più ricco e attrezzato in campo di giardinaggio. Potevi trovarci i fiori più semplici, ma anche quelli più rari. La proprietaria si chiamava Lucy Knight ed io la conoscevo fin da quando ero piccolo. Era una signora sulla cinquantina, paffuta e dal cuore d'oro. Aveva i capelli mori tagliati corti, portava un paio di occhiali dalle lenti spesse e sul suo volto non mancava mai il sorriso. Viveva nel mio stesso quartiere e tutti lì la conoscevano per la sua bontà, la sua gentilezza e la sua simpatia. Lei e mia mamma, nonostante la differenza di età, erano molto amiche e perciò era capitato che venisse a cena dai noi insieme a suo marito o che mi facesse da babysitter quando ero ancora piccolo. Insomma, faceva parte della famiglia.

Entrai nel negozio e fui subito travolto dall'esplosione di colori e odori che provenivano dai tanti esemplari di piante di cui era fornito quel posto.

- Austin! Che piacere vederti! - esclamò Lucy appena mi vide.

- Lo è anche per me. - dissi andandole incontro.

Lei mi abbracciò e mi diete un'arruffata ai capelli.

- A cosa devo questa visita? - mi chiese con un sorriso smagliante.

- Vorrei comprare un mazzo di fiori per la mia amica Ally che...- stavo rispondendo sorridendo.

- Un momento, fermo, fermo! - mi interruppe lei.

La guardai senza capire. Che cosa avevo detto di sbagliato?

- Quel sorrisetto lo riconoscerei anche a distanza! Siamo sicuri che sia solo un'amica? - mi domandò con un'espressione buffa in volto, quella che di solito hanno le nonne quando ti fanno domande imbarazzanti, del tipo “Oh tesoro, dimmi : hai già la fidanzatina?”.

Arrossii, visibilmente imbarazzato, e lei scoppiò in una grossa e fragorosa risata. Io le sorrisi timidamente.

- Hey, stavo scherzando! - disse sorridendomi - È solo che tua mamma mi ha parlato molto bene di questa Ally e poi, da quel che mi racconta, sembrate fatti l'uno per l'altra. -

- Ehm... Ecco... Beh noi siamo grandi amici e ci vogliamo bene... - balbettai.

- Peccato... - concluse lei.

Abbassai lo sguardo.

- Già, è un vero peccato... - sussurrai tra me e me.

- Che fiori desideri? - mi chiese Lucy.

Mi guardai un po' intorno : c'erano peonie, girasoli, orchidee, ciclamini, ortensie, azalee... Ma io sapevo quali erano quelli giusti per Ally.

- Rose e gigli. - risposi convinto.

- Ah, allora vai sul romantico! - commentò lei facendomi l'occhiolino.

Arrossii ulteriormente, ma lei non mi vide, perché era già andata a prendere quello che le avevo chiesto. La seguii per poterla vedere all'opera.
Lucy lavorava con grande maestria : sceglieva sempre i fiori più belli e li abbinava in modo perfetto. Le sue lunga dita affusolate erano veloci, esperte, sapevano tagliare e preparare decorazioni floreali in poco tempo. Era sempre stata un'eccellente giardiniera ed amava il suo lavoro.

Dopo circa cinque minuti, infatti, mi porse un magnifico bouquet, i cui colori variavano dal bianco al rosa. Le rose e i gigli erano bellissimi e profumati ed erano tenuti insieme da del grazioso raso rosso, che terminava legato in un fiocco.

- Wow, Lucy... Questi fiori sono stupendi! - esclamai entusiasta - Piaceranno sicuramente ad Ally! -

Lei mi sorrise, orgogliosa del suo lavoro. Dopodiché la pagai e, dopo averla abbracciata e ringraziata, mi diressi verso la porta.

- Spero di rivederti al più presto. - mi salutò Lucy - E magari la prossima volta mi farai conoscere questa Ally! -

Mi sorrise ed io ricambiai il sorriso, annuendo leggermente.

- Ciao Lucy. - dissi uscendo dal “Flowers and Roses”.

Erano le due e un quarto, così mi incamminai verso il Sonic Boom.
A circa metà strada Trish mi chiamò per telefono.

- Ciao Austin, hai già comprato i fiori? -

- Sì, sto arrivando in negozio. -

- Perfetto. Io ho già invitato un po' di persone e adesso sto andando a prendere qualche stuzzichino e qualcosa da bere. Dez invece è già in negozio, ma non so cosa sta combinando...-

- Non ti preoccupare, ora vado a controllare. -

- Menomale, sennò va a finire che ci ritroviamo la giungla nel negozio! - commentò facendomi ridere - Austin, mi chiedevo se tu potessi cantare qualcosa alla festa, in modo che ci sia anche la musica... -

- Certo, lo farò volentieri. -

- Fantastico, allora ci sentiamo dopo... -

- Aspetta Trish, volevo farti una domanda. - dissi interrompendola.

- Dimmi. -

- Tu sai qualcosa delle notti insonni di Ally? -

- No... Non mi ha raccontato niente. - la sua voce era improvvisamente più cupa.

Quella domanda mi stava assillando da qualche ora e, molto probabilmente, perseguitava anche Trish.

- Okay... Allora ci vediamo tra un po'. Ciao Trish. -

- Ciao. - concluse lei.

Chiusi la chiamata, con quella vocina ancora nella testa che mi ripeteva in continuazione la stessa cosa: “Devi parlare con Ally. Qui c'è qualcosa che non va...”

Ally

Avrei dovuto dormire ancora un po', ma non ci riuscii : il buio che vedevo quando chiudevo gli occhi mi ricordava troppo i miei incubi. Era tutto piuttosto strano, perché io non avevo mai avuto paura del buio, neanche da piccola. Ma in quei giorni ne avevo il terrore. E non riuscivo più continuare in quel modo.
Per ingannare l'attesa avevo cominciato a leggere un libro che aveva portato papà, ma ogni volta che posavo lo sguardo sulle lettere di una pagina mi veniva un gran mal di testa.

Erano quasi le tre.

- Papà, prima di andare a casa, possiamo passare dal Sonic Boom? Ho lasciato lì tutte le mie cose... - chiesi a mio padre, che se ne stava in piedi vicino alla finestra.

- Certo tesoro. - mi rispose.

- Mi aiuti ad alzarmi? Vorrei vestirmi... -

Papà annuì e mi si avvicino, titubante.

- Sei sicura di farcela? - mi domandò.

- Sì... -

Così mi misi seduta, girandomi poi verso il lato sinistro del letto. Posai prima una gamba a terra, poi l'altra, con mio padre vicino pronto a sorreggermi. Provai ad alzarmi : le gambe, nonostante fossero un po' tremolanti, mi sostenevano. Sorrisi e provai a fare qualche passo.

- Come ti senti Ally? -

- Mi gira solo un po' la testa...-

- Se non ce la fai, siediti subito. Va bene? -

Annuii e, muovendomi lentamente, raggiunsi il divano e presi la busta con i vestiti puliti.

- Dove mi posso cambiare? -

- C'è un bagno lì dietro. -

Non l'avevo ancora notata, ma a destra del mio letto c'era una porta di legno. Da sdraiata non l'avevo potuta vedere, perché era nascosta dalle macchine che controllavano il battito cardiaco, la pressione e la respirazione. Girai la maniglia e mi ritrovai in un piccolo bagno, ovviamente bianco. Chiusi la porta e cominciai a vestirmi. Mio padre mi aveva portato un grazioso abito giallo con le balze (http://static.stylosophy.it/stwww/fotogallery/625X0/58001/abito-hm-giallo-con-balze.jpg), che mi arrivava poco più su delle ginocchia ed era abbellito in vita da una cintura di stoffa nera. Adoravo quel vestito : me l'aveva regalato Austin per il mio compleanno ed era bellissimo. Nel sacchetto c'erano anche un paio di ballerine nere e il mio beauty case. Mio padre si era proprio ricordato tutto! Quando ebbi finito, mi guardai al piccolo specchio che si trovava sopra il lavandino : il mio viso era pallido, con delle leggere occhiaie sotto gli occhi. Mi truccai leggermente, con un filo di mascara, un accenno di ombretto giallo chiaro e un velo di fondotinta. Ai capelli, arruffati e mossi, non potei far altro che pettinarli, perché non avevo con me l'arricciacapelli. Ero pronta, così piegai la camicia da notte e uscii dal bagno.

- Stai molto bene. - commentò papà appena mi vide.

- Grazie... - dissi io con un sorriso timido, per poi sedermi vicino a lui sul divano.

Austin

Era tutto pronto ormai : i fiori, gli invitati (Trish aveva invitato tutti gli amici che era riuscita a trovare), le decorazioni, la musica, il rinfresco... C'era tutto, mancava solo Ally. Presto sarebbe tornata a casa, sarebbe ritornata da me. Ed io non vedevo l'ora di abbracciarla.
Trish mi si avvicinò.

- Ci siamo quasi! E siamo anche in perfetto orario. - mi comunicò sorridendo.

Annuii, orgoglioso della nostra idea.

- Un attimo di attenzione! - urlò Trish rivolgendosi a tutti quelli che erano venuti - Tra mezz'ora arriverà Ally, perciò ora vi dirò dove dovete nascondervi e cosa dovrete fare. Nelson, tu devi nasconderti sotto il clavicembalo, Billl e Statua umana davanti alle trombe, Pirata Frank e Mindy dietro i violoncelli, Kira e Dallas vicino al pianoforte, Austin tra le chitarre e i clarinetti, Dez ed io ci nasconderemo accanto ai violini, gli altri si mettano dove gli pare! Tutto chiaro?-

- Sì! - rispondemmo tutti in coro.

Trish sorrise entusiasta.

- Perfetto! Allora quando ve lo dico andate tutti nei vostri nascondigli e quando arriva il segnale (ovvero Ally che accende la luce), beh, sapete cosa fare! - concluse.

Ally

Prima di andare via dall'ospedale incontrai un'ultima volta la dottoressa Anderson.

- Mi raccomando Ally, riposati il più possibile e non affaticarti. - mi disse.

- Lo farò, grazie. -

Lei mi sorrise e mi salutò, per poi andare nella direzione opposta alla mia.

Uscii dal Grace Hospital alle quattro meno dieci, accompagnata da mio padre. La temperatura era leggermente più bassa rispetto a qualche ora prima, ma il sole splendeva ancora alto nel cielo, come se si stesse rifiutando di continuare il suo cammino. I suoi raggi caldi mi illuminavano e fu come se mi rigenerassero, infondendomi forza e speranza.
Ci dirigemmo verso la macchina e partimmo in direzione del Sonic Boom, con tutti i finestrini aperti e l'aria che mi faceva svolazzare i lunghi capelli castani dai riflessi color caramello. In meno di un quarto d'ora arrivammo a destinazione.

Nel centro commerciale non c'era quasi nessuno, anche alcuni negozi erano chiusi. Era tutto così calmo, fin troppo tranquillo. Voglio dire, quella era l'ora di punta.

- Come mai c'è così poca gente? - chiesi incuriosita.

- Non lo so, saranno tutti al mare... - mi rispose mio padre.

Annuii, per niente convinta, e mi feci dare le chiavi del negozio da papà.
Dopodiché aprii le porte ed accesi la luce.

 

Angolo Autrice

Ciao a tutti cari lettori! Come state passando le vacanze?
Eccomi qui con il sesto capitolo della fan fiction, spero che vi piaccia :-) …
Ringrazio con tutto il mio cuore tutte le persone che leggono e recensiscono (anche solo col pensiero) la mia storia : siete sempre gentilissimi.
Ditemi cosa ne pensate, se vi va ovviamente.
Vi mando un bacione :-D !!!
Ciaoooo ♥

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Capitolo 7
*** Festa a sorpresa ***


Festa a sorpresa

Ally


Dopodiché aprii le porte ed accesi la luce.

- SORPRESAAAA !!! - gridarono non so quante persone, sbucando fuori da ogni angolo del negozio.

Io e mio padre facemmo un salto all'indietro per lo spavento. Non mi sarei mai aspettata una cosa del genere...
Il Sonic Boom era stato decorato a festa : cosparsi qua e là c'erano gruppi di palloncini rossi, arancioni e gialli, legati tra loro da fiocchetti bianchi; sulla parete vicino alle scale c'era un cartellone azzurro chiaro con scritto in blu a caratteri giganti “TI VOGLIAMO BENE ALLY!”; gli strumenti erano stati spostati verso le altre pareti per lasciare spazio ad un grande tavolo in legno ricco di bevande e leccornie di tutti i tipi (il cartello “Vietato mangiare in negozio” non c'era più da nessuna parte), sistemato accanto al bancone.

Ero rimasta a bocca aperta, con gli occhi spalancati.

- M-a ma co-sa... - non ebbi nemmeno il tempo di finire la frase, perché tutta la gente mi venne incontro per abbracciarmi e sussurrarmi parole di conforto come “Sono contento\a che tu stia bene!” o “Non sai come ero in pensiero per te!”.

C'erano Dallas, Kira, Elliot, dei negozianti del centro commerciale, Nelson, praticamente tutti i miei compagni di classe... C'erano tutti i miei amici e ne ero felice, ma non capivo cosa stesse succedendo. Mio padre era anche più sconvolto di me!
Dopo un paio di minuti, qualcuno accese uno stereo e la maggior parte delle persone si disperse per la sala per andare a mangiare o a ballare.
Mi guardai intorno e vidi Austin (con in mano un bouquet), Trish e Dez che mi si stavano avvicinando. Sui loro volti c'erano sorrisi complici ed espressioni orgogliose ed entusiaste. Il che poteva significare una sola cosa...

- Siete stati voi? - chiesi sorridendo.

- Sorpresa! - ripeté Trish abbracciandomi - Ti piace? -

- Tantissimo... - le risposi con gli occhi lucidi, dopo che si staccò.

- Su Ally non piangere, o scoppierò anche io in lacrime! - esclamò Dez asciugandosi una lacrimuccia.

Tutti lo guardammo con espressione del tipo “Ma che stai dicendo?!”

- Non fissatemi così! - borbottò - Lo sapete che sono sensibile! -

Cominciammo tutti a ridere.

- Questi sono per te. - disse Austin porgendomi un meraviglioso mazzo di rose e gigli.

- Sono bellissimi! Grazie mille, sono i miei fiori preferiti... - lo ringraziai mentre una lacrimuccia di gioia mi scendeva sulla guancia.

Lui mi si avvicinò ulteriormente, fino ad essere a pochi centimetri da me, e delicatamente mi asciugò la guancia, con un veloce gesto della mano. Intanto, mi guardava con quei suoi bellissimi occhi ed io non potevo fare a meno che perdermi in quel suo sguardo sicuro e rassicurante, che mi faceva battere il cuore all'impazzata. Le gambe cominciarono a tremare leggermente, mentre il mondo attorno a noi scompariva lentamente. Perché mi sentivo sempre così quando ero con lui?

- Ecco, ora mi fate davvero commuovere! - esclamò Dez, per poi andare a prendere dei fazzoletti.

Ritornai alla realtà e, con un leggero calore che mi pizzicava le guance, voltai la testa da un'altra parte.

- Beh... ehm... Grazie ancora. - balbettai sorridendo.

Austin mi abbracciò, cercando di non schiacciare i fiori, e avvicinò la sua bocca al mio orecchio.

- Dei fiori bellissimi per una ragazza ancora più bella. - sussurrò.

Arrossii ancora di più, ma ricambiai quel gesto così dolce e mi lasciai stringere dalle sue braccia forti e sempre pronte a sorreggermi.
Dopo qualche secondo sentii mio padre tossire, per schiarirsi la gola o, più probabilmente, per attirare la nostra attenzione. D'istinto ci sciogliemmo dall'abbraccio, senza però smettere di sorriderci.

- Posso sapere che sta succedendo? - chiese papà.

- Non si preoccupi signor Dawson, dopo puliremo tutto noi! - rispose Trish sorridendo.

- Okay... - commentò alzando gli occhi al cielo, anche se si poteva notare un sorriso sotto quella sua espressione un po' scocciata

- Allora io ritorno a casa. Qui sono di troppo... - continuò guardando prima Austin, poi me ed infine tutte le altre persone - Mi raccomando Ally, non stancarti troppo. Io ti aspetto a casa. -

- Non preoccuparti papà. - dissi.

Mi diede un leggero bacio sulla guancia e se ne andò via.
Ecco il mio papà : un po' imbranato ma premuroso, che mi lascia vivere e sbagliare, ma che è sempre e comunque pronto ad aiutarmi quando ho bisogno di lui.

- Allora, andiamo a divertirci? - domandò Dez, che intanto aveva finito di commuoversi.

- Certo. - risposi sorridendo, dopo aver posato i fiori in in un vaso pieno d'acqua.
 

Austin

Ally, quel pomeriggio, era semplicemente favolosa. La sua espressione sorpresa, quando eravamo usciti tutti dai nostri nascondigli, era stata impagabile : non l'avevo mai vista così felice.
Avevamo cominciato a chiacchierare e a stuzzicare qualche popcorn e qualche nocciolina, mentre Dez e Trish si scatenavano insieme agli altri “sulla pista da ballo” improvvisata al centro della sala.
La musica sovrastava praticamente tutto il resto e quindi, per parlare tra noi, dovevamo quasi urlare.
Volevo chiederle perché non dormisse più la notte, ma ogni volta che accennavo all'ospedale o al giorno precedente lei cambiava discorso. Infondo quella era una festa in suo onore, così decisi di non pensarci più e di divertirmi soltanto.
Verso le cinque e un quarto Trish mi si avvicinò e, dopo aver bevuto un bicchiere d'acqua, mi prese in disparte.

- È tutto pronto! Quando vuoi, puoi andare a cantare. - mi comunicò quasi urlando.

- Va bene! - risposi col suo stesso tono di voce.

Intanto Ally ci guardava da lontano per cercare di capire cosa stessimo confabulando. Ma poi, vidi Dallas che le si avvicinava, che le chiedeva qualcosa e lei che gli annuiva in risposta. Lui la prese per mano e la portò al centro della stanza, dove entrambi cominciarono a ballare (al loro modo).
Sentii una forte rabbia avvamparmi dentro e la mia espressione diventò subito più dura.

- Tutto okay, Austin? - mi domandò Trish sorridendo.

- Sì... - mentii.

Non era per niente tutto okay.

- Allora perché fulmini Dallas con lo sguardo? - mi stuzzicò lei, facendomi istintivamente voltare la testa da un'altra parte - Non sarai mica geloso? -

- Nooo. - esclamai scuotendo la testa più volte.

In realtà sapevo che Trish aveva perfettamente ragione.

- Se lo dici tu... - commentò lei. Si vedeva lontano un miglio che non mi credeva.

- Vado a cantare. - ribattei deciso.

Quello era l'unico modo per separare Ally e Dallas.
Così, salii sulle scale che portavano alla sala della musica e che sarebbero state il mio palco improvvisato. Dez, appostato alla fine delle scale con le sue attrezzature, mi passò il microfono e spense la musica. Tutte le persone nel negozio si voltarono verso di me, inclusi Ally e Dallas che smisero di ballare (cosa che mi rese subito più felice).

- Ciao a tutti e grazie di essere qui! - dissi al microfono - Io sono Austin Moon e vorrei dedicare questa canzone alla mia partner e migliore amica Ally. -

Tutti gli invitati applaudirono ed esultarono contenti.

- Lo so che questi giorni non sono stati una passeggiata... - continuai rivolgendomi direttamente ad Ally, che intanto mi guardava commossa - Ma noi siamo tutti qui per te e sappi che ti vogliamo tanto bene. -

Lei mi sorrise dolcemente ed io ricambiai il gesto. Poi feci un cenno della testa a Dez, che fece partire la base; pochi secondi dopo le prime note di “Better Together” cominciarono a diffondersi attraverso le casse nel Sonic Boom.
Io cominciai a cantare, senza mai spostare lo sguardo da Ally.

- Uh-huh oh oh, Uh-huh oh oh oh
Sometimes, I get in my own way
I need someone to say
"Hey, what are you thinking?"
Your words, they’re always just in time
Just like a perfect rhyme
Like, you’re not even tryin
g
Like pieces of a puzzle
Without each other,
We’re in trouble, trouble
Hey, I will always stay
By your side forever
‘Cause we’re better together
Hey, there’s no other way
We’ll make it through whatever
‘Cause we’re better together
Uh-who-o-o-oh Uh-who-o-o-oh. -

Scesi le scale e, facendomi strada tra la gente, raggiunsi e salii sopra il bancone, con lo sguardo sempre incatenato in quello di Ally.

- Remind me when I'm losing touch,
When I'm a little much,
Pull, me back to reality,
You,
keep my feet on the ground,
Cause when your not around, I feel I am floating
Like pieces of a puzzle,
without each other,
we're in trouble, trouble

Hey, I will always stay
By your side forever
‘Cause we’re better together
Hey, there’s no other way
We’ll make it through whatever
‘Cause we’re better together -

Saltai giù dal bancone, senza però smettere di cantare, e mi diressi dalla persona che mi rendeva migliore quando stavamo insieme, dalla persona a cui tenevo di più al mondo. Io ed Ally eravamo ormai uno davanti all'altro e lei mi guardava con in volto il suo adorabile sorriso, che mi faceva letteralmente impazzire.

- Like the waves need the sand to crash on
Like the sun needs a world to shine on
You’re the bright side of every day
Me without you just isn’t the same!

It's not the same...
Better, oh better,
Oh, we're better together -

La presi per mano e le feci fare qualche giravolta, facendola ridere. Tutti gli altri, intanto, cantavano con me e ci guardavano sorridendo.

- Hey, I will always stay (stay)
By your side forever (ever)
‘Cause we’re better together
Hey, there’s no other way
We’ll make it through whatever

Cause we’re better together. -

Sempre tenendola per mano, la portai con me sulle scale e terminai la canzone, senza smettere di guardarla nemmeno per un nanosecondo.

- Hey, I will always stay
By your side forever
‘Cause we’re better together
Hey, there’s no other way
We’ll make it through whatever

Cause we’re better together

Uh-huh oh oh, Uh-huh oh oh oh. " -

La canzone finì, tutti gli invitati e le altre persone (che erano appena arrivate sentendo la musica) applaudirono ed Ally mi abbracciò. Le sue mani si congiungevano dietro il mio collo, mentre le mie si stringevano intorno alla sua vita. Poggiai la testa sul suo collo, con il viso tra i suoi capelli, e il suo profumo mi inebriò, come se mi trovassi in un giardino pieno di rose.

- Grazie Austin. - mi sussurrò dolcemente.

- Non potrei mai farcela senza di te. - bisbigliai a mia volta.

Ci staccammo dall'abbraccio, ci sorridemmo e, mano nella mano, raggiungemmo Trish e Dez, che intanto stavano mangiando delle patatine.

- Wow Austin! Sei stato bravissimo. - si complimentò Trish.

- Sì, amico! Sei stato davvero Rock & Roooll!!! - esultò Dez.

- Grazie, ma non avrei potuto cantare senza il vostro aiuto. - mi giustificai.

- E io, senza di voi, non sarei così felice adesso! - aggiunse Ally.

- Aaaw! - esclamò Dez - Abbraccio di gruppo! -

Così ci abbracciammo e il pomeriggio continuò tra risate, musica e divertimento.
 

Ally

Mi stavo divertendo tantissimo, non riuscivo ancora a credere che i miei amici mi avessero organizzato una sorpresa così bella. Non pensavo neanche più ai miei incubi.
Ad un certo punto la musica cambiò e cominciarono a sentirsi le note di un lento.

- Mi concedi questo ballo? - chiese una voce dolce alle mie spalle.

Mi voltai e mi ritrovai davanti due bellissimi occhi castani e un sorriso irresistibile.

- Certo. Ma lo sai che non so ballare molto bene... - risposi abbassando il tono della voce.

- Non importa, basta che segui i miei passi. - mi rassicurò Austin.

Poi mi prese per mano e mi portò al centro della sala. Tutte le coppie danzavano, guardandosi negli occhi con sguardi innamorati e sorrisi imbambolati, come se non gli importasse niente del resto. Ed anche io volevo vivere quell'incanto, proprio come loro.
Austin mise le sue braccia forti e possenti attorno ai miei fianchi, mentre io incrociai le mie intorno al suo collo. I nostri visi erano a meno di una decina di centimetri l'uno dall'altro, così come le nostre labbra.

Io ero insicura e goffa di solito, troppo bassa, troppo magra... Ma tra le sue braccia, non avrei voluto essere in nessun altro modo, perché lui (solo lui) mi faceva sentire a mio agio, bella e sicura di me. Cominciò a fare qualche passo ed io lo seguii, poi tutto venne da sé; pochi secondi dopo sembravamo una di quelle dolci coppiette che ballavano nel negozio, che ormai erano come svanite. C'eravamo solo io, lui e quella musica così dolce e romantica. Danzavamo guardandoci negli occhi e sorridendoci, muovendoci lentamente intorno a un punto impreciso, in completa sincronia sulle note di “A Thousand Years” (di Christina Perri).
Non so perché ma, improvvisamente, la distanza che ci separava sembrò essere sbagliata, ingiusta ed io volevo solamente eliminarla. Ma non potevo, anche se i nostri corpi erano perfettamente incastrabili e complementari tra loro.
I miei occhi erano continuamente ed inspiegabilmente attratti da quelli di Austin. Non sarei mai riuscita a sostenere quel suo sguardo così carico di emozioni in un'altra qualsiasi situazione; ma in quel momento, in quel posto, con lui, tutto mi sembrava possibile.
Purtroppo la canzone finì e, con lei, anche l'incanto terminò. Cominciò a risuonare musica pop nel negozio e presto tutte le coppie si sciolsero, inclusi noi, per lasciar posto anche alle altre persone sulla "pista da ballo".
Ci fermammo ed ebbi la sensazione che anche Austin volesse annullare le distanze tra i nostri visi. Ma io abbassai il volto, leggermente rossa in viso. Non avevo idea di che cosa mi fosse preso, ma non sapevo che altro fare.

- Sei stata eccezionale. - mi sussurrò lui.

Leggermente alzai lo sguardo e lo vidi sorridere, anche se potevo intravedere una leggera delusione nei suoi occhi. Intanto gli altri ci ballavano intorno, ridendo e scherzando.

- Grazie... - dissi sorridendo a mia volta.

Lui mi prese di nuovo per mano e insieme ci allontanammo verso il buffet.
Erano già le sei. Di lì a poco le persone avrebbero cominciato ad andarsene.

In quel momento Trish e Dez stavano salutando e ringraziando alcuni dei negozianti che stavano per tornare ai loro negozi.

- Vado a prendere le mie cose al piano di sopra. - comunicai ad Austin.

- Vuoi che vengo con te? - mi chiese lui gentilmente.

- No, non ti preoccupare. -

Ci sorridemmo, poi mi avviai su per le scale e raggiunsi la sala della musica. Appena varcai la porta, una marea di ricordi mi inondò la mente. Di quante avventure e giornate era stata spettatrice questa stanza! Era una parte fondamentale dei miei ricordi e della mia vita...
Il mio telefono era ancora sulla poltroncina vicino al pianoforte, proprio dove l'avevo lasciato prima di svenire. Lo presi e lo misi dentro la borsa, che era appesa all'attaccapanni. Lì dentro c'era anche il mio diario : era da un bel po' che non lo aggiornavo e che non ci scrivevo più canzoni.

- Ciao Ally. - esclamò qualcuno alle mie spalle, facendomi sobbalzare.

Di scatto, mi girai : era solo Elliot.

- Tutto bene? - mi chiese.

- Sì, è solo che pensavo di essere sola. - risposi con una risatina nervosa.

Era da un po' che non vedevo più Elliot : eravamo rimasti amici, è vero, ma non era più lo stesso quando chiacchieravamo o scherzavamo tra di noi. É questo il brutto di quando nasce qualcosa tra due amici : non sai mai se potrete tornare ad essere spontanei come prima... Ed era esattamente quello che volevo evitare con Austin.

- Senti... Mi chiedevo se ti andasse di uscire con me, domani mattina... - disse un po' titubante.

Ci pensai un po' su : cosa avrei dovuto dirgli? Era forse un appuntamento?

- Come amici, intendo. - continuò lui.

Lo guardai negli occhi. Non sembrava che stesse mentendo e poi, non sarebbe stato tanto male stare tra amici come al campo estivo. Magari quella sarebbe stata la volta buona per chiarirsi...

- Va bene. - risposi sorridendo.

- Fantastico! - esultò - Allora ti passo a prendere verso le dieci, okay? -

Annuii e lui, dopo avermi salutato, se ne tornò a casa. Mi sembrava di aver fatto la cosa migliore, ma se così non fosse stato?
Pensierosa, presi la borsa e tornai lentamente al piano di sotto : se ne erano andati già in molti. Austin era vicino alla porta, a fare degli autografi a qualche fan; Trish, invece, se ne stava in piedi dietro il bancone, a chiacchierare con Dez e Kira su non so che cosa. La mia migliore amica era sempre in grado di darmi consigli efficienti, così, mi avvicinai al gruppetto.

- Trish, posso parlarti? -

- Certo! - disse per poi rivolgersi agli altri due - Torno subito. -

Ci allontanammo, fino a raggiungere il “reparto chitarre acustiche” vicino alla porta del negozio.

- Dimmi tutto. - mi incoraggiò lei, dato che non avevo ancora cominciato a parlare.

Ma non mi era così facile in mezzo a così tanta gente pronta ad origliare. Già, perché nel centro commerciale, le notizie ed i pettegolezzi viaggiavano più veloci del vento.

- Ecco, Elliot mi ha chiesto di uscire poco fa... - iniziai, quando fui sicura che nessuno stesse ascoltando - Come amici, ovvio... -

L'espressione di Trish era piuttosto complicata da decifrare.

- E tu cosa gli hai risposto? - mi chiese.

- Ho accettato... - dissi dopo una breve pausa.

- Ah... - commentò Trish, facendomi venire ancora più dubbi.

“Ah” non era esattamente un commento positivo, ma neanche così negativo.

- Io pensavo che così avremo una possibilità di tornare amici come prima, capisci? - mi giustificai - Non potevo dirgli di no senza spiegargli il perché... Infondo, che motivo avrei avuto per declinare l'invito? E poi lui è anche venuto alla festa, è stato gentile, e... -

Stavo parlando a raffica, senza nemmeno prendere fiato : una cosa altamente sconsigliabile per chi ha avuto da poco un'insufficienza respiratoria e soffre di asma.
Trish notò che non stavo tanto bene e mi fece sedere su una sedia lì vicino.

- Stai bene? - domandò preoccupata.

Nessun altro ci aveva notato, o almeno così credevo.

- Sì... - risposi lentamente - È solo, che... Beh... Secondo te cosa avrei dovuto fare? -

Lei mi scrutò attentamente, come se cercasse di trovare una risposta adatta che non peggiorasse lo stato confusionario in cui mi trovavo.

- Sinceramente, io pensavo che Elliot fosse già partito per non so dove, non l'ho nemmeno invitato io. Credo che sia stato quel genio di Dez a farlo... - cominciò - Comunque, secondo me non hai sbagliato ad accettare, però... -

- Però cosa? - la incitai a continuare.

- Sei sicura che sia solo un'uscita tra amici? -

- Sì... Almeno credo. Perché me lo chiedi? - dissi allarmata.

- Perché Elliot ti ha guardata per tutta la serata, e non solo lui. - rispose lentamente, guardando prima verso Dallas (che stava chiacchierando con una mia compagna di classe) e poi in direzione di Austin.

- Eh? - non ci stavo capendo più niente.

- Lasciamo stare... - si spazientì - Se sei sicura che sia la cosa più giusta da fare e pensi che così la situazione tra voi migliorerà, io ti appoggio. Ma non posso dirti cosa fare, la vita è la tua. -

Annuii distrattamente. Il problema era proprio quello : io ero una persona costantemente e irrimediabilmente insicura, ero l'eterna indecisa. E, in quel momento, Trish non era decisamente d'aiuto. La guardai sconsolata e lei mi fece un sorriso buffo.

- Perché ridi? - borbottai alzando sempre di più la voce - Sai, non mi stai dando una mano! Sei sempre pronta ad intrometterti nelle mie relazioni personali, anche quando non vorrei. Ma adesso che ho bisogno che tu lo faccia, inspiegabilmente ti tiri indietro?! -

- Hei! - esclamò lei fingendosi offesa - Non sono così impicciona! -

La guardai con un'espressione che diceva chiaramente “Ne sei sicura?” e scoppiammo a ridere.
Trish mi abbracciò, per poi ritrarsi velocemente.

- Non è che non ti voglio dare dei consigli... - mi spiegò - Ma so troppe cose di questa storia e non posso essere oggettiva. -

La guardai, ero visibilmente confusa.

- Ma di cosa stai parlando? - chiesi.

Lei fece un cenno della testa in direzione di Austin, che era pochi passi dietro di lei. Ci stava fissando, ma appena notò che lo stavo guardando anche io, si voltò di scatto. Un terribile senso di rimorso mi avvolse il cuore : e se avesse sentito tutto? Spostai lo sguardo in direzione del soffitto, con il respiro non più regolare. Non capivo perché, ma non volevo che lui sapesse dell'uscita con Elliot...

- Ally? Tutto okay? - mi richiamò Trish.

Feci cenno di sì con la testa, cercando di auto-convincermi che sarebbe andato tutto per il verso giusto.

- Che cosa mi stai nascondendo? - le domandai.

- Niente! Perché me lo chiedi? - disse lei velocemente.

- Curiosità... -

Lei mi sorrise nervosamente, per poi tornare a chiacchierare con Kira e azzittire in continuazione Dez. Austin intanto si stava avvicinando a me e sentii il cuore cominciare a martellarmi nel petto.

- Vuoi che ti accompagni a casa? - mi chiese con un leggero sorriso, mentre nei suoi occhi aleggiava un velo di amara tristezza.

Mi guardai intorno : se ne erano andati quasi tutti.

- Non ti preoccupare, poi lo chiudiamo noi il negozio. - continuò.

- Va bene. - accettai con un sorriso nervoso.

Lui mi porse la mano e mi aiutò ad alzarmi. Dopo che ebbi salutato e ringraziato ancora una volta Dez e Trish, ci incamminammo verso casa mia.
 

Austin

La casa di Ally distava circa dieci minuti dal Sonic Boom e, ormai, conoscevo il percorso a memoria. Una leggera brezza rinfrescava Miami quella sera, facendo muovere ripetutamente le foglie degli alberi. Si poteva avvistare qualche piccola nuvola grigia in lontananza, ma faceva ancora piuttosto caldo.
Io e Ally camminavamo uno accanto all'altra, a pochi centimetri di distanza. Restammo per la maggior parte del tempo in silenzio, lasciando che il fruscio del vento e il rumore delle macchine per strada facessero da colonna sonora a quella nostra camminata. Avrei tanto voluto tenerla per mano, ma non potevo far finta di non aver sentito la sua conversazione con Trish. Non è che stessi proprio origliando, ma loro due erano a pochi metri da me e parlavano anche ad alta voce!

Guardai Ally, che camminava silenziosamente con in mano la sua borsa : i suoi fluenti capelli dalle punte dorate svolazzavano leggermente, mossi da quel fresco venticello estivo, mentre i suoi occhi sfuggenti e magnetici fissavano senza emozione il marciapiede di mattonelle grigie. Si mordeva leggermente il labbro.

- C'è qualcosa che non va? - le sussurrai.

- No... È tutto a posto... - disse lei sorridendo, ma senza guardarmi negli occhi.

- Non sembrerebbe. - commentai.

- Sono solo un po' stanca e sovrappensiero. - aggiunse a bassa voce.

- A cosa pensi? - chiesi leggermente preoccupato.

- Non lo so neanche io... - rispose posando lo sguardo da tutte le parti tranne che su di me.

Passò ancora qualche minuto di assordante silenzio. Non sopportavo tutta quella distanza tra noi, mi faceva stare solo peggio... Anche se, in realtà, non sapevo neanche cosa mi turbasse di preciso, provavo come un mix di tristezza, rabbia, delusione e forse anche gelosia.
Intanto, il sole si comportava come un bambino piccolo che si rifiuta di andare a dormire : infatti splendeva ancora nel cielo, nonostante dovesse già essere sul punto di tramontare, e solo in quel momento cominciava a nascondersi dietro il profilo dei palazzi più alti.

- Posso chiederti una cosa, Ally? - dissi ricordandomi di una cosa.

Lei annuii pensierosa, guardando la sua casa, che si trovava ormai a pochi metri da noi.

- Perché non riesci più a dormire? - domandai lentamente.

Lei si immobilizzò inspiegabilmente, facendomi fermare di conseguenza, e si girò verso di me. Il suo sguardo era impaurito e terribilmente triste.

- Io... Io non... - balbettò dopo qualche secondo.

- A me puoi dire tutto, Ally. - la rincuorai.

Mi guardava, ma era come se non riuscisse più a parlare.

- Io non posso... Non ci riesco. - riuscì a dire con un filo di voce.

- Perché? Cos'è che ti terrorizza così tanto? - le chiesi dolcemente.

Una lacrima amara le rigò una guancia e, d'istinto, l'abbracciai. Lei, con il viso affondato nel mio collo, cominciò a piangere, mentre veniva scossa da dei singhiozzi irregolari.
Non sapevo cosa fare, cosa dire... Ero solo tremendamente preoccupato per lei : la situazione era peggiore del previsto.

Poi, improvvisamente, Ally si staccò dall'abbraccio e ricominciò a camminare velocemente verso casa, mentre io la seguivo.

- Ti prego Ally, parlami di cosa ti preoccupa così tanto! Posso aiutarti... - le dissi rincorrendola.

- No, non puoi! - ribatté lei - Per favore, non insistere. -

- Ma... -

Era troppo tardi, eravamo già alla porta di casa sua. Con le mani che le tremavano, Ally cercò disperatamente le chiavi di casa nella borsa, per poter entrare.
Io intanto non ci capivo più niente. Infondo, io volevo solo aiutarla... Perché mi trattava così? Sentii una rabbia improvvisa assalirmi dentro, mentre lei infilava e girava le chiavi nella serratura.

- Spero che tu ti diverta insieme ad Elliot, domani. - esclamai cercando di mantenere la voce calma.

Lei si voltò con sguardo interrogativo, ancora più triste di prima ed io mi pentii profondamente di quello che avevo appena detto.

- Come fai a saperlo? - chiese appena percettibilmente.

- Io... Niente, lascia perdere... Torno ad aiutare Trish e Dez. - dissi fissando il vuoto.

Mi girai e cominciai ad allontanarmi velocemente verso il Sonic Boom.

- Austin! - sentii gridare da Ally in lontananza.

Ma io non tornai indietro... Anzi, accelerai il passo e ripercorsi a ritroso tutta la strada percorsa, mentre uno stato di profonda confusione mi offuscava la mente.
 

Ally

Entrai in casa, piangendo. Mio padre non c'era né in cucina né in giardino, ma mi aveva lasciato un biglietto sul tavolo, in salotto :

Ciao Ally, ho ricevuto un messaggio da tua mamma, in cui mi spiegava che oggi non ti ha potuto chiamare a causa del maltempo lì, in Africa. Ha promesso che ti telefonerà appena può.
Io vado in camera mia a riposare, se hai bisogno d'aiuto mi trovi lì.
Spero che tu ti sia divertita. Ti voglio bene.

Papà.

Gli lasciai a mia volta una breve risposta, in cui dicevo che andavo a dormire anche io perché ero sfinita.
Ed era vero, ero stanchissima : tutta l'adrenalina che avevo avuto in corpo fino a qualche minuto prima se ne era andata, lasciando posto a un'inesorabile spossatezza. Strascinando i piedi, salii le scale e mi diressi in bagno. Lentamente mi feci una doccia rinvigorente e indossai una camicia da notte azzurra con i bordi ricamati neri, che mi arrivava fino alle ginocchia. Camminai silenziosamente in camera mia, chiusi la porta a chiave e mi nascosi sotto le fresche coperte arancioni del mio comodo letto. Anche se faceva caldo, mi coprii fino a sopra la testa.

Avevo un disperato bisogno di pensare. Ero profondamente combattuta : da una parte credevo di aver fatto la cosa giusta con Elliot, infondo anche la nostra amicizia meritava una seconda possibilità; dall'altra parte però c'era Austin, che aveva ascoltato tutta la mia conversazione con Trish e che mi aveva chiesto delle notti insonni, ed ero davvero triste per averlo trattato in quel modo...
Le lacrime cominciarono a scendere calde sulle mie guance, senza riuscire a fermarsi.
Non avevo la più pallida idea su cosa fare : se fossi uscita con Elliot, avrei fatto soffrire in qualche modo Austin e senza neanche sapere il perché, dato che lui non mi avevo spiegato la causa della sua “rabbia”; ma se avessi declinato l'invito, avrei recato una delusione a Elliot, che era stato così gentile quel pomeriggio... In entrambi i casi, qualcuno avrebbe sofferto a causa mia.
E poi c'era anche la storia degli incubi : cosa avrei dovuto fare? Raccontare tutto o tacere?
Non avevo mai parlato di questo a nessuno, nemmeno alla mia famiglia o a Trish. Speravo che, tenendomi tutto dentro, il problema si sarebbe risolto da solo, senza complicazioni... Ma ovviamente mi sbagliavo.
Sentii le palpebre appesantirsi e le forze abbandonarmi definitivamente. Dovevo dormire, anche se preferivo rimanere sveglia anziché sognare di nuovo la “foresta delle figure arboree”. Ma, ancora una volta, il mio corpo decise da solo e mi abbandonò al sonno.
Ero confusa, triste, arrabbiata, ma niente di tutto ciò aveva rilevanza nei miei incubi : lì, c'era posto solo per la paura.
 

Angolo Autrice

Buon pomeriggio a tutti! Come state?
Eccomi di nuovo qui, con il settimo capitolo della storia... Spero che vi piaccia :-) !

Come potete notare questo capitolo è leggermente più lungo degli altri, perché ho voluto scrivere la canzone “Better Together” per intero (dato che mi piace tanto ed ha un bel significato).
Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno messo questa storia tra le seguite e\o le preferite e anche tutti quelli che leggono e\o recensiscono la mia storia :-D !!! Non sarebbe lo stesso, senza di voi :-) .
Se avete qualche critica o consiglio o volete dirmi cosa ne pensate, potete scrivermelo via recensione, se vi va.
Vi mando un bacione e un abbraccio.
Ciao ♥ !
 

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Capitolo 8
*** Consigli tra amici ***


Consigli tra amici

Ally

Mi svegliai di soprassalto, in preda al panico e con il fiato corto.
Altra notte, altro identico incubo.
Guardai la sveglia, appoggiata sul comodino vicino al mio letto, che segnava le otto meno cinque.
Anche se avevo dormito male, mi ero riposata per più di dieci ore.
Mi alzai e, con le gambe ancora tremanti, mi diressi in bagno. Mi sciacquai il viso e mi sistemai i capelli in una treccia piuttosto disordinata. Ancora in camicia da notte, mi diressi in cucina, dove mio padre stava già facendo colazione.

- Buongiorno papà. - dissi con la voce ancora impastata dal sonno, lasciandogli un veloce bacio sulla guancia.

- Buongiorno a te. - mi salutò lui - Come stai? -

- Meglio... - risposi poco convinta.

- Ho preparato dei pancakes, li vuoi? - chiese.

Non avevo neanche cenato la sera prima, ma non avevo per niente fame. Guardai il delizioso piatto che mi aspettava all'altro lato del tavolo e mi venne un leggero senso di nausea.
Mi sedetti su un'altra sedia vuota.

- No, grazie. -

- Allora, cosa vuoi per colazione? -

Abbassai lo sguardo, cercando di fargli capire che non volevo niente.

- Su, Ally. Qualcosa dovrai pur mangiare! - ribatté dolcemente lui.

- Magari tra un po'... Oggi apri il negozio? - domandai per cambiare discorso.

- Sì, alle 8:30, come sempre. Ma se vuoi, resto a casa con te... -

- No, non ti preoccupare. E poi, devo uscire con un amico... - dissi abbassando leggermente la voce.

- Ah, okay. - commentò lui guardando la sua tazza di caffè fumante quasi vuota - Non ti stancare troppo. -

- Sì papà, me lo hai già detto mille volte. - scherzai.

- È che ti voglio bene. - mi spiegò lui dolcemente.

Gli sorrisi e lui ricambiò il gesto. Poi si alzò e posò la tazza nel lavandino.

- Ora vado, ci sentiamo dopo. - aggiunse.

Mi salutò e si avviò verso la macchina. Quando sentii il rumore del motore che veniva acceso, mi alzai e bevvi solamente un bicchiere d'acqua : non sarei mai riuscita a mangiare e a evitare di rimettere la colazione.
Così, mi preparai per affrontare un nuovo dilemma : cosa avrei dovuto mettere per uscire con Elliot?
Decisi di mandare un messaggio a Trish.

Da Ally a Trish :
Aiuto! Non so cosa indossare... Per favore, dammi una mano!

Lei mi rispose pochi minuti dopo.

Da Trish a Ally :
Okay, dieci minuti e arrivo! Se non sono puntuale, rileggi il messaggio.

Sorrisi alla buffa risposta della mia amica e posai il telefono sul tavolo.
Venti minuti dopo, Trish (che indossava dei pantaloni neri e una maglietta leopardata) bussò alla porta ed io la feci entrare.

- Ally! Come va? - mi chiese raggiante, mentre mi dava un abbraccio veloce.

- Tutto okay. - dissi cercando di sembrare il più possibile tranquilla.

Ci dirigemmo in camera mia e Trish cominciò a rovistare nel mio armadio alla ricerca del completo perfetto per l'occasione. Ad un certo punto si fermò e cominciò a fissarmi.

- C'è qualcosa che non va? - domandai preoccupata.

- Cosa è successo, ieri sera, tra te ed Austin? - chiese dopo un lungo sospiro.

Sentii un forte peso cingermi il petto.

- Perché me lo chiedi? - risposi facendole un'altra domanda.

- Ecco, dopo averti accompagnato a casa, Austin è tornato in negozio per aiutarci, dato che se ne erano andati via tutti. Ma era davvero strano : non ha quasi spiccicato parola ed aveva in viso un'espressione tristissima... Sembrava davvero arrabbiato ed io e Dez eravamo piuttosto preoccupati. - mi spiegò Trish, serissima in volto - Tu ne sai qualcosa? -

Il senso di colpa iniziò a stritolarmi il cuore : come avevo fatto a trattarlo in quel modo?

- Hey? - mi richiamò alla realtà Trish.

Mi accorsi che stavo fissando senza motivo un punto indistinto del pavimento.

- Mi sono comportata malissimo con lui... - riuscì a commentare con un fil di voce.

Stavo cercando in tutti i modi di trattenere le lacrime ed era terribile.
Trish se ne accorse e mi abbracciò, lasciando cadere a terra un vestito bianco a righe blu.

- Oh Ally... - disse stringendomi.

- Lui è stato gentile con me, ma io ho agito senza pensare... - balbettai, mentre le lacrime cominciavano a scendere inesorabilmente sul mio volto.

- E poi lui ha sentito la nostra conversazione, ieri, e sembrava davvero ferito... Ma io non sapevo che dire e... La prima cosa che mi è venuta in mente è stato scappare... - aggiunsi lentamente.

Trish, intanto, rimaneva in silenzio, cercando di calmarmi e rincuorarmi.
Cominciava a mancarmi il fiato, perciò mi staccai dall'abbraccio ed andai ad aprire la finestra dall'altro della camera. Presi dal comodino il mio nuovo broncodilatatore (si usa quando si ha l'asma), che mi avevano dato in ospedale, e lo usai. Inspirai, trattenni l'aria nei polmoni per qualche secondo ed espirai. Quando il respiro si regolarizzò, posai di nuovo il broncodilatatore e mi andai a sedere sul bordo del letto accanto alla mia migliore amica, che mi strinse forte la mano.

- Avete parlato solo di quello? - chiese lei, con voce comprensiva.

- No... - ammisi sotto voce.

- E cos'altro vi siete detti? - continuò lei.

Ma io rimasi in silenzio, incapace di rispondere e sperando che Trish cambiasse discorso. Continuai a fissarmi i piedi per qualche secondo. Ero convinta che, se avessi parlato di quel che mi tormentava, nessuno mi avrebbe potuto mai capire.

- Cosa dovrei fare? - sussurrai.

- Ascoltami! - esclamò Trish, facendomi alzare lo sguardo - Quello che è stato fatto, ormai, è stato fatto! Non puoi cambiare il passato, puoi solo vivere il presente, attimo per attimo. Adesso ti devi preparare, okay? Dopo, quel che dovrà succedere, succederà! -
La sua voce era calma, ma risoluta, e mi infuse sicurezza.

- Hai ragione. - dissi asciugandomi le lacrime - Oggi si risolverà tutto! -

Anche se mi tremava leggermente la voce, sembravo piuttosto convinta di quel che dicevo.

- Brava Ally! - si congratulò lei - Ma adesso, torniamo alla ricerca del vestito perfetto! -

Sorrisi, armata di nuova speranza, mentre Trish ricominciava a mettere sottosopra il mio armadio.
 

Austin

Quella mattina mi svegliai di pessimo umore, dopo aver passato quasi tutta la notte a pensare all'appuntamento tra Elliot ed Ally. Erano circa le otto e mezzo, quando mi alzai per andare in cucina. I miei genitori erano già andati a lavoro (al “Regno dei Materassi”), perciò ero da solo in casa. Feci di fretta colazione e, dopo una breve doccia, mi vestii con una t-shirt azzurra, un paio di pantaloni blu scuro e le sneakers bianche. Non avevo niente da fare quella mattina (a parte impazzire nell'attesa di rivedere Ally), così mandai un messaggio al mio migliore amico.

Da Austin a Dez :
Ciao Dez. Che fai?

Da Dez a Austin :
Hey amico! Come butta?
Io sono in casa a giocare ai videogames! Ti va di venire e fare qualche partita con me?

Da Austin a Dez :
Certo! Arrivo subito.

Così, dopo essermi sistemato i capelli, uscii di casa e mi diressi da Dez, che abitava a pochi minuti da casa mia. Era una giornata piuttosto ventosa, infatti faceva meno caldo rispetto ai giorni precedenti, ma non c'erano nuvole. Il fruscio delle foglie mosse dal vento era sovrastato dal rumore delle onde che si infrangevano sugli scogli in lontananza. Per strada, le persone passeggiavano tranquille o andavano in giro in bicicletta, dirette molto probabilmente in spiaggia. Arrivai a destinazione, suonai il campanello e dopo qualche secondo, una chioma spettinata di capelli rossi venne ad aprirmi.

- Ciao Austin! -

- Hey Dez! -

Facemmo il nostro saluto speciale (“Come butta?”) ed entrai in casa sua. La casa di Dez comprendeva un piano terra, ben arredato e molto originale, e un seminterrato, che usavano soprattutto lui e suo padre. Scendemmo le scale e ci ritrovammo nella sala hobby. Davanti a noi troneggiavano due poltrone comodissime, un tavolo con sopra patatine e bibite, la console e un televisore gigante : quello era il “regno di Dez”.

- Sei da solo? - chiesi notando che nella dimora risuonava un insolito silenzio (la casa dei Wade era sempre rumorosa).

- Sì. Mia madre e mio padre sono in vacanza in Francia, mentre mia sorella Didi è con Chuck. - mi rispose mentre sceglieva un videogioco - Ti va di giocare a “Call of Duty 4”? -

- Certo! - risposi entusiasta.

Così, cominciammo la partita in modalità Sabotaggio (Al centro della mappa vi è una bomba che deve essere posizionata in territorio nemico; il primo che riesce a posizionare la bomba e a farla esplodere vince la partita).
 

Ally

- Questi sono perfetti! - esultò Trish mentre stringeva in mano due dei tanti vestiti che erano sparpagliati sul mio letto - Indossali e vediamo come ti stanno! -

- Agli ordini! - scherzai.

Entrai in bagno e mi vestii. Trish aveva scelto una gonna a ruota nera, che mi arrivava poco più su delle ginocchia, e una camicetta bianca in pizzo, con le maniche a tre quarti e il colletto nero(http://image.nanopress.it/r/FGD/static.pourfemme.it/pfmoda/fotogallery/hd/115417/look-bicolor-con-gonna-a-ruota.jpg - fate finta che non ci sia la modella nella foto). Quel completo me lo aveva regalato proprio lei, un anno fa.
Uscii dal bagno e, appena la mia amica mi vide, fece un verso di stupore.

- Wow Ally, stai benissimo! - esclamò sorridendo.

- Non credi che sia un po', come dire, eccessivo? - chiesi - Voglio dire, è solo un'uscita tra amici... -

- Macché! Anzi, abbinaci queste. - ribatté porgendomi un paio di stivaletti neri col tacco e una pochette bianca a tracolla, dove potevo posare il telefono e il broncodilatatore (che dovevo sempre portare con me).

Infilai le scarpe, presi la borsa e mi guardai al grande specchio che si trovava vicino all'armadio. Nella superficie di vetro si poteva vedere il riflesso di una ragazza identica a me, ma non riuscivo a credere di essere proprio io. La “ragazza dello specchio” era diversa, ma in senso buono.

- Allora? - domandò Trish in attesa della mia opinione.

- Penso che dovresti lavorare come stilista! - dissi sorridendole.

- In realtà, ho lavorato per mia cugina, che è una stilista, una volta... Ma dopo qualche ora, mi ha licenziato perché, secondo lei, abbinare il rosso e il verde su una modella è “un crimine contro la moda” - mi spiegò, imitando la voce stridula di sua cugina.

Scoppiammo a ridere.

- Come farei senza di te? Sei una delle poche persone che riesce a farmi sorridere nei momenti peggiori. - dissi sedendomi sul letto, accanto a una montagna di jeans e magliette che lei aveva ammucchiato lì sopra.

- Non lo so... Molto probabilmente, non riusciresti mai a vestirti così bene! - affermò sorridendo.

- Hey! - contestai fingendomi offesa.

Lei rise.

- Sto scherzando! - aggiunse - Su, sciogliti la treccia, così ti sistemo e ti trucco. -

Feci quello che mi aveva detto e lei cominciò ad arricciarmi i capelli.
 

Austin

- Nooo! - esclamai scattando in piedi, mentre Dez riusciva a vincere l'ennesima partita.

- Ho vinto! Ho vinto! - esultò invece lui.

Mi lasciai cadere sulla poltrona, senza delicatezza. Guardai l'orologio che avevo al polso : segnava le dieci meno un quarto.

- Amico, cosa ti succede? - chiese Dez guardandomi preoccupato - È già la terza volta che riesco a far esplodere la bomba nel tuo territorio e abbiamo fatto solo quattro partite : non è da te! -

Lo guardai : riusciva a capire che stavo male anche solo dal mio andamento in “Call of Duty 4”.

- Lo so... - dissi scoraggiato - È che non riesco a non pensare ad Ally e Elliot : lui ieri le ha chiesto di uscire e lei ha accettato... -

Dez mi guardava con espressione incredula.

- Non ci posso credere! - commentò.

Annuii distrattamente.

- Questa tua ansia però, può significare una cosa sola : a te piace ancora Ally!!! - continuò Dez sorridendo.

- Lo so... - risposi - L'ho capito quando l'ho vista cadere a terra, l'alto giorno, e ho pensato subito al peggio. Ne ho parlato anche con Trish in ospedale e... -

- Aspetta un attimo! - mi interruppe lui - Lo sapevi e l'hai detto a Trish e non a me? -

La sua espressione era leggermente delusa.

- Scusami, è che avevo davvero bisogno di dirlo subito a qualcuno... - mi giustificai.

- Okay. Comunque credo che siamo pari, dato che sono stato io ad invitare Elliot... - borbottò lui.

- Cosa? - dissi incredulo.

- È stato un incidente : pensavo di aver mandato il messaggio di invito a mia cugina, che è una tua grande fan e che si chiama Ellen, ma l'ho mandato a lui... - spiegò con un'espressione dispiaciuta.

- Va bene... Non ti preoccupare. - lo tranquillizzai.

Poi lui fece un sorriso a trentadue denti e corse su per le scale.

- Dez, ma dove vai!? - urlai per farmi sentire.

Lui non rispose, ma tornò qualche minuto dopo.

- Ta-daa! - esclamò indicandosi la maglietta.

Notai che sopra la t-shirt verde a pois, ne aveva indossata una viola con scritto “Team Ally” in arancione.

- Non ci posso credere... - riuscii a dire mentre soffocavo una risata.

- L'ho conservata per un'occasione speciale! E poi ne avevo fatte fare tantissime, che alla fine sono rimaste tutte a me... - si giustificò lui.

Ridemmo e ricominciammo a giocare ai videogiochi.

- Sai, dovresti parlare con Ally dei tuoi sentimenti. - commentò dopo un po' Dez.

- Il problema è che ieri sera sembrava arrabbiata con me... - dissi mentre riuscivo ad entrare nel territorio nemico nel videogioco.

- Come mai? È per questo che eri così giù di corda? - chiese.

- Già... Io volevo solo parlare con lei, ma non so cosa ho detto o fatto di sbagliato per farla arrabbiare... E tra meno di dieci minuti Ally ed Elliot usciranno insieme... - risposi tristemente.

- Mi dispiace amico... - mi consolò lui - No! No, aspetta! -

Ma ormai era troppo tardi per la squadra di Dez, ero riuscito a far esplodere la bomba nel loro rifugio.

- Ho vinto! - esultai.

- Siamo comunque 3 a 2 per me, quindi non cantare vittoria troppo presto! - ribatté lui.

Ridemmo e tornammo a giocare alla console.
 

Ally

Esattamente alle dieci meno cinque ero pronta : Trish mi aveva leggermente arricciato i capelli e mi aveva truccato con un velo di ombretto bianco, un filo di mascara e con del lucidalabbra rosa. Mi guardavo incredula allo specchio.

- Ti hanno già licenziato da “Beauty & Make Up”? - chiesi alla mia amica.

- No, perché? - ribatté confusa.

- Beh, allora dovresti andarci a lavorare : sei bravissima! - risposi convinta.

- Grazie Ally. - mi disse ridendo.

- Grazie a te, di tutto! - la ringraziai sorridendo.

Mi diede un'ultima sistemata e mi fece mettere la collana con scritto “Ally”.

- Sei perfetta! Ora vado, così quando arriva Elliot ci sei solo tu in casa. - mi comunicò - E mi raccomando, goditi quest'uscita e non pensare ad altro. Va bene? -

Annuii e la accompagnai alla porta, cercando di non cadere a causa dei tacchi. La salutai e la ringraziai di nuovo, per poi vederla allontanare in direzione di casa sua.
Mi sedetti sul divano, in attesa di Elliot. Guardavo in continuazione l'orologio appeso alla parete ed ogni minuto sembrava durare ore.
Poi, finalmente, suonarono il campanello. Aprii la porta d'ingresso e mi ritrovai davanti Elliot, vestito molto elegantemente con una camicia verde acqua, un paio di jeans e le converse blu.

- Wow Ally, sei favolosa! - esclamò appena mi vide.

- Grazie. - dissi mentre arrossivo leggermente - Anche tu stai molto bene. -

- Andiamo? - chiese poi con un sorriso smagliante.

- Certo. - accettai per poi chiudere la porta a chiave.

Elliot mi prese per mano e ci incamminammo verso una meta a me sconosciuta. Era molto gentile, è vero, ma tenere le nostre mani unite non mi dava una sensazione piacevole. Non so come spiegarmi... Quando era Austin a fare gesti così dolci, provavo un'emozione fortissima che mi faceva battere forte il cuore e che mi rendeva più sicura di me; ma in quel momento, con Elliot, mi sembrava tutto sbagliato : a volte mi pareva di stringere troppo la sua mano, altre volte era il contrario. Con Austin non mi preoccupavo per niente di queste cose.

- Dove andiamo? - domandai per pensare ad altro.

- È una sorpresa. - rispose lui.

Sorrisi, mentre una leggera folata di vento mi scompigliava i capelli. Il sole emanava un calore piacevole, al contrario dei giorni precedenti in cui era sempre rovente ed insopportabile. Mentre passeggiavamo, uno accanto all'altra, un noioso silenzio ci separava.

- Allora, ho sentito che hai superato la tua paura del palcoscenico... - cominciò Elliot per rompere quella strana atmosfera.

- Già, è stato fantastico riuscire a cantare davanti a così tanta gente. - raccontai, mentre la mia mente veniva affollata dai magnifici ricordi che avevano caratterizzato quella bellissima giornata.

- Sono davvero felice per te. - si congratulò lui - Comunque, siamo quasi arrivati. -

Mi guardai intorno : conoscevo già quel posto, ci ero stata tante volte, quando ero più piccola.
Pochi minuti dopo, ci ritrovammo davanti ad uno dei più famosi giardini botanici di Miami : una vera e propria oasi di natura tropicale.

- Non ci posso credere... - esclamai stupita.

- Sono contento che ti piaccia. - disse lui sorridendomi.

Così, dopo aver pagato il biglietto, entrammo in quel “piccolo angolo di paradiso” immerso nel verde della vegetazione tropicale e subtropicale. Dall'entrata, si poteva giungere in un immenso giardino che veniva usato, in estate, per fare i pic-nic all'ombra dei grandi alberi, i quali occupavano quasi tutta la superficie disponibile; poco più in su, seguendo un piccolo percorso immerso tra le piante, si poteva arrivare ad una magnifica serra che offriva un'impressionante collezione di piante rare, caratteristiche della zona tropicale.
Sempre mano nella mano, Elliot mi portò ad un piccolo bar che vendeva cibi e bibite rinfrescanti, dove comprammo due coni gelato (alla fragola per me e al pistacchio per lui). Mentre camminavamo e ci gustavamo il nostro gelato, le altre persone usufruivano di quel paesaggio naturale per dedicarsi alla fotografia, per divertirsi con i più piccoli e con i propri cani, per leggere un libro o dedicarsi all'arte in generale. Era un posto davvero speciale che, quel pomeriggio, ammiravo con gli occhi della bambina che ero anni prima.

- Sai, ho pensato che sicuramente ti avrebbe fatto piacere venire qui. - mi spiegò Elliot mentre passeggiavamo all'ombra delle chiome degli alberi, sul percorso in terra battuta che attraversava completamente la radura.

- Sì, io amo questo posto. - confermai.

- Lo so. Quando eravamo al campo estivo, me ne hai parlato tante volte e mi hai raccontato di quando ci venivi con tua nonna. - aggiunse.

- Già... Questo posto fa parte della mia infanzia. - conclusi.

Arrivammo in una zona del parco completamente attrezzata per i più piccoli, con tanto di scivoli e case sugli alberi (a prova di bambino), e per famiglie. C'erano tante panchine, tavoli in legno con sedie apposite e barbecue per le grigliate di gruppo.
Sarebbe stato l'appuntamento perfetto se al posto di Elliot ci fosse stato Austin. 
Già, Austin...
Sospirai silenziosamente ma cacciai via il pensiero. Poi Elliot mi condusse fino a un'altalena a due posti : ci sedemmo uno accanto all'altra e finimmo di gustarci il gelato.
Intanto lui parlava di quello che aveva passato negli ultimi giorni e di come era venuto a sapere che ero stata male (mia nonna ne aveva parlato a sua zia, che a sua volta l'aveva detto a lui). Io annuivo di tanto in tanto, cercando di seguire il più possibile il suo lungo e articolato discorso.
Dopo un po' ci alzammo e continuammo a camminare (sempre chiacchierando del più e del meno), fino a raggiungere ed oltrepassare la serra. Il percorso continuava per metri e metri, accanto ad un piccolo corso d'acqua. Il fiumiciattolo non attraversava il giardino vicino all'entrata, nasceva infatti da una sorgente artificiale dall'altra parte del parco e si divideva in due a metà del suo corso a causa di una serie di alberi. La maggior parte dell'acqua arrivava dentro la serra, dove irrigava le varie piante, mentre il resto terminava in un piccolo lago. Durante il suo percorso irregolare, c'era un punto in cui il silenzioso ruscello tagliava quasi perpendicolarmente il percorso terroso; in quel punto, si ergeva un piccolo ponte rosso che permetteva di proseguire il cammino, dato che il letto del fiume era troppo profondo per poter essere attraversato a piedi. Superammo anche il ponticello e arrivammo fino al piccolo lago infondo al parco : era davvero magnifico. Ci fermammo su una panchina, vicina ai margini del bacino, e restammo per un po' in silenzio ad osservare la luce del sole giocare con la piatta superficie d'acqua.

- Che spettacolo la natura... - commentò Elliot, che con gli occhi cercava di captare ogni minima increspatura del lago.

- Già. - concordai a bassa voce, con il timore di rovinare quell'incantevole paesaggio naturale.

- Devo dirti una cosa, Ally... - disse ad un certo punto lui.

Lo guardai negli occhi e vi notai un leggero nervosismo. Speravo vivamente che non mi dicesse qualcosa che avrebbe potuto complicare ulteriormente le cose.

- Ti ascolto. - lo incitai a parlare.

- La settimana scorsa mi hanno offerto una borsa di studio per una specializzazione in architettura, in un'università a Toronto. - mi comunicò.

Rimasi in silenzio per quasi un minuto, con lo sguardo perso nel vuoto, a pensare : Elliot si era spesso dedicato all'artigianato, ma la sua vera passione era sempre stata l'architettura. Al campo estivo mi raccontava sempre del suo sogno di diventare un famoso architetto e di progettare case degne delle fantasie delle menti più creative. E adesso, il ragazzo con cui avevo condiviso le avventure estive qualche anno prima, se ne sarebbe andato in Canada.

- Dovrei partire entro dopodomani per mettermi in pari con gli studi e prepararmi agli esami iniziali, senza distrazioni. - continuò enfatizzando l'ultima parola mentre mi fissava.

Io non ribattevo ancora, troppo impegnata a capire cosa stessi provando.
Tristezza, per non poterlo vedere più? Felicità, perché uno dei miei amici stava finalmente realizzando i suoi sogni? Sollievo, perché voleva solo darmi una bella notizia? O altro?
Mi concentrai su quell'ultima parola.

- Elliot, sono davvero felice per te. Ma non capisco... Io sono una distrazione? - chiesi confusa.

Lui abbassò lo sguardo per qualche secondo e quando tornò a guardarmi negli occhi, notai una punta di indecisione nel suo volto.

- Ally, io... Io sono innamorato di te. - balbettò mentre cominciava a notarsi sempre di più il suo nervosismo.

Ecco! Era proprio questo, quello che volevo assolutamente evitare.
 

Austin

- Che ne dici, andiamo un po' fuori? - propose Dez verso le undici.

Annuii. Così salimmo su per le scale, attraversammo un grande salone e, superata una grande porta di vetro, ci ritrovammo nel piccolo giardinetto sul retro della casa. Quando eravamo piccoli, venivamo sempre qui a giocare, perché il signor Wade ci aveva costruito una piccola casa sull'albero che si ergeva imponente nel mezzo del giardino. Il nostro “covo” però era andato distrutto durante una forte tempesta, quando avevamo circa dodici anni. Per noi era stata una tragedia, ma alla fine avevamo conservato la trave di legno portante come un trofeo.

- Secondo te cosa stanno facendo? - chiesi, per pensare ad altro.

Dez si girò verso di me, con un velo di nostalgia nello sguardo.

- Parli di Ally e Elliot? - disse.

Annuii di nuovo.

- Non ne ho la più pallida idea, amico. - concluse.

Beh, era normale che non lo sapesse...
In silenzio ci andammo a sedere sul dondolo di nonna Wade.

- Sai, io e Trish abbiamo avuto un'idea per il videoclip di “Steal your heart” ieri. - cominciò Dez.

- Davvero? - domandai.

- Sì, ne vogliamo parlare oggi pomeriggio a una riunione speciale del “Team Austin & Ally”. - aggiunse - Te lo volevamo accennare ieri sera, ma non eri dell'umore giusto. -

- Già... - commentai.

- Tu puoi venire, vero? -

- Sì, certo. - risposi.

Continuammo a chiacchierare per un po' e decidemmo che ci saremmo incontrati al Sonic Boom alle quattro. Dopodiché, salutai Dez e tornai a casa mia per pranzare con la mia famiglia.
 

Ally

- Ho capito che mi piacevi mentre ripensavo agli ultimi giorni che abbiamo passato insieme. Insomma, mi sono reso conto che provo qualcosa per te, qualcosa che non riesco a spiegare... - continuò lentamente Elliot.

Io ero senza parole : cosa avrei dovuto dire? Avevo paura che la verità l'avrebbe deluso troppo. L'istinto mi diceva di scappare via, ma decisi di non farlo : lui era stato coraggioso e probabilmente non era stato facile confessare i suoi sentimenti. E poi, una corsa sotto il sole, a quell'ora, avrebbe sicuramente peggiorato la mia salute.

- Ally, per favore parlami... Il tuo silenzio mi sta uccidendo. - disse soffocando una risata nervosa.

Era il momento, dovevo dirgli tutto.

- Ehm... Io... - iniziai cercando di essere il più gentile possibile - Elliot, io non provo più i tuoi stessi sentimenti, mi dispiace... -

Lui abbassò il capo, visibilmente triste. Mi sentivo davvero male, ma non potevo dirgli una bugia.

- Non ti preoccupare. - sussurrò lui - Un po' me lo aspettavo. -

Alzò il viso ed io lo guardai con sguardo confuso.

- Beh, ieri si vedeva da lontano un miglio che ti piace Austin... - mi spiegò con una punta di amarezza nella voce.

- Pff... Cooosa? A me non piace Austin! - ribattei con voce acuta.

Strano... Non stavo mentendo.

- Okay... - disse lui - Comunque, avevo bisogno di dirtelo. Sai, avevo il timore che, se non te l'avessi detto prima di partire, me ne sarei pentito e non sarei riuscito a studiare a causa di ciò. Almeno adesso so che, in ogni caso, io ci ho provato... -

Mi sorrise ed io ricambiai il gesto. Potevo capirlo : io ne avevo una montagna di rimorsi.

- Quindi, non sei arrabbiato? - chiesi.

- Non potrei mai, solo solo un po' triste. Però è come se mi fossi tolto un peso dal petto. - rispose, spostando lo sguardo sul lago.

Restammo ancora per un po' in un imbarazzante silenzio, poi ripercorremmo il percorso al contrario e ci incamminammo in direzione di casa mia. Camminavamo vicini, non più mano nella mano, mentre il sole splendeva alto nel cielo : era mezzogiorno meno venti. Eravamo distanti, ma più vicini di prima : la barriera di incomprensioni che ci aveva separato, stava lentamente crollando, mattone dopo mattone. In pochi minuti ci ritrovammo di nuovo davanti alla porta di casa mia.

- Sono stata bene oggi, grazie. - dissi timidamente.

- Anche io sono stato davvero bene con te. - affermò con un piccolo sorriso in volto - Me lo fai un favore? -

- Di cosa si tratta? - domandai.

- Dimmi che ci terremo in contatto, anche se sarò in Canada. Me lo puoi promettere? - la sua voce era dolce e sicura.

- Certo, te lo prometto. - risposi.

Poi mi abbracciò, con un po' di imbarazzo.

- Fai buon viaggio. - conclusi.

Mi sorrise e se ne andò via, mentre una leggera brezza gli scompigliava i capelli.
Rientrai in casa e, esausta a causa della lunga passeggiata, mi stesi sul divano. Non feci neanche in tempo a togliermi le scarpe, che il telefono squillò. Lo estrassi dalla pochette e aprii il messaggio che mi era appena arrivato.

Da Trish a Ally :
Hey Ally, come è andato l'appuntamento? Mi devi assolutamente raccontare tutti i dettagli!
Comunque, mi sono scordata di dirti che oggi pomeriggio alle quattro ci sarà una riunione speciale del “Team Austin & Ally”, al Sonic Boom. Puoi venire, vero?

Da Ally a Trish :
Certo, vi aspetterò lì.
Comunque l'appuntamento è stato... come dire... particolare. Te ne parlo dopo, promesso!

Da Trish a Ally :
Va bene, ma non farmi stare sulle spine!

Posai il telefono e andai in camera mia.
Mi sedetti sul letto, ancora ricoperto dai miei vestiti, e cominciai a pensare al pomeriggio che stava per arrivare : avrei rivisto Austin, dopo la “lite” di ieri. Non sapevo come si sarebbe comportato lui e neanche cosa avrei fatto io. Una cosa era certa : dovevo scusarmi... Speravo solo che lui mi capisse e non riprovasse a parlare del motivo che mi teneva sveglia la notte, perché non ero ancora pronta a confidarmi con qualcuno.
Avevo bisogno di tempo per riflettere, pensare, capire meglio quello che mi stava succedendo...
Mia mamma dice sempre che il tempo è una cosa difficile da trovare, rara e preziosa; che a volte, purtroppo, il tempo ti sfugge via dalle mani senza che tu te ne accorga, come foglie spinte dal vento. E quando il conto alla rovescia termina, quando il tempo che ti è stato concesso scade, ti rendi conto non puoi più rimediare, o agire. Ti accorgi, in ritardo, che il tempo è volato via in un battito di ciglia e ti penti di non aver sfruttato al meglio ogni momento. Allora capisci che non hai il potere di far girare al contrario le lancette dell'orologio; che non puoi tornare indietro, puoi solo andare avanti secondo dopo secondo, minuto dopo minuto, ora dopo ora... Per sempre, o almeno fino a quando ne hai la forza. E poi... Beh, poi è troppo tardi per tutto. Dovevo assolutamente sfruttare ogni secondo per pensare.
Dato che mancava ancora un po' alle quattro, mi sdraiai per riposare un po'. E anche se non sarei mai riuscita a dormire bene, avrei avuto la possibilità di ragionare nel confortevole silenzio di camera mia.
Mentre le palpebre si appesantivano, mi tornarono in mente le parole di Elliot : “Ieri si vedeva da lontano un miglio che ti piace Austin”. Possibile che, guardandomi, si notasse ciò? Ero stata bene con lui mentre ballavamo e, anche durante l'appuntamento di quella mattina, avevo pensato continuamente a lui... Ma noi eravamo solo amici, carissimi amici, niente di più (purtroppo).
Non potevo essere ancora innamorata di lui, era una storia chiusa, giusto? E poi avrei sicuramente rovinato tutto, anche se non volevo.
Cacciai via quei pensieri, perché non avevo più forze per ragionare.
Chiusi gli occhi e, nonostante non volessi, mi persi nel buio angosciante caratteristico dei miei incubi. Ma c'era qualcosa di strano in quell'oscurità, era... Come dire?
Diversa...

 

Angolo Autrice

Ciao a tutti cari lettori! Come state? Tra poco già ricomincia la scuola!
Comunque, eccomi di nuovo qui con l'ottavo capitolo della storia. Spero con tutto il cuore che vi piaccia!
Ringrazio di cuore tutti i lettori e coloro che recensiscono, le vostre opinioni sono davvero importanti per me! Voglio dire grazie anche a tutti quelli che hanno messo la storia nelle seguite \ ricordate \ preferite, sono contenta che la storia vi piaccia e il vostro supporto significa molto per me!
Come sempre, se vi va, potete dirmi cosa ne pensate o farmi correzioni o darmi consigli per migliorare nelle recensioni!
Baci 

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Capitolo 9
*** Riunione speciale ***


Riunione speciale

Ally

Era la stessa foresta con gli stessi identici arbusti, c'erano le stesse creature arboree, il fango, le lacrime di ghiaccio, i cori terrorizzanti. Sembrava la stessa identica scena che si ripeteva ogni volta, ma c'era qualcosa di diverso. Il cielo ad esempio, che di solito non riuscivo a vedere, si intravedeva tra le fronde degli alberi ed era scuro, nero, come durante una tempesta.
In generale tutto pareva meno spaventoso, ma io ero comunque in preda al panico.
I mostri senza volto si stavano avvicinando, con il loro andamento angosciante; le lacrime cominciavano a rotearmi intorno; il terreno instabile mi ingoiava lentamente.
Mi rimanevano ancora pochi secondi...

- Perché? Perché mi fate questo? - riuscii a sussurrare.

Nessuno rispose, ancora una volta.
Quello era il momento in cui annegavo, sprofondavo e soffocavo nello stesso momento. Doveva essere l'inizio della mia fine.
Ma, nel momento stesso in cui smisi di lottare contro quel mondo angusto, un lampo squarciò il cielo, che era sempre più oscuro. Dalla luce provocata da quella scarica d'elettricità, ne scaturirono numerose scintille, che andarono a scontrarsi con le creature. E dato che queste erano fatte di legno cominciarono a bruciare e arrestarono il loro cammino.
Un piccolo barlume di speranza si accese nel profondo del mio cuore, ma l'incubo continuò.
Anche senza i mostri non ce la feci a sopravvivere, perché il terreno e le lacrime ghiacciate portarono a termine il loro compito.
Mi svegliai di soprassalto nel letto di camera mia, col fiato corto. Riuscii a tranquillizzarmi e cercai di regolare la respirazione. Mi alzai, nonostante avessi le gambe instabili, ed arrivai in bagno, dove mi sciacquai il viso con dell'acqua gelida. Nel riflesso dello specchio, la ragazza che poche ore prime sembrava così sicura di sé era scomparsa, lasciando il posto a un'altra ragazza simile, ma con un espressione stanca e impaurita.
Era la prima volta, da quando era cominciata questa tortura, che l'andamento dell'incubo cambiava. Era strano, molto strano...
Tornai in camera mia e, con frustrazione, rimisi a posto tutti i vestiti che si trovavano sul letto.
Cosa significava tutto ciò?
Non lo sapevo, ma di sicuro non mi sarei arresa a degli stupidi sogni.
Guardai la sveglia sul comodino : segnava le tre e venti. Così mi diedi una sistemata veloce, per sembrare meno addormentata, e scesi in cucina. Presi una mela dal cesto di frutta sopra il tavolo e diedi due-tre morsi, giusto per azzittire il leggero brontolio del mio stomaco. Dopodiché presi il telefono, il broncodilatatore e il mio quaderno e li misi nella borsa, che indossai a tracolla.
Uscii di casa e chiusi la porta a chiave.
Cominciai a camminare in direzione del Sonic Boom, mentre il sole, nel cielo, giocava a nascondino dietro i palazzi; il venticello piacevole di qualche ora prima si era calmato, perciò faceva leggermente più caldo. A passo svelto, passeggiavo per le strade assolate di Miami Beach, mentre nuove domande si facevano largo nella mia testa. Io però non avevo risposte : non sapevo perché l'incubo era diverso, non avevo la più pallida idea di cosa fare per risolvere questa situazione angosciante, non capivo più i miei sentimenti...
C'era un'unica cosa da fare : rifugiarmi nella musica.
Arrivai al negozio in circa dieci minuti, ma non vi trovai nessuno. C'era solo un biglietto lasciato attaccato alla porta che diceva : “Siamo in pausa”. Di solito mio padre non chiudeva mai il Sonic Boom a quell'ora, ma quel pomeriggio non c'era anima viva, perciò era probabile che fosse andato al convegno del risparmio di cui mi aveva parlato la settimana prima. Presi le chiavi dalla borsa ed entrai.
Nel negozio regnava un silenzio assoluto, l'ideale per chi ha bisogno di stare da solo a pensare. Così salii le scale ed arrivai nella sala della musica; poi chiusi appena la porta, presi il mio quaderno e appoggiai la pochette sulla poltrona accanto alle finestre. Sfogliai qualche pagina del diario e mi resi conto che era da più di una settimana che non scrivevo nuovi versi per le canzoni : era come se l'ispirazione fosse scomparsa. Mi sedetti al pianoforte e cominciai a far scorrere le dita sui tanti tasti bianchi e neri, ma mi accorsi di non avere nuove idee. Qualsiasi nota suonassi mi sembrava sbagliata, ogni accordo che provavo a fare non mi soddisfaceva : era come se il cuore sapesse cosa fare, al contrario del corpo che non riusciva ad eseguire quei semplici movimenti che ormai sapevo fare anche ad occhi chiusi. Cacciai un piccolo urlo isterico : non bastavano solo gli incubi, ci voleva anche un'aspra guerra interiore! Perché dovevo essere così dannatamente indecisa?
Lo sapevo benissimo che tutti quei dubbi erano causati dalla confusione totale nella mia mente, ma allo stesso tempo non avevo la più pallida idea di come risolvere tutti i miei problemi.
Vi è mai capitato (a scuola o a casa) di dover svolgere dei problemi, delle equazioni o delle espressioni, i cui risultati vi venivano sempre sbagliati? Beh, a me sì.
Nella maggior parte dei casi si trattava di operazioni impossibili o che, semplicemente, non sapevo risolvere; oppure capitava che, a causa di un piccolo errore di calcolo, sbagliassi tutto il procedimento. Ma a volte, anche se i calcoli sono giusti, non riuscivo ad essere convinta delle mie azioni e cercavo soluzioni complicatissime per quesiti semplici; o peggio, anche se il risultato era giusto, ero convinta (per qualche assurdo motivo) che fosse sbagliato. Ed era in quei momenti di esitazione e confusione, che il dubbio mi assaliva.
Io penso che sia nella natura dell'uomo non essere mai soddisfatti di quello che si fa... Perché, anche se agiamo nel modo migliore possibile, quel giorno in cui ci guarderemo indietro, penseremo che, forse, avremmo potuto fare tutto in un altro modo. Secondo me, siamo inequivocabilmente e disperatamente alla ricerca dell'eccellenza, anche se siamo a conoscenza che la perfezione non esiste. È impossibile, almeno per quanto mi riguarda, ripensare al passato senza sentire quell'antipatica vocina che ti dice : - Avresti potuto fare meglio! - .
E, siccome quel giorno era uno di quei giorni in cui dubiti su tutto, decisi che sarebbe stato meglio suonare qualcosa di cui non ero l'autrice e che, quindi, non mi avrebbe fatto venire ulteriori dubbi su me stessa; una canzone che in quel momento mi poteva rispecchiare, perché infondo tutti noi nascondiamo qualcosa, nel profondo del nostro cuore.
 

Austin

Erano circa le tre e mezzo quando uscii di casa. Mia madre e mio padre, durante il pranzo, non avevano fatto altro che parlare dei loro affari commerciali e avevano insistentemente ripetuto che era mio dovere, in quanto primogenito e unico figlio dei Moon, ascoltare quella loro parte di vita. Ed erano anche riusciti a farmi giurare di partecipare, con mio padre, alla riunione dei proprietari dei negozi di materassi, che si sarebbe svolta quel pomeriggio alle cinque e mezzo. Non è che non fosse interessante, ma sinceramente avevo ben altri pensieri per la testa. Così, appena finimmo tutti di mangiare, sgattaiolai via come un fulmine.
In giro non c'era nessuno ed io ero stranamente in anticipo, cosa che non mi dispiacque affatto : in questo modo avrei potuto parlare tranquillamente con Ally, cercando di chiarire tutte le incomprensioni.
La strada per il Sonic Boom sembrava non finire mai, ogni passo che facevo sembrava allontanarmi anziché avvicinarmi alla metà. Che brutti scherzi gioca l'agitazione, non è vero?
Quando arrivai a destinazione non c'era nessuno, ma la porta era aperta. Entrai silenziosamente e mi guardai intorno, fino a quando non sentii una dolce melodia provenire dal piano di sopra : una voce angelica stava cantando.
Salii le scale e mi sistemai dietro la porta socchiusa, in modo che Ally non mi vedesse.
Stava cantando e suonando la versione piano di “Dark Side”.

- There's a place that I know
It's not pretty there and few have ever gone
If I show it to you now
Will it make you run away
Or will you stay
Even if it hurts
Even if I try to push you out
Will you return?
And remind me who I really am
Please remind me who I really am 

Everybody's got a dark side
Do you love me?
Can you love mine?
Nobody's a picture perfect
But we're worth it
You know that we're worth it
Will you love me?
Even with my dark side? -


Le dite esperte di Ally viaggiavano sicure e veloci sui tasti del pianoforte, alimentate dalla forza dei suoi sentimenti. Sedeva sulla panca con la schiena dritta e con il suo portamento elegante; la sua voce era emozionante, delicata, soave. Era semplicemente stupenda sotto ogni punto di vista.

- Like a diamond
From black dust
It's hard to know
It can become
A few give up
So don't give up on me
Please remind me who I really am

Everybody's got a dark side
Do you love me?
Can you love mine?
Nobody's a picture perfect
But we're worth it
You know that we're worth it
Will you love me?
Even with my dark side? -

Mi avvicinai di più, per poterla vedere mentre cantava. Aveva gli occhi chiusi (già, lei riesce a suonare il piano anche ad occhi chiusi!), ma dalla sua espressione si poteva vedere che c'era qualcosa che non andava.

- Don't run away
Don't run away
Just tell me that you will stay
Promise me you will stay
Don't run away
Don't run away
Just promise me you will stay
Promise me you will stay -

Strano... Ally cantava sempre canzoni dolci e romantiche e, anche se quella era una canzone con quelle caratteristiche, sentivo che la stava suonando per un altro motivo.

- Will you love me?
Everybody's got a dark side
Do you love me?
Can you love mine?
Nobody's a picture perfect
But we're worth it
You know that we're worth it
Will you love me?
Even with my dark side?” -

La canzone finì, così Ally aprii gli occhi e appoggiò le mani alla panca del pianoforte.

- Sei stata bravissima. - dissi applaudendo.

Lei si girò di scatto e mi guardò sorpresa, mentre io entravo nella sala della musica.

- Grazie Austin. Da quanto tempo sei qui? - chiese sorridendomi.

- Da quasi cinque minuti. - risposi avvicinandomi sempre di più a lei.

Lei abbassò lo sguardo e strinse con più forza le mani, con un'espressione assente in viso.

- Come mai hai scelto di cantare questa canzone? - domandai sistemandomi dietro al piano, in modo da poterla vedere negli occhi.

Lei alzo il viso e i nostri sguardi si incatenarono, come attratti da qualche sorta di calamita.

- Beh... Ognuno hai suoi segreti, no? Il proprio lato nascosto, o come dice il testo “oscuro”. - spiegò lei tranquillamente - Tu non mi nascondi mai niente? -

- No, tu sai praticamente tutto di me. - ribattei convinto, avvicinandomi al suo viso.

- Impossibile. - mi sfidò Ally, con un sorriso.

In effetti aveva ragione, ma non era facile confessare alla diretta interessata i propri sentimenti.

- Tu, piuttosto, che segreti hai? - chiesi ricambiando il sorriso.

- Si chiamano così apposta, no? - controbatté lei.

Poi si alzò e si avvicinò a me, mentre la sua espressione cambiava.

- Mi dispiace Austin, non volevo trattarti male ieri sera... - si scusò.

D'istinto la abbracciai e la strinsi a me.

- Scusami tu, ero solo preoccupato per te perché mi sembravi triste. E poi ero anche un pochino geloso e... - dissi velocemente.

Lei si staccò e mi guardò sorridendo.

- Eri geloso? Di cosa? - mi chiese.

Aiuto! Mi ero ingannato da solo! Cercai di trovare una scusa abbastanza credibile

- Emh... Io... - balbettai - Beh, ero invidioso della nuova maglietta di Dez! -

Lei mi guardò, con sguardo indagatore : non mi credeva.

- Vorresti anche tu una t-shirt con una scimmia che balla il tip-tap, con addosso un tutù? - domandò incredula.

- Sì, esatto! Proprio quella... - concordai con una risata nervosa.

- Va bene... - commentò lei ridendo.

Risi anche io, mentre quella sua dolce e splendida risata mi incantava.
Esiste forse sorriso più bello del suo? Secondo me, assolutamente no.

- Come stai? - le chiesi dopo un po'.

- Abbastanza bene, mi devo solo abituare all'asma. - rispose.

- E... Come è andato l'appuntamento con Elliot? - continuai.

Probabilmente non era successo niente tra loro due, ma non riuscivo a levarmi dalla testa questo dubbio.
Lei mi scrutò attentamente per qualche secondo, come per capire il perché di questa mia curiosità.

- Bene... Mi ha detto che andrà a Toronto per studiare. - spiegò Ally.

Feci un sospiro appena percettibile.

- E poi, mi ha anche confessato che prova qualcosa per me... - continuò lei, spostando lo sguardo sul pavimento.

Rimasi in silenzio, in attesa che finisse il discorso. Un profondo senso di agitazione mi invase da capo a piedi, mentre una domanda mi rimbombava nella mente : “E se avesse scelto Elliot?”.
Ally alzò lo sguardo e tornò a guardarmi, facendomi perdere nei suoi bellissimi occhi.

- Però, io gli ho detto che non ricambio più i suoi sentimenti. - aggiunse alla fine.

Sorrisi, pervaso da una sensazione di immensa felicità mista a sollievo. Lei mi guardò stranita.

- Perché sorridi in questo modo? - mi chiese.

- Emh... Io... Sono solo felice che tu stia bene. - risposi.

Lei sorrise un'altra volta e mi abbracciò delicatamente. Ero così felice che tra noi si fosse risolto tutto! Con lei, mi sembrava di poter far tutto, niente pareva impossibile quando stavamo insieme.

- Ally! - sentimmo urlare da una voce femminile al piano di sotto.

- Arrivo! - gridò a sua volta lei, per poi rivolgersi a me - È Trish, andiamo giù? -

Annuii e, insieme, scendemmo giù per le scale.

- Vedo che avete fatto pace! - disse Trish, notando i nostri sorrisi - Meglio così. Lavoreremo meglio, in questo modo. -

La salutammo e dopo qualche minuto arrivò anche Dez, con addosso la sua famosa maglietta.

- Oh Dez, Austin vorrebbe una t-shirt come la tua. - lo informò Ally, facendomi l'occhiolino.

- Davvero amico? - mi chiese il rosso entusiasta.

- Ceeerto! - mentii.

Dopodiché, mentre Ally ci guardava ridendo, Dez mi promise che mi avrebbe regalato quello che volevo al mio prossimo compleanno.
Dato che il negozio era chiuso, restammo al piano terra; ci sedemmo sui piccoli divani all'angolo della sala e Trish ci comunicò tutte le varie novità.

- Come sapete, abbiamo indetto questa riunione speciale del “Team Austin e Ally” perché a me e a Dez, è venuta un'idea geniale per il nuovo video musicale di Austin! - disse.

- E quando è successo questo miracolo? - chiesi.

- Hey! - esclamarono i diretti interessanti, leggermente offesi.

- Beh, tu e Trish nella stessa stanza che non litigate, è una cosa che non succede tutti i giorni! - mi giustificai.

Ridemmo tutti quanti e, ancora una volta, mi persi nel melodioso suono della risata di Ally.

- Comunque, durante la festa, noi abbiamo pensato a qualcosa di completamente nuovo! - spiegò Dez, per poi continuare in modo piuttosto teatrale - L'idea è questa : la protagonista femminile è una cheerleader ed è anche la ragazza più popolare della scuola, mentre Austin è il nuovo arrivato che si innamora a prima vista della dolce fanciulla. Lei, sebbene sia circondata dai ragazzi più belli della scuola, è single; così Austin cerca di conquistarla in tutti i modi : giocando a football, ballando, prendendo bei voti... Lei però non si lascerà convincere fino a quando non le canterai una canzone, in questo caso “Steal your heart”. Tu le ruberai il cuore, metaforicamente parlando ovvio, e lei si innamorerà di te. Fine! -

- Wow! Che idea fantastica! - mi congratulai.

- Davvero, è proprio una bella idea! - concordò Ally.

- Sono contenta che vi piaccia. - disse Trish.

- Già, ma ora passiamo alla location : abbiamo ricevuto il permesso speciale di girare il video alla Marino High! - continuò Dez - Il cast, invece, sarà costituito da Austin Moon, che interpreterà Austin Moon, e da i nostri compagni di scuola nei panni degli alunni. -

- Per la ragazza, avevamo subito pensato ad Ally. Però nel video dovresti muoverti tanto e potresti stancarti, perciò abbiamo preferito evitare di farti stare male. - aggiunse Trish.

- Oh grazie per il pensiero, siete stati davvero premurosi. - ringraziò Ally, regalando un veloce abbracciò alla sua migliore amica.

- E quindi chi avete scelto? - chiesi.

Mi sarebbe davvero piaciuto girare il video con Ally : lei è semplicemente fantastica e poi la canzone è dedicata a lei, quindi sarebbe stata la ragazza perfetta.

- Beh, ecco... Ho chiesto a Kira se voleva interpretare la cheerleader e lei ha accettato. - spiegò Dez.

L'espressione di Ally, nell'ascoltare quelle parole, si incupì leggermente e anche Trish non sembrò tanto contenta all'idea.

- Ah okay... - commentai io.

Kira non era Ally, ma era simpatica e già nel video di “No ordinary day” aveva dimostrato la sua bravura (nonostante il cattivo alito che aveva quel giorno).

- Perfetto, allora è tutto deciso! Le riprese inizieranno domani. - concluse Dez.

- Dovremmo fare qualcosa per festeggiare questa fantastica idea! - consigliò Trish.

- Certo! Che ne dite di andare al cinema? - proposi io.

- Sarebbe divertente. - continuò Ally.

Eravamo tutti d'accordo, perciò decidemmo che saremmo andati a uno spettacolo delle 20:00.

- Allora ci vediamo lì. - concluse Trish per poi andare via.

- Vado anche io, devo andare a sistemare la telecamera. - disse Dez, seguendo Trish.

Rimanemmo nel negozio solo io ed Ally. La guardai di nascosto per qualche secondo : non mi ero ancora accorto di quanto fosse bella in quel completo bianco e nero. Era davvero favolosa ed ero un tantino geloso del fatto che fosse andata così all'appuntamento con Elliot. Cercai di non pensarci e la guardai più attentamente : sul suo splendido viso, sotto un velo di fondotinta, si potevano notare ancora due leggere occhiaie.

- Non hai dormito neanche 'sta notte? - chiesi dolcemente.

Ally, che stava sistemando i clarinetti, si fermò e si voltò verso di me.

- Austin, il problema non è l'insonnia... - rispose lentamente - Sono riuscita a dormire, non ti preoccupare. Okay? -

- Non puoi dirmi di non preoccuparmi, perché non riesco a vederti così stanca e non dirti niente. - ribattei.

Lei in risposta mi abbracciò ancora una volta ed io non potei far altro che ricambiare il gesto.

- Sei davvero dolce, ma sul serio non devi stare in pensiero per me. - disse.

Stavo per risponderle, ma mi arrivò un messaggio da mia mamma che diceva :

Tesoro, devi tornare a casa. Hai promesso di stare con tuo padre per seguire la riunione sui materassi ergonomici, ricordi? Cerca di sbrigarti, tra mezz'ora dovete essere pronti per andare!

Cavolo, me ne ero completamente dimenticato! Sarei volentieri restato con Ally, ma una promessa è pur sempre una promessa. Sbuffai al pensiero di dover stare per quasi un'ora tra venditori di materassi.

- Devi andare via? - domandò Ally, notando la mia espressione.

- Sì, ma il nostro discorso non finisce qui. - la avvertii.

Lei in risposta mi sorrise tristemente. Le diedi un veloce bacio sulla guancia, facendola arrossire leggermente.

- Prima o poi, riuscirò a farti confessare cosa ti fa stare così male. - dissi mentre mi avviavo verso la porta.

- Ciao Austin! - esclamò lei per chiudere il discorso.

Le sorrisi e la salutai con un gesto della mano, per poi avviarmi in direzione di casa mia.
Per strada c'era più gente rispetto a prima, che andava e tornava dalla spiaggia. C'erano persone con le tavole da surf, altre munite di ombrelloni e sedie a sdraio, altre ancora che erano attrezzate solo con costume da bagno e una borsa per gli asciugamani. Quella era la cosa che mi piaceva di più di Miami in estate : la vitalità della gente. Non so come spiegarmi, ma qui andare in spiaggia è come giocare a calcio per i brasiliani : è come qualcosa che si ha nell'anima da quando si nasce. Io sono abituato alla leggera brezza estiva, alle onde quando c'è il mare mosso e alle giornate intere in spiaggia, perciò non riuscirei a farne a meno.
Anche per questo volevo che Ally stesse meglio, perché eravamo in estate, nel tempo del divertimento, e lei non poteva perdersi tutto questo a causa di qualcosa che la tormentava. Tenevo così tanto a lei che avrei fatto di tutto per farla sorridere spensieratamente. Era una persona troppo importante per me.
 

Angolo Autrice

Buongiorno a tutti cari lettori :-D ! Come state? Siete agitati per l'inizio della scuola? Io tantissimo!
Comunque, tornando alla fan fiction, eccomi di nuovo qui con il nono capitolo della storia!
Spero tanto che vi piaccia :-) !!!
La canzone nel capitolo è “Dark Side” di Kelly Clarkson; l'ho inserita perché il significato del testo (se vi va leggete la traduzione) mi sembrava azzeccato per i sentimenti di Ally, che non è ancora pronta a raccontare i propri segreti e sentimenti perché teme di non essere capita.
Ringrazio con tutto il mio cuore tutti i lettori e coloro che recensiscono (siete sempre gentilissimi e dolcissimi), ma anche tutte le persone che hanno inserito la storia tra le preferite o le ricordate o le seguite. Ogni volta mi riempite di gioia e non riuscirei mai a ringraziarvi abbastanza per questo. Comunque, vi dico grazie dal profondo del mio cuore e vi mando un abbraccio coccoloso (gesto inventato dalla mia creativa sorella :-P) !
Baci e grazie ancora di tutto ♥ !!!
 

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Capitolo 10
*** Come le stelle ***


Come le stelle

Ally

Il pomeriggio passò piuttosto velocemente : verso le sei cominciò ad arrivare qualche cliente, ma, per il resto del tempo, stetti dietro al bancone a cercare l'ispirazione perduta. Era arrivato anche mio padre, che però era rimasto quasi tutto il tempo in magazzino. Dato che ero già pronta per uscire, non avevo bisogno di tornare a casa per cambiarmi.
Verso le sette, cominciò a squillarmi il telefono : era Trish.

- Hey Trish. - dissi.

- Ciao Ally, che fai? - chiese lei.

- Sono in negozio, ma non c'è anima viva. - risposi.

- Allora che ne dici di venire a casa mia? Così ci prepariamo insieme. - mi propose.

- Va bene, arrivo. - accettai.

Chiusi la chiamata ed andai ad avvisare mio padre, affacciandomi alla porta del magazzino.

- Papà? -

- Sì, dimmi. - mi incoraggiò lui.

- Io dovrei andare da Trish, perché tra circa un'ora andiamo al cinema. Posso lasciarti il negozio? - domandai.

- Certo tesoro. -

- Grazie! - esclamai.

Gli diedi un bacio veloce sulla guancia e, dopo aver preso la borsa, uscii dal negozio.
All'orizzonte il cielo cominciava a tingersi di varie tonalità di azzurro, con punte di arancione : il sole cominciava a tramontare. La temperatura era più bassa rispetto a prima, ma si stava bene. Le luci dei lampioni, posizionati lungo la strada a uguali distanze gli uni dagli altri, cominciavano ad accendersi e illuminavano leggermente il marciapiede. La gente cominciava solo a quell'ora a tornare dal mare, perciò c'erano più persone in giro.
La casa di Trish non era molto distante, infatti la raggiunsi in una quindicina di minuti. Bussai alla porta e la signora De La Rosa venne ad aprirmi.

- Oh, Ally! Come stai? - mi salutò con il suo tipico accento messicano, abbracciandomi calorosamente.

- Abbastanza bene, grazie. - risposi.

- Menomale, Trish mi ha parlato di tutto quello che ti è successo. A proposito, ti aspetta in camera sua. - continuò lei.

La ringraziai e salii le scale, per raggiungere la mia amica. L'abitazione si ergeva su due piani e le camere da letto si trovavano tutte al secondo piano. Sulla porta della camera di Trish c'era un cartello rosa con scritto “Keep Out!” in fucsia. Bussai e la mia amica venne ad aprire; era in accappatoio, con un asciugamano in testa per asciugare i lunghi capelli castani : si era appena fatta una doccia.

- Ally! - disse abbracciandomi velocemente - Sono davvero felice che tu sia venuta! -

Le sorrisi ed entrai, chiudendomi la porta dietro.
La camera di Trish era molto colorata ma, allo stesso tempo, alla moda : un grande letto (ricco di cuscini) troneggiava lungo la parete alla mia destra, circondato da una moltitudine di poster e da tantissime foto; il grande armadio si trovava accostato alla parete opposta alla porta, con le ante aperte e il contenuto tutto sparpagliato per la stanza, accanto ad un grande specchio; invece, lungo la parete a sinistra, si trovava una piccola scrivania in legno, sulla quale sostavano qualche rivista e il suo telefono; infine sulla stessa parete, si trovava una porta che conduceva al suo bagno personale. Guardando quella camera da letto così disordinata ma accogliente, non si poteva non notare il tocco della mia amica. Mi andai a sedere sul letto, un po' stanca.

- Allora... - cominciò Trish - Ho bisogno di un tuo consiglio su un completo che ho comprato mentre tornavo dal Sonic Boom. -

Si avvicinò all'armadio e cercò di trovare i vestiti in mezzo a tutta quella confusione.

- Ecco qui! - esultò una volta conclusa la ricerca - Che ne pensi? -

Mentre parlava, mi mostrò un paio di jeans blu abbinati a un top nero e una giacca rosa shocking.

- Sono bellisssimi. - affermai convinta.

- Sapevo di aver scelto bene! - esclamò sorridendo.

Poi scomparì in bagno e dopo qualche minuto ne uscì indossando i vestiti prescelti.

- Ta-daaa!!! - canticchiò sorridendo.

- Stai benissimo. - le dissi sorridendo.

- Grazie! - mi ringraziò - Mi arricci i capelli, per favore? -

Annuii e, dopo che lei si sedette sulla sedia vicino alla scrivania, mi misi dietro di lei per asciugare e sistemare la sua chioma ribelle.

- Allora, com'è andato l'appuntamento con Elliot? - chiese con un sorriso.

Io sospirai e dopo qualche secondo di silenzio, le raccontai tutto : la passeggiata al giardino botanico, il suo trasferimento in Canada, la sua inaspettata dichiarazione, il chiarimento con Austin...
Insomma, tutto quanto tranne la faccenda sugli incubi. Mi era già difficile non parlarne con Austin, ma con lei sarebbe stato impossibile trattenermi. Penserete che io sia una stupida a non parlarne, ma non voglio far preoccupare ulteriormente chi mi vuole bene. E poi, non credo che riuscirebbero a capirmi fino in fondo...

- Beh, io te l'avevo detto che, secondo me, non sarebbe stata una semplice uscita tra amici. - commentò Trish.

- Grazie per l'incoraggiamento. - scherzai io.

Ridemmo ed io finii dei sistemarle i capelli. Posai tutte le spazzole e mi appoggiai alla scrivania.

- Mi fa piacere che tu e Austin abbiate fatto pace. - disse lei girandosi verso di me.

- Anche io, ne sono davvero felice. Quando non andiamo d'accordo, sto davvero male. In realtà, non sono neanche sicura che il nostro sia stato un litigio vero e proprio; lui mi ha solo detto che era preoccupato per me e che era geloso di una maglietta di Dez... - spiegai.

- E tu gli hai creduto? - domandò incredula.

- Non proprio... Perché? - chiesi.

- Dai Ally! - ribatté lei - È ovvio che stava così per te ed Elliot! E poi come si fa ad essere invidiosi di una maglietta di Dez? -

La guardai perplessa : e se Austin fosse stato davvero geloso di me?

- Non so se hai ragione, me lo avrebbe detto se fosse stato così. - pensai ad alta voce.

Lei in risposta alzò gli occhi al cielo, come se quella fosse stata la spiegazione più ovvia.

- Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire... - commentò lei.

Poi si alzò e prese una busta, che non avevo ancora visto, da dentro l'armadio.

- Questo è per te. - disse con un gran sorriso - L'ho comprato prima. -

Mi porse la confezione e dentro vi trovai un bellissimo abito e un paio di scarpe.

- Aaw, grazie Trish! - esclamai abbracciandola - Ma non dovevi... -

- Certo che dovevo. Su, cambiati! - continuò lei.

- Va bene. - accettai ridendo.

Così, presi il nuovo vestito e mi diressi in bagno per cambiarmi.
 

Austin

La riunione speciale sui materassi ergonomici, che si teneva nel negozio dei miei genitori, finì intorno alle sette e un quarto. Inutile dire che, nonostante cercassi di stare attento, ascoltai poco e niente di tutto il discorso del signor Thompson, che era il negoziante di materassi dell'anno. Non vedevo l'ora di tornare a casa, ma mio padre volle restare per un'altra mezz'ora a chiacchierare sull'importanza del lattice con due suoi colleghi : il signor Green e la signorina Rivera.
Quando, finalmente, il confronto finì, ce ne tornammo a casa.

- Sono davvero felice che tu sia venuto. - mi disse in macchina.

Io in risposta gli sorrisi leggermente.
La verità era che non facevo che pensare ad Ally. Ero così felice di aver fatto pace con lei!
Arrivati a casa, salii in camera mia e controllai l'ora : erano le otto. Mi cambiai ed indossai un paio di jeans, una camicia a maniche corte azzurra e le immancabili sneakers blu. Mi diedi una sistemata ai capelli e mi misi a giocare con il telefono, in attesa che arrivasse Dez. Infatti, ci eravamo messi d'accordo che ci saremmo avviati insieme verso il cinema, dato che lui era di strada.

- Austin, qui c'è Dez! - gridò mia madre dal piano di sotto.

- Arrivo! - urlai a mia volta.

Scesi di fretta le scale e, dopo aver salutato i miei genitori, uscii di casa.

- Come butta? - ci salutammo io e Dez.

La nostra destinazione era davvero vicina a casa mia e ci arrivammo in poco più di cinque minuti, chiacchierando sui film che avremmo potuto vedere.
Il cielo era ancora illuminato da qualche raggio di sole, che era appena tramontato, ed era tinto da varie tonalità di arancione, rosa e blu. La luna, invece, stava cominciando a mostrarsi proprio in quei momenti. Insomma, è uno spettacolo mozzafiato il tramonto a Miami : il sole non scompare nell'oceano, ma dietro lo skyline, tuttavia i giochi di luce che si vengono a creare sull'acqua e nel cielo sono magnifici da vedere.
C'era molta gente per strada : molti erano appena tornati dalla spiaggia, altri erano vestiti elegantemente per andare a cena fuori, altri invece passeggiavano vicino ai quei pochi negozi ancora aperti.
Il cinema era molto grande e si sviluppava su due piani; in tutto c'erano sette sale e in ognuna veniva trasmesso un film diverso. La cosa bella era che, a volte, ridavano film già usciti al cinema, in modo che i più appassionati potessero rivedere i loro film preferiti, oppure organizzano serate speciali con le anticipazioni sui film più attesi.
Di fronte all'edificio si trovava una grande piazza, nel mezzo della quale troneggiava una splendida fontana circolare circondata da sei panchine di legno. Dez ed io ci andammo a sedere, in attesa delle nostre amiche. Lui, intanto, mi stava dando più dettagli possibile sul video che avremmo girato il giorno seguente, in modo che potessi essere pronto per le riprese : mi parlava dei costumi, degli studenti che avevano deciso di partecipare, delle luci e delle attrezzature. Seguii il suo discorso per qualche minuto, fino a quando la mia attenzione non fu attratta da un'altra persona.
Ally e Trish erano a pochi metri da noi, leggermente illuminate dalle fievoli luci dei lampioni sparpagliati nella piazza : non ci avevano ancora visto e si guardavano intorno alla ricerca dei nostri volti.
Io, però, non avevo potuto fare a meno di notare Ally... Cavolo se era bella quella sera!
Indossava un bellissimo abito celeste asimmetrico, corto davanti e lungo dietro, decorato da graziosi disegni floreali rossi e blu (http://www.mitindo.it/wp-content/uploads/2013/07/511.jpg – scusate se la foto si vede male), abbinato ad un paio di sandali col tacco beige e ad una piccola borsa del medesimo colore. I capelli erano sciolti e cadevano in lunghi boccoli sulle spalle, solo i due ciuffi laterali erano stati sistemati all'indietro con due piccole forcine, mettendo più in mostra il suo viso roseo. Era semplicemente e inequivocabilmente perfetta.
La guardavo imbambolato, fino a quando anche lei si accorse di me e mi salutò con un veloce gesto della mano. Subito dopo, entrambe ci stavano raggiungendo.

- Ciao ragazzi. - disse Trish.

Ci salutammo a vicenda e anche le ragazze si sedettero sulla panchina. Poi, presi il telefono e cercai su internet i film programmati per quella sera.

- Allora, quale guardiamo? - chiesi mostrando lo schermo del cellulare ai miei amici.

- C'è l'anteprima del nuovo film della saga di “Zalieni”, possiamo guardare quello! - esclamò Dez entusiasta.

- Sì, ma non troveremo mai i posti e poi ti fanno vedere solo i primi trenta minuti del film. - ribatté Trish - Perché non andiamo a vedere qualcos'altro? -

- Uffa... - borbottò lui - Che cosa proponete allora? -

- Potremmo vedere “The Avengers”, lo ridanno al cinema in occasione dell'imminente uscita del sequel. Possiamo goderci di nuovo la lotta tra supereroi e alieni! - proposi io.

- Sì, piace anche a me. - concordò la riccia sorridendo

- Ma l'abbiamo già visto tre volte! - si lamentò Dez.

- Hai ragione... - commentai - Altre idee? -

- Beh, potremmo vedere la replica dell'ultimo film di Twilight, “Breaking Dawn - Parte 2” con Taylor Lautner e Robert Pattinson. - sorrise Trish.

- NO! - esclamammo io e Dez in coro.

Due ore tra vampiri con i super poteri e licantropi a petto nudo? No, grazie...

- Okay, okay... - bisbigliò Trish, con le mani alzate in segno di resa - E quindi? -

- Forse, la cosa più giusta è che scelga Ally il film da vedere. - dissi guardando la diretta interessata, che se ne stava in silenzio e ascoltava divertita quel battibecco - Infondo, senza di lei non ci sarebbe nessuna canzone e di conseguenza nessun video da girare. -

Lei mi guardò sorridendo e rifletté per qualche secondo, spostando lo sguardo sul display del telefono; poi le si illuminarono gli occhi.

- E se guardassimo “Titanic” in 3D? - domandò con un piccolo sorriso innocente sul viso.

Io sorrisi, al contrario di Trish che alzò gli occhi al cielo, visibilmente contrariata. Beh, si sarebbe dovuta aspettare una scelta così romantica dalla sua migliore amica; Ally è così : ama l'amore.

- Oh sì! Adoro quel film! - esultò Dez, guadagnandosi occhiate incredule da parte nostra.

Scoppiammo a ridere.

- Comunque, Ally me lo ha fatto vedere almeno cento volte! Non ho voglia di rivederlo. - cominciò Trish.

- Esagerata... - bisbigliò l'altra sorridendo.

L'ho già detto che è meravigliosa quando sorride?

- Beh, ma Titanic è pur sempre Titanic! - ribatté Dez - Ti commuove anche dopo un milione di volte! -

Trish lo fulminò con lo sguardo.

- Va bene... Che ne dite di “Colpa delle stelle”? - chiese allora Ally.

Ci pensammo un po' su.

- È un film romantico, non l'abbiamo ancora visto e comincia tra dieci minuti esatti. - continuò.

- Ci sto! - disse Dez - Mi piacciono i film drammatici! -

- Per me va bene. - concordai sorridendo.

- Okay... - aggiunse Trish, contenta della scelta finale - Vado a prendere i biglietti. -

Si alzò e si avviò all'interno del cinema.

- Vengo anche io, così prendiamo popcorn. - urlò Dez per poi raggiungerla.

Io ed Ally rimanemmo seduti sulla panchina, a pochi centimetri di distanza. Il suo viso era illuminato dalla luce della luna piena, che illuminava il cielo limpido di quella sera, e il suo sguardo sembrava viaggiare lontano, alla ricerca di qualcosa che però era introvabile.

- Tutto a posto? - domandai cercando di catturare la sua attenzione.

Lei incrociò il mio sguardo e sorrise timidamente.

- Sì. - rispose - Com'è stata la riunione sui materassi? -

- Molto interessante. - dissi in tono ironico, facendola ridere.

- Sembri stanca... - aggiunsi pensieroso.

- È solo che ho camminato per un po'. Ma non è niente di che, non preoccuparti. - spiegò voltandosi verso la fontana alle nostre spalle.

L'acqua rifletteva il colore scuro del cielo ed era leggermente increspata a causa dai giochi d'acqua scenografici che partivano dal centro della struttura. Attraverso l'acqua era possibile vedere tante monetine, posate disordinatamente sulla superficie di pietra.

- Tu hai mai buttato una monetina nella fontana per esprimere un desiderio? - chiesi dolcemente.

- Sì, e tu? -

Annuii, provando a contare quante persone avrebbero voluto vedere esaudita una loro richiesta.

- E cosa hai desiderato? - continuò lei sorridendo.

La guardai e i nostri occhi si incrociarono, provocando fuochi d'artificio invisibili intorno a noi.

- Di diventare un cantante e di esibirmi a Time Square. - risposi ricambiando il sorriso.

- Perciò, si è avverato. - aggiunse lei con sguardo sognante.

- Già. - continuai felicemente - E tu invece? -

- Non te lo posso dire. Nonostante sia sempre lo stesso, non è stato ancora esaudito. - disse lei un po' tristemente.

- Beh, magari l'hai chiesto male... - ipotizzai.

Lei mi guardò confusa.

- Vieni, ti faccio vedere come si fa. - dissi alzandomi e prendendola per mano.

Lei si alzò e mi seguì fino al bordo della fontana. Presi una monetina dalla tasca e glie la misi nella mano.

- Devi girarti di spalle, chiudere gli occhi, esprimere il desiderio e buttare all'indietro la moneta; poi non devi assolutamente svelare a nessuno cosa hai desiderato. - le spiegai sorridendo.

- Guarda che anche io ho sempre fatto così. - ribatté lei.

- Dai, provaci lo stesso. - continuai io.

- Va bene... - si arrese lei.

Così, si girò, chiuse le palpebre e, dopo qualche secondo, lanciò la monetina nell'acqua.

- Perfetto! - mi complimentai.

Lei aprì gli occhi e rise.

- Cosa ti fa credere che si avvererà? - mi domandò.

- Beh... - iniziai io con tono poetico - Guarda il cielo, le stelle... Non ti sembra tutto un po' più magico stasera? -

Lei si guardò intorno e annuii lentamente.
Pensai che, con lei, tutto sembrava speciale e che, forse, quell'atmosfera sembrava così magica perché l'ammiravamo insieme.

- Ecco, devi solo crederci e poi il desiderio si avvererà. - aggiunsi

Lei mi guardò negli occhi e sorrise.

- E poi, dato che la monetina è mia, avrai sicuramente più fortuna! - scherzai.

Ridemmo e a quella piazza rumorosa, gremita di gente, si aggiunse anche il suono delle nostre risate. Restammo qualche secondo in silenzio, appoggiati al bordo della fontana, poi vedemmo tornare Trish, con in mano i biglietti, e Dez, che cercava di portare quattro razioni di popcorn. Stavano discutendo, come di consuetudine.

- È impossibile che non piangi ogni volta che vedi Titanic! - constatò Dez.

- Ancora con questa storia? La prima volta mi sono commossa, lo ammetto, ma poi la storia è sempre quella. - ribatté Trish.

- Sì, ma un amore che finisce così, non ti fa rattristire? - continuò lui.

- Certo, ma dal mio punto di vista potevano salvarsi entrambi i protagonisti se facevano a turno su quel pezzo di legno galleggiante. - spiegò la riccia.

- Sei senza cuore! - borbottò l'altro, quando ormai erano vicino a noi.

Lei alzò gli occhi al cielo e sospirò.

- State litigando per Titanic? - chiesi ridendo.

- Per favore cambiamo discorso... - mi sussurrò Trish.

- Io comunque sono d'accordo con Dez. Ci sono scene così drammatiche, come quando tutte quelle povere persone innocenti muoiono a causa della mancanza di scialuppe... - commentò Ally tristemente.

- Già. - concordai.

- E va bene, avete ragione voi. - si arrese Trish.

- Evvai! - esultò Dez, fiero di averle fatto cambiare idea.

L'altra lo fulminò di nuovo con lo sguardo.

- Ora possiamo andare in sala? Il film sta per cominciare... - disse la riccia.

Annuimmo e ci avviammo verso il cinema.
L'interno della struttura era praticamente tutto rosso e su ogni parete erano attaccati i poster dei film dell'anno; nel salone principale c'era sia la biglietteria che il bar, dove si potevano comprare gli snack e le bibite, e dal centro della stanza partivano due rampe di scale che portavano al secondo piano. Poi, sia sulla parete a destra e che su quella a sinistra, c'erano due porte che portavano alle sale.

- Dove dobbiamo andare? - chiesi.

- Primo piano, sala 3. - rispose Trish dopo aver controllato lo schermo gigante che informava i clienti sulle varie programmazioni.

Così, ci avvicinammo alla prima porta a destra. Per poter entrare nelle sale, bisognava prima dare i biglietti alle maschere; quando fu il nostro turno, la maschera (un uomo di mezza età, calvo, vestito con la tipica divisa rossa) ci ricordò i nostri posti : fila F, posti 9 - 10 - 11 – 12 (i posti migliori, poiché al centro della stanza).
Entrammo nella grande sala, non molto affollata e ancora illuminata, e ci sedemmo : io ero tra Dez e Ally, accanto alla quale c'era Trish. Dez diede una razione di popcorn (che finirono nel giro di una mezz'oretta) a ciascuno di noi, mentre sul grande schermo venivano trasmesse varie pubblicità.
Dopo qualche minuto, le luci vennero spente e cominciò il film.
La storia parlava di Hazel Grace, una ragazza di sedici anni con il cancro, che partecipando a un gruppo di supporto incontra un ragazzo, Augustus Waters, a cui è stata amputata una gamba a causa di un osteosarcoma. Tra i due, nasce un sentimento molto profondo e si innamorano l'una dell'altro; il loro amore però viene complicato dalle loro malattie. Era un film molto romantico, profondo, emozionante e un po' triste.
Ally aveva appoggiato delicatamente la testa sulla mia spalla e, di tanto in tanto, la guardavo emozionarsi e le stringevo la mano. Lei, ogni volta, mi sorrideva timidamente, per poi tornare a concentrarsi sul film.
Verso la fine, ci commuovemmo quasi tutti e, nella sala, c'era chi piangeva in silenzio, chi tirava su col naso, chi finiva un pacchetto di fazzoletti, chi invece rimaneva praticamente impassibile.
Quando il film terminò, le luci vennero accese di nuovo e, purtroppo, Ally si rimise composta.

- Super emozionante! - commentò Dez, visibilmente commosso.

- Già... - bisbigliò Trish.

- Non ci credo, ti sei emozionata anche tu! - esclamò lui.

Lei alzò gli occhi al cielo, sbuffando.

Sorrisi alla scena, poi guardai Ally che si asciugava gli occhi con un fazzoletto.

- Tutto okay? - chiesi dolcemente.

- Sì, è solo che è un film così dolce e veritiero... Però mi è piaciuto molto. - mi spiegò con un piccolo sorriso triste.

- Anche a me. - concordai.

Poi, ci alzammo e uscimmo dal cinema, quando ormai erano le undici meno venti. La piazza, che prima era così rumorosa, era più silenziosa e meno illuminata, mentre le stelle brillavano nel cielo notturno.
 

Ally

Austin ed io camminavamo vicini, qualche passo indietro rispetto a Trish e Dez, che discutevano ancora sulla faccenda del “Titanic”; Austin e Dez, avrebbero prima accompagnato noi ragazze a casa, per poi dirigersi verso le loro abitazioni.
Mi voltai verso quel ragazzo, che una volta mia aveva rubato il cuore :  era bellissimo sotto la luce della luna e fissava il cielo notturno, ma con un'espressione un po' triste in volto.

- Qualcosa non va Austin? - gli chiesi preoccupata.

Lui scosse la testa, ma io insistetti.

- Mi puoi dire tutto, lo sai... - gli dissi dolcemente.

- Sai, ho sempre pensato alle stelle come punti di riferimento, come qualcosa a cui posso confessare tutti i miei segreti. Ho sempre creduto che, anche se avessi perso tutto, avrei sempre potuto avere la mia stella a farmi compagnia, perché l'avrei sempre trovata lì. - mi rispose lui. - Lo so... è un pensiero stupido... -

- No non lo è. - commentai - Però non capisco dove vuoi arrivare... -

- Ecco, ieri in ospedale, mentre aspettavo che ci facessero entrare nella tua stanza, ho cominciato a leggere una rivista trovata lì per caso. Dovevo fare qualcosa, o l'attesa mi avrebbe fatto impazzire... Così l'ho cominciata a sfogliare, fino a quando ho trovato un articolo sulle stelle. E, guardando il film, mi è rivenuto in mente. - cominciò.

Continuai a non capirlo, ma non lo interruppi.

- Diceva che, quando una stella muore, noi continuiamo a vederla per molto altro tempo, più o meno anni a seconda di quanto è lontana. - aggiunse lui.

- A causa della velocità della luce - dissi.

- Già, ma non che la luce sia lenta, anzi è velocissima, ma è la distanza che c'è tra la terra e le stelle che è troppa: infatti, noi vediamo stelle oramai spente perché la distanza che la luce deve compiere è troppa per farci vedere le stelle nella loro condizione reale. - mi spiegò.

Mi ritrovai a guardare il cielo stellato anche io.
Provai la stessa sensazione di quando svenni : un senso di pace e buio infiniti.
Rabbrividii.
Poi Austin spostò lo sguardo su di me ed io feci lo stesso, perdendomi nella profondità dei suoi occhi.

- E se la stessa stella, che ci è sempre stata vicina, una notte scomparisse poiché spentasi tanti anni fa? Non riusciremmo più a vederla, perché la sua luce ha finito il suo viaggio... - proseguì.

Mi guardò più intensamente, mentre il mio cuore batteva all'impazzata.

Poi continuò: - Sai, quando ho finito di leggere l'articolo, ho provato un senso di gran vuoto; come se la certezza che avrei potuto avere la mia stella per sempre fosse svanita. Ecco, ho capito che non dovrei mai dare le cose per scontate e che dovrei apprezzarne ogni minima sfaccettatura...-

Finalmente capii.

- La stessa cosa vale per la vita - sussurrai.

- Già... - mi guardò come se gli avessi rubato le parole di bocca, e probabilmente l'avevo fatto - Pensi sempre di aver tutto il tempo che vuoi per fare qualcosa, ma poi ti accorgi che la vita è imprevedibile e che da un momento all'altro potresti non avere più il tempo che ti serve... Così ti ritrovi ad amare la vita più di quanto tu non abbia mai fatto. - si guardò un po' intorno, poi il suo sguardo si fermò di nuovo verso il cielo.

- Proprio come quando pensi di avere il tempo di poter raccontare alla tua stella ciò che pensi, ma poi lei scompare... - dissi sorridendo.

- Hey, lo so che l'esempio della stella non è tanto azzeccato, ma non prendermi in giro! - aggiunse facendomi l'occhiolino e sorridendo a sua volta.

Risi. Una risata di quelle che ti fanno stare veramente bene.
Poi Austin si fermò, e io con lui.
Si girò verso di me, serio.

- È solo che, ecco... Quando ti ho vista cadere a terra... Beh, io ho pensato subito al peggio ed è stata una sensazione terribile... - mi rivelò.

Il sorriso scomparì dal mio volto.

- Scusa... Non volevo farti pensare di nuovo a quello che è accaduto l'altro giorno. -

- Non preoccuparti - dissi cercando di sorridere.

- È che ho davvero il bisogno di dirtelo...-

- Dirmi cosa, Austin? -

- Che ho avuto il terrore di perderti per sempre, quel giorno. Di non poter più star con te, di non poter più... - deglutì a fatica.

- Che cosa? - lo incoraggiai, con gli occhi lucidi.

Per un attimo ebbi la sensazione che stesse per baciarmi, ma lui mi tirò a sé e mi strinse forte in un abbraccio che avrei voluto durasse per sempre.

- Ally, tu sei la mia stella. - mi disse sul punto di piangere - Non voglio vederti scomparire, ti voglio troppo bene. -

Lo strinsi più forte.

- Anche io Austin... -

Qualche secondo dopo ci staccammo da quel bellissimo abbraccio.

- Hei, voi due! - urlò Dez, diversi metri davanti a noi - Siete proprio due lumache! -

Vidi Trish tirargli una gomitata e risi. Poi ricominciammo a camminare, mano nella mano, in silenzio.
Pensai a una delle teorie che più mi affascina in campo scientifico, ovvero il principio di conservazione dell'energia : l'energia si può presentare sotto varie forme; l'energia non si crea né si distrugge, ma si trasforma da una forma a un'altra.
Le stelle sono sono fatte di energia.
Quindi, quando le stelle muoiono, la loro energia si trasforma in nuove forme e diventa parte di qualcos'altro di più grande.
E anche noi siamo energia...
Anche noi, infondo, siamo come le stelle.
Così, t
ornai a sorridere insieme ad Austin, lungo la via di casa, mentre quelle sue parole così dolci mi scaldavano il cuore.
 

Angolo Autrice

Ciao a tutti cari lettori :-D ! Come state?
Prima di tutto, mi scuso per il ritardo... È da una settimana che non aggiorno.
Purtroppo, la mia famiglia è da sempre abituata a comprare le cose per la scuola l'ultima settimana di vacanze; perciò sono dovuta andare alla ricerca del materiale scolastico, quando ormai era finito quasi dappertutto.
Comunque, eccomi qui con il decimo capitolo! Spero che vi piaccia :-) . Ho provato a unire alla storia qualche mia piccola conoscenza in campo scientifico e la storia di un libro (Colpa delle stelle) che ho letto da poco e che mi è piaciuto tantissimo (ho cercato di non dare spoiler per chi volesse leggere il libro o vedere il film).
Ci tengo molto a ringraziare tutti i lettori e coloro che recensiscono, ma anche chi ha messo la storia tra le preferite e\o le seguite. Mi fate super felice e non riuscirei mai a ringraziarvi abbastanza.
Grazie mille a tutti, siete fantastici!
Se vi va di dirmi cosa ne pensate del capitolo o volete farmi delle correzioni, potete scrivermi attraverso le recensioni.
Vi mando un abbraccio e un “in bocca al lupo” per l'inizio della scuola!
Baci

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Capitolo 11
*** Videoclip da girare ***


Videoclip da girare

Ally

Ero affacciata alla finestra di camera mia, a guardare la luce dell'alba irradiarsi nel cielo ancora scuro; una leggera brezza mattutina mi scompigliava i lunghi capelli mossi, accarezzandomi il viso con le sue folate fresche. Erano quasi le sette e la città era piuttosto silenziosa : si udiva solamente il rumore dell'oceano in lontananza e il brusio delle auto in strada. Inspirai lentamente l'odore della città, mentre quell'aria fredda mi entrava nei polmoni facendomi rabbrividire lievemente, dato che indossavo solo una corta camicia da notte arancione. Il mio sguardo vagava in quel paesaggio nella penombra, alla ricerca di qualcosa di nuovo che potesse farmi pensare ad altro. Dovevo distrarmi, perché attraverso i miei occhi ancora assonnati rivedevo l'incubo che anche quella notte aveva turbato il mio sonno. Era rimasto lo stesso dalla notte precedente, ma non sapevo come interpretare quel cambiamento.
Spostai una ciocca di capelli ribelli dietro l'orecchio e misi i gomiti sul bordo bianco della finestra, per poi appoggiare il mento sulle mani unite tra loro. Bisognava girare il video di “Steal your heart” quel giorno e sarebbe stato sicuramente molto divertente; sorrisi, decidendo che avrei provato a trovare il lato positivo di tutto quello che mi circondava. Rimasi ancora per un po' a guardare quel piccolo angolo di Miami che veniva risvegliato dalla luce del sole, fino a quando sentii il cellulare squillare. Presi il telefono dal comodino vicino al letto e lessi il messaggio appena arrivato.

Da Dez a Ally
Ciao Ally, volevo solo ricordarti che le riprese cominceranno verso le nove.
Ci vediamo dopo!

Bene, avevo ancora un po' di tempo per prepararmi. Andai in bagno e mi feci una doccia veloce, per poi asciugarmi; mi sistemai i capelli in una treccia a spiga laterale e indossai un abito rosa opaco che arrivava poco sopra le ginocchia, con un fiocco in vita e dei brillantini sulle spalle (http://litbimg3.rightinthebox.com/images/384x384/201405/rsttye1400903814060.jpg); infilai ai piedi un paio di sandali bianchi e scesi in cucina a fare colazione.
La casa era molto silenziosa e si udiva solo il ticchettio dell'orologio e il rumore dei tacchi sul pavimento, anche perché mio padre era andato al negozio mezz'ora fa; ma non mi piaceva quel silenzio, era come assordante. Accesi la televisione, su un canale in cui trasmettevano un programma musicale e le note di “Stars Dance” (di Selena Gomez) pervasero ogni centimetro della stanza:

Wake up to your dreams
And watch them come true
I'll make you whisper my name,
I'll never leave the room
Night and day, I'll be your muse
No other girl can make you feel the way I do
I can make the stars dance
Light up the moon, I can make the stars dance
If you want me to
The sky is everywhere, so meet me under there
I can make the stars dance with you

Istintivamente, ricordai le parole di Austin della sera precedente e quanto era stato dolce. Un brivido piacevole mi percorse da capo a piedi : mi aveva chiamato “la sua stella” e, ogni volta che ci ripensavo, arrossivo inspiegabilmente.

Don't be afraid, close your eyes
Let me take you to places you've never been tonight
I thought by know you'd realize I can do anything I put my mind to
I can make the stars dance
Light up the moon, I can make the stars dance
If you want me to
The sky is everywhere, so meet me under there
I can make the stars dance with you

E pensai che, con Austin, sarei riuscita anche a far ballare le stelle. Perché lui mi faceva sentire indistruttibile e capace di poter fare ogni cosa. Chiusi gli occhi e, trasportata dalla melodia, cominciai a canticchiare.

Everything I touch turns to love
Everything I do will open up heaven
It's dead steady, there's falling and flying in love
Nothing's forever because we are just stars, dance

E forse era tutto vero : nulla è per sempre... Perché siamo solo stelle, solo materia fluttuante nell'immenso di uno spazio senza confini, solo energia che da un momento all'altro si spegnerà nell'oblio. Brilliamo, bruciamo e risplendiamo anche nelle notti più buie, nonostante la paura faccia tremolare la nostra luce. Siamo soltanto minuscole stelle che ballano in un universo infinito...

I can make the stars dance
Light up the moon, I can make the stars dance
If you want me to
The sky is everywhere, so meet me under there
I can make the stars dance with you
I can make the stars dance
I can make the stars dance
I can make, I can make, I can make the stars dance
The sky is everywhere, so meet me under there
I can make the stars dance with you
”.

Smisi di canticchiare perché la canzone era finita, lasciando il posto a “I Knew You Were Trouble” di Taylor Swift. Sospirai e mi preparai una spremuta di arance per fare colazione. Mentre sorseggiavo lentamente, una breve melodia cominciò a farsi spazio tra i miei mille pensieri; salii di corsa le scale e mi affrettai a prendere il diario, che si trovava sul mio letto. Scrissi velocemente qualche nota, sorridendo : l'ispirazione stava forse tornando?
 

Austin

Erano le nove e un quarto e la Marino High era affollata come in un normale giorno di scuola : ragazzi e ragazze della mia età camminavano verso i camerini improvvisati per indossare i costumi che erano stati loro assegnati; lo staff di truccatori e preparatori, che Jimmy Star aveva inviato per aiutarci con il video, faceva un gran chiasso chiamando e controllando le varie comparse; infine Dez, in quanto direttore artistico e regista, correva da una parte all'altra per controllare che tutto andasse secondo i piani. Ero arrivato da quasi dieci minuti e non mi aveva ancora detto niente, anzi, probabilmente non si era ancora accorto di me. Ally e Trish, invece, non erano ancora arrivate. Quando il rosso mi sfrecciò davanti, senza neanche vedermi, lo afferrai per una manica della maglietta, in modo da attirare la sua attenzione.

- Dez! - lo chiamai ad alta voce.

Lui però continuò a camminare, mentre io cercavo di seguirlo facendomi spazio tra visi conosciuti.

- Scusa, ma sto cercando il mio migliore amico. - mi spiegò guardandosi intorno.

- Dez! Sono io, Austin. - continuai.

Lui finalmente si girò verso di me e sorrise.

- Austin, finalmente sei arrivato! Da quanto tempo sei qui? - chiese facendomi ridere.

Stavo per rispondere ma lui mi interruppe.

- Lascia perdere, devi andare a prepararti. Vai nel corridoio principale, nella stanza vicino all'aula di chimica : la tua costumista ti sta aspettando. -

Così, mentre Dez si dirigeva da alcuni tecnici per controllare le luci, io andai nel mio camerino improvvisato. Carol, che era la stilista di quasi tutti i cantanti della Star Records, stava chiacchierando con una donna vestita molto eccentricamente. La differenza tra le due era impressionante : la prima indossava un tailleur nero molto elegante e portava i capelli neri legati in uno chignon ordinato, mentre la seconda indossava un abito lungo arancione e aveva i capelli biondi e mossi, con punte fucsia.

- Ciao! - dissi una volta entrato.

- Austin, come è bello rivederti! - mi accolse Carol - Ti presento Jenny, la parrucchiera e truccatrice di Kira. È bravissima e oggi si occuperà anche di te. -

Strinsi la mano a Jenny e mi guardai intorno.

- Ah già, tu ti devi ancora vestire! - prese da una sedia alcuni indumenti e un paio di scarpe, poi me le porse velocemente - Ecco, tieni : questo è il primo completo per il video. Noi andiamo fuori, così ti puoi preparare. -

Dopodiché uscirono dalla stanza ed io cominciai a cambiarmi. Il mio primo outfit consisteva in una t-shirt verde a maniche lunghe e un paio di jeans chiari, abbinati ad un paio di sneakers verdi scuro. Quando finii, le due costumiste tornarono e Jenny mi sistemò i capelli con grande maestria.

- Fatto! - esclamò alla fine.

- Perfetto. - commentò l'altra, entusiasta - Ora, credo che tu debba andare da Kira, giusto? -

- Sì, vado. Ciao Austin, è stato un piacere conoscerti. - concordò.

Le sorrisi, poi Jenny scomparve dietro la porta, diretta verso il camerino dell'altra protagonista del video.

- Bene, ora devi tornare  subito da Dez, perchè siamo già in ritardo con la tabella di marcia! - constatò Carol - Ci vediamo dopo per il cambio di look. -

Così, tornai alla ricerca di Dez. Chiesi in giro dove si potesse trovare, ma in risposta ottenevo spesso un “Non lo so” oppure “È passato da qui poco fa.” o “Austin Moon! Me lo fai un autografo?”. Era sempre così quando dovevamo girare un video : la confusione totale. Di solito potevo parlare con Ally o Trish ma, anche se erano le nove e mezzo, non c'era ombra di loro due. Beh, Trish era sempre in ritardo, quindi la cosa non mi stupiva.
Dato che non sapevo cosa fare, mi diressi verso un invitante tavolino con patatine e dolciumi, posto al centro del corridoio con gli armadietti.

- Uuu, noccioline! - urlai appena vidi uno dei miei snack preferiti, per poi avventarmici sopra.

Stavo divorando noccioline alla velocità della luce, quando sentii una dolce risata alle mie spalle.

- Non cambierai mai. - commentò una voce soave, che avrei riconosciuto anche in mezzo a tutti quegli schiamazzi.

Mi voltai e trovai Ally, bellissima in un abito chiaro e il viso rosato illuminato dalle forti luci della scuola. Era stupenda e le sorrisi imbambolato.

- Ciao Ally! - dissi abbracciandola.

Lei mi sorrise a sua volta, dopo essere arrossita dolcemente.

- Quando sei arrivata? - le domandai.

- Adesso. Ero a casa e mi è venuta in mente una melodia; così ho cercato di scrivere qualche accordo sul diario, ma alla fine non ho composto molto. E non mi sono accorta che il tempo era volato. - rispose con una punta di tristezza.

Stavo per dirle qualcosa di incoraggiante, ma qualcuno mi saltò alle spalle.

- Austin! - urlò una voce conosciuta.

Il viso di Ally cambiò notevolmente espressione. Mi girai verso la voce.

- Kira... - dissi alla ragazza che ora mi abbracciava.

- Sono davvero felice di vederti! - esclamò lei staccandosi.

- Sì, anche io. - affermai.

Kira era già pronta per girare, con addosso il completo da cheerleader giallo caratteristico della Marino High e i capelli legati in una coda alta di boccoli neri.

- Allora, come sto? - chiese con un sorriso.

- Beh... Stai bene. - dissi un po' imbarazzato dalla situazione.

Il suo sorriso aumentò notevolmente.

- Emh, ciao Kira. - intervenne Ally, mettendosi tra noi due.

- Oh, ciao Ally. - la salutò lei con un sorriso piuttosto finto.

Rimanemmo in silenzio per qualche silenzio, poi fortunatamente arrivò Dez.

- Ragazzi, eccovi qui! Vi sto cercando da un mucchio di tempo. - borbottò.

- Anche io ti stavo cercando. - ribattei.

- Sì, lo so. È solo che ci sono un mucchio di cose da fare e Trish non mi sta aiutando, anzi non è ancora arrivata. - si lamentò.

- Se vuoi posso darti una mano io. - si offrì Ally dolcemente.

- Oh, grazie! Puoi andare a cercare le comparse della terza scena? - accettò lui porgendole una lista - I loro nomi sono su questa lista. -

Lei annuì e partì alla ricerca dei ragazzi ingaggiati per il video. Ecco Ally : dolce e sempre pronta ad aiutare gli altri; questa era una delle cose che mi piaceva di più di lei.

- Okay, allora : Austin tu devi venire con me per girare il tuo arrivo nella scuola; Kira invece puoi restare qui, quando sarà il tuo turno ti verranno a chiamare. - spiegò Dez, per poi allontanarsi in direzione dell'ingresso.

Kira sbuffò e cominciò a sgranocchiare velocemente delle patatine, moltissime patatine; io invece seguii Dez. Lui mi spiegò per l'ennesima volta quello che avrei dovuto fare, ma io pensavo solo all'espressione di Ally : sembrava delusa, quasi gelosa... O forse era stata solo una mia impressione?
 

Ally

- Susan Kelly? Luke Jonhson? Sto cercando Susan e Luke, qualcuno li ha visti? - chiesi ai ragazzi intorno a me.

Vagavo tra i corridoi da più di mezz'ora alla ricerca delle comparse, ma ne mancavano ancora due all'appello e, ovviamente, nessuno li aveva visti. Una ragazza mora con gli occhi verdi mi si avvicinò.

- Io sono Susan e laggiù c'è anche Luke. - mi disse - Dove dobbiamo andare? -

- In palestra, il prima possibile per favore. -

Lei annui e si allontanò insieme ad un ragazzo coi capelli scuri e gli occhi marroni. Perfetto : avevo terminato il mio compito. Mi andai a sedere su una panca accostata alla parete, vicino agli armadietti, e sbuffai rumorosamente. Ero un po' stanca e avevo bisogno di cinque minuti di pace. Presi il telefono e le cuffiette dalla borsetta che mi ero portata e cominciai ad ascoltare un po' di musica. In meno di pochi secondi mi isolai dal resto del mondo e, chiudendo gli occhi, mi persi nelle dolci note di “Wide Awake” di Katy Perry. Canticchiavo sotto voce, fino a quando qualcuno mi picchiettò sulla spalla. Aprii gli occhi e tolsi le cuffie dalle orecchie.

- Finalmente sei arrivata! - commentai con un sorriso.

- Ciao anche a te, Ally. - ribatté Trish.

- Ho dovuto fare tutte le cose che avresti dovuto fare tu. - continuai.

- Scusa, ma ho avuto un imprevisto... - si scusò, sedendosi vicino a me.

- Sul serio? - chiesi.

- Sì... Okay no, la sveglia ha suonato e l'ho spenta, ma poi mi sono riaddormentata. - rispose con un sorriso innocente - Mi dispiace, lo so che non sei nel pieno delle forze. -

- Non ti preoccupare. - la tranquillizzai.

Rimanemmo in silenzio per qualche secondo, mentre lei mi scrutava attentamente.

- Cos'hai? Hai una faccia... - domandò.

- Wow, grazie Trish. - scherzai.

- Dico sul serio, sembri triste. È per Kira? -

La guardai stupita : la mia migliore amica riusciva sempre a capire cosa non andava, ma era impossibile che ci azzeccasse al primo colpo.

- Come fai a saperlo? Cioè, aspetta... Non sto così per Kira. - mentii.

- Ally, ho parlato con Dez poco fa e lui mi ha parlato del vostro simpatico incontro. Ha detto che la stavi fulminando con lo sguardo quando ha abbracciato Austin. - mi disse.

- Pff... Non è vero! E poi Dez è arrivato dopo, come ha fatto a vederci? - continuai.

- Mi ha detto che ha visto te ed Austin insieme, così ha preferito non intromettersi e si è nascosto dietro altre persone. Poi è arrivata anche quell'altra ed è intervenuto. - mi spiegò.

Sbuffai, appoggiandomi alla parete, e alzai il viso in direzione del soffitto. Stavo combattendo una guerra interiore, tra mente e cuore. La testa mi diceva che stavo così solo perché Kira non mi stava particolarmente simpatica e perché la conoscevo poco, ma le mie emozioni e sensazioni mi facevano capire che la storia non era così semplice.

- Ally, ci sei? - chiese Trish agitando una mano per attirare la mia attenzione.

- Sì... - risposi a bassa voce.

- E allora cos'hai? -

- Non lo so neanche io... - sussurrai.

- Non sarai mica gelosa? - aggiunse con la sua solita curiosità.

- Che? Nooo! - dissi con voce acuta.

Lei mi guardò con un'espressione che diceva chiaramente che non mi credeva. E la verità era che neanche io credevo fino in fondo alle mie parole; ma perché sarei dovuta essere gelosa?

- Se lo dici tu... Ti va di andare a vedere le riprese? - mi domandò Trish.

Annuii e ci alzammo, per poi andare a cercare i nostri amici. La scuola era meno affollata, ma solo perché erano tutti in palestra per girare la prossima scena; e infatti, in quella grande e spaziosa aula, quasi non si respirava. Non era stato difficile trovare Dez, perché correva e dava indicazioni a voce molto alta, così lo raggiungemmo.

- Ehi Dez! - lo chiamò Trish.

- Ragazze, come va? - esclamò lui.

- Bene. - rispose lei - Le riprese come procedono? -

- Tutto secondo i piani! - disse con un sorriso - Abbiamo già girato alcune scene, cioè alcuni primi piani, l'arrivo di Austin all'ingresso della scuola, il momento in cui decide il da farsi su come conquistare il capo delle cheerleader e quando prende un bel voto nell'ora di fisica. Ora bisogna girare le scene con Kira. -

- Quindi non state andando in ordine. - constatai.

- No, giriamo di seguito scene per le quali i protagonisti non devono cambiarsi, perché così perdiamo meno tempo. - mi spiegò - Nella prossima parte del video, ci sarà una partita di basket, quindi ragazzi e ragazze saranno vestiti con la divisa sportiva o con il completo da cheerleader oppure come semplici studenti. Ah, e poi ci sarà la nostra mascotte! -

- Non avevi parlato di partite di football? - domandò Trish.

- Sì, ma ci sono stati alcuni problemi con le luci. Quindi è meglio girare dentro la scuola. - aggiunse.

Noi due annuimmo, concordando con lui. Poi Dez si allontanò e, con un megafono, cominciò a dare indicazioni.

- Ascoltatemi per favore : per la prossima scena le comparse che interpretano i tifosi devono sistemarsi nelle platee, la squadra di basket deve raggiungere il campo e le cheerleader devono sistemarsi lungo davanti le scalinate. - disse.

Tutti fecero come era stato loro spiegato. Riconoscevo molti dei ragazzi in quella palestra, ma non avevo ancora visto né Austin né Kira.

- Vieni Ally. - mi chiamò Trish - Andiamo lì, vicino allo staff dei truccatori. -

Così la seguii e ci andammo a sedere su due sedie vuote, dietro le telecamere.

- Austin e Kira nel centro della palestra, per favore. Devo darvi ulteriori indicazioni. - continuò Dez attraverso il megafono.

Mi guardai intorno e vidi Austin avvicinarsi al suo migliore amico : indossava la divisa da basket e aveva i capelli biondi leggermente scompigliati da un lato; ad un certo punto incrociò il mio sguardo e mi regalò un sorriso bellissimo, che ricambiai timidamente.

- Che sguardi amorevoli... - commentò Trish.

- Eh? - dissi arrossendo violentemente.

Lei rise di gusto.

- Niente, lascia perdere. -

- Kira al centro della palestra il prima possibile, per favore. - ripeté invece Dez, dato che della ragazza non c'era traccia.

Tornai a guardare di nascosto Austin, che ora chiacchierava con Dez, mentre Jenny, una parrucchiera molto brava, gli sistemava i capelli. Lui, ogni tanto, ricambiava i miei sguardi, con un meraviglioso sorriso in volto.

- Qualcuno vada a cercare Kira, per piacere. - aggiunse Dez.

Un gruppetto di persone cominciò a cercarla, mentre un brusio cominciò a levarsi tra lo staff, che sottovoce commentava la mancanza di puntualità della ragazza. Dez si avvicinò al nostro gruppo.

- Qualcuno ha visto Kira? - chiese con agitazione.

In risposta ottenne solo risposte negative. Qualcuno provò a chiamarla al telefono, ma invano.

- Non avrà mica dato forfait, vero? - continuò il rosso.

- Perché avrebbe dovuto? - ribatté Trish.

- Ma allora dov'è? - si lamentò.

Sembrava piuttosto agitato, non l'avevo mai visto così : insomma, lui sapeva che c'erano dei tempi prestabiliti per girare e avrebbe fatto qualsiasi cosa per far sì che il video venisse alla perfezione; non voleva deludere nessuno, soprattutto il suo migliore amico.

- Ehi, è tutto okay? - domandò Austin, che intanto si era avvicinato.

- No... Kira non si trova e nessuno la vede da più di dieci minuti. - lo informò Trish.

Austin posò lo sguardo sul suo amico e poi si guardò intorno, come se sperasse che la coprotagonista del videoclip apparisse da un momento all'altro.

- Su, non ti preoccupare. - intervenni - Ora la vado a cercare anche io, va bene? -

Dez e gli altri annuirono, così andai alla ricerca di Kira. Lasciai la palestra, per poi avviarmi nel grande corridoio principale, che era occupato solo da poche persone raccolte intorno al piccolo buffet. Controllai tutte le aule : quella di arte, quella di informatica, quella di inglese... Ma non c'era nessuno, a parte qualche studente annoiato che seguiva i corsi estivi di recupero. Dopo dieci minuti mi fermai, accostandomi alla parete davanti ai bagni.

- Dove cavolo si è cacciata? - pensai, sbuffando.

Mi guardai intorno, pensando ai posti in cui non avevo ancora cercato; il mio sguardo vagò fino alla porta del bagno delle ragazze. Beh, tentar non nuoce... Così, vi entrai.

- C'è qualcuno? - domandai affacciandomi.

In risposta, una porta dei bagni si aprì.

- Kira! Stai bene? - chiesi alla ragazza, che sembrava stare male.

- Più o meno... - rispose lei, appoggiandosi a un lavandino.

Si lavò il viso con un po' d'acqua fredda e di asciugò con un fazzoletto.

- Cosa è successo? - continuai io, avvicinandomi.

- Credo di aver mangiato troppe patatine e mi sono sentita male. Preferirei non entrare nei dettagli... - mi spiegò.

- Ah... - commentai - Chiamo gli altri e li avverto che ti ho trovata. -

- Mi state cercando da molto? Mi dispiace... - bisbigliò tristemente.

- Non ti preoccupare, è tutto okay. - la tranquillizzai con un piccolo sorriso.

Presi il telefono e composi il numero di Austin.

- Pronto, Ally? Tutto a posto? - disse.

- Sì, ho trovato Kira. Si è sentita male a causa di alcuni snacks e adesso siamo in bagno; ora vi raggiungiamo, ma non credo che riuscirà a girare ancora. - raccontai.

- Va bene, vi aspettiamo. Dille di stare tranquilla per il video... - aggiunse dolcemente.

- Certo. -

Chiusi la chiamata e, sostenendo Kira con un braccio, ci dirigemmo in palestra.

- Grazie Ally. - mormorò, poco prima che tutti gli altri ci raggiungessero.

Le sorrisi timidamente e la feci sedere su una sedia, chiedendo agli altri ragazzi di non starle addosso. Dopodiché, la lasciai nelle mani di Jenny, che si offrì di portarla a casa. Kira ci salutò velocemente e, dopo essersi andata a cambiare, andò in macchina.
Io, Trish, Austin e Dez eravamo in piedi nella palestra, in silenzio. Le comparse e i vari componenti dello staff erano dispersi nella scuola, perché Dez aveva dato mezz'ora di pausa a tutti.

- E ora, cosa facciamo? - domandò il regista.

- Non lo so... - gli rispose Austin sinceramente - Ma vedrai che andrà tutto bene. -

- Ma come facciamo a trovare una sostituta in poco tempo? Le altre ragazze non conoscono la sceneggiatura... - ribatté l'altro.

- Io avrei un'idea. - ammise Trish con un sorriso, guadagnandosi la nostra completa attenzione.

- Dicci tutto! - la incoraggiò il biondino.

Lei, in risposta, postò lo sguardo su di me, ma io non capii cosa aveva intenzione di dire.

- Beh, Ally sa la sceneggiatura a memoria e i vestiti di Kira le starebbero senza problemi. - disse lentamente.

Rimasi sorpresa dalle sue parole : infondo aveva ragione, ma c'era sicuramente qualcos'altro sotto.

- È un'idea strepitosa! - esclamò Austin, con un sorriso smagliante.

- Trish ha ragione, saresti perfetta! - aggiunse Dez rivolgendosi a me - Potresti farlo Ally? -

- Certo. - accettai sorridendo.

- Grazie, grazie, grazie! - esultò lui abbracciandomi.

Poi si staccò e corse ad avvisare tutti gli altri.

- Sono davvero felice che ci sia tu con me, nel video. - mi rivelò Austin dolcemente, per poi andare a sistemarsi, seguito da Carol.

Sentii le guance scaldarsi, ma cercai di nasconderlo. Mi girai verso Trish e notai che stava ridendo.

- Sei sempre la solita. - dissi alzando gli occhi al cielo - E comunque, noi due dobbiamo parlare. -

- E di cosa? - mi chiese.

- Non so se hai proposto me solo per motivi tecnici... - continuai.

- Non importa, adesso devi andarti a cambiare. - ribatté lei.

- Va bene... - aggiunsi infine.

Così, ci avviammo verso il mio nuovo camerino, per farmi preparare. Camminavo con un innascondibile sorriso sul volto e quasi saltellavo per la felicità.
Okay, lo ammetto : un po' mi era dispiaciuto quando avevo saputo che sarebbe stata Kira la coprotagonista del videoclip. Infondo quella canzone era per me, era qualcosa di speciale tra me e Austin, un po' come “I Think About You”. Ed ero davvero felice di poter essere nel video, con lui.
 

Angolo Autrice

Ciao a tutti cari lettori! Come state? Come va la scuola?
Eccomi qui con l'undicesimo capitolo della storia!
Lo so, sono in ritardo di due settimane... Mi dispiace, ma con la scuola ho avuto meno tempo per scrivere e, come potete vedere, il capitolo è piuttosto lungo.
Spero davvero che vi piaccia!
La canzone nel capitolo è Stars Dance di Selena Gomez : a me piace molto e così ho deciso di inserirla, dato che è anche in tema con lo scorso capitolo.

Ci tengo a ringraziare tutti i lettori, chi recensisce, chi ha messo le storie tra le preferite o le seguite.
Siete gentilissimi e mi fate sempre felice. Grazie mille :) !!!
Se vi va di dirmi cosa pensate del capitolo, se ci sono errori o imprecisioni o se volete darmi dei consigli, lo potete fare attraverso le recensioni.
Vi mando un bacione e ringrazio ancora tutti i lettori.
Ciao, alla prossima ♥ !

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Capitolo 12
*** Notti tempestose ***


Notti tempestose

Austin

- Bene ragazzi, abbiamo finito di girare! - urlò Dez attraverso il megafono - Siete stati tutti bravissimi, grazie per il vostro aiuto. -

E così, intorno alle sei del pomeriggio, dopo un pranzo veloce e ore di riprese, anche quella giornata stava per giungere al termine. Era stata un'esperienza divertentissima e, con Ally, era stata semplicemente perfetta.
Infondo, tutto di lei era più che perfetto : i suoi occhi espressivi, le sue labbra rosee, il suo sorriso meraviglioso, il suo sguardo dolce...
Era andato tutto per il verso giusto e avevamo girato le rimanenti scene piuttosto velocemente : la partita di basket, il balletto delle cheerleader, la scena dello spettacolo... Avevamo riso, giocato, recitato, ballato, cantato : era stato un pomeriggio fantastico.
Mi avvicinai ad Ally e Trish, che chiacchieravano sull'andamento della giornata. Ally indossava il vestito giallo caratteristico della Marino High e portava i capelli legati in una coda alta, mentre Trish, che aveva voluto a tutti i costi partecipare al video, era vestita come una professoressa (ovvero l'unico personaggio che nessuno aveva voluto interpretare), con tanto di giacca e pantaloni scuri.

- Siete state grandi ragazze! - mi complimentai.

- Grazie. - rispose Ally con un sorriso timido.

- Beh, modestamente, so di essere un'eccellente attrice. - disse Trish, facendoci ridere.

- Non cambierai mai! - commentò la sua migliore amica.

Intanto, le tante comparse si stavano disperdendo nei corridoi della scuola, per tornare a casa.
Continuammo a chiacchierare per un po', fino a quando ci mandarono a cambiarci per l'ultima volta; così andai a indossare i miei vestiti nel camerino alias ripostiglio di chimica. Nella stanzetta, piena di librerie e scaffali, c'era una piccola finestra aperta che dava sul parcheggio dei professori; mi affacciai e alzai lo sguardo verso il cielo : nubi scure stavano cominciando a farsi largo nel cielo, oscurando il sole e rendendo il paesaggio più monotono. In lontananza, i contorni definiti dei palazzi andavano a confondersi con il cielo, il cui colore variava dall'azzurro chiaro al grigio. Quei nuvoloni non promettevano niente di buono... Erano così bassi e densi che, dal tetto del palazzo più alto di Miami, sarei riuscito a toccarli.
Mi allontanai dalla finestra e, dopo essermi sistemato i capelli, tornai dai miei amici. La scuola si era svuotata quasi del tutto, rimanevano solo pochi ragazzi dello staff che stavano sistemando le ultime attrezzature da portare via.
Dez aspettava appoggiato al portone della scuola, salutando Carol e altri nostri amici; Ally e Trish non c'erano, probabilmente erano ancora a cambiarsi.

- Hey Dez! - lo chiamai.

- Austin, lo sai che probabilmente entro stasera avranno già montato e sistemato il video? Non hai idea di quanto io sia felice! - disse, mentre io mi sistemavo accanto a lui.

- Ti capisco, è stato davvero divertente. - concordai.

- Sì, nonostante tutte le complicazioni. - continuò lui con un'espressione triste - Tu non lo sai, ma ad un certo punto il computer è come impazzito e stava per cancellare le scene già girate. Per fortuna Finn, un tecnico dello staff, è riuscito a riparare il guasto. -

- Davvero? - chiesi.

- Sì. - rispose lui, per poi continuare a parlare dei tanti piccoli problemi che c'erano stati.

Dopo cinque minuti, lo interruppi.

- Dez, non ti preoccupare! Sono sicuro che il video verrà benissimo, perché hai gestito tutto alla perfezione. - lo tranquillizzai.

Lui mi sorrise.

- Grazie. - sussurrò.

- Sono felice che alla fine Ally abbia partecipato al video. - affermai felice.

- Anche io. - concordò - Mi dispiace solo per Kira, spero che si rimetta. -

- Già... Però Ally è stata grandiosa. - aggiunsi.

- È vero, e anche tu sei stato proprio bravo! Sembrava che tu non stessi neanche recitando mentre fingevi di conquistarla. - scherzò.

Arrossii leggermente, guardandomi intorno nella speranza che nessuno ci stesse ascoltando.
Lui si mise a ridere, contagiando anche me.
Ed era in momenti come quelli che pensavo a come una bella giornata potesse diventare indimenticabile, grazie ai miei amici. Senza di loro, non so quanto senso avrebbe la mia vita.
Pensate a voi senza i vostri migliori amici. Le belle notizie sarebbero altrettanto belle senza qualcuno a cui raccontarle? E nei momenti tristi, come fareste a tornare a sorridere?
Io non voglio neanche pensarci alla mia vita senza Ally, Dez e Trish.
Come dice una nostra canzone Me without you just isn't the same”.
E così, io e Dez continuammo a chiacchierare per un po', aspettando le nostre amiche; ormai tutto lo staff era andato via, lasciando ancora pochi tecnici nella scuola, che piano piano ritornava silenziosa e tranquilla.
 

Ally

- Allora? - chiesi a Trish, che si era appena cambiata.

Eravamo nell'aula di musica e ci stavamo sistemando. Nell'aria aleggiava un odore sgradevole, come di muffa, che mi pizzicava il naso; gli strumenti della scuola, accatastati disordinatamente in due scaffali, erano ricoperti da un leggero velo di polvere, visibile grazie alla debole luce che entrava dalla finestra.

- Allora cosa? - ribatté la mia amica, pettinandosi con la spazzola fucsia che portava sempre con sé.

Io ero pronta da più di dieci minuti, vestita di nuovo con il mio abito rosa chiaro, ma ovviamente lei aveva perso tempo a chiacchierare con Kerry e Julie, due ragazze che seguivano con noi il corso di biologia.

- Mi spieghi qual è il tuo piano? - dissi.

Lei sorrise e alzò gli occhi al cielo.

- Non ho idea di cosa tu stia parlando. - rispose con finto tono innocente.

Mi avvicinai a lei, in modo da guardarla negli occhi : non sarebbe stato semplice estrapolarle la verità.

- Lo sai che non ti credo. - la sfidai.

- Senti Ally, ho solo pensato che tu saresti stata perfetta per il video. Eri la prima scelta fin dall'inizio, ma non volevamo farti stancare. - mi spiegò.

- Davvero? - domandai - Hai pensato solo al bene del video? -

Lei sospirò.

- No, volevo anche provare a farti aprire gli occhi. Ma credo che non abbia funzionato... - borbottò.

- Ma di cosa stai parlando? - continuai.

- Dei tuoi sentimenti. - aggiunse convinta.

Sbuffai alla sola idea di ascoltare per l'ennesima volta quel discorso. Era da quando io e Austin ci eravamo lasciati che lei ripeteva che i miei sentimenti non erano affatto cambiati; diceva sempre che i miei occhi parlavano da soli, che mostravano quello che provavo per lui senza che io lo volessi.
Ma io smentivo ogni volta, con sempre meno sicurezza.

- Sono pronta. - mi avvisò però lei.

La guardai stranita, perché non mi aspettavo che sorvolasse così l'argomento “Austin”.

- Perché mi guardi così? - chiese allora lei.

- Perché ho il sospetto che tu mi stia nascondendo qualcosa. - bisbigliai.

Lei spalancò gli occhi, per poi spostare lo sguardo verso il soffitto.
L'avevo appena scoperta.

- Dai, andiamo. Ci staranno aspettando. - cambiò discorso Trish.

- Okay, ma non ti credo. - ribadii io.

Lei rise e insieme ci avviammo verso l'uscita della scuola, camminando tra quelle pareti ricche di ricordi. Austin e Dez ci stavano aspettando al portone, chiacchierando animatamente su non so che cosa.

- Finalmente siete arrivate! - esordì Dez appena ci vide.

Austin, che era di spalle, si girò con un bellissimo sorriso in volto, che ricambiai dolcemente.
Trish fulminò con lo sguardo il rosso, che era solito sottolineare e lamentarsi del ritardo della riccia.

- Ci vuole tempo per “questo”. - rispose lei, indicando i nostri vestiti.

- Okay, okay. - si arrese lui - Che facciamo? -

Ci guardammo a vicenda, senza idee sul da farsi.

- Potremmo andare a fare shopping. - propose Trish - E voi avreste l'onore di portarci le buste. -

Sorrisi all'idea, mentre i ragazzi alzavano gli occhi al cielo.

- Possibile che pensi solo allo shopping? - domandò Austin ridendo.

Trish fece finta di non sentirlo.

- Vi va di venire tutti a dormire a casa mia? - disse allora Dez - Possiamo sistemarci in taverna e non importa se facciamo confusione, tanto i miei genitori non ci sono. -

- Sì, potremmo fare un pigiama party! - esultò Trish.

- Certo, possiamo guardare un film e ordinare una pizza. - continuò lui.

- Fantastico! Allora ci vediamo da te tra un'oretta? - aggiunse Austin.

Dez annuì e, poiché anche io e Trish eravamo d'accordo, ci organizzammo per la serata. Alla fine, dopo circa dieci minuti, ci salutammo e ognuno tornò a casa propria per prepararsi.
La via di casa sembrava non finire più, soprattutto a causa della stanchezza che mi pesava sulle spalle; il tempo non aiutava e, nonostante fosse estate, sembrava già tarda sera.
Mi guardai intorno, mentre i lampioni cominciavano ad accendersi.
Improvvisamente, un pensiero invase la mia mente : e se di nuovo l'incubo fosse tornato a disturbare il mio sonno? Una forte ansia mi assalì. Non riuscivo mai a controllare le mie emozioni dopo gli incubi, perché tutto perdeva senso ed era difficile distinguere la realtà dal sogno. E se avessi avuto una delle mie solite crisi, avrei sicuramente svegliato i miei amici e una sfilza di domande avrebbe caratterizzato il resto della nottata.
Come avevo fatto a scordarmelo?
Arrivai finalmente a casa e mi sedetti al tavolo in cucina. Appoggiai i gomiti sulla superficie rettangolare di legno, sistemando poi la testa tra le mani. Dovevo stare tranquilla. Infondo, preoccuparmi eccessivamente avrebbe solo peggiorato la situazione e, magari, sarei riuscita a dormire tranquillamente.
Sì certo, come no...

- Ally, sei tu? - chiese mio padre, scendendo le scale.

- Sì papà, sono io. - risposi ad alta voce, per farmi sentire.

Udii i suoi passi pesanti avvicinarsi e mi diedi una sistemata, giusto per non sembrare uno zombie. Difatti, entrò in cucina con in mano il suo portatile nero.

- Tutto ok? -

Annuii, cercando di sorridere.

- C'è tua madre che ti vorrebbe parlare dall'Africa, su skype. - disse porgendomi il computer.

Il mio sorriso aumentò velocemente, mentre aprivo il collegamento con lei; il suo volto apparì sullo schermo e, immediatamente, mi sentii meglio. Quanto mi era mancato il suo sguardo materno e amorevole, la sua voce, la sua presenza, i suoi speciali consigli. Tutto era meno complicato con lei.

- Ally! - esultò appena mi vide.

- Ciao mamma. - dissi felice.

- Oh tesoro, come stai? Mi dispiace tantissimo di non poter essere lì con te... Avrei dovuto starti accanto quando stavi male, ma hanno bloccato tutti i voli e le comunicazioni erano sempre molto disturbate. - si scusò.

- Non ti preoccupare mamma, ora sto meglio. - risposi.

- Davvero? -

- Sì. - ribadii - Lo sai che ho partecipato al nuovo video di Austin? -

- Oh tesoro, sono davvero felice per te! Raccontami tutto, come è andata? - mi incoraggiò con un grande sorriso.

E così, cominciai a parlarle di tutto quello che era successo. Era fantastico potersi sfogare con lei e più chiacchieravamo, più capivo quanto mi era mancata.
 

Austin

Alle otto precise ero davanti alla casa di Dez a suonare il campanello, con in mano il mio sacco a pelo rosso e un borsone contenente la mia roba.

- Arrivo! - sentii urlare da oltre la porta.

Il cielo era ancora più scuro di prima e le nubi minacciavano pioggia; per strada non c'era più nessuno e il mare, da lì visibile per un breve tratto, era agitato. Mi guardai intorno, scorgendo un lampo in lontananza e sbuffai all'idea dell'imminente temporale.
La porta venne aperta e mi ritrovai davanti Dez, nel suo pigiama da enigmista.

- Hey Austin! - disse - Entra, prima che cominci a piovere. -

Feci come mi aveva detto e scesi in taverna. Il divano e le poltrone erano state spostate, per far posto a un materasso a due posti, avvolto in un lenzuolo bianco e con una coperta rosa, e a un altro sacco a pelo arancione.

- Menomale che sei arrivato! O sarei impazzita da sola con Dez. - esclamò Trish alle mie spalle, uscendo dal bagno adiacente alla sala hobby, nel suo pigiama maculato.

- Wow Trish, sei arrivata in anticipo! - scherzai ridendo.

- Sì, lo so. Tutta colpa di mia mamma, che mi ha voluto accompagnare. - spiegò.

Risi, per poi appoggiare il mio sacco a pelo per terra; andai in bagno e indossai una maglietta a maniche corte azzurra e un pantalone della tutta blu, ovvero il mio pigiama estivo.
Sistemai i miei vestiti nel borsone e uscii, accorgendomi che stava già piovigginando. Nel seminterrato c'era infatti una piccola finestra, situata nella parte alta della parete, che mostrava una piccola parte del giardino; in quel momento era già rigata da alcune goccioline d'acqua.

- Ally dov'è? - chiesi a Trish, che stava scegliendo il film da guardare.

- Dovrebbe arrivare a minuti. - rispose tranquillamente - Dez, perché non chiami la pizzeria e ordini le pizze? -

- Okay, vado al piano di sopra, perché qui il telefono non prende. - accettò lui, salendo poi le scale.

Mi andai a sedere sul divano, canticchiando una nuova melodia. Intanto, il ticchettio della pioggia accelerava e continuava imperterrito.

- Trish, non hai detto niente ad Ally, vero? - domandai alla riccia, riferendomi al fatto che ero ancora innamorato perso della sua migliore amica.

- No. - disse lei passeggiando per la stanza - Ma lo sai che non sono brava a mantenere i segreti, soprattutto con Ally. -

- Lo so, ma prima di dirglielo vorrei capire che cosa ha. - le spiegai.

- Anche io vorrei tanto saperlo, ma ogni volta che le parlo cambia discorso. - continuò lei.

- Già... - commentai.

Lei sospirò e sentimmo il campanello suonare.

- Vado io. - esclamai immediatamente, precipitandomi su per le scale.

Mi diedi una veloce sistemata e aprii la porta.

- Ciao Austin. - mi salutò Ally, con un adorabile sorriso.

- Ciao. - ricambiai io con aria leggermente imbambolata.

Aveva i capelli un po' bagnati e piccole folate di vento facevano svolazzare le punte più chiare; anche la giacchetta di jeans che aveva indossato era fradicia di pioggia, che aveva reso il tessuto più scuro sulle spalle.

- Emh... - cominciò lei timidamente - Mi puoi fare entrare? Sai, sta piovendo abbastanza forte. -

- Sì, certo. Scusa. - dissi con un sorriso imbarazzato, facendomi da parte per farla passare.

Lei rise dolcemente e insieme scendemmo di nuovo in taverna.

- Ally, ma che hai fatto? - chiese Dez, che intanto ci aveva raggiunto.

- Ho scordato l'ombrello a casa e ho fatto l'ultimo tratto a corsa sotto la pioggia. - spiegò lei.

- È meglio che tu vada a cambiarti, prima che ti ammali. - intervenne Trish, con tono apprensivo.

Lei annuì e andò a mettersi il pigiama in bagno.

- Allora, che film hai scelto Trish? - domandò Dez.

- “Zalieni 8”! - rispose lei sorridendo.

- Evvai! - esultò lui, avvicinandosi e mettendo una mano sulla mia testa, per poi urlare - Mangia cervelli, cervelli, cervelli! -

Risi, sistemandomi di nuovo capelli.

- La pizza tra quanto arriva? - dissi.

- Tra circa mezz'ora. - mi comunicò il rosso, per poi andare a rispondere al telefono, che stava squillando.

Intanto Ally ritornò nella sala hobby, con addosso una corta camicia da notte verde scura (http://i3.ztat.net/large/EV/42/1C/0F/6M/11/EV421C0F6-M11@13.jpg), e i capelli sciolti che cadevano sulle spalle. Cavolo, stava benissimo anche in pigiama.
Cercai di non imbambolarmi di nuovo, ma mi fu impossibile non sorriderle; lei, in risposta, abbassò il capo, con un sorriso imbarazzato accennato sul suo volto roseo.
Sentii Trish ridere sotto i baffi e spostai lo sguardo.

- Allora... - cominciò Ally - Come ci sistemiamo per dormire? -

- Austin e Dez dormono nei loro sacchi a pelo, mentre io e te possiamo stare nel materasso. - spiegò la riccia.

- Perfetto. - commentò l'altra con sguardo complice.

- Ma non è giusto, il lettone è più comodo. - intervenni.

- Lo so, è per questo che ci dormiamo noi. - concluse Trish.

Alzai gli occhi al cielo, ridendo insieme ad Ally. Dez, intanto, tornò da noi.

- Mi ha chiamato Jimmy! - ci informò sorridendo - E mi ha detto che da domani mattina il video sarà visibile su internet. -

- Davvero? - chiesi felice.

- Sì, ha detto che le scene sono tutte perfette e che stanno lavorando molto velocemente. - ci riferì.

- I fans ne saranno entusiasti! - disse Trish - Scrivo subito la novità sul tuo blog. -

Annuii e mi voltai verso Ally, che sorrideva; le corsi incontro, istintivamente, e la abbracciai, facendola poi girare. Il suono della sua dolce risata invase la stanza, contagiando anche me. Quando ci fermammo, il mio cuore batteva tanto forte quanto la pioggia che bacchettava sulla finestra, un po' per la giravolta, ma soprattutto per la vicinanza tra i nostri visi. Incantato dai suoi occhi, mi persi in quell'immensità color nocciola che mi aveva sempre affascinato.

- Aaaw! - esclamò Dez - Abbraccio di gruppo! -

Così, anche lui e Trish si unirono all'abbraccio, ridendo felici. E, ancora una volta, mi resi conto di quanto la nostra amicizia fosse importante.
Il campanello suonò di nuovo, facendoci staccare.

- È arrivata la pizza! - esultò Dez, precipitandosi ad aprire la porta.

- Ed è anche in anticipo. - commentò Trish sorridendo.

Tanto veloce quanto sgraziato, il rosso tornò da noi, tenendo in equilibrio le quattro pizze.

- Si mangia! - canticchiai, aiutandolo a non far cadere la cena.

Dopodiché ci sistemammo sul divano e sulle poltrone, iniziando a mangiare. Ogni tanto il mio sguardo incrociava quello di Ally, facendoci arrossire entrambi. Nessuna ragazza mi aveva mai fatto sentire in quel modo, così vivo, in balia di mille emozioni differenti.
Il tempo passò velocemente, tra chiacchiere e sguardi rubati, e in men che non si dica ci ritrovammo a guardare il film, seduti tutti sul divano. Trish e Dez, che aveva anche preparato i popcorn, guardavano interessati la tv e, ogni volta che uno zalieno mangiava qualche cervello, cominciavano a ridere. Io ero un po' meno preso dalla storia e passavo la maggior parte del tempo a osservare Ally di nascosto; lei era seduta vicino a me e probabilmente non aveva ascoltato neanche una battuta del film. Fissava la piccola finestra che dava sul giardino, con un'espressione pensierosa e distratta; sembrava che stesse contando le goccioline che rigavano il vetro, ma dubito che la sua mente stesse pensando alla pioggia, che intanto era diventata un temporale.
Ad un certo punto, una luce brillante illuminò il cielo scuro oltre la finestra e, subito dopo, un boato fortissimo ci fece sobbalzare. Ally, d'istinto, mi strinse la mano e chiuse gli occhi.

- Hey, è tutto okay. È solo un tuono, stai tranquilla. - le sussurrai nell'orecchio.

Lei annuì e, allentando leggermente la presa sulla mia mano, cominciò a guardare il film, nonostante il suo sguardo preoccupato tornasse più volte al cielo notturno. Strano, pensai, Ally era sempre stata affascinata dai temporali. Non riuscivo proprio a capire il suo comportamento e ciò mi turbava : non volevo vederla così in ansia.
Verso la fine del film, appoggiò la testa sulla mia spalla e la sentii calmarsi; regolarizzai il mio respiro con il suo, inspirando quel suo dolce profumo alla vaniglia. Quando lo zalieno protagonista riuscì a salvarsi, partendo poi nello spazio, i titoli di coda cominciarono a scorrere nello schermo. Ally si stiracchio lentamente e si alzò, lasciandomi con una forte sensazione di vuoto.

- Non c'è niente di meglio di una serata tra zalieni e cervelli! - disse Dez.

- Soprattutto con un'atmosfera così. - aggiunse Trish riferendosi al temporale.

- Già. - concordò l'altro.

Probabilmente non si erano accorti di come stesse Ally. Mi avvicinai a lei, cercando il suo sguardo fuggente.

- Stai bene? - domandai.

Lei annuì, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

- Che ne dite, andiamo a dormire? - chiese poi, quasi bisbigliando.

- Sì, io sono stanchissimo. - commentò Dez.

Così, ognuno si sistemò nel proprio letto provvisorio ed io spensi la luce.

- Buonanotte. - disse Trish sbadigliando, per poi mettersi i tappi per le orecchie e il paraocchi nero, come era solita fare.

- Buonanotte. - rispondemmo in coro noi tre.

Ben presto, udii i respiri dei miei amici regolarizzarsi, segno che si erano addormentati; per il resto, non si sentiva altro che il rumore del cielo in tempesta. Non riuscivo a vedere oltre la punta del mio naso, ma sapevo che Ally era ancora sveglia. Chiamatelo sesto senso, o intuito, ma la conoscevo troppo bene e capivo che c'era qualcosa che non andava.
Sentii le palpebre appesantirsi e gli occhi si chiusero senza volerlo; la stanchezza prese il sopravvento e mi addormentai.

........................

Un lampo, un boato fragoroso, ed ecco che i miei occhi si spalancarono nel buio del seminterrato di Dez. Facevo fatica a distinguere quello che mi circondava a causa dell'oscurità, così presi il mio telefono dalla tasca e illuminai fievolmente la stanza. Dez era nel suo sacco a pelo arancione e russava davvero forte, tant'è che il rumore pesante dei suoi respiri era perfettamente udibile nonostante lo scrosciare dell'acqua oltre la finestra; Trish invece dormiva nel lettone, con il viso coperto dai riccioli, e aveva tirato a sé tutto il lenzuola fuscia, lasciando scoperta l'amica, che le dormiva accanto. Ally riposava tutta rannicchiata su sé stessa, con una mano sotto la testa e i capelli che, ondulati, cadevano leggeri sul cuscino; si agitava molto nel sonno, come se stesse sognando, e aveva in viso un'espressione turbata, quasi impaurita.
Mi alzai, stiracchiandomi e stropicciando gli occhi ancora assonnati, per poi salire in cucina. Attraverso la finestra, che era stata dimenticata aperta, le luci dei lampi entravano in casa, creando giochi di luce spaventosi sul pavimento. L'orologio produceva un ticchettio alquanto fastidioso e segnava circa le tre di notte; mi avvicinai al frigo, per poi prendere un un po' d'acqua da bere.
Di solito, in estate, riuscivo a dormire ininterrottamente fino alle dieci del mattino e, siccome avevo ancora sonno, decisi di provare a riaddormentarmi. Così, ritornai al piano di sotto.
Mi stavo per risistemare nel sacco a pelo, quando sentii dei leggeri lamenti provenire dal lettone in mezzo alla stanza; feci di nuovo un po' di luce e notai che Ally stava piangendo nel sonno. Mi avvicinai a lei, cautamente, cercando di non svegliare gli altri, che per fortuna avevano il sonno molto pesante.

- Perché? Perché? - chiese Ally in deboli sussurri, scuotendo più volte la testa.

Altri bisbigli incomprensibili uscirono dalla sua bocca, come richieste disperate. Mi accovacciai accanto a lei, provando a tranquillizzarla e prendendole la mano.

- Basta, vi prego. - sussurrò lei, stringendo la presa.

Respirava con molta fatica e le lacrime scorrevano calde sulle sue guance gelide. Mi sentivo impotente, perché non sapevo cosa fare : svegliandola l'avrei fatta spaventare ancora di più, perciò potevo solo sperare che si calmasse.
Le accarezzai la guancia, un po' titubante, e lei, improvvisamente aprì gli occhi. Si mise seduta di scatto, aprendo la bocca per riprendere fiato. Mi guardò, con un'espressione terrorizzata in quel suo bellissimo viso, e ricominciò a piangere; incapace di vederla in quello stato, l'attirai a me, stringendo il suo corpo fragile tra le mie braccia. Tremava come una foglia, scossa dai continui singhiozzi, e riuscivo a sentire il suo cuore battere all'impazzata contro il mio petto.

- È tutto okay, Ally. Era solo un incubo, ma ora è passato. - le bisbigliai all'orecchio - Ora ci sono io con te. -

Continuai ad accarezzarle sistematicamente la chioma scompigliata di lunghi capelli castani, cercando di farla tranquillizzare. Quando sentii il suo respiro regolarsi un pochino, la feci stendere di nuovo per farla tornare a dormire.

- Non mi lasciare, per favore. - mi disse con un tono di voce appena percettibile, con gli occhi socchiusi, prendendomi di nuovo per mano.

Così, presi il mio sacco a pelo, mettendolo vicino al lettone e sistemandomici sopra. Ally si avvicinò il più possibile, poggiando la testa sul mio petto, ed io la strinsi di nuovo a me.

- Resta qui con me. - aggiunse poco prima di riaddormentarsi, con il viso ancora rigato dalle lacrime.

- Sempre. - le promisi, dandole un bacio sulla fronte.

Finalmente, il suo cuore e il suo respiro rallentarono il ritmo, e il silenzio ritornò intorno a noi, disturbato solo dal temporale che imperversava fuori.
Un costante pensiero aleggiava nella mia mente : cosa l'aveva terrorizzata così tanto?
Ero troppo stanco per ragionare, ma il pensiero di averla al sicuro tra le mie braccia mi fece rassicurare.
Era lì, con me. Ed io ci sarei stato sempre per Ally, come lei c'era sempre stata per me.
Sentii il sonno pervadermi ancora una volta e chiusi leggermente gli occhi, mentre i nostri cuori battevano all'unisono, scanditi dal ticchettio della pioggia.

Infondo noi eravamo sempre stati così :
due corpi per una sola anima,
due cuori con un solo battito,
due luci di un solo colore,
due persone legate da un unico destino.
Io e lei.

L'ultima cosa che ricordo è il suono scaturito dall'ennesimo tuono, poi solo il buio di un sonno profondo.
 

Angolo Autrice

Ciao a tutti cari lettori! Come state?
Eccomi di nuovo qui con il dodicesimo capitolo. Spero che vi piaccia ♥ !
Vorrei ringraziare di cuore tutti i lettori e coloro che recensiscono, che mi fanno sempre felice con i loro messaggi. Siete fantastici e vi sono grata di seguire la mia storia!
Se vi va di dirmi cosa pensate del capitolo, se ci sono errori o imprecisioni, me lo potete dire attraverso le recensioni. Ma questo già lo sapete :P.
Vi mando un bacione! Grazie ancora a tutti.
Alla prossima ♥ ! 

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Capitolo 13
*** Domande difficili ***


Domande difficili

Ally

Una debole luce filtrava dalla piccola finestra del seminterrato di Dez, illuminando opacamente la stanza, e un silenzio tranquillizzante riempiva lo spazio tra quelle quattro mura.
Aprii lentamente gli occhi, ritrovandomi tra le braccia possenti e sicure di Austin, che ancora dormiva tranquillo; con la testa appoggiata sul suo petto, sentivo il suo respiro tra i capelli e udivo il battito del suo cuore vicino all'orecchio. Inizialmente non capii perché mi trovassi abbracciata a lui, sopra il suo sacco a pelo, ma sorrisi istintivamente, rassicurata dalla sua presenza. Mi sentivo al sicuro, come se niente potesse disturbare quella dolce atmosfera intoccabile; non mi resi immediatamente conto di quanto fossimo vicini, ma non mi importava.
Forse è un sogno, pensai. Sì, doveva essere per forza così : stavo così bene lì, con lui, che non poteva essere vero. I sogni sono così, ci mettono di buon umore mostrandoci quello che più ci piace e ciò che vogliamo; tutto sembra meno concreto, come se la materia si privasse di tutte le sue regole e leggi.
Era da tanto che non sognavo...
A volte, quando realtà e inconscio si alternano così tante volte, poi è difficile distinguerli. Ci appare tutto più vago, meno sicuro, come se non avessimo più un terreno fisso sotto i piedi; la sicurezza che avevamo ci abbandona piano piano, notte dopo notte, rendendoci più fragili e confusi.
I suoni arrivavano ovattati alle mie orecchie, come se fossi in una bolla di sapone, e provavo una forte emozione, forse per la vicinanza tra me ed Austin.
Penso che sia questo il bello del dormiveglia, del risveglio : l'incapacità di capire cosa ci succede intorno, la completa ignoranza della realtà. E si sta così bene in quell'oblio che, se si potesse, si resterebbe così per qualche secondo in più; anche se, quando si è completamente svegli, non ci si ricorda più di quegli interminabili secondi di assoluta tranquillità.
Regolarizzai il mio respiro con quello di Austin, mentre lo guardavo dormire. Era bellissimo, beatamente addormentato, e i nostri visi erano così vicini...
Ma tutti i ricordi si fecero largo nella mia mente, prima piano, poi tutti in un colpo.
Non stavo vivendo un sogno e neanche un incubo, quella era solo la realtà. Quel tipo di realtà che ti arriva come un pugno nello stomaco, che ti sveglia come un getto d'acqua ghiacciata.
Avevo improvvisamente bisogno di aria e, nonostante stessi davvero bene in quel calore familiare, mi alzai, cercando di non svegliare Austin; un freddo improvviso mi avvolse, facendomi sentire la mancanza di quell'abbraccio, ma mi allontanai silenziosamente. Trish e Dez, dormivano ancora rispettivamente nel lettone e nel sacco a pelo, con un'espressione tranquilla in volto.
Infilai le pantofole ai piedi e, con passo felpato, salii le scale e raggiunsi il colorato salotto di casa Wade; la stanza aveva le pareti arancioni chiare, che infondevano una calda sensazione di accoglienza e benessere. Notai subito una grande portafinestra nella parete di fronte a me, che portava al grande giardino nel retro dell'abitazione. Aveva finalmente smesso di piovere e un sole poco luminoso si stava facendo timidamente largo tra le nuvole; il giardino era pieno di pozzanghere e le gocce di pioggia sull'erba scintillavano alla luce dei raggi solari.
Vagai a vuoto per la stanza, tra il grande divano bianco e il tavolino da caffè, tra le statue ornamentali tramandate da generazioni e i quadri dipinti da Didi (la sorella di Dez) lasciati disordinatamente per la stanza; una grande libreria troneggiava alla mia destra e tutte le pareti erano ricche di foto. Ogni mobile o arredo aveva un colore diverso, il che creava l'arcobaleno in una stanza.
Ma infondo, in tutto quel caos variopinto, si poteva trovare un ordine : bastava guardare il quadro generale. Ed era bello che i Wade si circondassero della loro creatività, esprimendola in ogni piccola cosa attraverso l'arte, le forme e i colori.
Mi sedetti su una poltrona rossa con lo schienale a cuore, situata vicino alla portafinestra, e inspirai profondamente, cercando di ordinare pensieri e ricordi.

Flashback
L'incubo si stava ripetendo per l'ennesima volta, sempre uguale, sempre terrorizzante.
Pensavo che, rivedendolo tante volte nella mia testa, si sarebbe sbiadito tra i ricordi, con il passare del tempo. Ma non era stato così,
purtroppo.

E, nonostante avessi visto quella scena tante volte, mi faceva ancora paura. Quando sognavo non ricordavo nulla della vita reale, quindi era come se ogni volta vivessi quella fine inesorabile per la prima volta.
È difficile da spiegare, ma era come se la paura mi bloccasse, non facendomi ragionare più. I pensieri si accavallavano tra loro, creando una tale confusione nella mia mente che diventavano impossibili da interpretare o capire
Urlavo, tra i canti tenebrosi della foresta, ma le mie richieste d'aiuto erano vane : nessuno mi ascoltava.
Il lampo, che era ormai diventato un elemento fisso dei miei incubi, squarciò il cielo, che era sempre più scuro. Dalla scarica elettrica scaturirono numerose scintille, che bruciarono le creature arboree.
Il terreno continuò a inghiottirmi, insaziabile del mio terrore, e le lacrime ghiacciate mi ferirono sempre di più.

- Basta, vi prego. - avevo sussurrato, piangendo.

Non sapevo neanche io perché continuavo a combattere invano. Infondo, non sarebbe stato più semplice lasciarmi andare? Ma io non potevo, anzi non volevo arrendermi a quel mondo crudele. Non ne conoscevo il motivo, ma sapevo di dover continuare a resistere. Dovevo farlo per i miei genitori, per Trish, per Dez... Per Austin.
Quando ormai le forze mi stavano per abbandonare definitivamente, sentii una voce dolce chiamarmi, perfettamente distinguibile tra gli urli degli alberi. Quel suono familiare mi infuse più forza, mi diede ancora qualche secondo di vita.
Non fermò l'andamento dell'incubo, ma mi riportò alla realtà.
Mi salvò, in un modo che non compresi subito.
Mi salvò e mi fu impossibile non associare quella voce alla salvezza.
Quando aprii di nuovo gli occhi, scoppiai in lacrime, ma fortunatamente c'era Austin vicino a me.
Le ultime cose che ricordo sono il suo abbraccio amorevole, le sue carezze tra i miei capelli, le sue parole rincuoranti. Era riuscito a tranquillizzarmi e a farmi riaddormentare, con una dolcezza inimmaginabile. E, con lui, non avevo più fatto incubi per il resto della notte.

I ricordi legati al risveglio a notte fonda erano confusi e indefiniti, perché non capivo ancora bene cosa stesse succedendo. Ero così impaurita e scossa, che pensavo fosse tutto parte della mia immaginazione.
Ma non era stato così.
Sospirai, sistemandomi i capelli da un lato e controllai il grande orologio a pendolo che si trovava accanto alla libreria : segnava le otto meno dieci.

- Ally! - esclamò una voce alle mie spalle.

Era la stessa voce dolce dell'incubo.
Di scatto mi voltai, vedendo Austin che piano piano si avvicinava a me. Aveva i capelli tutti scompigliati e la voce ancora impastata dal sonno, eppure era bellissimo.

- Austin. - bisbigliai alzandomi.

Lui mi venne incontro e mi abbracciò con dolcezza, stringendomi tra le sue braccia; non capii subito il perché di quel gesto, ma ricambiai l'abbraccio. Sorrisi, appoggiata al suo petto, e arrossii leggermente; stargli così vicino mi faceva perdere lucidità e mi faceva comportare in quel modo, ogni volta.

- Mi sono svegliato e non ti trovavo più. - mi sussurrò nell'orecchio - Mi sono preoccupato. -

Era così dolce che non potei fare a meno di sciogliermi. Così mi staccai lievemente, donandogli un sorriso sincero, che lui ricambiò.

- Possiamo parlare? - mi chiese, tornando serio.

Annuii. Sapevo che prima o poi mi avrebbe fatto delle domande, ma non ero ancora pronta a rispondergli.
Lui mi prese la mano, togliendomi il fiato e facendo accelerare il mio cuore.
Aprì la portafinestra e uscì fuori, mentre io lo seguivo; l'aria fresca mattutina mi avvolse, facendomi rabbrividire. Austin cominciò a camminare lentamente, seguendo il piccolo marciapiede che percorreva tutto il giardino fino al cancello che dava sulla strada.
Non sapevo cosa dire : era come se non avessi più voce per parlare, o come se il suono si bloccasse in gola impossibilitando l'uscita di qualsiasi sillaba.

- Ally, io ho bisogno di sapere cosa ti è successo stanotte. Non posso continuare a vederti così stanca, così triste... - disse lui, fermandosi nel mezzo di quel verde e lasciandomi la mano.

Respirai più volte.

- Io... io... - balbettai - Era solo un incubo, Austin. Niente di più. -

Non volevo mentirgli, ma non volevo neanche farlo preoccupare. Ero fermamente convinta che, dicendogli la verità, avrei solamente peggiorato la situazione.
Lui mi scrutò attentamente, con quei suoi occhi magnetici, ma io abbassai il viso, incapace di sostenere il suo sguardo.

- Per favore, dimmi la verità. - continuò, alzandomi il volto con un delicato gesto della mano.

Il mio respiro era irregolare, la mente non ragionava più. Non c'erano vie di fuga o scuse, c'eravamo solo noi, immersi in quel silenzio del mattino.

- Ma è così... - mi giustificai.

Austin mi guardò di nuovo negli occhi, mandandomi ancora più in confusione, e mi sistemò delicatamente una ciocca di capelli ribelli dietro l'orecchio. Non sentivo altro che il mio cuore martellare nel petto.

- Lo sai che io ci sarò sempre per te. - disse.

Ed io avrei voluto dirgli tutto, ma non ce la facevo.
Perché fa così paura dire la verità?
Purtroppo, viviamo in un mondo dove tutti sanno solo criticare o giudicare. Sono ancora poche le persone che sanno apprezzarti, fregandosene dei tuoi difetti e delle tue paure.
Perché se ti differenzi dagli altri, se ti allontani dalla massa, se ti preoccupi per la pace del mondo invece che dei vestiti o dello smalto, allora hai qualche problema.
Circondati da un'alienazione costante, si cerca di uniformarsi agli altri, di diventare tutti uguali; non c'è niente di sbagliato, ma si reprime la propria natura pur di non essere giudicati male.
Già, perché per molti diverso vuol dire sbagliato.
Ed io, in qualche modo, mi sentivo un errore del sistema.
Riuscivo ad identificarmi in poche ragazze della mia età, in quelle che rimuginavano per mesi su un brutto voto, che si preoccupavano di come stessero gli altri, che ci pensavano su più volte prima di parlare.
Ai miei occhi, le altre ragazze, sembravano essere tutte sicure di sé, alla “moda”, quelle che piacciono a tutti per la loro sfrontatezza. Mentre io ero l'esatto opposto : insicura, timida, piena di dubbi, condizionata dal parere altrui e tormentata dagli incubi.
E se avessi parlato di ciò che mi turbava, cosa avrebbero pensato gli altri?
Sarebbero riusciti a capirmi fino in fondo?

- Ally? - mi richiamò Austin, toccandomi il braccio con la mano.

Fissavo un punto indefinito nel vuoto, viaggiando tra i miei pensieri.
Lo guardai negli occhi; di lui mi potevo fidare, ne ero sicura. C'era qualcosa, una forte sensazione nel petto, che mi diceva che mi avrebbe capito e supportato.
Eppure, dalla mia bocca uscivano solo balbettii incomprensibili; non sapevo cosa dire, cosa fare.

- Sono solo incubi. - riuscii a dire con voce tremante.

- Incubi? Vuol dire che non è la prima volta? È per questo che non riesci a dormire? - chiese visibilmente preoccupato.

Ecco, era proprio questo che volevo evitare.
Abbassai lo sguardo, rimanendo in silenzio e mordendomi il labbro inferiore.

- Ally, rispondimi. - ripeté lui dolcemente.

Stavo per rispondergli, quando qualcuno ci interruppe.

- Eccovi, finalmente vi ho trovati! - esclamò Dez sorridendo dalla porta finestra - Che ci fate fuori? Venite a far colazione. -

Noi annuimmo, per poi vederlo allontanarsi verso la cucina. Stavo per seguirlo, quando Austin mi bloccò prendendomi di nuovo per mano. Voleva una risposta, lo si poteva capire dal suo sguardo.

- Sono solo stupidi incubi Austin, niente di più. - risposi cercando di sembrare tranquilla.

Ma non lo ero : non mi piaceva mentire, non ci ero mai riuscita. E, con Austin, era stato davvero difficile e doloroso.
 

Austin

Mi lasciò la mano, delicatamente, ed entrò in casa a passo svelto. Sospirai rumorosamente, per poi seguirla. Non le riuscivo a credere, per quanto volessi farlo.
Come fanno degli stupidi incubi a farti stare così male? Che cosa sognava di così terribile?
Ero sicuro che ci fosse qualcos'altro sotto, ma non potevo aiutarla se lei non me ne voleva parlare.
Sapete, quando volete davvero bene a una persona vorreste proteggerla da tutto, non vederla mai triste o arrabbiata.
Ed era quello che provavo io. Avrei voluto solo abbracciarla e farle capire che di me si poteva fidare, che mi poteva dire tutto, perché i miei sentimenti non sarebbero mai cambiati.
Eppure, questo Ally lo sapeva e mi aveva sempre raccontato tutto, dai segreti inconfessabili alle sue preoccupazioni. Adoravo ascoltarla parlare e cercavo sempre di darle dei buoni consigli se aveva dei dubbi, o provavo a farla ridere quando era triste.
Ma la cosa che mi piaceva di più era vederla sorridere dopo essersi sfogata, quando mi guardava con quei suoi occhi profondi e mi sussurrava un “grazie di essere qui con me”.
Lo sapeva.
E il fatto che non mi volesse dire la verità mi faceva preoccupare ancora di più.
La guardai comminare nel corridoio, graziosa e leggera come una piuma.
Era stupenda di natura, anche quando nessuno la guardava.
Insieme entrammo in cucina, dove Dez e Trish, ancora in pigiama, stavano per fare colazione.

- Buongiorno. - salutò Ally.

- Buongiorno - ricambiò Trish, sorseggiando il suo cappuccino - Cosa ci facevate fuori? -

- Siamo andati a prendere una boccata d'aria fresca. - risposi io.

- Ah okay. - ribatté la riccia.

Mi guardò, alzando le sopracciglia : uno sguardo interrogatorio, che voleva sapere se ero riuscito a parlare con Ally. Scossi leggermente la testa, per risponderle no, mentre mi sedevo al tavolo. La sentii sospirare : era preoccupata quanto me, anche se non sapeva cosa era successo quella notte.

- Una tazza di caffellatte per Austin e del tè per Ally. - disse Dez sorridendo, porgendoci una tazza ciascuno.

Facemmo tutti colazione con dei pancakes, chiacchierando sui programmi di quella giornata.
Oltre la finestra, il sole cominciava a illuminare Miami e la luce entrava brillante nella stanza, come se non ci fosse stato nessun temporale; si stava bene in casa e non faceva neanche troppo caldo.
Dopo circa una mezz'oretta, il telefono di Trish squillò e lei andò a rispondere.

- Ciao Jimmy! - rispose allontanandosi.

- Staranno parlando del video. - ipotizzò Ally.

- Lo credo anche io. - concordò Dez.

- Ieri sera, sul blog, i fan sono impazziti per la notizia! - ci riferì con un sorriso meraviglioso in volto - Non vedono l'ora di vederlo. -

Le sorrisi entusiasta, mentre origliavamo la conversazione di Trish : non riuscimmo a capire molto dalle sue risposte, ma sembrava davvero felice.

- Che cosa sta dicendo? - bisbigliò Dez.

- Shhh! - gli rispondemmo io ed Ally in coro, mettendoci un dito sulla bocca.

- Okay, okay. - ribatté Dez, con le mani alzate in segno di resa.

Trish ritornò in cucina, salutando Jimmy al telefono, per poi chiudere la telefonata.

- Indovinate chi verrà intervistato all'Helen Show? - esclamò la riccia, come era solita fare.

Stavo per saltare dalla sedia per la felicità, quando una frase senza senso mi fece fermare.

- L'uomo che sussurra alle api? - disse Dez, elettrizzato all'idea.

- Fammici pensare... Mmm, no. - rispose lei, guardandolo male.

- Che peccato! - continuò lui, tristemente.

- Perché dovrebbero intervistare di nuovo l'uomo che sussurra alle api? - domandò Ally, guardandolo stranita.

- Perché è l'unico uomo che sa sussurrare alle api! - spiegò con tono ovvio.

- Sì, certo Dez. - commentò Trish - Comunque, Jimmy ha organizzato un'intervista per il Team Austin & Ally, oggi pomeriggio, per pubblicizzare il nuovo video e l'album! -

- Wow! - esultò Ally.

- Sarà fantastico! - aggiunsi io sorridendo.

- Già, ma ci hanno chiesto gentilmente di non distruggere il palco. - ci avvisò la riccia.

- Capito Ally? - specificò Dez, riferendosi alla nostra prima (disastrosa) apparizione all'Helen Show.

- Sì Dez, non ti preoccupare. - disse lei leggermente turbata da quel commento.

- Sarà meglio andarci a preparare, allora! - concluse Trish - Vieni con me Ally? -

La sua migliore amica annuì e le vidi scendere al piano di sotto, dove avevano lasciato tutte le loro cose.
Non so perché, ma avevo la sensazione che, a Ally, non fosse piaciuto rivangare quel ricordo.
Era strano però, perché lei riusciva sempre a sdrammatizzare su tutto.

- Magari pensava ad altro. - ipotizzai tra me e me, cercando di autoconvincermi.

Dez iniziò a sistemare le tazze nel lavandino e cominciò a raccontarmi dell'avvincente e fantastica conversazione che aveva avuto, una volta, con l'uomo delle api.
Io cercavo di ascoltarlo, ma era come se la mia mente rifiutasse nuove informazioni, per potersi concentrare meglio su Ally.
 

Ally

Io e Trish scendemmo le scale, dirette verso la sala hobby.

- Allora... Tu ed Austin, da soli, fuori in giardino... - cominciò la riccia sorridendo - Avete preso solo una boccata d'aria? -

Avvampai violentemente e scesi gli ultimi scalini molto velocemente, per non farle vedere la mia reazione.

- Non cambierai mai, Trish. - risposi per cambiare discorso.

Raggiunsi la mia borsa, appoggiata al divano e cominciai a cercare i miei vestiti.

- Vuoi forse dirmi che non avete spiccicato parola? - continuò lei sistemandosi davanti a me, in modo da guardarmi negli occhi.

Abbassai lo sguardo, incapace di dirle una bugia.

- Di cosa avete parlato? - aggiunse.

A volte Trish era proprio testarda, ma forse era per questo che eravamo così amiche. Lei sicura di sé, determinata e un po' troppo avventata, io insicura, ragionevole e indecisa; ci aiutavamo a vicenda.
Non le risposi, spostando lo sguardo al pavimento.
Era sempre stata la mia migliore amica, era sempre stata una delle poche persone di cui potevo fidarmi. Eppure non riuscivo a parlarle... E questo mi faceva sentire in colpa, perché ci eravamo promesse sincerità assoluta quando eravamo più piccole ed io non stavo mantenendo la promessa.
Non era giusto, ma non sapevo che altro fare.

- Mi abbracci? - bisbigliai alzando lo sguardo.

Lei non se lo fece ripetere due volte e mi sentii immediatamente un po' più sollevata.
Perché, a volte, si ha solo bisogno di un gesto così, semplice e pieno d'affetto, ma che ti fa capire di non essere sola. E gli abbracci sono i regali più belli che si possano ricevere quando si è un po' giù di morale, perché non c'è bisogno di parole. Eh sì, le parole a volte sono così superflue... Ci si arrampica su discorsi ricchi di parole difficili e profonde, ripetendo le stesse frasi che abbiamo ascoltato milioni di volte, quando alla fine basta un semplice abbraccio per stare meglio.
Non è buffo come ci si complica la vita?
Ma, infondo, noi umani siamo così.
Complicati...
Ci spezziamo, ci feriamo, ci amiamo. Ambiamo alla felicità, a un futuro gioioso, e ci dimentichiamo di vivere il presente, di perderci nella dolcezza di un semplice abbraccio.
Ci sentiamo così grandi a volte, come se fossimo capaci di spaccare il modo, ma poi ci basta guardare il cielo, l'universo, e ci rendiamo conto di essere minuscoli in confronto a tutto il resto.
Eppure, con un piccolo gesto amorevole, ci si scorda di tutti i dolori, almeno per una frazione di secondo.

- C'è qualcosa che non va? - mi chiese Trish, dopo essersi staccata.

Feci segno di no con la testa e le sorrisi.

- Vado a cambiarmi. - dissi, prendendo il mio cambio.

Entrai nella piccolo bagno adiacente alla sala hobby e chiusi la porta, per poi appoggiarmici.
Sbuffai e, con estrema lentezza, cominciai a cambiarmi. Indossai una tuta jumpsuit celeste e corta, che mi arrivava fino a metà coscia ed era quasi trasparente sulle spalle, dove dei deliziosi ricami abbellivano il tessuto (http://i3.ztat.net/large/WA/22/1A/01/LC/11/WA221A01L-C11@2.2.jpg). Calzai ai piedi un paio di ballerine leggermente più scure e sistemai i capelli, lasciandoli sciolti e ondulati.
Una volta finito ritornai nella sala hobby, dove non c'era più traccia di Trish. Probabilmente si era andata a cambiare al piano di sopra, così andai a cercarla; salii le scale e vagai per la casa, arrivando fino a un piccolo studio. Io non ero proprio il tipo di persona che si mette a curiosare nelle case degli altri, ma un oggetto in particolare attirò la mia attenzione e, senza neanche pensarci, entrai.
Un bellissimo pianoforte nero troneggiava in un angolo della stanza, accanto a una grande scrivania e a una libreria ricca di atlanti, libri e spartiti. Mi avvicinai e sfiorai leggermente i tasti : era più forte di me, non sapevo resistere alla musica. Così mi sedetti e provai a suonare la breve melodia che ero riuscita a comporre il giorno precedente. La musica invase lo studio e, mentre le parole venivano spontanee nella mia mente, cominciai a cantare.

What have I done?
I wish I could run away from this ship going under
Just trying to help
Hurt everyone else

Now I feel the weight of the world is, on my shoulders

Mi fermai, perché non sapevo più come continuare.

- È una nuova canzone? - chiese una voce alle mie spalle.

Sobbalzai e mi voltai : Austin era appoggiato alla porta e sorrideva.

- Sì. - risposi - Ma ho scritto poco e niente; è come se avessi perso l'ispirazione. -

Lui si avvicinò e suonò qualche nota al pianoforte.

- Vedrai che riuscirai a continuare. - mi incoraggiò, guardandomi negli occhi - Sei l'autrice più talentuosa che io abbia mai incontrato. -

Arrossii leggermente.

- Davvero lo pensi? - sussurrai.

Lui annuii e si avvicinò pericolosamente al mio viso. Una strana sensazione mi pervase il petto e sentii il cuore accelerare.

- Se non ricordo male, una volta hai detto che ero la tua ispirazione. Non è più così? - domandò sorridendo.

Cominciai a ridere e mi allontanai da lui, per riuscire a respirare meglio.

- Ragazzi, venite! Hanno messo il video su internet! - gridò Trish, dal corridoio.

- Arriviamo. - urlai in risposta, cominciando ad avviarmi verso il salotto.

- Aspetta, voglio una risposta. - insistette Austin, mettendosi di fronte a me e bloccandomi il passaggio.

Era davvero buffo e, a volte, si comportava proprio come un bambino, ma secondo me era adorabile.
Restai in silenzio per qualche secondo, facendo finta di pensarci su.

- Mmm... Forse... - dissi, provando a rimanere seria.

- Ah, davvero? - continuò lui fingendosi offeso.

Scoppiammo a ridere.

- Dai, andiamo. - conclusi sorridendo.

Lui mi prese per mano, dolcemente, e tornammo da Trish e Dez.
Al solo contatto tra le nostre mani sentii come delle scariche elettriche attraversarmi tutto il corpo.

Un pomeriggio, tanti anni fa, trovai un vecchio libro di fisica di mia mamma; incuriosita, avevo sfogliato qualche pagina, ma non ero riuscita a capire tutto.
Una legge della meccanica quantistica, però, mi aveva particolarmente incuriosita.
Diceva che "nulla tocca nulla".
Cosa vuol dire?
In poche parole, il contatto è solo illusione : le cariche negative degli elettroni, negli atomi, si respingono e la forza che si genera in questo atto ci da la sensazione di un qualche contatto.
E quindi, non tocchiamo mai nulla veramente, nel senso ordinario del termine, e il concetto di "toccare" è solo una nozione mentale umana che vive in un mondo macroscopico.
E voi potreste pensare : “Che cavolata assurda!”
Ed è esattamente quello che ho pensato io quando Austin mi ha preso per mano.
Nulla tocca nulla.
Mi dispiace ma non riesco a crederci...

Come fa un'illusione a farti sentire le farfalle nello stomaco o i fuochi d'artificio?
Come fa a farti sentire imbattibile e sicura?
Perché era così che mi sentivo con Austin.
Come se non esistesse più nulla a parte noi due : niente più paure, incubi, preoccupazioni.
Solo una bellissima sensazione che riempiva quel vuoto insaziabile nel mio cuore.
 

Angolo Autrice

Ciao a tutti carissimi lettori! Come state?
Prima di tutto, scusatemi per il ritardo : è da quasi due settimane che non aggiorno.
È che proprio non ho avuto tempo tra paginate di greco, latino e storia da studiare.
Però, ho trovato il tempo ed eccomi qui con il tredicesimo capitolo della storia.
Spero davvero che vi piaccia :D!
Ci tengo molto a ringraziare tutti i lettori e coloro che recensiscono, ma anche chi ha messo la storia tra le preferite, le ricordate e\o le seguite. Mi fate sempre commuovere e non riuscirò mai a ringraziarvi abbastanza.
Grazie mille a tutti, siete fantastici!
Se vi va di dirmi cosa ne pensate del capitolo o volete farmi delle correzioni, potete scrivermi attraverso le recensioni.
Vi voglio bene!!!
Baci

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Capitolo 14
*** Intervista esclusiva ***


Intervista esclusiva

Ally

- Dai ragazze, dobbiamo andare! - urlò papà dal piano di sotto.

Lui, Austin e Dez ci stavano aspettando all'ingresso del Sonic Boom, pronti per partire verso gli studi televisivi, dove si sarebbe tenuta l'intervista. Come al solito, Trish non era ancora pronta e si stava sistemando nella sala sala della musica; così, io la stavo aspettando sulle scale.
Dopo la pubblicazione del video, che in poco più di un'ora aveva avuto tantissime visualizzazioni, avevamo festeggiato da Mini's con tanto di mini pasticcini e mini bibite; ci eravamo divertiti molto, soprattutto quando Dez, perdendo una scommessa con Trish, si era abbuffato di dolcetti e si era sporcato tutta la faccia di panna. Poi, dato che mancava ancora molto tempo all'intervista, eravamo andati al negozio e, tra Dez e Austin che giocavano a clarinetto-golf, papà che serviva i clienti e Trish che chiacchierava al telefono, ero anche riuscita a scrivere qualche nuovo verso della canzone.
Poi, mio padre si era gentilmente offerto di accompagnarci, dato che, con Dez alla guida, non sarebbe stato certo sopravvivere al piccolo viaggio.
Erano le quattro passate ed entro le cinque meno venti saremmo dovuti essere all'Helen Show, che distava circa una trentina di minuti da noi; in conclusione, eravamo piuttosto in ritardo.

- Eccomi! - esclamò la riccia, uscendo dalla sala della musica e venendomi incontro.

Scendemmo velocemente le scale di legno e raggiungemmo i ragazzi.

- Siete ancora qui? - chiese Trish - Dez, non lo sai che saremmo dovuti essere già per strada? -

Il rosso la guardò sconcertato, mentre io ed Austin trattenevamo una risata. Era tipico di Trish scaricare la colpa sugli altri, soprattutto su Dez, ma a volte lo faceva così sfacciatamente che era impossibile non ridere.

- Ma noi stavamo aspettando te! - ribatté lui.

- Su andiamo, non è il momento di litigare. - li interruppi.

Uscimmo dal Sonic Boom e, dopo aver chiuso le porte e aver attraversato il centro commerciale, ci precipitammo verso la macchinai mio padre, che si mise al posto di guida. Accanto a lui si sistemò Trish, così io, Austin e Dez ci sedemmo vicini nei sedili posteriori.

- Perché non posso guidare io? - borbottò il rosso allacciandosi la cintura.

- Perché potresti ammazzarci tutti con il tuo raffinato modo di centrare in pieno i lampioni. - rispose Trish, riferendosi a uno dei tanti piccoli incidenti che lui aveva provocato.

- Ahahaha, che simpatica. - disse lui con tono ironico - E, per la cronaca, è successo solo due volte.-

Erano davvero buffi quando bisticciavano, quasi peggio di una coppia sposata.
Con il sole alto nel cielo e i finestrini abbassati, viaggiavamo veloci per le strade affollate di Miami. Nell'aria aleggiava un fresco venticello estivo e non c'era neanche una nuvola in cielo, tant'è che mi persi tra i miei tanti pensieri, nella limpidezza di quella volta azzurra.
Non ero stanca, ma sentivo un senso di pesantezza nel petto che mi faceva escludere dal mondo circostante. La salvezza dai miei incubi era quasi tangibile, lo sentivo, ma io non riuscivo a trovarla. Non la vedevo, come se fosse qualcosa di indistinto e confuso, vicina, ma dannatamente lontana.
Appoggiai la testa, improvvisamente più pesante, sullo schienale del sedile e cominciai a guardare oltre il finestrino; le immagini scorrevano senza senso davanti ai miei occhi, come se fossero incoerenti le une con le altre, il che non mi aiutava molto a pensare.
A volte, perdersi è così liberatorio... È come se la mente si svuotasse per un secondo quasi infinito, per poi ritornare ad annegare in mille differenti pensieri.
Non ho mai capito perché, ma, in qualche modo, bisogna perdersi per riuscire a ritrovare se stessi.
I don’t know if you know who you are until you lose who you are” disse una volta una delle mie cantanti preferite.
Beh, io credo che sia proprio vero.
Pensateci : riusciamo mai ad essere veramente noi stessi?
Io penso che, probabilmente, solo quando ci perdiamo, solo quando lasciamo che un pizzico di follia inondi il nostro piccolo mondo, solo in quei brevi istanti, riusciamo a essere noi stessi.
Perché, per quanto lo si voglia, non è così facile essere liberi. E siamo proprio noi stessi ad impedirci l'assoluta libertà, cercando di interpretare un ruolo che vada bene nel mondo in cui viviamo; non ci si può fare nulla, siamo irrimediabilmente predisposti a tutto questo.
Mentre continuavo a osservare il paesaggio cambiare velocemente, abbandonando le strade del centro e lasciando il posto al lungomare affollato, un piccolo particolare di quell'angolo di città attirò la mia attenzione. Un bambino, sui sei anni, con i capelli castani schiacciati da un casco bianco, correva veloce e parallelamente a noi su una bicicletta blu. Facendo il zig zag tra le altre persone, che a piedi o sui rollerblade passeggiavano sul marciapiede, il bambino pedalava energeticamente, come se volesse sfidare il vento.
E sorrideva ogni volta che, acquisita una certa velocità, provava a lasciare il manubrio, allargando le braccia con un po' di timore; così, quando riusciva a sconfiggere la paura, sembrava volare allegramente, per poi riportare le mani sulla bicicletta, cercando di ritrovare l'equilibrio.
E rideva e rideva, sfidando quelle leggi della gravità che riusciva a sconfiggere con tanta facilità.
Ma fu il suo sguardo ad attirarmi maggiormente : era libero, felice, senza preoccupazioni o pensieri. Semplicemente libero.
Sprizzava gioia da tutti i pori e niente, né i vari ostacoli né altro, sembrava turbarlo.
È questa la cosa bella di essere bambini : non hai responsabilità, ti dimentichi di tutto il resto, delle figuracce o degli errori. Invece, quando cresci, cominci a preoccuparti anche delle più piccole cose e non riesci più a goderti i momenti più belli.
Perché, quando si è piccoli, si vede il mondo a colori, vivi e accesi; tutto quello che ci circonda è una continua scoperta, che ci stupisce e ci sorprende, come se fosse la cosa più bella del mondo.
Quando si è adolescenti, invece, si vede solo in bianco e nero : amore o odio, felicità o tristezza, sì o no. Non ci sono più vie di mezzo e tutto perde quel non so ché di affascinante...
E poi, quando si diventa adulti, tutto diventa una macchia grigiastra indefinita, almeno credo. Ogni minima cosa diventa scontata, priva di novità...
E forse, è difficile tornare a vedere e a meravigliarsi del giallo brillante di un dente di leone, del rosso fuoco del sole al tramonto, dell'azzurro di un cielo senza nuvole.
È difficile, ma sicuramente non impossibile.
La macchina girò a destra a un semaforo, così persi di vista il bambino, che invece continuava dritto per la sua strada. Chiusi lentamente le palpebre, sentendomi ancora più stanca, e cercai di svuotare la mente. Beh, facile a dirsi ma difficile a farsi...
Continuavo a chiedermi quand'è che si perde la propria infantilità. Perché è così difficile essere di nuovo bambini? Essere liberi come loro?
Io volevo provarci. Provare a tornare piccola, senza preoccupazioni o pensieri assillanti, almeno per un pomeriggio. Almeno per qualche ora.
In fondo, cosa mi costava tentare?
Libertà, per una volta. Libera dalla paura di fallire, di cadere.
 

Austin

Ero seduto nella macchina di del signor Dawson, tra Dez ed Ally, e chiacchieravo con Trish della programmazione dell'intervista. A quanto mi aveva spiegato, eravamo gli ultimi ospiti dello show e i produttori avevano deciso di darci parecchio tempo per chiacchierare con Helen, l'allegra e simpatica conduttrice.

- Alza il volume della musica Trish, adoro questa canzone! - esclamò Dez mentre guidava.

- Okay. - disse lei, facendo come chiesto.

Alla radio stavano passando “Wake me up” di Avicii e il rosso cominciò subito a cantare a squarciagola.
E mentre ascoltavo Dez che stonava, provando a ballare nel poco spazio disponibile, sentii la testa di Ally appoggiarsi sulla mia spalla. Mi girai lentamente verso di lei e notai che si era dolcemente addormentata, nell'ondulato movimento del veicolo. Era bellissima, con il viso roseo illuminato dalla luce del sole, che filtrava dal finestrino, e i capelli che cadevano in boccoli quasi a coprire gli occhi chiusi.

- Trish, puoi spegnere la radio? - chiesi.

Lei lo fece e si girò verso di me, sorridendo nel vedere io e Ally così vicini.

- Ehi! Io stavo ascoltando... - protestò Dez - Perché hai tolto la musica? -

- Guarda lì, Ally si è addormentata. - rispose lei.

- Davvero? - chiese Laster, guardando nello specchietto retrovisore.

Annuii leggermente, cercando di non destarla dal sonno.

- Deve essere stanca, non ha dormito bene stanotte. - spiegai io.

Il papà di Ally sospirò lievemente, dando un ultimo sguardo alla figlia.

- Tutto okay signor Dawson? - domandò Trish.

- Sì, è solo che Ally mi sembra diversa... - disse fermandosi a un semaforo rosso - Da quando si è sentita male, mi pare continuamente stanca. Lo so che è normale e lei mi dice che è tutto a posto, ma non riesco a crederle. E anche se non sembro così perspicace, lo capisco quando qualcosa non va, soprattutto con mia figlia. -

- Lo sappiamo. - commentò Trish - Anche noi abbiamo avuto questa sensazione. Però Ally non ci dice nulla... -

- Già. - continuò lui tristemente.

Il signor Dawson non era molto bravo nell'esprimere i suoi sentimenti, un po' come me, ma soprattutto non sembrava molto interessato all'argomento “amore”; eppure, quando si trattava di sua figlia, diventava la persona più premurosa e comprensiva al mondo.
E poi, tutti riuscivamo a capire la sua preoccupazione, perché era anche la nostra.
Il resto del tragitto lo percorremmo in silenzio, con l'aria tra i capelli e il suono delle onde a pochi metri da noi; avevamo messo di nuovo la musica, a volume basso, che sovrastava i respiri profondi di Ally e il leggero rumore del motore.
Girammo a sinistra a una svolta e, in fondo alla strada, vidi il grande edificio dove si sarebbe tenuta l'intervista.

- Siamo arrivati. - ci comunicò Lester entrando nel parcheggio che circondava la struttura - Forse è meglio se cominci a svegliare Ally. -

Annuii e guardai la bellissima ragazza che dormiva beata accanto a me.

- Ally. - sussurrai scuotendole delicatamente il braccio.

- Mmm... - mugolò lei in risposta.

Sorrisi e le sistemai una ciocca di capelli che le copriva il viso.
Lei aprii leggermente gli occhi, sorridendomi, e si alzò lentamente, stropicciandosi gli occhi.

- Mi sono addormentata? - chiese guardandosi intorno.

- Sì. - risposi ridendo - E comunque siamo arrivati. -

La macchina si fermò e, uno dopo l'altro, scendemmo dal veicolo. Eravamo arrivati giusto in tempo, ma bisognava subito andare a prepararsi; così, entrammo nell'edificio e partimmo alla ricerca dello studio 18, quello dell'Helen Show.

- Io sarò tra il pubblico. - disse il signor Dawson - In bocca al lupo! -

Poi ci salutò e si allontanò verso lo spazio riservato agli spettatori.
Una delle assistenti del programma, invece, ci venne incontro, piuttosto di fretta, e ci condusse ai camerini, dove ci avrebbero preparato all'intervista.
In pochi secondi, persi di vista le ragazze, che probabilmente erano state mandate in un'altra stanza. Io e Dez ci guardammo intorno spaesati, fino a quando l'assistente ci portò dai costumisti.
Il clima era caotico, tutti andavano di fretta e correvano da una parte all'altra, ma forse era questo che rendeva la situazione così divertente.
 

Ally

Il camerino che avevano dato a me e Trish era piccolo ma davvero accogliente, con le pareti arancioni e il pavimento in legno. Le assistenti erano tutte ragazze sui trent'anni ed erano gentilissime, nonostante ci ripetessero più volte : - È tardi, dovete fare presto! -.
Io ero già pronta, in piedi di fronte a un grande specchio appoggiato alla parete, mentre una parrucchiera mi sistemava i capelli mossi su un lato, lasciando la spalla destra scoperta. Indossavo un abito color avorio davvero elegante, senza spalline e con un fiocco in vita, (http://i6.ztat.net/large/LA/02/1C/00/ZA/11/LA021C00Z-A11@7.jpg), abbinato ad un paio di decollete del medesimo colore.

- Ecco fatto, ora vado a prendere i microfoni. - esclamò Clary, la ragazza che mi stava sistemando.

- Grazie. - dissi sorridendo.

Mi andai a sedere accanto a Trish, a cui avevano appena finito di rifinire il trucco.

- Allora, come va? Sei agitata? - mi chiese.

- No, voglio pensare positivo. - risposi sorridendo.

- Menomale. - continuò - Insomma, questa è la tua prima intervista in tv e chissà cosa ti chiederanno... -

- Ora, però, mi stai facendo salire l'ansia. - la interruppi.

- Scusa... Ma se penso che solo un anno fa non avresti mai fatto una cosa del genere, non posso che essere orgogliosa di te. - spiegò dolcemente.

L'abbracciai sorridendo, sussurrandole un “grazie” sincero.
In effetti, ero un pochino agitata, perché la precedente apparizione all'Helen Show era stata, come dire... Disastrosa, nel senso letterale della parola, poiché avevo distrutto tutto il set.
A pensarci bene nessuna intervista del Team Austin e Ally era andata bene... Dire che abbiamo fatto pochi danni è un eufemismo.
Al solo pensiero, mi veniva da ridere. Però è questa la cosa bella, no? Saper ridere di se stessi.
Io e Trish ci staccammo e bussarono alla porta.

- Possiamo entrare? - domandò una voce che doveva essere quella di Dez.

- Tu no. - esclamò la riccia ridendo.

- Uffa! Ma cosa ho fatto? - ribattè lui.

- Amico, sta scherzando. - gli spiegò un'altra voce, quella di Austin, per poi rivolgersi a noi - Vi siamo venute a chiamare, perché tra cinque minuti tocca a noi. -

- Okay, arriviamo. - continuò Trish.

Così, ci alzammo e, dopo che Clary ci ebbe sistemato il microfono, uscimmo dal camerino. I ragazzi ci aspettavano appoggiati alla parete, nei loro vestiti eleganti; il che significa una t-shirt bianca, con giacca e pantaloni neri, per Austin e un completo in pieno stile Dez (potete immaginare benissimo cosa vuol dire) per il rosso.

- Pronti? - chiese Trish sorridendo.

- Pronti! - rispondemmo noi in coro.

E così, ci avviammo per i corridoi dello studio, alla ricerca delle quinte. La voce della conduttrice arrivava squillante alle nostra orecchie, leggermente amplificata dal microfono, mentre intervistava una bambina prodigio della matematica. Il luogo in cui stavamo aspettando non era molto illuminato, ma la gente faceva avanti e indietro di fretta, evitando qualsiasi ostacolo.

- Come stai? - mi sussurrò Austin, avvicinandosi.

- Bene... Un pochino agitata, ma bene. - bisbigliai con un sorriso, che lui ricambiò.

- Sai, sei bellissima. - aggiunse guardandomi negli occhi.

Arrossii violentemente e ringraziai mentalmente chi aveva ideato le quinte come un posto nella penombra, perché adesso lui non poteva vedere la mia reazione.

- Grazie. -

Lui mi sorrise di nuovo e mi prese per mano, dolcemente.

- E questa era l'intelligentissima Beatrice Warmer, un applauso! - disse Helen, salutando la sua ospite - Adesso ci sarà qualche minuto di pubblicità, ma restate con noi per altre interessantissime interviste. Qui, tra pochissimo tempo! -

La diretta si interruppe per lasciare spazio ad alcuni spot pubblicitari e noi continuammo a chiacchierare, fino a quando ci dissero che era arrivato il momento di entrare.
Sentivo le gambe tremare leggermente per l'agitazione e, probabilmente, anche Austin se ne accorse, perché mi prese per mano, facendomi sentire immediatamente più sicura.

- Bentornati all'Helen Show cari telespettatori! - riprese a parlare la conduttrice, una volte che la diretta riprese - Ora, come i loro fan sicuramente sapranno, abbiamo con noi il team più amato del momento. Signore e signori, ecco qui Austin, Ally, Trish e Dez! -

Entrammo nella sala e immediatamente fummo investiti da un calorosissimo applauso; sorrisi, salutando leggermente con la mano il pubblico presente.

- Ciao Miami! - esclamò Austin, come era solito fare durante i suoi concerti.

Nel mezzo del set c'erano cinque poltroncine rosse disposte a semicerchio, una per ognuno, accanto alle quali Helen ci aspettava sorridendo. Dopo che ci ebbe abbracciato e salutato, ci accomodammo e i fan presenti cominciarono a fare meno rumore, in modo che l'intervista potesse cominciare.

- Allora, come state? - ci chiese, con un sorriso smagliante.

- Bene, grazie. - rispose Trish.

- E tu Ally? Nonostante abbiate mantenuto la faccenda piuttosto privata, i fan sono molto preoccupati per la tua salute. - continuò.

- Adesso è tutto a posto. - dissi sorridendo.

- Bene. - commentò, per poi rivolgersi al pubblico - Ma sapete tutti perché siamo qui, giusto? -

In risposta, le persone presenti in sala urlarono un “sì”.

- Eh già, perché proprio stamattina è stato diffuso su internet il videoclip di “Steal Your Heart” e già si parla di hit dell'estate. Ne siete felici? - aggiunse.

- Assolutamente sì, girare le varie scene è stata un'esperienza davvero divertente. E farlo con i miei migliori amici è stato indescrivibile. - confermò Austin, dolce come sempre.

- Capisco. Beh, ma che ne dite di rivederlo tutti insieme? - propose la conduttrice, innescando una serie di urla dal pubblico - Perfetto! Ecco qui, cari telespettatori, il video più visto del momento! -

Lo schermo gigante alle nostre spalle venne acceso, le note della canzone invasero la sala e il video clip cominciò. Era venuto proprio come lo volevamo : divertente e allegro, romantico ma non troppo sdolcinato, capace di coinvolgerti e farti ballare. La storia che volevamo raccontare era rimasta così come Dez l'aveva pensata ed era davvero emozionante vedere il nostro lavoro finito dopo ore di riprese.
Dopodiché, lo schermo si spense di nuovo, seguito da una scia di applausi.

- Wow! - esclamò Helen ridendo - Non è fantastico? -

Era una conduttrice che sapeva farci con il pubblico, tant'è che ogni qual volta parlasse era inevitabile una reazione più che positiva delle altre persone.

- Dez, tu sei la mente e il braccio di tutto questo, vero? - continuò.

- Già. - confermò lui, entusiasta.

- Sai, non ti facevo così romantico! - gli rivelò.

- Sì, alcune persone non conoscono questo mio aspetto, ma per molti sono colui che sussurra all'amore. - gli spiegò, bisbigliando.

Tutti ridemmo, mentre Trish scuoteva la testa rassegnata.

- E dimmi, hai scelto Austin e Ally come i due innamorati del video per motivi strettamente professionali, o c'è sotto qualcos'altro che ci tengono nascosto? - aggiunse con un sorriso furbo.

Versi di stupore si levarono dalle persone presenti, facendomi arrossire leggermente.

- Emh, ecco, io... - balbettò lui, colto alla sorpresa dalla domanda - In realtà... -

- E come mai questa curiosità? - lo interruppe Trish.

- Perché si sa, i fan vogliono il gossip! - spiegò Helen.

- Volete il gossip? - domandò la riccia, sorridendo al pubblico - Beh, dovete sapere che si sta cominciando a parlare di un possibile nuovo album per Ally. -

- Davvero? Diteci di più! - chiese Helen.

Mi voltai verso Trish, mimandole un grazie. Ancora una volta era riuscita a sviare l'argomento “possibile nuova storia d'amore”, promuovendo però una cosa ancora incerta.

- Ecco, non c'è niente di certo, ancora. - spiegò - Ma Ally sta lavorando a nuovi brani, vero?

- Sì. - affermò Austin - Sono canzoni eccezionali! -

- Che bella notizia! - esultò la conduttrice, visibilmente contenta della novità che avrebbe potuto lanciare - Ally, che ne dici di farci ascoltare qualcosa? -

Mi salii improvvisamente il panico : non avevo idea di cosa fare, perché non avevo scritto praticamente nulla e quei pochi versi che avevo composto erano troppo personali per cantarli di fronte a tutti.

- Io, in realtà, non ho nulla di pronto... - provai a spiegare, sorridendo nervosamente.

- Ma qualsiasi cosa andrà bene, vero ragazzi? - insistette lei.

Il pubblico cominciò ad applaudire, richiedendo a gran voce una mia esibizione.
Istintivamente guardai Austin e lui, con un solo sguardo, capì la mia silenziosa richiesta d'aiuto.

- Ehi Miami, che ne dici di un duetto? - chiese sorridendo, con il suo adorabile carisma.

I fan cominciarono a urlare, entusiasti della proposta.

- Wow, direi che sono tutti d'accordo! - esultò Helen.

- Perfetto. - dissi, sorridendo ad Austin.

Un'assistente gli portò una chitarra e altri due ragazzi ci diedero dei microfoni, mentre le luci si abbassavano leggermente, illuminando di più noi due.

- Cantiamo “You can come to me”? - mi sussurrò Austin, con un bellissimo sorriso.

Annuii, ricambiando il gesto. Così ci avvicinammo ai microfoni e, mentre lui suonava la base con la chitarra, iniziammo a cantare.

(Ally)
When you're on your own
Drowning alone
And you need a rope that can pull you in
Someone will throw it

(Austin)
And when you're afraid
That you're gonna break
And you need a way to feel strong again
Someone will know it

I nostri sguardi si incrociarono per un secondo solo, ma che bastò a incastonare i nostri occhi e mi rese impossibile smettere di sorridergli. Il cuore batteva sempre più forte, mentre cominciavamo a intonare il ritornello.

(Austin & Ally)
And even when it hurts the most
Try to have a little hope
That someone's gonna be there when you don't
When you don't

If you wanna cry, I'll be your shoulder
If you wanna laugh, I'll be your smile
If you wanna fly, I will be your sky
Anything you need that's what I'll be
You can come to me

E sorridevo, felice, incapace di smettere, mentre una sensazione strana ma piacevole mi attanagliava il cuore. Una sensazione familiare, che avevo già provato, quel tipo di emozione che ti fa tremare le gambe, ma allo stesso tempo ti fa toccare il cielo con un dito.
E intanto lui mi guardava, con quello sguardo infinitamente dolce, che ti scioglie.

(Ally)
You struggle inside
Losing your mind
Fighting and trying to be yourself
When somebody lets you

(Austin)
Out in the cold
But no where to go
Feeling like no one could understand
Then somebody gets you

(Austin & Ally)
So take a breath and let it go
And try to have a little hope
'Cause someone's gonna be there when you don't
When you don't

If you wanna cry, I'll be your shoulder
If you wanna laugh, I'll be your smile
If you wanna fly, I will be your sky
Anything you need, that's what I'll be
You can come to me

Stava accadendo di nuovo e non potevo farci nulla, perché è impossibile far ragionare il cuore.
E perché, si sa, non si sceglie cosa provare. Non si può, è una cosa inevitabile.
L'amore funziona così : se ti innamori, poi sei fregato. Può essere la cosa che più ti rende felice, o quella che più ti fa soffrire, ed è imprevedibile, come se fossi in balia di una tempesta.
Non è una cosa logica, non è razionale, è puro istinto. Ed io non sono mai stata brava a smettere di pensare...

(Ally)
Like a chain that never breaks
Like a truth that never bends
Like a glue that takes a broken heart and puts it back again
It's the feeling that you get
It's the moment that you know
That no matter what the future holds
You'll never be alone

Austin si avvicinò a me, suonando, e ogni centimetro in meno che ci separava era una certezza in più per il mio cuore. Sembrava un dejavù, come se tutto stesse accadendo per la seconda volta, senza che nessuno potesse farci niente.
E, in effetti, poteva sembrare una scena da film, quei cliché che vediamo ogni giorno, ma per me era tutto perfetto.

(Austin & Ally)
If you wanna cry, I'll be your shoulder
If you wanna laugh, I'll be your smile
If you wanna fly, I will be your sky
Anything you need, that's what I'll be
If you wanna climb, I'll be your ladder
If you wanna run, I'll be your road
If you want a friend, doesn't matter when
Anything you need, that's what I'll be
You can come to me

(Ally)
You can come to me,
Yeah

L'ennesimo applauso invase la sala, ma non lo sentivo. Era come se ci fossimo solo io ed Austin, nient'altro, pericolosamente vicini.
Incredibile come tutto quello che riteniamo importante possa diventare superfluo, invisibile, privo di importanza, in pochi secondi. E il tutto con una semplice canzone, che per alcuni potrebbe non significare nulla, ma che per me era fondamentale.

- Wow, che esibizione strepitosa! - esultò Helen, riportandomi alla realtà.

Riuscii a distogliere lo sguardo da quello di Austin, voltandomi verso il pubblico, che in piedi esultava entusiasta. Con le gambe che tremavano ancora per l'emozione, ci risedemmo sulle poltroncine.

- La chimica che vi unisce è incredibile, sapete? - continuò la conduttrice - È come se foste nel vostro piccolo mondo e penso che sarebbe impossibile rovinare la dolce atmosfera che create. -

- Grazie. - rispondemmo noi due, sorridendo.

- Già, tra loro succede sempre così... - commentò Trish.

Arrossii inevitabilmente mentre Helen rideva calorosamente.

- È stato davvero un piacere chiacchierare con voi, ragazzi, e vi ringrazio per la splendida esibizione. - disse poi.

Il tempo era volato ed era già ora di concludere lo show.

- Anche per noi è stato fantastico. - affermò Austin.

- Ne sono felice. - aggiunse lei - Ma, purtroppo, tutte le cose belle finiscono e siamo già giunti al momento di dirci “ciao”. -

- Già... - concordò Dez, dispiaciuto.

- Beh, ma sarete sempre i benvenuti! - esclamò la donna, sorridendo.

Noi annuimmo e lei si alzò, segno che era il momento di salutarsi. Ci abbracciò uno ad uno, ringraziando noi e il pubblico.

- Signore e signori, questi erano Austin, Ally, Trish e Dez! Un applauso! - terminò a gran voce, seguita dell'immediata reazione dei presenti.

Facemmo un piccolo inchino, per poi salutare i fan e dirigerci dietro le quinte.
Non ci credevo, era andato tutto nel miglior modo possibile e ne ero felicissima.

- Sei stata fantastica! - mi disse Austin, abbracciandomi.

La sensazione che provai fu indescrivibile, come se il mondo fosse improvvisamente tutto sotto sopra e l'unico appiglio sicuro fosse quell'abbraccio.
E la spiegazione era solo una : ero ancora follemente, inevitabilmente e semplicemente innamorata di Austin.

- Grazie, anche tu. - riuscii a sussurrare, sorridendo.

Non saprei dire con precisione quando mi sono innamorata di nuovo.
Forse è stata una cosa graduale, cominciata in quella settimana di incubi, forse prima.
O magari, lo sono sempre stata.
Credo, in realtà, di non aver mai smesso di provare quel sentimento così sconvolgente.
E anche se mi auto-convincevo di star bene così, da sola, che ormai era tutto un ricordo, non era così. Lo sapevo e lo avevo sempre saputo.
Perché quelle emozioni non sono ricordi facili da dimenticare... Sono qualcosa di eterno, come parole scritte con un pennarello indelebile, praticamente impossibili da cancellare.
E, in fondo, anche l'amore è così.
Non si dimentica mai veramente, fino in fondo, perché ti coinvolge troppo : una volta che ci sei dentro, cominci a dare piccoli pezzi di te a quel sentimento così forte.
Ed io, finalmente, avevo capito di esserci dentro già da tempo.
 

Angolo Autrice

Ciao a tutti carissimi lettori! Come state?
Prima di tutto, scusatemi per il super-ritardo : è da più di due settimane che non aggiorno.
Le idee c'erano, ma non c'era il tempo...
Però, ho ottimizzato le ore libere ed ora, eccomi qui con il quattordicesimo capitolo della storia.
Spero che vi piaccia :D !
Come sapete, ci tengo molto a ringraziare tutti i lettori e coloro che recensiscono, ma anche chi ha messo la storia tra le preferite, le ricordate e\o le seguite. Mi fate sempre sorridere e non riuscirò mai a ringraziarvi abbastanza.
Grazie mille a tutti, siete dolcissimi!
Se vi va di dirmi cosa ne pensate del capitolo o volete farmi delle correzioni, potete scrivermi attraverso le recensioni.
Vi voglio bene!!!
Baciiii

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Capitolo 15
*** Giochi di nuvole ***


Giochi di nuvole

Ally

Un costante ticchettio, ripetitivo e fastidioso, era l'unico suono udibile nella mia camera; proveniva dalla sveglia, situata accanto a una piccola lampada sul mio comodino, e più cercavo di non sentirlo, più mi perdevo nell'ascoltare le lancette muoversi.
Oltre la finestra, regnava ancora il buio e la poca luce visibile proveniva dai lampioni nella strada.
Non sapevo neanche che ore fossero, ma non avevo chiuso occhio per tutta la notte, nonostante la stanchezza. Provare a svuotare la mente era stato inutile, perché avevo ottenuto l'effetto contrario, cominciando a ragionare su ogni più piccola sciocchezza. E così ero rimasta nel mio letto, sotto una coperta leggera e ruvida, continuando a fissare punti indefiniti nella camera in quel silenzio assordante. Forse era meglio così, senza incubi, anche se questo significava non dormire.
La realtà era che non sapevo proprio cosa fare...
Ero ancora innamorata di Austin, questo ormai mi era chiaro, ma lui cosa provava per me?
Non volevo complicare ulteriormente la nostra amicizia, non volevo e non potevo perderlo. Era troppo importante.
E se per averlo vicino avessi dovuto mettere da parte i miei sentimenti, l'avrei fatto.
Solo che sembrava talmente impossibile...
Presi il telefono da sotto il cuscino, per rischiarare quella stanza così buia, ma non si accese : la batteria era probabilmente scarica, dato che mi ero scordata di metterlo in carica. Sbuffai, accendendo la luce e mettendomi seduta : non aveva senso provare a dormire, perché mi era ormai chiaro che non ci sarei mai riuscita.
Guardai quelle quattro pareti bianche che mi circondavano. Erano così monotone e noiose, decorate solo da una manciata di fotografie e qualche poster, ma in un certo senso anche rassicuranti.
Se ci pensate, sin da piccoli ci è stato insegnato che il bianco è il colore della purezza, che infonde sicurezza e spensieratezza, perché rappresenta in qualche modo la luce, la limpidezza, la sincerità. Inoltre, il bianco faceva sembrare quella stanza più grande, classica e elegante.
E, in fondo, io ero stata così, come quelle pareti : chiara, semplice, sicura.
Ma ormai non lo ero più. Ero cambiata, l'insicurezza mi aveva cambiata.
In quel momento ero completamente diversa...
Nascondevo le mie paure ai miei amici, alla mia famiglia, non riuscivo neanche più a capire i miei pensieri, ero confusa, arrabbiata con me stessa, felice, preoccupata e un sacco di altre cose nello stesso momento.
E quelle pareti così bianche, così rassicuranti, mi davano fastidio, perché mi ricordavano tutto quello che avevo perso : la mia felicità. Non riuscivo neanche più a stare lì dentro. Decisi perciò di dover fare qualcosa.
Mi alzai dal letto, con addosso solo una camicia da notte azzurrina, e mi incamminai verso il piano di sotto. Scesi le scale con passo felpato, cercando di fare meno rumore possibile, dirigendomi poi verso lo sgabuzzino, che altro non era che il sottoscala. Aprii la porta, che scricchiolò leggermente, e cominciai la ricerca di ciò che mi serviva : un secchio, un pennello, dell'acqua e delle tempere colorate. Una volta trovati, tornai in camera mia, poggiando il tutto sulla scrivania.
Non era da me fare una cosa del genere, senza il permesso di papà, e, a dir la verità, non ci avevo pensato molto su.
Versai della tempera azzurra nel secchio, aggiungendoci del nero e dell'acqua, fino ad ottenere un blu scuro, quasi blu notte.
Che cavolo stavo facendo? Non lo sapevo neanche io, ma non mi interessava : avevo bisogno di sfogarmi e qualunque cosa sarebbe stata meglio che scoppiare.
Mi legai i capelli, in modo piuttosto disordinato, e intinsi il pennello nella pittura, cercando di non sporcare il pavimento di legno. Mi avvicinai alla parete più libera da foto, dannatamente bianca e pulita, e cominciai a dipingerla lentamente.
E quel bianco così asfissiante, cominciò a inscurirsi sempre di più, come era successo a me.
Così, continuai a colorare, provando a scrivere una parola ben precisa.
Ma io non ero molto alta, perciò non riuscivo ad arrivare molto in alto. Frustrata, bagnai nuovamente il pennello e con gesti rapidi del braccio, schizzai la pittura nella parte alta della parete.
Soddisfatta, ripetei il gesto più volte, con sempre più quantità di tempera, cercando di attenermi alla scritta. Ogni pittata riportava alla mente qualche pensiero, che solo così poteva emergere tra la massa confusa di ragionamenti a metà : gli incubi, i miei sentimenti verso Austin...
Già, ma non volevo pensarci. Perché stavo facendo qualcosa di irrazionale, avventato, ma davvero liberatorio.
Presi, infine, il secchio e versai la poca vernice rimasta per finire l'ultima lettera.
Mi allontanai dal muro, ammirando il risultato della mia idea impulsiva.
La parete era ancora bianca, rassicurante e limpida, ma con una scritta molto grande e blu nella parte centrale, che la rendeva anche misteriosa, confusa, complessa nei disegni che le varie pittate avevano creato. Apparentemente uguale a prima, ma per me completamente diversa.
Ora era come me ed io non mi sentivo più così fuori posto.
Indietreggiai, fino a raggiungere il mio letto e sedendomici sopra; mi accorsi solo in quel momento di aver sporcato di blu anche la camicia da notte e, in alcuni tratti, pure il pavimento.
Ma non mi importava, perché mi ero tolta un peso dallo stomaco e mi sentivo più leggera.
Mi stesi sul letto, fissando per l'ultima volta quella scritta, in alcuni tratti ben delineata, in altri più disordinata a causa di macchie di pittura, ma il significato rimaneva quello : Freedom.
Ero così confusa...
Penso che ci fosse una parte di me che sapeva benissimo cosa mi stesse succedendo, che riusciva a capire quello che provavo, mentre l'altra faceva finta di niente per poter vivere lo stesso, come se nulla fosse.
Chiusi gli occhi, immersa in quel silenzio non più così spiacevole. Ed ecco che udivo di nuovo il ticchettio della sveglia, costante come prima, ma un po' meno fastidioso; riuscivo anche a ignorarlo se smettevo di concentrarmi.
E, infatti, qualche minuto dopo, non sentivo più nulla, addormentata sulle mie ruvide coperte rosa.
 

Austin

Erano quasi le dieci e mezzo ed ero seduto sul divano, a guardare la tv, quando la suoneria del mio telefono, posato sul tavolo, invase il salotto. Non avevo tanta voglia di andare a rispondere, poiché, nella maggior parte dei casi, mi sarei addentrato in una noiosissima conversazione con un dipendente di qualche compagnia telefonica.
Mia madre, intanto, stava attraversando la stanza, canticchiando allegramente, con in mano la cesta dei vestiti da lavare.

- Che fai, non rispondi? - mi domandò.

- Non mi va... - borbottai.

- E se fosse Ally? - aggiunse.

Mi alzai di scatto, precipitandomi verso il cellulare.

- Pronto? - dissi.

Sentì mia madre ridere, mentre si allontanava, e non potei che arrossire leggermente.

- Ciao Austin, sono Trish. - rispose - Volevo chiederti se hai parlato con Ally, oggi. -

- Mmm, no. Perché? - chiesi.

- La sto chiamando, ma non risponde. Pensavo che saremmo potuti andare al parco, visto che è una bella giornata. Che ne dici? - continuò.

- Va bene. Ci vediamo lì tra un'oretta? - proposi.

- Okay. - accettò - Ci pensi tu ad avvisare Ally? -

- Sì certo, a dopo. - conclusi.

Misi il telefono in tasca, decidendo di andare direttamente a casa dei Dawson. Mi diedi un'occhiata prima di uscire, controllando che la t-shirt blu e i pantaloni scuri fossero in ordine, e mi sistemai i capelli.

- Io esco! - urlai a mia mamma.

- Vai dalla tua fidanzatina? - disse lei ridendo.

- Ah ah ah, molto divertente. - ribattei uscendo.

Mi chiusi la porta alle spalle e mi incamminai per strada.
Il sole era alto nel cielo, caldo e luminoso, ma non faceva troppo caldo. Il classico clima estivo di Miami, accompagnato dal brusio delle macchine che correvano veloci per le strade e da un quasi percettibile odore di salsedine. Camminando sul marciapiede, all'ombra di qualche palma, provai a contattare Ally, ma ogni volta scattava la segreteria telefonica. Probabilmente aveva il telefono spento.
Il giorno precedente, dopo l'intervista, si era comportata in modo strano : era come sulle nuvole, persa nei suoi pensieri. Più del solito, intendo.
Eppure, era stata fantastica all'Helen Show : meravigliosa in quell'abito chiaro, aveva mostrato a tutti quel suo bellissimo sorriso, nonostante l'agitazione. E poi, mentre cantavamo, avevo provato quella sensazione così forte che solo con lei riuscivo a sentire. Perché mi bastava solo un suo sguardo per sentirmi al settimo cielo.
E mi faceva male vederla così distante, perché avrei solo voluto tenerla vicino a me.
Percorsi velocemente gli ultimi metri che mi separavano dalla sua abitazione e suonai il campanello, in attesa che qualcuno aprisse la porta. Dato che non arrivava nessuno, presi la chiave di scorta da sotto lo zerbino, che Ally aveva lasciato proprio per noi, ed entrai nella casa.

- C'è qualcuno? - chiesi ad alta voce.

Nessuno mi rispose, ma vidi un foglietto appoggiato sul piccolo tavolino vicino all'entrata; la scrittura era ordinata e chiara, quella del signor Dawson :

Ciao Ally, se ti sei appena svegliata sappi che sono al Sonic Boom.
Mi dispiaceva svegliarti, perciò ti ho lasciato dormire.
Riposati, mi raccomando.
Ti voglio bene!
Papà

Posai il biglietto, per poi salire le scale e arrivare fino alla camera di Ally, per vedere se fosse ancora nella sua stanza. Bussai, in attesa di una risposta.

- Ally? Ci sei? - domandai.

- Austin? - disse lei con la voce ancora impastata dal sonno - Che ci fai qui? -

- Io e Trish abbiamo provato a chiamarti, ma non rispondevi. -

Sentii dei passi leggeri venire verso la porta, che venne aperta qualche secondo dopo : Ally, ancora in pigiama, si stava stropicciando gli occhi e mi sorrideva ingenuamente.

- Buongiorno! - esclamai ridendo - Sei sveglia finalmente. -

- Perché, che ore sono? - ribatté lei..

- Le undici. - risposi, mentre mi faceva entrare nella sua camera.

- Davvero? - sorrise lei, mentre io annuivo.

Notai che nella sua camera c'era qualcosa di diverso : la parola “Freedom” appariva su una delle pareti, c'era un secchio appoggiato per terra e il pavimento era sporco di pittura blu.

- Ma che cosa hai fatto? - domandai curioso.

- Emh... - disse lei guardandosi intorno, per poi rispondere poco convinta - Diciamo che ho avuto una specie di impulso artistico... -

- Ah, okay. È carino. - commentai facendola ridere.

- Beh, grazie. - sorrise.

- Noi volevamo andare al parco, ti va di venire? - continuai poi.

- Certo. - accettò - Aspetta che mi vesto. -

Mi spinse delicatamente fuori dalla camera e mi chiuse la porta in faccia.

- Grazie, eh! - borbottai.

Sentii una risata cristallina provenire dalla stanza e, istintivamente, sorrisi anche io, scendendo al piano di sotto.
 

Ally

Sorrisi senza motivo, appoggiandomi alla porta, per poi scivolare fino a terra.
Come facevo a dimenticare i miei sentimenti se lui mi faceva sentire così?
Come se, improvvisamente, non fossi più così sbagliata. Se c'era lui, tutto sembrava perfetto.
Sospirai, convincendomi che dovevo almeno provarci.
Mi alzai, dirigendomi verso l'armadio per scegliere qualcosa da indossare. Optai per una maglietta verde chiaro, decorata da una nota musicale bianca, e degli shorts, abbinati a delle ballerine bianche; mi sistemai i capelli e ordinai un po' la stanza.
Mi ero completamente dimenticata della scritta sulla parete e, dato che c'era ancora un forte odore di pittura, aprii la finestra.
Dopodiché, raggiunsi Austin, che mi aspettava vicino all'uscita, con in mano la chitarra che lasciavo sempre in salotto; stava suonando una nuova melodia, dolce e orecchiabile, che aveva creato da solo. Canticchiava a bassa voce parole che non riuscivo a sentire, ma quando mi vide smise di suonare.

- È una bella base. - commentai avvicinandomi.

- Dici? È da stanotte che ce l'ho in mente, ma lo sai che non sono bravo con i testi. - mi spiegò.

- Steal your heart” era bellissima però. - gli dissi.

- Dici così perché era per te? - mi punzecchiò.

- Cosa? - ribattei con la voce più alta di un'ottava.

- Stavo scherzando! - sorrise - Andiamo? -

Annuii e uscimmo di casa, avviandoci verso il parco.
Anche quel giorno, il cielo era limpido e quella tipica umidità che aleggiava dopo i temporali era svanita. Meglio per me che ancora soffrivo di asma. Inspirai quell'aria che sapeva di oceano, chiudendo leggermente gli occhi e sorridendo : sarebbe stata una giornata perfetta.

- Trish e Dez sono già lì? - chiesi.

- Sì, dovrebbero aspettarci all'entrata. - rispose.

Il parco di Miami non era molto lontano ed era forse uno dei posti più piacevoli in cui trascorrere il pomeriggio, soprattutto se non faceva troppo caldo; disponeva di vari campi da pallacanestro e da pallavolo, in cui tutti si divertivano a giocare, e anche di una vasta area pic-nic. C'erano spesso molti bambini e per questo c'era sempre un gran schiamazzio, tra urla e risate, ma era davvero un luogo rilassante. E, a differenza del giardino botanico, c'era forse più libertà, perché non c'erano piante rare o fiori da non calpestare, quindi tutti correvano liberi di qua e di là. Insomma, c'era sempre un clima divertente, anche perché ogni giorno c'era qualche band che suonava proprio nel parco, sopra una piccola impalcatura. Per non parlare poi del piccolo angolo bambini, ricco di giostre e attrazioni per giocare, e della bancarella dei libri, situata in mezzo al parco, che dava in prestito libri di ogni genere a coloro che volevano immergersi nella lettura. E, infine, il posto preferito di Dez : il chiosco dei gelati.
Appena vidi dei grandi alberi comparire infondo alla via, capii che eravamo arrivati; infatti, sotto il cartello “Miami's park”, si trovavano anche Trish e Dez, con in mano un cesto in legno da pic-nic.

- Ciao ragazzi! - esclamò Dez venendoci incontro - Indovinate chi ha pensato di organizzare un fantastico pranzo nel parco? -

- Hey, non rubarmi le frasi! - borbottò Trish.

- Mmm, forse tu, Dez? - gli risposi.

- Esatto! Come l'hai capito? - chiese.

Ridemmo, per poi entrare nel parco, che sembrava immenso. In effetti, era uno dei più grandi della città e, anche se ci ero stata molte volte, non ero mai riuscita a vederlo tutto. Nonostante avesse piovuto molto qualche giorno prima, l'erba non era bagnata e anche tutte le varie giostre erano perfettamente funzionanti; l'aria era fresca e si stava davvero bene.
Ci sistemammo sotto un albero molto alto e folto, che offriva una grande zona all'ombra, e stendemmo per terra una grande coperta rossa e arancione che Trish aveva portato, per poi posarci sopra il cestino. Intorno a noi, le fronde sovrastanti, illuminate dal sole, creavano complessi giochi e disegni di luce, che donavano un qualcosa di magico al parco.

- Che facciamo? - chiese la riccia.

- Non lo so, potremmo fare qualche canestro. Che ne dite? - rispose Austin.

- Va bene, però vi avviso : sono un campione! - disse Dez.

- Sì certo. - commentò Trish con tono ironico.

- Io però non sono molto brava... - spiegai.

- Non ti preoccupare, ti aiuto io. - mi rassicurò Austin, con un sorriso.

- Dai, allora andiamo! - continuò il rosso entusiasta.

Così ci dirigemmo verso il campo, che era nella zona più assolata del parco e che era davvero grande, con il pavimento in gomma arancione scuro e le classiche righe bianche e spesse che delimitavano le varie aree. Il canestro era molto più in alto rispetto a quelli che usavamo a scuola, che per me erano comunque inarrivabili.
Non ce l'avrei mai fatta, ne ero sicura.

- Facciamo così : chi fa più canestri, su un totale di dieci, vince. Che ne dite? - propose Dez.

- Okay, ma sta sicuro che ti straccerò! - lo sfidò Trish.

- Ah davvero? - ribatté lui - Lo sai che sono stato capo cheerleader per quasi un mese proprio per le mie doti atletiche? -

- Lo sai che non è una cosa di cui vantarsi? - commentò lei.

- Vedremo... - continuò l'altro.

Era impossibile che non litigassero! Ma, in fondo, questo faceva parte della loro amicizia : bisticciavano e si punzecchiavano in continuazione, ma si volevano comunque bene.

- Comincio io! - esclamò Austin.

Prese uno dei palloni a disposizione per i visitatori, situati nel mezzo del campetto, e iniziò a lanciarlo. Uno dopo l' altro, fece nove canestri su dieci, come se fosse la cosa più facile del mondo.
Era sempre stato un eccellente atleta, soprattutto a pallacanestro, e un bravissimo ballerino, ma la cosa più impressionante era proprio come facesse sembrare qualsiasi cosa semplicissima, nonostante ci volesse grande pratica. E poi, non si vantava mai di quello che sapeva fare, anzi cercava sempre di migliorarsi.
Interruppi i miei pensieri, dicendomi che se avessi continuato ad ammirare tutto quello che faceva, sarebbe stato impossibile non innamorarmi ancora di più.
Una volta finito, Austin passò il pallone a Dez, per poi avvicinarsi a me, con quel suo splendido sorriso sul viso.
 

Austin

Anche Dez era molto bravo a basket, dato che riuscì a fare sei canestri con molta facilità.

- Ah! - esultò sorridendo - Prova a fare di meglio Trish! -

- Con piacere. - ribatté lei.

Iniziò così a lanciare il pallone, dimostrandosi davvero brava, ottenendo infatti il risultato di sette punti su dieci.

- Ti ho battuto! - esclamò entusiasta.

- Ma... - borbottò Dez, con espressione un po' imbronciata - Beh, ecco, io ti ho lasciato vincere... -

- Cosa? Ammettilo, ti ho battuto! - protestò lei.

- Mai! -

E così, Trish cominciò a rincorrere Dez per il parco, mentre lui urlava impaurito.
La scena era piuttosto comica, considerato che tutti i bambini nella zona giochi li guardavano in modo strano : alcuni preoccupati, altri ridendo, altri ancora allontanandosi un po' per la paura.
Ally, vicino a me, li osservava ridendo, contagiando anche me.

- Ammettilo! - urlava intanto Trish.

Ma Dez non ne voleva sapere.

- Quei due andranno per le lunghe... - commentai - Vuoi provare a fare qualche lancio? -

- Te l'ho detto, non ne sono capace. - rispose lei sorridendo.

- Guarda, devi fare così. - le spiegai dandole una dimostrazione - Devi metterti a qualche metro di distanza dal canestro, poi pieghi leggermente le gambe, prendi la mira e, dandoti uno slancio, lanci il pallone. -

Feci quello che le avevo appena detto e tornai accanto a lei.

- Non è difficile, ce la puoi fare. - la incoraggiai.

- Per te è facile... - disse - Sei praticamente un professionista! -

- Non è vero. - risi - Prova. -

Lei si sistemò dove ero io qualche secondo prima ed eseguì i vari procedimenti, ma mancò il canestro di parecchi centimetri.

- Visto? Non ne sono capace... -

- Dai, ti aiuto. - continuai.

Mi avvicinai a lei e le presi le braccia, facendole vedere come doveva fare; notai che era leggermente arrossita e non potei non sorridere. Sempre con le mie mani sulle sue, lanciammo il pallone, facendo canestro.

- Emh... Okay, ho capito. - disse lei un po' imbarazzata - Ci riprovo? -

Annuii, lasciandole più spazio, e lei continuò a fare qualche tentativo.
Era adorabile, così concentrata nel cercare di farcela, con un espressione leggermente corrucciata.
E, ogni secondo che passava, capivo di amarla sempre di più.
 

Ally

Era già la quinta volta che sbagliavo e cominciavo davvero a irritarmi. Sbuffai rumorosamente, mentre mi mettevo per l'ennesima volta in posizione. Sentivo il sole, sempre più caldo, battermi sulle spalle e sulla testa in modo davvero fastidioso, ma volevo riuscire a fare canestro almeno una volta.

- Prova a non pensarci troppo, fallo e basta. - mi disse Austin - Prova a chiudere gli occhi. -

- E poi come faccio? - domandai.

Lui mi venne più vicino e mi sorrise dolcemente.

- Ti fidi di me? - mi chiese. Annuii, senza pensarci due volte.

- Allora provaci. - aggiunse sistemandosi dietro di me.

Feci quello che mi aveva consigliato, svuotando la mente, e lanciai il pallone, per poi aprire leggermente gli occhi.
E, finalmente, feci il mio primo canestro.

- Austin! - esultai sorridendo - Ce l'ho fatta! -

Cominciai a saltellare sul posto, come una bambina che ha appena ricevuto un regalo. Mi girai di scatto, finendo però tra le braccia di Austin.

- Emh, io... - balbettai arrossendo - Grazie. -

- Figurati. - rispose lui sorridendo.

Era così bello stare lì, praticamente abbracciata a lui, con il cuore che batteva all'impazzata per l'emozione. Incrociai il suo sguardo, imprigionata in quei suoi occhi magnetici. Quegli occhi che mi avevano fatto innamorare, quegli occhi che, a pensarci bene, erano come il mare : se non sapevi affrontarli, rischiavi di affogarci dentro.
Cercai di staccarmi da lui, ma sentii la testa girare e le gambe cedettero improvvisamente.
Per fortuna, Austin mi prese in tempo.

- Ally! - esclamò preoccupato - Tutto okay? -

Non risposi, annuii solamente, confusa da quello che stava succedendo. Lui mi aiutò a rialzarmi, senza però togliere le sue braccia possenti dalla mia vita.

- Vieni, andiamo a sederci. - aggiunse.

Sempre sostenendomi, ritornammo al telo da pic-nic, non molto lontano.
Non capivo cosa fosse successo, ma sicuramente non andava bene : forse era stata una ricaduta della sincope che avevo avuto o forse mi ero stancata troppo. Non lo sapevo ed era questo quello che mi preoccupava : le gambe erano instabili, la testa mi faceva male, come se tutto si stesse ripetendo per la seconda volta.
Trish e Dez, che erano appena tornati, erano seduti sulla coperta, preparando alcuni tramezzini, e alzarono lo sguardo appena ci videro.

- Eccovi, finalmente! - cominciò lui - Non avete idea di quanto Trish mi abbia fatto correre! Io... -

- Ally, cosa è successo? Sei pallida... - lo interruppe la riccia.

Mi sedetti, mentre Austin mi guardava con espressione molto preoccupata.

- È tutto okay ragazzi. - sussurrai debolmente.

- Mi spiegate cosa è successo? - ripeté Trish preoccupata.

- Ho avuto solo un giramento di testa. - minimizzai - Ma ora sto meglio... -

- Sicura? - domandò Austin.

- Sì, tranquillo. - sorrisi debolmente.

- Tieni bevi qualcosa. - disse Dez porgendomi una bottiglietta d'acqua.

C'era una atmosfera diversa dal solito, come se fossimo tutti in attesa di un qualcosa, che però non sarebbe mai arrivato, sospesi in quell'insolito silenzio che riempiva lo spazio tra di noi.
È strano, sapete, il silenzio.
Nella mia vita è sempre stato difficile trovarlo, forse perché la musica è sempre stata fondamentale per me e con essa tutto quello che mi ha portato : il Sonic Boom, il team Austin & Ally, tutte le canzoni composte in segreto nel mio diario...
Insomma, il mio tutto. Pensandoci bene, è impossibile che la musica e il silenzio coesistano, perché una non permette l'altro, ma questo non mi è mai dispiaciuto.
Eppure, non vi è mai capitato di desiderare cinque minuti di sweet nothing?
Quei momenti che ci permettono di concentrare le idee, di pensare, ragionare, sognare, senza nessuno che possa metterci freni.
Ma quel silenzio, in quel momento, significava tutt'altro : preoccupazione, ansia, attesa.
E più passavano i secondi, più sentivo che tutta quella atmosfera era soprattutto colpa mia. Io che avevo passato la notte in bianco, dormendo sì e no qualche ora, io che non avevo seguito i consigli della dottoressa, io che non avevo neanche fatto colazione prima di uscire di casa... E tutto ciò confermava la mia ipotesi.
Bevvi a piccoli sorsi l'acqua, mentre sentivo lo sguardo degli altri su di me.

- Va meglio? - chiese Trish dolcemente.

Annuii, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

- E se mangiassimo qualcosa di dolce? - propose Dez - Ad esempio un gelato... -

- È una buona idea. - commentai sorridendo.

Erano davvero dolcissimi, ma non volevo che si preoccupassero così tanto di me. Non volevo essere un peso.

- Allora andiamoli a comprare! - continuò il rosso - Trish, mi accompagni? -

Lei accettò e, così, li vidi allontanarsi verso il chiosco dei gelati, nella parte opposta del parco rispetto al nostro angolino all'ombra. Continuai a vederli camminare, fino a quando una serie di alberi non me lo permise più.
Mi lasciai cadere sulla coperta, supina, con lo sguardo rivolto al cielo e i capelli disordinatamente sistemati a ventaglio sul tessuto arancione.
Sapevo benissimo della presenza di Austin, ma non sapevo proprio cosa dirgli.
Per fortuna, lui è sempre stato meno razionale di me.
Si distese di fianco a me, ma invece di guardare quella limpida volta azzurra sopra di noi, girò la testa verso la mia direzione. Spalla contro spalla, vicinissimi, forse troppo, ma separati da una barriera di verità incomplete e sentimenti inespressi.

- Scusa... - mi sussurrò Austin.

Non comprendendo il perché di quella parola, mi voltai verso di lui, accorgendomi troppo tardi di quella che sarebbe stata la piccolissima distanza tra le nostre labbra.

- Per cosa? - domandai.

- Se non fosse stato per me, che ho insistito a farti giocare, magari non sarebbe successo nulla. - mi spiegò tristemente.

Gli sorrisi, sciogliendomi per la sua dolcezza.

- Non dire cavolate. - ribattei - Grazie a te mi sono divertita tantissimo, anche oggi. -

- Sì, ma... - cominciò lui.

- Niente ma. - lo interruppi - Ho dormito pochissimo stanotte, non ho fatto colazione, il sole era rovente nel campetto, e potrei elencarti un sacco di alte cose, ma la conclusione è sempre la stessa : non è assolutamente colpa tua. -

Lui mi sorrise, posando per un nanosecondo lo sguardo sulle mie labbra, per poi tornare a incastonare i suoi occhi nei miei. Poi, come se si fosse appena ricordato di qualcosa, tornò serio.

- Hai di nuovo dormito male? - mi chiese.

Abbassai lo sguardo, sentendomi in colpa per tutte le cose che avrei dovuto raccontargli e per quella mia assurda mancanza di coraggio che non sapevo come ritrovare.

- Ally, io sono solo tremendamente preoccupato per te. - aggiunse - Lo sai che di me ti puoi fidare, vero? -

- Sì. - risposi, senza riuscire a continuare il discorso.

Voltai di nuovo la testa verso il cielo e anche Austin, dopo un leggero sospiro, ricopiò il mio gesto.
Passò non so quanto tempo, forse secondi o forse minuti, in assoluto silenzio : solo il rumore del vento o lo schiamazzio dei bambini in lontananza turbava di tanto in tanto quella dolce armonia che si riusciva a creare nel parco.

- Guarda! - esclamò Austin, alzando il braccio per indicare un punto preciso nel cielo - Quella nuvola assomiglia a una barca a vela! -

Sorrisi, nel solo sentire quel suo tono di voce così allegro, come quella di un bambino che ha appena imparato qualcosa di nuovo, e cercai con lo sguardo la nuvola presa in considerazione.

- Ti sbagli. Quello è sicuramente un vaso di fiori! - precisai sorridendo.

Lo sentii ridere, una di quelle risate vere che ti fanno sentire meglio solo ad ascoltarle.

- Scusami tanto, ma non capirò mai con quale criteri, voi del club “osserva nuvole”, distinguete una cosa da un'altra. - si giustificò con tono ironico.

Risi anche io, pensando a quante volte delle sue semplici parole riuscissero a farmi stare meglio.
E continuai a sorridere, scrutando quella nuvola bianca che a causa del vento cambiava sempre di più forma, fino a quando sentii la mano di Austin intrecciata alla mia.
Mi voltai istintivamente verso di lui e lui fece la stessa cosa.

- Io ci sarò sempre e comunque per te. Capito? - mi disse con tono serio - Non importa cosa succederà, io semplicemente non posso starti lontano. Ti voglio troppo bene. -

In risposta, gli sorrisi, sussurrandogli un “grazie” sincero. Appoggiai la mia testa sulla sua spalla, sospirando per quel mio cuore che non riusciva a smettere di battere all'impazzata. Perché, nonostante tutte quelle ragioni che mi dicevano di dimenticarlo, volevo solo stare con lui.
Ridere, piangere, giocare, vivere con lui.
Non potevo ignorare quello che il mio cuore urlava a squarciagola, ma la testa voleva solo ignorare quei sentimenti. La scelta, però, rimaneva sempre mia.
Rischiare o andare sul sicuro?
Istinto o razionalità?
Amore o amicizia?
Cuore o testa?
Dannata indecisione...
In fondo, la vita è sempre così : un bivio continuo. Ma prima o poi bisogna scegliere se andare a destra o sinistra, anche se sembra impossibile. Perché, forse, la decisione peggiore è quella di non decidere affatto, vivere impassibili di fronte al susseguirsi degli eventi.

- Secondo me, però, è una barca a vela... - insistette Austin.

Scoppiammo a ridere, di nuovo.
Forse non c'era bisogno di scegliere proprio in quel momento.
Perché, lì, quella mattina, stavo finalmente bene, nonostante tutto, tra l'azzurro del cielo limpido e il verde del prato profumato, tra risate vere e giochi di nuvole.
 

Angolo Autrice

Ciao a tutti cari lettori! Come state? Come va la scuola?
Anche voi contate i giorni mancanti alle vacanze di Natale? Ahahaha ;)
Nonostante il grande ritardo, eccomi qui con il quindicesimo capitolo della storia!
Spero che vi piaccia :D !
Ci tengo moltissimo a ringraziare tutti i lettori e le lettrici, coloro che recensiscono e anche chi ha messo la storia tra le preferite, le ricordate e\o le seguite.
Non riuscirò mai a ringraziarvi abbastanza!!!
Grazie mille a tutti, siete dolcissimi!
Se vi va di dirmi cosa ne pensate del capitolo o volete farmi delle correzioni, potete scrivermi attraverso le recensioni, ma questo già lo sapete :) .
Vi voglio bene!!!
Baciiii
 

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Capitolo 16
*** Frammenti di me ***


Frammenti di me

Ally

L'ho sempre sognato, sapete, l'amore vero.
Quel tipo di amore che si vive una volta sola nella vita, perché poi sembra impossibile viverne uno simile; quel cocktail di emozioni così dolce da farti toccare il cielo con un dito, così travolgente da toglierti il fiato.
E sono sempre stata una di quelle ragazze romantiche, sdolcinate, che piangono sempre alla fine di “Titanic” e che desiderano un loro “vissero per sempre felici e contenti”.
Sin da piccola ho vissuto di fiabe, tra Cenerentola e Biancaneve, immaginando di trovare anche io il mio principe azzurro, con tanto di armatura scintillante e cavallo bianco. Sono cresciuta tra libri e film romantici, quelli ricchi di cliché, con baci sotto la pioggia e amori proibiti; prendete ad esempio “Giulietta e Romeo”, la loro storia non finisce nel migliore dei modi, è vero, ma provate solo a pensare di vivere un'amore come il loro, che preferiresti morire anziché viver senza.
Forse è questo quello che mi spaventava : amare così tanto.
Perché, se ti abitui all'amore, se ti immergi in quelle emozioni così travolgenti, se cominci a sognare ai “per sempre”, quando poi perdi tutto...
Beh, il dolore è inimmaginabile.
Non puoi più viver senza amore una volta che ne hai vissuto uno così forte, perché ne diventi dipendente. E poi non puoi più farci nulla.
E io, che penso di provare qualcosa di simile per Austin, non so come farei a vivere senza di lui : non posso neanche immaginare una vita senza quei suoi occhi dolci, senza il suo sorriso, senza i suoi abbracci.
È uno dei tanti rischi dell'amore soffrire, soprattutto se sei una ragazza come me.
Perché io faccio progetti, desidero un futuro roseo e felice, mi faccio prendere troppo dalle mie emozioni, e alla fine mi scordo delle milioni di probabilità in cui qualcosa potrebbe andare male.
Perché la vita non è una fiaba, con scarpette di cristallo e baci che ti svegliano da sonni perenni, con fate turchine e incantesimi magici. Non lo è, purtroppo, ed io dovrei smettere di vivere di sogni, perché la realtà è molto diversa. E ti sveglia sempre nel momento più bello...

Il pomeriggio stava passando velocemente, ma nel modo migliore possibile.
Avevamo pranzato con dei tramezzini, chiacchierando e ridendo all'ombra del grande albero, le cui fronde venivano mosse da un leggero e fresco venticello. Faceva ancora un po' caldo, anche se la temperatura si era abbassata leggermente, ma si stava davvero bene. Mi sentivo anche meglio, forse perché stare lì, con i miei migliori amici, era semplicemente fantastico.
Ispirata dal silenzio e dalla quiete che aleggiava intorno a noi, decisi di cercare qualcosa da leggere alla bancarella di libri, non molto lontana da noi. Era una piccola struttura in legno controllata da un'anziana signora, costituita da due tavoli e una libreria ricchi di romanzi, di qualsiasi genere e argomento. Nonostante quel giorno ci fosse molta gente al parco desiderosa di immergersi nella lettura, erano rimasti ancora molti libri; feci scorrere lo sguardo sui tanti titoli disponibili, fino a quando una copertina leggermente rovinata sui bordi attirò la mia attenzione : già dall'autore si poteva capire la straordinarietà di quell'oggetto.

- Indecisa? - domandò la signora, alzandosi dalla sua sedia.

- Un po'. - ammisi.

- Fidati, se ti piace la poesia, questa raccolta è perfetta. - mi confidò.

- Allora opterò per questo. - conclusi con un sorriso.

Soddisfatta della mia scelta, tornai con il libro stretto al petto al nostro angolo di parco, dove Trish e Dez parlavano (stranamente senza discutere), mentre Austin, seduto contro il tronco dell'albero, scriveva qualcosa su un tovagliolo di carta. Mi andai a sedere accanto a lui, per provare a capire cosa stesse facendo.

- Cosa scrivi? - gli chiesi incuriosita.

- E tu cosa leggi? - ribatté sorridendo, nascondendo il foglietto dietro la schiena.

- Te l'ho chiesto prima io. - gli feci notare.

- Okay, stavo provando a scrivere un testo per la base che suonavo questa mattina, ma con scarsi risultati. - spiegò, piegando il tovagliolo e sistemandolo nella tasca nei pantaloni - Ora tocca a te rispondere. -

- Ho trovato una raccolta di opere di Shakespeare. - gli dissi mostrando il mio piccolo tesoro.

- Letteratura in estate? Sul serio? - mi chiese incredulo.

- Questa è pura poesia. - gli spiegai - È romantica, dolce, e... -

- Una scelta “alla Ally Dawson”, direi. - commentò lui, facendomi ridere - Qual'è la tua poesia preferita? -

Cercai allora la pagina in cui si trovava una delle mie frasi preferite e una volta trovata, gli porsi il libro, in attesa di una sua opinione.

- Ecco qui : non è una vera e propria poesia, ma è bellissima. -

Così, lui cominciò a leggere ad alta voce, con attenzione, mentre io appoggiavo la testa sulla sua spalla per guardare con lui.

- “Dubita che le stelle siano fuoco,
dubita che il sole si muova,
dubita che la verità sia mentitrice,
ma non dubitare mai del mio amore.” -

Sorrisi a quelle parole così romantiche, osservando la reazione di Austin.

- Decisamente una scelta “alla Ally”. - disse.

- Ed è una cosa positiva? - lo punzecchiai.

- Assolutamente. - affermò senza pensarci due volte.

Gli sorrisi, perdendomi nei suoi occhi, e lui mi sorrise a sua volta. Era una di quelle nostre tipiche situazioni imbarazzanti e romantiche al tempo stesso, in cui non sai cosa dire o cosa fare, perché qualsiasi parola sarebbe inutile e ogni gesto sarebbe sbagliato, eppure tutto sembra assolutamente perfetto : occhi incastonati, labbra pericolosamente vicine, tutto il resto sembra scomparire, in un'attesa interminabile che succeda qualcosa.
Peccato che nella maggior parte dei casi quel che succede non sia altrettanto perfetto.

- Emh, non vorrei interrompere uno dei vostri momenti... - ci interruppe Trish, facendoci arrossire - Ma vorrei parlare con te, Ally. -

Era incredibile l'abilità con cui Trish e Dez riuscissero ad interromperci nei momenti meno opportuni...
Annuì, alzandomi controvoglia, per poi allontanarmi un po' con lei. Passeggiavamo all'ombra degli alberi, lentamente, tra bambini che correvano e famiglie che chiacchieravano allegramente.

- Di cosa mi devi parlare? - le chiesi.

- Beh, credo che dovresti essere tu a raccontarmi cosa sta succedendo con Austin. - ribatté.

- Coooooosa? - dissi con voce acuta.

- Dai, si vede da lontano un miglio : vi guardate, sospirate innamorati, vi sorridete imbambolati... - mi fece notare.

Alzai gli occhi al cielo, sospirando.

- Sei troppo curiosa, lo sai? -

- Sono tua amica. - mi corresse lei sorridendo - Dai, racconta! -

- Beh, ecco... Io... - cominciai.

Non è così facile come sembra raccontare i propri sentimenti agli altri. Forse perché, una volta che lo dici, tutte quelle emozioni sembrano stranamente più reali, come se parlarne te ne desse conferma.

- Credo di essere ancora innamorata di Austin... - bisbigliai.

- Lo sapevo! - urlò lei saltellando.

- Shhh! Non lo deve sapere tutto il parco. - la fermai.

- Ally, ma non lo capisci? - mi domandò - Questo è fantastico! -

Avrei tanto voluto condividere il suo entusiasmo, ma dovevo provare a non lasciarmi prendere troppo da quella situazione.

- Io provo qualcosa, ma lui forse no... Più che altro è un bel problema. - dissi guardando per terra.

- Ma dai! È evidente! - continuò - Sei tu che non vuoi capirlo. -

La guardai confusa : sapeva forse qualcosa di più?

- Cosa dovrei fare? -

- Dovresti parlarne con Tu-sai-chi. - mi rispose.

- Non posso, lo sai. - le spiegai - Non me lo perdonerei mai se rovinassi la nostra amicizia. -

- Non è amicizia se provate qualcosa di più. - ribatté - E comunque, non puoi lasciare che la paura ti faccia soffrire. Come pensi di poter stare con lui come amica se ti piace? Soffriresti soltanto e continueresti a pensare a come sarebbe la tua vita con lui. -

Era difficile ammetterlo, ma Trish aveva ragione. Se stavo male già così, come sarebbe andata col passare del tempo?

- Potrei provare a dimenticarlo... - sussurrai.

Lei mi guardò con un sopracciglio alzato, come se avessi detto la cavolata più grande del mondo.

- Davvero pensi di poterlo fare? - mi chiese.

Scossi la testa, fermandomi e appoggiandomi con la schiena ad un albero.
In effetti, sarebbe stato impossibile vederlo tutti i giorni, così vicino eppure troppo lontano, abbracciandolo per pochi secondi, perché da amici non potevamo restare attaccati per troppo tempo.

- Perché l'amore è così complicato? Se faccio finta di niente soffro, ma se facessi qualcosa potremmo soffrire entrambi... - dissi - È come se il cuore mi dicesse di lasciarmi andare e di correre il rischio, ma allo stesso tempo la testa mi consiglia di lasciare tutto così, senza che rovini tutto. Ed è frustrante non sapere che cosa fare. -

- Non pensare sempre al peggio, Ally. - ribatté lei - Siete fatti l'uno per l'altra, ormai lo sanno tutti. Pensa a quanto potreste essere felici insieme, pensa positivo! Dimentica tutte le preoccupazioni inutili e segui il tuo cuore, così non sbaglierai. -

- Sai, hai ragione. - concordai.

- Io ho sempre ragione, anche quando ho torto. - affermò.

Ridemmo, per poi ripercorrere il percorso a ritroso.

- Ora devi solo pensare a come confessarti... Ci serve un piano! - continuò.

Mi bloccai di colpo. Ogni volta che lei o il rosso intervenivano, succedeva qualcosa che peggiorava ulteriormente la situazione : i loro propositi erano buoni, i risultati un po' meno.

- Dovete restarne fuori, tu e Dez, per favore. - la interruppi - È una cosa che devo fare da sola. -

- Va bene. Ma non posso assicurarti nulla per quell'altro. - accettò.

- Grazie. - dissi sollevata, sorridendole.

Non so cosa farei senza Trish. È una persona fondamentale nella mia vita : mi capisce, mi conforta, mi consiglia, mi fa ridere, mi supporta...
C'è sempre stata per me, anche quando litigavamo, in qualsiasi situazione. Se stavo male per qualcosa, lei si presentava a casa mia con un barattolo di gelato, i fazzoletti e uno di quei film romantici che mi piacciono tanto e che lei non sopporta; se ero arrabbiata mi portava un cuscino da picchiare oppure, se succedeva qualcosa di bello, cominciavamo a saltellare come quando eravamo più piccole. Insomma, è una delle poche persone su cui posso sempre contare ed è bellissimo sapere che, nonostante tutto, anche se facessi la cosa più stupida al mondo, lei sarebbe dalla mia parte.
E, anche se a volte i suoi piani complicano solamente le cose, qualsiasi cosa faccia la fa per farmi stare meglio.
 

Austin

Ally e Trish tornarono da noi poco dopo, mentre io e Dez chiacchieravamo.

- Che ne dite se andiamo a vedere quale band suona oggi? - ci chiese Ally, porgendomi un volantino giallo, su cui erano trascritti gli orari degli spettacoli - Ce l'ha dato una ragazza, dicendoci che è un gruppo eccezionale. -

- Penso che sia un'idea fantastica. - le risposi sorridendo.

- Perfetto. Allora ci conviene andare, perché cominceranno tra poco a suonare. - ci comunicò Trish.

- Okay, andiamo! - concluse Dez.

La parte del parco in cui si esibivano, quasi tutti i giorni, alcune band emergenti, si trovava non molto lontano dall'entrata, su un piccolo palco allestito per l'occasione. In questo modo, i cantanti e i musicisti, potevano condividere con gli altri la propria musica, con basi acustiche che rendevano l'atmosfera ancora più magica. Era come se il vento e la musica si unissero, diffondendosi nel parco e arrivando a tutte le persone presenti, senza però disturbare quella pacifica quiete.

- Bella chiacchierata con Trish? - chiesi ad Ally, che camminava accanto a me, qualche passo dietro agli altri due.

- Sì... A volte sembra che riesca a capire i miei sentimenti meglio di me... - mi spiegò, con lo sguardo rivolto a terra.

- Beh, è per questo che siete migliori amiche, no? - ragionai.

- Già. - mi disse - Penso che mi sentirei persa senza di lei, senza di voi... -

- Idem. - concordai sorridendo.

Ed era vero. Quando ci si affeziona così tanto a delle persone, pensare di vivere senza sembra una possibilità assurda, impossibile da realizzarsi. Per noi era così, lo era sempre stato, fin dal primo momento : come se fossimo destinati a incontrarci e a completarci a vicenda.
Arrivammo al palco, dove un gruppo di ragazzi stava finendo di sistemare tutti gli strumenti; intorno a noi c'era già un gran numero di persone, pronte ad assistere alle esibizioni.

- Grazie a tutti di essere qui. - disse una ragazza con i capelli rossi e gli occhi chiari, attraverso il microfono - Noi siamo i Beats e vi canteremo delle nostre canzoni e alcune cover. -

Finirono di sistemare gli strumenti e si misero in posizione : la ragazza dai capelli rossi era la voce principale, accompagnata da due ragazzi alla chitarra e un'altra ragazza con un violino.
Cominciarono a suonare una dolce melodia, che avevo già sentito alla radio. Trish e Dez erano riusciti ad arrivare quasi sotto il palco, mentre io ed Ally eravamo rimasti un po' indietro, uno accanto all'altra. La vidi sorridere, quel sorriso che ha sempre quando c'è musica nell'aria, quel sorriso che significa che sta per perdersi in quel mondo di note e accordi che riesce a rendere così magico. Non potei che sorridere, ascoltando le prime parole della canzone.

- “You're not alone
Together we stand
I'll be by your side, you know I'll take your hand
When it gets cold
And it feels like the end
There's no place to go
You know I won't give in
No I won't give in” -

Ed è forse questa una delle cose più spettacolari della musica : trovare qualcuno che, con una sua canzone, riesce a capirti senza conoscerti.
Avete presente, no?
Quelle canzoni che arrivano per caso al momento perfetto, trasmettendo tutto quello che vorresti dire a qualcuno. E per me, quel qualcuno era Ally.

- “Keep holding on
'Cause you know we'll make it through, we'll make it through
Just stay strong
'Cause you know I'm here for you, I'm here for you
There's nothing you could say
Nothing you could do
There's no other way when it comes to the truth
So keep holding on
'Cause you know we'll make it through, we'll make it through” -

Perché, in fondo, anche se non sapevo cosa ci stesse dividendo, io ci sarei sempre stato per lei.
Anche quando le parole sarebbero state superflue e i gesti inutili, io ci sarei stato.
Perché, insieme, niente è mai stato impossibile.
E in quel momento, con lei vicino a me, che sorrideva e viveva di quella dolce armonia, bella come non mai, non potevo che amarla.

- “So far away
I wish you were here
Before it's too late, this could all disappear
Before the doors close
And it comes to an end
With you by my side I will fight and defend
I'll fight and defend
Yeah, yeah

Keep holding on
'Cause you know we'll make it through, we'll make it through
Just stay strong
'Cause you know I'm here for you, I'm here for you
There's nothing you could say
Nothing you could do
There's no other way when it comes to the truth
So keep holding on
'Cause you know we'll make it through, we'll make it through” -

Fianco a fianco, io e lei.
Da quando l'ho conosciuta tutto è cambiato : è diventata la mia aria, il mio punto debole, vitale.
E può essere spaventoso, a volte, sentire un'emozione così forte, che ti crea dipendenza. Perché ogni volta che non le sto accanto sento un vuoto incolmabile, tra lo stomaco e la gola, nel cuore.
E quando ho temuto davvero di perderla, tutto è diventato ancora più chiaro.

- “Hear me when I say, when I say I believe
Nothing's gonna change, nothing's gonna change destiny
Whatever's meant to be will work out perfectly
Yeah, yeah, yeah, yeah
La da da da
La da da da
La da da da da da da da da” -

Mi sentivi Ally?
Io ci credevo : credevo in quello che eravamo, in quello che ci legava.
E credo ancora nel nostro amore. Ci ho sempre creduto, anche inconsciamente.
Lo sentivi Ally? Sentivi il mio cuore che batteva, forte, per te?
Io non potevo più ignorarlo.
Dovevo fare qualcosa.

- “Keep holding on
'Cause you know we'll make it through, we'll make it through
Just stay strong
'Cause you know I'm here for you, I'm here for you
There's nothing you could say
Nothing you could do
There's no other way when it comes to the truth
So keep holding on
'Cause you know we'll make it through, we'll make it through
Keep holding on
Keep holding on

There's nothing you could say
Nothing you could do
There's no other way when it comes to the truth
So keep holding on
'Cause you know we'll make it through, we'll make it through” -

La band smise di suonare e un applauso si levò dal pubblico entusiasta.

- Bravi, vero? - mi chiese Ally sorridendo.

Annuii, ricambiando il gesto. In realtà pensavo a tutt'altro : mi serviva un piano, mi serviva colui che sussurra all'amore. E, così, cominciai a cercare Dez tra la gente.
 

Ally

Nel giro di pochi minuti persi di vista sia Austin che Dez, mentre nuova gente veniva ad ascoltare la band suonare. Per fortuna, Trish era a pochi passi da me.

- Ma dove sono finiti quei due? - mi chiese.

- Non ne ho idea... - risposi vagando con lo sguardo per il parco.

- Beh, di certo non si sono volatilizzati. - continuò - Cerchiamoli. -

Annuii e così cominciammo la ricerca. Era strano che si fossero allontanati senza avvisarci, ma in fondo da Dez, sì soprattutto da lui, ci si poteva aspettare qualsiasi cosa.

- Forse è meglio se ci dividiamo. - commentò Trish - Io vado di qua e tu di là, okay? -

- Va bene. - concordai, dirigendomi verso la parte nord del parco.

Non ci ero ancora mai stata, neanche con Austin, che conosceva quel posto come il palmo della sua mano ed aveva anche trovato un angolo di parco, a suo parere fantastico, che ormai considerava il suo nascondiglio. Non conoscevo la strada, così provai a seguire un piccolo sentiero.
Era una zona particolarmente ombrosa, a causa della fittezza delle chiome degli alberi, e il sole riusciva a filtrare molto poco, creando quei classici giochi di luce che da piccola mi perdevo a guardare. Non c'erano persone, nonostante lì fosse molto più fresco che nel resto di quella grande distesa verde.
Non sapevo perché, ma avevo la sensazione di essere già stata lì. Era come un ricordo vago nella memoria, quasi cancellato dal passare del tempo, ma mi faceva venire i brividi.
Solo dopo ne avrei capito il perché.
Lì per lì, infatti, non ci feci molto caso, poiché sentii una voce familiare non molto lontana da me; fidandomi dell'udito, riuscii a trovare Austin e Dez. Chiacchieravano fitto fitto, su qualcosa che sembrava davvero importante. Incuriosita, mi nascosi dietro un albero, per ascoltare. (Sì, lo so... Questo si chiama origliare, ma ero troppo curiosa!!!)

- Allora mi aiuterai? - chiese Austin.

- Certo amico! - rispose l'altro - Ma mi devi dire di più! -

- Ad esempio? -

- Cosa provi quando stai con lei? - gli domandò Dez.

Stavano parlando di una ragazza, era ovvio.
Il cuore cominciò a battermi forte nel petto, come se sapesse che si stava parlando di lui, di me. Volevo provare a non dargli retta, a non cominciare a sognare ad occhi aperti, ma mi fu praticamente impossibile. Volevo davvero essere io quella “lei”.

- Lo sai, non riesco a spiegarlo. - gli disse Austin - Con lei, sto bene, lo sono sempre stato. È una sensazione incredibile : il cuore batte all'impazzata, le mani tremano e quando la guardo mi incanto nei suoi occhi, nel suo sorriso. -

Sorrisi, senza volerlo.
E se stesse davvero parlando di me?” pensai.
Io provavo le stesse identiche emozioni con lui e non poteva essere solo una semplice coincidenza. Dovevo dirgli il prima possibile che provavo lo stesso, come avrei dovuto fare già da tempo.

- Aaaaaw! Che cosa dolce! - commentò Dez - A che sorpresa pensavi? -

- A una canzone che ho scritto pensando a lei, a... - gli rivelò.

Stavo per sciogliermi, quando un semplice nome mi svegliò dal mio dolce sogno.

- Kira! - esclamò Dez, interrompendolo.

Un rumore inesistente e impercettibile, tranne che per me, squarciò l'aria. Uno scricchiolio, come quello di un vetro che sta per rompersi, non riuscendo a sostenere il peso di quel dolore così intenso. Un vetro, che era il mio cuore.
Lo sentii dividersi in piccoli pezzi, durante una frazione di secondo infinita, in piccoli frammenti di me che sarebbero sembrati impossibili da rimettere insieme.
Tutto sembrò bloccarsi : il vento, il respiro, il battito del mio cuore.
L'unica cosa a cui riuscivo a pensare era che dovevo scappare via da lì, da quel parco, da Austin. E così cominciai a correre a perdifiato, evitando quegli alberi, che sembravano ancora più tetri e scuri, alla disperata ricerca di una via d'uscita.
Come potevo essere stata così stupida? Come avevo potuto anche solo illudermi che si stesse riferendo a me?
Ci avevamo provato, in fondo, ad essere una coppia, ma era andato tutto a rotoli : era logico che mi avesse dimenticata, almeno in quel senso.
Era colpa mia, ancora una volta. Mia, che mi ero lasciata trasportare dalle emozioni, dal cuore, che ero rimasta affascinata e come ipnotizzata da quel suo sorriso dolce, da quei sui occhi meravigliosi.
Non era giusto, non lo era per niente.
Ci ho voluto credere per qualche ora, ho voluto sperare in quella possibilità che prometteva di farci tornare insieme, di amarci come in quelle storie romantiche che in quel momento sembravano così false...
Ed io correvo, senza pensare a una meta, con le lacrime che mi rigavano il viso.

- Ally! - sentii urlare da Trish, dopo che le passai davanti.

Avrei voluto fermarmi, perché un abbraccio della mia migliore amica era una delle cose che più desideravo, ma non lo feci. Sorpassai l'entrata del parco, per poi continuare la mia corsa.
Perché l'amore fa così male? Dovrebbe solo farci stare meglio, ma invece ci fa soffrire di continuo.
Tutti parlano della felicità, della gioia, delle farfalle nello stomaco, creandoci poesie, storie, saggi... Forse perché è più poetico, forse perché una storia a lieto fine piace di più.
Ma nessuno ci avvisa mai abbastanza sul dolore, perché nessuno vuole pensare al peggio.
Neanche io l'ho fatto, ho semplicemente scelto il cuore anziché la testa.
Che stupida...
 

Austin

Sentii qualcosa muoversi dietro gli alberi, ma non ci feci molta attenzione.

- Kira? Cosa centra adesso? - chiesi a Dez - Lo sai che sto parlando di Ally. -

- Sì sì, lo so. Ma volevo solo salutare Kira. - mi spiegò.

Non mi ero neanche accorto di lei, per quanto ero concentrato sul piano. Stava passeggiando nel parco con una sua amica e, vedendoci, ci salutò con un gesto della mano, per poi continuare a camminare. Ricambiammo il gesto, per poi ritornare a parlare della mia idea.

- Allora cosa ne pensi? Funzionerà la sorpresa? - continuai sorridendo.

- Ally ne sarà entusiasta! - mi disse.

- Perfetto, allora ritorniamo da loro : ci staranno cercando. - conclusi.

Percorremmo il tragitto a ritroso, lasciandoci alle spalle il mio posto segreto, che avevo scoperto qualche mese prima. Presi il telefono dalla tasca dei pantaloni, notando che avevo tre chiamate perse, tutte da parte di Trish.
Mentre pensavo a cosa potesse essere successo, la vidi correrci incontro.

- Ma dove cavolo eravate? - ci rimproverò.

- Emh... Ecco... - cominciò Dez, per poi riferirsi a me - Possiamo dirglielo? -

- Certo : voglio organizzare una sorpresa per Ally, per confessarmi. - le spiegai.

- È un'idea molto dolce. - commentò lei sorridendo.

Poi, come se si fosse appena ricordata di qualcosa, tornò seria.

- Ma quindi Ally non era con voi? - domandò.

- No. Pensavo fosse con te... - ribattei.

- Ci siamo separate per cominciare a cercarvi, ma poco fa l'ho vista correre via piangendo. - ci spiegò - Sapete cosa le è successo? -

Scossi la testa, preoccupato : non era da lei scappare così.

- Devo andare. - dissi, per poi allontanarmi a passo svelto verso l'uscita.

- Dove? - mi seguì Dez.

- A cercare Ally : voglio sapere cosa ha. - continuai.

- Okay. Allora noi andiamo al Sonic Boom, mentre tu vai a casa sua. - propose Trish.

Annuii, per poi continuare per la mia strada, alla ricerca di Ally.
Le avevo promesso di starle sempre accanto e l'avrei fatto.
E non solo perché sapere che era triste mi faceva stare male, ma anche perché era diventata la cosa più normale del modo starle vicino nei momenti peggiori. In fondo, volevo solo vederla sorridere, con uno di quei suoi sorrisi adorabili, perché una persona così dolce come lei, non dovrebbe mai piangere.
E starle accanto era uno dei miei tanti modi di amarla
 

Angolo Autrice

Scusatemi tantissimo!!! Lo so, sono in stra-ritardo... Mi dispiace tantissimo, davvero, ma ho avuto due settimane ricche di verifiche e interrogazioni e, come sapete, la scrittura, purtroppo, passa in secondo posto se c'è di mezzo la scuola.
Scusate ancora.
Però, eccomi qui con il sedicesimo capitolo! Spero con tutto il cuore che vi piaccia!!!
La canzone nel capitolo è Keep Holding On di Avril Lavigne (vi consiglio di leggervi la traduzione, che secondo me è davvero dolce), mentre la frase di Shakespeare è tratta dall'Amleto.
Come sempre, ci tengo moltissimo a ringraziare tutti i lettori e le lettrici, coloro che recensiscono e anche chi ha messo la storia tra le preferite, le ricordate e\o le seguite.
Non riuscirò mai a ringraziarvi abbastanza!!! Siete sempre dolcissimi!
Se vi va di dirmi cosa ne pensate del capitolo o volete farmi delle correzioni, potete scrivermi attraverso le recensioni :) .
Vi voglio bene!!!
E scusate ancora per il ritardo!
Baciiii

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Capitolo 17
*** Segreti rivelati ***


Segreti rivelati

Ally

Non sapevo da quanto tempo stessi correndo, sapevo solo di dovermi fermare : mi mancava il fiato, respiravo a fatica, e di sicuro l'asma non aiutava. Avevo anche dimenticato la borsa, con dentro il broncodilatatore e il telefono, in camera mia. Cercai così di regolarizzare il respiro da sola, come mi aveva insegnato mia madre da piccola, nel caso di emergenze.

- Non è difficile, devi solo riprendere il controllo. - diceva sempre - Inspira, espira. Inspira, espira. -

Ma non era così facile.
Arrivai con fatica davanti a casa mia, per poi sedermi sugli scalini prima dell'entrata. Non avevo ancora smesso di piangere e il mio corpo veniva continuamente scosso dai singhiozzi.
Già, neanche quelli aiutavano molto...
Il sole stava cominciando a calare, rendendo il paesaggio sempre più buio, riducendo anche il tipico tepore estivo di quella giornata.
Appoggiai i gomiti sulle ginocchia, posando il capo tra le mani.
Inspirai, espirai. Come può un atto così facile, che facciamo involontariamente, diventare così complicato?
Sentii una mano sulla spalla e sobbalzai, girandomi di scatto. Mio padre era davanti alla porta di casa, con un'espressione davvero preoccupata in volto. Evidentemente, non era al Sonic Boom come credevo.

- Hey, tutto okay? - mi chiese sedendosi vicino a me.

- S-sì. - risposi cercando di smettere di piangere.

- Sai che non ne sembri minimamente sicura? - commentò.

Annuii, asciugandomi una guancia con la mano e spostando altrove lo sguardo.

- Problemi d'amore? - domandò dubitante.

Risi, guardandolo negli occhi.

- Ho detto una cavolata, vero? - continuò.

- No, anzi ci hai preso in pieno. - dissi.

- Beh, allora non posso aiutarti molto : sono piuttosto ignorante in questo campo, lo sai. - aggiunse - Non so neanche come sia riuscito a conquistare tua mamma. -

Risi di nuovo, appoggiando la testa sulla sua spalla.

- A volte, gli abbracci aiutano. - bisbigliai, sentendo subito dopo le sue braccia intorno a me.

Si staccò poco dopo, sorridendomi.

- Grazie. - sussurrai.

- Posso chiederti una cosa? -

Annuii di nuovo, in attesa della sua domanda.

- Perché camera tua è diventata blu? - disse.

- È solo una scritta sulla parete... - lo corressi sorridendo.

- Okay, ho capito : niente domande. - concluse - Vieni, andiamo dentro. -

Entrammo in casa, in silenzio, per poi andare verso la cucina.

- Come mai non sei in negozio? - gli chiesi, sedendomi su una sedia.

Avevo bisogno di cambiare argomento.

- Ho chiuso presto oggi, dato che non c'era molta gente. - mi spiegò - E poi, mi ha chiamato zia Amelia, chiedendomi se potevo fare da baby-sitter ai tuoi cugini. -

- Tu un baby-sitter? - ribattei.

Non fraintendetemi : Lester Dawson era un padre fantastico, ma non sapeva dire no ai più piccoli, perché gli facevano troppa tenerezza. E si da al caso, che i miei due cuginetti, Beatrice e John, avessero rispettivamente quattro e sei anni.

- Inizialmente la prima scelta eri tu, ma non volevo che ti stancassi. - mi disse.

Gli sorrisi.

- Quando devi andare? - domandai.

- Emh... Ora. - disse controllando l'orologio appeso alla parete - Però se non stai bene, resto qui. -

- È tutto okay. Tra un po' vado su in camera mia a riposare... - lo tranquillizzai.

- Va bene, ci vediamo domani. - mi salutò, scompigliandomi i capelli prima di andare via.

Sentii la porta chiudersi e mi alzai, diretta in salotto : avevo voglia di film per-niente-romantici da guardare tutta avvolta nelle coperte, spaparanzata sul divano. Almeno, non avrei pensato ad Austin, o a qualsiasi altra cosa che riguardasse l'amore.
Accesi la televisione, cominciando a fare zapping : “Alla ricerca del principe azzurro” meglio di no, “Un'Amore Impossibile” neanche,“Appuntamenti perfetti” neppure... Possibile che ci fossero solo film romantici?
Sbuffai, cambiando per l'ennesima volta canale. E poi, come un oasi in mezzo al deserto, apparve “Hunger Games” : entusiasta della scelta, cominciai a guardare il film.
 

Austin

Stavo camminando in direzione di casa Dawson, a passo svelto, in modo da raggiungere il prima possibile Ally. Quell'azione sembrava talmente impossibile da parte sua, che non sapevo neanche più a cosa pensare... Forse si era sentita di nuovo male, forse si era arrabbiata perché ci eravamo allontanati di nascosto o aveva pensato di cercarci altrove. In ogni caso, non rispondeva al telefono, né aveva avvisato qualcuno di quello che avrebbe fatto, cosa davvero strana da parte sua.
Il mio cellulare cominciò a suonare : era Trish.

- Hey, avete novità? - risposi.

- Il Sonic Boom è chiuso e le luci sono tutte spente. Ally non è qui... - disse - Sarà sicuramente a casa sua. -

- Okay, allora parlo con lei e poi vi aggiorno. - proposi.

- Va bene. Però avvisami se ci sono problemi. - continuò.

- Certo. - conclusi, per poi attaccare.

Ormai ero arrivato a destinazione : le luci del salotto erano accese, così come la tv; mi avvicinai alla porta d'ingresso e suonai il campanello. Sentii la serratura scattare e subito dopo la porta venne aperta.

- Ciao. - dissi ad Ally, ferma all'ingresso, scalza e avvolta in una coperta viola.

- Ciao. - ricambiò lei abbassando lo sguardo.

- Posso entrare? - continuai.

Lei annuì, freddamente. Non capivo cosa avesse, ma dalla sua espressione sembrava aver appena finito di piangere. Entrai dubitante, notando che stava guardando uno dei suoi film preferiti.

- Sono venuto... Beh, ecco, sei sparita ed ero preoccupato per te. - spiegai - Eravamo tutti preoccupati per te. -

Lei mi guardò per un secondo negli occhi, per poi spostare di nuovo lo sguardo altrove. Quel suo comportamento mi faceva entrare ancora di più in confusione : era forse colpa mia?

- Mi dispiace, non volevo che vi preoccupaste. - bisbigliò.

- Ally, cosa c'è che non va? - le chiesi avvicinandomi.

- Nulla, va tutto bene. - rispose.

- Ti conosco, so che menti. - le feci notare.

- Non è vero. - ribattè.

- E perché non mi guardi negli occhi? - continuai.

Non rispose, ma continuò a fissare il pavimento, stranamente interessante.
Bingo.

- Ally... - la chiamai, cercando di attirare la sua attenzione - Cosa è successo? -

Si fiondò tra le mie braccia e io non potei fare altro che abbracciarla : le stringevo la vita, mentre lei posava il suo viso sul mio petto. La strinsi più forte, cercando di farle capire che io ero lì per lei e che lei potevo dirmi tutto, se ne aveva bisogno.

- Ora sono ancora più sicuro che ci sia qualcosa che non va. - le dissi - Perché sei andata via così? -

- Perché era troppo doloroso restare. - sussurrò.

- Io non capisco... - le dissi.

- Sì, scusa. - bisbigliò staccandosi - Sono solo stanca. Se puoi, avvisa tu Trish e Dez e digli che è tutto a posto, e poi torna tranquillo a casa tua e... -

- Non vado via finché non capisco cosa hai. - la interruppi.

Lei sorrise, arrossendo un pochino.

- Sei davvero dolce, ma non ce n'è bisogno. - ripeté, sedendosi sul divano.

- E invece sì. - ribattei mettendomi accanto a lei - A che punto del film sei? -

Volevo davvero capire cosa fosse accaduto, ma la conoscevo bene e sapevo che, insistendo, non avrei ottenuto ulteriori informazioni. Coprii entrambi con la coperta, sentendo subito dopo la sua testa sulla mia spalla, e cominciammo a guardare la televisione.

- Katniss è appena stata estratta per gli Hunger Games. - mi spiegò, per poi concentrarsi sul film.

Sembrava così triste... E vederla così, senza poter far nulla, era una tortura.
 

Ally

Il film era quasi finito ed erano circa le dieci e mezzo. Né io né Austin avevamo proferito parola per tutto il tempo, così l'unico rumore che si sentiva, oltre alla televisione, erano i nostri respiri, che quasi andavano a tempo. Sentivo, sotto l'orecchio, il battito del suo cuore, che mi faceva rilassare con il suo ritmo costante, e mi chiedevo se lui potesse udire il mio, che accelerava ogni volta che si stringeva a me. E i suoi abbracci così dolci sembravano quasi rimettere a posto i pezzi del mio cuore, ma facevano male allo stesso tempo, perché, per quanto fossero confortanti, mi ricordavano che non saremmo mai stati più che semplici migliori amici.
Non avevo potuto fare a meno di sognare, ma la realtà mi aveva risvegliato, e non nel migliore dei modi : lo sapevo che questa possibilità sarebbe stata dolorosa, ma non immaginavo così tanto... E non riuscivo neanche ad allontanarmi da lui, era questo il problema.
Di tanto in tanto, lo guardavo, di nascosto, provando a immaginare cosa sarebbe successo se, invece di tenermi tutto dentro, gli avessi spiegato perché ero corsa via in lacrime dal parco. Sarebbe bastato smettere di ragionare per qualche secondo e tutto sarebbe cambiato, perché quella barriera di verità nascoste che ci divideva sarebbe crollata in frantumi. Ci voleva solo di un pizzico di coraggio in più...
Ma in quel momento, forse, l'unica cosa di cui sentivo davvero bisogno era un abbraccio, un suo abbraccio : perché era inimmaginabile la forza che riusciva a darmi con quel semplice gesto, ed ma era ancora più inspiegabile quello che mi faceva provare.

E non so perché, ma sentivo che anche lui provava qualcosa.
Immersa nei miei pensieri, persi l'ultima parte del film, addormentandomi beatamente sul divano.
 

L'incubo era cominciato di nuovo, angosciante e terrorizzante come la prima volta.
Gridavo, ma le mie richieste d'aiuto rimanevano inascoltate tra le tante urla della foresta.
Già, la foresta... Quella volta aveva qualcosa di terribilmente familiare, ma non ebbi il tempo di pensare che cosa mi ricordasse.
Il lampo, improvviso e agghiacciante, squarciò il cielo e il rumore da esso provocato cominciò a rimbombare tra gli alberi. Dalla scarica elettrica scaturirono numerose scintille e un incendio cominciò a divampare nella radura, bruciando tutte le creature, che si polverizzarono, lentamente, per poi essere trasportate via da un vento gelido.
Il terreno continuava a inghiottirmi e le lacrime ghiacciate continuavano a ferirmi, ma c'era qualcosa di diverso, una scintilla di speranza che mi diceva di resistere ancora un po'.
Le forze mi stavano per abbandonare, quando sentii di nuovo quella voce familiare e dolce chiamarmi, perfettamente distinguibile tra le urla. Quella voce che avevo interpretato come una salvezza e che forse mi avrebbe salvato ancora, almeno speravo.

- Salvami. - dissi con un bisbiglio, pensando che urlare non sarebbe comunque servito a nulla.

L'incubo era sul punto di finire, avevo quasi coscienza del fatto che di lì a poco mi sarei svegliata, ma qualcosa cambiò.
Tutto si bloccò, per un motivo ancora sconosciuto. Tutto era fermo, immobile, congelato.
Solo io riuscivo ancora a muovermi, ma non avevo più forze.
Chiusi gli occhi, nella speranza di poterli riaprire nel mondo reale, ma non successe nulla.

- Dammi la mano. - disse la voce, improvvisamente vicina.

Evidentemente mi aveva sentito.
Sorpresa, provai a riaprire gli occhi, per vedere a chi appartenesse.

- No! - mi fermò però la voce - Non aprire gli occhi, non serve. -

- Perché? - chiesi, ubbidendo.

- Fidati di me. - rispose.

Non so perché, ma dal tono della sua voce sembrava quasi che stesse sorridendo. Forse mi sbagliavo, forse era solo una mia sensazione, ma quella sua voce così dolce mi induceva irrimediabilmente a fidarmi. Gli porsi la mano e, subito dopo, mi liberò dal fango. Sembrava quasi che non si fosse forzato, come se il fango fosse inspiegabilmente sparito con la sua presenza.
Smisi però di fantasticare quando mi accorsi di aver quasi il suo fiato sul collo : eravamo davvero vicini.

- Chi sei? - domandai.

- In fondo, lo sai già chi sono. - sussurrò enigmatico.

- Ma io... -

Non ebbi il tempo di continuare, poiché l'incubo si interruppe.
Aprii gli occhi.
 

Una debole luce filtrava dalla finestra, illuminando la stanza. I miei occhi, ancora poco abituati alla luce, cominciarono a vagare per quella che sarebbe dovuta essere la mia camera, per poi posarsi sulla tv, ancora accesa, dove continuavano ad essere trasmesse pubblicità di ogni genere.
Strano, pensai, non ho una televisione in camera...
Mi resi conto di essere avvolta in un dolce abbraccio e, solo dopo qualche secondo di confusione, ricordai tutto quello che era successo. Mi girai, lentamente, ritrovandomi di fronte il viso di Austin : dormiva, con la testa appoggiata al bracciolo del divano, bellissimo, come sempre.
Avrei dovuto smetterla di fare pensieri del genere, ma non ce la facevo.
Così come non riuscivo a convincere il mio corpo a togliersi da quella piacevole situazione. Non ero più appoggiata sulla sua spalla, perché eravamo entrambi sdraiati, uno accanto all'altro, lungo tutto il divano, con addosso la coperta della sera precedente. Eravamo pericolosamente vicini, ma stavo così bene che non mi importava.
Eppure, piuttosto contro voglia, mi alzai e attraversai con passo felpato il salotto, calpestando a piedi nudi il pavimento freddo, che mi fece rabbrividire impercettibilmente.
Improvvisamente, mi resi conto di una cosa : ogni volta che lui era con me, l'incubo cambiava. Era già la seconda volta che accadeva e doveva pur significare qualcosa.
Ma erano altre le domande che mi ronzavano per la testa : a chi apparteneva la voce? E poi qual'era la spiegazione per quella foresta così familiare?
Sbuffai : era tutto troppo complicato per ragionarci su di prima mattina.
Mi avvicinai alla finestra, notando che il tempo non era molto sereno, anzi, era quasi tendente al grigio. L'orologio, che continuava imperterrito il suo ticchettio a tratti snervante, segnava le sette e mezzo.
Mi stropicciai gli occhi e presi il mio diario dal tavolo, per poi andare verso la porta che separava la cucina dall'esterno e che conduceva al giardino sul retro. Uscii fuori : avevo bisogno d'aria.
Il mio giardino non era molto grande e neanche molto decorato : c'era solo una panchina, una altalena cigolante, risalente a quando avevo quattro anni, e un piccolo tavolinetto in legno, con tanto di sedie abbinate. Faceva leggermente freddo, a quell'ora del mattino, nonostante fosse estate, ma mi andai a sedere sulla vecchia panchina, rovinata dal tempo e dalla pioggia, ma che era sempre stata lì, almeno da quando ne avevo ricordo. Si era alzato un fresco venticello, che scuoteva leggermente i miei capelli, già disordinati dal sonno.
Mi fu inevitabile ricominciare a ripensare all'incubo.
In fondo, lo sai già chi sono” aveva detto la voce misteriosa.
Che fosse... No, impossibile. Cosa c'entrava lui?
Aprii il mio diario all'ultima pagina su cui avevo scritto. La canzone era quasi finita, mancavano più pochi versi, ma c'era qualcosa che non mi convinceva. Era una cosa troppo personale, forse la cosa migliore da fare sarebbe stata tenerla per me...

- Hey. - sentii dire alle mie spalle, cosa che mi fece voltare - Mi sa che ci siamo addormentati. -

- Già. - concordai con un sorriso, che venne subito ricambiato da Austin.

Si doveva essere appena svegliato, perché aveva i capelli tutti schiacciati da un lato e gli occhi ancora assonnati. Si avvicinò a me, porgendomi la sua felpa verde.

- Non fa poi così caldo... - disse - E tu hai i brividi. -

Lo ringraziai, indossando la giacca, mentre lui si sedeva accanto a me, in silenzio.
Per quanto possa sembrare stupido, o egoistico, o quello che volete, non riuscivo ad accettare i suoi sentimenti per Kira. Avrei dovuto incoraggiarlo a dichiararsi o aiutarlo con la sorpresa che aveva in mente : in fondo, ero la sua migliore amica... Eppure non potevo farlo, non sapevo fingere con lui.
Se ci fosse stata Trish lì, con me, mi avrebbe incoraggiato a combattere per un “noi”, ma io mi conoscevo fin troppo bene...

Se Austin si fosse rimesso con Kira, io sicuramente non ne avrei gioito, ma non avrei fatto nulla per impedirlo. Mi bastava che lui fosse felice, mi bastava poterlo avere ancora con me, anche come amico. Avrei continuato a provare qualcosa per lui, certo, ma sarei andata avanti, in qualche modo momentaneamente sconosciuto. O, per lo meno, avrei sofferto in silenzio : ormai ero diventata un'esperta a farlo.

- Hai già finito la nuova canzone? - mi chiese, notando il diario.

- Quasi... Ma credo che non la farò ascoltare a nessuno. - risposi.

- Perché? - continuò.

- È una cosa troppo personale e poi, non mi convince molto. - commentai.

- Posso leggerla? -

All'inizio ero un po' titubante, poiché nessuno può toccare il mio quaderno, ma poi gli porsi il diario. Lui cominciò a leggere ad alta voce :

What can you do when your good isn’t good enough
And all that you touch tumbles down?
‘Cause my best intentions
Keep making a mess of things
I just wanna fix it somehow
But how many times will it take?
Oh how many times will it take for me
To get it right?”

 “Che cosa puoi fare quando il tuo meglio  non è abbastanza
 Quando tutto ciò che tocchi cade in pezzi?
 Perché le mie migliori intenzioni
 Continuano a incasinare le cose
 Voglio soltanto rimediare in qualche modo
 Ma quanti tentativi ci vorranno?
 Oh, quanti tentativi ci vorranno per me
 Prima di fare la cosa giusta?”

Finì di leggere il ritornello, guardandomi leggermente stranito.

- Beh, è diversa da quelle che scrivi di solito. - commentò.

- Già... È più una serie di pensieri che una canzone, per questo non voglio pubblicarla... - dissi, per poi cambiare discorso - Come mai sei già sveglio? -

- Potrei farti la stessa domanda. - ribatté lui con un sorriso - Comunque, quando ti sei alzata, ho sentito subito un vuoto e mi sono svegliato. E tu? -

Non risposi, in fondo lui conosceva già la risposta; così spostai lo sguardo verso l'altalena, il cui colore rosso brillante era ormai diventato uno spento arancione.

- Ally, perché non mi dici cosa sogni di così spaventoso? Potrei aiutarti... - disse, avvicinandosi.

Una vocina, dentro di me, iniziò a dare libero sfogo alle sue richieste.
Diglielo, diceva, diglielo.
Era come una supplica, che arrivava direttamente dal cuore, che non riusciva più a trattenere così tanti segreti. E così decisi di lasciarli andare, uno ad uno, per farli disperdere nell'aria fresca di quella mattina estiva, sperando che poi il vento li portasse altrove, possibilmente lontano da me.
Non ci pensai su neanche per un secondo, semplicemente misi da parte la razionalità e diedi voce ai miei sentimenti.

- Ally... - mi richiamò Austin.

- È un incubo. - dissi girandomi verso di lui, che intanto si era avvicinato di più.

Sentivo già le lacrime minacciare di uscire, ma le ricacciai indietro. Dovevo liberarmi dal peso di quelle verità, ormai troppo pesanti per me.

- Prima che mi sentissi male, era sempre lo stesso. Ma ultimamente è cambiato. Stanotte è cambiato, così come due giorni fa. - continuai - E non so il perché, ma tu centri sempre qualcosa : la prima volta avevamo litigato, questa volta eravamo insieme. -

- Davvero? E cosa succede nell'incubo? - chiese incuriosito.

E io gli raccontai tutto.
Ogni singolo particolare che era cambiato. Ogni cosa che era rimasta la stessa fin dall'inizio.
Le parole uscivano una dopo l'altra dalla mia bocca, senza freni, facendomi sentire sempre più libera. Non credevo che sarei mai riuscita a parlarne...
Intanto, spostavo il mio sguardo da un posto all'altro, evitando Austin. Lui rimaneva in silenzio, concentrato.
Inevitabilmente, mi ritrovavo a sbirciare la sua espressione, che diveniva sempre più confusa.
Una volta concluso il racconto sull'incubo, restai in silenzio, in attesa di una sua reazione.
Trovai il coraggio di guardarlo negli occhi e mi resi conto di quanto fosse preoccupato per me.

- E quando hai cominciato a fare questo incubo? - continuò.

Ci ragionai su. Sembrava essere passato così tanto tempo...

- Qualche settimana fa, qualche giorno dopo aver sconfitto la paura del palcoscenico, penso. - cercai di ricordare - All'inizio, non si ripeteva tutte le notti e quindi non ci feci molto caso, credendo che fosse solo uno stupido incubo. Poi, però, ho cominciato a sognarlo sempre più spesso, fino a quando non sono riuscita più neanche a dormire... -

- Ma perché? - chiese - Perché fai questo incubo? -

Per quanto potesse sembrare assurdo, era quella la parte difficile.
Io avevo delle mie ipotesi, è vero, ma non ne potevo essere sicura. Come si fa a trovare una spiegazione logica a una cosa che non ha affatto un senso logico?

- Io... Io non lo so... - risposi.

- Non ne sembri sicura. - ribatté lui.

Era incredibile come riuscisse a leggermi dentro. Nessuno ci riusciva così bene, a parte lui.

- Ecco, il fatto è che, quando sono diventata consapevole di poter diventare davvero una cantante, di poter finalmente realizzare il mio sogno, ho cominciato ad avere paura di poter rovinare tutto. Di solito succede sempre così, rendo irrealizzabili i miei sogni... E forse, ero troppo preoccupata che accadesse di nuovo. - spiegai - E così, ho ricominciato a pensare a tutte le cose sbagliate che avevo fatto e... Penso che sia così che sia nato l'incubo. -

Un assordante silenzio ci avvolse. Non ce la facevo più a trattenere le lacrime e così le liberai : dire tutta la verità era stato liberatorio, ma anche una delle cose più difficili che avessi mai fatto. Quella era una cosa così personale, che mi ero tenuta dentro per così tanto tempo, che condividerla con lui era stato più complicato del previsto.
Così, cominciai a piangere, ma subito dopo venni avvolta dalle braccia di Austin e mi abbandonai in quell'abbraccio dolce e consolatorio.

- Perché non me l'hai detto prima, Ally? - mi chiese.

- Io avevo solo paura. - sussurrai, scossa da qualche singhiozzo - Volevo urlare quello che sentivo, ma sono rimasta zitta, per paura di non essere capita... -

Ci staccammo dall'abbraccio, dopo qualche secondo di silenzio, e Austin mi strinse una mano.

- Ally, la vita è così : si sbaglia di continuo. E lo so che questa sembra tanto una di quelle frasi fatte, che ti ripetono in continuazione, ma in fondo è così. - disse dolcemente - Mandare all'aria i piani, fare errori, è questo quello che ci rende persone. Perché, a volte, da uno sbaglio può nascere qualcosa di inaspettato, ma anche qualcosa di bello. -

Mi asciugò una lacrima, che scendeva lentamente sulla guancia.

- E lo so che ti piace pianificare tutto, ti conosco. - continuò, facendomi ridere - Ma è impossibile controllare ogni cosa... Però, una cosa la puoi fare. -

- Che cosa? - domandai.

Austin, in effetti, aveva perfettamente ragione. Solo che per me non era così facile.

- Anche se non penso che tu possa rovinare la tua fantastica carriera, perché sei troppo brava... - cominciò, facendomi arrossire - Se succede qualcosa e non sai cosa fare, basta che mi chiami e troveremo una soluzione insieme, come abbiamo sempre fatto. Okay? -

- Okay, grazie. - risposi, asciugandomi le guance precedentemente bagnate dalle lacrime - Puoi non dire nulla a Dez e a Trish, almeno per il momento? -

- Va bene. - disse, alzandosi - Ora andiamo dentro, però. Qua fuori fa freschetto! -

Stavo per seguirlo, ma mi fermai : c'era ancora qualcosa in sospeso.
Una cosa che per ora avevo solo pensato, ma che sembrava aver sempre più senso più ci ragionavo.

- Che succede? - chiese lui.

- Niente, è solo che stavo pensando a una cosa e... - risposi - Ti sembrerà assurdo, lo so. -

- Che cosa? -

- Hai presente la voce di cui ti parlavo? - continuai. Lui annuì.

- Non lo so perché, ma ho come la sensazione che sia la tua. - spiegai - È dolce, unica, mi fa tranquillizzare. È solo una sensazione, ma lo sai che riconoscerei la tua voce fra mille. -

- Ah davvero? - domandò con sguardo divertito.

Arrossii, rendendomi conto solo in quel momento di quello che avevo detto.

- Era solo un'ipotesi! - chiarii.

Lui rise alla mia reazione, poi mi prese per mano.

- Dai, andiamo dentro. Sto gelando! - commentò - E poi, ho un piano. -

- Davvero? - chiesi incuriosita, mentre rientravamo in casa.

- Sì. - confermò.

- Dimmi, allora! - lo incoraggiai.

- Non posso dirti niente per ora. - mi spiegò - Però ne saprai di più tra un'oretta. -

- E quindi, ora cosa dovrei fare? -

- Beh, io vado a casa, a cambiarmi, cosicché anche tu possa prepararti. - mi disse, mentre io mi avvicinavo alle scale - E poi, passo a prenderti. -

Lo scrutai attentamente. Che cosa aveva in mente?

- Accetta signorina Dawson? -

- Okay, ma non chiamarmi più così. - risposi scherzando.

Lui sorrise, uno di quei suoi splendidi, dolci sorrisi.

- Allora, ci vediamo tra un po'. - ripeté.

- Sì. - confermai.

Doveva andare via, ma era come se né io né lui volessimo che se ne andasse. Lui guardava me ed io guardavo lui, in silenzio.
Poi, si girò, dirigendosi verso la porta. Io, invece, rimanevo immobile, ferma sul primo gradino delle scale. E intanto continuavo pensare : “Resta qui con me”.
Lui andò verso l'uscita e aprì la porta, ma si bloccò.

- Grazie per esserti fidata di me, Ally - disse - Ti prometto che troveremo una soluzione a questo problema degli incubi. -

- Grazie a te, di tutto. -

Mi sorrise di nuovo ed io ricambiai, poi uscì di casa.
Scossi la testa, guardando il posto in cui era qualche secondo prima.
Come si fa ad essere così innamorati di una persona?
 

Austin

Uscii da casa Dawson, con tutto un piano già in mente. Ci avevo pensato mentre mi parlava delle sue preoccupazioni ed ero convinto che l'avrebbe potuta aiutare.
Ma mi serviva l'aiuto di Trish, e anche quello di Dez.
Quello che mi aveva confessato Ally mi aveva colpito : non riuscivo a credere che fosse riuscita a tenersi tutto dentro, per settimane, soffrendo ogni notte. Capivo la sua paura, quella di non essere capita, ma ero contento che mi avesse raccontato tutto.
Ed ora, l'unica cosa che volevo fare era aiutarla.
Rimanevano in sospeso ancora alcune questioni, come il perché della sua fuga dal parco, il giorno precedente, ma avremmo risolto tutto, me lo sentivo.
Presi il telefono dalla tasca del pantalone e composi il numero del mio migliore amico, che rispose poco dopo.

- Hei Austin! - esclamò - Che fine hai fatto? E Ally? Io e Trish eravamo preoccupati... -

- Dopo vi spiego. - dissi - Ora, però, ho bisogno di voi. -
 

Angolo Autrice

Ciao a tutti cari lettori! Come state? Come proseguono le vostre vacanze?
A proposito, faccio gli auguri a tutti! (anche se in ritardo :P)
Nonostante il grande ritardo, eccomi qui con il diciassettesimo capitolo della storia! Spero che vi piaccia :D !
I pochi versi presenti in questo capitolo e anche quelli del capitolo 13 appartengono a una canzone che si chiama “Get it right”. Ho messo la traduzione del ritornello, perché mi sembrava azzeccata per la storia.
Ci tengo moltissimo a ringraziare tutti i lettori e le lettrici, coloro che recensiscono e anche chi ha messo la storia tra le preferite, le ricordate e\o le seguite.
Grazie mille a tutti, siete dolcissimi!
Se vi va di dirmi cosa ne pensate del capitolo o volete farmi delle correzioni, potete scrivermi attraverso le recensioni :) .
Vi voglio bene!!!
Baci e auguri di nuovo
 

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Capitolo 18
*** Ascolta il tuo cuore ***


Ascolta il tuo cuore

Austin

- Perché Trish ci mette così tanto? - chiesi al mio migliore amico.

Eravamo a casa mia, in salotto, in attesa di una chiamata di Trish. La sua eccezionale capacità di farsi assumere per qualsiasi lavoro, sarebbe stata molto utile per il nostro piano.

- Amico, è arrivata a destinazione solo un quarto d'ora fa! Dalle tempo... E comunque, se ci dà il via libera, per oggi è tutto organizzato. - mi rispose lui.

Annuii.
Il problema era che proprio non riuscivo ad aspettare : cosa avrei fatto se non fosse andato tutto come previsto? Cosa mi sarei inventato?

- Per quanto riguarda domani, invece, sei riuscito a fare qualcosa? - continuai.

- Mi ci vorrà ancora un po' di tempo, ma sono a buon punto. Luci, volantini, strumenti, entro domani mattina dovrebbe essere tutto pronto. - spiegò.

- Sempre se Trish riesce ad ottenere il lavoro. - dissi.

- Ci riuscirà, vedrai. - ribatté lui.

Il telefono di Dez cominciò a squillare : presto avremmo avuto una risposta.
Il rosso rispose e mise il viva-voce.

- Allora? Buone notizie? - domandai.

- Indovina chi ha trovato lavoro a teatro? - rispose lei, come era solita fare.

- Evvai! - esultammo noi due.

- Grazie mille Trish. - esclamai

- Sì, sì. Ma ora voglio sapere di più! Cosa è successo con Ally? - insistette lei.

Da quando ero uscito da casa Dawson, non aveva smesso di farmi la stessa domanda. Ma, in fondo, era la migliore amica di Ally ed era preoccupata per lei.
Così avevamo fatto un patto : lei aiutava me ed io aiutavo lei. Ora toccava a me fare la mia parte.

- Okay, te lo dico... - mi arresi.
 

Ally

Erano quasi le nove ed io ero finalmente pronta. Era stata un'ardua impresa, non lo nego, ma il risultato non era poi così male : indossavo una camicetta di jeans, una gonna a righe bianche e blu, una borsa scura e un paio di scarpe con il tacco (https://solmoda.files.wordpress.com/2014/04/wpid-img-20140323-wa00041.jpg). Avevo arricciato i capelli e stavo ricontrollando il tutto davanti allo specchio della mia camera. Ma la mia testa era su tutt'altro pianeta...
Continuavo a pensare che forse non avrei dovuto accettare la proposta di Austin. Sarebbe stata solo un'uscita tra amici, ma mi avrebbe fatto soffrire, lo sapevo già. Ogni volta che lui mi avrebbe sorriso, abbracciato o preso per mano, io avrei solo pensato che era Kira quella di cui era innamorato. Come avrei potuto fingere di non provare nulla?
Il suono del campanello mi destò dai miei pensieri.
Scesi di fretta le scale ed andai ad aprire la porta.

- Trish! - esclamai ritrovandomi la mia migliore amica di fronte.

- Allora sei viva! - ribatté lei sarcastica.

Roteai gli occhi, con un sorriso, facendola entrare.

- Come mai sei venuta? - chiesi.

- Perché ieri sei sparita senza dirmi nulla ed io ero preoccupatissima. Se non era per Austin, che mi ha avvertito, avrei potuto darti per dispersa! - rispose.

- Scusa... - dissi con un sorriso innocente.

Trish era un po' arrabbiata, ma era chiaro a entrambe che non lo sarebbe stata per molto. Succedeva sempre così, anche quando litigavamo : finivamo per fare pace quasi subito.
In effetti, avrei dovuto avvisarla che andavo via, ma ero sicura che lei mi avrebbe capito.

- Merito almeno di sapere cosa è successo, non credi? - continuò lei.

- Sì, hai ragione. - concordai - Vieni su? -

Lei annuì e così andammo nella mia stanza.

- Cos'è tutta questa confusione? - chiese Trish, entrando.

Dire che la mia camera era in disordine, sarebbe stato un eufemismo. Il contenuto del mio armadio, ormai vuoto, era sparpagliato per la stanza : abiti buttati sul letto, scarpe sparse per terra, magliette dimenticate sulla sedia della scrivania. Insomma, ancora una volta, non avevo avuto idea di cosa mettermi, e la colpa non era ovviamente mia : Austin non mi aveva dato dettagli su dove saremmo dovuti andare, quindi io non potevo sapere cosa avrei dovuto indossare e mi ero arrangiata.
Di solito queste cose non mi interessano molto, ma come dice mia mamma “L'amore fa strani effetti!”.

- Sembra che qui sia scoppiata una bomba! - aggiunse.

- Lo so... Ora devo mettere tutto in ordine. -

- E, intanto, mi spieghi tutto. - mi ricordò Trish, sedendosi sul letto.

- Ecco, stavo cercando Austin e Dez, come avevamo deciso, e alla fine sono arrivata al loro nascondiglio nel parco e li ho trovati. - cominciai, piegando alcune magliette e rimettendole nell'armadio - Stavano praticamente bisbigliando ed io... -

- Ti sei messa ad origliare. - mi interruppe lei.

- Sì. - dissi, fermandomi davanti all'armadio - E ho sentito che parlavano di una sorpresa speciale... Per Kira. -

- E così sei scappata... - concluse.

Annuii, sospirando leggermente, come levandomi un peso dallo stomaco : sfogarmi con Trish era sempre liberatorio.
Lei però non diceva nulla, restava in silenzio. Non so cosa mi aspettassi di preciso, forse una delle sue reazioni esagerate, ma di certo non il suo silenzio.
Mi voltai verso di lei e notai che era anche più confusa di me.

- Ma sei sicura di aver capito bene? - mi domandò.

- Certo. -

Mi ricordavo quel momento alla perfezione, purtroppo, ogni singola parola, ed ero sicura che Dez avesse nominato Kira. Era impossibile dimenticare una cosa che faceva così male.

- Tutto questo non ha senso. Non ti ha chiesto di uscire? - continuò.

- Sì, ma... Aspetta, tu come fai a saperlo? - ribattei.

- Me l'ha detto lui. - rispose, diventando poi più seria - E mi ha detto anche dei tuoi incubi. -

Lo sapevo... Era impossibile che Austin mantenesse il segreto.
Ma forse così era anche meglio : raccontare tutto a Trish sarebbe stato meno difficile se lei già sapeva qualcosa.
Mi sedetti accanto a lei.

- Ally, io sono la tua migliore amica. Puoi dirmi qualsiasi cosa! - disse.

- Lo so. Mi dispiace non avertelo detto prima... - bisbigliai.

- Già, ma io avrei dovuto capirlo. - aggiunse.

- La colpa non è tua e lo sai. -

Lei si alzò dal letto e mi porse la mano.

- Dai, ti aiuto a mettere tutto a posto prima di andare via. - propose - Hai praticamente svaligiato il tuo armadio! -

Le sorrisi, seguendola.
Mi aveva capito, come sempre.
 

Austin

Ero di nuovo davanti alla porta di casa Dawson, ma la situazione era completamente diversa.
Quel gran portone bianco faceva improvvisamente più paura, tanto che ero quasi tentato di fare dietrofront. Penserete che sia una cosa stupida, ma ero lì, a poca distanza da lei, e stavamo per uscire. E noi non avevamo mai avuto un vero e proprio appuntamento che fosse finito bene, poiché, come forse sapete, quando eravamo andati per la prima volta al ristorante per una cena romantica, era andato tutto a rotoli.
Beh, non che quello fosse proprio un appuntamento, ma l'emozione era la stessa : farfalle nello stomaco, gambe che fremono impazienti, la percezione di un tempo che non vuole passare.
Mi passai la mano tra i capelli, leggermente nervoso, in attesa che la porta si aprisse. Quando finalmente successe, Ally mi sorrise e subito il viso le si illuminò.
Adoravo il suo sorriso.

- Hey, pronta per uscire? - chiesi.

- Certo! - esclamò, chiudendosi la porta alle spalle - Dove andiamo? -

- Per ora, la nostra destinazione è l'auto. - risposi.

Salimmo nella macchina gentilmente prestata da mio padre e cominciai a guidare verso una meta ben precisa, che non era molto distante. Il sole intanto giocava a nascondino tra le nuvole, rendendo Miami meno luminosa del solito; l'odore di oceano caratteristico della città ci riempiva le narici, mentre viaggiavamo veloci lungo le strade della costa, con il vento che ci sferzava accanto.
Ally sembrava raggiante, come se tutti problemi di quella mattina fossero stati dimenticati; sicuramente non era successo, ma era come se stesse cercando di non pensarci. Ed io ne ero felice, perché volevo davvero che si godesse la giornata : io, Dez e Trish avevamo fatto del nostro meglio per organizzare tutto, o almeno il meglio che si poteva ottenere in poco più di mezz'ora.
Il teatro di Miami era una struttura immensa e moderna, con un auditorium fantastico, dove si erano esibiti alcuni tra i più bravi cantanti in circolazione. Era un edificio imponente, visibile anche da lontano, con una piccola scalinata che conduceva all'entrata; ma, poiché tutto doveva restare una sorpresa ancora per un po', presi una strada alternativa, che ci avrebbe condotto alla porta da dove entravano i dipendenti del teatro. In parte, era per questo che era servito l'aiuto di Trish : ci serviva, infatti, la chiave e solo lei, con il suo curriculum di venti pagine, sarebbe riuscita a farsi assumere in così poco tempo.
L'espressione di Ally, intanto, era sempre più confusa, poiché in pochi passavano dal retro di quel grande edificio. La via, in più, era praticamente nascosta da una serie di case e non era facile da trovare. Percorsi gli ultimi cento metri ed arrivammo al parcheggio del personale : io non ne facevo parte, ma a quanto mi aveva detto Trish, non avremmo trovato nessuno quel pomeriggio.

- Siamo arrivati. - dissi spegnendo il motore e scendendo dall'auto.

- Ne sei sicuro? - chiese lei seguendomi - Dove siamo? -

Sorrisi, contento che stesse andando tutto liscio : lei non sospettava nulla.

- Ora lo scoprirai. -

La presi per mano e, grazie alla chiave, entrammo nella struttura; percorremmo poi un piccolo corridoio, con porte che conducevano ai vari camerini, e arrivammo nella salone d'ingresso, ovvero quello che si raggiungeva dalla porta principale.
Anche dentro, il teatro era davvero spettacolare, con le grandi stanze dai soffitti immacolati e i pavimenti di marmo nero, che conferivano un'aria di sofisticatezza e di classe. Un grande lampadario di cristalli pendeva nel centro della sala, che per due lati, quelli rispettivamente a destra e a sinistra rispetto all'entrata, era composta da archi a volta che portavano alle altre stanze, una delle quali era usata per gli spettacoli teatrali; c'era poi, nella parte opposta alle porta, un grande banco, che doveva essere il posto dove poter fare i biglietti per gli spettacoli, anch'esso dalla superficie in marmo, situato tra due ampie rampe di scale che conducevano al piano di sopra. E, infine, c'era il corridoio da cui eravamo arrivati noi, che si trovava dietro una delle due scale, in modo che non desse troppo nell'occhio.
Raggiungemmo il centro della stanza e mi voltai verso Ally : i suoi occhi scintillavano e aveva un'espressione meravigliata in volto. Aveva capito dove eravamo.

- Wow. - esclamò.

Amava il teatro, sin da quando era piccola, ma erano state poche le occasioni in cui c'era andata, per rappresentazioni teatrali, per lo più. Di solito, infatti, quando c'era qualche evento importante, era quasi impossibile trovare dei biglietti, perché nel giro di due giorni c'era il tutto esaurito.
Di una cosa ero sicuro : non ci aveva mai cantato.

- Felice? - domandai, con un sorriso.

In risposta lei mi abbracciò, per poi continuare a guardarsi intorno.

- Certo che lo sono! Adoro il teatro. - rispose - Che spettacolo andiamo a vedere? -

- Beh, ecco... Nessuno. - dissi.

Mi guardò stranita, ma in fondo aveva ragione : perché andare a teatro se non c'erano spettacoli a cui assistere?

- In realtà oggi il teatro sarebbe chiuso, ma... - aggiunsi, per chiarirle la situazione.

Evidentemente non ci riuscii.

- Ma allora non possiamo stare qui! - ribatté - No, Austin, dobbiamo andare via. -

In effetti, se c'era una cosa che non le piaceva era non rispettare le regole.
Ma era per una buona causa, no? Ero sicuro che alla fine non le sarebbe dispiaciuto più di tanto.
Stava già per tornare all'uscita, ma io la fermai.

- Non ci sarà nessuno qui, oggi. - le spiegai - E poi Trish ha detto che possiamo restare, basta non distruggere nulla. -

- Trish è tua complice? Dovevo immaginarlo... - borbottò.

- Per favore. - dissi con la mia faccia da cucciolo - Restiamo poco e poi ce ne andiamo. Il teatro è tutto per noi! -

Lei roteò gli occhi, sospirando.

- Va bene... - accettò.

Dentro di me, lo ammetto, esultai. Ci tenevo davvero a farle vedere ciò che avevamo organizzato.

- Seguimi. - continuai.

Salimmo le scale, decorate con un lungo tappeto rosso che le copriva da cima a fondo, e ci ritrovammo in un altro corridoio, che conduceva direttamente all'auditorium, che era sicuramente una delle sale più belle.
E, appena entrammo, ne avemmo la dimostrazione.
La platea era costituita da non so quante file, poste su livelli diversi, per permettere una visione migliore anche a chi aveva posti lontani, con due scale ai lati e una nel mezzo, che divideva in due le file; c'era poi il palco, rialzato rispetto alla platea e leggermente inclinato, con il sipario ancora chiuso, proprio come era nei piani.

- Who-hoo! - urlai e una specie di eco si sparse per tutta l'estensione della stanza.

- Shhh! - mi fermò Ally.

- Te l'ho detto, non c'è nessuno qui. - ripetei ridendo - Dai, vieni! -

La presi di nuovo per mano, un po' per portarla fino al palco, un po' perché la sensazione che provavo quando lo facevo era fantastica, e scendemmo gli scalini, fino ad arrivare di fronte a quell'impalcatura dove si erano esibiti alcuni tra i nostri cantanti preferiti.
 

Ally

- Aspetta qui un attimo. - mi disse Austin, per poi salire sul palco con un balzo e scomparire dietro le quinte.

Sentii il suono quasi impercettibile di una corda che veniva tirata e, con esso, vidi il sipario aprirsi piano piano. Il palco era molto grande e in parquet, ma la cosa che più mi stupì era che, nel mezzo della struttura, c'era un piccolo tavolo elegante, con due sedie abbinate, sopra il quale si trovava un delizioso vaso di fiori.
Sorrisi, mentre Austin raggiungeva il centro del palco con espressione soddisfatta.

- Allora, che ne pensi? - chiese - Ti andrebbe di pranzare qui? -

- Non sai proprio rispettare le regole tu, vero? - dissi.

- Dai, sali. - continuò, porgendomi una mano per aiutarmi a salire.

Una volta che lo ebbi raggiunto, mi voltai verso la platea. Quell'auditorium era immenso, semplicemente stupendo : chissà che cosa si provava ad esibirsi lì... Paura, ansia, gioia, qualcosa di indescrivibile.
Mi girai di nuovo verso Austin, che stava portando delle pizze e delle bibite sul tavolo.

- E queste da dove sono saltate fuori? - domandai ridendo.

Già mi aveva meravigliato il fatto che mi avesse portato a teatro, non riuscivo a credere che avesse pensato anche a questo.

- Segreto. - rispose, mentre io mi andavo a sedere.

Lui fece lo stesso.

- Scommetto che c'è lo zampino di Dez : solo lui può scegliere pizze metà funghi e metà salsicce. - commentai ridendo - Siete tutti d'accordo. Non è così? -

- Pff... Ma che dici... - ribatté con la classica espressione che ha quando nasconde qualcosa.

- Sicuro? -

- Okay, mi hanno dato una mano a organizzare tutto. Trish si è fatta assumere a teatro e Dez ha ordinato il pranzo. - mi rivelò - Ma come l'hai capito? -

- Trish è venuta a casa mia stamani e se n'è andata poco prima del tuo arrivo e, stranamente, sapeva che mi avevi chiesto di uscire. - spiegai - E mi ha detto anche che le hai parlato dei miei incubi. -

- A proposito, stavo per parlartene... - disse - Glie l'ho detto, è vero, ma solo perché era davvero preoccupata. Sei arrabbiata? -

- No, tranquillo. - lo rassicurai - È stato meglio così. -

Lui mi sorrise di nuovo e cominciammo a mangiare. Mentre ci gustavamo la pizza, che ammetto era più buona di quello che potesse sembrare, Austin mi raccontava di tutti i preparativi di cui si erano occupati : erano stati davvero bravi e in poco tempo avevano preparato tutto.

- Tutto questo è fantastico. - commentai - Ma non ho ancora capito perché siamo qui. -

Capitemi : non aveva senso che facesse tutto quello se era innamorato di Kira.
C'era per forza qualcosa sotto.

- Siamo qui per festeggiare! - rispose lui.

- Festeggiare? E cosa? - ribattei.

Mi venne un dubbio atroce : era il compleanno di qualcuno e me n'ero scordata?
Ci riflettei su qualche secondo e scartai l'idea, non c'era nessun evento da ricordare per quel giorno.

- Beh, ecco... - spiegò, alzandosi - Come ti ho detto, Trish si è fatta assumere qui e, in quanto tua manager, ti ha trovato un posto in cui cantare. -

- Vuoi dire che canterò qui? - continuai, incredula.

- Esattamente. Spero che tu non abbia impegni programmati per domani sera. - disse sorridendo.

- Non ci posso credere! - esclamai alzandomi e abbracciandolo.

Lo sentii ridere tra i miei capelli, e sorrisi di conseguenza.

- È stata tua l'idea, vero? - chiesi staccandomi.

- Sì, ma senza Trish e Dez non ce l'avrei mai fatta. - rispose.

- Grazie mille. - aggiunsi - Non avrei mai immaginato di poter cantare qui. -

- Bene, sappi che i biglietti stanno andando a ruba. - mi rivelò.

Guardai la platea : erano davvero tantissimi posti... Già mi saliva l'ansia.
Probabilmente Austin notò la mia espressione e mi si avvicinò.

- Hei, stai tranquilla. - disse - Sarai straordinaria, ne sono sicuro. -

- Grazie ancora. - ripetei.

Lui mi sorrise di nuovo.

- Ti va di sentire che acustica eccezionale c'è qui? - chiese.

Io annuii.

- Okay, allora vado a prendere una cosa. - continuò, per poi andare dietro le quinte.

Mentre lo aspettavo, mi andai a sedere sul bordo del palco, con le gambe a penzoloni e i piedi che toccavano a malapena il pavimento. Ero così piccola rispetto a quell'auditorium immenso, che aveva ospitato persone molto più brave ed esperte di me.
Non era da molto che avevo superato la mia paura del palcoscenico ed erano poche le volte in cui mi ero esibita in pubblico. E se avessi rovinato tutto?

- Eccomi! - esclamò Austin, ritornando da me con la sua chitarra in mano.

Si sedette vicino a me, pronto a suonare.

- E questa? - domandai - Era nascosta insieme alle pizze? -

- Sì. - confermò lui ridendo.

- E cosa mi suonerai? - chiesi.

- Una canzone che mi ronzava in testa già da un po' e che sono riuscito a finire. - rispose - Come puoi immaginare, il problema principale era il testo, ma poi mi è venuta l'ispirazione. -

- E come? - dissi.

- Ascolta. -

E così, cominciò a suonare la chitarra e a cantare : una dolce melodia invase quella sala, che improvvisamente non sembrava più così grande vicino a lui, perché con lui sentivo di poter fare qualsiasi cosa, persino affrontare quell'auditorium.

Sometimes love’s a scary place
It’s like standing in the dark
Flying through the universe
Trying to fix your broken heart

It’s okay to let it go
You don’t have to be so brave
Take a chance that someone else
Is gonna swoop in and save the day

You don’t have to face your fears alone
‘Cause whenever you’re in trouble
I’ll know

Let me be your superhero
There isn’t a place I won’t go
Whenever you need me by your side
I’ll be there, be there

Never be afraid if you fall
I’ll carry you away from it all
Let me be your superhero
Let me be your superhero”

La sua voce era dolcissima e le sue parole mi arrivarono direttamente al cuore : parlava di me, parlava delle mie paure. E mentre mi guardava negli occhi, io sapevo che ogni sua parola era sincera, che lui sarebbe stato come un supereroe, che mi avrebbe aiutato sempre e comunque.

“Take off your mask, put down your guard
Don’t need a symbol on your chest
It’s all right for once to play
The damsel in distress

You’re gonna use up all your strength
Trying to be so strong
Don’t have to shoulder all the weight
Together we can take it on

You don’t have to face your fears alone

(You’re not alone, baby)
‘Cause whenever you’re in trouble
I’ll know, oh

Let me be your superhero
There isn’t a place I won’t go
Whenever you need me by your side
I’ll be there, be there

Never be afraid if you fall
I’ll carry you away from it all
Let me be your superhero
Let me be your superhero

Woah woah oooh
Woah woah oooh
Let me be your super hero
Woah woah oooh, yeah yeah
Woah woah oooh”

Sorrisi, leggermente commossa. Le sue canzoni mi facevano sempre quell'effetto.
Spostai una ciocca di capelli dietro l'orecchio, continuando ad ascoltare quelle parole così dolci.

“Sometimes love’s a scary place
It’s like standing in the dark
Flying through the universe
Trying to fix your broken heart
Yeah

Let me be your superhero
There isn’t a place I won’t go (I won't go)
Whenever you need me by your side
I’ll be there, be there

Never be afraid if you fall
I’ll carry you away from it all (I’ll pick you up, baby)
Let me be your superhero
Let me be your superhero

(Woah woah oooh)
Yeah, I can be your superhero
You know I will, baby
Woah woah woah oh oh
Let me be your superhero”

Smise di cantare e appoggiò la chitarra a terra, affianco a sé. Subito dopo, io l'abbracciai di nuovo, un abbraccio che racchiudeva tutti i “grazie” che gli avrei voluto dire.

- Suppongo che la canzone ti sia piaciuta. - disse ridendo.

- Sì, tantissimo. - risposi staccandomi - Grazie. -

Ci sorridemmo a vicenda ed io appoggiai la testa sulla sua spalla.
Se avessi potuto, avrei fermato il tempo : stavo così bene in quel momento, senza pensieri o problemi, solo lui ed io, in quella sala che viveva di musica.

- Posso chiederti una cosa? - domandai.

- Certo. -

- Come devi agire quando vuoi fare una cosa, ma hai paura di poter rovinare tutto? - continuai, guardando un punto indefinito davanti a me.

- Stiamo ancora parlando di musica? - chiese lui.

- No... -

- Beh, io credo che dovresti ascoltare il tuo cuore. - rispose lui dopo qualche secondo di riflessione - Se agisci e va tutto a rotoli, potrai comunque rimediare. Ma se non fai nulla, tra qualche anno, ripensando al passato, potresti avere dei rimpianti. -

Io alzai il capo, guardandolo negli occhi.

- Penso sia meglio sbagliare anziché avere dei rimpianti, anziché ritrovarti a pensare a quello che sarebbe successo se avessi fatto qualcosa. - aggiunse.

- Hai ragione. - concordai sorridendo.

Ed io ne avevo abbastanza di incubi e rimorsi, non me ne servivano altri.
E così, per qualche secondo, smisi di pensare a possibili conseguenze e feci quello che da tanto tempo avevo desiderato fare.
Mi avvicinai ad Austin, facendo diminuire sempre di più la distanza tra di noi, e lo baciai.
Non so se furono le sue labbra sulle mie, o i nostri respiri irregolari o i battiti così veloci dei nostri cuori, ma non scorderò mai quella sensazione, quell'emozione che mi pervase da capo a piedi, forte come una scarica elettrica e dolce, così dolce da farti socchiudere gli occhi.
Poco dopo sentii le sue braccia intorno alla mia vita ed io spostai le mie intorno al suo collo.
Era uno di quei baci che avevo sognato tanto di vivere, uno di quei baci che ti fanno provare una miriade di emozioni in una sola volta : gioia, paura, felicità, e così tante altre, che non riesci neanche a identificarle tutte.
Uno di quei baci che sono come un brivido che ti attraversa tutta la spina dorsale o come un fuoco d'artificio nello stomaco.
E solo con Austin io riuscivo a provare quelle sensazioni.
Non è amore questo?
Quando staccammo le nostre labbra, riaprii gli occhi e sorrisi; Austin fece lo stesso.

- Ally, io... - disse.

Ma qualcuno lo interruppe.

- Hei, voi due! - urlò un signore piuttosto anziano, appena entrato nella sala - Cosa ci fate qui? Non lo sapete che il teatro è chiuso? -

Austin scese dal palco con un balzo ed io lo seguii.

- Sì, ma una nostra amica lavora qui e ci ha detto che potevamo restare per un po'. - spiegò.

- Mi dispiace, ma se non fate parte del personale, dovete andar via. - ribatté il signore, che probabilmente si occupava delle pulizie, dato che aveva con sé tutto l'occorrente.

- Va bene, ora andiamo. - intervenni io.

Così prendemmo tutte le nostre cose e, sotto lo sguardo severo del signore, uscimmo dall'auditorium.
Subito dopo Austin scoppiò a ridere ed io feci lo stesso.

- Ma non avevi detto che potevamo stare qui? - chiesi.

- Sì, Trish me l'aveva assicurato! - spiegò - Ma credo che non si sia informata bene. -

Risi di nuovo, mentre uscivamo dal teatro dalla porta sbagliata, ovvero quella principale.
L'aria fresca ci avvolse ed io mi resi effettivamente conto di quello che avevo fatto.
Avevo baciato Austin.
L'avevo baciato ed era come se fossi riuscita a toccare il cielo con un dito.
E solo in quel momento mi ricordai quello che avevo voluto dimenticare. Perché per quanto sembrasse tutto perfetto, c'era ancora qualche pezzo del puzzle che non trovava il suo posto.
Avevo baciato Austin, ma lui era innamorato di Kira.
Aveva ricambiato il bacio, è vero, ma quella situazione, con lui che non riusciva a capire quel che provava, l'avevo già vissuta e non sarei riuscita a riviverla una seconda volta. Faceva troppo male.
Io l'amavo, ma lui cosa provava?
Ed io, cosa avrei dovuto fare?
 

Angolo Autrice

Ciao a tutti cari lettori! Come state?
Lo so, sono in super ritardo e mi dispiace tantissimo. Non ho avuto tempo, ho dovuto studiare ogni pomeriggio, perché questo mese ho avuto un sacco di verifiche e interrogazioni.
Nonostante il grande ritardo, però, eccomi qui con il diciottesimo capitolo della storia!
Spero che vi piaccia :D !
Ormai, mancano più due - tre capitoli alla fine della storia...
La canzone nel capitolo è Superhero, presente nella terza stagione di Austin & Ally, che mi sembrava davvero azzeccata per il capitolo (vi consiglio di leggervi la traduzione).
Ci tengo moltissimo a ringraziare, come sempre, tutti i lettori e le lettrici, coloro che recensiscono e anche chi ha messo la storia tra le preferite, le ricordate e\o le seguite.
Grazie mille a tutti!
Se vi va di dirmi cosa ne pensate del capitolo, potete scrivermi attraverso le recensioni :) .
Vi voglio bene!!!
Baciii
 

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Capitolo 19
*** Ti amo ***


Ti amo

Ally

- Mi sa che siamo usciti dalla porta sbagliata... - notò Austin con un sorriso, guardandosi intorno - Vieni, bisogna andare di qua per raggiungere la macchina. -

- Okay. - dissi seguendolo.

Il sole era alto nel cielo, luminoso e caldo come solo in Agosto poteva essere, e il venticello di qualche ora prima era molto più debole. La stradina che stavamo percorrendo, però, era al fresco, grazie a una serie di palazzi che facevano ombra.
Camminavo accanto ad Austin, ma la mia mente era sulle nuvole. Era successo tutto in poco tempo ed io non avevo ancora avuto tempo per pensare bene a quello che era successo.
Ormai eravamo quasi arrivati all'auto ed io non sapevo cosa fare, cosa dire.
Era già successo, la volta precedente, che quel che provavamo ci mettesse in una situazione di continuo imbarazzo, ma c'era qualcosa di diverso quella volta : avevo come la sensazione che mancasse qualcosa, la verità. Non sapevo perché, ma ne ero sicura... Austin era il mio migliore amico e mi avrebbe sicuramente parlato dei suoi sentimenti per Kira; ma non avrebbe mai ricambiato il bacio se non avesse provato qualcosa anche per me, e questo mi creava solo più confusione.

- Hey, tutto okay? - mi chiese, notando il mio silenzio.

- Sì sì, andiamo. - risposi, pronta ad aprire la portiera.

- In realtà - continuò, mettendosi di fronte a me, evitando di farmi entrare nella macchina - io devo dirti una cosa. -

Ecco, c'eravamo, mi avrebbe confessato i suoi sentimenti per Kira.

- Austin, io... - lo fermai. Non ce la facevo ad ascoltarlo.

- No Ally, è importante, riguarda il bacio. - aggiunse con un sorriso.

- Scusami, è stato solo uno sbaglio. Non succederà più. - ribattei - Non volevo... -

- Uno sbaglio? Perché? - ribatté.

- Perché ho capito di non provare nulla per te. - mentii.

E così, mi voltai e, a testa bassa, cominciai a camminare il più velocemente possibile, allontanandomi da lui. La bugia era stata più dolorosa di quello che pensavo, ma avevo dovuto farlo : sarebbe stato l'unico modo per evitare ulteriori problemi con lui e Kira. Se lui credeva che io non l'amassi, avrebbe potuto essere felice con lei.
Ma Austin mi rincorse.

- Aspetta, dove vai? - mi bloccò, prendendomi per mano.

Alzai lo sguardo verso di lui. Aveva un'espressione confusa : come me, non capiva cosa stava succedendo. Perché, diciamocelo, anche io stavo agendo senza pensare.
Volevo solo scappare, andare via, e stare da sola.
Perché faceva troppo male toccare il cielo con un dito, per poi ritrovarsi a precipitare verso terra.

- Ally, io... - continuò.

Sentivo gli occhi bruciare, ma non volevo piangere. Non lì, non in quel momento.

- Senti Austin, so quel che provi e so che non lo provi per me. E quindi, penso sia meglio fare finta che non sia successo nulla. Dimentichiamoci di tutto questo, okay? - proposi.

- Come posso dimenticare? Come puoi chiedermi di far finta di nulla? - mi chiese.

Avrei voluto dirgli che neanche io lo sapevo, che se fosse stato per me non avrei mai voluto scordare quelle emozioni che avevo provato. Ma dovevo farlo.

- Scusa, devo andare. - ripetei.

E corsi via, senza una meta precisa, lasciandolo lì, solo, in quel parcheggio solitario, mentre continuava a chiamarmi.
Perché, a volte, l'opzione più facile e veloce è semplicemente scappare, fuggire. In fondo, è quello che facciamo nella maggior parte dei casi : raggirare i problemi senza affrontarli.
È, o almeno sembra, la scelta meno dolorosa, che ci permette di prendere tempo, tempo per pensare ad un piano B. Purtroppo, non è quasi mai la decisione più giusta.
E ce ne accorgiamo in ritardo di aver sbagliato a scegliere; solo quando analizziamo quello che è successo, capiamo che forse sviare i problemi è controproducente, perché poi saranno anche più complicati da risolvere, e che è la via più difficile e lunga da affrontare. E, se ci ripenso, sono sempre più convinta che se fossi restata lì, a parlare con lui, forse si sarebbe risolto tutto più facilmente.
Ma, si sa, la strada più breve si impara al ritorno.
Ed io, in quel momento, avevo solo voglia di andare via, e di piangere.
Tanto che sembrava quasi che anche la città si fosse scurita, come per condividere quello che provavo, come per farmi sentire un po' meno sola. Era solo una mia impressione, è vero, ma capita a volte di vedere tutto da un diverso punto di vista. Come quando si è felici e tutto sembra più luminoso, in quel momento tutto sembrava più cupo.
 

Austin

- Ally! - urlai di nuovo.

Ma non c'era stato niente da fare : era corsa via, senza neanche voltarsi. Velocemente, era scomparsa alla mia vista, girando a destra verso un'altra strada.
Non avevo idea di cosa fosse successo... Avevo detto o fatto qualcosa di sbagliato?
Avrei potuto rincorrerla, seguirla e chiederle di spiegarmi, ma se avevo capito qualcosa era che anche lei era confusa e che le serviva tempo.
Mi aveva baciato, sorprendendomi, e soprattutto rendendomi il ragazzo più felice della Terra, e poi era andata via. Aveva detto che era stato tutto uno sbaglio, ma quello che avevo sentito, con le sue labbra sulle mie, non mi faceva credere alle sue parole.
Davvero non provava nulla per me?
Speravo con tutto il cuore di no, perché ero sicuro che sarebbe potuta funzionare tra noi, quella volta : eravamo entrambi cresciuti, maturati abbastanza per riuscire a stare insieme senza trovarci continuamente in imbarazzo.
Non potevo crederle, semplicemente non ci riuscivo...
Ma soprattutto non riuscivo a capire di cosa stesse parlando : “So quel che provi e so che non lo provi per me” aveva detto, ma non aveva senso.
Ero innamorato di lei, perdutamente.
E, per questo, non potevo accettare di mollare così. Decisi che non mi sarei arreso e che avrei fatto qualsiasi cosa per capire e risolvere quella situazione.
Salii in macchina, diretto da Mini's, dove io, Trish e Dez ci saremmo dovuti incontrare dopo l'appuntamento con Ally.
Arrivai a destinazione in poco tempo, dato che a quell'ora non c'era molto traffico in strada, e raggiunsi il piccolo ristorante dove Dez stava mangiando, seduto vicino al bancone, un mini hot-dog; Trish non c'era.

- Hey Austin! - mi salutò, vedendomi - Allora? -

Mi sedetti accanto a lui.

- L'appuntamento è stato fantastico : Ally era davvero stupita dell'idea del teatro e ... - cominciai, convinto che mi stesse chiedendo di quel che era successo.

- Sì, ma la pizza com'era? Buona, vero? - mi interruppe - Ho detto a Steve, il pizzaiolo, di fare la pizza metà funghi e metà salsicce più buona di sempre! -

Mi venne da ridere, ma, con quello che era successo, non ce la facevo. Dovevo pensare a cosa fare adesso.

- Allora? - continuò lui.

- Era buona, tranquillo. - risposi - Ma Trish dov'è? -

- È stranamente in ritardo. - disse con sarcasmo, poi si voltò e aggiunse - Anzi, sta arrivando e sembra anche un po' arrabbiata. -

In effetti, si stava avvicinando a noi e non sembrava molto felice.

- Hey Trish. - la salutammo.

- Tu! - esclamò indicandomi - Cosa è successo con Ally? -

La guardai confuso, così lei mi spiegò : - L'ho chiamata poco fa e stava piangendo, ma non mi ha spiegato perché. E, poiché stamani era con te, tu centri sicuramente qualcosa. -

Il suo ragionamento non avrebbe fatto una piega, se non fosse stato che io non avevo fatto niente!

- Trish, non lo so nemmeno io che cosa ha. - ribattei.

- Ma è successo qualcosa? - domandò Dez.

- Ovvio che è successo qualcosa! - commentò lei, per poi rivolgersi a me - Raccontaci. -

Raccontai loro tutto quanto : il teatro, la canzone, il bacio e anche la fuga di Ally; e mentre Dez mi ascoltava con aria sognante, quella che ha di solito quando guarda uno di quei film romantici che gli piacciono tanto, chiedendomi anche di ripetere le parti più emozionanti, Trish, soprattutto alla fine, sembrò molto confusa. Menomale, pensavo di essere l'unico.

- Awww, che dolci! - commentò Dez per l'ennesima volta - Vi siete baciati! -

- Sì, ma... - cominciai.

- E quindi ora siete ufficialmente fidanzati? - continuò - Sapevo che avrei fatto bene a non buttare le t-shirt “Team Ally”! -

- No, non hai capito. -

- Ma come? Siete innamorati, mettetevi insieme no? -

- Dez, lei ha detto che non mi ama. Non hai sentito l'ultima parte della storia? - chiesi.

- Beeeeh... Lo sai che mi distraggo facilmente. -

Trish alzò gli occhi al cielo, sbuffando.

- Tu zitto mai, eh? - borbottò - Comunque, tutto questo non ha senso. -

- Lo so. Io pensavo fosse innamorata di me, soprattutto dopo il bacio. - commentai.

- Lei è innamorata di te! Per questo non capisco quel che ha fatto. - aggiunse.

Restammo in silenzio per un po', in attesa che qualcuno ne capisse qualcosa di più.

- Aspetta, non ho capito una cosa. - cominciò Dez - Sei innamorato di un'altra? -

- No, lo sai. - risposi.

- Però lei crede di sì. - mi fece notare.

- Ma certo! - esclamò Trish, come se, d'un tratto, si fosse ricordata qualcosa - Lei pensa che tu ami Kira, me l'ha detto stamani. -

- E perché dovrebbe pensarlo? - domandai - Io e Kira ci vediamo di rado alla Star Record e, comunque, siamo solo amici. -

- Sì, ma lei vi ha sentito, ieri, al parco, quando non vi trovavamo più. - spiegò - Stavate parlando di una sorpresa speciale, per Kira. -

- Impossibile! Non abbiamo parlato per niente di lei. - rammentò il rosso.

- Forse solo una volta, mi pare, perché in quel momento lei stava passando lì vicino e Dez... - mi interruppi - Dez! -

- Che c'è? - domandò lui.

- L'hai salutata mentre parlavamo ed Ally deve aver capito male. - gli dissi.

- Ma, allora, devi assolutamente dirle tutto! - esclamò Trish.

- Sì, ma lei ha detto di non provare nulla... - ribattei.

- Ti ha mentito, ormai l'ho capito anche io. - disse Dez - Anche se non so perché. -

- Beh, lo devi scoprire! - continuò lei - Ma, soprattutto, devi chiarire con lei. -

- Sì, e così vivrete per sempre felici e contenti, come nei film! - concluse lui.

Risi, mentre la riccia ruotava di nuovo gli occhi. Ormai lo sapeva anche lei come era fatto il nostro amico, ma in fondo era bello sapere che nonostante gli anni, era rimasto sempre lo stesso.
Penso che tutti vorremmo restare bambini, almeno nel cuore, perché si continua a credere; non a Babbo Natale, al topolino dei denti, o quelle cose lì, ma nell'amore, nell'amicizia.
Provate a ricordare : quando eravamo più piccoli, non era forse più facile fare amicizia? Non era più facile innamorarsi e pensare ai “per sempre”? Si era curiosi, ostinati, energici. Ci si fidava di tutti, incondizionatamente, e se anche qualcuno ci stava poco simpatico o se succedeva qualcosa di brutto, niente sembrava poi così difficile da affrontare. Quel periodo in cui ci sentivamo liberi, indistruttibili, tanto che se il mondo ci fosse cascato addosso, ci sarebbe bastato spostarci.
E adesso, invece, sembra tutto più complicato, almeno secondo me. Si dubita di tutti, ci si deprime e ci si lamenta per problemi futili, si rinuncia a ciò che non ci riesce. Chiamatela crisi adolescenziale, o come volete, ma tutto il mondo sembra contro di noi.
E noi, in risposta, ci arrabbiamo con questo mondo, che non ci ascolta, che se ne frega di noi.
Insomma, avete capito no? Quel periodo che è sì o no, che è bianco o nero, senza vie di mezzo.
Ecco, vedete, Dez sembrava esserne immune.

- Devi combattere per quello che provi, per quello che senti. - mi disse infine - Che senso ha tutto questo, senza l'amore? -

Annuii, sorridendo.

- Wow, hai detto qualcosa di profondo, complimenti! - commentò Trish.

- Ah ah, simpatica. - ribatté.

E sarebbe inutile descrivervi il lungo battibecco che ne seguì, poiché potete immaginarvelo benissimo da soli, ma sappiate che, alla fine, il mini-cupcake che il cameriere portò al nostro tavolino, finì in faccia a Dez.
 

Ally

Erano circa le tre quando, quel pomeriggio, tornai a casa, dove ovviamente non c'era nessuno, poiché mio padre era ancora in negozio. Poco dopo esser scappata dal teatro, Trish mi aveva chiamata al telefono e, allarmata dal mio stato d'animo, aveva cominciato a farmi una marea di domande, ma io avevo semplicemente risposto che andava tutto bene e che volevo stare da sola per un po'. Una volta arrivata in camera mia, mi tolsi le scarpe e lanciai la borsa per terra, per poi stendermi sul letto. Dovevo ancora iniziare la nuova canzone, ma era già capitato di ritrovarmi a dover comporre in poche ore e contavo di potercela fare anche quella volta.
Presi una delle coperte, appoggiate ordinatamente ai miei piedi, e mi ci avvolsi; rannicchiata nel mio letto, tutti i problemi sembravano lontani, sbiaditi come un ricordo. Ma bastava guardarmi intorno, osservare qualche foto, qualche oggetto particolare, che tutto ricompariva vivo nella mente, doloroso e pungente. Tutto mi ricordava Austin, la nostra amicizia, le nostre canzoni, i nostri sentimenti : era entrato nella mia vita come un uragano, stravolgendo tutte le mie convinzioni sin dall'inizio, e non ne sarebbe uscito mai. Era diventato una parte fondamentale di me e non potevo semplicemente accettare di perderlo, o anche solo di poter rovinare quello che c'era tra noi.
Sospirai, provando a chiudere gli occhi, sperando che il sonno mi portasse davvero consiglio.

L'incubo tornò, puntuale come sempre, ma qualcosa era cambiato nuovamente.
Non c'erano più né creature, né urla, né lacrime e il terreno era solido, non più fango. Il cielo era azzurro, senza nuvole, e un sole caldo illuminava tutta quella verde radura.
Feci qualche passo, titubante, per assicurarmi che non mi sarei ritrovata sommersa nel terreno, ma tutto sembrava straordinariamente normale e tranquillo. Sorrisi, sollevata : quell'incubo, che a lungo mi aveva tormentata, era forse scomparso?
Mi sentivo finalmente bene : ero piena di forze, viva come non mai.
E cominciai a correre, ridendo, facendo lo slalom tra gli alberi, che erano normalissime piante, rigogliose e verdi.
Raggiunsi una zona con meno arbusti e con un grande prato, ricoperto di fiori, mi sdraiai supina sull'erba, con il viso rivolto al sole, e chiusi gli occhi.
Non un rumore giungeva alle mie orecchie, la pace e la tranquillità regnavano incontrastate.
Inspirai ed espirai, non per l'asma, ma per far entrare nei polmoni quell'aria fresca.

- Salvami. - bisbigliai.

Non avevo bisogno di essere salvata, ma volevo solo provare una cosa : forse, se lo dicevo, quel personaggio misterioso, che faceva spesso capolino nei miei incubi, sarebbe ritornato.
Aspettai qualche secondo, ma non successe nulla.
Stavo per aprire gli occhi, convinta che nessuno sarebbe arrivato, quando sentii una mano stringere la mia. Sorrisi di nuovo, sapevo che era lui, ma non aprii gli occhi, nonostante volessi sapere chi fosse.

- Ti sei salvata da sola. - mi disse.

- Non è vero, è grazie a te se questo posto è cambiato così tanto. - ribattei.

Lo sentii ridere.

- Cosa ho detto di sbagliato? - chiesi.

- Credi davvero che sia stato io a fare tutto questo? - domandò - Io non centro nulla. -

- Ma, allora, cosa è successo? - continuai.

- Sei stata tu, Ally. - rispose.

- Io? -

- Sì, tu. - ripeté - Non hai idea di quello che puoi fare, se vuoi. -

- Non capisco... Io non ho fatto nulla. -

- Hai raccontato ai tuoi amici quello che ti tormentava, hai avuto coraggio. - spiegò - Ti sembra poco? -

Rimasi in silenzio.

- Sei straordinaria. - aggiunse.

- Non è vero, sono solo una ragazzina. - dissi.

- In te c'è molto più di quello che credi, solo che non te ne rendi conto. -

- Continuo a causare problemi, non lo sai? - ribattei - Penso di aver perso il mio migliore amico. -

- Io non credo. -

- Invece sì, sono un disastro vivente. -

- Tutti facciamo errori, più o meno gravi, tutti cadiamo. Ma sai che ti dico? - continuò - Quello che conta davvero è come agirai adesso, come ti rialzerai. -

- Mi ricordi proprio il mio amico... - sussurrai - Se non fosse impossibile, giurerei che siete la stessa persona. -

Rise di nuovo.

- Ora devo andare. - disse.

- Tornerai? -

- No, ormai non hai più bisogno di me. -

- Aspetta, io... - cercai di fermarlo.

- Addio Ally. -

Non feci in tempo a fare nulla che tutto scomparve.

Aprii gli occhi e mi ritrovai di nuovo nella mia camera.
Era tutto come prima, solo io mi sentivo diversa. Sì, diversa, perché forse, per una volta, la testa e il cuore si trovavano d'accordo : sapevo finalmente cosa fare.
Ma una marea di pensieri mi frullavano per la testa e una canzone aspettava di essere scritta. Decisi di cominciare a buttare giù qualche verso, poiché la base l'avevo già composta qualche settimana prima ma, non riuscendo a scriverci sopra un testo, l'avevo abbandonata nel mio quaderno. Afferrai dal comodino il mio diario e cominciai a cercare quel che mi serviva, quando una foto, lasciata tra le pagine, cadde sulla coperta. Era una foto davvero importante per me, un ricordo speciale che tenevo all'oscuro da occhi indiscreti : ritraeva me ed Austin, al Sonic Boom, quando stavamo ancora insieme. Era una foto fatta di nascosto, da Trish, che me l'aveva poi regalata; anche se c'eravamo lasciati, avevo conservato quella foto come un tesoro, perché era stato uno dei periodi più belli della mia vita. Ricordo ancora quel momento : io ero alla cassa e avevo appena finito di servire un cliente ed Austin era appena entrato in negozio, ma io non me ne ero accorta; lui si era poi avvicinato a me, mi aveva stretta in vita con le sue braccia, stampandomi un bacio dolce sulla guancia. Io avevo subito sorriso, guardandolo, e in quel momento era stata scattata la foto da una ragazza riccia seduta su uno dei piccoli divani del negozio.
Osservai attentamente quell'immagine, mentre il ricordo ancora vivo di quello che i baci di Austin mi facevano provare tornava alla mente, e sorrisi.
Ora sapevo cosa scrivere, sapevo cosa avrei detto ad Austin.
Presi una penna, cominciai a scrivere e le parole mi vennero spontanee.
 

Austin

- Siamo quasi arrivati. - mi comunicò Dez.

Lui e Trish avevano insistito molto per accompagnarmi, e così ci eravamo ritrovati in auto, con meta casa Dawson. Erano quasi le sei, eppure la città era ancora piena di energie, tra mare, sole e spiaggia. Vi starete chiedendo come mai ci mettemmo così tanto ad andare da Ally... Beh, come sapete non è facile mettere d'accordo quei due : Trish credeva fosse meglio che parlasse prima lei con Ally, che vedesse come stava e che le spiegasse tutto; Dez invece aveva pensato in grande, come al solito, convinto che la cosa migliore da fare fosse chiamare una banda e dei ballerini professionisti, per fare in modo che ci fossero dichiarazioni col “boom”. Alla fine, avevo scelto io cosa fare.

- Amico, se cambi idea, siamo ancora in tempo a chiamare la banda. - ripeté il rosso, seduto accanto a me.

Risi, mentre svoltavo per l'ultima volta a sinistra.

- Va bene così, grazie. - risposi.

Arrivammo a destinazione e parcheggiai l'auto; le luci del vialetto erano spente, così come quelle delle varie stanze della casa. Solo una lucina illuminava una stanza al secondo piano, la camera di Ally, e si udiva una lieve melodia provenire dalla finestra aperta : probabilmente Ally stava componendo la canzone per il giorno dopo.

- Che aspetti? Fai qualcosa. - mi incoraggiò Dez, che quando si trattava di storie d'amore diventava impaziente e si emozionava.

- Okay. - dissi - Voi però nascondetevi là dietro, devo parlarle da solo. -

E così lui e Trish si andarono a mettere dietro a delle piante cespugliose, cercando di non farsi vedere. Io, invece, presi coraggio e suonai il campanello : la melodia si interruppe, segno che Ally mi aveva sentito, ma nessuno venne ad aprire. Notai però che la tendina della finestra era stata leggermente spostata e che qualcuno, lei, sbirciava di nascosto, per vedere chi fosse arrivato; appena i suoi occhi incontrarono i miei, lei si scostò subito dalla finestra. Aspettai ancora qualche minuto, suonando il campanello due-tre volte, ma la situazione non cambiò.

- Non mi apre. - bisbigliai in direzione dei cespugli.

- Tu prova a chiamarla, allora. - ribatté Trish.

Annuii e presi il telefono dalla tasca, composi il numero di Ally, che conoscevo a memoria, e attesi una sua risposta. Ma come potete immaginare, l'unica cosa che sentii furono degli squilli e poi la segreteria telefonica.
Guardai di nuovo la finestra, ma nessuno ricambiò di nascosto il mio sguardo; se Ally non mi voleva parlare, questo significava che stava soffrendo, e molto, a causa mia. Non sapevo cosa fare, se non continuare a insistere.
E tra chiamate e citofonate, continuavo a pensare alla frase di Dez : Che senso ha tutto questo, senza l'amore?”. E aveva ragione, perché qualsiasi cosa non sarebbe stata la stessa : la musica, la nostra amicizia, quello che ci legava...

- Qualche idea? - chiesi a Trish e Dez.

- Possiamo andare a prendere una scala. - propose Dez - Così puoi andare tu da lei. -

Ci pensai su un attimo, ma poi escludemmo l'idea, anche perché non sapevamo proprio dove andare a prendere una scala.
Rimaneva una sola cosa da fare.
 

Ally

- E ora cosa faccio? - ripetei tra me e me - Non posso lasciarlo lì... -

Non pensavo che Austin sarebbe venuto a casa mia, così mi ero ritrovata impreparata e avevo finito per nascondermi sotto la finestra, con il diario stretto tra le mani
Il telefono continuava a squillare, ma non riuscivo a rispondere : cosa gli avrei potuto dire?
Sicuramente aveva parlato con Trish, e forse lei gli aveva già rivelato quello che avevo sentito al parco. Ero immersa nei miei pensieri, quando sentii qualcuno urlare il mio nome.

- Ally! -

Era la voce di Austin.

- Ally! Ti devo parlare. -

Sapeva perfettamente che i miei vicini erano molto infastiditi dalle urla, dalla musica alta, dai lavori in casa... Insomma, da tutto quello che fa rumore.

- Ally! -

Difatti la loro reazione non tardò ad arrivare.

- Si può sapere chi fa tutto questo rumore? - borbottò con lo stesso tono di voce il signor Fincher.

- Scusatemi signori Fincher, ma sto aspettando Ally e lei non scende. - rispose Austin.

Lo stava facendo apposta! Sapeva quanto i vicini diventassero ingestibili se infastiditi.

- Smettila di urlare. - esclamai, affacciandomi alla finestra.

- Solo se scendi. - ribatté lui, con il sorriso compiaciuto di chi ha ottenuto quel che voleva.

Presi il mio diario e scesi di fretta le scale, mentre Austin continuava a chiamarmi.

- Shhh! - dissi, aprendo la porta.

Austin mi venne incontro.

- Lo sai che non sopportano la confusione - continuai riferendomi ai vicini.

- Mi hai costretto! - si giustificò lui - Non scendevi e non rispondevi alle mie chiamate. -

Rimasi in silenzio, poiché aveva ragione, lo guardai e basta : i capelli biondi scompigliati dal vento, gli occhi dolci e comprensivi... Mi sorrise, contagiando anche me. Strinsi il diario al petto, abbassando la testa, cercando di nascondere il sorriso.

- Allora? Non mi devi qualche spiegazione? - disse.

- Io? - ribattei alzando la testa di scatto - Sei tu che sei venuto qui a urlare. -

- E tu sei scappata dopo avermi baciato, ricordi? - continuò.

Non risposi. Le parole, in fondo, non ci erano mai servite.
Ci bastava uno sguardo, un sorriso, un abbraccio.
No, a noi non servivano le parole per capirci.
E così lo guardai, e lui capì.

- Non pensavo quello che ho detto, prima, fuori dal teatro. - gli dissi - Non penso assolutamente che quel bacio sia stato uno sbaglio. -

Lui sorrise di nuovo, prendendomi per mano; ma io glie la lasciai.

- Lo sai cosa provo per te. Io ti amo, ma non voglio che nessuno dei due soffra. - cominciai, con ormai gli occhi lucidi - E non ti capisco : prima dici che ti piace Kira, poi ricambi il bacio. Io... -

Mi interruppi. O meglio, fui interrotta.
Austin mi baciò, stringendomi in vita con le sue braccia.
Ed ecco che, di nuovo, una marea di emozioni mi pervase da capo a piedi, mentre quel bacio pieno d'amore mi faceva sorridere inconsapevolmente, trasportandomi su un altro pianeta. Posai le mani sul suo petto, facendo cadere il diario per terra.

- Anche io ti amo - disse poi lui, staccandosi.

Lo guardai stupita. Dopo tutto quel succedersi di eventi, non sapevo più cosa pensare.

- Ma, al parco, ho sentito che tu e Dez parlavate di Kira... - continuai.

- Stavamo parlando di te, Ally. Solo che in quel momento stava passando lei e Dez l'ha salutata... - sussurrò - Io amo e ho sempre amato solo te. -

Sorrisi : ero così felice, non potevo credere alle mie orecchie.
Fui io poi a baciarlo di nuovo, con un bacio veloce, ma dolce.
Austin notò il quaderno per terra e lo raccolse : era di nuovo caduta la foto di noi due.

- Me lo ricordo questo momento. - disse osservandola, con un sorriso dolce - Come fai ad averla? -

- Tutto merito di Trish. - risposi.

- Questa volta sarà tutto perfetto, ne sono sicuro. - mi sussurrò.

Eravamo di nuovo abbracciati, con i corpi che si incastravano perfettamente tra loro.

Poi, mi venne in mente una cosa.

- Ho fatto di nuovo l'incubo. - gli rivelai.

- Davvero? -

Notai che si era leggermente incupito.

- Sì, ma questa volta era un sogno. - chiarii e lui subito ne sembrò sollevato - Era tutto bellissimo e tranquillo, nessun mostro o fulmine. -

- Pensi che sia finalmente cambiato? - chiese.

- Sì. - risposi - Ricordi quella voce misteriosa? -

Lui annuì.

- Non ho visto a chi apparteneva, ma mi ha detto che non tornerà più. Penso che non farò più quell'incubo... - aggiunsi sorridendo.

Mi guardò dolcemente, felice della notizia, pronto a riposare le sue labbra sulle mie, quando sentimmo dei singhiozzi provenire da uno dei cespugli lì vicino.

- Fa silenzio! - udimmo poi.

- Lo hai sentito anche tu? - domandai.

- Emh... -

- Sono Trish e Dez, vero? - indovinai ridendo.

- Sì, ci tenevano ad essere qui. - rispose.

Guardai in direzione delle piante.

- Potete uscire ora! - dissi ad alta voce.

I nostri due amici uscirono allo scoperto : Dez piangeva, mentre Trish rideva.

- Si è commosso. - ci spiegò la riccia.

- È che siete così dolci! - esclamò lui - L'avevo detto io che l'amore trionfa sempre! -

Ridemmo, stringendoci in uno dei nostri abbracci di gruppo.
 

Austin

- Venite dentro? - chiese Ally - Vorrei farvi sentire la canzone che sto componendo. -

- Certo. - rispose Trish.

E mentre lei e Dez si avviavano dentro casa, io ed Ally rimanemmo indietro di qualche passo.

- Quindi... - bisbigliai avvicinandomi - Ora cosa siamo? -

Lei mi guardò sorridendo.

- Cioè, siamo fidanzati? - mi spiegai.

Lei si fermò e mi baciò di nuovo. Non riesco neanche a spiegarvi come mi sento quando la bacio : è semplicemente un'emozione straordinaria.
Ally si staccò delicatamente, mentre un sorriso beato compariva sul mio viso.

- Sì, siamo fidanzati. - disse.

E ci sorridemmo di nuovo, prendendoci per mano.
Si era risolto tutto, finalmente.
A pensarci bene era stata una giornata movimentata : baci, fughe, mini-cupcake in faccia...
Ma avrei ripetuto ogni singolo secondo.
Perché l'amore è così, come un giro sulle montagne russe : ci sono alti e bassi, ma basta un momento bello a farti scordare tutti quelli brutti. Può fare paura a volte, è vero, e si può soffrire...
Ma, per Ally, ne valeva la pena.
Per l'Amore vero, ne vale sempre la pena.
 

Angolo Autrice

Ciao a tutti cari lettori! Come va?
Non sapete quanto mi dispiace del ritardo, sono davvero dispiaciuta, ma mi si è rotto il computer!
Ho provato anche a scrivere sul telefono, ma ho dovuto aspettare che mi aggiustassero il portatile per pubblicare il capitolo.
Nonostante il grande ritardo, però, eccomi qui con il diciannovesimo capitolo della storia!
Ho cercato di essere il più dolce possibile e spero che vi piaccia :D !
Ormai, manca un solo capitolo alla fine della storia... *sigh*
Ci tengo moltissimo a ringraziare, come sempre, tutti i lettori e le lettrici, coloro che recensiscono e anche chi ha messo la storia tra le preferite, le ricordate e\o le seguite. E vi ringrazio per aver aspettato tutto questo tempo.
Grazie mille a tutti!
Vi voglio bene!!!
Baciii
 

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Capitolo 20
*** Per sempre ***


Per sempre

Ally

I remember life before
Faraway dreams and locking doors
Then you came, then you came”

Lo sguardo corse per l'ennesima volta sulle parole della canzone che avrei dovuto cantare quella sera, cercando di imprimerne il testo nella memoria. Una folata di vento, però, entrò dalla finestra aperta, facendo girare velocemente le pagine del mio diario. Sospirai : non sarei mai riuscita a ripassare, soprattutto se anche il vento mi giocava brutti scherzi.

- Fai un sonno di bellezza, mi raccomando! - aveva detto Trish la sera precedente, prima di andare via da casa mia.

E chi ci era riuscita a dormire?! Avevo passato tutta la notte a migliorare la base, le parole, gli accordi, e anche se sapevo tutto a memoria, non mi sentivo ancora pronta.
Mi ero già esibita su un palco, più volte, ma ero comunque agitata. Era come se ogni volta fosse stata la prima : le gambe fremevano impazienti, la mano scorreva sulla tastiera ansiosa di suonare, qualsiasi cosa sembrava andare storta. La stessa adrenalina pre-esibizione che mi assaliva ogni volta. Non so come spiegarlo, ma provavo come un mix di paura, eccitazione, felicità e ansia, che mi metteva lo stomaco sottosopra, che mi impediva di pensare a tutto il resto. Il ticchettio dell'orologio andava sempre allo stesso ritmo, eppure, avrei giurato che più desideravo che il tempo passasse, più il suo ritmo rallentava.
Mi lasciai cadere sul letto, consapevole che non sarei mai riuscita a chiudere occhio : ero piena di energie. Avrei potuto fare il giro dell'isolato a corsa senza fatica, ma dovevo aspettare che il resto del team arrivasse qui : avevamo deciso di partire tutti insieme per il teatro.
Sbuffai, impaziente. Mancava ancora mezz'ora e non sapevo cosa fare.
Il telefono squillò, segno che mi era arrivato un messaggio.

Da Austin a Ally
Hey, va bene se vengo in anticipo?

Inconsapevolmente, un sorriso comparì sul mio volto. L'effetto che lui mi faceva era straordinario, come se tutto il resto sembrasse improvvisamente lontano, senza importanza.

Da Ally ad Austin
Certo, ti aspetto.

Mi alzai, lasciando il telefonino sul letto, per andare a sistemarmi. Lo specchio mostrava una ragazza assai diversa da quella che avrebbe mostrato qualche anno prima. Ero cambiata, cresciuta, ora mi sentivo diversa : le mie paure e insicurezze erano sparite, una dopo l'altra, senza lasciar traccia. Ero più sicura di me, meno timida, e sì, anche più felice.
Sentii il campanello suonare. Austin era proprio in anticipo.
Diedi un ultimo sguardo a quello che indossavo : un paio di shorts, una camicetta rosa chiaro smanicata ed un paio di stivaletti scuri. I capelli erano sciolti, ma ordinati.
Scesi velocemente le scale ed andai ad aprire la porta.

- Hey. - disse Austin sorridendo.

- Hey. - ripetei io.

E poco dopo le sue labbra erano sulle mie, in uno di quei baci così dolci che ci eravamo scambiati poche volte. Quando ci staccammo, il sorriso di entrambi era ancora più grande.
Salimmo le scale ed entrammo in camera mia.

- Stavi provando? - chiese, notando la tastiera e gli spartiti.

- Sì, ma non riesco a concentrarmi. -

- Se mi facessi leggere il testo della canzone, potrei aiutarti. - continuò avvicinandosi al mio diario.

Con uno scatto afferrai il prezioso oggetto.

- Non toccare il mio quaderno! - esclamai.

Lui scoppiò a ridere, contagiando anche me.

- Voglio solo leggere cosa hai scritto. - si giustificò - Ieri sei stata così misteriosa! -
 

Flashback
I ragazzi entrarono in casa e salirono al piano superiore; avevo proposto di fargli ascoltare la nuova canzone per sentire i loro pareri.

- Allora, come si chiama la canzone? - chiese Trish, curiosa.

- Ecco, non ho ancora pensato ad un titolo... - risposi sinceramente.

Di solito il titolo era una delle ultime cose a cui pensavo.

- Ma il testo l'hai scritto, vero? - aggiunse.

- Sì, certo. -

L'avevo finito poco prima, ma ne ero abbastanza soddisfatta : certo, servivano ancora delle modifiche, ma avrei potuto lavorarci quella sera.
Intanto, loro si erano tutti sistemati per la stanza : Dez era vicino alla finestra, Trish sul letto, Austin era accanto alla tastiera, pronto per ascoltarmi.
Presi il quaderno dalla scrivania e cominciai a cercare la pagina, ma mi venne in mente una cosa. Quella canzone era davvero speciale, una delle più importanti per me. Ed era per Austin.

- Però, voglio che il testo rimanga una sorpresa. - dissi alzando il capo e riponendo il quaderno al suo posto.

- Ma come? Sono curioso! - ribatté Dez.

- Lo so, ma voglio prima migliorarla. - spiegai - Se volete vi faccio sentire la melodia. -

Loro annuirono ed io cominciai a suonare. Era una melodia dolce, diversa da quelle allegre che di solito componevo per Austin, ma ne furono tutti entusiasti.
Poi passammo circa una mezz'oretta a metterci d'accordo su luci, costumi, orari vari, fino a quando decisero di tornare a casa. Dez e Trish se ne andarono quasi subito, ma Austin si trattenne ancora per un po'.

- Allora, di cosa parla la canzone? - domandò con un sorriso, mentre camminavamo per il giardino mano nella mano.

- Non te lo posso dire, ci tengo che sia una sorpresa. - ripetei.

L'aria era fresca, ma si stava benissimo.

- Daiii! - continuò, facendomi la faccia da cucciolo - Per favoreee -

Ammetto che era difficile resistere alla sua faccia da cucciolo, ma lo feci, seppur non riuscendo a rimanere seria.

- Mi dispiace, ma non funziona. - dissi ridendo.

- E se ti dessi un bacio? - ribatté.

Scossi la testa : ero decisa a non demordere.

- Okay. - si arrese con un sorriso - Il bacio, però, te lo do lo stesso. -
 

In effetti, non gli avevo dato neanche un indizio sulla canzone. Ma c'era un motivo, ed ero sicura che alla fine non gli sarebbe dispiaciuto aver dovuto aspettare un po' di tempo in più.

- Dimmi almeno come si chiama. - aggiunse.

Lo sapeva che non sarei riuscita a resistere ancora a lungo, soprattutto se lui continuava ad insistere.

- E va bene, si chiama “Parachute”. - gli rivelai.

- Posso leggerla? -

Il campanello suonò di nuovo : anche gli altri erano in anticipo.

- Mi dispiace, ma devo andare ad aprire. - risposi.

- Salvata in extremis. - commentò, per poi accompagnarmi giù - Vuol dire che aspetterò... -

E sorridendo, mi diede un veloce bacio sulla guancia.
 

Austin

Quando arrivarono anche Trish e Dez, il silenzio che era in casa scomparve completamente.
Dez, che era il più ansioso di tutti, cominciò a ripeterci da cima in fondo tutto il programma e, essendo molto informato, ci spiegò tutto nei minimi particolari. Si era infatti appuntato tutte le cose da fare, obbligato da Trish, che intanto si era già fatta licenziare da teatro.

- Allora, abbiamo orari ben precisi : alle tre e mezzo si parte da casa, per poi arrivare a teatro circa mezz'ora dopo. Lì, troveremo ovviamente molta confusione : ci saranno tecnici, il personale delle varie sale e cominceranno ad arrivare anche degli spettatori, nonostante lo spettacolo cominci intorno alle cinque. - cominciò - Probabilmente dovremo aspettare un po', ma ci verrà dato un camerino, dove potremo prepararci. Inoltre, ci hanno prenotato quattro posti, per farci guardare lo spettacolo. -

Ally, infatti, non sarebbe stata l'unica ad esibirsi. Lo show serviva a raccogliere fondi, che sarebbero stati poi donati in beneficenza a un'organizzazione che aiutava i bambini in Africa, e vi si sarebbero esibiti vari ballerini, cantanti e musicisti.

- Va bene, allora ci rimangono ancora due ore. - commentò Trish, per poi rivolgersi a noi ragazzi - Voi vi siete portati dietro un completo elegante? -

Io e Dez ci guardammo : nessuno dei due ci aveva minimamente pensato.
Lui osservò il suo outfit attuale : pantaloni zebrati e maglietta con la stampa di un gatto.

- Questi non vanno bene? - domandò.

Stavo per ridere, ma notando lo sguardo di Trish ci ripensai.

- Menomale che ci ho pensato io. - sospirò, prendendo da delle buste che si era portata due completi - Questi sono per voi, sono due smoking. -

- Grazie. - le dissi.

Poi, riferendosi solo al rosso, lei continuò - Il tuo è stravagante, come piace a te. -

- Awww grazie! - esclamò lui, abbracciandola.

La scena che ne seguì fu piuttosto comica : Trish cercava in tutti i modi di non scacciare malamente Dez, ma si capiva che le faceva piacere essere stata d'aiuto.
Quando lui si staccò, lei prese le altre due buste rimaste.

- E questi sono per noi due. - disse con un sorriso ad Ally - Spero che ti piaccia! -

Anche lei la ringraziò.
Era bello sapere che qualunque cosa servisse, ci saremmo sempre aiutati. Era qualcosa che ti faceva sentire bene, quasi al sicuro, perché era come avere sempre a disposizione un'ancora di salvezza. Ed era anche quello di cui più ringraziavo la musica : non di avermi fatto diventare famoso, non dei premi e dei concerti, ma di avermi fatto realizzare il mio sogno e, soprattutto, di avermi fatto trovare degli amici come Ally, Trish e Dez.
Noi non eravamo quel tipo di amici che non litigano mai, anzi, sarebbe stato strano non bisticciare. E non eravamo neanche quel tipo di amici che se ne stanno tutti tranquilli...
Quante ne abbiamo combinate! Canzoni rubate, innamoramenti, torte in faccia, scherzi, gare di chili, notti in campeggio, lotte con un canguro... Ma, ve l'assicuro, non cambierei nulla di quello che abbiamo fatto, neanche una virgola.
Tutto quello che abbiamo affrontato ci ha resi quello che siamo ora.
Ci siamo cambiati a vicenda, essendo sin dal principio persone con caratteri assai differenti tra loro, rimanendo però sempre gli stessi : Dez, che si emoziona ad ogni film romantico, con i suoi vestiti color arcobaleno e la telecamera in mano, la fissa degli Zalieni e quel modo di fare che ci ha fatto sempre ridere, spazientire e ancora ridere; Trish, con il suo carattere schietto, ma allo stesso tempo dolce, e con i suoi mille lavori, che ci ha sempre aiutato a diventare gli artisti che desideravamo, nonostante gli orari e i contratti che spesso non erano quelli giusti; Ally, con quell'adorabile vizio di mordersi i capelli quando è nervosa, che cerca sempre di darti una mano e che, pur di non farti soffrire, non critica mai quello che fai; lei, che ama l'amore e che lotta per quello in cui crede, che riesce a partecipare a qualsiasi club e che passa tutta la notte a comporre una canzone con te. Ed io, che ho imparato a prendere decisioni importanti senza cambiare idea un centinaio di volte, che faccio ancora fatica a comunicare i miei sentimenti, che vado matto per i pancakes e che senza una chitarra in mano mi sento perso.
Diversi ma sempre gli stessi : più maturi (si spera), meno infantili (anche se ho qualche dubbio in proposito) e ancora più uniti.
E mi piaceva pensare che lo saremmo stati per sempre.

- Che ne dite, si pranza? - chiese Dez, il cui appetito non era mai diminuito.

Noi tre annuimmo, con un sorriso.

- Chiamo Steve (il pizzaiolo) per quattro pizze metà funghi e metà salsicce? - aggiunse allora.

Sì, credo che anche le famose pizze di Steve rimarranno per sempre con noi...

- Io passo. - disse Ally.

- Io pure. - concordò Trish.

Ed io mi unii a loro.

- Okay, allora prepariamo qualcosa! - esclamò lui - Sapete, sono un ottimo cuoco! -

- Sì, ma penso che cucineremo io e Trish - ribatté Ally - Mio padre ci tiene alla cucina. -

Dez, senza nulla da fare, mi propose una partita ai videogiochi. E chi poteva rifiutare?
 

Ally

Le tre e mezzo si stavano ormai avvicinando e quella che prima era agitazione, penso che in realtà fosse solo la calma prima della tempesta.

- Avete preso tutto? - chiese papà, tornato dal Sonic Boom e già pronto con il suo smoking.

- Penso di sì. - risposi.

Austin e Dez stavano mettendo in macchina tutti i vestiti e le varie cose da portare, mentre Trish era al telefono con i dirigenti del teatro.

- La mia piccolina si esibisce a teatro. - commentò poi, con gli occhi lucidi - Io e tua madre siamo fieri di te. -

Senza pensarci due volte, lo abbracciai. In fondo, era anche merito suo se mi ero così appassionata alla musica, vivendo sempre a contatto con spartiti musicali e strumenti. Ed era anche grazie al Sonic Boom se stavo finalmente realizzando il mio sogno.

- Mamma non può venire, ma Dez registrerà tutta la tua esibizione, così potrà vederla. - aggiunse.

Io mi staccai e lo ringraziai.

- Su, ora andiamo. - disse - O sconvolgeremo tutto il programma. -

Gli diedi un bacio veloce sulla guancia e insieme agli altri, ci dirigemmo in macchina.

- Pronta? - mi chiese Austin, che si era seduto vicino a me.

Scossi la testa.
Lui, in risposta, mi stinse forte la mano.

- Ce la farai, tranquilla. - mi sussurrò - E se hai paura, basta che mi stringi la mano e troveremo un modo per affrontare tutto il resto. -

Gli sorrisi, appoggiando la testa sulla sua spalla.
Per me è sempre stato così, ho sempre avuto quella paura che si ha prima di dover fare qualcosa di importante, prima di un'interrogazione o di un'esibizione.
Paura, ma non di andare male...
Paura di deludere gli altri.
Il mio sguardo viaggiò per quella macchina, da Trish a Dez, fino ad Austin. Avevano fatto di tutto per me, sin dall'inizio, ed ora è solo grazie a loro se posso esibirmi.
Ma se rovinassi tutto?
Non posso neanche immaginare come mi sentirei dopo.

- Sai che ci saranno un sacco di altri cantanti famosi? - domandò Dez.

- Ce lo hai ripetuto un centinaio di volte. - commentò Trish.

Lui la guardò abbastanza male, ma la sua battuta non diminuì il suo entusiasmo.

- Spero di incontrare Taylor Swift! - continuò - Sono un suo grande fan! -

- E sappiamo anche questo. - borbottò Trish.

Sembrerà strano, ma era rilassante sentirli punzecchiarsi a vicenda : era come se fosse un giorno qualunque, era la normalità.
Il viaggiò duro poco, come previsto, e arrivammo a teatro in perfetto orario, cosa che fece tranquillizzare Dez. Entrammo dalla porta secondaria, alla ricerca di qualcuno del personale che ci desse informazioni, ma erano tutti davvero impegnati.

- Io vado nella sala principale. - mi disse papà - Qui sarei solo d'intralcio e poi, devo prendere un posto per lo spettacolo. -

- Okay. -

- Buona fortuna tesoro. - mi augurò.

- Aw grazie signor Dawson! - esclamò Dez abbracciandolo.

Papà roteò gli occhi, ormai abituato al nostro amico, e si allontanò da noi.
Poco dopo, una ragazza dello staff si accorse di noi e ci portò a dei camerini : ci saremmo potuti cambiare tutti qui, grazie alla grande quantità di spazio.
Arrivati alle porte ci separammo : io e Trish entrammo in una, Dez ed Austin in un'altra.
Prima però diedi un ultimo sguardo ad Austin e lui capì quanto la mia agitazione fosse aumentata.

- Ci vediamo tra poco, okay? - mi tranquillizzò.

Annuii e mi preparai psicologicamente ad una seduta di trucco e acconciature con Trish.
 

Austin

Diedi un'ultima sistemata ai capelli, guardandomi nello specchio, e indossai la giacca. Il mio completo era semplice, bianco e nero, con un cravattino : elegante ma giovanile. Quello di Dez, che invece si stava mettendo le scarpe, era... come dire... alla Dez : colorato e appariscente; lui ne era entusiasta.

- Direi che siamo pronti. - dissi.

- Sì, penso che farò conquiste stasera. - esclamò - Sarò l'uomo che sussurra all'amore! -

Stavo per fargli notare, per l'ennesima volta, che nessuno lo ha mai chiamato così, ma decisi di non intaccare il suo entusiasmo.
Uscimmo dal camerino e aspettammo che arrivassero anche Ally e Trish.

- Siamo in ritardo con la tabella di marcia... - borbottò Dez.

Cosa che non era vera, ma ripeterla sembrava tranquillizzarlo. Bussò al loro camerino e in risposta una voce, quella della riccia, ci informò che avevano quasi finito.
E così, poco dopo, anche loro ci raggiunsero : Trish indossava un vestito rosso, con lo spacco laterale, mentre Ally portava un abito viola, corto davanti e lungo dietro. Era bellissima.

- Allora? - chiese Trish.

- Wow ragazze, siete uno schianto. - rispose Dez, avviandosi verso il corridoio che ci avrebbe portato al palco - Ma ora dobbiamo andare. -

Trish lo guardò piuttosto male, forse per aver così minimizzato il suo lavoro, ma lo seguì.
Io presi Ally per mano, mentre ci incamminavamo anche noi, e le sorrisi.

- Sei meravigliosa, lo sai? - le sussurrai.

Lei arrossì, cercando di non darlo tanto a vedere.

- Anche tu stai molto bene. - ricambiò.

Sembrava tranquilla, ma mi bastò guardarla negli occhi per capire quanto fosse agitata in realtà.

- Non essere nervosa. - le dissi - Sei una cantante straordinaria. -

- Non ci riesco... - ribatté.

Le strinsi più forte la mano, che tremava più ci avvicinavamo al palco.
Avrei voluto tranquillizzarla, ma non sapevo che dire. Era una battaglia che si svolgeva dentro di lei da sempre, tra lei e le sue paure, ed io purtroppo non potevo fare molto. Era lei che doveva vincere, da sola; io potevo solo supportarla.
Come aveva previsto Dez, c'era un gran via-vai di gente dietro le quinte e mancava poco all'inizio dello spettacolo. C'era una strana frenesia nell'aria, come di trepidante attesa. E anche se io non mi sarei dovuto esibire, mi feci coinvolgere da quella sensazione di agitazione mista a felicità : era una delle parti più belle di uno spettacolo, l'attesa di esibirsi.
Un ragazzo dello staff, con in mano una lista dei partecipanti allo show, ci si avvicinò.

- Ally Dawson? - domandò. Stava probabilmente controllando che fossero arrivati tutti.

Lei annuì.

- Sarà la quinta ad esibirsi. - comunicò, per poi girarsi verso di noi - Gli accompagnatori devono cominciare a prendere i propri posti. -

- Non potrei restare qui? - chiesi. Non volevo lasciare Ally da sola, non nel momento in cui aveva più paura.

- Sì, ma gli altri devono andare in platea. Non c'è molto spazio qui. -

Detto ciò, il ragazzo corse verso un'altra direzione.

- Allora noi andiamo. - disse Dez - In bocca al lupo Ally! -

Trish invece l'abbracciò.

- Siamo tutti felicissimi per te. - bisbigliò - Sapevo che saresti riuscita a realizzare i tuoi sogni. -

- Grazie Trish, ti voglio bene. - rispose lei.

Poi, come richiesto, si avviarono verso i loro posti.
Ally si girò verso di me.

- Grazie per essere rimasto. -

Io le sorrisi e ci andammo a sedere insieme ad altri artisti, in attesa che iniziasse lo spettacolo.
Poco dopo il brusio che proveniva dalla platea aumentò sempre di più, fino a quando la presentatrice, una donna bionda con un abito verde e lungo, salì sul palco.

- Benvenuti in questo magnifico teatro. - esclamò sorridendo - Io sono Emily Smith e, per questa sera, presenterò i vari artisti. Come sapete il ricavato della serata andrà in beneficenza e vi ringraziamo in anticipo per le donazioni. Ma ora, senza indugio, vi presento la prima artista, la violinista, Beatrice Robotham. -

Una dopo l'altra si esibirono persone davvero talentuose : una cantante lirica, un pianista e un comico. Erano tutti bravissimi e mancava solo un'altra esibizione al momento di Ally.
La quarta artista era una ballerina di danza classica, che metteva in scena un balletto de “Il lago dei cigni”.
Ally, seduta accanto a me, cominciò a battere ritmicamente il piede sul pavimento, agitata.

- Vieni con me. -

La presi per mano e la portai lontano dagli altri artisti, dietro a una serie di macchinari.

- Austin, io non ce la posso fare. - disse - Sono tutti così bravi, ed io... -

La guardai negli occhi e capii che era nel panico. L'abbracciai senza pensarci due volte.

- Io non voglio deludervi. - sussurrò contro il mio petto.

Mi staccai leggermente, per vederla in viso.

- Tu non potresti mai deluderci. Sei fantastica! - ribattei - E poi, in questo momento, non devi pensare a noi, devi pensare a te stessa e alla musica. Lascia che ti entri nel cuore, vivila. È il tuo momento. -

- E se sbagliassi? -

- Non importa, lo sai. L'unica cosa che conta è che tu salga su quel palco e faccia vedere a tutti che cosa sai fare. - continuai - Ally, la musica fa parte di te. Ti basterà toccare i tasti del piano per dimenticarti di tutto il resto. E ci sarete solo tu e la musica. -

Lei mi sorrise, mentre l'esibizione della ballerina stava per finire.

- E se mi blocco? - domandò.

- Guarda me. - risposi - O immagina tutti in mutande. -

Rise e la sua risata contagiò anche me.
Poi ritornammo ai nostri posti, poiché di lì a poco sarebbero venuti a chiamare Ally.
 

Ally

- Signorina Dawson. - mi chiamò la ragazza che aveva avvisato anche gli artisti che era giunto il loro turno - Ora tocca a lei. -

Annuii e strinsi forte la mano di Austin. 

- Pronta? - mi chiese.

- Pronta. - affermai.

E seguimmo la ragazza che mi aveva chiamato fino alle scalette che mi avrebbero portato sul palco. Nascosti dal sipario, osservammo la fine del balletto.

- Io sarò qui a guardarti. - mi comunicò Austin.

Gli sorrisi.
La musica terminò e un applauso si levò dalla platea.

- E questa, era la straordinaria Cecilia. - esclamò la presentatrice, con il suo solito sorriso.

E mentre la ragazza faceva un inchino e se ne andava, notai che stavano già portando il pianoforte sul palco.
Le mani formicolavano, le gambe tremavano leggermente, ma ero pronta.

- Ed ora, signore e signori, una fantastica cantante emergente, Ally Dawson! - continuò Emily Smith.

Lanciai un ultimo sguardo ad Austin e salii sul palco. Venni accolta da un caloroso applauso e mi sedetti al pianoforte.
Il cuore batteva all'impazzata.
Il pubblicò fece silenzio, in attesa che iniziassi.
Inspirai. Espirai.
E posai le dita sui tasti del piano : loro sapevano cosa fare.
Cominciai a suonare e mi lasciai avvolgere da quella dolce melodia.

I remember life before
Faraway dreams and locking doors
Then you came, then you came
Afraid to fall, to be free
Always mine own worst enemy
Isn't what, what you see
I took time to realize
That I couldn't do it by myself, myself”

Le dita scorrevano sicure sui tasti, ormai non avevo più paura. Ero solo felice, immersa nella mia musica, come avevo sempre desiderato.

“There's no gravity when you're next to me
You will always break my fall, like a parachute
When you're holding me so weightless I can barely breathe
You will always break my fall, my fall
Like a parachute
You're my parachute”

Guardai nella direzione di Austin, e notai che sorrideva. Aveva capito che la canzone parlava di lui, di come mi facesse sentire. Lo guardavo ed era come se il pubblico non ci fosse.
C'eravamo solo noi due e la musica.

“With you it all begins
Feeling okay in my own skin
So alive, I'm so alive
I know this life isn't gonna be perfect
The ups and downs are gonna be worth it
As long as I'm, I'm with you

There's no gravity when you're next to me
You will always break my fall, like a parachute
When you're holding me so weightless I can barely breathe
You always break my fall, my fall
You're my parachute”

Ogni parola veniva dal mio cuore e non serviva altro per comunicargli quello che provavo.
A noi non sono mai servite le parole, o i “ti amo”. Ci bastava una canzone, un abbraccio, uno sguardo. Ed io lo guardavo e mi sentivo a casa, mi sentivo bene.

“When I'm standing at the edge
It's such a long way down
And I second-guess myself
You better catch me now
Woah-oh, woah-oh
Woah-oh, woah-ooh
Never touch the ground

There's no gravity when you're next to me
You will always break my fall, like a parachute
When you're holding me so weightless I can barely breathe
You will always break my fall, my fall
Like a parachute
You're my parachute”

La canzone finì e un forte applauso mi riportò alla realtà. Guardai verso la platea ed il pubblico era di nuovo lì, entusiasta della mia performance.
Mi alzai e raggiunsi la conduttrice, che intanto era salita sul palco.

- Una canzone bellissima, complimenti. - disse attraverso il microfono - Signore e signori, Ally Dawson. -

Feci un piccolo inchino e, accompagnata dagli applausi, scesi dal palco.
 

Austin

Ally mi raggiunse, con un sorriso meraviglioso in viso, ed io la baciai.

- Vedo che la canzone ti è piaciuta. - commentò allontanandosi di qualche centimetro, mentre io la tenevo in vita con le braccia.

- Tantissimo. - bisbigliai con un sorriso, posando di nuovo le mie labbra sulle sue.

Sarei rimasto lì con lei per sempre, ma dovevamo raggiungere gli altri.

- Grazie di tutto, senza di te non ce l'avrei mai fatta. - disse mentre, mano nella mano, ci dirigevamo verso la platea, alla ricerca dei nostri posti.

- Io non ho fatto nulla. - ribattei - Hai fatto tutto da sola, te l'ho detto che sei fantastica! -

Lei mi sorrise.

- Oh, ecco Dez! - esclamò.

In effetti, il completo di Dez spiccava tra tutti gli altri, nell'originalità del suo color arcobaleno. Accanto a lui c'erano anche Trish e il signor Dawson e poi due posti liberi per noi.
Li raggiungemmo e ci sedemmo ai nostri posti.

- Bravissima Ally! - si congratulò Trish - Sei stata fantastica. -

- Sono orgoglioso di te. - continuò il signor Dawson, commosso.

- Ed io ho ripreso tutto! - aggiunse Dez.

Ally li ringraziò e finalmente ci godemmo lo spettacolo.
Si esibirono molti altri ragazzi, uno più bravo dell'altro. Il tempo passò velocemente, tra risate, applausi e performance, e verso le sette la conduttrice ci annunciò la fine dello spettacolo.

- E questa, era la nostra ultima esibizione. - disse - Vi ringraziamo di aver assistito a questo show e di aver donato soldi per la nostra causa. -

Un ultimo applauso inondò la sala e uno dopo l'altro, tutti i vari spettatori se ne andarono. Noi invece andammo prima a cambiarci e poi uscimmo dal teatro, ritrovandoci nella fresca aria della sera.

- È stata una serata perfetta! - esclamò Trish.

- Io sono anche riuscito a farmi fare un autografo da Taylor Swift! - ci annunciò Dez.

- Davvero? - chiesi.

- Sì, l'ho incontrata mentre andavo a comprare qualcosa da mangiare. - spiegò mentre mi mostrava il pezzo di carta con la firma della cantante - Non ho trovato nulla da mangiare, ma guarda cosa ho ottenuto! -

Dire che era entusiasta sarebbe stato poco.
Io intanto, osservavo Ally : non l'avevo mai vista così raggiante. Era felice e lo ero anche io.
Incontrai il suo sguardo e non sentii nemmeno quello che stava dicendo Dez.
Difatti lui mi passò una mano davanti agli occhi.

- Mi hai sentito? - domandò.

- Emh no... - risposi.

- Ho fame. - ripeté - Andiamo a mangiare qualcosa in un ristorante? -

- Possibile che pensi solo a mangiare? - ribatté Trish, facendoci ridere.

- Voi andate pure. - disse il signor Dawson - Io torno a casa. -

Ally lo salutò e in poco tempo quasi tutta la strada davanti al teatro si svuotò della gente venuta per lo spettacolo.

- Andiamo? - chiese Dez.

Presi Ally per mano e lei mi sorrise.

- Andiamo. -
 

Ally

La cena fu fantastica : mangiammo, chiacchierammo, ridemmo... Una di quelle serate che non dovrebbero finire mai. Una volta terminato il pasto, pagammo il conto e uscimmo dal ristorante, che era vicino alla costa.

- Non posso credere che sei riuscito a sporcarti la maglietta anche questa volta. - commentò Trish, osservando la maglia di Dez, dove appariva un'enorme macchia di sugo.

- Se non ti sporchi almeno un po', non c'è gusto a mangiare le polpette! - ribatté lui.

La riccia ovviamente roteò gli occhi, mentre io ed Austin ridacchiavamo.

- Ma se tuo padre è andato via, noi siamo senza macchina... - rifletté poi Austin.

Annuii. Non ci avevo ancora pensato.

- Quindi dovremo andare a casa a piedi? - chiese Dez - Evviva! -

Nessuno capì il suo entusiasmo, poiché eravamo stanchi e avevamo appena finito di mangiare.

- Se sei così felice, non ti dispiacerà portare le mie buste. - disse Trish.

Dez fece un verso di disapprovazione ma, in men che non si dica, le buste erano nelle sue mani.
Li salutammo e li vedemmo allontanarsi verso le loro case, che erano poco distanti.
Io e Austin rimanemmo soli.

- Allora, andiamo a casa anche noi? - domandai.

- Ho un'idea migliore. - rispose lui - Che ne dici di una passeggiata sulla spiaggia? -

- Mi piacerebbe molto. - affermai con un sorriso.

E così, mano nella mano, ci avviammo verso la spiaggia. Mi tolsi le scarpe, prendendole con la mano libera, e posai i piedi sulla sabbia ancora tiepida. Austin fece la stessa cosa.
Il sole stava tramontando solo in quel momento, tingendo il cielo di mille colori, che andavano dall'azzurro all'arancione, al rosa. Non c'erano nuvole ad oscurare il paesaggio e il sole, che aveva quasi i toni del rosso, cominciava a sparire dietro l'oceano, particolarmente calmo.
Guardai Austin, di nascosto, e notai come osservava ogni singolo angolo di quel pezzo di mondo, che da quel giorno sarebbe stato anche un po' nostro.
Sulla spiaggia non c'era quasi nessuno, tranne qualche surfista e una famiglia che stava ormai andando via.
Passeggiammo per un po', fino a trovare un posto perfetto per stare ad ammirare il tramonto.
Ci sedemmo, lasciando poco più in là le nostre scarpe, ed io appoggiai la testa sulla spalla di Austin, mentre il sole all'orizzonte si faceva sempre più piccolo. Illuminati da quegli ultimi raggi di sole, restammo in silenzio per qualche minuto, avvolti dal dolce rumore delle onde che si infrangevano debolmente contro qualche scoglio.

- Sai, penso che il mio desiderio si sia avverato. - dissi, immersa nei miei pensieri.

Austin mi guardò confuso.

- Quel desiderio che ho espresso quando siamo andati al cinema, lanciando la monetina nella fontana. Ricordi? - spiegai.

Lui annuì.

- Ho affrontato le mie paure. Sono felice. - pensai ad alta voce - E sono qui con te. -

- Avevi chiesto questo? - chiese.

- Sì, beh l'ultima parte no, perché ero convinta di non provare più nulla per te, ma penso che faccia parte del mio “essere felice”. - continuai.

- Fa parte anche del mio “essere felice”, allora. - aggiunse sorridendo - Ma penso che tutto questo non sia merito della monetina o della fortuna : io ti ho sempre amato. E mi piace pensare che, in qualche modo, ci siamo appartenuti sin dall'inizio, anche da amici. -

- Concordo pienamente. - dissi.

Lui si voltò verso di me e mi baciò, dolcemente. E fu come se il tempo si fermasse, come se fossimo in una fotografia. E in quell'infinita pausa, in cui le sue labbra erano sulle mie e le mie braccia erano attorno al suo collo, mi resi conto che non avevo neanche bisogno di respirare.
Lui era come l'aria per me. Era vitale.
Perderlo sarebbe stato come vivere in un mondo senz'aria.
E senz'aria io non posso respirare, non posso vivere.
In qualche modo, il mio cuore mi diceva che per lui era la stessa cosa.
Le sue labbra si allontanarono leggermente e il tempo riprese a scorrere. I suoi occhi erano fissi nei miei e non avevamo bisogno d'altro. Lui sapeva tutto di me. Io sapevo tutto di lui. E quello che ci legava era unico.
Riposai la testa sulla sua spalla.
Il sole era quasi completamente scomparso, ma c'era ancora luce e l'aria era calda. Le onde non arrivavano a toccarci, ma sarebbe bastato allungare una gamba per toccare l'acqua fresca.

- Io non so quello che succederà. - disse Austin stringendomi la mano - Non posso sapere quello che ci riserva il futuro... Ma vorrei che tutto questo durasse per sempre : io, te e il nostro amore. -

Presi una manciata di sabbia, pensando, e la lasciai cadere piano piano, con il vento che la portava lontano. Gli avrei voluto dire un sacco di cose, ma a volte la mente ha bisogno di più tempo per capire quello che il cuore già sa.

- Neanche io so cosa succederà. - affermai - Ma ora non mi importa. -

Il suo sguardo incontrò di nuovo il mio.

- Non importa. Io sono con te adesso ed è questo quello che conta. - ripetei - Noi siamo come granelli di sabbia. Il vento forse ci porterà lontano, forse ci allontanerà. O forse no. Ma ho come la certezza che, in qualche modo, noi ci ritroveremo sempre, nonostante tutto. -

- Lo sai che ti amo? - sussurrò lui, guardandomi dolcemente.

- Ed io amo te. - risposi sorridendo.

Il cielo cominciò a farsi più buio, dato che il sole era ormai tramontato, e piano piano tutti i colori che prima lo rendevano una tela variopinta si confusero con il blu della notte.
Una dopo l'altra apparirono anche le stelle, e poi la luna.
E in quella sera perfetta d'estate, capii che è vero che a volte i desideri non si avverano, che è vero che non tutti hanno un lieto fine e che è vero che i “per sempre” non sono per tutti.
Ma noi eravamo un'eccezione.
Un'eccezione che capita una volta nella vita, quando meno te l'aspetti.
Un'eccezione che magari capita mentre lavori nel negozio di strumenti di tuo padre, quando incontri un ragazzo biondo dagli occhi color cioccolato che suona la batteria con dei corndog invece che con delle bacchette, ripreso con la videocamera da un suo amico, completamente ignaro del cartello “Please do not play the drums”.
Una di quelle eccezioni che ti cambiano la vita, per sempre.

 

Angolo Autrice

Lo so, sono in super ritardo, ma eccomi qui con il ventesimo capitolo della storia, l'ultimo *sigh*.
Spero davvero che vi piaccia, perché ci tengo che sia speciale.
La canzone nel capitolo è Parachute e i vestiti sono gli stessi dell'ultimo episodio della terza stagione di A&A.
Il titolo di tutta la fan fiction è preso dalla canzone No Air, ma non so dirvi chi la canta, perché io l'ho ascoltata su Glee e me ne sono innamorata.
Voglio ringraziare tutti coloro che hanno messo la storia tra le seguite, le preferite o le ricordate, e tutti quelli che hanno recensito o anche solo letto i capitoli.
Insomma questa è la mia prima storia e non mi sarei mai aspettata che potesse farmi conoscere così tante persone. Non avrei mai pensato, soprattutto, di riuscire a finirla, ma se ce l'ho fatta è anche grazie al vostro sostegno.
Senza di voi non sarebbe mai stata la stessa cosa. Grazie mille!
Vi voglio bene!
Baciii
 

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