CAPITOLO 4
Moira richiuse la porta della sua
stanza e sospirò.
“Ti impicci sempre di fatti che
non sono tuoi, per poco Howl non ci scopriva.” si arrabbiò
Sam svolazzando da una parte all'altra della stanza.
“Oh...ma smettila.” sbuffò
Moira avanzando a tentoni verso la lampada
La melodia del carillon arrivò
all'improvviso all'orecchio della ragazza dal cassetto del comodino.
“Moira...Moira stavolta c'è
qualcosa che non va...” balbettò la lucina schizzando
vicino alla ragazza.
Il cassetto con all'interno il carillon
cominciò a vibrare.
Moira bisbigliò qualcosa e
quello si aprì mostrando il carillon che si illuminava a
intermittenza e sembrava impazzito.
La ragazza cercò alla cieca il
pulsante per accendere la luce, ma inciampò urtando la lampada
che si infranse a terra.
L'orgoglio le impedì di andare a
chiamare il fratello, e si avvicinò con il cuore in gola
all'oggetto.
A occhio e croce vi doveva essere
nascosta una maledizione: ma quale? Ed era pericolosa? Perché
non se ne era mai accorta?
Disegnò un cerchio nell'aria
attorno al carillon e quello smise di vibrare.
Per prima cosa sentì una voce:
era quasi un bisbiglio, calmo, ma che trapelava disperazione in ogni
sillaba, come se fossero le ultime parole recitate a memoria di un
condannato a morte.
Tutti i muscoli della ragazza si
irrigidirono mentre cercava di capire quel ronzio indistinto.
“Moira, portami a Tipperly,
Tipperly hai capito? Al palazzo reale, sì a palazzo. Per
favore. Tipperly. Al palazzo. Chiedi di mr. Benevito. Rivolgiti a
lui.”
Dopodiché apparve una ragazza,
forse un po' più grande di lei, una sorta di ologramma
trasparente.
Era magra, alta, con i capelli rossi
raccolti in una treccia e due occhi castani spalancati nel buio,
mentre con un sorriso stentato faceva un cenno di saluto a Moira.
“Chi sei?” chiese Moira con
un filo di voce.
L'immagine scomparve all'improvviso per
riapparire un po' più opaca: “Aiutami, ti prego.”
le labbra della ragazza fantasma si mossero ancora senza emettere
altri suoni.
“Non sento...” cercò
di dire Moira.
La figura le sorrise di nuovo esitante
prima di scomparire del tutto.
“E' sparita.” bisbigliò
Moira intontita.
“A noi non piace questa cosa.”
disse istericamente Sam.
“E'...è nel carillon...”
“Ti avevamo detto di buttarlo
via!”
“Non so se hai capito bene Sam:
lei è nel carillon...La ballerina Sam! Guardala bene...è
lei...”
“Gettalo via
Moira...liberiamocene.”
“Non possiamo!” Moira aprì
il carillon e guardò meglio la ballerina che aveva cominciato
a girare sulle note della melodia “E' diversa dalla prima volta
che l'ho vista...è...è cresciuta.”
La ragazza inorridì delle sue
stesse parole e chiuse di scatto il carillon nel cassetto cercando di
scacciare il senso di nausea.
Sam non trovò niente da dire.
“Ci penseremo domattina, ok?”
Moira accese la lampada che non si era rotta e si raggomitolò
sotto le coperte.
“Credi forse che grazie a qualche
coperta e una luce i mostri non
ti attacchino? Sei una fifona, sai?” la rimproverò la
lucina.
“Lo so.”
mugugnò la voce di Moira da sotto le lenzuola “ma non
posso farci niente e comunque non credo che riuscirò a dormire
neanche così.”
Sam sbuffò:
ma con tutte le persone che potevano stringere un patto con loro,
doveva proprio toccargli un'adolescente occhialuta, imbranata e
codarda?
* * *
Moira aprì
gli occhi facendosi schermo con la mano dalla luce che entrava dalla
finestra.
Erano appena le
sei: aveva dimenticato di chiudere le tende.
Mise
la testa sotto il cuscino sbuffando, ma le cadde l'occhio sul
comodino e di colpo le venne in mente la scorsa sera; lo stomaco le
si contorse talmente che capì di non potersi di certo
riaddormentare.
Aveva un terribile
mal di testa ed era stanca come se non avesse dormito.
Si sedette sul
letto e appoggiò i piedi a terra per alzarsi, ma non appena fu
in piedi le gambe cominciarono a tremarle.
Si risedette
sospirando.
Dopo poco si rialzò
e reggendosi prima alla testiera del letto, poi al muro, raggiunse il
suo zaino.
Prese due o tre
pastiglie da diversi flaconi e si diresse in bagno dove le mandò
giù bevendo dal rubinetto.
Si guardò
allo specchio: era troppo pallida.
Sam uscì
dalla collana e la squadrò facendo una smorfia: “Ahia.
Non mi piace.”
Moira alzò
le spalle: “Passerà.”
“Moira...”
tentò di dire la lucina, ma la ragazza era già tornata
in camera e stava frugando nell'armadio in cerca di un vestito da
mettere.
Ne gettò uno
azzurro sul letto, dopodiché aprì un cassetto e tirò
fuori la trousse dei trucchi.
“Non puoi
continuare a comportarti come se niente fosse e...inghiottire
pillole!”
“Va benissimo
così Sam.”
“Non passerà
mai Moira!”
“Passerà.”
“Noi sappiamo
cosa devi fare.” continuò la lucina “devi
liberarti di noi.”
“Ne abbiamo
già parlato e va bene così.” ripeté la
ragazza mettendosi la matita.
“Ma non
capisci che ti stiamo uccidendo?!” ora Sam fremeva di rabbia:
avrebbero potuto cercare una soluzione e invece quella ragazza si
rifiutava di guardare in faccia alla realtà.
Moira di scatto
gettò a terra il mascara e si lasciò scivolare a sua
volta sul pavimento: “Lo so, ok? Lo so! Ma non posso fare come
dici tu Sam! Ho bisogno di te...e tu non puoi morire. Non è
semplice, ecco tutto.” si asciugò le lacrime e constatò:
“Ora dovrò truccarmi da capo.”
Si rialzò e
sospirò: “Non parliamone più. Ora dobbiamo
pensare a cosa fare con quel carillon e informarci su come
raggiungere Tipperly.”
“Vuoi
veramente fare come ti ha chiesto??”
“Ho altra
scelta?” Moira alzò un sopracciglio “dovrò
inventare una scusa per spiegare ad Howl come mai voglio andare in
quella città e farmi aiutare.”
“Ma scusa,
non potresti rivelargli semplicemente il vero motivo?”
“E ammettere
che non mi sono mai accorta in tutti questi anni che quel carillon
aveva una tale maledizione? Mai.”
Sam alzò gli
occhi cielo.
* * *
“A Tipperly?
E cosa ci andresti a fare a Tipperly?”
“A trovare
un'amica che avevo a scuola. Non ci vediamo da tantissimo tempo.”
“Signor Howl,
voi fate colazione?”
“No, Markl.
Devo uscire, cominciate pure senza di me.”
“Mi apriresti
un varco per la città?” insisté Moira.
“Eh?”
“Sì,
insomma...sarebbe comodo.”
“Ma non sei
neanche capace di creare un varco?”
“Hai molto
tatto, te l' ho mai detto?”
“Calcifer,
sposta il castello più a nord mentre sono via.”
“Allora
potresti?” richiese la ragazza.
“Vedremo. Tu
intanto studia.” voltandosi sorrise a Sophie, si diresse verso
la porta e uscì.
Calcifer sbuffò:
“Sposta il castello a nord! Fai arrivare acqua calda in bagno!
Mai prenditi una vacanza...Noi siamo stanchi...” e dopo
un po' borbottò vedendo le facce entrambe preoccupate di Moira
e Sophie “a quanto pare non siamo gli unici a volerci
lamentare.”
* * *
Moira alzò
di scatto la testa dal libro su cui si era addormentata.
La stanza era
scomparsa: si guardò attorno senza fiato.
Delle mattonelle
bianche con disegni che formavano immagini floreali coprivano il
pavimento di una sala circolare con i mobili di legno intarsiati e
delle finestre giganti.
Si alzò
dalla sedia e i suoi passi rimbombarono nella luce soffusa che
filtrava dalle tende.
Si girò
indietro, ma la sedia e il tavolino erano scomparsi.
Deglutì a
stento: c'erano solo lei e quell'enorme salone.
Ad un tratto le
sembrò di sentire qualcosa in sottofondo: era la melodia del
carillon.
Si girò di
nuovo: era apparso un pianoforte vicino ad una finestra e c'era una
ragazzina che muoveva le dita sulla tastiera con un sorriso
soddisfatto.
La ragazzina smise
improvvisamente di suonare e la guardò.
Il suo volto mutò
in quello di una ragazza più grande, la stessa che era apparsa
la sera prima, ma ora non cercava più di sorriderle.
I suoi occhi
castani riflettevano la luce della sala e presero una tonalità
dorata mentre la fissavano muti.
La scena
improvvisamente cambiò: ora erano in un prato circondato da
alberi squadrati.
Il profumo dei
fiori si mescolava a quello della pioggia che minacciava di cadere da
un momento all'altro.
Sobbalzò
vedendo la ragazza del carillon accanto a lei.
Quella le indicò
un punto del giardino dove Moira notò due bambini che prima le
erano sfuggiti.
Stavano giocando a
rincorrersi tra i cespugli e i giardinieri.
Ci fu un tuono e
cadde qualche goccia.
La bambina, che
Moira interpretò come la stessa che era al pianoforte, sbatté
contro un altro bambino che trascinava un sacco di foglie e cadde
sull'erba macchiandosi il vestito.
Due lacrime le
rigarono le guance perché si era sbucciata le mani e, dopo
aver fatto una linguaccia al bambino che era diventato tutto rosso,
tornò di corsa dall'altro suo amico.
La ragazza del
carillon accanto a Moira si lasciò scappare un mezzo sorriso a
quella scena.
Una nuova figura
spuntò dal palazzo che dava sul giardino: era un uomo anziano
dagli abiti eleganti che accolse tra le braccia la bambina.
Estrasse da una
tasca un piccolo oggetto rotondo che Moira riconobbe subito come il
carillon.
La bambina lo prese
e batté le mani contenta dopo avergli dato un bacio sul naso.
Cominciò
improvvisamente a piovere e le persone nel prato corsero a ripararsi.
La ragazza accanto
a Moira la prese per mano e, mentre le gocce di pioggia che cadevano
sulle lenti degli occhiali le offuscavano la vista, la condusse di
corsa fino al cancello di ferro che stava all'entrata.
La pioggia sembrava
lavare via le immagini che si facevano mano a mano sempre più
sfocate.
La ragazza dagli
occhi d'oro le aprì il cancello e la spinse fuori.
* * *
Moira si svegliò
di colpo con la testa sul libro e il cuore che batteva più
forte del dovuto.
Doveva aver
sognato, si disse.
Si passò una
mano tra i capelli e le mancò il fiato: erano bagnati.
Ma come poteva
essere stato tutto vero?
Ciao a tutti! Grazie per essere
arrivati a leggere fin qui. Spero di non avervi annoiato e che Moira
non vi risulti troppo antipatica ( anche se purtroppo ogni tanto non
è tanto simpatica neanche a me).
Vi prometto che andando avanti con
la storia i capitoli cominceranno ad avere più senso o almeno
spero.
Mi piacerebbe molto sapere cosa ne
pensate e se avete qualche critica o suggerimento per migliorare la
storia.
Baci,
Emily
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