Ciò che rimane

di emily12_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1


Leggera atterrò con un piede sulla ringhiera del balconcino, poi saltò giù e si diresse verso la finestra.

L'aria fresca della sera si infilò sotto il cappuccio e una ciocca scura le finì davanti agli occhi.

La soffiò via e alzati l'indice e il medio della mano gli fece fare un mezzo giro sussurrando qualcosa con le labbra che le tremavano leggermente.

Le ante si aprirono silenziose e il tepore della casa (se quel castello che camminava si poteva così chiamare) le appannò le lenti degli occhiali.

Chiuse la finestra dietro di sé e si appoggiò al muro aspettando che il cuore tornasse a batterle normalmente.

Provenivano delle voci dalle scale e il piano di sotto era illuminato.

Forse Calcifer le avrebbe aperto se avesse bussato, si sentiva una ladra ad entrare dalla finestra.

Una luce chiara apparve accanto alla spalla della ragazza : “Allora scendiamo?” chiese.

No, andiamo via.”

Sei solo una fifona, muoviti o avremo fatto questo viaggio per niente.”

Lei fece un sorriso stentato alla lucina che si nascose di nuovo sotto al mantello, dopodiché fece qualche passo, si appoggiò alla ringhiera delle scale e guardò giù.


* * *


Markl batté le mani per l'idea che aveva avuto Sophie: non ricordava l'ultima volta che aveva fatto un pic-nic.

Le rughe sulla fronte di lei si distesero vedendo quanto era riuscita a far contento il bambino.

Sophie mise una pentola sul fuoco dopo qualche sbuffò da parte di Calcifer, e passò a Markl i piatti da mettere sul tavolo.

Dove aveva messo lo scialle? Faceva un po' freddino in effetti la sera...

Markl, sai dov'è..” si voltò verso il bambino, ma le parole le morirono in bocca quando vide una ragazza che li guardava con gli occhi sgranati dalle scale.

Quella, non appena si accorse di essere stata vista, cercò d assumere un'espressione più sicura di sé, ma con scarso successo.

Salve, scusate per l'intrusione...voi chi sareste?”

Io...io sono Sophie...ma...”

Cercavo Howl.”

Ora...ora non c'è...” disse il bambino.

La ragazza lo guardò con un misto di affetto e si tolse il cappuccio del mantello : “Ciao Markl.”

Il bambino la guardò come se fosse un fantasma.

Ciao Moira.” intervenne Calcifer incredulo.

Per un po' calò un silenzio imbarazzante.

Noi siamo molto felici di rivederti.” continuò il demone.

Anch'io.” disse lei.

Ma...non so se potremo dire lo stesso di Howl...ti ha chiesto lui di venire?”

No, non mi aspetta.”

Auguri.”

Grazie, credo che ne avrò bisogno.” rimase un attimo in silenzio come immersa tra i suoi pensieri, poi aggiunse “Mi dispiace, non volevo assolutamente disturbare...passerò un'altra volta.”

Non disturbi.” disse in fretta Markl.

La ragazza scese le scale a abbracciò il bambino commossa “Mi sei mancato tanto.”

Anche tu mi sei mancata.” le rispose felice lui.

Sophie balbettò qualcosa che nessuno capì, ma alla fine concluse: “Aggiungiamo un altro piatto.”

Non ce n'è bisogno...” la ragazza arrossì guardando l'anziana donna con il vestito azzurro dirigersi verso la credenza “davvero non voglio darvi fastidio.”

Nessun disturbo.” ripeté Sophie più che decisa ad essere gentile.

La ragazza annuì sorridendole riconoscente e lasciando cadere il mantello sul divano.

Ah Moira! ” la chiamò Calcifer facendole una smorfia.

Sì?”

Buona l'idea di entrare a quel modo dalla finestra del secondo piano. Non ci eravamo quasi accorti del tuo arrivo.”

La ragazza rise di risposta.

Sophie la guardò incuriosita: aveva un vestito verde chiaro con le maniche a tre quarti, degli orecchini pendenti, e una catenella al collo con una goccia che ogni tanto brillava.

Le due cose che più la colpirono però furono gli occhi azzurri e il sorriso imperturbabile così simili a quelli di Howl.

Sospirò e si sedette a sua volta a tavola, senza capire come facesse quella ragazza a parlare tanto e mangiare contemporaneamente.


* * *


Quando ormai nel castello non si sentiva più nulla se non lo scoppiettio del fuoco, Sophie scostò le tende del suo letto nel sottoscala: “Calcifer!” bisbigliò.

Sì?”

Perché Howl non dovrebbe essere felice di vederla? E' sua sorella dopotutto.”

Avevano litigato. E non era stato affatto un bel litigio.”

Sophie si mise più comoda per ascoltarlo.

Era Natale e Howl le aveva proposto di passare con noi al castello le vacanze. Non ricordo per quale motivo i genitori sarebbero stati assenti in quel periodo.” Calcifer storse la bocca pensando a come continuare “all'inizio tutto era filato liscio, poi un giorno li ho visti rientrare discutendo sul fatto che Howl avesse una nuova ragazza dall'ultima volta che si erano visti. Quello stesso giorno lei gli ha fatto qualche commento di troppo sui suoi vestiti e sui soldi che usava comprandoli. Lui aveva ribattuto dicendo che lei era più seria di una nonnina e che non sapeva proprio nulla della vita.” il fuoco sospirò “hai capito pressapoco no? Andarono avanti così per qualche giorno, ed entrambi volevano assolutamente avere l'ultima parola. Il caso volle che Moira continuasse a volermi parlare e a cercare informazioni sui demoni in qualsiasi libro e che questo desse molto fastidio ad Howl.

Quando lui trovò dei fogli della sorella con degli appunti su incantesimi di magia nera e a proposito di patti con nostri simili, scoppiò un putiferio.

In breve lei se ne andò sotto la pioggia e passò il resto delle vacanze dagli zii. Non si sono più visti da allora.

Ma non chiedermi di più, perché non so bene come è andata nei particolari.”

Sophie sospirò: non sarebbe mai riuscita a capire Howl, ma poi pensò che del resto a lui non sarebbe mai importato che lei lo capisse o meno.

Buonanotte Calcifer.”

Buonanotte Sophie.”


* * *


Moira si rigirò sotto le coperte.

Si era sistemata su un materassino nella cameretta di Markl che le aveva prontamente assicurato che a lui non dava alcun fastidio e che nei prossimi giorni avrebbero pensato ad una sistemazione migliore.

La ragazza però dubitava che ci sarebbero stati dei prossimi giorni dopo aver incontrato Howl e quasi le venne voglia di sgattaiolare via com'era arrivata.

Ma non poteva: se voleva scusarsi con lui e cercare di rimediare sarebbe dovuta rimanere ed incontrarlo.

Sospirò e si tirò il lenzuolo fin sopra le orecchie: il buio e le ombre in quella camera non le piacevano.

C'era però da dire che le ombre di qualsiasi posto non le piacevano e che non avrebbe certo potuto costringere Markl a dormire con la luce accesa.

Sospirò di nuovo: aveva sedici anni e avrebbe dovuto decidersi a crescere prima o poi.

La collanina che aveva al collo si illuminò e dal ciondolo uscì la stessa lucina di quando era entrata.

Ehi Moira.” sussurrò.

Sam ma cosa fai? Ti ho già spiegato che non devi farti vedere, e se Markl si sveglia?”

Dorme troppo bene.” ribatté quella “non mi chiamerai mai con il mio vero nome eh?”

Moira ridacchiò: “No, è troppo complicato, mentre Sam mi piace.”

Ora fu il turno della lucina sospirare.

Moira ricordava come fosse ieri il giorno che l'aveva vista cadere morente tra l'erba e l'aveva raccolta.

Quella lucina l'aveva guardata così implorante con quegli strani occhietti rotondi.

Forse era stato per ripicca verso il fratello o per tutti i torti che le erano stati fatti oppure solo per paura che quella stella morisse che aveva stretto un patto con lei.

Più probabilmente non aveva pensato affatto.

Eppure era felice di avere accanto a lei quel piccolo demone dell'aria che non la lasciava mai sola.

Nessuno aveva scoperto il suo segreto fino ad allora e nessuno lo avrebbe mai fatto.


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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2


Moira sbatté gli occhi due o tre volte: la luce filtrava dalle finestre e il letto di Makl era vuoto.

Come al solito aveva dormito troppo e avevano pensato di non svegliarla.

Si sedette e sbadigliando si sfilò un braccialetto di perline, ne prese una tra le dita, borbottò qualcosa e dal nulla spuntò una valigia che andò ad incastrarsi a metà tra il tavolo e il letto.

Dopo aver scelto un vestito azzurro, abbinò un paio di orecchini e si mise un po' di matita: non poteva certo affrontare Howl vestita come se niente fosse.

Scese di sotto saltando due a due i gradini e atterrò di fronte ad una Sophie intenta a spazzare il pavimento agguerrita.

Moira alzò un sopracciglio senza capire: a lei sembrava già pulito.

“Ti posso aiutare?”

L'anziana la guardò perplessa: “Non fai colazione?”

“No, non ho fame.”

Sophie la squadrò di nuovo da capo a piedi: “Ok, là c'è il secchio con lo straccio. Potresti passare il pavimento del corridoio di sopra?”

“Ok.” disse la ragazza con entusiasmo, trattenendo un sospiro: aveva sempre odiato fare le pulizie, ma ci teneva a fare buona impressione.

Non appena Moira sparì oltre le scale, Sophie scosse la testa: era come vedere la versione femminile di Howl ed inoltre dubitava che fosse in grado di pulire decentemente qualcosa.

Moira si tolse i braccialetti che portava al polso sinistro e li appoggiò su un tavolino nell'angolo.

Sbuffò: lo straccio era ruvido e il legno era freddo e duro sotto le ginocchia.

Dopo dieci minuti mugugnò e si sdraiò per terra di schiena cominciando a fischiettare.

“Ehi Sam?”

Il piccolo demone dell'aria uscì dal pendaglio della collana: “Sì?”

“Sono stanca.”

Il demone scoppiò a ridere: “Sei proprio una buona a nulla. Ma perché le hai chiesto se potevi aiutarla allora?”

“Uffa...quante domande fai!”

“Ma se mi hai chiamata tu...” le fece notare Sam ridacchiando.

Moira proprio non capiva come potesse quel demone ridere per tutto.

La ragazza si alzò in piedi, si rassettò in fretta la gonna e cominciò a guardarsi attorno: le era sempre piaciuto ficcare il naso dove non avrebbe dovuto.


* * *


Ricordava quando doveva rimanere nella scuola praticamente deserta i fine settimana perché i genitori erano come al solito in viaggio e lei ne approfittava per esplorare ogni angolo.

Si sentiva un agente segreto: aspettava che nel corridoio non si sentisse alcun rumore e poi sgattaiolava fuori con il cuore che batteva per la paura di trovare qualche fantasma e si avventurava dietro tutte le porte.

Una sera aveva trovato in fondo ad un corridoio dell'ala ovest, dove si trovavano gli uffici degli insegnanti, una porticina di legno rovinato con delle ragnatele alla maniglia.

Aveva cercato di aprirla senza successo, ma non si era certo arresa.

Aveva passato tutto il giorno seguente sui libri della biblioteca in cerca di qualche incantesimo starnutendo per la polvere e trattenendo gli sbadigli.

Quando era tornata la sera seguente, la porta si era aperta cigolando e lei ci era scivolata dentro, imponendosi di restare calma.

I gradini di legno scuro scricchiolavano sotto i suoi piedi, e i muri scrostati davano all'ambiente un'aria alquanto inquietante.

Arrivata in cima alla scala a chiocciola si fermò per riprendere fiato e si guardò attorno incuriosita: c'era ogni sorta di oggetti e montagne di libri accatastati alla rinfusa e la luce che filtrava dalle imposte si rifletteva sulle ragnatele che scendevano dai ninnoli appesi a soffitto.

Sollevandosi la gonna con le mani scavalcò vari bauli, poi salì in piedi su una sedia e cercò di aprire la finestra.

Fece troppa forza con le dita e quando le ante si aprirono cadde a gambe all'aria nella polvere.

“Accidenti...” sbuffò.

Si rialzò e rimase a bocca aperta vedendo i giochi di luce creati dai pendagli e ninnoli che pendevano da ogni parte.

Si inginocchiò per leggere i titoli di alcuni libri: “L'altra faccia della magia” , “Effetti secondari degli incantesimi”, “La magia che non ha un nome”.

Corrugò la fronte davanti a quei titoli assurdi, ma ne prese in mano uno soffiando via la povere dalla copertina e decisa a leggerlo con calma in camera.

Una lenta melodia le arrivò all'orecchio: sobbalzò per lo spavento e si guardò velocemente intorno.

Non c'era nessuno, eppure la musichetta continuava e il cuore di Moira prese a battere sempre più forte.

Stava per scappare di sotto quando notò un carillon sul tavolo vicino alle scale.

Si avvicinò e lo rigirò tra le mani: una ballerina in tutù rosa si muoveva circolarmente agli ordini degli ingranaggi arruginiti.

Era rotondo, piccolo, beige, con il coperchio verde scuro e i bordi dorati; la ballerina danzava sullo sfondo azzurro stellato del coperchio.

Piano, piano le note si spensero e la ballerina si richiuse all'interno dell'oggetto portandosi con se il coperchio che si chiuse con un clack.

Doveva essersi azionato da solo a causa degli ingranaggi usurati o per qualcosa di simile.

Lo portò nella sua camera assieme al libro.

Rimase sveglia buona parte della notte a leggere, perché non capitava tutti i giorni di leggere libri come quello: era pieno di formule, incantesimi e teorie riguardo alla cosiddetta magia nera che veniva però considerata semplicemente come magia particolare che richiedeva un po' più di studio delle altre.

Così nacque nella mente di Moira l'idea che la magia fosse una sola e decise che avrebbe studiato quei libri della soffitta: era una sfida con se stessa e non aveva alcuna intenzione di scoraggiarsi.

Sorrise al carillon e girò la rotellina sul bordo per azionare gli ingranaggi: la ballerina sbucò fuori dal coperchio e a Moira sembrò le sorridesse a sua volta.


* * *

Moira lasciò di nuovo cadere lo straccio nel secchio: aveva quasi finito ormai, ma l'aveva trovata una delle cose più noiose che avesse mai fatto.

Fuori dalla finestra il cielo era attraversato a tratti da qualche nuvola, ma a parte quello era così limpido che riempiva il cuore guardarlo.

Appoggiò i gomiti sul davanzale e sospirò guardando i prati che correvano sotto di loro.

Poi si rabbuiò di colpo e si ritrovò a recitare sottovoce: “Oh tu, colui che catturò una stella cadente, oh uomo senz'anima, il tuo cuore è una mia proprietà.”

Quante volte si era ripetuta quella frase? Anche troppe da quando l'aveva sentita borbottare da Howl quella sera a Natale; in effetti quella frase era diventata anche sua ormai.

Rabbrividì per un attimo, poi tornò al pavimento del corridoio: ci stava mettendo una vita a pulirlo.


* * *


“Ehi Calcifer!”

“Mmm” borbottò il demone.

“Da quando in qua ti fai bistrattare?” gli fece l'occhiolino Moira.

“Non ho nessuna intenzione di ridere delle tue battute che non fanno affatto ridere.” rispose il fuoco offeso.

“Ok, ok.” la ragazza si guardò un po' intorno “Sai quando torna Howl?”

“Capita che stia via un po' di giorni, ma non c'è da preoccuparsi.”

La ragazza sbuffò in risposta: quando erano a casa il fratello era sempre riuscito a fare quello che voleva, mentre lei veniva tutte le volte sorpresa in flagrante.

Non era molto svelta in niente in effetti: sia a scuola che in tutti gli altri ambiti lui l'aveva sempre superata.

Di conseguenza le sembrava ovvio che lì al castello per tutti fosse normale che suo fratello andasse avanti e indietro come gli pareva: perché Howl è Howl e il caso è chiuso.

Tornò di sopra pensando di leggere un po'.

Aveva sempre troppi libri da leggere, troppe cose da imparare e neanche un po' di tempo o di memoria.

Si sedette alla scrivania di Markl e si fece spazio tra le cose del bambino mentre con l'altra mano frugava nello zaino in cerca dell'ultimo libro che aveva cominciato a leggere.

Trovato! Cominciò a sfogliarlo fino al segno, ma fu subito interrotta da una musichetta proveniente dalle cianfrusaglie nella valigia.

“Quante volte ti ho detto di liberarti di quel coso??” Sam era saltata fuori dal ciondolo della collana e svolazzava ovunque arrabbiatissima.

“E' solo un carillon con gli ingranaggi incastrati...” rispose Moira andandolo a prendere per farlo smettere.

“E che parte da solo? Andiamo Moira...non è normale...”

“Uff...ce l'ho da tanti anni Sam: mi ci sono affezionata e non ho alcuna intenzione di buttarlo via. Inoltre non ha mai fatto niente di strano a parte azionarsi da solo.”

“Magari se lo fai vedere a tuo fratello lui ti sa dire cos'è.”

“Ti ho già detto che non ce n'è bisogno.” rispose Moira seccata, perché in realtà sapeva bene che la lucina aveva ragione.

“Allora quando prenderà vita di notte e ti ucciderà senza che tu possa fare nulla, ricordati chre ti avevo avvertito.”

“Ok ok.” Moira scoppiò a ridere e ripose il carillon al suo posto.


* * *

Sophie cuciva seduta al tavolo: stava per un po' concentrata sul suo lavoro, ma appena sentiva qualche rumore o Calcifer scoppiettava improvvisamente alzava lo sguardo dalla camicia, sospirava e dava un'occhiata alla porta d'ingresso.

Si scostava qualche ciocca di capelli che le era sfuggita davanti agli occhi e riprendeva a cucire, scuotendo la testa di tanto in tanto o picchiettando un piede sotto il tavolo.

Infine guardava l'orologio e sospirava tristemente di nuovo.




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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3


Markl irruppe nella camera: “Moira! Siamo arrivati al lago!! Scendi dai!!!”

“Arrivo, arrivo!” rise lei.

Richiuse il libro e corse dietro al bambino.

“Aspetta Markl, non trovi che sia molto meglio scendere cosi?” la ragazza si sedette sulla ringhiera della scala e scivolò giù, cadendo goffamente mentre cercava di saltare a terra all'ultimo gradino.

“Forse devo perfezionare la tecnica.” borbottò.

Markl rise e la imitò con maggior successo.

“Prima o poi ti insegno il trucco.” le disse saltando a terra.

“Non vedo l'ora.” lo prese scherzosamente in giro Moira.

Markl le porse un pesante cestino con del cibo, poi aprì un cassetto, estrasse una tovaglia a quadri e aprì la porta facendole segno di seguirlo.

“Wow...” bisbiglio la ragazza, mentre le appariva un sorriso spontaneo sul viso vedendo il posto dove erano arrivati.

Corse fino da Sophie che stava sistemando la tovaglia sull'erba e le porse il cestino, poi prese un elastico e si legò i capelli scompigliati dal vento.

“Che bellezza!” disse di nuovo Markl lasciandosi cadere sull'erba.

Sophie annuì sorridendo e Moira non poté fare a meno di notare che sembrava molto più giovane di prima: le rughe erano quasi sparite e la schiena non sembrava più tanto curva.

Fece per chiederle il motivo, ma poi richiuse la bocca pensando che ognuno aveva i suoi segreti e che non era il caso di impicciarsi nei fatti degli altri.

Era da un po' che aveva adottato quella filosofia e non se ne era ancora pentita.

“Sì?” le chiese Sophie.

“Nulla.” scosse la testa Moira addentando il suo panino.

“Quello deve essere un falco Markl!” esclamò dopo un po' Sophie.

“Dove?”

“Laggiù!” la donna si alzò in piedi indicando un punto tra le montagne.

“Lo vedo anch'io ora!”

Moira strabuzzò gli occhi; doveva avere visto giusto, ma faticava a crederci: Sophie per un attimo non era sembrata altro che una ragazza appena più grande di lei.

Markl stava guardando il falco e non se ne era neanche accorto.

La ragazza scosse la testa sospirando.

Finito il suo panino si alzò scrollandosi le briciole dalla gonna e si avvicinò all'acqua: si riuscivano a vedere tutti i sassi sul fondo, e le nuvole si disegnavano sulla superficie tra i riflessi del sole.

C'erano tre o quattro scogli che si susseguivano fino ad un certo punto del lago come ad invitarti ad entrare.

Moira saltò sul primo aprendo e sbattendo le braccia cercando di non cadere; ritrovato l'equilibrio saltò sul secondo.

“Attenta! Ma cosa fai lì?” le gridò Markl, mentre Sophie la stava guardando con le sopracciglia aggrottate facendosi schermo con una mano dalla luce.

“La disgraziata che tra un po' farà un tuffo!” rispose Moira saltando sul sasso dopo.

“Almeno lo sai!” le gridò di rimando Sophie.

La ragazza trattenne una risata mentre cercava di trovare un giusto modo per posizionare i piedi.

Ad un tratto le sembrò di vedere qualcosa di strano nell'acqua: era un'ombra scura che si avvicinava verso l'alto.

Trattenne il fiato e si girò indietro per tornare a riva, ma prima che potesse girarsi la cosa le aveva afferrato uno stivaletto.

Diede uno strattone al piede per liberarsi, ma si sbilanciò e i piedi scivolarono dal sasso bagnato.

Sprofondò nell'acqua gelida.

Si dimenò cercando di tornare a galla, ma i vestiti erano pesanti e non aveva aria nei polmoni, aveva la mente completamente svuotata, non riusciva a pensare ad alcun incantesimo.

La collana con Sam all'interno si illuminò e schizzò verso l'alto rischiando di strozzarla.

Ad un tratto qualcosa la spinse verso l'alto, così che Moira riuscì ad afferrare la pietra e tirarsi su.

Respirò a pieni polmoni e si girò per vedere cosa fosse che l'aveva afferrata: era un viso rugoso con pochi capelli bianchi che la fissava severamente con due occhi scuri sporgenti.

La ragazza lo fissò senza sapere cosa fare, ma questo dopo poco la faccia scomparve e, se non fosse stato per il volo in acqua, la ragazza avrebbe detto di esserselo sognato.

Si voltò a destra e sinistra, ma non vide nessuno: solo Markl e Sophie che si sbracciavano spaventati e preoccupati dalla riva.

La ragazza ricacciò indietro le lacrime di paura e saltò sugli altri sassi per tornare indietro: ci mise il doppio del tempo perché le tremavano le gambe e perché non aveva nessuna voglia di arrivare e sentire la sgridata che le sarebbe toccata.

Non appena toccò riva Markl gridò: “Ma sei normale?! Lo dovresti sapere che certe cose non si fanno!”

La ragazza aprì la bocca , ma la richiuse subito dopo incapace di ribattere: non immaginava che Markl potesse essere anche così serio e maturo.

Si strizzò la gonna e i capelli borbottando un mezzo: “Mi dispiace...”

“Ehi perché urlate così?” tutti e tre si girarono verso una quarta persona che li stava raggiungendo dalla porta del castello.

Il volto di Sophie si illuminò, il cuore di Moira si fermò e Markl esclamò: “Signor Howl siete tornato!”

“Chi è quel pulcino bagnato con voi?” rise il mago, ma come li ebbe raggiunti e ebbe visto da vicino quel pulcino la risata gli morì sulla faccia.

Moira aggrappò le mani alla gonna per farle smettere di tremare e balbettò: “Ciao Howl.”

Lui sbarrò gli occhi e si passò una mano tra i capelli.

“Ciao Moira.”

Le sembrò di avere la gola troppo secca per parlare: lui aveva ripreso la solita espressione impenetrabile e lei quella di un anatroccolo spennato.

Avrebbe perso anche questa volta e le sarebbe toccato partire di nuovo: ma per dove stavolta?

“Volevo chiederti scusa.” Balbettò alla fine.

“Mi sembra che venire a vivere in casa mia senza il mio consenso sia un’ottima tattica.”

“La tua ironia mi spiazza; come puoi ben immaginare ti stavo semplicemente aspettando.”

“Se vuoi fare un altro tuffo mentre aspetti ti posso dare una mano.”

“Grazie, ma sono già abbastanza bagnata. Se vuoi fare un tuffo te invece…”

“No, grazie.”

Moira sospirò: “Howl, mi dispiace ok?”

Stranamente al mago spuntò un sorriso: “Tranquilla sorellina, non sono certo stato il migliore dei fratelli.”

“Eh??”

“Cos’è quella faccia?” sbuffò lui ridendo.

“Tu…tu ti stai scusando a tua volta?”

“A quanto pare sì. Ora chiudi quella bocca che è meglio.”

Lei lo scrutò sospettosa.

“Sono davvero felice che tu sia venuta.” Ripeté lui arruffandole i capelli.

“Ehi!” Moira fece finta di essere offesa, ma da tanto tempo non era più stata così felice.


** *

Finì di appendere l’ultimo vestito nell’armadio e fischiettò un motivetto con un sorriso che non riusciva proprio a trattenere.

Si lasciò cadere sul letto e affondò la faccia nel cuscino mentre il profumo fresco del bucato le riempiva i polmoni.

Howl le aveva dato una stanzetta accanto a quella di Markl che prima fungeva da sgabuzzino e lei gli aveva buttato le braccia al collo senza riuscire a credere che l’avesse invitata a restare.

Accese la lampada e chiuse le tende della finestra buia.

Si rannicchiò sotto le coperte cercando di prendere sonno, ma ad ogni rumore rizzava le orecchie e sprofondava di più nelle lenzuola.

“Faino.” Mormorò ad un tratto e dal suo dito si propagò come un’onda invisibile.

Era certa che Calcifer e Howl non se ne sarebbero accorti: era magia nera e a differenza degli incantesimi insegnati a scuola era molto esperta a riguardo.

Le era sembrato di sentire un rumore più forte degli altri al piano di sotto e infatti quando l’onda tornò indietro scoprì che qualcuno era entrato.

Si alzò e appoggiandosi con una mano al muro, raggiunse a tastoni le scale.

Si sporse dalla ringhiera: un grosso uccello nero dalle fattezze umane era entrato e si era lasciato cadere su una sedia di fronte a Calcifer.

“Così non va, non va!” ripeteva il fuoco “ se continuerai così non riuscirai più a ritrasformarti!”

Moira trattenne il fiato vedendo quell’essere prendere piano piano le sembianze di Howl.

Era a conoscenza del patto del fratello con il demone, ma non aveva mai immaginato che sapesse trasformarsi in qualcosa di così simile a…

Cercò di fermare i propri pensieri, ma la parola mostro sghignazzava alla fine della frase.

Il mago si alzò con fare stanco dalla sedia e scostò la tenda del sottoscala dove dormiva Sophie.

Moira si sporse e riuscì a vedere una ragazza con i capelli castani che dormiva lì al posto della nonnetta delle pulizie.

Il suo primo pensiero fu che fosse un'altra delle tante ragazze del fratello e che Sophie fosse stata sfrattata per fare posto alla nuova venuta.

Il viso della ragazza però le ricordò quello della Sophie ringiovanita che aveva visto quel pomeriggio e capì che dovevano essere la stessa persona.

La cosa che però più la stupì fu il sorriso stanco e affettuoso che si disegnò sul viso di Howl appena prima di richiudere la tenda.

Non fece in tempo a nascondersi, perché Howl alzò gli occhi e la vide.

Lei sgranò gli occhi per lo spavento cercando di inventare una qualsiasi scusa per essere lì.

“Com'è osservare gli altri da quelle scale?” disse lui, ma non sembrava arrabbiato.

“Dovresti stare più attento come dice Calcifer.” disse la ragazza con un filo di voce.

“Sei diventata tu la maggiore ora?” Howl si sedette di nuovo.

Sembrava così distante da lei: come se non fosse umano.

A quel pensiero le tornò in mente l'immagine dell'uccello di poco prima e rabbrividì.

Moira scosse la testa e rimase in silenzio.

“Mi pare una maledizione abbastanza complicata.” disse infine facendo un cenno al letto di Sophie.

Una luce strana passò negli occhi chiari del fratello.

“Anche tu hai qualcosa di strano. Cos'hai combinato Moira?”

“E'...E' la ragazza che stavi cercando? Anni fa mi avevi parlato di lei.”

“Si vede che non ero completamente lucido. Su sputa il rospo, cosa mi nascondi?”

“Eri lucido invece. Solo...un po' triste forse...”

Era come se le sue parole non potessero fare alcun effetto al mago, ma dopo un po' di silenzio rispose facendo un' impercettibile smorfia: “Un giorno però me lo dirai cosa c'è che non va?”

“Okay.” sorrise infine la sorella.

“Calcifer fammi arrivare acqua calda in bagno!” disse alzandosi di scatto e scomparendo oltre le scale.

“Ancora??” si lamentò il fuoco.


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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4


Moira richiuse la porta della sua stanza e sospirò.

“Ti impicci sempre di fatti che non sono tuoi, per poco Howl non ci scopriva.” si arrabbiò Sam svolazzando da una parte all'altra della stanza.

“Oh...ma smettila.” sbuffò Moira avanzando a tentoni verso la lampada

La melodia del carillon arrivò all'improvviso all'orecchio della ragazza dal cassetto del comodino.

“Moira...Moira stavolta c'è qualcosa che non va...” balbettò la lucina schizzando vicino alla ragazza.

Il cassetto con all'interno il carillon cominciò a vibrare.

Moira bisbigliò qualcosa e quello si aprì mostrando il carillon che si illuminava a intermittenza e sembrava impazzito.

La ragazza cercò alla cieca il pulsante per accendere la luce, ma inciampò urtando la lampada che si infranse a terra.

L'orgoglio le impedì di andare a chiamare il fratello, e si avvicinò con il cuore in gola all'oggetto.

A occhio e croce vi doveva essere nascosta una maledizione: ma quale? Ed era pericolosa? Perché non se ne era mai accorta?

Disegnò un cerchio nell'aria attorno al carillon e quello smise di vibrare.

Per prima cosa sentì una voce: era quasi un bisbiglio, calmo, ma che trapelava disperazione in ogni sillaba, come se fossero le ultime parole recitate a memoria di un condannato a morte.

Tutti i muscoli della ragazza si irrigidirono mentre cercava di capire quel ronzio indistinto.

“Moira, portami a Tipperly, Tipperly hai capito? Al palazzo reale, sì a palazzo. Per favore. Tipperly. Al palazzo. Chiedi di mr. Benevito. Rivolgiti a lui.”

Dopodiché apparve una ragazza, forse un po' più grande di lei, una sorta di ologramma trasparente.

Era magra, alta, con i capelli rossi raccolti in una treccia e due occhi castani spalancati nel buio, mentre con un sorriso stentato faceva un cenno di saluto a Moira.

“Chi sei?” chiese Moira con un filo di voce.

L'immagine scomparve all'improvviso per riapparire un po' più opaca: “Aiutami, ti prego.” le labbra della ragazza fantasma si mossero ancora senza emettere altri suoni.

“Non sento...” cercò di dire Moira.

La figura le sorrise di nuovo esitante prima di scomparire del tutto.

“E' sparita.” bisbigliò Moira intontita.

“A noi non piace questa cosa.” disse istericamente Sam.

“E'...è nel carillon...”

“Ti avevamo detto di buttarlo via!”

“Non so se hai capito bene Sam: lei è nel carillon...La ballerina Sam! Guardala bene...è lei...”

“Gettalo via Moira...liberiamocene.”

“Non possiamo!” Moira aprì il carillon e guardò meglio la ballerina che aveva cominciato a girare sulle note della melodia “E' diversa dalla prima volta che l'ho vista...è...è cresciuta.”

La ragazza inorridì delle sue stesse parole e chiuse di scatto il carillon nel cassetto cercando di scacciare il senso di nausea.

Sam non trovò niente da dire.

“Ci penseremo domattina, ok?” Moira accese la lampada che non si era rotta e si raggomitolò sotto le coperte.

“Credi forse che grazie a qualche coperta e una luce i mostri non ti attacchino? Sei una fifona, sai?” la rimproverò la lucina.

“Lo so.” mugugnò la voce di Moira da sotto le lenzuola “ma non posso farci niente e comunque non credo che riuscirò a dormire neanche così.”

Sam sbuffò: ma con tutte le persone che potevano stringere un patto con loro, doveva proprio toccargli un'adolescente occhialuta, imbranata e codarda?


* * *

Moira aprì gli occhi facendosi schermo con la mano dalla luce che entrava dalla finestra.

Erano appena le sei: aveva dimenticato di chiudere le tende.

Mise la testa sotto il cuscino sbuffando, ma le cadde l'occhio sul comodino e di colpo le venne in mente la scorsa sera; lo stomaco le si contorse talmente che capì di non potersi di certo riaddormentare.

Aveva un terribile mal di testa ed era stanca come se non avesse dormito.

Si sedette sul letto e appoggiò i piedi a terra per alzarsi, ma non appena fu in piedi le gambe cominciarono a tremarle.

Si risedette sospirando.

Dopo poco si rialzò e reggendosi prima alla testiera del letto, poi al muro, raggiunse il suo zaino.

Prese due o tre pastiglie da diversi flaconi e si diresse in bagno dove le mandò giù bevendo dal rubinetto.

Si guardò allo specchio: era troppo pallida.

Sam uscì dalla collana e la squadrò facendo una smorfia: “Ahia. Non mi piace.”

Moira alzò le spalle: “Passerà.”

“Moira...” tentò di dire la lucina, ma la ragazza era già tornata in camera e stava frugando nell'armadio in cerca di un vestito da mettere.

Ne gettò uno azzurro sul letto, dopodiché aprì un cassetto e tirò fuori la trousse dei trucchi.

“Non puoi continuare a comportarti come se niente fosse e...inghiottire pillole!”

“Va benissimo così Sam.”

“Non passerà mai Moira!”

“Passerà.”

“Noi sappiamo cosa devi fare.” continuò la lucina “devi liberarti di noi.”

“Ne abbiamo già parlato e va bene così.” ripeté la ragazza mettendosi la matita.

“Ma non capisci che ti stiamo uccidendo?!” ora Sam fremeva di rabbia: avrebbero potuto cercare una soluzione e invece quella ragazza si rifiutava di guardare in faccia alla realtà.

Moira di scatto gettò a terra il mascara e si lasciò scivolare a sua volta sul pavimento: “Lo so, ok? Lo so! Ma non posso fare come dici tu Sam! Ho bisogno di te...e tu non puoi morire. Non è semplice, ecco tutto.” si asciugò le lacrime e constatò: “Ora dovrò truccarmi da capo.”

Si rialzò e sospirò: “Non parliamone più. Ora dobbiamo pensare a cosa fare con quel carillon e informarci su come raggiungere Tipperly.”

“Vuoi veramente fare come ti ha chiesto??”

“Ho altra scelta?” Moira alzò un sopracciglio “dovrò inventare una scusa per spiegare ad Howl come mai voglio andare in quella città e farmi aiutare.”

“Ma scusa, non potresti rivelargli semplicemente il vero motivo?”

“E ammettere che non mi sono mai accorta in tutti questi anni che quel carillon aveva una tale maledizione? Mai.”

Sam alzò gli occhi cielo.


* * *


“A Tipperly? E cosa ci andresti a fare a Tipperly?”

“A trovare un'amica che avevo a scuola. Non ci vediamo da tantissimo tempo.”

“Signor Howl, voi fate colazione?”

“No, Markl. Devo uscire, cominciate pure senza di me.”

“Mi apriresti un varco per la città?” insisté Moira.

“Eh?”

“Sì, insomma...sarebbe comodo.”

“Ma non sei neanche capace di creare un varco?”

“Hai molto tatto, te l' ho mai detto?”

“Calcifer, sposta il castello più a nord mentre sono via.”

“Allora potresti?” richiese la ragazza.

“Vedremo. Tu intanto studia.” voltandosi sorrise a Sophie, si diresse verso la porta e uscì.

Calcifer sbuffò: “Sposta il castello a nord! Fai arrivare acqua calda in bagno! Mai prenditi una vacanza...Noi siamo stanchi...” e dopo un po' borbottò vedendo le facce entrambe preoccupate di Moira e Sophie “a quanto pare non siamo gli unici a volerci lamentare.”


* * *


Moira alzò di scatto la testa dal libro su cui si era addormentata.

La stanza era scomparsa: si guardò attorno senza fiato.

Delle mattonelle bianche con disegni che formavano immagini floreali coprivano il pavimento di una sala circolare con i mobili di legno intarsiati e delle finestre giganti.

Si alzò dalla sedia e i suoi passi rimbombarono nella luce soffusa che filtrava dalle tende.

Si girò indietro, ma la sedia e il tavolino erano scomparsi.

Deglutì a stento: c'erano solo lei e quell'enorme salone.

Ad un tratto le sembrò di sentire qualcosa in sottofondo: era la melodia del carillon.

Si girò di nuovo: era apparso un pianoforte vicino ad una finestra e c'era una ragazzina che muoveva le dita sulla tastiera con un sorriso soddisfatto.

La ragazzina smise improvvisamente di suonare e la guardò.

Il suo volto mutò in quello di una ragazza più grande, la stessa che era apparsa la sera prima, ma ora non cercava più di sorriderle.

I suoi occhi castani riflettevano la luce della sala e presero una tonalità dorata mentre la fissavano muti.

La scena improvvisamente cambiò: ora erano in un prato circondato da alberi squadrati.

Il profumo dei fiori si mescolava a quello della pioggia che minacciava di cadere da un momento all'altro.

Sobbalzò vedendo la ragazza del carillon accanto a lei.

Quella le indicò un punto del giardino dove Moira notò due bambini che prima le erano sfuggiti.

Stavano giocando a rincorrersi tra i cespugli e i giardinieri.

Ci fu un tuono e cadde qualche goccia.

La bambina, che Moira interpretò come la stessa che era al pianoforte, sbatté contro un altro bambino che trascinava un sacco di foglie e cadde sull'erba macchiandosi il vestito.

Due lacrime le rigarono le guance perché si era sbucciata le mani e, dopo aver fatto una linguaccia al bambino che era diventato tutto rosso, tornò di corsa dall'altro suo amico.

La ragazza del carillon accanto a Moira si lasciò scappare un mezzo sorriso a quella scena.

Una nuova figura spuntò dal palazzo che dava sul giardino: era un uomo anziano dagli abiti eleganti che accolse tra le braccia la bambina.

Estrasse da una tasca un piccolo oggetto rotondo che Moira riconobbe subito come il carillon.

La bambina lo prese e batté le mani contenta dopo avergli dato un bacio sul naso.

Cominciò improvvisamente a piovere e le persone nel prato corsero a ripararsi.

La ragazza accanto a Moira la prese per mano e, mentre le gocce di pioggia che cadevano sulle lenti degli occhiali le offuscavano la vista, la condusse di corsa fino al cancello di ferro che stava all'entrata.

La pioggia sembrava lavare via le immagini che si facevano mano a mano sempre più sfocate.

La ragazza dagli occhi d'oro le aprì il cancello e la spinse fuori.


* * *

Moira si svegliò di colpo con la testa sul libro e il cuore che batteva più forte del dovuto.

Doveva aver sognato, si disse.

Si passò una mano tra i capelli e le mancò il fiato: erano bagnati.

Ma come poteva essere stato tutto vero?




Ciao a tutti! Grazie per essere arrivati a leggere fin qui. Spero di non avervi annoiato e che Moira non vi risulti troppo antipatica ( anche se purtroppo ogni tanto non è tanto simpatica neanche a me).

Vi prometto che andando avanti con la storia i capitoli cominceranno ad avere più senso o almeno spero.

Mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensate e se avete qualche critica o suggerimento per migliorare la storia.

Baci,

Emily

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***



Capitolo 5


Cercò di controllare il tremore delle mani o di rallentare i battiti del suo cuore, ma la paura rimaneva: perché lei non era coraggiosa, non lo era mai stata.

Rabbrividì: il tessuto della maglietta si era bagnato per i capelli e ora aveva freddo.

Si asciugò meccanicamente i capelli con un incantesimo: ricordava quanto era stata felice di impararlo, aveva sempre odiato stare davanti al fuoco con una salvietta aspettando che si asciugassero da soli.

Doveva fare qualcosa, non poteva stare con le mani in mano...

Prese il carillon e lo osservo seduta a gambe incrociate sul letto, non sembrava avere nulla di strano: ancora non riusciva a scorgervi nessun potenziale incantesimo pericoloso.

Girò la rotellina e con i muscoli tesi vide il coperchio alzarsi alle note della melodia e la ballerina cominciare a girare in tondo come aveva sempre fatto.

Ma per poco non le sfuggì di mano quando notò che gli occhi della statuetta in tutù erano dorati.

Erano gli stessi occhi della ragazza che aveva sognato.

Doveva essere lei: era uguale. La cosa cominciava a piacerle sempre meno.

Si alzò di scatto e aprì con cautela la porta della sua camera sbirciando fuori.

“Ehi Moira!”

La ragazza sobbalzò vedendo Markl che la fissava incuriosito “sei stata chiusa in camera tutto il giorno. Stai bene?”

“Emm...sì sì.” balbettò lei presa alla sprovvista, ma poi le venne un'idea “Markl mi faresti un favore?”

Non doveva avere un bell'aspetto dal modo titubante in cui il bambino la guardava.

“Ti prego, mi diresti dove Howl tiene i suoi libri? Ci darò solo un'occhiata, promesso. Ma tu non devi dirgli che li ho guardati, ok?”

Markl corrugò la fronte: “Il signor Howl tiene molto ai suoi libri. Stacci attenta.”

“Grazie Markl!!” esclamò lei abbracciandolo.

“Bah...” borbottò lui poco convinto “stacci attenta però.”

“Promesso.”

* * *


La “veloce occhiata” si rivelò al contrario un intero pomeriggio sui libri.

Aprì diversi cassetti alla ricerca di un fiammifero per accendere una candela quando la luce grigia e rosata che entrava dalla finestra non fu più sufficiente.

L'odore di arancia della candela si mescolò a quello di carta ingiallita e le ombre della stanza si fusero tra di loro nella parte non illuminata della stanza.

I suoi occhi non ne potevano più, ma lei doveva assolutamente trovare un modo per creare quel portale e andare a Tipperly.

Non ci teneva a fare qualche altro sogno inquietante o a vedere fantasmi che le chiedevano di essere aiutati: si era stancata di quella storia.

Piano piano sentì la forza defluirle dalle braccia e lo sguardo confondere le righe fattesi pallide sulla carta.

Poco dopo, senza accorgersene, gli occhi le si chiusero e affondò nel buio.

* * *


L'aria fresca le graffiò le guance mentre cercava di mettere a fuoco la scena sbattendo le palpebre.

Era su un balcone che dava su una distesa di case, palazzi e strade a perdita d'occhio.

Sentì un sospiro e si guardò intorno: non era sola.

Poco distante da lei c'era un'altra ragazza e Moira capì subito che era la ragazza dagli occhi d'oro del carillon.

Aveva i gomiti appoggiati alla ringhiera e lo sguardo perso nel vuoto. Indossava lo stesso vestito da ballerina della statuetta: gonna al ginocchio e maglietta di cotone leggero rosato.

I capelli castani raccolti in maniera scomposta in una treccia le ricadevano sulle spalle a seconda di come soffiava il vento.

“Sarebbe così facile lasciarsi cadere giù, non trovi?” disse ad un tratto la ragazza senza guardarla “peccato che non arriverei da nessuna parte. Non posso morire chiusa qui dentro.”

Moira sentiva la gola secca e aveva paura a dire qualsiasi cosa.

“Sei venuta.” commentò “ti conosco meglio di quanto immagini, sai? Ho vissuto la tua vita mentre la vivevi tu. Vincolata qui non ho potuto averne una mia, di vita. Ma tu mi hai sempre portato ovunque con te. Immagino che dovrei ringraziarti. Ma, sinceramente, ti spiace se non lo facessi?”

“No, no.” balbettò Moira.

“Davvero, faresti meglio a portarmi a Tipperly. Una volta a palazzo troverei il modo di ringraziarti come si vede. Potresti avere ciò che vuoi.”

La ragazza volse i suoi occhi dorati verso di lei e i pensieri di Moira si ghiacciarono.

“Scusa, so che forse sembro un po' scorbutica, ma non sono abituata a parlare con le persone, come puoi immaginare.”

“Non...non sei scorbutica.” riuscì a dire Moira facendo un passo verso di lei, trattenendosi dall'allungare una mano e toccarla per vedere se era reale.

“Mi sei sempre sembrata simpatica.” commentò la ragazza.

“Okay.” fece Moira incapace di formulare una frase sotto quegli occhi dorati che la scandagliavano.

Si sentiva attratta da quella ragazza, ma allo stesso tempo ne aveva paura e le tremavano le gambe.

Perché?

“Comunque puoi chiamarmi Lia.” le sorrise amichevolmente porgendole la mano.

Moira subito si irrigidì al pensiero di stringerla, ma poi ricambiò la stretta: le dita erano fresche e appena screpolate,mentre il palmo interno quasi tiepido.

Le immagini si deformarono all'improvviso e Moira si ritrovò seduta di nuovo al tavolo della biblioteca con un libro davanti e una candela ormai completamente consumata a rischiararla.

Mugugnò sconfortata e si prese la testa tra le mani cercando di controllare i battiti del proprio cuore.

* * *


Alzò la mano tenendo l'anulare piegato e Sam brillò sulla sua spalla mentre pronunciava l'incantesimo trovato per aprire il portale.

Doveva funzionare: non aveva molte alternative.

E infatti funzionò: Moira entrò nell'armadio, chiuse le ante dietro di sé e oltrepassò lo specchio di aria fredda che la separava da Tipperly.

L'idea di aprire il varco nell'armadio per non farsi scoprire era stata di Sam: probabilmente Calcifer se ne sarebbe accorto nel giro di poche ore aggirando in un attimo tutti gli incantesimi di protezione e invisibilità di Moira, ma lei contava che per quell'ora sarebbe già stata a casa.

Si sarebbe preoccupata dopo di spiegare cosa aveva fatto e perché.

Era sempre stata una “brava bambina”, a parte i risultati poco soddisfacenti nello studio, aveva sempre fatto ciò che le veniva detto.

Si era sempre sentita “in debito” verso tutti coloro che le stavano vicini, si era sempre conformata a quello che gli altri volevano.

Howl non era mai stato così, lui era sempre riuscito a essere chi voleva, e senza fare nessuno sforzo era sempre stato il preferito da tutti; lei invece tendeva a scomparire.

Ora si era stancata: era arrivato il momento di fare ciò che voleva.

Attraversando il portale sentì i piedi staccarsi dal suolo e brividi di freddo per tutto il corpo, ma fu solo un attimo,prima che le sue ginocchia sbatterono dolorosamente sul cemento.

Scattò in piedi ai suoni dei clacson e il gas di scarico le invase i polmoni.

Tossì scrollando la polvere dalla gonna.

Era al lato di una strada trafficata in mezzo a un fiume di persone e di palazzi altissimi: le ricordò subito il paesaggio che aveva visto dal balcone del sogno.

Era arrivata a Tipperly senza l'aiuto di nessuno: ancora non riusciva a crederci.

Sentiva il peso del carillon nella borsa e i rumori della strada le riempivano le orecchie.

“Moira guarda il manifesto!” le gridò all'orecchio Sam.

Lei alzò lo sguardo e per un attimo smise di respirare: “Tipperly entra in guerra come alleata delle terre di Ingary.”

Un'altra nazione che si aggiungeva all'elenco, altre migliaia di morti e altrettanti accordi che avrebbero reso quasi impossibile alla guerra di finire.

Ma perché Tipperly avrebbe dovuto scendere a combattere?




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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6


Moira camminò a passo spedito per le strade, cercando di non sbattere contro le persone e tenendosi ben stretta la borsa.

Le era capitato poche volte di trovarsi in mezzo a tanta gente tutta assieme e quando finalmente arrivò davanti al palazzo reale si sentì decisamente stordita.

Chissà poi cosa avesse a che fare quella ballerina con la famiglia reale di Tipperly, proprio non era ancora riuscita ad immaginarlo.

Ricordava che la ragazza aveva fatto il nome di un certo Benevito la prima volta che le era apparsa sotto forma di rassicurante e niente affatto inquietante fantasma.

Mise il piede sul primo gradino con il cuore che aveva cominciato a martellarle nel petto e si guardò intorno titubante.

Era un enorme palazzo con migliaia di vetrate che riflettevano i raggi del sole e la pietra grigia gli dava un aspetto troppo austero che a Moira non piacque affatto.

Arrivata in cima alle scale provò ad entrare facendo finta di non aver visto le guardie.

“Ehi tu! Dove credi di andare?” la voce di una delle due guardie le perforò la nuca.

Okay, il suo era stato un pessimo piano.

“Dovrei incontrare il signor Benevito.” rispose lei senza scomporsi e cercando di mostrarsi più calma possibile.

“Spero che tu stia scherzando ragazzina. Si da il caso che tu ti stia riferendo al consigliere del re, non ad una persona qualunque. Ce lo avrebbe detto se aspettava qualcuno. Faresti meglio ad andartene e finire qui la pagliacciata.”

La seconda guardia annuì pienamente d'accordo con l'altra e guardando Moira con sufficienza.

“Ma voi non capite...è importante..devo, devo dargli un carillon, che in realtà non è un carillon, ma è...”

Adesso la guardia scoppiò a ridere: “Mi stai prendendo in giro?”

“No, io...”

“Vattene, prima che prenda provvedimenti.” ripeté la guardia facendo un passo verso di lei.

“Cosa sta succedendo?” una terza voce giunse da dietro e Moira si voltò di scatto ritrovandosi di fronte ad un uomo panciuto di mezz'età con i capelli radi pettinati all'indietro e un paio di piccoli occhiali rotondi sul naso.

“Ci dispiace di averla disturbata consigliere, questa ragazza voleva vederla, ma stiamo provvedendo a mandarla via.”

L'uomo sospirò: “Va bene, fate presto che sta arrivando il re e sapete che non vuole ciarlatani a visitare il palazzo.”

Moira strabuzzò gli occhi, ma non fece in tempo a ribattere che una delle due guardie le afferrò un braccio intimandole di andarsene.

“Ma deve lasciare che le parli!” supplicò Moira all'uomo panciuto che si allontanava, mentre la guardia le diede uno strattono per farla stare zitta “E' un carillon, ma non è esattamente un carillon...ahi!” esclamò senza finire la frase e gettando un'occhiata rabbiosa alla guardia.

Il signor Benevito si fermò di colpo e si voltò verso di lei squadrandola con nuovo interesse: “Un carillon, che non è un carillon..?”

Sul suo viso si dipinse un'espressione di puro stupore: “Fermatevi, lasciate che parli.”

La guardia lasciò riluttante Moira e la ragazza non poté fare a meno di massaggiarsi il braccio pensando che di sicuro ci sarebbe venuto un livido.

“Vieni, seguimi.” le disse l'uomo dirigendosi verso un corridoio.

La ragazza si affrettò a seguirlo ed entrò al suo seguito in una stanza.

Era piccola, illuminata da una luce soffusa che si confondeva al rosso vellutato della carta da parati.

Il signor Benevito le sorrise e chiuse la porta.

“Accomodati.” disse indicandole delle poltroncine verdi attorno ad un tavolino circolare di legno lucido scuro.

Moira si sedette cercando di apparire calma.

“Dunque hai trovato un carillon?” le chiese.

Moira cominciò a riassumere la storia, stupendosi di come quell'uomo ci tenesse a sapere tutti i particolari.

Ad un certo punto il consigliere aprì un'anta dell'armadio e prese due bottiglie di colore diverso, ne versò una in un bicchiere e lo porse a Moira facendole l'occhiolino: “Viene la gola secca a parlare, mi offendo se non accetti. Credo che ti farò compagnia bevendo un po' di Cognac, gradisci anche tu?”

“No, grazie. Il cognac non è il mio forte.” disse la ragazza portandosi alle labbra il bicchiere che lui le aveva già riempito con quell'altro liquido arancione.

Sapeva di pesca: forse era succo di frutta.

Continuò con il racconto, ma piano piano che parlava si sentiva sempre più strana e stanca.

Fu un sollievo quando il signor Benevito la ringraziò dicendole che ora poteva dargli il carillon e andare.

Moira glie lo porse, ma quando fu nelle mani del consigliere fu come presa da un attacco di nausea: c'era qualcosa di sbagliato in tutto ciò.

Eppure aveva fatto quello che le aveva chiesto la ragazza del carillon: glie l'aveva chiesto lei di portarla da questo signor Benevito.

Il consigliere l'accompagnò molto gentilmente alla porta e prima di lasciarla andare le strinse la mano.

A Moira parve di vedere della tristezza nel suo sguardo, ma perché avrebbe dovuto essere scontento?

Mentre la ragazza si voltava per scendere le scale le parve di sentirlo dire “Addio piccola, mi dispiace, sei una così brava ragazza...”

Non fece in tempo a chiedergli niente perché era già rientrato e aveva chiuso la porta del palazzo dietro di sé.

Sospirò e uscì dal cortile ritrovandosi nuovamente in strada.

Cominciava a far buio: doveva assolutamente trovarsi entro un'ora nel posto dove era arrivata con il portale e riaprirlo, altrimenti avrebbe dovuto aspettare il giorno seguente per arrivare a casa, e non era il caso.

Sapeva che non era il massimo della comodità un portale che poteva essere aperto solo in un certo posto e in un certo orario, ma non era stata capace di crearne uno migliore.

Oramai le strade si erano svuotate, solo pochi stavano ancora occupando i marciapiedi, e comunque andavano tutti a passo spedito guardando il suolo.

Moira rabbrividì e si incamminò non vedendo l'ora di arrivare a casa per potersi scaldare davanti a Calcifer e di sentire le voci di Howl, Markl e Sophie.

Non credeva di essere rimasta a palazzo così tanto.

Aveva la nausea, le faceva male la testa e non si sentiva stabile sulle gambe: forse le aveva fatto male quello che aveva bevuto.

Si sentiva svuotata e sola, come se lasciando il carillon avesse spezzato qualcosa dentro di sé.

Per un attimo le immagini le si sfocarono davanti agli occhi e il pavimento oscillò tanto che si dovette appoggiare con una mano al muro per riprendersi.

Ma cosa le stava succedendo?

All'improvviso sentì qualcosa di freddo contro il collo e una presa salda e forte le immobilizzò le braccia mozzandole il respiro.

“Mi sa che ti ho fregata.” Moira sentì l'alito caldo sul collo della cosa che l'aveva presa e le vennero i brividi.

“Ora farai quello che ti dico io.” ripeté autoritaria la voce maschile.

Il cervello di Moira divenne un pozzo nero, in preda alla nausea e senza riuscire a stare bene in piedi non sapeva certo come difendersi.

“Così la prossima volta impari a metterti dalla parte di Benevito e i suoi. Avresti dovuto pensarci due volte prima di collaborare con loro e portargliela. La principessa non vi aveva fatto niente. Non capisco perché ci teniate tanto che questo regno entri in guerra.” la voce sputò con disprezzo quelle parole.

“Cosa centra una principessa ora?” gemette Moira con il coltello che le premeva contro la gola.

“La ragazza del carillon era la principessa di Tipperly. Non fare la finta tonta ragazzina, perché subirai le conseguenze per quello che hai fatto.”

“Io non lo sapevo!” boccheggiò lei “me l'aveva chiesto lei di portarla a quel signore, non l'avevo mai visto prima!”

“Stai zitta e cammina.” sibilò lui.

Lei obbedì e si lasciò trascinare in un vicolo a sinistra mentre lacrime di rabbia le rigavano le guance.

Aveva di nuovo fatto un disastro, come aveva potuto pensare che sarebbe riuscita a salvare da sola quella ragazza?

Si era comportata come se fosse stata un segreto, solo sua, quasi vergognandosi di mostrarla a qualcuno...perché?

La rivide al balcone nel sogno, riusciva ancora a sentire la sua voce nelle orecchie; sentì le gambe cederle al pensiero di cosa sarebbe potuto accadere a quella ragazza adesso per colpa sua.

Quello che la teneva stretta le diede uno strattone spronandola a continuare.

Ad un certo punto aprì una porta scrostata e le diede uno spintone tra le scapole per farla entrare.

Moira inciampò sui gradini e finì in ginocchio nella polvere.

Una voce appena più distante e profonda richiamò la sua attenzione: “Moira Jenkings.”

La ragazza si voltò di scatto e vide un uomo dal viso rugoso, pochi capelli e due occhi sporgenti che la fissavano quasi divertiti.

Alla ragazza mancò l'aria vedendolo: “Lei è l'ombra che mi ha fatto cadere nel lago! Quella che mi è apparsa nell'acqua e...”

“In realtà nell'acqua ci sei caduta da sola. Ti tenevo d'occhio da quando ho scoperto che avevi il carillon, pensavo di venire di persona a chiedertelo, ma poi hai pensato bene di consegnarlo alla persona più sbagliata in assoluto, così...eccoti qua. Parla, ti ascolteremo e vedremo se considerarti innocente o meno.”

Le immagini si confusero nuovamente davanti agli occhi della ragazza e lei si piegò in due presa da un conato di vomito.

Sentì lo sbuffo della voce della persona che l'aveva portata lì e si voltò per vederlo in faccia.

Lui la guardava con rabbia e aria di sufficienza: tra la nausea e i brividi lei non poté fare a meno di pensare che era bellissimo.

“Ma cosa ti è successo?” chiese il vecchio dalla faccia rugosa, la ragazza non avrebbe saputo dire se fosse scocciato o preoccupato.

“Credo sia una cosa che mi hanno dato da bere... non è niente...Benevito me l'ha data quando...” ma una nuova ondata di nausea non le fece finire la frase.

Il signore faccia rugosa le disse qualcos'altro e il ragazzo prese a imprecare verso di lei, ma era tutto così confuso e lontano...

Improvvisamente ci fu solo nero.


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