Carlos

di moonlight97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontri singolari ***
Capitolo 2: *** L'appuntamento ***
Capitolo 3: *** L'avventura comincia ***
Capitolo 4: *** Il Ballo ***
Capitolo 5: *** Allons-y ***
Capitolo 6: *** Scelte ***
Capitolo 7: *** Nella notte ***
Capitolo 8: *** Di Nuovo Insieme ***
Capitolo 9: *** Lo Scontro ***
Capitolo 10: *** Per Sempre ***



Capitolo 1
*** Incontri singolari ***


Incontri Singolari
 

Un grazie speciale va alla mia carissima amica Silvia, perché senza di lei questa storia non sarebbe mai stata realizzata.
Colgo l'occasione per augurarle “buon compleanno” e dedicarle, nella speranza che apprezzi, questa storia.
Concludo con una citazione da uno dei miei musical preferiti, Wicked.

So much of me
Is made of what I learned from you
You'll be with me
Like a handprint on my heart
And now whatever way our stories end
I know you have re-written mine
By being my friend






La luce del sole appena sorto filtrava nella stanza attraverso le piccole feritoie che si formavano qua e là fra le assi di legno che fungevano da persiana. Carlos, infastidito da un raggio che gli feriva gli occhi, si alzò da letto sbuffando. Con gli occhi impastati di sonno si guardò intorno, facendo mente locale su quello che era successo la notte precedente. Dopo un viaggio che l'aveva portato dalla Spagna fino al porto di Calais, aveva deciso di godersi il meritato riposo; così si era fermato in una locanda che gli era sembrata su per giù rispettabile ed aveva passato una serata bevendo boccali di vino uno dopo l'altro e finalmente si era coricato ancora mezzo vestito. Andò alla finestra e con un colpo deciso l'aprì, facendo forza sui cardini rigidi. Il giovane fu investito dalla brezza mattutina e dall'odore relativamente disgustoso del pesce che veniva commerciato non molto lontano, nei pressi del porto. Si appoggiò con gli avambracci sul davanzale e guardò in basso verso le persone che passeggiavano tranquille in quella abbastanza temperata giornata di luglio. Si passò una mano fra i folti capelli ricci e scuri e si decise ad uscire. Richiuse la finestra e si avvicinò allo specchio, afferrando distrattamente la blusa. Si diede una rapida occhiata, compiacendosi del proprio aspetto e della propria barba incolta che gli dava un'aria vissuta. Dopo aver afferrato la giacca, uscì di corsa, sbattendosi la porta alle spalle. Al piano di sotto la locandiera, Monique, si stava dando da fare con i clienti appena arrivati. Carlos le rivolse un abbozzo di saluto prima di uscire. Gli ci volle un po' per arrivare alla piazza del mercato: non era la prima volta che si doveva recare a Calais però si confondeva ancora in mezzo a tutte quelle strette viuzze periferiche. Il ragazzo vide la piazza gremita di persone intente a fare compere. Doveva aspettare un certo Signor Montfleur, ricco commerciante di spezie in affari con suo padre: avevano stabilito di incontrarsi accanto alla piccola chiesa che chiudeva la piazza. Così si mise a spintonare qua e là per farsi strada. Era appena uscito dalla fiumana di gente quando un tale gli venne addosso. I due caddero entrambi a terra.

“Accidenti a questi francesi!” sbottò Carlos mentre si rialzava.

Il ragazzo si scosse la polvere dai calzoni e allungò la mano verso lo sconosciuto.

“Tieni!” gli disse con fare sprezzante “Ti è caduto il berretto e la prossima volta guarda dove...”

Si bloccò non appena si rese conto che davanti a lui non c'era un ragazzo sbadato ma una ragazza. I lunghi capelli biondi le cadevano scompigliati sulle spalle e gli occhi verdi brillavano di una luce fiera. Con uno strattone la ragazza si riprese il berretto e se lo infilò, nascondendovi le ciocche. Mormorò un grazie con la bocca serrata e, girandosi su se stessa, se ne andò sparendo tra la folla.

“...vai.” bisbigliò Carlos, finendo la frase di prima. Il ragazzo rimase in piedi come pietrificato.

 

Dopo qualche secondo rinvenne e scuotendo il capo si appoggiò con le spalle al muro del campanile. Mentre aspettava ormai spazientito, cominciò a porsi mille domande sulla ragazza di prima. A distoglierlo da quei pensieri ci pensò l'arrivo di un giovane che doveva avere più o meno la sua stessa età. Portava in spalla una sacca di iuta marrone e teneva un berretto lievemente calato sul volto che gli copriva in parte l'occhio sinistro.

“Sei tu Carlos?” gli chiese, facendo cadere a terra il sacco.

“Signor Montfleur?” replicò sorpreso. Se lo immaginava un vecchio canuto, basso e burbero come suo padre e non un ragazzo alto e robusto. L'altro gli allungò la mano per presentarsi e disse:

“No. Sono suo figlio, Julien. Mio padre al momento è indisposto e vengo per conto suo.”

Carlos non si fece tanti problemi e i due in breve tempo sistemarono la faccenda, che non era alla fin fine così importante e, dopo essersi salutati coi migliori auguri, se ne tornarono ognuno per la sua strada. Ritornando verso la locanda dove Carlos avrebbe alloggiato per altre due notti, il ragazzo sentì delle grida provenire da un vicolo, perciò, in accordo con la sua avventatezza giovanile, si diresse in quella direzione, abbastanza consapevole che se ne sarebbe pentito poco dopo.

 

Si ritrovò davanti a un gruppetto di cinque uomini che si stavano divertendo in maniera macabra con una ragazza, sballottandola qua e là.

“Tieni, Felipe! Vediamo se la prostituta ha voglia di giocare stasera!” disse uno con una voce cupa e cavernosa. La ragazza intanto cercava di dimenarsi come poteva, piangendo e scongiurandoli di lasciarla andare, anche se nessuno sembrava neanche lontanamente intenzionato a demordere. Carlos, disgustato ed inorridito, si fece coraggio (dopotutto ci si era ficcato lui in quel casino e non poteva certo rimanere indifferente) e disse, gonfiando il petto:
“Prendetevela con qualcuno che sia alla vostra altezza, stronzi!”

Si gettò nella mischia e cominciò a menare pugni ora contro questo ora contro quello. Si ritrovò accerchiato fin da subito e la situazione non era per niente facile. Riuscì a buttare al tappeto quello che si trovava dietro di lui, così da trovarsi libero da almeno un lato; altri due gli si scagliarono contro e si ritrovarono a terra, rotolando nella polvere. Carlos riuscì a liberarsi dalla loro presa e, tenendoli entrambi per il bavero della camicia, mollò a tutti e due un pugno in faccia. Gli altri due rimasti, vili, lo presero alle spalle: uno lo teneva fermo e l'altro lo colpì ripetutamente allo stomaco e infine sul volto. Lo lasciarono accasciato a terra e, insieme ai loro compagni, se ne andarono di corsa.
“La prossima volta non saremo così gentili, sappilo!” gridarono.

La ragazza, che intanto si era nascosta dietro delle casse in un angolo, uscì allo scoperto. Si inginocchiò davanti a Carlos e gli pulì via il sangue che colava dal labbro superiore con un fazzoletto di seta bianca su cui erano ricamate in viola le iniziali E. M.

“Grazie per quello che avete fatto per me” disse con voce flebile e ancora mezza sconvolta “siete stato molto gentile...”

La ragazza gli rivolse un dolce sorriso.

Carlos, che finora aveva tenuto lo sguardo rivolto a terra, alzò gli occhi e disse, aggiungendo una nota di spavalderia alla fine:

“Di niente. Era mio dovere aiutare una donzella in difficoltà”.

Non appena ebbe terminato quella frase sobbalzò.
“Non è possibile!” pensò fra sé e sé “Questa è la stessa ragazza di prima.”

Il ragazzo si alzò in piedi di scatto.

“Signorina” disse scuotendosi distrattamente la polvere dai pantaloni “non vi ricordate di me? Mi siete venuta addosso poco prima in piazza. Dopo questo penso che il minimo sia concedermi almeno di sapere il vostro nome o... un appuntamento”.

La ragazza lo guardò prima con aria a metà fra il sorpreso e l'imbarazzato per quella richiesta improvvisa, poi, squadrandolo da capo a piedi, disse, sorridendo furba:

“E sia! Incontriamoci domani alla taverna di Madame Fleur alle 12:00 in punto.”

E, voltato l'angolo, se ne andò soave come una visione.

“Ah! Queste donne! Mi faranno impazzire prima o poi...” commentò ironico Carlos mentre si avviava verso la locanda.





 

Spazio Autore
Salve a tutti! Questa fanfiction è pronta ormai da qualche settimana e vi posso dire fin da subito che cercherò di aggiornarla settimanalmente. La trama potrà risultarvi un po' prevedibile e con qualche cliché, ma vi chiedo soltanto di dare una possibilità; è uno dei lavori di cui sono più soddisfatto e mi piacerebbe che fosse apprezzato anche da altri. Devo spendere due parole sul titolo: inizialmente “Carlos” doveva essere provvisorio, ma col passare del tempo mi ci sono affezionato e non me la sentivo di dare un titolo ad effetto, che magari non coglieva a pieno il senso; dopotutto Carlos è l'anima della storia, che di conseguenza non può prendere altro nome che il suo (un po' come la storia di Roma e Romolo?). Con questo vi lascio e alla prossima! 


 

 
 

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Capitolo 2
*** L'appuntamento ***


L'appuntamento


Il mattino seguente Carlos attese con trepidazione l'arrivo della fatidica ora. Si preparò di tutto punto e indossò i suoi vestiti migliori ed arrivò al luogo dell'appuntamento con dieci minuti di anticipo, giusto per non sfigurare al primo appuntamento: normalmente adorava far aspettare le ragazze ma questa qui aveva un che di speciale. Si sedette ad uno degli eleganti tavolini ed attese l'arrivo della misteriosa E. M. La ragazza arrivò poco dopo; questa volta non indossava degli indumenti da ragazzo, ma un lungo vestito color lillà ed aveva i capelli raccolti sopra il capo con alcune ciocche che le ricadevano lungo il collo.
“Allora, è per caso una nuova moda francese che le donne si vestano da uomini?” chiese Carlos ironico, mentre la ragazza si accomodava al tavolino.
“Piacere, sono Elyse Montfleur e ritengo che come una donna scelga di vestirsi non sia un argomento di conversazione appropriato per il primo appuntamento.” disse e, mentre faceva un cenno distratto al cameriere invitandolo ad avvicinarsi, proseguì “Del resto voi uomini quando parlate di vestiti è solo perché volete toglierceli di dosso.”
Carlos per poco non si ribaltò dalla sedia.
“Viva la finesse dei francesi!” pensò fra sé e sé.
I due, fatte le loro ordinazioni, iniziarono a conversare amabilmente del più e del meno e riguardo ad argomenti più o meno rilevanti. Ci fu poi un momento di silenzio; l'attenzione di Elyse fu colta da un uomo con indosso un vistoso cappello piumato che sedeva pochi tavoli più in là insieme ad alcuni suoi compari, cosa di cui peraltro Carlos non si accorse subito perché troppo intento a rimuginare sul cognome della ragazza.
“Avete detto di fare Montfleur di cognome, per caso?” disse Carlos all'improvviso.
La ragazza trasalì. “Fate silenzio per l'amor di Dio... Non vorrei che loro...”
Carlos si diede un'occhiata intorno ma Elyse, prendendolo per un braccio, sussurrò:
“Dobbiamo andarcene... Ora.”
I due si alzarono furtivamente dal tavolo, lasciarono quanto denaro dovevano pagare sul tavolo e se ne andarono. Elyse rivolse uno sguardo agli uomini di cui aveva così tanta paura e vide che si erano accorti della loro assenza: sapeva che l'avrebbero raggiunta tra non molto, perciò si mise a correre quanto più forte poteva, seguita da Carlos.
“Montfleur... Siete la sorella di Julien? Vostro fratello mi sembra un tipo perbene, se avete qualche problema, sono sicuro che capirà.”
Svoltarono un angolo a caso e, schiena contro il muro di una casa, si fermarono entrambi ansando.
“Voi non capite” disse la ragazza con tono esasperato “mio fratello non deve venire a sapere niente di tutto questo.”
Sentendo degli uomini che accorrevano, i due ripresero a correre.
“Seguitemi!” esclamò Carlos prendendola per la mano sinistra “so io dove portarvi.”
Dopo alcuni minuti di corsa, arrivarono in vista della locanda dove Carlos alloggiava.


“O avete una straordinaria abilità nel cacciare voi stessa e gli altri nei guai o direi che tutto questo è solo una serie di alquanto poco fortunate coincidenze”.
Carlos era appoggiato con disinvoltura accanto alla finestra e non sembrava eccessivamente preoccupato della situazione. Elyse, seduta sul letto, si stava sciogliendo i capelli; le sue mani tremavano e si muovevano con un certo nervosismo.
La ragazza si girò verso Carlos: gli occhi erano velati di lacrime e il viso arrossato dalla fatica della corsa.
“Io... mi dispiace... non...” iniziò a dire ma non le uscivano le parole dal petto.
Carlos allora, realizzando che forse la situazione non era così semplice come aveva pensato, si inginocchiò davanti a lei e le poggiò una mano sulla spalla e con l'altra, dopo averle asciugato le lacrime, disse con tono pacato.
“Ascoltate. Ora riposatevi un po'; io invece starò lì alla finestra e non appena tutto in strada sarà tranquillo vi riaccompagnerò personalmente da vostro fratello. Non preoccupatevi. Anzi, dovrebbero preoccuparsi loro. Che Dio li aiuti, se dovessero capitarmi a tiro! Ah!”.
Concluse il discorso con la sua solita aria da pseudo-sbruffone. Elyse si accorse che lo faceva solo per cercare di alleviarle il pensiero e, apprezzando lo sforzo, gli rivolse un sorriso abbozzato.


Il sole stava ormai per calare e Carlos decise di sfruttare gli ultimi momenti di luce per riportare Elyse da suo fratello. Il tragitto di per sé non era eccessivamente lungo, tuttavia ai due sembrò infinito. La tensione era palpabile: Carlos non faceva che guardarsi intorno circospetto ed entrambi scattavano ad ogni minimo rumore. Nessuno disse una parola finché non giunsero a destinazione. La ragazza bussò alla porta
“Santo cielo, Elyse!” esclamò Julien, materializzandosi sulla soglia.
La sorella gli corse incontro, gettandogli le braccia al collo.
“È tutto merito suo” disse con la voce spezzata dall'emozione, voltandosi verso il suo gentile accompagnatore.
“Vi ringrazio infinitamente signor... CARLOS!”
In un primo momento rimasero tutti e tre stupiti, poi Carlos disse di avere fatto tutto volentieri e organizzò di incontrarsi nuovamente con Julien il giorno seguente. Detto questo, Carlos riprese la propria strada per la locanda.

 

Il ragazzo era ormai a metà strada quando scoppiò un temporale improvviso.
“Ci voleva anche questa, maledizione!”.
Sbuffando infastidito, iniziò a correre e si mise sotto una tettoia, sperando che la pioggia cessasse presto. Sentì qualcuno che gli poggiava una mano sulla spalla.
Madre de Dios!” esclamò, voltandosi.
Con suo relativo stupore, Carlos vide un uomo abbastanza anziano, gobbo, con un cappuccio fradicio abbassato sul capo.
“Figliuolo,” sussurrò il vecchio con voce rauca e tagliente “mi sembri un tipo sveglio. Prima alla taverna ho trovato questa...”. Carlos seguì attentamente il movimento affaticato del vecchio che estrasse dalla manica del mantello una vecchia mappa ingiallita.
“Come bene potete intuire” proseguì il vecchio “ad un uomo della mia età non può essere utile in alcun modo, pertanto vorrei farvene dono...”.
Carlos aprì bocca intenzionato a rifiutare, ma, vedendo che l'uomo insisteva con forza, si ritrovò costretto ad accettare. Così, mormorando “se così vi piace” con una punta di fastidio, prese la mappa e si incamminò di nuovo, sfruttando l'apparente tregua gentilmente concessa dalla pioggia.
Una volta giunto alla locanda, Carlos si spogliò in fretta in furia e si gettò sul letto sfinito. Tuttavia, per quanto fosse stanco, non riusciva a prendere sonno; così, dopo essersi inutilmente girato e rigirato nel letto, si alzò sbuffando. Non sapendo poi che fare, prese la mappa, abbandonata distrattamente da una parte, e, acceso una candela, cominciò ad osservarla attentamente. La mappa era ben tracciata e dettagliata: vi era un lieve tratteggio rosso che, partendo proprio dal porto di Calais, arrivava fino ad una grande croce del medesimo colore in corrispondenza di un tratto non ben identificato della costa, in corrispondenza del quale campeggiava una scritta arzigogolata in verde smeraldo. Carlos riuscì a leggere qualcosa come “litus monui spirari...”. Non ebbe il tempo, per così dire, di badare alla probabile insensatezza di ciò che aveva appena letto, perché la sua attenzione fu irrimediabilmente colta da un'altra parola: thesaurus. Non serviva certo una grande conoscenza del latino per comprendere il significato di quella parola che aveva più o meno lo stesso suono anche in inglese o in francese, lingue abbastanza note o quantomeno orecchiate da Carlos. Gli occhi del giovane si illuminarono e un sorriso malizioso gli si dipinse sul volto.
“Grandioso!” pensò tra sé e sé, spegnendo la candela con un soffio deciso.






Spazio Autore
Salve a tutti! 
Scusate per il (fortunatamente breve) ritardo con cui aggiorno. ^^
Non ho molto da dire se non che la scelta del capitolo è stata ardua: sono negato per scegliere queste cose lol
Siccome poi tra pochissimo parto e non avrò quasi sicuramente modo di aggiornare fino al 24/08, sappiate che quella settimana là aggiornerò due volte. Poi non venitemi a dire che non vi voglio bene, eh! 
Spero di non avervi annoiato e che la storia continui ad appassionarvi.
A presto!


 

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Capitolo 3
*** L'avventura comincia ***


L'avventura comincia


Il mattino seguente si svegliò pronto e baldanzoso come non mai, nonostante la notte quasi insonne; piombò giù dal letto e in men che non si dica era già pronto per lanciarsi in quella che considerava un'avventura epocale. Sapeva da subito chi sarebbe stato altrettanto entusiasta di partecipare. Corse a perdifiato fino a casa di Julien e lo trovò a leggere in cortile.
“Sempre a bivaccare, eh!” esclamò Carlos, facendogli un ampio gesto di saluto col braccio.
Julien sembrò cadere dalle nuvole.
“Che cosa ci fai tu qui?”
“Grandi... grandissime notizie! Su, fammi entrare!” disse, premendo contro il cancello.
Una volta dentro, Carlos spiegò tutto quello che aveva in mente: avrebbe reclutato alcuni uomini nella zona del porto ed infine il suo amico Nicholas, che gli doveva qualche favore, non avrebbe fatto di certo molte storie per prestar loro un'imbarcazione. Julien, che le avventure preferiva leggerle piuttosto che viverle e che non aveva di certo lo stesso spirito di Carlos, rimase un po' titubante in un primo momento. Tuttavia l'esuberanza e la caparbietà del giovane spagnolo ebbero la meglio.
“Solo una cosa: come faccio con Elyse?”
“Ma che domande fai, mon petit frère? Io vengo con voi!”
Nella stanza calò un imbarazzante silenzio che fu rotto dalla fragorosa risata di Carlos.
Gli occhi di Elyse si infiammarono e questo bastò a zittire il ragazzo, che la seguiva con sguardo lievemente preoccupato mentre gli si avvicinava.
“Maleducato!” esclamò stizzita, mollandogli un ceffone.
Carlos, portandosi una mano sulla guancia dolorante, reagì con un'espressione al contempo divertita e sdegnata.

 

Il porto brulicava di persone: vi era chi salutava i propri cari, chi invece era appena ritornato ed infine chi, come i nostri protagonisti, era intento ad allestire una ciurma. I tre si giravano intorno spaesati fin quando Carlos non riconobbe una faccia amica.
“Nick!” esclamò pieno di giubilo. “Che piacere rivederti, amico mio!”
I due si strinsero la mano e si batterono un colpo sulla spalla, poi Carlos disse che sarebbe andato a parlare dei dettagli con Nicholas in un posto meno caotico. Mentre Carlos discuteva probabilmente davanti ad un boccale di birra, Elyse e suo fratello continuavano la loro ricerca. Ad un tratto la ragazza si gettò nel folto della folla.
“Killian! Killian!” gridò lei con aria trasognante.
Oh no pensò sconcertato Julien tutti ma non lui. Non c'era cosa che detestasse di più di sua sorella che faceva la svenevole con i ragazzi, o meglio, con quel ragazzo. Era, a detta della sorella, il prototipo del bello ideale: alto con i capelli neri un po' arruffati e gli occhi di un blu irresistibilmente intenso; aveva su per giù la stessa età di Julien e fra i due c'era sempre stata una competizione in fatto di ragazze e Julien non sopportava l'idea che sua sorella fosse caduta nella rete di quello sbruffone. Poiché era assorto in questo tipo di pensieri, non riuscì ad impedire alla sorella di coinvolgere anche Killian nel loro progetto. Di bene in meglio.
Dopo poco tornò anche Carlos seguito da Nicholas ed altri due giovani uomini, due gemelli, dalla cadenza propriamente olandese, che si presentarono come Remy e Pierre.
Tutti e sette insieme organizzarono tutto e si spartirono le mansioni da svolgere prima della partenza, che fu fissata per il 17 luglio, ovvero a tre giorni da allora. Stettero insieme tutta la giornata, poi, dopo essersi congedati, se ne andarono ognuno per la propria strada.

 

Rue St. German era una strada normalmente tranquilla, ma non quella notte.
Un uomo camminava col fiato spezzato guardandosi attorno circospetto. Si fermò un attimo e fu allora che un'altra figura, spuntata all'improvviso dall'oscurità, lo afferrò per le spalle, sbattendolo violentemente contro un muro.
“Richard,” sussurrò la voce in maniera viscida ed inquietante “dov'è? Dov'è la mappa?!”
Era una voce maschile e, stando alla reazione che il così chiamato Richard ebbe, una voce purtroppo ben nota.
“I... Io...” gemette e la voce gli si ruppe.
“Dillo e non ti sarà fatto alcun male.”
Richard sapeva benissimo che non era vero.
“L'ho data via. L'ho data ad un giovane... spagnolo.” disse con voce flebile.
“Tutto qui?” disse l'aggressore con scherno “L'hai semplicemente data ad uno spagnolo? Non giocare con me, Richard. Dimmi qual è il nome.”
Richard rimase in silenzio.
“Va bene. Se proprio non vuoi parlare....”
L'uomo estrasse con rapidità un coltello da sotto il soprabito e con un gesto sprezzante e con allucinante nonchalance sgozzò Richard, che rimase così, accasciato a terra con gli occhi aperti.




Spazio Autore
Salve a tutti! Eccomi qui con il terzo capitolo. So che è un po' corto, ma non potevo, per così dire, accorparlo con il successivo perché l'avrebbe reso un po' troppo lungo e dispersivo; ho preferito tenere insieme argomenti singoli o connessi fra loro in qualche modo ^^
Mi auguro che la storia cominci a prendervi sempre di più e spero vi sorgano MOLTE domande sul finale di capitolo. Chi l'ha letto prima che lo pubblicassi probabilmente... no, sicuramente mi ha odiato. Ricordo di avervi promesso un secondo aggiornamento questa settimana e vi dico che arriverà tra sabato e domenica. A presto! 

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Capitolo 4
*** Il Ballo ***


Il Ballo



 “Il Signor Edmud Van Khal, benefattore di questa allegra città, è lieto di invitare ad un ballo in maschera tutti i cittadini che vorranno prendervi parte. L'evento si svolgerà nella sontuosa villa del Signor Van Khal questa sera a partire dal tramonto.”
Carlos lesse l'invito e gli si dipinse sul volto un'espressione a metà tra l'incredulo e lo scettico.
In men che non si dica liquidò la cosa, che peraltro aveva suscitato un tale clamore che sembrava che nessuno in città parlasse d'altro, e si recò, uscito dalla locanda di prima mattina, da un cartografo, un certo Signor Tammis, perché gli realizzasse una copia della mappa. Carlos, come si sarà notato, non brillava certo per pazienza e, dicendosi disposto a pagare anche un po' più del dovuto, obbligò il povero Signor Tammis a portare a termine quel lavoro entro la mattinata. Mentre attendeva, Carlos si mise a girare per la città senza una meta ben precisa fin quando la sua attenzione non fu colta da un mormorio sempre più forte e da un ammasso di persone che si dirigevano tutte nella medesima direzione. Così, incuriosito, decise di seguirle e si ritrovò inaspettatamente nel bel mezzo di una scena del crimine: gli uomini della vigilanza intimavano ai presenti di tenersi lontani da lì e li rassicuravano dicendo che il colpevole sarebbe stato debitamente punito e che non avrebbero permesso altri simili delitti. Carlos fu preso dal disgusto per la brutalità della scena, per lui, come per molti, inedita: un uomo giaceva sgozzato a terra in Rue St. German. Il suo volto sembrò a Carlos stranamente familiare e non gli ci volle molto a realizzare che si trattava proprio dell'uomo che gli aveva consegnato così insistentemente la mappa. Carlos corse via, ritornò dal Signor Tammis e, dopo averlo pagato, si diresse a perdifiato da Julien.

 

“Ma è terribile!” esclamò Julien.
Carlos stava in piedi con le mani chiuse a pugno appoggiate sul tavolo, attorno al quale erano seduti tutti i componenti della loro ciurma. I presenti si guardavano con aria preoccupata; dopo alcuni minuti di silenzio, in cui la tensione era palpabile, Killian prese la parola.
“Io credo” disse con tono deciso, mentre si alzava “che dovremmo indagare sull'identità di quest'uomo e che l'occasione perfetta sia questa sera alla festa di Van Khal dove sarà presente la maggior parte della città, che ne dite?”
Tutti acconsentirono immediatamente.
Mentre Killian si intratteneva in una fin troppo smielata conversazione con Elyse e gli altri se ne andavano, Carlos prese Julien da una parte e gli consegnò la copia della mappa, che fu riposta con cura dentro il cassetto della scrivania di ciliegio intarsiata del giovane francese.
“Se dovesse succedermi qualcosa,” disse Carlos in tono serio “bruciala e rinuncia a partire. Non voglio che succeda niente di male né a te né a....”
Si girò e rivolse uno sguardo fugace a Elyse.
“Non dire così. Andrà tutto per il meglio” rispose l'amico rincuorandolo.

 

Sulla strada del ritorno Carlos si fermò in un negozio di artigianato veneto e comprò una maschera che era relativamente poco promiscua e di certo poco costosa. Una volta tornato al suo alloggio, si lavò e si preparò con adeguata cura. Indossò un elegante completo nero con rifiniture dorate che rispettava per filo e per segno i dettami della moda della Francia del Re Sole, un mantello dal colletto bianco merlato così come la parte finale delle maniche ed un cappello, da sotto il quale uscivano alcuni piccoli riccioli ribelli che rimanevano schiacciati contro la fronte; infine prese la maschera e se la legò dietro la testa. L'unica cosa che risaltava nel complesso erano i suoi brillanti occhi verdi. Si guardò compiaciuto allo specchio e non poté fare a meno di ritenersi dannatamente affascinante. Dopo essersi mirato e rimirato per alcuni istanti, si decise, finalmente, ad uscire.

 

Seguendo la fiumana di persone vestite di tutto punto, Carlos giunse facilmente alla dimora di Van Khal. Era la villa più sontuosa che avesse mai visto. Be', non che ne avesse viste molte ma sentiva che quella doveva essere comunque straordinaria. Coloro fra i partecipanti che appartenevano ai ceti inferiori furono accolti in un vastissimo atrio illuminato da un candelabro centrale che pendeva dal soffitto. Sfociavano nell'atrio due enormi rampe di scale che si congiungevano su un pianerottolo, sul quale si trovava Edmund Van Khal affiancato da alcuni suoi, per così dire, collaboratori. Il Signor Van Khal sorrideva e sembrava squadrare tutti i presenti da capo a piedi dall'alto della sua posizione.
“Benvenuti!” esclamò il Magnate con aria di finta contentezza che celava secondo Carlos un enorme narcisismo e convinzione di superiorità rispetto a chi lo circondava.
Dopo qualche minuto di brusio, si levò lo squillo di una tromba e un uomo basso e paffuto cominciò ad annunciare varie persone dagli inutili titoli nobiliari.
“Julien ed Elyse Montfleur” chiamò il buffo personaggio.
Carlos si girò di scatto e fu abbagliato da una mirabile visione: Elyse indossava un vestito di raso rosso che aderiva perfettamente al suo corpo nella parte superiore e terminava in un'ampia gonna a balze; i capelli erano appuntati sopra il capo e le cadevano fluenti lungo le spalle e i suoi occhi brillavano vivaci alla luce delle infinite candele che irradiavano la stanza. La ragazza aveva gli occhi di tutti i ragazzi puntati su di sé. Killian la prese a braccetto, staccandola dal fratello, e la portò con sé. Carlos li seguì con sguardo corrucciato e li vide parlarsi in disparte e, cosa che lo fece sobbalzare, scambiarsi un bacio furtivo mentre credevano di non essere osservati da nessuno.
Che ti prende? Pensò tra sé e sé. Lei è solo una ragazza! Ce ne sono migliaia come lei! Già... ma tu vuoi proprio lei, vero? Sciocco! Sai che non potrà mai essere tua.
Mordendosi un labbro, si spostò verso la parte della sala dove servivano da bere.
“Si chiamava Richard DuBarry.” sussurrò Julien avvicinandosi a Carlos “Era indebitato con Edmund Van Khal e non solo con lui... Sembrerebbe che fosse coinvolto in loschi giri che gli hanno causato questa tremenda fine.”
“Bene. Cioè male per lui e bene per noi, intendo. A questo punto credo che la mappa sia solo un dettaglio irrilevante e chi l'ha ucciso in realtà non avesse la benché minima idea dell'esistenza del tesoro.” sentenziò Carlos che aveva ascoltato l'informazione dell'amico con la massima attenzione.
“Voglio fidarmi di te.” rispose il francese allontanandosi.


Nel corso della festa Carlos si trovò vicino ad Elyse.
“Elyse!” il ragazzo si rivolse a lei, trovando la forza dentro sé di usare un tono falsamente deciso “Io vorrei...”
In quel momento fu annunciato l'inizio delle danze ed Elyse, mettendogli una mano sulla spalla, si accostò a lui per ballare.
“Ditemi, monsieur”sussurrò lei con voce suadente.
In un solo istante a Carlos vennero in mente mille frasi diverse per esprimere quello che provava per la ragazza ma tutto quello che riuscì a dire fu:
“Sono geloso di Killian.”
Che cavolo ho detto! Accidenti a me!
Elyse rimase allibita.
“C-come avete detto?”
Carlos rimase in silenzio finché la musica non cessò.
“Avete capito benissimo invece. Voi vi siete accorta che io ci tengo a voi e vi dico anche questo: non ho mai tenuto a nessuna come tengo a voi! E voi... voi, capricciosa ragazzina, vi divertite con quel vostro... Scusatemi.”
Fece un inchino breve e rabbioso e si allontanò, lasciando la ragazza ferma ed allibita.
Elyse avrebbe voluto seguirlo e dirgli che in realtà fra lei e Killian era tutta una farsa per far arrabbiare Julien, un piacevole... molto piacevole divertissement, ma non ce la fece sul momento. Quando però trovò la forza necessaria, era ormai troppo tardi.
“Signorina Montfleur, quale immenso piacere rivederla!” disse un uomo prendendola per i fianchi.
Elyse, che aveva riconosciuto l'uomo col cappello piumato che l'aveva inseguita qualche giorno fa e che aveva già per sua sfortuna incontrato, ebbe un sussulto e le si gelò il sangue nelle vene.
“Voi.” disse con la bocca serrate e uno sguardo carico d'odio.
La melodia riprese e lei fu costretta a danzare con quel viscido verme, come lei stessa lo definì più volte. Non appena la musica cessò l'uomo, curando di non farsi vedere da nessuno, portò sulla bocca di lei un fazzoletto imbevuto di sonnifero che fece addormentare la ragazza, permettendogli di portarla via con sé.
“Vediamo se ora hai la stessa lingua lunga di prima, mademoiselle.”

 

Nella penombra del suo studio Edmund Van Khal stava seduto in poltrona, avvolto da una nuvola di fumo grigio. La porta si aprì lentamente, facendo penetrare un po' di luce e le risate degli ospiti. Un'imponente figura scura spiccava sullo sfondo.
“Entrate, Victor.” disse facendo un cenno distratto con la mano “Ho notizie molto... interessanti.”
L'uomo, dopo aver chiuso la porta, si fece avanti con passo pesante e si fermò davanti a Van Khal.
“Come ben sapete molti dei miei uomini, voi compreso, questa sera si sono mischiati tra gli ospiti per raccogliere informazioni su dove la nostra preziosissima mappa...”
Il signor Van Khal parlava sibilando quasi fosse un serpente e il suo tirapiedi stava impietrito come una statua.
“Al contrario di voi, tuttavia, che sembrate più interessato a trastullarvi con quell'insulsa ragazzina” proseguì Edmund con aria sprezzante “alcuni informatori si sono rivelati abbastanza utili: hanno infatti scoperto che la mappa è caduta -quale felice coincidenza!- nelle mani di Carlos Del Olmo. Quello sciocco di Du Barry, ah! Era talmente disperato da consegnare la mappa al figlio del suo migliore amico. Credeva forse che io non rammentassi la loro passata amicizia?!” scoppiò in una fragorosa risata. “Adoro” proseguì mentre si ricomponeva “quando spavento la gente a tal punto da farle perdere il senno.” Un ghigno compiaciuto era dipinto sul volto dell'uomo e i suoi occhi si illuminarono subito dopo aver sentito quanto Victor aveva da dire.
“Signore, volevo informarvi che sono riuscito a...” s'interruppe per un attimo “impossessarmi della signorina Montfleur. So benissimo che questo non è minimamente di vostro...”
“E invece, sorprendentemente, mi interessa. Ditemi: dove si trova in questo momento la signorina?”
“È addormentata nella mia carrozza, signore. Ho degli uomini che attendono le mie disposizioni.”
“Perfetto. I miei informatori mi hanno confermato l'esistenza di una copia della mappa e penso che si trovi a casa dei Montfleur. Dopo che l'avrete presa, salperete, portando con voi la vostra adoratissima Elyse.”
“Ma il fratello...” replicò l'altro esitando “lui andrà sicuramente a cercarla!”

“Ovvio! Ma vi lasciate forse intimidire da un'accozzaglia di giovani idioti che inseguono sogni senza speranza, senza sapere nemmeno contro chi si stanno mettendo? In tal caso mi deludete caro Victor. Ora andate e non perdete altro tempo!” concluse Van Khal in tono sentenzioso.




Spazio Autore
Salve! Come promesso, ecco la seconda pubblicazione settimanale. 
Tralasciando il titolo che è l'apoteosi del banale, questo è uno dei capitoli che preferisco in assoluto di tutta la storia: AMO I BALLI IN MASCHERA.Non ho proprio molte parole da spendere a riguardo. Uuuh, però sono curioso di sapere chi shippate e come vi sembrano i personaggi. Be', alla prossima settimana!
YAWZAH!

 

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Capitolo 5
*** Allons-y ***


Allons-y


“Carlos!” esclamò Julien disperato “Dove diavolo eri?! Elyse è scomparsa!”
Poco mancò che l'amico si soffocasse con un sandwich.
“Ma che diamine stai dicendo? Abbiamo ballato insieme sì e no dieci minuti fa! Sarà a spassarsela con qualcuno... con quel Killian, forse. A quanto pare è cotta di lui!” replicò Carlos facendo trasparire una nota di stizza.
“No, amico. Ti posso assicurare che quel Killian non l'ha più vista.” disse una voce alle sue spalle.
Carlos riconobbe all'istante che si trattava di Killian e desiderò sotterrarsi.
Quella che poteva essere considerata una vera e propria ciurma si riunì in men che non si dica e tutti si misero immediatamente alla ricerca di Elyse. Carlos accompagnò Julien fino a casa anche se trovarla lì era la più bella ed improbabile delle opzioni e anche loro ci speravano poco. Gli altri invece attuarono delle vere e proprie indagini al ballo senza purtroppo concludere nulla.

“Che cosa dirò a mio padre e a mia madre quando torneranno a casa?! Dimmelo, Carlos!”
Il ragazzo era disperato e la voce gli usciva notevolmente incrinata.
Carlos si sentiva dannatamente in colpa.
Se solo non l'avessi lasciata così di punto in bianco forse...
I due arrivarono finalmente alla casa dei Montfleur e lo spettacolo che si presentò dinanzi a loro non era per nulla rassicurante: il cancello così come la porta di casa erano aperti e tutto all'interno era stato messo a soqquadro. Julien controllò subito se la copia della mappa fosse a suo posto e, purtroppo, con sua amara sorpresa notò che questa era sparita. Dopo aver comunicato la notizia all'amico si mise a sedere su una sedia sconsolato e con la faccia tra le mani. Carlos lo osservò con un nodo alla gola e maledisse dentro di sé chiunque avesse fatto tutto quello. Poi notò una cosa che lo risollevò relativamente: una piuma verde scuro giaceva sul pavimento e a Carlos venne subito in mente il volto dell'uomo da cui Elyse era fuggita il giorno del loro primo, per così dire, appuntamento. Così, provando anche a descrivere l'aspetto dell'uomo per quanto ricordava, narrò per intero l'avvenimento all'amico che rimase basito e disgustato.
“Dobbiamo solo scoprire il nome di quel bastardo.” disse Carlos con la bocca serrata.
“Allora, siamo già un passo avanti: il suo nome è Victor Foyr, un verme di prima categoria, indesiderato cliente di mio padre e rinomato giocatore d'azzardo e frequentatore di bordelli.”
Julien pronunciò queste parole con quanto più odio e astio poteva.

Il giorno seguente la ciurma fu radunata, Carlos e Julien spiegarono tutto ai loro compagni e poi il primo dei due, presa la parola, cominciò a esporre il piano escogitato.
“Abbiamo ragione di pensare, visti i fatti dell'altra notte, che il rapitore, questo Victor Foyr, sia che abbia agito da solo o per conto di qualcuno, sia interessato non solo ad Elyse ma anche al nostro tesoro: per questo motivo dunque non dobbiamo assolutamente perdere altro tempo e salpare il prima possibile. Nel giro della mattinata furono in grado di radunare tutto il necessario sull'imbarcazione ed erano tutti pronti alla partenza. Al timone stava Remy, che attendeva ordini da parte di Carlos e Julien, che di fatto erano i capitani.
I due si scambiarono uno sguardo d'intesa e si posero l'uno alla destra e l'altro alla sinistra del timoniere.
Allons-y!” gridò Julien.
Vamos!” esclamò Carlos contemporaneamente.
Così la nave salpò dal porto di Calais, avvolta da un'aura di forza dirompente ed ottimismo.


 

Quando Elyse si svegliò, notò con suo disgusto di essere rinchiusa nella stiva di una nave e di essere, cosa che la lasciò di letteralmente di stucco, legata. I capelli biondi le cadevano arruffati sul capo e non c'era alcuna traccia dell'elaborata acconciatura della sera precedente; allo stesso modo il vestito, prima così bello ed elegante, appariva sporco e in alcuni punti strappato. In un primo momento la ragazza si sentiva la testa pesante e non riusciva a ricordare in maniera definita quanto fosse accaduto al ballo; poi, man mano che l'effetto del sonnifero svaniva, i ricordi le riaffiorarono in mente uno per uno. Una rabbia dirompente si stava impossessando della giovane che iniziò a dimenarsi febbrilmente. In quel momento la porta si aprì ed entrò nella stiva Victor Foyr; l'uomo si avvicinò alla ragazza e le accarezzò i capelli e rivolgendole uno sguardo ben poco rassicurante le disse:
“Dormito bene, splendore?”
Elyse tacque e non riuscì ad evitare di manifestare sul proprio volto tutto il suo disgusto.
“Voi... voi... la pagherete, viscido verme!” gridò la ragazza con quanto più fiato aveva in corpo.
La sua minaccia non ebbe tuttavia l'effetto sperato e il rapitore proruppe in una risata gutturale.
“Non siete altro che una sciocca! Credete forse che io non sia preparato a ricevere vostro fratello e i suoi compagni scriteriati?”
Elyse si morse il labbro inferiore nervosamente ed abbassò lo sguardo.
“A proposito grazie infinite per questa” disse l'uomo, esibendo la mappa con aria tronfia, mentre usciva dalla stiva. La porta si chiuse alle spalle di quello, e la stiva precipitò nuovamente nella semioscurità.
Gli uomini e le loro manie di superiorità. Credono di essere superiori... Bene, lo farò vedere io a tutti loro quanto una donna possa essere in gamba!
Questo pensava Elyse fra sé e sé e, risoltasi ad uscire di lì una volta per tutte, cominciò a scuotere la testa in qua e in là. A molti potrebbe a prima vista apparire una mossa senza senso ma Elyse sentiva che il fermaglio a forma di stella ad otto punte stava per cedere e se fosse riuscita, con sua grandissima fortuna, a farselo cadere in mano, avrebbe potuto tagliare le corde che la tenevano legata. Le ci volle un po', ma fortunatamente dentro di lei in certi casi la caparbietà aveva la meglio sull'impazienza. Il più ormai era fatto: doveva solo insistere con dei movimenti lineari e segare la corda. Il tempo passava ed Elyse sentiva crescere anche la fame.
Finalmente! Sono libera! 
Pensò la ragazza tirando un sospiro di sollievo quando sentì la corda spezzarsi e liberale i polsi.
Si alzò e, preso un arnese a caso da lì, si appostò accanto alla porta.
“C'è nessuno lì fuori?”
Non ci fu alcuna risposta.
“State lasciando una povera ragazza a morire di fame! Che comportamento da veri gentiluomini!”
Esclamò Elyse con più forza.
Dopo qualche istante sentì che qualcuno si stava avvicinando.
Aspettò che avesse chiuso la porta e poi lo colpì alla testa con quell'arnese senza ucciderlo ma lasciandolo a terra svenuto. La ragazza colse l'occasione per liberarsi di quegli abiti ingombranti ed indossarne di più comodi, prendendoli gentilmente in prestito dal pover'uomo che giaceva a terra senza sensi. Diede un'occhiata fuori e vide che il sole era già tramontato.
Mi hanno veramente lasciata senza cibo!
Pensò stizzita.
Uscì sul pontile e vide molti uomini a dormire tranquilli. Emanavano odore di alcol e questo bastò a farle capire che non si sarebbero svegliati tanto facilmente; passò davanti a quello che doveva essere il cuore della nave, la stanza del capitano, che era illuminata dalla luce di alcune candele. Arrivò fino al fondo della nave, dove, in teoria, dovrebbero esserci delle specie di scialuppe di salvataggio. Quando vide che ce n'erano alcune, Elyse si rallegrò molto.
Almeno non sono stata rapita da degli sprovveduti!
Facendosi forza e maneggiando qua e là riuscì a calarne una in mare e a mettersi sopra. Cominciò ad remare, allontanandosi sempre di più.
Intelligente, Elyse. Fuggire nel bel mezzo della notte senza sapere dove andare.
Era ancora troppo presto per gioire: qualcuno si era accorto della sua assenza ed aveva avvisato il capitano, che si era precipitato subito lì.
“Tu, maledetta!” gridò, sporgendosi dal parapetto.
Elyse, di tutta risposta, gli strizzò l'occhio e gli mandò un bacio, mentre si allontanava nella notte.

“Ah! Che la mangino gli squali!” sbottò Victor, infuriato.


Spazio Autore

Salve a tutti! 
Quanti di voi hanno pensato a DOCTOR WHO dopo aver letto il titolo? 
Ebbene sì, sono ossessionato da quella serie tv e odio la BBC perché mi fa patire troppo. 
Questo è l'unico titolo che mi è venuto in mente e mi sembrava il più, come direbbe il mio professore di storia, precipuo.
Be', io sono su di giri perché il prossimo capitolo è il mio preferito in assoluto di tutto Carlos. Non vi dico nulla perché sarebbe spoiler e non voglio rovinarvi la sorpresa. 
Alla prossima, carissimi lettori! 
xoxo

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Capitolo 6
*** Scelte ***


Scelte




Elyse vagava per mare ormai da alcune ore e della terraferma non c'era alcuna traccia; nonostante ciò, la ragazza cercava di non perdersi d'animo e sperava che prima o poi avrebbe rivisto o la costa o un'altra nave, possibilmente quella con suo fratello a bordo. Ben presto la stanchezza cominciò a farsi sentire e gli occhi quasi le si chiudevano; non riusciva a vedere distintamente ciò che si cominciava a scorgere all'orizzonte ed infatti credette in un primo momento che fosse un'allucinazione. Dopo che ebbe realizzato che non lo era, cominciò ad agitare le braccia e a gridare a perdifiato e, per sua grandissima fortuna, ebbe l'effetto sperato: la nave si avvicinò e dal pontile fu gettata una corda per farla salire sull'imbarcazione. La ragazza vi si aggrappò, tenendosi ben salda e sfruttando le ultime energie che le erano rimaste in corpo. Finalmente fu a bordo e, non appena vide i volti dei suoi amici, di Carlos e di suo fratello, tirò un sospiro di sollievo.
“Elyse!” esclamò il fratello. “Grazie al cielo sei salva!”
Gli sarebbe corsa incontro e l'avrebbe abbracciato, se soltanto le forze non l'avessero abbandonata nel momento in cui aveva provato a muovere qualche passo verso di lui, col risultato di finire tra le forti braccia di Carlos, che prontamente si era slanciato in avanti.

Quando si svegliò, Elyse trovò seduti accanto a sé suo fratello, Carlos e Killian.
“Non sto mica morendo, su! Sembrate al mio capezzale...” commentò la ragazza mentre si metteva a sedere sul letto. Raccontò per filo e per segno tutto quello che era accaduto da quando era stata rapita, per quanto fosse in grado, mentre suo fratello l'aggiornò su quanto loro avevano scoperto, cioè le spiegò che Van Khal avrebbe fatto di tutto per ottenere il tesoro e che Victor non era altro che un suo tirapiedi. La domanda che tutti si erano già posti tra sé e sé e che nessuno osava fare era se proseguire nell'avventura e dare una lezione a Van Khal e ai suoi scagnozzi oppure desistere e tornare a casa. Carlos, intuendo dagli sguardi pensierosi degli altri cosa stessero pensando, balzò in piedi ed esclamò:
“Per tutti gli dei dell'Olimpo! Io una lezione gliela voglio dare a quei damerini! Con o senza di voi, preferibilmente con voi, troverò quella stramaledettissima nave e allora avranno pane per i loro denti, così imparano a far del male agli amici di Carlos del Olmo!”
Detto questo Carlos fece un'uscita volontariamente plateale, sbattendosi la porta alle spalle; gli altri invece rimasero ammutoliti e sorpresi da un tale scatto e solo dopo cinque minuti buoni Julien si decise a seguirlo.

Pierre diede il cambio a Remy alla guida della nave così che il fratello potesse riposarsi; tornato nella propria cabina, si distese sul letto e per curiosità cominciò a guardare altre carte, che aveva lì con sé, nella speranza di trovare qualche dettaglio in più sul luogo. Fu così che per puro caso trovò una cartina con una breve descrizione della spiaggia; non appena l'ebbe letta, si alzò di corsa ed andò da Carlos.
“Cosa hai detto che c'è scritto sulla tua mappa, Carlos?” chiese Remy con agitazione.
Il ragazzo alzò un sopracciglio e lesse. Fu solo allora, confrontando le due carte, che Carlos si accorse di aver sbagliato a leggere. Il nome della spiaggia era “litus mortui spirantis”, spiaggia del morto che respira: era così chiamata in quanto sia la costa in quel punto che il mare erano spesso avvolti da una fitta nebbia che impediva la vista quasi totalmente.

Il sole ormai stava quasi per tramontare e la nebbia cominciava lentamente ad infittirsi, quando Carlos e il suo equipaggio avvistarono una nave, che recava sulla bandiera due serpenti avvolti fra di loro: il simbolo di Edmund Van Khal.
“Un animale viscido, per una persona altrettanto viscida” commentò Carlos sprezzante mentre passava il cannocchiale a Nicholas. Qualche istante dopo la nave disparve nella fitta nebbia. Il piano non prevedeva un attacco diretto, che sarebbe stato una specie di suicidio, ma di arrivare al tesoro prima dei loro nemici e tendere loro un'imboscata; tuttavia i nostri eroi furono costretti a combattere quando improvvisamente la nave riapparve e agganciò delle piattaforme in legno la loro imbarcazione, un po' come fecero i Romani durante la prima guerra Punica per riuscire a combattere corpo a corpo, pur essendo in mare. Carlos e i suoi ebbero appena il tempo di afferrare le armi. Il pontile fu invaso dagli uomini di Foyr, tutti esperti combattenti o, almeno, più esperti di loro. Lo scontro fu di breve durata: gli uomini di Victor li sopraffecero facilmente, non solo grazie alla loro abilità ma anche in quanto erano molto più numerosi. Pierre e Remy si spalleggiavano l'un altro e si batterono con molto ardore, finché non furono disarmati; allo stesso modo Killian combatté con tenacia ma non poté far altro che arrendersi, dopoché un uomo corpulento l'ebbe ferito alla spalla, facendogli cadere di mano la spada. Nicholas fu colpito alla testa e cadde privo di sensi. Rimanevano soltanto in tre. Elyse si liberò di un aggressore, facendogli lo sgambetto.
“Mossa un tantino sleale” commentò Carlos mentre respingeva con nonchalance gli affondi di uno.
“In amore e in guerra tutto è lecito, non ve l'hanno insegnato?” replicò la ragazza con aria tronfia.
La ragazza non ebbe il tempo di gongolare per la propria vittoria, che due uomini improvvisamente l'afferrarono da dietro. A quella vista, Julien si distrasse e così fu sopraffatto dall'avversario, mentre Carlos fece per slanciarsi verso di lei ma si sentì bloccato dalla punta di una spada sulla sua schiena.
“Fine della partita.” sentenziò una voce alle sue spalle.
Victor Foyr si guardava intorno: vedere quei 'ragazzini' sconfitti ed affranti gli procurava un perverso senso di soddisfazione: sentiva di averli in suo potere e di essere in grado di giocare come un gatto col topo.
“Ti faccio un'offerta unica ed irripetibile, ti prego di considerarla con attenzione; vattene adesso e salva soltanto la ragazza. Attento: un passo falso e non sarai morto solo te ma anche tutti i tuoi preziosi amici.” continuò Victor con un ghigno beffardo sul volto.
A Carlos si gelò il sangue nelle vene: non sapeva che fare. Sapeva che Julien si sarebbe sacrificato per sua sorella, ma non voleva tradire tutti i suoi amici; d'altra parte, se si fosse rivoltato contro Victor, questi avrebbe dato ai suoi uomini l'ordine di ucciderli tutti. Passarono istanti di assoluta tensione e sembrava che tutti stessero trattenendo il fiato.
“Va bene.” disse a Carlos a denti stretti e coi pugni serrati. “Solo se mi prometti che non torcerai a nessuno di loro un capello.”
Carlos non guardava nessuno: teneva gli occhi rivolti in basso e i riccioli, attaccati al volto per il sudore, gli coprivano la faccia. Sapeva che probabilmente non quella non era la scelta giusta, ma almeno, si disse, era quella che avrebbe lasciato tutti vivi.
“Corri a salvare la tua donzella in difficoltà, eroe!” sibilò Victor Foyr mentre faceva un gesto ai due uomini che tenevano Elyse. Carlos rimase impietrito dall'orrore quando vide la ragazza esser lasciata precipitare in mare, dopo che gli ebbe rivolto uno sguardo disperato.





Spazio Autore
Chiedo umilmente perdono: ho rimandato di una settimana il "famoso" capitolo. 
Non fucilatemi per questo, ma per la fine che ho fatto fare alla povera Elyse. LOL
Spero che si sia avvertito un po' di pathos in questo momento della narrazione, anche se l'acme deve ancora essere raggiunto (inserire risata malefica qui). Ok, il riferimento a Roma è andato da sé, tanto ormai sono affetto da una qualche forma di disagio e ne sono consapevole.
Nonostante l'inizio della storia non dovrei lo stesso aver problemi con l'aggiornamento di questa fanfiction: potrà slittare di un giorno (massimo due) o addirittura essere anticipata. ^^ L'unico problema, per chi mi segue anche "fuori" da EFP, potrebbe esserci con l'altro lavoro di cui credo di avervi parlato, che è ancora a un punto... morto. 
Be', la smetto di blaterare e vi saluto!
Tanto amore a tutti quelli che stanno seguendo questa storia xxx

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Capitolo 7
*** Nella notte ***


Nella Notte





“NO!” gridò Carlos mentre correva al parapetto del pontile.
Corse alle scialuppe di salvataggio e ne gettò una in mare, una piccola e più leggera delle altre; poi si calò giù e non rivolse un ultimo sguardo a nessuno, né agli amici né ai nemici. La vista gli era ostacolata dalla nebbia in maniera non indifferente; continuava a gridare il nome della ragazza a voce così alta da squarciare il cielo. Nella sua voce c'erano dolore e disperazione. Sentì una voce, flebile e spezzata, che lo chiamava; seguendola trovò Elyse che annaspava. La caricò immediatamente su e si allontanò da lì immediatamente, raggiungendo un piccolo isolotto che aveva visto tracciato sulla mappa di Remy e vicino a cui erano passati una decina di minuti prima.

Una volta sulla terraferma, Elyse si gettò in terra e sputò fuori l'acqua che le era entrata nei polmoni. Anche Carlos si gettò a terra, stremato, poi, vedendo che la ragazza tremava come una foglia, si precipitò subito alla ricerca di qualche rametto per accendere un fuoco e riscaldarsi. Elyse tentò come poteva di asciugarsi i vestiti; quando ebbe finito, gli si avvicinò in lacrime, il volto semi-illuminato dalla luce del fuoco.
“Grazie per avermi salvata.” sussurrò lei con voce tremante.
Carlos non disse nulla: sapeva infatti che salvarla aveva avuto un alto prezzo.
“Però gli altri... loro... Julien...”
Elyse parlava singhiozzando e, quando non ce la fece più a parlare ed il dolore prese il sopravvento, si gettò tra le braccia del ragazzo, battendogli debolmente i pugni sul petto.
A quella vista, Carlos si impietosì come non mai ed allora le sussurrò all'orecchio che lui e suo fratello avevano già pensato ad una piega simile degli eventi. Le disse che aveva giurato di proteggerla e che avrebbe fatto comunque tutto il possibile per salvare Julien e gli altri.
La ragazza dopo un po' si calmò e riuscì ad addormentarsi. Carlos vide che anche nel sonno, continuava ad agitarsi, forse per un incubo o forse per il freddo, così si sfilò la giacca e gliela mise addosso come coperta. Fatto questo, si mise a sedere vicino a lei e la osservò calmarsi e dormire beata come un bambino. Sorrise dolcemente prima di abbandonarsi anche lui all'abbraccio di Morfeo.

Elyse si svegliò all'improvviso e fu percorsa da una strana sensazione, come se le mancasse il respiro. Il suo sguardo si incrociò subito con quello di Carlos.
“Elyse,” disse quasi sussurrando “state bene adesso?”
Fece cenno di sì col capo: anche se i muscoli le facevano male e la testa era un po' appesantita, si sentiva abbastanza in forze. A quella risposta, Carlos le rivolse un sorriso abbozzato e rimase in silenzio. Elyse lo osservò attentamente: il ragazzo era seduto a pochi passi da lei, teneva le braccia intorno alle ginocchia e fissava il fuoco. I suoi occhi, i suoi bellissimi occhi verdi brillavano al luce della fiamma che crepitava; il loro colore le ricordava quello dell'erba fresca della campagna ed ogni volta che incrociava il suo sguardo, si sentiva inevitabilmente attratta verso di lui. Carlos pareva non accorgersi del suo sguardo indagatore. Il ragazzo era senza giacca e la camicia bianca, aperta, lasciava intravedere i muscoli del torace.
È veramente bello, pensò. Agli occhi della ragazza appariva di una bellezza straordinaria, quasi fosse un angelo sceso dal cielo o uno di quei principi d'Oriente di cui si legge nelle fiabe o uno degli eroi dell'antichità; almeno lei se li era sempre immaginati a quel modo.
Solo allora si accorse di essere coperta dalla giacca del ragazzo. Doveva averla coperta mentre dormiva, per forza. Elyse si alzò e gli si sedette accanto.
“Grazie.” gli disse porgendogli la giacca.
“Vi ho vista tremare nel sonno...” rispose lui a voce bassa “ho pensato che aveste freddo.”
La ragazza ebbe un sussulto e il cuore le balzò nel petto.
“Ce l'hai già un piano?”
Era la prima volta che gli dava del “tu”, ma sentiva ormai di poterlo fare.
Il ragazzo fece di sì col capo e poi disse:
“Entro la mattinata saranno giunti al luogo indicato dalla mappa. La spiaggia è molto spesso avvolta dalla nebbia e proprio questa noi sfrutteremo per intrufolarci a bordo, mentre Victor Foyr e i suoi uomini sono alla ricerca del tesoro. Immagino che lascerà la nave con solo qualche uomo a difenderla e non sarà troppo difficile liberare i nostri amici.”
Elyse lo guardò ma lui teneva lo sguardo fisso sul fuoco; c'era qualcosa che non andava e non riguardava il piano o altro, ma loro due. La ragazza appoggiò il capo sulla spalla del ragazzo, che si irrigidì all'istante; la ragazza sentiva il proprio battito cardiaco accelerato e, cosa che notò con sorpresa, lo era anche quello di Carlos. Dopo qualche istante, il ragazzo si alzò bruscamente.
“Che hai?” disse lei, poggiando una mano sul braccio di lui.
Senza dire niente, si spostò, liberandosi della sensazione, bellissima e dolorosa, del contatto con Elyse. La ragazza sentì come una fitta in pieno petto.
“Sentite...” disse guardandola dritto negli occhi “io non aspetterò certo di essere scelto da voi.”
Carlos non si era mai sentito così prima di quel momento: percepiva il proprio cuore come preso a colpi, come fosse uno scoglio battuto dalle onde del mare in tempesta.
“Non capisco... E poi smettila di darmi del voi: siamo amici ormai, no?”
Elyse non aveva mai visto Carlos così turbato, lui che era il ritratto della spensieratezza.
“Credete che io non abbia visto come vi comportate con Killian?” proseguì lui, con tono deciso. “Credete che io non capisca che voi l'amate?”
Elyse sobbalzò dallo stupore.
“Non è assolutamente vero! Io non lo amo... Quello che c'è fra me e Killian non è altro che un gioco per farci beffa di mio fratello. Non che non trovi Killian attraente, certo ma io ti posso giurare su quello che vuoi che io non l'amo e non lo farò mai, perché..." 
Carlos non la fece finire.
“Allora è questo che fate con i sentimenti altrui! Li disprezzate, non è così?”
La ragazza si avvicinò e fece per prenderlo per mano ma non glielo permise; Carlos si voltò con uno scatto brusco e serrò i pugni.
“Accidenti a me e alla mia lingua lunga!”
Elyse percepì il respiro affannato e la voce spezzata.
“Ho già detto fin troppo, ma ormai tanto vale che vi dica anche questo.” concluse Carlos, voltandosi. Seguì un attimo di silenzio: i due si fissavano intensamente negli occhi e una lacrima rigò il volto del ragazzo.
“Io vi amo, Elyse Montfleur. Vi amo e tengo a voi come non ho mai tenuto a nessuna donna in questo mondo. L'ho capito fin dal primo momento in cui vi ho vista. L'ho capito fin da subito che eravate speciale. E... e...”
Ci fu un momento di esitazione e la voce gli si incrinò per l'emozione.
Finalmente era riuscito a dire quello che provava, finalmente si era liberato di un peso che si era fatto sempre più crescente di giorno in giorno.
La ragazza rimase immobile e non riusciva a capire quello che il cuore stava cercando di dirle, ma quando sentì Carlos che, dopo averle delicatamente cinto i fianchi con le mani, l'attraeva verso di sé, comprese che era quello che anche lei aveva sempre voluto.
“Anche io vi amo e...” iniziò a dire lei, sentendosi mancare il respiro.
Il ragazzo portò una mano sotto il mento della ragazza e le inclinò leggermente il viso.
“Ssst. Mi basta questo.” le sussurrò all'orecchio. “Non dite altro.”
Appoggiò le sue labbra su quelle della ragazza e la baciò; la strinse ancora più forte a sé quasi a voler dire “Io sarò tuo per sempre”, mentre lei gli accarezzava il viso e gli passava le mani fra i folti ricci scuri. In quel momento, che sembrò durare un'eternità, c'erano solo loro due e il loro amore che finalmente veniva manifestato apertamente; le loro paure, le prove che avrebbero dovuto affrontare e ciò che li circondava sembrarono sparire. Dopo essersi separati l'uno dall'altra, Carlos, rivolgendole un ampio sorriso, disse:
“Ho sempre pensato che l'uso del voi renda tutto molto più poetico.”

Entrambi scoppiarono a ridere.










Spazio Autore
Salve a tutti! La scuola non mi ha (ancora) ingoiato nella sua spirale oscura e yay eccomi qui!
Spero vivamente che almeno un po' vi siate commossi: ci ho messo l'anima per descrivere questo momento di intimità. Sì, ormai s'è capito che il povero Killian tanta speranza non ce l'ha, anche se... E lascio la suspense. Insomma, se avete provato qualcosa, sono contento. Come avrete più o meno capito, la narrazione si sta avviando al termine, per fortuna o purtroppo. Con la speranza che rimarrete con Carlos fino alla fine, alla prossima!

 

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Capitolo 8
*** Di Nuovo Insieme ***


 

Di Nuovo Insieme 




La mattina seguente fu interamente spesa tra i preparativi e la navigazione; nessuno dei due sembrava aver intenzione di parlare di quanto era accaduto la sera prima. Dopo alcune ore di navigazione, giunsero in un punto in cui la nebbia era fittissima e non si riusciva quasi a vedere ad un palmo dal naso. Carlos teneva costantemente sotto controllo la mappa: era infatti fin troppo facile perdersi in quella foschia. Ad un certo punto intravidero all'orizzonte il profilo scuro della costa, così continuarono a remare in quella direzione, col cuore che batteva a mille. Una volta giunti più in prossimità della costa, videro che una nave era lì ormeggiata. Carlos, dopo aver fermato l'imbarcazione, scattò in piedi all'improvviso per lanciarsi all'attacco.
“Carlos...” gli sussurrò la ragazza prendendolo per un braccio. “Ti amo.”
Il ragazzo le rivolse un ampio sorriso e la baciò delicatamente sulle labbra.

Elyse e Carlos salirono a bordo della nave, della loro nave, di cui Victor si era impossessato.
“Se quel tizio ha sciupato qualcosa,” commentò Carlos con ironia per smorzare un po' la tensione “Nick ucciderà prima lui e poi me per averlo coinvolto in questa storia!”
Elyse si lasciò scappare una risatina. Decisero di non separarsi: almeno uniti avrebbero avuto più possibilità di successo. Contarono una decina di uomini circa e questo non fece che aumentare le speranze in Carlos, che, pur non dandolo a vedere per non preoccupare troppo la ragazza, era abbastanza inquieto. Entrarono in una cabina a caso perché sinceramente nessuno dei due aveva mai pensato a dove poter tenere un prigioniero su quella nave. Era una cabina sottocoperta, che non avevano avuto bisogno di usare e che sembrava una delle più probabili. Tirarono un sospiro di sollievo quando trovarono Killian, legato ad un palo: il ragazzo era seduto, gli occhi chiusi e la testa inclinata da una parte. Elyse si precipitò da lui e gli prese il volto fra le mani, notando un labbro spaccato e un livido su una guancia.
Mio Dio! Che l'abbiano torturato?, pensò.
“Killian... Killian!” sussurrò “Stai bene?”
Il cuore di Carlos cominciò a battere all'impazzata.
Dopotutto ti ha detto che è non prova niente per lui, no?, si disse.
Carlos smise di pensare ai suoi sentimenti, quando vide che Killian si stava svegliando.
“Elyse... Devi fuggire di qui subito, prima che ti... vi torturino.”
Si corresse quando si accorse della presenza di Carlos nella stanza. Il giovane si staccò dalla parete contro cui stava appoggiato, emergendo dalla penombra; si avvicinò a Killian, sfoderò un coltello, unica arma che gli era rimasta, e si apprestò a tagliare le corde che lo tenevano legato.
Sentirono dei passi in prossimità della porta; Elyse si nascose dietro una scaffalatura di legno, mentre Carlos si buttava sotto un cumulo di panni. Dalla porta entrò un uomo sui trent'anni, non molto alto e paffutello, che teneva in mano una scodella con del cibo.
“Questo posto mi mette i brividi! Non vedo l'ora di tornare a Calais...” commentò l'uomo ad alta voce. Carlos, che voleva in parte divertirsi durante la sua rivincita, fece volontariamente un rumore che mandò in allarme l'uomo.
“C-Chi c'è?! Chi altro c'è in questa stanza!” gridò con la voce incrinata dalla paura.
Carlos lanciò una specie di risata malefica, rimanendo sotto i panni. Da piccolo si divertiva un mondo a spaventare i suoi amici con questi scherzi sostanzialmente idioti e fu contento di vedere che il suo 'talento' non si era arrugginito.
Mentre il tale non guardava da quella parte e gridava cose come “Palesati orribile creatura!” al muro, Carlos si alzò lentamente coperto di quei panni.
“CHI SEI?!” gridò quello sbraitando.
“Tua nonna.” replicò Carlos.
L'uomo rimase bloccato dalla sorpresa e Carlos colse l'occasione per mollargli un pugno in faccia talmente forte da mandarlo a terra semi-svenuto. Successivamente, Carlos aiutò Killian ad alzarsi ed i tre uscirono di lì, facendosi guidare da Killian per trovare gli altri.

“Vedo che te la sei presa comoda, eh!” commentò Nicholas mentre si massaggiava i polsi. “Sappi che, se hanno sciupato la mia nave, Edmund Van Khal sarà l'ultimo dei tuoi problemi, Carlito.
“Sono contento anche io di vederti” rispose l'altro sorridendo.

In meno di un'ora riuscirono a recuperare tutto l'equipaggio e si appostarono sul punte.
“Intrusi a bordo! Intrusi a bordo” gridò un uomo.
“Maledizione! Ma pare solo a me o questi tizi spuntano come funghi?!”
Era stato Remy a parlare e a prendere in mano la situazione. Stavolta lo scontro fu meno acceso ma almeno era alla pari. Tutti i nostri eroi combatterono agguerritamente e mossi dalla voglia di vendicarsi dello smacco subito la sera prima, però più di tutti si distinse, quasi inaspettatamente, Elyse. Due uomini le stavano davanti con aria minacciosa.
“Due contro uno non è leale.” commentò la ragazza mentre faceva roteare un bastone “dovreste essere almeno in tre per potermi battere.”
Ne allontanò uno, colpendolo con un calcio in pieno petto, e, mentre quello si riassestava, mise abilmente fuori gioco l'altro.
“Julien!” esclamò Carlos mentre teneva saldamente bloccato un avversario “Te l'ho mai detto che amo tua sorella?”
Dopo un momento di iniziale smarrimento l'altro replicò:
“Ma ti pare il momento appropriato?! Comunque, felicissimo per voi!”
“Be', meglio tardi che mai!”
Carlos si liberò finalmente dell'ultimo avversario: avevano vinto.

Legarono tutti gli uomini e s'impossessarono di alcune armi. Adesso, riuniti ed armati in maniera adeguata, erano veramente pronti allo scontro finale e a conquistare il meritato tesoro. Scesero sulla spiaggia. Per Julien e gli altri che erano stati fatti prigionieri fu bello sentire di nuovo la terraferma sotto i piedi. Carlos e Julien si misero in testa al gruppo, si rivolsero uno sguardo pieno di determinazione e si misero in marcia: presi da nuova grinta e da un rinnovato spirito di avventura, potevano già sentire il tintinnio delle monete d'oro fra le loro mani e vedere gli sguardi increduli della gente di Calais, una volta scoperto il vero volto di Van Khal.









Spazio Autore
Ciao a tutti! Mi scuso per il ritardo con cui pubblico, ma ho avuto una settimana abbastanza indaffarata.
Non so sinceramente che dire: la ciurma è di nuovo insieme e pronta più che mai a farla pagare a Van Khal e ai suoi tirapiedi. 
Ce la faranno? Non ce la faranno? Arriveranno altri plot twists? Tutto questo nella prossima puntata! (Per la cronaca: non sarà l'ultimo capitolo)

 

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Capitolo 9
*** Lo Scontro ***



Lo Scontro 


Camminavano ormai da tempo e tutti iniziavano a sentire l'umidità che penetrava a fondo nelle loro ossa. Il paesaggio era veramente spettrale: l'oscurità calava sul bosco in cui si erano appena inoltrati e la nebbia avvolgeva i fusti degli alberi, mentre si sentivano provenire dal mare il fragore dei tuoni.
Tra poco quella tempesta arriverà anche qui..., pensò Carlos mentre si stringeva nelle spalle.
Riuscirono una buona volta ad uscire dalla foresta e si sentirono sollevati alla vista di un'imponente montagnola scura che si ergeva dinanzi a loro. Era la grotta indicata sulla mappa: là avrebbero trovato gli Victor Foyr e il tesoro.
“Amici e compagni,” esordì Carlos in tono plateale, facendo voltare tutti verso di lui.
Forse dovrei fare l'attore, pensò compiaciuto.
“Siamo giunti alla nostra meta dopo tanta fatica e rimanendo sempre insieme, nel bene e nel male. Abbiamo superato notevoli difficoltà, ma ormai il più è fatto: non ci resta che andare là e conquistarci la gloria! Ah!”
Gli si avvicinò Julien a braccia aperte
“Amico mio...” disse prima di tirargli un colpetto sul capo. “Non sei mica Giulio Cesare...”
“Ahi! Era per tirarvi un po' su di morale, è mezz'ora che avete dei musi lunghi che vi arrivano a terra...”
Conclusa questa breve commedia, il nostro gruppo, accese alcune torce, si addentrò nella caverna.
È scontato dire che c'era buio pesto, le pareti erano umide e le pietre del terreno, scivolose, rendevano difficile camminarvici. Mentre procedevano quasi trattenendo il respiro, udirono in lontananza delle voci: una, più potente delle altre, sembrava che stesse dando ordini a destra e a manca, mentre le altre si risolvevano in un brusio indistinto. Dopo aver svoltato a sinistra, si ritrovarono in uno spiazzo, al centro del quale si trovava un baule ricolmo d'oro che scintillava alla luce delle fiaccole; attenti a non farsi vedere, Carlos e gli altri si disposero dietro alcuni massi più grandi e stavano in attesa del momento più opportuno per coglierli alla sprovvista.
“...è un po' in ritardo.”
Victor Foyr stava parlando con un uomo, che nessuno riuscì a vedere distintamente fin quando il suo volto non fu illuminato dal fuoco. Carlos sobbalzò, facendo rotolare giù dei sassi.
Foyr alzò lo sguardo e disse, con un ghigno beffardo:
“Su, non essere timido!”
Il ragazzo fece un respiro a pieni polmoni, strinse i pugni e si alzò.
“Padre.” disse, guardando negli occhi l'uomo di fianco a Victor.


I minuti seguenti furono carichi di tensione: Carlos era di nuovo alle strette e si aspettava che Foyr gli chiedesse di scegliere fra suo padre e i suoi amici, e quest'ultimi erano troppo sconvolti dall'ultima rivelazione per poter fare qualcosa.
“Oh, andiamo! Dov'è finita tutta la tua spavalderia?”
Carlos rimase in silenzio per qualche istante, poi, a denti stretti, disse:
“Voglio... voglio delle spiegazioni. Adesso.”
Dopo alcuni istanti di silenzio, la voce di Victor Foyr si sollevò, temibile.
“Tanto morirete qui oggi o sarete messi a tacere da Van Khal, quindi tanto vale che vi spieghi le cose come stanno. Innanzitutto sapete già, se voi due” disse indicando Elyse e Julien “siete abbastanza svegli, che io sono invaghito della signorina Montfleur. Oh, ma che orrore! Oh, che villano!”
Fece qualche gesto un po' teatrale: si sentiva padrone della scena con gli occhi di tutti rivolti su di sé. Nessuno diceva niente.
“Per quanto riguarda Van Khal è ancora tutto lineare. Quale sarà mai il suo intento?” proseguì con una punta di ironia “Controlla già una buona parte di Calais. Il tesoro è solo un ulteriore mezzo per accrescere le sue risorse e corrompere altri uomini e proseguire la sua ascesa sociale. Credo che abbia in mente qualche omicidio per sbarazzarsi dei suoi rivali ed ottenere un posto a corte. Ma tanto sono tutte cose che in questo spietato mondo succedono, no? Comunque, adesso viene il bello: Richard DuBarry. Quello stolto si era indebitato con Van Khal e aveva tentato in tutti i modi di liberarsi di quel fardello; una volta venuto a sapere di una mappa che conduceva ad un tesoro, ha colto l'occasione al volo e gli ha rubato la mappa. Era talmente stolto da non pensare a cosa stava andando incontro. L'ira del signor Van Khal è tremenda di suo, immaginate voi cosa possa fare a chi lo tradisce. Il caro Richard però, guarda caso, è intimo amico del qui presente Pedro del Olmo, il tuo adoratissimo padre” disse, rivolgendosi a Carlos.
Il silenzio era pesante ed questa rivelazione incombeva a tutti come una spada di Damocle sul capo.
“Prima di venire a sapere che Van Khal lo voleva morto, DuBarry aveva già mandato lettere a tuo padre, richiedendone la presenza a Calais per delle questioni di vitale importanza. Tuo padre, vedendo che le lettere si facevano sempre più frequenti e le richieste più pressanti, aveva esortato Richard a trovarti e a parlare con te. Così...”
Carlos lo interruppe.
“Così mi ha trovato e mi ha dato la mappa, però aveva già scoperto che Edmund lo voleva uccidere e non mi ha detto niente per questo motivo. Poi Richard è stato assassinato e immagino che Van Khal o chi per lui si siano informati e abbiano scoperto di me o impossessandosi delle lettere o dalle voci della gente al ballo. Ingegnoso devo ammetterlo.”
La situazione era una polveriera pronta ad esplodere e non appena Foyr ebbe finito di parlare si scatenò il caos: Victor diede ai suoi uomini l'ordine di attaccare, Carlos e gli altri risposero prontamente. Lo scontro si protrasse per alcuni minuti, nei quali Victor colse l'occasione di fuggire col tesoro trascinandosi dietro Pedro. Non appena Carlos si fu liberato di un nemico, precipitò all'inseguimento: pur impegnato a combattere, non l'aveva perso d'occhio e aveva visto dov'era andato. Lo raggiunse e gli puntò la spada contro la schiena.
“Arrenditi.” sussurrò con tono minaccioso.
Victor non lo ascoltò e replicò con un affondo. Il ragazzo seppe schivarlo abilmente ma parte della sua veste fu stracciata. L'uomo agguantò il padre di Carlos e gli puntò la spada alla gola.
“Fai un altro passo e potrai dire addio a tuo padre.”
Il ragazzo rimase per un momento impietrito, poi si slanciò all'improvviso. Pedro urlò quando sentì la spada ferirgli la spalla: l'intervento improvviso di Carlos aveva deviato il colpo. Gli altri due rotolarono in terra avvinghiati; Carlos sentì una lama conficcarglisi nel braccio destro ed emise un grido di dolore lacerante. Si rialzò e, brandendo la spada con l'altra mano, balzò all'attacco, disarmando il nemico.
“Pietà. Ti scongiuro, so che non sei un assassino.” piagnucolò Victor Foyr ai piedi del giovane.
Carlos stava per ribattere ma quando vide che l'uomo stava tentando di prendere la lama da terra, con un'abile rotazione del polso gli ferì entrambe le mani così da impedirgli di maneggiare la spada.
Tornarono nell'altra sala Carlos, Pedro e Foyr che veniva tenuto stretto dai due. Gli altri si erano sbarazzati di tutti i nemici, che giacevano a terra doloranti e disarmati.
Elyse, il volto bagnato da lacrime di gioia nel rivederlo sano e salvo, corse incontro a Carlos e gli gettò le braccia al collo.
“È tutto finito.”
L'abbracciò stretta, affondando il capo tra i capelli biondi di lei.

Tutti si guardavano: erano sporchi di terra, un po' ammaccati, con i vestiti stracciati e alcuni addirittura erano feriti, ma quello era il sapore dolce-amaro della vittoria.  




Spazio Autore
Pubblico questo capitolo con un ritardo imperdonabile.
Mi ingonocchio sui ceci. Pubblico subito anche l'ultimo capitolo, quindi vi saluto per bene nel prossimo spazio autore.
A presto, prestissimo. 

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Capitolo 10
*** Per Sempre ***


Per Sempre


Il tesoro fu caricato a bordo e Victor e i suoi uomini legati e rinchiusi nella stiva, dove rimasero per tutto il tragitto. Durante il viaggio Carlos e Julien si riposarono poco o nulla: dovevano pensare a come agire una volta tornati in città, a cosa dire alle forze dell'ordine e a come fare tutto senza destare l'immediato sospetto da parte di Van Khal, che si aspettava di rivedere i suoi scagnozzi e Foyr in particolare a breve. Arrivarono a Calais verso metà mattina, quando il porto era gremito di persone. Carlos e Julien, appoggiati al parapetto, osservavano il viavai della gente.

“Tutto questo, amico mio, rimarrà nella storia.” disse Carlos, battendogli una pacca sulla spalla.
Ça va sans dire.

Sulla nave rimasero Nick, Remy, Pierre e Killian, per evitare che qualcuno dei 'prigionieri' provasse a scappare; gli altri invece si recarono subito dalle forze dell'ordine per rivelare tutto quello che era successo nei giorni precedenti. Durante il viaggio avevano calibrato per bene le parole da usare: c'era soltanto un problema, peraltro non indifferente, ossia farsi credere dagli ufficiali. Dopotutto era la parola di alcuni ragazzini contro quella dell'uomo più illustre e potente della città. Non appena arrivarono al palazzo di giustizia, Carlos si mise a sbraitare come al suo solito per farsi dare ascolto da qualcuno e né Elyse né suo fratello riuscivano a tenerlo fermo. Finalmente riuscirono a farsi portare dall'ufficiale capo di Calais, che, com'è ovvio, non era ancora riuscito a trovare l'assassino di DuBarry.
“Quindi voi tre sostenete di avere delle prove riguardo all'omicidio, eh?” disse l'uomo con aria scettica. L'ufficiale capo si chiamava Hans D'Igny ed era un uomo corpulento e scorbutico, che non ispirava alcuna fiducia nei tre ragazzi.
“Signore, so per certo di essere stata rapita. Non vorrei essere indotta a pensare che voi stiate mettendo in dubbio le mie capacità cognitive... o peggio.” iniziò Elyse, stranamente sfacciata.
A quelle parole, il procuratore fece uno scatto sulla poltrona.
“Come vi permettete?”
Elyse era già pronta per rispondere per le rime però dovette sforzarsi di rimanere in silenzio, quando sentì suo fratello che le poggiava una mano sulla spalla, gesto che voleva dire “stai zitta o questo ci butta fuori a calci”.
A quel punto Julien e Carlos presero la parole e, ora l'uno ora l'altro, spiegarono tutto al procuratore, lasciandolo allibito.
“Voi... Voi state accusando il Edmund Van Khal, non è forse così? Sapete chi state accusando e quale è il peso delle vostre indiscrezioni?”
I tre ragazzi rimasero in silenzio: erano tutte cose che sapevano benissimo, ma quella e soltanto quella era la verità, per quanto assurda potesse sembrare.
“Adesso, se non vi dispiace...” concluse l'uomo, accompagnando le parole con un gesto che invitava i tre ad andarsene. Carlos e Julien si alzarono in piedi e si avviarono in silenzio verso la porta; Elyse rimase a sedere, quasi stesse rimuginando su quanto era stato detto.
“Mi dispiace!” esclamò alzandosi in piedi “Che ci crediate o no questa è la pura e semplice verità. Ora, ascoltatemi bene: se volete veramente comportarvi secondo giustizia, manderete degli ufficiali da Van Khal e perlustrerete ogni centimetro della sua abitazione, finché non avrete trovato prova della sua colpevolezza.”
Detto questo, roteò su se stessa e uscì dalla stanza, seguita da Carlos e Julien che ridevano sotto i baffi per la reazione dell'ufficiale capo.

 

Van Khal non sospettava niente di tutto ciò, anzi attendeva con trepidazione l'arrivo del tesoro; lo stupore misto ad orrore, che comparve sul suo volto, quando vide gli ufficiali armati piombare dentro la sua abitazione, è inenarrabile. Perlustrando furono ritrovate lettere indirizzate ad alcuni illustri esponenti dell'aristocrazia francese in procinto di essere spedite; furono rinvenute, rinchiuse in una cassaforte, le lettere tra DuBarry e il padre di Carlos, lettere di cui Van Khal si era impossessato per orchestrare il suo piano nei minimi dettagli ed infine uno dei mantelli era sporco di sangue e in un risvolto interno di quello era ancora riposto il pugnale sporco di sangue, con cui era stato compiuto l'omicidio. A nulla valsero le parole di Van Khal e le sue patetiche spiegazioni.
“Certo che potevi sbarazzartene molto prima... Ecco cosa succede a chi pecca di presunzione!” commentò sarcastico Carlos mentre faceva il suo ingresso nello studio di Van Khal.
“Tu, stupido ragazzino!” disse digrignando i denti, non appena lo vide.
Gli ufficiali della guardia reale fecero per prenderlo, ma l'uomo fu più veloce: sfilò la spada dal fodero di uno e colpì un altro ferendolo al braccio. Van Khal era sul punto di lanciarsi verso la porta quando spuntarono altri ufficiali con le spade puntate contro di lui. L'uomo, disperando della salvezza, scattò verso la finestra e salì sul cornicione. Si ergeva, pur nella sua paura, minaccioso e scrutava con sguardo carico di odio tutti i presenti.
Sic transit gloria mundi.” disse, con tono fermo e deciso.
Poi si gettò dalla finestra, aprendo le braccia, quasi fosse il suo ultimo volo; sì, perché Van Khal, come Icaro, era volato troppo vicino al sole. Si schiantò a terra, cospargendo il terreno di sangue, e non sopravvisse, com'è naturale, all'impatto. Il corpo fu preso dalle guardie e portato al cimitero del posto perché fosse inumato: pur avendo avuto una condotta morale opinabile, era pur sempre figlio di Dio e come tale meritava degna sepoltura. Carlos tornò alla nave e raccontò agli altri quanto era successo. Infine Victor Foyr e gli altri uomini che erano stati alle dipendenze di Van Khal furono consegnati alle autorità e subirono un giusto processo.

I due gemelli furono i primi a partire; il giorno successivo alla fine dell'evento “Van Khal”, si imbarcarono da Calais alla volta di Rotterdam. Com'è ovvio, Carlos e gli altri erano andati a salutarli e tutti erano un po' tristi di separarsi gli uni dagli altri.
“Mio fratello ed io vogliamo davvero ringraziarvi di cuore: siete stati degli amici straordinari e ci avete fatto vivere un'avventura che ricorderemo per sempre.” disse Pierre con la voce lievemente incrinata dall'emozione.
“È stato un vero onore poter passare tutto questo tempo con voi.” aggiunse Remy guardandoli uno per uno dritto negli occhi.
Carlos, che aveva ascoltato tutto con viva compartecipazione emotiva, saltò letteralmente addosso ai due ragazzi esclamando.
Abrazame!”
Si aggiunsero poi tutti gli altri e quello divenne ben presto un forte abbraccio di gruppo.
Dopo essersi separati, Remy e Pierre salirono a bordo della nave, che sarebbe partita a minuti, mentre gli altri se ne ritornarono sui propri passi. Elyse, senza riuscirci, cercò di nascondere le lacrime, asciugandosi alla svelta con un fazzolettino.
“Sorellina! Non ti facevo così emotiva...” scherzò Julien, pizzicandole una guancia, cosa che non faceva ormai da quando erano cresciuti entrambi.

Seguì a distanza di qualche giorno Nicholas: aveva infatti ricevuto una lettera di suo padre, nella quale si congratulava col figlio per quanto aveva contribuito a fare e lo invitava a fare ritorno il prima possibile a Londra, dove c'era bisogno di lui per questioni “di estrema, estremissima importanza. S'imbarcò anche lui di prima mattina e si ripeté la stessa storia di qualche giorno inanzi: abbracci, scambio di parole dolci, auguri di buon viaggio e pacche sulle spalle.
Tre giorni dopo la partenza dell'amico, Carlos aveva ricevuto una lettera e, dopo averla letta ed essersi ribaltato dalla sedia dalle risate e dallo stupore, era corso subito a casa di Julien.
“Caro Carlos,” iniziò il ragazzo a leggere “scrivo subito a te perché tanto so che la divulgherai a tutti subito dopo averla letta. Una volta arrivato a Londra, ho scoperto subito quali fossero queste questioni di 'estrema, anzi estremissima' importanza: non appena sbarcato, mi si sono fatti incontro mio padre, mia madre, le mie sorelle ed una strana persona incappucciata. Insomma, siccome so che i dettagli non ti interessano, vengo al dunque: mi sposo. La fanciulla (fortunata o meno lo stabilirai tu) si chiama Charlotte Ziegfield, è di buona famiglia, alta e con folti capelli scuri, neri come l'ebano. Mio padre e il suo hanno organizzato tutto durante la mia assenza, per farmi una sorpresa, e che sorpresa! Il matrimonio si svolgerà fra qualche mese e ci terrei davvero alla vostra presenza.”
Lo stupore sulla faccia di Elyse e Julien era inenarrabile.
“Amo i matrimoni!” esclamò Elyse, scattando in piedi “E poi ho appena comprato un vestito che è veramente bellissimo e aspettavo solo un'occasione importante per indossarlo!”
Bah! Ci manca solo che mi impazzisca la sorella, pensò Julien guardandola con aria interrogativa.
Carlos intuì i pensieri dell'amico e, battendogli una pacca sulla spalla, si mise a ridere di gusto.

Il sole stava per calare e Killian era disteso su uno scoglio e si riposava ascoltando il rumore delle onde del mare, che battevano la spiaggia deserta. Amava andare in quel posto quando non c'era nessuno: era ottimo per schiarirsi le idee o soltanto per stare un po' al riparo dai mormorii della gente. Chiuse gli occhi per qualche istante e quando li riaprì vide Elyse in piedi davanti a lui.
“Ti ricordi?” gli disse mentre si sedeva “Venivamo sempre qui a giocare quando eravamo bambini. Tu stavi sempre con mio fratello e io vi guardavo giocare, mentre raccoglievo conchiglie insieme alle mie amiche. Sai, ti ho sempre ritenuto un tipo affascinante e misterioso in una qualche maniera.”
“Lo devo prendere come un complimento?” chiese, sorridendo.
La ragazza rispose di sì con un cenno del capo, arrossendo.
“Invece per me sei sempre stata la sorellina del mio amico Julien, ma adesso be'... sei cresciuta! Diamine se lo sei!”
Stettero in silenzio per qualche istante con lo sguardo rivolto verso il mare che si estendeva sterminato davanti a loro. Né lui né tanto meno lei osavano chiedere come trattare quella storia dello scherzo a Julien, perché alla fine avevano paura di far del male l'uno all'altra.
Alla fine Killian si fece coraggio e ruppe il silenzio.
“Direi che la storia, o qualunque cosa fosse, tra me e te sia giunta dunque al termine.”
Elyse, pur aspettandosi che la conversazione li avrebbe portati lì, rimase senza parole lo stesso.
“Suppongo che ormai sia il momento opportuno, sì.” rispose, tentando di mostrarsi sicura. “Io sento... Io so di amare qualcun altro... Io...”
“Carlos. Tu ami Carlos.” disse lui concludendole la frase. “E lui ama te. Non sarò certo io a essere d'intralcio alla vostra felicità.”
“Ma dimmi soltanto una cosa prima: tu hai mai provato qualcosa di più per me?”
Si pentì subito dopo di aver fatto quella domanda. A volte si sentiva veramente stupida.
“Elyse,” rispose il ragazzo con voce calma e tranquilla “che differenza farebbe?”
La ragazza gli diede un breve bacio sulla guancia e poi si alzò.
“Ciao, Killian.”
“Ci vediamo in giro, signorina Montfleur!”
Con quel gesto lui capì che lei non aveva alcuna intenzione di escluderlo dalla propria vita, da quelle parole lei aveva dedotto che la loro amicizia era salva. Entrambi tirarono un sospiro di sollievo: avevano finalmente chiarito. Killian tornò a contemplare la spiaggia, mentre lei tornava a casa dal fratello.

Era passata appena una settimana da quando avevano fatto ritorno a Calais ed avevano smascherato Van Khal e da quel giorno la vita di Julien era tornata alla normalità, se non per Carlos che andava e veniva, portando sempre nuove notizie. Ormai aveva capito che le visite dell'amico erano un più un pretesto per vedere anche Elyse, però la cosa gli andava bene: preferiva certo che sua sorella si fosse innamorata di un giovane per bene e di cui lui si fidava che di un pazzo avventato e scavezzacollo. Era seduto sul letto e leggeva un libro di cui non gli importava veramente molto ma tutti gliene avevano parlato e così aveva deciso di leggerlo.
“Julien! C'è una lettera per te.” disse la sorella, facendo irruzione in camera sua.
Il ragazzo la prese e la lesse. Non poteva credere ai suoi occhi: dopo gli eventi che si erano verificati, all'interno della città si era formato un consiglio per colmare il vuoto lasciato dalla figura di Edmund Van Khal. I membri di questo consiglio, a quanto si leggeva in quella missiva, avevano, su insistenza di un tale, ricevuto il nome di Julien come “più idoneo a prestare aiuto e sostegno al consiglio in questa difficile circostanza, nonostante la sua giovane età, che veniva peraltro compensata dall'aver versato un contributo non indifferente a rivelare i deplorevoli intenti del Magnate Edmund Van Khal e dall'esperienza nello svolgere attività di scambio commerciale-mercantile.” Rilesse quella parte più e più volte senza riuscire a crederci. Si decise a prestar fede a quelle parole solo quando la sorella lo minacciò di prenderlo a schiaffi per vedere se si trattava di un sogno.

Iniziò così la seconda settimana da quando la vita era tornata per tutti alla normalità. Con suo dispiacere, Julien notò che le visite di Carlos si facevano più rade ed anche quando si vedevano l'amico sembrava, per così dire, spento rispetto al solito; gli aveva chiesto più e più volte se c'era un qualche problema e se avesse bisogno di una mano per risolverlo, ma l'amico l'aveva sempre liquidato con un “Tranquillo, è tutto a posto”. Il martedì di quella settimana, Elyse si decise ad andare a trovarlo alla locanda dove alloggiava insieme al padre.
“Stai partendo?” domandò lei con amarezza, quando lo vide intendo a chiudere un borsone.
Carlos le rivolse uno sguardo triste: era chiaramente lacerato dal dolore.
“Elyse, aspetta!” esclamò, vedendo che la ragazza aveva voltato le spalle e correva giù per le scale.
Per strada circolavano persone che non sembravano curarsi di loro.
“Mi dispiace. Non è stato facile, ma....”
“Ma cosa?! Su, dimmi!”
“Parto fra due giorni e credevo che, vedendovi meno prima di andarmene, avrei sofferto meno nel dirvelo. Sono stato uno sciocco.”
“Sì, lo sei stato.”
La ragazza, presa dalla rabbia, gli tirò uno schiaffo, così forte da lasciare un segno immediato; poi si avviò sulla strada di casa. Carlos non la seguì, non ne aveva la forza e se ne tornò in camera col cuore spaccato a metà.

La notte prima della partenza, Carlos non riuscì a chiudere occhio. Era tormentato e non appena provava ad addormentarsi vedeva i volti di tutti quelli a cui teneva lì a Calais e poi gli appariva Elyse, in lacrime. Ripensò al loro litigio del giorno prima e si odiò per quello che aveva fatto. Non aveva sentito nemmeno Julien.
“Bene. Forse mi odia anche lui adesso.” bisbigliò a bassa voce.

Ma Carlos non era mai stato un tipo che si autocommisera perciò si alzò di scatto dal letto e si precipitò a casa di Elyse. Vide una luce accesa e tirò un sospiro di sollievo. Bussò alla porta. Gli aprì Julien, che rimase alquanto stupito.
“Julien! Oh, Julien!”
Carlos l'abbracciò e si rese solo in quel momento di non averlo mai fatto prima. Avevano passato abbastanza tempo insieme e si consideravano amici ma non c'era mai stata nessuna grande dimostrazione d'affetto.
“Elyse mi ha detto tutto. Non ti preoccupare le passerà; io sono già a posto.”
Gli rivolse uno dei suoi grandi sorrisi rassicuranti e Carlos rimase allibito. Non lo detestava? Come era possibile? Dopotutto Julien era Julien: una persona più unica che rara.
“Posso salire da lei?”
L'amico annuì e l'altro si precipitò su dalla ragazza che, in camicia da notte, si spazzolava in capelli davanti allo specchio.
“Cosa ci fai qui a quest'ora?”
Non lo guardò nemmeno negli occhi.
“Elyse, non immagino un giorno senza di te, da quando ti ho incontrata. Non immagino un giorno senza vedere i tuoi occhi o senza sentire la tua voce o la tua risata. I giorni in cui non sono passato a trovarvi sono stati una tortura e le ore passavano appuntite come coltelli attraverso il mio petto. Mi dispiace e non so come scusarmi per quello che ho fatto. Ti chiedo solo di perdonarmi: non posso sopportare l'idea di te che mi odi.” disse, il respiro affannato.
La ragazza lo ascoltò fino alla fine e non poté trattenere le lacrime; si avvicinò e, dopo avergli gettato le braccia al collo e poggiò la testa sul suo petto: poteva sentire il battito accelerato del suo cuore.
“Ti perdono.” disse quasi impercettibilmente.
Carlos tornò a casa, contento di aver sistemato le cose almeno in parte.

Il mattino arrivò veloce come non mai e Carlos e suo padre partirono all'alba.
Al porto c'erano i suoi amici ad aspettarlo; salutò Killian e i due si scambiarono auguri vari, batté un colpo sulla spalla a Julien e gli disse di comportarsi per bene e di non perdere troppo tempo con le donne, perché fargli avere quel posto nel consiglio cittadino gli era quasi costato un occhio nero.
Arrivò il turno di Elyse; l'abbracciò e le diede un bacio d'addio sul capo. Gli sembrava il gesto più puro e conveniente da fare in quel momento. Meno parole dicevano, meglio era. Dopo aver fatto un abbraccio di gruppo, tenendo tutti a stento le lacrime, Carlos si imbarcò. 

Carlos era accanto al padre, appoggiato al parapetto e salutava gli amici con ampi gesti delle braccia. Esitò un momento.
“Padre, non posso partire.”
Pedro, anche se ben sapeva il motivo di ciò, gli rivolse ugualmente uno sguardo interrogativo.
“Figliolo, io non voglio vederti soffrire. Fallirei come padre se non permettessi il bene di mio figlio. Fai cosa pensi sia più giusto; io e tua madre capiremo e ti appoggeremo.”
“So che la amo e che il mio posto ormai è accanto a lei.”
Il signor del Olmo sorrise al figlio con aria serena e lo esortò a scendere dalla nave, prima che questa partisse; non doveva mancare poi molto. Carlos si precipitò giù a rotta di collo, corse incontro ai suoi amici, che lo guardavano increduli e scaraventò a terra il proprio bagaglio. Prese Elyse per i fianchi, la sollevò e roteò su se stesso. La ragazza era tutta un turbinio di emozioni: aveva lacrime di felicità che le rigavano il viso, un sorriso sorpreso stampato sul volto, gli occhi lucidi e il fiato che le mancava. Carlos l'adagiò a terra e, prendendole il volto fra le mani, la baciò.
Fu un bacio appassionato ed impetuoso, carico di promesse e progetti.
“Ti amo. Ti amo. Ti amo.” disse con respiro affannato, scostandosi momentaneamente da lei
.
“Ti amo.” gli sussurrò lei all'orecchio.
Lui la abbracciò, cingendole un fianco con un braccio, mentre con l'altro salutava il padre, vedendo la nave che salpava.
“Resterai con me?” gli chiese.
Carlos, avvinandola a sé, le diede un bacio sul capo.
“Per sempre.”

 

FINE


Spazio Autore
Salve lettori (se è rimasto qualcuno hahahaha), 
Volevo scusarmi, di nuovo, per l'imperdonabile ritardo con cui mi ritrovo ad aggiornare. 
Quest'anno è stato particolarmente impegnativo e non ce l'ho proprio fatta a stare dietro al mondo di efp. 
Non che la cosa non mi facesse, diciamo, stare male sia chiaro. Detto questo, spero che il viaggio con Carlos (per quanto tortuoso) vi sia piaciuto e che continuiate a seguirmi nelle altre storie.  
A presto (si spera)! 

Moonlight97

 

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